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Un percorso attraverso gli Arcani Maggiori a partire dalla carta del Mondo, con collegamenti ai miti e con una particolare attenzione ai Tarocchi, come linguaggio simbolico.
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DA CASA TUA
CORSO ONLINE SUI TAROCCHI DI
MARSIGLIA
GLI ARCANI MAGGIORI
A cura di Campanini Nadia e Giachino Fiorella
Strizza l’occhio ai Tarocchi da casa tua. Corso Online di Lettura dei Tarocchi
Centro Benessere dell‟Amore www.centrobenesseredellamore.com [email protected]
Pag. 2
Sommario
VIDEO: IL MATTO ......................................................................................................................... 4
IN UNA LETTURA................................................................................................................................15
IL MATTO E IL MONDO .......................................................................................................................16
QUANDO IL MATTO E IL MONDO ESCONO CON LE ALTRE CARTE ..........................................................17
ALLEGATI...........................................................................................................................................18
I TAROCCHI…UN VIAGGIO ARCHETIPICO..............................................................................................18
Liberamente tratto e tradotto da "The Mythic Tarot" di Juliet Sharman- Burke e Liz
Greene............................................................................................................................................20
IL VIAGGIO DEL MATTO NE LIBRO PSYCHIC JUNIALAS ‘TAROT ...............................................................21
IL MATTO A MODO MIO… ..................................................................................................................23
I TAROCCHI E LA MUSICA: IL MATTO ...................................................................................................25
L’UROBORO .......................................................................................................................................27
I MITI CHE CURANO ...........................................................................................................................28
IL PRINCIPIO DIONISIACO ...................................................................................................................28
QUESTO E’ IL VIAGGIO DEL MATTO/DIONISO.......................................................................................30
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Pag. 3
II LEZIONE
IL MATTO
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Pag. 4
Per prima cosa osservate molto bene l‟immagine e annotate tutto ciò che
vedete…figure, colori, impressioni.
Osservate attentamente il video annotando emozioni, riflessioni, domande,
spunti…
VIDEO: IL MATTO Clicca qui
Il Matto è in una condizione unica all’interno degli Arcani Maggiori,
non avendo alcun numero identificativo. E‟ unito in un certo senso
all‟Arcano senza Nome perchè a sua volta è l‟unico Arcano a non avere un
nome… In alcuni casi è associato al numero 0 dove lo zero è ciò che precede
l‟Uno, l‟inizio. Come zero è anche associato al simbolo dell‟UROBORO.
Rappresenta l‟energia originaria senza limiti, la libertà totale, la follia, il
disordine, il caos originario da cui nascerà l‟impulso creatore.
L’energia del Matto è rappresentata simbolicamente dal movimento del
personaggio presente nella carta, un eterno viaggiatore senza legami e
vincoli. E‟ il solo personaggio all‟interno dei Tarocchi che esprime chiaramente
la direzione verso cui si muove. Se consideriamo altri Arcani che potrebbero
sembrare nell‟atto di muoversi come L‟Eremita e L‟Arcano senza nome
possiamo notare come nel primo caso il bastone su cui si regge il personaggio
è perfettamente perpendicolare al terreno, escludendo totalmente la resa
grafica del movimento. Questa staticità è anche confermata dalla mancanza di
spacchi nella tunica e dalla conseguente completa assenza di movimento
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dell‟Eremita. Per quanto riguarda L‟Arcano senza nome, l‟uso della falce
prevede una posizione ferma con i piedi radicati al terreno ed una rotazione del
busto che accompagna il movimento della falce.
Anche nel caso dell‟Arcano XIII è quindi escluso il movimento in una direzione.
Il Matto avanza verso destra suggerendo che simbolicamente il
progresso procede in quella direzione. Il suo sguardo punta verso l‟alto a
rappresentare la spiritualità del suo cammino e forse per indicare l‟importanza
del cielo e degli astri.
Il Matto è anche la chiave temporale dei Tarocchi. Il suo movimento in
avanti ci offre un messaggio preciso di movimento non solo nello
spazio ma anche nel tempo. In conseguenza di questa indicazione, in
una lettura fatta con tre carte la carta centrale rappresenterà il
Presente, quella a sinistra Il Passato e quella a destra Il Futuro.
