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CHINNICI E RIPONI., CONTROLLO DELL’OSSIDAZIONE DI (+)-CATECHINA MEDIANTE CHITOSANO, PAG. 1 WWW.INFOWINE.COM – RIVISTA INTERNET DI VITICOLTURA ED ENOLOGIA, 2016, N. 1/2 CONTROLLO DELL’OSSIDAZIONE DI (+)-CATECHINA MEDIANTE CHITOSANO: IPOTESI DI UTILIZZO IN VINIFICAZIONI A RIDOTTO CONTENUTO IN SOLFITI Fabio Chinnici, Claudio Riponi Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari – Università di Bologna – Piazza Goidanich, 60 – 47521 Cesena (FC) Corresponding author: [email protected] Introduzione In enologia, l’ossigeno è un fattore tecnologico di estrema importanza, la cui gestione è governata dal delicato equilibrio fra le indiscutibili opportunità offerte ed i potenziali rischi connessi al suo utilizzo. Se per i vini rossi, infatti, l’esposizione controllata all’ossigeno può contribuire al miglioramento della qualità chimico-sensoriali complessive (in particolar modo quelle legate al colore ed alle sensazioni tattili ed aromatiche) 1,2 , è generalmente accettato che, per i vini bianchi, l’ossigeno rappresenti una fonte di rischio. Innumerevoli contributi scientifici hanno chiarito come nelle vinificazioni in bianco, caratterizzate da assenza di antociani e ridotto tenore in tannini, l’O2 promuova la rapida ossidazione degli o-difenoli e la conseguente generazione di chinoni e polimeri bruni 3,4 . In questi vini, il profilo aromatico può modificarsi a causa dell’incremento del contenuto in aldeidi, furani e fenoli volatili 5,6 e, nel caso di prodotti ottenuti da uve aromatiche, si può giungere alla perdita del carattere varietale a seguito della evoluzione ossidativa di alcune molecole volatili particolarmente sensibili all’ossigeno (tioli in particolare) 6,7 . Ricerche recenti 8–10 condotte in matrici modello, hanno posto in evidenza iI ruolo fondamentale svolto dai metalli (Fe ++ e Cu + ), dall’acido tartarico, dall’etanolo e da altri composti presenti nel vino bianco, nel promuovere l’ossidazione chimica. In tali matrici, quest’ultima si sviluppa attraverso una prima reazione di dimerizzazione della (+)-catechina mediata da acido gliossilico (prodotto dall’ossidazione dell’acido tartarico), una successiva formazioni di xanteni (incolori) e la conclusiva riorganizzazione ossidativa a generare ioni xantilio dal caratteristico colore bruno. 11 L’anidride solforosa è l’antiossidante di elezione in enologia grazie alla sua capacità di interferire con il meccanismo di formazione delle specie radicaliche 3,12 , ridurre il perossido di idrogeno, 13 rigenerare i chinoni 12 e limitare l’azione delle polifenolossidasi 14 . Altri additivi a carattere antiossidante sono l’acido ascorbico ed il glutatione (quest’ultimo solo recentemente introdotto fra le pratiche ammesse in enologia 15 ) che, però, dimostrano efficacia solo in abbinamento ad adeguate concentrazioni di SO2. 16, 17 Nonostante le innegabili qualità tecnologiche, nell’uomo l’anidride solforosa può generare reazioni allergiche di tipo acuto e cronico 18 . Tale evidenza ha, negli ultimi anni, alimentato la ricerca di possibili additivi o interventi tecnologici in grado di permettere una riduzione dell’utilizzo di questa molecola in vinificazione. Le soluzioni sinora proposte, principalmente mirate alla stabilizzazione microbica ed al controllo dell’ossidazione 19,20 , non possono considerarsi pienamente risolutive e tecnici e ricercatori sono ancora alla ricerca di soluzioni tecnologiche di maggiore efficacia. Il chitosano è un polimero naturale ottenuto dalla chitina dopo un processo di deacetilazione, la cui utilizzazione nel settore alimentare è in forte espansione. Questo interesse si deve alle sue numerose caratteristiche tecnologicamente utili, tra le quali citiamo le capacità chelanti ed antimicrobiche, la possibilità di produrre film polimerici e le attività di inibizione delle specie radicaliche 21,22,23,24 . Dal 2011 l’uso del chitosano è autorizzato in enologia per la rimozione di contaminanti chimici o biologici, la prevenzione delle precipitazioni proteiche ed il controllo dello sviluppo di Brettanomyces spp. 25 . Ciononoste, i dati scientifici disponibili riguardanti la sua

