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arlo da uomo a uomo e nonmi nascondo: sono più ma-schilista che femminista. Ol-tre a ciò, sono sempre statadichiaratamente darwiniana,e con ciò intendo sollecitare

riflessioni sulla natura umana: ani-male. Dotato di maggiore intellettol’essere umano (forse), pur sempreun predatore il maschio. Ma, poichétutta la vicenda Harvey Weinstein(rinvio ai giornali in cerca di clickper comprendere la polemica scate-nata dall’attrice Asia Argento) ha sol-levato un polverone contro il sessomaschile, mi permetto di concentrarmisull’altro punto di vista non molto consi-derato, quello dell’uomo, a partire da untweet dell’attore Alec Baldwin in rispostaalla stessa Argento (dopo, si sono recipro-camente bloccati su Twitter, rendon noto imedia più educativi): «I casi sono due: sedipingi tutti gli uomini con lo stesso colo-re, o finisci il colore o finisci gli uomini».

Anzi, parto da un attimo prima, il mo-mento in cui io stessa dico: quanto piacealle donne essere oggetto di considerazio-ne? La definirei, coniando, una «conside-siderizzazione», invero. Da che mondo èmondo, la donna fino ad una certa età haun fare scocciato in reazione alle «mole-stie» subite da passanti che le sussurrano(o gridano) commenti eleganti o improprisulle sue bellezze; dopo quella certa età, icommenti tendono a diminuire (in pro-porzione seni e labbra tendono ad aumen-tare a suon di chirurgia, per ristabilire l’e-quilibrio dalla natura violato). Non mi so-no mai sentita infastidita da tali compli-menti, in qualunque modo mi fosseroespressi, tutt’altro: li ho sempre ritenuti -commenti e tentativi più sfrontati - sinto-mo di un’umanità che, fortunatamente,resta stabile nel suo divenire riproduttivo,istintivo. La considero non una questione«maschile», bensì educativa, scolastica,didattica, formativa, culturale. Avrei do-vuto, dovrei, denunciarli tutti?

Parrebbe di sì, ora che so che la model-la italo-filippina Ambra Battilana Gutier-rez (anche testimone antiberlusconiananel Ruby bis) ha guadagnato un milionedi dollari a seguito di un accordo firmatocon Weinstein, sebbene con esitazione ela motivazione che «con quei soldi avreipotuto aiutare mia madre e dare un futuroa mio fratello». Dichiarare questo le faonore? «Armiamoci e partite». Resto cie-ca senza capire perché, se tanto molestataed affranta, non abbia sporto denuncia,piuttosto abbia compensato l’amor pro-prio con una somma di denaro, quantifi-candosi. E cieca sono nei confronti diAsia Argento, che parla di maiali nono-stante il padre abbia firmato il film «Phe-nomena» (non dovrebbe impressionarsipiù di tanto) ma oggi si sveglia patroci-nante di una class action con un mandatotacito firmato da tutte le donne del mondoche «hanno subito molestie» senza di-

chiararle nella sede adibita. Quando è ac-caduto a me, un no secco, anche educato,ai «big», ha fermato il mio conto in bancaa un livello meritocratico. Avevo già lagaranzia di un bestseller, cui mi opposideclinando l’offerta sinallagmatica delmio proponente di turno. Il quale non mioffese, tutt’altro: mi spinse a dimostrarequanto valessi a prescindere da quantopiacessi, e sulla mia autostima ciò ha avu-to un effetto dirompente, quello di sentir-mi più bella, in quanto desiderata, maprincipalmente quello di scrivere megliooggettivamente. Migliorarmi per miglio-rare l’intero sistema. Fare.

Per me una ballerina usa la testa primadei piedi, un’attrice la capacità prima del-la recitazione. La verità è che le donnevogliono essere corteggiate, provocare,avere posizioni di prestigio «a costo di»sedurre. Per chiunque mastichi il Codicepenale, la locuzione «a costo di» è sinoni-mo di una declinazione dell’elementosoggettivo del reato: il dolo eventuale.Meglio detto: l’agente (in questo caso laseduttrice) non vorrebbe commettere l’a-zione, ma al fine di ottenere lo scopo pri-mario accetta anche le conseguenze even-tuali di una condotta (in questo caso, laseduzione). L’esempio da manuale è lacorsa in automobile su una strada traffica-ta: non c’è dolo diretto di uccidere ma èmolto probabile che, in certe circostanze,possa provocarsi un incidente. È esclusoqui il dolo volontario, in quanto l’agentenon «vuole» in cuor suo che esso accada,ma non si è nemmeno nell’ambito dellacolpa; tanto che il penalista parla di «col-pa cosciente» per indicare il caso sotto-stante in cui colui che agisce si rappresen-ta e prevede il risultato offensivo e, tutta-via, erroneamente ritiene con certezza chedetto risultato non si verificherà nono-stante la condotta. Siamo ad un passo dal-la responsabilità oggettiva che la nostraCostituzione nel suo art. 27 esclude, affer-mando senza giri di parole che la respon-sabilità penale è personale; e che il delittopreterintenzionale (oltre l’intenzione) farientrare dalla finestra del Codice penale.

Ritengo che, in molti degli improvvisicasi segnalati dalle «attricette» e dalle al-tre professioniste (alcune delle quali pre-senti ad Arcore o in altri luoghi simili), la

vittima possa assumere un ruolo atti-vo, e oscilli tra colpa cosciente e doloeventuale. Gli artt. 609bis e seguentidel nostro Codice penale proteggonola libertà sessuale e il diritto di espli-care liberamente le proprie inclina-zioni personali, impedendo altresìche il corpo possa essere senza con-senso utilizzato da altri ai fini di sod-disfacimento erotico. Le violenzevanno distinte dalle molestie dell’art.660, che richiedono una petulanza(ed escludono il reato continuato perdefinizione) od altro biasimevolemotivo negli atti di disturbo (spesso

integrati nel mobbing). È qui impossibilenon chiamare in causa la famosa «senten-za dei jeans», la quale però ha tutt’altro«sex-appeal». Infatti, in essa si parlava distupro decontestualizzato, disfunzionale.

Ciò di cui parla Asia Argento (con le di-chiarazioni sulle molestie subite dal pro-duttore 20 anni fa) è l’abuso di autorità,che la legge n. 66 del 15 febbraio 1996 in-serisce accanto alla violenza e alla minac-cia a scopo sessuale. Fossi il giudice,chiederei all’accusa di definire il concettodi autorità: è tale quella di colui che sce-glie chi parteciperà o meno alla produzio-ne di un film multimilionario? Non entronel merito del caso Weinstein, non eropresente quelle centinaia di volte che ilgrande seduttore ha violentato le sue in-consapevoli e sorprese vittime durante unprovino, un colloquio, una cena; né lo eronegli altri innumerevoli casi di star oggiaccusate dello stesso crimine (e non fac-cio a meno di tener presente il film «Rive-lazioni», in cui le molestie sono commes-se, in mobbing, da una donna ai danni diun suo dipendente di sesso maschile).

Distinguo tra stupri, molestie, violenzee abusi generici, da una parte, e sistemiche si sono sempre nutriti di tale consue-tudine, dall’altra. I primi sono coperti atutti gli effetti dalla fattispecie penale; isecondi entro certi limiti. E invito a spor-re denuncia, strumento funzionale al per-seguimento del criminale, non dei propriscopi, il quale va utilizzato in giudizio,non a mezzo stampa. In quest’ultimo ca-so, come dalla fattispecie di abuso sonostati tratti vantaggi dalla vittima, così si-milmente dall’impiego dei media: l’otte-nimento di una copertina, di un titolo, diuna presenza nel talk show, magari unaparte in un film. Sicuramente una coperti-na dal parrucchiere.

L’uomo è predatore, ma - se è l’ugua-glianza di genere che sosteniamo - la don-na non è preda. Usa le armi della seduzio-ne e, ove non lo faccia, non è vittima iner-me di un sistema patriarcale. Non più. Haposti di rilievo in politica, in azienda, nelcinema, ovunque voglia; sa tenere testa aun uomo. Quando, per forza fisica, non viriesca, è stupro. Quando, per forza intel-lettuale, non vi riesca, è stupida. O fintroppo intelligente. Ed ora basta chiac-chierare: tutte a lavorare. ■

d i R O M I N A C I U F FA

PL’ITALIA ALLO SPECCHIO

www.rominaciuffa.comL’ITALIA ALLO SPECCHIOSPECCHIO

ECONOMICO

CASO WEINSTEIN: DALLA CONSIDERAZIONE

DELLA DONNA ALLA«CONSIDESIDERIZZAZIONE»

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✦ Ernesto Auci ✦ Giorgio Benvenuto✦ Pier Luigi Bersani✦ Luca Borgomeo✦ Alberto Brandani✦ Luciano Caglioti✦ Umberto Cairo ✦ Gildo Campesato ✦ Sergio M. Carbone✦ Nazzareno Cardinali✦ Domenico Casalino✦ Elio Catania✦ Marcello Clarich✦ Claudio Claudiani✦ Giovanni Contena✦ Cesare Cursi✦ Massimo D’Alema ✦ Sergio D’Antoni✦ Cesare De Piccoli✦ Maurizio de Tilla✦ Antonio Di Pietro✦ Massimiliano Dona✦ Piero Fassino✦ Cosimo Maria Ferri ✦ Silvio Garattini ✦ Federico Geremei✦ Lucio Ghia ✦ Pier F. Guarguaglini✦ Pietro Larizza✦ Luigi Locatelli✦ Alessandro Luciano✦ Antonio Marini

✦ Antonio Martusciello✦ Giulio Mazzocchi✦ Luigi Mazzella ✦ Alberto Mazzuca ✦ Vittorio Mele✦ Andrea Monorchio✦ Mario Morcone✦ Nerio Nesi✦ Michele Nones✦ Giuseppe Novelli✦ Ubaldo Pacella✦ Giancarlo Pagliarini ✦ Claudio Petruccioli✦ Bruno Piattelli✦ Nicoletta Picchio✦ Fabio Picciolini✦ Serena Purarelli✦ Carlo Salvatori✦ Enrico Santoro✦ Angelo Sanza✦ Enzo Savarese✦ Luigi Scimìa✦ Fabrizio Svalduz✦ Luigi Tivelli✦ Tiziano Treu✦ Lanfranco Turci✦ Adolfo Urso✦ Domenico B.Valentini✦ Mario Valducci✦ Francesco Verderami✦ Gustavo Visentini✦ Vincenzo Vita

H A N N O S C R I T T O P E RS P E C C H I O E C O N O M I C O

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VICTOR CIUFFAFondatore

CASO WEINSTEIN: DALLA CONSIDERAZIONE DELLA DONNA ALLA «CONSIDESIDERIZZAZIONE»«L’Italia allo Specchio» di Romina Ciuffa

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ROBERTO RAZZINI (WARNER CHAPPELL): IL DIRITTO D’AUTORE NON È L’EQUITALIADELLA MUSICA, TUTTO IL CONTRARIOintervista all’AD di Warner Chappell, presidente della FEM e consigliere Siae«Sono solo canzonette», cantava Edoardo Bennatoricordando un jukebox. Ma non sono solo canzonette

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SEBASTIANO ZANOLLI: ECCO COME FARE, CON (MOTIV)AZIONE, LA GRANDE DIFFERENZAintervista al n. 1 del couching aziendale italianoSe si crede di motivare i singoli solo coi soldi si sbaglia. Si deve piantare un chiodo e dire: questo è. Io sono contento per il fatto che sono. Non c’è altro da spiegare

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#ANALFABETISTRADALI: COSA PENSA MARIO VALDUCCI, PADRE DEL CODICE DELLA STRADA

CBI: IL BOLLETTINO È PREISTORIAIl Servizio CBILL porta l’Italia nella nuova e improrogabile epoca della «payvolution»

«Analfabetismo stradale»: la locuzione è più affine a coloro che vivono la strada come se fosse una prateria, seguendo i segnali solo per evitare l’incidente ma, per il resto, viva la libertà (la propria)17

ROMINA CIUFFADirettore

responsabile

ANNA MARIA CIUFFAEditoreAmministratoreunico

GIOSETTA CIUFFADirettore Relazioni

esterne/istituzionali

FRANCESCO MORACE: LA CRESCITA NONPUO E NON DEVE RAPPRESENTARE UNPROBLEMA, MA DEVE ESSERE FELICEintervista al fondatore del Festival della CrescitaMettere insieme le diversità non nel senso della tolleranza ma come «impollinazione felice» del colibrì, così può crescere il sistema. E ogni tanto fermarsi

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MAURIZIO DANESE: VERONAFIERE,A VERONA IL BALCONE INDUSTRIALE DEL MADE IN ITALY intervista al presidente di Veronafiere spa22

MARCO DI PAOLA: FISE, LO SPORTEQUESTRE È SENZ’ALTRO UNADELLE RISORSE DA «CAVALCARE» intervista al presidente della Federazione25

FLAVIO TOSI: ECCO LA QUARTAGAMBA DEL CENTRODESTRA, OVVEROSIA QUELLA PRAGMATICA intervista all’ex sindaco di Verona e...

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CIUFFAEDITORE

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VIA

COL

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Mensile di economia,politica e attualità

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NOVEMBREDICEMBRE 2017

5SPECCHIOECONOMICO

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Tipografia: Futura GraficaVia Anicio Paolino 2100178 Roma

CIUFFA EDITORE

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PETER NICHOLS (THE TIMES): A ROMA SI VIVECOME UN ASTRONAUTA SULLA LUNAdi Victor Ciuffa dal Corriere della Sera di venerdì 3 febbraio 1978

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www.specchioeconomico.com

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RIMEDI INEFFICACI PER DEFLAZIONARE I RICORSI: VIOLATI I DIRITTI DI DIFESAdi Maurizio De Tilla, presidente dell’ANAI

FILMO, POSTO, CONDIVIDO: SENZA FOTO E VIDEO NON È VERA RIVOLUZIONE DIGITALEle «pillole digitali» di Fabrizio Padua

48HOMEPAL, LETTERALMENTE UN AMICO DI CASA: INFATTI, SEGUE L’UTENTE IMMOBILIARE FINO ALLA DEFINIZIONEintervista al fondatore Andrea Lacalamita

42 FONDAZIONE ENASARCO: PREVIDENZA CONASILI NIDO, SOGGIORNI ESTIVI E CURE TERMALI

BOLLETTE OGNI 28 GIORNI: UNA VICENDA DA PAESE DELLE BANANEdi Massimiliano Dona, presidente dell’UNC

FURIO HONSELL: DA UDINE ALLA REGIONE, I DIRITTI CIVILI NEL PATRIMONIO FRIULANOintervista al sindaco di UdineHa fatto sposare due donne senza legge ad hoc, èsalito su un tetto con i protestanti della Gros Market,è stato in prima linea nel caso Englaro, ha aiutato l’immigrazione... Ora è pronto al salto alla Regione

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IL LIFESTYLE DI ALCANTARAARRIVA FINO ALLA COREAAlcantara® da oggi anche in Corea in via ufficiale: nell’evento «Realize potential with Alcantara» a Seoul è stato presentato il marchio made in Italy, che coniuga tradizione ed innovazione

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WELFARE: CONVERTIRE I PREMI AZIENDALI IN BENESSEREdell’on. Tiziano Treu, presidente del Cnel

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ROMA, CANTIERE METRO FINO AL 2023 DENTRO LA BASILICA PALEOCRISTIANA SUL CELIOdi Romano Bartoloni, segretario del Sindacato cronisti romani

IDILIO CIUFFARELLA (DELTA ENERGY SYSTEMS): IL FENOMENO DELL’ENERGIAintervista all’AD di Delta Energy Systems

56NUOVA FRONTIERA: L’ACCOUNTABILITY DELLAPREVISIONE LEGISLATIVA. LEGGETE UN MANUALEdell’avvocato Lucio Ghia

I NUOVI AVVOLTOI SONO I MEDIA: DAL POZZO DI ALFREDINO ALL’OMICIDIO SCAZZI, LA DIRETTA DELLA MORTE È UTILE ALL’AUDIENCE

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il primo: con le monetine ed un click. Sitratta di contenitori virtuali, piattaformeattraverso cui ascoltare musica, scaricar-la, caricarla, ed anche renderla libera.Ma quanto costa questa libertà?

La storia insegna: in nessun caso la li-bertà è stata gratuita. Essa costa tanto achi è libero quanto a chi lo ha reso libero.Così nell’industria musicale: poter cari-care una propria opera sulla rete e ren-derla pubblica non consente, intrinseca-mente, di ottenere una remunerazione sicet simpliciter, tutt’altro, comporta dei co-sti. Dipingere un quadro non solo non èproduttivo di ricavi, ma presuppone dellespese. Ed il quadro, esposto in una galle-ria come YouTube, se non viene acqui-stato può essere solo ammirato. O copia-

to. Così è per la musica: la creatività nonè produttiva senza un piano, senza unforte. Condicio sine qua non, qui, è la tu-tela del creativo, di colui per cui «nei so-gni di bambino la chitarra era una spada,e chi non ci credeva era un pirata». Pira-teria, per l’appunto, e diritto d’autore.

Se l’artista puro non potrà «mai diven-tare direttore generale delle Poste o delleFerrovie», tali abilità sono messe dall’in-dustria, in questo caso da Roberto Razzi-ni, che guida la Warner Chappell Musicitaliana, anche presidente della FEM, Fe-derazione Editori Musicali, che supportae incoraggia talenti e professionalità, emembro del Consiglio di sorveglianzadella Siae. Warner Chappell Music, lasocietà globale di edizioni musicali di

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i ricordo che anni fa, di sfug-gita dentro a un bar, ho senti-to un jukebox che suonava»,cantava Edoardo Bennato. La

canzone era «Sono solo canzonette».Non sono solo canzonette: è la creatività,il valore, l’arte dell’essere umano.Un’intera filiera produttiva che parte daun incipit creativo insostituibile, la quin-tessenza della nostra umanità, diretta-mente dal cervello musicale, primo mo-tore immobile dell’industria: l’anima.Come per Bennato, il jukebox è ricordo,quando non substrato culturale, di cia-scuno di noi, ed è stato in grado - oltreche di animare - di ispirare e definire in-tere epoche. Il jukebox moderno è digita-le ma, mutatis mutandis, funziona come

a cura diROMINA

CIUFFA

Roberto Razzini, AD di Warner Chappell,presidente della FEM e consigliere Siae

«Sono solo canzonette»,cantava Edoardo Bennatoricordando un jukebox. Non sono solo canzonette: è la creatività, il valore, l’artedell’essere umano, primo motore immobile del mercatomusicale. Il jukebox modernoè digitale, ma funziona comeil primo: con le monetine edun click. Il decreto 35 haliberalizzato la gestione deldiritto d’autore: ma quantocosta questa libertà? Siaeversus Soundreef: se è oro quello che luccica, a chi val’oro? E l’editore, chi è?

ROBERTO RAZZINI (WARNER CHAPPELL): IL DIRITTO D’AUTORE NON È L’EQUITALIADELLA MUSICA, TUTTO IL CONTRARIO

ROBERTO RAZZINI (WARNER CHAPPELL): IL DIRITTO D’AUTORE NON È L’EQUITALIADELLA MUSICA, TUTTO IL CONTRARIO

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Warner Music Group, presente con ufficiin più di 40 Paesi, offre attività di ricercae formazione di autori e compositori perla creazione di nuove composizioni mu-sicali, servizi di gestione e tutela di re-pertori musicali esistenti, collaborazionicon artisti, gruppi musicali e produttoriper nuovi progetti, cooperazione con ca-se di produzioni cinematografiche e tele-visive, rapporti con agenzie di pubblicitàe comunicazione aziendale. Sono oltreun milione i titoli di repertorio, con arti-sti e gruppi musicali di tutte le naziona-lità e composizioni che abbracciano epo-che e generi tra i più diversi.

Domanda. Ma cosa fa l’editore mu-sicale?

Risposta. L’editore fa oggi quello chefaceva il mecenate nel 700: all’autoresconosciuto mette a disposizione le ri-sorse perché possa mantenersi, in attesache arrivino i successi attesi. Ma è comeocculto: il pubblico percepisce l’esisten-za di una generica comunità di professio-nisti che si occupano di musica, o appar-tenenti alle case discografiche, mentre larealtà è che le professionalità sono diver-se. Tra di esse è presente l’editore musi-cale, figura che ha una storicità moltoprofonda, forse costituisce la prima for-ma di professionista a servizio della mu-sica sin dai tempi del mecenatismo. Ècolui che sta accanto all’autore di un bra-no, poi interpretato, in una fase successi-va, da se stesso, quando si parla di can-tautori, o da interpreti puri, ossia i can-tanti. L’editore ha un ruolo importante inquanto, assieme all’autore, è a monte diquesto sistema produttivo, e ha lo scopoprimario di trovare nuove professiona-lità, come incipit di tutto il sistema arti-stico. È una figura complementare al di-scografico: l’editore musicale sta all’au-tore come il discografico sta all’artista.Si tende comunemente ad accreditare lacomposizione di un’opera al solo inter-prete. Un esempio: «Azzurro» è stataportata al grande successo da AdrianoCelentano ma gli autori dell’opera sonoPaolo Conte, Vito Pallavicini e MicheleVirano. Nell’immaginario collettivoperò quest’opera viene comunementeabbinata a Adriano Celentano, che ne è«solo» l’interprete. Anche rispetto ai ri-cavi ci sono enormi differenze tra il di-scografico e l’editore musicale. Una ter-za figura è quella dell’agenzia e manage-ment, attività che porta gli artisti in toure organizza concerti.

D. Con cosa si rapporta un editorenell’epoca del digitale?

R. Noi editori trattiamo diritti, nonsupporti o vendite di prodotti fisici ma li-cenze per l’utilizzo della nostra musica,e l’avvento delle nuove tecnologie haportato un proliferare ed un aprirsi a ven-taglio di opportunità. La musica è unprodotto molto versatile, esaurisce lapropria funzione di «entertainment» inpochi minuti; le tecnologie hanno fatto sìche questa funzione possa essere possi-

quella dell’autore, poi molto superiore,dagli anni 60 in poi. Prima non c’era que-sta necessità, e una canzone di successosi trovava in molteplici versioni: il pub-blico voleva la canzone, non l’artista. Ne-gli anni si è affinato il meccanismo indu-striale della discografia, e si è creato l’ar-tista.

D. In questa evoluzione, il paradossoè che se prima l’artista non era in pri-mo piano, ora invece è solo lui che fa ilcaso di successo. In altri termini, a chiha grande popolarità possono mettersiin bocca anche canzoni di basso livelloperché è lui a renderle famose e, perciò solo, produttive. Spesso ci sono ac-cordi tra questi artisti e gli autori, chevoi tutelate, in cui i primi patteggianouna percentuale maggiore sui dirittidei secondi, facendo leva sul fattoreeconomico e sul valore aggiunto dellarilevanza dell’artista.

R. Non è più così. Negli anni 60 gliautori avevano poca consapevolezza deimeccanismi e a volte vendevano i propribrani agli artisti famosi, che li firmavanointeramente. Attualmente, nel mercatoche io frequento e che tutela tanto autoriimportanti quanto gli autori emergenti,non c’è più l’interprete come erano Mi-na, Ornella Vanoni, o i grandi interpretidi quegli anni, e bisogna fare un gioco disquadra. Noi della Warner Chappellascoltiamo un brano inedito e lo immagi-niamo adatto a un determinato interprete,a cui lo proponiamo; se a questo piace,può decidere di modificare delle frasi eintervenire sull’originale, che subiscecosì una trasformazione con un apportocreativo nuovo, e questo passa per il ri-conoscimento di quote editoriali all’arti-sta che non sono mai prevaricanti sul-l’autore. Si parla di ventiquattresimi: 12vanno sempre agli autori e 12 agli edito-ri. Se l’artista non apporta modifiche, gli

bile mantenendo la qualità dell’ascoltoed hanno ampliato a dismisura le possi-bilità di fruizione. Ciò da una parte haaperto il mercato, dall’altra l’ha polve-rizzato: se prima si vendevano milioni dicopie di un disco di successo, oggi sihanno, accanto alla vendita del disco, iclick e le visualizzazioni su YouTube, ildownload su iTunes, gli ascolti su Spo-tify, in uno sviluppo orizzontale e nonpiù verticale, come in precedenza quan-do la vendita del disco centralizzava tut-te le economie della filiera.

D. Anni fa la vendita del disco arri-vava prima del concerto, ora innanzi-tutto si ascolta la musica online, si vaal concerto, e solo dopo, eventualmen-te, si compra un disco.

R. Oggi il disco è in certi casi solo unostrumento promozionale.

D. E un optional, quasi. R. Non per tutti gli artisti fortunata-

mente, ma per alcuni è solo uno strumen-to che permette al fan di avvicinare l’arti-sta, dando avvio a un processo promozio-nale che poi necessariamente passa daltour, ed è una testimonianza che permettedi lasciare un segno. Non è più un prodot-to primario attorno al quale gira tutto.Siamo tornati alle origini. Nella primametà del secolo scorso la musica venivavenduta attraverso gli spartiti musicali eveniva eseguita in concerto, con orche-stre ed ensemble, ma finiva lì; negli anni50 e 60 è quindi scoppiata la vendita delprodotto fonografico, ossia 78 giri, 45 gi-ri, quindi album. Noi siamo ora abituatialla centralità della casa discografica, delsupporto, dell’artista, ma nelle classifichedegli anni 40 e 50 non si trovava mai ilnome dell’interprete accanto al brano,perché all’epoca non contava. Contava ilgenere di canzone: se era un tango, unfoxtrot, un jazz ed altro. L’interprete si èconsolidato con una propria dignità pari a

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Diritto d’autore: in Italia lo si considera alla streguadi una «Equitalia della musica». In una festa di matrimo-nio si pagano il pasticciere, il fiorista, il fotografo, persi-no il prete: perché non si vuole pagare la musica? In di-scoteca si pagano l’entrata e i cocktail, ma in effetti siva per la musica. Se c’è un sottofondo musicale in qua-lunque luogo, anche dal dentista, è giusto che venga re-tribuito. Il diritto d’autore è sacro non solo perché re-tributivo per gli autori, ma perché dà risorse al sistemaaffinché possa mantenersi vivo e generare altri investi-menti sulla creatività e la valorizzazione dell’arte. Chiscrive musica deve poter fare solo quello anche per tu-telare la sua emozionalità che va di pari passo con lacapacità creativa: non si può comporre avendo guidatoun camion tutto il giorno come secondo lavoro

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autori originali si dividono i 12/24 spet-tanti; il manager dell’artista può però ri-chiedere all’editore una cointeressenzasulla quota editoriale ma questa non èprevaricazione bensì un negozio assolu-tamente plausibile dove l’interesse del-l’artista per il tramite della sua societàeditoriale va a coincidere con l’interessedella Warner Chappell, e ciò garantisceprofitti per tutta la filiera, evitando altresìche un brano resti nel cassetto del suo au-tore.

D. Il digitale ha portato alla ribaltanuovi addetti alla filiera, ossia quei ca-nali che consentono l’ascolto. In chemodo si ripartiscono i ricavi?

R. Il mercato attuale, molto florido alivello di potenzialità anche per la suaorizzontalità nel senso che ho specifica-to, purtroppo deve recuperare gran partedelle marginalità attraverso le tecnolo-gie, lo streaming audio e video e ildownloading, e questa è una battagliamolto importante che tutti gli aventi di-ritto, non solo gli editori musicali, stannocercando di condurre a buona sorte nonsolo in Italia. A livello internazionale siparla di «value gap» per indicare la man-canza di coincidenza tra quello che gliaventi diritto marginalizzano attraversol’immissione dei propri repertori sullenuove tecnologie e quello che invece i ti-tolari delle nuove tecnologie - Google,Spotify, iTunes e tutti gli altri - guadagna-no sui contenuti. Tale sperequazione è suitavoli internazionali del mercato ed è an-che stata oggetto di due studi gestiti dallaSiae per il tramite di Ernst&Young, ver-tenti sull’analisi dei valori primari delleforme di creatività in Italia, che hannoanche stigmatizzato il problema nascostodietro la definizione del «value gap». Po-tenzialmente il nostro è un mercato moltoprofittevole, ma molto complesso nellacontezza delle utilizzazioni e delle relati-ve corrispondenze economiche.

D. Le nuove opportunità della digi-talizzazione non vanno di pari passocon la qualità: nel pot-pourri proliferaun’offerta musicale che, a partire datalent e reality fino ad internet, rendeil digitale una democrazia spaventosache non seleziona. Come si può tutela-re, nella fotografia di oggi, la qualità?

R. Ciò è vero. Chiunque abbia un mi-nimo di preparazione informatica è ingrado di arrivare ad un prodotto finito:scrivere una canzone, arrangiarla, pub-blicarla su YouTube e farsi promozione.La stanza si è ampliata e se si ha qual-cosa da dire si deve aumentare la pro-pria voce, perché il vociare che c’è sot-to è talmente rumoroso e fastidiosoche difficilmente si riesce a farsi senti-re. Ma si entra in un meccanismo diver-so: la musica ha un aspetto culturale cheva di pari passo con quello sociale, dun-que rispecchia, nel bene e nel male, ciòche viviamo quotidianamente. I progettipubblicati negli anni 60-70-80 erano am-pi e variegati sebbene il mercato assor-

tante. Il cantautore è credibile perchécanta cose proprie, il suo problema è tro-vare un linguaggio originale che lo tirifuori dalla mischia; l’interprete non deveessere solo bravo ma avere la capacitàpeculiare di far proprie le parole e le sto-rie di altri.

D. Facciamo una giornata in cui im-pediamo a chiunque di trasmetteremusica e...

R. ...e avremo un picco in alto di suici-di.

D. E di omicidi. Il diritto d’autore(tanto sobillato) avrebbe così più sensoper la platea, perché paghi la musica?

R. Per sensibilizzare il pubblico il di-ritto d’autore è fondamentale e va identi-ficato per la sua natura primaria ed uni-ca: compensare, retribuire, marginaliz-zare il lavoro degli autori e degli editori.L’autore non viene remunerato da una«ospitata» tv od un concerto, ma esclusi-vamente dal diritto in questione. Quandouna composizione è diffusa da un me-gafono, dalle casse, da un microfono, oriprodotta col flauto dolce o la chitarraacustica, va commisurato il diritto ad unaremunerazione, che non è una tassa ben-sì il giusto ed equo compenso da ripartiretra i titolari dell’opera.

D. In Italia però la Siae è «sofferta».R. Su questo concetto purtroppo l’Ita-

lia ha sempre sofferto di un’evasione ri-levante, perché non si ha consapevolezzadi ciò che effettivamente il diritto d’auto-re rappresenta e lo si considera alla stre-gua di una «Equitalia della musica»; dacui l’opposizione alla Siae. In una festadi matrimonio si paga il pasticciere chefa la torta, il fiorista, il fotografo, persinoil prete: perché non si vuole pagare lamusica? In discoteca si pagano l’entratae i cocktail, ma in effetti ci si va per lamusica. Se c’è un sottofondo musicale inqualunque luogo, anche dal dentista, ègiusto che venga retribuito. L’offerta di«entertainment» ha una sua giustifica-zione; il diritto d’autore è sacro non soloperché retributivo per gli autori ma per-ché dà risorse al sistema affinché possamantenersi vivo e generare altri investi-menti sulla creatività e la valorizzazionedell’arte. Chi scrive musica deve poterfare solo quello, per vari motivi, non daultimo la tutela della sua emozionalitàche va di pari passo con la capacità crea-tiva: non si può comporre se si ha un se-condo lavoro che prende molte delleenergie e del tempo dell’artista. Se questinon ha alcun tipo di premialità ma com-porre gli comporta solo sforzi e sacrifi-cio mentre il prodotto è estorto da unmercato che non gli riconosce il dirittod’autore, è più sensato fare altro.

D. Liberalizzazione del mercato:Soundreef prende piede contro la Siaeed è appoggiata da artisti molto gran-di. Che succede?

R. Questo è un argomento importan-tissimo gravato da tantissima superficia-lità, demagogia e mancanza di attenzio-

bisse meno. Ma noi ci ricordiamo solo dialcuni di loro, perché quelli che nonesprimevano un livello qualitativo de-cente si sono persi per strada per lo scor-rere del tempo e delle memorie. Oggisuccede la stessa cosa: tutti hanno pub-blicazioni e visualizzazioni su YouTube,ma molti hanno una rilevanza assoluta-mente insignificante. Purtroppo la qua-lità di un progetto è una cosa, il suo suc-cesso è altra, e alla fine vince il secondosulla prima.

D. I talent hanno distrutto la qualitàe la serietà?

R. Personalmente sono favorevolissi-mo ai talent. Chi non ha avuto la loro be-nedizione, è comunque favorito dall’al-largamento del mercato che si presta aduna ricerca attiva di nuovi talenti. Ma ri-cordiamo che i talent hanno prodottomoltissimi interpreti, che hanno bisognodi canzoni e così si rivolgono agli autori,i quali ne sono altrettanto avvantaggiati.Chi ama l’orecchiabilità di un prodottopiù commerciale convive con chi prefe-risce un altro tipo di musica: questo si-gnifica avere un mercato vivo. Il talent èun acceleratore offerto dalla televisione,ed ha reso famosi alcuni mentre ha co-stituito una fionda per altri che sono sta-ti lanciati, ma poi sono precipitati. Dob-biamo avere piena coscienza del fattoche la sua ragione d’essere è subordina-ta a meccanismi televisivi, che propon-gono un certo tipo di prodotto. Non è ilpunto di arrivo, è solo l’inizio di unpercorso, poi bisogna comunque ave-re qualcosa da raccontare, altrimentiil talent è solo una «foto col cagnoli-no». La bellezza di una canzone non è lasua oggettività, bensì la sua credibilità,la sua interpretazione e il raggiungimen-to di un livello emozionale dato dal can-

La Siae ha unacapillarità sul territorioche è seconda solo ai Carabinieri, garantendo la sua piena capacità ad incassare a nome dei suoi associati ovunque. Se non si è radicalizzati nel territorio,non possono intercettarsitutti i proventi. Per avereun’organizzazione utile, bisogna avere massa critica ed essere l’unico interlocutore, come avviene negli altri Paesi

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ne. In tutti i mercati in cui il diritto d’au-tore è rispettato esiste un monopolio difatto, ciò vuol dire che non c’è una plura-lità di soggetti con mandato ad interme-diare; nonostante il mercato lo permettaciò non si è mai verificato. Infatti, la ge-stione del diritto d’autore deve esseremonopolista, anche se di fatto e non dilegge; nei Paesi europei tutti hanno inte-ressi a convergere su un unico punto diraccolta che dia forza agli autori e aglieditori. Il concetto solidaristico della so-cietà di collecting, non a scopo di lucroma di tutela, porta ad avere una capacitàche soddisfa i soggetti tuelati attraversola premialità del mercato, in un meccani-smo di equiparazione tra «piccoli» e«grandi» in cui è più remunerato chi èpiù apprezzato. I diritti d’autore di un’o-pera vengono corrisposti con parità ditrattamento per tutti gli associati, su untavolo da gioco in cui le regole sonouguali per tutti. Si è più ricchi perchépiù bravi, non perché si nasce con unpeso specifico diverso.

D. Il decreto legislativo n. 35 del 15marzo 2017, di attuazione della diret-tiva 2014/26/UE sulla gestione colletti-va dei diritti d’autore e dei diritti con-nessi e sulla concessione di licenzemultiterritoriali per i diritti su operemusicali per l’uso online nel mercatointerno, è entrato in vigore l’11 aprile2017. Cosa cambia?

R. Il decreto 35 fa emergere il proble-ma della tutela e apre il mercato ad altriorganismi di gestione collettiva, sempli-cemente normando la materia. Chiunquepuò esercitare attività di intermediazionesul diritto d’autore, purché l’ente sia sen-za scopo di lucro oppure sia gestito dagliassociati. La Siae rispetta questi criteri.Soundreef, per quanto a noi noto, è ascopo di lucro ed è detenuta da fondidi investimento, dunque è fuori mer-cato; inoltre, non rispetta tutti i detta-mi della direttiva Barnier, tra cui mec-canismi di trasparenza, efficacia e pa-rità di trattamento.

