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Convegno LA FAMIGLIA, FONDAMENTO DELLA SUSSIDIARIETÀ Con il patrocinio della Nel 15° anniversario della costituzione della Associazione Fraternità SEDE LEGALE Via Trieste, 3 - Monte Cremasco (CR) Cod.Fisc. 91001140192 SEDE OPERATIVA Via B. Terni, 14 - 26013 Crema (CR) Tel. 037380756 - Fax 037380752 www.associazionefraternita.it E-mail:info@associazionefraternita.it PRESIDENTE Don Mauro Inzoli DIRETTORE dott. Angelo Gipponi Atto di costituzione Associazione “Fraternità" il 24/2/84 Iscrizione al Registro Regionale del Volontariato della Regione Lombardia, al Foglio n. 23 n° 92, il 6/9/91 Eretto ad Ente Morale Decreto Ministero dell'Interno del 10/11/99 Iscrizione al Registro Regionale delle Associazioni di Solidarietà Famigliare il 24/11/00 www.foamonline.org www.cdo.it/cdonp Ente Morale - Onlus www.associazionefraternita.it

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Convegno

LA FAMIGLIA,FONDAMENTO DELLA SUSSIDIARIETÀ

Con il patrocinio della

Nel 15° anniversariodella costituzione della

Associazione Fraternità

SEDE LEGALEVia Trieste, 3 - Monte Cremasco (CR)

Cod.Fisc. 91001140192

SEDE OPERATIVAVia B. Terni, 14 - 26013 Crema (CR)

Tel. 037380756 - Fax 037380752www.associazionefraternita.it

E-mail:[email protected]

PRESIDENTEDon Mauro Inzoli

DIRETTOREdott. Angelo Gipponi

Atto di costituzione Associazione “Fraternità" il 24/2/84Iscrizione al Registro Regionale del Volontariato della Regione Lombardia,

al Foglio n. 23 n° 92, il 6/9/91EErreettttoo aadd EEnnttee MMoorraallee DDeeccrreettoo MMiinniisstteerroo ddeellll''IInntteerrnnoo ddeell 1100//1111//9999

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www.foamonline.orgwww.cdo.it/cdonpEnte Morale - Onlus

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Nel 15° anniversario dellaCostituzione dell’Associazione Fraternità

Convegno

LA FAMIGLIA,FONDAMENTO DELLA

SUSSIDIARIETÀ

CONTRIBUTO ALLA REVISIONEDELLA LEGGE 184 SULL’AFFIDO

Giovedì 28 ottobre 1999Auditorium Leonardo

Milano, Via Ampère, 1 – Ang. P.zza Leonardo da Vinci

A S S O C I A Z I O N E F R A T E R N I T À

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A S S O C I A Z I O N E F R A T E R N I T ÀA S S O C I A Z I O N E F R A T E R N I T À

La situazione degli affidi e degli affidatari in Italia 5Dott.ssa ROSSO Milena - Centro Nazionale di Documentazione e Analisi sull'infanzia e l'adolescenzaLe attività del Centro 6Disegno di indagine e attività 8Oggetto dell’indagine: definizione 9

Individuazione preventiva delle popolazioni oggetto di indagine 9Definizione e validazione degli strumenti di rilevazione 10

Scelta delle modalità di rilevazione 10Campagna di rilevazione 11

L’esperienza dell’Associazione Fraternità, 1984-1999 12Don INZOLI Mauro - Presidente Associazione FraternitàIntroduzione 12Caratteristiche fondamentali della nostra Associazione 15Alcuni dati statistici della nostra storia 16Progetti “a latere” dell’affido nell’Associazione Fraternità 20Rapporti con le istituzioni 20Ipotesi di intervento futuro 21

Problema dell’affido oltre la maggiore età 21Problema degli adolescenti come fascia “critica” 22

Presentazione della legge regionale sulla famiglia 23On. FORMIGONI Roberto - Presidente Regione Lombardia

Il ruolo delle Associazioni familiari nella riforma della legge N. 184/1983 26Prof. VANONI DE CARLI Alda - Presidente Associazione Famiglie per l'accoglienzaCome nasce il problema 26Perché ha senso introdurre la questione in sede di riformadella legislazione nazionale 27

Presupposto logico: la qualificazione del ruolo della famiglia affidatariae della natura del compito che le si assegna 27

Funzione di sostegno e di rafforzamento dell’identità familiareda parte delle Associazioni 29

Rapporti tra l’Associazione e l’Ente Pubblico 30

Per concludere 31Riassumendo in sintesi 32

Presentazione delle proposte di modifica alla legge 184 33On. TURCO Livia - Ministro per la Solidarietà Sociale

L’Associazione di famiglie, ambito privilegiato di applicazionedel principio di sussidiarietà 39Prof. VITTADINI Giorgio - Presidente Compagnia delle Opere

L’affido familiare: una riforma possibile 42Dott.ssa POMODORO Livia - Presidente Tribunale dei Minori di Milano

Un avvenimento di vita cioè una storia 46

Rassegna stampa 56

INDICE

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A S S O C I A Z I O N E F R A T E R N I T ÀA S S O C I A Z I O N E F R A T E R N I T À

LA SITUAZIONE DEGLI AFFIDI EDEGLI AFFIDATARI IN ITALIA

l presente lavoro si articola in due sezioni che se apparente-mente tra loro distinte sono in realtà fortemente interconnesse.

La prima parte prevede un breve profilo del CNDM e la specifica-zione delle attività svolte e delle funzioni attribuitegli per legge. Apartire dal quadro di tali attività e funzioni, si innesta la secondaparte che offre una panoramica delle attività di ricerca svolte dalCentro nell’ambito della tematica sui “minori fuori dalla famiglia” focalizzandosi specifi-camente sulla ricerca attualmente in atto sui bambini, le bambine e gli adolescenti inaffidamento familiare.

Prima un breve excursus storico.

Il Centro nazionale è operativo dal marzo del 1996 ed ha sede presso l’Istituto degliInnocenti di Firenze. Istituito che inizialmente con un Decreto del Ministro per la fami-glia e la solidarietà sociale del 20 marzo 1995, prende avvio con il nome di Centronazionale per la tutela dell’infanzia. Con legge 23 dicembre n. 451/97 ne ridefinisce icompiti, le funzioni e gli organi, cambia la denominazione e diventa, sotto il MinistroLivia Turco, quella attuale di Centro nazionale di documentazione per l’infanzia e l’ado-lescenza svolgendo funzioni di supporto all’Osservatorio nazionale per l’infanzia e disupporto tecnico per l’azione politica.

Uno dei primi risultati delle attività svolte nel ’96 è stato la pubblicazione del Rapportosulla condizione dei minori in Italia e l’avvio della costituzione di un sistema informati-vo sull’infanzia e l’adolescenza, concretizzatosi nell’attivazione di un apposito sito webdove viene riversata tutta la documentazione prodotta. Gli anni successivi hanno vistoproseguire l’attività di analisi della condizione dell’infanzia e dell’adolescenza nel paesecon la redazione di un secondo rapporto nazionale dal titolo “Un volto una maschera?I percorsi di costruzione dell’identità” e con il consolidamento del sistema informativo,mediante l’ampliamento delle banche dati statistiche, legislative e bibliografiche.

L’approvazione delle leggi 285/97 e 451/97 dà infine ulteriori nuovi impulsi all’attivitàdi documentazione del Centro, affiancandola ad iniziative finalizzate alla promozione eall’implementazione di queste leggi. A questo riguardo occorre ricordare la pubblica-zione di un manuale sulla legge 285/97, di una collana di quaderni di documentazio-ne e la realizzazione di una banca dati dei progetti finanziati con la legge 285/97, non-ché l’organizzazione con il Dipartimento per gli affari sociali della prima Conferenzanazionale sull’infanzia e l’adolescenza tenutasi il 20 novembre 1998 a Firenze.

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A S S O C I A Z I O N E F R A T E R N I T À

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A S S O C I A Z I O N E F R A T E R N I T À

Le attività del Centroe attività del Centro nazionale riguardano alcune competenze previste dalla L. 451/97e dalla L. 285/97. Specificamente le funzioni attribuite con la L. 451/97 riguardano:

Mantenimento e sviluppo del sistema di documentazione sulla condizioneminorileIl centro nazionale attua la raccolta, la catalogazione e lo spoglio dei documenti sul-l’infanzia e sull’adolescenza. La documentazione catalogata e suddivisa in ambitiviene riversata in archivi informatici resi disponibili per la consultazione on line nelsito web del Centro. Ciò consente di individuare, selezionare ed elaborare in unastruttura unica e secondo criteri organici, le informazioni riguardanti i vari aspettidella condizione di vita dei minori. Il sistema informativo è articolato su 4 basi dati:ambito bibliografico, ambito legislativo e giurisprudenziale, ambito internazionale eambito statistico. E’ inoltre, prevista un’area di servizi all’utenza (biblioteca, attività direference, sito Web, materiale promozionale).

Funzione di analisi delle problematiche minoriliSi articola in diverse azioni così sintetizzabili:

a. definizione dei flussi informativi tra Regioni e Centro nazionale per la realizza-zione della mappa dei servizi territoriali e delle risorse destinate all’infanzia;

b. predisposizione della bozza per il Rapporto biennale sulla condizione minorilein Italia, su argomenti e temi indicati dall’Osservatorio nazionale per l’infanzia equella del rapporto all’ONU sull’applicazione in Italia della Convenzione interna-zionale sui diritti del fanciullo;

c. attività di ricerca specifica finalizzata alla conoscenza e all’approfondimento diaspetti particolari della condizione dell’infanzia e dell’adolescenza nel nostro Paese.

Pubblicazione dei Quaderni periodici di documentazione e di analisiSi tratta di pubblicazioni rivolte al supporto dell’azione degli amministratori locali edegli operatori dei servizi; le pubblicazioni saranno diffuse anche ai parlamentari,responsabili delle amministrazioni centrali e regionali, giudici minorili, studiosi, ser-vizi. Fino ad ora ha previsto tre monografie, un annuario statistico, due raccolte dileggi regionali e documentazioni.

Formulazione di progetti pilota e riflessione sulle conseguenze introdotte nelsettore da nuove normative e leggiPrevede l’attivazione di strumenti di approfondimento e di elaborazione di proget-ti pilota finalizzati a migliorare le condizioni di vita dei soggetti in età evolutiva. Apartire dalle indicazioni che emergono dalla raccolta di dati e informazioni sullacondizione dell’infanzia e dell’adolescenza e sullo stato dei servizi territoriali nelsettore che alla raccolta e l’elaborazione di proposte pervenute al Centro naziona-le dall’Osservatorio e dalle istituzioni locali. Inoltre, nell’ambito di specifici semina-ri, verrà dato spazio al confronto tra diversi soggetti istituzionali sulle problemati-che e sulle difficoltà connesse all’adozione di nuove leggi e normative nazionali.

Le funzioni attribuite per l’anno 1999 con la L. 285/97 si articolano anch’esse in quat-tro settori:

Prosecuzione della Banca dati e delle esperienze promosse a livello locale coni fondi della 285/97Prevede la stretta collaborazione con le Regioni e le Città riservatarie per il comple-tamento e la raccolta dei materiali di informazione e documentazione sulle attivitàrealizzate dai progetti, a livello di ogni ambito territoriale. E’ prevista la catalogazionedei materiali, la pubblicizzazione della banca Dati e la stesura di una relazione per ilMinistro della solidarietà sociale sullo stato di attuazione della legge nel Paese.Comprende pertanto tutti i progetti e gli interventi attuati in applicazione della legge285/97. La banca dati è in fase operativa; grazie alla fattiva collaborazione tra il grup-po tecnico Politiche Minori e il Centro nazionale sono stati raccolti e catalogati ipiani di intervento territoriale, compresi quelli delle 15 città riservatarie, completi diprogetti esecutivi e delibere e degli accordi di programma nell’ambito della legge. Leschede catalogate sono disponibili sulle pagine web del Centro nazionale con lapossibilità di accedere ai diversi progetti (anche per tipologia e articolato della legge)e alle informazioni riguardanti i singoli ambiti e regioni.

Informazione e comunicazione a sostegno della legge 285/97Quaderni, annuario statistico e Cd-Rom contenente tutte le pubblicazioni del Centro

Formazione

Ricerche nazionaliLa funzione si concretizza in due ricerche sul territorio nazionale finalizzate a rac-cogliere informazioni e dati sulle strutture educativo-assistenziali di accoglienzaresidenziale per minori e sui soggetti accolti in esse e sui servizi per l’affidamentofamiliare e i minori in affidamento familiare.

Da quanto espresso, le due ricerche nazionali sui “minori fuori dalla famiglia” coordina-te dal CNDM si collocano pertanto all’interno delle funzioni attribuite a entrambe leleggi. Entrambe le indagini sono state volute dal Ministero della solidarietà socialeimpegnato a perseguire le finalità della L. 285/97 nei diversi filoni individuati dall’arti-colato ma con particolare attenzione alla priorità della promozione di misure alternati-ve all’istituzionalizzazione di bambini, bambine e adolescenti.

In particolare, la ricerca sulle strutture residenziali educativo-assistenziali, svolta nel1998, ha previsto la raccolta di una mole considerevole di dati relativi alle oltre 2000strutture contattate (di cui 1802 rilevate) e ai 14.945 bambini e ragazzi con meno di 18anni accolti al 30 giugno 1998 in tali strutture suddivise secondo quattro tipologie defi-nite nella Conferenza Stato-Regioni (comunità di tipo familiare, comunità educativa,comunità di pronto intervento, istituto per minori). Globalmente, tenendo conto deidimessi annuali, si può ragionevolmente ritenere che il numero dei soggetti in età evo-lutiva accolti nelle strutture residenziali educativo-assistenziali sia di circa 20.000. Gliobiettivi della ricerca si possono riassumere in un unico accettabile: raccogliere gli ele-menti di conoscenza sulla condizione dei minori nelle strutture residenziali educativoassistenziali per individuarne le criticità, per orientare il miglioramento della qualità del-l’accoglienza e per favorire l’utilizzo ove possibile, di interventi alternativi all’allontana-mento dei minori dalla famiglia di origine.

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A S S O C I A Z I O N E F R A T E R N I T À

Dal rapporto di ricerca che verrà pubblicato a breve, nel mese di novembre, nelQuaderno n. 9 del Centro nazionale, emergono tre direttrici di impegno nel processodi deistituzionalizzazione dei minori nel nostro Paese:

La prima, prioritaria, è l’intervento sulla famiglia di origine per tutelare il diritto del mino-re ad essere educato al suo interno con l’impegno dei servizi competenti a realizzareogni ragionevole sforzo affinché siano mantenute le condizioni educative minimenecessarie affinché queste condizioni possano essere ripristinate entro un tempo defi-nito nel caso di allontanamento del minore.

La seconda direttrice è lo sforzo di adeguare sempre più le strutture residenziali edu-cativo-assistenziali alle necessità dei minori accolti.

La terza e ultima, ma non ultima, direttrice riguarda l’importanza di un effettivo e diffu-so sviluppo dell’affidamento familiare come strumento di promozione e sostegno realeai minori in difficoltà e alla sua famiglia di origine. La ricerca sugli affidamenti familiarirappresenta pertanto il necessario contraltare alla ricerca sui minori accolti nelle strut-ture residenziali, completando il quadro dei minori fuori dalla famiglia. Gli orientamentie le indicazioni emerse dalla prima Conferenza nazionale sull’affidamento familiare svol-tasi a Reggio Calabria nel 1997, comprese le conclusioni del Ministro Livia Turco in cuic’era l’impegno a realizzare tali ricerche, rappresentano ancora oggi una pista concretada perseguire con rinnovato entusiasmo e con maggiore energia.

Attualmente non si dispone però di dati nazionali sull’entità quantitativa e qualitativa delfenomeno, sia nel suo sorgere (in numero di affidamenti familiari disposti), che nel suosviluppo (numero di casi interrotti, numero di casi trasformati in pre-adozione o in altreforme di affido) che nella sua conclusione (numero di casi che hanno portato al rein-serimento positivo del minore nella società e nella realtà familiare di origine) che nellasua durata (affidi a tempo determinato e affidi a tempo indeterminato).

Disegno di indagine e finalitàa prima domanda a cui rispondere è questa: “Quanti sono realmente i bambini inaffidamento familiare in Italia?”

E “Quanti e come sono organizzati i servizi titolari nella gestione degli affidamenti fami-liari?” Sono mancate fino ad oggi cifre complessive che potessero permettere una stimaattendibile del fenomeno e che potessero soprattutto favorire una programmazionecalibrata per lo sviluppo di tale strumento. Non tutte le amministrazioni regionali, infat-ti, possiedono un sistema di rilevazione dei dati relativo al fenomeno. Inoltre, comeemerso dal confronto con le Regioni, il territorio nazionale, per quanto riguarda le ini-ziative per i minori, si presenta a pelle di leopardo non essendovi omogeneità rispettoalle competenze, all’organizzazione dei servizi e alle tipologie.

L’obiettivo prioritario di tale indagine è, pertanto, duplice: intende anzitutto pervenire aduna quantificazione attendibile degli affidamenti familiari in Italia analizzando e unifi-cando i dati resi disponibili dai diversi Enti (comune e Aziende USL) che offrono un ser-vizio di affido e offrire in secondo luogo una mappatura dei servizi titolari nella gestio-ne dell’intervento. Si tratta pertanto di una rilevazione censuaria e non campionaria

degli affidamenti.

Ma l’obiettivo conoscitivo da solo non basta; occorre che i risultati di tale ricerca diven-tino stimolo per una più organica riflessione culturale, metodologica e politica sottin-tendendo un impegno fattivo rivolto alla promozione del benessere di bambini, bam-bine e adolescenti e all’acquisizione di una responsabilità genitoriale condivisa.

Come tale l’indagine intende perseguire e/o stimolare finalità ulteriori:

Stimolare un monitoraggio permanente all’uso di tale strumento di tutela per darecontinuità alla conoscenza del fenomeno;

Individuare e discriminare i fattori che facilitano una conclusione positiva dell’inter-vento;

Individuare le aree su cui orientare la formazione degli operatori;

Promuovere una riflessione integrata tra Istituzioni Pubbliche e realtà del terzo setto-re sugli orientamenti, i percorsi, i risultati raggiunti al fine di rilanciare idonee iniziati-ve di promozione, orientamento e formazione sempre più finalizzate ad incremen-tare l’utilizzo di tale strumento secondo un’ottica di reale tutela dei bambini, dellebambine e degli adolescenti e delle loro famiglie;

Stimolare l’individuazione e realizzazione di modalità innovative di gestione dell’in-tervento legate a contesto, bisogni e risorse e per promuovere occasioni di confron-to e di approfondimento al fine di delineare standard minimali di qualità nelle diver-se fasi dell’intervento.

Oggetto dell’indagine: definizionea legge 184/83 recita all’art. 2 : “un minore che sia temporaneamente privo di unambiente familiare idoneo può essere affidato ad un’altra famiglia possibilmente

con figli minori, o a una persona singola, o a una comunità di tipo familiare, al fine diassicurargli il mantenimento, l’educazione, l’istruzione”. Molteplici sono quindi i sogget-ti che possono essere “affidatari”.

L’oggetto dell’indagine è stato dunque delimitato ai bambini e agli adolescenti in affi-damento familiare residenziale nel periodo 1 gennaio-30 giugno 1999, inseriti pertan-to in un altro nucleo familiare rispetto a quello di origine, comprensivi degli affidamen-ti eterofamiliari e a parenti. Sono stati esclusi pertanto dal campo di indagine gli affida-menti a comunità (anche nel caso di comunità familiari), gli affidamenti preadottivi e gliaffidamenti diurni. Inoltre, data la diversificazione nel panorama nazionale dei servizi, laricerca ha come oggetto specifico anche le caratteristiche dei servizi titolari della gestio-ne degli affidamenti familiari. A questo proposito, va sottolineato come l’indagine rap-presenti un utile strumento di sinergia con le amministrazioni regionali che hanno col-laborato nella maggior parte dei casi con ampia disponibilità sostenendo la ricerca eaccompagnando i rilevatori nella complessa fase di rilevazione.

Individuazione preventiva delle popolazioni oggetto di indagine

Gli insiemi delle popolazioni da rilevare nell’indagine sono:

I servizi titolari della gestione degli affidamenti familiari

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I minori con un affidamento familiare in corso al 30.6.99

I minori per i quali l’affidamento familiare si sia concluso nel periodo 1.1.99 – 30.6.99

Definizione e validazione degli strumenti di rilevazioneLa messa a punto delle schede di rilevazione ha comportato un lavoro di confronto everifica delle schede attualmente in uso in alcune amministrazioni regionali del Paese,la loro ponderazione ed infine la realizzazione di alcune interviste di prova sul campo.

Gli strumenti di rilevazione sono stati poi approvati dal Gruppo tecnico Politiche Minori– Aspetti sociali dell’Assistenza materno-infantile. La complessità dell’affidamento fami-liare richiede l’intervento di sistemi diversi e la costituzione di gruppi di lavoro interdi-sciplinare per la programmazione e l’attuazione di servizi e attività formative.

La prima scheda di rilevazione si riferisce pertanto ai servizi sonda nei seguenti aspetti:la modalità organizzativa dei servizi titolari nella gestione degli affidamenti, la tipologiadi gestione, le modalità operative di intesa tra ente gestore e autorità giudiziaria mino-rile, l’organizzazione del personale che interviene in modo continuativo nella gestionedell’affidamento, le figure professionali che offrono prestazioni di consulenza, le funzio-ni svolte dal servizio in fase istruttoria e nella fase di gestione diretta dell’intervento, leattività formative, le campagne informative e promozionali sul tema, il numero di affidirealizzati dal 1996 ad oggi, la regolamentazione del contributo economico, la valuta-zione dell’incidenza sull’andamento dell’affidamento nel territorio di competenza di fat-tori specifici.

