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0 CORSO DI STUDIO SU LA DOTTRINA SEGRETA[magnum opus di H.P. Blavatsky] Condotto da Pablo Sender e Juliana Cesano Adyar 2006 Traduzione italiana di Pier Giorgio Parola

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CORSO DI STUDIO SU

“LA DOTTRINA SEGRETA”

[magnum opus di H.P. Blavatsky]

Condotto da Pablo Sender e Juliana Cesano

Adyar 2006

Traduzione italiana di Pier Giorgio Parola

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INDICE

Note e abbreviazioni Introduzione Indice della DS Sulla DS Sezione I: La Dottrina Segreta e il suo studio

Come studiare la DS La natura e i metodi dell’Occultismo Gli effetti dello studio della DS Sezione II: La Realtà Assoluta—La prima Proposizione Fondamentale

La Realtà assoluta I suoi due aspetti (assoluti) La differenziazione precosmica La manifestazione cosmica – La Dualità La manifestazione cosmica – La Triade La “Divinità” manifestata Sommario

Sezione III: La Ciclica Manifestazione dell’Universo—La Seconda Proposizione

Fondamentale La manifestazione—Una illusione cosmica La manifestazione ciclica Sezione IV: Sette Piani di Coscienza

Sezione V: Le Gerarchie

I Governatori Interni dell’Universo La loro Coscienza e Intelligenza Nessun Potere Onnisciente Sezione VI: La Costituzione Settenaria dell’Essere Umano Sezione VII: Il Processo Evolutivo—La Terza Proposizione Fondamentale

Il Ciclo della Necessità Ronde e Catene Nirvana Sezione VIII: L’Uomo—Il Triplice Schema Evoluzionario

L’Evoluzione delle Monadi Le Razze Radice e l’Evoluzione Fisica

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L’Evoluzione del Manas Una Evoluzione senza Fine

Note Finali Note:

- Tutte le aggiunte tra le parentesi quadre sono nostre. - Alcune parti delle citazioni sono state accuratamente rimosse per agevolare la comprensione del testo.

Negli estratti queste omissioni non sono indicate con tre puntini per facilitare la lettura. Consigliamo allo studente di ricorrere al testo originale per ogni ulteriore consultazione.

Abbreviazioni:

SD: The Secret Doctrine ed. in 3 vol CW: The Collected Writings of HPB (Tutti gli scritti di HPB raccolti da Boris de Zirkoff. Edizioni Quest

Books) KT: La Chiave della Teosofia GT: Il Glossario Teosofico IGT: The Inner Group Teachings di HPB AT: Transactions of the Blavatsky Lodge. (Gli Appunti sono come riportati nel The Aquarian

Theosophist, Vol. II, Supplement No. 9, September 17, 2002) HST: How to Study Theosophy (di Robert Bowen. Editore Theosophical Pub House) ML: The Mahatma Letters. Edizione cronologica. LMW: Letters from the Masters of the Wisdom (curatore C. Jinarajadasa)

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INTRODUZIONE

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(A)

Il contenuto del “La Dottrina Segreta”

i.1 Lo schema del primo volume è costituito da sette “stanze”, tradotte dall’occulto Libro di Dzyan, il cui originale è scritto nel linguaggio sacro degli iniziati, il senzar. Le stanze con i loro commentari e delle spiegazioni costituiscono la prima parte di questo primo libro. La seconda parte è dedicata alla interpretazione dei simboli fondamentali che si trovano nelle grandi religioni del mondo e dell’occulto significato degli ideogrammi e dei glifi segreti. La terza parte fa un sommario delle posizioni contrastanti della scienza e del La Dottrina Segreta e anticipa le probabili anticipazioni della scienza. Questa parte è la connessione tra i due volumi. La disposizione generale del secondo volume è simile a quella del primo volume. Tratta principalmente dell’evoluzione dell’uomo su questo pianeta. La prima parte si basa sulle dodici stanze del Libro di Dzyan che descrivono la graduale evoluzione dell’umanità attraverso molti livelli occulti, l’origine dei regni inferiori della natura, la sommersione degli antichi continenti e ci mostra un panorama delle passate civiltà. La seconda parte tratta del simbolismo arcaico del mondo delle religioni, con particolare riguardo per la classificazione settenaria e quaternaria degli elementi e delle forze. La terza parte confronta ancora gli insegnamenti della religione-saggezza con quelli della scienza di quei tempi, principalmente riguardo all’antropologia e alla geologia. (Boris de Zirkoff, “Cos’è “La Dottrina Segreta”, Theosophia Vol. XXV, No. 1)

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INDICE GENERALE DEI DUE VOLUMI

VOLUME I: COSMOGENESI

PROEMIO Il più vecchio manoscritto del mondo e il suo simbolismo La vita unica, attiva e passiva La Dottrina Segreta – Panteismo –Ateismo Lo Spazio in tutte le religioni e nell’occultismo I sette elementi cosmici—Le sette razze dell’umanità I tre postulati del La Dottrina Segreta Descrizione delle Stanze del Libro di Dzyan

PARTE I. L’EVOLUZIONE COSMICA Le sette Stanze dal Libro di Dzyan

Stanza I La notte dell’universo Stanza II L’idea di differenziazione Stanza III Il risveglio del kosmos Stanza IV Le gerarchie settenarie Stanza V Fohat il figlio delle gerarchie settenarie Stanza VI Il nostro mondo, la sua crescita e sviluppo Stanza VII I genitori dell’uomo sulla terra

Ricapitolazione

PARTE II. L’EVOLUZIONE DEL SIMBOLISMO NEL SUO ORDINE APPROSSIMATIVO

I Simbolismo e ideogrammi II Il linguaggio del mistero e le sue chiavi III La Sostanza Primordiale e il Pensiero Divino IV Chaos—Theos—Kosmos V La Divinità Nascosta, i suoi simboli e glifi VI L’Uovo del Mondo VII I giorni e le notti di Brahma VIII Il loto come simbolo universale IX Deus Lunus X L’Albero e il Serpente e il Culto del Coccodrillo XI Demon Est Deus Inversus XII La teogonia degli dei creatori XIII Le sette creazioni XIV I quattro elementi XV Riguardo a Kwan-Shi-Yin e a Kwan-Yin

PART III LA SCIENZA E LA DOTTRINA SEGRETA MESSE A CONFRONTO

I Le ragioni di queste aggiunte

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II I fisici moderni stanno giocando a moscacieca III An Lumen Sit Corpus Nec Non? IV La gravità è una legge? V Le teorie scientifiche della rotazione VI Le maschere della scienza VII L’attacco di uno scienziato sulla teoria scientifica della forza VIII Vita, forza, o gravità? IX La teoria solare X La forza futura XI Sugli elementi e gli atomi XII Pensieri antichi in abiti moderni XIII La moderna teoria nebulare XIV Le forze, modi di moto o intelligenze? XV Dei, monadi e atomi XVI L’evoluzione ciclica e il karma XVII Lo zodiaco e la sua antichità XVIII Sommario delle rispettive posizioni

VOLUME II: L’ANTROPOGENESI

Note preliminari Sulle arcaiche Stanze e i quattro continenti preistorici

L’Immortale Terra Sacra L’Iperboreo La Lemuria L’Atlantide I Tropici e il Polo

PARTE I. L’ANTROPOGENESI

Stanze dal Libro di Dzyan Stanza I Gli inizi della vita senziente Stanza II Senza aiuti la natura fallisce Stanza III I tentativi di creare l’uomo Stanza IV La creazione della prima razza Stanza V L’evoluzione della seconda razza Stanza VI L’evoluzione dei nati dal sudore Stanza VII Dalle razze semi divine fino alle prime umane Stanza VIII L’evoluzione degli animali mammiferi. La prima caduta Stanza IX L’evoluzione finale dell’uomo Stanza X La storia della quarta razza Stanza XI La civilizzazione e la distruzione della quarta e quinta razza Stanza XII La quinta razza e I suoi istruttori divini

Frammenti supplementari da un commentario sui versi della Stanza XII Conclusione

PARTE II. IL SIMBOLISMO ARCAICO DELLE RELIGIONI DEL MONDO

I principi esoterici che si trovano in tutte le Sacre Scritture XVI Adam-Adami XVII Il “Sancta Sanctorum” e la Sua degradazione

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XVIII Sul mito degli “angeli caduti” nei suoi vari aspetti XIX Il Pleroma è un covo satanico? XX Il titano Prometeo XXI Enoïchion-Henoch XXII Il simbolismo di Iao, il nome misterico, e Jehovah XXIII Le Upanishad nella letteratura gnostica XXIV La croce e la decade pitagorica XXV I misteri dell’ebdomadario PARTE III. APPENDICE. IL CONFRONTO TRA SCIENZA E LA DOTTRINA SEGRETA

I Antropologia arcaica o moderna? II L’umanità degli antenati è presentata dalla scienza III I relitti fossili dell’uomo e la antropoide scimmia antropomorfa IV La durata dei periodi geologici, i cicli delle razze, e l’antichità dell’uomo V L’evoluzione organica e i centri creativi VI I giganti, le civiltà e i continenti sommersi rintracciati nella storia VII Le prove scientifiche e geologiche dell’esistenza di vari continenti sommersi

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(B) SUL “LA DOTTRINA SEGRETA”

i.2 C’è una dottrina segreta che è proprietà comune di innumerevoli milioni di uomini nati nei più vari ambienti, in epoche che la storia non è in grado di trattare e alle quali gli insegnamenti esoterici assegnano delle date incompatibili con le teorie della geologia e dell’antropologia. La nascita e l’evoluzione della Scienza Sacra del passato si perde nella notte dei tempi. (SD II, p. 794) i.3 La dottrina segreta è la saggezza accumulata durante tutte le epoche e la sua cosmogonia è, da sola, il sistema più stupendo e preciso. E tale è il misterioso potere del simbolismo occulto che i fatti che hanno effettivamente occupato delle innumerevoli generazioni di veggenti iniziati e di profeti per ordinare, mettere per iscritto e spiegare, durante delle sconcertanti serie di progressi dell’evoluzione, sono tutti registrati in poche pagine di segni geometrici e glifi [vedi la sezione 2]. Si può dire che questo sistema non è dovuto alla fantasia di uno o più individui isolati. Questa è la registrazione ininterrotta, durata per migliaia di generazioni di veggenti le cui rispettive esperienze furono fatte per provare e verificare la trasmissione orale, da una delle prime razze all’altra, degli insegnamenti di quei nobili esseri superiori che vigilarono sull’infanzia dell’umanità. Per delle lunghe epoche gli “Uomini Sapienti” della quinta razza, della stirpe risparmiata e salvata dall’ultimo cataclisma e dallo spostamento dei continenti, hanno trascorso le loro vite imparando e non insegnando. Come lo fecero? rispondiamo: controllando, provando e verificando in ogni campo della natura la tradizione degli antichi con delle indipendenti visioni di grandi adepti; vale a dire di uomini che hanno sviluppato e perfezionato al massimo grado possibile le loro strutture fisiche, mentali, psichiche e spirituali. Nessuna visione di un adepto era accettata fino a quando non era stata controllata e confermata dalle visioni, ottenute indipendentemente, di altri adepti, e da secoli di esperienze. (SD I, p. 272-3) i.4 Queste verità non sono mai proposte come delle rivelazioni, né l’autore pretende di essere il rivelatore di una tradizione mistica resa ora pubblica per la prima volta nella storia del mondo. Questo lavoro è una divulgazione parziale di quello che essa stessa ha imparato da degli studiosi più esperti, arricchito, solo con pochi dettagli, dai risultati del suo studio e delle sue osservazioni. Non è necessario spiegare che questo libro non è la dottrina segreta nel suo complesso, ma un numero scelto di frammenti dei suoi principi fondamentali. (SD I, Prefazione) i.5 Lo scopo di questo lavoro può essere definito così: dimostrare che la natura non è “una fortuita unione di atomi” e assegnare all’uomo il suo giusto posto nello schema dell’universo; salvare dalla degradazione le verità arcaiche che sono alla base di tutte le religioni e scoprire, fino a un certo punto, la fondamentale unità da cui tutte provengono; e infine mostrare che il lato occulto della natura non è mai stato avvicinato dalla scienza della civiltà moderna. (SD I, Prefazione) i.6 E qui ci sia concessa una osservazione. Nessun vero teosofo, dal più ignorante al più colto, deve pretendere di essere infallibile per quanto dice o scrive nel campo dell’occultismo. Per prima cosa si deve ammettere che, in vari modi, nella classificazione sia dei principi cosmici che di quelli umani, oltre agli errori nella sistemazione dell’evoluzione e specialmente su questioni metafisiche, quelli tra noi che pretendono di insegnare ad altri più ignoranti di loro sono tutti soggetti a sbagliare. Ci sono quindi stati degli errori nella “Iside Svelata”, nel “Buddhismo Esoterico”, nel “Uomo”, in “Magia: Bianca e Nera”, ecc., ecc., e più di un errore ci sarà probabilmente in questa opera. Questo non si può evitare. Perché non ci sia un errore o uno sbaglio grave, in un lavoro, sia grande che piccolo, su questi argomenti astrusi, questo dovrebbe essere scritto, dalla prima all’ultima pagina, da un grande adepto, se non da un Avatara. Solo allora noi potremmo dire: “Questa è proprio un’opera senza macchia e peccato!” Ma finchè l’artista è imperfetto come potrebbe essere perfetto il suo lavoro? “La ricerca della verità non ha fine!” Amiamola e cerchiamola per amor suo e non per la

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gloria o per i vantaggi che anche un suo piccolo frammento potrebbe darci. Poiché chi di noi può pensare di avere tutta la verità sulla punta delle dita, anche su degli argomenti secondari dell’occultismo? (SD II, p. 640) i.7 Ritengo che la D.S. contenga tutto quello che la stessa H.P.B. conosce e anche molto di più, dato che gran parte proviene da degli uomini il cui sapere è immensamente superiore al suo. Inoltre ella vuol dire, senza dubbio, che vi si può trovare una conoscenza che Lei stessa non possiede. (R. Bowen, HST, p. 5) i.8 Le verità rivelate all’uomo dagli “Spiriti Planetari” (i kumara più elevati, quelli che non sono più incarnati in questo universo durante questo mahamanvantara), coloro che appaiono come avatara sulla terra solo all’inizio di ogni nuova razza umana e alla confluenza o chiusura delle due fini del ciclo minore e maggiore, sono date in modo da svanire dalla memoria degli uomini allorché questi diventano più animaleschi. Tuttavia, sebbene questi maestri rimangano con gli uomini solo per il tempo necessario per imprimere nelle plastiche menti dell’umanità bambina le verità eterne che essi insegnano, lo spirito degli insegnamenti rimane vivido, sebbene latente, nell’umanità. Come dicono i maestri nell’Occult Primer[Manuale introduttivo occulto ndt]: “Questo è fatto per permettere loro (alle verità eterne) di non essere completamente perdute o dimenticate, nelle epoche posteriori, dalle generazioni successive…..” La missione dello Spirito Planetario è solo quella di dare la nota dominante della verità. Allorché ha diretto la vibrazione di quest’ultima in modo tale che possa seguire ininterrottamente il suo corso lungo il susseguirsi delle razze fino alla fine del ciclo Egli scompare dalla nostra terra fino al manvantara planetario successivo..1[1] (CW 12, p. 600-1) i.9 La conoscenza arriva con delle visioni, prima durante i sogni e poi con delle immagini che si presentano all’occhio interiore durante la meditazione. Così mi è stato insegnato l’intero sistema dell’evoluzione, le leggi dell’essere e tutto ciò che conosco, i misteri della vita e della morte e il meccanismo del karma. Riguardo a tutto ciò non mi è stata detta una parola nel modo solito, tranne, forse, come per confermare quello che mi era pervenuto; e nulla per iscritto. E la conoscenza così ottenuta è così chiara, cosi convincente, così indelebile, per l’impressione che fa sulla mente, che ogni altra fonte di informazione, ogni altro metodo di insegnamento a cui eravamo abituati, diventa irrilevante in confromto a questo. Una delle ragioni per cui esito a rispondere lì per lì a delle domande che mi vengono fatte è la difficoltà di esprimere in un linguaggio sufficientemente accurato delle cose che ho ricevuto come immagini e che ho compreso con la ragion pura, come direbbe Kant. (CW 13, p. 285) i.10 Il Libro di Dzyan [riguarda] “La conoscenza tramite la meditazione”. (SD I, p. 434) i.11 Il vero studioso del La Dottrina Segreta è uno Jnana Yogi e questa via dello Yoga è quella veramente adatta per lo studioso occidentale. E’ per assisterlo con dei segnali posti sulla via che è stato scritto il La Dottrina Segreta. (HST, p. 14) i.12 Questi due volumi devono servire come PROLOGO e preparare la mente del lettore per quelli che seguiranno. Le nostre spiegazioni non sono certo complete, né pretendono di esprimere tutto il testo integralmente, o di essere state preparate con l’aiuto di più di tre o quattro chiavi fra le sette dell’interpretazione esoterica; e anche questo è stato fatto solo parzialmente. Il lavoro da intraprendere è troppo grande per chiunque e ancor più lo è il compierlo. La nostra principale preoccupazione era solo quella di preparare il terreno e confidiamo di averlo fatto. Questi due volumi sono solo il lavoro di un pioniere che si è spinto nella giungla quasi impenetrabile della foresta vergine della terra dell’occulto. Si è iniziato ad abbattere ed estirpare dei pericoli mortali come gli alberi della superstizione, del pregiudizio e dell’ignoranza presuntuosa, in modo che questi due volumi possano essere un preludio conveniente al terzo e quarto volume. Fino a che l’immondizia accumulata nelle epoche passate non sia stata spazzata dalle menti dei teosofi, a cui sono dedicati

1[1] Le vibrazioni della Verità Primordiale sono ciò che i vostri filosofi chiamano “idee innate” (ML, No. 18)

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questi libri, è impossibile che gli insegnamenti più pratici del terzo volume siano capiti. Di conseguenza dipende solo dall’accoglienza che questi due volumi riceveranno dai teosofi e dai mistici se gli ultimi due volumi saranno pubblicati, quantunque essi siano già quasi completati. (SD II, p. 797-8) i.13 Poiché, come ammesso prima, quest’opera contiene molto più di quanto dà lo studioso è invitato a usare la propria intuizione. (SD I, p. 278)

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SEZIONE I LA DOTTRINA SEGRETA E IL SUO STUDIO

a) Come studiare la SD I.1 Un’opera che compara parecchie decine di filosofie e più di una mezza dozzina tra le religioni del mondo, un’opera che può solo parlare delle origini con la massima precauzione poiché può solo dare dei suggerimenti riguardo ai fiori nascosti qua e là, non può essere capita con una lettura superficiale, né dopo molte letture, se il lettore non ha preparato da solo un sistema per farlo. (CW 12, p. 235) I.2 La lettura della SD pagina per pagina, così come si legge un libro qualsiasi, può solo provocare confusione. La prima cosa da fare, anche se ci vogliono degli anni, è quella di capire un po’ i “Tre Principi Fondamentali” [le Proposizioni] del Proemio. Quindi lo studio della ricapitolazione, degli articoli numerati del Riepilogo del primo volume (Parte I). Quindi occorre lo studio delle Note Preliminari (Vol. II) e della Conclusione (Vol. II). (HST, p. 6) I.3 Se si immagina di potere ottenere un’immagine soddisfacente dell’universo con lo studio della D.S. , si avrà solo della confusione. Essa non è predisposta per dare un verdetto definitivo sull’esistenza, ma per GUIDARE VERSO LA VERITA’ (HST, p. 8) I.4 E’ peggio che inutile rivolgersi a coloro che consideriamo degli studiosi evoluti (dice lei) e chiedere una interpretazione della D.S. . Essi non possono darcela. Se si provano, tutto ciò che ci danno sono delle interpretazioni exoteriche mutilate e avvizzite, che non assomigliano neanche lontanamente alla verità. Accettare queste interpretazioni significa ancorarsi a delle idee fisse, mentre la verità sta al di là di ogni idea che noi possiamo congetturare o esprimere. Le interpretazioni exoteriche sono tutte delle belle cose e Lei non le ha mai condannate fino a che rimangono delle indicazioni per i principianti e non vengono prese per qualcos’altro. (R. Bowen, HST, p. 8) I.5 I diagrammi e le tavole sono destinati solo a familiarizzare gli studiosi con le idee guida latenti nelle analogie; la vera regola dell’occultismo metafisico, o macrocosmico e spirituale, proibisce l’uso delle immagini e anche dei simboli se non come aiuti temporanei. Il definire una idea con delle parole le fa perdere la sua fondatezza; se si rappresenta una idea metafisica si materializza il suo spirito. Le immagini si devono usare solo come scalini per salire in alto, scalini che non si debbono più considerare dopo che il piede è giunto più in alto. Gli esoteristi debbono quindi essere molto attenti e spiritualizzare gli insegnamenti e non materializzarli; debbono sempre cercare il senso più elevato possibile, sapendo che quanto più nelle loro speculazioni sugli insegnamenti usano ciò che è materiale e visibile tanto più si allontanano dalla loro giusta comprensione. Anche nell’occultismo come in ogni vera arte, si deve apprendere la teoria prima della pratica. (CW 12, p. 600) I.6 Non importa quello che si può studiare nella D.S., ma, per imparare, si tengano presenti i seguenti concetti: (a) La FONDAMENTALE UNITA’ DI TUTTO QUELLO CHE ESISTE . Questa unità è completamente diversa dalla comune nozione di unità: quando diciamo, ad esempio, che una nazione o un esercito sono degli individui uniti, o che questo pianeta è unito ad un altro da delle linee di forza magnetica o di tipo simile. L’insegnamento non è questo, ma è quello che afferma che l’esistenza è una COSA UNICA, non un insieme di cose unite insieme. Fondamentalmente c’è un UNICO ESSERE. Questo Essere ha due aspetti, il positivo e il negativo. Il positivo è Spirito o COSCIENZA

