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confronti infrastrutture urbane e città storica quaderni di restauro architettonico 2-3

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confrontiinfrastrutture urbane e città storica

quaderni di restauro architettonico

2-3

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direttoreStefano Gizzi

coordinatori del comitato editorialePaolo Mascilli Migliorini, Renata Picone

redazioneMaria Falcone, Cristina Mattiucci, Rosa Romano

segreteria Nunzia Dello Iacono, Giuliana Iannicelli, Mannida Pianese

comitato scientifico internazionaleAldo Aveta, Giovanni Carbonara, Ugo Carughi, Francesco Cellini, Giorgio Cozzolino,Mario De Cunzo, Stefano Della Torre, Marco Dezzi Bardeschi, Leonardo Di Mauro,Carlos Flores Marini, Stefano Gizzi, Antoni González Moreno-Navarro, Elisabeth Kieven, Péter Klaniczay, Fani Mallouchou-Tufano, Paolo Mascilli Migliorini, Dieter Mertens, Renata Picone, Tommaso Russo, Nuria Sanz, Franco Tomaselli,Pierino Vacca

i saggi contenuti in questo numero di “confronti” sono stati rivisti da refereesinternazionali, selezionati per competenza tra i membri del comitato scientifico the articles published in the issue of “confronti” have been reviewed by the internationalreferees, selected among the members of the scientific committee

tutte le referenze fotografiche sono indicate nei singoli contributi

questo numero è stato parzialmente finanziato dal Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi “Roma Tre”, da arkimedia s.r.l., dalla DirezioneRegionale per i Beni Culturali e Paesaggistici delle Marche, dalla Soprintendenzaper i Beni Architettonici, Paesaggistici, Storici, Artistici ed Etnoantropologici perNapoli e Provincia, dal Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi diNapoli “Federico II”

in copertinaNapoli, palazzetto Del Balzo, affresco parietale(foto Giovanni Genova, Archivio Soprintendenza BAPSAE per Napoli e Provincia)

coordinamento editorialemaria sapio

redazionepaola rivazio

art directorenrica d’aguanno

impaginazionefranco grieco

rivista semestraleanno II, numeri 2-3, dicembre 2013

autorizzazione del tribunale di napoli n. 80 del 27 dicembre 2012

ISSN 2279-7920

arte’mè un marchio registrato prismieditrice politecnica napoli srl

certificazioniqualità ISO 9001: 2008etica SA 8000: 2008www.arte-m.net

stampato in italiaprinted in italy© copyright 2013 byprismieditrice politecnica napoli srltutti i diritti riservatiall rights reserved

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EDITORIALE

5 Stefano Gizzi Intervista a Alvaro Siza Vieira

e a Eduardo Souto de Moura

CONTRIBUTI

17 Giovanni Carbonara Nuove e vecchie infrastrutture e archeologia della città

30 María Margarita Segarra LagunesArcheologia e metropolitana

40 Paolo Mascilli Migliorini Il de-restauro felice

45 Antonio De RossiIl progetto infrastrutturale dell’area metropolitana torinese

54 Carlo GasparriniPerché il mare non bagna Napoli?

64 Giorgio Cozzolino, Paolo Mascilli MiglioriniInfrastrutture urbane e tutela

CASI DI STUDIO

68 Tiziana CasaburiRoma. Un secolo di metropolitana

75 Ugo CarughiLa metropolitana a Napoli. Due casi limite: Municipio e Duomo

87 Giulio PaneInfrastrutture e preesistenze: le stazioni della metropolitana a Napoli

98 Sergio Stenti Una cupola in acciaio e vetro al centro di piazza Nicola Amore

104 Patrizia Di MaggioNapoli underground: il metró dell’arte

111 Fotini KantzavelouThe Subterranean City or The Old and the New in a Relation of Disturbance and Balance. The Case of the Athenian Metro