La seconda scheda di rilevazione relativa ai bambini e adolescenti in affidamento fami-liare (sia in corso che conclusi) riguarda pertanto gli attori dell’affido e sonda: le carat-teristiche del minore affidato, della famiglia di origine e della famiglia affidataria. E poi-ché un progetto di affidamento familiare è un insieme organizzato di pensiero che sitraduce gestionalmente attraverso la collaborazione tra servizi ed un insieme di inter-venti coordinati, tale scheda prevede anche una sezione sulle modalità di gestione daparte dei responsabili del caso del progetto di affidamento (grado di partecipazione deidiversi soggetti istituzionali e non al progetto, verifiche, interventi realizzati per e con iminori, la famiglia affidataria e la famiglia di origine, l’esito dell’affidamento familiare, pre-parazione e valutazione del progetto alla sua conclusione, valutazione della situazioneiniziale e finale del progetto tra i diversi attori).

Scelta delle modalità di rilevazioneLa rilevazione riguarda tutto l’insieme delle due popolazioni oggetto di indagine; perquesto l’indagine si configura come un’indagine censuaria e non campionaria del feno-meno in esame. Per assicurare il miglior esito positivo possibile alla rilevazione e perottenere un tasso di successo in modo omogeneo nelle diverse aree del Paese, si èoptato per una rilevazione diretta delle informazioni presso i servizi oggetto di indagi-ne. La rilevazione è attualmente condotta da rilevatori appositamente addestrati e som-ministrata con modalità “face to face” ai responsabili di ciascun servizio e ai responsa-bili del caso escludendo il ricorso ad una rilevazione indiretta. Tale scelta, fermo restan-do altre condizioni di lavoro, è garanzia di un alto livello di affidamento dei risultati defi-

nitivi. Vale la pena sottolineare che tale tipo di rilevazione non è mai stata realizzata inprecedenza su così vasta scala territoriale.

Campagna di rilevazioneLa campagna di rilevazione ha avuto inizio ai primi di ottobre e darà luogo ad un primoreport di indagine per fine dicembre 1999.Non è certo nel mandato di questa ricerca suggerire strategie ed interventi per conso-lidare e aumentare l’uso dell’affidamento familiare come uno degli strumenti per incre-mentare il processo di deistituzionalizzazione; tuttavia, l’intento di offrire uno spaccatodell’esistente permette di evidenziare aspetti positivi e di forza e aspetti che necessita-no di una trasformazione di uno strumento sofisticato, con precise indicazioni e con-troindicazioni, complesso da progettare e da gestire, ma fecondo di risultati sorpren-denti di cambiamento in tutti i soggetti coinvolti.

E concludo con le parole di uno dei molti bambini in affidamento familiare da meseguiti e conosciuti: “Un bambino è come un giardino; ha bisogno di molte cure eattenzioni per crescere”. Obiettivo sovraordinato ma non meno significativo di tale ricer-ca, è quello di invitare tutti coloro che si occupano di affido a mettere tutta la propriacura, passione e competenza perché l’affidamento familiare sia per tutti i soggetti coin-volti e soprattutto per i bambini e le bambine coinvolte e le loro famiglie occasione dicrescita e fonte di benessere.

Dott.ssa ROSSO MilenaCentro Nazionale di Documentazione e

Analisi sull’infanzia e Adolescenza di Firenze

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Introduzioneessuno può essere così fortunato e felice come un uomo euna donna che si sentono fatti dal Signore padri e madri.

Padri e madri di tutti coloro che si incontrano”(Don Giussani – Esercizi Fraternità 1999)

Questo augurio così umano fatto quest’anno agli Esercizi dellaFraternità a Rimini da Don Giussani qualcuno lo aveva raccoltodalle stesse labbra e agli stessi Esercizi nel 1983, quando venivasuggerito ai partecipanti la possibilità di vivere la carità come dimensione della vita, inuna forma semplice e alla portata di ogni famiglia, spalancando le porte della propriacasa al bisogno di chi si incontra. Cosa di più semplice per una famiglia con figli propriche allargare la misura del proprio cuore fino ad abbracciare un figlio non generatonella propria carne, un figlio che magari non ha sperimentato nella sua esistenza unareale paternità e maternità?

Questo suggerimento, preso come giudizio di valore con cui paragonarsi, ha segnato larotta ad alcune famiglie e all'amicizia che fra loro esisteva, fino a pensare ad una formacivile, giuridicamente riconosciuta, che si ponesse nell'ambiente come un aiuto a colo-ro che avrebbero voluto coinvolgersi nello sviluppo di un’opera di accoglienza perminori.

Così il 24 febbraio 1984 è nata l’Associazione Educativo Assistenziale Fraternità.

Da allora ad oggi quell'ingenuo tentativo è continuato e si è sviluppato con lo scopo dirispondere ai bisogni delle famiglie in difficoltà, in modo particolare ai minori.

Nel gennaio 1985, ottenuto il riconoscimento giuridico della Regione Lombardia sicominciò a ipotizzare la costruzione di una ‘Casa’.

Venne edificato così un Centro di Accoglienza a Monte Cremasco oggi compostoda 4 comunità alloggio familiare, 2 centri di pronto intervento, 3 mini strutture perragazze madri e uno spazio di incontro per le famiglie affidatarie, i minori in affido e lefamiglie d’origine. Successivamente 2 comunità alloggio in Crema e a Perugia e poi inLodi dove l'Associazione Fraternità sta realizzando un nuovo centro di accoglienza, com-posto - anche qui - da 2 comunità alloggio, 1 centro di pronto intervento, 1 centro diaggregazione giovanile e 1 asilo nido.

I 15 anni di questa storia sono stati attraversati da evoluzioni particolari.

All'inizio abbiamo risposto a tutte le richieste che man mano la storia ci portava, sia chevenissero da privati che dall’Ente pubblico: minori abbandonati, tossicodipendenti,

ragazze madri tossicodipendenti con i loro figli, adolescenti in stato di disagio familiaree sociale.Alcune nostre famiglie sono state messe a dura prova fino a che si è arrivati ad una svol-ta determinante: da quel momento si sarebbe risposto solamente a richieste di acco-glienza di minori in stato di disagio familiare e non più a richieste di accoglienza di tos-sicodipendenti e così via, constatando la nostra incapacità di far fronte a tali proble-matiche.

Questa umiliazione ci ha reso molto più realisti ed ricondotto all'intuizione originale. Ilcammino successivo è stato un continuo riprendere e approfondire l'intuizione originale.

L'iniziale gruppo di amici ha cominciato ad allargarsi per contagio: la vicinanza e la con-divisione ha favorito il dilatarsi dell'esperienza dell'accoglienza portando alcune famigliea lasciare la loro abitazione per trasferirsi nel centro di accoglienza, ed altre a spalanca-re le porte della propria casa ad accogliere i minori che ci venivano proposti. Anche dalpunto di vista organizzativo la situazione si è notevolmente sviluppata.

Il Piano Socio Assistenziale della Regione Lombardia, varato nel 1986, che prevedeva trale nuove strutture di accoglienza dei minori le comunità alloggio, ha trovato nell'espe-rienza della Fraternità una risposta caratteristica peculiare: comunità alloggio dove glieducatori fossero una coppia genitoriale con figli propri.

All'inizio questa ‘formula’ incontrò molte difficoltà ad essere accettata dai Servizi Sociali,che giudicavano questo, uno strano ibrido, tra il semplice istituto dell'affido familiare ele comunità alloggio, con i propri standard gestionali.Nel tempo i frutti di questa intuizione hanno convinto anche alcuni dei più restii.

Da qui si evince che l’Associazione Fraternità fonda la sua risposta al problema del disa-gio minorile utilizzando come risorsa fondamentale la famiglia.

Vogliamo offrire a chi necessita di accoglienza il luogo naturale in cui sia possibile anda-re a fondo di ciò che significa essere figlio, essere voluto ed amato, appartenere a qual-cuno.

L’accoglienza è il fenomeno di una persona che, cosciente di essere stata accolta,cosciente della relazione fondamentale che la costituisce, apre la sua esistenza all’esi-stenza di un altro. Essere accolto in una famiglia, che non sia quella d’origine, significaavere comunque l’opportunità di sperimentare in un rapporto di paternità e maternitàche cosa significhi essere figlio.

“Innanzitutto non possiamo condividere, vale a dire non possiamo porre la nostra pre-senza come parte della presenza di un altro, non possiamo spalancare la nostra pre-senza ad accogliere la presenza di un altro, se innanzitutto noi non ci sentiamo accolti,se noi non ci sentiamo amati. Prima di questa consapevolezza, l'altro, chiunque sia, èestraneo, è lontano, è un problema da affrontare o un caso da risolvere. Dentro la con-sapevolezza del rapporto originario, che definisce e sostiene la nostra vita e la nostraazione, l'accoglienza si esprime come fenomeno di familiarità totale, cioè un compor-tamento definito dall'imitazione del comportamento di Dio stesso nei confronti del-l'uomo”.

L’ESPERIENZA DELL’ASSOCIAZIONE FRATERNITÀ 1984 – 1999

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È vinta l'estraneità e la distanza e i primi passi (quelli magari che sono più tremolanti,quelli che sembrano essere più incerti, soprattutto quando si inizia) hanno già la stessadensità degli ultimi, anche se i frutti di questo metodo possono venire molto dopo opotranno anche non venire, se la libertà di chi è accolto non accetta questo rapportoeducativo.

Se la famiglia è la grande risorsa per rispondere al bisogno di accoglienza dei minori,siamo consapevoli che la singola famiglia frequentemente è in difficoltà a sopportare ipesi e le fatiche che inesorabilmente insorgono nell’esperienza dell’affidamento.

La solidarietà tra più famiglie e la capacità di farsi compagnia in un compito è diventa-ta così il sostegno prezioso nella costruzione di un’opera.

Tale solidarietà si esemplifica nella condivisione dell’esperienza, la messa in comunedelle difficoltà, il sostegno anche materiale laddove è necessario.

L'intuizione iniziale di una Associazione di famiglie si è via via rivelata come strumentodavvero efficace anche nelle situazioni più difficili: per esempio quando si tratta didover accogliere tre o quattro fratelli e non è possibile farlo in un'unica famiglia. Si èconsapevoli di creare uno smembramento ulteriore laddove già si è rotta una unità (coni genitori), ma poter offrire una realtà di famiglie che già si conoscono, che già sono inrapporto tra loro e che garantiscono nella quotidianità una frequentazione dei fratelli èdavvero una preziosa risorsa.

Oppure quando una famiglia affidataria per motivi gravi deve ritirare la propria disponi-bilità e lasciare il rapporto iniziato con un minore: se il minore è spostato in una fami-glia che già conosce, con cui è già stato in contatto in precedenti occasioni, e soprat-tutto dove si respira la stessa ‘aria’, vivrà in modo meno traumatico questo spostamento.

O ancora quando la tensione tra famiglia affidataria e minore cresce fino a diventare‘insostenibile’, il fatto che una famiglia sia inserita in un ambito più grande permette aun minore di trovare, fuori dall’ambito famigliare, un rapporto con adulti (diversi dagliaffidatari ma in piena sintonia educativa con loro) utile nell’affrontare il suo disagio, lesue difficoltà, senza dover scappare altrove. Questa è l’esperienza di un brandello dipopolo che accoglie, dove ciascuno si sente responsabile non solo dei propri figli, main qualche misura anche dei figli degli amici. Dell’unità che c’è tra noi, restano colpitianche gli operatori dei Servizi Sociali.

Inoltre la forma giuridica della Associazionea) ‘sostiene’ la famiglia nell'impegnativo e a volte difficile rapporto con i ServiziSociali, con il turnarsi al loro interno di operatori diversi, che hanno strategie educa-tive anche sostanzialmente differenti e salvaguarda il metodo educativo proprio dellefamiglie che aderiscono all’Associazione da eventuali ingerenze.

b) ‘sostiene’ nel difficile rapporto tra famiglia naturale e famiglia di origine perché,così come recita la legge 184 all’art. 5, “l’affidatario deve agevolare i rapporti tra ilminore e i suoi genitori e favorire il reinserimento nella famiglia di origine”.

Poter contare sul personale professionalmente qualificato dell’Associazione che accom-

pagna sin dalla prima fase (la più difficile) le famiglie affidatarie nell'incontro con le fami-glie di origine significa fornire un prezioso punto di abbassamento delle tensioni esoprattutto un punto ‘esterno’ alla famiglia affidataria che si assume la responsabilità dirichiamare e far rispettare di volta in volta il calendario concordato con il ServizioSociale responsabile.

Questo filtro è molto utile anche rispetto al bambino che non vive i genitori affidataricome coloro che negano i suoi desideri di incontrare o sentire telefonicamente i genitori.

Caratteristiche fondamentali della nostra Associazionee linee educative e le sottolineature che caratterizzano la nostra esperienza di acco-glienza nascono dalla cultura cristiana che la stragrande maggioranza delle nostre

famiglie vive. Esperienza attinta e respirata per la tradizione del popolo in cui si è natie cresciuti, ma ridestata da un incontro con il fatto vivo e presente nella Chiesa cattoli-ca, reso carico di attrattiva dal carisma.

Ora vorrei proporre alcune di queste sottolineature:

1. L’altro che incontro, che ha bisogno di accoglienza è innanzitutto una persona, conlo stesso bisogno di felicità che ho io, con la stessa incapacità a darsi una risposta esau-riente a riempire il limite che è.

L’uomo non è mai definito da quello che sa fare o non sa fare; i bambini che vengononelle nostre case con alle spalle storie spesso tremende, sono sì segnati pesantementeda quelle vicende, ma questa non è l'ultima parola sulla loro vita. I limiti umani e stori-ci che si portano addosso non sono né il punto iniziale con cui ci accostiamo a loro,né il punto da dover superare per poter dire che il nostro intervento è stato utile: sonouna circostanza, sicuramente difficile, con la quale potersi impattare, nella quale farsicompagnia, accompagnando l’altro verso un cambiamento che magari avverrà, oppureno, ma dove la cosa più importante è che io mi metto in gioco con lui.

Per questo la prima qualità che abilita una famiglia ad essere accogliente non è unadeterminata professionalità, il possedere determinate capacità tecniche, ma è la suaumanità, la sua disponibilità a mettersi in gioco con l’altro per quello che è. L’altro devepercepire che è voluto, non in senso generale, ma davvero è come parte di sé.

Dopo questo, tutto quello che è intelligente fare perché i nostri bambini imparinoanche ad andare bene a scuola, a rapportarsi con sicurezza e libertà con gli altri etc.dobbiamo farlo, e in questo senso tutto è utile: dalla terapia psicologica agli interventidi sostegno scolastico, etc.

2. Se c’è una sottolineatura da sempre fatta alle famiglie che accolgono in casa figli nonloro è quella che riguarda le famiglie d’origine e il rapporto che poco o tanto devenascere tra gli adulti.

La realtà di un bambino non è semplicemente la persona che si ha di fronte; la realtàdi un ragazzo è suo padre, sua madre, suo fratello, etc, la sua storia e ciò che questa per-sona ama. Non è affettivamente intero un rapporto che non tenga conto del bambinonella sua totalità.

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Si accoglie per amore al destino dell’altro e il bambino deve percepire (e non a parole,ma nei gesti, negli sguardi, nei silenzi, nelle non-reazioni) che la famiglia affidataria noncostituisce un ostacolo al proprio rapporto con sua madre e suo padre.

La famiglia d’origine è sempre molto presente in questi bambini e noi non solo nonvogliamo farla dimenticar loro, ma desideriamo che per quel bambino sia possibiletenere uniti i suoi genitori, così come sono, con noi che li accogliamo: anzi vogliamoessere il luogo dove per lui sia possibile tenere insieme il dolore della sua storia passa-ta, la fatica del presente e la possibilità di guardare con speranza al futuro.

Ciò è possibile dentro (per) l’esperienza cristiana: non si tratta infatti di tollerare la diver-sità dei genitori di origine, di sopportare la loro presenza che spesso sembra fare solomale al bambino, ma occorre riconoscere che dietro lo sfacelo che appare c’è sicura-mente un punto buono ed è a questo punto buono che dobbiamo aiutare il bambinoa guardare e da cui dobbiamo partire per un rapporto vero con lui.

Solo una posizione di fede rende certi che questo punto di bontà, di positività c’è intutti; magari noi ci impiegheremo anni per riconoscerlo, ma il nostro sguardo è tuttoteso e in attesa di vederlo.

3. Viene spesso spontaneo chiedersi, dopo aver iniziato magari per un impeto di gene-rosità l’esperienza dell’accoglienza ed essersi imbattuti in una fatica più grande di quel-la che si immaginava, chi ce lo avesse fatto fare. In effetti questa domanda, che puòsembrare solo l’espressione di uno stato di stanchezza, è la domanda più seria che unopossa farsi di fronte alla fatica dell’accoglienza dell’altro, del diverso.

PER CHI io sono disposto a fare fatica?PER CHI sacrifico la mia tranquillità, il mio tempo libero, le mie energie?Se il PER CHI non è rintracciabile nella persona che si accoglie, se non è ricono-sciuto presente in chi si accoglie, nessun discorso potrà surrogarlo e nessuna gene-rosità personale o collettiva potrà durare nel tempo.Il PER CHI è decisivo per l’affronto della realtà del minore nella sua totalità.

Alcuni dati statistici della nostra storia1

iamo consapevoli che inumeri non esauriscono le

questioni, ma senz’altro posso-no essere d’aiuto per “monito-rare” l’andamento di un’espe-rienza, focalizzare alcuni aspetti,evidenziare alcune tendenze,insomma per capire…

Il Primo grafico che vedeteproiettato, si riferisce al n° deiSoci della Fraternità: ve lomostriamo perché in esso sipuò seguire la crescita del n° di

famiglie che negli anni hanno iniziato l’esperienza dell’affido. Dalle iniziali 3 famiglie l’e-sperienza si è dilatata fino a coinvolgere 80 famiglie. In questo grafico non sono com-prese le famiglie, e sono circa 50, che stanno seguendo un iter formativo in previsionedell’accoglienza.

180

160

140

120

100

80

60

40

20

0

84

8 8

47 53 53

ANNO

SO

CI

5767 67

83101103110

132149 154

170185

210230

85 86 87 88 89 90 91 92 93 94 95 96 97 98 99 0 1 2

200

SociFondatori

0

51

83 84 85 86 87 88 89 90 91 92 93 94 95 96 97 98 99 0 1 2

1 14

64

17

1210

2022

12

18

14

2628

26

32 32

45

35

30

25

20

15

10

40

45

50

NU

ME

RO

ANNO

ACCOLTI

Il Terzo grafico mostra come negli anni le richieste di accogliere minori in situazioni didisagio siano state in continuo aumento, e questo si spiega sia per la crescita dellanostra presenza sul territorio sia per la positiva collaborazione instaurata con i ServiziSociali, Asl e Amministrazioni Comunali. Ad oggi la Fraternità ha ricevuto 1002 richie-ste di Accoglienza, alle quali ha potuto far fronte solo per il 21,5%.

N° soci iscrittiall’Associazione Fraternità

Accoglienza minori

1 510

18 16 20 23

63

52

117

93

6066

95

137

116

129

184194

144

ANNO

N° RICHIESTE

NU

ME

RO

250

200

150

100

50

0

83 84 85 86 87 88 89 90 91 92 93 94 95 96 97 98 99 0 1 2

Richieste pervenute

Nel Secondo Grafico, appunto come logica conseguenza di quanto illustrato poc’anzi,sono indicati gli inserimenti effettuati nell’anno indicato. Fino ad oggi 28-10-99 sonostati accolti 216 fra minori e ragazze madri.

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Nel Quarto grafico rileviamo la permanenza media degli accolti in questi 15 annidell’Associazione “Fraternità” che è di circa 2 anni e 5 mesi.

1,37

87

N° A

NN

I

PERMANENZA MEDIA (RIFERIMENTO 31 DICEMBRE)

188 89 90 91 92 93 94 95 96 97 98 99 0 1 2

1,73

2,19

2,01

1,94

1,96

2,22

2,35

2,49

2,42

2,422,32 2,38

2,36 2,25 1,93

1,4

1,8

2,2

2,6

3

3,4

Permanenza media degli accolti

Minori dimessi

Nel Quinto grafico vengono indicati i motivi per i quali dal 1984 alla fine del 1998,131 degli accolti sono stati dimessi dall’Associazione Fraternità: prevale in questo grafi-co il rientro in famiglia (69 accolti pari al 53%), quindi dovrebbe essere letto come undato positivo, anche se non possiamo nasconderci che non sempre ciò è l’ottimo, maquesto è un altro problema. Il 9% (12) è andato in adozione, il 10% (14) hanno rag-giunto la maggiore età, e cosi via.

Il Sesto grafico indica i dati che non ci sono, infatti ad oggi siamo assolutamenteimpossibilitati a definire quale sia stato il risultato della nostra azione sui ragazzi chehanno vissuto l’esperienza dell’affido familiare dopo alcuni anni, né ci risulta dell’esi-stenza di studi in merito. Riteniamo su questo punto di avere ancora molta strada insie-me da fare...

83

0123456789

101112131415

84 85 86 87 88 89 90 91 92 93 94 95 96 97 98 99 0 1 2

NU

ME

RO

ANNO

Esito dell’affido familiare

1 I dati contenuti nei grafici sono aggiornati al 31 Dicembre 2002

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Progetti “a latere” dell’affido nell’Associazione FraternitàAssociazione Fraternità, il cui specifico è l’accoglienza di minori da 0 a 18 anni, hain questi anni elaborato tre altri progetti ‘a latere’, nati non a tavolino, ma sempre

sollecitati dalla realtà e dai bisogni che in essa abbiamo intravisto.

Il primo riguarda il progetto di semi-autonomia per mamme con figli: abbiamomesso a disposizione tre soluzioni abitative nel Centro di Accoglienza a MonteCremasco per rispondere alle numerose richieste che ci pervenivano di collocazionemadri/figli. Si cerca spesso una soluzione più autonoma rispetto alla Comunità pro-priamente intesa, e nello stesso tempo un ambiente protetto dove le madri possanostare con i propri figli dentro una casa loro, con la piena gestione della stessa, ma conil controllo di un tutor esterno che vigili sull’aspetto di gestione della casa e dei figli eche accompagni nell’acquisizione di quelle capacità educative necessarie alla pienaresponsabilità.

Il secondo progetto, ancora sperimentale, realizzato con alcune famiglie, riguarda l’ac-coglienza temporanea di neonati non riconosciuti alla nascita o per i quali si sia aper-ta una procedura di adottabilità.