Introduciamo qui una piccola chiave di LETTURA che corrispode alla Legge degli
Sguardi. Se lo sguardo del personaggio è volto a sinistra è indirizzato al
passato, mentre se è volto a destra è orientato verso il futuro. Quando il
personaggio osserva dinanzi a sé la Legge non viene applicata. Il contenuto
dello sguardo sarà rappresentato da quanto raffigurato dalla carta accanto, che
indica l‟oggetto con riferimento alla domanda posta dal consultante. Quando lo
sguardo cade nel vuoto in base a questa Legge sarebbe utile estrarre
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un‟ulteriore carta a completare la frase. Per alcuni studiosi Il Matto è il
pellegrino, l‟anima che nella conoscenza di se stesso viene in contatto con i
molteplici aspetti del sé, rappresentati dagli Arcani Maggiori in sequenza dall‟I
(Il Mago) al XXI (Il Mondo). Infatti Il Matto cammina su un terreno azzuro ad
indicare che il suo cammino è di tipo spirituale evolutivo.
Leggi gli articoli qui allegati, clicca sui link:
I TAROCCHI…UN VIAGGIO ARCHETIPICO
IL VIAGGIO DEL MATTO NE LIBRO PSYCHIC JUNIALAS „TAROT
IL MATTO A MODO MIO…
I TAROCCHI E LA MUSICA: IL MATTO
Il personaggio rappresentato nella carta oltre che un viaggiatore può
rappresentare un Buffone di corte, che nel MedioEvo era l‟unico personaggio
che poteva permettersi di dire tutto al re, anche le più folli verità. In molti casi
veniva considerato incapace d‟intendere e di volere e di conseguenza godeva
dell‟impunità.
LEGGI i due spunti seguenti ed annota le tue riflessioni
Re Lear giunto alle soglie della vecchiaia, decide di dividere il regno tra le sue
tre figlie, ma chiede prima che loro gli testimonino il loro affetto. Mentre le
figlie maggiori lo fanno con grande abbondanza di profferte, la più piccola
Cordelia, gli risponde di amarlo quanto il suo dovere di figlia comporta. Lear,
offeso, prima cerca di convincerla poi la caccia dal regno, che resta in mano
alle due sorelle, mentre Cordelia si rifugia in Francia dove andrà in sposa al re.
Lear viene privato di ogni suo potere dalle due figlie fino a quando queste gli
vietano di tenere con sé il suo seguito di 100 cavalieri. Il vecchio re fugge per
la brughiera impazzito di dolore e accompagnato solo dal suo vecchio e fedele
buffone di corte. Cordelia va in
ricerca del padre, lo ritrova e lo soccorre, ma il suo esercito viene sconfitto e
lei stessa viene uccisa mentre Re Lear muore di dolore sul suo cadavere.
Re Lear erra per la brughiera impazzito di RABBIA e di dolore.
Dietro alla sua rabbia c‟è il dolore intollerabile del tradimento e dell‟abbandono
da parte delle proprie figlie, le persone di cui si è fidato maggiormente, ma
soprattutto c‟è lo stupore attonito e senza parole della perdita più grossa che si
vive nei momenti di grande cambiamento, la perdita dell‟idea di sé, il non
ritrovare più chi eravamo e il non sapere ancora chi siamo. Un re anche se
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vecchio, può parlare, essere ascoltato, dare ordini, ricevere consigli…Ma un
vecchio re senza seguito, regno e potere, senza testimonianze del suo passato
è solo un vecchio che erra impazzito per la brughiera. L‟unica identità che gli
resta è quella del folle.
“Mi dai del folle, pazzo?” chiede al buffone nel mezzo della tempesta, in cerca
di una risposta che gli restituisca un‟identità.
“Tutti gli altri titoli li hai gettati via” gli risponde saggiamente l‟altro, il presunto
pazzo. “Ti resta quello col quale sei nato!”
La rabbia di Lear diventa furore…è quello che proviamo ogni volta che ci siamo
allenati nel corso della vita a usare gli altri come uno specchio che ci rimandi la
nostra immagine, ma non ne abbiamo coltivata una nostra interna, che le
corrisponda. Ad un certo punto ci accorgiamo che questi altri non ci sono più e
con loro se ne è andata anche la nostra immagine.
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Alda Merini – Spazio
Spazio spazio, io voglio, tanto spazio
per dolcissima muovermi ferita:
voglio spazio per cantare crescere
errare e saltare il fosso
della divina sapienza.
Spazio datemi spazio
ch‟io lanci un urlo inumano,
quell‟urlo di silenzio negli anni
che ho toccato con mano.