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e il negativo è SOSTANZA, soggetta alla coscienza. Nella sua manifestazione originaria questo Essere è l’Assoluto. L’essere assoluto senza niente al di fuori di sé. E’ il Tutto-Essere. E’ indivisibile, se no non sarebbe assoluto; se si potesse separarne una parte il rimanente non sarebbe assoluto, perché ci sarebbe il problema della sua COMPARAZIONE con la parte separata. La comparazione è incompatibile con ogni idea di assolutezza. E’ quindi palese che questa esistenza unica, o Essere Assoluto, deve essere la “realtà” in qualsiasi forma essa sia. Ho affermato di ritenere che tutto ciò è chiaro, ma non penso che, nelle logge, molti lo capiranno. Lei ha detto che la “teosofia è fatta per coloro che sono in grado di pensare, o che riusciranno a farlo, e non per coloro che sono mentalmente pigri”. Ultimamente H.P.B. è diventata più tenera; per la media degli studenti l’appellativo è stato: “Testa di legno!”. In ultima analisi, l’Atomo, l’Uomo, Dio (dice lei), sono ognuno separatamente, così come tutti collettivamente, l’Essere Assoluto che è la loro REALE INDIVIDUALITA’. E’ questa l’idea che si deve sempre avere in fondo alla mente per dare una base a tutti i concetti che sorgono studiando il La Dottrina Segreta. Quando la si abbandona (ed è facile che accada quando ci si impegna in qualcuno dei complicati aspetti della Filosofia Esoterica) ne deriva l’idea della SEPARAZIONE e lo studio perde il suo valore. (a) Il secondo concetto che si deve tenere presente è che NON C’E’ MATERIA MORTA. Anche l’ultimo degli atomi è vivo. Non potrebbe essere altrimenti, dato che ogni atomo è, fondamentalmente, l’Essere Assoluto. Non c’è quindi una cosa come “gli spazi” dell’Etere, o l’Akasha, o chiamatela come vi pare, in cui gli angeli e gli elementali si divertono come trote nell’acqua. Questa è l’idea usuale. Il concetto vero mostra ogni atomo di sostanza, non ha importanza di quale piano, come una VITA a sé. (b) Il terzo concetto di base da tenere presente è che l’Uomo è il MICROCOSMO. Questo comporta che in lui esistono tutte le Gerarchie dei Cieli. Ma, in verità, non ci sono né Macrocosmo né Microcosmo, ma un’ESISTENZA UNICA. Grande e piccolo esistono solo se visti da una coscienza limitata. (c) Quarto e ultimo concetto di base da tenere presente è quello espresso nel Grande Assioma Ermetico. Esso riassume e sintetizza tutti gli altri. Come è il Dentro così è il Fuori, come è il Grande così è il Piccolo, com’è sopra così è sotto; c’è un’unica Vita e un’unica Legge e ciò che è sempre implicato è UNICO. Niente è Interno e niente è Esterno, niente è Grande, niente è Piccolo, niente è Alto, niente è Basso, nell’Economia Divina. (HST, p. 9-12) b) La natura e i metodi di insegnamento dell’occultismo I.7 Le vostre affermazioni logiche si possono applicare solo al manas [mente] inferiore e voi potete argomentare unicamente con le percezioni del kama-manas [mente materiale], ma l’occultismo insegna solo ciò che ha percepito dal sapere dell’Ego Superiore o buddhi-manas [mente spirituale]. (CW 10, p. 384-5) I.8 [Il Mahatma K.H. scrisse a Sinnett:] “E’ specialmente il caso dello studio dell’occultismo, in cui i metodi tradizionali di insegnamento, comunemente seguiti, tendono a imprimere ogni nuova idea nella memoria col provocare una confusione che alla fine chiariscono”. (SD I, p. 164) I.9 Innanzi tutto lo studente deve capire che non può vedere le cose dello spirito con gli occhi della carne e che nello studio deve usare gli occhi dell’intelligenza spirituale, in caso contrario egli fallirà e il suo studio sarà inutile. (CW12, p. 691) I.10 Si deve ricordare infatti che tutte queste “stanze” si rivolgono alle facoltà interiori più che alla comprensione ordinaria del cervello fisico. (SD I, p. 21)

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I.11 La nostra ragione non può conoscere l’INFINITO che può solo differenziare e definire, ma ne possiamo sempre concepire un’idea astratta, grazie a una facoltà superiore alla nostra ragione: l’intuizione o l’istinto spirituale. (CW 11, p. 258) I.12 Non potete aspettarvi che vi dia tutto; bisogna che qualcosa sia lasciato all’intuizione e all’intelligenza umana. Se avessi scritto tutto avrei dovuto scrivere 25 volumi e non sarebbe ancora bastato. (AT, p. 17) I.13 Quanto precede sono misteri che, più che descritti, devono essere lasciati risolvere dall’intuizione personale dello studioso. (SD II, p. 106) I.14 Fino a un certo punto si può ammettere che anche l’insegnamento esoterico sia allegorico. Per renderlo comprensibile dall’intelligenza media è necessario l’uso di simboli resi in una forma intelligibile. Donde gli exoterici racconti allegorici e semi mitici e le (solo) semi metafisiche e oggettive rappresentazioni degli insegnamenti esoterici. Questo poiché i concetti puramente e trascendentalmente spirituali sono adatti solo a coloro che “vedono senza occhi, odono senza orecchi e sentono senza organi”, secondo l’espressione grafica del Commentario. (SD II, p.81) I.15 Tutta l’essenza della verità non può essere trasmessa da bocca a orecchio. Né una penna può descriverla, a meno che l’uomo trovi la risposta nel santuario del proprio cuore, nel più profondo delle proprie intuizioni divine. (SD II, p. 516) I.16 Il lato mistico dell’interpretazione deve così essere lasciato all’intuizione dello studioso. (SD II, p. 579) I.17 Usando un linguaggio figurativo, come è stato fatto nel La Dottrina Segreta, sono molto frequenti le analogie e le comparazioni. L’oscurità per esempio, come regola, si applica solo al tutto ignoto, o l’Assoluto. Infatti in paragone con le tenebre eterne il primo Logos è certamente la luce; però in paragone con il secondo [Logos] e il terzo, i Logoi manifestati, il primo è oscurità e gli altri luce. (CW 10, p. 368) I.18 Può essere una parabola e una allegoria in una allegoria. La sua interpretazione è lasciata all’intuizione dello studioso, solo che egli legga quello che segue con il suo occhio spirituale. (SD II, p. 94) I.19 La chiave dell’enigma è data dall’intuizione dell’allievo. (CW 14, p. 405) I.20 Per una più chiara comprensione delle teorie estremamente astruse e inizialmente incomprensibili della nostra dottrina occulta, non permettete mai che la serenità della vostra mente venga disturbata durante i momenti del vostro lavoro letterario, né prima di esservi messi al lavoro. E’ sulla superficie serena e placida di una mente non agitata che le intuizioni raccolte dall’invisibile trovano rappresentazione nel mondo visibile. Altrimenti cercherete invano queste visioni, questi lampi di luce improvvisa che hanno già aiutato a risolvere molti problemi secondari e che sono gli unici che possono portare la verità davanti agli occhi dell’anima. Con gelosa attenzione dobbiamo conservare calma la nostra mente in mezzo a tutte le influenze contrarie che vi sono ogni giorno durante la nostra vita terrena. (ML, No. 65) I.21 Se molto eccitata la mente può essere fatta lavorare con rapidità elettrica, ma Buddhi mai. La calma deve sempre regnare nei suoi luminosi domini. (LMW 1, No. 30)

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c) Gli effetti dello studio della SD I.22 Di ogni passione, sia buona che cattiva, “si deve guadagnare l’esperienza” mentalmente, pensando e riflettendo. L’amore e l’aspirazione per delle cose più elevate sul piano spirituale non danno spazio per i desideri animali più bassi. (CW12, p.32) I.23 “La contemplazione delle cose celesti fa parlare e pensare l’uomo in modo più sublime e generoso quando si occupa degli affari umani” dice Cicerone. (CW 6, p. 347) I.24 Accostatevi alla DS senza sperare di ottenere la verità definitiva sull’esistenza e non pensate ad altro che a vedere fino a dove essa può portare VERSO la verità. Considerate questo studio come uno strumento per esercitarsi e sviluppare una mente non sfiorata da altri studi. (HST, p. 9) I.25 Il cervello è lo strumento per la coscienza di veglia e ogni immagine mentale conscia che viene formata comporta il cambiamento e la distruzione di atomi del cervello. L’attività intellettuale ordinaria si muove nel cervello su dei sentieri ben battuti e non provoca dei cambiamenti improvvisi e degli sfaceli nella sua sostanza, ma questo nuovo genere di sforzo mentale richiede qualcosa di molto differente, richiede cioè di scavare dei nuovi “percorsi cerebrali”, la sistemazione in un ordine diverso delle piccole vite del cervello. Se ci si sforza senza giudizio si possono causare dei seri guai fisici al cervello. Questo modo di pensare (dice lei) è quello che gli indiani chiamano Jnana Yoga. Progredendo nello Jnana Yoga sorgono delle concezioni che, sebbene se ne sia consci, non si possono esprimere, né formulare, con delle immagini mentali. Col passare del tempo queste concezioni si trasformano in immagini mentali. Questo è il momento di stare in guardia e di evitare di essere persuasi dall’idea che l’immagine nuova e meravigliosa che si è trovata debba rappresentare la realtà. Non lo è. Procedendo si trova che l’immagine che prima si ammirava è diventata importuna e insoddisfacente per poi finalmente svanire o venire espulsa. Questo è un altro punto pericoloso, poiché in quel momento uno è lasciato nel vuoto, senza un’idea a sostenerlo, e può essere tentato di risuscitare l’immagine abbandonata non avendo di meglio su cui arrampicarsi. Naturalmente il vero studioso lavorerà con distacco e, quanto prima, giungeranno ancora dei barlumi informali che faranno poi sorgere una immagine più ampia e più bella della precedente. Ma l’apprendista ora saprà che nessuna immagine rappresenterà mai la Verità. E che quest’ultima splendida immagine diventerà noiosa e svanirà come le altre. Si procede così, finchè alla fine la mente e le sue immagini vengono trascese e l’apprendista entra e si stabilisce nel Mondo INFORMALE, del quale ogni forma è, in piccolo, il riflesso. (HST, p. 12-4) I.26 Cercate di vederlo con il vostro terzo occhio e non guardate solo con i vostri due occhi e provate anche a pensare con il vostro cervello spirituale. (AT, p. 21) I.27 Poiché la crescita è dall’interno verso l’esterno e l’interno resta sempre il più perfetto. Anche lo sviluppo di un senso fisico è sempre preceduto da una sensazione mentale che procede a sviluppare un senso fisico. (CW12, p. 691) I.28 Lei [HPB] non ha dato una spiegazione poiché l’averla ora, prima di essere protetti da una conoscenza più avanzata, sarebbe pericoloso. Se venisse data l’istruzione di conseguenza la forza mentale degli studenti che hanno lavorato sull'insegnamento proietterebbe la loro coscienza in quell’ambiente. Poiché la mente e la coscienza che agiscono insieme hanno la potenza per separare l’uno dall'altro i vari piani e segregarli; e questo anche nel caso di un semplice principiante. Il pericolo sta nella possibilità di evocare delle entità troppo potenti e non spirituali perché uomini e donne comuni possano avere un qualsiasi rapporto con loro. (Nota di AB and WQJ, CW 12, p. 678-9) I.29 Mentre l’occultismo teorico è innocuo e può fare del bene, la magia pratica è piena di rischi e pericoli. Se lo studioso non è adatto accolga il nostro consiglio e abbandoni questo studio; egli

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attirerà solamente su di sè e sulla propria famiglia inattesi dolori e dispiaceri, non sospettando da dove vengono, né quale siano i poteri risvegliati dalla sua mente che vengono trasferiti su di loro. I caratteri mistici, alfabeti e numeri che si trovano nella kabalah, sono, forse, le sue parti più pericolose, specialmente le numerazioni. Diciamo pericolose perché sono le più pronte a produrre degli effetti e dei risultati e tutto ciò con o senza la volontà dello sperimentatore, e anche senza la sua consapevolezza. (CW 14, p. 59-60) I.30 Né immagini né numeri dovrebbero essere volgarizzati, in quanto immagini e numeri sono le chiavi del sistema esoterico. (SD I, p. 164)

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SEZIONE II LA REALTÀ ASSOLUTA

LA PRIMA PROPOSIZIONE FONDAMENTALE

II.1 Prima che il lettore passi a riflettere sulle Stanze del Libro di Dzyan che sono la base di quest’opera, è assolutamente necessario che sia informato di alcuni concetti fondamentali che sono alla base e pervadono tutto il sistema di pensiero a cui deve prestare attenzione. Queste idée di base sono poche di numero, ma dalla loro chiara comprensione dipende quella di tutto quello che segue; non dobbiamo quindi scusarci se chiediamo al lettore di familiarizzarsi con queste idee prima di studiare il nostro lavoro. (SD I, p. 13) a) La Realtà Assoluta II.2 Il La Dottrina Segreta afferma l’esistenza di un PRINCIPIO onnipresente, eterno, illimitato e immutabile sul quale è impossibile ogni speculazione, dal momento che è al di là del potere della concezione umana e potrebbe solo essere sminuito da tutte le espressioni o similitudini umane. Esso trascende le possibilità del pensiero e, con le parole della Mandukya, è “impensabile e indicibile”. (SD I, p. 14) II.3 Si dice che Hermes Trismegistos abbia detto che “parlare di Dio è impossibile in quanto ciò che è corporeo non può esprimere ciò che è immateriale…. ciò che non ha un corpo né un aspetto, né una forma, né una concretezza, non può essere percepito dai sensi. Io comprendo, Tatio, comprendo che ciò che è impossibile definire quello è Dio”. (SD I, p. 286) II.4 È la Realtà onnipresente: impersonale, dato che contiene tutto e ogni cosa. La sua impersonalità è il concetto fondamentale del sistema. È nascosto in ogni atomo dell'universo ed è l'universo stesso. (SD I, p. 273) II.5 Per rendere più chiare queste idee al comune lettore, incominciamo con il postulato che afferma che c’è una Realtà assoluta che è precedente a ogni essere che è manifestato, condizionato. Questa causa infinita ed eterna è la radice senza radici di “tutto quello che era, è, o sarà mai”. Naturalmente è privo di tutti gli attributi ed è essenzialmente senza alcuna relazione con l’Essere manifestato e limitato. E’ l’ “Esseità” più che l’Essere (in sanscrito Sat) ed è al di là di ogni pensiero o speculazione. (SD I, p. 14) b) I suoi due aspetti (assoluti) II.6 Nel La Dottrina Segreta questa “Esseità” è rappresentata sotto due aspetti: (a) Da una parte come un astratto spazio assoluto, che rappresenta la pura soggettività, quella cosa che nessuna mente umana può escludere da ogni sua concezione o concepire da solo. (SD I, p. 14) II.7 Il Tutto Unico è come lo Spazio, che è la sua sola rappresentazione mentale e fisica su questa terra ovvero sul nostro piano di esistenza, esso non è né oggetto di percezione, né è soggetto a percezione. Lo spazio non è né un "vuoto illimitato" né un "pieno condizionato" ma entrambi: l’essere, la divinità sempre inconoscibile sul piano dell’astrazione assoluta, che è vuoto per le menti

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limitate è, sul piano delle percezione mayavica, il Plenum, il contenitore assoluto di tutto quello che è, sia manifesto che immanifesto: è quindi l'ASSOLUTO TUTTO. (SD I, p. 8) II.8 "Che cosa è quello che era, che è e che sarà, sia che ci sia un universo o no; sia che ci siano degli dei o nessuno ? "chiede l’esoterico catechismo Senzar. E la risposta è sempre stata: lo SPAZIO. (SD I, p. 9) II.9 (b) D’altra parte [il suo secondo aspetto è] l’assoluto movimento astratto2[3] , rappresentante la coscienza incondizionata. Questo secondo aspetto dell’unica Realtà è anche simboleggiato dal termine “Il Grande Respiro”, un simbolo sufficientemente vivido da non richiedere ulteriore spiegazione. (SD I, p. 14) II.10 L’apparire e lo sparire dell’universo sono descritti come una espirazione e una inspirazione del “Grande Respiro” che è eterno e che, essendo moto, è uno dei tre aspetti dell’Assoluto, lo spazio astratto e la durata sono gli altri due. Quando il “Grande Respiro” è espirato diventa il cosmo. Quando il divino respiro è di nuovo inspirato l'universo scompare nel seno della “Grande Madre” (SD I, p. 43) c) La differenziazione precosmica II.11 Parabrahm (la Realtà Unica, l’Assoluto) è l’ambito della Coscienza Assoluta, vale a dire di quell’essenza che è fuori da ogni relazione con l’esistenza condizionata. (SD I, p. 15) II.12 Se si supponesse che l'Eterno Infinito, l'Unità Onnipresente, invece di essere nell'eternità, diventasse, attraverso manifestazione periodica, un universo molteplice o una personalità multipla, una tale unità cesserebbe di essere unica. (SD I, p. 8) II.13 Ma quando col pensiero trascendiamo questa negazione assoluta (per noi), sopravviene la dualità col contrasto tra spirito (o coscienza) e materia, soggetto e oggetto. Lo spirito (o coscienza) e la materia non devono quindi essere considerati come delle realtà indipendenti ma come due aspetti dell'assoluto (Parabrahm) che costituisce la base dell’essere condizionato sia soggettivo che oggettivo. Il Grande Respiro assume il carattere di una ideazione precosmica. È la fons et origo della forza e della coscienza individuale e fornisce l'intelligenza che guida nel vasto schema della evoluzione cosmica. D'altra parte, la sostanza radice precosmica (mulaprakriti) è quell'aspetto dell'Assoluto che è alla base di tutti i piani oggettivi della natura. Proprio come la ideazione precosmica è la radice di ogni coscienza individuale, così la sostanza precosmica è il substrato della materia nei diversi gradi della sua differenziazione. (SD I, p. 15) II.14 All'inizio di un grande manvantara, parabrahm si manifesta come mulaprakriti e quindi come il [primo] Logos. Questo Logos è equivalente alla " mente universale inconscia ", ecc., dei panteisti occidentali. Costituisce la base del lato SOGGETTIVO degli esseri manifestati ed è la fonte di ogni manifestazione di coscienza individuale. Mulaprakriti o la sostanza cosmica primordiale è la base del lato oggettivo delle cose, la matrice di tutta l’evoluzione oggettiva e della cosmogenesi. La forza, quindi non emerge con la sostanza primordiale dalla latenza parabrahmica. Essa è la trasformazione in energia del pensiero superconscio del Logos, infuso, si fa per dire, nell’oggettivazione di quest’ultimo, uscito dalla potenzialità che era latente nell’unica “Realtà”. Scaturiscono quindi le meravigliose leggi della materia. La forza non è perciò sincrona con la prima oggettivazione di mulaprakriti. Ma, a parte ciò, poiché quest’ultima è assolutamente e necessariamente inerte, una mera astrazione, non è necessario ordire con troppa cura un intreccio di sottigliezze riguardo alla