Si vuole così offrire fin dai primi giorni di vita un ambiente sereno quale è quello fami-liare e figure stabili, accoglienti e rassicuranti, nella consapevolezza che poi altri conti-nueranno l’opera iniziata dalle nostre famiglie attraverso l’adozione.

Questa è davvero un’esperienza di grande gratuità.

Il terzo progetto, iniziato nel Giugno 1998, riguarda il Centro di Ascolto e Aiuto allaFamiglia. Tutto il nostro intervento sarebbe mancante se in qualche modo non si faces-se carico anche di un’azione ‘preventiva’, di un tentativo, cioè, di accostare la famiglia indifficoltà proprio nella fase di difficoltà o di disagio iniziale, laddove i problemi non sonoancora così acuti e radicati da non offrire alternativa alla separazione e allo smembra-mento della famiglia stessa, offrendo i necessari supporti e strumenti.

A volte le famiglie necessitano di un luogo dove esporre le proprie difficoltà, chiedereconsiglio, affrontare e rispondere a questioni personali e/o familiari, si sentono diso-rientate, sole e magari sono intimorite dall’idea di frequentare i consultori pubblici.

Il Centro ha scelto di affrontare queste problematiche utilizzando come metodologiaquella dell’approccio complessivo ai problemi della famiglia, dove nessun ambito lega-to alla persona in quanto tale venga trascurato, creando una intesa operativa con altriEnti ed Associazioni specifiche sul territorio.

Rapporti con le istituzioniSe quando abbiamo iniziato la nostra opera, quindici anni fa, la percezione che quasisempre avevamo nell’incontro con i Servizi Sociali era quella di una certa diffidenza, oper lo meno di una certa aria interrogativa rispetto alla proposta che eravamo, oggicredo di poter dire di una stima e una collaborazione seria che si è approfondita conmolti Servizi Sociali della Regione Lombardia e con molti giudici dei Tribunali dei Minorisia di Milano che di Brescia.

Abbiamo fatto fin dall’inizio la ‘battaglia’ sul riconoscimento del ruolo dell’Associazionedi famiglie all’interno dell’applicazione della legge 184, consci delle difficoltà cheavremmo incontrato, senza elementi giuridici a sostegno (infatti lontani erano ancora iconcetti di sussidiarietà e di associazionismo non profit) ma oggi possiamo dire, e lavostra partecipazione al Convegno ne è la dimostrazione, che passi in avanti sono staticompiuti, ed altri desideriamo compierne.

Alla Conferenza Nazionale sull’Infanzia e sull’Adolescenza tenutasi a Firenze nelNovembre 1998 sempre il Ministro parlando della riforma da avviare a breve citava lanecessità di “valorizzare le professionalità sociali; valorizzare il ruolo del non profit e delvolontariato, dell’associazionismo delle famiglie”.

Certamente alcuni passi, e cambiamenti sono stati fatti anche grazie alla collaborazio-ne con le istituzioni che per noi sono sempre un interlocutore con cui confrontarsi sulleragioni di determinate scelte e sull’opportunità o meno di un intervento.

Non avremmo motivo di esserci e di desiderare di esserci sempre di più, se non fossi-mo certi dell’originalità e della bontà della nostra proposta e nello stesso tempo abbia-mo sempre accettato, anzi ricercato, la collaborazione, intesa come verifica pratica dellanostra impostazione e della nostra esperienza.

Uno dei punti rimasti più problematici nella nostra esperienza è il rapporto con l’istitu-zione scolastica. Spesso negli insegnanti prevale o un atteggiamento pieno di compas-sione pietistica, “poverino”, che favorisce deresponsabilizzazione del bambino per unaincentivata autocommiserazione, o un atteggiamento quasi cinico, dove il giudiziodominante sembra essere questo: “intanto non riesce”.

L’uno e l’altro rendono sicuramente più problematico un rapporto così determinantecome quello scolastico.

Mantenere, nella complessità delle problematiche che porta un bambino, una posizio-ne realistica e positiva è condizione inevitabile, pur su un terreno impervio, per conti-nuare un cammino educativo.

Ipotesi di intervento futuroPermettetemi in conclusione di esprimerVi due nostre preoccupazioni che spessosegnano l’azione che stiamo svolgendo.

Problema dell’affido oltre la maggiore etàOgni volta che si prefigura per i nostri ragazzi il traguardo della maggiore età, emergo-no difficoltà quando richiediamo, laddove esiste un risultato positivo emerso dal lavo-ro svolto col ragazzo, il prosieguo amministrativo agli uffici competenti. La nostra richie-sta nasce dall’esigenza di poter accompagnare il ragazzo nella sua crescita, fino allapiena maturazione e responsabilità. Non è necessario citare trattati di psico-sociologiaper comprendere che oggi più di ieri i ragazzi tendono a ritardare il momento in cuiaffrontare da soli la quotidianità, uscendo dal contesto familiare. Ancor maggiore è l’an-goscia di chi solo nella famiglia affidataria ha un punto di riferimento preciso. Non pos-sono bastare le sole ragioni economiche, che pure comprendiamo perché realisti fino

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in fondo, per decretare la fine dell’affido e non sempre bastano le buone intenzionidelle famiglie affidatarie. Abbandonare un adolescente a se stesso quando non siaancora conclusa la delicata fase dell’età evolutiva può compromettere il completorecupero della situazione iniziale di svantaggio con conseguenze gravi per l’individuo econ una ricaduta negativa per l’intera comunità.

Problema degli adolescenti come fascia “critica”Dopo 15 anni di lavoro, dobbiamo onestamente ammettere le grosse difficoltà riscon-trate di fronte alle richieste dei Servizi Sociali di inserimento di adolescenti nelle fami-glie a noi associate. La storia di questi ultimi anni ci ha confermato come il ritardo nel-l’affrontare certe situazioni, o l’eccessiva istituzionalizzazione del minore, a volte pregiu-dichi qualsiasi possibilità di intervento successivo in famiglia. In questi anni ci siamo resiconto che se da una parte per accogliere ragazzini/e di 13-14 anni occorre sicuramen-te una certa tipologia di famiglia (intendo una famiglia che abbia già vissuto con figlipropri l’impegnativa fase dell’adolescenza), dall’altra dobbiamo dire che spesso non èproprio di una famiglia intesa nel senso classico del termine che questi ragazzini hannobisogno. In questo senso la soluzione della Comunità Alloggio Familiare è risultata esse-re una felice risposta in quanto, pur offrendo le figure genitoriali di riferimento, nonimplica un rapporto così stringente e diretto quale un ragazzo in determinate circo-stanze non riesce a sostenere.

Don INZOLI MauroPresidente Associazione Fraternità

PRESENTAZIONE DELLA LEGGE REGIONALE SULLA FAMIGLIA

a Regione Lombardia ha approvato una legge (a cui la stampaha dedicato una certa attenzione) che si è auto-prefissata di

dare una mano alle famiglie.

Abbiamo ritenuto opportuno e importante legiferare anche perdare un risarcimento alla famiglia da troppo tempo (così ilConsiglio regionale della Lombardia ha ritenuto) sottovalutata, quando non penalizzatada una legislazione spesso avversa e anche da una mentalità che ha pesantementesotto-stimato il ruolo della famiglia stessa e in alcuni casi è arrivata anche a ridicolizzarla.

Noi abbiamo inteso rivolgere la nostra legge al soggetto famiglia così come è stato defi-nito dalla Costituzione. C’è stata una notevole polemica su questo, polemica un po’strana e un po’ ridicola: forse qualcuno pretendeva che una regione potesse legiferareal di fuori del riferimento alla corte costituzionale. Una delle accuse più pesanti che ciè stata lanciata (chi ha seguito la stampa in questi giorni lo ha visto), è di non aver com-preso all’interno dei soggetti che possono fare riferimento a questa legge le cosiddet-te famiglie di fatto: peccato che le famiglie di fatto non rientrino all’interno di nessunalegislazione italiana.

Da questo punto di vista la legge della Lombardia è lontana anni luce dalla legge delLazio o anche dai recenti provvedimenti raggiunti in Francia.

Noi, tuttavia, abbiamo ritenuto importante, nel fare riferimento alla famiglia, prendere laCostituzione ma anche le norme definite dal codice civile: quindi possono utilizzare gliinterventi previsti anche persone unite tra di loro da vincoli di parentela, di adozione edi affinità. Questo vuol dire che un ragazzo padre o una ragazza madre possono far rife-rimento alla nostra legge ed usufruire dei servizi previsti.

Io stesso riceverò oggi un’associazione di mamme separate che, leggendo nei giorniscorsi uno dei non informanti articoli della stampa, mi hanno mandato preoccupate unlungo telegramma specificando in fondo: “Il costo di questo telegramma è di L. 95.000.Speriamo di poter reintegrare questo costo attraverso i cambiamenti della legge”. Oggispiegherò loro di persona che non sarà necessario nessun cambiamento della nostralegge, perché essa fin dall’inizio prevedeva che ai contributi della stessa potessero acce-dere anche un genitore divorziato, risposato o no, così come ai benefici della nostralegge possono accedere una donna o un uomo che abbiano preso in affido o in ado-zione un figlio.

Sottolineo il fatto che, ai fini degli interventi previsti dalla nostra legge, il concepito èconsiderato componente della famiglia (questo l’abbiamo scritto fin dall’inizio) e che la

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nostra legge ha certamente anche l’obbiettivo di favorire la maternità responsabile edi rimuovere alcuni di quegli ostacoli di natura economica per facilitare la decisione dinon ricorrere all’aborto.

Abbiamo stanziato per questa legge una cifra importante rispetto al bilancio di unaregione anche importante come la Lombardia: 110 miliardi, di cui 80 miliardi sul capi-tolo casa e 30 miliardi della cui destinazione vi parlerò più avanti.

La parte più importante è la casa: abbiamo ritenuto infatti che uno degli ostacoli piùimportanti da rimuovere per le famiglie e in particolare per alcuni tipi di famiglie fossela difficoltà ad avere un alloggio in proprietà adeguato.

Chi abbiamo privilegiato nell’accesso ai crediti agevolati o a tasso zero e ad altre facili-tazioni nell’acquisto di una casa adeguata?

le giovani coppie (sotto i 35 anni) che quindi, tendenzialmente, cercano una primacasa a volte elemento indispensabile per decidere il matrimonio stesso.

le famiglie che abbiano almeno tre figli.

le famiglie che abbiano a carico un figlio handicappato o un anziano non autosuffi-ciente.

I requisiti richiesti per accedere al contributo sono:

quello di non essere proprietari di un altro alloggio adeguato (il termine adeguatofa riferimento alla legislazione, quindi con dei criteri ben precisi).

non percepire cumulativamente un reddito superiore ad 80.000.000 di lire annue.Quindi certamente c’è una considerazione privilegiata per le famiglie con redditoinferiore a questa cifra.

I requisiti dell’alloggio sono quelli ovviamente di non essere di lusso, sempre ai sensidella legge vigente, e di non avere una superficie utile superiore ai 95 metri quadri.

Lo stanziamento degli altri 30 miliardi è destinato a una serie di iniziative che già moltefamiglie lombarde mettono in atto. Accanto ad una esperienza di associazionismo fami-liare di adozione e di affido abbiamo ritenuto opportuno privilegiare tutte quelle espe-rienze di cosiddetto auto-aiuto, dando il più possibile spazio a esperienze sociali che siauto-organizzano, che si auto-promuovono e che si muovono con una libertà assolutaalla base della società: la nostra è una legge a maglie molto larghe che vuole valoriz-zare la creatività sociale.

Abbiamo anche previsto l’istituzione di una Consulta Regionale delle associazioni fami-liari, che inviteremo a sorvegliare con noi l’attuazione della legge stessa e a dipanareeventuali problemi o a suggerire eventuali modifiche al testo stesso di questa legge cheapparissero o si rendessero necessarie col procedere della legge stessa. In questo senso,cerchiamo di dare una mano alla promozione dell’assistenza socio sanitaria a domicilioper anziani non autosufficienti, intendiamo rendere definitiva la sperimentazione cheabbiamo compiuto in questi ultimi due anni in tre zone della Regione Lombardiadando alla famiglia con una anziano non autosufficiente la possibilità di scegliere tra il

ricovero in istituto e l’assistenza domiciliare, sostenuta da un assegno mensile tra le sei-centomila lire e il milione, a carico della Regione, in favore della famiglia.

Prevediamo di potenziare i servizi di sostegno alla funzione genitoriale, di favorire la pro-mozione di mutuo aiuto e di associazioni familiari in grado di auto-organizzarsi per larisposta ai bisogni delle famiglie associate. Vale anche per questo secondo capitolo ilprivilegio dato alle famiglie con figli portatori di handicap per l’acquisto di strumentitecnologicamente avanzati e il sostegno alle famiglie con anziani non autosufficienti.

Ci è sembrato anche importante esaltare, all’interno di questa legge, la libertà di sceltadella famiglia stessa, per cui la Regione si astiene dal proporre un proprio modello diriferimento ritenendo che la famiglia sia perfettamente in grado di autodeterminarsi edi scegliere da sè il soggetto erogatore del servizio e il luogo dove il servizio possa esse-re erogato

I soggetti erogatori potranno essere sia pubblici che privati purché presenti sul territo-rio regionale.

Abbiamo anche ritenuto opportuno definire come principio di riferimento il principiodi sussidiarietà indicandolo in questi termini: specifichiamo che verranno gestite dal-l’ente pubblico solo e soltanto le funzioni che non possono più essere adeguatamentesvolte dall’autonomia dei privati (intendendo per privati sia i singoli sia le formazioni sociali in cui si svolge la loro personalità). Anche questa ci è sembrata una sottolinea-tura importante da inserire nella nostra legge perché riteniamo che il ruolo più impor-tante delle leggi moderne debba essere di aiutare i soggetti che già sono in grado disviluppare una propria iniziativa.

Compito dell’istituzione statale o, per quel che ci riguarda, regionale è quello di dareuna mano ai soggetti, in questo caso la famiglia, ad aiutare se stessi.

Il compito delle istituzioni non è quello di sostituirsi all’iniziativa delle famiglie ma di atti-varsi laddove la loro iniziativa non riesce o non intende attivarsi. Il principio di sussidia-rietà a nostro avviso va declinato in maniera precisa: si dia il primato innanzitutto all’i-niziativa dei soggetti sociali, l'istituzione provveda a dare una mano ai soggetti piùdeboli.

Queste sono le linee portanti del nostro intervento che mi ha fatto piacere potervi pre-sentare. La Regione, come sempre, è interessata ad ascoltare ulteriori indicazioni e sug-gerimenti e, soprattutto, chiameremo le associazioni familiari a vigilare con noi sulla rea-lizzazione della legge stessa. Credo che ormai il sostegno alla famiglia e soprattutto aduna famiglia che sappia essere responsabile debba entrare definitivamente nella nostralegislazione e nella nostra mentalità.Facciamolo assieme.

On. FORMIGONI RobertoPresidente Regione Lombardia

(Testo non rivisto dal relatore)

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Come nasce il problemaaffido familiare ha una storia più lunga della legge 4.5.1983n.184: come può testimoniare anche la dott .ssa Livia

Pomodoro, che all’epoca era giudice tutelare a Milano, esperien-ze concrete di affido sono state promosse, d’accordo tra i giudiciminorili (non solo milanesi) e i servizi sociali, fin dagli ultimi anni‘60 - primi anni ‘70 e da allora l’argomento è stato oggetto didibattiti e approfondimenti. Ricordo - perdonate il limite del ricor-do personale - la conferenza mondiale sull’adozione e l’affidamento familiare tenutasi aMilano nel settembre 1971, e il volume sugli affidamenti familiari edito a cura delCentro di difesa e prevenzione sociale nel 1973. La legge 184/83 ha per così dire rac-colto e formalizzato qualcosa che nella prassi della tutela dei minori esisteva già - iostessa sono una madre affidataria di una bambina (ora a sua volta mamma) che vennein casa nostra nel 1974.

Oggi abbiamo dunque alle spalle trent’anni di esperienza da cui deriva la certezza dellapositività dell’affido per molti bambini, ma anche di una maggiore consapevolezza delladifficoltà del compito che si chiede alle famiglie affidatarie e dei rischi che ne possonoderivare.

Tale consapevolezza ha mosso gli enti ed i servizi preposti a cercare una più efficientestrumentazione di sostegno e di controllo, ma questo è un tema che esula dai limiti diquesto mio intervento.

Ma ha anche mosso le famiglie affidatarie a cercare nelle solidarietà di rete un aiutoconcreto e amicale, che da una parte consentisse la condivisione della concretezza del-l’esperienza nella sua peculiarità, dall’altra supportasse, con aiuti anche tecnici, le diffi-coltà incontrate. E’ stato uno spontaneo movimento di aggregazione, che si riscontra inmolte località italiane, in particolare nelle regioni settentrionali dove, di fatto, l’affida-mento familiare ha maggiore diffusione.

A partire dalla “storica” ANFAA, sono sorte così molte nuove associazioni di famiglie affi-datarie o comunque accoglienti, che presentano differenze anche rilevanti quanto astruttura giuridica, intensità del legame associativo, modalità di rapportarsi di fatto coni servizi sociali e gli enti locali, metodologie operative, ma il cui minimo comune deno-minatore può essere individuato nell’essere costituite da famiglie affidatarie e nel mira-re al sostegno delle stesse.

Sono dunque associazioni familiari in senso stretto (secondo le classificazioni sociolo-giche), espressione del c.d. privato sociale, che negli anni hanno accumulato un rile-

vante patrimonio di conoscenze e di cultura della solidarietà, e che spesso hanno con-quistato sul campo la stima e il riconoscimento degli “addetti ai lavori”. Eppure, nono-stante le attestazioni di stima e la richiesta di collaborazione (per lo più per la soluzio-ne dei casi difficili), le associazioni di famiglie affidatarie si devono sempre muovere nellimbo dei soggetti che non hanno un ruolo preciso e definito, che esistono e contanosolo ed in quanto richiesti dal servizio sociale di turno.

E’ da questa constatazione, e per rimuovere quella che ci sembra un’incongruenza, chenasce questo mio intervento.

Perché ha senso introdurre la questione in sede di riforma dellalegislazione nazionale

ome è noto, la riforma della distribuzione delle competenze tra stato, regioni edenti locali di cui alla legge 15.3.1997 n.59 (c.d. legge Bassanini 1) e al d.lgs. 31.3.1998

n.112 attribuisce agli enti locali - regioni, provincie, comuni - la competenza in materiadi servizi sociali (per “sottrazione” dall’art.1 l.59/1997, espressamente dall’art.131 deld.lgs. 112/1998); sul punto, del resto, seppur con terminologia oggi desueta (“benefi-cenza pubblica”), già l’art.117 1° comma della Costituzione prevedeva la competenzaregionale sia di normazione che di amministrazione, e la materia era stata rimessa ailivelli locali fin dalla riforma del 1975 (legge delega n.382; d.P.R. n.616/1977).

Ciò nonostante riteniamo che il problema del ruolo delle associazioni familiari nel pro-cedimento d’affido vada posto in sede di riforma della legislazione statale.

L’istituto dell’affidamento familiare non può infatti ridursi a intervento di servizio socia-le, anche se indubbiamente comporta anche un intervento di servizio sociale, e se il suoscopo può ben essere ricompreso nell’esigenza di prevenire, eliminare o ridurre le con-dizioni di disagio familiare o personale (cfr. art. 1 della p.d.l. nn. 332-354 ss. alla Cameradei deputati, c.d. legge quadro sui servizi sociali). L’affidamento incide infatti sui rappor-ti familiari sostanziali, e quindi su diritti personalissimi del bambino, dei suoi genitori,anche della famiglia affidataria; incide a livello di diritto di famiglia, né più né meno del-l’adozione, cui pure il legislatore ha assegnato uno scopo solidaristico (dare una fami-glia ai bambini che non l’hanno). Come tale richiede un intervento normativo di livellosuperiore, statale e uniforme per tutto il territorio.

Rimane poi comunque compito dello stato (art.129 d.lgs. n.112/98) determinare “i prin-cipi e gli obiettivi della politica sociale” e “i criteri generali per la programmazione dellarete degli interventi di integrazione sociale da attuare a livello locale”, e il problema delruolo delle associazioni familiari appare essere appunto una questione di principio darisolvere a livello nazionale.

Presupposto logico: la qualificazione del ruolo della famiglia affi-dataria e della natura del compito che le si assegna

redo sia importante, a questo punto, cercare di mettere a fuoco cosa si intenda perfamiglia affidataria, quale ruolo e quale compito le si assegni.

Ci si deve chiedere, infatti, perché, per i bambini che non possono restare con i loro

IL RUOLO DELLE ASSOCIAZIONI FAMILIARINELLA RIFORMA DELLA LEGGE N.184/1983

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genitori, la legge privilegi una famiglia rispetto a istituzioni educative più competenti, piùstrumentate e più controllabili, e perché ciò costituisca un principio cui tutti gli addet-ti ai lavori dichiarino di attenersi; quale sia il proprium della famiglia che la rende “ilmeglio possibile” per un bambino che deve lasciare la sua casa e i suoi genitori; checosa abiliti una famiglia ad accogliere un bambino che non è originariamente “suo”.Il tema meriterebbe un approfondimento che supera i limiti del mio intervento; doven-do saltare alle conclusioni, mi sento di sottolineare la originaria e naturale attitudinedella famiglia - quale comunità di affetti prima che di interessi, fondata proprio sullareciproca accoglienza dei coniugi e sull’accoglienza dei figli da parte dei genitori - difarsi carico delle esigenze di crescita - fisica, affettiva, intellettuale, culturale, sociale -delle nuove generazioni. La famiglia è infatti il soggetto che permette il costituirsi e ilconsolidarsi dell’indentità personale e sociale; non c’è genitorialità effettiva senza fami-glia, che è un luogo e un fattore di educazione.

Credo che l’opzione del legislatore derivi dal riconoscimento di questa soggettività ori-ginaria della famiglia, e della sua originaria attitudine ad accogliere, a farsi carico di unbisogno incontrato; non si tratta di saper risolvere problemi difficili, ma di voler acco-gliere un “diverso”, con tutti i problemi che può avere.