D. Quali sono i limiti di Soundreef?R. Soundreef fa contratti a cinque an-

ni, mentre la direttiva dà un limite massi-mo di un anno. Oltre a ciò, ha pagato unanticipo molto consistente a Fedez e Gi-gi D’Alessio per la gestione del loro di-ritto d’autore; la discriminante difficileda far passare nel rispetto della direttivaè questa. Gli altri che si associano aSoundreef non ricevono lo stesso tratta-mento, venendo meno la parità richiestatra famosi e non. Diversamente, la Siaenon dà un «premio di ingaggio» per as-sociarsi. O Soundreef si pone sul merca-to pagando a tutti il medesimo anticipo,oppure è fuori dai parametri. Poi, la ge-stione del diritto d’autore deve esserecentralizzata in un unico soggetto perchéciò è richiesto dalle regole del mercatonel concetto di «one-stop-shop» Questoprincipio va anche a vantaggio degli uti-lizzatori stessi, che con un’unica licenza

D. E quali sarebbero, allora, gli ar-gomenti a favore del mercato libero?

R. A mio giudizio e come abbiamo vi-sto, non ce ne sono né per gli aventi dirit-to né per gli utilizzatori. L’unico mercatorealmente libero è quello americano, do-ve non si incassa il diritto d’autore dalleradio, dai cinema, dalle tv, dai concerti,ma solo dai grandi eventi; in quel merca-to bisogna vendersi a un editore prima diaver dimostrato qualcosa a qualcuno efare già alti proventi con i grandi eventi.In Italia e negli altri Paesi si incassaovunque e sempre e ciò non è necessa-rio: si può cominciare a percepire pro-venti anche da emergenti. se avessimoquel tipo di mercato, troveremmo quelliche oggi definiamo bravi e/o grandi au-tori a suonare nelle metropolitane. Lamusica è cultura, non sono canzonette:abbiamo un patrimonio che ha radiciprofondissime e una capacità di espres-sione ben al di sopra della media interna-zionale, ma com’è tipico del nostro Pae-se ci perdiamo nell’applicazione delleregole. ■

possono ottenere l’utilizzo di tutti i branimusicali di cui necessitano. L’interme-diario più forte è quello che fa pagare dimeno, come in ogni settore del mercatoconcorrenziale; la liberalizzazione deldiritto d’autore comporterebbe un abbas-samento delle tariffe. Ciò andrebbe a pe-nalizzare gli aventi diritto, perché ciòche verrebbe incassato da diverse societàdi percezione sarebbe inferiore, per ef-fetto della liberalizzazione del mercato edella concorrenza. Quindi il mercato li-bero non favorirebbe gli autori e gli edi-tori ma li penalizzerebbe nei loro interes-si economici.

D. Invece la Siae?R. La Siae ha una particolarità uni-

ca: la capillarità sul territorio che è se-conda solo ai Carabinieri, e ciò garanti-sce la sua piena capacità ad incassare anome dei suoi associati ovunque. Se nonsi è radicalizzati nel territorio, quei pro-venti non è possibile intercettarli. Peravere un’organizzazione efficace, biso-gna avere massa critica ed essere l’unicointerlocutore.

9SPECCHIOECONOMICO

TS EVENTIM, gruppo interna-zionale operante nel settoredella vendita online dei bigliet-ti e nella produzione e promo-zione di eventi musicali e di in-trattenimento, acquisisce il

60 per cento delle azioni di Friendsand Partners spa, nuova societàoperante nel settore della musica edegli spettacoli dal vivo in Italia. Ilsuo amministratore delegato Ferdi-nando Salzano ha iniziato l’attività nel2001 come F&P Group e ha sviluppa-to la crescita, negli ultimi anni, in col-laborazione con Warner Music. Leprincipali attività di F&P Group diven-teranno parte di Friends & Partnersdal 1° ottobre 2018.

Klaus-Peter Schulenberg, ceo diCTS EVENTIM, che possiede già Ver-tigo e TicketOne, commenta: «Moltiartisti da tempo affrontano un pub-

blico internazionale e pianificano leesibizioni live anche al di fuori dall’I-talia. Il nostro obiettivo è di offrirel’opportunità di estendere i loro tourin tutta Europa».

Frithjof Pils, ceo di Medusa MusicGroup (CTS EVENTIM), dichiara:«Friends and Partners completaperfettamente il nostro portafogliodell’intrattenimento live in Italia.Mentre Vertigo porta sui palchi ita-liani artisti nazionali e numerosi altridi rock internazionale, Friends andPartners rappresenta il Who’s Whodella scena musicale nazionale».

Ferdinando Salzano, che guiderà lanuova Friends and Partners dagli uffi-ci di Milano, ha dichiarato: «10 annitrascorsi con Warner Music sonostati un grande esempio di collabora-zione tra un produttore di spettacoloe una grande multinazionale». ■

C

cts eventim e friends and partners

insieme per i live in italia ed europa

Ferdinando Salzano, amministratore delegato di F&P Group

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SEBASTIANO ZANOLLI: ECCOCOME FARE, CON (MOTIV)AZIONE,LA GRANDE DIFFERENZA

sellor», che tanto va di moda oggi. Haprecorso i tempi ed ora ispira gli ispira-tori, motiva anche i motivatori.

Lo paragonerei al suggeritore che ènascosto nel «gobbo» del palco, duranteuno spettacolo in teatro. Colui che dicele battute giuste a chi le pronuncia din-nanzi alla platea. Zanolli è colui chespiega alle aziende - non alla personagiuridica ma alle persone fisiche che lacompongono - «perché» e non «come»raggiungere gli obiettivi. E nella crisiche il mondo sta vivendo, la depressioneeconomica affianca quella patologica atal punto da non distinguersi più quale,

tra le due, sia la causa e quale sia l’effet-to. Così l’azienda chiama Zanolli, che daBassano del Grappa arriva, intriso dienergia veneta, e spiega come sviluppareil sistema reticolare attivante, meccani-smo che scatta quando si decida a darsiun ordine attraverso la sua continua ripe-tizione nella nostra testa, in modo che ilsubconscio si programmi per realizzarlo,attivandosi ed accrescendo la sensibilitàe la consapevolezza verso le idee e lepersone.

Convinzione e connessioni, ecco lachiave, l’effetto leva della nostra motiva-zione. Zanolli lo sa.

10 SPECCHIOECONOMICO

a cura di ROMINA CIUFFA

o sono un manager, uno di quegliodiati o invidiati personaggi che pas-sano la vita tra meeting e target, tradown-sizing e market share, tra pre-

sentazioni in power point e key accountarrabbiati». Si presenta così, nel suo pri-mo libro del 2003 («La grande differen-za», Franco Angeli), Sebastiano Zanolli.Da allora sono cambiate molte cose. Einfatti già scriveva: «La capacità di pre-vedere è senza dubbio una caratteristicadei grandi realizzatori», e specificava:«Non sto parlando di indovini o di lettu-ra delle carte. Sto parlando dell’attitudi-ne ad agire nel presente, avendo in men-te il futuro». Citando Charles F. Kette-ring: «Tutti dovremmo preoccuparci delfuturo, perché là dobbiamo passare il re-sto della nostra vita», personalmentescriverei: «Tutti dovremmo preoccuparcidel futuro, perché là dobbiamo passare ilresto del nostro presente».

Questo ha fatto Zanolli: si è talmenteimpegnato a comprendere come da un’a-zione oggi derivino le azioni di domani,come dall’autodisciplina scaturiscano ri-sultati significativi, come dal benesseredi un solo individuo derivi il benesseredell’azienda che lo impiega prima, del-l’intera società dopo, che è divenuto uno«speaker motivazionale». Ante litteram:quando cominciò ad occuparsi di «moti-vare» (lui ci dirà, in questa intervista,che il suo obiettivo è «ispirare»), nonesisteva la figura del «coach» o «coun-

«I«I

SEBASTIANO ZANOLLI: ECCOCOME FARE, CON (MOTIV)AZIONE,LA GRANDE DIFFERENZA

Sebastiano Zanolli,manager, motivatoree speaker aziendale

«S i deve piantareun chiodo edire: questo è.

Chi è interessato alla mo-tivazione dice: io sonocontento per il fatto chesono. Non c’è niente daspiegare. Sono, e quindisono contento»

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Domanda. Manager, scrittore espeaker motivazionale. Qual è stato ilsuo percorso di vita?

Risposta. Dopo aver preso la laurea inEconomia e commercio ho cominciato alavorare da subito come venditore, aven-do per caso incontrato il titolare di un’a-zienda di tessuti che cercava un assisten-te che lo seguisse in giro per il mondo.Mi piaceva viaggiare, e dovevo impararea proporre merce, cosa che io, essendofiglio di un artigiano, non avevo impara-to. Avevo imparato però che funzione delbenessere nella vita è il lavoro, e più sivuole più si deve lavorare. Entrato nelmondo delle vendite, mi resi conto chenon era così, che il venditore non ha di-ritti, li ha il cliente, e a quel punto viene amancare la connessione logica tra lavoroe risultati che è invece presente nel lavo-ro di un operaio. Cominciai così a con-frontarmi con gli addetti ai lavori, ren-dendomi conto che la maggior parte diessi non sapeva darmi risposte, così deci-si di scriverle io: nel 2003 uscì «La gran-de differenza», che ebbi la fortuna dipubblicare con la Franco Angeli attraver-so un amico che mandò il mio mano-scritto alla redazione. Il libro ha comin-ciato a vendere, quindi vendere bene, edè ora un «long seller» da 24 ristampe. Nesono nati argomenti di approfondimento.

D. Dove nasce l’azione?R. C’è chi attende di far qualcosa che

dia significato e che renda significativala propria esistenza, ma non si mette inmoto. Si deve muovere se stessi e muo-vere gli altri in relazione a risultati eco-nomici. Non a tutti interessa la connes-sione tra le azioni ed il risultato che de-vono ottenere. Ho riflettutto sulle galas-sie degli obiettivi personali: la paura, lapresenza di altri che possono essere disupporto, la possibilità di essere a suavolta di aiuto, le reti di direzione, tutti te-mi relativi al «marchio personale», nonalla persona ma al personaggio. Avevonotato che, mentre nell’aspetto esisten-ziale si è persone ed è importante esseresignificativi per se stessi, nel gioco so-ciale di mercato e liberista vale il perso-naggio, la sovrastruttura che si crea at-torno alla propria persona. Mi sono ac-corto che ci sono personaggi che pos-sono portare a casa risultati senza es-sere persone, e persone che non essen-do personaggi non riescono a portarea casa risultati. Vincent Van Gogh e Pa-blo Picasso sono due esempi speculari:uno muore povero, l’altro riesce a sfon-dare in vita. Non voglio soffermarmitroppo sul tema della ricchezza, ma co-me manager l’aspetto del risultato eco-nomico resta importante: negare che ilbenessere materiale sia una cosa cui am-biamo, non fosse altro che per mantenerei genitori anziani, è impossibile. Hoscritto molti altri libri, ed hanno ampliatola mia superficie di contatto con il pub-blico non aziendale mentre continuavo afare il manager in azienda. I miei libri mi

no della persona che deve mangiarvi afarle apprezzare il contesto e sceglieretra un ristorante e l’altro. Una motivazio-ne sorta per il solo fatto di aver ascoltatouno «speech» è una motivazione di bre-ve durata, come camminare sui carboniardenti. Possiamo lasciarci ispirare, mala motivazione è più sofisticata.

D. La sua storia da «ispiratore» èiniziata in un momento in cui non eratroppo in uso del resto, e figure similinon esistevano. Ora può essere l’ispi-ratore degli ispiratori, mentre primanon aveva qualcuno cui ispirarsi e dacui, in seconda facie, essere motivato.

R. Vero. Questo è importante. Mi cita-no nelle tesi, mi cercano. Il fatto di esse-re partito in un momento in cui il merca-to non presentava tale offerta mi ha con-sentito di fare quello che faccio e di dedi-carmi ad entità plurime, creando relazio-ni costruttive: infatti, lavorando con lepersone sulla loro motivazione e in mo-do accorto ed onesto, è difficile che nonsi sviluppino buoni rapporti. Questo fat-tore apre un altro ventaglio di possibilità.Anche l’online si avvale delle raccoman-dazioni degli altri; il «feedback», che èfrutto di un’esperienza e di una relazio-ne, è sempre più importante. Credo mol-to nello strumento delle relazioni, e vatrattato con cura perché la linea che c’ètra il raccomandare chi è meritevole e lamalversazione è sottile, e la fa da padro-na la morale che ciascuno di noi sposa.

D. La democrazia di internet dà piùmanforte alla lealtà di queste relazio-ni, contrastando una forma di favoriti-smo verso amici attraverso il «feed-back»?

R. C’è assolutamente più trasparenza.D. In un momento di economia sta-

gnante e di «low profile», come «ispi-rerebbe» un’azienda depressa, in sen-so economico ed in senso psicologico,che deve trovare delle basi in un mon-do di altre aziende che si trovano nellamedesima condizione?

R. Per me non esiste l’azienda, mi ri-ferisco sempre alle persone all’internodella stessa. Quando mi chiamiamo afare interventi di tipo motivazionale,ossia che serva a cambiare stato allepersone, suggerisco di valutare l’obiet-tivo: crearne uno interessante fa nascerespontaneamente una motivazione. Ilproblema sorge quando l’azienda ha unobiettivo che il lavoratore non avvertecome proprio, o non capisce. La primadice al secondo come deve cambiare perspostarsi da un punto A ad un punto B;cambiare, per la base aziendale coincidecon un maggior carico di lavoro, unamaggiore flessibilità, velocità aumenta-ta, non sempre un aumento di stipendio.Il «motivatore» deve dimostrare comel’obiettivo che l’azienda si pone in undato momento costituisca una tappafondamentale per arrivare all’obiettivospecifico dei singoli individui. Ossia:perché il lavoratore sia soddisfatto, si

11SPECCHIOECONOMICO

hanno fatto promozione e le aziendehanno cominciato a chiamarmi per faredelle consulenze. Così è nato questo la-voro. Ed ho la fortuna di avere grandepassione per una materia per cui il mer-cato è disponibile a pagare.

D. Chi la cerca? R. Mi chiamano per la formazione in

aula o all’interno di kermesse. In que-st’ultimo caso, è richiesto un interventopiù mirato che è racchiuso in un tempobreve, teso a motivare istantaneamente.

D. In cosa consiste il suo lavoro damanager, e come si affianca alla stradaparallela dello «speech» aziendale?

R. Il mio lavoro consiste nel fare «em-ployer branding», quelle attività utili atenere lucido il marchio dell’azienda nontanto nei confronti dei consumatori, cuipensa il reparto del marketing, bensì neiconfronti degli attori che hanno a che fa-re con il marchio da fuori, quindi univer-sità, organizzazioni, enti politici, Comu-ni, ossia coloro che devono avere unabuona idea del marchio, inclusi i dipen-denti, i talenti e le persone che esconodalle università ed aspirano ad un luogodi lavoro come quello che l’azienda of-fre. Mi occupo dell’aspetto qualitativodell’organizzazione, non tanto per i con-sumatori quando dal punto di vista delbenessere dei lavoratori, coinvolgendo iltema dell’attrattività dell’azienda peruno studente che vuole crescere. Al di làdel fattore economico, lo studente che siaffaccia sul mercato si pone questa do-manda: qual’è l’azienda in cui si sta me-glio, che mi farà crescere di più, che miarricchirà? Tale lavoro si sposa molto be-ne con i temi del facilitatore, anche sespesso mi definiscono un «motivatore» oun «coach»; non che io mi ribelli a que-ste definizioni, sono solo più semplici.

D. È davvero possibile «motivare»con un discorso o con un libro?

R. Il motivatore presume di entrare inun posto ed uscirne dopo aver motivatole persone che lo hanno ascoltato. Nellamia esperienza non ho mai visto nes-suno motivare qualcun altro: ho vistoqualcuno «ispirare» qualcun altro. Lamotivazione è sempre frutto di ragiona-mento, di un sentimento interno. Si puòpreparare la tavola, sistemare il fiore, poiè il meccanismo che si sviluppa all’inter-

D a Bassano del Grap-pa, laurea in Econo-mia e commercio al-

la Ca’ Foscari di Venezia, èstato direttore marketingAdidas in Germania, è diret-tore commerciale Diesel inItalia, ed è dalla filosofia del-lo stesso Renzo Rosso cheha tradotto il proprio pen-siero approdando alle atti-vità di formazione, coa-ching, PNL e «motivatore»

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12 SPECCHIOECONOMICO

deve per forza passare per la soddisfa-zione aziendale. In questo modo e contale consapevolezza si crea motivazionenel singolo.

D. Nella maggior parte dei casi,però, l’obiettivo che motiva il lavora-tore si semplifica in un solo elemento:la retribuzione.

R. Questo, in un’economia stagnante,è molto limitante. Per qualche motivol’azienda potrebbe non avere la capacitàdi pagare di più, ma a conti fatti quelloche diciamo è una mezza verità: la gen-te non è motivata dallo stipendio. Omeglio, il congruo stipendio è senzadubbio un fattore igienico, ma dopo al-cuni mesi dall’aumento della remunera-zione, questo non fornisce già più la mo-tivazione che ne era alla base. Ciò nonvuol dire che non si debba pagare i di-pendenti, tutt’altro; ma se si pensa di po-ter motivare i singoli solamente con isoldi si sbaglia. Senza considerare che avolte l’azienda non può nemmeno farlo,e spesso deve addirittura tagliare inquanto carente di risorse adeguate. Il la-voro da fare in questo caso verte sempresul significato: domandare il senso diciò che il lavoratore sta facendo. In chemodo sarà differente? Come sarà mi-gliore una volta entrato nel percorso dicambiamento proposto dall’azienda?Questo passaggio, che non è affattosemplice, avviene attraverso un ragiona-mento che va fatto con i singoli, riflet-tendo sui loro obiettivi, mettendo poisullo stesso tavolo la direzione dell’a-zienda e la direzione individuale. Quan-do, attraverso ragionamenti che in partesono di pancia e in parte di testa, si rie-sce ad allineare i due cerchi azienda-in-dividuo e a creare un’intersezione sem-pre maggiore, è lì che scatta la motiva-zione: esattamente là dove il cerchiodella testa (fare qualcosa perché con-viene) e il cerchio della pancia (farequalcosa perché piace) sono il più so-vapposti possibile. Grazie a questa con-gruenza, il sacrificio non è più tale e vis-suto negativamente. Questo capita a po-chi, fortunati personaggi. Possiamosperare che una piccola intersezionetra i due cerchi ci sia. Il mio lavoro èquello di cercare di allargarla il più pos-sibile soprattutto dove emozione e pen-siero non coincidono: per uno stilista èpiù probabile che ciò che piace coincidacon ciò che conviene, per chi producebulloni tale congruenza non è tanto im-mediata, se tutta la giornata lavora sullapressa. Ci sono impieghi in cui tutto ciòche vale è: «Dammi i miei mille, prendile mie 8 ore», ma non sono quelli cheauspichiamo per i nostri figli, augurian-doci per loro un lavoro che riempia an-che il cuore oltre alla tasca e alla testa.Vengo di solito chiamato, in realtà, aparlare in ambiti nei quali le mansioninon sono così acri: per pulire degli ufficinon si chiede motivazione di solito.

D. Per chi zappa la terra, parados-

Se si pensa di poter motivare i singoli solamentecon i soldi si sbaglia. Senza considerare che a vol-te l’azienda non può nemmeno farlo, e spesso de-

ve tagliare in quanto carente di risorse adeguate. Il la-voro da fare verte sempre sul significato: domandare ilsenso di ciò che il lavoratore sta facendo. In che modosarà differente? Come sarà migliore una volta entratonel percorso di cambiamento proposto dall’azienda?

salmente, potrebbe esserci molto piùcuore. Più è grande la struttura, menoè motivante la mansione - mi viene inmente la rivoluzione industriale, an-cor di più il film di Charlie Chaplin«Tempi moderni».

R. La sfida che hanno strutture azien-dali è proprio quella di tenere motivate lepersone, e sono imprescindibili alcunimeccanismi fondamentali, primo tra tuttil’ascolto delle persone, che sempre dico-no cosa vorrebbero essere o vorrebberoavere. È evidente che una economicità èrichiesta e non dico che bisogna ascolta-re tutti, ma non dico nemmeno che nonbisogna ascoltare nessuno. Questo di-pende dalla volontà di chi ha in mano leleve organizzative: se è in grado di alli-neare gli interessi aziendali con quelli in-dividuali, l’azienda ha vinto.

D. Diverso è il caso delle strutturepubbliche?

R. Sì. Quando lo statale ha una totaleassenza di motivazione, come è noto, èperché è troppo grande la distanza tra ilsenso del lavoro ed il suo svolgimento:nessuno capisce più perché sta apponen-do un timbro su un foglio, e nessunochiede più nemmeno se sia stato fatto,con conseguente deresponsabilizzazionee demotivazione. Quando non c’è unperché, nessuna cosa è motivante, maquesto è un problema del sistema. Nelpubblico, essendo storicamente mancatii controlli necessari, tale problematica siè diffusa di più.

D. Com’è cambiato, negli anni, ilsenso di apartenenza ad un’azienda?

R. Il più grande cambiamento è statoquello provocato da internet, con l’ac-cesso alla conoscenza generale in qua-lunque momento. Ciò vuol dire ancheche qualunque cosa si conosca in un datomomento è irrilevante, motivo per cui igiovani non danno più peso alle compe-tenze del professore e, di riflesso, al pro-fessore stesso. Cosa resta? Bisogna in-vestire nella capacità di fare connes-sioni, che è ancora appannaggio degliumani e non delle macchine. Se si haun lavoro che non ha bisogno di connes-sioni, il livello minimo di salario è in ef-fetti determinato dalla disperazione deglioperatori; in un lavoro di tipo euristico-creativo, la capacità fondamentale èquella di inventare cose e connessioniper creare, attraverso una sintesi, qualco-sa di importante.

D. In realtà la motivazione servenon solo per fare il lavoro del «bullo-ne», ma anche per il creativo che, a

maggior ragione, ha bisogno di ispira-zione e non di meccanicità.

R. Dipende sempre dall’intelligenzacon cui si affronta la vita. Non è stranoche si sia demotivati se si adotta un ap-proccio statico, ossia si rinuncia alla cu-riosità.

D. Il punto è che la curiosità, a volte,è come la bellezza: o si è belli o si èbrutti. È nel Dna. Poi, e solo in seguito,diviene una questione soggettiva, percui ad alcuni sembra bello qualcosache per altri non lo è. Ma alla base sihanno categorie che possono applicar-si sin dalla genesi. La curiosità non faparte di queste?

R. È vero che la bellezza va comunqueaiutata e mantenuta, ed è così anche perla curiosità.

D. Ma in questo caso, quello dellacuriosità, c’è anche una sorta di «me-tapensiero»: bisognerebbe avere la cu-riosità di essere curiosi per divenirlo.

R. C’è un motivo fondamentale percui dovremmo comunque dare significa-to: il mondo funziona a partire dai nostribisogni base, che crediamo di aver col-mato, e in quanto già soddisfatti in viagenerale pensiamo di dover partire daquesto livello superiore senza far più ri-ferimento ai bisogni base. Tanti si sonodati da fare, ma se domattina il mondosmettesse di produrre energia elettrica,saremmo da capo.

D. Ossia, bisognerebbe far capireche se siamo demotivati tutti, ci fer-miamo tutti. E che non possiamo de-motivarci a turno, per far proseguire ilmondo.

R. Esattamente. Alla fine, il puntochiave è quello degli esistenzialisti:che senso ha la vita? Da un punto di vi-sta tecnico nessuno: si viene al mondo,poi si muore.

D. Il motivatore non è il primo esi-stenzialista, che si è dovuto motivare?

R. Lo è per forza di cose. Si devepiantare un chiodo e dire: questo è.Chi è interessato alla motivazione dice:io sono contento per il fatto che sono.Non c’è niente da spiegare. Sono, equindi sono contento. E da lì si parte adare un continuo significato in una storiache è la nostra e che noi stessi ci raccon-tiamo. Ma essa è vera? Non ha rilevanzache lo sia: gli avvenimenti di una storiasono oggettivi, il significato lo assumononel momento in cui vengono messi al-l’interno di una relazione da parte delnarratore. È proprio lì il lavoro: daresenso a qualcosa che senso non ha. ■

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14 SPECCHIOECONOMICO

F E S T I V A L D E L L A C R E S C I T A

FRANCESCO MORACE: LA CRESCITANON PUÒ E NON DEVE RAPPRESENTARE

UN PROBLEMA, MA DEVE ESSERE FELICE

estival della Crescita. La domanda sorge spontanea:stiamo crescendo? Personalmente sostengo che sicresce fin quando non ci si alzi di statura; daquel momento, poi, si decresce. Perché le funzionicominciano a venir meno. Ma aumentano le capa-cità. La vista lentissimamente cede, la memoria an-

che, ed altro; ma sappiamo utilizzare modelli più complessi divitalità e congetturazione, ergo, creazione. Le abilità si molti-plicano, il pensiero sì che cresce. Del Festival ideato da France-sco Morace - sociologo e saggista, da oltre 30 anni attivo nel-l’ambito della ricerca sociale e di mercato con la sociologa emoglie Linda Gobbi, con la quale ha fondato e presiede FutureConcept Lab - l’obiettivo è quello di creare un circolo virtuosotra i protagonisti della crescita e dello sviluppo, siano essi citta-dini o istituzioni, imprese o creativi, studenti o professionisti. Il«Manifesto della crescita», piattaforma progettuale delle tappee dei contenuti sviluppati nell’arco del 2017, ha orientato lamessa a fuoco di contesti e progetti di innovazione in varie cittàcon incontri, workshop e performance dedicate. Crescita è cam-biamento. E non metamorfosi, come spiega.

Domanda. Cos’è il Festival della Crescita?Risposta. Due anni fa Future Concept Lab, che da sempre la-

vora sul tema del cambiamento, ha deciso di lanciare una nuovavisione di crescita felice, agganciandola anche al successo diun piccolo caso editoriale, il mio libro «Crescita felice. Percor-si di futuro civile», che mette in discussione la decrescita felicepur condividendone alcuni passaggi, in particolare la non soste-nibilità del modello economico precedente. È la terapia ad esse-re sbagliata: il tema non è fare un passo indietro e decrescere,bisogna adottare nuovi paradigmi. L’Università Bocconi di Mi-lano tramite la casa editrice Egea ha supportato il festival, insie-

me ad altre aziende quali Herno, illycaffè, Intesa Sanpaolo, Co-nad, Subito, Coldiretti, realtà che hanno creduto nel progetto enon hanno chiesto nulla in cambio, in un concerto di managered imprenditori: l’unico modo di venir fuori dall’impasse èmettere a fattor comune la visione della società, dell’economiacivile e della crescita sostenibile.

D. Come è strutturato? R. È un festival non tematico che analizza la crescita in ma-

niera trasversale. A Milano è più ampio e si svolge in quattrogiornate: «Inventare la crescita» con artisti, musicisti, tecnolo-gi; «Educare alla crescita» con professori e pedagoghi; «Comu-nicare la crescita», chiamando in causa giornalismo, pubblicitàe marketing; infine «Coltivare la crescita», che coinvolge piùdirettamente la Coldiretti con l’agroalimentare e le imprese le-gate ai territori: giornata delle imprese e del made in Italy.

D. Cosa può fare l’Italia per riavviare un meccanismo vir-tuoso di crescita felice?

R. Non «scopiazzando» malamente il modello di altre realtà,ad esempio il mondo anglosassone o americano, ma estrarlo daquello che siamo, dal nostro «genius loci» e da quello che defi-nisco «italian factor», ossia la nostra capacità di incrociare ipensieri, cosa che altre culture non hanno, e di moltiplicarne ilvalore. Siamo genio e sregolatezza, quelli che non riescono amoltiplicare il valore che hanno in casa.

D. A Milano una lunga tappa. Nel resto del territorio?R. Milano è un punto di avvio, ma bisogna andare sui territori

e a tal fine abbiamo individuato degli ambasciatori della cre-scita nelle 17 città visitate. Ad oggi sono 250. Con loro abbiamocapito che l’Italia ha uno straordinario potenziale messo in cam-po. Basti vedere i luoghi meravigliosi che ci ospitano, in qualchemodo offerti dalla pubblica amministrazione in cambio di conte-

F

MANIFESTO DELLA CRESCITA di ROMINA CIUFFAMANIFESTO DELLA CRESCITA

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nuti e relatori, che sono i nostri ambascia-tori. Facciamo 10 tappe di più giorni inun anno con soli 300 mila euro: siamo or-mai un modello di business che intercettaesigenze e bisogni locali. Un sindaco diun città medio-grande non sarebbe in gra-do di raggiungere a basso costo l’eccel-lenza dei contenuti offerti dai nostri rela-tori, e non saprebbe come gestirli.

D. Cos’è «Future Concept Lab»?R. Nel 1989 mia moglie Linda ed io,

insieme ad altri due colleghi sociologi,abbiamo avviato l’istituto di ricerca conla grande fortuna di avere avuto nei seianni precedenti una fruttuosa esperienzacon la società di ricerca GPF&Associatidel sociologo Giampaolo Fabris; la parti-colarità della nostra «startup», come sidefinirebbe oggi quello che eravamo ieri,è stato l’intento di specializzarci nell’in-novazione, una visione all’epoca non fa-cilmente comprensibile tanto da rappor-tarci inizialmente solo con aziende stra-niere. Non marketing classico ma l’ideache l’innovazione è fatta da persone. Ab-biamo così ingaggiato gli studenti stra-nieri che avevamo avuto come allievi perfare «cool hunting», termine che oggicon la rete è stato banalizzato ma che nel1992 ci consentì di ricevere le tendenze,all’epoca tramite diapositive, dalle capi-tali del design: Tokio, Parigi, Londra,New York e Milano. Dopo poco le cittàson diventate 40 e i corrispondenti 50,alcuni dei quali ancora con noi.

D. Nel concreto, di cosa si occupa?R. Consulenza e formazione di azien-

de: sin dall’inizio abbiamo sintetizzato isegnali deboli del cambiamento fornen-do un pacchetto derivato da un «labora-torio dei concetti del futuro». Nelleaziende, la direzione «Innovazione» conla quale principalmente lavoravamo nonesiste più. Ora lavoriamo con il top ma-nagement e con molti imprenditori, so-prattutto italiani. Abbiamo ricevuto di-versi premi in Europa come primo istitu-to che ha lavorato sulle tendenze socio-culturali.

D. Per questo parlavate di «trendfoundation»?

R. Esattamente. Fondare il pensieronelle aziende è definire uno scenario conmegatendenze e paradigmi sulla base diciò che cambia, suggerire prodotti e pro-getti che siano in sintonia con i risultatidelle nostre ricerche. Per dieci anni, finoal 2012, abbiamo anche avuto un ufficioa San Paolo in concomitanza con ilboom brasiliano. Il festival è il naturaleproseguimento di questa attività.

D. Un nuovo mondo che oscilla tra«online» ed «onlife»: quali differenze?

R. Paternalisticamente diciamo: spe-gnere e accendere i cellulari. La «secondlife» è stata un’idea «disruptive», inno-vativa, ma oggi pericolosa perché, tor-nando nella «total life», ne vanno com-

15SPECCHIOECONOMICO

presi i confini. Sono le persone i protago-nisti del cambiamento. Lo motiva nel-l’ambito del Festival 2017 TheFabLab diMassimo Temporelli, che cura la roboticae le tecnologie, ma anche Maria Sebre-gondi, inventrice della Moleskine, la qua-le spiega come non solo la parola scrittanon scomparirà ma sarà invece una gran-de tendenza del futuro, per via del piace-re manuale e artigianale del fare. Le duecose non si contrappongono. Venti annifa si diceva che questa sarebbe stata lasocietà dell’immagine: nulla di piùsbagliato, nel senso che c’è l’immagine,c’è la parola che diventa immagine, c’èl’immagine che diventa parola. Siamonel centro di una metamorfosi, straordi-nario concetto elaborato da Ulrich Becknel libro postumo «La metamorfosi delmondo», in cui la distingue dal cambia-mento in quanto quella non può esseredecisa da noi, il cambiamento sì. Non sisceglie di diventare farfalla. Dobbiamoriprendere il controllo del cambiamentoanche osservando i nostri figli.

D. Cosa si osserva sui giovani? R. Per i ricercatori sociali che lavora-

no sui grandi cambiamenti i ragazzi sonogià farfalle ma non sanno dove volare enoi siamo bruchi che sperano di correrepiù forte, mentre i giovani stanno volan-do. C’è un gap antropologico ed è la tec-nologia a fare la differenza. In questa fa-se di metamorfosi torna ad essere impor-tante la diversità, e quando c’è diversitàc’è vita: l’omologazione è morte. Per-tanto anche alle aziende non forniamopiù un taglio solo descrittivo delle ten-denze di mercato e dei consumatori ma -con il passaggio ai «ConsumAutori» -proponiamo un capovolgimento per cuile aziende non devono più pensare alconsumatore bensì lavorare sui valori,divenire campi gravitazionali, essere at-trattori in modo trasversale rispetto alla

tradizionale modalità del marketing, laquale fornisce un prodotto a ogni tipo dimercato laddove la segmentazione impo-ne di arrivare all’unicum di ciascuno.Quando i grandi imprenditori come Oli-vetti hanno iniziato ad aprire le loroaziende non pensavano al consumatorema a trasferire i propri valori attraversoun rapporto territoriale e familiare. Sepensiamo al cambio generazionale que-sto è stato anche un limite: venti anni fain termini di marketing non avremmoparlato di grandi valori ma di colore efoggia dei vestiti, mentre ora parliamodi sostenibilità, di condivisione, di uni-cità nell’universale.

D. Il genius loci come si colloca inquesto mutato contesto universale?

R. Nel manifesto della crescita abbia-mo aggregato dei temi su cui c’è unacondivisione quasi assoluta; uno di que-sti è l’incrocio delle sapienze locali. Ilgenius loci va trasferito nei linguaggi, econ le tecnologie odierne va amplificato;così si traduce e viene reso accessibile achi non lo comprende. Questo è il lavorodi traduzione che cerchiamo di fare nelleaziende, ed ora anche nella pubblica am-ministrazione: mettere insieme le di-versità non nel senso della tolleranzama come «impollinazione felice» delcolibrì, come recita il titolo di un mio li-bro: prima i colibrì erano solo gli artisti, iborderline, coloro che per definizionenon si sentivano appartenenti ad una cul-tura, volavano e impollinavano; oggi lo èanche il consumatore. C’è una grandegeneratività che però ha difficoltà a ria-dattarsi a una logica identitaria, perchél’identità non è che un sistema di relazio-ni che trova in modo progressivo unaGestalt mutevole. Posso testimoniareche oggi la differenza tornano a farla lepersone. Abbiamo lavorato per anni conle multinazionali, fino a un momento

UlrickBeck

Thomas Lauren Friedman

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completamente impermeabili a questi ra-gionamenti e attente a cercare il profittoin modo scalabile; ora consapevoli. Vin-cerà chi è in grado di comprenderel’impollinazione e non chi cerca di sca-lare i problemi moltiplicando in modostandardizzato il poco valore che ha.

D. Che significa «deponenza»? R. Lo mutuo da Mauro Magatti e dal

suo «Salto di paradigma»: deponenza è ilpunto di sfogo che evita l’arroganza delpotere, oggi disfunzionale. Un’aziendanon può controllare in modo verticaleneanche i propri processi; nel contemponecessita di «serendipity», fare di neces-sità virtù. Non è un rapporto diretto atti-vo o passivo, è la capacità di intercettareciò che avviene e portarlo sul territoriodi pertinenza; come nel calcio, squadreche non hanno un proprio gioco ma capi-scono quello altrui. Qui si tratta di avereun metodo. Il «ConsumAutore» non dice«voglio così e così deve essere», ma hain testa un progetto di vita che modificaman mano che gli arrivano gli stimoli, edi essi sceglie quelli che sono in sintoniacon il proprio sentire. Deponenza, in-somma, è quella delle arti marziali, cheusano la forza dell’altro indirizzando-la contro di lui, anche se più forte.

D. Poiché stiamo parlando di cresci-ta, e abbiamo bisogno di un attacca-mento sicuro di bowlbiana memoria,cos’è oggi che ci fa crescere? Qual è il«caregiver» della nostra società?

R. Ci fa crescere il sistema di relazioniche riusciamo a riconoscere intorno anoi, in Italia quasi sempre straordinario apartire dai luoghi che noi attraversiamo edalle persone che quotidianamente in-contriamo, anche il barista, un collega dilavoro, un passante in piazza. Da questosistema di relazioni dobbiamo essere ingrado nuovamente di attivare energieche siano progettuali, incontrando la di-versità. La vera creatività è avere deilimiti e da essi poi ripartire con visioninuove del futuro, rischiare sulla fron-tiera dell’inaspettato.