(Da "Vuoto d'amore" - Giulio Einaudi
Editore , Torino, 1991)
Nella carta dell‟Arcano compaiono due
bastoni, uno azzurro che Il Matto tiene sulle spalle con appeso un fagotto rosa
carne, l‟altro rosso che è il bastone simile a quello che accompagna i pellegrini
in cammino.
Al bastone azzurro è appeso il fardello rosa carne
(legato all‟esperienza umana) che si apre
all‟esterno mostrando un interno giallo e
illuminato. Contiene la luce della coscienza, ciò
che è essenziale. Il
bastone è azzurro per sottolineare che il
contenuto del fagotto e il viaggio del Matto
avvengono in un ambito più spirituale che
materiale. Nella mano sinistra che tiene il bastone
compare per la prima volta una piccola fogliolina
verde simbolo dell‟eternità.
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Provate a curiosare negli altri Arcani se riuscite a rintracciare la stessa
fogliolina e provate a supporre cosa unisce queste carte tra di loro.
L‟altro bastone, rosso lo ritroviamo nella carta dell‟Eremita e questo elemento
in comune ci dice che i due arcani hanno qualcosa da raccontarsi. Mentre Il
Matto è rappresentato da un giovane L‟Eremita è un uomo anziano,
apparentemente immobile, che sta cercando di fare luce dietro di lui. Potrebbe
essere il maestro che aspetta il discepolo (Il Matto).
Quella del Matto è la situazione di chi ha terminato un ciclo della vita,
senza tuttavia averne iniziato uno nuovo. E’ l’archetipo del viaggiatore
che attraversa la terra di nessuno, non è più nella sua città d’origine
ma non ha ancora una direzione precisa verso cui dirigersi. Abita in un
luogo senza sovrano e senza leggi, in un labirinto di strade e di possibili
percorsi.
La sua situazione è una situazione di estrema libertà e vulnerabilità, ha
lasciato alle spalle tutte le certezze, le abitudini e i vecchi legami e si mette
nella condizione di sentirsi una cosa sola con l‟infinito, infinito che può essere
percepito come vuoto, come morte, con il senso di perdita e distruzione che
spesso precede una rinascita.
E‟ una condizione in cui difficilmente ci si pone perché il vuoto spaventa e si
preferiamo permanere nel disagio di una situazione complessa e difficile
piuttosto di ascoltare il suono dei campanelli del Matto anche solo per un
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istante. Allora si aspetta che passi una zattera, una qualsiasi zattera per
passare da una situazione ad un‟altra senza calzare le scarpe del matto e
senza porsi il problema della qualità della nuova situazione.
Il violinista pazzo di Fernando Pessoa
Non fluì dalla strada del nord
né dalla via del sud
la sua musica selvaggia per la prima volta nel villaggio quel giorno.
Egli apparve all'improvviso nel sentiero,
tutti uscirono ad ascoltarlo, all'improvviso se ne andò, e invano sperarono di rivederlo.
La sua strana musica infuse
in ogni cuore un desiderio di libertà. Non era una melodia,
e neppure una non melodia.
In un luogo molto lontano, in un luogo assai remoto, costretti a vivere, essi
sentirono una risposta a questo suono.
Risposta a quel desiderio che ognuno ha nel proprio seno,
il senso perduto che appartiene alla ricerca dimenticata.
La sposa felice capì d'essere malmaritata,
L'appassionato e contento amante si stancò di amare ancora,
la fanciulla e il ragazzo furono felici
d'aver solo sognato, i cuori solitari che erano tristi
si sentirono meno soli in qualche luogo. In ogni anima sbocciava il fiore
che al tatto lascia polvere senza terra, la prima ora dell'anima gemella,
quella parte che ci completa,
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l'ombra che viene a benedire
dalle inespresse profondità lambite la luminosa inquietudine
migliore del riposo.
Così come venne andò via. Lo sentirono come un mezzo-essere.
Poi, dolcemente, si confuse con il silenzio e il ricordo.
Il sonno lasciò di nuovo il loro riso, morì la loro estatica speranza,
e poco dopo dimenticarono che era passato.
Tuttavia, quando la tristezza di vivere,
poiché la vita non è voluta, ritorna nell'ora dei sogni, col senso della sua freddezza,
improvvisamente ciascuno ricorda –
risplendente come la luna nuova dove il sogno-vita diventa cenere –
la melodia del violinista pazzo.
