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STUDIO DI GEOLOGIA E GEOFISICA S.r.l. Strada Massetana Romana 56 - 53100 SIENA -Tel. 057749276 Fax 0577287254 - e.mail: [email protected] COMUNE DI PIANCASTAGNAIO CONSOLIDAMENTO DEL PALAZZO BOURBON DEL MONTE DI PIANCASTAGNAIO RELAZIONE GEOLOGICA E GEOTECNICA Siena, Settembre 2008 Il TECNICO: Dr. Geol. Antonio Maria Baldi Arch. n° 3312SGGB/08

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STUDIO DI GEOLOGIA E GEOFISICA S.r.l.

Strada Massetana Romana 56 - 53100 SIENA -Tel. 057749276 Fax 0577287254 - e.mail: [email protected]

COMUNE DI PIANCASTAGNAIO

CONSOLIDAMENTO DEL PALAZZO BOURBON DEL MONTE DI PIANCASTAGNAIO

RELAZIONE GEOLOGICA E GEOTECNICA

Siena, Settembre 2008

Il TECNICO:

Dr. Geol. Antonio Maria Baldi

Arch. n° 3312SGGB/08

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INDICE

1 - INTRODUZIONE Pag. 3

2 - INDAGINI SVOLTE

2.1 Indagini attuali Pag. 4

2.2 Indagini precedenti Pag. 6

3 - INQUADRAMENTO GEOLOGICO E GOMORFOLOGICO

3.1 Introduzione Pag. 7

3.2 Inquadramento dell'area Pag. 8

3.3 Evoluzione tettonica dell'area Pag. 10

3.4 Evoluzione tettonica dell'area di Piancastagnaio, con

riferimento ai caratteri geomorfologici ed idrogeologici Pag. 12

3.5 Geomorfologia dell'area Pag. 15

3.6 Situazione geologica intorno al Palazzo Bourbon del Monte Pag. 16

3.7 Conclusioni geologiche Pag. 18

4 - IDROGEOLOGIA Pag. 19

5 - RISULTATI DELLE INDAGINI SVOLTE

5.1 Sondaggi geognostici Pag. 20

5.2 Scavi esplorativi Pag. 21

5.3 Elaborazioni precedenti indagini Pag. 23

5.4 Indagini sismiche Pag. 23

5.5 Assetto stratigrafico dell'area Pag. 28

6 - CARATTERISTICHE GEOTECNICHE DEI TERRENI Pag. 30

7 - RETE DI MONITORAGGIO Pag. 35

8 - PROBABILI CAUSE DEL DISSESTO Pag. 36

9 - NUOVE INDAGINI PUNTUALI Pag. 37

APPENDICI:

1. Stratigrafie sondaggi geognostici

2. Documentazione fotografica delle carote di terreno

3. Stratigrafie scavi esplorativi

4. Documentazione fotografica scavi esplorativi

5. Certificati prove di laboratorio

ALLEGATI:

- Tav. 1 Carta geologica e geomorfologica scala 1:2.000

- Tav. 2 Planimetria ubicativa indagini scala 1:1.000

- Tav. 3 Profili sismici 1 e 2 scala 1: 500

- Tav. 4 Profili sismici 3 e 4 scala 1: 500

- Tav. 5 Sezioni geotecniche scala 1: 200

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1 - INTRODUZIONE

A completamento delle indagini attualmente svolte, sono stati anche analizzati i

vari studi eseguiti negli anni passati sempre relativamente al dissesto che ha

interessato il Palazzo Bourbon. Fra gli studi esaminati citiamo:

- Intervento di massima urgenza per opere di presidio e salvaguardia del

Palazzo Bourbon del Monte e della estremità sud dell’abitato di

Piancastagnaio - Ing. Montini 1990.

- Situazione statica del Palazzo Bourbon del Monte – Ing. Chiarugi

- Concessione di affidamento della progettazione, della esecuzione, della

eventuale gestione…….. – Arch. Rocchi 1991.

- Concessione per l’affidamento della progettazione di massima ed esecutiva

e per l’esecuzione delle opere………. – Ing. Bartoli 1992.

- Concessione per l’affidamento della progettazione di massima ed esecutiva

e per l’esecuzione delle opere………. – Ing. Cipolla 1994.

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2 - INDAGINI SVOLTE

2.1 Indagine attuale

Lo studio relativo all’individuazione delle cause che hanno determinato il

dissesto del Palazzo Bourbon si è sviluppato su due fasi distinte. La prima si è

sviluppata su di uno studio geologico e geomorfologico dell’area, mentre la

seconda ha visto la realizzazione di specifiche indagini in sito.

Lo studio fotogeologico è stato svolto su fotogrammi di presa aerea

eseguiti nei vari anni al fine di evidenziate le turbative ed i movimenti che il

versante ha subito; dopo aver inquadrato complessivamente l’area è stato

eseguito un rilevamento geomorfologico a terra. Con questo è stato verificato lo

stato fessurativo esistente sugli edifici a valle e sulle opere di contenimento del

terreno presenti sul versante e nelle aree immediatamente a valle dell’edificio.

Successivamente, al fine di ricostruire la successione stratigrafica

nell’area del palazzo in esame e per poter determinare con precisione le varie

caratteristiche fisico-meccaniche dei litotipi presenti, sono state realizzate delle

specifiche indagini in sito.

L’ubicazione dei sondaggi geognostici, eseguiti nella presente campagna

geognostica dalla ditta Geotecnica Palazzi di Chianciano Terme, è riportata

nell’allegata planimetria (tav 2). Le indagini svolte, possono così essere

riassunte:

SONDAGGI Profondità

(m)

Campione

indisturbato

Prova S.P.T. Piezometro

ml

Inclinometro

ml

1 30 0 2 / 30

2 30 0 4 / 30

3 30 2 1 30 /

4 30 3 3 / 30

Le carote di terreno prelevate nel corso dei sondaggi sono state

alloggiate in apposite cassette classificatrici e fotografate.

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Come risulta dalla tabella sopra riportata, i fori sono stati attrezzati per

poter eseguire nel tempo un monitoraggio della falda (lettura piezometro) e

degli eventuali movimenti (lettura inclinometri).

Alcuni dei campioni indisturbati sono stati inviati presso un laboratorio

geotecnico per l’esecuzione di specifiche analisi geotecniche, orientate alla

determinazione delle caratteristiche fisiche (prove granulometriche, peso di

volume) e delle caratteristiche meccaniche (prove di taglio, prove di

compressione semplice, prove di compressione edometrica).

Per correlare i dati derivanti dai sondaggi e per accertare lo stato di

allentamento dei terreni sul versante, sono state eseguite 3 basi sismiche a

rifrazione. L’ubicazione di dette prove è riportata nell’allegata planimetria.

Ulteriori indagini sismiche sono state eseguite al fine di ricostruire un

modello locale che permetta il calcolo della scuotibilità sismica in relazione

all’evento principale previsto per l’area e stima del sisma di progetto. In

particolare sono state realizzate n° 2 prove di carotaggio sismico con

metodologia down-hole in altrettanti fori di sondaggio appositamente attrezzati

con rivestimento e n° 3 prove Re.mi. al fine di definire le disomogeneità di

risposta sismica locale;

Come ultime indagini in sito sono stati eseguiti dei saggi sulle strutture di

fondazione. Questa campagna di n° 8 scavi esplorativi è stata realizzata al fine

di accertare le caratteristiche delle fondazioni, la tipologia del terreno presente

al di sotto di queste e per individuare le caratteristiche degli interventi di

consolidamento eseguiti negli anni passati. Nello stesso sito

degli scavi esplorativi è stata anche realizzata una ulteriore perforazione a

distruzione di nucleo della profondità di circa 6 m, successivamente attrezzata

come piezometro.

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2.2 Precedenti indagini

Dal momento in cui i dissesti hanno interessato sempre più

intensamente l’edificio in esame, gli studi e le indagini relativi all’individuazione

delle cause che hanno prodotto il dissesto, si sono susseguiti a più riprese.

Anche dal punto di vista geologico, sono molteplici gli elaborati prodotti e le

indagini geotecniche eseguite in sito.