2[3] Il “movimento” di cui si parla non è, naturalmente, il moto della scienza dei fisici, ma sono le astrazioni sottostanti, i noumeni, o l’anima, dell’essenza di questa manifestazione materiale, le “cose in sé, che la mente non può capire. (SD I, pp. 69-70)

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successione dei fondamentali cosmici. La forza succede a mulaprakriti, e, senza la forza, mulaprakriti sarebbe come inesistente per tutti gli scopi e i fini pratici. (SD II, p. 24-5) d) La manifestazione cosmica – La dualità II.15 L'universo è la manifestazione periodica di questa sconosciuta essenza assoluta. ESSA tuttavia non può essere identificata con un essere, di qualsiasi genere, che possa essere immaginato da un intelletto umano. Il meglio che si può fare per definirla è dire che non è né spirito né materia, ma entrambi. In realtà "Parabrahmam e Mulaprakriti" sono una Unità, ma sono due nella universale concezione del manifestato, e anche nella concezione dello stesso Logos [la "divinità" manifestata], che è la sua prima manifestazione, a cui ESSA appare, dal punto di vista oggettivo dello stesso Logos, come mulaprakriti e non come parabrahmam; essa appare come il velo e non come l'unica realtà celata dietro, che è incondizionata e assoluta. (SD I, p. 273-4) II.16 Si dice che l’ideazione cosmica sia inesistente durante i periodi di pralaya, per la semplice ragione che non c’è nessuno, niente, che percepisca [veicoli ndt] i suoi effetti. Non ci può essere una manifestazione di coscienza se non tramite un veicolo di materia. È solo attraverso una aggregazione, o struttura, molecolare che lo spirito fluisce in una corrente di soggettività individuale o subconscia. E una materia che possa esistere senza una percezione è una mera astrazione, entrambi gli aspetti della sostanza cosmica ASSOLUTA e dell’ideazione cosmica ASSOLUTA sono mutualmente interdipendenti. (SD I, p. 328-9) II.17 Il contrasto tra questi due aspetti dell’Assoluto è essenziale per l’esistenza dell’ “Universo Manifestato”. Senza la sostanza cosmica l’ideazione cosmica non potrebbe manifestarsi come coscienza individuale, poiché è solo tramite un veicolo di materia che la coscienza si manifesta come “Io sono Io”, dato che è necessaria una base fisica per focalizzare un raggio della Mente Universale a un certo livello di complessità. D’altra parte senza l’ideazione cosmica la sostanza cosmica rimarrebbe una vuota astrazione e non emergerebbe alcuna coscienza. L’ “Universo Manifestato” è dunque pervaso dalla dualità, che è, come fu, la vera essenza della sua EX-istenza come “manifestazione”. (SD I, p. 15) II.18 E’ dalla corretta comprensione dell’evoluzione primordiale dello Spirito-Materia e della sua vera essenza che lo studioso può avere delle ulteriori precisazioni sulla cosmogonia occulta e ottenere l’unica chiave sicura da usare nei suoi studi successivi. (SD I, p. 277) II.19 Sebbene alla loro origine siano una e la stessa cosa, spirito e materia, quando sono sul piano della differenziazione, iniziano il loro progresso evolutivo in direzione contraria, lo spirito cadendo gradualmente nella materia e quest’ultima risalendo verso la sua condizione originale, quella di pura sostanza spirituale. Entrambi sono inseparabili, sebbene sempre separati. (SD I, p. 247) e) La manifestazione cosmica – La triade II.20 Ma dato che le opposte polarità, ossia soggetto e oggetto, spirito e materia, sono solo degli aspetti della sola Unità in cui sono unite allora, nell’universo manifestato, c’è “qualcosa” che lega lo spirito alla materia, il soggetto all’oggetto. Questo qualcosa, attualmente sconosciuto alla speculazione occidentale, è chiamato dagli occultisti Fohat. Esso è il ponte tramite il quale le “Idee” che esistono nel “Divino Pensiero” vengono impresse nella sostanza cosmica come “leggi di natura”. Fohat è l’energia dinamica dell’ideazione cosmica, o, visto dall’altro punto di vista, è il mezzo intelligente, il potere guida di tutta la manifestazione, il “Pensiero Divino” trasmesso e reso manifesto tramite i Dhyan Chohan, gli architetti del mondo visibile. Così dallo spirito, o l’ideazione cosmica, deriva la nostra coscienza, e dalla sostanza cosmica derivano i vari veicoli nei quali tale coscienza è individualizzata e perviene all’auto (riflessiva) coscienza; quindi Fohat, nelle sue varie

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manifestazioni, è il misterioso legame tra mente e materia, il principio animatore che nella vita elettrizza ogni atomo. (SD I, p. 16) II.21 L'impulso manvantarico incomincia con il risveglio dell’ideazione cosmica (la "mente universale") e simultaneamente, e in parallelo, con l’emergenza della sostanza cosmica, dal loro indifferenziato stato pralayiaco, la seconda essendo il veicolo manvantarico della precedente. Allora, la saggezza assoluta si riflette nella propria ideazione; che, per un processo trascendentale, al di là della coscienza umana e quindi incomprensibile, si risolve in energia cosmica (Fohat). Fremendo nel grembo della sostanza inerte, Fohat la costringe all'attività e guida le sue differenziazioni originarie su tutti i sette piani della coscienza cosmica. (SD I, p. 328) II.22 Fohat, essendo uno degli elementi più importanti, se non il più importante, della cosmogonia esoterica, dovrebbe essere descritto con cura. Nel mondo fenomenico dell’universo esso è quella potenza occulta, elettrica, vitale, che, per volontà dei Logoi creativi, mette insieme gli atomi elementali e li fa aggregare e combinare tra loro. Fohat, che percorre i sette principi di AKASA, agisce sulla sostanza manifestata, o elemento unico, e, differenziandola in vari centri di energia, mette in moto la legge dell’evoluzione cosmica, che, in ubbidienza all'ideazione della mente universale, porta in esistenza tutti i diversi stati di essere del sistema solare manifestato. Fohat, quindi, rappresenta la potenza vitale elettrica, l’unità trascendentale che unisce ogni energia cosmica, sia sui piani invisibili che su quelli manifesti. Nel suo aspetto secondario, Fohat è l'energia solare, il fluido vitale elettrico e l'elettricità3[4]. (SD I, p. 109-112) II.23 Esso è Uno e Sette e sul piano cosmico sta dietro ad ogni manifestazione come la luce, il calore, il suono, l’adesione, ecc.; ed è lo “spirito dell’ELETTRICITA’“, che è la VITA dell’universo. Per brevità lo si chiama l’UNICA VITA; come realtà oggettiva ed evidente parliamo di una scala settenaria di manifestazione, che inizia allo scalino superiore con l’unica e inconoscibile CAUSALITA’ e finisce come mente onnipresente e vita immanente in ogni atomo di materia. Quindi mentre la scienza parla di una evoluzione attraverso la materia bruta, la forza cieca, e il moto inanimato, gli occultisti parlano di una LEGGE intelligente e di una VITA ricettiva e aggiungono che Fohat è lo spirito guida di tutto questo.Tuttavia non è certo un dio personale. (SD I, p. 139) II.24 Fohat, nella sua capacità di AMORE DIVINO (Eros), il potere elettrico di affinità e di simpatia, viene allegoricamente raffigurato mentre prova a unire lo spirito puro, il raggio inseparabile dall’assoluta unità, con l'anima, i due costituiscono la MONADE nell’uomo e, in natura, sono il primo collegamento tra il sempre incondizionato e quello che è manifestato. (SD I, p. 119) f) La divinità manifestata II.25 La Dottrina Segreta non predica l’ateismo, se non nel senso espresso dagli indù con la parola nastika ovvero il rifiuto degli idoli, tra i quali ogni dio antropomorfico. In questo senso ogni occultista è un nastika. (SD I, p. 279) II.26 Il dio personale dei teisti ortodossi percepisce, pensa e ha delle emozioni, si pente e prova “rabbia feroce”. Evidentemente questi stati mentali presuppongono che ci sia uno stimolo esterno, per non parlare dell’impossibilità di attribuire l’immutabilità a un essere che ha delle emozioni che

3[4] In realtà c’è solo una forza che sul piano della manifestazione ci appare sotto milioni e milioni di forme. Come detto, tutto deriva dall’unico primordiale fuoco universale e sul nostro piano l’elettricità è uno degli aspetti più comprensivi di questo fuoco. Contiene tutto ed è, l’elettricità, dall'ortica che punge al lampo che uccide, dalla scintilla nel ciottolo al sangue nel corpo. Ma l'elettricità che vediamo, per esempio, in una lampada elettrica è veramente un'altra cosa da Fohat. (CW 10, p. 379)

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cambiano a seconda degli eventi del mondo a cui presiede. La concezione di un dio personale immutabile e infinito è quindi irrazionale e, cosa peggiore, non filosofica. (SD I, p. 2) II.27 Quando i panteisti, facendo eco alle Upanishad, affermano, come dice la dottrina segreta, che “questo” [Parabrahm] non può creare, non negano che ci sia un creatore, o piuttosto un collettivo aggregato di creatori, ma semplicemente rifiutano, molto logicamente, di attribuire la “creazione” e specialmente la formazione, qualcosa di limitato, a un principio infinito. Su questo tema gli occultisti sono quindi d’accordo con i filosofi vedantini advaiti . Essi dimostrano l’impossibilità di potere accettare filosoficamente l’idea di un assoluto che crei TUTTO o che evolva. (SD I, p. 7) II.28 Non è da questo principio immutabile e assoluto, che è solo la potenzialità di essere, che emanano gli dei o principi attivi del mondo manifestato. Come l'assoluto non ha alcuna relazione con il condizionato e il limitato, e non potrebbe averne, quello da cui derivano le emanazioni è il Logos che Filone chiama “il secondo dio” e il creatore delle forme. L'obiezione sarà: "Ma tuttavia questo Logos è un'emanazione?”. Per nulla. Per prima cosa questo "niente" è così perché è assoluto e di conseguenza è il TUTTO. Dio non è l'effetto di una causa o di un atto premeditato, di una volontà deliberata e cosciente, è solo l'effetto periodico [5] di una legge immutabile ed eterna, oltre il tempo e lo spazio, di cui il Logos o l’intelligenza creativa è l'ombra o il riflesso. (CW 11, p. 277-8) II.29 [La dottrina segreta] riconosce un Logos [manifestato] o un "creatore" collettivo dell'universo; un Demi-urgos, nello stesso senso in cui si parla di un "architetto" come del "creatore" di un edificio, mentre quell'architetto non ne ha mai toccata una pietra, ma ha solo fornito il piano e ha lasciato tutto il lavoro manuale ai muratori. Nel nostro caso il piano è stato fornito dall'Ideazione dell'Universo e il lavoro costruttivo è stato lasciato a delle schiere di poteri e forze intelligenti. Ma questo Demiurgo non è una divinità personale, un extra cosmico dio imperfetto, ma solo l'aggregato dei Dhyan Chohan e delle altre forze. (SD I, pp. 279-80) II.30 MAHAT è il primo prodotto di Pradhâna [6] o Akâsa, e Mahat, l’intelligenza universale "la cui proprietà caratteristica è Buddhi", non è alto che il Logos. Esso è, in breve, il "creatore" o la mente divina nell’atto creativo, è "la causa di tutte le cose". g) Sommario II.31 Il seguente sommario darà al lettore una idea più chiara: 1. L’ASSOLUTO è il Parabrahm dei vedantini o l’unica Realtà, SAT, che è sia Essere Assoluto che Non Essere. [Simbolo: ] 2. La prima manifestazione, l’impersonale, e, in filosofia, il Logos [primo] non manifestato, il precursore del “manifestato”. Questo è la “causa prima”, l’ ”inconscio” dei panteisti europei. [Simbolo: ] 3. Lo Spirito-materia, la Vita; lo “Spirito dell’Universo”, il Purusha e la Prakriti, o il secondo Logos [semimanifestato]. [Simbolo: ] 4. L’Ideazione Cosmica, MAHAT o l’Intelligenza [il terzo Logos manifestato], l’Universale Anima del Mondo. La base delle operazioni intelligenti della natura e nella natura. [Simbolo: ] (SD I, p. 16) II.32 Un manoscritto arcaico, una serie di foglie di palma rese inalterabili dall’acqua, dal fuoco e dall’aria con un processo sconosciuto, sta davanti agli occhi di chi scrive. Sulla prima pagina c’è un disco bianco immacolato , su uno scuro fondo nero. Sulla pagina seguente c’è lo stesso disco, ma con un punto centrale . Lo studioso sa che il primo rappresenta il kosmo nell’eternità, prima del risveglio dell’energia ancora sopita, dell’emanazione della Parola in antichi sistemi. Il punto nel disco in precedenza immacolato, spazio ed eternità nel pralaya, indica l’alba della differenziazione. E’ il germe dentro il secondo disco che diventerà l’universo, il TUTTO, l’illimitato, periodico

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kosmo, dato che il germe è periodicamente e alternamente latente e attivo. L’intero circolo è la divina Unità da cui tutto deriva e a cui tutto ritorna. Essendo bianca solo la superficie del disco ed essendo lo sfondo nero dimostra chiaramente che il suo piano è la sola conoscenza, per quanto ancora vaga e fosca, possibile per gli uomini. E’ su questo piano che incominciano le manifestazioni manvantariche; poiché è in quest’ANIMA che dorme, durante il pralaya, il pensiero divino4[7], nel quale sta nascosto il progetto di ogni cosmogonia e teogonia futura. E’ la VITA UNICA, eterna, invisibile, ma tuttavia onnipresente, senza principio e senza fine e tuttavia periodica nelle sue regolari manifestazioni, tra le quali regna un periodo dell’oscuro mistero del non-essere; incosciente, ma coscienza assoluta5[8]; irreale e tuttavia l’unica realtà esistente di per sé; veramente “un caos per la percezione e un cosmo per la ragione”. La sua sola definizione completa è, nel linguaggio esoterico, il “Grande Respiro”, che è ESSO STESSO eterno, incessante, Movimento, che è il moto perpetuo dell’universo, nel senso di SPAZIO senza limiti e sempre presente. Il moto infracosmico è eterno e incessante e il moto cosmico (quello visibile che è oggetto di percezione) è finito e periodico. Solo riferendoci all’anima infracosmica, al cosmo ideale nell’immutabile pensiero divino, noi possiamo dire che “non ci fu mai un principio né ci sarà mai una fine”. Per quanto riguarda al suo corpo, o all’organizzazione cosmica, sebbene non si possa dire che ci sia stata una prima o che ci sarà un’ultima sistemazione, tuttavia, all’inizio di ogni manvantara, la sua organizzazione può essere considerata come la prima e l’ultima del suo genere, in quanto evolve su un piano ogni volta superiore. La dottrina esoterica insegna, come il buddhismo e il brahmanesimo e anche la kabala, che l’essenza unica, infinita e sconosciuta, esiste dall’eternità e in una successione regolare e armoniosa diviene passiva o attiva. Nel linguaggio poetico del Manu queste condizioni sono chiamate i“Giorni” e le “Notti” di Brahmâ. Quest’ultimo o è “sveglio” o è “addormentato”. La dottrina segreta dice che, all’inizio di un periodo di attività, si ha una espansione di questa essenza divina. In modo simile quando si ritorna alla condizione passive si ha una contrazione dell’essenza divina e il precedente lavoro creativo viene gradualmente e progressivamente tralasciato. L’universo visibile si disintegra e il suo materiale si disperde e la “tenebra” sola e deserta copre ancora una volta il volto dell’ “abisso”. La prima immagine è un semplice disco e la seconda, un simbolo arcaico, mostra un disco con dentro un punto , ossia la prima differenziazione nelle periodiche manifestazioni della natura sempiterna, asessuata e infinita. In un terzo stadio il punto si trasforma in un diametro e ora simboleggia la madre divina e immacolata nell’infinità assoluta che abbraccia ogni cosa. Quando il diametro orizzontale è attraversato da una linea verticale , diventa la croce del mondo, la prima manifestazione della natura creatrice (ancora passiva in quanto femminile). La prima vaga percezione dell’uomo riguardo alla procreazione è femminile, poiché l’uomo conosce meglio sua madre che suo padre. Per cui le divinità femminili era considerate più sacre di quelle maschili. La natura è quindi femminile e, fino a un certo punto, oggettiva e tangibile, e il principio spirituale che la feconda rimane nascosto. Quindi viene lo svastica. (SD I, p. 1-5) II.33 Fra tutti i simboli lo svastica è il più filosoficamente scientifico e anche il più comprensibile. In poche linee è la sintesi di tutto il lavoro della creazione, o evoluzione, come si dovrebbe dire, dalla teogonia cosmica fino all’antropogonia, dall’indivisibile sconosciuto Parabrahm fino al più umile

4[7] Non sarebbe il caso di ricordare ancora una volta al lettore che il termine "pensiero divino", come quello di "mente universale", non deve, anche lontanamente, essere considerato come relativo a un processo intellettuale come quello dell’uomo. Solo quelli che comprendono quanto l'intuizione sovrasti i lenti processi del pensiero raziocinante può avere una pur debole idea di quella saggezza assoluta che trascende le idee di tempo e di spazio. La mente, come la conosciamo, si riduce a degli stati di coscienza, variazione di durata, intensità, complessità, ecc., tutto, in definitiva, si basa sulla sensazione, che, d’altronde, è Maya. La sensazione suppone necessariamente una limitazione. 5[8] E’incoscienza solo per la nostra coscienza limitata. In verità potremmo parafrasare il quinto verso del primo capitol del vangelo di Giovanni e dire “e la (assoluta) luce (che [per noi] è oscurità) risplendette nelle tenebre (che sono l’illusoria luce materiale); e le tenebre non la compresero". Questa luce assoluta è altresì la legge assoluta e immutabile. (KT, Section 6, Evolution and Illusion)

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microorganismo. Le due linee che formano lo svastica rappresentano lo spirito e la materia e i quattro ganci danno l’idea del moto ricorrente dei cicli. Applicato al microcosmo, all’uomo, lo rappresenta come il ponte tra cielo e terra: la mano destra sollevata alla fine del braccio orizzontale e la sinistra diretta verso la terra. (SD II, p. 98-99) II.34 Pochi simboli del mondo sono più gravidi di un significato occulto di quello dello svastica. Esso è l’emblema dell’attività di Fohat, della continua rivoluzione delle “ruote” e dei quattro elementi, i “Quattro Sacri”. Un iniziato ai misteri del significato dello svastica, dicono i Commentari, “può tracciarvi, con precisione matematica, l’evoluzione del cosmo e l’intero periodo del sandhya”. E anche “la relazione tra ciò che si vede e ciò che non si vede” e “ la prima origine dell’uomo e delle specie”. (SD II, p. 587)

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SEZIONE III

UN UNIVERSO MANIFESTATO CICLICAMENTE LA SECONDA PROPOSIZIONE FONDAMENTALE

III.1 La dottrina segreta afferma, inoltre: l’eternità dell’universo in toto come un piano illimitato che periodicamente è “il campo per innumerevoli universi che incessantemente si manifestano e scompaiono” e vengono chiamati “stelle che si manifestano” e “scintille di eternità”. “L’eternità del Pellegrino”6[9] è come il battito di ciglia dell’occhio della esistenza del Sé. “L’apparizione e la scomparsa dei mondi è come una marea ordinata con flussi e riflussi”. Questa seconda affermazione del La Dottrina Segreta riguarda l’assoluta universalità della legge di periodicità, di flusso e riflusso, afflusso e deflusso, che la scienza fisica ha osservato e registrato in tutte le parti della natura. Una alternanza come quella di giorno e notte, vita e morte, sonno e sveglia, è un fatto così comune, così universalmente perfetto e senza eccezioni, che è facile comprendere perché vi vediamo una delle leggi dell’universo assolutamente fondamentali. (SD I, p. 16-17) III.2 Gli antichi dividevano il tempo in infiniti cicli, ronde nelle ronde, e questi periodi erano di diversa durata e ognuno segnava l’inizio o la fine di un evento che poteva essere cosmico, mondano, fisico o metafisico. C’erano cicli che duravano pochi anni e cicli di una durata immensa. (TG, Cycle, p. 91) III.3 Anche la filosofia exoterica spiega che questi perpetui cicli temporali ritornano continuamente su sé stessi, periodicamente e intelligentemente nello spazio e per l’eternità. Ci sono "cicli della materia" e ci sono "cicli di evoluzione spirituale". Cicli razziali, nazionali e singoli. (SD I, p. 637-8) III.4 Come il nostro pianeta ruota ogni anno intorno al sole e contemporaneamente gira, in appena ventiquattro ore, sul proprio asse, avendo così un ciclo secondario all'interno di uno più grande, così accade per i cicli minori nell’ambito del grande saros [il ciclo saros è il ciclo delle eclissi (intervallo fra le eclissi) con un periodo di circa 18 anni che viene usato per predire le eclissi di sole e di luna, ndt]. La rivoluzione del mondo fisico, secondo la dottrina antica, è accompagnata da una rivoluzione simile nel mondo dell’intelletto, l’evoluzione spirituale del mondo procede per cicli, come quella fisica. Vediamo così nella storia una regolare alternanza di riflussi e flussi della marea del progresso umano. I grandi regni e gli imperi del mondo, dopo avere raggiunto il culmine della loro grandezza, scendono di nuovo, in conformità con la stessa legge per cui sono saliti, finché, avendo raggiunto il punto più basso, l'umanità si riafferma e risale di nuovo a una altezza che, per la legge della progressione ascendente dei cicli, è alquanto superiore al punto da cui era precedentemente discesa. Dagli esoteristi orientali questi cicli sono detti cicli karmici. (SD I, p. 641-2)

6[9] “Pellegrino” è l’appellativo dato alla nostra monade durante il suo ciclo di incarnazioni. E’ il nostro solo principio immortale ed eterno, essendo una parte inseparabile del tutto integrale, lo spirito Universale da cui proviene e in cui è riassorbita alla fine del ciclo.