D. Se il «caregiver» è un sistema diriferimento, non possiamo rivolgercisempre a chi non conosciamo. O sì?

R. Il sistema di relazioni prevede il«caregiver», prevede anche il genitore,prevede molto anche il nonno in questomomento e ancor più gli zii, perché lozio si sceglie sulla base di chi ci corri-sponde di più ed anche per quel sano di-stacco dal punto di vista affettivo e dellafrequentazione quotidiana che consentedi individuare delle figure carismatichenel senso dei maestri. L’importante è ca-pire che tutto questo oggi diventa dina-mico. Il sistema di relazioni è la nostraidentità, la quale non è fatta di status, edha in questo momento la possibilità diessere elastica, ci lascia la responsabilitàdi scegliere. È anche vero che esistono

gli incontri felici e fortunati, che sononormalmente quelli che ci cambiano lavita, da un professore ad un allenatore.

D. Un conto è il sociale, un conto è il«social». Escluderemmo il «social» co-me «caregiver» o potrebbe essere an-che adesso, paradossalmente, una fi-gura di attaccamento 2.0?

R. Noi siamo convinti che il social,così come il mondo digitale, possa esserel’amplificatore di tutto, ma non certa-mente la «foundation», ossia il punto dipartenza, e devo dire che più sono giova-ni i ragazzi, più lo considerano in questitermini. Mentre il trentenne, cresciutoanche con queste nuove possibilità, haun rapporto che, sia pure non passivo, ècomunque di fascinazione, per i dodicen-ni che usano WhatsApp per mandarsi icompiti di scuola e studiare solo parzial-mente, questi strumenti sono di amplifi-cazione di relazioni che hanno già.

D. Purché non sfoci nel patologico.R. Il rischio c’è sempre, e purtroppo il

digitale amplifica anche le patologie.D. Parlando di patologie senza an-

dare nel clinico e delle nevrosi affettiveche si sviluppano con l’uso dei nuovimedia (ma non più tanto nuovi), comevede le relazioni che si generano pro-prio dal virtuale, la famosa «spuntablu» come nuova formula di stalking,in un mondo dove tutto è ossessivo? Cisi ossessiona e si ossessiona attraversoi social: ciò è risolvibile all’esterno oall’interno dello stesso sistema?

R. Ciò è vero, ma è assolutamente mi-noritario il fenomeno ossessivo. Per il 95per cento osserviamo ancora una volta lacapacità di dare al social quello che è delsocial, nel senso di rafforzare legami as-solutamente reali che già si hanno. Nonc’è più una «second life». Cadono inquesta dimensione i deboli, con diffi-coltà di relazione, coloro che erano soliquando non c’erano i social e che moltospesso ne divengono oggetto. Lì credoche la risposta debba essere clinica, e chesi debbano distinguere le patologie vio-lente, che vanno curate, da tutto il restoche invece ha possibilità di essere ricon-dotto alla dimensione del reale, meglioancora dell’onlife. La realtà è ormai tut-to, è il modo in cui usiamo i social, èquanto di più fisico possa esistere e rac-

contabile anche online. I margini sono agrande rischio perché queste tecnologieradicalizzano il bene e il male e amplifi-cano anche l’aggressività ma non dob-biamo cadere nell’errore di pensare chequesto sia il mondo «social».

D. Non solo aggressività: c’è anchela passività nel guardare l’online, unostato depressivo, quando non ossessi-vo, che non va nel clinico ma si dirigeverso il clinico. Diciamo che se ci fosseuna strada, il cartello sarebbe verdecome quello autostradale, ed indiche-rebbe la direzione «clinico».

R. Vent’anni fa i ragazzini avevanocrisi epilettiche perché giocavano troppoai videogiochi. Il problema è che oggi siè talmente estesa questa possibilità che isoggetti più deboli cadono molto più fre-quentemente. Però tutto il resto si sta svi-luppando in una direzione anche moltointeressante perché dà ai ragazzi stru-menti che prima non avevano per esserepiù creativi ed anche più in grado di ave-re un pensiero critico.

D. È la cosiddetta «experteen».R. Esattamente: il diciottenne, più

consapevole di noi ai nostri tempi, nonha più conflitto generazionale bensì unacapacità individuale di relazionarsi construmenti e conoscenze che prima nonavevamo.

D. La metamorfosi beckiana come siconiuga con l’identità?

R. Siamo in piena metamorfosi e nonci accorgiamo di diventare farfalla, per-ché mentre il cambiamento può essereprogrammato, o immaginato con l’ideo-logia e la fantasia, la metamorfosi è unacosa che esiste a prescindere da noi,quindi dobbiamo affinare degli strumentidi autoriflessione. Beck parla di catastro-fismo emancipativo: il cambiamento cli-matico, ormai evidente a tutti a partequalche presidente americano, esiste e cipuò portare, da essere umani, a cambiarenoi stessi e certi comportamenti perchéabbiamo paura. Questo parte da una me-tamorfosi che Beck dice essere in realtàil frutto di fenomeni collaterali, cose chenon abbiamo immaginato o progettatoma che ci troviamo a dover affrontareperché qualcosa è andato storto.

D. Purché non sia una metamorfosikafkiana: più che dal bruco alla far-falla dall’individuo allo scarafaggio.

R. Speriamo di no. Il rischio esiste madobbiamo dire che alla fine ce l’abbiamosempre fatta, e so che, soprattutto conl’aiuto dei giovani, riusciremo ancora afarcela prendendoci più tempo per riflet-tere su di noi. Il saggista Thomas L.Friedman, in «Grazie per essere arrivatotardi», parla della diversità tra noi e lamacchina così: quando si mette in pau-sa una macchina la macchina si ferma;quando si mette in pausa il cervello, ilcervello comincia a riflettere. ■

16 SPECCHIOECONOMICO Mettere insieme le

diversità non nelsenso della tolle-

ranza ma come «impollina-zione felice» del colibrì, ec-co come può crescere il si-stema secondo FrancescoMorace. E fermarsi: quan-do si mette in pausa unamacchina la macchina siferma; quando si mette inpausa il cervello, il cervellocomincia a riflettere

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#ANALFABETISTRADALI: COSAPENSA MARIO VALDUCCI, PADREDEL CODICE DELLA STRADA

#ANALFABETISTRADALI: COSAPENSA MARIO VALDUCCI, PADREDEL CODICE DELLA STRADA

soddisfazione delle personali esigen-ze. L’orizzonte più ampio, fino allepersone che dovevano interagire conchi perse il bus, era fuori dalle sue ca-pacità di comprensione. Sue e deitanti come lui: il fatto si ripeté piùvolte al giorno per tutta la durata deilavori, ogni volta generando un pic-colo frattale che coinvolgeva mi-gliaia, forse decine di migliaia di per-sone con tutte le conseguenze econo-miche che questo ha comportato.

Il comportamento dell’automobili-sta, il suo essere «fuori delle sue ca-pacità di comprensione» il vivere inuna società complessa, riconduce al-lo spin-off dei cosiddetti «analfabeti

funzionali», quella parte della popo-lazione che, per usare le parole diTullio De Mauro, massimo esperto dianalfabetismo funzionale, «non ha lecompetenze minime indispensabiliper orientarsi nelle informazioni enella vita di una società contempora-nea». Uno spin-off che, provocatoria-mente, si può provare a riassumerein «analfabeti stradali»: persone in-capaci «di usare in modo efficiente leabilità di lettura della segnaleticastradale», in particolare quella oriz-zontale.

Sia chiaro: non c’è alcuna relazionediretta tra analfabeta «funzionale» e«stradale». Inoltre, il termine «anal-

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a cura diGIORGIO

SEBASTIANO

era una volta un incrocio diperiferia; un incrocio pic-colo, per la viabilità locale.Un bel giorno causa lavori

fu necessario modificare la viabilitàper far girare i bus a quell’incrocio:una manovra difficile, possibile soloin assenza di auto parcheggiate. IlComune fece le cose per bene: segna-letica orizzontale, cartelli chiari (eanche minacciosi), vigili a spiegare lanovità. Per un po’ le cose funzionaro-no, poi quegli spazi diventarono pre-da fin troppo ambita per gli automo-bilisti che «mi fermo un minuto, vuoiche il bus arriva proprio ora?». Inve-ce il bus arrivava, inevitabilmentesuonava e - anche quando l’automo-bilista si precipitava a togliere il di-sturbo - quei tre, cinque minuti veni-vano persi. Fino al giorno in cui qual-cuno decise semplicemente di par-cheggiare e andarsene, per cui alconducente del bus non restò altroda fare che segnalare il disservizio easpettare.

Delle attese a volte anche di 30 mi-nuti e più, con i bus che si accodava-no fino a formare code interminabilimentre i mezzi privati erano obbliga-ti a commettere una gravissima in-frazione dovendo percorrere un lun-go tratto di strada contromano persuperare il serpentone dei bus. Nelfrattempo centinaia di passeggeri ve-devano la loro quotidianità sconvol-ta, tra ritardi sul lavoro e appunta-menti saltati, mentre altre centinaiaattendevano del tutto ignare alle fer-mate successive, imprecando control’azienda dei trasporti perché «i busnon passano mai, ma i soldi dell’ab-bonamento li vogliono sempre pun-tuali».

Non dell’azienda dei trasporti fu lacolpa del disservizio ma di un unicoautomobilista il cui orizzonte dellasocietà in cui vive era limitato alla

C’C’

«Analfabetismo stradale»: la locuzione è più affine a coloro chevivono la strada come se fosse una prateria, seguendo i segnali

solo per evitare l’incidente ma, per il resto, viva la libertà

Mario Valducci, presidente della IX Commissione Trasporti, Poste e Telecomunicazioni

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fabeta stradale» non vuole definirechiunque commetta una infrazionestradale; quelle le commettiamo piùo meno tutti, qualcuno anche piùvolte al giorno. La differenza è nelrapporto con l’infrazione: capita an-che ai più corretti - perché distratti operché di fretta, o quando non trova-no parcheggio dopo ripetuti tentativi- di commettere l’infrazione. Ma so-no perfettamente consapevoli dicommettere una infrazione e, se rag-giunti dalla sanzione, se ne fannouna ragione e pagano.

La locuzione è più affine a coloroche vivono la strada come se fosseuna prateria, seguendo i segnali soloper evitare l’incidente ma, per il re-sto, viva la libertà propria. Gli altrinon esistono e le esigenze privatevengono prima del Codice. Se lo siviene fatto loro notare, non capisco-no, non si sentono in colpa, avverto-no un sopruso. E qualcuno reagiscecon violenza, anche se solo verbale. Ilrisultato? Parcheggiano in doppiaanche dove non rimane più alcunospazio per la circolazione, anche se adieci metri c’è posto, o sulle striscedove non rimane più uno spiraglioper passare, o in curva oscurando gliattraversamenti pedonali, o alle fer-mate dei bus, o direttamente sui bi-nari dei tram. Ancora accelerano agliattraversamenti pedonali per evitaredi doversi fermare, percorrono lacorsia in senso opposto per saltare lecode a rischio della vita; cellulare inmano se in auto, dentro il casco sesullo scooter. Senza curarsi degli ef-fetti dannosi, vivono nella loro bollae tutto il resto non conta. Il vigile è ilnemico e le multe un esempio delComune «che fa bancomat».

Mario Valducci è il «padre» politi-co dell’attuale Codice della strada icui risultati si sono tradotti in un di-mezzamento in dieci anni dei mortisulle nostre strade. È con lui, oggiCommissario per l’Autorità Tra-sporti e già presidente della Com-missione Trasporti alla Camera deiDeputati nella scorsa legislatura,che Specchio Economico prova adintrodurre il tema degli «analfabetistradali».

D. Provocazioni a parte, si può de-finire «analfabeta stradale» chi vivela strada ignorando totalmente il co-dice o vivendo con un codice perso-nale?

R. Se intendiamo «analfabeta» co-me lo si intende dal punto di vista or-dinario, sicuramente tutti coloro cheguidano hanno alcune cognizionidelle regole da seguire per chi circolasulla strada. Poi, non c’è dubbio chela conoscenza di tutte le norme siadifficile, anche perché alcune varia-no da Comune a Comune. Ci sono

bluetooth. Che ne pensa?R. Il Codice della strada prevede

la sottrazione di cinque punti dallapatente di chi guida telefonandosenza avvalersi di appositi strumen-ti, ma la telefonata oggi è forse il mi-nore dei mali, perché lo smartphoneviene usato per mail, chat e tanto al-tro. Molti incidenti, soprattuttonelle aree urbane, sono dovuti al-l’uso di smartphone durante la gui-da. È necessaria una maggiore at-tenzione da parte delle forze di Poli-zia per sanzionare comportamentiche provocano incidenti anche gra-vi. Non aiuta - questo lo dobbiamodire visto che ormai è diventata unaconsuetudine - la rottamazione delle

però persone che si disinteressanoanche delle poche regole stradali checonoscono e vivono la strada comefosse casa propria, parcheggiandol’auto in mezzo alla strada e impe-dendo la circolazione a mezzi di ser-vizio pubblico o di soccorso, così co-me ai privati di uscire da un passocarrabile etc. Questo comportamen-to lo definirei più da «delinquentestradale» o da bullo, che da uno chenon conosce le regole della strada.

D. Nonostante l’inasprimento re-cente delle sanzioni, pare che gliitaliani alla guida non riescano a ri-nunciare all’uso dello smartphonesebbene la tecnologia oggi metta adisposizione auricolari e vivavoce

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Poche risorse, quindi aste al massimo ribasso con ilrisultato di segnaletiche sbiadite o manti stradalisgretolati, anche se fatti da poco, perché realizzati inmodi o con materiale scadente. O scavi che vengono ri-coperti non ricreando il manto stradale originario macon rattoppi che rendono difficile la circolazione

19SPECCHIOECONOMICO

cartelle esattoriali relative alle mul-te, perché si spinge a non pagare lesanzioni sperando in un forte scontoin futuro, nonostante, è giusto ricor-darlo, si possa pagare entro 5 giornidalla notifica della contravvenzionecon uno sconto del 30 per cento.

D. Altro problema, quello degliscooter. È vero che nel caos dellecittà consentono una mobilità altri-menti impossibile, ma è altrettantovero che molti si sono fatti un Co-dice della strada tutto loro anche ascapito della propria incolumità.

R. Gli incidenti più gravi spessoaccadono nelle grandi aree metro-politane tra mezzi a quattro ruote emezzi a due ruote. Chi usa il motori-no ritiene un proprio diritto «zigza-gare» tra le auto, irritandosi se le au-to in coda a un semaforo lascianopoco spazio per potersi «infilare».Tutta una serie di comportamentiassolutamente non consoni al codicedella strada. Ricordo che il Codicevuole che i motorini si incolonninocome fossero un’autovettura. Moltiincidenti accadono perché il motori-no nel suo «zigzagare» inevitabil-mente incontra un automobilistache deve girare o cambiare corsia.Incidenti le cui conseguenze per chiè sulle due ruote spesso comportanolesioni alla persona.

D. Alcune infrazioni sono pale-semente autolesioniste, una su tut-te il «contromano» sulla corsia ri-servata al senso di marcia oppostoper saltare le lunghe file.

R. Ciò avviene perché si dà lapriorità alla fretta, una cosa fuoridalla realtà. Sono questi comporta-menti irrazionali a determinareazioni dove chi ci rimette è sicura-mente il motociclista. La soluzioneè quella di creare corsie preferen-ziali per motorini e biciclette; quispetta alle amministrazioni localistudiare minuziosamente la realtàstradale del proprio territorio perindividuare selettivamente dovecreare questi percorsi agevolati.

D. Quanto influiscono le carenzedelle amministrazioni sulla segna-letica, quella verticale con il graveproblema dei cartelli obsoleti manon rimossi, e quella orizzontalespesso semplicemente illeggibile?

R. Qui rientriamo nel grande temadella carenza di risorse finanziarieche, in teoria, ci dovrebbero essereperché il 50 per cento dei proventidelle multe dovrebbe essere dedi-cato alla manutenzione delle stra-de. C’è la presenza di una cartelloni-stica esorbitante e spesso in contrad-dizione, cartelli stradali la cui ri-mozione costa e che vengono la-sciati creando stratificazioni di se-gnaletica spesso in contraddizione.Poche risorse, quindi aste al massi-

D. Quanto può influire insegnareai bambini fin dalle elementari ilCodice della strada per avere gui-datori migliori domani e «vigili»per i genitori oggi?

R. Questo sarebbe un passo im-portante. Ci sono state iniziative perle scuole medie superiori, qualcosaanche alle elementari, ma personal-mente ritengo più corretto insegna-re stabilmente l’educazione strada-le fin da bambini, perché fin da pic-coli noi frequentiamo le strade an-che se solo come pedoni e va dettoche, mentre si è ridotto il numerodei morti sulle quattro ruote, nelcorso degli ultimi anni è aumentatoquello dei pedoni e di chi circola inbicicletta. Iniziamo a girare per lestrade con i nostri genitori fin dapiccoli. Un’altra grande inciviltà nelnostro Paese è quella di attraversarefuori dalle strisce pedonali, anchecon i nostri figli, solo per risparmia-re una ventina di metri. L’educazio-ne civica stradale deve essere anchedi chi non guida un mezzo, rispet-tando quegli articoli del Codice del-la strada che riguardano i non pa-tentati. I pedoni debbono attraver-sare sulle strisce, gli automobilisti sidebbono fermare quando un pedo-ne impegna le strisce, i vigili debbo-no sanzionare chi non rispetta que-ste semplici ma fondamentali regoledel Codice della strada. Tre compor-tamenti virtuosi di chi guida, di chicammina e di chi controlla il rispettodel Codice consentiranno alla nostrasocietà di ridurre il numero di mor-ti, feriti ed incidenti sulle nostrestrade. Questa la mia speranza, que-sto il mio augurio. ■

mo ribasso con il risultato di segna-letiche sbiadite o manti stradalisgretolati, anche se fatti da poco,perché realizzati in modi o con ma-teriale scadente. O scavi che vengo-no ricoperti non ricreando il mantostradale originario ma con rattoppiche rendono difficile la circolazione.

D. Un’amministrazione che nonscrive bene la segnaletica stradalepuò pretendere che il cittadino larispetti?

R. Non dobbiamo mai dare l’aleaper consentire al cittadino di non ri-spettare le regole, ma non c’è dub-bio che le amministrazioni locali do-vrebbero fare del loro meglio perdare al cittadino indicazioni chiare einappellabili in caso di infrazione.Anche perché questo induce a farericorso sperando che il giudice dipace possa dare ragione ai condu-centi.

D. Tutto questo, peraltro, è incontraddizione con un grandeesempio di civiltà stradale. La cam-pagna di informazione a seguitodel nuovo Codice della strada fuben recepita dai cittadini che modi-ficarono profondamente alcunicomportamenti, riducendo signifi-cativamente il numero dei morti.

R. All’epoca furono realizzati deimessaggi semplici ma molto effica-ci: «Chi beve non guida», con san-zioni importanti che hanno drastica-mente ridotto la guida in stato di eb-brezza. La pressione mediatica suitemi della sicurezza stradale è fon-damentale e ha prodotto risultati:siamo partiti dai 20 morti al giornodel 2000, agli 8 di oggi, che comun-que sono ancora tantissimi.

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a digitalizzazione dei pa-gamenti rappresenta unodegli obiettivi primari nelprocesso di ammoderna-mento del nostro Paese.

Le imprese bancarie italiane, che la-vorano da tempo in questa direzione,stanno investendo fortemente nelladigitalizzazione e nell’offerta di stru-menti di pagamento innovativi.

Ciò grazie alle infrastrutture con-divise che l’industria bancaria stessaha creato per rispondere prontamen-te alle evoluzioni nel mercato dei pa-gamenti. La principale è sicuramen-te l’infrastruttura gestita dal Con-sorzio CBI, creato nel 2008 sotto l’e-gida dell’ABI come «think thank»di innovazione precompetitiva perle banche italiane nel mercato deiservizi transazionali e a cui aderisco-no circa 470 banche ed istituti di pa-gamento.

In questo contesto è nato il CBILL(www.cbill.it), servizio di visualiz-zazione e pagamento online in mo-dalità multicanale e multibanca diutenze domestiche, ticket sanitari,multe, tributi, tasse ed altro ancora.

Il Servizio, realizzato dal Consor-zio CBI e offerto in modalità compe-titiva dagli istituti finanziari consor-ziati, in tre anni dal lancio sta confer-mando l’apprezzamento da partedelle aziende che lo scelgono comecanale di incasso e da parte dei citta-dini, che sempre di più hanno neces-sità di strumenti di pagamento facilie sicuri, disponibili in mobilità.

In questo periodo oltre 150 aziendeprivate - tra cui si citano Enel, TIM,Wind, Gruppo Veritas, Gas Natural,Sorgenia e molte altre - hanno sceltoil Servizio CBILL per offrire ai propricliente una modalità digitale sempli-ce di pagamento di utenze gas, luce,acqua e altri servizi. A queste si ag-giungono le ormai oltre 9.200 pubbli-che amministrazioni (solo a titoloesemplificativo varie Regioni - Basili-cata, Liguria, Lombardia, Piemonte,Toscana e Veneto - Province e Comu-ni, INAIL, ASL, scuole di vario ordi-ne e grado, università e tanto altro)che attraverso l’adesione al nodo pa-goPA emetteranno avvisi su paga-mento per servizi e tributi - qualimulte, tasse, ticket sanitari, mensescolastiche ed altri servizi erogati dal-la P.A. stessa - ai cittadini, indicandoil CBILL tra le modalità di pagamen-to. E molte altre stanno aderendo.

Ad oggi se quindi un cittadino haun internet banking delle oltre 450banche che offrono il servizioCBILL, può visualizzare ed effet-tuare pagamenti verso tutte leaziende e le P.A. sopra citate, e puòfarlo anche attraverso la filiale,l’ATM, l’App della propria banca,

C O N S O R Z I O C B I

ca che un cittadino può già utilizzareil CBILL per pagare gli avvisi di pa-gamento della pubbliche ammini-strazioni che lo hanno scelto comeuno degli strumenti di pagamentodigitali. Ciò garantirà un maggioreefficientamento del colloquio impre-se bancarie-Pubblica Amministrazio-ne, nonché la disponibilità per i citta-dini di servizi di pagamento sempre

SPECCHIOECONOMICO

IL BOLLETTINO È PREISTORIA:IL SERVIZIO CBILL PORTA L’ITALIANELLA NUOVA E IMPROROGABILEEPOCA DELLA «PAYVOLUTION»

Il Servizio CBILL, strumento elettronico di pagamento,favorisce la riduzione nell’uso del contante e suppor-ta gli obiettivi più generali di riposizionamento dell’I-

talia nella media europea nell’utilizzo di strumenti alterna-tive al contante stesso. L’Italia è indietro rispetto al restod’Europa: nel 2015 ancora il 56 per cento delle transazio-ni degli italiani erano in cash. Il contante costa al Paese,ed il costo per la sua gestione è quantificato dalla Bancad’Italia in 8 miliardi di euro l’anno. A questi numeri si ag-giungono circa 1,2 miliardi di costi per i cittadini e 25 mi-liardi di evasione legata al cash. È ormai imprescindibile fa-re cultura del digitale e accompagnare e stimolare il per-corso di informazione sui pagamenti elettronici

L’ITALIA È IN RITARDO, IL CONSORZIO CBI NON LO È: ECCO PERCHÉ

LILIANA FRATINI PASSI DIRETTORE GENERALEDEL CONSORZIO CBI

L

se essa ha già attivato questi ulterio-ri canali di pagamento per il CBILL.A fine settembre 2017 erano già stateeffettuate con il CBILL circa 7 milionidi operazioni di pagamento, per uncontrovalore complessivo di oltre 2miliardi di euro.

Il Servizio CBILL è quindi anchel’attuazione del modello 3 di pagoPA(pagamento attivato da PSP). Signifi-

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più efficaci ed evoluti anche per gliavvisi di pagamento inviati dallastessa.

Per milioni di famiglie e impreseitaliane utilizzare il CBILL significarisparmiare tempo e denaro. Grazie aCBILL infatti, è possibile pagare ipropri bollettini ovunque e in mobi-lità, evitando inutili code. Ciò sup-porta anche l’accessibilità e la frui-bilità dei servizi bancari a fasce dipopolazione con ridotte possibilitàdi deambulazione o con limitate di-sponibilità di tempo o logistiche.Senza dimenticare che, in più, c’è lagaranzia che la propria banca espon-ga tutti i fatturatori aderenti al servi-zio e non solo quelli direttamentecontrattualizzati.

Il Servizio CBILL è fruibile perciòdall’utente mediante diverse tipolo-gie di canali: internet banking da PC,tablet, smartphone, mobile banking,sportello fisico e ATM. Il cittadinocon CBILL ha un unico «cruscotto»per consultare e pagare online i pro-pri debiti e gli avvisi di pagamentodella P.A., abbattendo il rischio didoppio pagamento, perché l’utenteche utilizza il servizio viene avver-tito preventivamente se quel contospesa è già stato pagato anche su al-tri canali.

Tra i vantaggi del servizio, vi èinoltre il calcolo automatico dell’im-porto dovuto anche dopo la scaden-za del bollettino, funzionale adesempio per chiudere la propria po-sizione debitoria relativa ad avvisi ecartelle di pagamento in caso di tri-buti, contributi e tasse non pagate.

Inoltre ciascun cittadino, grazie al-la nuova funzionalità «estratto con-to» del Servizio CBILL, potrà consul-tare tramite ATM ed internetbanking l’estratto conto dei propridebiti nei confronti dell’Agenziadelle Entrate-Riscossione (ex Equi-talia). Tale servizio è offerto ad oggisolo da alcune banche, ma prestosarà attivo per quelle che offrono ilCBILL. E proprio in tema di cartelleemesse dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione, CBILL è una delle mo-dalità per il pagamento delle rate perchi ha aderito alla procedura di «rot-tamazione».

Numerosi anche i vantaggi per ifatturatori, che con CBILL possonogarantire maggiore valore all’utentecon una nuova modalità di paga-mento semplice, veloce e sicura, mi-gliorando anche la tempestività e latrasparenza delle informazioni ero-gate ai cittadini. E ancora: semplifi-cazione dei processi di riconciliazio-ne contabile, riduzione degli errori,certezza dell’incasso (in quanto il pa-gamento non è revocabile), riduzio-ne dei tempi di riscossione e possibi-lità di raggiungimento di un mag-

gior numero di utenti online.Il Servizio CBILL, come strumento

elettronico di pagamento, favoriscealtresì la riduzione nell’uso del con-tante e, pertanto, supporta anche gliobiettivi più generali di riposiziona-mento dell’Italia nella media euro-pea nell’utilizzo di strumenti alterna-tivi al contante stesso.

Infatti l’Italia è indietro rispetto alresto d’Europa: basti pensare che nel2015 ancora il 56 per cento delle tran-sazioni degli italiani erano in cash. Ilcontante costa al Paese, ed il costoper la sua gestione è quantificato dal-la Banca d’Italia in 8 miliardi di eurol’anno: 133 euro pro capite contro gli11 euro delle carte di credito e i 18 diquelle di debito. A questi numeri siaggiungono, secondo i calcoli del Po-

litecnico di Milano e di Cartasì (cheora ha cambiato il proprio nome inNexi), circa 1,2 miliardi di costi per icittadini e 25 miliardi di evasione le-gata al cash.

Risulta, alla luce di tutto ciò, indi-spensabile fare cultura del digitale eaccompagnare e stimolare il percorsodi informazione sui pagamenti elet-tronici, ormai imprescindibile per l’I-talia. CBILL lo sta facendo con unaspecifica campagna di comunicazio-ne e con messaggi di sensibilizzazio-ne sull’utilizzo dei pagamenti digita-li, che abiliteranno l’efficienza e l’in-novazione dei processi, con notevolirisparmi di costo ed investimenti an-che pubblici, e che potranno costitui-re una delle basi per rilanciare il no-stro Paese nel panorama europeo. ■

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MAURIZIO DANESE: VERONAFIERE, DALBALCONE DI ROMEO E GIULIETTA ALBALCONE INDUSTRIALE DEL MADE IN ITALY

tri capi di bestiame e, in generale, nelsettore agricolo. Alla Fiera Cavalli si af-fiancò sin dal 1899 una mostra di auto-mobili, a dar lustro al primo inventoredel motore a scoppio, il veronese Ber-nardi.

Nel 1930 avvenne la trasformazionein ente autonomo, che dalla locationcentrale dovette spostarsi nel 1948, es-sendo presto divenuta insufficiente l’a-rea di originale competenza, ed occupa-re la zona industriale a sud della città,attuale complesso di Veronafiere, cosìpotendo ospitare gli eventi principaliitaliani, oltre alla storica Fieracavalli (dicui quest’anno si è tenuta la 119esimaedizione): da ArtVerona ad Elettroexpo(fiera dell’elettronica e del radioamato-re), Fieragricola, Job&Orienta (que-st’anno dal 30 novembre al 2 dicembre),

Marmomac (per l’industria del settorelitico), Model Expo Italy (modellismostatico e dinamico), Motor Bike Expo(moto), Samoter (macchine per il movi-mento terra e da cantiere), Progetto Fuo-co (dedicata al riscaldamento da bio-masse legnose), Innovabiomed (indu-stria biomedicale), Cosmobike Show(fiera sul mondo delle biciclette), finoalla più nota, Vinitaly.

Ed ora una nuova iniziativa «a doppiatarga»: collaborazione storica quella traparmigiani e scaligeri che oggi sfocia inWi·Bev riunendo le tecnologie per il«wine & beverage», settore che permacchinari, attrezzature e tecnologie perla viticoltura e l’enologia conta 3,6 mi-liardi di euro e il cui 70 per cento è deri-vato dall’export. Il Wine&Beverage Te-chnologies Event, co-organizzato da

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a cura di ROMINA CIUFFA

a Vinitaly a Fieracavalli, glieventi fieristici più «in» del no-stro Paese avvengono nella cittàdell’amore, quella che prima ditutto è collegata, nella letteraturaed ormai nell’immaginario col-

lettivo, alla storia «eccellentissima e la-mentevolissima» di Romeo e Giulietta.Di certo la scaligera - dodicesima pro-vincia italiana per numero di imprese -è, sotto il profilo culturale (ed, indiretta-mente, del business), una delle più frut-tifere di Italia, luogo di incontro natura-le tra turismo ed affari, in vicende cheseguono la forza e la testardaggine deidue innamorati shakespeariani, ma chefiniscono, invece, bene. E non muorenessuno.

Nata nel 1898, la Fiera di Veronainaugura con una edizione sperimentalededicata ai cavalli alla presenza di Vitto-rio Emanuele III nell’attuale Piazza del-la Cittadella (a due passi da piazza Bra edall’Arena), sintetizzando le vocazionidella campagna veronese e le tradizioniche fanno risalire all’807 d.C. la primafiera tenutasi sul sagrato della Basilicadi San Zeno, anche ampliandosi con al-

Maurizio Danese, presidente di Veronafiere

DD

La prima volta fu nel 1898,anno in cui nel centro diVerona furono portati i cavalli. Da quel momento, laFiera di Verona è cresciutaa tal punto da rendersi trale più fruttifere per l’Italia, e non solo. Dal 2016 Veronafiere è una societàper azioni, impegnata su ognifronte e settore, ma non dimentica il sogno: portareFieracavalli all’Arena

MAURIZIO DANESE: VERONAFIERE, DALBALCONE DI ROMEO E GIULIETTA ALBALCONE INDUSTRIALE DEL MADE IN ITALY

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Fiere di Parma (sotto la guida di GianDomenico Auricchio), è già in program-ma dal 4 al 5 dicembre 2018 nell’ambitodi «wine2wine», subito dopo la ven-demmia, quando le aziende vitivinicolenon sono più impegnate nelle operazionidi campagna. Wi·Bev unirà il momentoespositivo al confronto diretto tra azien-de del settore, fornitori di macchine eimpianti nonché tecnici della filiera, ol-tre a «capitalizzare gli aspetti ‘smart’dell’esperienza innovativa di CibusConnect–ha sottolineato Antonio Cellie,amministratore delegato di Fiere di Par-ma–associandola ad un palinsesto di ap-profondimenti specifici e mirati al com-parto tecnico e produttivo della filieravitivinicola e non solo».

Travalicati i confini della città e dellanazione, promuovendo eventi fieristicinei Paesi extraeuropei maggiormente in-teressati alla produzione italiana - tratanti, la Cina e il continente asiatico, incui Veronafiere gioca un ruolo da prota-gonista per l’Italia sulla Via della Seta -Veronafiere è oggi il primo organizzato-re diretto di manifestazioni in Italia, se-condo per fatturato e ai vertici in Euro-pa, con oltre cento anni di esperienza nelsettore ed una posizione geografica stra-tegica, al centro delle maggiori direttriciintermodali europee.

Un hub naturale per la promozione in-ternazionale del sistema industriale edell’eccellenza made in Italy, che forni-sce strutture e servizi aggregativi a visi-tatori ed espositori. Il fatturato è genera-to per l’87 per cento da fiere di proprietàed organizzate direttamente, delle qualidetiene il know-how completo, dallapianificazione strategica alla realizza-zione tecnica-operativa. La gestione delmarketing, della comunicazione, delquartiere e dei servizi, una rete di dele-gati presenti in tutto il mondo, relazioniforti con le istituzioni nazionali ed imondi associativi sono gli asset sui qua-li si fonda Veronafiere.

A proposito di internazionalizzazione,si è appena tenuto a Johannesburg, inSudafrica, il tradizionale Ufi Congressdi fine anno, che ha visto diversi semi-nari dedicati ai temi più caldi per l’indu-stria fieristica. L’Italia, con un foltogruppo di delegati, ha visto una impor-tante serie di nomine all’interno dell’or-ganizzazione mondiale delle fiere, a par-tire da Corrado Peraboni (già ammini-stratore delegato di Fiera Milano ed orachairman di Cipa Fiera Milano Publi-cações e Eventos) per la presidenza del-l’Associazione mondiale delle fiere(Ufi), il quale ha dato risalto alla strate-gia «PIN» (Promote, Inform eNetworking), come base su cui l’ecosi-stema delle fiere deve sempre di più fon-dare la propria crescita e sviluppo indu-striale. La nuova nomina alla presidenzariafferma il valore del comparto fieristi-co italiano nel contesto internazionale,insieme alla rinnovata composizione del

che ha rappresentato il padiglione «Vino-A Taste of Italy», visitato da oltre 2,1milioni di persone, di cui il 20 per centostraniere. In quell’anno, in cui sono sta-to nominato presidente proprio a fineExpo, il consiglio di amministrazione diVeronafiere ha deciso di inserire quantoinvestito nel bilancio 2015 che, senzaquesti extra costi, avrebbe chiuso con unEbitda di 8,1 milioni di euro.

D. Come è avvenuto il processo ditrasformazione in spa?

R. La trasformazione in società perazioni ha seguito l’iter previsto dallanormativa regionale, iniziato con la no-stra richiesta il 4 luglio 2016. In pocopiù di sei mesi abbiamo quindi compiutotutti passaggi tecnici, burocratici e legi-slativi, con il via libera dalla Regionedel Veneto arrivato ad ottobre, fino al 29novembre 2016 con la trasformazione inspa, entrata poi in vigore ufficialmentedal 1° febbraio 2017.

D. Può indicare alcuni aspetti delPiano industriale di sviluppo al 2020relativi a Veronafiere?

R. Con questo piano industriale gliobiettivi che si intendono conseguire so-no fondamentalmente due. Rafforzareil ruolo di leadership mondiale in par-ticolare nelle filiere «wine&food» emarmo-costruzioni e continuare a es-sere un motore di produzione di ric-chezza per la città e per il territorio.In questo contesto prevediamo al 2020un volume d’affari obiettivo di 113 mi-lioni di euro con un Ebitda di 21,9 mi-lioni di euro, pari al 19 per cento dei ri-cavi.

D. Giovanni Mantovani è ora nelBoard of Directors dell’Ufi, la GlobalAssociation of the Exhibition Indu-stry. In che modo Veronafiere avràvoce in quella sede, anche in rappre-sentanza italiana, e non solo scalige-ra?

R. Non è la prima volta che Verona-

Board of Directors, cui per i prossimi treanni è stato confermato Giovanni Man-tovani, direttore generale di Veronafie-re, nella carica di primo vicepresidentedello European Chapter; oltre a lui no-minati anche Matteo Marzotto, vice-presidente esecutivo di Italian Exhibi-tion Group, e Giorgio Contini, direttoreinternazionale di BolognaFiere.

Parla a Specchio Economico il presi-dente di Veronafiere Maurizio Danese,operativo per il triennio 2015-2018, so-cio di un gruppo di aziende che operanel settore della fornitura di prodotti ali-mentari al canale Horeca, consiglieredella Camera di commercio di Verona evicepresidente vicario di Confcommer-cio Verona.