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CONTROLLO DELL’OSSIDAZIONE DI (+)-CATECHINA MEDIANTE CHITOSANO: IPOTESI DI UTILIZZO IN VINIFICAZIONI A RIDOTTO CONTENUTO IN SOLFITI Fabio Chinnici, Claudio Riponi

Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari – Università di Bologna – Piazza Goidanich, 60 – 47521 Cesena (FC) Corresponding author: [email protected] Introduzione

In enologia, l’ossigeno è un fattore tecnologico di estrema importanza, la cui gestione è governata dal delicato equilibrio fra le indiscutibili opportunità offerte ed i potenziali rischi connessi al suo utilizzo. Se per i vini rossi, infatti, l’esposizione controllata all’ossigeno può contribuire al miglioramento della qualità chimico-sensoriali complessive (in particolar modo quelle legate al colore ed alle sensazioni tattili ed aromatiche) 1,2, è generalmente accettato che, per i vini bianchi, l’ossigeno rappresenti una fonte di rischio. Innumerevoli contributi scientifici hanno chiarito come nelle vinificazioni in bianco, caratterizzate da assenza di antociani e ridotto tenore in tannini, l’O2 promuova la rapida ossidazione degli o-difenoli e la conseguente generazione di chinoni e polimeri bruni 3,4. In questi vini, il profilo aromatico può modificarsi a causa dell’incremento del contenuto in aldeidi, furani e fenoli volatili 5,6 e, nel caso di prodotti ottenuti da uve aromatiche, si può giungere alla perdita del carattere varietale a seguito della evoluzione ossidativa di alcune molecole volatili particolarmente sensibili all’ossigeno (tioli in particolare) 6,7. Ricerche recenti 8–10 condotte in matrici modello, hanno posto in evidenza iI ruolo fondamentale svolto dai metalli (Fe++ e Cu+), dall’acido tartarico, dall’etanolo e da altri composti presenti nel vino bianco, nel promuovere l’ossidazione chimica. In tali matrici, quest’ultima si sviluppa attraverso una prima reazione di dimerizzazione della (+)-catechina mediata da acido gliossilico (prodotto dall’ossidazione dell’acido tartarico), una successiva formazioni di xanteni (incolori) e la conclusiva riorganizzazione ossidativa a generare ioni xantilio dal caratteristico colore bruno. 11 L’anidride solforosa è l’antiossidante di elezione in enologia grazie alla sua capacità di interferire con il meccanismo di formazione delle specie radicaliche3,12, ridurre il perossido di idrogeno, 13 rigenerare i chinoni 12 e limitare l’azione delle polifenolossidasi 14. Altri additivi a carattere antiossidante sono l’acido ascorbico ed il glutatione (quest’ultimo solo recentemente introdotto fra le pratiche ammesse in enologia 15) che, però, dimostrano efficacia solo in abbinamento ad adeguate concentrazioni di SO2. 16, 17 Nonostante le innegabili qualità tecnologiche, nell’uomo l’anidride solforosa può generare reazioni allergiche di tipo acuto e cronico 18. Tale evidenza ha, negli ultimi anni, alimentato la ricerca di possibili additivi o interventi tecnologici in grado di permettere una riduzione dell’utilizzo di questa molecola in vinificazione. Le soluzioni sinora proposte, principalmente mirate alla stabilizzazione microbica ed al controllo dell’ossidazione 19,20, non possono considerarsi pienamente risolutive e tecnici e ricercatori sono ancora alla ricerca di soluzioni tecnologiche di maggiore efficacia. Il chitosano è un polimero naturale ottenuto dalla chitina dopo un processo di deacetilazione, la cui utilizzazione nel settore alimentare è in forte espansione. Questo interesse si deve alle sue numerose caratteristiche tecnologicamente utili, tra le quali citiamo le capacità chelanti ed antimicrobiche, la possibilità di produrre film polimerici e le attività di inibizione delle specie radicaliche 21,22,23,24. Dal 2011 l’uso del chitosano è autorizzato in enologia per la rimozione di contaminanti chimici o biologici, la prevenzione delle precipitazioni proteiche ed il controllo dello sviluppo di Brettanomyces spp. 25. Ciononoste, i dati scientifici disponibili riguardanti la sua