Da qui una forte sottolineatura della soggettività e dell’autonomia (che non vuol direanarchia) della famiglia, che è risorsa positiva proprio in quanto famiglia e che sarebbediminuita e non potenziata ove resa “servizio”, omologata all’operatore.

Parlare di originaria attitudine ad accogliere non vuol dire che tutte le famiglie debba-no o possano accogliere un bambino in affido, perché le situazioni e le circostanze sonotante e diverse: ma vuol dire che l’affidamento chiede la disponibilità di famiglie nor-mali, che abitano in case normali, con situazioni lavorative normali, che sono dispostemagari a un affido solo.

Ciò non esclude l’utilità e, direi, l’esemplarità di famiglie “speciali” che nell’accoglienzadi minori trovino una loro specifica espressione (ad es. accoglienze plurime sia con-temporanee che successive, madri che hanno scelto di non lavorare fuori casa per dedi-carsi alla famiglia così allargata): ma ciò non deve diventare più o meno consciamentel’unico modello della famiglia affidataria, perché sarebbe un’operazione riduttiva dellapotenzialità culturale solidaristica dell’affidamento, e nel contempo un primo, pericolo-so passo per rendere le famiglie “servizio” subordinato all’ente pubblico anziché sog-getto originario e responsabile di un gesto di accoglienza.

Mi pare che, al di là delle affermazioni di principio della legge n.184/1983 (riportate senon enfatizzate dalle proposte di riforma che ho avuto modo di leggere), che assolutiz-zano il ruolo della famiglia, e nonostante le verbalizzate proteste di adesione a talemodello, in realtà tra gli addetti ai lavori vada facendosi strada un’ipotesi che, in nomedi un’esigenza di efficacia, ultimamente rischia di minare l’identità della famiglia cometale.

Sento infatti parlare della famiglia affidataria come di famiglia “specializzata” o da spe-cializzare: percorsi formativi obbligatori, gruppi di sostegno altrettanto obbligatori, il ten-tativo di creare una banca dati di famiglie disponibili e idonee, una rigida gestione della

valutazione della famiglia che si offre in modo da sganciarla per principio dal caso con-creto che ha eventualmente mobilitato la famiglia stessa.

E’ una strada che sembra garantire di più l’ente pubblico; è la via percorsa da vari paesieuropei, ad esempio la Francia (che professionalizza la madre: assistante maternelle),l’Inghilterra e la Svezia. Anche nel campo del volontariato molte voci sono in questosenso: si rivendica la qualifica di operatore sociale, una professionalità riconosciuta eretribuita.

Il rischio peraltro è che, per questa strada, si perdano due valori che mi sembranoessenziali nella concezione italiana dell’affido (concezione che, una volta tanto, mi paretanto più profondamente umana degli omologhi modelli stranieri): la natura stessa delsoggetto famiglia e la diffusione di una cultura popolare di solidarietà sociale, che safarsi carico del bisogno che incontra.

Sottolineando la specializzazione, la famiglia è sempre più spinta a rendersi “capace di”risolvere i problemi dei bambini affidati, cioè è spinta verso una logica di efficienza, diresa, di competenza. Siffatta evoluzione in genere sembra garantire di più l’ente pubbli-co, ma non tanto per i maggiori strumenti che si suppongono offerti alle famiglie affi-datarie, quanto perché rende le famiglie servizio, e quindi entità più assimilabile e piùcontrollabile.

Si rischia però di perdere l’essenziale natura della famiglia, che si gioca sull’accoglienzae sulla condivisione anzichè sulla competenza (se non la radicale “competenza dell’u-mano”).

Mi si consenta poi rilevare che, nel valorizzare il soggetto famiglia, la legge 184/1983 èin un certo senso isolata nell’attuale panorama culturale e legislativo, dove - dalla scuo-la alla sanità - le persone sono per lo più individui, e la comunità familiare sottovaluta-ta: non vorrei che sotto la concezione della famiglia specializzata scorresse in realtà unavena antifamilista.

Funzione di sostegno e di rafforzamento dell’identità familiare daparte delle associazioni

a sopra esposta alternativa ha immediati riflessi sulla concezione del ruolo delleassociazioni familiari.

E’ evidente che una concezione professionalizzata della famiglia affidataria porta a unaforma organizzativa forte, che rinforzi ed esalti appunto la specializzazione, e si pongacome intermediario o addirittura interlocutore forte di fronte all’ente pubblico. Dalpunto di vista dell’efficienza a corto raggio, delle garanzie richieste dall’ente pubblico,ciò può sembrare un passo in avanti; in realtà rischia di andare oltre la valorizzazionedella famiglia e di finire in qualcosa che, al di là dei modelli organizzativi, assomigliamolto a un’istituzione.

Il rischio, neanche tanto remoto, è infatti che l’associazione diventi il “soggetto” respon-sabile dell’affido, e che le famiglie siano ridotte a supporto strumentale: col che si fareb-be sempre più labile la differenza con le comunità alloggio, e sempre meno possibile

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la relazione “di appartenenza” con la famiglia affidataria. Ricordo, come esempio sinte-tico, la situazione di un bambino che a scuola era individuato come “quello della Tendadi Cristo”, in quanto ospitato appunto da una famiglia facente parte della suddetta asso-ciazione.

Partendo dalla soggettività originaria della famiglia e dalla sua strutturale capacità diaccoglienza, il ruolo dell’associazione si evidenzia come importantissimo aiuto a soste-nere e rafforzare tale soggettività. Senza sostituirsi alle famiglie, ma sorreggendole eaffiancandole, sempre su richiesta, svolgendo cioè un compito di sostegno, di consiglio,di offerta di aiuto, e non di sovrapposizione o di direzione, salvando cioè sempre laresponsabilità diretta della famiglia.

Tale aiuto può essere a vari livelli: di formazione permanente, di sostegno anche spe-cialistico, di affiancamento nel rapporto con il servizio pubblico anche nel suo aspettoburocratico, di erogazione di servizi per la famiglia e per il bambino. Tra questi ultimiricordo, come esempi non esaustivi, l’aiuto nel doposcuola e nello studio, l’organizza-zione di momenti ricreativi, l’offerta di sostegni educativi temporanei.

Rapporti tra l’Associazione e l’Ente Pubblicoente pubblico, nell’affido così come disciplinato dalla legge n.184/1983 (e nei pro-getti di modifica all’esame del Parlamento), è detentore del potere di disporre l’affi-

do - ove non disposto direttamente dall’autorità giudiziaria - e di controllarne l’anda-mento. E’ un potere conferito per il raggiungimento di uno scopo di pubblico interes-se, ossia la tutela di soggetti deboli quali sono i bambini da affidare o affidati.

Il fatto è che questa tutela non può essere concretizzata dall’ente da solo, ma richiedestrutturalmente la collaborazione delle famiglie: se è vero che una famiglia non può fareun affido senza l’assistente sociale, è ancora più vero che l’assistente sociale, senza fami-glie, non realizza nessun affido.

Questa lapalissiana osservazione dovrebbe rendere almeno tendenzialmente paritari irapporti tra l’ente locale - servizio sociale - e le famiglie affidatarie; in linea meramenteteorica, la suddetta necessaria sinergia dovrebbe essere tesa a un identico fine, ossiacercare di garantire al bambino un ambiente familiare adatto alla sua crescita “almeglio”, e ciò attraverso una collaborazione dialogica e reciprocamente rispettosa.

In realtà, non sempre è così. Si constatano non di rado divergenze di vedute e di ipo-tesi metodologiche educative, e varie volte le famiglie hanno percepito il potere dell’o-peratore pubblico come qualcosa di “contro” la propria autonomia, qualcosa a cui sonosubordinati. Credo che ciò derivi, in molti casi, da disinformazione delle famiglie: pocaconsapevolezza della propria soggettività e disinformazione circa il ruolo dell’ente pub-blico nei suoi contenuti e nei suoi limiti; qualche volta potrebbe essere anche un pro-blema di immaturità professionale dell’operatore, ovvero di difficoltà al dialogo dellafamiglia.

Quale che sia la causa, in tali situazioni un ruolo dell’associazione di accompagnamen-to (ove richiesta dalla famiglia) e di mediazione sarebbe molto positivo; così comesarebbe positiva una possibilità di affian-camento della famiglia (sempre su sua richie-

sta) fin dai primi contatti con l’ente pubblico, e una partecipazione dell’associazione allastessa formulazione del progetto d’affido iniziale e alla sua periodica revisione. Ricordoquella che storicamente è stata la funzione dei patronati dei primi anni 50 nel campodella previdenza sociale: un supporto al lavoratore che doveva rappor-tarsi alla com-plessa macchina dell’ente previdenziale. Così l’associazione, su richiesta della famiglia,potrebbe entrare nel patto d’affido; ciò rafforzerebbe le famiglie che, una per una, sonoa volte disarmate e in balia dell’ente pubblico che si presenta come detentore di unpotere, ma aiuterebbe anche l’ente pubblico rendendo più chiari e spediti i rapporti epiù efficiente l’azione.

Ancora, chiediamo sia riconosciuta e valorizzata l’attività di sostegno e di formazionepermanente posta in essere dalla maggior parte delle associazioni di famiglie affidatarie.

Infine, ove la famiglia scelga di avvalersi dei servizi concreti forniti da un’associazione elo dichiari, che tale scelta venga non solo permessa (cfr. i gruppi affidi comunali “obbli-gatori”!!) ma anche sostenuta, eventualmente convenzionando l’associazione con l’entepubblico per il costo dei servizi stessi.

Per concludereChiedere un riconoscimento delle associazioni di famiglie affidatarie nell’ambito delprocedimento d’affido è a nostro giudizio un’applicazione del principio di sussidiarietà,inteso non solo in senso istituzionale verticale - nella scaletta stato/regioni/ provin-cie/comuni - ma nella sua essenza di valorizzazione delle risorse effettivamente esi-stenti nella società per l’assolvimento di compiti anche di rilevanza sociale.

Cito, a tal proposito, l’art.4 della legge n.59/97 (Bassanini), che tra i vari principi cui deveispirarsi il decentramento, indica il principio di sussidiarietà (l’attribuzione dei compitialle “autorità territo-rialmente e funzionalmente più vicina ai cittadini interessati”) “ancheal fine di favorire l’assolvimento di funzioni e di compiti di rilevanza sociale da partedelle famiglie, associazioni e comunità”.

Così, l’art. 16 della p.d.l. 332-354 (c.d. legge quadro sui servizi sociali): “gli operatori coin-volgono e responsabilizzano le persone e le famiglie nell’ambito dell’organizzazione deiservizi”.

Chiediamo che questa valorizzazione delle associazioni di famiglie affidatarie sia uneffettivo, democratico riconoscimento della funzione del privato sociale, e non masche-ri operazioni di controllo ultimamente stataliste: per questo siamo fermamente contra-ri all’introduzione di meccanismi di accreditamento o di albi speciali: le associazionivanno riconosciute in quanto ci sono, funzionano e sono di aiuto alle famiglie affidata-rie, a prescindere dall’etichetta formale.

In questo è la vera novità di quanto chiediamo.

Credo sia evidente, da quanto fin qui detto, che quello che ci sta a cuore non coinci-de con l’iscrizione all’albo regionale del volontariato (e neanche con l’introduzione del-l’albo nazionale delle associazioni di promozione sociale di cui alla p.d.l. nn.159-285 ss.):non ci interessa una “cittadinanza” che derivi da una schedatura formale ma un’effetti-

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va legittimazione nel concreto delle singole procedure di affidamento.

Riassumendo in sintesiaffermiamo che:

la famiglia come tale è il soggetto educativo originario dell’affido;

chiediamo che:

sia prevista normativamente la possibilità per la famiglia che lo voglia di farsi sup-portare da una associazione di famiglie affidatarie

su richiesta della famiglia, l’associazione possa entrare nel “patto di affido”

i servizi forniti dall’associazione siano riconosciuti e ci sia un contributo per que-st’attività che è funzionale alla buona riuscita dell’affidamento

non si renda necessaria alcuna registrazione o accreditamento dell’associazione.

Dott.ssa VANONI DE CARLI AldaPresidente Associazione Famiglie per l’Accoglienza

PRESENTAZIONE DELLE PROPOSTEDI MODIFICA ALLA LEGGE 184

i ringrazio moltissimo per avermi invitata a questo incontro suun tema che mi sta molto a cuore, quale è l’affido familiare e,

soprattutto di avermi dato l’opportunità di conoscere più da vici-no l’esperienza della vostra Associazione. Voglio quindi dire a donMauro grazie per la sua relazione e per i contributi che contienema, soprattutto, grazie per questa vostra esperienza che mi fa toc-care con mano come quello che noi chiamiamo Non Profit, la realtà del volontariato,dell’associazionismo, sia una realtà preziosissima per il nostro Paese.

Prima di intervenire sul disegno di legge di riforma dell’adozione che è all’attenzione delParlamento e che, voglio sottolineare, è un disegno di legge d’iniziativa parlamentare,voglio esprimere la mia profonda convinzione rispetto all’importanza che ha l’affidofamiliare.

Nel 1997 dopo la prima conferenza sull’affido familiare che tenemmo a Reggio Calabriapromuovemmo come dipartimento una campagna di sostegno e valorizzazione dell’af-fido familiare con questo slogan :”Affido familiare: un’opportunità in più di crescere, unaopportunità in più per vivere”. Ci interessava mettere in risalto l’aspetto di reciprocitàche l’esperienza dell’affido familiare ha e, mi sembra di ritrovare nelle relazioni che hosentito stamattina, soprattutto nella sottolineatura del concetto di accoglienza espressonella relazione di don Mauro, questo dato della reciprocità di un’accoglienza, che vienefatta in nome dell’amore per l’altro, ma consapevole anche che la presa in carico del-l’altro non è soltanto un dover essere ma è un modo di essere persona, di essere fami-glia in questa nostra società, in questo nostro tempo, che è il modo di essere personelibere in questa nostra società, in questo nostro tempo.

Innanzitutto sono convinta che questa parte dell’esperienza contenuta nella nostra legi-slazione, vada sostenuta, incentivata, perché è vero, come è stato detto, che l’esperien-za dell’accoglienza, dell’essere amato, è un aspetto profondamente ed essenzialmenteumano. Se non c’è questo non c’è possibilità di formazione per la persona, non c’è pos-sibilità di esercizio della libertà individuale. Credo che autonomia, libertà e nello stessotempo accoglienza, presa in carico dell’altro, dono, siano aspetti inscindibili e debbanodiventare ed essere considerati aspetti inscindibili della nostra esperienza, sia indivi-duale che sociale. Penso che l’affido familiare non debba essere facilmente esaltato ma,debba essere profondamente compreso e sostenuto perché è un’esperienza difficile didonazione e di amore.

Credo che quest’esperienza debba essere sostenuta anche sul piano culturale oltre chesul piano pratico perché a mio modo di vedere (ma mi pare coincida proprio con quan-

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to ascoltato) essa è una delle espressioni più significative del rapporto adulti-bambini, inquanto esprime in modo molto netto il superamento di quella concezione proprietariache ancora esiste nel rapporto adulti-bambini e perché mette in gioco quello che deveessere un aspetto sempre più incentivato della nostra società, quello che qualcuno chia-ma promuovere una genitorialità diffusa. E’necessario promuovere una capacità educati-va degli adulti che non deve essere esercitata solo nei confronti del proprio figlio, delproprio bambino ma deve esercitarsi nei confronti degli altri partendo dal riconosci-mento che ciascuno di noi è figlio e che ciascuno di noi ha avuto il dono dell’esperien-za genitoriale anche quando magari non decide di essere lui stesso genitore, ma puòesserlo in modo più ampio attraverso l’aiuto e la presa in carico di un’altra persona.

Ciò che voglio dirvi e comunicarvi è la condivisione profonda dell’impegno per l’espe-rienza dell’affido familiare che considero davvero un’esperienza eccellente di acco-glienza, di presa in carico dell’altro e di modo di essere persona e famiglia in questonostro tempo ed in questa nostra società, sapendo che è un’esperienza dura che nondeve essere patrimonio solo di famiglie eccezionali anche se questa prova d’amore haun elemento d’eccezionalità che va riconosciuto pur nella sua normalità e proprio perquesto sostenuto.

I dati ci dicono che là dove ci sono famiglie informate sull’esperienza dell’affido fami-liare, aiutate e sostenute ci sono poi anche famiglie che diventano disponibili nei con-fronti dell’affido familiare: dunque è vero che le istituzioni hanno una grande responsa-bilità nei confronti di quello che è un articolo della legge dello Stato, e l’applicarlo vuoledire creare le condizioni culturali e sociali perché tutte le famiglie siano informate diquesta possibilità e siano sostenute, sia sul piano formativo-culturale-relazionale che sulpiano economico e sociale di questa opportunità.

Prima di fare il punto su alcune questioni suggerite dalle relazioni di Don Mauro e daquella della Sig.ra Vanoni, vorrei ricordarvi le iniziative e le cose fatte a sostegno dell’af-fido familiare.

Innanzitutto abbiamo promosso una ricerca sulla presenza dei bambini in istituto e ciè parso doveroso, con una politica di deistituzionalizzazione, creare da una parte leopportunità positive alternative agli istituti e dall’altra avere anche una conoscenza diquesta realtà. Per questo il Centro Nazionale di Firenze con la collaborazione delleRegioni, dell’ISTAT e degli Enti Locali ha fatto un censimento da cui emerge un dato tuttosommato positivo rispetto alle cifre che sono sempre circolate sui bambini in istituto, siparlava di 40.000 bambini, mentre questa ricerca aggiornata parla di 16.000 bambini inistituto. Dallo studio emergono altri dati come la fascia di età e la concentrazione geo-grafica: i bambini da 0 a 6 anni sono pari al 14%, quelli dai 7 anni ai 14 sono pari al54% e quelli dai 15 ai 18 anni sono pari al 32%, emerge quindi il problema dei ragazziadolescenti così come l’altro dato che emerge è la concentrazione dei bambini in isti-tuto soprattutto nella realtà del mezzogiorno.

Dalla conferenza che abbiamo fatto a Reggio Calabria era nata l’esigenza di una cono-scenza puntuale, di un monitoraggio attento di questo fenomeno, da cui è scaturita laricerca di cui vi ha parlato la Dott.ssa Rosso. Da questa ricerca non vogliamo derivare

soltanto una conoscenza puntuale ma anche degli indirizzi operativi. Per portarla avan-ti la Dott.ssa Rosso chiede una collaborazione da parte delle amministrazioni per averei dati e poterli quindi elaborare.

L’altro punto su cui ci siamo impegnati è la legge 285, dove abbiamo espressamentevoluto prevedere, tra le azioni principali il potenziamento e il sostegno dell’affido fami-liare per quel che compete gli Enti Locali, precisando che questo sostegno e questoincentivo debba avvenire attraverso l’azione di formazione, di informazione, di sostegnoeconomico e sociale.

Credo però che l’azione di sostegno all’affido familiare debba avvenire in un duplicecontesto: da un lato dentro una politica di promozione dei servizi alla persona chesiano sempre di più servizi integrati, che vedano sempre di più un forte dialogo tra ilpubblico e il privato sociale (questo richiamo che faceva Don Mauro è sicuramente unfatto importante di questo nostro momento, è un fatto di crescita): l’altro contesto fon-damentale è quello della politica per la famiglia.

Il sostegno all’affido familiare può essere forte ed efficace se si inserisce dentro un soste-gno alla famiglia e credo quindi sia importante portare avanti anche politiche concre-te; noi abbiamo scelto un mix di politiche, dai sostegni monetari ai servizi che si fac-ciano carico della normalità della vita delle famiglie e non intervengano soltanto suldisagio e politiche che aiutino il rapporto tra il tempo di lavoro e il tempo della fami-glia. Spero che il Parlamento approvi rapidamente a questo proposito il disegno di leggeche parla proprio di sostegno alla maternità, alla paternità e alla conciliazione tra vitalavorativa e vita familiare prevedendo un esplicito ruolo della famiglia e un’assunzionedi responsabilità nei confronti dei figli da parte delle madri e dei padri.

Voglio inoltre richiamarvi l’articolo 16 della legge quadro sull’assistenza e le politichesociali a cui ha fatto riferimento la Dott.ssa Vanoni, perché esso è un esempio di comesulle politiche familiari ci possa essere dialogo. E su un punto mi sono ostinata: ci puòessere dialogo se si scelgono anche approcci concreti.

Noi abbiamo previsto delle cose importanti perché si parla di famiglie come soggettiattivi delle politiche sociali, di famiglie concepite non solo come destinatarie di inter-venti ma come risorsa, si parla di funzione educativa delle famiglie, di cooperazione,mutuo aiuto, associazionismo delle famiglie.

Faccio questo richiamo perché mi pronuncerò su quanto proposto da voi in questasede sul riconoscimento della legge di riforma dell’adozione, dell’associazionismo dellefamiglie nell’ambito del progetto dell’affido. Insieme e anche grazie a voi abbiamo fattouna strada per cui oggi diventa normale parlare di mutuo aiuto e riconoscimento anchedell’associazionismo fra famiglie, su questo punto ho avuto modo di riflettere in piùoccasioni, proprio sulla valutazione dell’efficacia dei servizi, di come può essere utile equali sono le strategie più efficaci per prevenire le varie forme di disagio e le riflessioniconducevano proprio a questo punto: l’importanza di superare una cultura privatisticadelle famiglie, il loro isolamento, favorire la cooperazione, il mutuo aiuto e anche l’as-sociazionismo; questo come un dato di qualità delle politiche sociali oltre che dellepolitiche familiari.

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Ritengo che questi due contesti, servizi integrati e politica per la famiglia siano essen-ziali per dare un vero sostegno, un vero potenziamento all’affido familiare; non possonon dire a questo proposito la mia speranza che la legge quadro sull’assistenza troviluce in Parlamento perché ormai sono tre anni che stiamo lavorando e raccogliendo ilcontributo di molti e nella legge finanziaria abbiamo previsto anche le risorse adegua-te per questo. Noi abbiamo bisogno che da parte degli enti locali ci siano degli ulterioripassi in avanti (ad esempio la necessità che ciascuna regione si doti di un’anagrafe deiminori lontani dalla famiglia, che ci sia una presa in carico delle situazioni anche piùproblematiche di bambini, ragazzi, adolescenti, come per esempio i portatori di handi-cap o i ragazzi già più in tarda età come veniva richiamato).