A corredo dei vari studi geologici sono stati eseguiti dei sondaggi geognostici

riferiti ad una prima indagine del 1992 ed una successiva del 1994.

Nel corso dello studio del 1992 sono stati eseguiti n° 3 sondaggi a carotaggio

continuo della profondità di 20 metri.

L’indagine del 1994 ha visto la realizzazione di n° 2 sondaggi a carotaggio

continuo spinti fino alla profondità di 25 metri.

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3 - INQUADRAMENTO GEOLOGICO E GEOMORFOLOGICO

3.1 Introduzione

L’area di Piancastagnaio è stata oggetto nel tempo di vari studi geologici,

fra di questi i più significativi, scelti come base del presente studio, sono:

- “Geothermics” del CNR, Istituto Internazionale per le Ricerche Geotermiche di

Pisa, anno 1970; A. Calamai, R. Castaldi, P. Squarci e L. Taffi. Con carta

geologica in scala 1:50.000.

- Carta Geologica Regionale in scala 1:10.000, foglio 321 Abbadia San

Salvatore sezione 321130, coordinatore scientifico Prof. Armando Costantini

del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università degli Studi di Siena,

anno 2005.

- Programma VEL della Regione Toscana, Indagini Geologico – Tecniche

Progetto Amiata, a cura del Prof. Antonio Lazzaretto del Dipartimento di

Scienze della Terra dell’Università degli Studi di Siena, con carte geologiche in

scala 1:2.000, anno 2005.

- “Rilievo geostrutturale preliminare dell’apparato vulcanico del Monte Amiata”,

di Borgia A. ed altri; EDRA 2006.

L’indagine si è basata sullo studio stereoscopico di foto aeree dei seguenti 4

voli:

denominazione anno scala

indicativa colore strisciata fotogrammi

volo Italia 1988 1:70.000 bn 43A 62-63

volo Rossi 1978 1:33.000 bn 10 681-683-

685

volo EIRA 1976 1:13.000 bn 83B 601-602-

603

volo Rossi 2005 1:7.500 colore 54 791-792-

793

Come consuetudine in uno studio fotogeologico è bene potersi basare

sull’esame di più voli di scale ed epoche differenti. In questo caso vista la

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complessità geomorfologica dei versanti che dal paese di Piancastagnaio

degradano verso il basso nelle direzioni Nord, Est e Sud si sono appunto

utilizzate foto aeree di 4 voli. Questa scelta ha inoltre permesso di giungere ad

una definizione più certa del quadro delle lineazioni (faglie e fratture),

considerata anche la loro influenza sulle frane.

Con il rilevamento a terra sono stati controllati i punti significativi e le

aree con caratteri incerti individuati in foto aerea; infine si è svolto un riesame

globale dei risultati dello studio, valutando anche i primi dati geognostici emersi

dai sondaggi eseguiti per questo incarico e da altri sondaggi precedenti.

3.2 Inquadramento dell’area

All’estremità meridionale della provincia di Siena si trova il massiccio

vulcanico del Monte Amiata, che ha preso origine con la fase vulcanica plio-

quaternaria, comune alla provincia petrografica tosco-laziale. La montagna

domina in direzione Est il bacino pliocenico della Val di Paglia (bacino del

Tevere), dove i depositi delle argille marine sono in corso di incisione da parte

del reticolo idrografico.

L’abitato di Piancastagnaio si trova sul bordo occidentale del graben

della Val di Paglia, all’estremità di un piccolo altopiano a quota di circa 800 m,

alla base del vulcano estinto e sopra ai ripidi versanti argillosi che degradano

verso le valli del Paglia e del Senna. Più esattamente i versanti che scendono

verso Est sono costituiti da argille plioceniche, mentre quelli che scendono

verso Sud da argilliti con intercalazioni rocciose delle “Liguridi”.

Il reticolo idrografico è assente nell’altopiano vulcanico, mentre è

centrifugo a partire dal paese verso le direzioni Nord, Est e Sud; i corsi d’acqua

hanno carattere di fossi generalmente poco incisi, nonostante le pendenze ed il

substrato argilloso, perché gli alvei risultano spesso occupati da colamenti

argillosi provenienti dalla base delle numerose frane poste sui versanti.

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SUCCESSIONE STRATIGRAFICA

A partire dai termini più antichi (e più in basso) la successione

stratigrafica è la seguente:

DOMINIO LIGURE – Argille a Palombini; si tratta di un litotipo eterogeneo,

depostosi in ambiente di mare profondo, composto da alternanze di argilliti

grigio scure con frequenti intercalazioni di banchi di calcari silicei grigi (calcari

palombini). L’assetto dell’ammasso roccioso è generalmente caotico a causa

dei movimenti traslativi delle falde tettoniche, verificatisi durante l’orogenesi

dell’Appennino. La formazione affiora nei versanti a Sud di Piancastagnaio.

L’età va dal Cretaceo superiore al Paleocene.

DEPOSITI MARINI DEL PLIOCENE – Argille con Ciottoli di Calcari Liguri;

costituiscono un deposito formatosi al margine del bacino marino, dove alla

sedimentazione dell’argilla si interponeva l’arrivo di abbondante ciottolame di

elementi Liguri proveniente dai rilievi emersi. Talvolta vi sono blocchi ed

ammassi di Argille con Calcari Palombini, che costituiscono olistostromi franati

in massa verso il fondo marino. La formazione affiora nei versanti ad Est di

Piancastagnaio. L’età va dallo Zancleano al Piacenziano.

DEPOSITI CONTINENTALI DEL QUATERNARIO – Sabbie e Limi con

Ciottoli ed Argille, di colore tendenzialmente marrone. Questi litotipi, che

costituiscono un livello interposto fra le argille plioceniche e le soprastanti

vulcaniti, sono stati incontrati nei sondaggi n° 3 e 4 e, come sarà illustrato nella

parte geomorfologica, appaiono correlati al pianoro ondulato ad Est del paese

di Piancastagnaio. Lo spessore di questi litotipi potrebbe essere di quasi 4 metri

nel sondaggio 3 e di quasi 6 metri nel sondaggio 4 e corrispondono con buona

probabilità ai depositi alluvionali che coprivano un fondovalle sollevatosi e poi

smembrato in seguito alle fasi del sollevamento vulcanico. L’età può essere

indicata in un generico Pleistocene precedente alle vulcaniti.

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VULCANITI DEL MONTE AMIATA – Complesso Trachidacitico Basale;

l’apparato vulcanico del Monte Amiata risulta formato da rocce

prevalentemente effusive, che vengono raggruppate in quattro complessi,

diversi per età, posizione e caratteri petrografici. Piancastagnaio si trova

all’estremità S.E. dell’affioramento del Complesso Trachidacitico basale,

prodotto da effusioni laviche e forse anche da episodi ignimbritici rielaborati in

seguito ad eventi meteorici. Difatti nei sondaggi geognostici eseguiti sono stati

incontrati livelli di rocce vulcaniche compatte alternate con livelli sabbiosi con

elementi di vulcaniti. Dal punto di vista petrografico il complesso basale viene

chiamato anche “quarzolatitico” (riodaciti) perché più ricco in silice rispetto ai

complessi superiori. In realtà la composizione chimica delle vulcaniti basali è

ovviamente variabile e secondo gli autori può passare da riodaciti a trachidaciti

con termini intermedi, dato la contiguità di queste rocce nel diagramma di

Streckeisen. Nel dettaglio si tratta comunque di rocce di chimismo intermedio,

di aspetto porfirico con fenocristalli di plagioclasi, biotite e sanidino, con

struttura fluitata da compatta a vacuolare, comunque di aspetto ruvido, dal

colore mediamente grigio. Nella carta geologica allegata questa formazione è

stata suddivisa in due unità, diverse solo per i caratteri geomeccanici delle

masse rocciose, in seguito all’evoluzione tettonico-geomorfologica. Infatti le

vulcaniti che costituiscono il centro storico di Piancastagnaio (come evidenziato

dai vuoti incontrati nei sondaggi) costituiscono una massa di blocchi

disaggregati, a differenza dell’assetto più compatto delle vulcaniti che affiorano

nel pianoro della parte nuova del paese. L’età del Complesso Trachidacitico

Basale inizia da circa 430.000 anni fa, mentre le ultime colate laviche sommitali

dell’Amiata si sono verificate più di 100.000 anni fa.