119 Francesco Cellini, María Margarita Segarra LagunesYenikapi: una sfida tra patrimonio e contemporaneità

131 Andrea Pane“Baricentrale”: il concorso sulle aree ferroviarie di Bari e la città Murattiana

142 Luigi VeroneseLa ‘direttissima’ e il centro storico di Napoli. L’impattourbano della prima metropolitana italiana

149 Luisa FerroProgetti per la ferrovia ‘urbana e archeologica’ di Alessandria d’Egitto

157 Roberta AmiranteNapoli: il fronte del porto

166 Marco TrisciuoglioTrasformazioni dell’area portuale storica di Marsiglia

178 Maria FalconeL’Hafencity di Amburgo: tra storia e progetto. La valorizzazione del patrimonio dell’archeologiaindustriale

185 Olga Di DonatoLa riqualificazione dei quartieri Baixa e Chiado a Lisbona

193 Adi CorovicTra storia e laboratorio urbanistico-architettonico. Il caso di Marijin Dvor a Sarajevo

199 Iniziative culturali sul tema, 2005-2014a cura di Rosa Romano, Silvano Saccone, Luigi Veronese,Massimo Visone

SOMMARIO

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4 STEFANO GIZZI

Lisbona, il Chiadoappunti di Alvaro Siza

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5EDITORIALE

Stefano Gizzi Quale deve essere, secondo voi, il rapporto corretto tra la pro-gettazione del nuovo e la permanenza del tessuto urbano storico? Alvaro Siza Vieira Vedo un rapporto di complementarità, variabile d’accordocol contesto. Per esempio, quando ho operato un restauro a Chiado – unagrande area di Lisbona risalente al Settecento –, in una mole enorme di edificidistrutti dal fuoco, ma in parte con le facciate ancora esistenti, non ho pensatoad altro che a replicare tali prospetti in parte ripetitivi, perché Chiado è, ineffetti, un grande insieme seriale con un’architettura molto definita.Invece, in un’altra situazione più complessa, esiste magari un altro rapporto diletture tra fasi preesistenti, di una possibile unione che può anche avvenirecon una opposizione di linguaggio, ma non di indifferenza: un approccio chepassa per il lessico essenziale dell’ambiente. È più difficile ma possibile.Eduardo Souto de Moura Penso che la qualità dell’architettura in se stessa nonsia sufficiente per penetrare nella città, ma che debba rispettare il tessuto urbano. Per esempio, l’Immeuble Clarté a Ginevra è un capolavoro, ma Le Corbusier, inlinea con le regole del Movimento Moderno, ha concepito l’impianto in diagonale,per questioni correlate all’insolazione, senza considerare l’andamento dellamaglia urbana. A me piace moltissimo come oggetto, ma quando vado lì pensosempre che sia un peccato che non sia stato inserito nella grammatica dellacittà tradizionale. Perché è un plus-value, bellissimo come oggetto in sé, mache non si integra con la città.A.S.V. Posso aggiungere che una cosa bella non ha bisogno di essere uguale aquelle preesistenti.Dipende, per me, anche molto dalla ‘potenza’ dell’intervento, per la sua natura diprogramma che s’impegna riguardo alla città, sono cose che molto giustamentesi distaccano, non per un desiderio irragionevole dell’architetto, ma per la com-prensione del potere reale trasformatore di questo nuovo elemento. Invece,quando si tratta di interventi nel tessuto meno trasformato e più conservato, perla sua natura e per il suo programma, credo che il rapporto debba essere piùprossimo, non nel linguaggio, ma nella linea generale dell’ambiente preesistente.