Così come pensiamo sia importante definire una normativa nazionale o un atto di indi-rizzo e coordinamento tra Stato e Regioni per quanto riguarda la tipologia della comu-nità di accoglienza e gli standard relativi, per evitare che poi questi servizi, queste comu-nità, siano dei piccoli istituti. Ci sembra importante il tema della qualità dei servizi peri minori e quindi delle tipologie di servizio che possono essere più efficaci per aiutarel’esperienza dell’affido.

Per stare al disegno di legge che è in discussione in Parlamento, c’è un disegno di leggeunificato presentato dal senatore Callegaro che introduce alcuni elementi che credosiano destinati a migliorare la relazione tra bambino e genitori adottivi, quali: il ricorsoai servizi socio-assistenziali nelle indagini su chi si rende disponibile all’adozione, l’in-troduzione dell’idoneità affettiva come parametro per valutare tale idoneità, la maggiorchiarezza anche per i genitori del bambino con migliori capacità di ricorso nella valu-tazione dell’effettivo stato di abbandono, la non dispersione dei fratelli nell’adozione, lapossibilità per l’adottato divenuto maggiorenne di accedere alle informazioni sulla suaorigine.

Su alcuni punti ho invece alcune perplessità che ho fatto pervenire allo stesso relatoree riguardano proprio il modo con cui viene regolamentato l’affido familiare; mi pare chenella sostanza però del disegno di legge l’istituto dell’affido familiare venga fortementericonosciuto e valorizzato.

Come sapete nella legge al di là dell’affido familiare si prevedono alcuni interventi chesono anche controversi per quanto riguarda la legge sull’adozione, c’è un punto chepersonalmente condivido anche se è motivo di discussione cioè quello riguardante l’etàtra bambini adottati e genitori (il testo di legge unificato prevede il principio dell’innal-zamento a 45 anni di età degli adottanti).

Ritengo sia fondamentale che il disegno di legge in esame, che modifica alcuni aspettidella legge 184, sia in conformità con la nuova legge sulle adozioni internazionali il cuiregolamento attuativo è stato predisposto da noi da parecchio tempo e sulla qualeabbiamo avuto alcune osservazioni da parte della Corte Dei Conti che spero possanoessere risolte in modo rapido e definitivo perché c’è bisogno che la commissione sulleadozioni internazionali entri finalmente in vigore. Penso che la legge 184 sia una delleleggi migliori che noi abbiamo, che sia una legge importante perchè riconosce il ruolodella famiglia e riconosce in modo così esplicito i diritti del bambino e il fatto che si

debba operare per dare una famiglia al bambino e non viceversa.

Credo che gli interventi rispetto a questa legge non debbano modificare il suo impian-to ma lo debbano aggiornare rispetto ai problemi applicativi che la legge ha compor-tato e l’aggiornino anche rispetto alle novità intervenute all’interno della vita della nostrasocietà; mi pare importante che venga riconosciuto e valorizzato nella legge stessa ilruolo dell’affido familiare.

La questione che è stata qui posta, sul riconoscimento in sede legislativa del ruolo delleAssociazioni delle Famiglie nell’ambito di quello che viene chiamato patto di affido, èun punto rilevante, importante, che io personalmente condivido proprio nei termini incui è stato posto.

Nella relazione di Don Mauro sono state descritte le situazioni concrete che rendonoutile questa presenza plurale delle famiglie, ed è a partire da questa esperienza concretache voi avete maturato dell’affido familiare che è utile al legislatore prendere in consi-derazione la proposta che voi fate.

Mi sembra che il vostro suggerimento vada nella direzione stessa della legge 184 cheprevede che l’affido familiare faccia capo alle famiglie e che esse abbiano un ruolo forteseppur sostenuto dall’intervento dei Servizi Sociali negli interventi di tipo educativo,quindi riconoscendo un ruolo alle famiglie stesse. Io esprimo da parte mia una condi-visione che nasce da un percorso, da una osservazione sul campo, non solo dell’espe-rienza dell’affido ma anche da una valutazione di quanto sia importante, nella gestionenormale dei servizi, prevedere un ruolo attivo delle famiglie.

Perciò dichiaro questa condivisione e disponibilità a farmi mediatrice non essendo rela-trice della legge: il ruolo del governo di fronte a leggi di iniziativa parlamentare, comequella dell’adozione, è certo di indirizzo ma anche molto di ascolto, della dinamica edella dialettica parlamentare.

Ciò non toglie che il governo possa avere un ruolo di proposta, di stimolo, soprattuttoin questo caso in cui si tratta di una questione che attiene molto alla politica familiaree molto al modo di intendere il rapporto tra famiglia e servizio alla persona.

C’è un punto di cui parlava la Dott.ssa Vanoni che riguarda il ruolo Stato e Non Profit,cioè la richiesta di uno Stato non invasivo, intrusivo, ma di leggi che valorizzino il NonProfit, l’associazionismo e il volontariato davvero. L’esperienza applicativa di alcune leggicome la 266 ci dice che su questo tema è utile fare una riflessione: sicuramente alvolontariato servono leggi di sostegno, di promozione, leggi di responsabilizzazione, nonleggi intrusive che frappongono molti ostacoli. Il punto che insieme dobbiamo vedereè come contemperare il valore dell’iniziativa privata e dall’altro la garanzia per quantoriguarda il cittadino di poter venire incontro a realtà di cui è possibile fidarsi. Come risol-vere questo?

E’ l’equilibrio che dobbiamo trovare insieme, certamente soprattutto lo Stato deve farsigarante di questo equilibrio, di non intrusività e nello stesso tempo garantire ciascun cit-tadino, ciascuna famiglia. Io credo sia un passo in avanti che si deve fare più in genera-le sul rapporto tra Stato, volontariato e Non Profit.

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Voglio citare un esempio di maturità del volontariato che ho avuto in questi giorni: difronte alle polemiche e all’ombra di discredito gettata in modo generico e generalizza-to sul volontariato (penso alle polemiche in seguito alla vicenda del Kossovo) le realtàpiù significative del Non Profit e del volontariato hanno consegnato alle istituzioni unacarta che contiene un codice di autoregolamentazione sul come gestire tutto il temadonazioni e di raccolta di fondi.

E’ un piccolo esempio per dimostrare che il problema della non intrusività dello Statoe delle garanzie date ai cittadini sulla qualità della propria esperienza, possa essere risol-to positivamente attraverso il reciproco riconoscimento e la reciproca assunzione diresponsabilità.

On. TURCO LiviaMinistro per la Solidarietà Sociale

(Testo non rivisto dal relatore)

L’ASSOCIAZIONE DI FAMIGLIE,AMBITO PRIVILEGIATO DI APPLICAZIONE

DEL PRINCIPIO DI SUSSIDIARIETÀ

on volendo ripetere gli argomenti già trattati vi dirò tre cose diordine generale:

La prima questione è che la famiglia deve rimanere la famiglia,fatta da un uomo e da una donna che si mettono insieme e chehanno dei figli. Mi sembra che questa cosa sia così poco scontatache il primo attacco che subirà nasce dall’idea che la famiglia siaqualunque cosa che si mette insieme in qualunque modo.

Se questo va avanti, l’idea di affidare un bambino a questa qualunque cosa che si metteinsieme in qualunque modo, qualunque sia il sesso e il tipo di aggregazione che nasca,vuole dire che è meglio non affidare i bambini a nessuno e lasciarli per strada perchéalmeno non corrano il rischio di avere turbe psichiche che nascono da quelli a cui sonoaffidati. Chiaramente non è in discussione nelle leggi di adesso ma è un discorso di lungoperiodo, perché bisogna dire che l’ideologia che sta dietro a due persone che si metto-no insieme può essere diversissima, non è necessario che sia il vincolo del matrimoniocristiano, c’è nell’ordinamento civile un mettersi insieme che è garantito dallo Stato.

Questo fattore fondamentale dell’ordine naturale non può essere disatteso e questo inve-ce mi sembra il primo punto grave da difendere perché proprio a livello delle istituzionipiù larghe quali il Parlamento Europeo è il punto che verrà messo in discussione e ha ache fare con il tema di oggi perché io affido qualcuno ad una aggregazione che chiamofamiglia se è in questo modo; se allargo la definizione di famiglia ad altro allora vale quel-lo che ho detto. In questo senso parlando invece di famiglia c’è da dire che sia il PresidenteCiampi nel discorso di insediamento ha detto che gli articoli 29, 30 e 31 della Costituzioneche riconoscono il ruolo originale della famiglia come società naturale fondata sul matri-monio non hanno ancora trovato un pieno compimento, a livello legislativo; cioè ilPresidente Ciampi ha detto che in un paese tendenzialmente cattolico come tradizione egovernato da partiti cattolici in gran parte a lungo periodo, non è stato attuato un princi-pio a livello civile, la qual cosa ci fa dire anche che fidiamo in persone come il MinistroLivia Turco, che ha una provenienza diversa, per attuare quello che avrebbero dovuto farepersone più sensibili dal punto di vista culturale sul piano teorico a questo. Noi speriamomolto in questa differenza culturale che attua un principio che i cattolici non sono riusci-ti ad attuare. Però diciamo anche che non è stato attuato e questo è un giudizio pesantesu tutto un periodo di storia che doveva portare almeno a questo risultato.

In questo senso io approfitto anche per dire la sintonia culturale che ci avvicina alMinistro Turco perché su molti punti noi (anche partendo da punti di vista culturali diver-si) vediamo la possibilità che qualcosa di quello che ha detto il Presidente Ciampi vengaattuato. D’altra parte questo coincide con quello che dice il Papa che ha ripreso l’idea del

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senso della famiglia come profondamente radicato nel popolo italiano e l’ha ridefinitaponendo in chiaro che la crisi che attraversa la possibilità di educazione nel nostro popo-lo ha a che fare con la crisi della famiglia e anche con la crisi di ciò che può sul pianolegislativo essere contro la famiglia. Noi vogliamo tutelare la famiglia in qualunque modo,innanzitutto come definizione e quindi come legislazione.

Il secondo punto che voglio trattare prima di entrare nella questione dell’associazioneall’interno della legge è la seguente: di che tipo di associazione si parla?

Dico di un rischio che è presente non solo fuori da noi ma anche tra di noi: un conto èun’associazione di famiglie che nasce dalle famiglie e di cui esse sono soggetti secondoil principio di sussidiarietà (le famiglie nascono, si aggregano e si difendono); un altroconto è qualcosa di intermedio che nasce tra le famiglie e lo Stato, una sorta di sindaca-to giallo alla rovescia delle famiglie tale per cui magari in certi casi lo Stato lo fa nascere,in certi altri casi le famiglie che si mettono insieme diventano tantissime, si organizzanoe rendono così burocratica la loro associazione che essa si svincola dalle famiglie d’origi-ne. In questo caso non abbiamo un’associazione di famiglie in cui sono le famiglie i sog-getti ma una sorta di burocrazia che è a metà tra le famiglie e lo Stato: si parla quindi diun’associazione che conosce le famiglie quasi meno dello Stato. Se è questo il tipo diassociazione verso cui si va è qualcosa di molto pericoloso.

Noi difendiamo un’associazione familiare che sia veramente fatta da famiglie in questosenso le dimensioni dell’associazione familiare, la sua collocazione territoriale, il nesso trachi la rappresenta e chi è famiglia per noi è fondamentale, non sono questioni sempli-cemente interne, sono questioni molto importanti sul piano della configurazione dell’as-sociazione. Io diffido dello Stato educatore ma diffido di più delle associazioni che, essen-do private, diventano educatrici al posto della famiglia.

Il rischio c’è e non solo in campi non cattolici. Mi ricordo uno slogan del sessantotto chediceva “Not for people but by people”. Questo è quello che noi diciamo: “Delle famiglie”.Non organizzazioni intermedie, perché in tutti i settori della società italiana quello che hafatto più male è pensare che la base sia rappresentata da qualcosa di privato che peròpian piano si distanzia da questo. Noi vorremmo che le istituzioni, le associazioni chenascono avessero questa caratteristica non solo di democraticità come il volontariato maanche di effettiva rappresentatività di famiglie e senza creazione di burocrazie che stan-no a metà, dialogano e che poi, magari, nel momento in cui si assegnano i bambini inqualche modo impongono alle famiglie il modo di fare. Per comprendere la nostra pro-posta era necessario ridefinire che cosa fosse famiglia e che cosa Associazione.

Due sono le preoccupazioni che ci stanno a cuore, a cui la legge che sta per essere vara-ta può dare una risposta:

il primo aspetto riguarda l’idea dell’ente pubblico che assegna il bambino discono-scendo completamente il tipo di famiglia che ha davanti, un Servizio Sociale assoluta-mente incapace di leggere il bisogno, un burocrate che in qualche modo intervienesu questo tema sentendosi quasi un demiurgo che legge le situazioni in nome di unacompetenza professionale e non si fa accompagnatore, lettore, interprete della realtà,che non è capace di guardare. Non è una cosa poco frequente, ci sono stati moltissi-

mi casi di questo tipo e sono quelli più dolorosi; se è doloroso che un bambino siamandato in affido è doloroso anche che l’assegnazione venga fatta senza leggere larealtà e senza domandarsi chi si ha davanti. Questo probabilmente ha a che fare anchecon una formazione del Servizio Sociale che abbia dentro il principio di sussidiarietà,in un’educazione che nessuna legge può sostituire

completamente dell’operatore sociale tale per cui gli si insegni a guardare, a impararedalla realtà e non solo a imporre schemi che ha imparato in qualche scuola.

Il secondo aspetto è il fatto che il Servizio Sociale laddove ci sia un’associazione larenda partecipe del processo di affidamento coinvolgendola in un dialogo, facendo inmodo che esso sia un dialogo a tre, il Servizio Sociale, l’associazione e la famiglia; que-sto è il tipo di integrazione che noi chiediamo, è un dialogo, è qualcosa di più di unalegge e qualcosa di più di quello che si può chiedere ad un Ministro. Le si può chie-dere di fare una legge ma poi quello che vogliamo - ed è giusto dirlo anche in unConvegno che ha a tema la legge - è un paragone, una realtà vivente in cui la famigliasia un soggetto e l’operatore pubblico sia un soggetto e che dialoghino. Meglio per-dere anche del tempo, meglio essere più cauti, meglio avere dei dubbi per arrivare auna soluzione piuttosto che a un meccanicismo che una legge mette a posto.

Noi rimaniamo dell’idea che il grande tema è la parola educazione, intesa come intro-duzione alla realtà totale come da una definizione fondamentale del pensiero di DonGiussani, cioè come la capacità che la famiglia, l’associazione, il Servizio Sociale siponga di fronte a quello che in fin dei conti è il più interessato a tutta la questione, ilbambino, che viene affidato in un modo da uomo senza nulla di preordinato, di pro-grammato, senza nulla di previsto ma standogli di fronte desiderando di introdurlo aquesta realtà. E’ difficile esprimere la parola educazione in una legge, forse è impossi-bile ma, o tutta una legge ha come scopo che la parola educazione sia praticata dallafamiglia (e non è scontato, anche se la famiglia vuole essere una famiglia affidataria,che voglia educare) da un’associazione (e non è scontato che voglia aiutare ad edu-care) da uno Stato (e non è scontato che voglia educare) oppure noi non arriveremoa nessun risultato. Il termine educazione deve rimanere dentro anche solo come unapreoccupazione, come il grido del grillo parlante che ripete sempre e comunque cheil problema è un altro.

Comunque ricordatevi che con tutto questo abbiamo qualcosa di non riformabile che èun’imprevedibilità dell’essere umano che si mette insieme, che si sposa, che fa famiglia,che ha cura di un bambino, che incontra un operatore sociale: o noi ricordiamo questooppure qualunque eventuale riforma perderà di vista la cosa più importante.

Questo Convegno è quindi un’occasione per sottolineare per quel che mi riguarda il con-senso ad un Ministro che ha fatto di tutto nelle leggi che sta attuando per rendere il menomeccanico possibile il “meccanismo” della legge, ma anche a ricordare a tutti noi chesiamo chiamati ad un compito che nessuna legge potrà sostituire.

Prof. VITTADINI GiorgioPresidente Nazionale Compagnia delle Opere

(Testo non rivisto dal relatore)

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Il tema di questo Convegno è di ragionare sulla modifica legi-slativa in materia di affido familiare. Io vorrei partire dalle ulti-

me parole del Prof. Vittadini: una legge, per quanto buona sia,deve essere una legge all’interno della quale vi siano contenuticondivisi e soprattutto applicazione concreta dell’interesse delsoggetto per il quale la legge viene posta in essere.

Credo che già sia la premessa sulla quale possiamo fare una riflessione su quello che èoggi l’affido familiare e sulle prospettive che si aprono per il futuro.

Voglio dire subito che la mia attenzione all’Associazione Fraternità e la partecipazione adalcune delle loro iniziative nasce proprio da questa prospettiva: io vedo tutti i giorni le dif-ficoltà nelle quali ci si imbatte in materia di affido familiare, vedo tutti i giorni situazionicome quelle descritte dal Prof. Vittadini in modo sintetico, situazioni nelle quali si è fattogià un danno al bambino vittima, allontanandolo dalla sua famiglia d’origine e ancor piùdanno lo si fa collocandolo in una famiglia inadeguata solo perché dal punto di vistaburocratico bisogna inseguire un determinato risultato, che ci è imposto dalla legge.

Quindi sono fortemente consapevole che se si deve andare a una riflessione, non deveessere una riflessione fatta tanto per aggiungere qualcosa a quello che già c’è o permodificare quello che già c’è, non sapendo però incontro a cosa si va, ma si tratta diragionare sulle prospettive che ci sono e semmai aprire delle porte diverse da quelletradizionali alle quali si è fatto riferimento. In questo credo che l’Associazione Fraternitàdi Don Mauro Inzoli abbia fatto una certa strada che io considero molto interessante,che mi ha molto incuriosita e sulla quale abbiamo anche riflettuto: penso per esempioall’accoglienza dei neonati non riconosciuti.

Quest’estate mi è capitata una cosa che voglio raccontarvi: un deputato mio amico miha scritto dicendomi: “Cara Livia, ho in mente di presentare una proposta di legge inmateria di affido familiare, vorrei conoscere la tua opinione e sapere che cosa pensi siautile inserire in questo disegno di legge.” Io mi sono divertita perché ho trovato questalettera di una certa ingenuità. Questo deputato di fronte a un dibattito molto ampio sucui ci sono polemiche, questioni e posizioni anche diverse, non è stato sfiorato dal dub-bio che non è attraverso un’indicazione, pur qualificata di un Presidente di Tribunale perMinorenni o di un qualsiasi altro soggetto istituzionale che si possa arrivare a soluzioniutili in una materia nella quale si hanno difficoltà quotidiane per individuare la stradanon dico giusta, ma più adeguata, più vicina a quel bambino o persona che ci è statoricordato come soggetto fondamentale rispetto al quale noi stiamo ragionando.

Confesso di non aver risposto a quella lettera perché il dibattito sull’affido familiare e

sulla famiglia in generale, su che cosa si intenda per famiglia richiamato prima dal Prof.Vittadini è molto complesso. Io credo che non si debba dimenticare che la famiglia èuna grande dimensione educativa: parlando di famiglia si deve tenere conto della pos-sibilità di coloro che ne fanno parte di essere educatori.

E’ un compito essere famiglia, non è soltanto il piacere di stare insieme, la rispettivacompagnia, si tratta di svolgere soprattutto nei confronti dei figli, ma credo anche neiconfronti di se stessi, un compito di educazione e di rispetto; tutto questo diventa par-ticolarmente complesso quando si pensa che tutto ciò non accada nella famiglia d’ori-gine del bambino, alla quale dobbiamo tutta quella protezione che consenta alla fami-glia di sopravvivere, ma a maggior ragione quando questo accade in un luogo “altro”rispetto alla famiglia del bambino.

Devo dire che condivido il punto di vista del Ministro Turco: la legge 184 è una buonalegge e, paradossalmente, è una buona legge proprio nella parte meno codificata cheriguarda l’affido familiare. Ho visto gli emendamenti che sono stati presentati al testounificato della 184: ieri sera li ho riguardati per capire che cosa aveva spinto ad emen-dare rispetto ad un testo – quello unificato - che io considero non buono, perché trop-po particolareggiato e con alcune indicazioni a mio parere fuorvianti (es. durata pre-ventiva dell’affido familiare).

Quello che mi ha colpita riguardo a tutti questi emendamenti (che sono tantissimi) èche contengono specificazioni, particolarità che vengono inserite come se si trattassedi regolamentare in materia di marchi e brevetti, senza pensare che le norme sull'affidofamiliare devono essere norme chiare, quanto a intendimento del legislatore, ma il piùpossibile flessibili, perché la vita delle persone ha bisogno di flessibilità, ha bisogno diindividuare quella determinata ricetta che va in quel determinato caso (naturalmentecon il rispetto di tutte le regole di carattere generale) diverso l'uno dall'altro.

I bambini sono persone e le persone non sono tutte uguali, hanno bisogni diversi. Lariforma, secondo me allora va fatta sulle parti essenziali cioè sulle parti giudiziarie chesicuramente vanno alleggerite, va fatta sulle ipotesi di maggiori garanzie che io credodebbano esserci nell'ordinamento perché dove si va a fare un provvedimento ipoteti-camente ablativo così forte come quello dell'adozione, le garanzie per il mantenimen-to della famiglia d'origine debbano essere molto forti. Quindi credo che il sistema dellegaranzie vada reso forte ma non temporalmente lungo, nel senso che uno dei proble-mi più grossi che abbiamo è quello della dichiarazione di adottabilità che arriva moltotempo dopo che il bisogno del bambino si è espresso.

Nell’affido familiare credo che dobbiamo avere delle regole agili, ben chiare e precise,ma che consentano ai protagonisti di quella specifica e determinata storia di dialogaretra loro: protagonisti che sono i Servizi Sociali, laddove si tratti di un affido familiare cheavviene fuori dal Tribunale, la famiglia d’origine che non va dimenticata, gli affidatari chenon vanno abbandonati a loro stessi e queste forme nuove e diverse di associazioni-smo tra famiglie che io trovo molto positivo.