Domanda. Quali le strategie per ilfuturo di Veronafiere con il Comune?

Risposta. L’amministrazione comu-nale veronese è il socio di maggioranzarelativa di Veronafiere spa. Abbiamo il-lustrato il piano industriale di sviluppoal 2020 che prevede investimenti pari a94 milioni di euro, così come stiamo ra-gionando insieme sul ridisegno del quar-tiere sud della città sul quale insiste laFiera di Verona.

D. Dopo una battuta d’arresto del2015, Veronafiere è ripartita. Come?Quali i numeri oggi?

R. Nel 2015 non c’è stata nessuna bat-tuta d’arresto. Semplicemente Verona-fiere, nell’interesse del Paese, ha rispo-sto ad una domanda specifica da partedel Ministero delle Politiche agricole edi Expo per occuparsi della realizzazio-ne del Padiglione del Vino all’Esposi-zione universale di Milano. Abbiamoquindi dovuto mettere mano ad un in-vestimento molto più ingente di quan-to preventivato ma, se non l’avesse fat-to la Fiera di Verona con Vinitaly, contutte le difficoltà che Expo ha dovuto in-contrare, non sarebbe stato possibile of-frire un’esperienza unica come quella

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fiere ha un proprio rappresentante nelboard dell’Ufi, di cui siamo membri dal1932. In questa sede porteremo tutta lanostra esperienza di organizzatori di ma-nifestazioni dal 1898, ma ragionandosempre in ottica di promozione del siste-ma fieristico italiano nel suo complesso.

D. Fieracavalli 2017 ha avuto ungrande successo. Sogna di portare icavalli in Arena: c’è speranza, anchein occasione del 120esimo compleannodi Fieracavalli nel 2018?

R. Fieracavalli ha chiuso l’edizione2017 superando ancora le 160 mila pre-senze, di cui il 16 per cento dall’estero,da 63 nazioni. L’idea di riportare unevento equestre di altissimo livello inArena, nel cuore di Verona, fa proprioparte di alcune iniziative che stiamo va-lutando in occasione dei 120 anni dellamanifestazione. Sarebbe di sicuro unevento indimenticabile per la città e pertutti gli appassionati di questo mondo.

D. Non solo Vinitaly: molti gli ac-cordi, molte le esposizioni e i contenu-ti. Quali, per lei, i principali, e quali inuovi obiettivi?

R. Veronafiere organizza in media piùdi 60 manifestazioni all’anno. Oltre aVinitaly e Fieracavalli, penso a Marmo-mac, il primo salone al mondo per la fi-liera della pietra naturale e delle tecno-logie, e poi Fieragricola, dedicata al set-tore primario, senza tralasciare il mondodelle macchine da costruzioni, con Sa-moter. Questi sono soltanto alcuni deinostri marchi più conosciuti e di succes-so. Il nostro obiettivo resta sempre quel-lo di consolidare il portafoglio di rasse-gne leader, sviluppare le potenzialitàesistenti, anche attraverso collaborazio-ni e partnership, e aumentare significati-vamente la quota di mercato e la redditi-vità, posizionando così saldamente laFiera di Verona tra le più importantirealtà internazionali del settore.

D. Veronafiere all’estero, come è

rappresentata? Come è vista? Oltre aItalian Wine Channel, cosa c’è?

R. L’estero è sempre più chiave di cre-scita fondamentale per il nostro business.Ogni anno sono in media una ventina gliappuntamenti che realizziamo in oltre 10nazioni nei settori del «wine&food» e del«building&construction». Con gli eventifieristici, le missioni commerciali e le at-tività formative delle nostre «academy»abbiamo creato una community globaledel vino e del marmo, in particolare negliStati Uniti, in Brasile e in Cina, ma stia-mo concentrando negli ultimi anni glisforzi anche in Africa e in Medio Oriente,mercati dal grande potenziale. La nostraforza è quella di essere prima di tuttoambasciatori, insieme alle aziende, dimolte eccellenze del made in Italy.

D. Veronafiere in Brasile con Vero-nafiere do Brasil: perché il Brasile?

R. Il Brasile è l’economia più impor-tante del Sudamerica e, nonostante la re-cente crisi, è ancora una delle aree a piùalto tasso di crescita dell’area. Per la no-stra attività è un punto strategico nelcomparto lapideo, ma stiamo valutandoanche nuove iniziative nel settore vitivi-nicolo, vista la posizione privilegiata diaccesso ai vicini mercati dell’area Nafta.

D. L’innovazione digitale ha cam-biato la fieristica?

R. L’innovazione digitale ha cambiatotutto il nostro mondo, non soltanto quel-lo fieristico. Da Veronafiere una atten-zione particolare a riguardo è rivolta aiprocessi e alla gestione dei rapporti con iclienti e il mercato. Abbiamo un pro-getto specifico inserito nel piano indu-striale di sviluppo, con investimentiimportanti sia in termini di formazio-ne che di servizi.

D. Quali, secondo lei, le modalitàper rilanciare l’Italia nell’economiapositiva attraverso la fieristica?

R. Le fiere sono da sempre unostrumento fondamentale per la pro-

mozione internazionale e lo sviluppodell’export. In Italia, per il 75 per centodelle piccole e medie imprese, sono an-che l’unico momento di visibilità estera.Un ruolo di leva economica che è rico-nosciuto dal Ministero per lo Sviluppoeconomico e dall’Ice-Agenzia che dal2015 hanno inserito alcune manifesta-zione fieristiche, tra cui Vinitaly e Mar-momac, tra quelle strategiche per il Pae-se. In questo caso la via è una sola: fa-re squadra tra sistema-fiere naziona-le, imprese e Governo per presentarsiuniti sui mercati stranieri, coordinan-do le risorse in azioni mirate di inco-ming e outgoing.

D. Turismo fieristico e congressua-le: quali le peculiarità?

R. Le fiere rientrano a pieno dirittoanche nel settore Mice (Meeting Incenti-ve Congress & Events), come gestori dimete privilegiate per il turismo d’affari ei congressi. Veronafiere all’attività «co-re» che porta alle manifestazioni ognianno 1,2 milioni di visitatori, affiancaquella di un centro congressuale che or-ganizza 330 eventi all’anno con 85 milapartecipanti di media. La Fiera di Vero-na vanta poi una location unica, a pocadistanza dal centro storico di una cittàpatrimonio dell’Unesco e nella top tendelle mete turistiche italiane.

D. Perché scegliere Veronafiere?Come si distingue dalle altre fiere ita-liane?

R. Oltre ad avere quasi 120 anni diesperienza nel settore, il nostro piùgrande plus è quello di essere organiz-zatori diretti della quasi totalità dellenostre manifestazioni di successo. Si-gnifica che Veronafiere non si limita avendere gli spazi espositivi del proprioquartiere, ma l’87 per cento del propriofatturato è generato da fiere che sono dinostra proprietà e di cui curiamo diret-tamente crescita, sviluppo e rapporti coni mercati e gli stakeholder. ■

A sinistra, Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere, vicepresidentedel Chapter Europeo dell’UFI. A destra, l’area espositiva di Veronafiere

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arte equestre è il perfezio-namento delle cose sempli-

ci (Nuno Oliveira, universal-mente considerato l’ultimo dei

grandi maestri dell’equitazione). Ed èanche una grande risorsa di ecosostenibi-lità ed educazione. Fieracavalli è l’even-to di riferimento in Italia, ma per il mon-do, e da ben 119 anni si tiene nella cittàscaligera: il binomio Verona-cavallo èun’identità culturale, storica ed econo-mica con origini molto antiche. Difficile,se non addirittura impossibile, immagi-nare questa città senza i suoi cavalli,simbolo della sua essenza e della sua in-ternazionalità. Da sempre punto di riferi-mento nell’allevamento e nella commer-cializzazione dei prodotti di allevamentoequino, per questa zona geografica primatappa storica fondamentale è il 1772, an-no in cui Bibbiena progettò e seguì la co-struzione del primo quartiere fieristicoper cavalli, muli, asini e bardotti. Per piùdi 100 anni qui si svolsero concorsi ippi-ci con relativo mercato dei miglioriesemplari, fino ad arrivare alla fatidicatappa del 1898.

Quell’anno ebbe inizio la modernastoria fieristica scaligera: la prima edi-zione della Fiera dei Cavalli e dell’Agri-coltura. Da semplice mercato equino hasubìto nel corso degli anni uno sviluppoesponenziale, diventando ufficialmentenel 1950 Fiera internazionale e affer-mandosi come manifestazione leader delpanorama equestre mondiale. D’altrocanto Verona, per collocazione geografi-ca, si trova al centro degli assi commer-ciali portanti che collegano i grandi mer-cati europei ed è ancora oggi punto ne-vralgico di smistamento di merci e dipersone. La presenza di questo importan-

te appuntamento annuale ha influenzatoprofondamente la zona geografica di ri-ferimento portando allo sviluppo di nu-merose piccole e medie imprese manifat-turiere, nate inizialmente come supportoal mondo equestre e alle sue variegate at-tività. Fondamentale è l’abilità della ma-nifestazione di mantenere vive le tradi-zioni nobili e antiche del cavallo, soprat-tutto a partire dal dopoguerra, momentoin cui la notevole crescita economica edagricola lo ha parzialmente emarginatodalla vita dell’uomo.

Fieracavalli è, oggi, un «catalizzatored’interesse» per coloro che attraverso il

cavallo si riconoscono in un nuovo mododi concepire la vita, legando insiemesport, arte, solidarietà, storia, tempo libe-ro, turismo e avventura. Giunta a fine ot-tobre alla sua 119esima edizione, conso-lida il primato di manifestazione di rife-rimento in Europa per il settore equestre:superati anche quest’anno i 160 mila vi-sitatori, arrivati a Verona in quattro gior-ni, e dall’estero il 16,5 per cento in rap-presentanza di 63 Paesi. Duecento glieventi che hanno animato i 12 padiglionidella fiera, tra gare sportive di altissimolivello come la Jumping Verona, compe-tizioni morfologiche, discipline western,

25SPECCHIOECONOMICO

a cura di ROMINA

CIUFFA

L’

Marco Di Paola, presidente della FISE,Federazione Italiana Sport Equestri

MARCO DI PAOLA: FISE, LO SPORTEQUESTRE È SENZ’ALTRO UNADELLE RISORSE DA «CAVALCARE»

MARCO DI PAOLA: FISE, LO SPORTEQUESTRE È SENZ’ALTRO UNADELLE RISORSE DA «CAVALCARE»

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show e attività didattiche. La prossimaedizione, la numero 120, è già stata fis-sata dal 25 al 28 ottobre 2018.

Del settore equestre parla uno dei suoiprincipali rappresentanti, Marco DiPaola, presidente della Fise, la Federa-zione Italiana Sport Equestri, fondataa Roma nel 1926.

Domanda. Fieracavalli 2017, un bi-lancio. Ed una previsione per il 2018,anno in cui compirà ben 120 anni. Co-sa è accaduto in tutti questi anni? Esoprattutto, cosa accadrà?

Risposta. Il bilancio non può che esse-re positivo. Fieracavalli 2017 ha dimo-strato l’ottimo stato di salute del nostromovimento sportivo. Inoltre la Fiera diVerona è all’altezza delle aspettative, co-ma ha dimostrato anche la 119esima edi-zione. L’appuntamento è molto apprez-zato dai nostri appassionati. Il 2018 se-gnerà un grande e importantissimotraguardo per Verona Fiere: dovremoaspettarci delle sorprese, ma ne parlere-mo a breve dopo che sarà definitivamen-te archiviata anche per gli addetti ai la-vori l’edizione di quest’anno. La Fise ela dirigenza della Fiera lavorano a unprogetto molto ambizioso.

D. Critiche a Fieracavalli provenien-ti dal pubblico: si torni a pensare ai ca-valli e non ai panini. Il senso è: la Fierasta diventando più un bancomat di set-tore, agli espositori è chiesto un «da-zio» elevato, al pubblico l’entrata costacara, e dentro le spese sono alte ancheper mangiare; mentre, alla fine, i ca-valli sono pochi, ed è tutto incentratosullo «spettacolo». Questo mi è stato ri-ferito da molti che ho ascoltato per lestrade della Fiera in quei giorni. Nonhanno tutti i torti. Come risponde?

R. La Fise in realtà non è direttamentecoinvolta in questa fase degli aspetti or-ganizzativi. Ritengo pertanto che a que-sta domanda possa rispondere la Fiera.Ritengo altresì che Fieracavalli sia ormaidiventata una delle fiere più importantial mondo, per l’offerta che propone.Ogni anno unisce in una sola settimanatutto ciò che ruota intorno al mondo delcavallo. Bisognerebbe verificare quelloche succede in appuntamenti analoghi inaltre nazioni, come Francia per EquitaLyon o Germania per Equitana. Non cre-do ci si discosti molto, anzi. Inoltre lepresenze dimostrano che gli appassionatinon disertano l’appuntamento.

D. Recente insediamento nella presi-denza e, nel programma, un bel cam-bio di marcia: quale? Quali i problemitrovati irrisolti? Quale le prime azionigià compiute? Come si distinguerà ilsuo mandato?

R. Sicuramente un bel cambio dimarcia per rendere la federazionemolto più «smart» e utile a produrreservizi a tutti i tesserati. La federazioneè uscita da una gestione commissarialema sta procedendo a passo veloce versouna definitiva ripresa. Non posso dire di

devono cooperare con i genitori e, per-ché no, anche con la scuola per la cresci-ta dei giovani.

D. I tesserati che non praticano ago-nismo di vertice, ossia gli amatori, so-no il 93,22 per cento e sono loro chefanno vivere tutta la federazione, male risorse finanziarie e tecniche dei di-partimenti è speso per servire la mini-ma percentuale di patentati che gareg-giano ad alto livello internazionale. Dauna parte ciò è congruo, per dare visi-bilità al professionismo e al settoreequestre, dall’altra è incompatibilecon il senso della rappresentanza toutcourt. Quali misure prenderà?

R. È evidente che il ruolo principale diuna federazione è quello di vincere me-daglie. Delegati a questo compito, èchiaro, sono le prime squadre del nostrosport. Le vittorie sono molto utili per da-re visibilità al nostro sport, basti pensareche grazie a queste siamo nuovamentepresenti nelle testate giornalistiche checontano. Più media si interessano di noi.Abbiamo creato una grande base di ama-tori, ma non solo, basti pensare a quantioggi tengono il cavallo a casa, nelle cam-pagne. Il cavallo attira e avvicina tantagente al nostro sport. È proprio grazie alfatto che la stampa ci conferisce più at-tenzione che la crescita del nostro sportpuò essere registrata anche a livello dibase. Abbiamo restituito l’importanzache meritano, per esempio, a manifesta-zioni come le Ponyadi o Ponylandia, in-teramente dedicate al mondo dei giovaniche sostengono il nostro sport attraversola passione e il sacrificio. Le medaglieservono sia per assolvere alla nostramissione sportiva sia per dare più visi-bilità al nostro sport.

D. Come la federazione tutela leistanze delle varie categorie rappre-sentate?

R. La nostra è una federazione moltoattenta alle esigenze dei propri tesserati.Attraverso i nostri dipartimenti dialo-ghiamo con i vari ministeri interessati,mi riferisco alle problematiche dei tra-sporti dei cavalli, della salute etc. Proprioin questi mesi stiamo lavorando a strettocontatto con il ministero della Salute perle vicende che riguardano il trasporto deicavalli e il famoso modello 4. Sono statecambiate le regole, nell’era della digita-lizzazione, i nostri dipartimenti sono a la-voro per trovare le migliori soluzioni conle varie istituzioni e poi comunicare di-rettamente con i tesserati.

D. Firmato l’accordo con l’Istitutoper il Credito sportivo e l’iniziativa«Top of the sport». Di cosa si tratta,nello specifico?

R. Si tratta di una nuova grande op-portunità di sviluppo per gli sport eque-stri. La nostra è stata la prima federa-zione a stipulare l’accordo con l’ICSdopo la presentazione alla Giunta na-zionale del CONI. Si tratta di un’inizia-tiva che garantisce, per i prossimi tre an-

aver trovato particolari criticità, se non ilfatto di dover ottemperare al piano di ri-sanamento. È certamente una difficoltà,perché siamo costretti ad accantonareannualmente delle risorse che avremmopotuto investire diversamente, ma dob-biamo seguire le indicazioni del CONI.Ciò non vuol dire che siamo particolar-mente limitati nelle diverse iniziative. Lanostra è una federazione florida. Siamoriusciti, infatti, ad abbattere la pressionerelativa alle tasse federali sugli istruttori,sui tesserati che portano medaglie con iloro sacrifici sportivi e attraverso la ridu-zione delle tasse di sponsorizzazione.Stiamo lavorando al progetto delle affi-liazioni, che partirà dal 2018, consenten-do un abbattimento dei costi, necessarioper dare respiro a chi deve occuparsi del-la base. Dovrebbero essere altri a giu-dicare, però se dovessi dire per cosa sidistinguerà il mio mandato, direi cer-tamente per aver dato vita a una fede-razione che sta vicino al tesserato epronta a gestire l’ente a due velocità,stando attenta alle esigenze della base,ma anche a quelle dello sport di verti-ce.

D. Lo sport, tra i primi quello eque-stre, riveste un ruolo educativo parti-colare nei confronti dei giovani. Cosafate per la formazione e l’educazione?

R. Lo sport in genere ricopre unruolo educativo, il nostro credo abbiain questo senso un valore aggiunto,perché si pratica con un altro esserevivente: l’atleta cavallo. Stiamo lavo-rando al progetto di formazione e congrande attenzione a quella dei nostri edu-catori di base, ovvero coloro che hanno ache fare con i bambini. Attraverso il Pro-getto Pony Fan Club i nostri tecnici fede-rali stanno girando l’Italia, per spiegarel’iniziativa della federazione, volta sì aincrementare i numeri attraverso la prati-ca dei giochi pony, ma volta anche e so-prattutto all’impiego di una nuova meto-dologia di insegnamento. L’equitazionein quanto sport deve necessariamentemodernizzarsi e adeguarsi alle esigenzedei giovani. È inutile girarci intorno. Inostri istruttori sono dei veri educatori e

26 SPECCHIOECONOMICO Da solo il cavallo

fa sostenibilità. L’indottonel settore è sconosciutoai più. Oltre ai lavori collegati a questo sport, il turismo equestre èsenz’altro una delle attività da cavalcare. Fieracavalli lo dimostra da esattamente 119 anni,ed è già fissata la data perl’edizione n. 120 del 2018

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ni, a tutte le associazioni affiliate la pos-sibilità di usufruire di finanziamenti de-nominati «mutui light» della duratamassima di 7 anni per un credito erogatodalla banca dello sport da 10 mila a 60mila euro. Tutti gli affiliati potranno farerichiesta attraverso una procedura istrut-toria semplificata e con la sola garanzianella misura dell’80 per cento concessada parte del Fondo di garanzia, fondodello Stato in gestione al Credito sporti-vo. L’Istituto del credito sportivo si èimpegnato a garantire finanziamenti perun importo massimo di 3 milioni di euroanche per investimenti in centri federali,impianti di preparazione olimpica e at-trezzature top. Credo sia un’opportunitàvolta alla crescita che il nostro mondonon può farsi sfuggire.

D. È prossima l’assemblea generaledella FEI, Fédération Equestre Inter-nationale. In che modo la Fise è consi-derata, e quali gli argomenti che por-terete alla platea internazionale?

R. Cesare Croce è il nostro rappresen-tante per i rapporti internazionali, quindinon solo per la FEI, ma anche per la EEF(Federazione Equestre Europea). Croce,già presidente della Fise per ben tre qua-drienni, è la persona più adatta a ricopri-re questo incarico, per la competenza, ilcarisma e la grande considerazione a li-vello internazionale. In FEI ha ricopertoper diversi anni anche il ruolo di presi-dente del Gruppo I, ovvero in rappresen-tanza delle maggiori federazioni d’Eu-ropa. Credo che questo basti per capireche a livello internazionale la Fise hagrandi interlocutori ed è quindi tenuta ingrande considerazione. Alla prossimaassemblea sono tante le argomenta-zioni poste dalla FEI sul tavolo di la-voro, dalle prossime Olimpiadi diTokyo ai regolamenti delle varie disci-pline. L’Italia sarà in grado comesempre di dire la sua.

D. Come si distingue l’Italia nel con-testo equestre?

R. Negli ultimi anni l’Italia è ritor-

vo di grande soddisfazione. Questo ma-gico luogo, nel pieno centro di Roma, èstato testimone della storia del nostrosplendido sport. Proprio per questo ab-biamo, anche noi, il dovere di prender-cene cura. Abbiamo subito affrontato icosti di riqualifica e di sgombero dellasabbia, adesso insieme al CONI e so-prattutto con le maestranze del ComitatoOlimpico partirà il progetto di piantu-mazione dell’erba.

D. 610 mila ettari di territorio agri-colo destinati all’equitazione, il settorevitivinicolo ne occupa 770 mila: l’equi-tazione è una forma di economia soste-nibile «poco conosciuta». Ogni cavallogenera un indotto annuo che va da 30a 45 mila euro e l’equiturismo coinvol-ge 100 mila appassionati e vale 900 mi-lioni di euro. In che modo la Fise, ed ilsettore, si occupano di sostenibilità?

R. Credo che il cavallo faccia da so-lo sostenibilità. Abbiamo un indotto cheè sconosciuto ai più. Basti pensare a chiferra i cavalli, a chi coltiva il fieno, a chiproduce mangime. Tutte attività che siricollegano al nostro mondo. Il turismoequestre è senz’altro una delle attivitàche bisogna «cavalcare». Abbiamo pre-sentato il programma del nostro nuovodipartimento Equitazione di campagna.Attraverso questa disciplina, forse la piùpraticata, anche al di fuori della nostrafederazione riusciremo a dare ulteriorevisibilità al nostro sport e lo faremo fa-cendo capire che andare a cavallo nonvuol dire solo saltare o fare lezione inmaneggio, ma può voler dire ammirare lebellezze architettonico-culturali e natura-listiche ad altezza di sella. In questo l’Ita-lia non ha nulla da invidiare a nessuno.

D. Marco Di Paola: mi parla di lei?R. Ho iniziato a montare da bambino

con Adriano Capuzzo al Pony Club Ro-ma. Ho svolto la carriera agonistica daJunior e Young Rider sotto la guida an-che di Duccio Bartalucci e ho fatto i riti-ri federali ai Pratoni del Vivaro con il co-lonnello Raimondo d’Inzeo. Sono statoufficiale dei Carabinieri a cavallo nelGruppo Sportivo. Sono avvocato, e ge-stisco un gruppo di aziende che operanella filiera dell’edilizia. Sono compro-prietario del glorioso Pony Club Roma,comproprietario del circolo Asperteamche ho anche costruito a Roma, cavaliereamatore e proprietario con un team diamici di una scuderia di cavalli di primasquadra di salto ostacoli, affidata a LucaMarziani. Ho deciso di candidarmi allaguida della Fise perché i grandi maestriche ho avuto mi hanno trasmesso l’enor-me passione per lo sport equestre. Ho de-ciso di dedicarmi alla crescita del nostrosport e alla costruzione di una federazio-ne moderna e al passo con i tempi: vor-rei dimostrare che siamo un movimen-to di gente operosa, valida, onesta e ingrado di allevare, far crescere e affer-mare cavalieri e cavalli italiani ai mas-simi livelli internazionali. ■

nata grande e, per via delle ottime pre-stazioni dei nostri atleti oggi, è unadelle nazioni da battere. I nostri cava-lieri sono tra i più temuti quando entranoin campo nelle gare più prestigiose. Bastipensare che mai prima d’ora un italianoha mai raggiunto le posizioni apicali diLorenzo De Luca, che quest’anno è statosecondo al mondo, e che proprio que-st’anno disputerà la Top Ten di Ginevra(mai successo per un italiano), riservataai migliori dieci cavalieri del mondo. DeLuca e Alberto Zorzi occupano la secon-da e quarta posizione del ranking delGlobal Champions Tour, la formula unodel salto ostacoli mondiale. È vero, ilsalto è la nostra disciplina principe maabbiamo medagliati e grandi campionianche nel dressage, con Valentina Trup-pa, nel volteggio, con Anna Cavallaro,nel reining, con una squadra campioned’Europa nel 2015 o con Giovanni Masi,campione europeo 2015. Insomma, il no-stro è un movimento in grande crescita ei nostri atleti si fanno rispettare.

D. Il Fise prende parte, insieme alCONI e Roma Capitale, al progetto dirilancio e valorizzazione di Piazza diSiena. Qual è il progetto, quali leaspettative, quali i costi, quale il vo-stro impegno?

R. È un progetto davvero importanteper la nostra federazione, per gli sportequestri, per la città e per lo sport in ge-nerale. Abbiamo stretto un accordo checi lega al CONI nell’organizzazione delconcorso praticamente per otto anni. Ab-biamo il dovere di far brillare questoevento sportivo. È questo il nostro obiet-tivo. Sarà la nuova era di Piazza diSiena che, insieme a Villa Borghese, perla Federazione Italiana Sport Equestri ècome una seconda casa. È per questoche partecipiamo con grande passioneed entusiasmo al progetto di rilancio evalorizzazione del sito, sede del tradi-zionale concorso ippico capitolino. Po-ter contribuire al ritorno del manto erbo-so nell’ovale romano è per noi un moti-

Marco Di Paola con il direttore generale di VeronafiereGiovanni Mantovani e il presidente Maurizio Danese

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po per la lista Tosi all’opposizione,presidente dell’Autostrada A4 Bre-scia-Padova, segretario di Fare!, edanche presidente di Federcaccia Ve-neto - è definito, insieme al suo movi-mento, la «quarta gamba del centro-destra»: l’alternativa a Salvini in unprogetto che vuole raggruppare tuttele forze di centrodestra che attual-mente non si riconoscono nei partititradizionali quali Forza Italia, Fratellid’Italia, Lega Nord, caratterizzata daun pragmatismo «che va oltre i clas-sici schemi ideologici». Ecco comeTosi aborre il «periodo ipotetico del-l’impossibile».

Domanda. Il Veneto è risultato inprima linea nella richiesta di auto-nomia dallo Stato centrale, grazieagli sforzi condotti dal suo leaderLuca Zaia. A cosa porterà questopercorso, dal suo punto di vista dipolitico e di cittadino?

Risposta. Porterà a quello che èprevisto dalla Costituzione, né più némeno di quello che immagino otter-ranno le altre Regioni che hanno av-viato lo stesso percorso. È una tratta-tiva tutto sommato neanche tantocomplessa, aldilà dei proclami, che

ha il seguente contenuto: lo Statopassa delle competenze e gira le ri-sorse che spende per esse alla Regio-ne di riferimento perché ne dispongaautonomamente. Su questa base cre-do che il Veneto, la Lombardia, l’Emi-lia Romagna e chi altri decidesse diprocedere in tal senso possano avereun gioco semplice, non ostacolato dalGoverno, purché si resti in questo bi-nario. È chiaro che se per fare campa-gna elettorale si immettono contenutinon praticabili, come la richiesta ditrattenere il 90 per cento delle tassenella Regione e diventare speciali co-me il Trentino Alto Adige, si rende ta-le percorso inutile e, a quel punto,non c’è via d’uscita perché la trattati-va è impostata male a monte, non es-sendo in linea con la Costituzione.

D. A chi si riferisce in particolare? R. Al Veneto. Mentre la Lombardia

e l’Emilia Romagna hanno chiesto al-cune deleghe, il Veneto oltre ad esseha chiesto il 90 per cento delle tassecosì come avviene in Trentino AltoAdige. Se segue questa impostazio-ne, la nostra Regione non approderàda nessuna parte: lo Stato, su questebasi, neanche comincerà a trattare.

apuleti e Montecchi, il clima a Ve-rona è simile. L’amore non c’en-tra. Un nuovo sindaco da giugno,Federico Sboarina, e qui su Spec-

chio Economico l’uscito, Flavio Tosi,che è stato primo cittadino per 10 an-ni rendendo la città una capitaled’Europa. I temi che affrontiamo conchi ha governato la città degli inna-morati, della lirica, del marmo, delloSpritz, sono quelli dell’agognata (maquanto?) autonomia del Veneto, degliscontri politici in seno alle divisionidel centrodestra, delle opere da rea-lizzare o realizzate a Verona, della cri-si dell’Arena (è del 16 ottobre l’incon-tro tra il ministro dei Beni culturaliDario Franceschini e Sboarina che hasancito la fine del commissariamento.Tosi riassume l’accaduto degli ultimianni: «Una pessima figura interna-zionale), della revoca del project fi-nancing per risollevare l’ex Arsenaleaustriaco «Franz Josef I» che da tem-po attende una riqualificazione, deltema del degrado e dell’insicurezzabalzato di recente alle cronache.

Espulso dalla Lega di Matteo Salvi-ni nel 2015 durante il suo secondomandato scaligero, Tosi - capogrup-

CC

a cura di ROMINA CIUFFA

Flavio Tosi,ex sindaco di Verona

Capuleti e Montecchi,proprio come allora Veronaè contesa da due famiglie rivali, quelle risultanti dalledivisioni del centrodestra.Un nuovo sindaco succedeal doppio mandato delprecedente. Non ci si aspetta di riportare in vitaGiulietta o Romeo, maalmeno ripulire il balcone e la casa di lei, imbrattata dagli innamorati, mentre ilVeneto chiede autonomia

FLAVIO TOSI: ECCO LA QUARTAGAMBA DEL CENTRODESTRA,OVVEROSIA QUELLA PRAGMATICA

FLAVIO TOSI: ECCO LA QUARTAGAMBA DEL CENTRODESTRA,OVVEROSIA QUELLA PRAGMATICA

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D. Perché è accaduto questo? R. Il tema è elettorale: pur essendo

Roberto Maroni dello stesso partitodi Luca Zaia, mentre gli altri gover-natori mirano a portare a casa il risu-tato a Zaia interessa fare campagnaelettorale. È un dato di fatto oggetti-vo: la prima uscita che ha fatto dopol’esito referendario - poi rimangiatain un solo giorno in quanto bocciatada Forza Italia - è stata la richiesta diStatuto speciale. Così il governatoreha abbassato il tiro chiedendo co-munque il 90 per cento delle tasse,anche questo impossibile per buonsenso: lo Stato non può dare più ri-sorse di quelle che spende, è una par-tita di giro e non può andare in diffi-coltà con i suoi conti. Glielo ha dettoanche il deputato e vicesegretariodella Lega Nord Giancarlo Giorgetti.

D. Ragionando sui temi specificidel Veneto, sarebbe giusto in effettiche si prendesse la specialità delloStatuto?

R. Se la ottenesse il Veneto, la pre-tenderebbero anche la Lombardia, ilPiemonte, l’Emilia Romagna e quellealtre Regioni che avrebbero da gua-dagnarci, ma lo Stato fallirebbe poi-ché si regge sul residuo fiscale attivodi alcune Regioni - in particolare laLombardia con circa 54 miliardi, ilVeneto e l’Emilia Romagna con circa15 - mentre altre come Sicilia, Cala-bria, Lazio, Campania, Trentino, dre-nano i soldi dallo Stato centrale. Por-re una simile ipotesi equivale a for-mulare un periodo ipotetico del-l’impossibile.

D. Lei a cosa punterebbe? R. A portare a casa quello che è

possibile portare. Al referendum hovotato sì. Lo Statuto speciale magariaverlo, ma sono realista e so che è im-possibile ottenerlo, inutile chiederlo.

D. Un commento veloce sulla si-tuazione catalana?

R. L’autonomia di cui gode la Cata-logna è già straordinaria, un gradoaltissimo, tranquillamente paragona-bile a quella del Trentino Alto Adige,e non capisco per cosa protestino. So-no un federalista, non un secessioni-sta. È chiaro che il Governo spagnologli abbia impedito di secedere.

D. A Verona in particolare, qualisono stati gli esiti referendari?

R. C’è stata un’affluenza non alta -il 46 per cento per la città in sé - ri-spetto alla media regionale che hasfiorato il 60 per cento, per vari moti-vi. Come anche in altre votazioni, adesempio la Brexit che ha avuto con-notazioni diverse nelle grandi città enei piccoli Comuni, l’affluenza è sta-ta mediamente inferiore rispetto allaprovincia. Siamo sempre stati consi-derati, e un po’ ci riteniamo, una«periferia dell’Impero»: Verona haun rapporto di minore «affetto» ri-

veva sostenere l’uscita dall’euro o es-sere secessionista, cosa che non sonomai stato. Affrontiamo i temi politicicon differenti approcci: io sono prag-matico, lui cavalca anche l’impratica-bile. È la differenza che passa tra Sal-vini e Zaia da una parte, più populi-sti, e Maroni dall’altra, più pragmati-co. Il populismo elettoralmente paga:Maroni ha fatto una campagna refe-rendaria molto istituzionale, sui con-tenuti, non caricandola con tematicheindipendentiste, e in Lombardia è an-dato a votare il 40 per cento degliaventi diritto; da noi la campagna diZaia ha portato a votare quasi il 60per cento dei veneti.

D. In cosa si distingue principal-mente la sua decennale gestionescaligera da quella che Verona siaspetta ora da Sboarina?

R. Verona, nei 10 anni della miagestione, è passata dall’essere unacittà provinciale semisconosciuta al-l’essere una città europea, con unflusso turistico che è aumentato inmaniera straordinaria e con grandiinvestimenti, rendendosi quello cheoggi è il motore economico del Ve-neto rispetto a città, come Padova oVenezia, con le quali Verona si è sem-pre confrontata. Oggi è lei quella piùdinamica, più attrattiva di investi-menti, più ricca di potenzialità. Ab-biamo fatto un salto di qualità. Sboa-rina nelle sue prime mosse ha cercatodi bloccare alcune iniziative impren-ditoriali già avviate, rischiando diportarle indietro. Dal mio punto divista un sindaco deve favorire gli in-vestimenti, non bloccarli.

D. Può essere più specifico? R. Per esempio, per l’ex Arsenale

austriaco, complesso in centro, ave-vamo completato la procedura perun project financing pubblico e pri-vato di recupero, e il nuovo sindacol’ha affossata a settembre con una de-libera del Consiglio comunale. Avevochiuso la gara, avevo assegnato il

spetto al resto del Veneto, siamo «unpo’ lombardi», ossia diversi cometutte le realtà di confine, e abbiamoanche una storia che è diversa: la Re-pubblica Serenissima è passata ancheda Verona, ma per un periodo piùbreve e meno intenso.

D. Come si è verificato il passag-gio dal suo mandato (doppio) alnuovo sindaco scaligero?

R. Il centrodestra si è presentato di-viso. Sommando i voti che ha presola mia coalizione - al primo turno il24 per cento - a quelli del nuovo sin-daco Sboarina - al primo turno il 29per cento - e a quelli delle altre listeciviche, si arriva ai voti che normal-mente prende il centrodestra a Vero-na, ossia circa il 60 per cento. Al bal-lottaggio sono andate le due coalizio-ni del centrodestra, rimanendo esclu-so il centrosinistra, e quelli che sonorimasti fuori dal ballottaggio hannovotato prevalentemente per il centro-destra tradizionale.

D. Oltre alla vittoria del nuovosindaco, ci sono stati altri motivi chehanno portato «l’altro centrodestra»a vincere queste elezioni?

R. Sicuramente hanno inciso i mieirapporti con la Lega, da cui nel 2015sono stato espulso da Salvini. Questoha cambiato le prospettive sulla città.Già nel mio ultimo mandato avevoall’opposizione Forza Italia, il PDL,più in generale il centrodestra tradi-zionale, così come il centrosinistra e ilM5S. L’unica forza in maggioranzacon me negli ultimi 5 anni è stata laLega. Ciò che è cambiato questa vol-ta è che anche la Lega è passata dal-l’altra parte.

D. Perché è stato espulso da Salvi-ni?

R. Un modo di vedere profonda-mente diverso, gli atteggiamenti ri-spetto all’uscita dall’euro, alla flattax, alla secessione ed altro. Ci sonostati periodi in cui per Salvini chi sta-va nella Lega obbligatoriamente do-

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differenziato il prodotto, portandol’extra-lirica in Arena. Ma oggi tuttele fondazioni liriche in Italia, a par-te Milano e Venezia, sono in diffi-coltà: questo perché il modello digestione è sbagliato, bisogna punta-re su un modello più privatistico.Dopo aver fatto un lungo braccio diferro con i sindacati, avevamo chiestodi mettere in liquidazione l’ente pub-blico per trasformarlo in privato; conil commissariamento, invece, c’è daaspettarsi che nel giro di qualche an-no le difficoltà finanziarie tornerannotante quante prima. Questo è il desti-no dell’Arena di Verona e di tutte lefondazioni liriche in Italia, che oggihanno complessivamente 400 milionidi euro di debito, di cui 25 milioni so-no veronesi. Alla fine dei conti, siamotra quelli che stanno «meno peggio».Infatti le entrate, che prima erano mi-gliori anche per la contribuzionepubblica, sono costantemente in calo.