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utilizzazione nei vini, sono limitati. Degne di nota sono, però, due pubblicazioni dei primi anni 2000, nelle quali il chitosano ha mostrato una buona capacità di controllo dell’imbrunimento di vini bianchi grazie all’asserita azione di rimozione di procianidine e cinnamati 26, 27. Più recentemente, un biofilm a base di chitosano modificato è stato utilizzato come inibitore dell’ossidazione in vino imbottigliato28. Alla luce delle suddette evidenze, ci è sembrato interessante testare l’efficacia del chitosano nel contrastare i meccanismi di ossidazione fenolica tipici dei vini bianchi, allo scopo di ipotizzarne l’uso in vinificazioni a ridotto contenuto in solfiti. Per fare ciò, anidride solforosa, acido ascorbico, glutatione e chitosano sono stati comparati, dopo aggiunta a soluzioni simil-vino contenenti (+)-catechina, attraverso il monitoraggio delle specie chimiche, presenti o neoformate, implicate nell’ossidazione del flavanolo e nel conseguente imbrunimento. Le medesime matrici sono state utilizzate per verificare la protezione offerta dagli stessi 4 additivi, nei confronti dei tioli varietali altamente ossidabili. Materiali e metodi

Soluzioni modello La matrice modello era costituita da una soluzione idroalcolica al 12% (V/V) contenente acido tartarico (4 g/L), (+)-catechina (100 mg/L), Fe(II) (5 mg/L), Cu (II) (0.30 mg/L), 3-mercaptoesanolo (3MH), 3-mercaptoesil acetato (3MHA) e 3-mercapto-2-metil-butanolo (3MMB), questi ultimi in concentrazione pari a 5nM/L. A questa soluzione, sono stati aggiunti i diversi antiossidanti, per costituire le seguenti tesi: SO2 (80 mg/L di SO2); GSH (30 mg/L di glutatione); AA (100 mg/L di acido ascorbico); KT (1g/L di chitosano). La tesi testimone era rappresentata dalla matrice modello non aggiunta di additivi (SM). Per ciascuna tesi, aliquote di 80 mL sono state trasferite in bottiglie da 125 mL, lasciando aria nello spazio di testa allo scopo di favorire i fenomeni ossidativi. Nel corso dell’esperimento le bottiglie, ermeticamente tappate, sono state conservate a temperature ambiente ed al buio. Il colore e la composizione delle soluzioni è stato monitorato per 21 giorni attraverso il prelievo e l’analisi di tre bottiglie per ciascuna tesi, campionate ai giorni 0, 3, 7, 14 e 21 . Un ulteriore set di prove (sigla KT30h) è stato approntato dopo 21 giorni di ossidazione, a partire dalla tesi SM: 25 mL di tali soluzioni sono state trasferite in bottiglie a chiusura ermetica, aggiunte di 1g/L di chitosano e poste in agitazione per 30 ore, prima delle analisi indicate di seguito. Valutazione dell’imbrunimento e della SO2 totale residua L’imbrunimento delle soluzioni è stato valutato spettrofotometricamente, attraverso l’incremento dell’assorbanza a 440 nm, dopo filtrazione con filtri di cellulosa 0.45 mm. L’anidride solforosa totale è stata quantificata mediante distillazione 29. Analisi della (+)-catechina e relativi composti intermedi di ossidazione Le concentrazioni di (+)-catechina residua e dei composti generatisi nel corso della sua ossidazione, sono stati analizzati utilizzando un metodo HPLC/ESI-MS messo a punto nel nostro laboratorio 31. Tutte le determinazioni sono state duplicate. Determinazione dei composti tiolici presenti nelle soluzioni I tioli sono stati determinati mediante GC-MS, dopo estrazione SPE 31. Il loro contenuto è espresso semi-quantitativamente come area cromatografica relativa rispetto all’area dello standard interno (4-metossi -2-metilbutan-2-tiolo). Analisi dei metalli L’analisi di Fe e Cu è stata effettuata utilizzando un apparato ICP-OES, equipaggiato con una side on plasma Interface (SPI) ed una torcia da 1.8 mm, alle lunghezze d’onda di 324.754 e 238.204 nm per Fe e Cu rispettivamente. Grazie alla relativa semplicità delle soluzioni testate, non è stato necessario procedere alla preventiva digestione dei campioni.