S.G. Una domanda che si lega alla prima. Esiste, secondo voi, una differenzacomportamentale tra un progetto per un’area completamente nuova, vergine

Stefano Gizzi

EDITORIALEintervista a Alvaro Siza Vieira e a Eduardo Souto de Moura

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Lisbona, il quartiere del Chiado, oggi, dopol’intervento di Siza (da Bing Maps)

Il Chiado, particolaredell’intervento di Siza(foto María MargaritaSegarra Lagunes, 2011)

(in una vallata, in un ambiente naturale intatto)e uno per una zona ricca di ‘vincoli’, di preesi-stenze? In sostanza, il ‘vincolo’ può favorire unprogetto più meditato, più attento, può offrireun impulso migliorativo rispetto a un piano di la-voro relativo ad uno spazio libero?A.S.V. Anche questo dipende da molti fattori; adesempio, la topografia assume un ruolo moltoimportante. È molto più difficile, per un impegnodel genere, operare in un territorio deserto, as-solutamente piano. È sempre nella forza del pro-gramma che si può trovare la via giusta.

S.G. Cioè è più problematico progettare in unazona nuova?A.S.V. Sì, per me è più arduo. Ma, certamente,anche le condizioni topografiche e geograficheapportano, talvolta, ulteriori stimoli. Per esempio,se si lavora vicino al mare, in una baia non co-struita, gli elementi naturali caratteristici diven-gono un ausilio per il progetto. Se si è in una pia-nura è molto difficile, perché rimane solo la ‘forza’della nuova realizzazione.E.S.d.M. Io ritengo che sia uguale. In presenzadel ‘vuoto’ o del ‘pieno’ la difficoltà è la stessa,perché nessuno progetta e lavora nel vuoto.Quando esiste un elemento condizionante moltoforte, si può pensare che questa preesistenzapossa offrire molte indicazioni per operare, main realtà è una moneta a due facce. Può esseremolto pedagogico o indicativo, ma può essereanche un disastro, può diventare un po’ ridicolo.Se c’è il vuoto, perché non si può lavorare nelvuoto? L’architettura non è filosofia, non è unadisciplina astratta. Occorre inventare, anche, sevogliamo, in modo un po’ schizofrenico, occorredire “qui c’è una pietra, qui c’è un dislivello di unmetro, qui esiste una parte di qualcosa”; esiste

6 STEFANO GIZZI

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Napoli, piazza Municipio.Le barche romanevenute alla luce durantei lavori dellametropolitana (foto ArchivioSoprintendenza per iBeni Archeologici diNapoli)

Il plastico della stazioneMunicipio con la primaidea progettuale di Sizae Souto de Moura (foto Stefano Gizzi, 11 dicembre 2008)

L’invaso della stazioneMunicipio, con lecamere di ventilazione e il vano di scambio,sovrapposto allestrutture archeologiche(disegno, dicembre2010)

sempre qualche situazione da considerare, eallora è un problema di ‘occhiali’. Se c’è un ele-mento, un edificio ‘forte’, si lavora rispetto a questi,altrimenti si cambiano gli ‘occhiali’: qui c’è unadepressione, qui c’è un terreno di tali caratteri-stiche, qui vi è una linea d’acqua sotterranea…Allora è sempre un problema complesso, che varisolto con la dovuta attenzione che si pone ri-spetto al tema.A.S.V. Nella stessa direzione, direi che questo èciò che obbliga a rimettere in gioco le capacitàdell’architetto che riesce nell’intento, perché secostui fa una ricerca approfondita, più penetrante,trova sempre suggestioni per una via naturaledel progetto.

S.G. Analizziamo ora un caso italiano emblematicoper il tema delle infrastrutture e del waterfront,quello di Napoli. Nel vostro progetto per la metropolitana di quellacittà, come siete riusciti a variare, di volta involta, metodologia e soluzioni a mano a manoche emergevano nuove preesistenze, nuovi ruderi?Il vostro programma si può considerare un si-stema aperto?E.S.d.M. Finora erano note le presenze romane equelle medievali, ora sono emerse strutture greche.Allora dapprima abbiamo lavorato con gli stratidel diciannovesimo secolo, poi, a ritroso, con quellisettecenteschi, poi con quelli spagnoli, successi-vamente con quelli angioini, infine con quelliromani; ora sono emerse le murature greche. C’èuna gerarchia che è molto interessante. È da con-siderare che non è l’antichità che dà il valore. Se-condo alcuni, sarebbero più importanti le struttureangioine, perché più rare, ma quella angioina rap-presenta la situazione ed il linguaggio che appaionopiù ‘contro natura’ rispetto al nostro progetto per