Per ogni bambino in fondo si fa un progetto: il progetto principale è quello di assicu-rargli serenità e tranquillità di vita sino al momento in cui si riesce a recuperare, se pos-

L’AFFIDO FAMILIARE:UNA RIFORMA POSSIBILE

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sibile la sua famiglia d’origine. Sono anche convinta che si debba superare la logica del-l’affido familiare inteso nella maniera così stretta e così burocratica con cui fino ad oggiè stato inteso.

Salvo taluni casi di vera gratuità l’affido familiare non ha funzionato così bene: sonochiacchiere quelle che ci vengono dette rispetto allo svuotamento degli istituti: c’è statoun momento in cui l’affido è servito per superare la logica dell’Istituto, ma oggi abbia-mo bisogni così diversificati ai quali dobbiamo dare risposte flessibili e possono esserein forme che noi chiamiamo ancora di affido familiare ma che hanno all’interno qual-cosa di diverso.

Ho trovato molto positiva l’iniziativa dell’Associazione Fraternità in relazione ai neonatinon riconosciuti, perché trovo che sia veramente crudele per un bambino dover esse-re abbandonato alla nascita in una culla termica per uno o più mesi ossia il temponecessario perché il Tribunale faccia l’accertamento in relazione all’ipotesi di famigliaadottiva più adeguata a quel bambino. Noi dobbiamo cercare una famiglia per un bam-bino che non l’ha: questo non entra molto nella testa della gente e lo si capisce veden-do le domande di adozione nazionali ed internazionali.

Questa esperienza mi sta bene perché il bambino che io dovrei tenere in ospedaleposso invece metterlo tra le braccia di una persona che gli dia affetto, che gli tenga lamanina, che lo culli fino a quando non avrà trovato la famiglia adatta a lui. Io sono piùserena nella ricerca che faccio se quel bambino non viene abbandonato ma condottonelle braccia della sua mamma: come se ci fosse un secondo parto, il parto dell’affetto.Mi piace questa iniziativa perché ho capito che si tratta di un’iniziativa di gratuità chenon intende acquisire il bambino, non è certo una scorciatoia per appropriarsi di unbambino, secondo la logica della nostra società in cui tutto si acquisisce.

Che cosa è interessante in una discussione sull’affido senza pregiudizi? Dalle mie paro-le qualcuno può forse aver pensato che io voglia distruggere l’affido, mentre io vorreiche cercassimo di capire che, siccome il mondo cambia e ci sono diverse esigenze,dobbiamo trovare risposte diversificate.

Ancora: non basta gloriarsi di aver avuto una volta una buona idea (costituiamo le fami-glie per l’affido) per dire che ne sono nati buoni frutti. L’attuazione dell’idea deve esse-re continuamente monitorata, e se ne devono rilevare gli errori. Bisogna fare in modoche le famiglie affidatarie abbiano alle spalle qualcuno che le aiuti anche competente-mente – e va benissimo l’associazionismo delle famiglie – nel rapporto con il minore econ la famiglia d’origine (se ha un senso pensare che il ragazzino debba tornare nellasua famiglia).

Se vi è anche una piccolissima speranza di recuperare la mamma e il papà, che forsefino a quel momento hanno causato solo dolore e sofferenza al figlio, ma che sono ilsuo papà e la sua mamma, noi dobbiamo lavorare su questo, non accontentandoci –come ahimè spesso accade – di aver trovato la soluzione.

Quando il Tribunale fa provvedimenti definitivi nella forma, so che essi sono necessariperché nessun provvedimento può restare provvisorio senza la possibilità di impugna-

zione, ma so anche che quei provvedimenti definitivi sono i nostri bambini perduti.

Qualcuno di quei bambini lo ritroverò…… e non dove avrei voluto trovarlo, perché perquel bambino abbiamo sbagliato noi.

E quando qualche ragazzino mi chiede della sua famiglia d’origine mi piacerebbe poter-gli dire qualche volta che noi abbiamo sbagliato a non recuperare la sua famiglia, chesarebbe stata una bella famiglia. Questo forse gli darebbe più speranza per la sua vitafutura.

Tutto questo sta in una legislazione non occhiuta, che sa capire le esigenze del temponel quale viene fatta.

Dott.ssa POMODORO LiviaPresidente Tribunale dei Minori

(Testo non rivisto dal relatore)

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www.associazionefraternita.itE-mail:[email protected]

Nella primavera 1983, in occasione degli Esercizi spirituali della Fraternità di Comunione eLiberazione don Giussani invita a esprimere la gratitudine per l’incontro con Cristo nellacondivisione del bisogno dell’uomo, nell’accoglienza concreta delle persone, a partire dallacomune appartenenza al Destino.

Le prime accoglienzeTornando dagli esercizi della fraternità e riprendendo queste parole di don Giussani, alcuniamici pensano che il modo più immediato per rispondere a questo invito è quello di aprire ilproprio cuore e la propria casa, offrendo la disponibilità all’accoglienza.

Don Luigi Giussani in compagnia di due degli otto soci fondatori dell’Associazione Fraternità

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Sorge quindi l’esigenza che l’impeto iniziale assuma una forma stabile per poter rispondereadeguatamente ai moltissimi bisogni che si incontrano.

Viene costituita nel 1984 l’Associazione Fraternità.

L’articolo 2 del primo Statuto che sottolinea gli scopi dell’Associazione

Successivamente l’Associazione Fraternità ottiene i seguenti riconoscimenti

28 gennaio 1985: Riconoscimento giuridico Regione Lombardia; Dec. n° 17/R/8416 febbraio 1986: Iscritta al registro delle persone giuridiche del tribunale di Cremona6 settembre 1991: Iscritta al Registro Regionale del Volontariato Regione Lombardia10 settembre 1999: Eretto ad Ente Morale Decreto Ministeriale dell’Interno 10/11/99

24 novembre 2000: Iscritta al Registro Regionale delle Associazioni di Solidarietà Famigliare

Si sente l’esigenza di un luogo in cui l’esperienza di amicizia e di condivisione sia facilitata evisibile: nasce così l’idea di costrurire un Centro di Accoglienza e successivamente vieneacquistata una vecchia cascina a Monte Cremasco (Cr).

Alcune immagini che ritraggonola Cascina prima dell’inizio dei lavori.

Alcuni volontari dell’AssociazioneFraternità che collaborano nellacostruzione del Centro di Accoglienza.

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Con il lavoro e il contributo di molti viene abbattuta la vecchia cascina e costruita la nuova.Dal 1987 inizia la vita in cascina: tre famiglie vi si insediano e diventano punto di riferimentodelle relative “Comunità Familiari”.

“In luoghi abbandonati Noi costruiremo con mattoni nuoviVi sono mani e macchine E argilla per nuovi mattoniE calce per nuova calcina.Dove i mattoni sono cadutiCostruiremo con pietra nuova.Costruiremo con nuovo legname

Dove parole non sono pronunciateCostruiremo con nuovo linguaggio.C’è un lavoro comune.Una Chiesa per tuttiE un impiego per ciascuno.Ognuno al suo lavoro”

T.S. ELIOT “da i Cori della Rocca”

Minori che svolgono attività ludicoricreative nel Centro di Accoglienza

“Il sacrificio più grande è dare la vitaper l’opera di un Altro”.La generosità col tempo stanca. Un’opera come la nostranon si regge sull’impeto della generosità, ma sulla gratitu-dine e sulla memoria di un Incontro. I sacrifici che vengonocompiuti e la generosità che c’è tra noi sono grandi perché,con diverse intensità, hanno a cuore l’opera di un altro.

(dai verbali dell’Associazione “Fraternità”, intervento del Presidente don MauroInzoli, durante il raduno mensile con le famiglie associate del 8 marzo 1992)

Nei raduni mensili delle Famiglieassociate alla Fraternità le personeintervengono liberamente in merito aduna problematica particolarmenteurgente che emerge nella loro

esperienza di famiglie affidatarie, oppure sia r r i c c h i s c o n o r e c i p r o c a m e n t e c o ntestimonianze dirette della loro storia. Lefamiglie in questo modo si sostengonovicendevolmente nell’affrontare le circostanzedi cui è intessuta la vita di chi è genitorenaturale e affidatario.

Dal punto di vista metodologico lasottolineatura principale riguarda illivello dell’esperienza: quello che non sivuole assolutamente è fare degliincontri puramente teorici, dove leparole siano senza riferimento alla vita.Quanto è detto parte dall’esperienza edeve essere riferito all’esperienza.

Il Presidente Inzoli don Mauro e laResponsabile Educativa Dott.ssa Bassi Silvia

durante il raduno mensile delle famiglie

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1992 CREMA:Vengono date in gestioneall’Associazione Fraternitàdue nuove “ComunitàFamiliari”.

1994 MONTECREMASCO:Ampliamento del Centrod ’ A c c o g l i e n z a c o n l acostruzione di una ComunitàFamiliare e un Centro diPronto Intervento.

Struttura di Crema

Inaugurazione dellanuova struttura

di Monte Cremasco“Villa Maddalena”

Struttura di Monte Cremasco

2002 LODI:Inaugurata una nuova strutturasocio assistenziale composta da unCentro di Aggregazione Giovanile,un Asilo Nido, due Comunità familia-ri e un centro di pronto Intervento

2004 CREMONA:In fase di realizzazione due ComunitàFamiliari nella città di Cremona.

1998 PERUGIA:Apertura di una “ComunitàFamiliare” nei luoghi delterremoto in cui si manifestain tutta la sua concretezzail bisogno dell’uomo.

2001 SONDRIO:Apertura di una “Comunità Familiare”nell’ambito di un progetto con l’Asl locale

Struttura di Perugia

Struttura di Sondrio

Struttura di Lodi

Struttura di Cremona

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Anche tu puoi aiutarci!versando il tuo contributo sui seguenti C/C intestati alla Associazione Fraternità:

I contributi effettuati a favore della ONLUSS “Associazione Fraternità” sono considerati:

EROGAZIONE DETRAIBILE per le persone fisiche (ai sensi dell’art. 13bis del D.P.R. 917/86 come introdotto dall’art. 13 del D. LGS. 460/97)

EROGAZIONE DEDUCIBILE per le imprese (ai sensi dell’art. 65, c. 2, lett. c-sexies del D.P.R. 917/86, come introdotto dall’art. 13 del D. LGS. 460/97)

www.associazionefraternita.itE-mail:[email protected]

C/C Bancario n. 11-110281-89(coordinate bancarie ABI 8214 - CAB 56910)

C/C Postale n. 14548267

0

50

100

150

200

250

Num

ero

Anno Stime e previsioni

83 85 87 89 91 93 95 97

21 3 724 30 34 46

5575

97109

127141

167

195221

253

298330

370

410

460

300

350

400

450

500

99 01 03 05

Suddivisioneper sessoSuddivisioneper sesso

Maschio

Femmina

n°12047%

n°13353%

Rientro in famiglia

Adozione

Maggiore età

Ritiro consensogenitori

DimissioniAssociazione

Istituto

Altro

9%

47%

6%

8%

10%

14%

6%

Suddivisione pervenute e accolteSuddivisione pervenute e accolte

Accolte

Non accolte

21%

79%

0

500

1000

83 85 87 89 91 93 95 97

11 66 1616 3434 5050 7070 9393 156156 208208325325

418418 478478544544

639639776776

89289210211021

12051205

1399139915431543

1650

1780

1650

178019501950

1

1500

2000

2500

Anno

Richieste pervenute

Richieste accolte

Num

ero

99 01 3 5

2 3 7 241 2 3 7 24 3030 3434 4646 5656 7676 9898 110110 128128 142142 168168 195195 222222 253253 298298 330330 370370 410410 460460

Suddivisioneper fasce d'etàSuddivisioneper fasce d'età

Anni 0/5

Anni 6/12

Anni 13/18

Oltre 18

n° 28

11%n° 90

36%

n° 86

33%

n° 49

20%

Minori AccoltiMinori Accolti

Richieste pervenute e accolteRichieste pervenute e accolte Dopo l’accoglienzaDopo l’accoglienza

0

40

60

80

100

120

84Soci

FondatoriSoci

Fondatori

85 86 87 88 89 90 91 92 93 94 95 96 97 98

8 8

47 53 53 5767 67

83

101 103110

132

149 154

173

185

210

230

250

280

320

20

99 00 01

140

160

180

200

Anno

Num

ero

soci

220

240

260

280

300

320

02 03 04 05Stima e previsioni

Soci iscritti allaAssociazione Fraternità

Soci iscritti allaAssociazione Fraternità

Dati aggiornati al 31/12/2002

La Famiglia naturale, emerge nell’esperienza della Fraternità come il luogo primario che sidovrebbe aiutare, evitando così molte volte drastici interventi successivi. Convinti di questacentralità della famiglia abbiamo promosso progetti specifici per il suo sostegno, avendoconstatato la fragilità e la solitudine in cui vivono molte famiglie “moderne” della nostra società.

L’esperienza maturata dall’Associazione Fraternità nonrimane confinata solamente nell’ambito dell’affido fami-liare. Il desiderio di approfondire l’intuizione iniziale con-ducono ad organizzare incontri pubblici e convegni neiquali confrontarsi sulle soluzioni migliori da adottare peraiutare i ragazzi minorenni che si trovano in situazioni didisagio.

2002 - Collodi “2°Conferenza Nazionalesull’Infanzia e l’Adolescenza”.

1999 - Milano “La Famiglia Fondamento della sussidiarietà”.

Convegno Nazionale del 1999

Convegno Provinciale del 1987

Progetti promossi nell’ambito del soste-gno alle famiglie, grazie alla leggeregionale n °23/99 “Politiche regionaliper la famiglia” promossa dalla regioneLombardia.

2002 - Treviglio “La Famiglia al Centro delle nuovepolitiche sociali”.

Convegno Regionale del 2002

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A S S O C I A Z I O N E F R A T E R N I T À

R A S S E G N A S T A M P A

Primapagina Venerdì 8.10.1999 (Estratto pag. 5)

A S S O C I A Z I O N E F R A T E R N I T À

R A S S E G N A S T A M P A

Il 28 l’Associazione ‘Fraternità‘ a convegno. In occa-sione delle celebrazioni per il 15° anniversario dellacostituzione e dell’attivita dell’Associazione é statoorganizzato un Convegno sul tema “La famiglia, fon-damento della sussidiarietà (contributo alla legge 184sull’affido)”. Il Convegno si terra a Milano giovzedi28ottobre presso la Sala Leonardo in via Ampere n.1-ang.piazza Leonardo da Vinci. Il Convegno che godedel parociniodella Regione Lombardia si é posto l’o-biettivo oltre che di fare il punto della situazione degli

affidi in Italia,di evidenziare soprattutto le attivita svol-te e progettare dal Ministero, dalle Regioni e dagliEnti Locali e di porre in risalto l’ apporto educativo eoperativo che viene dato alle famiglie affidatarie edalle loro associazioni. Durante l’incontro verranolette le relazioni del Ministro per la Solidarietà Socialeon.Livia Turco, la relazione dell’osservatorio Nazionaledi Firenze,di un estremo giurista, del presidente delTribunale dei minori di Milano e quella del presiden-te della Compagnia delle opere.

Il 28 l’Associazione ‘Fraternità’ a convegno

Primapagina Venerdì 22.10.1999 (Estratto pag. 5)

Intervista a don Mauro Inzoli presidentedell’Associazoine fraternità Un cuore grande quanto un bambino. Questasera in Sala Alessandrini; il 28 Convegno aMilano per i 15 anni dalla costituzione e perla revisione della legge sull’affido . ----di Rosa Massari Parati----In mezzo alla numerosa corrispondenza chearriva quotidianamente a in Prima pagina,ciègiunto l’invito al Convegno pomossodall’Associazione Fraternità (giovedi 28 otto-bre a Milano, all’Auditorium Leonardo viaAmpère)in occasione del 15 anniversariodella costituzione sul tema : la famiglia, fon-damento della sussidiarietà. Sul retro dell’invi-to troviamo un indirizzo -via B.Terni14.Crema-ed il nome del peresidente dell’AssociazioneFraternità:don Mauro Inzoli. parroco dellaSS.Trinità.Chiediamo un appuntamento eandiamo a trovarlo nella sua abitazione. Lasenzazione che avvertiamo, mentre lo atten-diamo è di essere un p’ò in famiglia (gli aromidel bolito che invadono i locali),un p’ò in uffi-cio con la signorina cheaccoglie quanti suo-nano alla porta e che contemporaneamenterisponde all’insistente telefono,:”Don Mauro èimpegnato con un monsignore del vatica-no”,ci dice mentre ci fà attendere ; Ci guar-diamo intorno; domina l’aria un p’ò austeradata dall’arredamento si fa più forte quelsenso di famiglia che ciaveva colpito: il profu-mo della cucina i melograni sul camino e nelvassoio sul tavolo il mazzo di spige sulla cre-denza i centrini color écru,ben stirati, fatti auncinetto realizzati con lo stesso disegno eben posizionati su ogni mobile,il crocefisso.Don Inzoli ha terminato l’incontro con monsi-gnore ,cheha fatto portare la sua Thema inCattolica ,a Milano. Ci accognie nel suo studioquasi scusandosi di averci fatto aspettare. “Lachiesa” -buttiamo li noi, sorriso,-”due mila annistoria e di organizzazione....”.”E dopo due milaanni ci dobbiamo ancora piegare alla volontàdi nostro Signore”-risponde don Inzoli. passia-mo immediatamente all’intervista compren-dendo che il tempo a disposizione è poco, iltelefono è peggio della nostra redazione. -Don Mauro come nasce l’ associazione frater-nità?e quale è stato il suo ruolo in questafase? “Nasce dall’esperienza di un gruppo difamiglie che, a partire dal messagio ecumeni-co,decidono di condividere il bisogno deluomo nell’accoglienzaconcreta delle personeaprendo il proprio cuore e la propria casa iaminori e giovani in difficoltà. Il mio ruolo...lagenesi è statacomunionale;ci siamo trovatiinsieme a dare risposte a quel tentativo, dallacui vastit non cirendiamo ancora ben conto,ma di cui cogniamo il suo drammatico signi-ficato e la sua rilevanza”.-Quali sono le caratteristiche fondamentalidell’associazione? L’Associazione fraternità siproponedi rispondere attraverso l’ accoglien-za, il colegamento e l’affido ai problemi del-l’abbandono e del disagio psico-sociale deiminori, giovani e madri nubili. La sua attivitàcomprende l’accoglienza dei minori presso leComunitàAlloggio e i Centri di ProntoIntervento e presso le singole famiglie asso-ciate, la promozione di un rapporto continua-tivo con le famiglie d’origine e la promozionedi attività culturali e di sensibilizzazione dell’o-pinione pubblica sulle tematiche della fami-glia, dell’accoglienza e del disagio minorile”.

_Dopo la costruzione dei Centri d’accoglienzaper i minori che ben conosciamo, a MonteCremasco sono nate le successive strutture aCrema ,Lodi e Perugia.Perché quest’ultime?“La domanda di un luogo che possa accoglie-re minori e famiglie in difficoltà é in continuacrescità e si moltiplicano le continue richiestedi accoglienza da ogni parte d’Italia. La strut-tura di Perugia è nata perchè siamo venuti asapere da amici del movimento che duranteil terremoto un centro per minori è statomesso in disuso, lasciando i piccoli in diffi-coltà. Abbiamo cercato una casa che permet-ta di accogliere minori. L’abbiamo trovatanella periferia della città, in localitàS. Marco,suun pendio circondato da ulivi. Sono ospitatigia sette bambini,a breve ne verranno accoltialtri tre. Lodi è la conseguenza di una colla-borazione che era partità nell’89 con le suoreCanossiane dell’Istituto di Lodi, dove c’eranola scuolaelementare,la media ed il Centro diFormazione Professionale. Quando le suoreavevanorinunciato all’impegno, il comuneaveva messo in appalto l’istituto diFanciullezza che accogliva minori bisognosi diaiuto. Noi avevamo partecipato al concorso,appalto sembreva andare a un buon fine, mapoi il Consiglio comunale aveva ritirato deli-bera.La fraternità.che aveva deciso di operareun intervento sul territorio lodigiano, hacomunque deciso di realizare a lodi unCentro di pronto intervento per minori”. -Vi spostate anche sul problema delle ragaz-ze-madri perché? “Le scelte sono sempre state sollecitate daglieventi. I Servizi Sociali ci hanno sottoposto ilproblema da noiaccolto come sperimentazio-ne. Ci siamo poi che erautile fornire una casae assistenza a queste ragazze senza espropria-re la propria responsablità diragazzemadri,come indirizzarle verso la propria auto-nomia economica, con un lavoro parziale checonsentisse loro di trovare il tempo per segui-re i bambini. Ospitandole ci si é resi contoche per l’Associazione Fraternita era possibileimboccare una strada diversa che non fossesolo quella della protezione dei minori” -Vedo dal vostro depliant che il riconosci-mento giuridico della Regione Lombardiaporta la data del (Dec.n 17/R/84). Avetechiesto ora il riconoscimento nazionale perpotere operare su tutto il territorio nazionale.L’avevato fatto perchè sperate in un contribu-to? “È stato necessario avanzare la richiestada quando abbiamo deciso il Centro diAccoglienza di Perugia. non saremmo stati inregola operando fuori Regione. Per quantoriguarda i contributi, l’ASL dà un contributoper la gestione del servizio mentre i comuniper le strutture di accoglienza famigliare,alog-gio e pronto intervento purché ci siano leautorizzazioni ad operare. Il riconoscimentogiuridico é una tutela,significa che il Centroviene ricnosciuto come ente affidabile” -L’Associazione si é poi allarata sul territoriocremasco con il Centro di ascolto e aiuto allafamiglia e sifa conoscere anche con l’appun-tamento dell’Happening dei giovani... “L’esperienza dell’Associazione Fraternita énata per aiutare i minori, si é allargata poi sullaformazione educativa. L’Happening é unafesta che aiuta a socializzare. Il Centro Ascoltoe di aiuto alla famiglia da sostegno ala rela-zione di coppia, nei problemi occupazionali,

nei problemisanitari nella difficolta dellagestione dei bambini piccoli o nel rapportocon i figli adolescenti: ogni difficoltà vieneaffrontata fin alla fase inziale, per prevenirel’acuirsi del problema. Nella nostra società èsempre più frequente incontrare situazioni didisagio o di disgregazioni famigliare con evi-denti ricadute sui minori. Questo accade oper motivi di affettiva difficoltà (economica,sociale etc) o, più spesso, per incapacità nell’affrontare l’impegnativo compito di educaree crescere i propri figli. Il Centro di ascolto edi aiuto alla famiglia (responsabile è il Sig.Riboldi) è un luogo dove esprimere i proble-mi e difficoltà, chiedere aiuto e consiglio ericevere supporto di un team esperti, di voltain volta interpellata a seconda delle esigenze.È integrato con la commissione diocesana perla pastorale per la famiglia (responsabile èDon Mario Benelli), con il centro di Solidarietà“P.Viviani” (responsabile è il sig. Tolasi), con l’Avulss - nucleo di Crema (responsabile lasig.ra Volli) ed ovviamente con l’AssociazioneFraternità. Il progetto del centro di ascolto edi aiuto alla famiglia era stato a suo tempofinanziato ed è stata una iniziativa importanteper il territorio. Abbiamo presentato ora unaltro progetto al ministro della SolidarietàSociale. Speriamo!”- Il 28 ottobre, nel ricordare i 15 anni di pre-senza, presenterete in un convegno il vostrocontributo alla revisione della legge 184 sul-l’affido. Cosa ci può anticipare?-”A breve verrà rivista dal parlamento la legge184 sull’affidamento e sulla adozione. Questi15 anni ci hanno concesso di offrire alcunicontributi che devono essere recepiti dallalegislazione. La famiglia, della nostra analisi,rimane il punto basilare della crescita di ognifiglio. Vogliamo che la famiglia che intendecrescere un figlio lo possa fare secondo lapropria genialità. Abbiamo voluto con lanostra iniziativa creare un soggetto che si frap-ponesse fra la famiglia, lo Stato e i ServiziSociali, che fosse baluardo di certezza per lalibertà di crescita di un figlio (cambiano laassistenti sociali, le famiglie sono costrette arispettare le leggi che lo stato impone, senzatener conto degli accordi che nel frattemposono intercorsi tra l’assistente sociale che c’eraprima e quello che viene, magari nominato direcente). L’attuale normativa non ha saputoprevedere l’sistenza nell’importante e deter-minante funzione delle associazioni fra lefamiglie affidatarie, che aiutata da una loropropria organizzazione associativa raggiungo-no risultati maggiormente positivi e duraturinel cammino educativo, formativo, psicologi-co, sanitario. Occorrono perciò provvedimen-ti legislativi, grazie ai quali la funzione delleassociazioni di famiglia venga pienamentericonosciuta, specialmente nel rapporto congli enti pubblici preposti alla tutela del mino-re”. Lasciamo Don Mauro Inzoli. Eravamo abi-tuati ad incontrarlo tra i ragazzi del LiceoLinguistico con il sorriso un pò scanzonato, ciha lasciato pensierosi per la serietà con cui hatrattato l’argomento. Ne ha tutti i motivi, i datiparlano chiaro: partiti nell’83 con 1 bambinoin affido oggi le famiglie dell’associazionehanno già accolto 220 bambini; la stima peril 2000 è di arrivare a 255 e per il 2001 a 290