3.3 Evoluzione tettonica dell’area

Nella zona, oltre le fasi tettoniche che hanno interessato la Toscana in

generale, si sono sovrapposte fasi deformative particolari legate alla nascita e

quindi all’invecchiamento del vulcano Amiata. Le fasi tettoniche elencate sono

4 (trascurando le deformazioni più antiche relative ai complessi metamorfici

sepolti in profondità):

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Nel Tortoniano (Miocene superiore) si completa una fase tettonica

compressiva iniziata in precedenza, che porta alla traslazione e

sovrapposizione di unità tettoniche di diversa origine paleogeografia e che

delinea la catena Appenninica. La formazione delle Argille con Calcari

Palombini, che affiora nei versanti a Sud di Piancastagnaio, appartiene appunto

alle Unità Liguri di giacitura alloctona, messe in posto in questa fase tettonica.

Nel Messiniano (fine del Miocene) iniziano le fasi distensive, che

culminano con la formazione dei bacini marini pliocenici, come quello della Val

di Paglia nell’area di studio. Ai margini del bacino si depositano per franamenti

masse caotiche di “Liguridi” inglobate in depositi argillosi (olistostromi), che

sono più frequenti presso Piancastagnaio. Verso il centro del bacino (in

direzione del Paglia ed oltre) si depositano invece dei normali sedimenti marini

di natura argilloso-sabbiosa.

Successivamente una fase vulcanica legata ad estensione crostale si

manifesta in Toscana, iniziando dapprima verso Ovest per propagarsi quindi

verso Est. Nella parte alta del Pleistocene inizia quindi la formazione del

Vulcano Amiata (stratovulcano), preceduta dalla risalita di una sacca

magmatica che determina un rigonfiamento e sollevamento dell’area amiatina,

come testimoniato oggi dalla presenza dei depositi marini pliocenici a quote fino

a circa 900 m sul livello del mare. L’attività vulcanica di superficie dura così per

circa 300.000 anni, producendo nelle aree circostanti attività sismica e

movimenti locali di sollevamento e abbassamento, che già inducono condizioni

di disequilibrio geomorfologico nei versanti amiatini.

Con l’esaurirsi dell’attività vulcanica il massiccio dell’Amiata va incontro

al fenomeno noto come “volcanic spreading”, per cui l’edificio vulcanico tende a

collassare per il sovraccarico della massa vulcanica sulla sua base. Gli effetti di

tale dinamica, come indicati nel recente studio “EDRA”, hanno prodotto un

abbassamento della cima di alcune centinaia di metri, faglie dirette che

ribassano il centro dell’edificio, fenomeni di estrusione radiale (diapiri) delle

masse argillose sottostanti le vulcaniti e strutture di faglie inverse ed anticlinali

alla base del vulcano in espansione. Inoltre lo sfiancamento del vulcano

sembra sia stato più netto in direzione S.E. (quindi l’area di studio), dove ne

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viene indicata una probabile attuale attività residua. Questa fase ed in

particolare i movimenti diapirici, sono sicuramente corresponsabili dei grandi ed

anomali movimenti gravitativi estesi alla base dell’Amiata e delle coltri

disgregate di vulcaniti nei versanti al margine del complesso vulcanico basale.

3.4 Evoluzione tettonica dell’area di Piancastagnaio, con riferimento ai

caratteri geomorfologici ed idrogeologici

Alla tettonica distensiva postorogenetica è sicuramente riferibile la faglia

a SE di Piancastagnaio, che con direzione appenninica ribassa le argille

plioceniche rispetto alle “Liguridi”. Le altre faglie ed i sistemi fratture individuati

anche se possono essere stati generati nella stessa fase tettonica, hanno poi

sicuramente risentito delle due successive fasi vulcaniche (formazione e

declino dell’edificio vulcanico). In particolare le due faglie dirette che delimitano

(lato sud e N.E.) il pianoro di vulcaniti su cui si trova la parte nuova di

Piancastagnaio e quella N.E.-S.O. che separa il paese vecchio da quello

nuovo, hanno caratteri recenti e devono essere state attivate soprattutto dalla

fase tettonica di declino dell’apparato vulcanico (volcanic spreading), come di

seguito illustrato.

Innanzi tutto si tenga presente che le colate vulcaniche di base hanno

riempito le valli preesistenti, cosicché al margine dell’affioramento vulcanico

oggi si osservano in pianta delle punte che si protendono verso l’esterno

dell’apparato vulcanico. Fin qui vi è quindi un’analogia fra la zona di Vivo

d’Orcia e quella di Piancastagnaio; ma a Vivo d’Orcia la colata è ancora

inclinata verso il basso (come la valle preesistente, anche se vi è stato il

fenomeno dell’inversione del rilievo), mentre invece a Piancastagnaio la colata

appare piatta e solo dai dati dei sondaggi e da considerazioni idrogeologiche si

può intuire la presenza di una vallata riempita di vulcaniti.

Infatti i dati dei sondaggi indicano chiaramente una valle sepolta sotto le

vulcaniti, con asse orientato est ovest (sotto il centro storico), come si osserva

nelle sezioni geotecniche fra i sondaggi 2 e 3 e fra 1 e 4. Nella sezione fra i

sondaggi 1 e 2 appare invece che la base delle vulcaniti è inclinata verso ovest;

ciò può essere anche dovuto alla differenza di quota fra i sondaggi, ma anche

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correggendo tale differenza si può arrivare ad un contatto di base delle vulcaniti

all’incirca piatto, mancando così una pendenza della valle sepolta verso

l’esterno del rilievo, come invece accade al Vivo d’Orcia. Ciò appare

compatibile con le ipotesi enunciate nel recente studio EDRA, che indica uno

sprofondamento del vulcano Amiata più pronunciato dalla parte di

Piancastagnaio, accompagnato da espansione per faglie dirette nelle vulcaniti

e da espansione diapirica (plastica) delle rocce prevalentemente argillose

sottostanti (“Liguridi”). Questi fenomeni (come illustrato nello schema grafico)

avrebbero così prodotto un basculamento verso monte (N.O.) dei bordi

dell’affioramento di vulcaniti, come indica la contropendenza della valle sepolta

individuata dai sondaggi. Inoltre tale movimento avrebbe attivato le faglie che

attualmente delimitano il pianoro del paese nuovo e la faglia che separa

quest’ultimo rispetto al centro storico, disgregando per fratturazione diffusa le

vulcaniti delle parti ribassate.

SCHEMA DEI FENOMENI CONNESSI ALLA FASE DI SPROFONDAMENTO

ED ESPANSIONE DEL VULCANO AMIATA

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Anche le considerazioni idrogeologiche confermano quanto sopra ed

infatti il confronto con la situazione del Vivo d’Orcia indica che là, dove la punta

di affioramento delle vulcaniti marginali è inclinata verso valle, vi è una sorgente

concentrata (Vivo). A Piancastagnaio invece, nonostante la presenza di una

valle sepolta riempita di vulcaniti (quindi con acquifero incassato in un substrato

a bassa permeabilità) che potrebbe incanalare in un unico punto la fuoriuscita

d’acqua, vi sono invece più sorgenti disperse ai lati dell’affioramento vulcanico,

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manifeste (fonti Voltaia e di Borgo ecc) ma anche probabilmente occultate sotto

le varie coperture detritiche. Anche queste osservazioni idrogeologiche

concorrono così ad indicare una contropendenza attuale della valle sepolta

verso monte, causata dai particolari movimenti tettonici recenti, ma non attuali.

3.5 Geomorfologia dell’area

Le pendici dell’Amiata sono notoriamente interessate da fenomeni di

frana, di entità e diffusione del tutto peculiari, nelle zone di affioramento di

terreni argillosi (“Liguridi” s.l. e “Pliocene”). I dissesti potrebbero essere anche

ricondotti alla fase di sollevamento dell’area per la nascita del vulcano Amiata,

ma tale fase potrebbe essersi esaurita circa 200.000 anni fa, con le ultime

consistenti emissioni vulcaniche e quindi i movimenti gravitativi dovrebbero

essere in una fase di esaurimento o attenuazione, modello che però non

sembra molto verosimile.