la metropolitana. Se entriamo nella piattaformadella stazione ad un determinato livello, ad esempioil 3, vogliamo che anche l’esterno entri nel 3, at-tuando una continuità, secondo una regola naturale,che non si converta solo in un apparato sceno-grafico. Ma poiché il livello 3 corrisponde a quelloromano, ed esistono reperti romani in abbondanza,desideriamo allora un altro livello, per esempio il7, non comune e molto meno frequente, quelloangioino, e allora occorre prevedere una piattaformain calcestruzzo di un metro e mezzo di spessoreper sostenerne le strutture. Ultimamente si sonoscoperti ruderi di organismi greci, molto interessantiperché i Greci dimostrano una maniera di lavorarela pietra molto diversa dai Romani; allora tutto di-viene pedagogico, formativo, istruttivo. Si è anchescoperto il livello del mare, dove era il porto.Allora abbiamo dovuto cambiare le soluzioniperché ogni giorno sono mutati gli elementi fisici:

7EDITORIALE

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Napoli, le muraturevicereali e il CastelNuovo durante gli scavi,nel 2008 (foto GiovanniGenova, 14 ottobre2008)

La muratura vicereale,particolare (foto Giovanni Genova,12 giugno 2008)

Le murature vicerealicon un elementoposteriore durante lafase di rilievo e dipuntellamento (foto Giovanni Genova,18 settembre 2008)

Il Palazzetto angioino‘del Balzo’ emersodurante gli scavi, con le murature dipinte(foto Giovanni Genova,22 maggio 2008)

prima non si era a conoscenza delle strutturegreche, ora invece esse rappresentano un temamolto significativo, che dobbiamo rispettare. Fi-sicamente è presente un altro elemento. Il con-cetto cambia. La gente non è “quadrata” e dice:“abbiamo i Greci, ma è anche importante perchépossiamo comprendere in questa entrata anchei Romani, che prima non erano importanti”. Allorasono necessarie intelligenza e capacità di adattarsia una nuova situazione: quella di recuperare siai Greci sia i Romani perché siamo allo stessolivello dell’entrata; è un fattore quasi naturale. A.S.V. Mi piace molto questo lavoro perché siconfigura come una moltiplicazione straordinariadi suggestioni, e non mancano suggerimenti perindividuare una via corretta per il progetto. E poicambia molto grazie a ispirazioni aperte. Ciò misoddisfa poiché oggi, normalmente, tutto è ‘chiu-so’ troppo rapidamente.Per esempio, cinquant’anni fa ogni cantierepoteva cambiare di fronte a nuove scoperte;oggi, invece, per una serie di normative, il progettodeve essere subito concluso, e questo mi crea

insofferenza, perché pur trovando nuove coseed avendo nuove idee, non può svilupparle; alcontrario, a Napoli, il progetto è aperto, forseanche “troppo”. Se ciò può costituire un problema,esso tuttavia è compensato dal piacere di lavorarein questa condizione.

S.G. E questo progetto, che non riguarda solo lapiazza Municipio, a fianco del castello angioino,ma in qualche modo ha ricadute anche sull’in-torno, come si rapporta col tema del waterfront,con il profilo del mare?È vero che esisteva un’altra soluzione compositiva,che non era la vostra, frutto da un concorsovinto da Michel Euvée ed altri, ma in qualchemodo la vostra ipotesi entra dentro il mare.Quindi esiste un rapporto con la costa, con il li-torale, o questo non lo avete considerato?A.S.V. Noi abbiamo elaborato questa ipotesiprima del concorso per il waterfront, ma poi cisiamo trovati di fronte ad un problema, perchépur avendo assistito alla presentazione, non ab-biamo parlato perché a noi due non convinceva.