A volte invece può succedere
che un evento esterno o un
attimo di lucidità e
consapevolezza ci diano quella
spinta verso l‟apparente abisso
e come Alice nella tana del
coniglio ci troviamo a precipitare
nel vuoto. In quella condizione
assaporiamo la vertigine della
libertà da regole e
condizionamenti ed abbiamo la
possibilità di decidere
veramente una direzione per la
nostra ritrovata energia vitale. Il rischio è di non farcela a scegliere e di
rimanere col bastone puntato nel terreno a rigirarsi su noi stessi, persi in
quell‟euforia senza obiettivi.
Vi siete mai sentiti così, quale era la situazione e come si è evoluta?
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Pag. 12
Nella carte del Matto compare un animale, un cane…Gli animali nei Tarocchi
perdono la loro funzione oggettiva per diventare “Animali spirituali”, il loro
colore è azzurro e assumono valenze simboliche
importanti.
Nei Tarocchi di Marsiglia il cane appoggia le
zampe alla base della colonna vertebrale,
all‟altezza del perineo dove secondo il pensiero
induista si concentrano le forze della Terra.
Secondo questa interpretazione il cane
rappresenta l’io infantile domato, ha
raggiunto la maturità necessaria per
seguire Il Matto senza imporre il suo
capriccio ed è diventato recettivo.
Lo stimolo del cane è quello che spinge a
proseguire il cammino e a non fermarsi ruotando
su se stessi, nel caso del Matto il bastone
diventerebbe un perno attorno cui perdersi.
In altri mazzi il cane morde la coscia del Matto e
la ferita rimane aperta, rinnovandosi continuamente e spingendolo ad andare
continuamente avanti per trovare la via della guarigione.
La ferita del Matto, inferta dal cane, viene associata alla ferita del Re
Pescatore
( Mentre vaga in cerca di avventure, un giorno Parceval -o, se si preferisce,
Parsifal - si imbatte in un singolare personaggio. E' il Re Pescatore: ferito
all'inguine, privato della sua virilità, tormentato da dolori che non gli danno
tregua, ha come unico svago la pesca. Come re, è per ciò stesso un simbolo di
fertilità, ma il suo regno è condannato a essere sterile finché dura la sua
menomazione...”) o alla ferita di Filottete.
(Famoso arciere originario della penisola di Magnesia,che possedeva le frecce e
l'arco di Eracle, donate a lui dall'eroe che voleva ringraziare in tal modo per
aver appiccato il fuoco al rogo dell'Eta. Filottete non giunse a Troia con gli altri
capi: durante lo scalo a Tenedo, fu morso al piede da un serpente nel corso di
un sacrificio (la tradizione vuole per punizione di un giuramento violato fatto
allo stesso Eracle). Altri sostengono invece che fu ferito sempre al piede da una
delle letali frecce di Eracle (imbevute del sangue dell'Idra). La ferita diventò
ben presto così infetta da emanare un puzzo insopportabile, e Ulisse non fece
alcuna fatica a convincere gli altri capi ad abbandonare il ferito a Lemno,
allorché la flotta passò vicina a questa isola.
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Pag. 13
Filottete rimase per dieci anni su quell'isola allora deserta, e vi sopravvisse
uccidendo uccelli con le frecce d'Eracle. Frattanto davanti a Troia i Greci
catturarono l'indovino Eleno, e seppero da quest'ult imo che la città non
sarebbe mai caduta se Neottolemo ed il possessore dell'arco e delle frecce di
Eracle (cioè Filottete) non fossero venuti a combattere in mezzo a loro.
Ulisse partì dunque in ambasciata verso Lemno, accompagnato da Neottolemo
e Diomede e convinse Filottete ad unirsi a loro promettendogli la cura dei figli
d'Asclepio, i medici delle schiere greche. Si racconta infatti che una volta
giunto a Troia Filottete fu curato da Macaone. Di questa cura si raccontava che
Apollo avesse fatto cadere Filottete in un sonno assai profondo, mentre
Macaone sondata la ferita e tolte via col coltello le carni morte e lavata la piaga
con vino vi applicasse una pianta, la segreta medicina che Asclepio aveva
ricevuto dal centauro Chirone. Così Filottete è il primo esempio di
un'operazione chirurgica sotto anestesia.)