Con la recente ipotesi dei sollevamenti diapirici delle masse argillose

sottostanti le vulcaniti, la causa predisponente alle frane (sollevamento) viene

invece avvicinata all’epoca attuale, particolarmente per la parte S.E.

dell’Amiata, dove i problemi accaduti in alcuni pozzi geotermici potrebbero

essere ricondotti anche ai movimenti diapirici.

In effetti alcune aree franose come quelle ad est di Piancastagnaio

hanno caratteri tali da essere difficilmente inquadrabili in una “normale”

evoluzione geomorfologica. Mentre risultano invece giustificabili con la

presenza di lenti sollevamenti diapirici che, oltre a generare disequilibrio per le

pendenze, comportano anche una fessurazione profonda delle masse argillose,

con infiltrazione d’acqua nel sottosuolo a favorire l’instabilità profonda dei

versanti. Difatti sulle pendici ad est solo alcune dorsali appaiono stabili (quella

della Centrale Elettrica, di podere Strette, e di Piano di Persia), mentre le

conche intermedie sono occupate e modellate da frane coalescenti.

Anche il versante a sud di Piancastagnaio presenta diffuse frane di

scivolamento rotazionale, ma meno ampie e profonde del precedente, che

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divengono anche coalescenti e che evolvono poi in colamenti, per aumento del

contenuto d’acqua dei corpi di frana.

Scivolamenti rotazionali minori prendono origine talora anche dalle pareti di

faglia al bordo delle vulcaniti, a causa della vicina base nel sottosuolo dei

terreni argillosi.

3.6 Situazione geologica intorno al Palazzo Bourbon dal Monte

Dopo aver cercato di descrivere la complessa situazione geologica

dell’area amiatina intorno a Piancastagnaio, si descrivono infine i caratteri

geologici di un‘area più circostante il palazzo Bourbon Dal Monte, per poter

indicare le cause del suo dissesto strutturale, facendo riferimento alla carta

geologica e geomorfologica in scala 1:2.000 (tav. 1).

Come già accennato il palazzo Bourbon si trova all’estremità meridionale

del centro storico, al margine dell’affioramento delle trachidaciti disaggregate;

nel paese vecchio sono riconoscibili delle scarpate articolate, verosimilmente

corrispondenti ai fronti di vari episodi di colata lavica e a pareti di faglia. Il

palazzo risulta costruito sopra la scarpata lavica più esterna.

I dati dei sondaggi indicano che la parte nord del palazzo poggia su

vulcaniti spesse circa da 10 a 26 metri (cui seguono sotto i terreni pliocenici),

mentre il lato sud poggia su alcuni metri di depositi continentali (resti della

paleosuperficie con valle, sepolte sotto i depositi vulcanici), sotto i quali vi è

ancora la serie limoso-argillosa pliocenica.

Nel dettaglio i sondaggi mostrano che le vulcaniti sono costituite in realtà

da strati sabbiosi con elementi di trachidaciti (che possono essere di origine

ignimbritica, oppure per rielaborazione da parte di agenti meteorici), alternati a

livelli di rocce trachidacitiche, che però risultano disaggregate presentando

alcuni cavità. Queste sono sicuramente state generate dai movimenti tettonici

già descritti, che hanno appunto disaggregato l’ammasso roccioso, senza però

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arrivare ad una più spinta disarticolazione dello stesso, dato che altrimenti le

cavità avrebbero presentato un riempimento.

Quanto detto significa ad esempio che, pure in presenza di una

situazione predisponente (ammasso roccioso disaggregato su base argillosa),

non si sono prodotti movimenti di espansione laterale, come confermato dalla

mancanza di dissesti diffusi nel centro storico di Piancastagnaio.

Al margine est del centro storico è riconoscibile un pianoro lievemente

ondulato, che sembra corrispondere (visti anche i dati dei sondaggi) ad una

paleosuperficie sollevata dalle prime fasi vulcaniche, con in superficie alcuni

metri di depositi continentali prevalentemente sabbiosi. Una zona depressa al

centro della paleosuperficie sembra essere stata prodotta da una vecchia

attività di escavazione delle sottostanti argille plioceniche. Al lato est del

pianoro arrivano delle grandi frane coalescenti attive, con una netta corona di

frana vicina alla lunga costruzione presso l’incrocio di strade, ma tale frana è

stata oggetto di lavori di consolidamento. Nonostante le opere movimenti

residui possono ancora verificarsi sopra la zona della corona ed infatti vi sono

delle lesioni che interessano edifici ed opere a monte di questa frana, ma

nessuna di queste lesioni pare interessare il bordo del centro storico e quindi

appare poco probabile che dissesti connessi alla frana ad est del paese arrivino

fino al palazzo Bourbon.

Nel versante sud a valle del centro storico, sotto il “Mercatissimo”, sono

state individuate due frane di scivolamento rotazionale che possono essere

attive (alternate a periodi di quiescenza), trascurando forse altri lievi movimenti

di carattere superficiale, ma solo una di esse rientra nella carta al “2.000”,

restando comunque a valle del “Mercatissimo”. Infine vi sono ancora due

piccole frane, una interessa il rilevato stradale accanto al “Mercatissimo” ed

appare in uno stadio iniziale, l’altra si trova accanto al podere La Vignola, ma

non appare molto attiva. Nessuno di questi dissesti mostra al momento segni di

propagazione verso monte, tali da interessare il Palazzo Bourbon.

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Vicino allo spigolo S.E: del palazzo, quello che risulta maggiormente

lesionato, sotto la strada vi è un muretto di un giardino che presenta uno

“spanciamento” verso valle, che secondo osservazioni dirette è aumentato negli

ultimi 10 anni. Questo potrebbe essere un fenomeno legato al cedimento del

soprastante rilevato stradale per il carico di mezzi pesanti, ma potrebbe anche

essere connesso al cedimento fondale dello spigolo S.E: del palazzo Bourbon.

3.7 Conclusioni geologiche

Non sono state individuate faglie o fratture con caratteri di attività che

passano per il palazzo Bourbon; inoltre appare poco probabile che una

struttura tettonica attiva (anche non riconosciuta) possa indurre danni solo ad

un edificio, senza coinvolgere quelli accanto.

Le frane presenti sui lati est e sud sembrano ancora distanti dall’area del

palazzo, dato che manca un quadro di lesioni diffuse nei vari manufatti prossimi

al palazzo.

Il Palazzo Bourbon poggia a monte su uno strato di vulcaniti

disaggregate, ma al pari del restante centro storico che non è affetto da

lesionamenti diffusi degli edifici.

Il Palazzo Bourbon poggia su terreni diversi a monte rispetto a quelli di

valle e ciò potrebbe indurre fenomeni di cedimenti differenziali; spetterà quindi

all’analisi geotecnica, dopo l’esame dei dati di monitoraggio, indicare se

effettivamente è questa la causa del dissesto strutturale del palazzo Bourbon

dal Monte.

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4 - IDROLOGIA

Nell’area in esame il deflusso delle acque è favorito dal naturale declivio

dell’area verso sud, dove, alla base del versante si trova il Torrente Senna che

drena tutte le acque superficiali.

Per quanto riguarda le caratteristiche idrogeologiche i terreni del

sottosuolo presentano complessivamente una permeabilità medio alta per i

livelli più superficiali e per i litotipi trachitici, mentre per i più profondi strati limosi

la permeabilità risulta generalmente bassa o medio-bassa in funzione della

frazione associata ai limi che può essere più argillosa o più sabbiosa.

Nel corso delle indagini geognostiche ed in modo specifico relativamente

al sondaggio n° 3, è stato individuato un livello saturo.

Successive letture eseguite nel piezometro, indicano la profondità dell’acqua a

circa 3 metri di profondità.

