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GIOVEDÌ 31 LUGLIO 2014 a cura di STEFANO TAMBURINI

CONTINUA NELLA SECONDA PAGINADELL’INSERTO … · Ma spiare gli al-tri sui social network è come guardare dal buco della serra-tura: vediamo persone diver-se.Spiandointerpretiamoper-

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Page 1: CONTINUA NELLA SECONDA PAGINADELL’INSERTO … · Ma spiare gli al-tri sui social network è come guardare dal buco della serra-tura: vediamo persone diver-se.Spiandointerpretiamoper-

diBrunellaGasperini

Nuovi modi di discutere, dientrare in contatto, di confron-tarci. Questo e molto altro rap-presentano i social network,spesso strumento più che utile,talvolta meccanismo infernaledel quale rischiamo di restare pri-gionieri.

I social sono diventati ormaiindispensabili, stanno trasfor-mando il nostro modo di comu-nicare, di lavorare, di vivere il rap-porto con gli altri. Ma anche conse stessi. Offrendoci la realtà vir-tuale, all’interno della quale èpossibile ridurre tempi e spazi,accedere a ogni contenuto, speri-mentare l’immediatezza, la facili-tà, la contemporaneità. Vivere inun’altra dimensione, relazionar-si agli altri in modo diverso. Unasorta di avatar affascinante, maanche fagocitante, che nei casipiù negativi finisce per alimenta-re il nostrosenso di onnipotenza.

I social ormai sono ovunque,con oltre un miliardo di utentimensili attivi su Facebook in tut-to il mondo (dati Facebook,2014). Anche Twitter sta crescen-do in popolarità con milioni dinuovi follower ogni mese. Tem-po, pensieri, energie dedicate aisocial stanno decisamente cam-biando le nostre relazioni. Anchequelle importanti che viviamodal vero. Perché la nostra entratanei social network in molti casi al-tera il modo di stare in famiglia,incoppia, con gli altri. Non è rarorimanere imbrigliati in rapportivirtuali, di venir emotivamente osessualmente coinvolti da qual-cuno a cui siamo “collegati”.Difficoltàdi relazioneUn’indagine svolta sugli utentiTwitter negli Usa dimostra chel’uso massiccio di questo socialè legato a difficoltà relazionali“Twitter correlati”. Addiritturaseparazioni e divorzi.

Certo non si può sapere se ilsocial rappresenta solo una faci-le fuga da relazioni infelici, unarealtà alternativa nella quale ri-fugiarsi quando si hanno pro-blemi dal vivo. E quindi non es-

sere la causa delle difficoltà rela-zionali ma la conseguenza. Macerto è che tali risultati eviden-ziano la pervasività che questinuovi strumenti hanno nellanostra vita anche a livello inti-mo.

Una ricerca pubblicata di re-cente – in parte discutibile – ri-tiene che il nostro stato emoti-vo può essere influenzato daimessaggi che vediamo, o nonvediamo, sui profili Facebookdei nostri amici. È noto tuttaviache l’uso di questo social – mol-to meno Twitter dove il poten-ziale di auto-espressione è piùlimitato – può effettivamenteinterferire con la nostra vitaemotiva.

Il social è una vetrina attra-verso la quale ci presentiamo e

cerchiamo gli altri. Risponden-do, in modo suggestivo e solo inparte soddisfacente, a bisogniautentici di tutti: far parte diuna comunità, essere connessi,uniti, vicini, in contatto. Farsinotare, esserci, esistere proprioperché tra gli altri. Allontanarel’insicurezza.StraniatteggiamentiPoi, però, questo spazio esisten-ziale si “colora” di tutta una se-rie di atteggiamenti certe voltesolo strambi, altre morbosi faci-litati dal contesto virtuale. Co-me flirtare, esibirsi, colleziona-re “amici”. Questionare, azzuf-farsi, polemizzare, finire in ris-sa. Mostrare ogni momento divita. Nascondersi sotto profilifasulli. Sbirciare e anche con-trollare le vite altrui.