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Discussione dei risultati

L’evoluzione dell’imbrunimento delle soluzioni oggetto di indagine, è illustrato nella figura 1. Per tutte le tesi, indipendentemente dall’additivo presente, l’imbrunimento è iniziato solo dopo 7 giorni di esposizione all’ossigeno presente nello spazio di testa. Nelle nostre condizioni, quindi, questo può essere considerato il tempo necessario alla formazione delle prime molecole di ione xantilio nelle soluzioni non protette da alcun antiossidante (tesi SM). Successivamente, l’imbrunimento subisce un rapido incremento, soprattutto nelle tesi SM e GSH. Il colore delle soluzioni SO2 e KT è pressoché identico per i primi 14 giorni, durante i quali si osserva un incremento assai limitato rispetto al giorno 7. Successivamente, al giorno 21, si registra un imbrunimento significativamente maggiore per le soluzioni SO2, probabilmente a causa della completa ossidazione dei solfiti (il contenuto di SO2 totale, infatti, era di 12.8 mg/L e < 0.6 mg/L nei giorni 14 e 21 rispettivamente), come già riportato da un altro studio condotti in condizioni sperimentali simili30. L’aggiunta di acido ascorbico (tesi AA) sembra fornire una protezione all’ossidazione non paragonabile a SO2 o chitosano (fig. 1) . La figura 2 mostra l’evoluzione dell’assorbanza a 280 nm delle soluzioni. Questo parametro è legato non solamente alla presenza di (+)-catechina ma, anche, a quella degli intermedi incolori della sua ossidazione (dimeri carbossimetinici e xanteni)11. La figura evidenzia chiaramente come il chitosano abbia provocato sin dal giorno 3, una riduzione dell’assorbanza che rimane pressochè

invariata fino al 21° giorno. Questo dato può essere spiegato ammettendo che il chitosano possa adsorbire una parte della (+)-catechina e degli intermedi di ossidazione e/o impedisca la generazione di questi ultimi. Per tutte le altre tesi si registra un incremento più o meno consistente dell’assorbanza a 280 nm, causata dalla progressiva formazione dei citati dimeri e xanteni. Significativo è l’andamento delle tesi AA, con ogni probabilità dovuto alla formazione di 3-idrossi-2-pirone, acido furoico e 8-MHF-(+)-catechina (un composto di

condensazione fra (+)-catechina e xilosone generato a partire dall’acido deidroascorbico 32). Complessivamente, le due figure sembrano indicare che 1g/L di chitosano possa avere una azione antiossidante paragonabile a 80 mg/L di SO2 mentre l’acido ascorbico e, in misura ancora più evidente, il GSH, non contribuiscano a bloccare efficacemente l’evoluzione ossidativa delle matrici sintetiche. Per ciò che riguarda il chitosano, due ricerche pubblicate all’inizio degli anni 2000 26,27, avevano dimostrato la capacità di questo polisaccaride di ridurre l’imbrunimento di vini bianchi, anche se in misura minore rispetto a PVPP e caseinato di potassio. In quel caso, gli autori giustificarono le evidenze ipotizzando l’adsorbimento, da parte del chitosano, dei fenoli e degli

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AB

S

Giorni

SM AA SO2

GSH KT

Figura 1: Imbrunimento ossidativo delle tesi nel corso della prova

(assorbanza a 440 nm)

Figura 2: Evoluzione della D.O. 280 nm delle soluzioni nel corso della prova

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acidi idrossicinnamici ma, non si può escludere che altri meccanismi possano aver concorso al risultato finale. Assieme alla (+)-catechina, le tesi oggetto di questo studio contenevano altri composti facilmente ossidabili. I tioli sono molecole altamente reattive nei confronti dei chinoni, di H2O2 e dei radicali

idrossido, verso i quali si comportano da composti riducenti, perdendo le caratteristiche aromatiche e condensando a disolfuri 33. La figura 3 mostra che, dopo 14 giorni dall’inizio della prova, la SO2 è in grado di preservare una maggior quantità di tioli, grazie alla capacità di prevenire la formazione degli o-chinoni e di interagire con i radicali dell’ossigeno8,13. Acido ascorbico e GSH, se presenti come unico antiossidante, non riescono ad impedire l’ossidazione dei tioli (figura 3A). Nelle tesi KT, al contrario, la concentrazione di 3MMB, MHA e 3MH è statisticamente paragonabile a quella delle soluzioni SO2. Dopo ulteriori 7 giorni (al giorno 21 – Figura 3B), queste ultime subiscono una repentina riduzione nella quantità di tioli, a causa della