Il Matto è il fanciullo eterno, con l‟inquietudine che agita chi deve cercare
continuamente la sua strada e che caratterizza
Chi non riesce a stabilizzarsi emotivamente
Chi non riesce a riconoscersi in un ruolo sociale
Chi non ha senso di appartenenza a una famiglia, a una nazione, ad un
tempo o civiltà definiti
Chi ha in sé il seme del rinnovamento
È come un neonato che vede un Oceano di colori odori suoni, tutti confusi tra
loro. Molte strade possono essere percorse, ma deve ancora essere stabilito,
nel suo modo nuovo di vedere le cose, …cosa sta in alto e cosa sta in basso,
cosa è giusto e cosa è sbagliato. Ha la necessità di bruciare e dissolvere le
forme pensiero, cercando una via d‟uscita dall‟ordine nel quale era immerso. E‟
il Puer aeternus che con la sua inquietudine ci spinge a cercare continuamente
e a sottrarci ad ogni ordine.
Il Matto ci spinge a guardare il mondo sempre con occhi nuovi di chi
cerca la verità, ma è un personaggio che porta con sé anche il rischio
di viaggiare senza trovare mai un porto sicuro in cui fermarsi. Sul piano
sentimentale Il matto spinge all‟incostanza e a avere difficoltà nel fermarsi su
un uomo o donna in particolare. Può anche essere una figura tragica perché
può arrivare a consumare tutta la sua energia, la sua ricchezza grazie alla sua
insofferenza e alla sua difficoltà di adeguarsi a qualsiasi situazione che abbia
una forma definita.
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Pag. 14
C‟è chi sostiene che alla radice della nascita dell‟Universo ci sia una vibrazione,
un suono, un Verbo e Il Matto è anche Musica; il suo abito è cosparso di
campanellini ed il suo arrivo è annunciato dal loro tintinnare. Il movimento del
Matto è dal Caos verso la creazione di una nuova realtà.
Nella cintura gialla collegata come colore al
mentale, è presente un monito a non perdersi
nella Terra di Nessuno e di trovare e di puntare ad
un obiettivo. Sono evidenti 4 campanelli gialli
collegati ai 4 simboli della carta del Mondo con
annessi tutti i significati.
Guardiamo ora il vestito…i colori verde e rosso ci indicano che in questo
personaggio sono presenti sia la vita animale che quella vegetale; le maniche
e il cane azzurro suggeriscono il movente della sua azione che è spirituale,
supportato dall‟intelligenza espressa dal cappello e dalla cintura gialli.
Sul cappello sono presenti due lune, il simbolo della luna lo troveremo ripetuto
in diversi arcani. In questo caso sono di due colori diversi, una gialla rivolta
verso il cielo con atteggiamento di totale recezione e una rossa volta verso il
basso, simbolo di azione totale.
In quali altri Arcani Maggiori è presente la luna come simbolo?
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Pag. 15
IN UNA LETTURA
Il Matto rappresenta lo stato che precede un inizio, si sta per entrare
in una nuova situazione, in una nuova fase della vita, sorpresi, ingenui
senza aspettative e a volte senza conoscenze adeguate. Rappresenta
l‟impulso verso l‟ignoto ed il conflitto con l‟istinto di sopravvivenza legato alla
situazione precedente e con la paura di lasciar andare anche le più piccole
apparenti sicurezze. Il Matto sta all‟inizio del Nulla, con lo stupore con cui,
secondo Platone, comincia ogni nuova conoscenza. Il viaggio più importante
che dovrà affrontare sarà quello che, attravero la conoscenza della realtà, lo
riporterà al punto di portenza, alle porte del sé. Per questo viaggio, difficile,
lungo, faticoso non esistono scorciatoie.
Nella vita professionale indicherà un cambiamento attraverso una nuova
creatività più o meno accompagnata da una distruzione di qualcosa di
preesistente. Non è una carta che rappresenta un reale pericolo ma ci
suggerisce che le idee di sicurezza e
benessere non sempre sono quelle
vincenti e che a volte esistono strade
vissute come salti nel vuoto che aprono
sentieri di serenità e vera realizzazione.
Nei rapporti personali è una carta che
può indicare un fluire spontaneo di
emozioni, un‟apertura di cuore e una
grande solarità o in certi casi una
mancanza di responsabilità e una folle
spensieratezza a tratti inaffidabile.
Rappresenta una disponibilità ed
un’apertura all’altro senza
pregiudizi, l‟inizio di un nuovo
rapporto o il rinnovarsi di quello
preesistente con suoni e colori nuovi.
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Pag. 16
IL MATTO E IL MONDO
Il Matto, l’energia creativa senza limiti e direzioni trova il suo
obiettivo, scorge l‟ovale del Mondo che si offre e trova il suo orientamento con
i quattro elementi che sono anche punti cardinali. La donna che danza al centro
è pronta ad accogliere Il matto. E‟ l‟energia di una situazione, di un
cambiamento che punta verso la sua realizzazione; la strada intrapresa è
quella giusta.