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Le pareti e le pitturedurante le operazioni di rilievo,preconsolidamento e velatura

Particolare delle pittureparietali (foto GiovanniGenova, 14 ottobre2008)

Le operazioni di tagliodi una delle pareti del‘Palazzetto Del Balzo’(foto Giovanni Genova,11 dicembre 2008)

Una delle porzioni dimuratura tagliateconservate nel depositodella metropolitana a Secondigliano (foto Stefano Gizzi, 8 agosto 2012)

Una delle barcheromane conservata nel deposito diSecondigliano (foto Stefano Gizzi, 8 agosto 2012)

9EDITORIALE

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Il nuovo taglio, chesegue le fratturenaturali delle duemurazioni aragonese e vicereale, proposto da Siza e Souto deMoura in luogo di quelloa sezione netta e piùampia previstoprecedentemente

Ipotesi progettuale a livello del terreno, con la doppiaalberatura e con iltaglio delle murazioniaragonese e vicerealeadattato alla sezionedelle stesse (anno2009) (disegno del 4gennaio 2007)

E.S.d.M. Quello del gruppo capeggiato dall’ar-chitetto francese è un progetto su cui non siamod’accordo: prevede soluzioni sotterranee, chescompaiono, che non si mostrano apertamente,che seguono un concetto diverso dal nostro.A.S.V. Ma, paradossalmente, con idee anchepoco sotterranee. Rispetto alla linea del mare, ilprogetto del gruppo francese non si pone in ma-niera giusta, e nemmeno riguarda la città, cherimane separata. Non mi è piaciuta fin dall’iniziol’idea di mettere tutte le strutture di margine inposizione nascosta.E.S.d.M. Quando Siza mi ha invitato a redigere ilprogetto per la metropolitana insieme a lui, mi èsembrato qualcosa di magico: siamo a Napoli,c’è la stazione, c’è la presenza del mare. Ho com-preso che il mare era un elemento che dovevaentrare dentro la progettazione, non soltanto dalpunto di vista economico o anche di vocazionepolitica. Se si vuole, si può arrivare, con il progettodella metropolitana, sino alla stazione marittima.Così abbiamo pensato ad una soluzione che an-dasse da piazza Municipio fino alla stazione ma-rittima, anche col recupero della stessa.Allora, il mare appare come un tema fondamentale,ma non siamo al tempo di Louis XIV le Grand, delRe Sole, e dobbiamo procedere per frammenti.

S.G. A proposito di Luigi XIV e della Francia, mi èsempre interessato poter sapere (forse è una ca-sualità, non so) se la vostra idea di rendere ipogeivari elementi nella disposizione dell’area fruibileal pubblico della metropolitana e, in particolare,di prevedere la sistemazione del cosiddetto Torrionedell’Incoronata solo al di sotto il piano stradale, insezione, possa avere qualche affinità con l’ideaprogettuale di Ieoh Ming Pei per la parte medievale