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5 - RISULTATI DELLE INDAGINI SVOLTE

5.1 Sondaggi geognostici

L’esecuzione dei 4 sondaggi geognostici a carotaggio continuo ha

permesso di ricostruire, per l’area investigata, l’andamento stratigrafico del

sottosuolo:

SONDAGGIO 1: dal piano campagna a - 1,2 m si trova terreno di riporto

sabbioso con rari laterizi; da - 1,2 m a - 3,0 m sono presenti blocchi di trachite

in matrice sabbiosa; da - 3,0 m a - 6,6 m si individua roccia trachitica in

spezzoni di lunghezza variabile; inferiormente fino a – 11,0 m si osserva sabbia

sciolta grossolana marrone rossiccio con rari e minuti frammenti di trachite; da

– 11,0 m a – 21,5 m si evidenzia roccia trachitica in spezzoni medio piccoli

localmente associata ad una frazione sabbiosa; da – 21,5 m a – 23,4 m si trova

sabbia fine limosa di colore grigio marrone con piccoli ciottoli trachitici; da –

23,4 m a – 26,0 m è presente roccia rachitica in vari spezzoni; al di sotto fino a

– 30,0 m si individua una alternanza di livelli di limo argilloso grigio con

subordinati strati di sabbia fine.

Nel corso del sondaggio 1 sono stati evidenziati dei vuoti durante la

perforazione, ed in particolare da 5,6 a 6,6 da 14,0 a 14,5 da 16,2 a 16,5.

SONDAGGIO 2: dal p.c. a – 1,0 m si osserva sabbia marrone rossastra con rari

laterizi; al di sotto fino a – 6,1 m si evidenzia sabbia limosa con vari blocchi di

trachite; da – 6,1 m a – 8,8 m si trova sabbia marrone grossolana con clasti

trachitici; da – 8,8 m a – 10,0 m è presente roccia trachitica in spezzoni con

associata scarsa matrice sabbioso limosa; inferiormente fino a – 18,7 m si

individua limo grigio scuro a tratti argilloso, compatto; da – 18,7 m a – 30,0 m si

osserva limo debolmente argilloso grigio scuro con clasti calcarei localmente

concentrati in livelli.

SONDAGGIO 3: dal p.c. a – 1,3 m si evidenzia sabbia grossolana marrone

scuro con clasti e laterizi; da – 1,3 m a – 3,0 m si sabbia grossa marrone con

rari ciottoli; da – 3,0 m a – 5,0 m è presente limo eterogeneo marrone grigio

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scuro con ciottoli; inferiormente fino a – 6,7 m si individua argilla limosa

marrone chiaro con rari ciottoli; da – 6,7 m a – 7,5 m si osserva argilla grigio

marrone con livelli di ciottoli anche grossolani; da – 7,5 m a – 10,0 m si

evidenzia sabbia e sabbia limosa grigia con livelli di limo sabbioso e con livelli

litoidi; da – 10,0 m a – 30,4 m si trova limo grigio che passa a limo argilloso e

sabbia limosa; sono presenti clasti calcarei spesso concentrati in livelli.

SONDAGGIO 4: dal piano campagna a - 1,3 m è presente sabbia limosa

marrone scuro con clasti e frammenti di laterizi; da - 1,3 m a - 3,8 m si individua

sabbia limosa e limo sabbioso di colore marrone grigio eterogeneo;

inferiormente fino a – 4,8 m si osserva una alternanza di livelli sabbiosi grigi

con strati argillosi eterogenei marrone grigio; da – 4,8 m a – 6,0 m si evidenzia

sabbia marrone; da – 6,0 m a – 7,2 m si trova limo debolmente sabbioso grigio

marrone compatto; al di sotto fino a – 30,0 m è presente limo grigio compatto

con piccoli ciottoli e livelli centimetraci di clasti calcarei; localmente si trovano

dei livelli di sabbia limosa.

Le stratigrafie complete sono riportate in appendice alla presente.

5.2 Scavi esplorativi

La campagna di scavi esplorativi si è sviluppata quasi completamente

nel piano interrato, dove sono stati eseguiti 7 saggi; l’ottavo saggio è stato

realizzato al piano terra in coincidenza della parte interna della muratura

perimetrale.

Gli scavi solo in pochi casi sono stati eseguiti lungo le murature, dato

che durante il precedente consolidamento sono stati eseguiti de cordoli

perimetrali che hanno impedito l’esecuzione in aderenza alle murature.

Di seguito viene descritto in modo schematico, i risultati degli scavi esplorativi.

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SCAVO 1: la muratura a pietra prosegue per circa 20 cm al di sotto del piano di

calpestio; al di sotto si individua argilla limosa marrone grigia di buona

compattazione.

SCAVO 2: sul lato a valle è presente un cordolo di circa 20-25 cm;

inferiormente si trova argilla marrone eterogenea che passa a limo sabbioso e

sabbia limosa grigio marrone.

SCAVO 3: sul lato di valle oltre alla soletta la muratura prosegue con pietre e

cemento fino a circa 90 cm. al di sotto si osserva argilla limosa marrone con

striature grigie; è probabile la presenza la presenza di modesti livelli sabbiosi a

cui è associata la presenza dell’acqua (- 1,0 m).

SCAVO 4: il lato dello scavo verso valle è caratterizzato da un cordolo in c.a. di

circa 10 cm di spessore, continuo da un lato all’altro della stanza. Inferiormente

si trovano blocchi di trachite sempre più compatti con la profondità. Sulle altre

pareti dello scavo sono costituite da un limo argilloso giallo-marrone che poi

passa a circa 50 cm di profondità ad un limo argilloso grigio. Sul fondo dello

scavo (circa 1,2 m) si osserva una venuta d’acqua.

SCAVO 5: sul lato a monte si individua un piccolo cordolo di circa 10 cm;

sull’altro lato si evidenzia limo argilloso marrone eterogeneo. A circa 1,1 m di

profondità si osserva dell’acqua.

SCAVO 6: sotto il plinto che termina al p.c. il terreno è caratterizzato da limo

argilloso marrone eterogeneo con passaggi sabbiosi. I livelli sabbiosi

aumentano con la profondità e segnano la presenza di acqua a circa 1, 2 di

profondità.

SCAVO 7: soletta di pavimentazione di circa 5 cm; inferiormente si osservano

dei materiali vari di riporto fino a circa 20 cm di profondità, dove compare una

roccia rachitica in blocchi.

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SCAVO 8: la muratura perimetrale si basa su di una fondazione costituita da

blocchi rachitici a formare una muratura a secco fino a circa 1,0 m di profondità.

Sull’altro lato dello scavo si individuano vari blocchi rachitici disposti

caoticamente in matrice sabbiosa grossolana.

5.3 Elaborazioni precedenti indagini

I 5 sondaggi in precedenza realizzati non hanno evidenziato elementi

litologici diversi da quelli emersi nel corso delle attuali indagini. Le varie

perforazioni al di sotto di un modesto livello di terreno di riporto evidenziano

degli strati argillosi di colore nocciola talvolta associati nella parte alta ad una

frazione sabbiosa e a dei ciottoli trachitici. Al di sotto di questo livello argilloso

limoso si evidenziano delle argille limose con ciottoli calcarei di buona

compattazione.

5.4 Indagini sismiche

Nel complesso l’indagine geofisica eseguita ha permesso di

caratterizzare il sottosuolo sia con modelli di distribuzione della velocità delle

onde “P”, tramite l’interpretazione tomografica, sia con modelli di distribuzione

della velocità delle onde “S”, attraverso l’analisi delle prove Re.Mi.

In particolare, l’interpretazione tomografica dei profili sismici a rifrazione,

riguardo alle onde P, ha permesso, anche sulla base delle indagini dirette

realizzate in sito, di individuare delle probabili superfici di discontinuità

sismostratigrafiche in corrispondenza delle linee d’isovelocità pari a 900 e 1.600

m/s ed è stato così possibile ricostruire la geometria dei terreni indagati costituiti

da modesti livelli di terreno di riporto sovrastanti strati argillosi talvolta associati

nella parte alta ad una frazione sabbiosa e a dei ciottoli trachitici. Al di sotto di

questo livello argilloso limoso è stato possibile individuare un sismostrato avente

velocità superiori ai 2.000 m/s definibile come bedrock sismico e associabile a

dei livelli più competenti di limo.

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STENDIMENTO 1: Profilo sismico a rifrazione (Tavola n° 3540SGG02A)

Il profilo 1, avente orientazione SW – NE, è stato eseguito nel parco adiacente il

palazzo comunale.