Certevolteesce ilpeggioDi fatto i contesti di socialitàche le moderne tecnologie met-tono a disposizione, come i so-cial, non inventano nuove pato-logie, ma di contro danno sfo-go, potenziando a volte, particomplicate di noi, diventando ilmezzo privilegiato attraverso ilquale esprimere disagi. O an-che inadeguatezze, esibizioni-smo, mancanza di autostima,incapacità relazionali, rabbia.Sono molte le fragilità che con-vogliano nella rete. E poi aggres-sività, come succede nel cosid-detto cyberbullismo, legati pur-troppo a drammatici fatti di cro-naca recenti. E la sessualità, at-traverso fantasie e perversioni.

Eppure, come dichiarato daesperti che studiano il rapporto

tra psiche e media, questi stra-ordinari mezzi di comunicazio-ne offrono anche chance positi-ve alla nostra identità. Perchétutti abbiamo bisogno di sfuggi-re alle costrizioni di identità rigi-de, simulando ulteriori modi diessere, identità lontane (manon così tanto…) da noi. Comeun gioco, attraverso i social,possiamo sperimentare possibi-lità esistenziali. E in questo sen-so, forse, il mondo virtuale nonè finzione, ma immaginario, dicui è fatta anche la vita reale.Larealtà insecondopianoTuttavia certe volte le esperien-ze on line finiscono per sostitui-re quelle reali. Perché nel webpossiamo trovare le soddisfa-zioni, lo sfogo, le emozioni sco-nosciute nella vita. Fino a quan-do la realtà scompare dietro loschermo e si vive solo connessi,smaniosi off line, “presi nella re-te”. Un disturbo definito dipen-denza da internet che compren-de l’abuso di social network,web, cellulare, videogiochi.

Sembra stia diventando sem-pre più difficile scollegarsi dalmondo digitale, affollato e rap-presentato, ritrovare solitudi-ne, noia e silenzio della realtà,recuperare modi creativi di fareesperienza, pensare, emozio-narsi, connettersi agli altri. E so-prattutto a se stessi.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Non c’è un identikitpreciso del“prigioniero” da social

network, quello che a un certopunto non ce la fa più a starlontano da quella piazzavirtuale. Ed è lì che la gestionedel rapporto con i vari Twitter oFacebook può diventare ben piùcomplicata di quanto possasembrare, fino alla nascita didrammi umani talvoltainconsapevoli. Le tipologie della“malattia” sono molteplici. Unafra le più scoraggianti è quella dichi prova fastidio nel notarecome dietro a certe notiziediventino tutti specialisti dellamateria trattata dopo avertrascorso per primo ore e ore adare lezioncine piccate a quelliche provano ad affacciarsi aldibattito. Ci sono poi quelli cheminacciano, che insultano e allaprima replica dello stesso tenoresi inalberano, trasformandotutto in un gigantesco emaleducatissimo bar sportanche quando non ci sonopalloni di mezzo. E ancora,quelli che ti mostrano ogniaspetto della loro giornata, oalmeno quello di cui voglionorendere partecipi: shopping,presunte imprese sportive,amori, passioni. Non tutto, percarità, va messo in negativo maquando questo si associa a unapresenza ossessiva c’è molto dipiù di qualcosa che non va. Oggiproviamo a aiutare tutti quelliche, vicini o lontani, sonoprossimi o dentro al peggio. Imodi per guarire ci sono, comequasi sempre il primo passo èrapportarsi con il senso dellamisura. E con rapporti menovirtuali, perché i social spessosono anche equivoco, fannosalire la tensione anche quandonon dovrebbe. Non tutto ciò cheè moderno è per forza più bello:di ogni novità va preso il meglio,scegliendo e non facendosiscegliere. Parlatene, discutete...meglio se di persona. (s.t.)