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Pag. 17
Se invertiamo le carte e osserviamo le immagini che parlano da sole, vediamo
Il Matto che si allontana dal Mondo. Questa carta che prima rappresentava una
realizzazione…adesso diventa simbolo di una chiusura, di un inizio difficile. La
donna guarda verso un passato vuoto e non ha futuro, Il Matto sta
scappando da una difficoltà, da una situazione che non gli piace.
In una relazione può rappresentare da una parte un legame con un passato
pesante che impedisce il vero sbocciare della relazione e dall‟altra il fuggire da
questa relazione e il cercare nuove strade. Nell‟insieme potrebbe anche
raccontare l‟inizio difficile di una relazione in cui per qualche motivo l‟uomo si
sente non pronto o inadeguato, relazione che potrebbe comunque trovare una
sua strada e invertire la tendenza espressa dalle carte.
QUANDO IL MATTO E IL MONDO ESCONO CON LE ALTRE
CARTE
Il Matto esprimendo chiaramente la direzione verso cui si muove ci dice in base
alla sua posizione se sta arrivando e portando energia o si sta
allontanando e quindi togliendo energia alla situazione. Non ha
collegamenti a figure particolari, quindi per sapere chi toglie o porta energia
sarà necessario estrarre un ulteriore carta da associare al Matto.
Il Mondo rappresenta la totalità
degli Arcani, la realizzazione
di ciò che è espresso dalle
altre carte. Se compare alla
fine della stesa o comunque
dopo le carte indicanti l‟evento
è una carta dalle connotazioni
altamente positive. Se esce
prima delle altre carte
rappresenta la realizzazione di
un evento senza che la
persona sia pronta ad esso o
può rappresentare un ostacolo,
una difficoltà, una chiusura che rende difficile la realizzazione dell‟evento.
Trova immagini, poesie, racconti, canzoni che ti evochino l‟energia del Matto.
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Pag. 18
ALLEGATI
I TAROCCHI…UN VIAGGIO ARCHETIPICO
Gli arcani maggiori ritraggono le diverse tappe di un viaggio. Questo stesso
viaggio ritorna in molti miti, leggende, favole e scritti religiosi. E' il viaggio
della vita che tutti gli esseri umani devono compiere, dalla nascita attraverso
l'infanzia sotto il potere e l'influenza dei genitori, attraverso l'adolescenza con i
suoi amori, conflitti e ribellioni, attraverso la maturità con i suoi rapporti
sociale e con le sue sfide etiche e morali, attraverso crisi e sconfitte,
disperazioni e trasformazione e il risveglio di una nuova speranza, verso
un'eventuale vittoria ed il raggiungimento di un traguardo che a sua volta
riconduce ad un altro ulteriore viaggio. Questo non è solo un ciclo dal punto di
vista temporale, ma un ciclo che avviene diverse volte nel contesto di una
stessa vita, perchè ogni cosa che ci capita ha un inizio, una metà ed una fine.
Così il viaggio rappresentato dagli Arcani Maggiori è un viaggio archetipico, nel
senso che i dettagli di una qualsiasi vita possono essere lunghi o corti, banali o
drammatici, cattivi o buoni...tutti dobbiamo passare attraverso certi passaggi
psicologici. Siamo stati tutti bambini e tutti abbiamo avuto genitori e tutti noi
abbiamo una parte che è rimasta bambina e che è sempre pronta a
ricominciare. Noi tutti abbiamo vissuto fallimenti e vittorie, grandi o piccole e
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Pag. 19
tutti noi cresciamo, sebbene qualche volta involontariamente. Così il viaggio
archetipico della vita, che è realmente un viaggio interiore e procede su molti
livelli diversi, può essere riscoperto in molte opere della creatività, nel corso
dei millenni. Cambiamenti interni conducono a eventi esterni e eventi esterni
producono mutamenti interiori. E' tuttavia spesso complicato stabilire chi abbia
causato cosa... se un rapporto d'amore abbia portato un aumento di creatività
e nuove ispirazioni o piuttosto nuove ispirazioni e un modo più creativo di
vedere la vita ci abbiano messo nella condizione di innamorarci. Perciò le
immagini degli arcani maggiori descrivono sia uno stato interiore dell'individuo
in un momento particolare della sua vita sia il genere di esperienze che
incontrerà più probabilmente nel mondo esterno. Interno ed esterno viaggiano