La sua interpretazione ha evidenziato superficialmente una prima discontinuità

sismostratigrafica, corrispondente a valori di velocità dell’onde P pari a 900

m/sec, classificabile come sabbia sciolta con blocchi di tracheite, caratterizzata

da uno spessore massimo di circa 9 metri.

Una seconda discontinuità sismostratigrafica probabilmente associabile alla

tracheite alterata è stata individuata in corrispondenza della linea di isovelocità

pari ai 1.600 m/sec; questa è caratterizzata da un andamento molto variabile

lateralmente e presente solo alle due estremità del profilo. Tale aspetto molto

probabilmente è dovuto alla presenza di due discontinuità tettoniche che

attraversano il profilo in prossimità dei punti di scoppio n° 2 e 8. Al di sotto di

tale discontinuità si rileva la presenza della tracheite compatta.

STENDIMENTO 1: Prova Re.Mi. 1a (Tavola n° 3540SGG02A)

L’interpretazione della prova Re.Mi. 1, riguardo alle onde S, ha reso evidente la

seguente successione:

da – m p.c a – m p.c Vs m/sec

0.0 1.1 291

1.1 9.1 420

9.1 18.1 387

18.1 20.0 401

20.0 ~30 462

Per questo terreno il valore di Vs30 risulta pari a 414 m/sec

In definitiva, la prova Re.Mi. realizzata evidenzia che l’area in esame può essere

collocata, secondo la normativa italiana, in classe B.

STENDIMENTO 2: Profilo sismico a rifrazione (Tavola n° 3540SGG02A)

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Il profilo 2, avente orientazione NW – SE, è stato eseguito nel centro storico dl

paese.

La sua interpretazione ha evidenziato superficialmente una prima discontinuità

sismostratigrafica, corrispondente a valori di velocità dell’onde P pari a 900

m/sec, classificabile come sabbia sciolta con blocchi di tracheite, caratterizzata

da uno spessore massimo di circa 6 metri.

Una seconda discontinuità sismostratigrafica probabilmente associabile alla

tracheite è stata individuata in corrispondenza della linea di isovelocità pari ai

1.600 m/sec; questa è caratterizzata da un andamento molto variabile

lateralmente che tende ad ispessirsi nella parte centrale del profilo. Dall’analisi

di questa sezione tomografica risultano per questa discontinuità degli spessori

massimi di circa 10-12 metri. Al di sotto di tale discontinuità si rileva la presenza

di terreni limosi compatti.

STENDIMENTO 2: Prova Re.Mi. 2 (Tavola n° 3540SGG02A)

L’interpretazione della prova Re.Mi. 2, riguardo alle onde S, ha reso evidente la

seguente successione:

da – m p.c a – m p.c Vs m/sec

0.0 1.3 298

1.3 6.3 339

6.3 14.6 345

14.6 17.1 342

17.1 20.1 385

20.1 25.4 422

25.4 ~30 441

Per questo terreno il valore di Vs30 risulta pari a 370 m/sec

In definitiva, la prova Re.Mi. realizzata evidenzia che l’area in esame può essere

collocata, secondo la normativa italiana, in classe B.

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STENDIMENTO 3: Profilo sismico a rifrazione (Tavola n° 3540SGG02A)

Il profilo 3, avente orientazione ENE – WSW, è stato eseguito alla base del

palazzo Bourbon.

La sua interpretazione ha evidenziato superficialmente una prima discontinuità

sismostratigrafica, corrispondente a valori di velocità dell’onde P pari a 900

m/sec, classificabile come terreno di riporto, caratterizzata da uno spessore

massimo di circa 3-4 metri.

Una seconda discontinuità sismostratigrafica probabilmente associabile al limo

sabbioso è stata individuata in corrispondenza della linea di isovelocità pari ai

1.000 m/sec; questa è caratterizzata da un andamento circa parallelo alla

superficie topografica. Dall’analisi di questa sezione tomografica risultano per

questa discontinuità degli spessori massimi di circa 10-12 metri. Al di sotto di

tale discontinuità si rileva la presenza di terreni limosi compatti che presentano

una forte variazione laterale nella distribuzione delle velocità delle onde P. Tale

aspetto in particolare è dovuto molto probabilmente in prossimità del punto di

scopino n°8 alla presenza di una lente a componente sabbioso-limosa, mentre

nella iniziale del profilo alla presenza di una discontinuità tettonica che

attraversa ortogonalmente il profilo.

STENDIMENTO 3: Prova Re.Mi. 3 (Tavola n° 3540SGG02A)

L’interpretazione della prova Re.Mi. 2, riguardo alle onde S, ha reso evidente la

seguente successione:

da – m p.c a – m p.c Vs m/sec

0.0 1.1 227

1.0 3.5 240

3.5 5.0 208

5.0 7.0 176

7.0 8.5 218

8.5 20.2 350

20.2 ~30 376

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Per questo terreno il valore di Vs30 risulta pari a 301 m/sec

In definitiva, la prova Re.Mi. realizzata evidenzia che l’area in esame può essere

collocata, secondo la normativa italiana, in classe C.

STENDIMENTO 4: Profilo sismico a rifrazione (Tavola n° 3540SGG02A)

Il profilo 3, avente orientazione ENE – WSW, è stato eseguito al di sotto del

palazzo Bourbon.

La sua interpretazione ha evidenziato superficialmente una prima discontinuità

sismostratigrafica parallela alla topografia, corrispondente a valori di velocità

dell’onde P pari a 900 m/sec, classificabile come terreno limoso-sabbioso,

caratterizzata da uno spessore massimo di circa 5 metri.

Una seconda discontinuità sismostratigrafica probabilmente associabile a terreni

sabbioso-limosi è stata individuata in corrispondenza della linea di isovelocità

pari ai 1.600 m/sec; questa è caratterizzata da un andamento circa parallelo

alla superficie topografica. Dall’analisi di questa sezione tomografica risultano

per questa discontinuità degli spessori massimi di circa 8 metri. Al di sotto di tale

discontinuità si rileva la presenza di terreni limosi compatti caratterizzati da

velocità che superano in maniera significativa i 2.000 m/sec.

STENDIMENTO 4: Prova Re.Mi. 4 (Tavola n° 3540SGG02A)

L’interpretazione della prova Re.Mi. 2, riguardo alle onde S, ha reso evidente la

seguente successione:

da – m p.c a – m p.c Vs m/sec

0.0 1.1 298

1.0 4.2 263

4.2 7.2 353

7.2 9.6 337

9.6 11.9 517

11.9 20.2 511

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20.2 ~30 550

Per questo terreno il valore di Vs30 risulta pari a 432 m/sec

In definitiva, la prova Re.Mi. realizzata evidenzia che l’area in esame può essere

collocata, secondo la normativa italiana, in classe B.

Sulla base dei risultati delle prove geofisiche è stato inoltre possibile effettuare

il calcolo dei moduli elastici dinamici per i terreni che costituiscono l’area di

indagine come riportato nella tabelle seguente:

Litotipo densità VP VSH coeff. modulo modulo modulo

Poisson taglio dinamico Young bulk

(kN/m3) m/s m/s (kN/m

2) (kN/m

2) (kN/m

2)

R 17.5 600 200 0.44 7.14E+04 2.05E+05 5.47E+05

Sa 18.0 600 200 0.44 7.14E+04 2.05E+05 5.47E+05

Sa+Tra 18.5 800 350 0.38 2.31E+05 6.38E+05 8.99E+05

Tra 22.0 1400 400 0.46 3.59E+05 1.04E+06 3.92E+06

Ls 20.0 750 300 0.40 1.83E+05 5.16E+05 9.02E+05

Sl 19.0 1200 350 0.45 2.37E+05 6.90E+05 2.47E+06

L 21.0 2200 450 0.48 4.33E+05 1.28E+06 9.78E+06

5.5 Assetto stratigrafico dell’area

Come già ricordato in precedenza, la successione stratigrafica nell’area

circostante il Palazzo Bourbon è caratterizzata da una significativa differenza

tra la zona a valle e quella a monte, così come evidenziato nelle allegate

sezioni (tav. 3) . Nel lato di monte coincidente con Piazza Belvedere la

successione stratigrafica è prevalentemente litoide e costituita da roccia

trachitica con livelli di sabbia e trachite facenti comunque parte dei livelli

trachitici alterati. La successione investigata si conclude negli starti più profondi

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con una alternanza di livelli di limo argilloso con strati prevalentemente sabbiosi

complessivamente di età pliocenica.