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a) La manifestazione — Una illusione cosmica III.5 Nella nostra ideologia la filosofia esoterica vi sono tre rappresentazioni distinte dell’universo, nei suoi tre diversi aspetti: il PREESISTENTE (evoluto dal), il SEMPRE ESISTENTE e il FENOMENICO. (SD I, p. 278) III.6 Il potere attivo, il solo "movimento perpetuo del grande respiro", risveglia il kosmos all'alba di ogni nuovo periodo, mettendolo in movimento per mezzo di due forze contrarie 7[10], e facendo così in modo che diventi oggettivo sul piano della illusione. In altre parole il duplice movimento trasferisce kosmos dal piano dell'eterno ideale a quello della manifestazione limitata, o dal piano noumenico al fenomenico. Ogni cosa che è, era e sarà, eternamente E’, anche le incalcolabili forme che sono limitate e deperibili lo sono solo nella loro forma oggettiva, ma non nella loro forma ideale. Esse sono esistite come idee, nell'eternità 8[11]. Né la forma di un uomo né quella di un qualsiasi animale, impianto o pietra è mai stata creata, ma è solo su questo nostro piano che ha cominciato "a diventare", cioè, a oggettivarsi nella sua materia attuale o a espandersi dall'interno all’esterno, dalla essenza più sublime e ultrasensibile all’aspetto più grossolano. (SD I, p. 281-2) III.7 Come miliardi di scintille luminose danzano sulle acque di un oceano sopra il quale una stessa luna sta brillando, così le nostre illusorie personalità, gli evanescenti involucri dell’immortale MONADE-EGO, brillano e danzano sulle onde di maya. Come le migliaia di scintille prodotte dai raggi della luna esse durano e sono visibili solo finchè la regina della notte irradia la sua luce sulle correnti acque della vita: la durata di un manvantara; e poi esse scompaiono e solo i raggi, simboli dei nostri eterni Ego spirituali, sopravvivono, riuniti ed essendo di nuovo, come erano in precedenza tutt’uno con la fonte materna. (SD I, p. 237) III.8 L'universo, con tutto quello che contiene, è detto MAYA perché in esso tutto è provvisorio, dalla effimera vita di una lucciola a quella del Sole. In paragone con l'eterna immutabilità dell’UNO e con la mancanza di cambiamento di tale principio, l'universo, con le sue forme evanescenti e sempre trasformantesi, deve necessariamente essere, per un filosofo, non più di un fuoco fatuo. Tuttavia l'universo è abbastanza reale per i suoi esseri coscienti, che sono irreali come esso. (SD I, p. 274) III.9 Maya o l’illusione è componente che si trova in tutte le cose finite, limitate, poiché ogni cosa che esiste ha solo una realtà relativa e non assoluta, in quanto l’apparenza che assume il noumeno nascosto varia in relazione agli osservatori dipendendo dal loro potere di comprensione. All’occhio non educato di un selvaggio un quadro è, a prima vista, un confuso insieme di strisce e macchie senza senso, mentre un occhio esercitato vi vede subito un viso o un paesaggio. Niente è permanente tranne l’unica esistenza nascosta e assoluta che ha in sè i noumeni di ogni realtà. Le esistenze appartenenti a qualsiasi piano dell’esistenza, fino ai più alti Dhyan-Chohans, sono, come paragone, come ombre proiettate da una lanterna magica su uno schermo incolore, ma le cose sono relativamente reali, poiché anche colui che conosce è un riflesso e le cose conosciute sono per lui reali come sé stesso. Qualunque sia la realtà che hanno le cose essa deve essere cercata prima o dopo che siano passate come un lampo attraverso il mondo materiale, ma non possiamo conoscere direttamente una tale esistenza poiché abbiamo degli strumenti sensoriali che restringono all’esistenza materiale il campo della nostra conoscenza. Su qualsiasi piano agisca la nostra coscienza, sia noi che le cose che conosciamo apparteniamo a tale piano ed entrambi siamo, per il momento, le sole realtà. Man mano che saliamo la scala dello sviluppo percepiamo che durante i vari

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stadi che abbiamo passato abbiamo scambiato delle ombre per delle cose reali e il progresso dell’Ego è una serie di progressive risvegli, e ogni progresso porta con sé l’idea che ora, finalmente, si è raggiunta la “realtà”, ma solo quando avremo raggiunta la coscienza assoluta e fusa, armonizzata, la nostra coscienza con questa, saremo liberi dalle delusione causate da Maya. (SD I, p. 39-40) b) La manifestazione ciclica III.10 Come il sole sorge ogni mattina sul nostro orizzonte oggettivo uscendo dal suo spazio soggettivo (per noi) agli antipodi, così l'universo emerge periodicamente sul piano dell’oggettività, provenente da quello della soggettività ai suoi antipodi. Questo è il "ciclo della vita". E come il sole scompare dal nostro orizzonte così l'universo scompare a periodi regolari, quando c’è la "notte universale”. Gli indiani chiamano tali alternanze i "giorni e le notti di Brahma" o il tempo del manvantara e quello del pralaya (dissoluzione) 9[12. Gli occidentali, se preferiscono, possono chiamarli giorni e notti universali. (KT, Sezione 6, The Unity Of All In All) III.11 I periodi [terrestri], che fanno rivivere degli eventi sempre ricorrenti, vanno da dei cicli cortissimi, diciamo di una decina di anni, e arrivano a dei cicli che richiedono 250, 500, 700 e 1000 anni per l’effettuazione di un giro su sé stessi e di un giro all’interno di un altro. Sono tutti compresi in un Mahâ-Yuga, la “Grande Età”, che essa pure ruota tra due eternità: i “pralaya” o Notti di Brahmâ. (CW 2, p. 420)

III.12

Cicli Durata (anni) Krita Yuga 1.728.000

Treta Yuga 1.296.000 Dwapara Yuga 864.000

Kali Yuga 432.000 Maha-Yuga (la somma dei quattro Yuga) 4.320.000

Un giorno di Brahmâ, un Kalpa (1.000 Maha-Yuga) 4.320.000.000 Un giorno e una notte di Brahmâ conterrebbero 8.640.000.000

Un anno di Brahmâ (360 giorni e notti) 3.110.400.000.000 Una vita di Brahmâ, un Mahâ-Kalpa (100 anni) 311.040.000.000.000

Queste sono le cifre exoteriche accettate in tutta l’india e si combinano abbastanza bene con quelle dei testi dell’occultismo. Questi ultimi, naturalmente, le amplificano dividendole in numerosi cicli esoterici che non sono menzionati nelle scritture brahminiche popolari. [vedi nella Sezione 7] (SD II, p. 69-70) III.13 Alla fine di un migliaio dei periodi di quattro epoche che completano un giorno di Brahma, la terra è quasi esausta. L’eterno Avyaya (Vishnu) assume allora il carattere di Rudra (Siva il distruttore) e ri-unisce a sé tutte le proprie creature. Entra nei sette raggi del sole e beve tutte le

9[12] Uno si riferisce ai periodi attivi dell'universo, l'altro ai suoi periodi di riposo, sia relativo che assoluto, a seconda del fatto che essi si verifichino alla fine di un "giorno" o di un'"età" di (una vita) di Brahmâ [vedi sotto]. (SD I, p. 368)

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acque del globo; esso fa evaporare l’umidità e asciuga l’intera terra. Oceani e fiumi, torrenti e ruscelli, sono tutti morti. (SD I, p. 370) III.14 Ci sono molti generi di pralaya, ma negli antichi testi indù ne sono specialmente citati tre: il primo è chiamato NAIMITTIKA [pralaya planetario] "occasionale "o" fortuito" ed è causato dagli intervalli tra i "Giorni di Brahmâ", comporta la distruzione di tutte le creature, di tutto quello vive e ha una forma, ma non della sostanza che rimane nel suo statu quo fino alla nuova ALBA dopo la "Notte". L'altro è chiamato PRAKRITICA [pralaya solare] e si verifica alla fine di una Età o Vita di Brahma, quando tutto quello che esiste è dissolto nell'elemento primordiale, per essere rimodellato alla fine di una notte più lunga. E c’è il terzo pralaya, detto ATYANTIKA, che non riguarda i mondi o l'universo, ma solo le individualità di alcune persone. Questo è il pralaya singolo o NIRVANA 10[13] e dopo averlo raggiunto non è possibile nessuna altra futura esistenza, nessuna rinascita fino a dopo il Maha Pralaya. (SD I, p. 370-1) III.15 L’occultismo classifica i periodi di riposo (pralaya) in vari tipi; c’è il pralaya individuale di ogni globo, col passare dell’umanità e della vita al globo successivo; in ogni ronda ci sono sette pralaya minori:c’è il pralaya planetario, quando sono completate sette ronde [vedi la sezione VII], c’è il pralaya solare quando l’intero sistema è alla fine e finalmente c’è il maha, o Brahmâ, pralaya universale alla fine di una “Età di Brahmâ”. Questi sono i tre principali pralaya o “periodi della distruzione“. Ci sono molti altri pralaya minori, ma per ora non ci interessano. (SD I, pn., p. 172) III.16 Nemmeno la filosofia esoterica può affermare di conoscere, se non per mezzo di deduzioni analogiche, ciò che avverrà prima della ricomparsa del nostro sistema solare e prima dell'ultimo maha pralaya. (SD I, p. 369)

10[13] Quando l’uomo si è identificato con l’Uno Assoluto, un sinonimo di nirvâna (TG, Nitya Pralaya, p. 233). E’ l’identificazione dell’incarnato con l’incorporeo spirito supremo, è lo stato mahatmico, sia temporaneo che fino al prossimo maha kalpa. (SD II, pn., p. 309)

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SEZIONE IV SETTE PIANI DI COSCIENZA

IV.1 Piano. E’una estensione dello spazio o di qualcosa in esso, sia fisica che metafisica, ad esempio un “piano di coscienza”. Secondo l’uso che ne fa l’occultismo questo termine significa il campo o l’estensione di uno stato di coscienza, o del potere di percezione di una particolare serie di sensi, o l’azione di una forza particolare, o lo stato della materia corrispondente a uno dei precedenti significati. (TG, p. 255) IV.2 La materia è eterna. È l'upadhi (la base fisica) della mente unica, universale e infinita che può costruirvi i suoi progetti. Quindi, gli esotericisti ritengono che in natura non ci sia della materia inorganica o morta. [Come ha detto Paracelso] " Ogni cosa è il prodotto di uno sforzo creativo universale... non c'è niente di morto in natura. Ogni cosa è organica e vivente e quindi il mondo intero pare che sia un organismo vivente". (SD I, p. 280-1) IV.3 La materia è eterna, poiché essa è PRADHÂNA, tuttavia gli atomi nascono all’inizio di ogni nuovo manvantara o ricostruzione dell'universo. Questa non è una contraddizione come potrebbe pensare un materialista, che crede non vi sia niente oltre agli atomi. C’è una differenza fra la materia manifestata e quella non manifestata, tra pradhâna, la causa senza inizio e senza fine e prakriti o l'effetto manifestato. (SD I, p. 545) IV.4 Tutto nell'universo, in tutti i suoi regni, è COSCIENTE, cioè è dotato della coscienza relativa al proprio stato e al proprio piano di percezione. Noi uomini dobbiamo ricordare che dato che non percepiamo nessun segno di coscienza nelle pietre non abbiamo tuttavia diritto di dire che lì non ci sia coscienza11[14]. Non c’è qualcosa come la materia “morta” come non c’è una legge “cieca” o “incosciente”; tutto ciò non trova posto nella dottrina della filosofia occulta. Quest’ultima non si ferma alle apparenze esteriori e considera che le essenze noumeniche siano più reali che le loro controparti oggettive; questo a somiglianza di quello che facevano i nominalisti medioevali per i quali erano gli universali ad essere reali mentre i particolari esistevano solo come nomi e fantasie umane [a me sembra che i nominalisti dicessero proprio il contrario ndt]. (SD I, p. 274) IV.5 Durante il periodo del pralaya universale non esiste l’ideazione cosmica e gli stati variamente differenziati della sostanza cosmica si sono di nuovo dissolti nello stato primordiale di potenzialità oggettiva astratta. (SD I, p. 328) IV.6 [Quando inizia un manvantara] l'universo passa dalla propria soggettività omogenea al primo piano della manifestazione, un piano che si suddivide in sette piani. Con ognuno dei sette piani che diventa più denso e più materiale fino al raggiungimento di questo nostro piano. (KT, Sezione 6, Evolution and Illusion) IV.7 Vibrando attraverso il grembo della sostanza inerte Fohat la rende attiva e guida le differenziazioni primarie su tutti i sette piani della coscienza cosmica. Così ci sono sette “Protyles” (come sono attualmente chiamati) [All’epoca il termine inglese indicava l’ipotetica materia cosmica all’origine dell’universo ndt], quelli che anticamente gli ariani chiamavano le sette prakriti o nature, che servono, distintamente, come una base relativamente omogenea12[15]che nel corso dell’aumento

11[14] Dov’è quell'uomo così audace da negare alla vegetazione e anche ai minerali una loro propria coscienza? Tutto quello che può dire è che una tale coscienza è oltre la sua comprensione. (SD I, p. 277) 12[15] Tale materia è omogenea solo a coloro che stanno sullo stesso piano di percezione; così che, se sarà mai scoperto il protilo della scienza moderna, sarà omogeneo solo a noi. (CW 10, p. 306)

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dell’eterogeneita (nell’evoluzione dell’universo) si differenzierà nella meravigliosa complessità che presentano i fenomeni dei vari piani di percezione. (SD I, p. 328) IV.8 Immaginate, per aver una immagine più chiara, l'essenza unica omogenea, assoluta e onnipresente, sul gradino più alto della "scala dei sette piani dei mondi", pronta per iniziare il suo viaggio evolutivo. Man mano che il riflesso ad essa correlato discende essa si differenzia e si trasforma in materiale soggettivo e poi infine oggettivo. Esotericamente a un suo estremo la chiamiamo Luce Assoluta mentre agli antipodi (quello che sarebbe il quarto scalino, o piano, quello di mezzo) la conosciamo come la vita unica e universale. Vediamo ora la differenza: sopra la LUCE e sotto la Vita. La prima è sempre immutabile mentre la seconda si manifesta con innumerevoli differenziazioni. Secondo la legge occulta ogni potenzialità del superiore diviene riflesso differenziato nell’inferiore. (CW 12, p. 629) IV.9 La nostra filosofia ci insegna che dato che in natura ci sono sette forze fondamentali e sette piani dell’essere, così ci sono sette stati di coscienza in cui l'uomo può vivere, pensare, ricordare ed essere. Presumendo sette piani dell’essere cosmico e sette stati di coscienza, riguardo all'universo o macrocosmo ci fermiamo al quarto piano trovando impossibile andare oltre con un certo grado di affidabilità, ma in riferimento al microcosmo, o all'uomo, noi speculiamo liberamente su tutti i suoi sette stati e principi. (KT, Sezione 6, On the Septenary Constitution of our Planet). IV.10 Essendo ogni piano settenario [a sua volta] ci sono così quarantanove forze mistiche e fisiche. (CW 10, p. 376)

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IV.11 (IGT, pp. 103-104)

I

II L’ ignoto DIAGRAMMA I

III IV Fohat Kama-Manas Cosmico

III Jiva-Fohat Kama-Pranico Vita Cosmica Piani Prakritici II Astrale Cosmico 7° Prakritico I Prakritico Corpo Cosmico 6° Alaya

5° Mahat

4°Fohat

3° Jiva

2° Astrale

1° Fisico Uovo d’Oro

Buddhico

Manasico Kama-Manasico Kama-Pranico Astrale Oggettivo

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IV.12 Lo studioso avrà notato che lo studio degli stati di coscienza è limitato al come la coscienza si manifesta nel sistema solare. Qualsiasi tentativo di raffigurare la coscienza nel KOSMOS ingannerebbe lo studente inducendolo a credere che tale coscienza cosmica potrebbe essere descritta, mentre la totalità, anche del più basso piano cosmico, è inconcepibile sulla terra anche dal più elevato degli Adepti. Della coscienza cosmica sappiamo solo una cosa: è assolutamente al di là dei confini della coscienza terrena. (CW 12, p. 657) IV.13 Deve essere tenuto sempre presente che i diagrammi possono solo mostrare un aspetto di ogni verità e che sono preparati solo per aiutare chi li studia a comprendere l'aspetto simboleggiato. Ricordiamo che ci stiamo occupando di forze e di stati di coscienza e non di compartimenti stagni. Quindi Fohat, che è messo sul quarto piano, in realtà è ovunque; si infila attraverso tutto e ha le proprie sette divisioni, ognuna, a sua volta, con sette suddivisioni. (CW 12, p. 657) IV.14 Il primo dei sette sottopiani del primo, il più basso, piano prakritico: 1. Coscienza oggettiva dei sensi. E’ la coscienza che si riferisce ai cinque sensi fisici dell’uomo ed è quella degli animali, uccelli, pesci, alcuni insetti, ecc. 2. Coscienza astrale istintiva. Su questo piano c’è la coscienza degli idioti. Il luogo comune "ha perso la testa" è una verità occulta; poiché quando la mente inferiore si paralizza, allora la coscienza agisce sul piano astrale. Questo può essere chiamato il "piano dei nervi". Su questo piano la conoscenza è data dai nostri i nostri "sensi nervosi". Questa è la ragione per cui un chiaroveggente può leggere con gli occhi fasciati, con la punta delle dita, la bocca dello stomaco, ecc. Questa coscienza è molto sviluppata nei sordi e nei muti. Su questo piano ogni cosa è invertita, riflessa sottosopra. 3. Coscienza kama pranica, o fisiologico emozionale. Questa è la coscienza generica di tutta la vita, quella che è propria del mondo oggettivo, anche di una pietra. L'affinità fra gli elementi chimici è una manifestazione di questa coscienza kama-pranica. Appartiene a questo piano, anche, l’istinto di conservazione della vita, quello che impedisce a un gatto che cade nell’acqua di annegare. 4. Coscienza kama manasica o psichica o passionale emozionale. Negli animali e negli idioti la coscienza istintiva sui piani inferiori di sensazione è in questo stato; in uomo questi piani sono razionalizzati. Per esempio, un cane chiuso in una stanza ha l'istinto di uscire, ma non è in grado di farlo perché questo istinto non è sufficientemente razionalizzato in modo da fargli compiere le azioni necessarie per propria liberazione. Un uomo comprenderebbe immediatamente la situazione e uscirebbe. 5. Coscienza manasica o mentale emozionale. Da questo piano il manas si estende fino a Mahat. 6. Coscienza buddhica o spirituale emozionale. E’ il piano buddhico o dell’ ”Involucro d’Oro”. Da questo piano la coscienza va al “Padre nei Cieli”, Atman, riflettendo tutto quello che c’è nell’ ”Involucro d’Oro”. Gli stati manasico e buddhico vanno dal piano dell’intelletto a quello divino, ma a questi livelli non è possibile definirli in modo comprensibile. Se volete potete chiamarli i piani X. Non potete comprenderli. (CW 12, p. 661-2) IV.15 I tre piani superiori sono i piani di coscienza più alti, rivelati e spiegati solo agli iniziati 13[16] , la parte inferiore rappresenta i quattro piani inferiori, il più basso è il nostro piano o l’universo visibile. Questi sette piani corrispondono ai sette stati di coscienza dell’uomo. Sta a lui l’armonizzare in sè stesso i tre stati superiori con i tre piani più alti del cosmo. Ma prima che possa tentare di farlo deve risvegliare i tre “centri” alla vita e all’attività. (SD I, p. 199)

13[16] I tre piani superiori sono inaccessibili all’intelletto umano al suo attuale livello di sviluppo.