del Louvre, per le mura di Filippo Augusto dellafine del XII secolo, ove esse sono visibili solo al disotto della sistemazione museale principale.A.S.V. Per me può darsi, perché avevo visitato ilLouvre e questa sistemazione mi era piaciuta,ma quando abbiamo lavorato alla stazione dellametropolitana di Napoli né io né Edoardo abbiamopensato a ciò. L’idea è venuta a poco a poco,poiché la stazione doveva essere sotterranea, eperché quando sono iniziati gli scavi sono apparsiquesti muri ‘irresistibili e bellissimi’, e quindi ab-biamo colto la possibilità di dare un’altra densitàalla stazione, includendoli all’interno; un’ulterioreidea, che era in qualche modo legata a questadelle murature antiche, era quella di realizzare imuri interni tutti in mattoni (veri mattoni). Quell’ideanon è stato possibile attuarla per le lunghe di-scussioni e anche per mancanza di risorse, ed èstato un peccato: vi avevamo riflettuto nei momentitrascorsi alla stazione di Roma – molto bella –aspettando di prendere il treno per andare all’ae-roporto, ma non si è realizzata sia per il lungotempo di discussione sia per motivi economici. E.S.d.M. Io penso, ed è un paradigma di comepossano essere organizzati i dati archeologicidella stazione di Napoli, che i resti antichi e lastoria, in questo progetto, non rivestono un ruolointellettuale o solo di contemplazione: le muratureche troviamo le utilizziamo, fin dove possibile,come elementi strutturanti del nostro progettodel XXI secolo. Ciò perché Siza difende la continuitàdell’architettura; sostiene che l’architettura nonsia una strada fatta di cesure nette; pertanto seio devo impostare il progetto per due direzioni discale, recupero la torre spagnola, come un ‘gi-nocchio’, come un elemento di snodo o di cernierache serve per appoggiare il solaio e per indicare

10 STEFANO GIZZI

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due direttrici diverse. Non è, perciò, un elementoda porre in vetrina, ma rappresenta il nostromotivo di articolazione che fa parte del progetto.In tal modo, la storia non è contemplativa ma èoperativa: esiste un’idea di continuità, e quel-l’elemento si rispetta perché è utile, oggi.A.S.V. Molti edifici antichi, ricchi di ‘intensità’, emolte città (anche portoghesi) stratificate sucittà romane, sviluppatesi in tempi diversi conmolti piani in altezza, si basano su elementimolto solidi, sia visibili, sia non visibili poichénon ancora scavati.

S.G. Che rapporto esiste, secondo voi, in Italia,rispetto ad altri Paesi dove avete lavorato, ed inparticolare rispetto alla Spagna e al Portogallo,tra la tutela del patrimonio storico e architettonicoe lo sviluppo del nuovo?Come giudicate il ruolo degli Organismi di tutelae delle Soprintendenze? È eccessivamente con-servativo, o anche collaborativo? Ritenete chesiano Enti tuttora utili, o li ritenete superati?A.S.V. Sono sicuramente utili. In Italia il tema dellapresenza della storia nella città è molto più forterispetto ad altri Paesi. Anche in Spagna è ancoraforte, in Portogallo qualche volta, ma non sempre.L’Italia ha il problema che possiede un tesoro dipatrimonio, di quantità e di continuità storica in-credibile. Non a caso esisteva, per esempio, nel-l’Ottocento, in Francia, il Prix de Rome, e tuttiandavano a Roma, anche gli architetti portoghesi,per studiare, anche nei secoli precedenti. È unaricchezza superiore, più che in altre città, moltoconsistente, che si è sempre mantenuta. Perciòil ruolo della Soprintendenza ha a che vederecon tutto ciò, con l’essere responsabile di questacontinua presenza della storia. Non voglio direche qualche volta non costituisca anche unabarriera, ma esiste sempre un equilibrio moltodifficile, anche mutevole, con le persone e con itempi, in un dato momento storico, in questiequilibri instabili fra il punto di riferimento dellastoria, la ricchezza del tesoro del patrimonio, elo sviluppo legato all’entusiasmo del tempo mo-derno, relativo a una fase diversa.Ma una cosa che noto in Italia è che anche gli in-tellettuali e gli architetti più moderni, negli anniTrenta e Quaranta, non hanno mai abbandonatoquesto equilibrio. Sicché l’architettura di Terragniha una solidità, nel rapporto con la storia, totale,anche riguardo ai materiali utilizzati, ciò che nonè dato vedere in Francia, per esempio.