D. Si attende un «Central Park»veronese, grande, immensa area cheRfi, Rete ferroviaria italiana, do-

progetto; alla fine del mandato lanuova amministrazione starà ancoraparlando di come risolvere la que-stione. La grande contraddizione èche il mio operato è stato votato a suotempo dallo stesso Sboarina, checomponeva la mia coalizione. Un al-tro esempio: avevamo previsto la tra-sformazione commerciale di una se-rie di immobili, la nuova Giunta hadichiarato che la impedirà.

D. Questo avviene per dinamichepolitiche, ossia di passaggio da unsindaco all’altro , o perché effettiva-mente ci sono divergenze nella vi-sione della città che lui ha reso notein campagna elettorale, e per questoè stato scelto rispetto alla coalizioneche lei rappresenta?

R. La cosa paradossale è che granparte di coloro che sono ora nell’am-ministrazione attuale mi appoggiava-no in uno dei miei due mandati, ap-partenevano alla mia maggiornaza,erano d’accordo con il mio operato.Hanno fatto una campagna elettora-le di contrapposizione: essendo lorola naturale omogeneità della miasquadra, in quanto la componevano -il sindaco è stato mio assessore nelprimo mandato così come parte dellasua Giunta, e alcuni attuali consiglie-ri comunali sono stati miei consiglie-ri comunali -, si sono dovuti differen-ziare in tutto e per tutto nonostanteavessero votato in precedenza quan-to ora stanno bloccando. Aspettiamoperò la parte propositiva, è ancoratroppo presto per parlare a quattromesi dall’insediamento. Come avve-nuto per l’ex Arsenale, pur prove-niendo dalla stessa parte politica eavendo condiviso una serie di prov-vedimenti, i nuovi insediati hannodovuto smentirli per non diventaresolo una brutta copia della mia am-ministrazione. Il loro maggior soste-nitore, oggi, è l’estrema sinistra, chene elogia le scelte. È una cosa singo-lare, ma per me è normale rispetto aciò che è stata la campagna elettora-le, tanto è che l’estrema sinistra alballottaggio li ha votati.

D. Rispetto all’Arena di Verona,lei l’ha seguita negli ultimi dieci an-ni fino al recente commissariamen-to. Come è possibile che un così im-portante e riconosciuto bene pub-blico entri in crisi?

R. Il sold out dell’Arena è dovutoalle attività dell’extra-lirica, ossia aquelle che fanno i privati noleggian-do di fatto il monumento; con la liri-ca viene venduta la metà dei biglietti.È un problema italiano, non verone-se: il pubblico della lirica è general-mente in calo mentre il pubblico del-l’extra-lirica è generalmente in cresci-ta. Quando mi sono insediato, si face-vano non oltre tre eventi l’anno di ex-tra-lirica, oggi siamo a quasi 50. Ho

vrebbe auspicabilmente passare alComune. L’AD Maurizio Gentile harassicurato Verona. Cosa accadrà?

R. Questa amministrazione nonrientra coi tempi nel compimento delprogramma perché le Ferrovie, pro-prietarie dell’area, hanno già dichia-rato che non potranno liberarla pri-ma del 2024, ossia oltre il mandatodell’attuale sindaco. Inoltre, sperareche le Ferrovie - le quali hanno valo-rizzato molte aree simili in altre città,come ad esempio Bologna - regalinoal Comune mezzo milione di metriquadri, che frutta loro una voce in bi-lancio di circa 90 milioni, mi sembrasia una pia illusione. Anche da unpunto di vista contabile il progetto èdi difficile realizzazione, in quantol’area è in parte di proprietà di Merci-talia Logistics, controllata delle Fer-rovie dello Stato Italiane. Il mio pre-decessore Paolo Zanotto aveva pro-

posto che metà dell’area - edificabile- restasse alle Ferrovie, e metà - il par-co - venisse ceduta al Comune di Ve-rona: questo, probabilmente, era unprogetto più realistico.

D. La polemica sui tema sicurezzae degrado in città a Verona, esplosapoco dopo il nuovo insediamento,da cosa è stata generata?

R. Lo ha detto lo stesso segretarioprovinciale della Lega Paolo Paterno-ster in una conferenza stampa allastazione: a Verona è peggio di prima.La sicurezza dipende da come si ge-stiscono le Forze dell’Ordine, in par-ticolare la Polizia municipale. Vedia-mo cosa succederà. Stiamo documen-tando il problema sicurezza monito-rando la presenza di senza fissa di-mora e quant’altro, e lo facciamo an-dando in giro per le piazze, ai se-mafori, nei parchi, a filmare la situa-zione. Il coordinamento con le Forzedell’Ordine c’era già durante il miomandato. Ma saranno i veronesi a va-lutare se le cose andranno meglio inquesti anni. ■

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«Isold out dell’Arenasono dovuti alle attività dell’extra-lirica, generatedai privati che noleggianodi fatto il monumento;con la lirica viene vendutala metà dei biglietti. È unproblema italiano, non veronese: il pubblico nellalirica è generalmentein calo, nell’extra-lirica in crescita. Bisognerebbepassare ad una gestioneprivata. L’Arena, in fin deiconti, sta meglio di altre»

Luca Zaia e Flavio Tosi

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FURIO HONSELL: DA UDINE ALLA REGIONE, I DIRITTI CIVILINEL PATRIMONIO FRIULANO

FURIO HONSELL: DA UDINE ALLA REGIONE, I DIRITTI CIVILINEL PATRIMONIO FRIULANO

R. Sono arrivato la prima volta a Udineda studente universitario in autostop, poida professore con un concorso nazionale.La mia prima lezione si è svolta nel lon-tano anno accademico 1988-1989. All’e-poca era un’università molto giovane, eper non disturbare quelle limitrofe l’ave-vano obbligata ad avere dei corsi alloraconsiderati secondari: Informatica, Con-servazione dei beni culturali, Agraria.Questo la dice lunga su quanto sia diffici-le prevedere il mondo. Sono stato rettoredal 2001 al 2008, anno in cui mi sono di-messo; solo dopo mi sono candidato co-me sindaco. Da rettore ho conosciutomolto del territorio sotto tantissimi profi-li. Sono stato il propugnatore, tra la finedel secolo scorso e l’inizio di questo mil-lennio, di quella che è stata chiamata laterza missione dell’università: il servizioal territorio, posto che la prima fu quellameramente didattica, e la seconda, conFriedrich Wilhelm Von Humboldt agliinizi dell’Ottocento, di ricerca. Quandomi sono candidato, l’ho fatto con la listacivica di sinistra Innovare con Honsell.

D. Due mandati, questo giunge altermine. Quali i suoi riferimenti inquesti 10 anni?

R. Innanzitutto ho firmato il patto dei

sindaci 202020 nel 2009. Esso prevedel’abbattimento del 20 per cento delleemissioni di CO2 da fonti fossili, l’au-mento della percentuale energetica dafonti rinnovabili e l’efficientamento,quindi la riduzione dei consumi energeti-ci del 20 per cento. Mi sono ispirato mol-to alla sostenibilità ambientale. I 17SDG, «sustainable development goals»delle Nazioni Unite, prima ancora che lifacessero, erano nella mia visione. Unadelle cose delle quali sono più orgogliosoè che da rettore si progettò un grande si-stema di cogenerazione di energia elettri-ca e calore in ospedale, con un sistema diraccolta e di ritrasferimento, attraversoun sistema di teleriscaldamento, a tutta lacittà: sono dovuto diventare sindaco pervarare questo tipo di servizio pubblico.Oggi abbiamo diversi edifici, tra cui ilPalamostre, riscaldati con calore che al-trimenti andrebbe sprecato.

D. Udine è più «sostenibile» ora?R. C’è tutto uno spettro di iniziative,

inclusa l’illuminazione a led di tutta Udi-ne. Quindi, una cosa che poche città han-no è il regolamento edilizio obbligatorio,che io ho varato per far sì che l’involucrodi un edificio non abbia dispersione ter-mica. Altra stella polare è l’essere parte

circa 20 chilometri dalla Slovenia,100 dall’Austria, 150 dalla Croazia,di certo Udine è più vicina all’est eu-ropeo che non all’Italia. In molti sen-si. E nonostante potrebbe fregiarsi di

un senso quasi «padano», nordico, per lasua altitudine, ricchezza, posizione, e ri-vendicare più di altre Regioni italiane ladistanza da Roma, in senso politico, èuna città di integrazione e di diritti civili.Per definizione. Sarà, il fatto che il Friuli-Venezia Giulia ha già uno Statuto specia-le, dunque autonomia ed esperienza; saràche in questi ultimi 10 anni è stata rettada un sindaco di centro-sinistra; sarà chel’identità friuliana non si misura sullacarta ma sul campo, e che esiste una lun-ga storia di emigrazione ed immigrazioneche vede Udine attiva (ne sono testimonii «fogolâr furlans», associazioni di friu-liani nel mondo); sarà la coabitazione conl’Europa, quella del nord e dell’est.

Sarà tutto questo, ma di certo Udine ri-sulta - anche dopo il terremoto del 1976(scosse a maggio e a settembre) che videlì proprio il suo epicentro - florida. La ri-costruzione fu rapida e completa e subito,a due giorni dal sisma, il Consiglio regio-nale del Friuli-Venezia Giulia stanziò coneffetto immediato 10 miliardi di lire. Ilmodo in cui venne gestito il dramma èancora alto esempio di efficienza.

I dieci anni per il doppio mandato del-l’attuale sindaco Furio Honsell stannoper terminare: dal 28 aprile 2008 al 31 di-cembre 2017 la città, che ha appena ospi-tato al Festival Mimesis i più grandi filo-sofi e pensatori italiani, è uno dei capo-luoghi italiani dei diritti civili anche gra-zie a lui. Il caso di Eluana Englaro, co-stretta 17 anni in stato vegetativo per ac-canimento terapeutico; le unioni civili (èdi Honsell la trascrizione del matrimoniodi Adele Palmieri e Ingrid Owen primache ci fosse una legge ad hoc), la protestadei quattro dipendenti della Gros Marketdi Pradamano (sul tetto è salito anche ilsindaco), l’accoglienza dei rifugiati e deivicini di casa. Honsell, nato a Genova,già rettore dell’Università di Udine, ma-tematico e rigoroso scientifico, ora èpronto per la sfida alle regionali.

D. Da Genova a Udine: che percorsol’ha portata in Friuli?

Furio Honsell,sindaco di Udine

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a cura di ROMINA CIUFFA

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della rete europea «healthy cities», cittàsane, dell’Organizzazione mondiale dellasanità; siamo sempre stati la città di rife-rimento nella promozione degli stili di vi-ta sani e della salute, intesa come benes-sere dei cittadini non solo fisico ma an-che emotivo e relazionale.

D. È stato (ed è) anche un sindaco in-novativo, non senza ricevere polemi-che. Dalle unioni civili all’eutanasia.

R. Una delle cose che deve fare un sin-daco è dare forza a chi ha buone idee. Incittà ci sono 100 mila abitanti e con l’u-nione dei Comuni stiamo arrivando a 150mila. Pensi ad esempio ai matrimoni: cisono quelli in fin di vita, quelli in carcere,ci sono le unioni civili per le quali mi so-no battuto molto avendo avuto ancheconflitti con il prefetto. Ho registrato unadelle prime, e quando è passata la leggeabbiamo fatto sì che non ci fosse discri-minazione. Molte sono state le situazionianche non previste dove si è dovuto fer-mamente difendere i diritti civili, adesempio quando nella casa di riposo «LaQuiete» abbiamo reso giustizia a Beppi-no Englaro, padre di Eluana, sottopostaper anni ad alimentazione forzata.

D. Un suo commento sull’eutanasia?R. Parlo di diritto alla giustizia. Se leg-

ge la sentenza della Corte di appello avràle lacrime agli occhi, ma non dubbi: nondi eutanasia si è trattato, ossia procu-rare la morte in modo razionale o so-cratico, né di accanimento terapeutico,ma dell’articolo della Costituzione chedice che si possono rifiutare le cure.Chiamai il presidente Napolitano perchiedergli di non firmare la legge che glistava passando Berlusconi perché illegit-tima, e mi disse che non lo avrebbe fatto.

D. In Friuli è molto vivo il tema del-l’immigrazione e dei richiedenti asilo,considerato anche il territorio. Comelo ha affrontato?

R. Abbiamo vissuto negli ultimi 5 anniun arrivo massiccio di coloro che il sudItalia ha mandato al nord e di quelli pro-venienti da altri luoghi, come Pakistan oAfghanistan, con picchi di duemila per-sone; ora siamo a circa mille. Non homai rifiutato: abbiamo mantenuto unalto livello di civiltà dando ospitalità atutti in modo anche autonomo, consi-derato che il Governo di allora li lasciavain giro nel periodo in cui dovevano fare idocumenti. Non solo li ho ospitati nellepalestre, nelle tende, nei parchi, ora 350vivono in appartamenti e con la CroceRossa abbiamo avviato l’apertura a talifini di alcune caserme chiuse. Ad Udinespiccano ora romeni in primis, poi alba-nesi, quindi ghanesi. Questi ultimi sonostati sostituiti dalle ucraine, per via del la-voro da badanti: abbiamo un indice divecchiaia di 218, ossia ogni 100 under 14abbiamo 218 over 65. Udine conta 100mila abitanti e degli 800 bambini nati loscorso anno la metà ha genitori stranieri.L’età media degli udinesi è di 47 anni, mase togliamo gli stranieri va ben oltre i 50.

que. C’è anche l’Udinese, un forte veico-lo dell’identità friulana (una delle più an-tiche d’Italia essendo nata nel 1896, ndr):ho rifatto lo stadio vendendolo, sa che micostava più di un milione l’anno per te-nerlo ai vertici richiesti dalla Uefa? Ora èdell’Udinese per 99 anni.

D. E gli udinesi si sono lamentati delcambio di nome, non più Stadio Friulima Dacia Arena: l’Udinese Calcio spaha imposto la denominazione commer-ciale cedendo il «naming right» alla ca-sa automobilistica rumena.

R. Avrei fatto un contratto di «na-ming», i consiglieri comunali non l’han-no voluto fare. E pazienza.

D. Si è sentita la crisi ad Udine e, piùin generale, in Friuli?

R. Sono divenuto sindaco quando inItalia è iniziata la recessione economica,ma con certe operazioni siamo riusciti acompensare le minori entrate. Per esem-pio, con il led la spesa per l’illuminazionepubblica è scesa da 3 a 1,8 milioni, cosìcome la spesa per il riscaldamento degliedifici pubblici è scesa da 3 a 1,2 milionil’anno. La recessione ha colpito soprat-tutto i settori maturi e quelle aziende chenon controllavano la filiera ma eranosubfornitori per qualcun altro. Chi avevauna forte internazionalizzazione e il con-trollo della filiera produttiva è andatomolto bene, chi vendeva il made in Italyall’estero non ne ha sofferto, chi facevacomponentistica in molti casi è fallito.Deve pensare che in Friuli abbiamo avutosempre diaspora e immigrazione, fino adun fatto che si pensava fosse la fine di tut-to e invece non lo è stato, il terremoto:poteva essere il colpo di grazia, ma èstata una scintilla. Abbiamo avuto unrinascimento e siamo diventati terra diimmigrazione, fino al 2008. La stessauniversità è nata per il terremoto. Si dice-va che il Friuli dovesse uscir fuori dalterremoto con la testa, ossia con l’uni-versità, alla maniera dei vivi, che sonotirati fuori dalle macerie dal capo, enon dai piedi, ossia con una nuova emi-grazione, alla maniera dei morti. ■

Ecco perché bisogna integrare gli stra-nieri, è questa la grande sfida. Abbiamoin Friuli 110 chilometri quadrati di areemilitari dismesse, su 400 siti. L’intera su-perficie di Udine copre 56 chilometriquadrati. Perciò alcune caserme, come laCavarzerani, sono state recuperate per irichiedenti asilo. Quando è in gioco que-sto tema, si fa appello ad aspetti umoralie superficiali; bisognerebbe invece pia-nificare in che modo promuovere l’in-clusione sociale. Noi l’abbiamo fattoperché è tra i valori della città, e corre-lato c’è quello dell’equità. Quarto degliobiettivi europei di sviluppo sostenibile euno degli aspetti più delicati dell’attualecoesistenza civile è proprio quello delladisparità economica e sociale.

D. Un decennio di cambiamento,dunque, e accrescimento?

R. Ho fatto piantare in città anche il«ginkgo biloba», un albero importan-te: pochi sanno che è il primo che creb-be, spontaneamente, ad Hiroshima,quando tutto era stato raso al suolo.Questo è il significato del mio mandato.Non so se Udine è cresciuta con me,senz’altro mi auguro di non averla dan-neggiata. Quando incontro qualcuno chemi dice che sono il peggior sindaco daldopoguerra - ogni tanto capita - rispondosempre: «Aspetti di vedere il prossimo».La critica c’è sempre. Una delle sindromipsicologiche più comune è quella dell’a-vailability bias: i cittadini ritengono piùimportante ciò che è più disponibile,quindi chiedono di chiudere le buche nel-le strade. Ma quando l’ho fatto, mi hannonuovamente interpellato perché, senzabuche, le auto correvano troppo ed eranodivenute pericolose. In compenso, ho ri-fatto le palestre nelle scuole perché bam-bini e atleti non abbiano cemento sotto aipiedi ma una superficie assorbente atta anon creare lesioni.

D. Udine e l’Europa: cosa c’è?R. Innanzitutto ci sono la reputazione

ed il prestigio che i friulani hanno nelmondo; inoltre ci sono i «fogolâr furlans»che consentono di trovare friulani ovun-

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Alcantara® da oggi anche in Corea in viaufficiale: nell’evento«Realize potential withAlcantara» a Seoulè stato presentato ilmarchio made in Italy,che coniuga tradizioneed innovazione con l’impegno nelle moltepartnership mondiali

Si è tenuto, presso il K Contempo-rary Museum di Seoul, l’eventoufficiale di lancio di Alcantara in

Corea. Alcantara, unico produttoredell’omonimo materiale, è uno dei piùprestigiosi brand del made in Italy, ca-ratterizzato da un lifestyle contempo-raneo in grado di enfatizzare il poten-ziale di ogni marchio.

L’evento, dal titolo «Realize poten-tial with Alcantara», si è aperto conun intervento del presidente e ammi-nistratore delegato di Alcantara An-drea Boragno: «Siamo molto onoratidi essere oggi qui, nella meravigliosacornice di Seoul. Siamo fortementeconvinti che le nostre continue part-nership con i marchi più prestigiosi alivello internazionale dimostrino l’im-pareggiabile potenziale di Alcanta-ra®–ha commentato–. Crediamo cheaziende coreane provenienti dal set-tore manifatturiero e lifestyle possa-no esprimere tutto il loro potenziale,creando prodotti che dettino tenden-ze grazie all’unicità di Alcantara®».

Ha quindi aggiunto: «Alcantara èstata tra le prime aziende europeedel settore ad aver ottenuto lo statusdi Carbon Neutral nel 2009. Un valo-re, questo della sostenibilità, estre-mamente importante anche per ilmercato coreano».

Durante l’evento, la versatilità di Al-cantara® è stata presentata attra-verso le innumerevoli texture e coloriche caratterizzano i prodotti esposti,frutto di collaborazioni internazionali.

Grazie ad un giusto mix di tradizio-ne e innovazione, Alcantara diventaicona di uno stile di vita contempora-neo e partner privilegiato dei brandpiù rinomati in numerosi settori. Gliinterni delle automobili di brand pre-stigiosi come Ferrari, Maserati,Aston Martin e Lamborghini, sono im-preziositi dal materiale di lusso Al-cantara®.

Alcuni dei più importanti marchidella moda, tra cui Adidas e Swarov-ski, hanno lanciato collezioni esclusi-ve in collaborazione con Alcantara®per il suo comfort eccezionale e la

IL LIFESTYLE DI ALCANTARAARRIVA FINO ALLA COREA

« B R A N D » M A D E I N I T A L Y

sua eleganza senza tempo. La suaversatilità si estende inoltre ai più fa-mosi marchi di arredamento al mon-do: Torre, Cappellini e Ligne Rosethanno abbellito i loro prodotti conquesto esclusivo materiale nell’ambi-to di innumerevoli partnership.

Alcantara SpA è anche il principalepartner per la progettazione e produ-zione di accessori per i più famosiprodotti del settore dell’elettronica diconsumo: dispositivi di lusso come le

cuffie On-Ear Sennheiser, le casseOnkyo e gli ultimi Tablet SurfacePro di Microsoft hanno adottato ilmateriale per offrire un’esperienzasensoriale impareggiabile. Una dellepiù recenti collaborazioni, quellacon Samsung, ha visto il lancio dicover in Alcantara® per il GalaxyS8, S8+ e Note 8, contribuendo co-sì a far conoscere maggiormente ilbrand in Corea.

Attraverso l’evento coreano, l’a-

L ’ A Z I E N D A P U N T A A D A C C R E S C E R EL A « B R A N D A W A R E N E S S » I N E U R O P A ,

N O R D A M E R I C A E D A S I A , E D A N N U N C I AU N P I A N O D I I N V E S T I M E N T O D I

3 0 0 M I L I O N I P E R I P R O S S I M I 5 A N N I

Andrea Boragno

Presidente

e Amministratore Delegato

di Alcantara

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zienda punta ad accrescere ancora dipiù la propria «brand awareness» inEuropa, Nord America e Asia, incre-mentando la presenza in questi mer-cati. Per tenere il passo con la cre-scente domanda del mercato, Alcan-tara ha inoltre annunciato di recenteun piano di investimento di 300 milio-ni distribuiti nei prossimi cinque anniper raddoppiare la propria capacitàproduttiva. ■

Alcantara® a Seoul

F ondata nel 1972, Alcantaracon la sua produzione rap-presenta un esempio di ec-

cellenza e qualità italiane. Marchio registrato di Alcantara

spa e risultato di una tecnologiaunica e proprietaria, Alcantara® èun materiale altamente innovati-vo, in grado di garantire prestazio-ni sensoriali, estetiche e funzionalidi insuperabile qualità.

La straordinaria versatilità delmateriale ha indotto marchi pre-stigiosi a scegliere Alcantara perle proprie produzioni nei settoridella moda e degli accessori, del-l’automotive, dell’interior design earredamento, dell’elettronica diconsumo. Queste caratteristiche,unitamente all’impegno costantee certificato in termini di sosteni-bilità, fanno di Alcantara una veraicona del lifestyle contemporaneo:il lifestyle di coloro che voglionogodere appieno della vita, nel ri-spetto dell’ambiente.

Nel 2009 ha ottenuto la certifi-cazione di Carbon Neutrality, obiet-tivo conseguito grazie alla misura-zione, riduzione e compensazionedelle emissioni di CO2 derivanti dal-l’attività produttiva. Per dar contodei progressi in questo ambito Al-cantara ogni anno redige un Bilan-cio di Sostenibilità certificato e di-sponibile sul sito della società.

L’headquarter di Alcantara sitrova a Milano, mentre l’impiantoproduttivo e il Centro Ricerche so-no ubicati nel cuore dell’Umbria, aNera Montoro (Terni). ■

IN PILLOLE

www.alcantara.com

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er accelerare i tempi dellagiustizia si modificano aripetizione le impugnati-ve. In particolare, il giudi-

zio per cassazione cambia ogni annoe si è arrivati addirittura a proporrequattro riti per risolvere le contro-versie. Importante non è però que-sto, ma assumere la responsabilità daparte dei cittadini (e quindi degli av-vocati) di proseguire la propria sortegiudiziaria davanti al giudice delleimpugnative solo nel caso di proba-bilità di successo e di erroneità pale-se della decisione di merito. Dalla lo-ro parte, i giudici dovranno studiarei processi, leggere bene tutte le carte,non utilizzare gli strumenti deflattiviin maniera abnorme (qualcuno lo fa)ed assicurare stabilità di principi e dicriteri decisionali.

Si sono introdotte forti innovazioniper il ricorso per cassazione anchenel settore penale. Si elimina la possi-bilità che il ricorso possa essere pro-posto personalmente dall’imputato;si prende atto della necessità di assi-curare una selezione più efficace deiricorsi in entrata (nel 2015 risultanosopravvenuti oltre 53 mila ricorsi),prevedendo che almeno le inammis-sibilità evidenti siano dichiarate inbase ad una procedura semplificata,senza formalità; si prevede che, in ra-gione della causa di inammissibilità,la sanzione pecuniaria in favore dellacassa delle ammende possa essereaumentata; si propone di delimitareil ricorso per cassazione alla sola vio-lazione di legge in caso di «doppiaconforme» assolutoria; si ampliano icasi in cui la Corte di cassazioneprovvede all’annullamento senzarinvio; si propone la costruzione diun modello legale di motivazionedella decisione di merito, che si ac-corda con l’onere di specificità e de-cisività dei motivi di ricorso.

Un’attenzione particolare viene ri-servata alla funzione di assicurarel’uniforme interpretazione della leg-ge e, quindi, la certezza del diritto,introducendo meccanismi di raccor-do tra le sezioni semplici e le sezioniunite della Corte di cassazione, diret-ti a ridurre i casi di contrasto giuri-sprudenziale.

Ma resta fermo il fatto che nessunasvolta radicale del processo in termi-ni di celerità ed efficienza potrà esse-re realizzata, se non si sarà in gradodi risolvere il problema del numeroabnorme dei procedimenti penali,derivante da un complesso di fattori:ipertrofia del diritto penale, eccessi-va latitudine del ricorso per cassa-zione, numero abnorme degli avvo-cati cassazionisti.

Una recente proposta legislativaestende i casi in cui la Suprema Corte

tra avvocati e docenti universitari.Lo prevede lo schema di decreto leg-ge approvato dal Consiglio dei mini-stri recante «Misure urgenti per ladefinizione del contenzioso presso laCorte di cassazione, per garantire laragionevole durata del processo eper l’efficienza degli uffici giudizia-ri». Lo schema, messo a punto dalMinistero della giustizia, è suddivisoessenzialmente in due parti: da unlato introduce una serie di modifichedella procedura davanti alla Supre-ma Corte volte a contenere al mini-mo i tempi della giustizia; dall’altro,con i primi 11 articoli, detta normespecifiche per deflazionare il conten-zioso tributario pendente presso laCorte di cassazione, rimpinguando-ne l’organico.

L’incarico di giudice ausiliarioavrà durata quinquennale, con cessa-zione anticipata al compimento delsettantottesimo anno di età. Ai giudi-ci ausiliari così nominati, che il pri-mo presidente assegnerà alla sezionetributaria, sarà attribuita un’inden-nità onnicomprensiva trimestrale di200 euro per ogni provvedimentoche definisce il processo fino a unmassimo di 30 mila euro annui. Loschema punta a evitare il rischio diun collasso della Cassazione.

Come documentato dal Rapporto2016 della Banca mondiale, la giu-stizia italiana, pur classificandosi alsecondo posto in termini di «qualitàdel servizio» (dietro solo al RegnoUnito), schizza addirittura al cen-toundicesimo in rapporto ai «tempie costi» di risoluzione delle contro-versie, disincentivando marcata-mente lo sviluppo dell’iniziativaeconomico-privata.

In questo scenario la Corte di cas-sazione è l’istituzione che più di tutterisulta congestionata nella propriaefficienza in considerazione dell’on-tologica incapacità del proprio orga-nico a far fronte ai nuovi ricorsi cheogni anno vengono presentati (sti-mati in circa 80 mila) che, conseguen-temente, finiscono per aggravare unasituazione sempre più irrecuperabi-le. Con riferimento alla materia civi-le, in particolare, nonostante i ripetu-ti aumenti delle spese di giustizia,vengono iscritti ogni anno circa 30

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SPECCHIOECONOMICO

C R O N A C H E G I U D I Z I A R I E

Aiuto: l’Italia è al 111esimo posto per tempi

e costi della giustizia

RIMEDI INEFFICACI PER DEFLAZIONAREI RICORSI PER CASSAZIONE E GLIAPPELLI: VIOLATI I DIRITTI DI DIFESA

DI MAURIZIO DE TILLAP R E S I D E N T E D E L L ’A S S O C I A Z I O N E

N A Z I O N A L E AV V O C AT I I TA L I A N I

decide in Camera di consiglio: laCassazione, a sezione semplice, sipronuncia sempre con ordinanza inCamera di consiglio, salvo casi diparticolare rilevanza della questionedi diritto. Da notare che in Camera diconsiglio la Corte Suprema decidesenza l’intervento del pm e delle par-ti, che hanno un termine per deposi-tare gli atti difensivi scritti. Si tratten-gono in Camera di consiglio i proce-dimenti per la decisione sulle istanzedi regolamento di giurisdizione e dicompetenza. Allo stesso modo sullarinuncia, e nei casi di estinzione delprocesso disposta per legge, la Corteprovvede con ordinanza, a meno chedebba decidere altri ricorsi contro lostesso provvedimento fissati per lapubblica udienza.

Viene modificata la procedura dicorrezione di errori materiali, chepuò essere chiesta, e rilevata d’uffi-cio, in qualsiasi tempo. La revocazio-ne può essere chiesta entro il termineperentorio di 60 giorni dalla notifica-zione, ovvero di sei mesi dalla pub-blicazione del provvedimento. Inogni caso, anche quando si va inudienza, non ci devono essere lun-gaggini: si abbrevia la discussione, inquanto non sono ammesse repliche.

Rinforzi in Cassazione anche persmaltire le pendenze tributarie attra-verso 70 giudici ausiliari, scelti anche

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mila processi (con un arretrato che siaggira intorno ai 100 mila) dei qualicirca la metà riguardano la sezionetributaria.

Si cerca di aiutare anche con la sin-tesi nella compilazione degli atti. In-tanto, si è ritenuto che l’obbligo di re-digere un paragrafo di sintesi finalecon un quesito di diritto nel ricorsoin cassazione, che riassuma il ragio-namento seguito e indichi il princi-pio di diritto che si ritiene violato, èconforme alle regole dell’equo pro-cesso garantite dall’articolo 6 dellaConvenzione europea dei diritti del-l’uomo. È la Corte di Strasburgo astabilirlo, con la sentenza depositatail 15 settembre con la quale i giudiciinternazionali hanno respinto un ri-corso contro l’Italia (ricorso n. 32610del 2007). I giudici internazionalipartono dalla constatazione che ildiritto a un giudice non è un dirittoassoluto, ma si presta a limiti. GliStati possono intervenire, grazie almargine di apprezzamento previstonella stessa Convenzione, preveden-do regole idonee ad assicurare ilbuon funzionamento della giustizia.

Detto questo, però, pur nella di-screzionalità concessa, gli Stati pos-sono porre unicamente limiti cheperseguano un fine legittimo e sianoproporzionali. Inoltre, nella fase ap-plicativa, i giudici nazionali non de-vono procedere a interpretare le con-dizioni di ricorso in modo troppoformale, rischiando di violare il dirit-to di accesso alla giustizia.

La compatibilità dei limiti previstidall’ordinamento interno con il dirit-to di accesso alla giustizia dipende,poi, dalle particolarità della procedu-ra, tenendo conto dell’insieme delprocesso e del ruolo svolto dalla Cas-sazione. Con la conseguenza che lecondizioni di ricevibilità in ultimogrado possono essere più rigoroseche nei casi di azione in appello. Ilprincipio può essere giusto, ma è in-certa l’applicazione che potrà farne illegislatore italiano che pone normedirette solo alla deflazione dei pro-cessi, con soppressione dei diritti.

Per abbreviare e facilitare i giudi-zi agli immigrati è pronta una rifor-ma processuale. Oggi un richiedenteasilo resta in attesa di una rispostanon meno di 24 mesi: i primi 12 van-no via, in media, per istruire la prati-ca e ottenere risposta alla domandadi protezione presentata alla compe-tente commissione territoriale. In ca-so di diniego, almeno un anno poitrascorre tra il primo e il secondogrado di giudizio, visto che quasisempre i migranti presentano ricorsocontro la decisione sfavorevole.

Gli ultimi dati del Ministero dico-no che nel 2016 circa il 60 per cento

SPECCHIOECONOMICO

Il Palazzo di Giustizia a Roma

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delle domande di protezione presen-tate vengono rigettate. Questo incre-mento si è tradotto inevitabilmentein un altrettanto esponenziale au-mento del numero delle impugna-zioni in sede giurisdizionale. Duran-te i primi 5 mesi del 2016 nei tribuna-li sono stati iscritti 15 mila ricorsi inmateria, con circa 3.500 nuovi ricorsial mese. Aumentano quindi i dinie-ghi, e crescono di pari passo i ricorsiin tribunale. Le sedi maggiormenteoberate sono Napoli e Milano, segui-te da Roma e Venezia. Prima che unricorso possa essere definito, però,serve del tempo: nei primi mesi del2016 soltanto 985 casi sono andati asentenza e con una bassissima per-centuale di accoglimenti totali.

Di qui la proposta di abolire ilgrado di appello per i profughi. Unascelta impropria che sostituiscequella necessaria (e dovuta) di pre-disporre risorse e procedure per ab-breviare i tempi dei procedimenti.In Italia solo il 5 per cento dei richie-denti asilo ottiene lo status di rifugia-to. Il 13 per cento riceve il permessodi soggiorno per protezione sussidia-ria, che dura 5 anni e viene rilasciatoa chi rischia di subire un danno gra-ve nel caso di rientro nel proprioPaese, mentre il 19 per cento conse-gue la protezione per motivi umani-tari (24 mesi, prorogabili).

Ma negli ultimi anni, a fronte del-l’aumento dei flussi, il Viminale haimposto una stretta rendendo i criteripiù stringenti. Il risultato è che laquota di domande respinte si è im-pennata: 22 per cento nel 2012, 39 percento nel biennio successivo, 59 percento nel 2015, fino a toccare il 63 neiprimi otto mesi del 2016. Le richiestedi asilo sono in aumento. Quel che ècerto è che, dei quasi 58 mila migran-ti che da inizio 2016 hanno ricevutorisposta alla domanda di asilo in Ita-lia, la maggioranza non può restare:

oltre 34 mila stranieri hanno ricevutoun foglio di via con l’obbligo di la-sciare il territorio nazionale entrodieci giorni. Cosa che quasi mai acca-de: il documento, spesso, è il prelu-dio a una vita da fantasma nel mon-do della clandestinità.

Per i migranti che si vedono re-spinta la richiesta d’asilo resta la pos-sibilità di presentare ricorso in un tri-bunale ordinario, le cui sentenzepossono essere a loro volta impugna-te davanti alla Corte di appello e, inultima istanza, in cassazione. Neiprimi cinque mesi dell’anno i mi-granti ad aver presentato ricorso so-no stati 3.500 al mese, circa la metà dicoloro che si erano visti rigettare ladomanda d’asilo. Il ministro dellaGiustizia Andrea Orlando ha propo-sto di creare tribunali specializzaticon giudici dedicati e di sopprimerel’appello. I precedenti interventi de-flattivi si sono rivelati fallimentari.

La negoziazione assistita in mate-ria di famiglia è un flop. Si susse-guono indagini fiscali da parte delleprocure per stabilire la congruità del-l’assegno per i minori nonostante gliaccordi già verificati e certificati da-gli avvocati, oltre che l’applicazionedelle regole a macchia di leopardosul territorio: dalla documentazioneda allegare in fase di trasmissionedell’accordo alla procura, al momen-to dal quale far partire i termini perl’invio dell’accordo all’ufficio di sta-to civile, alla possibilità di ascolto delminore. Ogni ufficio giudiziario fa amodo suo. Con il rischio di sanzioniper gli avvocati e invalidità dell’ac-cordo ove impugnato. È questo il ri-sultato di un’indagine svolta dal-l’OUA, l’Organismo unitario del’av-vocatura italiana.

Riguardo alle indagini fiscali, nu-merosi avvocati hanno risposto posi-tivamente alla domanda se venganoeffettuate, da parte del pm, indagini

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sotto forma di patrocinio a spese del-lo Stato, sempre previsto per la me-diazione giudiziale, mentre con por-tata più limitata nei casi di quella ex-tragiudiziale.