@s__tamburini©RIPRODUZIONE RISERVATA

diCinziaLucchelli

Guardiamo il nostro smar-tphone 150 volte al giorno,usiamo WhatsApp dodici vol-te in un’ora. Riusciremmo, og-gi, a vivere senza? Come capi-re se abbiamo scavalcato ilconfine tra un uso sereno del-la tecnologia intesa come op-portunità e l’ossessione di es-sere sempre connessi, di con-fezionare una nostra rappre-sentazione virtuale e di fruga-re nelle vite (digitali) degli al-tri?

➤ CONTINUA NELLA SECONDA PAGINA DELL’INSERTO

Nuovimodidicomunicarechespessoriesconoatirar fuori ilpeggiodinoiMaritrovaresestessinonèpoicosìdifficile

ILPUNTO

Se il peggioviene dal voltovirtuale

L’INTERVISTA

«Serveuna dietamediatica»

PRIGIONIERIDEISOCIAL

LAPAROLAAGLIESPERTI

Dietaesasperata eanoressia

A PAGINA 3

LASTORIA

CarloCracco, i social e lacucina

A PAGINA 4

ILTEST

Comevivi il mondovirtuale

A PAGINA 4

LOSAPEVATECHE...

Italiani, sempremeno frutta

A PAGINA 6

GIOVEDÌ31LUGLIO2014 acura diSTEFANO TAMBURINI

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➤ DALLA PRIMA DELL’INSERTO

«Superiamo la soglia criticaquando riscontriamo delleconseguenze concrete nellanostra vita che si traducono inun ritiro sociale: dormiamomeno, usciamo meno, ingras-siamo perché non facciamopiù attività fisica; gli adolescen-ti perdono giorni di scuola»,spiega Federico Tonioni, psi-chiatra e responsabile dell’am-bulatorio Dipendenze da In-ternet del Policlinico Gemelli,a Roma.

Nella sua clinica, prima nelsuo genere in Italia, sono pas-sati dal 2009 oltre 600 pazienti.Nel 20% dei casi adulti (i casipiù comuni: accesso ai siti por-no e gioco d’azzardo on line),nell’80% giovani dai 12 ai 24anni (giochi on line e socialnetwork).

Si può sviluppare dipen-denza da social network? Incosa consiste?

«La dipendenza da internetcome concetto è nato negli an-ninovanta, quando, negli StatiUniti, Kimberly Young, fonda-trice del Center for online ad-diction, ne ha distinto cinqueforme: da giochi in rete tra cuiquello d’azzardo, da siti peradulti, da giochi al computer,da sovraccarico cognitivo (ri-cerca compulsivadi dati senzafine),da social network».

È la stessa cosa per adulti eper i più giovani?

«Esiste negli adulti ma nonnegli adolescenti per i quali in-vece preferisco parlare di“psicopatologia mediata dalweb”: per loro è un nuovo mo-do di comunicare, di pensarele relazioni, che condiziona ilmodo di vivere le emozioni. Ilpunto è che durante l’adole-scenza si vive una situazionedi continuo cambiamento e sitende ad abusare di qualsiasicosa: con la crescita questiabusi possono rimanere tali,diventare disturbo di pensieroo d’umore, paranoia o posso-no sparire».

Come riconoscere la dipen-denza?

«Non esistono dati sulla pa-tologia, ne esistono sulla frui-zione di Internet. Non si misu-ra sulla base delle ore passatein rete ma su quanto ci pensia-

mo durante la giornata. Adesempio può soffrirne chi a la-voro non può frequentare Fa-cebook ma ci pensa di conti-nuo e non chi per esigenzeprofessionali deve rimanere ri-manere collegato molte ore algiorno».

Come cambiano il tempo elo spazio quando siamo in re-te?