completa ossidazione della SO2. Anche per le tesi KT, al giorno 21 si assiste ad una

diminuzione delle forme tioliche ma l’entità di questa è più limitata e, al termine dell’esperimento, il chitosano si conferma essere l’additivo che offre la migliore protezione nei confronti della degradazione ossidativa. Questi risultati suggeriscono che parte delle proprietà antiossidanti del chitosano possa essere dovuta alla sua capacità di rimuovere le molecole radicaliche, riducendo la formazione dei chinoni o rallentando l’ossidazione dei tioli a disolfuri. D’altro canto, precedenti pubblicazioni, hanno confermato l’attività radical scavenging del chitosano (anche se in matrici non assimilabili al vino) 24,34. Allo scopo di approfondire l’analisi delle cinetiche ossidative delle singole soluzioni, è stata quantificata la generazione delle specie intermedie nel corso dei 21 giorni dell’esperimento, attraverso analisi HPLC.

Figura 3: Contenuto residuo di tioli delle soluzioni dopo 14 e 21 giorni dall’inizio della

prova

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(GSH)

(AA)

A titolo di esempio, la figura 4 mostra due cromatogrammi ottenuti per le tesi GSH (figura 4A) e Acido Ascorbico (figura 4B). In essa, gli 11 picchi contrassegnati con i numeri n°1,5-13 corrispondono agli intermedi di ossidazione della (+)-catechina (vale a dire i dimeri carbossimetinici, lo xantene e gli ioni xantilio). Il picco n° 3 è, invece, la (+)-catechina. Si notano, altresì, i picchi n° 2 e 4 identificati come addotti fra o-chinoni e glutatione ed i picchi 14 e 15, corrispondenti, rispettivamente, al 2-idrossi-3-pirone ed al 8-MHF-(+)-catechina, responsabili dell’aumento dell’assorbanza a 280nm delle tesi AA, come già posto in evidenza nella figura 2. Diagrammando le variazioni del contenuto in ciascuno dei tre diversi intermedi di ossidazione della (+)-catechina (figura 5), si può osservare come i primi dimeri carbossimetinici si formino dopo 3 giorni. Il loro incremento è estremamente rapido ma tende a decrescere a partire dal 7° giorno, momento in cui iniziano a generarsi xantene e ioni xantilio (questi ultimi responsabili della colorazione delle soluzioni) e appaiono i primi segni di imbrunimento (Fig. 1). La SO2, contribuisce

a ritardare in maniera significativa la formazione dei dimeri carbossimetinici solo fino al giorno 7. Successivamente, si assiste alla loro progressiva sintesi, fino a valori non dissimili da quelli registrati per le tesi più ossidate (cioè SM e GSH). Nelle tesi KT, dopo una iniziale modesta formazione di dimeri, si ha una sostanziale costanza del loro contenuto che corrisponde, ai giorni 14 e 21, alla più bassa formazione di xanteni e ioni xantilio. Questi dati, che sono concordi con quanto mostrato nelle figure 1 e 2, confermano la capacità del chitosano di inibire l’ossidazione, probabilmente a seguito di una combinazione di meccanismi che includono 1) l’adsorbimento delle specie intermedie di ossidazione, 2) l’interazioni con le specie radicaliche e 3) le proprietà chelanti nei confronti di Fe e Cu. Proprio per valutare l’entità di alcune di queste singole attività, l’ultima parte del nostro lavoro ha previsto la predisposizione di una prova nella quale le soluzioni SM ossidate (prelevate cioè dopo 21 giorni di esposizione all’aria) sono state aggiunte di 1 g/L di chitosano e, dopo 30 ore di agitazione,

Figura 4: Cromatogramma (280 nm) delle tesi GSH (A) e AA (B)

Figura 5: Evoluzione della presenza degli intermedi di ossidazione nelle soluzioni,

durante i 21 giorni della prova.