Hanno scelto la strada delle san-zioni per promuovere la mediazione5 Stati membri. L’Ungheria, ad esem-pio, le prevede per le parti che, dopoaver concluso un accordo, agisconocomunque in giudizio; l’Irlanda neicasi in cui vi sia un «rifiuto ingiustifi-cato di prendere in considerazione lamediazione». L’Italia preclude allaparte vincitrice di ripetere le spese«se il provvedimento che definisce ilgiudizio corrisponde al contenuto diuna proposta di mediazione» rifiuta-ta in precedenza. Stessa situazioneper le parti che, malgrado la previ-sione dell’obbligatorietà della me-diazione, agiscano immediatamentein giudizio. In Slovenia, penalizzatele parti che senza giustificazione ri-fiutano la mediazione.

Per quanto riguarda il campo og-gettivo di applicazione della media-zione, è l’ambito familiare a esserequello più interessato soprattutto perle questioni sull’affidamento di mi-nori, i diritti di visita e i casi di sottra-zione. Resta, invece, ancora al palo opoco utilizzata la mediazione nelleprocedure d’insolvenza.

Sul fronte dell’esecutività dell’ac-cordo finale, alcuni Stati si sono spin-ti oltre, in positivo, rispetto alla diret-tiva. Italia, Belgio, Repubblica Ceca eUngheria ammettono l’esecutivitàdegli accordi di mediazione anchesenza il consenso di tutte le parti.

Completa attuazione, in tutti gliStati membri, delle regole che im-pongono la riservatezza della media-zione, così come per gli effetti della

prescrizione e della decadenza. Intutti gli Stati è garantito alle parti diavviare un procedimento giudiziariodopo la mediazione anche se durantel’iter sono scaduti i termini di pre-scrizione. Per attuare l’articolo 4 del-la direttiva, che impone meccanismidi controllo della qualità, 19 Statimembri hanno previsto codici dicomportamento, ispirandosi in molticasi al Codice europeo di condottaper mediatori, mentre altri Paesihanno lasciato spazio ai fornitori del-le prestazioni di mediazione. Moltoutilizzata, per monitorare la qualitàdei servizi, la procedura di accredita-mento obbligatoria per i mediatori eper i registri dei mediatori.

Non tutte le cause richiedonoun’ampia ed elaborata istruttoria eun ulteriore approfondimento dellequestioni giuridiche. Alcune cause sipossono risolvere subito. L’accordobonario fra le parti può essere agevo-lato dal giudice, con una propostaformulata alla prima udienza e, co-munque, prima dell’istruttoria. Ciòlo consente l’art. 185 bis c.p.c.; performulare la proposta il giudice puòsentire in contraddittorio le parti (e iloro difensori), dopo aver letto atten-tamente le carte del processo.

Pochi giudici fanno però uso diquesta norma. E fra costoro si segna-lano, purtroppo, proposte fuori daogni possibile realtà conciliativa, Vachiarito che il giudice deve averepazienza e disponibilità (non essen-do un despota) e deve ricercare, consapienza ed abilità, il dialogo tra leparti. In conclusione, va sottolineatoche qualsiasi innovazione processua-le non può ledere il diritto di difesa(art. 24) e il giusto processo (art. 111)di cui alla nostra Costituzione. ■

38 SPECCHIOECONOMICO

fiscali sui redditi dei coniugi, ai finidella verifica della congruità dell’as-segno di mantenimento in favore deifigli. Con effetti sulle statuizioni eco-nomiche, effetti fiscali, anche attra-verso delega alla Guardia di finanzao con modifica dei provvedimentigià certificati dagli avvocati.

Il problema è che, trattandosi di ac-cordi certificati da pubblici ufficiali,il pm non dovrebbe poter mettere indubbio che quanto verificato in sededi negoziazione non corrisponda alvero. Ne va della convenienza dell’u-tilizzo dello strumento della nego-ziazione e del ruolo chiave degli av-vocati all’interno dell’accordo.

Altra questione è il rilievo da partedella Procura del mancato rispettodel termine di dieci giorni per la tra-smissione dell’accordo stesso; e ulte-riore punto controverso riguarda ladecorrenza del termine per la suatrasmissione all’ufficio di stato civile.

A macchia di leopardo il compor-tamento dei presidenti del tribunale:il 38 per cento suggerisce ai coniugile modifiche dell’accordo che ritieneopportune e, se recepite, lo autoriz-za, il 12 per cento trasmette alla Pro-cura per l’autorizzazione, il 18 percento valuta l’accordo e quindi lo au-torizza, l’8 per cento lo trasmette allaProcura con le proprie osservazioni.

Vi è da rilevare che a cinque annidall’applicazione della direttiva UE2008/52 la Commissione europea hafatto il punto sull’attuazione dell’at-to Ue, tracciando il quadro degli ef-fetti negli Stati membri. Nodo cen-trale resta sempre quello dell’ob-bligatorietà o no della mediazione.L’articolo 5, paragrafo 2, della diret-tiva, infatti, lascia autonomia agliStati che, in base alla legislazionenazionale, possono rendere obbliga-torio il ricorso alla mediazione, pre-vedere incentivi o sanzioni a condi-zione che non sia compromesso l’e-sercizio del diritto di accesso al si-stema giudiziario.

Sotto questo profilo le strade degliStati europei si sono divise: sono 5 iPaesi membri che sanciscono l’ob-bligatorietà della mediazione pernumerose controversie. In questogruppo rientrano l’Italia, l’Ungheriae la Croazia, quest’ultima soprattut-to in materia familiare. Ci sono poiStati (13 in tutto) che prevedono in-centivi finanziari talvolta sotto for-ma di riduzione o rimborso integra-le delle spese e dei costi legati alprocedimento se è raggiunto un ac-cordo.

La Slovacchia rimborsa, a secondadella fase processuale in cui vieneraggiunto l’accordo, il 30 per cento, il50 per cento o il 90 per cento dei di-ritti di cancelleria. La Germania, in-vece, prevede incentivi finanziari

Come documentatodal Rapporto 2016della Banca mondia-

le, la giustizia italiana, purclassificandosi al secondoposto in termini di qualitàdel servizio» (dietro solo alRegno Unito), schizza addi-rittura al centoundicesimoin rapporto ai tempi e costidi risoluzione delle contro-versie, disincentivando losviluppo dell’iniziativa eco-nomico-privata. La Corte diCassazione è l’istituzioneche più di tutte risulta con-gestionata nella propria ef-

ficienza in considerazionedi una ontologica incapa-cità del proprio organico afar fronte ai nuovi ricorsiche ogni anno vengono pre-sentati (stimati in circa 80mila) che finiscono per ag-gravare una situazionesempre più irrecuperabile.Con riferimento alla mate-ria civile, in particolare, no-nostante i ripetuti aumentidelle spese di giustizia, ven-gono iscritti ogni anno cir-ca 30 mila processi, deiquali circa la metà riguar-dano la sezione tributaria

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vero, «posto» è propriobrutto in italiano, ma nonho trovato altro modo ditradurre dall’inglese la co-sa attualmente più popola-

re su Facebook, Twitter, Instagramper condividere frasi e commenti ovideo o fotografie. Le piattaformesocial sono la vera benzina nel mo-tore inesauribile dei dati che giranonella rete. E fra i dati non sono i testiquelli più pesanti dal punto di vistadella trasmissione in rete ma le im-magini, e soprattutto i video, chevengono postati con una frequenzaimpressionante a livello mondiale.

D’altra parte, leggere delle righe ditesto spesso annoia e richiede tempo,cosa non più accettabile dalla frene-sia imposta dalla rivoluzione digita-le: fare un post senza una foto è or-mai «vintage», cosa di altri tempi.

Con gli smartphone si fanno fotodi eccellente qualità e si condividonofacilmente con i gruppi ristretti deipropri «amici» (Facebook) o sullapiazza in mezzo alla città (Twitter),ed è la facilità d’uso che crea la «kil-ler application», non la tecnologiaavanzata.

Inondare la rete di foto fatte al mo-mento ha però l’effetto di svilire l’at-to stesso della fotografia, la quantitàva a discapito della qualità se ci ri-cordiamo gli anni in cui scattare unafotografia di valore era un’arte riser-vata a pochi in possesso della mac-china giusta e della conoscenza persvilupparla. E averne centinaia nellegallerie dei nostri smartphone nonaiuta certamente a selezionarle e ca-talogarle, altro che incollarle sugli al-bum: adesso se si cambia il cellularesi corre il rischio di perdere tutto.

Le applicazioni si moltiplicano: leimmagini e le foto cambieranno ilmercato della moda permettendol’acquisto online di capi di abbiglia-mento simulando la prova d’abito incamerino, chiedendo l’intervento delsarto, vedendosi addosso il vestito fi-nito.

39SPECCHIOECONOMICO

Ècentro delle analisi il riconoscimentofacciale, sfruttando alla bisogna i fil-mati e le foto scattate dai sistemi divideosorveglianza, che è stato il veronuovo business in Italia negli ultimianni: se non ci credete, quando cam-minate per strada alzate un attimo losguardo e vi accorgerete che non esi-ste piazza nelle grandi città senzauna telecamera di controllo.

I filmati personalizzati cambiano la«customer experience» perché ognisoggetto può riprodurre un suo vi-deo e condividerlo con la comunitàsciando, o facendo surf, o giocando atennis. E iniziano a diffondersi aprezzi abbordabili anche droni opseudo tali che volano su una vignae filmano lo stato di maturazionedell’uva permettendo di controllareda casa se ad esempio sono già arri-vati gli uccelli a mangiarsela tutta.

Questo immenso materiale digitalediventa oggetto di analisi dati sem-pre più sofisticate, che vedono nel-l’intelligenza artificiale la frontierapiù avanzata.

Esistono algoritmi di intelligenzaartificiale che permettono l’estrapo-lazione dell’audio di un labiale contante positive applicazioni, quali adesempio la possibilità di comprende-re discorsi sovrapposti o venire in-contro a chi ha problemi di udito. Manello stesso tempo si possono crearedelle «fake news». Come, è prestodetto: convertendo un file audioestrapolato da un discorso in un la-biale realistico e incollandolo su unviso preso da un video disponibile inrete, cioè mettendo in bocca ad unapersona cose che non ha mai dettomanipolando filmati ormai raggiun-gibili con un solo click.

Siamo solo all’inizio, la corsa all’u-tilizzo commerciale delle nuove tec-nologie va di pari passo con la dispo-nibilità di banda adeguata per averetutto ciò in vero tempo reale, ma la«killer application» sarà quella chemaggiormente ci farà sentire prota-gonisti e visibili tra la gente. ■

Ma la grande rivoluzione compor-tamentale, a mio avviso, è costituitadai video via smartphone che stannoveramente saturando la rete a ritmiimpensabili e che richiedono reti ditrasmissione dati sempre più veloci espazi di memoria sempre maggiori.La voglia di condividere, stupire,mettere il proprio «Io» al centro ditutto alimenta questa esplosione difilmati: dalla gita all’impresa sporti-va, dal tutorial su ogni argomentodello scibile umano ai reportage intempo reale che stanno veramentetrasformando il mondo dei media edella carta stampata.

La cybersecurity ormai mette al

«Postare» senza sosta è un riconoscimento di identità e presenza. Ossessivo. E siamo so-lo all’inizio, la corsa all’utilizzo commerciale delle nuove tecnologie va di pari passo con ladisponibilità di banda adeguata per avere tutto ciò in vero tempo reale, ma la «killer ap-plication» sarà quella che maggiormente ci farà sentire protagonisti e visibili tra la gente

FILMO, POSTO, CONDIVIDO:SENZA FOTO E VIDEO

NON È VERARIVOLUZIONE DIGITALE

FILMO, POSTO, CONDIVIDO:SENZA FOTO E VIDEO

NON È VERARIVOLUZIONE DIGITALE

di Fabrizio Padua

39 Padua G _3 ALBICOCCA CON BOX 16/11/17 10.46 Pagina 8

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a normativa delle leggi finan-ziarie per il 2016 e per il 2017,che ha incentivato i premi

aziendali e sancito la possibilità diconvertirli in prestazioni di welfare,ha prodotto risultati importanti nonsolo quantitativamente ma qualitati-vamente. Gli ultimi dati del Ministe-ro del Lavoro segnalano che dall’av-vio della procedura informatica peril deposito dei contratti, finalizzataad ottenere le agevolazioni fiscali, ledichiarazioni relative sono arrivate aoltre 26 mila, con una platea di 5 mi-lioni di lavoratori dipendenti interes-sati. Le dichiarazioni riguardanti con-tratti ancora in vigore sono 13.687,con un valore medio dei premi stima-to di poco superiore ai 2 mila euro.

Un’analisi approfondita dei conte-nuti di questi contratti, e in particola-re dei premi, è in corso a cura del Mi-nistero, in collaborazione con l’Inapp,Anpal e Cnel, i cui primi risultati sa-ranno presentati prima di Natale.Una novità importante è che la nego-ziazione dei premi non riguarda solole aziende medio-grandi ma si è este-sa alle piccole imprese fin qui poco onulla toccate da questi istituti.

Secondo l’accordo interconfedera-le Confindustria-sindacati del luglio2016 (e secondo un analogo accordostipulato per il settore del commercioe servizi), le piccole imprese possonousufruire delle agevolazioni sui pre-mi anche senza un accordo aziendalespecifico, ma facendo riferimento auno schema-tipo negoziato fra le or-ganizzazioni sindacali e imprendito-riali territoriali. Quasi il 20 per centodei contratti attivi (oltre 2 mila) sonolegati a questi schemi-tipo.

Passi avanti si sono fatti anchesul fronte della partecipazione. Èquesto un tema poco coltivato nellatradizione conflittuale delle nostrerelazioni industriali, ma che ora tro-va un motivo di sviluppo. Oltre1.600 contratti di secondo livello vi-genti prevedono forme paritetichefra azienda e lavoratori di organiz-zazione del lavoro. Queste formeparitetiche hanno ricevuto agevola-zioni fiscali specifiche già nelle scor-se leggi finanziarie. Con la manovri-na dell’aprile scorso (decreto 50 del2017), si è previsto un ulteriore in-centivo contributivo consistente nel-la riduzione di 20 punti percentualidell’aliquota contributiva a caricodelle imprese su una quota dei preminon superiore a 800 euro.

La diffusione dei premi così rag-giunta è senza precedenti in Italia econtribuirà a sviluppare anche nellepiccole unità produttive una culturadel «risultato», che è essenziale perstimolare la produttività e per farpartecipare i lavoratori alla vita e alleperformance aziendali.

di TIZIANO TREU

LLa pratica dei premi ha avuto un

ulteriore impulso con la stipula, neldicembre 2016, del contratto collet-tivo per il settore metalmeccanico.La novità di questo contratto riguar-da non solo le dinamiche retributive,ma anche la promozione del welfareaziendale oltre che della formazioneprofessionale. Finora questi istitutisono stati affrontati a livello azienda-le in modo diseguale e con poche ri-sorse. Il contratto dei metalmeccaniciconferisce loro rilievo e dimensionenazionale, generalizzandone l’appli-cazione e investendo considerevolirisorse. Le cifre risultanti dalle primeanalisi sono rilevanti. Si calcolanocirca 91 euro annui in più per la pre-videnza integrativa; 156 euro annuiper prestazioni sanitarie diverse; finoa 100 euro per flexible benefits nel2017 e fino a 200 nel 2019.

Con questa normativa il contrattonazionale non solo diventa più mo-derno e flessibile, ma rafforza il suovalore solidaristico sia nella retribu-zione di base sia in due materie im-portanti per rispondere ai bisognidelle persone e delle aziende.

A quasi un anno di distanza dallastipula del contratto, una ricerca del-la Federmeccanica condotta su uncampione di circa mille lavoratori di-pendenti ha fornito dati importantisulla diffusione e sui contenuti degliaccordi relativi al welfare aziendale.

In oltre la metà delle imprese italia-ne (54,2 per cento) è presente almenoun’iniziativa di welfare. Nelle azien-

I sistemi di welfare servono a risparmiare sui costi e sono utili al benessere generale dei lavoratori, a un miglioreclima aziendale, allaproduttività. E così, lerisorse impiegate con leagevolazioni fiscali dellerecenti leggi di bilanciostanno contribuendo al miglioramento del sistema produttivo

CONVERTIRE I PREMI AZIENDALI IN BENESSERE

SPECCHIOECONOMICO

WELFARE

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de metalmeccaniche la percentualecresce al 63,4 per cento. Dati simili ri-sultano dall’Osservatorio del welfaredi Assolombarda dalle cui rilevazio-ni risulta che il 52 per cento delle im-prese associate hanno un piano diwelfare attivo (in forte crescita ri-spetto a pochi anni fa).

La maggioranza dei premi di wel-fare viene definito con il coinvolgi-mento dei sindacati e talora diretta-mente dei lavoratori. I contenuti so-no molteplici e riflettono la specifi-cità delle esigenze delle persone edelle imprese. I più comuni riguar-dano i sostegni alla previdenza e allasanità integrativa, alla formazioneprofessionale, alle assicurazioni perdipendenti e familiari e ai buoni spe-sa. Ma si stanno diffondendo anchemisure attinenti alla conciliazionefra lavoro e vita personale, in parti-colare orari flessibili e forme di orga-nizzazione del lavoro innovative,compreso ora lo smart work.

I lavoratori e le imprese mostranodi apprezzare questi istituti di welfa-re perché, se ben configurati, posso-no godere di una totale esenzione fi-scale, e quindi risultare molto piùconvenienti rispetto ai premi in de-naro. L’informazione su questi van-taggi fiscali non è però ancora abba-stanza generalizzata fra i lavoratori enelle piccole imprese: migliorarla po-trebbe ulteriormente diffondere gliistituti di welfare.

Un altro motivo di apprezzamentoè che le agevolazioni del welfare pos-sono essere utilizzate in modo suffi-cientemente semplice e sono perso-nalizzabili secondo le esigenze deisingoli dipendenti.

La ricerca di Federmeccanica con-ferma che i sistemi di welfare nonservono solo a risparmiare sui costi,ma sono utili al benessere generaledei lavoratori, a promuovere un mi-gliore clima aziendale nonché a sti-molare la produttività.

Questi dati, riguardanti la diffusio-ne del welfare in generale e un settorecentrale come quello metalmeccanico,testimoniano che le risorse impiegatecon le agevolazioni fiscali previstedalle recenti leggi di bilancio sono sta-te ben investite perché contribuisconoal miglioramento complessivo del si-stema produttivo.

Il sostegno legislativo è importan-te anche per la qualità delle nostrerelazioni industriali, in quanto nemodifica l’orientamento in sensopartecipativo. Inoltre, influisce posi-tivamente anche sul contenuto deirapporti di lavoro, arricchendo il tra-dizionale scambio fra lavoro e salariocon altre prestazioni, previdenziali eformative, in un’ottica di totalreward personalizzato, finalizzato albenessere delle persone. ■

41SPECCHIOECONOMICO

Z te Italy - costituita nel giu-gno 2007 e controllata daZTE Corporation, fornitore

globale di prodotti e servizi per letelecomunicazioni - ha cambiatonome in Zte Italia, a dimostrazioneche il nostro Paese sta assumendoun ruolo strategico per la multina-zionale cinese da 85 mila dipen-denti globali, un giro d’affari di 100miliardi di euro, un aumento del ti-tolo in Borsa del 150 per cento nel2016. In un anno i professionistiche lavorano per ZTE sono passati

A ttiva nei viaggi in autobus inEuropa, FlixBus guarda ora aLos Angeles dove, per la tra-

sformazione del mercato Usa cherivolge un’attenzione crescente atrasporto collettivo e a mobilità eco-friendly, è già all’opera per lo svilup-po della rete americana. Il modello

di business sarebbe lo stesso che ne ha sancito il successo in 26 Paesieuropei, basato sulla collaborazione con le PMI del territorio a sostegnodelle economie locali. In Italia si prevede entro il 2018 una forte crescitache porterà a 250 le città collegate, e ricadute positive sul fronte occupa-zionale presso la sede italiana di FlixBus e le oltre 50 aziende partner.

Z T E P I Ù I T A L I A N A

N ella notte tra il 20 e il 21 lu-glio 1969 circa 900 milionidi persone s’incollarono al-

la tv per vedere un essere umanocalpestare il suolo lunare per la pri-ma volta. Oltre 20 milioni di quei te-lespettatori erano italiani. Molti altrihanno comunque riascoltato le pa-role (e rivisto le immagini) di GianniBisiach che seguì lo sbarco dietrole quinte della prima maratona tele-visiva della Rai (28 ore di diretta),condotta da Tito Stagno con i com-menti di Andrea Barbato e, dal cen-tro spaziale della NASA di Houston,di Ruggero Orlando. La passeggia-ta di Neil Armstrong e «Buzz» Al-drin segnò una tregua ai rancori eai disordini di quegli anni. Oggi c’èSamantha Cristoforetti, e per chinon può andare «lassù» c’è, fino al

4 marzo 2018 e per la prima volta inItalia (Milano, Spazio Ventura XV)la mostra «NASA-A Human Adven-ture», prodotta da John NurminenEvents in collaborazione con Ava-tar. È un viaggio di conquiste e sco-perte che si estende per 1500 metriquadri tra razzi, space shuttle, lunarrover, simulatore di centrifuga spa-ziale, in un percorso didattico,scientifico e immersivo, con circa300 manufatti originali provenientidai programmi spaziali NASA (Na-tional Aeronautics and Space Admi-nistration), prevalentemente in pre-stito dal Cosmosphere InternationalScience Education Center, dalloSpace Museum e dallo U.S. Space& Rocket Center, anche andati nel-lo spazio. I visitatori potranno am-mirare le splendide astronavi co-struite dalla NASA e scoprire le sto-rie delle persone che vi sono statea bordo o che le hanno progettate ecostruite, nonché sperimentare unasimulazione di volo «a bordo» delMercury Liberty Bell 7 dove si tro-vava l’astronauta Gus Grissom. Seile sezioni: Gantry Entrance, Sogna-tori, La Corsa allo Spazio, Pionieri,Resistenza e Innovazione.

L A N A S A I N M O S T R A A M I L A N O

FLIXBUS VA IN USA

da 30 a circa 600; il piano di espan-sione, che ha inoltre comportatol’assunzione di ex lavoratori Erics-son pari al 20 per cento circa deglioccupati italiani, si basa su nuovetecnologie come IoT e AI e investi-menti sul mondo accademico.

Hu Kun, Ceo di ZTE Italia e presidente di

ZTE Western Europe

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42 SPECCHIOECONOMICO

L’offerta della FondazioneEnasarco è tra le più ampie e complete del panorama previdenzialeitaliano: qui descritti inparticolare i contributi perasili nido, soggiorni estiviper bambini e soggiorni inlocalità termali. Oltre aqueste prestazioni integrative di previdenzala Cassa ha stipulato delle convenzioni per i mutui ipotecari e una copertura assicurativa

zione; il contributo erogato può arrivarefino a mille euro per ciascun nucleo fa-miliare.

Il modello per la richiesta è disponibi-le nel sito www.enasarco.it e presso gliuffici della Fondazione. Si può sceglieredi inviare la documentazione, completadella necessaria documentazione, trami-te posta elettronica certificata (PEC) al-l’indirizzo [email protected] con raccomandata A/R al se-guente indirizzo: Fondazione Enasarco -Servizio Prestazioni/PIF - Via A. Usodi-mare 31, 00154 Roma. Il contributo de-ve essere richiesto entro il 15 ottobre2017, pena la decadenza del diritto. Sul-la base delle domande pervenute è stilatauna graduatoria, pubblicata nel sito ena-sarco.it.

L a Fondazione bandisce un con-corso annuale per l’assegnazio-ne di 300 contributi destinati

alle famiglie di agenti con figli in età da4 a 13 anni che abbiano frequentato peralmeno 15 giorni lavorativi - anche nonconsecutivi - i soggiorni estivi organiz-zati da strutture pubbliche o private nelperiodo estivo da giugno a settembre2017. Il contributo può arrivare fino a300 euro per nucleo familiare. Alla datadi inizio del soggiorno, è necessario ave-re i seguenti requisiti:

• agenti in attività: avere un contoprevidenziale (al 31 dicembre 2016) in-crementato esclusivamente da contributiobbligatori, con un saldo attivo di alme-no 1.879,50 euro e un’anzianità contri-butiva complessiva di almeno tre anni(di cui 2014, 2015 e 2016 consecutivi,per un totale di 12 trimestri);

• pensionati: essere titolare di unapensione diretta Enasarco.

Gli iscritti, in attività e in pensione,devono inoltre avere un reddito familiarecomplessivo annuo lordo (anno 2015)non superiore a 39.186,42 euro.

Se entrambi i genitori sono iscrittialla Fondazione, sarà erogata una solaprestazione.

Il modello per la richiesta è disponi-bile nel sito www.enasarco.it e pressogli uffici della Fondazione. Si può sce-gliere di inviare la domanda, completadella necessaria documentazione, tra-mite posta elettronica certificata (PEC)alla mail [email protected] via raccomandata A/R a: Fon-dazione Enasarco - Servizio Prestazio-ni/PIF - Via A. Usodimare 31, 00154Roma. Il contributo deve essere richie-sto entro il 15 ottobre 2017, pena la de-cadenza del diritto. Sulla base delle do-mande pervenute è stilata una gradua-toria, pubblicata nel sito enasarco.it.

È una prestazione integrativache consente agli iscritti, inattività e in pensione, di ef-

fettuare cure e terapie in località ter-mali, usufruendo di facilitazioni e con-venzioni stipulate dalla Fondazionecon alcune strutture alberghiere. Possorichiedere la prestazione gli agenti inattività che non hanno usufruito deisoggiorni negli ultimi tre anni (o negliultimi due anni per i pensionati). Tuttigli iscritti possono partecipare versan-do l’intera quota convenzionata. Perusufruire della convenzione è necessa-rio avere i seguenti requisiti:

• agenti in attività: avere un contoprevidenziale (al 31/12/16) incremen-tato esclusivamente da contributi ob-bligatori, con un saldo attivo di almeno3.097,50 euro e un’anzianità contribu-tiva complessiva di almeno cinque an-ni (di cui 2014, 2015 e 2016 consecuti-vi, per un totale di 12 trimestri);

• pensionati: essere titolare di unapensione diretta Enasarco (vecchiaia;inabilità; invalidità).

I turni sono di 14 giorni consecutivisia in alta sia in bassa stagione. LaFondazione assegna i turni e gli alber-

S i conclude, con questo numerodi Specchio Economico, la ras-segna dedicata al welfare che la

Fondazione Enasarco mette a disposizio-ne di agenti, rappresentanti e consulentifinanziari nonché delle rispettive fami-glie. L’offerta è senza dubbio tra le piùampie e complete del panorama previ-denziale italiano: raccontiamo oggi inparticolare i contributi per asili nido,soggiorni estivi per i bambini e soggiorniin località termali. Oltre a queste (chevengono tecnicamente definite presta-zioni integrative di previdenza) la Cassaha stipulato delle convenzioni per i mu-tui ipotecari e una copertura assicurativa.

P er supportare le famiglie degliagenti con figli, la Fondazionebandisce un concorso annuale

per la concessione di 250 contributi, de-stinati alle famiglie di agenti con figli inetà da 0 a 3 anni che abbiano frequenta-to, nell’anno scolastico 2016/17, le scuo-le dell’infanzia pubbliche o private (pari-ficate o legalmente riconosciute).

Alla data della presentazione della do-manda, è necessario avere i seguenti re-quisiti:

• agenti in attività (alla data del 1°settembre 2017): avere un conto previ-denziale incrementato esclusivamente dacontributi obbligatori, con un saldo atti-vo (al 31 dicembre 2016) di almeno1.879,50 euro e un’anzianità contributi-va complessiva di almeno tre anni (di cui2014, 2015 e 2016 consecutivi, per untotale di 12 trimestri);

• pensionati: essere titolare di unapensione diretta Enasarco.

Gli iscritti, in attività e in pensione,devono inoltre avere un reddito familiarecomplessivo annuo lordo (anno 2015)non superiore a 39.186,42 euro. Se en-trambi i genitori sono iscritti alla Fonda-zione, sarà riconosciuta una sola presta-

A S I L I N I D O , S O G G I O R N I E S T I V IE D A N C H E C U R E T E R M A L I

F O N D A Z I O N E E N A S A R C O

CONTRIBUTOPER ASILI NIDO

SOGGIORNI ESTIVIPER BAMBINI

LOCALITÀ TERMALI

42-43 Enasarco R_32 Pedrizzi 23/11/17 10.22 Pagina 68

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ghi che vengono pubblicati nel sito ena-sarco.it: le richieste di cambio dovrannoessere motivate da ricovero ospedalie-ro/malattia o da gravi eventi familiari esaranno accolte nei limiti della disponi-bilità dei posti.

TURNI DI BASSA STAGIONEGli iscritti versano una percentuale

della quota convenzionata - pagata dallaFondazione all’albergo - in base al reddi-to familiare complessivo annuo lordo(percepito nel 2015):

- 30% della quota convenzionata pergli iscritti con reddito fino a 19.539,21euro;

- 50% per gli iscritti con reddito da19.540 a 26.124,28 euro;

- 70% per gli iscritti con reddito da26.125 a 32.655,35 euro;

- 100% per gli iscritti con reddito su-periore a 32.655,35 euro;

- 100% più un ulteriore 10% per gli ac-compagnatori ospitati nella stessa stan-za.

TURNI DI ALTA STAGIONE- 100% della quota convenzionata.- 100% più un ulteriore 10% per gli

accompagnatori ospitati nella stessastanza.

Per il pagamento è richiesto un versa-mento anticipato su c/c postale n.77033009 intestato a: Fondazione Ena-sarco - Servizio Prestazioni/PIF - via A.Usodimare 31, 00154 Roma.

La quota versata sarà restituita se la do-manda non è accettata (per mancanza deirequisiti o di posti disponibili). Gli iscrittiche rinunciassero al soggiorno sono tenu-ti a inviare un telegramma all’albergo ealla Fondazione almeno 20 giorni primadel turno, diversamente verrà applicatauna penale sulla quota (se invece il ritardoè dovuto a ricovero ospedaliero/malattia oa gravi eventi familiari la quota sarà total-mente restituita) e devono rinconsegnarealla Fondazione la lettera di ammissione.

Il modello per la richiesta è disponibilenel sito www.enasarco.it e presso gli uffi-ci della Fondazione. Si può scegliere diinviare la documentazione tramite postaelettronica certificata (PEC) all’[email protected] oppure rac-comandata A/R a: Fondazione Enasarco -Servizio Prestazioni/PIF - Via A. Usodi-mare 31, 00154 Roma. Il contributo deveessere richiesto entro il 15/04/2017, penala decadenza del diritto.

L a Fondazione Enasarco, tra inumerosi benefici erogati, sti-pula ogni anno una polizza as-

sicurativa in favore dei propri agenti epensionati. La polizza attualmente in vi-gore è valida per malattie o infortuni su-biti tra il 1° novembre 2017 e il 31 otto-bre 2018. La copertura prevede due tipidi garanzie - A e B - riservate alle se-guenti categorie di iscritti:

E nasarco offre agli iscritti in atti-vità e ai loro figli la possibilitàdi accedere a mutui fondiari

agevolati per l’acquisto o la ristruttura-zione di un’abitazione civile o di un im-mobile destinato all’esercizio dell’atti-vità. Gli agenti devono avere, al 31 di-cembre dell’anno precedente a quello dipresentazione della domanda, un contoprevidenziale incrementato esclusiva-mente da contributi obbligatori, un’an-zianità contributiva complessiva di al-meno cinque anni - di cui gli ultimi treconsecutivi - e un saldo attivo non infe-riore alla somma dei minimali contribu-tivi del quinquennio di riferimento.

IMPORTI FINANZIABILI- 200.000 euro per l’acquisto di abita-

zione per uso proprio. Tale importo è ele-vabile a 250.000 euro nel caso di: acqui-sto di un’unità immobiliare già conferitadalla Fondazione ai Fondi Enasarco 1 e 2(come previsto dal Progetto Mercurio);esercizio del diritto di prelazione perl’acquisto diretto dalla Fondazione diun’unità immobiliare (come previsto dalProgetto Mercurio).

- 130.000 euro per l’acquisto di abita-zione civile, oltre la prima casa;

- 200.000 euro per l’acquisto di immo-bili destinati all’esercizio dell’attività.Tale importo è elevabile a 250.000 euronel caso di: acquisto di un’unità immobi-liare già conferita dalla Fondazione aifondi Enasarco 1 e 2 (come previsto dalProgetto Mercurio); esercizio del dirittodi prelazione per l’acquisto diretto dallaFondazione di un’unità immobiliare (co-me previsto dal Progetto Mercurio).

- 200.000 euro per i figli degli iscrittinel caso di acquisto di abitazione per usoproprio. Tale importo è elevabile a250.000 euro in caso di: acquisto diun’unità immobiliare già conferita dallaFondazione ai fondi Enasarco 1 e 2 (co-me previsto dal Progetto Mercurio);esercizio del diritto di prelazione perl’acquisto diretto dalla Fondazione diun’unità immobiliare (come previsto dalProgetto Mercurio).

- 100.000 euro per la ristrutturazione.Il modello per la richiesta è disponibi-

le nel sito enasarco.it e presso gli ufficidella Fondazione. Le domande, comple-te della documentazione, devono essereinviate con posta elettronica certificata(PEC a [email protected]) op-pure con raccomandata A/R a: Fondazio-ne Enasarco - Servizio Prestazioni/PIF -via A. Usodimare, 31, 00154 Roma.Enasarco rilascia all’interessato un’atte-stazione, relativa al possesso dei requisi-ti, da presentare presso uno degli istitutidi credito convenzionati (BNL e BancaPopolare di Sondrio): la banca valuteràpoi la concessione del mutuo. Il finanzia-mento può avere una durata massima fi-no a 25 anni. ■

• garanzia A: agenti con almeno unmandato attivo alla data dell’evento, peri quali le ditte mandanti versino il Firrpresso la Fondazione Enasarco;

• garanzia B: agenti e pensionati che,alla data dell’evento, abbiano almeno unmandato attivo, un’anzianità contributivaal 31 dicembre 2015 pari a minimo 5 annie che abbiano alla medesima data un con-to previdenziale non inferiore a 3.062 eu-ro, incrementato da versamenti obbligato-ri degli anni 2013, 2014 e 2015 (alla sca-denza di ogni anno solare le date riferiteagli anni coperti da contribuzione obbli-gatoria si intenderanno automaticamentespostate di un anno).

Le persone che alla data dell’eventosuperino i 75 anni di età non hanno dirit-to alle garanzie. Gli indennizzi sono de-terminati dalla cosiddetta formula inden-nitaria, che si caratterizza per il risarci-mento del danno in base a indennità pre-determinate. In questo modo si garanti-sce che la liquidazione e la determina-zione dei relativi importi siano legate afasce certe, identificate per tipologia egravità di evento. Chi possiede i requisitiha la possibilità di estendere tutte le pre-stazioni previste dalla garanzia B all’in-tero nucleo familiare (coniuge e figli) alcosto annuo di mille euro per persona.L’iscritto dovrà inviare la richiesta entroi 90 giorni successivi all’evento. Chi nonavesse a disposizione la documentazionesanitaria completa entro il termine di tremesi, può comunque inviare la richiestae successivamente integrarla con le certi-ficazioni mancanti.

Il modello per la richiesta è disponi-bile nel sito enasarco.it e presso gli uffi-ci della Fondazione. Si può scegliere diinviare la domanda, completa della ne-cessaria documentazione, tramite rac-comandata A/R alla compagnia assicu-ratrice: RBM Assicurazione Salute -Agenti Enasarco - Ufficio liquidazionic/o Previmedical S.p.a., via E. Forlanini24, Località Borgo Verde, 31022 Pre-ganziol (TV); online, attraverso l’areariservata inEnasarco: dal menu dell’u-tente abilitato, cliccare su «Richieste» equindi su «Nuova richiesta». Si apre lapagina «Chiedi alla Fondazione»: daqui entrare in «Spese mediche», sotto lavoce Salute.

POLIZZA ASSICURATIVA

MUTUI FONDIARI

Gianroberto Costa, presidentedella Fondazione Enasarco

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BOLLETTE OGNI 28 GIORNI: UNAVICENDA DA PAESE DELLE BANANE

na vicenda tutta italiana. So-lo nel nostro Paese, infatti,qualcuno avrebbe potuto fa-re la bella pensata di aumen-tare il costo del servizio of-

ferto senza nemmeno comunicare il rincaroal cliente, ma attraverso il trucchetto conta-bile di modificare la cadenza della fattura-zione. È quello che è accaduto con i princi-pali operatori telefonici e della pay tv chehanno cambiato la periodicità delle bollettedal mese a 28 giorni.

