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Corriere della sera magatti 12 05 2013

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Domenica 12 Maggio, 2013 CORRIERE DELLA SERA © RIPRODUZIONE RISERVATA

Nell'Europa a due velocità a pagaredi più sono i giovani

di MAURO MAGATTI

I dati dicono che stiamo vivendo una situazione eccezionale. Per i Paesi dell'Europa meridionale (Italia, Spagna, Portogallo, Grecia e, intono minore, Francia), il 2013 segna l'ennesimo anno di arretramento economico. In questo quadro,gli ammortizzatori sociali sono riusciti ad evitare il peggio, ma non hanno potuto impedire il bloccodell'ingresso dei giovani nel mercato del lavoro. I livelli della disoccupazione giovanile (under 25)sono drammatici: 59.1% in Grecia, 55.9% in Spagna, 38.4% in Italia, 38.3% in Portogallo, 26.5% inFrancia — in tutto 3.6 milioni di ragazzi europei sono senza lavoro. Persino Mario Draghi ha lanciatol'allarme sui rischi sociali a cui siamo esposti. Il nodo si stringe ancor più nel confronto con la situazione tedesca: la Germania, che pure ha le suedifficoltà, in questi anni ha visto crescere il proprio Prodotto interno lordo (Pil) ma soprattutto èvicina alla piena occupazione. L'Europa rischia così di affondare tra le accuse reciproche. I Paesi delCentro-Nord, con i conti in ordine, possono, a ragione, rinfacciare, ai Paesi del Sud, fortementeindebitati, le loro inefficienze. E questi ultimi possono, con buoni argomenti, accusare di pagare perl'egoismo dei Paesi più forti. Come in una famiglia in crisi, il divorzio è dietro l'angolo.Persino il calcio conferma plasticamente la situazione: le due squadre tedesche che arrivano in finaledi Champions League eliminando le squadre spagnole, dopo aver eliminato quelle italiane, sono lospecchio dell'Europa di oggi. Un mondo a due velocità. Dal punto di vista strutturale, la diagnosi èchiara: gli standard sempre più impegnativi determinati dalla globalizzazione, affrontati sotto ilvincolo dell'unità monetaria europea, nel quadro della crisi finanziaria internazionale, hanno messo anudo tanto i ritardi del Sud Europa (al netto delle pur importanti differenze che esistono tra, adesempio, l'economia italiana e quella spagnola) quanto le incongruenze dell'architettura europea. Sipuò discutere sul peso relativo di queste concause. Ma il risultato non cambia. Nel corso degli ultimianni, la situazione si è andata aggravando: allo stato in cui siamo, non si può pensare di andareavanti così né si può immaginare che i Paesi più deboli escano da soli dalla spirale in cui sonointrappolati.Oggi, come mai prima, dalla fine della Seconda guerra mondiale, ci sono condizioni strutturali cheapprofondiscono il fossato che si va scavando nel mezzo del Vecchio Continente. Rischiando dispaccarlo. Affrontare una situazione straordinaria come quella che stiamo vivendo richiede unainiziativa straordinaria. Che significa trovare al più presto un modo concreto per dare una boccata diossigeno all'intera economia europea. Al tempo stesso, nessuna azione straordinaria può, da sola,sciogliere i problemi di fondo, che riguardano da un lato la capacità dei Paesi del Sud di realizzarequel pacchetto di riforme strutturali necessarie per essere all'altezza dei tempi; dall'altro, ladeterminazione a sollevare l'Europa da quella condizione impropria che deriva dall'aver realizzatol'unione monetaria senza unione politica.La Germania, dal canto suo, deve decidere: insistere con la linea di questi anni significa mettere arepentaglio il disegno di unificazione per perseguire un disegno di potenza nazionale. La fine dell'europotrebbe forse favorire la germanizzazione di ampie parti del Vecchio Continente. Ma le tensioni chene seguirebbero ci riporterebbero a un passato che pensavamo dimenticato. Oppure la Germania puòdiventare la levatrice della futura Europa. Indicando una road map, chiara ma realistica e sostenibile,che porti entro la fine del decennio a delineare i contorni di una unione politica.

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Anche il Sud Europa — che ha nell'Italia la capofila — deve decidersi: lo spirito europeo, che ha sempre coltivato, deve assumersi le sueresponsabilità. Nessuno può chiedere ai Paesi ricchi di pagare in cambio di niente. I Paesi del Sudhanno il dovere di riconoscere il ritardo storico in cui versano e di mettere finalmente mano alleriforme. Per usare un'immagine calcistica: qualificate per il campionato mondiale, le lororappresentative non ne sono all'altezza. E rimediano così una serie di brutte figure. Al punto in cui siamo, la teoria dei giochi suggerisce che siamo destinati al peggio. Impostare sullabase del mutuo interesse un negoziato tra parti così disomogenee, e con opinioni pubbliche cosìemotive, è una sfida impossibile. Anche perché l'equilibrio virtuoso a cui si deve aspirare si puòraggiungere solo in un certo numero di anni. Ad aiutarci è la consapevolezza che il costo di unabbandono del progetto europeo sarebbe alto per tutti. Ma non è possibile stare insieme senza unavisione politica positiva, capace, cioè, di far tesoro dell'insegnamento di Aristotele per il qualel'amicizia politica, che è condizione per la fondazione di una qualunque comunità, nasce solo dalcomune riconoscimento e perseguimento di un bene comune irriducibile alla mera somma degliinteressi di parte. In questi dieci anni ci eravamo illusi che la moneta unica avrebbe creato l'unità politica. Ora la situazione si è ribaltata: se non si agiscepoliticamente, sarà l'euro a far deragliare il percorso di unificazione. Spezzando la solidarietà tra ilNord e il Sud del Continente. Senza individuare il bene comune capace di rifondare una amiciziaeuropea — l'Europa che vogliamo essere, il percorso per arrivarci e le condizioni per poterci stare —non sarà possibile uscire dalla crisi nella quale ci ritroviamo. La politica, più che mai, è in campo. RIPRODUZIONE RISERVATA