Primapagina Venerdì 15.10.1999 (Estratto pag. 10)

Incontro organizzato a Milano per il 15°anno di costi-tuzione dell’Associazione ‘Fraternità’ Convesul tema “La famiglia, fondamento della sussi-diarietà” In occasione delle celebrazioni per il 15°anniversario della costituzione e dell’attivitadell’Associazione é stato organizzato un Convegno sultema “La famiglia, fondamento della sussidiarietà(contributo alla legge 184 sull’affido)”. Il Convegno siterra a Milano giovzedi 28ottobre presso la SalaLeonardo in via Ampere n.1 -ang.piazza Leonardo daVinci. Il Convegno che gode del parociniodellaRegione Lombardia si é posto l’obiettivo oltre che di

fare il punto della situazione degli affidi in Italia,di evi-denziare soprattutto le attivita svolte e progettare dalMinistero, dalle Regioni e dagli Enti Locali e di porrein risalto l’ apporto educativo e operativo che vienedato alle famiglie affidatarie e dalle loro associazioni.Durante l’incontro verrano lette le relazioni delMinistro per la Solidarietà Sociale on.Livia Turco, larelazione dell’osservatorio Nazionale di Firenze,di unestremo giurista, del presidente del Tribunale deiminori di Milano e quella del presidente dellaCompagnia delle opere.

Incontro organizzato a Milano per il 15° anno di costituzione dell’Associazione ‘Fraternità’

Convegno sul tema “La famiglia, fondamento della sussidiarietà”

Intervista a don Mauro Inzoli presidente dell’Associazione Fraternità

Un cuore grande quanto un bambinoQuesta sera incontro in Sala Alessandrini; il 28 Convegno a Milano per

i 15 anni dalla costituzione e per la revisione della legge sull’affido

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Il Nuovo Torrazzo Sabato 23.10.1999 (Estratto pag. 13)

L’Associazione Fraternità, fondata da don Mauro Inzoli-attuale parroco della SS. Trinità- insieme ad alcunefamiglie cremasche nel febbraio del 1984, s’apprestaa chiudere il quindicesimo anno d’attività. E per ricor-dare adeguatamente la ricorrenza, ha messo in pro-gramma per giovedì della prossima settimana, nellaSala Leonardo di Milano, un convegno su “Famiglia,fondamento della sussidiarietà: contributo alla revi-sione della legge 184 sull’affido”, al quale interverràanche il ministro degli Affari sociali Livia Turco, oltrealla presidente del tribunale per i minori del capo-luogo regionale, Livia Pomodoro e al presidente dellaCompagnia delle Opere prof. Giorgio Vittadini.“Come ebbe a dire mons. Tresoldi nel 10 anniversario-ricorda Don Mauro citando l’allora vescovo diCrema- non avrei scommesso un soldo bucato sulfuturo della Fraternità, ma devo riconoscere che lafede e l’amicizia di queste persone hanno realizzatoquesto piccolo miracolo”, anch’io mi trovo a rilevaree con grande gioia, dopo 15 anni di attività, che quelpiccolo nucleo di famiglie disposte all’accoglienza hagenerato nel tempo una grande compagnia e solidestrutture in grado di rispondere ai bisogni dei minoriin affido.”E sempre don Mauro fa osservare comél’Associazione sia nata quasi in concomitanza conl’approvazione della legge 184, appunto sull’affido -avvenuta nel 83- e dall’iniziale gruppetto di 3 fami-glie, insediatesi a Monte Cremasco nella “cascina”,trasformata in un Centro di accoglienza per minori, siè via via ingrandita sia per numero di adesioni daparte di molte altri nucleo familiari, del territorio cre-masco e della Regione Lombardia, che per struttureche man mano sono state realizzate.Oltre alla “Cascina “, che accoglie tre comunità allog-gio famigliari e altrettanti appartamenti per madrinubili, sempre a Monte è stata acquisita e ristruttura-ta “Villa Maddalena”, dove si è inserita una nuova

comunità alloggio e un centro di pronto intervento.Da circa un decennio, poi, anche a Crema, in con-venzione con gli Istituti di Ricovero, funzionano altredue comunità familiari presso il Centro minori“Frecavalli”, in via Pesadori.“In occasione del terremoto in Umbria -spiega anco-ra don Mauro- richiesti di un intervento per far fron-te all’inagibilità di un istituto per minori a Perugia, laFraternità di Crema ha aperto una comunità familiareanche nel capoluogo Umbro, inaugurata dal localevescovo monsignor Chiaretti il 19 marzo 1998 e cheattualmente accoglie 7 minori. La nostra pronta ade-sione all’impegnativa richiesta in un territorio lontanogeograficamente dal nostro ambito d’azione, è statomotivata dalla drammatica condizione in cui versava-no quelle popolazioni e da un desiderio di condivi-sione concreta e di un bisogno emergente”.La Fraternità, varcati ormai i confini cremaschi, sta orarealizzando un nuovo Centro di accoglienza, con ilsignificativo contributo della Cariplo e della RegioneLombardia, anche a Lodi, nella centralissima via XXSettembre. “All’interno del grande edificio che fudelle suore Canossiane - riferisce don Mauro- saran-no realizzati un centro di pronto intervento e duecomunità alloggio per minori, un centro di aggrega-zione giovanile e un asilo nido. Queste realtà intera-giranno con la struttura scolastica ospitata nell’altraparte del grande immobile, dove attualmente funzio-na una scuola elementare, una media e un centro diformazione professionale, ma che in prospettiva potràaccogliere anche una materna e un liceo. “Non c’è che dire: in 15 anni l’Associazione Fraternitàne ha fatta davvero di strada. E ha svolto un impor-tante servizio alla società e alle famiglie in difficoltà,accogliendo molti minori del nostro territorio e del-l’intera regione, oltre all’appendice umbra.

A.M.

Per celebrare la ricorrenza, giovedì prossimo è in programma un convegno a Milano,in sala Leonardo, su “Famiglia, fondamento della sussidiarietà”

Quindici anni di FraternitàL’Associazione ha sede legale a Monte Cremasco e il centro operativo a Crema

in via Bartolino Terni. Si prende cura di minori in affido a livello regionale

La Provincia Mercoledì 27.10.1999 (Estratto pag. 30)

Si terrà domani a Milano all’auditorium‘Leonardo’ di via Ampère ed è stato

organizzato dall’associazione cremasca

Monte Cremasco - Un convegno sulla famiglia, “fon-damento della sussidiarietà”, è stato organizzatodall’Associazione “Fraternità”, un organizzazione nonlucrativa di utilità sociale (Onlus) che ha la sede lega-le a Monte Cremasco e quella operativa in via Terni aCrema. Il convegno si propone di offrire un contribu-to alla revisione della legge 184 sull’affido. Esso è inprogramma domani a Milano, presso l’auditoriumLeonardo via Apère,1-angolo piazza Leonardo daVinci. L’iniziativa -spiega il presidente della “Fraternità”,don Mauro Inzoli- viene promossa nel quadro dellecelebrazioni del XV anniversario di costituzione a diattività dell’associazione che è nata per dare risposteconcrete ai problemi dei bambini senza genitori oche non possono contare su famiglie affidabili. Nellasocietà contemporanea è sempre più frequenteincontrare situazioni di disagio o disgregazioni fami-gliari che hanno influenze negative sui minori e crea-no autentici drammi umani e gravi problemi sociali. Inquesti anni è stato essenziale il contributo fornito damigliaia di famiglie, in collaborazione con i servizisociali attraverso l’accoglienza nella propria casa deiminori che vivono tale disagio. Il convegno si propone di fare il punto della situazio-ne degli affidi in Italia, ma anche altri obiettivi piùimportanti. Inanzitutto intende evidenziare le attivitàsvolte e progettate dal ministero, dalle regioni e daglienti locali. In secondo luogo l’incontro farà emergerel’apporto educativo e operativo che viene dato dallefamiglie affidatarie e dalle loro associazioni. Un altrofine che l’incontro si propone è quello di evidenziarealtre potenzialità delle associazioni tra le famiglie affi-datarie qualora fossero oggetto di riconoscimento daparte delle norme di legge.Patrocinato della Regione Lombardia, settore famigliae politiche sociali, il convegno si avvarrà della pre-senza del ministro per la solidarietà sociale, LiviaTurco, che terrà una relazione. Sono previsti quali rela-

tori: Milena Rosso, del Centro di documentazioni eanalisi sull’infanzia e sull’adolescenza, di Firenze; donMauro Inzoli, presidente dell’Associazione Famiglieper l’accoglienza; Livia Pomodoro, presidente delTribunale dei monori di Milano; Giorgio Vittadini, pre-sidente nazionale della Compagnia delle Opere.Al convegno, che si svolgerà dalle 9 alle 13. parteci-peranno autorità della Regione, della Provincia e delComune di Milano.Gianni Bianchessi

Sono 220 i ragazzi accolti loscorso anno dalle famiglie

l’Associazione “Fraternità”, che fa parte dellaCompagnia delle Opere no-profit, è stata costituita il24 febbraio1984 ed ha avuto il riconoscimento giuri-dico della Regione Lombardia il 28 Gennaio dell’an-no successivo. Il 6 settembre 1991 è stata iscritta alregistro regionale del volontariato. Riconosciuta comeOnlus, ovvero organizzazione non lucrativa di utilitàsociale, la Fraternità “si propone di rispondere, attra-verso l’accoglienza, il collocamento e l’affido, ai pro-blemi dell’abbandono e del disagio psico-sociale deiminori, dei giovani e delle madri nubili”. Essa ha avvia-to le procedure per ottenere il riconoscimento giuri-dico nazionale, al fine di poter operare su tutto il ter-ritorio della Repubblica Italiana, con interventi direttioppure in collaborazione con altri enti pubblici o pri-vati. L’attività di accoglienza è iniziata nel 1983 con unminore. L’anno seguente sono diventati due gli assi-stiti; nel 1985, tre. Nell’86 i ragazzi accolti nelle fami-glie sono diventati 7. Dall’anno successivo il numeroha preso a salire, in rapporto a quello delle famigliedisponibili e alla costruzione della sede di MonteCremasco: 24, 30, 34, 46, 56, 76, 98. Nel 1994 èstata varcata la soglia dei 100: sono stati 110 i minoriin affido; a seguire: 128, 142, 168, 195. Per l’ anno incorso si prevedono, a consultivo, 220 ragazzi accoltinelle famiglie della Fraternità. È un dato destinato acrescere sempre di più.

Monte Cremasco. Il seminario si propone di fare il punto della situazione in Italia

Affido, convegno di ‘Fraternità’Sarà presente il ministro per la solidarietà sociale Livia Turco.

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La Provincia Giovedì 28.10.1999 (Estratto pag. 30)

MONTE CREMASCO – Il ministro per la Solidarietàsociale, Livia Turco, sarà a Monte, oggi, per visitare ilCentro di accoglienza per minori. Accogliendo l’invi-to a partecipare al convegno su “La famiglia, fonda-mento della sussidiarietà. Contributo alla revisionedella legge 184 sull’affido”, in programma stamane aMilano, la rappresentante del governo ha aderitoanche a quello formulato dal presidente dell’associa-zione “Fraternità”, don Mauro Inzoli, di recarsi pressola sede del centro, a Monte. L’incontro è previsto alle14,30. L’on. Turco arriverà direttamente dalla sede delconvegno di Milano. La disponibilità del ministro averificare di persona come opera l’associazione equale impegno pongono le famiglie che accettano diaccogliere nelle loro case bambini e ragazzi che non

possono fare affidamento sulla propria famiglia natu-rale è un evento importante nella storia dell’associa-zione fondata (nel 1984) e presieduta da don Inzoli. Èla prima volta che un ministro della RepubblicaItaliana si impegna a visitare la comunità. L’on. Turcoha già avuto ripetute occasioni di incontrare donMauro Inzoli per gli incarichi ricoperti dal parrocodella Santissima Trinità all’interno della Compagniadella Opere e del Banco Alimentare. Al Meeting diRimini, il ministro Turco è stato invitato varie volte edon Inzoli ha sempre presieduto le “tavole rotonde”alle quali ha partecipato il rappresentante del gover-no italiano.

Gianni Bianchessi

Monte Cremasco. Visita al Centro accoglienza per minori

Arriva il ministro Turco

Avvenire Venerdì 29.10.1999 (Estratto pag. 11)

Milano. C’é un ragazzo in difficoltà, una famiglia cheha bisogno di aiuto. Un’altra famiglia si offre per dareuna mano finché la prima non abbia risolto i suoi pro-blemi. L’ Istituto dell’affido famigliare in fondo é tuttoqui. Ma questa “carità in forma semplice”,come ladefinità ieri a Milano il fondatore, 15 anni fa,dell’Associazione Fraternità, don Mauro Inzoli, viveoggi in una società “complessa” come la nostra. Ilsemplice aiuto tende a farsi associazione, e un’asso-ciazione per avere un qualche sostegno dalle istitu-zioni é obbligata a chiedere il riconoscimento giuridi-co. Però le istituzioni non si accontentano di aiutarechi aiuta, e poco alla volta tendono a farsi maestredelle famiglie. Come trovare allora la strada giusta chearmonizzi la semplicità del gesto dell’accoglienzafamigliare con i compiti che spettano all’Istituzione?A quindici anni dalla sua fondazione l’AssociazioneFraternità (dalle tre famiglie iniziali oggi ne compren-de 80 fra Crema, Monte Cremasco, Lodi e Perugia:accolti 216 fra minori e ragazze madri, 131 i “dimes-si”), ha voluto occuparsene ieri a Milano in un conve-gno: “La famiglia, fondamento della sussidiarietà-con-tributo alla revisione della legge 184”. Trasversali etutte autorevoli le presenze, dal ministro della solida-rietà sociale Livia Turco al presidente della RegioneLombardia Roberto Formigoni, insieme all’assessoreMaurizio Bernarcio, a i rappresentanti di Provincia eComune, al presidente della Compagnia delle OpereGiorgio Vittadini e alla dottoressa Lidia Pomodoro.Inzoli dice: “La risorsa fondamentale è la famigliacome esperienza di paternità e maternità vissuta, seno il minore accolto è un altro caso da risolvere.Rapporti con le istituzioni: siamo passati dalla diffi-denza alla stima e alla collaborazione, anche se restaproblematico quello con l’istituzione scolastica”.Prova a rispondergli Formigoni: “La legge che laLombardia si è appena data vuol dare una mano allafamiglia per tentare di risarcire un soggetto, cosìcome è definito dalla nostra costituzione, fin qui sot-tovalutato. Il no alle famiglie di fatto, previsto dalnostro ordinamento, non significa no ad altre situa-zioni: ragazzi padri e madri, separati, divorziati, singlecui è affidato un minore, ma anche il concepito rite-nuto già parte della famiglia, in modo di non ricorereall’aborto. Si tratta di esaltare la libertà di scelta dellafamiglia avendo come principio di riferimento la sus-sidiarietà. Per questo vogliamo costituire una consul-

ta di associazioni che sorvegli l’attuazione della legge”.Associazioni: parola esaustiva dell’esperienza dell’affi-do? Alida Vanoni De Carli, che pure ne presidenteuna, Famiglie per l’Accoglienza, non si accontenta:”Dopo 30 anni di esperienza di famiglie affidatariel’impressione è che siamo ancora visti come soggettiche vivono in un limbo. Si indicano esempi buoni,eroici, di affidi multipli, vere e proprie madri-coraggiodell’affido. Noi invece ne rivendichiamo la normalità,se non si vuole correre il rischio di diventare degli“specialisti” in accoglienza. Vediamo nascere gruppi disostegno obbligatori, catalogazioni di famiglie chediventano strumento di servizio publico, madri affida-tarie retribuite. Questo rischia di far perdere la sog-gettività della famiglia in nome di una logica di effi-cenza e competenza. Noi crediamo all’associazioni-smo fra famiglie come sostegno e affiancamento, pur-ché la responsabilità dell’affido resti alla famiglia”.Il ministro Turco parla dell’affido come di “un espe-rienza che va sustenuta e incentivata, nel nome di unrapporto adulti-bambini che va oltre una concezioneproprietaria per una genitorialità diffusa”. E le istitu-zioni? “Le Istituzioni devono creare le condizioni persostenere e uniformare le famiglie, secondo una poli-tica di de-istituzionalizzazione dell’affido. Utile al legi-slatore prendere in considerazione la vostra propostache l’affido faccia sempre più capo alle famiglie unitein associazioni”. Vittadini, presidente della Cdo, con-clude ponendo alcuni paletti: “La famiglia deve rima-nere l’unione di un uomo e una donna, coi loro figlianche se sappiamo che nel lungo periodo l’attaccosarà sempre più a questo fondamento. Il presidenteCiampi ammete che il riconoscimento dato dalnostro ordinamento alla famiglia non é stato ancorapienamente attuato: confidiamo che i ministri di altretradizioni attuino quel che i politici cattolici non sonoriusciti ad attuare”. Sull’associazionismo famigliare: unconto è un aggregazione di famiglie, un altro è unasorta di corpo intermedio che finisce per svincolarsidalle famiglie. L’educazione deve restare capacità diapertura totale ma fatta da uomini, senza che tutto siaprevisto da questo o quel burocrate o servizio socia-le. Impossibile chiederlo al meccanismo di una legge,ma un ministro che ha fatto di tutto per renderlameno meccanica possibile ci trova in sintonia”.

Massimo Bernarcini

Milano. Il ministro Turco: utile la proposta che gli interventi faccianosempre più capo a reti famigliari organizzate

Porte spalancate all’affido. In famigliaLe associazioni: non siamo specialisti in accoglienza, rivendichiamo mla normalità

La Provincia Venerdì 29.10.1999 (Estratto pag. 28)

MONTE – Livia Turco, ministro per la SolidarietàSociale, ha “snobbato” il Centro di accoglienza perminori rinunciando alla visita annunciata dal direttoreAngelo Gipponi. Impegni sopravvenuti all’ultimomomento l’hanno indotta a disdire quello assuntocon l’associazione “Fraternità” per un incontro aMonte, dopo il convegno di ieri mattina a Milano sultema “La famiglia, fondamento della sussidiarietà”. Peraccogliere la Turco i responsabili del centro si eranoattivati per anticipare l’operazione in programma per

la primavera prossima, di tinteggiatura dell’intero edi-ficio, ricavato da una cascina e opportunamente siste-mato e ampliato. Hanno mobilitato tante personeinutilmente. Il ministro ha mantenuto invece l’impe-gno con il convegno, svoltosi davanti a circa 400 per-sone, nell’auditorium Leonardo, che ha occupato l’in-tera mattinata con le relazioni dei rappresentantidelle varie associazioni che si interessano dell’infanziae delle famiglie per l’accoglienza. (g.b.)