Un giochino che, portando da 12 a 13 lemensilità, grazie alla magica riscrittura delcalendario, consente un rincaro implicitodelle tariffe dell’8,63 per cento. Un aumen-to mascherato, di certo non trasparente. Tan-to che l’Authority delle comunicazioni (Ag-com) il 24 marzo 2017 è intervenuta conuna delibera, stabilendo che per la telefoniafissa il criterio della fatturazione deve esse-re il mese, mentre per la telefonia mobile,dove il 76 per cento del traffico è prepagatoed è meno stringente l’esigenza di associareil pagamento allo stipendio mensile, nonpuò essere inferiore a 28 giorni. Dubbi sor-gono su come mai questa genialata, noncerto scontata, sia venuta in mente a cosìtanti operatori.

Tutti copioni? Un cartello? Nella miglio-re delle ipotesi rappresenta l’effetto di mer-cati poco concorrenziali, altamente concen-trati, dove, come sostenuto dall’Agcom nellarelazione annuale, «i primi tre operatori so-no controparte contrattuale per oltre l’80 percento della domanda di servizi fissi e mobi-li» e vi sono «problematiche in termini dinon esaustività e scorrettezza delle informa-zioni, mancanza di trasparenza e asimmetriatra contraenti».

Asstel, che rappresenta le compagnie te-lefoniche, è subito intervenuta, dichiarandoche la delibera era del tutto priva di basigiuridiche di riferimento, non avendo l’Ag-com, a loro dire, il potere di disciplinare ilcontenuto dei rapporti contrattuali fra azien-de e clienti, quale ad esempio la durata dirinnovo e dei cicli di fatturazione, ma poten-do solo intervenire in materia di trasparenzainformativa, annunciando di voler tutelare idiritti dei loro associati nelle sedi più oppor-tune, ripristinando il diritto al libero eserci-zio dell’attività di impresa.

Una tesi bizzarra, considerato che l’in-tervento dell’Agcom, del tutto legittimo, mi-ra proprio ad una maggiore trasparenza, datoche, fatturando ogni 28 giorni, il consumato-re finisce per perdere ogni riferimento tem-porale rispetto a quando deve pagare e dimi-nuisce la confrontabilità delle offerte, seogni compagnia si inventa una diversa perio-dicità delle bollette. Libertà di impresa, poi,non significa poter fare contratti a proprio

piacimento, senza alcuna regola, specieconsiderato che si tratta di contratti per ade-sione, con evidenti disparità tra utente e ge-store, che fissa unilateralmente le clausolecontrattuali.

Inutile dire che le società telefoniche han-no, legittimamente, impugnato la delibera alTar del Lazio che, però, a differenza di quan-to sostenuto dalla ministra Finocchiaro il 13settembre in Parlamento, non ha mai conces-so la sospensiva del provvedimento che è,quindi, pienamente in vigore e si è limitato afissare udienza per il 7 febbraio. Tutto, quin-di, secondo la prassi? Macché. Gli operato-ri, infatti, stanno disattendendo la delibe-ra dell’Agcom di marzo, nonostante aves-sero 90 giorni per adeguarsi alle nuove re-gole, abbondantemente scaduti.

Che in Italia chi se lo può permettere e hai mezzi finanziari per farlo si arrampichispesso sui muri pur di fare i propri comodi,interpretando le leggi a proprio uso e consu-mo, alla ricerca di cavilli e pretesti, è cosarisaputa. Ma che si possa proseguire im-perterriti a violare un provvedimento diun’Authority, come se niente fosse, comese fossimo nel Paese delle banane, franca-mente meno. Un fatto grave. In nessun al-tro Paese europeo sarebbe accaduto.

L’Agcom ha prontamente avviato proce-dimenti sanzionatori nei confronti dellecompagnie colpevoli di non aver ottempera-to alla delibera, mentre l’Unione NazionaleConsumatori, in prima fila in questa batta-glia, ha subito presentato un esposto ancheall’Antitrust contro il reiterato comporta-mento degli operatori, nella speranza di ul-teriori sanzioni.

Nel frattempo, abbiamo lanciato la cam-pagna #Nofattura28giorni per sensibilizza-re il Governo sul sito www.consumatori.it.

Anche grazie al nostro interessamento, co-me annunciato dal ministro Anna Finocchia-ro, si sta valutando un apposito interventonormativo e molti partiti (di maggioranza edi opposizione) sono intervenuti a sostegnodei consumatori, condannando il sopruso epresentando anche proposte di legge. Giàservirà una legge, se è vero che è ormai asso-dato che le sanzioni delle Autorità non fannopaura perché saranno comunque inferiori al-l’illecito guadagno ottenuto (in questo caso,pari all’8,63 per cento dell’importo dellebollette), soldi che non torneranno indietro,visto che la normativa sulla class action inItalia non ha ancora portato ad alcun risarci-mento significativo per gli utenti finali.

Per questo un intervento normativo nonpuò limitarsi a fissare la cadenza mensiledella fatturazione ma deve anche cambiarela legge sulla class action e rafforzare i po-teri delle Authority. Solo cosi l’Italia di-venterà un Paese normale. ■

PRESIDENTE DELL’UNIONENAZIONALE CONSUMATORI

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Che si possa proseguireimperterriti a violare

il provvedimento di unaAuthority, come se

niente fosse, come sefossimo nel Paese delle

banane, non è il caso. Seogni compagnia si inventa

una diversa periodicitàdelle bollette, ogni 28giorni, il consumatore

perde il riferimento temporale rispetto aquando deve pagare

ed anche diminuisce la confrontabilità delle

offerte. Libertà di impresa, poi, non

significa poter fare contratti a proprio piacimento, senza

alcuna regola, specieconsiderato che si trattadi contratti per adesione,

con evidenti disparitàtra utente e gestore,

che fissa unilateralmentele clausole contrattuali

DI MASSIMILIANO DONA

U

BOLLETTE OGNI 28 GIORNI: UNAVICENDA DA PAESE DELLE BANANE

SPECCHIOECONOMICO

Un giochino che comporta un rincaro delle tariffe dell’8,63 per cento

44 Dona G_3 ALBICOCCA CON BOX 16/11/17 10.46 Pagina 60

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diventata cantiere dellametro C, la più scandalosadelle eterne incompiute ro-mane, la basilica paleocri-stiana Santa Maria in Dom-

nica (mosaici del VII-VIII secolo) allaNavicella. Salvo per le Messe delladomenica mattina, ingresso pratica-mente vietato per tutta la plurienna-le durata degli scavi sotto il Celio.L’interno messo sottosopra con absi-de, navate, decorazioni musive eopere d’arte coperte da ponteggi permisura di sicurezza contro le vibra-zioni di scavatrici e trivelle.

Pur fasciate da altrettanta coltreprotettiva, nessuna delle importantitestimonianze romane nei cantieri in-torno al Colosseo e ai Fori (Basilica diMassenzio, Santa Francesca Romana,Santi Cosma e Damiano) è diventatacosì inaccessibile, totalmente cancel-lata agli occhi della gente a prescin-dere se il terminal sarà bloccato aiFori come minacciato, oppure oltre ilTevere secondo i progetti iniziali.

Eppure la stazione dei Fori sorgeràmultipiano proprio accanto alla basi-lica di Massenzio, i cui lavori di con-solidamento e salvaguardia all’inter-no sono ormai terminati. Peraltro, cisarebbe da chiedere come mai nonvengono messe, e non sono state maimesse, contro il rischio di crolli an-che le case e i palazzi di San Giovan-ni, via Sannio, via dell’Amba Ara-dam con il sottosuolo terremotatodalle perforazioni in galleria. Forseperché, vittime a parte, si possono ri-costruire?

I cantieri dentro e intorno a SantaMaria in Domnica si trovano all’in-circa a metà strada della tratta T3 di3,6 km in costruzione dal 21 marzo2013 e programmata da San Giovan-ni ai Fori Imperiali con stazione in-termedia in via dell’Amba Ara-dam/via Ipponio. Della linea C sonoin funzione dal 2015 i 18 km da Mon-tecompatri a piazza Lodi, i cui lavorierano cominciati nel 2007. La provvi-soria stazione terminale di San Gio-vanni è in via di allestimento, e of-frirà un museo delle opere romanescoperte durante gli scavi.

Un avviso all’esterno del parrocodella chiesa informa, con la morte nelcuore, che uno dei monumenti piùprestigiosi e più visitati di Roma ri-marrà interdetto a fedeli e visitatorifino al dicembre 2020. Questa datagli era stata comunicata il giorno del-la chiusura della basilica, il 27 luglioscorso; ed è stata prolungata di di-versi anni soltanto dopo tre mesi.Primo effetto dirompente, nientepiù code di turisti per il forte richia-mo dei mosaici, niente più matrimo-ni per sposini in cerca di suggestiviangoli dell’Urbe.

una metro: 10 anni per una tratta dipoco più di 3 km e mezzo, 16 anniper una linea ridotta da 27 a 22 km,perché i piani per gli altri fino a Pratisono stati riposti nel congelatore.

È vero che si è attraversato il centrostorico, il cuore della città, è altret-tanto vero che le «sorprese» della Ro-ma antica sono state parecchie ma si-curamente tutti i calcoli degli espertisono risultati sbagliati. Le spese sonolievitate spaventosamente, si supere-ranno alla fine i 4 miliardi di euro.Duro il giudizio della Corte deiConti sulla lunga odissea di spre-chi, ritardi e spese gonfiate: «Unaspesa anomala, illegale, rovinosa».

In mezzo a questo cataclisma in-fernale, si è trovata l’innocente basi-lica di Santa Maria in Domnica chepaga un prezzo salatissimo a questaviolenza.

La prima chiesa in cima al Celionasce sull’area della caserma della Vcoorte dei vigiles. Papa Pasquale I ri-fece la basilica da cima a fondo neglianni 818/822. Grazie ai Medici, i cuicardinali ne divennero titolari, i re-stauri del Cinquecento e la splendidafacciata di Andrea Sansovino del XVIsecolo ci tramandarono l’attualeaspetto senza uguali.

Nemmeno ai tempi delle invasio-ni dei barbari, la basilica aveva su-bito un così vandalico affronto. ■

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È

SPECCHIOECONOMICO

CRONACHE ROMANE

Nemmeno ai tempi delle invasioni dei barbari,un così vandalico affronto

CANTIERE METRO FINO AL 2023 DENTROLA BASILICA PALEOCRISTIANA SUL CELIO

DI ROMANO BARTOLONISEGRETARIO DEL

SINDACATO CRONISTI ROMANI

È assai difficile, purtroppo, chesiano rispettati i tempi promessicon tanta faciloneria. Finora gli in-terminabili lavori della metro C sonostati un’affannosa corsa ad ostacolicon cumuli di ritardi e di «stop andgo», che ne proietteranno la fine chis-sà per quanti anni ancora. Ogni tantoarriva un nuovo bollettino sulla pre-visione di fine lavori. L’ultimo è statospostato al 2023. Anche se sarà ri-spettato questo nuovo appuntamen-to con i romani, sarà battuto ogni re-cord dei tempi di realizzazione di

45 Bartoloni G_4 BLUANNA 16/11/17 10.47 Pagina 16

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egli ultimi anni ci siamo tro-vati di fronte a una escalationdi violenza e delitti efferatisenza precedenti. Da Erika e

Omar all’omicidio del piccoloSamuele a Cogne, fino all’orrore di Ave-trana con l’uccisione di Sarah Scazzi o alcaso di Yara Gambirasio. Questo feno-meno rappresenta una vera e propria co-stante nella vita sociale italiana. Peraverne riprova basti pensare ai killer eoccultatori di cadaveri di inizio secolo, almostro di Firenze o più di recente al de-litto di via Carlo Poma, con l’omicidio diSimonetta Cesaroni. In tutto questo, lastampa e l’informazione che ruolohanno? Perché il pubblico è attrattoda un certo tipo di notizie rispetto adun altro?

È innegabile che la cronaca nera dettila nostra agenda dell’informazione quo-tidiana, proponendoci sempre gli stessiargomenti confezionati abilmente, tuttisecondo lo stesso canovaccio. Semprepiù spesso accade che i fatti vengano so-stituiti dal racconto inventato o artefattodi quanto realmente accaduto, per crearesempre più audience attorno all’evento.Emerge l’idea di un Paese perennementediviso tra innocentisti e colpevolisti, unasorta di stadio, di fronte alle tragedie piùtremende. La «nera» si è trasformata daracconto obiettivo di un delitto a un veroe proprio circo mediatico, in cui le logi-che da talk-show e da reality prevalgono,dando voce a chiunque.

La vicenda relativa al delitto di Avetra-na, caso avvenuto il 26 agosto 2010 inpiccolo paesino vicino Taranto a dannodella quindicenne Sarah Scazzi, ha avutoun grande rilievo mediatico in Italia, cul-minato nell’annuncio del ritrovamen-to del cadavere della vittima in direttasul programma Rai «Chi l’ha visto?»,mentre era in collegamento la madredi Sarah, che ivi e in tale forma appre-se della morte della figlia.

Nel pomeriggio del 26 agosto si ori-ginò quello che in poco tempo è entratonell’immaginario degli italiani come il«giallo di Avetrana». La misteriosascomparsa di Sarah culminò tristementenel ritrovamento del corpo senza vita,avvenuto nella notte tra il 6 e il 7 ottobre2010, all’interno di un pozzo cisterna si-tuato nelle campagne del paese. A guida-re gli inquirenti fu lo zio di Sarah, Mi-chele Misseri, che inizialmente si addos-sò le colpe per l’omicidio, aggiungendodi aver abusato sessualmente del cada-vere della ragazza, poi ritrattando e dan-do molteplici versioni.

Anche questa vicenda ebbe fin dasubito un impatto mediatico fortissi-mo che si concentrò da subito sulla vi-ta privata della ragazza e sulle sueabitudini. Vennero praticamente analiz-zati il suo diario segreto e il suo profiloFacebook, con l’intento dichiarato di ri-cercare possibili motivi che l’avrebberopotuta spingere ad allontanarsi da casa. Imedia non tardarono molto a dipin-gerla come un’adolescente inquieta,che frequentava ragazzi più grandi dilei, capace di fuggire da una madreche veniva descritta come un motivodi oppressione per la figlia, altresì ca-pace di progettare la propria scom-parsa per diventare famosa e per po-ter finalmente fuggire da un paesinodove si annoiava. Tuttavia la famiglia

respingeva questa ipotesi sostenendoquella del rapimento, nonostante le suemodeste condizioni economiche lo fa-cessero apparire quantomeno improba-bile. Le ricerche andarono avanti per tut-to il mese di settembre, con l’interessemediatico che cresceva giorno dopogiorno e i familiari che si presentavanospesso in tv, soprattutto la cugina Sabri-na, lanciando appelli per il ritorno di Sa-rah a casa. Il 29 settembre lo zio Miche-le Misseri annunciò di aver ritrovato ilcellulare di Sarah in un campo vicino al-la sua abitazione, episodio che alimentòi primi sospetti nei suoi riguardi. Il 6 ot-tobre, dopo un interrogatorio di circa no-ve ore, confessò di aver ucciso la nipote,indicando alle forze dell’ordine doveavrebbero trovato il cadavere. Ciò av-venne durante la diretta Rai di «Chil’ha visto?».

Tuttavia il movente di Misseri nonconvinceva gli inquirenti che capironovelocemente come nella vicenda ci fos-sero implicati anche altri. Il 16 ottobre,dopo un lungo interrogatorio, venne ar-restata la cugina di Sarah, Sabrina Mis-seri. Le due ragazze avrebbero avuto unadiscussione per un ragazzo, che fu moti-vo di lunghi approfondimenti di cronacae di interi dibattiti televisivi. Poco dopo,Misseri venne scagionato dall’omicidioe ritenuto colpevole di «omissione di ca-davere», mentre la moglie Cosima Ser-

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mala-mediat icamente

N

Sightseeing dell’orrore e pullman per Cogne ed Avetrana, i selfiesui luoghi del delitto, la mitizzazione dell’assassino. Non solocomplici, bensì mandanti di tale fenomeno i media, che violandoil codice deontologico e l’etica spettacolarizzano la morte

Sensazionalismomediatico: la madre di Sarah Scazzi,vittima della vicenda omicida diAvetrana, apprendein diretta Rai3(«Chi l’ha visto?»)della morte dellafiglia a seguito del ritrovamentodel cadavere. Non sarebbe stato il casodi interromperela trasmissione,invece?

di ROBERTA ALBERTAZZI

I NUOVI AVVOLTOI SONO I MEDIA:DAL POZZO DI ALFREDINO ALL’OMICIDIO SCAZZI,LA DIRETTA DELLA MORTE È UTILE ALL’AUDIENCE

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luoghi degli assassini portati alla luce daimedia. Cambia la definizione stessa delproblema, non si discute più dell’eviden-te possibilità dei media di creare spetta-colo attraverso il dolore ma del perchéquesto accada e di come gestire la mareadi emozioni in grado di scatenare. Perquanto riguarda il caso di Avetrana, nonappena successo l’accaduto, giornali, te-legiornali e trasmissioni di intratteni-mento a qualsiasi ora del giorno e dellanotte non hanno fatto che parlarne; e Sa-rah è scivolata nell’ombra. I riflettori chemamma Concetta aveva fatto puntaresulla sua scomparsa, tutti rivolti sull’as-sassino. Il mezzo che nelle intenzionidella donna avrebbe dovuto contribuireal ritrovamento di sua figlia si è in realtàservito della vicenda per raggiungere ilproprio scopo: aumentare l’audience.

I mass media si sono scagliati contro iprotagonisti di questa drammatica vicen-da senza freni né rispetto. Dirette televi-sive, interviste, pareri di esperti ma an-che di opinionisti conosciuti e non. Lavittima è stata tirata in ballo qua e là per«completare il quadro», ma tutta l’atten-zione si è spostata verso la famiglia Mis-seri. Diverse trasmissioni hanno invitatoSabrina, le stesse che un attimo dopo ilsuo fermo si sono scatenate con supposi-zioni, riflessioni e servizi in cui la ragaz-za era paragonata ad Anna Maria Fran-zoni per l’esagerata quantità di lacrimeversate. Effetto immediato di questobombardamento mediatico sono state leminacce e le telefonate anonime a casaMisseri.

Questo è uno dei risultati del modoscorretto di fare comunicazione, chealimenta pericolosi appetiti e conducead una inesatta percezione della realtàche appare agli occhi dei più, tale equale a come i mass media la presenta-no. L’attenzione diventata morbosa, leimmagini del corpo di Sarah su Face-book lo confermano: il dolore è spettaco-larizzato e il limite tra ciò che è privato,e che deve rimanere tale, e ciò che è pub-blico viene arbitrariamente superato innome del «dovere di cronaca». Entrarenella casa altrui attraverso modelliniin plastica appositamente realizzatiper l’occasione, scavare nella vita dellagente già provata da una vicenda assurdae inaccettabile è soltanto sciacallaggio,non dovere di cronaca.

Porre scarsa attenzione alla condizionesociale e psicologica dei soggetti privile-giando la dimensione ideologica e l’a-spetto pratico del reato (scena del crimi-ne, tempi e movente) è fornire un’imma-gine distorta e superficiale della realtàche autorizza tutti a giudicare e condan-nare, che alimenta pregiudizi e genera at-teggiamenti pericolosi. I salotti televisivisi trasformano in corti supreme, vengonotrasmessi gli atti, la gente si emoziona, siindigna e si sente parte del «realityshow». Ma la realtà è altra, simile ma al-tra, e non vuole audience. ■

Il «pozzo di Alfredino», spartiacque tra informazione e spettacolarizzazione

rano fu accusata insieme alla figlia diaver ucciso Sarah. Il 20 aprile 2013 laCorte d’Assise di Taranto condannò al-l’ergastolo Sabrina e Cosima per l’omi-cidio. Misseri ottenne una condanna aduna pena di otto anni per concorso insoppressione di cadavere, come un fra-tello e il nipote dello stesso. lI 21 feb-braio 2017 la Corte suprema di cassazio-ne ha definitivamente riconosciuto col-pevoli e condannato all’ergastolo perconcorso in omicidio volontario aggra-vato dalla premeditazione Sabrina Mis-seri e Cosima Serrano, confermando lacondanna già inflitta in primo grado e inappello. A Misseri condanna confermataper soppressione di cadavere e inquina-mento delle prove (il furto del cellularedi Sarah). Condannato in via definitiva a4 anni e 11 mesi di reclusione per con-corso in occultamento di cadavere conlui anche suo fratello Carmine Misseri.Confermata, infine, dalla Cassazione lacondanna ad un anno e quattro mesi perfavoreggiamento personale per VitoRusso Jr., ex legale di Sabrina, e Giusep-pe Nigro.

La tragica vicenda di Sarah ha inseritoil paesino nel circuito del «sightseeing»:il cosiddetto «turismo dell’orrore» si ètrasferito da Cogne ad Avetrana. A pocoè servito il provvedimento del sindaco,Mario De Marco, che ha indetto la chiu-sura al traffico delle strade che portano acasa dei Misseri e all’abitazione della fa-miglia Scazzi. Il provvedimento è statopreso a seguito delle voci che parlavanodi un possibile arrivo di pullman pervisitare il luogo delle scene dell’orrore,e di agenzie che organizzavano pelle-grinaggi per Avetrana. Nelle bachechedi molte di queste agenzie è stato affissol’itinerario per Avetrana, «giusto per ve-dere un po’». Parecchie persone, come inun pellegrinaggio, si fermano davanti ca-sa Scazzi a lasciare un fiore o un bigliet-tino di solidarietà nei confronti della fa-miglia. In tanti passano per salutare lapiccola al cimitero ma altrettante arriva-no per farsi fotografare o riprendere da-vanti al cancello dove quel tragico gior-no alla piccola Sarah è stata tolta la vita,o per sbirciare in quella casa avvolta nelmistero. Molti cittadini di Avetrana sonostanchi di queste processioni e sono so-prattutto stanchi di essere ricordati soloper questo episodio.

Ad essere responsabili del fenomenosono i media, che hanno prodotto moltis-sima attenzione intorno al fatto creandoogni giorno nuovi scoop, suscitando cu-riosità nelle persone fino ad arrivare alpellegrinaggio dell’orrore. Pudore, di-gnità e rispetto sono valori che in questacircostanza sono stati dimenticati e cal-pestati del tutto. La storia della televi-sione italiana e soprattutto quella delracconto della cronaca nera dovrannoinevitabilmente fare i conti con tuttoquesto, a partire da quel 12 giugno del1981, con quanto accaduto a Vermici-

no con la vicenda del «pozzo di Alfre-dino», il dramma di Alfredino Rampi, ilbimbo caduto in un pozzo. In quella con-trada alle porte di Roma qualcosa sispezza per sempre, la morte si spettaco-larizza e da allora tutti i canali televisividel mondo vedranno alimentarsi un filodiretto con l’orrore della cronaca nera.

Il dolore diviene uno show e la soffe-renza un lievito madre per gli ascolti te-levisivi, tutto ciò a causa di alcuni errorifortuiti che hanno messo in luce il falli-mento della comunità mediatica e l’attra-zione di molti per il dolore di pochi. Per-ché, a partire da quel momento, nessu-no è più riuscito a staccare la spinadella telecamera che trasmetteva il do-lore privato? E pensare che tutto è parti-to da un pulmino di Rai3 recatosi sul luo-go della tragedia, come avvenuto moltealtre volte in passato ma con un esito bendifferente: in pochi giorni quel paesinoalle porte di Roma è stato assalito da fo-toreporter e operatori televisivi in cercadi informazioni.

È sufficiente analizzare il modello so-brio e distaccato della cronaca nera pre-cedente a quell’avvenimento per capirequanto la tragedia di Vermicino abbiasegnato uno spartiacque indelebile.Anche se il cambio di passo fu casuale efiglio della volontà di consegnare al no-stro Paese un lieto finale che purtropponon è mai stato scritto, resta il fatto chequalcosa è cambiato per sempre. La di-retta televisiva si era aperta con la notiziache l’ospedale San Giovanni era già sta-to allertato per l’arrivo di Alfredino, se-gno che in un primo momento si pensavaad una storia diversa da raccontare e nes-suno voleva perdersi il momento magicodel bambino che avrebbe dovuto fare ca-polino fuori dal pozzo. Quando tutti ini-ziarono a capire che c’era qualcosa chenon andava nel verso sperato, ormai eratroppo tardi per arrestare la macchinamediatica esposta sulla pubblica piazza.

La tv entra nella vita delle personein quello scrigno che è l’esistenza indi-viduale, con le sofferenze, i suoi miste-ri. Comincia quella notte una dinamicache porterà ai weekend ad Avetrana o nei

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iamo come un’agenzia,senza i costi di un’agen-zia». Così recita il videoonline che pubblicizza

Homepal, il primo sito per compra-vendite di immobili senza avvalersidi agenzie immobiliari. Dov’è la no-vità? I siti di annunci tra privati esi-stono già da tempo, penserà il letto-re. Infatti non si tratta semplicementedi una vetrina per gli annunci comepossono esserlo molti portali che si-curamente si è consultato almenouna volta nella vita: Homepal per-mette l’incontro tra la domanda el’offerta di immobili come qualun-que sito di annunci immobiliari, conla differenza che poi in tali siti, unavolta trovato un annuncio interes-sante, si deve abbandonare la piat-taforma per poter prendere un ap-puntamento, mentre qui si proseguee si gestisce tutto online fino all’affit-to o alla vendita dell’immobile.

Ecco che anche questo settore staavviandosi verso la disintermedia-zione, complici sicuramente l’esten-dersi del web come parte sempre piùinfluente nelle nostre vite, i tempi dicrisi economica, la poca chiarezza dialcuni agenti immobiliari che forseneanche lo sono poiché, se si optaper una compravendita assistita daun mediatore, un serio professionistaè senz’altro in grado di togliere i pro-blemi anziché crearli.

Chiediamo ad Andrea Lacalamita,fondatore di Homepal, di spiegarcipiù nel dettaglio cosa esattamente siaquesta piattaforma peer to peer chefa leva sulla condivisione via socialper trovare casa tra privati più facil-mente.

Domanda. Homepal, l’amico del-la casa. Perché?

Risposta. Non ci sono agenzie eappuntamenti e offerte si gestisconoonline, con il supporto dei nostriesperti. Ci riteniamo amici perchénon ci sono commissioni sul prezzodell’immobile ma solo costi fissi: 490euro da parte del compratore perl’acquisto di una casa, 90 euro perl’affitto e solo ad affare concluso. In-serire un annuncio, invece, costa 29euro per un anno. Questo però nonsarebbe distintivo: ciò che fa la diffe-renza è che aiutiamo il cliente. Quan-do un potenziale acquirente cerca ca-sa, al momento della visita incon-trerà non un agente immobiliare mail proprietario. Ecco perché sono«pals», ossia amici: l’incontro è conchi conosce la casa nel dettaglioavendola nel corso degli anni curatalui. Neanche noi di Homepal siamopresenti, ma chiamiamo i visitatorichiedendo se la casa è piaciuta e in-tendono fare un’offerta che aiutiamoad avanzare online, considerati an-

che i numerosi documenti che vannovisionati prima di questo passo, co-me ad esempio le visure.

D. Come è nata Homepal?R. Nel gennaio 2014 ho avuto que-

sta idea perché, all’ennesimo cambiodi casa, e tra Rieti, Roma, Perugia,Milano, Torino e infine Milano hocambiato casa 18 volte, mi sono spes-so scoperto insoddisfatto dell’opera-to dell’agenzia immobiliare e infasti-dito del valore della provvigione cheversavo. A quel punto ho immagina-to che come ormai è possibile faretutto online, così poteva essere gesti-ta una compravendita. Dall’idea al-l’effettiva messa online nel settembre2015 è trascorso un anno e mezzo eoggi abbiamo immobili soprattutto aMilano, Roma, Torino e Napoli. Leprime due sono molto simili, Milanoè molto dinamica e c’è forse più pro-pensione all’acquisto.

D. Quali le differenze all’estero?R. La principale differenza è che al-

l’estero in alcuni Paesi, parlo princi-palmente dell’Inghilterra, la commis-sione è richiesta solo al venditore.

D. Riceverla da entrambe le partiè però una garanzia di deontologia.

R. Può darsi, però il 3 per cento

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M E R C A T O I M M O B I L I A R E

HOMEPAL, LETTERALMENTE UN AMICODI CASA: INFATTI, SEGUE L’UTENTEIMMOBILIARE FINO ALLA DEFINIZIONE

A CURA DI GIOSETTA CIUFFA

«Nel gennaio 2014 ho avuto questa idea perché, all’ennesimo cambio di casa, e tra Rieti,Roma, Perugia, Milano,Torino e infine Milano hocambiato casa 18 volte,mi sono spesso scopertoinsoddisfatto dell’operatodell’agenzia immobiliare e infastidito del valoredella provvigione che versavo. A quel punto ho immaginato che, comeormai è possibile fare tutto online, così poteva essere gestita una compravendita»

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Andrea Lacalamita,fondatore di Homepal

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dall’una e dall’altra parte diventa in-sostenibile perché su un immobilemedio di 200 mila euro sono 6 milaeuro per parte e lo trovo un costodavvero elevato. In Inghilterra quin-di il fatto che spetti solamente al ven-ditore fa sì che l’84 per cento delletransazioni sia gestito da un’agenziaperché quando il compratore non de-ve una provvigione non ha alcunproblema ad affidarsi a un mediato-re. In Italia oltre la casa vanno soste-nute le spese del notaio, spesso la ri-strutturazione, il trasloco e pertanto,potendo, si evitano quelle per unagente immobiliare.

D. Un primo round di quasi unmilione da parte di Davide Serra ealtri «business angel», poi sono arri-vati gli investitori: BPER Banca eShark Bites, società creata da FabioCannavale, Gianluca Dettori, Gian-pietro Vigorelli, Luciano Bonetti,Mariarita Costanza; inoltre, gli im-prenditori sardi Alberto Zucca ePierpaolo Muscas.

R. Trovare investimenti è sicura-mente molto complesso ma il proget-to, l’idea che c’è dietro e il team han-no suscitato l’interesse degli investi-tori. Resta comunque un aspetto nonfacile nella vita delle startup, perchéin Italia questo tipo di investimento èun quarto della Francia, un sesto del-la Germania, un decimo dell’Inghil-terra considerato infine che l’Inghil-terra investe un decimo degli StatiUniti. Sono valori assolutamente noncompatibili per lo sviluppo di un’e-conomia e di fatto l’accesso agli inve-stimenti in Italia è molto difficile an-che se devo ammettere che, sia per ilprogetto in sé sia per esperienza per-sonale e networking, siamo riuscitiad avere il primo «seed money» di800 mila euro nel 2015 e un investi-mento a inizio anno per un aumentodi capitale di 2,6 milioni di euro, unimporto decisamente elevato per l’I-talia, ma in realtà la norma all’estero.

D. BPER Banca propone anche isuoi servizi per la casa tramite il vo-stro sito.

R. Intendevano entrare nel realestate e non volevano farlo in modotradizionale. Da un incontro è nato undialogo che dopo pochi mesi si è con-cluso con l’investimento; da alloraHomepal ha potuto proporre il mu-tuo BPER, da sottoscrivere in filiale.

D. È soddisfatto della normativavigente per quanto riguarda le star-tup?

R. La normativa che prevede la de-trazione fiscale per chi investe instartup secondo me è molto buona;quello che non è buono, a mio avvi-so, è l’accesso a finanziamenti e inve-stimenti a favore delle startup perchécomunque è un ecosistema che anco-

SPECCHIOECONOMICO

ra va definendosi in Italia. Non è soloresponsabilità del Governo, ci man-cherebbe altro, ma anche dei capitaliprivati che non vanno verso investi-menti di rischio.

D. Quelli che lo fanno si avvicina-no al concetto di mecenatismo.

R. Esatto: appunto coloro che inUsa si chiamano «business angel».

D. Crede molto nelle potenzialitàdel digitale?

R. Nel 1993 mi sono connesso a In-ternet con telefonata interurbana,tramite il modem che faceva quel ru-more che ancora qualcuno ricorda,perché nella mia città, Rieti, ancoranon c’era connessione diretta urba-na. Ritengo che ancora adesso il digi-tale non abbia espresso che una mini-ma parte delle potenzialità, e per al-cuni versi i rischi oltre che le oppor-tunità di semplificazione della vitaprivata e professionale. Il consuma-tore è al centro, perché è egli stessoche usa l’online e, dunque, sceglie.C’è più attenzione da parte dei forni-tori di servizi perché le aziende san-no bene che un cliente prende e la-scia, e non si può ingabbiarlo. Per de-finizione il digitale è aperto: entroquando voglio e esco quando voglio.

Ed è così che anche noi seguiamo ilcliente sul sito; poi, repentinamente,abbandona la sessione e noi siamo lìa cercare di capire come evitarlo; ec-co come il cliente è al centro.

D. Quali progetti per il futuro?R. Vediamo l’estero, in particolare

la Germania, come una naturaleespansione; anche per questo abbia-mo scelto un nome in inglese nono-stante sia un’azienda italiana. Pensoanche ai Paesi asiatici più pronti asaltare fasi intermedie e arrivare di-rettamente all’ultimo miglio per viadel dinamismo della tecnologia, del-la velocità di utilizzo deglismartphone e della grande popola-zione che ha bisogno di servizi cheancora non esistono.

D. Come controllate l’effettiva as-senza di mediatori immobiliari?

R. Premesso che tutto è possibile,eseguiamo alcuni controlli, ad esem-pio quando vengono inseriti più im-mobili o se viene registrato un nume-ro fisso anziché mobile: chiamiamo e,se di agenzia si tratta, sospendiamo ilprofilo. Se invece dovesse sfuggirci,possono segnalarcelo gli utenti: è unaresponsabilità della community. Inol-tre, quando vediamo tanti appunta-menti presi, potrebbe trattarsi di unagente immobiliare in cerca di clienti:anche in quel caso telefoniamo persincerarcene ed eventualmente disat-tivarne il profilo.