«Sono vissuti in maniera di-versa. Il tempo è più denso: co-me un letto a castello inveceche a due piazze. Veniamo

continuamente stimolati. Pen-siamo solo a tutte le email a cuirispondiamo in un giorno. Di-minuisce la nostra capacità diattendere. Anche lo spazio èmutato: le relazioni in rete so-no senza luogo, il web si misu-ra con la connettività. Gli ado-lescenti non vivono più l’espe-rienza della separazione:quando tornano a casa conti-nuano a chattare.

In che modo i socialnetwork modificano le no-stre relazioni sociali?

«Sul web non siamo a porta-ta di contatto fisico. Due adole-scenti che si vedono in web-cam pur parlando di argomen-ti sensibili non arrossiscono,dicono ma non manifestanocon il corpo. Diventare rossosignifica non avere controllo,mettersi a nudo. La comunica-zione non verbale, essenza del-la comunicazione stessa, su in-ternet non esiste. I rapportinon sono interi. Non che la no-stra immagine in rete non ciappartenga ma non è tutto. Ci

rappresentiamo sui socialnetwork oltre i nostri limiti e ilcorpo è un nostro limite. An-che per questo l’aggressività èesacerbata.

Il potere di controllare glialtri tramite i social networkcome ci condiziona?

«La prima sensazione cheabbiamo quando non abbia-mo con noi il telefono è di esse-re nascosti. Una bella sensa-zione. Perché il telefonino èuna forma di controllo socialeche subiamo e che effettuia-

mo sugli altri. Ma spiare gli al-tri sui social network è comeguardare dal buco della serra-tura: vediamo persone diver-se. Spiando interpretiamo per-ché il punto di osservazionecomporta un’interpretazione.Fa molto più male a chi lo fa ri-spetto a chi lo subisce. E con-fonde».

Come intervenire?«Agli adolescenti vanno po-

stidei limiti: si creano conflitti,un modo privilegiato di comu-nicare. Troppo spesso infattiesistono due mondi paralleli,un gap troppo dilatato, chenon è più spazio conflittuale èsolo un vuoto. Bisogna frap-porsi tra lo schermo touchscreen degli smartphone e gliocchi dei nostri figli».

Quali rimedi pratici?«Serve una dieta mediatica.

Provare ad andare in vacanzasenza cellulare, ad esempio.Esistono luoghi in cui è possi-bile. Scopriremmo che nonsuccede niente di tragico an-che se non siamo connessi. Sei bambini provassero a rima-nere senza connessione tregiorni scoprirebbero quantecose possono fare senza telefo-nino, con i genitori, anchel’esperienzadi non fare nulla».

Cinzia Lucchelli@cilucchelli

©RIPRODUZIONE RISERVATA

‘‘ILCONTROLLOADISTANZA

Laprimasensazionecheabbiamoquandononabbiamoconnoiil telefonoèquelladiesserenascosti

L’ALLARME

Cinquesegnalidinon trascurare

BENESSERE&SALUTE 31LUGLIO2014ILTEMADELMESE » L’APPROFONDIMENTO

«Troppo spesso si creanodue mondi paralleli»Lo psichiatra Federico Tonioni: «Agli adolescenti vanno posti dei limitiE tutti provino ad andare in vacanza senza portarsi dietro il cellulare...»

1)Maniadi controlloÈquel bisogno irrefrenabile,appenasvegli e primadiandarea dormire,dicontrollare lenotifiche diFacebook,TwittereWhatsApp.2) Il sentirsiperdutiAccadespecialmentequandonon trovate la rete 3Go il WiFi, oppure quandononèpossibile ricaricare losmartphone.3) Il farsapere dovesieteQuandosentite il bisognodigeolocalizzarsi in ogni luogo,per far sapere agli altri dovesiè inquel momento.4)MaleducazioneSi manifesta soprattuttoatavola,quando lanecessità diaggiornarestatus ocontrollare lamail ci isoladallepersone reali.5)Guidatee twittateAltrosintomopericoloso pervoieper gli altri.