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SEZIONE V LE GERARCHIE

a) I legislatori interni dell’universo V.1 L'universo è fatto funzionare, è guidato, dall'interno verso l’esterno. Come sopra così sotto, come in cielo così in terra e l’uomo, il microcosmo che è la copia miniaturizzata del macrocosmo, è il testimone vivente di questa legge universale e del modo in cui agisce. Vediamo che ogni movimento esterno, ogni atto, ogni gesto, sia volontario che meccanico, organico o mentale, è prodotto e preceduto da una sensazione o da una emozione interna, desiderio o volontà e pensiero o mente. Così come nessun movimento o cambiamento verso l'esterno del corpo esteriore dell’uomo, quando è normale, può avere luogo a meno che sia provocato da un impulso interiore, attraverso una delle tre suddette funzioni, altrettanto accade nell’universo esterno o manifestato. (SD I, p. 274) V.2 Durante quel grande mistero e dramma della vita che è conosciuto come il manvantara il vero cosmo, quello reale, è come un oggetto messo dietro uno schermo bianco su quale, da una lanterna magica, sono proiettate delle ombre cinesi. Le figure e le cose reali rimangono invisibili mentre delle mani invisibili manovrano i fili dell’evoluzione; gli uomini e le cose sono quindi solo i riflessi, sullo schermo bianco, delle realtà che sono dietro le insidie di mahamaya, o la grande illusione. Questo è stato insegnato in ogni filosofia, da ogni religione. (SD I, p. 278) V.3 L’intero cosmo è guidato, controllato e animato da una quasi infinita serie di gerarchie di esseri senzienti con una missione da eseguire; questi, qualsiasi nome si dia loro, sia che li si chiami dhyan chohans o angeli, sono i “messaggeri”, nel senso che sono gli agenti delle leggi karmica e cosmica. (SD I, p. 274) V.4 Nella filosofia esoterica il Demiurgo o Logos, considerato come il CREATORE, è solo un termine astratto, una idea, come quella di “esercito”. Come quest’ultimo è un termine onnicomprensivo per indicare un gruppo di forze attive o unità operative, di soldati, così il Demiurgo è l’insieme qualitativo di una moltitudine di creatori o costruttori. (SD I, p. 380) b) La loro coscienza e intelligenza V.5 La dottrina segreta afferma che l’intero universo è regolato da forze e poteri intelligenti e semi intelligenti. (SD I, p. 287) V.6 Il "germe" dell'universo [si differenzia] nella settenaria gerarchia delle potenze divine coscienti che sono la manifestazione attiva dell’unica energia suprema. Esse sono le plasmatrici, le modellatrici e infine le creatrici di tutto l'universo manifestato, nell'unico senso in cui è intelligibile, ammissibile, il termine"creatrici", esse lo formano e lo guidano; esse sono gli esseri intelligenti che regolano e controllano l’evoluzione, incorporando in sè stesse quelle manifestazioni dell'UNICA LEGGE che conosciamo come "le leggi di natura". Genericamente, esse sono note come i Dhyan Chohan, sebbene ognuno dei diversi gruppi abbia una propria denominazione nella dottrina segreta. (SD I, p. 21-22) V.7 Gli AH-HI (Dhyan-Chohan) sono l’esercito degli esseri spirituali nella sua collettività, sono le schiere angeliche della cristianità, gli Elohim o i “Messaggeri” degli ebrei; questi esseri sono il veicolo delle manifestazioni della divinità ossia del pensiero e del volere universale. Sono le forze intelligenti che danno alla natura le sue “leggi” e le mettono in atto, agendo esse stesse secondo le leggi che, similmente, sono imposte loro da dei poteri ancora superiori; ma esse non sono delle “personificazioni” dei poteri della natura, come viene erroneamente pensato. La gerarchia di esseri spirituali, tramite la quale agisce la Mente Universale, è come un esercito, veramente una

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“moltitudine”, tramite il quale si manifesta il potere di combattere di una nazione e che è costituito da corpi d’armata, divisioni, brigate, reggimenti e così via, ciascuno con la propria individualità o vita separata e una libertà di azione limitata e delle responsabilità limitate; ognuno compreso in una individualità più larga, a cui sono sottomessi i suoi interessi, e altresì comprendente in sé delle individualità minori. (SD I, p. 38) V.8 Nell’universo c’è solo un’unica assoluta e indivisibile onniscienza e intelligenza. E la prima differenziazione del suo riflesso nel mondo della manifestazione è puramente spirituale e vi sono generati degli esseri che sono dotati di una coscienza che non ha una relazione, di qualsiasi tipo, con quella che conosciamo noi. Essi infatti non possono avere una coscienza o intelligenza umana prima di avere acquisito una individualità e una personalità umana. Questo può sembrare un mistero, ma è un dato di fatto nella filosofia esoterica e anche molto evidente, (SD I, p. 277) V.9 In verità ogni così detto “Spirito” o è un uomo disincarnato o è un futuro uomo. Dal più elevato arcangelo (Dhyan Chohan) fino all’ultimo “costruttore” conscio (la classe più bassa delle entità spirituali), tutti questi sono uomini, o vissuti eoni fa, in altri manvantara, su questa o su altre sfere o, gli inferiori, ossia gli elementali semi intelligenti e quelli non intelligenti, sono futuri uomini. Questo fatto da solo, ovvero che uno spirito è dotato di intelligenza, prova agli occultisti che un tale essere deve essere stato un uomo e avere acquisito la propria conoscenza e intelligenza durante il ciclo umano. (SD I, p. 277) V.10 I loro rispettivi gradi di coscienza e di intelligenza variano all’infinito e chiamarli tutti puri spiriti senza alcuna contaminazione terrena, in una “epoca che è fatta per predare”, significa indulgere in fantasticherie poetiche. Infatti ognuno di questi esseri o è stato o si prepara a diventare un uomo; se non nel presente lo è stato in un ciclo (manvantara) passato o sarà in uno futuro. Quando non sono “prossimi” uomini sono degli uomini perfetti e nelle loro sfere superiori (le meno materiali) differiscono moralmente dagli esseri umani terrestri in quanto sono privi del senso della personalità e dell’ umana natura emozionale che sono delle caratteristiche puramente terrestri. I secondi, quelli “perfetti”, sono liberi da questi sentimenti, poiché (a) non hanno più dei corpi di carne, dei pesi che paralizzano l’anima, e (b) essendo stato svincolato il puro elemento spirituale ed essendo quindi più liberi essi sono meno influenzati degli altri uomini da maya, a meno che non siano degli adepti con due personalità, la spirituale e la fisica, interamente separate. (SD I, p. 275) V.11 All’inizio le monadi, non avendo ancora mai avuto dei corpi terrestri, non possono avere alcun senso della personalità o EGO-ismo. Naturalmente questo termine non può essere proprio di entità non umane e, come hanno ribadito delle generazioni di veggenti, nessuno di questi esseri, superiori o inferiori, ha ancora avuto una individualità o una personalità come entità separata, vale a dire che non hanno l’individualità per cui un uomo dice “io sono me stesso e nessun altro”; in altre parole essi non sono consci della netta separazione che gli uomini e le cose hanno sulla terra. L’individualità è la caratteristica delle loro rispettive gerarchie e non delle unità che le compongono e questa caratteristica varia a seconda del piano a cui queste gerarchie appartengono: l’individualità della gerarchia è tanto più astratta e meno sentita quanto più è vicina alla regione dell’omogeneità e unicità divina. Esse sono, in ogni senso, limitate, ad eccezione dei loro principi superiori, e le scintille immortali che riflettono l’universale fiamma divina sono individualizzate e separate solo nelle sfere dell’illusione da una difformità ingannevole come il resto. E’ il loro principio interiore che appartiene alle acque dell’immortalità, mentre il loro rivestimento, che si differenzia, è mortale come il corpo dell’uomo. Aveva quindi ragione Young quando diceva che “gli angeli sono uomini di un tipo superiore” e nulla più. (SD I, p. 275) V.12 Non sono né degli angeli “custodi” né dei “protettori” e nemmeno i “messaggeri dell’Altissimo” e ancor meno dei “messaggeri della collera” di un dio qualsiasi come li ha talvolta immaginati la fantasia degli uomini. Richiedere la loro protezione è tanto folle come il credere che un qualche tipo di rito propiziatorio possa assicurare la loro simpatia; questo poiché sono, come

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l’uomo, schiavi e creature dell’immutabile legge karmica e cosmica. La ragione è evidente. Non avendo nella loro essenza alcun elemento personale essi non possono avere delle qualità personali, come quelle che gli uomini, nelle loro religioni exoteriche, attribuiscono al loro dio antropomorfico, un dio geloso e altezzoso che si rallegra e si adira, che è soddisfatto dei sacrifici e che, per la sua vanità, è più dispotico di un qualsiasi sciocco uomo con le sue limitazioni. (SD I, p. 276) c) Non sono potenze onniscienti V.13 La mente collettiva, quella universale, che è composta da diverse e innumerevoli moltitudini di potenze creative, nonostante sia infinita nella sua manifestazione temporale è tuttavia limitata quando la si confronta con lo spazio mai nato e indeperibile nei suoi supremi aspetti essenziali. Ciò che è finito non può essere perfetto. Ci sono quindi degli esseri inferiori in queste moltitudini, ma non ci sono mai stati dei diavoli o degli “angeli disobbedienti”, per la semplice ragione che sono tutti guidati dalla Legge. (SD II, p. 487) V.14 [Le forze universali] hanno un duplice carattere; essendo composte da (a) l’energia bruta e irrazionale inerente nella materia e (b) l’anima intelligente, o coscienza cosmica, che governa e guida tale energia; la seconda e costituita dal pensiero dhyan chohanico che riflette l’ideazione della mente universale. Durante i periodi di manvantara questo comporta sulla terra una serie innumerevole di manifestazioni fisiche e di effetti morali, poiché tutto è sottoposto al karma. Un tale processo non è sempre perfetto e malgrado ci siano molte prove di una guida intelligente e nascosta ci sono tuttavia delle mancanze e delle imperfezioni e molto sovente ci sono degli sbagli evidenti. (SD I, p. 280) V.15 Ci è detto che ogni forma è costruita in conformità al modello che per lei è stato disegnato nell’eternità e riflesso nella MENTE DIVINA. Ci sono delle gerarchie di “costruttori di forme” e varie serie di forme e di livelli, dalla più alte alla più basse. Mentre le prime sono formate sotto la guida dei “Costruttori” o dei “Cosmocrati”, le seconde sono modellate dagli elementali o gli spiriti della natura. (CW 10, p. 387) V.16 Poiché sono gli spiriti terrestri naturali che formano l’aggregato della natura; la quale, se occasionalmente fallisce nella sua progettazione, non è da considerarsi cieca né da essere giudicata responsabile per il fallimento, in quanto che, essendo composta da una somma di qualità e attributi diversi, è solo per questo condizionata e difettosa. (SD II, p. 732-3) V.17 Quindi né l’insieme nel suo complesso (Demiurgo), né alcuna delle potenze che operano individualmente, sono degni di onori divini o di adorazione. Naturalmente sono tutti degni della riconoscenza dell’umanità e l’uomo deve sempre sforzarsi di favorire la divina evoluzione delle Idee, diventando, per quanto può, un collaboratore della natura in quest’opera ciclica. Solo Karana, l’inconoscibile e impercettibile Causa Incausata di tutte le cause, potrebbe avere il suo altare e un tabernacolo nel santo e inviolabile spazio del nostro cuore, invisibile, intoccabile, innominabile, salvo che dalla “ancora piccola voce” della nostra coscienza spirituale. Quelli che l’adorano devono farlo in silenzio e nella santa solitudine delle loro anime14[17]; facendo del loro spirito il solo mediatore tra loro stessi e lo Spirito Universale e le loro buone azioni i soli sacerdoti, e le loro cattive azioni le sole visibili e oggettive vittime sacrificali alla sua Presenza. (SD I, p. 280) V.18 Questa è l’unica legge fondamentale della scienza occulta: l'unità radicale, nella natura, dell'essenza fondamentale di tutte le parti che costituiscono i composti, dalla stella all’atomo minerale, dal più alto tra i dhyan chohan alla più piccola infusoria, nell'accettazione più piena del termine, sia che si consideri il mondo spirituale, l’intellettuale o il fisico,. (SD I, p. 120)

14[17] “Quando preghi non imitare gli ipocriti…..ma entra nella tua camera , chiudi la porta e prega il Padre tuo che è nel segreto” (Matt. vi.). Nostro Padre è dentro di noi “nel segreto”, il nostro settimo principio, nella “camera interiore”della percezione animica. “Il Regno dei Cieli” e di Dio “è dentro di noi” dice Gesù, non fuori.

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SEZIONE VI LA COSTITUZIONE SETTENARIA DELL’ESSERE

UMANO

VI.1 Studia bene e conosci i principi, sia del Kosmos che nostri, dividendo l’insieme tra i permanenti e gli impermanenti, i superiori e immortali e gli inferiori mortali; poiché solo così potrai padroneggiare e guidare prima quelli cosmici inferiori e personali e, in seguito, quelli cosmici superiori e impersonali. (CW 12, p. 625) VI.2 Il Logos è lo specchio che riflette la MENTE DIVINA e l’Universo è lo specchio del Logos, poiché quest’ultimo è l’esse di questo Universo. E come il Logos riflette ogni cosa nell’Universo del Pleroma, così l’uomo riflette in sè stesso tutto ciò che trova e vede nel suo Universo che è la Terra. (SD II, p. 25) VI.3 Noi dividiamo l’uomo in sette principi, ma questo non significa che egli abbia sette pelli o entità o anime. Questi principi sono tutti degli aspetti di un unico principio e anche questo principio è solo un raggio temporaneo e periodico dell’Unica eterna e infinita Fiamma o Fuoco. (CW 10, p. 335)

TERMINI SANSCRITI

SIGNIFICATO EXOTERICO

SPIEGAZIONE

QUATERNARIO INFERIORE

(a) Rupa, o Sthula-Sarira

Corpo fisico Durante la vita è il veicolo di tutti gli altri “principi”.

(b) Prana Vita, o principio vitale Necessario solo ad a, c, d, e alle funzioni del Manas inferiore, che comprende tutte quelle relate al cervello (fisico).

(c) Linga Sharira Corpo astrale15[18] Il Doppio, il corpo fantasma.

(d) Kama rupa La sede dei desideri animali e delle passioni16[19]

Questo è il centro dell’uomo animale ove c’è la linea di demarcazione tra l’uomo mortale e l’entità immortale.

LA INDISTRUTTIBILE TRIADE SUPERIORE

(e) Manas – un principio duplice nelle sue funzioni

La mente, l’intelligenza, e la mente umana superiore, la cui luce o radiazione è unita alla MONADE, nel caso dell’uomo mortale per il periodo della vita.

Lo stato futuro è il destino karmico dell’uomo dipendono dal gravitare del Manas verso il basso e kamarupa, la sede delle passioni animali, o verso l’alto, verso Buddhi, l’Ego Spirituale. In questo secondo caso la superiore coscienza delle aspirazioni spirituali individuali della mente (manas) assimilandosi a Buddhi ne viene

15[18] [Nella letteratura teosofica posteriore questo è comunemente detto”doppio eterico”] 16[19] [Nella letteratura teosofica posteriore questo è comunemente detto “corpo astrale” o “corpo emozionale”]

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assorbita e forma l’Ego.

(f) Buddhi L’anima spirituale Il veicolo del puro spirito universale (g) Atma Spirito Tutt’uno con l’Assoluto, come sua

radiazione

(KT, Sezione 6, The Septenary Nature of Man)

VI.4 Il vero problema è quello di capire correttamente un altro mistero: quello del fatto, a prima vista così astruso, che riguarda i “sette principi” nell’uomo, del riflesso nell’uomo dei sette poteri della natura fisicamente e delle Sette Gerarchie dell’Essere intellettualmente e spiritualmente. (CW 14, p. 386) VI.5 La “monade” è la combinazione degli ultimi due “principi”dell’uomo, il sesto e il settimo, e quindi, propriamente parlando, il termine “monade umana” si applica solo all’anima duale (atma-buddhi), e non al suo più elevato, vivificante, principio spirituale da solo. E dato che l’anima spirituale se separata da quest’ultimo (atma) non può esistere, essere, è stata chiamata così. (SD I, p. 178) VI.6 Durante un dato manvantara la monade di ogni essere vivente è un Dhyan Chohan individuale, distinto dagli altri, una specie di individualità spirituale “personale”. Ciò che in esso è più importante, lo spirito (atman), è tutt’uno , naturalmente, con Paramâtma (l’unico spirito universale), ma il veicolo (Vahan) in cui è incastonato, Buddhi, è parte e involucro dell’essenza dhyanichohanica ed è in questo che sta il mistero della sua ubiquità. “Il Padre mio, che sta nei Cieli, ed Io siamo una cosa sola” dice il Vangelo; questa è in ogni caso la fedele ripetizione di un principio esoterico. (SD I, p. 265) VI.7 Atma, il “Sé Superiore” non è il vostro spirito né il mio, ma, come la luce del sole, splende su tutto. E’ il “principio divino” diffuso universalmente ed è inseparabile dal suo unico e assoluto Meta Spirito, come un raggio solare è inseparabile dalla luce del sole. Buddhi (l’anima spirituale) è solo il suo veicolo. Né ciascuno separatamente né i due insieme sono utili al corpo umano più di quello che la luce del sole e i suoi raggi lo sono a un masso di pietra sotterrato in terra, a meno che la duade divina non sia assimilata e riflessa in una coscienza. Questa coscienza o mente è manas. (KT, Sezione 8, On Individuality And Personality) VI.8 Buddhi è la facoltà di conoscere, il canale tramite cui la conoscenza divina raggiunge l’”Ego”, è il discernimento del bene e del male ed è anche la “coscienza divina” e l ”anima spirituale” che è veicolo di Atma. (SD I, p. xix) VI.9 L’Ego umano non è né atman né buddhi, ma è il manas superiore: la realizzazione intellettuale e la fioritura, nel senso spirituale più elevato, dell’autocoscienza egocentrica dell’intelletto. Le opere degli antichi ne parlano come del Karana Sarira sul piano del Sutratma, che è quel filo d’oro sul quale, come perle, sono infilate le diverse personalità di questo Ego superiore. (SD II, p. 79) VI.10 [Ci sono] due principi o aspetti del manas, quello superiore e quello inferiore, il primo, il manas superiore, è l’EGO pensante e conscio che è attratto dall’anima spirituale (buddhi) e il secondo, o il suo principio istintivo, è quello che è attratto da kama , che nell’uomo è la sede dei desideri animali e delle passioni. (KT, Sezione 7, On the various "Principles" in Man) VI.11 Sono il quinto e il quarto principio, manas e kama rupa, che includono la duplice personalità, il vero Ego immortale (se si assimila ai due superiori) e la personalità ingannevole e transitoria, il