Le indagini svolte lungo il perimetro sud dell’edificio, coincidente con

Viale Guerrini, evidenziano un andamento stratigrafico di natura quasi

esclusivamente terrigena legata ai depositi quaternari e pliocenici. I livelli più

superficiali, ad esclusione di un modesto livello sabbioso di origine trachitica,

sono un alternanza di limi più o meno argillosi con strati sabbiosi facenti parte

di depositi quaternari; quest’ultimi sono di origine alluvionale e si sono

depositati al di sopra dei limi grigi pliocenici che rappresentano la prevalenza

degli affioramenti del versante sotto Piancastagnaio.

A conferma del passaggio stratigrafico tra il lato a monte e quello a valle

dell’edificio, ci sono le indagini eseguite circa a metà in coincidenza di Via

Garibaldi. In tale zona i livelli trachitici ed i livelli di alterazione di questi

scompaiono a circa 10 m di profondità, evidenziando nei livelli più profondi la

presenza dei depositi limoso argillosi pliocenici.

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6 - CARATTERISTICHE GEOTECNICHE DEI TERRENI

Al fine di determinare i parametri fisico-meccanici dei terreni presenti nel

sottosuolo dell’area in esame, sono state eseguite delle prove SPT e sono stati

prelevati dei campioni indisturbati per l’esecuzione di specifiche prove di

laboratorio.

Le risultanze delle prove SPT sono riportate nella seguente tabella:

Sondaggio n° 1 1 2 2 2

S.P.T. n° 1 2 1 2 3

Profondità da m (p.c.)

a m

7,20

7,65

9,40

9,85

3,40

3,85

7,20

7,65

10,00

10,45

Litotipo Sa+Tra Sa+Tra Sa+Tra Sa+Tra L

N° colpi 0 – 15 cm 3 15 5 12 8

N° colpi 15 – 30 cm 5 19 6 14 11

N° colpi 30 – 45 cm 5 >50 13 19 15

NSPT 10 >50 19 33 26

Densità relativa (%) 35 90 48 68 59

Angolo attrito di picco 37° 43° 38° 41° 36°

Angolo attrito 31° 36° 32° 34° 28°

Sondaggio n° 2 3 4 4 4

S.P.T. n° 4 1 1 2 3

Profondità da m (p.c.)

a m

14,00

14,45

8,80

9,25

2,30

2,75

3,60

4,05

5,30

5,75

Litotipo L Sa Sl Sl Sa

N° colpi 0 – 15 cm 14 11 4 5 9

N° colpi 15 – 30 cm 16 35 7 8 13

N° colpi 30 – 45 cm 19 34 11 12 15

NSPT 35 >50 18 20 28

Densità relativa (%) 70 85 47 50 62

Angolo attrito di picco 37° 41° 35° 35° 37°

Angolo attrito 29° 34° 29° 29° 31°

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Per ciò che riguarda la prove S.P.T. eseguite nei litotipi prevalentemente

limosi, per poter arrivare ad un dato finale, sono state fatte delle opportune

correzioni legate alla non perfetta adattabilità dei litotipi stessi alle prove S.P.T..

Di seguito viene inoltre fornita una ulteriore tabella relativa ai parametri

fisico-meccanici dei terreni ottenuti dalle specifiche prove di laboratorio.

Le caratteristiche fisico-meccaniche dei terreni, talvolta corrette in

funzione delle varie prove, possono così essere riassunte:

Terreno di riporto (R):

peso di volume γ = 17,5 kN/m3

angolo di attrito ϕ = 28°

coesione C = 0 kPa

velocità onde p Vp = 600 m/sec

velocità onde s Vs = 200 m/sec

coeff. di Poisson = 0,44

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mod. taglio dinamico = 71.400 kN/m2

mod. di Young = 205.000 kN/m2

mod. di bulk = 547.000 kN/m2

Sabbia sciolta marrone (Sa):

peso di volume γ = 18 kN/m3

angolo di attrito ϕ = 32°

coesione C = 0 kPa

velocità onde p Vp = 600 m/sec

velocità onde s Vs = 200 m/sec

coeff. di Poisson = 0,44

mod. taglio dinamico = 71.400 kN/m2

mod. di Young = 205.000 kN/m2

mod. di bulk = 547.000 kN/m2

Sabbia sciolta marrone con blocchi di trachite (Sa+Tra):

peso di volume γ = 18,5 kN/m3

angolo di attrito ϕ = 33°

coesione C = 0 kPa

velocità onde p Vp = 800 m/sec

velocità onde s Vs = 350 m/sec

coeff. di Poisson = 0,38

mod. taglio dinamico = 231.000 kN/m2

mod. di Young = 638.000 kN/m2

mod. di bulk = 899.000 kN/m2

Trachite (Tra):

peso di volume γ = 22 kN/m3

angolo di attrito ϕ = 40°

coesione C = 200 kPa

velocità onde p Vp = 1400 m/sec

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velocità onde s Vs = 400 m/sec

coeff. di Poisson = 0,46

mod. taglio dinamico = 359.000 kN/m2

mod. di Young = 1.040.000 kN/m2

mod. di bulk = 3.920.000 kN/m2

Limo sabbioso marrone grigio (Ls):

peso di volume γ = 20 kN/m3

angolo di attrito ϕ = 30°

coesione C = 1 kPa

velocità onde p Vp = 750 m/sec

velocità onde s Vs = 300 m/sec

coeff. di Poisson = 0,40

mod. taglio dinamico = 183.000 kN/m2

mod. di Young = 516.000 kN/m2

mod. di bulk = 902.000 kN/m2

Sabbia limosa grigia con piccoli ciottoli (Sl):

peso di volume γ = 19 kN/m3

angolo di attrito ϕ = 29°

coesione C = 0 kPa

velocità onde p Vp = 1200 m/sec

velocità onde s Vs = 350 m/sec

coeff. di Poisson = 0,45

mod. taglio dinamico = 237.000 kN/m2

mod. di Young = 690.000 kN/m2

mod. di bulk = 2.470.000 kN/m2

Limo grigio compatto con ciottoli calcarei (L):

peso di volume γ = 21 kN/m3

angolo di attrito ϕ = 28°

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coesione C = 5 kPa

coesione non drenata Cu = 150 kPa

velocità onde p Vp = 2200 m/sec

velocità onde s Vs = 450 m/sec

coeff. di Poisson = 0,48

mod. taglio dinamico = 433.000 kN/m2

mod. di Young = 1.280.000 kN/m2

mod. di bulk = 9.780.000 kN/m2

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7 - RETE DI MONITORAGGIO

La rete di monitoraggio è stata installata agli inizi del 2007 ed è costituita

da fessurimetri, termometri, piezometri e clinometri.

L’analisi dei dati, eseguita dall’Università di Firenze, non evidenzia elementi che

facciano pensare ad una evoluzione del dissesto o a movimenti significativi. Da

quanto è emerso si può escludere una evoluzione del dissesto che ha

interessato il Palazzo Bourbon.

Per completare i dati derivanti dalla rete di monitoraggio sarebbe utile eseguire

delle letture sugli inclinometri installati nei fori di sondaggio nel Febbraio 2006.

Gli inclinometri posizionati nei sondaggi n° 1 - 2 e 4 e per i quali è stata

eseguita la lettura di zero, possono avere una notevole importanza per

escludere la presenza di movimenti di versante e per valutare gli eventuali

spostamenti del terreno circostante il palazzo.

Nel caso in cui le letture evidenziassero dei movimenti di qualsiasi tipo, può

essere consigliabile di implementare la rete di monitoraggio agli inclinometri

stessi.

I risultati delle letture piezometriche evidenziano un andamento

sostanzialmente regolare della varie misure, con variazioni limitate che non

superano i 50 – 60 cm di oscillazione periodica. I dati provenienti dalla rete di

monitoraggio evidenziano una falda idrica collocata circa a 4 m dal piano

campagna, considerando quest’ultimo la strada sottostante il Palazzo Bourbon.