BENESSERE&SALUTE

Gomitogonfiodopountrauma

Circaun mese fa hosbattuto ilgomitodestro che si ègonfiato.Sonostato daunospecialista che lohasiringatosvuotandolo,dicendomicheavevounaborsiteolecranica.Misentivobenema dopo qualchegiorno,per un lieve trauma, si ègonfiatodi nuovo.(Luigi,39anni,Pisa)

➤ Risponde Riccardo Foti, chirurgoortopedico dell’Azienda ospedalieraSant’Andrea di Roma

Leborsesierose favoriscono loscorrimentodei tendiniesi trova-no inmolte parti del corpo.Pos-sono infiammarsi sesottoposteastress meccanicio traumicon-tusivi,provocando l’aumentodellaproduzione di liquidoe ilrigonfiamentodellaborsa.Pos-sonoessereasintomatiche odolorose e le terapie consigliate

sono:svuotamentodellaborsa,riposoe curaantinfiammatoria.Nelcaso di recidive, si consiglia

invece l’asportazione

chirurgi-ca,un interventoche

può

essere

fatto inambulatorio

e

che

risolve

definitivamente il

problema.

Una volta per distrarre unbambino che piangeva gli si fa-cevano tintinnare davanti lechiavi di casa o della macchi-na. Solo rumore e movimen-to, non gli si consegnava ilmazzo, sapendo quanto pote-va essere attratto da ciò chenon poteva prendere.

Oggi invece gli mettiamo trale mani uno smartphone o untablet, magari contenenti ap-plicazioni per giochi pensateperi più piccoli.

Succede lo stesso quando sidevono affrontare lunghi viag-gi in macchina. Quale miglio-re baby-sitter di una console?Tiene occupati i viaggiatoripiù piccoli, li assorbe e rendesilenziosi, potrebbero giocareper lunghissimi periodi, quasiperdessero la concezione deltempo.

I genitori sono rinfrancati esollevati, anche perché sannodi aver messo i loro figli in unasituazionedi sicurezza fisica.

Oggi, secondo una ricercadi Imaginarium (su 10milamembri del club della catenaspagnola specializzata nell’in-fanzia) i bambini tra due equattro anni trascorrono setteminuti al giorno (quattro oreal mese) a giocare su smar-tphone e tablet, 12 minuti (seiore al mese) tra i cinque e gliottoanni.

Otto genitori su dieci con-sentono ai figli di utilizzare iltablet meno di un’ora al gior-

no. Ma i bambini che tipo diesperienza stanno facendo? Eche conseguenze potrà averenella loro crescita?

«È certo che i nativi digitalihanno qualcosa di diverso nel-la struttura mentale rispetto achi non lo è – dice Federico To-nioni, alla guidadel centro perla cura delle dipendenze da In-ternet del Policlinico Gemellidi Roma –. Il punto, per loro,non è la dipendenza ma il rap-porto che sviluppano con glischermi digitali. Per loro rap-presentano una piccola ma-gia».

Questi schermi, portatili einterattivi, hanno cambiato ilrispecchiamento emotivo,quel momento in cui ci si guar-da negli occhi e si pensa allastessa cosa, si sancisceun’unione. «I bambini cerca-no uno specchio che rifletta leloro emozioni – dice Tonioni –e la prima cosa che guardanosono i comportamenti dei ge-nitori. Hanno bisogno di esse-re visti soprattutto quandostanno facendo una cosa nuo-va. I genitori li devono vedere,considerare, soprattutto li de-vono pensare mentre li guar-dano. I bambini hanno biso-gno di essere pensati prima in-vece che controllati dopo».

Federico Tonioni è l’autoredi“Cyberbullismovittime

epersecutori”,in uscita a settembre,

perMondadori

QUELLA CHE APPARE UNA MAGIA

I piccoli e l’approccio al tabletConseguenze da valutare

03DOMANDE&RISPOSTE02 31LUGLIO2014