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analizzate per riscontrare i fenoli ed i metalli residui. La figura 6 mostra come il chitosano abbia rimosso circa il 70% degli ioni xantilio responsabili dell’imbrunimento delle tesi SM (provocando, di conseguenza, un “ringiovanimento” nel colore di tali soluzioni). Inoltre, si osserva una asportazione di circa il 43% dei dimeri carbossimetinici e del 15% della (+)-catechina mentre, nessuna interazione è stata registrata con xantene o esteri degli ioni xantilio. Questi dati confermano che una parte dell’effetto anti-imbrunimento del chitosano è dovuto all’adsorbimento dei pigmenti ossidati (ioni xantilio) ed all’asportazione dei dimeri che rappresentano il primo step del processo di formazione dei pigmenti stessi.

In aggiunta, la figura 7 evidenzia che un’altra significativa proprietà del chitosano è quella di chelare i metalli in soluzione. Al termine dei 21 giorni, infatti, le tesi KT contenevano solamente il 30% ed il 70% di Fe e Cu inizialmente aggiunti, a seguito dell’effetto chelante del polisaccaride. L’agitazione protratta per 30 ore, ha fornito esiti anche più rilevanti, con chelazione percentuale pari a circa 84% e 50% per Fe e Cu rispettivamente. Complessivamente, i dati presentati in questo lavoro indicano che il chitosano ha la capacità di ridurre la

tendenza all’imbrunimento di soluzioni simil-vino grazie ad una combinazione di attività che comprendono i) l’adsorbimento dei pigmenti bruni e dei suoi precursori, ii) la chelazione dei metalli attivatori del processo ossidativo, iii) la probabile interazione con le specie radicaliche che propagano la catena ossidativa. Tali attività si sono dimostrate, inoltre, in grado di ritardare l’ossidazione dei tioli responsabili dell’aroma varietale dei vini. Tutto ciò considerato, il chitosano potrebbe rappresentare un possibile candidato alla sostituzione della SO2 in quelle vinificazioni condotte a ridotto o nullo contenuto in solfiti. Per questo ultimo obiettivo, ulteriori indagini sono in corso di svolgimento da parte del nostro gruppo di ricerca.

Figura 6: Soluzioni SM ossidate: contenuto % residuo in (+)-catechina ed

intermedi di ossidazione dopo aggiunta di chitosano (1 g/L) ed agitazione

per 30 h

Figura 7: Percentuale di metalli residui nelle soluzioni dopo 21 giorni (a

sinistra della linea tratteggiata) o dopo agitazione continua per 30h

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Alcuni dei dati presentati in questo lavoro sono stati adattati da: Fabio Chinnici, Nadia Natali, and Claudio Riponi.(2014) Efficacy of Chitosan in Inhibiting the Oxidation of (+)-Catechin in White Wine Model Solutions. Journal of Agricultural and Food Chemistry 2014 62 (40), 9868-9875 DOI: 10.1021/jf5025664

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CHINNICI E RIPONI., CONTROLLO DELL’OSSIDAZIONE DI (+)-CATECHINA MEDIANTE CHITOSANO, PAG. 8

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Il chitosano è un additivo utilizzato nell’industria alimentare grazie alle sue dimostrate attività antimicrobiche, chelanti, ed antiossidanti. Nel 2011 la UE ha inserito il chitosano fra gli additivi ammessi in vinificazione per la stabilizzazione proteica, il controllo microbiologico e la riduzione di contaminanti e metalli pesanti. Ad oggi, però, sono assai scarsi gli studi relativi all’efficacia antiossidante di questa molecola in matrici assimilabili a quelle del vino. In questo lavoro è stata comparata l’efficacia del chitosano, dell’anidride solforosa, del glutatione e dell’acido ascorbico, nel controllare l’ossidazione di (+)-catechina in un vino bianco sintetico sottoposto a condizioni di aerazione spinta. La generazione degli intermedi di ossidazione è stata seguita attraverso analisi cromatografica HPLC-DAD-MS e spettrofotometrica. I risultati hanno permesso di evidenziare come il chitosano abbia una notevole capacità di rallentare il decadimento ossidativo della (+)-catechina e che tale fenomeno possa essere il risultato di meccanismi di chelazione dei metalli, di adsorbimento di molecole intermedie e di attività antiradicalica. La presenza di chitosano, inoltre, ha contribuito a limitare l’ossidazione dei composti tiolici presenti nelle soluzioni modello oggetto dell’indagine. Sulla base dei dati ottenuti, si propone il chitosano come possibile additivo capace di coadiuvare o sostituire l’anidride solforosa nelle vinificazioni mirate all’ottenimento di vini bianchi a ridotto contenuto in solfiti.