“Impegni improvvisi”. Livia Turco rinuncia a visitare il centro per minori

Il ministro ‘snobba’ l’accoglienzaMonte Cremasco. L’incontro era previsto al ritorno da Milano

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La Repubblica Venerdì 29.10.1999 (Estratto pag. M 17)

“L’affido è una delle espressioni più altenella relazione fra adulti e bambini: fonda-mentale per la promozione di una genito-rialità diffusa da parte della società. È un’ac-coglianza in nome dell’amore. Le famigliedisponibili a questa esperienza vannosostenute e difese perchè grazie a loro ibambini di oggi potranno esercitare, nellapropria vita futura, libera autonomia”. È unaLivia Turco partecipe, quasi commossaquella che ieri mattina è arrivata da Romaper intervenire al convegno “La famiglia,fondamento della sussidiarietà”,organizzatoper dare un contributo alla revisione dellalegge 184 sull’affido, quello strumento pre-visto per trovare ai bambini temporanea-mente allontanati dai genitori una nuovacasa, un nuovo nucleo di affetti. Bambiniche grazie all’affido evitano soggiorni trop-po lunghi e dolorosi nei tradizionali istitutiper minori che in Italia oggi ospitano anco-ra 14.945 ragazzini: piccoli da zero a 6 anninel 14 per cento dei casi: per il 54 percento fra 7e 14 anni; e da15 a 18 anni per

il restante 32 per cento. Il ministro dellaSolidarietà sociale si è detta d’accordo conla proposta della Compagnia delle Operee dell’Associazione Fraternità affinche, fra lemodifiche alla legge, venga inserito ancheil riconoscimento del ruolo dell organizza-zioni delle famiglie affidatarie. Questo eralo scopo prima dell’incontro che si è svol-to in via Ampère. “Oggi l’ente pubblicoassegna i bambini alle famiglie affidatarie inmodo completamente burocratico -haspiegato Giorgio Vittadini presidente dellaCompagnia delle Opere-.C’èun funzionarioche interviene sentendosi una specie didemiurgo e che non fa niente per cono-scere la situazione concreta che ha davan-ti. Noi chiediamo che possa interveniredurante questo processo anche un’associa-zione realmente rappresentativa delle fami-glie che sono intenzionate a prendere inaffido i bambini bisognosi”.Il ministro Turco ha raccolto l’invito: “pren-dere in affido un minore è un compito altoe difficile, per superare l’isolamento in cui

sono spesso lasciate le famiglie affidatarienoi pensiamo che sia giusto sostenere l’as-sociazionismo e la cooperazione fra questicittadini”.Di tenore diverso l’inervento di LiviaPomodoro, presidente del Tribunale deiminorenni che è sembrata dubbiosa sul-l’efficacia generalizzata dell’affido: “Diconoche io sia contraria a questo strumento -haspiegato- io rispondo che l’affido ha avutoun ruolo importante soprattutto per quan-to riguarda lo svuotamento degli Istitutiminorili, ma oggi credo che sia necessariodare risposte diversificate e flessibili anuovi problemi sociali. Ci sono molti cheintendono l’affido come un ripiego, nonessendo riusciti ad ottenere un’addozione;altri che non capiscono che si tratta di unprovvedimento temporaneo. Inoltre, lefamiglie d’origine vengono abbandonate.Io credo che si debba insistere sull’assi-stenza domiciliare, sulle comunità e per-correre anche altre strade”.

Zita Dazzi

Il ministro della Solidarietà sociale protagonista al convegno sulla famiglia

Affido, oltre la burocraziaLivia Turco: “Giusto riconoscere le associazioni”

Il Giornale Mercoledì 3.11.1999

Bambini in affido, piccoli naufraghi da sal-vare. Allontanati dalle loro famiglie d’origi-ne, portati via da casa -sempre per il lorobene -con la prospettiva di non tornarcimai più, con un nuovo mondo da reinven-tare e un passato durissimo da dimentica-re. In Lombardia sono 2.392 - Il 49 percento dei minori fuori di casa- i bambiniattualmente in affido famigliare. Altri 2.485sono nelle strutture residenziali, 1.768 neicentri di pronto intervento e comunitàallogio, 717 negli istituti educativi-assisten-ziali. In tutto sono 7.362, su un totale di unmilione e mezzo , i bambini che inLombardia vivono fuori dalle famiglie d’ori-gine e che -con ogni probabilità-non rive-dranno più i loro veri genitori e verrannoavviati in un nuovo percorso educativo,affidati o dati in adozione. <Considerando che la Lombardia contaben nove milioni di abitanti non possiamoconsiderare questi dati sconcertanti, sop-prattutto pensando che se un sesto dellapopolazione totale è costituita da anziani èanche vero che un altro sesto è compostada ragazzini” rassicura con voce gentilel’assessore alla Famiglia e alle PoliticheSociali della Regione Maurizio Bernardo,36 anni. È stato Bernardo, durante, il con-vegno “Le associazioni di famiglie affidata-rie: riflessioni ed esperienze” organizzatodall’associazione “Fraternità” a proporre uniniziativa -presso operativa- per potenziareil nuovo piano socio assistenziale, cioè l’i-stituzione di un Servizio affidi famigliari inogni dipartimento Assi (Attività socio sani-

tarie integrate) all’interno delle AslLombarde. Oltre a questo vi sarà un incre-mento dei piani di formazione e di aggior-namento professionale permanente speci-fici. Nel 1998 infatti, la Regione ha asse-gnato oltre 19 miliardi di contributi econo-mici alle famiglie affidatarie. Vale a direcirca in 22 per cento della spesa totale cheè di quasi 88 miliardi per gli interventi sullerette nelle strutture residenziali per minori. I bambini in affido in Lombardia sono perlo più minori maltrattati da genitori conprecedenti penali o tossico dipendenti, figlidi ragazze madri, affidati ai servizzi socialidell’ autorità giudiziaria dopo la denunciadi un parente o di un vicino di casa accor-tosi del disagio.I piccoli vengono quindi inseriti dapprimain centri di aggregazione giovanile (EntiLocali e/o Oratori) dove vengono seguitida psicologi. Quindi vivono in vere e pro-prie strutture da dove vengono mandati ascuola alla mattina e poi sono seguiti daivolontari nel pomeriggio. L’obiettivo dellaRegione -e, nel caso specifico, del comunedi Milano- è individuare con precisione iltipo di intervento da mettere a punto perogni ragazzo, cioè il percorso personalizza-to che il minore deve seguire a secondadelle sue specifiche necessità. Nei casi più gravi di maltrattamento o diabuso. I bambini vengono allontanati dalcomune di residenza e alloggiati in comu-nità residenziali dove vengono avviati a unpercorso di addozione o a quello a quello-più facile- di affidamento. Sono oltre

2.500, infatti le famiglie lombarde che ognianno decidono di accogliere un bambinoin affidamento temporaneo, per sottrarlo asituazioni di grave disagio o di abbandonoe offrigli il calore di una nuova casa, lacompagnia di un fratello, il supporto di duegenitori pronti a seguirlo nella crescita egiusto ad accompagnarlo nella vita fino almomento di ricongiungimento con lafamiglia. Quando questo traguardo non èraggiungibile, poi, si passa all’adozione defi-nitiva. Nella provincia di Milano i bambinidati in affidamento sono circa 900.400 deiquali ospitati da parenti e i rimanentiaccolti da altre famiglie volontarie. “Per quel che riguarda i bambini che vivo-no fuori dalle famiglie d’origine la situazio-ne lombarda è tra le migliori d’Italia” -pre-cisa Livia Pomodoro, presidente delTribunale dei minori di Milano- anche senon mi sento di commentare il datonumerico perchè in casi come questobisogna conoscere le singole situazioni.Non saprei se la situazione dei minori nellanostra regione sia migliorata o peggioratanegli ultimi anni. Mi chiedo piuttosto quan-ta invisibilità di non aiuto all’infanzia c’è inLombardia. Non conosco la proposta del-l’assessore Bernardo e per questo nonvoglio discuterne. Bisognerebbe capire, neldettaglio, che cosa mette a disposizione eche tipo di servizi può fornire questoServizio Affidi. In Italia abbiamo fin troppi,inutili segretariati. Servono risposte compe-tenti”.

Paolo Fucilieri

Disagi in famiglia: oltre 7mila bambini allontanati da casaPer fronteggiare il problema la Regione spende 88 miliardi all’anno.

E l’assessore Bernardo propone un Servizio affidi in ogni Asl lombarda

L’Eco di Bergamo Venerdì 29.10.1999 (Estratto pag. 6)

Milano. Aggiornare la 184, la legge sull’affidofamigliare, a partire dai nuovi bisogni dei bam-bini e delle famiglie. Si sono trovati tutti d’ac-cordo ieri a Milano sulla necessità di revisio-ne di una norma che, approvata nel 1983, haaffermato il diritto prioritario del minore aessere costudito, mantenuto ed educato in uncontesto famigliare. L’impostazione di princi-pio non si discute, ma vanno ribaltate alcunegerarchie e presi in considerazione i nuoviprotagonisti interessati al fenomeno. Lo hariconosciuto, innanzitutto, il ministro per laSolidarietà sociale Livia Turco: “È uno stru-mento che va potenziato, sia sul piano eco-nomico e sociale, sia su quello formativo erelazionale. Con la legge sull’infanzia abbiamovoluto sostenere le politice famigliari chevanno in questa direzione, auspicando trami-te la forma dei servizi integrati la collaborazio-ne tra il pubblico e il privato sociale”. Sullastessa lunghezza d’onda Giorgio Vittadini, pre-sidente della Compagnia delle Opere, tra gliorganizzatori del convegno: “Si tratta anche inquesto caso di applicare il principio di sussi-diarietà: la famiglia affidataria, che si mette inazione totalmente e gratuitamente, non puòessere ridotta a una componente del serviziosociale, come afferma implicitamente la legge184 quando attribuisce all’ente locale, quindialla burocrazia, di decidere e rendere operati-vo l’atto d’affidamento”.Sedici anni di sperimentazione hanno dimo-strato che occore un monitoraggio costante

del fenomeno, che coinvolga innanzitutto idiretti interessati (le ultime ricerche parlano di14.995 bambini accolti in oltre 2mila struttu-re, ma dal Centro nazionale di documentazio-ne e analisi per l’infanzia e l’adolescenza giun-geranno per fine anno i risultati aggiornati del-l’ultima ricerca). Sul tavolo delle modifiche c’èanche il riconoscimento delle associazionifamigliari, intermediari preziosi tra famiglied’origine e affidatari, punti di riferimento per ibambini e cerniera indispensabile nel rappor-to con i servizi sociali e la pubblica ammini-strazione. L’esempio di “Fraternità”, l’Onluspresieduta da don Mauro Inzoli che ha potu-to intervenire su circa mille minori attraversol’accoglienza e le cure delle famiglie apparte-nenti all’associazione, testimonia concreta-mente l’opportunità di condivisione gratuitaproprie del gesto dell’affido e offre lo spuntodi trattare dal punto di vista legislativo gliaspetti emergenti dalla semi autonomia delleragazze madri ai casi di neonati abbandonatiin attesa di adozione. Proprio le difficoltà incontrate da chi si pren-de carico dei minori hanno portato allanascità di centri di questo tipo, che, pur aven-do sviluppato competenze in materia, tuttoranon hanno un ruolo legalmente riconosciuto.“Chiediamo, qualora la famiglia lo voglia difarsi supportare da un’associazione di famiglie,che possa entrare nel patto d’affido” ha spie-gato Alda Vanoni, presidente dell’Associazionefamiglie per l’accoglienza. Il valore della “geni-

torialità diffusa” da leggere come capacitàeducativa che solo la famiglia, in quantocomunità d’affetti, riesce a trasmettere nonpuò nascondere il fatto che le condizionisocioculturali per la diffusione di esperienzedi questo tipo debbano ancora essere create.“C’è una situazione di difficoltà su tale proble-matica -ha evidenziato Livia Pomodoro, presi-dente del Tribunale dei minori di Milano-. Mipare che la 184, così com’é, abbia contribuitoa svuotare gli istituti senza rispondere alledomande delle famiglie d’origine e degli affi-datari. Occorrono norme chiare e il più possi-bile flessibili, fermo restando che si deve lavo-rare perchè il bambino in affido possa torna-re prima o poi da dove è venuto”.La “novità assoluta” (riconosciuta dallo stessoministro Turco) dell’associazionismo famiglia-re, il delicato rapporto mai chiaro tra genitorinaturali e la nuova famiglia necessità di stru-menti giuridici meno particolareggiati e piùsnelli sono gli interrogativi aperti che il dise-gno di legge di inizitiva parlamentare indiscussione alle Camere dovrà per forza dicose considerare. Tra le questioni sociali piùurgenti, lo stesso don Mauro Inzoli a poi rilan-ciato su due fronti: come determinare l’affidooltre la maggiore età e quali progetti attuareper gli adolescenti, “fascia critica” tra i minoricoinvolti in esperienze di questo tipo.

Diego Motta

Per la prima volta a livello normativo, il governo offrirà riconoscimento a chi da sempre si batte per i bisogni dell’infanzia

Affido, più spazio alle associazioni familiariIl ministro Turco: bisogna rivedere la legge 184 a partire dai bisogni dei bambini

Il Nuovo Torrazzo Sabato 6.11.1999 (Estratto pag. 13)

Una presenza di autorevoli ospiti -dal ministro per la solidarietàsociale Livia Turco al presidente della regione Lombardia RobertoFormigoni (nella foto a fianco di don Mauro Inzoli, fondatore del-l’associazione per l’accoglienza dei minori con sede a MonteCremasco), dall’assessore regionale alle politiche sociali MaurizioBernardo ai rappresentanti delle istituzioni locali, dal presidentedella Compagnia delle Opere Giorgio Vittadini alla dottoressa LiviaPomodoro- ha reso particolarmente qualificato e significativo ilconvegno organizzato giovedì l’altro a Milano, per la celebrazionedel 15 di fondazione della “Fraternità”. La cui azione, ha sottoli-neato il parroco della SS. Trinità, si caratterizza come “carità informa semplice” esplicata all’interno di una “società complessa”quale la nostra.Tema dell’incontro: “La famiglia, fondamento della sussidiarietà.Contributo alla revisione della legge 184”.A conferma della rilevanza dell’opera svolta dall’associazione inquesti tre lustri d’impegno nell’affido familiare -oltre al numero di

famiglie coinvolte, passate dalle 3 iniziali alle attuali 80, e a quellodei minori accolti che superano i 200 nelle strutture di Monte,Crema, Perugia e Lodi- vi è il riconoscimento espresso dai respon-sabili delle istituzioni.Il presiedente Formigoni, ha scelto infatti proprio il convegno dellaFraternità per annunciare la nuova legge approvata dall’ assemblearegionale (illustrata nelle sue linee di fondo su queste stesse colon-ne la scorsa settimana) e che ha raccolto voto favorevole anche daicattolici schierati nel centrosinistra. Da parte sua il ministro LiviaTurco nella circostanza ha parlato dell’affido come di “un’ espe-rienza che va sostenuta e incentivata, nel nome di un rapportoadulti-bambini che va oltre una concezione proprietaria per unagenitarialità diffusa”. E ha soggiunto che le istituzioni “devono crea-re le condizioni per sostenere e informare le famiglie, secondo unapolitica di de-istituzionalizzazione dell’affido”, che ha convenuto,deve fare “sempre più capo alle famiglie, unite in associazioni”.

Sam

“Fraternità”: 15 anni d’impegno nell’affido in famiglia

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Primapagina Venerdì 5.11.1999 (Estratto pag. 5)

Una nuova realtà nel mondo della fami-glia sta prendendo piede: l’affido. Sel’Italia è sempre stata fin troppo rigorosain termini di adozione, con centomilapastoie che di fatto limitavano e impedi-vano la felicità derivante dalla crescita edall’educazione di un bimbo per tuttequelle coppie di coniugi che per varimotivi non potevano nemmeno speraredi avere un figlio, oggi le porte si spalan-cano con l’affido in famiglia.È il tema del convegno che si è tenutogiovedì l’altro a Milano, con il titolo: “Lafamiglia, fondamento della sussidiarietà -contributo alla revisione della legge184”. Tutte autorevoli le presenze: dalministro per la solidarietà sociale on.Livia Turco, al presidente della RegioneLombardia Roberto Formigoni, all’asses-sore regionale alle politiche familiari,Maurizio Bernardo, ai rappresentanti diprovincie e comuni, al presidente dellaCompagnia delle Opere GiorgioVittadini, alla dottoressa Livia Pomodoro.Immaginiamo un bimbo o un ragazzo indifficoltà, una famiglia che rischia di sfa-sciarsi per i problemi che l’assillano.Eccone un’altra che interviene in loroaiuto, che dà una mano finché i proble-mi non sono risolti. L’affido è in sostanzatutto qui: “Una carità in forma semplice”,come l’ha definita don Mauro Inzoli,fondatore e presidente dell’AssociazioneFraternità che, a tutt’oggi è riuscita afavorire l’accoglimento in famiglia di ben220 bambini.L’Associazione Fraternità Onlus è nata 15anni fa. Partita con 3 famiglie oggi necomprende 80, fra Monte Cremasco,Crema, Lodi e Perugia. Dei 220 bambiniche hanno avuto bisogno di calore eaffetto, ben 131 hanno provato la gioiadel ritorno nella propria famiglia: sono i“dismessi” che non sono finiti allo sban-do, ma che hanno trovato il giusto soste-gno, la spalla cui appoggiarsi neimomenti di crisi per uscire più rinfran-cati.Don Mauro Inzoli centra immediata-mente, nella sua relazione, il nocciolodella questione: “La famiglia è la risorsafondamentale, come esperienza dipaternità e maternità vissuta: altrimenti ilminore accolto è solo un altro problemada risolvere”. Riflettendo sui rapporti conEnti ed Istituzioni, Don Mauro Inzoli hasegnalato che dopo la diffidenza iniziale,oggi i rapporti sono improntati sulla

stima e la collaborazione. Nella sua rela-zione Don Mauro non perde occasioneper battere sul tamburo della parità sco-lastica (intesa come finanziamento allascuola privata, ndr), obiettivo prioritariodella lotta politica dell’intera Compagniadelle Opere. Lo ha confermato l’imme-diata replica di Roberto Formigoni: “LaRegione Lombardia sta per dotarsi diuna legge sulla parità scolastica. È invecerecentissima la legge che vuol dare unamano alla famiglia per tentare di risarci-re un soggetto, così come è definitodalla nostra costituzione, fin qui sottova-lutato.Il no alle famiglie di fatto, previsto dalnuovo ordinamento regionale, non signi-fica no ad altre situazioni: ragazzi padri eragazze madri, separati, divorziati, singlecui affidato un minore, ma anche il con-cepito ritenuto come già parte dellafamiglia, per non ricorrere all’aborto. Perquesto vogliamo costruire una consultadi associazioni che sorvegli l’attuazionedelle leggi”.Gli interventi si susseguono gli uni aglialtri. Alida Venoni De Carli, che presiedel’Associazione Fraternità perl’Accoglienza, alza il tiro: “Dopo 30 annidi famiglie che si occupano di acco-glienza, siamo ancora visti come sogget-ti che vivono nel limbo. Sembriamotante Madri-Coraggio, figure eroiche, loinvece rivendico alla normalità dell’affi-do. Non siamo e ne vogliamo essere glispecialisti. Oggi invece vediamo nasceremadri affidatarie retribuite ciò si portadietro una logica perversa, centrata sullapresunta efficienza e competenza. Noiinvece crediamo all’associazione trafamiglie come sostegno e affiancamen-to. E la responsabilità dell’affido deverestare alla famiglia”. Anche il ministro on. Livia Turco ritieneche l’affido sia un’ esperienza da soste-nere e incentivare: “Il rapporto adulto-bambino va oltre una concezione pro-prietaria. Le Istituzioni devono informarele famiglie della de-istituzionalizzazionedell’affido. Questo deve fare capo sem-pre più alle famiglie unite in associazio-ne”. Vittadini, presidente della Compagniadelle Opere vuole chiarezza sul concet-to di famiglia: “La famiglia deve rimanereil punto di unione di un uomo e di unadonna, coi loro figli. Va bene l’unione trafamiglie, ma l’ associazionismo famigliare

non deve essere una sorta di corpointermedio che finisca per svincolarsidalle famiglie”. È ancora la dott.ssa AlidaVanoni De Carli che centra i problemiche hanno dato luogo al convegno: larevisione della legge n.184 del 1983.Così l’intervento della Vanoni: “A partiredalla storica ANFAA sono nate nuovefamiglie affidatarie o comunque acco-glienti, il cui minimo comun denomina-tore può essere individuato nell’esserecostituite da famiglie affidatarie e nelmirare alsostegno delle stesse.Da qui la necessità di rimuovere un’in-congruenza della legge 184. La legge,com’é noto, nella distribuzione dellecompetenze tra Stato, Regioni, ed EntiLocali, attribuisce ad Enti Locali,-Regioni,Provincie, Comuni- la competenza inmateria di servizi sociali. Ma noi vorrem-mo che la riforma di legge nel procedi-mento d’affido riguardi la legislazionestatale. L’ affido non può ridursi ad unintervento sociale, anche se comportaqualcosa di analogo. L’affidamento inci-de infatti sui rapporti familiari sostanziali,e quindi sui diritti personalissimi delbambino, dei suoi genitori né più némeno dell’adozione. È necessaria perciòla qualificazione del ruolo della famigliaaffidataria e della natura del compitoche la si assegna. Chiedere un riconosci-mento delle associazioni di famiglie affi-datarie nell’ambito del procedimentod’affido è a nostro giudizio un’applica-zione del principio di sussidiarietà, inte-so in senso istituzionale verticale -nellascaletta sStato/ Regioni/ Province /Comuni- ma nella sua assenza di valoriz-zazione delle risorse effettivamente esi-stenti nella società per assolvimento dicompiti anche di rilevanza sociale”.

In sintesi Vanoni, come don MauroInzoli affermano che: “La famiglia cometale é soggetto educativo originario del-l’affido”. E chiedono che: “Sia previstaper legge la possibilità per la famigliache lo voglia di farsi supportare da un’as-sociazione di famiglie affidatarie, in que-sti termini: -su richiesta della famiglia,l’associazione possa entrare nel pattod’affido; i servizi forniti dell’associazionesiano riconosciuti e ci sia un contributoper quest’attività che funziona allabuona riuscita dell’affidamento”.

Rosa Massari Parati

Il Ministro Livia Turco: “È un’esperienza da sostenere e incentivare”

Con l’affido in famiglia la felicità come nell’adozioneFormigoni: “Affidamento anche ai single? Deciderà la consulta”