D. Crede che a lungo andare perquesto motivo Homepal possa per-dere credibilità?

R. No, perché responsabilizziamola community: così come chiediamoche si valuti una casa visitata peragevolare la vendita, così invitiamo asegnalarci le agenzie. Non credo siaun tema di reputazione per noi pro-prio perché siamo attivi con i con-trolli. Del resto gli agenti immobiliarisono i benvenuti, se non richiedonoprovvigioni. ■

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«Ritengo che ancora adesso il digitale non abbia espresso che unaminima parte dellepotenzialità, e per alcuniversi i rischi oltre che le opportunità di semplificazione della vitaprivata e professionale. Il consumatore è al centro,perché è egli stesso che usal’online e, dunque, sceglie»

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to il Paese, Telespazio è diventatauno dei principali fornitori brasilianidi servizi satellitari. L’azienda offresoluzioni innovative al mercato cor-porate e istituzionale nei settori dellecomunicazioni, dei servizi multime-diali e nell’osservazione della Terra egarantisce servizi di ingegneria, ge-stione delle operazioni e manuten-zione per i sistemi di terra che con-trollano i satelliti in orbita. Telespa-zio Brasil ha inoltre contribuito alsuccesso del programma brasilianoSGDC (Satélite Geoestacionário de

Defesa e Comunicações Estratégi-cas), che ha visto nel 2017 il lancio diun satellite per le telecomunicazionia uso duale. Il ventesimo anniversa-rio è stato festeggiato anche pressol’Ambasciata d’Italia a Brasilia allapresenza dell’ambasciatore italianoAntonio Bernardini, del coordinato-re delle attività spaziali di Leonardoe amministratore delegato di Tele-spazio Luigi Pasquali, del presiden-te di Leonardo do Brasil Placido DeMaio, e dell’amministratore delegatodi Telespazio Brasil Marzio Laurenti.«Abbiamo creduto in questo Paeseallora–ha dichiarato Pasquali–e con-tinueremo a investire in Brasile neiprossimi anni, fiduciosi di poter cre-scere ulteriormente nel settore pernoi storico delle comunicazioni satel-litari e in quello della geoinformazio-ne, che già oggi vede i dati della co-stellazione satellitare COSMO-Sky-Med impiegati per il monitoraggiodell’Amazzonia a supporto dell’agri-coltura e della sicurezza. Un campoche offre risposte concrete alle neces-sità della gestione e del controllo delterritorio, particolarmente importan-ti in un Paese vasto, complesso edensamente popolato come il Brasi-le, che conta quasi 7500 chilometri dicoste, enormi foreste tropicali, il fiu-me con la maggior portata idrica delPianeta, e un tasso di urbanizzazionedell’85 per cento, con megalopoli chesuperano i dieci milioni di abitanti».

to Brasile-Africa, anche per parlare delProgramma di formazione per giova-ni (Yttp) lanciato da quest’ultimo perrispondere alle necessità dei Paesi afri-cani utilizzando tecnologia, compe-tenze e conoscenze brasiliane. Dal1980, l’Ifad ha finanziato in Brasile 12programmi e progetti di sviluppo ru-rale per un valore complessivo di864,5 milioni di dollari. Tra questi, 565milioni di dollari (di cui 279,4 milionidi investimento diretto da parte dell’I-fad) destinati a operazioni attualmen-te in corso negli Stati del nordest delPaese, da cui traggono beneficio circa400 mila famiglie rurali. Inizialmente

L’Ifad prima a Brasilia, poi aSan Paolo. A novembre sisono tenuti due eventi: pri-

ma, la Conferenza internazionale sullacooperazione sud-sud e triangolare(CSST) «Promuovere innovazioni dalsud del mondo per sostenere la tra-sformazione rurale», poi il Forum Bra-sile-Africa alla sua quinta edizione,sulle tendenze di innovazione e tecno-logia per uno sviluppo sostenibile.Gilbert Fossoun Houngbo, presiden-te del Fondo internazionale delle Na-zioni Unite per lo sviluppo agricolo,ha incontrato João Bosco Monte, fon-datore e attuale presidente dell’Istitu-

IFAD: A SAN PAOLO E BRASILIA I DUEGRANDI INCONTRI TRA BRASILE, AFRICAE TUTTO IL RESTO DEL MONDO

Gilbert Fossoun Houngbo

Leonardo, tra le prime diecisocietà al mondo nell’Aero-spazio, Difesa e Sicurezza, ce-

lebra i 20 anni di attività spaziale inBrasile. La sua controllata Telespazioè presente infatti nel Paese dal 1997,anno in cui ha iniziato a distribuireservizi di comunicazione mobile sa-tellitare in Sudamerica, accompa-gnando la crescita e lo sviluppo delsettore spaziale brasiliano. Negli an-ni, anche con la costituzione di unasocietà locale con sede a Rio de Ja-neiro e una presenza capillare in tut-

Luigi Pasquali, Antonio Bernardini, Placido Di Maio e Marzio Laurenti

C I RCU I TO D I VU LGAT I VO D I CU L TURA BRAS I L I ANA A CURA D I ROM INA C I U F FA

TELESPAZIO BRASIL: LEONARDO CELEBRA I PRIMI 20 ANNI NELLO SPAZIO VERDEORO

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gli investimenti dell’Ifad promuove-vano attività di sviluppo rurale nellaregione nord-orientale e semi-aridadel sertão; oggi si sono estesi alla zonadi transizione pre-amazzonica delMaranhão, all’area contigua al sertão ealla foresta pluviale costiera (mataatlantica) di Pernambuco.

www.riomabrasil.com [email protected] sul brasile

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IDILIO CIUFFARELLA (DELTA ENERGYSYSTEMS): L’ENERGIA PARTEDALL’UOMO ED A LUI DEVE RITORNARE

IDILIO CIUFFARELLA (DELTA ENERGYSYSTEMS): L’ENERGIA PARTEDALL’UOMO ED A LUI DEVE RITORNARE

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a cura diGIOSETTA CIUFFA

dilio Ciuffarella, 48 anni e padredi due figli, una lunga carrieranell’energia in aziende italianefino ad arrivare alla qualifica diamministratore delegato di Del-

ta Energy Systems Italia nonché ge-neral manager «smart building» inDelta EMEA. Opinion leader su ener-gia e sostenibilità, l’ingegner Ciuffa-rella è una persona speciale e dallaleadership innata, che nel proprio la-voro alla competenza aggiunge quelpizzico di umanità che possa far av-vicinare a temi a volte troppo tecnicie di difficile comprensione.

La variabile che differenzia il suooperato da quello di altri è che eglinon si limita a vendere i prodotti del-l’azienda che dirige - se la sua attivitàsi riducesse a questo non trasmette-rebbe un messaggio diverso dagli al-tri – ma cerca di trovare un equilibriotra i diversi giocatori in campo.Esempio ne è il concetto di «antro-pologia della luce», da lui coniatoad intendere un’illuminazione chesegua il bisogno dell’individuo enon il contrario, ossia una personache debba obbligatoriamente ade-guarsi alla luce che trova in una stan-za. E così, in un recente e importante

progetto curato per Telecom Italia, loscopo non è stato semplicementevendere e installare un sistema di ac-censione e spegnimento automaticodelle luci per tutti i dipendenti; inrealtà gli obiettivi sono stati diversi etutti da amalgamare: la ricerca di unprofitto dell’azienda venditrice, lanecessità di «energy saving» del com-pratore che acquista un sistema di«building automation» per l’efficien-

tamento energetico, le normative na-zionali e internazionali, l’ambiente e,non ultimo, il libero arbitrio dei di-pendenti che vogliono poter sceglieredi avere in ufficio l’illuminazione chereputano più adatta.

Ecco quindi un modo innovativo ecreativo di guidare un’azienda, unatecnologia sapientemente proposta econdivisa con gli stakeholders piutto-sto che venduta. Sarà forse per il cur-

II

«In sostanza siamo gli esperti che entrano in un ambiente ed hanno l’impagabile capacità di individuare le lacune per attivare i miglioramenti»,questo è, in poche parole,l’impegno della società

Idilio Ciuffarella, amministratore delegato di Delta Energy Systems per l’Italia,

general manager «Smart Building» di Delta EMEA

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riculum di uno spirito fortementecreativo maturato in società italianedi eccellenza ma collocate all’internodi un contesto internazionale, con ilconseguente continuo confronto conle realtà estere.

Domanda. Cosa ha imparato daqueste esperienze?

Risposta. Ogni azienda, per viadelle differenti nazioni di riferimen-to, mi ha fatto apprendere aspetti di-versi ma importanti del lavoro. Peresempio, dai miei esordi in MarconiCommunications (oggi Ericsson)azienda con una forte connotazionein ricerca e sviluppo e tra le primesocietà di telecomunicazioni in Italiache operava nel settore civile e dellaDifesa, e facente parte della galassiadella britannica General ElectricCompany, ho imparato a lavoraremolto sui processi, in particolare sul-la pianificazione strategica, elementocardine e rivisto sistematicamenteogni anno. Ho capito l’importanzadi una strategia: gli inglesi sono ot-timi organizzatori. Un altro aspettoche veniva molto curato è la gestionedel ciclo di vita del prodotto e deiprogetti, la sovranità del cliente e losviluppo dei talenti. Da questo è de-rivato un attaccamento alla magliaaziendale e all’italianità. In quell’a-zienda ho appreso cosa significa in-namorarsi del proprio lavoro, che erasvolto con grande entusiasmo perchél’uomo era al centro dell’azienda.

D. Ed ora i taiwanesi.R. Sì, ma prima di loro ci sono stati

gli americani di Magnetek: nuova-mente un’azienda italiana, stavoltafacente capo al colosso fotovoltaicoPower One, oggi ABB. Dagli ameri-cani ho appreso l’elasticità, la socie-volezza nel business insieme allacapacità di costruire buone relazio-ni e infine, ovviamente, l’eccellenzanel marketing e la comunicazione.Infine, Delta Energy Systems: una so-cietà da 25 anni italiana ma riferita auna holding taiwanese da quasi 8miliardi di dollari. Da essi ho impa-rato la cura per ogni minimo detta-glio, strutturato nei minimi partico-lari per non lasciare nulla al caso eprevedere ogni possibile scenario,ipotizzando anche quelli più avveni-ristici o di recupero.

D. Da «golden boy» nelle teleco-municazioni in Marconi al settoreenergetico. Cosa ha suscitato questapassione per l’energia?

R. La Marconi aveva una divisioneamericana che si occupava di ener-gia, e nel 2000 mi fu affidato lo svi-luppo del mercato EMEA. Accettaientusiasta. Si stenterà a crederlo mail mio innamoramento nei confrontidei temi dell’energia è avvenutoquando, adolescente, ho scoperto lapsicoanalisi reichiana. Wilhelm Rei-

l’energia, con particolare riguardo al-le rinnovabili e all’e-mobility. Offresoluzioni intelligenti per edifici so-stenibili e efficienti, soluzioni volte alrisparmio energetico, e ciò avvienenon solo nel mercato italiano, dovec’è molta richiesta per via dell’altocosto dell’energia, ma anche interna-zionale perché stiamo estendendoanche all’estero quanto finora realiz-zato in Italia.

D. La sede italiana è in crescita?R. In qualità di amministratore de-

legato della sede italiana di Delta permolti anni e anche in qualità di re-sponsabile EMEA per lo «smart buil-ding», qualifica per la quale nell’areaEuropa, Medio Oriente ed Africa mioccupo delle soluzioni a servizio del-l’efficienza energetica, vorrei in

realtà non solo far presente che sì, lasede italiana è in espansione ma an-che porre l’accento sul fatto che, perla prima volta, una «business unit»viene portata in Italia surclassandole già ampiamente accreditateTaiwan, Cina e Germania, perchéviene importata non una forza com-merciale ma una forza di sviluppodi soluzioni innovative per l’effi-cientamento energetico. Per esem-pio, nell’adeguamento della sede Te-lecom Italia a Padova, non abbiamoagito sull’infrastruttura ma abbiamocreato una piattaforma intelligente di«building automation» grazie allaquale in circa due anni ci sarà un ri-torno dell’investimento.

D. Può descrivere meglio questoprogetto?

R. Le nostre consolidate soluzionidi «telecom power» con un’efficienzaenergetica all’avanguardia nel setto-re, pari al 97,5 per cento, consentonosignificativi risparmi OPEX ed ener-getici all’infrastruttura di telecomu-nicazioni. L’illuminazione LED intel-

ch fu l’ispiratore della bioenergetica,che vede l’uomo non solamente co-me frutto di un vissuto ma come unafonte di energia che attraversa l’esse-re umano per confluire finanche nel-le relazioni, che sono quindi origina-te da un fenomeno energetico. Se vo-gliamo le relazioni interpersonali so-no semplificabili in uno scambioenergetico ed io, in fin dei conti, ven-do soluzioni basate sull’energia e lacapacità di conservarla («storage»),scambiarla («distribuzione»), au-mentarla («efficienza») e gestirla inmodo intelligente per il pianeta, leimprese e gli esseri umani stessi. Perme è entusiasmante.

D. Parlando invece di energia piùtradizionalmente intesa, Delta co-me opera in Italia?

R. Seguendo la mission aziendale«innovare, risparmiare e proteggerel’ambiente per garantire un futuromigliore», produce componenti elet-tronici consumer e industriali, siste-mi LED, automazione industriale eper edifici, infrastrutture ICT e per

53SPECCHIOECONOMICOL’innamoramento

nei confronti dei temi dell’energia è avvenutoquando, adolescente, hascoperto la psicoanalisireichiana. Wilhelm Reichfu l’ispiratore della bioenergetica: l’uomonon è solamente il fruttodi un vissuto, ma una fonte di energia che attraversa l’essereumano e che confluiscefinanche nelle relazioni

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54 SPECCHIOECONOMICO

ligente installata nel 2014 ha permes-so risparmi vicini al 75 per cento ri-spetto all’impianto precedente. Lanuova entusiasmante esperienza èstata quella di gestire in modo otti-mizzato il condizionamento in tutti imolteplici ambienti dell’edificio do-po aver analizzato tramite una retedi sensori IoT il consumo energetico.Parliamo di sistemi BEMS, BuildingEnergy Management Systems, ma lavera capacità è studiare gli edificicon occhio esperto e professionale.In sostanza siamo gli esperti che en-trano in un ambiente ed hanno l’im-pagabile capacità di individuare lelacune ed i miglioramenti. Questio-ne di feeling energetico: puntiamo apromuovere non solo risparmi ener-getici, ma un miglioramento com-plessivo nella qualità della vita ditutte le parti interessate che quotidia-namente vivono l’immobile, secon-do un concetto da me definito «an-tropologia degli edifici» riferito allegrandezze quali condizionamento,audio e così via e che nasce da quellastessa «antropologia della luce» dicui parlavo già tempo fa. L’uomo è alcentro del lavoro e delle azioni con-nesse ad esso; pertanto, la luce e gliedifici devono essere al servizio dellapersona, cosa oggi possibile grazieall’Internet of Things.

D. Adriano Olivetti è passato allastoria per l’idea di organizzazionedel lavoro.

R. È stato senz’altro mio ispiratore:nei suoi scritti «Le fabbriche di bene»già negli anni Quaranta si interroga-va su come la fabbrica potesse essereresa un bene di tutta la comunità.Aggiungerei che l’importante nelmondo aziendale è trovare un equili-brio tra etica e profitto. In seguito aqueste mie riflessioni, ho coniato l’e-spressione «responsabilità educativadi impresa», per la quale noi mana-ger abbiamo un dovere nei confrontidei giovani: educarli a un camminoecosostenibile che li porti lontano.

L’ingegner Ciuffarella si spinge adescrivere anche il pragmatismogiovanile di impresa: una formazio-ne per le menti del futuro. «In Italiaesistono problemi occupazionali, quindiil lavoro va costruito, creando la doman-da. Dobbiamo cercare di formare i giova-ni in modo tale che non escano dalle uni-versità per dire, per esempio, che voglio-no «fare l’ingegnere» ma che invece vo-gliono creare un’azienda che faccia inno-vazione e coltivi il germe della creatività:essere insomma un ingegnere di ben piùlarghe vedute».

La visione che trapela dalle sue pa-role e che lascia intravedere, fino arenderle ben manifeste, tematichequali la CSR, la sostenibilità, l’effi-cienza energetica nonché la conside-razione per il valore della persona

«Questione di feelingenergetico: puntiamoa promuovere non solo risparmi energetici, ma unmiglioramento complessivonella qualità della vita di tutte le parti interessate che quotidianamente vivonol’immobile, secondo un concetto da me definito antropologia degli edifici.L’uomo è al centro del lavoroe delle azioni connesse ad esso; pertanto, la luce e gli edifici devono essere al servizio della persona»

umana, stanno dando luogo a unacrescente attenzione dell’opinionepubblica verso tali idee e temi piùche mai attuali; a riprova infatti ci so-no nel 2015 e nel 2016 workshop e le-zioni in occasione del master di pri-mo livello in «Gestione integrata evalorizzazione dei patrimoni immo-biliari e urbani - Asset property & fa-cility management» della facoltà diArchitettura della Sapienza di Romanonché, motivo di soddisfazione perl’ingegnere, a marzo prossimo unanuova testimonianza agli studentidel MaGER, il master di primo livel-lo in «Green management, energyand corporate social responsibility»della Bocconi.

Perché la responsabilità educativadi impresa si traduca realmente nellaformazione dei veri talenti ed inno-vatori del futuro italiano. ■

William Reich, ispiratore della bioenergetica

na zucca per home banking,come in una fiaba. Da unaparte (immaginifica), i topi sitrasformano in carrozze; dal-l’altra (questa), la zucca in

salvadanaio. È quello dell’olandese INGBank, tra le prime - se non la prima - aportare l’home banking in Italia decli-nandosi in ING Italia sotto la guida dicon Marco Bragadin, amministratoredelegato, presente nel nostro Paesecon circa 900 dipendenti.

La madre olandese ha oggi presen-tato i risultati del terzo trimestre2017 con un utile netto a 1,38 miliar-di di euro e performance commercialiin crescita. La base clienti retail è cre-sciuta di oltre 400 mila unità nel terzotrimestre 2017, raggiungendo 36,9milioni; i clienti primari sono cresciutidi 400 mila unità, arrivando a 10,5 mi-lioni; la crescita netta dei prestiti nelterzo trimestre 2017 è aumentata di8 miliardi di euro mentre i depositi di4,2 miliardi. Il risultato ante-imposteal netto delle voci straordinarie e nonricorrenti nel terzo trimestre è di 1,9miliardi. Tali risultati derivano dallacrescita dei volumi del business conmargini resilienti e un basso costo delrischio. «Ciò conferma che siamo sullastrada giusta per trasformare INGnella banca del futuro», ha commenta-to Ralph Hamers, ceo del Gruppo.

ING ha lanciato intanto ING Ventu-res, fondo di di 300 milioni, con l’obiet-tivo di sviluppare collaborazioni trami-te partnership e investimenti nel mon-do della «fintech», ossia della tecnofi-nanza. La dotazione del fondo potreb-be aumentare nel corso dei prossimi4 anni in funzione dell’evoluzione digi-tale del Gruppo, che ha attualmente inessere 115 tra partnerships e inve-stimenti nel settore. ING Ventures,guidata dal nuovo ceo Benoît Legrand,si focalizzerà su start-up e aziendeche hanno già un significativo eserci-zio all’interno del mercato, e investirasu aziende attive nei Paesi in cui labanca opera od opererà.

Marco Bragadin, amministratoredelegato di ING Italia

ING, LA ZUCCA

U

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iamo lieti di pubblicare la «lectu-re» che l’Avv. Prof. Lucio Ghia ha

tenuto alla Fordham University diNew York il 28 settembre 2017.

Ho accolto con entusiasmo l’invitorivoltomi dall’avvocato Vito Cozzoli,

presidente di Amerigo For Law, propag-gine della Fordham University. È davve-ro emozionante ed è per me un autenticoprivilegio varcare la soglia di questaprestigiosa università, in questo straor-dinario complesso edilizio, che coniugaestetica e funzionalità professionaleincastonato tra Central Park e ColumbusCircle e costituisce la degna cornice del-l’antica missione di formazione cultura-le e professionale con successo svoltadalla Fordham University. Un sentitoringraziamento va anche alla professo-ressa Toni Jaeger-Fine, assistant deanFordham Law School, ed a voi tutti pre-senti, che mi avete accolto così caloro-samente.

Il tema di questo incontro si svolgeràsul percorso descritto nel libro«International Business Law», edito daWolters Kluwer nel 2016. Questo miolavoro è nato riordinando il materialeutilizzato nel mio insegnamento diDiritto commerciale e nel master chesvolgo presso l’università GuglielmoMarconi di Roma, via via arricchendosisulla spinta delle esperienze compiute inmolti anni di attività professionale, allequali si sono sommate quelle maturatein sede Uncitral, la Commissione per-manente delle Nazioni Unite per il dirit-to del commercio internazionale, ovedal 2001 sono delegato italiano su nomi-na del ministero degli Esteri. Il filorosso che tiene insieme queste differentie complesse componenti ha dovutocomprendere e tener conto dell’attualità,ovvero dei continui adeguamenti deitemi trattati, appartenenti al novero delle«materie in perenne divenire», dinami-che come la stessa vita dell’economia,della finanza, dell’impresa, dell’indu-stria, del commercio e dei contratti cor-relati.

Il testo si snoda su tre direttrici. Laprima, di diritto internazionale pubblico,si sofferma sulle grandi organizzazionisovrannazionali - Nazioni Unite, WorldTrade Organization, Banca Mondiale,Fondo Monetario Internazionale etc. -fornendone un sintetico profilo storico,funzionale e, per quanto possibile, pro-spettico.

Infatti, conoscendo le rispettive origi-ni e le trasformazioni del contesto nelquale queste istituzioni sono state chia-mate ad operare nel corso dei decenni, sipuò meglio comprendere la loro struttu-ra, il loro attuale funzionamento, lenecessarie mutazioni, la loro effettivaefficacia nella soluzione delle crisi inter-nazionali sempre più complesse che sisono manifestate con crescente rilevan-za negli ultimi decenni, spesso finendoper incidere sul diritto dei popoli ad uno

sviluppo pacifico e democratico. Eppure da questa cornice virtuosa

fuoriescono violente patologie che nel-l’attualità provocano guasti economici esociali che tracimano dai confini nazio-nali dei Paesi ove hanno avuto origine,per divenire globali. Di qui il grandeinterrogativo che affligge giuristi edeconomisti. Il mercato globale puòtrovare in se stesso le regole per uncorretto funzionamento, o ha bisognodi essere regolato? Personalmente pro-pendo per questa seconda tesi. Ma inquesto caso da chi?

Certamente i padri degli accordi diBretton Woods, firmati nel luglio 1944,non potevano prevedere che lo «sgan-ciamento» delle monete nazionali, inprimis del dollaro USA, dal parametroaureo fino ad allora rigidamente defini-to dalle grandi potenze dell’epoca,avrebbe prodotto il mostruoso debito -pari a multipli del prodotto mondialelordo - che oggi avvelena i mercatifinanziari internazionali. Infatti, fino adallora la carta moneta era stata per seco-li ancorata alle riserve auree dei singoliPaesi e prima ancora - dai tempi diArnolfo di Cambio (1240- 1300 circa),padre della odierna cambiale - le letteredi credito, le obbligazioni (i cosiddetti«bond» odierni), le promesse di paga-mento, erano garantite dal contenutod’oro o d’argento dei forzieri o deimonetieri blindati dei banchieri del-l’epoca.

Si pensi ai Medici di Firenze o allaCasa di San Giorgio di Genova che nel

XIV e XV secolo finanziavano persino iregnanti inglesi e francesi.

Ma si pensi anche alla gravità dellepene in quei tempi vigenti per i ban-chieri che non fossero in grado di farfronte alle obbligazioni assunte neiconfronti dei depositanti. Nella Spagnadel 1600 i banchieri insolventi venivanopubblicamente decapitati. La fede pub-blica e la reputazione delle corporazionidell’epoca si difendevano «usque adsanguinem» cioè con la morte di chi lemetteva in pericolo.

Si potrebbe dire che anche oggisono previste pene severe ma il casoMadoff, con la sua condanna a nume-rosi ergastoli, ha dimostrato che esse,evidentemente, non bastano.

Oggi, la carta moneta si continua astampare avendo nei fatti perso ognirapporto di garanzia anche con riferi-mento alla realtà del prodotto internolordo dei Paesi emittenti. La «carta» èsempre più carta e meno moneta. Lafinanza ha perso la sua originaria corre-lazione con l’economia, ovvero con l’in-dustria e con la produzione di beni e ser-vizi. La carta finanziaria è divenutasempre più spesso sinonimo di scom-messa, di azzardo. Malgrado i disastritipo Lehman Brothers, l’emissione diobbligazioni ancorate a risultati immate-riali, effimeri quanto volatili non vieneridotta. Si pensi ai fondi che scommetto-no sull’andamento dei prezzi delle mate-rie prime, o del mercato del lusso, odelle valute, o dell’oro, o degli immobi-li, etc.

Tutto ciò fa da sfondo alla crisi di«sub-prime» degli anni 2007-2014, chetutt’ora si fa sentire, ed alle varie«bolle» speculative che si sono succedu-te, deflagrando in tutto il mondo, conl’arricchimento di pochi e l’impoveri-mento di molti.

Ma la patologia della finanza moder-na, figlia del capitalismo globale - cheva conosciuto non solo per essere evita-to dai risparmiatori ed investitori avve-duti - non può distruggere quanto, assi-stendo finanziariamente le economie invia di sviluppo, le istituzioni sovranna-zionali come Nazioni Unite, WorldBank, International Monetary Fund,World Trade Organization e le altredescritte in questo libro, di buono hannorealizzato. La comunità internazionaleha bisogno della buona finanza cheviene erogata secondo regole ben pre-cise che queste istituzioni emanano,osservano, e fanno osservare. Eccoemergere i nuovi temi che gli uffici studidi organizzazioni internazionali stannoaffrontando, e mi auguro che le conside-razioni a riguardo spese nel mio libro sirivelino utili.

Certamente queste istituzioni (U.N.,W.B., I.M.F., W.T.O. etc.) sentono ilpeso degli anni, e si dimostrano in affan-no rispetto alle continue richieste diintervento, di fronte ai gravi fenomeni di

di LUCIO GHIA

FORDHAM UNIVERSITY

NUOVA FRONTIERA:L’ACCOUNTABILITYDELLA PREVISIONE

LEGISLATIVA.LEGGETE UN MANUALE

SS56 SPECCHIO

ECONOMICO

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57SPECCHIOECONOMICO

della sede principale degli affari(Comi), dei conflitti di giurisdizione,della legge applicabile, della esecuzionedelle decisioni in Paesi stranieri, costi-tuiscono tappe specifiche del percorsoche il testo offre a chi intende arricchire,anche sotto il profilo professionale enon solo universitario, la propria forma-zione con la conoscenza di profili tecni-co-giuridici propri di contesti interna-zionali di non comune, né frequente,accessibilità e praticabilità.

Infatti, in questa parte e più ancoranella successiva con cui si completa il«trittico» offerto ai lettori, vengonoaffrontate tematiche estremamente con-crete, di taglio autenticamente pratico,legate alla vita degli affari societari ecommerciali. Per fornire, a riguardo, unpanorama il più ampio possibile hochiamato a collaborare alcuni «testimo-ni» speciali, ovvero alcuni apprezzatiprotagonisti dei negoziati internazionalie della stesura di contratti internaziona-li, che operano continuamente su scena-ri giuridici esteri.

Nella terza parte ho voluto, infatti,soffermarmi sui contratti internazionalie sulle loro specificità, sui loro peculia-ri contenuti, spesso frutto di importanti,complessi e multilaterali negoziati, cheli contraddistinguono e ne fanno un«genus» particolare nella «species» piùampia dei contratti di diritto «civilecommerciale». Uno specifico riferimen-to è stato dedicato alle clausole societa-rie più ricorrenti, chiamate a risolveresituazioni di stallo decisionale o di ces-sione parziale o totale del capitale.

Anche il ricorso a tecniche preventivevolte ad eliminare, regolamentando «aborigine» possibili contrasti e contenzio-si futuri, è stato oggetto di approfondi-mento, così come l’attenzione alladiversità di tutele che offrono le diffe-renti legislazioni applicabili al singolocontratto, o ancora alla giurisdizionechiamata negozialmente a definire even-tuali ipotesi contenziose.

Ecco quindi che la voce dell’esperien-za consumata sul campo, da capi dei ser-vizi legali di enti che operano prevalen-temente su scenari internazionali, comeEni od Enel, o di avvocati e di giudiciinternazionali, riesce a fornire al lettoreparticolari se non unici spunti di rifles-sione, di ammonimento e di consiglio sutemi tecnici, illuminati da esperienzeconcrete, realizzate su problematichegiuridiche vissute in prima persona.

Spero di aver offerto con questo testoun ausilio avanzato che possa rivelarsidavvero utile sia nella preparazione postuniversitaria che nella vita professiona-le. I suoi contenuti, le sue caratteristichestrutturali e pratiche attendono la verifi-ca di coloro che leggendolo ne saprannomettere in risalto e fare propri, se condi-visi, i suggerimenti, le esperienze letestimonianze e le prospettive di praticautilizzazione. ■

instabilità socio-economica che si susse-guono, alle violenze che molte popola-zioni e/o le parti più deboli ed indifesedi esse continuano a subire.

Il «diritto di veto» dei membri delConsiglio di Sicurezza delle NazioniUnite, ad esempio, mostra i propri limi-ti e va ripensato, così come la politica diaggregazione dei consensi dei parteci-panti all’Assemblea delle Nazioni Unitemanifesta lentezze ed incertezze chel’attualità non permette più.

Spesso il W.T.O. non riesce a risolve-re i problemi che l’ampliamento inarre-stabile dei mercati, sempre più globali,evidenzia; le sanzioni nei confronti dellaparte commercialmente scorretta sonoinsufficienti o inadeguate e non si rive-lano efficaci, specie nei confronti dei

«grandi» Stati. Anche l’assistenza alleeconomie in via di sviluppo da partedella World Bank e/o del Fondo moneta-rio internazionale, in realtà, evidenzianon poche criticità in relazione aimodelli di sviluppo che vengono cosìrealizzati.

Eppure queste istituzioni sono le uni-che che tutti i Paesi del mondo, anche ipiù poveri ed arretrati, hanno a disposi-zione per far sentire la loro voce, perchiedere e ricevere aiuti economici,guide legislative e modelli di legge(Uncitral) per sottoscrivere accordicommerciali, convenzioni internaziona-li, per chiedere tutela ed aiuto controabusi e scorrettezze commerciali, controaggressioni armate, invasioni militari,violenze tribali, ma anche calamità natu-rali, socio sanitarie, etc.

In particolare il mio lavoro si soffer-ma sulla necessità di adeguare metodo-logia, criteri, principi legislativi nazio-nali a quelli disegnati dall’Uncitral. Lafattispecie normativa astratta, tipicadi molte legislazioni di improntanapoleonica, deve aggiungere al tessu-to normativo elementi concreti, sevolete manualistici e pratici. Il cittadi-no, l’utente, deve sapere come compor-tarsi, quali sono i corretti paletti che

devono essere osservati per andareesenti di responsabilità, risarcimenti,penalità e sanzioni. È rilevante notareche gli indirizzi e i modelli normativiche l’Uncitral ed altri organismi sovra-nazionali offrono ai legislatori naziona-li divengono veri «benchmark» permisurare l’efficienza normativa dei variPaesi. Da ciò consegue che la limitazio-ne delle incertezze interpretative dellenorme non può trovare ostacoli indecisioni giurisprudenziali ondivaghee/o creative, peraltro costose, anche intermini di tempo.

La nuova frontiera è rappresentatadalla «accountability» della previsionelegislativa, ovvero delle possibilità diricevere risposte certe e prevedibili suicomportamenti da osservare e sulle

responsabilità correlate. Il legislatorenazionale, quindi, dovrà porsi una ulte-riore domanda: questa nuova leggerisponde ai «benchmark» internazio-nali? Quante posizioni ci farà guada-gnare nelle classifiche sull’efficienzaPaese?

La seconda parte del lavoro affronta igrandi temi del diritto internazionalecommerciale, e risente in particolaredelle esperienze professionali effettuatein arbitrati internazionali nella mialunga attività, sul terreno dell’incontrotra impresa privata e Stato (e/o contro-parti estere), esplorando le criticità chepossono insorgere nei rapporti interna-zionali di fornitura di beni e di servizi; oquando le prestazioni sono svolte nelterritorio di uno Stato colpito da misurecoercitive internazionali, come nel casodi «embargo» sanzionato dalle NazioniUnite, ma anche nel caso di crisi o d’in-solvenza dell’impresa operante all’este-ro, ovvero di sospensione dell’esecuzio-ne di contratti internazionali. In talecontesto viene affrontato anche il temadella «cross border insolvency».

Questi argomenti sono esaminati allaluce dei trattati internazionali, conven-zioni, regolamenti europei, più pertinen-ti. I problemi del gruppo di società,

La Fordham University a New York

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ichols: qui si vive comeun astronauta sulla lunaSui mali di Roma il parere,oggi, di Peter Nichols, corri-spondente del prestigioso«The Times» di Londra. At-

tento osservatore delle abitudini dellacittà, Nicbols, che vi vive da vent’anni,è anche studioso dei risvolti storici, po-litici, sociali. Questa profonda cono-scenza gli ha permesso di scrivere do-cumentate opere: «Italia Italia», librodell’anno 1976; «La scelta italiana»,sulle elezioni politiche di due anni fa;«Ruffo in Calabria», pubblicato inGran Bretagna, non ancora in Italia.

Domanda. Che pensa di Roma?Risposta. Professionalmente un de-

serto, una città totalmente irreale.D. Cioè?R. Quando arrivai avevo qualche in-

dirizzo. Telefonai a un frate irlandese.Gentilmente rispose: sto poco bene,sentiamoci la prossima settimana. Te-lefonai a un altro. Mi disse che il frateirlandese era morto un mese prima.

D. Che significa?R. Che a Roma è più facile parlare

con i morti che con i vivi. D. Quali vivi?R. Le autorità, i portavoce del go-

verno. Impossibile trovarli per moltis-sime ore.

D. Oberati dal lavoro?R. No. Non concepiscono il dovere

di essere a disposizione del pubblico. D. O dei giornalisti stranieri?R. L’Italia in generale e Roma in

particolare sono le prime in Europa adaver bisogno di migliorare i rapporticon gli altri Paesi.

D. All’estero è diverso?R. A Parigi, Bonn, Londra si trova

sempre qualcuno.D. Non si è abituato a vivere a Ro-

ma?R. Son qui da vent’anni ma non pos-

so dire che vi ho vissuto.D. Che ha fatto?R. Dicono che Roma è una città eter-

na. Per me è di una provvisorietà spet-tacolare.

D. Non le piace?R. Molto ma per il lavoro è assurda.

Un giorno è più corto, uno più lungo,si parla con i morti, non si incontrano ivivi.

D. Come lavora?R. Ho una casetta a Bracciano. Ci

vado spesso di sera, lavoro dall’alba amezzogiorno, poi torno.

D. Cosa la disturba di più?R. L’uso massacrante del telefono,

l’appuntamento che ti fa sempre perde-re l’intera mattinata.

D. Nel suo Paese no?R. A Londra si combina tre volte di

più. Qui tutto è difficile, ci si muovecome gli astronauti sulla luna, permancanza di gravità.

D. Le cause?R. Il tipo di lavoro che si fa o si cer-

ca di fare. Ministeri, uffici, negozi, at-tività non produttive. Mancano risulta-ti visibili, tangibili.

D. Nei ministeri che si fa?R. Si gira a cercare di fare qualcosa.D. Esistono capitali senza ministeri?R. Londra è il cuore dell’Inghilterra,

Parigi ha dei limiti, ma è una capitale,così lo era Berlino. Roma non è il cen-tro del Paese, ha mali più gravi rispettoal resto.

D. Anche rispetto al sud?R. A Napoli c’è chi si alza al mattino

NNSPECCHIO

ECONOMICO58

DAL «CORRIERE DELLA SERA» VENERDÌ 3 FEBBRAIO 1978

Una capitale controvoglia che ha

sempre subìto, invecedi promuovere,

la storia del Paesedi VICTOR CIUFFA

non sapendo cosa la famiglia mangeràa mezzogiorno. A Roma manca il lavo-ro ma aumenta la periferia, oggi incal-zano le generazioni cresciute nelle bor-gate.

D. Che succederà?R. Non troveranno lavoro né sono

abituate alla disciplina imposta dal la-voro. È un pericolo serio.

D. Come ci si è arrivati?R. Per due errori, accentramento e

insistenza sul ruolo di capitale. Roma èuna grande città storica ma non ha i re-quisiti per essere capitale.

D. Chi li ha?R. Gli italiani sono stati geni nel

creare le città ma non hanno saputocreare una capitale. Roma lo è per altrimotivi.

D. C’è una città più adatta?R. Firenze, ma avrebbe altri difetti.

Milano, ma è così poco italiana. Torinoe Napoli danno ancora l’impressionedi ospitare una corte; neppure esse unabuona scelta.

D. La soluzione?R. Costruirla da zero, vicino al mare

in un’imponente posizione naturale,ricca di vie di comunicazione. Ma nonè possibile.

D. Dobbiamo accontentarci diquesta?

R. Si può ripensare il suo ruolo nellavita nazionale. Roma è un peso per lanazione ma bisogna usarlo come neilampadari, per sollevarla.

D. Non vede progressi?R. Vent’anni fa ai concerti solo vec-

chiette con bracciali d’oro tintinnanti.Una ricca americana esclusa per la res-sa a New York da un concerto di Oi-strack venne a sentirlo appositamente aRoma. Trovò la sala semivuota. Oggimasse di giovani ci vanno ma mancanogli auditori.

D. Si sta un po’ meglio?R. Roma si sopporta lasciandola un

paio di giorni a settimana.D. Sono mali di tutte le grandi

città?R. Non dipende da ciò. Londra è più

grande ma ha atmosfera serena, vitapiù ordinata.

D. Di chi la colpa?R. Non si può pretendere, senza aiu-

tarla con piani e finanziamenti, di usa-re Roma come capitale, imposta, anzidoppia, perché c’è anche il Vaticano.

D. È una capitale controvoglia?R. Ha sempre subìto, invece di pro-

muoverla, la storia del paese. Tutto èvenuto dal nord o dal sud, cristiani,barbari, stranieri, piemontesi, fascisti,americani.

D. Allora non conta niente?R. Moltissimo. Il papa è prima ve-

scovo di Roma, è eletto dal clero e dalpopolo di Roma. Attraverso il papaRoma condiziona la storia, non solol’Italia. ■

Corsera Story

58 Corrierista G_82 23/11/17 10.29 Pagina 1

Page 59: Copertina Layout 1 - Specchio Economico · caduto a me, un no secco, anche ... ha fermato il mio conto in banca a un livello meritocratico. Avevo già la garanzia di un bestseller,

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