insieme perchè l'individuo è alla base di entrambi. Jung una volta scrisse che la
vita della persona è la caratteristica della persona. La divinazione e una visione
psicologica vanno ma non nella mano con le immagini delle carte perchè cosa
sta succedendo fuori di noi è collegato a cosa sta succedendo dentro di noi. Il
segreto per cui verrà scelta una carta particolare come se "per caso" fosse
strettamente collegata non solo alla condizione psicologica del richiedente ma
anche alle circostanze in cui sta vivendo non è spiegabile in termini di
ordinaria casualità. Per questo motivo molte persone sono intimorite dai
Tarocchi e pensano che siano magici. Ma essi non lo sono più di quanto lo sia
la psiche umana, che contiene profondità che poco conosciamo e che sembrano
essere connesse col mondo esterno attraverso collegamenti di senso. In altre
parole , comprendendo il significato intrinseco di una particolare esperienza-
Cosa ha a che fare questa esperienza con me?-possono aiutarci a connetterci
meglio con essa e a trovare risposte più ricche e più creative, non fermandosi a
una predizione di buona o cattiva sorte. Noi possiamo trovare tracce del nostro
carattere in ogni cosa che ci succede. In realtà il viaggio degli Arcani è il
viaggio del Matto che è il primo dei 22 Arcani. Noi seguiamo il Matto e, in un
certo profondo senso noi siamo anche Il Matto, nel momento che esce
dall'oscurità del grembo materno e si avventura in un mondo ancora
sconosciuto. Incontriamo la fondamentale esperienza dell'infanzia-i reali
genitori e quelli interni dello spirito e dell'immaginazione-nelle carte sono
rappresentati dal Mago, dall'Imperatore e l'Imperatrice, dal Papa e dalla
Papessa. Noi viviamo i conflitti e le passioni dell'adolescenza nelle carte
dell'Innamorato e del Carro, le prove concrete e le sfide morali della vita nella
Giustizia, Temperanza, Forza e nell'Eremita. Passiamo attraverso crisi, cadute
e improvvisi capovolgimenti del destino rappresentati dalla Ruota della Fortuna
e soffriamo la solitudine, l'assenza d'aiuti e la disperazione dell'Appeso e della
Morte. Seguiamo il Matto nel confronto con se stesso come segreto architetto
del suo destino nel Diavolo e nella Torre. Da quest'oscurità nasce la speranza
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Pag. 20
dalla Stella, dalla Luna e dal Sole; e la vittoria sull'oscurità e la riconciliazione
con la vita con il Giudizio e il Mondo.
Le immagini degli Arcani Maggiori sono simboli antichi ed evocativi delle
esperienze di vita degli esseri umani. Simboli come questi apportano dignità
alla vita, perchè ci rivelano che altri sono stati qui prima di noi , hanno fatto il
loro viaggio, si sono evoluti ed arricchiti spiritualmente. Tutte le carte hanno
significati ambivalenti e possono suggerire aspetti più positivi o negativi delle
varie esperienze, ma nessuna delle carte è del tutto positiva o negativa,
sebbene ce ne siano alcune che portano esperienze più facili di altre in termini
di qualità. Questo avviene perchè noi non usiamo il metodo delle carte
capovolte (che le interpreta in modo positivo se sono0 diritte e negativo se
sono capovolte). Questo metodo è relativamente moderno e, secondo me, può
confondere più che delucidare il significato delle carte stesse. Il peso della
carta in un senso o nell'altro può essere meglio compreso nel contesto
generale della stesura. Ma un'esperienza archetipica e di conseguenza
l'immagine archetipica conseguente è un insieme di sfumature che è
impossibile separare nettamente il positivo dal negativo. Tutte le carte
rappresentano riti di passaggio- età o processi più che conclusioni o situazioni
statiche senza possibilità di cambiamento. Ogni fase della vita conduce ad una
fase successiva e sebbene inconsciamente noi possiamo tentare di trattenere il
tempo e rimanere in una situazione che ci sembra confortevole, non è nelle
nostre possibilità trasformare il ciclo della vita in qualcosa di fermo e
stagnante. Così alla fine del viaggio il Matto ricomincia, perchè o ha capito che
ha raggiunto il suo scopo e realizzato il suo progetto o ancora compare uno
scopo più approfondito o elevato cosicchè ogni fine è realmente una
preparazione per qualcos'altro e noi ricominciamo di nuovo il ciclo.