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corpo cosidetto mayavico o astrale, ossia l’anima umana animalesca, che debbono essere entrambi bene amalgamati ai fini di una perfetta esistenza terrestre. (SD II, p. 241-2) VI.12 Alcuni dei nostri teosofi hanno preso l’abitudine di usare i termini “Sè” ed “Ego” come sinonimi, di associare il termine “Sè” con quel “Sé” che è solo l’individualità superiore dell’uomo o l’Ego o talvolta anche con l’ego personale, mentre questo termine non deve essere attribuito ad altri che all’ Unico Sé universale. In quanto neanche Buddhi, l’ ”Anima spirituale”, è il SE’, ma è il veicolo del SE’. Per evitare malintesi, da ora in avanti propongo di tradurre letteralmente i termini dell’occultismo orientale con i loro equivalenti inglesi e di usarli in futuro. IL SE’ SUPERIORE è Atma l’inseparabile raggio del SE’ UNICO e universale. E’ il Dio che sta sopra più che dentro di noi. Felice l’uomo che riesce a colmare con esso il proprio Ego interiore! L’EGO SPIRITUALE divino, l’anima spirituale o buddhi strettamente unita con manas, il principio mentale, senza il quale non è affatto l’EGO, ma solo il veicolo di atma. L’ “EGO” INTERIORE o SUPERIORE è il manas, il così detto quinto principio separato da buddhi. Il principio mentale è l’Ego spirituale solo quando è unito con buddhi; non possiamo supporre che i materialisti abbiano in sé un tale Ego, per quanto grandi possono essere le loro capacità intellettuali. Esso è l’individualità permanente ossia l’ “Ego che si reincarna”. L’ “EGO” INFERIORE o PERSONALE è l’uomo fisico unito con il proprio sé inferiore, vale a dire gli istinti animali, le passioni, i desideri, ecc. . E’ detto la “falsa personalità” e consiste del manas inferiore in combinazione con il kamarupa che operano tramite il corpo fisico e il suo fantasma o “doppio”. Il “principio” restante, “prana”, cioè la “vita”, è, strettamente parlando, la forza irradiante o l’energia di atma, che è la vita universale e l’UNICO SE’, di cui è l’aspetto inferiore o piuttosto (nei suoi effetti) più fisico poiché in manifestazione. Prana o la vita permea l’intero essere dell’universo oggettivo ed è detto un “principio” solo poiché è un fattore indispensabile e il deus ex machina dell’uomo vivente. (KT, Sezione 9, Definite Words For Definite Things) VI.13 Non è il corpo umano (sthulasharira) il più grossolano dei nostri “principi”, ma, in verità, il vero centro animale è il principio mediano (kama); mentre il nostro corpo è solo la sua scorza, il fattore irresponsabile e il mezzo tramite il quale la bestia in noi opera durante tutta la sua vita. Ogni teosofo intelligente capirà quello che voglio veramente dire. (SD I, p. 260) VI.14 Il kama dipende da prana senza il quale non ci potrebbe essere kama. Il prana sveglia alla vita i germi del kama e rende vitale e vivente ogni desiderio. (CW 12, p. 707) VI.15 Il linga-sharira, come spesso è stato detto, è il veicolo del prana e mantiene la vita nel corpo. E’ una riserva o un assorbitore di vita, raccogliendola da ogni circostante regno della natura e fa da intermediario tra i domini della vita pranica e di quella fisica. La vita non può passare immediatamente e direttamente dal soggettivo all’oggettivo, poiché la natura passa gradualmente da una sfera all’altra senza saltarne nessuna. Il linga-sharira serve da intermediario tra il prana e lo sthula sharira, attingendo la vita dall’oceano di jiva e immettendolo come prana nel corpo fisico. In quanto la vita è, in realtà, la divinità, parabrahman, la deità universale. (CW 12, p. 704) VI.16 Il linga-Sarira è unito al corpo fisico da un cordone ombellicale, un filo materiale, e non può allontanarsene troppo. (CW 12, p. 705) VI.17 L’uomo ha il suo “doppio” o ombra, com’è correttamente chiamato, intorno al quale è costruito il corpo fisico del foetus, il futuro uomo. L’immaginazione della madre, o un infortunio che incida sul bambino, avrà effetti anche sul corpo astrale. (CW 10, p. 218) VI.18 Prima sta nel ventre e poi, dal genitore maschio, viene il germe che lo fruttifica. Questa è l'immagine soggettiva dell'uomo che sta per essere, il modello del corpo fisico, modello su cui il

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bambino sta per essere formato e sviluppato. E poi viene rivestito di materia. Fino all'età di sette anni forma e modella il corpo; dopo quell'età, è il corpo che forma il linga sharira. La mente e il linga sahrira agiscono e reagiscono su l'un l'altro reciprocamente e così viene preparato un modello per la successiva incarnazione. È l'immagine perfetta dell'uomo, che è buona o cattiva secondo la propria natura. (CW 12, pp. 704-5)

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SEZIONE VII IL PROCESSO DELL’EVOLUZIONE

LA TERZA PROPOSIZIONE FONDAMENTALE

VII.1 La prima lezione della filosofia esoterica insegna che la causa inconoscibile non genera l’evoluzione, sia consciamente che inconsciamente, ma afferma che mostra periodicamente solo dei diversi aspetti di sé perché vengano percepiti da delle menti limitate. (SD II, p. 487) a) Il ciclo della necessità VII.2 La Dottrina Segreta insegna lo sviluppo progressivo di ogni cosa, dei mondi come degli atomi e che questo m sviluppo non ha un inizio che sia concepibile né una fine immaginabile. Il nostro "universo" è solo uno di un numero infinito di universi, tutti "Figli della Necessità"; a causa dei collegamenti che ci sono nella grande catena cosmica degli universi ognuno è connesso con un effetto relativo al suo predecessore ed con una causa in relazione al suo successore. (SD I, p. 43) VII.3 Inoltre la dottrina segreta insegna: la fondamentale unità di tutte le anime con una universale anima superiore [Alaya] che è un aspetto della “radice sconosciuta”; e parla dell’obbligatorio pellegrinaggio di ogni anima, che è una sua scintilla, attraverso un ciclo di incarnazioni (o di “necessità”) in conformità con la legge ciclica e karmica, per tutto il periodo di tempo. (SD I, p.17) VII.4 La dottrina spiega che si deve piuttosto percorrere, compiere, il ciclo della necessità, progredire tramite il lavoro evolutivo che comporta, un lavoro dal quale nessuno di noi può ritenersi esentato, nemmeno con la morte o con il suicidio, poiché ognuno di noi deve passare attraverso la “Valle delle Spine” prima di entrare nella pianura della luce divina e del riposo. E così gli uomini continueranno a nascere con dei nuovi corpi: “…..finchè diventeranno sufficientemente puri per poter entrare in una superiore forma di esistenza”. Questo significa solo che l’ “umanità”, dalla prima all’ultima razza, o la settima [vedi la prossima sezione], è composta da una unica e sempre la stessa compagnia di attori, che è discesa dalle sfere superiori per un giro di spettacoli su questo nuovo pianeta, la terra. Partendo come puri spiriti per il nostro declinante viaggio intorno al mondo (realmente!) con la conoscenza della verità inerente in noi, quella conoscenza che ora rieccheggia debolmente nella dottrina occulta, la legge ciclica ci conduce giù fino al punto più basso della materia, che si trova qui in fondo sulla terra e di cui abbiamo già raggiunto il fondale, e poi la stessa legge di gravità spirituale ci farà di nuovo ritornare ancora più in alto, in sfere ancora più pure di quelle da cui siamo partiti. (CW 14, p. 303) VII.5 In altre parole, nessuna buddhi (anima divina), che è puramente spirituale, può avere un'esistenza indipendente (cosciente) prima che la scintilla che è scaturita dalla pura essenza del sesto principio universale, ossia l’ANIMA UNIVERSALE [traduco così over soul ndt] [Alaya], sia (a) passata attraverso ogni forma elementale del mondo fenomenico di quel manvantara e (b) acquisito l'individualità, prima per impulso naturale e quindi per sforzi autoindotti ed autonomamente escogitati (registrati dal proprio karma), passando così attraverso tutti i livelli dell’intelligenza, dal manas più basso al più alto, dal minerale alla pianta su fino all'arcangelo più santo (dhyani buddha). La dottrina fondamentale della filosofia esoterica non ammette alcun privilegio o dei regali speciali per l’uomo, salvo quelli guadagnati dal proprio ego con lo sforzo e merito personali lungo tutta una lunga serie di metempsicosi e reincarnazioni. (SD I, p. 17) VII.6 [A] Da tutta l’organizzazione della natura risulta un progressivo procedere verso una vita più elevata. C'è una progettazione nell'azione delle forze che sono apparentemente più cieche. L’intero processo dell’evoluzione con i suoi infiniti adattamenti è una prova di questo. Le immutabili

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leggi che estirpano la specie più deboli per fare spazio a quelle più forti e che assicurano la "sopravvivenza del più adatto", così crudeli nel loro agire, lavorano per un grande fine. Il fatto che gli adattamenti devono verificarsi, che il più adatto deve sopravvivere nella lotta per l’esistenza, dimostra che ciò che è chiamato la "natura inconsapevole" è nella realtà un aggregato di forze manipolate da degli esseri semi intelligenti (elementali) guidati da degli elevatissimi spiriti planetari (dhyan chohan), il cui aggregato collettivo forma il verbum manifestato del LOGOS non manifestato e nello stesso tempo costituisce la MENTE dell'universo e la sua LEGGE immutabile. (SD I, pp. 277-8) VII.7 La natura (nell’uomo) dovette divenire un composto di spirito e materia prima di diventare qual’è; lo spirito nascosto nella materia dovette essere gradualmente risvegliato alla vita e alla coscienza. La monade dovette attraversare gli stadi minerale, vegetale e animale prima che la luce del Logos fosse risvegliata nell’uomo animalesco. Fino a quel momento, quindi, quest’ultimo non può essere definito "uomo", ma deve essere considerato come una monade imprigionata in forme cangianti di continuo. (SD II, p. 42) VII.8 [B] La dottrina insegna che per diventare un perfetto dio, completamente conscio, anche il più elevato, le INTELLIGENZE spirituali primordiali devono passare attraverso l’esperienza umana. E quando diciamo umana non intendiamo solo la nostra umanità terrestre, ma ci riferiamo ai mortali di tutti i mondi, vale a dire a tutte quelle intelligenze che hanno raggiunto un appropriato equilibrio tra spirito e materia, quello che abbiamo noi ora dopo avere oltrepassato il punto di mezzo della quarta razza radice della quarta ronda [vedi oltre]. Ogni entità deve avere guadagnato con le proprie forze, con le proprie esperienze, il diritto alla divinità. Hegel, il grande pensatore tedesco, doveva avere saputo o intuito questa verità quando diceva, come disse, che l’inconscio ha sviluppato l’universo solo “con la speranza di ottenere una chiara autocoscienza”, in altre parole la speranza di diventare UOMO. Questo spiega altresì l’occulto significato kabalistico del detto: “Il Respiro diventa una pietra, la pietra una pianta, la pianta un animale, l’animale un uomo, l’uomo uno spirito, e lo spirito un dio.”. (SD I, pp. 106-7) VII.9 Ogni forma sulla terra e ogni puntino (atomo) nello spazio si sforzano per autorealizzarsi in conformità con il proprio modello che sta nell’ “UOMO CELESTE”…... . La sua involuzione ed evoluzione (dell’atomo), la sua crescita e il suo sviluppo, interni ed esterni, hanno tutti un solo e unico obiettivo: l’uomo, che è la forma definitiva e fisicamente più elevata su questa terra. E’ la MONADE nella sua assoluta totalità e resurrezione: il culmine delle incarnazioni divine in terra. (SD I, p. 183) VII.10 La sapienza orientale insegna che lo spirito deve passare attraverso l’ardua prova dell’incarnazione e della vita e che, prima di raggiungere l'esperienza e la conoscenza, deve essere battezzato con la materia. Solo dopo di questo riceve il battesimo dell’anima ovvero l’autocoscienza e può ritornare alla sua originale condizione divina con in più l’esperienza e concludere con l’onniscienza. In altre parole può ritornare allo stato originario dell’omogeneità della essenza primordiale solamente con l’aggiunta del frutto del karma, solo con questo è in grado di creare una divinità cosciente assoluta, distante solo di un grado dal TUTTO assoluto. (CW 8, p. 117) VII.11 Si deve “diventare” un dhyan chohan , non si può nascere o apparire improvvisamente sul piano della vita come un perfetto angelo. La gerarchia celeste dell’attuale Manvantara si troverà trasferita, nel prossimo ciclo di vita, in mondi più elevati, dei mondi superiori, e farà a spazio a una nuova gerarchia, composta da uomini designati tra quelli della nostra umanità. (SD I, p. 221)

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b) Ronde e catene VII.12 L’eterna unica LEGGE sviluppa ogni cosa nella natura (che diviene) manifestata secondo un principio settuplice; fra l’altro le innumerevoli catene circolari dei mondi, composte di sette globi, disposti sui quattro piani inferiori del mondo della forma (gli altri tre appartengono all’universo degli archetipi). Tra questi sette solo uno, il più basso e più materiale di questi globi, è sul nostro piano, quello percepibile con i nostri sensi, gli altri sette stanno al di là di questo e sono quindi invisibile per gli occhi terreni. Ognuna di queste catene di mondi è la progenie e la creazione di un’altra catena, inferiore ed estinta, è, per così dire, la sua reincarnazione. (SD I, p. 152)

DIAGRAMMA II

La catena terrestre Piani prakritici

I Il mondo divino e II informale (arupa) III dello spirito

IV fohatico

V jivico

VI astrale

VII Terra fisico

VII.13 [Riguardo al] la dottrina delle settenarie catene di mondi del cosmo solare, l'insegnamento è, in breve, questo: 1. Tutto, nell'universo metafisico come in quello fisico, è settenario. Perciò a ogni corpo siderale, ogni pianeta sia visibile che invisibile, sono attribuiti sei globi compagni (vedi diagramma). L'evoluzione della vita procede su questi sette globi o corpi dall'A alla G durante sette RONDE o sette cicli. 2. Questi globi sono formati da un processo che gli occultisti chiamano la "rinascita delle catene (o anelli) planetarie". Quando la settima e ultima di una di tali catene è iniziata, il primo globo "A" ovvero quello superiore, seguito da tutti gli altri fino all'ultimo, invece di iniziare un periodo di riposo, o di “oscuramento” come era accaduto per le ronde precedenti, incomincia a estinguersi. La dissoluzione “planetaria” (pralaya) è vicina ed è suonata la sua ora, ogni globo deve trasferire la propria vita ed energia a un altro pianeta. 3. La nostra terra, come il rappresentante visibile degli invisibili globi superiori che lo accompagnano, dei suoi "signori" o "principi", deve vivere, come lo debbono gli altri, per sette ronde. Durante le prime tre, si forma e si consolida; durante la quarta si stabilizza e indurisce e durante le ultime tre ritorna gradualmente alla sua forma eterea primitiva: si spiritualizza, per così dire. 4. La sua umanità si sviluppa completamente solo durante la quarta, la nostra ronda attuale. Fino a questo quarto ciclo di vita si parla di “umanità” solo in mancanza di un termine più appropriato. Come la larva, che diviene crisalide e poi farfalla, l’uomo, o meglio quello che sta divenendo uomo, durante la prima ronda passa attraverso tutte le forme e i regni e durante le due ronde seguenti

A

B

C

D

E

F

G

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attraverso tutte le forme umane. Durante le tre ronde che devono ancora venire l’umanità, come il globo su cui vivrà, tenderà sempre più a riassumere la sua forma primitiva, quella di una collettività di Dhyan Chohan. (SD I, p. 158-9) VII.14 Lo studioso non avrebbe bisogno di altre spiegazioni sul ruolo svolto dal quarto globo e dalla quarta ronda nello schema dell’evoluzione. Dal diagramma precedente, che si può applicare, mutatis mutandis, a ronde, globi e razze, si può vedere che il quarto elemento di una serie occupa una posizione unica. A differenza degli altri il quarto non ha un globo “fratello” sul suo stesso piano ed è quindi il fulcro della “bilancia” rappresentata dall’intera catena. Esso è la sfera degli adattamenti finali dell’evoluzione, il mondo dei piatti della bilancia karmica, è l’aula di giustizia dove si fa il bilancio che determinerà il futuro percorso della monade durante il resto delle sue incarnazioni nel ciclo. (SD I, p. 182) VII.15 Così, nella prima ronda il globo, essendo stato costruito dai primordiali fuochi viventi, vale a dire formato in una sfera, non aveva solidità, né delle qualità, e, a parte una fredda lucentezza, nessuna forma o colore; fu solo verso la fine della prima ronda che sviluppò un elemento che dalla propria, per così dire, inorganica o semplice essenza divenne ora nella nostra ronda il fuoco che conosciamo in tutto il sistema. La terra aveva il suo primo rupa l’essenza del quale era il principio akashico, quello che attualmente conosciamo come, è un termine sbagliatissimo, luce astrale. La seconda ronda porta in manifestazione il secondo elemento, l’ARIA, questo elemento la cui purezza assicurerà una vita ininterrotta a chi vorrà usarlo. “Dalla seconda ronda, la terra, finora un feto nell’utero spaziale, incominciò la sua esistenza reale: essa ha sviluppato la sua vita senziente individuale, il suo secondo principio. Questo secondo corrisponde al sesto (principio),il secondo è vita continua ,l’altro temporanea”. La terza ronda sviluppò il terzo principio, l’ACQUA; mentre la quarta trasformò le forme gassose liquide e plastiche del nostro globo nella sfera materiale dura, crostosa, grossolana, in cui viviamo. “Bhumi” [la terra] era arrivata al suo quarto principio. La terra raggiungerà la sua vera forma definitiva (in questo differendo dall’uomo), il suo guscio corporale, solo verso la fine del manvantara dopo la settima ronda. Finora il nostro globo è nel suo stato kamarupico, di Ahamkara ossia il corpo astrale dei desideri e del nero egotismo, la progenie di Mahat sul piano più basso…….….. (SD I, p. 259-60) VII.16 La nostra quarta ronda è il ciclo del punto di svolta, dopo di cui la materia, avendo raggiunto il suo punto più profondo, incomincia a spingersi verso l’alto e a divenire più spiritualizzata ad ogni nuova razza e a ogni nuovo ciclo. Allora [nelle ronde precedenti] ci fu il lavoro di formazione ed ora c’è quello di riforma e di perfezionamento dell’evoluzione. (SD I, p. 185-6) VII.17 Ogni ronda comporta un nuovo sviluppo e anche un cambiamento della costituzione mentale, psichica, spirituale e fisica dell’uomo, con tutti i principi che evolvono in una scala sempre ascendente. (SD I, p. 162) VII.18 Durante ognuna delle ronde lui [l’uomo] fa si che uno dei principi si sviluppi completamente. Durante la prima ronda la sua coscienza sulla nostra terra è offuscata ed è solo debole e indistinta, un pò come quella di un neonato. Quando giunge sulla nostra terra durante la seconda ronda diventa in una certa misura responsabile e lo diventa completamente durante la terza. Ad ogni stadio e in ogni ronda il suo sviluppo va di pari passo con quello del globo in cui si trova. (ML, No. 67) VII.19 Alla fine della settima razza della settima ronda la monade sarà indipendente dalla materia e con tutte le caratteristiche che aveva all’inizio; avendo ottenuto in più l’esperienza e la sapienza, il frutto di tutte le sue vite personali, senza più la loro possibilità di peccato e le loro tentazioni. (SD II, p. 180-1)

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VII.20 I testi exoterici dei bramini stimano in 4.320.000.000 anni la durata di un grande kalpa, un “giorno di Brahma”. Esso include tutte e sette le “ronde” della nostra catena planetaria, vale a dire tutti i periodi dell’esistenza umana insieme, sui vari pianeti e durante le varie ronde, con i periodi detti di “oscuramento” ossia quelli del riposo dell’umanità tra due pianeti durante i passaggi dall’uno all’altro, quando le loro sette razze si sono evolute su un dato pianeta [vedi la prossima sezione]. Esso include anche il periodo di Sandhi (crepuscolo) che è uguale a un Satya Yuga. Se ci basiamo sulla figura precedente, in armonia con delle serie matematiche, come spiegheremo in seguito, otteniamo i seguenti risultati:

Anni

Prima ronda 154.285.714 Seconda ronda 308.571.428 Terza ronda 462.857.142 Quarta ronda 617.142.856 Quinta ronda 771.428.570 Sesta ronda 925.714.284 Settima ronda 1.079.999.998 Totale 4.319.999.992

La durata della nostra quarta ronda risulta così di 617,142,856 anni . E poiché la “Notte di Brahma”, ossia il periodo di riposo, ha sempre una durata uguale al “Giorno di Brahma”, ossia al periodo di attività di ogni pianeta, il periodo di attività di questa quarta ronda è di 308,571,428 anni. Le seguenti sono le durate della permanenza dell’umanità su ogni pianeta della nostra quarta ronda durante i periodi della sua attività:

Anni Pianeta A 11.020.408 Pianeta B 22.040.816 Pianeta C 33.061.224 Pianeta D 44.081.632 Pianeta E 55.102.040 Pianeta F 66.122.448 Pianeta G 77.142.856

Totale 308.571.414 Il lettore può vedere che con i precedenti calcoli abbiamo fornito la chiave per la comprensione dei differenti periodi. (CW 13, p. 302-4)

c) Nirvana VII.21 Si dice di solito che un uomo ha raggiunto il nirvana quando si è evoluto al livello dei Dhyan Chohan. Questa condizione si ottiene, nel normale corso della natura, dopo la conclusione della settma ronda dell’attuale catena planetaria. (CW 6, p. 248) VII.22 Il “completo” ricordo delle nostre vite (vite collettive) ritornerà alla fine di tutte sette le ronde, alla soglia del lunghissimo nirvana che ci aspetta quando avremo lasciato il globo [l’ultimo]. (ML, No. 93b)

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VII.23 Il filo luminoso, che è imperituro e si dissolve solo nel nirvana, ne riemerge integro il giorno in cui la grande legge richiama di nuovo in azione ogni cosa. (SD II, p. 80) VII.24 Questo è annichilamento, come pensa qualcuno? Vedere l’annichilamento nel nirvana sarebbe come chiamare nirvana lo stato di un uomo piombato in un profondo sonno senza sogni, che non lascia tracce nella memoria fisica e nel cervello, in quanto, durante queste ore, il Sé Superiore dormiente è nel suo originario stato di coscienza assoluta, che anche lui è annichilito. Questo paragone risponde però solo a una parte del problema, la più grossolana; poiché il ri-assorbimento non è certo come un “sonno senza sogni”, ma, al contrario, è esistenza assoluta, unità senza condizionamenti, ossia uno stato indescrivibile da ogni linguaggio umano che è assolutamente inadeguato e senza prospettive. Il solo modo per averne una idea in qualche modo comprensibile può essere tentato tramite le visioni complessive dell’anima, mediante le ideazioni spirituali della monade divina. E neanche l’individualità, e nemmeno l’essenza della personalità, se ne è lasciata indietro, è persa, in quanto riassorbita. Poiché, per quanto sia illimitato da un punto di vista umano, lo stato paranirvanico ha tuttavia un limite nell’eternità. Una volta raggiuntolo la stessa monade ne ri-emergerà , come un essere ancora superiore, su un piano ancora più elevato, per ricominciare un proprio ciclo di attività ancora migliorata. Al suo livello di sviluppo attuale la mente umana non può trascendere, ma riesce appena a raggiungere il piano del pensiero. Vacilla qui, sull’orlo dell’incomprensibile assolutezza ed eternità. (SD I, p. 266) VII.25 Ricorda che Paranishpanna è il summum bonum, l’Assoluto, quindi equivalente a paranirvana17[20]. E’ quello stato che fa apprezzare correttamente il vero significato del non essere, che, come abbiamo spiegato, è Essere assoluto. Presto o tardi tutto ciò che ora esiste solo apparentemente lo sarà realmente e vigentemente nello stato di paranishpanna. Ma c’è una grande differenza tra l’ “essere” consciamente e inconsciamente. La condizione di paranishpanna, senza paramârtha, che è la coscienza auto analizzante (svasamvedana)18[21], non è beatitudine, ma è solo estinzione (per sette eternità). Come una palla di ferro che messa al sole ne viene scaldata, ma non può apprezzare questo calore come potrebbe fare un uomo. E’ solo “con una mente tersa e non oscurata dalla personalità e con l’assimilazione del frutto di molteplici esistenze dedicate ad essere uniti con la collettività (l’intero universo vivente e sensibile)”, che ci si sbarazza dell’esistenza personale, incorporandosi, divenendo un tutt’uno, con l’assoluto pur restando in pieno possesso del paramârtha. (SD I, pp. 53-4) VII.26 “Paranishpanna” è la perfezione assoluta che ogni esistenza raggiungerà alla fine del grande periodo di attività, o mahamanvantara, e in cui resterà durante il successivo periodo di riposo. Fino al periodo della scuola yogâchârya era insegnata pubblicamente la vera natura del paranirvana, ma da allora in poi è diventata assolutamente esoterica; ragion per cui se ne danno molte interpretazioni contradditorie. Solo un vero idealista può comprenderla. Per chi vuole comprendere un tale stato e acquisire la conoscenza di come il non Ego, la vacuità, e le tenebre siano “Tre in Uno” e i soli ad esistere di per sè e perfetti, ogni cosa deve essere considerate come ideale ad eccezione del paranirvana. Ovviamente questo è solo relativamente assoluto, in quanto dobbiamo considerare la possibilità di una perfezione assoluta ancora maggiore, in armonia con un superiore livello di eccellenza, nel successivo periodo di attività. (SD I, p. 42a-3)

17[20] Assoluto Non Essere, che equivale a Essere assoluto o “Esseità”, lo stato che la monade umana raggiunge alla fine del grande ciclo. (TG, pp. 249-50) 18[21] “Paramârtha” significa autocoscienza in sanscrito. Svasamvedana, ossia la “riflessione autoanalitica”.(SD I, p. 48)

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SEZIONE VIII L’EVOLUZIONE DELL’UOMO

IL TRIPLICE SCHEMA DELL’EVOLUZIONE VIII.1 In natura c’è un triplice schema evolutivo per la formazione di tre periodiche upadhi [veicoli di coscienza] o meglio di tre separati schemi di evoluzione, che, nel nostro sistema, sono in ogni punto interconnessi e confusi in modo inestricabile. Questi schemi sono relativi alle evoluzioni monadica (o spirituale), intellettuale e fisica. Queste tre sono gli aspetti limitati o riflessi sul campo dell’illusione cosmica di ATMA, il settimo [principio ndt], l’UNICA REALTA’:

1. quello monadico, come indica il termine, riguarda la crescita e lo sviluppo della monade per delle fasi ancora superiori di attività in connessione con:

2. quello intellettuale rappresentato dai manasa dhyani (i deva solari o gli agnishvatta pitri) i "donatori dell’intelligenza e della coscienza “ agli uomini e:

3. quello fisico, rappresentato dai chhaya dei pitri lunari, sui quali la natura ha concretizzato l’attuale corpo fisico. Questo corpo serve da veicolo per la “crescita” (per usare un termine che può essere sviante) e la trasformazione tramite il manas e, a causa dell’accumulo delle esperienze, quella del finito nell’INFINITO e del passeggero nell’eterno e assoluto.

Ciascuno dei tre sistemi ha le proprie leggi ed è governato e guidato da dei differenti gruppi dei più elevati dhyani o “Logoi”. Ciascuno è rappresentato nella costituzione dell’uomo, che è il microcosmo del grande macrocosmo, ed è l’unione in lui di queste tre correnti che lo rende l’essere complesso che è attualmente. (SD I, p. 181) a) L’evoluzione delle monadi VIII.2 L’essenza (se si può usare questo termine) monadica, o meglio cosmica, nel minerale, nel vegetale e nell’animale, sebbene sia la stessa per tutta la serie dei cicli dal più basso regno elementale fino a quello dei deva, differisce tuttavia per il livello di progresso. Sarebbe sbagliato immaginare una monade come una entità separata che percorre lentamente la sua via attraverso i regni inferiori e che dopo una incalcolabile serie di trasformazioni sboccia in un essere umano. L'atomo è una manifestazione concreta dell'energia universale che di per sé non è ancora diventata individualizzata; è una delle successive manifestazioni del monas [monade ndt] universale. L’oceano (della materia) non si divide nelle sue gocce costituenti; queste rimangono potenziali fino a che il movimento ciclico dell’impulso vitale raggiunge lo stadio evolutivo della nascita dell’uomo. La tendenza a separarsi in monadi individuali è graduale ed è giunta quasi al momento buono nel caso degli animali superiori. L’ “essenza monadica” incomincia a differenziarsi impercettibilmente in una coscienza individuale durante il regno vegetale. (SD I, p. 178-9) VIII.3 Prima di tutto la monade o jiva è portata giù dalla legge di evoluzione nella forma più bassa della materia: il minerale. Dopo sette giri rinchiusa nella pietra (o in quella che diventerà minerale e pietra durante la quarta ronda) ne esce pian piano, diciamo, come un lichene. Passando attraverso tutte le forme della materia vegetale fino a quella che chiamiamo la materia animale, raggiunge il punto in cui diventa il germe, per così dire, di quell'animale che diventerà l'uomo fisico. Tutto questo, fino alla terza ronda, è informale come materia ed è insensibile come coscienza. In quanto alla monade, o jiva, di per sè non può essere detta spirito: è un raggio, un respiro dell'ASSOLUTO, o meglio dell'assolutezza, e sul nostro piano l'omogeneità assoluta, non avendo alcun rapporto con una limitazione condizionata e relativa, è inconscia. Quindi, oltre al materiale che sarà necessario per la sua futura forma umana, la monade richiede (a) un modello o un prototipo spirituale, che serve perché il materiale possa formarvisi, e (b) una coscienza intelligente che guidi

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la sua evoluzione e i suoi progressi, e nessuno dei due è posseduto dalla monade indifferenziata, o dalla materia che, sebbene vivente, è insensibile. (SD I, p. 246-7) VIII.4 Il sesto e il settimo principio, separati dal resto, costituiscono la “Monade”, eterna, immortale, ma anche inconscia. Per risvegliare alla vita la coscienza che vi sta latente, specialmente quella dell’individualità personale, è necessario che la monade abbia anche gli attributi superiori del quinto [Manas]. (ML No. 68) VIII.5 Buddhi diviene conscia tramite gli apporti che riceve da manas dopo ogni nuova incarnazione e dopo la morte del’uomo. (SD I, p. 244) VIII.6 Fino a che il frutto del manas, il suo profumo spirituale, ossia le aspirazioni superiori e le qualità e attributi spirituali che costituiscono il SE’ superiore dell’uomo, non è unito alla sua monade quest’ultima è come Non esistente; poiché, in esse, essa è "impersonale" e di per sé è, per così dire, senza un Ego e ottiene il potere o il sapore spirituale del proprio “egotismo” solo dal manas durante l’incarnazione e dopo la separazione dal corpo fisico e dai principi inferiori. (CW 7, p. 180) VIII.7 Durante il loro ciclo di incarnazione le monadi umane sono gradualmente formate e fortificate da un costante incremento dell’individualità derivante dalle personalità in cui si incarna quel principio androgino, semispirituale, semiterrestre, che gli occultisti chiamano manas (mente); quello che, in breve, unendosi in modo parziale con la monade, si reincarna a ogni successiva rinascita. In perfetta unità con il suo (settimo) principio, lo spirito puro, è il divino Sè Superiore, come sa ogni studioso della teosofia. Dopo ogni nuova incarnazione buddhi-manas coglie, così per dire, l’aroma di quel fiore chiamato personalità, mentre il residuo puramente terreno, la sua feccia, è lasciato svanire come un’ombra. Questa è la parte più difficile, poiché così trascendentalmente metafisica, della dottrina. (CW 14, p. 49) VIII.8 La differenza tra personalità e individualità. La seconda, per percorrere con successo la propria settuplice corsa prima verso il basso e poi verso l’alto, deve assimilare l’eterno potere vitale che c’è solo nel settimo e quindi armonizzare i tre (quarto, quinto e settimo) [principi] in uno, il sesto. Coloro che riescono a farlo divengono dei buddha, dei dhyan chohan, ecc. . Il principale scopo dei nostri sforzi e iniziazioni è quello di ottenere questa unione mentre si è ancora sulla terra. (ML, No. 44) VIII.9 “Quando buddhi assimila il nostro EGO-centrismo (lo distrugge) viene raggiunto il nirvana, o la mukti”. “Poiché mukti” è la stessa cosa del nirvana, vale a dire la liberazione dagli ostacoli di “maya” ossia dell’illusione. (SD I, p. xix) b) Le razze radice e l’evoluzione fisica VIII.10 Ogni ciclo di vita sul globo D (la nostra terra) si compone di sette razze radice [di esseri umani]. Queste iniziano dall’eterea e finiscono con la spirituale secondo una duplice linea evolutiva, fisica e morale, dall’inizio della ronda terrestre fino alla sua fine (Una è una “ronda planetaria” dal globo A al globo G, il settimo, l’altra è la ronda del globo o terrestre). (SD I, p. 160) VIII.11 La forma dell’uomo, come quella di un qualsiasi animale, pianta o pietra, non è mai stata creata ed è solo su questo nostro piano che ha cominciato a "diventare", cioè a concretizzarsi nella sua attuale materialità, ossia a espandersi dall'interno all’esterno, dall’essenza più sublime, e al di là del mondo dei sensi, fino all’aspetto più materialmente fisico. Quindi le nostre forme umane sono esistite nell'eternità come prototipi astrali o eterei; seguendo tali modelli, gli esseri spirituali (o dei) il cui dovere era quello di portarle in una esistenza oggettiva e una vita terrestre, hanno sviluppato le forme protoplasmatiche dei futuri ego dalla loro stessa essenza. Dopo di che, quando questa upadhi umana, ossia lo stampo di base, fu pronta, le forze terrestri della natura iniziarono a lavorare su queste forme che erano al di là del nostro mondo dei sensi. (SD I, p. 282)

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VIII.12 La prima razza radice, vale a dire i primi “uomini” sulla terra (senza riguardo alla forma), fu la progenie degli “uomini celesti”, quelli che la filosofia indiana ha giustamente chiamato gli “antenati lunari” o i pitri, dei quali ci sono sette classi o gerarchie. (SD I, p. 160) VIII.13 "Sette Signori hanno creato sette [tipi di] uomini [durante la prima razza]"; tre Signori (Dhyan Chohan o Pitri) erano santi e buoni, quattro erano meno celestiali ed erano pieni di passione… . . I chaaya (fantasmi) dei padri erano come loro ". Questo spiega le differenze della natura umana che si divide in sette gradazioni di bene e di male. C'erano sette tabernacoli pronti per essere abitati da monadi di sette diverse condizioni karmiche. Su questa base i Commentari spiegano la diffusione così facile del male non appena le forme umane divennero realmente uomini. (SD II, p. 212) VIII.14 Quindi nella gerarchia il gruppo incaricato di "creare" gli uomini [fisicamente] è un gruppo speciale; tuttavia in questo ciclo ha sviluppato uomo ancora inconsistente. Ma essendo questo gruppo la sesta [gerarchia] nella scala discendente della spiritualità, e dato che è la settima e ultima, formata dagli spiriti terrestri (gli elementari), quella che gradualmente forma, costruisce e rassoda il suo corpo fisico, il sesto gruppo sviluppa solo una vaga forma del futuro uomo, una sottilissima copia trasparente di sé stesso difficilmente visibile. (SD I, p. 233) VIII.15 I primi Dhyani, incaricati di “creare” l’uomo a loro immagine, poterono solo emettere le proprie ombre, come un delicato modello su cui gli spiriti della natura materiali potessero operare. (SD I, p. 225) VIII.16 [Questa nascita fu detta] la nascita dei chhaya, la maniera primordiale di procreazione asessuata, dato che la prima razza fu essudata, per così dire, dai corpi dei Pitri. (SD I, p. 174) VIII.17 Le ombre (astrali) dei loro progenitori [Pitri Barishad] costituirono la prima razza. I loro corpi erano privi di ogni comprensione (mente, intelligenza e volontà). (SD II, p. 164) VIII.18 L’umanità nella sua forma prototipale ancora vaga è il prodotto degli elohim della vita (i pitri); per il suo aspetto, sia qualitativo che fisico, nei suoi aspetti fisici e tendenziali, deriva direttamente dagli “antenati”, i dhyani inferiori o spiriti della terra; per la propria natura morale, psichica e spirituale è invece debitrice di un gruppo di esseri divini. [vedi l’ ”Evoluzione del manas”]. (SD I, p. 224) VIII.19 È, quindi, la luna che ha la parte più notevole e importante sia nel formare la terra che nel popolarla con degli esseri umani. Le “monadi lunari", o i pitri, gli antenati dell’uomo, diventano in realtà l’uomo stesso. Sono le “monadi” che entrano a fare parte del ciclo evolutivo sul globo A e che, circolando sulle catene dei pianeti, sviluppano la forma umana come si presenta attualmente. All'inizio del periodo umano della quarta ronda su questo globo, essi "essudano" i doppi astrali dalle forme "scimmiesche" che avevano sviluppato durante la terza ronda. E sono queste forme sottili, più fini, che servono da modello alla natura per costruire l’uomo fisico. Queste "monadi "o" scintille divine" sono quindi gli antenati "lunari", i pitri stessi. VIII.20 L’uomo della prima razza sul nostro globo D, la nostra terra, era un essere etereo, non intelligente, ma ultra spirituale. In ognuna delle razze e sottorazze che si susseguirono …… divenne sempre più un essere incarnato, rivestito di carne, ma ancora prevalentemente etereo. Era asessuato, e, come gli animali e i vegetali, sviluppò dei corpi mostruosi in corrispondenza con il suo ambiente grossolano. [La seconda razza] L’uomo era ancora gigantesco ed etereo, ma il suo corpo diventava più stabile e condensato, diventava un uomo più fisico. Tuttavia era ancora più spirituale che intelligente, in quanto la mente ha una evoluzione più lenta e difficile di quella del corpo fisico.

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[La terza razza] L’uomo ha ora un corpo completamente tangibile e compatto, dapprima con la forma di uno scimmione gigantesco e ora è più intelligente, o meglio più furbo, che spirituale. In quanto che, nella fase discendente, ha ora raggiunto il punto in cui la sua primordiale spiritualità è eclissata e oscurata dalla nascente capacità intellettuale. Durante la seconda metà della terza [Razza] la sua gigantesca statura diminuì e il suo corpo migliorò la propria struttura ed egli divenne un essere più razionale, seppure sempre più simile a uno scimmione che a un deva. (SD I, p. 188) VIII.21 Fu durante la terza razza che avvenne la separazione dei sessi. Dopo essere stata asessuata l’umanità divenne visibilmente ermafrodita o bisessuale e infine le uova che contenevano gli uomini incominciarono a fare nascere, gradualmente e con uno sviluppo evolutivo quasi impercettibile, prima degli esseri in cui un sesso prevaleva sull’altro e infine degli uomini e delle donne distinti. (SD II, p. 132) VIII.22 Dopo la terza razza (i lemuriani) “Gli uomini diminuirono considerabilmente di statura e diminuì la durata delle loro vite”. (SD II, p. 331) VIII.23 [Quarta razza]. L’intelletto ha ora uno sviluppo enorme. Le razze che (finora) erano stupide apprendono la nostra (attuale) parlata su questo globo, sul quale, a partire dalla quarta razza, si è perfezionato il linguaggio ed è aumentato il sapere. In questo momento di mezzo della quarta ronda (è infatti quello della quarta razza o atlantidea) l’umanità oltrepassa il punto di simmetria del ciclo manvantarico minore….. e il mondo è pieno dei risultati dell’attività dell’intelletto e della flessione dello spirito. (SD I, p. 189) VIII.24 Dopo che è stato oltrepassato questo punto di svolta centrale del grande ciclo, vale a dire dopo il punto di mezzo della quarta razza della quarta ronda sul nostro globo, nessuna monade può più entrare nel regno umano. Per questo ciclo la porta è chiusa e si è chiuso il bilancio. (SD I, p. 182) VIII.25 Attualmente noi che viviamo su questa terra, vale a dire la grande massa dell’umanità perché ci sono dei casi eccezionali che considereremo in seguito, apparteniamo alla quinta razza della nostra attuale quarta ronda. E tuttavia l'evoluzione della quinta razza è iniziata circa un milione di anni fa. (EB, p. 58) VIII.26 Ci sono sette RONDE in ogni manvantara; l’attuale è la quarta e noi siamo ora nella quinta razza radice. Ogni razza radice è composta da sette sotto razze. La nostra quinta razza radice è già stata in esistenza, come razza sui generis e del tutto libera dal suo ramo originario, da circa un milione di anni. (SD II, p. 434-5) VIII.27 La quinta razza si sovrapporrà alla sesta per molte centinaia di millenni, modificandosi insieme seppure più lentamente dei nuovi venuti, cambiando tuttavia di statura, nel complesso del fisico e della mentalità, così come la quarta razza si sovrappose alla nostra razza ariana e la terza si era sovrapposta agli atlantidei. Questo processo di preparazione per l’avvento della sesta grande razza durerà per le intere sesta e settima sottorazze [della quinta]. VIII.28 Durata delle varie razze durante la nostra ronda sul nostro pianeta.