Allora io credo che tutto ciò sia molto positivo,anche se alcune volte un po’ disperante.E.S.d.M. All’inizio, per lavorare, si tratta di unrapporto spesso difficile, perché la Soprinten-denza è molto forte. È dura, spesso ci contraddice,addentrandosi in un discorso critico: la Soprin-tendenza vuole eminentemente conservare, masuccessivamente si comprende che, se uno apre,tutto si risolve.La questione è (e questo è interessante per ilnostro progetto a Napoli) che se è vero che è ar-duo lavorare con la Soprintendenza, è pur veroche quando essa scopre che dall’altra parte c’èqualità, non pone più un blocco, non dà una ri-sposta negativa. Il tema della conservazione nonvale per il valore dell’oggetto in sé, ma si configura

11EDITORIALE

Le strutture in corso di scavo verso la piazzaSan Giacomo (foto Stefano Gizzi, 7 novembre 2011)

Le strutture in corso di scavo verso il mare(foto Stefano Gizzi, 7 novembre 2011)

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Strutture archeologichee strada basolata versoil Castel Nuovo (foto Stefano Gizzi, 7 novembre 2011)

Le scale di discesaverso la stazionesotterranea e lo sfondodel Castel Nuovo (foto Salvino Aveta, 28 settembre 2010)

come una difesa contro una possibile mediocritàsopravveniente. Allora quando si propone, sispiega, alla fine si dice: “si può fare”. Siamo lì danove anni e il cantiere è bellissimo.

S.G. Una domanda per l’architetto Siza. Esistonoaffinità tra l’operazione di rimodellazione dellospazio urbano di Napoli e altre da lei condotte inItalia, quale, ad esempio, quella realizzata inSicilia, a Salemi, come ristrutturazione di unospazio pubblico? O appaiono modelli completa-mente diversi?A.S.V. Non sono cose completamente diverse,ma Napoli è una città che ha una potenza unica,con i suoi strati continui di archeologia e con laloro presenza che entra all’interno della città. Ela città ha avuto una reazione, nei tempi moderni,nella vita stessa; non mi riferisco solo all’archi-tettura, ma alla vita; per esempio, la macchinadomina Napoli e convive con l’istanza della con-servazione, anche materialmente. L’insieme to-pografia-architettura ha un valore che non puòessere distrutto; d’altra parte riceve molto benel’intera dinamica della vita moderna, l’intensitàdi vita, e i due aspetti convivono.

S.G. Come possono incontrarsi e relazionarsi,secondo voi, oggi, le discipline dell’urbanistica,della composizione architettonica e del restauro?E come si intersecano tra di loro?E.S.d.M. Sono diverse ma prossime tra loro, convari punti di contatto. Penso che uno dei concettisu cui siamo d’accordo è che oggi la nostracultura è molto frammentaria, si sono verificatidei tagli. Anche oggi, nella nostra professione diarchitetti, siamo di fronte a un mondo in cui tuttisono divenuti specialisti, e ciò rappresenta ungrave danno per l’architettura. Siza afferma chele cose vanno molto bene ma quando arrivanogli specialisti cominciano i problemi. Allora credoche uno debba avere la lucidità per comprendereche la città non è una casa, che l’urbanisticanon è un’architettura, che il restauro non è farecose nuove, ma che si tratta di tre casi diversi, eognuno ha un corpus, un suo aspetto, ma occorrelavorare tangenzialmente. Ed è stato sempre così: quando Bernini disegnail Vaticano, la piazza di San Pietro, fa un’operazionesia di urbanistica sia di architettura. Ciò vale peraltri grandi capolavori: l’Acropoli di Atene è uninsieme di paesaggismo, architettura e anche di

12 STEFANO GIZZI

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13EDITORIALE

Alvaro Siza con iSoprintendenti ai BeniStorico Artistici, Fabrizio Vona, e ai BeniArcheologici, Maria TeresaCinquantaquattro,durante una delleriunioni periodiche a Napoli (foto StefanoGizzi, 21 febbraio 2012)