Rispetto al pavimento del locale interrato, dove è collocato l’altro piezometro, la

profondità della falda è di circa 0,5 – 1,0 m.

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8 - PROBABILI CAUSE DEL DISSESTO

Per poter individuare le cause che hanno prodotto il dissesto nel Palazzo

Bourbon sono stati valutati i vari elementi emersi dal complesso della specifiche

indagini svolte. Le indagini sono state di varia natura e perciò tese a coprire le

varie e possibili cause innescanti il fenomeno.

Oltre a ciò, essendo stati realizzati negli anni numerosi studi simili al

presente, sono stati analizzati anche gli elementi e le conclusioni emersi dalle

già citate precedenti indagini.

Lo studio geologico generale, caratterizzato da rilevamento geologico e

geomorfologico a terra e da un preliminare studio fotogeologico eseguito su

foto aeree, ha permesso di arrivare ad una prima ed importante conclusione

relativamente alla stabilità complessiva dell’area. La zona a valle di

Piancastagnaio si presenta caratterizzata da vari movimenti franosi

generalmente di modesta importanza, ma l’area ove si trova il Palazzo Bourbon

e le zone adiacenti si presentano stabili e prive di movimenti gravitativi. Con

tale affermazione si può quindi escludere che i cedimenti strutturali del palazzo

siano dovuti ad una frana o alla riattivazione di una paleofrana.

Per meglio capire quali siano le cause del dissesto, abbiamo suddiviso

quest’ultime tra cause predisponesti, intrinseche al palazzo ed al terreno di

fondazione e le cause scatenanti che sono responsabili dell’inizio dei fenomeni

fessurativi.

Cause predisponenti

Dalle indagini in sito, così come già noto da tempo, l’elemento che più

significativo che viene evidenziato è quello della differenza del terreno di

fondazione tra il lato nord ed il lato sud dell’edificio in esame. La parte

settentrionale si appoggia sopra alle rocce trachitiche, mentre il settore opposto

si imposta sopra a depositi terrigeni di varia natura (sezione C-C’ in tavola 05).

Tale elemento è ovviamente di notevole importanza nello studio del dissesto

del Palazzo Bourbon, ma non risulta la causa innescante. Infatti, il palazzo è

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stato realizzato agli inizi del 1600 e solo nel secolo scorso a partire dagli anni

’70 si sono manifestati le prime problematiche strutturali poi evolute fino alla

fine degli anni ’80 con la chiusura del palazzo stesso.

Cause scatenanti

Nella relazione finale prodotta dall’Università di Firenze è stato fatto il

calcolo dai carichi esercitati dal Palazzo Bourbon sul terreno di fondazione. Da

questi risulta un valore accettabile per la fondazione su roccia, ma al limite

dell’equilibrio per il settore interessato da fondazioni su litotipi terrigeni.

Queste considerazione trovano una conferma negli scavi esplorativi

eseguiti nel piano interrato ed in prossimità della muratura esterna. Negli scavi

si è potuto appurare la quasi totale mancanza di fondazioni al di sotto della

muratura portante che può indicare una condizione di equilibrio precario per la

stabilità delle fondazioni sul lato a valle.

E’ perciò probabile che una qualunque variazione delle caratteristiche

del terreno o delle strutture dell’edificio possa aver compromesso l’equilibrio del

piano di fondazione.

In funzione di quanto sopra riportato, le cause che hanno innescato il

dissesto vanno ricercate con altri elementi. In accordo con quanto espresso

anche in precedenti studi si può ipotizzare che il dissesto sia prevalentemente

da ricondurre ad un cedimento fondale concentrato nell’angolo sud-est del

palazzo.

Fra le modifiche eseguite nel Palazzo Bourbon ci sono stati degli

interventi di ridistribuzione degli spazi interni con l’aumento dei piani e probabili

interventi sulle strutture principali esistenti. Tali variazioni strutturali, in una

situazione prossima all’equilibrio, potrebbero aver determinato un aumento del

carico sulla fondazione tale da superare il carico limite ed ingenerare perciò un

cedimento.

Fra le varie modifiche interne, anche in riferimento a quanto riportato nella

relazione strutturale, si ipotizza il taglio di una muratura nel piano interrato,.

Infatti, con l’esecuzione della scavo 4 in coincidenza di un muro presente al

piano terra, sotto un cordolo recente in c.a. si individuano dei blocchi di trachite

aventi una disposizione tale da far pensare ad una vecchia di fondazione.

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Oltre a ciò, in accordo con quanto riportato nella relazione del Prof.

Bartoli, un’altra causa scatenante può essere identificata con un cedimento nel

terreno di fondazione posto circa a metà del lato est del Palazzo Bourbon. In

tale zona, dove si individua il passaggio tra le trachiti a monte ed i depositi

pliocenici a valle, si può essere manifestato un cedimento o un crollo nel

terreno che conseguentemente potrebbe aver determinato il dissesto nelle

soprastanti murature. Tale ipotesi può trovare conforto nel sondaggio 1, dove

nel corso della perforazione sono stati individuati dei vuoti dello spessore

variabile tra 30 cm e circa 1 metro. Un vuoto simile collocato in prossimità del

lato est, potrebbe aver prodotto un crollo, che propagandosi fino al piano delle

fondazioni può aver determinato l’inizio dei fenomeni fessurativi sulle murature.

Nel corso dei vari interventi eseguiti nel Palazzo Bourbon, è stato anche

modificato parte del sistema di scarico della acque meteoriche, con una

canalizzazione che partiva dal fondo del vano scale e che si doveva raccordare

con le fognature esterne. In realtà l’umidità rilevata anche in passato sul

fondo del vano scale e le modeste dimensioni della tubazione, fanno pensare

ad un sistema di smaltimento insufficiente e con probabili perdite. Infatti, a

partire da tali interventi il piano seminterrato è stato soggetto alla presenza di

notevole umidità e per certi periodi anche alla saturazione del terreno stesso.

Tale situazione si è verificata posteriormente ai primi cedimenti e perciò non ne

risulta esclusivamente responsabile, ma ha sicuramente contribuito alla

successiva evoluzione dei dissesti. In presenza d’acqua il terreno di fondazione

saturato avrà subito sicuramente una significativa riduzione delle caratteristiche

fisico-meccaniche creando di conseguenza un più rapido raggiungimento del

carico limite sulla fondazione e perciò una maggiore probabilità dell’ingenerarsi

dei cedimenti.

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9 - NUOVE INDAGINI PUNTUALI

In funzione di quanto riportato in precedenza ed in particolare per ciò che

riguarda la verifica dell’eventuale cedimento localizzato sul lato est dell’edificio,

si ritiene che sia necessario realizzare delle ulteriori indagini concentrando gli

interventi sul settore orientale del palazzo.

Le indagini che vengono proposte, sono distinte in due tipologie differenti.

INDAGINI INDIRETTE

Indagini georadar: con questo tipo di indagini si cerca di individuare le varie

anomalie eventualmente presenti nei primi metri di profondità. Tali indagini

vanno previste nel piano interrato, esternamente all’edificio sia sul lato est sia

sulla piazzetta soprastante.

Indagini di tomografia elettrica: con questo tipo di metodologia ed in particolare

con dei piccoli profili caratterizzati da una ristretta interdistanza elettrodica è

possibile ricostruire l’assetto stratigrafico del terreno. In tale modo si possono di

conseguenza evidenziare delle eventuali anomalie. Tale metodologia ci

permette anche di indagare il sottosuolo in presenza di acqua.

Tali indagini vanno previste nel piano interrato ed esternamente all’edificio sul

lato est.

INDAGINI DIRETTE

Scavi esplorativi: questi saggi dovranno essere eseguiti per accertare l’entità

delle fondazioni e per individuare delle strutture sepolte. Dovranno essere

previsti nel piano interrato ed esternamente nei punti più significativi.

Sondaggi geognostici: con queste metodologia, già usata per la ricostruzione

stratigrafica dell’intera area, dovranno essere verificate eventuali anomalie

riscontrate con le indagini indirette; inoltre dovranno essere previsti dei fori

inclinati, eventualmente anche a distruzione, al di sotto delle murature principali

per verificarne l’entità delle fondazioni.

Siena, Settembre 2008

Dr. Geol. Antonio Maria Baldi