Anni

Prima razza 1.574.344 Seconda razza 3.148.688 Terza razza 4.723.032 Quarta razza 6.297.376

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Quinta razza 7.871.720 Sesta razza 9.446.064 Settima razza 11.020.408

Totale 44.081.632 (CW 13, p. 304)

VIII.29 Nella nostra attuale materialissima quinta razza, è ancora forte in noi lo spirito terrestre della quarta, ma si avvicina il momento in cui il movimento pendolare dell’evoluzione oscillerà più in alto, riportando spiritualmente l’umanità all’altezza della precedente terza razza. I “tabernacoli” hanno migliorato la struttura e le proporzioni della loro forma, accrescendosi e sviluppandosi insieme con il globo che ha ospitati; ma i miglioramenti fisici avvennero a spese dell’uomo e della natura spirituali interiori. Ad ogni nuova razza, i tre principi mediani della terra e dell’uomo divennero sempre più materiali, dato che l’anima ha fatto un passo indietro per fare posto all’intelletto fisico e l’essenza degli elementi si è trasformata negli elementi grossolani e compositi che conosciamo. (SD I, p. 224-5) VIII.30 Dato che siamo nel periodo manasico del nostro ciclo razziale, ossia nella quinta razza, abbiamo oltrepassato il punto del perfetto adattamento tra lo spirito e la materia, ossia l’equilibrio tra l’intelletto cerebrale e la percezione spirituale. La nostra razza ha quindi passato, come razza radice, la linea equatoriale e sta ciclicamente procedendo sul versante spirituale; ma alcune delle nostre sottorazze si trovano ancora sull’oscuro arco discendente dei loro rispettivi cicli nazionali, mentre altre, le più antiche, avendo attraversato il momento per loro cruciale, quello che decide se una razza, una nazione o una tribù vivranno o periranno, sono, come sottorazze, all’apice del loro sviluppo spirituale. (SD II, p. 300-1) VIII.31 Naturalmente si deve ricordare un altro punto importante. Siamo solo nella quarta ronda ed è nella quinta [ronda] che sarà finalmente raggiunto il pieno sviluppo del manas come raggio diretto del MAHAT universale, un raggio non più ostacolato dalla materia. (SD II, p. 300-1) VIII.32 Ci fu un tempo in cui tutto ciò che attualmente è considerato paranormale, vale a dire la psicocinesi, la chiaroveggenza, le percezioni uditive, ecc., in breve tutto ciò che attualmente viene considerato “meraviglioso e anormale”, era una facoltà propria dei sensi di tutta l’umanità, e anche in modo maggiore. Noi abbiamo, però, dei cicli di progresso e dei cicli di regresso, vale a dire che come, avendo perso della spiritualità, abbiamo guadagnato nello sviluppo fisico fino quasi alla fine della quarta razza, noi (umanità) stiamo attualmente perdendo gradualmente e impercettibilmente sul piano fisico quanto riguadagniamo con una nuova evoluzione spirituale. Questo processo continuerà fino al momento in cui la sesta razza radice sarà giunta a un livello di spiritualità paragonabile a quello della, ormai da lungo tempo estinta, seconda umanità. (SD I, p. 536-7) VIII.33 Quelle persone che, come Confucio e Platone, appartennero psichicamente, mentalmente e spiritualmente a dei piani evolutivi superiori, sono stati, durante la nostra quarta ronda, quello che la gran massa degli uomini sarà nella quinta ronda, degli esseri umani che sono destinata a trovarsi, sul piano evolutivo, immensamente sopra al livello della nostra attuale umanità. Gautama Buddha, la sapienza incarnata, è stato ancora superiore e migliore di coloro che abbiamo menzionato e che sono detti uomini “della quinta ronda”, e quindi il Buddha e Sankaracharya sono allegoricamente definiti uomini “della sesta ronda”. (SD I, p. 162) VIII.34 A ben vedere è comprensibile, in quanto i discepoli, i fratelli e gli adepti non possono essere gente della comune quinta sottorazza: la razza è uno stato evolutivo. (R. Bowen, HST, p. 7) VIII.35 Noi uomini della quarta ronda stiamo già quasi nella seconda metà della quinta razza della nostra umanità della quarta ronda, mentre gli uomini della quinta ronda (i pochi

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dell’avanguardia) sebbene siano solo nella loro prima razza (o meglio classe) ci sono tuttavia immensamente superiori, spiritualmente se non intellettualmente, dato che con il completamento o il pieno sviluppo del quinto principio (l’anima intellettuale) sono arrivati più vicino di noi, più a contatto, al loro sesto principio buddhi. (ML, No. 67) VIII.36 L’umanità della prima razza radice è la stessa umanità della seconda, terza, quarta, quinta, ecc., essa è fino alla fine la reincarnazione ciclica e costante delle monadi appartenenti ai Dhyan Chohan della nostra catena planetaria. (SD II, pn, p. 146)

c) L’evoluzione del manas VIII.37 Nelle forme programmate dai Lha (i Pitri) le due lettere (la Monade, detta anche il "Duplice Drago") discendono dalle sfere dell’attesa. Ma sono come un tetto senza muri né colonne su cui posare. Poiché il " Duplice Drago " non ha alcuna presa sulla mera forma. E’ come una brezza dove non c'è nessun albero o ramo per riceverla e alloggiarla. Non può influire sulla forma là dove non c’è un agente di trasmissione (manas, "mente") e la forma non lo conosce. (SD II, p. 57) VIII.38 Il corpo [della prima razza] era privo di ogni facoltà di comprendere (la mente, l’intelligenza e la volontà). L’essere interiore (il sè superiore o la monade), sebbene fosse dentro la struttura terrena, ne era sconnesso. Il legame, Manas, non c’era ancora. (SD II, p. 164) VIII.39 La “natura”, il potere dell’evoluzione fisica, non avrebbe potuto da sola sviluppare l’intelligenza, essa può solo creare delle forme “prive di sensi”. (SD I, p. 181) VIII.40 Per completare l’uomo settuplice, per allegare ai suoi tre principi inferiori la monade spirituale onde consolidarli, dato che questa non avrebbe mai potuto stare in una tale forma se non che in uno stato completamente latente, erano necessari due principi di raccordo: Manas and Kama. (SD II, p. 79) VIII.41 Fino alla quarta ronda e anche fino all’ultimo periodo della terza razza di questa ronda, intellettualmente l’uomo era ancora solo un animale. E’ solo durante l’attuale ronda, che si trova a metà strada, che egli sviluppa interamente in sè il quarto principio [kama] come veicolo appropriato per il quinto [Manas]. (SD II, p. 161-2) VIII.42 I due principi superiori non possono avere una individualità sulla terra, non possono essere un uomo, se non ci sono (a) la mente, il Manas-Ego, per potersi conoscere, e (b) la falsa personalità terrena, ossia l’insieme di desideri egocentrici e di volontà personale, per consolidare il tutto, come intorno a un perno (e lo è), con la forma fisica umana. Se la monade spirituale di un Newton si incarnasse sulla terra e fosse innestata su quella di un grande santo, nel più perfetto dei corpi immaginabili, cioè in un corpo di due o anche tre principi composto dal suo Sthula Sarira, dal prana (principio della vita) e dal linga sarira, ma se mancasse del suo quinto principio, quello mediano [kama e manas], avreste creato un idiota, al massimo una sia pure bella, inanimata, vuota e inconscia apparizione. (SD II, p. 241-2) VIII.43 Questo uomo divino [la monade] aveva una forma animale, sebbene con un’apparenza esteriore umana, e se in lui c’era l’istinto non vi era però l’autocoscienza per illuminare l’oscurità del quinto principio latente [fino a] quando, spinti dalla legge dell’evoluzione, i Signori della Saggezza hanno infuso in esso la scintilla della coscienza. (SD I, p. 210) VIII.44 Animare la forma animale vuota ed eterea e fare di essa l'uomo razionale è stato il compito della quinta gerarchia. Questo è uno di quei soggetti su cui molto poco può essere detto alla gente comune. (SD I, p. 233)

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VIII.45 L’Adamo di polvere [l’uomo fisico] necessita che venga insufflata in lui l’ ”anima della vita”: i due principi mediani, che sono la vita senziente dell’animale irrazionale [Kama] e l’anima umana [Manas], in quanto la prima è irrazionale senza la seconda. E’ stato solo quando, da un potenziale androgino, l’umanità è divenuta composta da maschi e femmine distinti [durante la terza razza], che essa viene dotata di quest’anima cosciente, razionale e individuale (Manas), “il principio, o l’intelligenza, degli Elohim”, per avere la quale ha dovuto mangiare il frutto della conoscenza dall’albero del bene e del male. Come deve essere per ottenere tutto ciò? La dottrina occulta insegna che mentre la monade è nella fase in cui scende nella materia, questi pitri, i dhyan chohan inferiori, stanno evolvendo pari passu con lei su un piano superiore e più spirituale, scendendo relativamente anche loro nella materia sul loro particolare piano di coscienza; quando, dopo avere raggiunto un certo punto, essi incontrano la monade [spirito] incarnata e senza i sensi, racchiusa nella materia più bassa [la forma fisica], questa unione, avendo congiunto le due potenze, spirito e materia, produce il simbolo terrestre dell’ “Uomo Celeste” nello spazio, l’UOMO PERFETTO. (SD I, p. 247) VIII.46 La terza razza, la razza radice che compì la separazione dei sessi e fu la prima a essere dotata di ragione. (SD II, p. 248) VIII.47 "I figli della saggezza [dhyani], pronti per la rinascita, scesero. Essi avevano visto le forme vili (intellettualmente) della prima terza [razza ancora con le forme di un essere umano non completamente sviluppato]; "noi possiamo scegliere", dissero i signori, "abbiamo la saggezza". [I] Alcuni entrarono nei chhaya [le vuote forme umane] e quelli che entrarono sono diventati Arhats. [II] Alcuni hanno proiettato una scintilla. Dai propri rupa essi hanno riempito il kama. Alcuni [III] hanno rimandato fino alla quarta (razza). Quelle che ricevettero solo una scintilla sono rimaste prive della conoscenza (la superiore). La scintilla ha bruciato adagio. Il terzo [gruppo] è rimasto senza mente. I loro Jiva (monadi) non erano pronti. Essi (divennero) le teste piccine. (Stanza VII, Sloka 24) VIII.48 I figli della sapienza, ossia i dhyani spirituali, avevano già raggiunto, durante dei cicli di incarnazioni precedenti, un livello intellettuale che consentiva loro di diventare delle entità indipendenti e autocoscienti su questo piano della materia. Essi erano “essenze”, “intelligenze” e spiriti consci, delle entità che cercavano di divenire ancora più consce connettendosi con della materia più sviluppata. I loro “Ego”, o manas (dato che essi sono detti i manasaputra, nati da “Mahat”, o Brahma), dovevano passare attraverso le esperienze dell’umanità terrestre per diventare completamente saggi ed essere in grado di partire per il prossimo nuovo ciclo ascendente. Quindi, quelle [forme umane] che erano “pronte a metà”, che avevano ricevuto “solo una scintilla” , costituiscono la normale umanità che deve acquisire la propria intellettualità durante la presente evoluzione manvantarica. Mentre quelle che “non erano pronte” del tutto, le monadi più recenti, che si erano appena evolute dalle loro inferiori passate forme di transizione animali, che rimasero i “cervellini” della Stanza. Questo spiega l’esistenza, altrimenti inspiegabile, dei diversi gradi di attitudine alla intellettualità che ci sono anche ora tra le varie razze degli uomini, dal boscimano selvaggio all’europeo. Certe tribù selvagge, le cui capacità di ragionare sono di poco superiori a quelle degli animali, non ne sono prive senza una ragione, o per sfortuna, come molti potrebbero pensare: nulla del genere. Esse sono semplicemente composte da questi nuovi arrivi fra le monadi umane, che non sono ancora pronti: che devono ancora evolvere nel corso di questa attuale ronda. (SD II, p. 167-8) VIII.49 I figli di MAHAT sono gli stimolatori della macchina umana. Essi sono le acque cadute sul suolo arido della vita nascosta e le scintille che vivificano l'animale umano. Essi sono i signori della eterna vita spirituale. (SD II, p. 103) VIII.50 Ciò che fa procedere e impone l’evoluzione, vale a dire che spinge l’UOMO a crescere e a tendere verso la perfezione sono (a) la MONADE, ossia ciò che agisce inconsciamente in lui tramite una forza inerente in sé stessa e (b) il corpo astrale inferiore o il SE’ personale. La monade è onnipotente sul piano arupa, ossia l’informale, ma sul nostro piano, essendo la sua essenza troppo

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pura, da sola rimarrebbe solo virtuale. Se il Sè superiore o EGO non gravita verso il proprio sole, verso la monade, l’ego inferiore o sé personale avrà sempre la meglio. (SD II, p. 109-110) VIII.51 Il corpo segue i capricci, buoni o cattivi, del manas; il manas cerca di seguire la luce di buddhi, ma sovente fallisce. (SD I, p. 245) VIII.52 L'astrale tramite kama (il desiderio) attira continuamente in basso manas, nella sfera delle passioni e dei desideri materiali. Ma se la parte migliore dell’uomo o del manas prova a sfuggire a questa attrazione irresistibile e rivolge le sue aspirazioni ad atma, lo spirito, allora buddhi prende il sopravvento e porta manas con sè nel regno dello spirito eterno. (SD I, p. 244-5) VIII.53 L'Ego Spirituale [buddhi-manas], si reincarna eternamente sotto l'influenza del suoi sè personali inferiori, modificandosi ad ogni rinascita, pieno di tanha o desiderio di vivere. A meno che l'ego non prenda rifugio nell'Atman, lo SPIRITO ASSOLUTO, e non si combini completamente con la sua essenza, l'ego personale può condurlo a una brutta fine. Questo non può essere interamente compreso a meno che lo studente non si familiarizzi con il mistero dell’evoluzione, che procede su una triplice linea: spirituale, psichica e fisica. (SD II, p. 109) VIII.54 Solo l’atman anima l'uomo interiore, cioè, lo illumina con il raggio della vita divina ed è l’unico in grado di comunicare all'uomo interiore, ossia all’Ego che si reincarna, la sua immortalità. Così, come vedremo, per le prime tre razze radice e mezza, fino al punto di mezzo o di svolta, sono le ombre astrali dei "progenitori", i Pitri lunari, che sono i poteri formativi delle razze e che costruiscono e gradualmente inducono l’evoluzione delle forme fisiche verso la perfezione, al prezzo di una proporzionata perdita di spiritualità. Poi, dopo il punto di svolta, è l'Ego superiore, o il principio che si reincarna, il nous ossia la mente, che governa l'ego animale e lo guida, a meno che non sia degradato da quest’ultimo. In breve, dopo la svolta la spiritualità è nel suo momento ascendente e l'animalità o il fisico gli impediscono di progredire costantemente sul percorso della sua evoluzione solo se l'egoismo della personalità ha infettato con il suo virus letale il vero uomo interiore, in modo tale che l'attrazione verso l'alto abbia perso tutto il suo potere sul ragionevole uomo pensante. In verità, in questo momento della nostra umana evoluzione, il vizio e la malvagità sono una manifestazione anomala e innaturale, o almeno dovrebbero esserlo. Il fatto che l'umanità non sia mai stata in balia dell’egoismo e del vizio più di quanto lo è ora, dato che le nazioni civilizzate sono riuscite a fare del primo una caratteristica etica e del secondo un'arte, è una prova ulteriore della natura eccezionale del fenomeno. (SD II, p. 110) VIII.55 L’uomo, essendo un composto delle essenze di tutte le gerarchie celestiali, può così riuscire a rendersi superiore, in un certo senso, a qualsiasi gerarchia o classe o anche a una loro combinazione. Paralizzando la propria personalità inferiore, e ottenendo quindi la piena consapevolezza della non separazione del proprio SE’ superiore dall’unico SE’ assoluto, l’uomo può, anche durante la sua vita terrestre, diventare come "uno di noi". E’ così, mangiando il frutto della conoscenza, l’uomo disperde l’ignoranza e diventa come uno degli elohim o dei dhyani; e appena è sul loro piano lo spirito di solidarietà e di perfetta armonia, che regna in ogni gerarchia, si diffonde su di lui e lo protegge in ogni frangente. (SD I, p. 276)

d) Una evoluzione senza fine VIII.56 Gli “Spiriti Lunari” dovettero diventare “uomini” affinchè le loro “monadi” potessero raggiungere un piano superiore di attività e autocoscienza, vale a dire il piano dei manasaputra, coloro che durante l’ultima parte della terza razza radice dotarono della “mente” i gusci “privi di sensi” creati e ispirati dai pitri. Allo stesso modo le “monadi”, o gli Ego degli uomini della settima ronda della nostra terra, dopo i nostri globi A, B, C, D, ecc., rinunciando alla propria energia vitale ispireranno e quindi chiameranno alla vita degli altri “centri laya” destinati a vivere e agire su piani di essere ancora

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superiori e allo stesso modo degli “antenati” terrestri creeranno quelli che diventeranno i loro superiori. (SD I, p. 180-1) VIII.57 Comunemente si dice che un uomo raggiunge il nirvana quando evolve fino a divenire un dhyan chohan. La condizione di dhyan chohan verrà raggiunta, secondo il corso comune della natura, dopo il completamento della settima ronda della attuale catena planetaria. Dopo essere diventato un dhyan chohan un uomo, secondo la legge di natura, non si incarnerà in una delle altre catene planetarie di questo sistema solare. L’intero sistema solare sarà la sua casa. Egli continuerà ad adempiere ai propri compiti nel governo di questo sistema solare fino al momento del pralaya solare, allorché la sua monade, dopo un periodo di riposo dovrà adombrare, in un altro sistema solare un particolare essere umano durante le sue successive incarnazioni e congiungersi ai suoi principi più elevati quando questi diventerà a sua volta un dhyan chohan. C’è un progressivo sviluppo spirituale negli innumerevoli sistemi solari del cosmo infinito. Fino al momento del pralaya cosmico la monade continuerà ad agire nel modo prima indicato ed è solo durante l’inconcepibile periodo del sonno cosmico, che seguirà l’attuale periodo di attività, che la condizione più elevata di nirvana sarà realizzata. (CW 6, p. 248-9)

VIII.58 La dottrina segreta afferma che i dhyani buddha dei due gruppi più elevati, vale a dire gli “Osservatori” o gli “Architetti”, fornirono i sovrani divini e i condottieri delle numerose e varie razze. I secondi insegnarono agli uomini le loro arti e le scienze e i primi rivelarono alle monadi incarnate che si erano appena liberate dei loro veicoli dei regni inferiori, e avevano perso ogni ricordo delle loro origini divine, le grandi verità spirituali dei mondi trascendenti. Quindi, come espresso dalla stanza, gli osservatori discesero sulla terra e regnarono sugli uomini, “che sono essi stessi”. I re sovrani hanno ultimato il loro ciclo sulla terra e sugli altri mondi nelle ronde precedenti. Nei manvantara futuri essi saranno elevati a dei sistemi superiori al nostro mondo planetario, e saranno gli eletti della nostra umanità, i pionieri sulla dura e difficile via del progresso, che prenderanno il posto dei loro predecessori. Il prossimo grande manvantara mostrerà degli uomini del nostro ciclo di vita divenuti gli istruttori e le guide di una umanità le cui monadi attualmente possono ancora essere imprigionate, semi consce, nel regno più cerebralmente avanzato tra quelli animali, e i cui principi inferiori, forse, sono i rappresentanti superiori del mondo vegetale. (SD I, p. 267).