Alvaro Siza con StefanoGizzi e Ugo Carughi nel cantiere dellametropolitana (foto Salvino Aveta, 28 settembre 2010)

Uno schizzo di AlvaroSiza della sistemazioneipogea (12 dicembre2010)

Schizzo di Siza per lasistemazione dellemurature sotterranee

Schizzo progettuale di dettaglio (aprile 2011)

Appunti grafici di TiagoFigueroa, dello studioSouto de Moura (21 febbraio 2012)

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14 STEFANO GIZZI

Alvaro Siza nel cestelloelevatore nel cantieredella metropolitana diNapoli (foto MaríaMargarita SegarraLagunes, 28 settembre2010)

Le scale di discesaverso la stazione dellametropolitana di Napoli(foto Stefano Gizzi, 21 febbraio 2012)

Schizzo di Alvaro Sizaper la sistemazione aterra della superficiestradale soprastante iltorrione vicereale, colsemplice “segno aterra” del perimetro,quale memoria dellastruttura sottostante(foto Stefano Gizzi, 24 marzo 2011)

Parigi, la sistemazioneipogea delle muraturedi Filippo Augusto alLouvre (foto StefanoGizzi, 2 novembre 2011)

Alvaro Siza durante unodei sopralluoghi per lascelta dei materiali dirivestimento dellagalleria dei treni(foto Stefano Gizzi, 7 novembre 2011)

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L’intervento di AlvaroSiza (con Collovà) per lareintegrazione dellachiesa madre a Salemi,Trapani

Porto, Stefano Gizzi conSiza e Souto de Mouradurante l’intervista (foto María MargaritaSegarra Lagunes, 21 novembre 2013)

disegno formale, se si pensa alle correzioniottiche delle colonne. Allora per il futuro occorremettere di nuovo insieme questi campi diversi:diversi, ma in cui l’uno ha bisogno dell’altro.A.S.V. Non è una cosa divertente, ma tragica: ci-clicamente la corrente più intensa va nel sensoche l’aspetto più importante sia quello urbanistico,quello riguardante gli spazi liberi, e dopo giungeuna reazione che invece sostiene che l’urbanisticanon concorre a creare la città, ma che il temaessenziale sia da ricercare nel progetto. Ma questidue elementi vanno insieme, non si possono se-parare. Perciò è importante il lavoro interdisci-plinare.Che piaccia o no, la formazione è diversa e con-tiene sempre una certa specializzazione, maquesto iato può essere combattuto se si accettaun lavoro comune.

S.G. E ora un’ultima domanda. Proprio pensando a molti vostri progetti, qual èil ruolo dell’estetica, della bellezza formale in unprocesso di rimodellazione urbana? Voi puntatemolto anche sul valore dell’equilibrio armonicodell’apparenza esteriore, della purezza: questaha un rilievo predominante, o secondario rispettoalla funzione?E.S.d.M. Penso che la bellezza sia una cosa na-turale, come l’essere attratti da qualcosa.

S.G. Intendevo la qualità non solo interna, maanche estrinseca del progetto.E.S.d.M. Lo scopo è, per l’oggetto, quello di di-ventare bello. Negli anni Sessanta c’era un’ideologianon positiva sulla bellezza e sull’estetica. Mainvece la bellezza è una condizione naturale delle

cose. In un rapporto normale, equilibrato, deglielementi, c’è una disposizione naturale della bel-lezza ed un’energia pure armonica che trasmetteuna sensazione o un’emozione di equilibrio.Quando Le Corbusier diceva che la casa è unamachine à habiter, ha poi realizzato tutto il con-trario perché sapeva che la macchina non eraun oggetto ‘bello’.A.S.V. La bellezza non riguarda una cosa o untema autonomo. Non esistono frontiere tra fun-zionalità, bellezza, buona costruzione. La bellezzaè il top della funzionalità e della qualità materiale,altrimenti andiamo incontro ad un errore.

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