Liberamente tratto e tradotto da "The Mythic Tarot" di Juliet Sharman- Burke e
Liz Greene
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Pag. 21
IL VIAGGIO DEL MATTO NE LIBRO PSYCHIC JUNIALAS ‘TAROT
La storia inizia con un giovane, rappresentato dalla carta 0, Il Matto.
Lui esce di casa per viaggiare in cerca di risposte e le persone che incontra, lo
vivono come un ingenuo sognatore. Arriva presso una scuola esoterica ed
inizia a studiare, e diventa un Mago. Prima di lasciare la scuola, parla con la
Papessa e le chiede di fargli da guida spirituale. Lascia quindi la scuola e dopo
un lungo cammino arriva a una grande città e ne incontra i governanti,
l'Imperatore e l'Imperatrice. Loro gli danno alcuni consigli per come
avrebbe dovuto agire concretamente nel mondo e nella vita. Gli oggetti di
queste lezioni sono la creatività e l'uso della mente nel controllare le emozioni.
Parla anche con Il Papa, che invece lo guida nei valori tradizionali e ortodossi.
Il Matto torna per un breve periodo nel paese da cui è partito dove incontra e
parla con una ragazza che ama (L’Innamorato). Discutono i piani per il loro
futuro e per poter continuare il suo viaggio.
In tutto questo tempo ha imparato a controllare le forze in conflitto dentro di
sé. La carta VII, il Carro rappresenta questa lotta. Il giovane mentre viaggia
supera molti ostacoli , usa e accumula Forza mentale.
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Pag. 22
In cima di una montagna incontra l'Eremita, il quale gli suggerisce di ritirarsi
dal mondo per un periodo di tempo per meditare. Durante questo periodo di
ritiro impara a conoscere i cicli della vita e del cambiamento, illustrati dalla
carta X, la Ruota della Fortuna. Poi, sapendo di dover affrontare ancora
diverse prove, si siede davanti alla bilancia della giustizia e si assume la
responsabilità per tutto ciò che ha fatto e continuerà a fare.
Come l'Appeso della carta XII , si rende conto che deve lasciare andare i
vecchi modelli di pensiero e di vita che non gli servono. Egli si ammala
gravemente e sa di dover affrontare la morte del suo vecchio sé per rinascere.
Impara poi le qualità della Temperanza, della moderazione e
dell'autocontrollo.
Sta di nuovo male ed ha una visione del Diavolo, che lo tenta. Cerca di lottare
con tutte le cattive abitudini e paure che lo tengono legato e lo sovrastano.
All‟interno della visione, nel tentativo di sfuggire al Diavolo cade dal balcone di
una torre.
Dopo la sua caduta, incontra la Stella e ne è ispirato e spiritualmente
illuminato, ma le forze della Luna riportano ancora una volta alla superficie le
sue paure nascoste e i ricordi del passato. Alla fine si sveglia alla luce del sole,
ed è felice per la sua crescita e realizzazione spirituale.
Si rende conto che possiede una maggiore consapevolezza delle forze cosmiche
e del proprio ruolo nella vita, e chiede la conferma della tromba del giudizio.
In pace con se stesso e con tutti, alla fine torna a casa, attraversando il
Mondo intero e condividendo la sua visione.
Dopo il ritorno a casa, egli descrive le sue esperienze, e le persone traggono
ispirazione e speranza da lui, ma continuano a chiamarlo il Matto perché è
così che lo ricordano. Junjulas ha creato questa particolare versione della storia
soprattutto come metodo semplice per imparare i significati divinatori delle
carte.
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Pag. 23
IL MATTO A MODO MIO…
In quest'ultimo periodo passo molto tempo con le carte dei Tarocchi in mano
perchè stiamo preparando dei video sugli Arcani Maggiori. Il Matto continua ad
attirare la mia attenzione e faccio fatica a concentrarmi sul lavoro perchè mi
sento così assorbita da quell'immagine da identificarmene completamente.
Mi trovo improvvisamente proiettata in un dedalo di strade: non so più dove
sono e non so da che parte andare. Sento un peso sulle spalle e mi accorgo di
reggere un bastone con all'estremità un fagotto. Sbirciando dalle fessure
intuisco tracce del mio passato, che sento mie, ma che non mi aiutano a capire
perchè mi trovo in quella situazione. In me si mescolano un senso di insperata
libertà e di paura per la mancanza completa di confini. Incomincio a
camminare e cammino, cammino ma il paesaggio è sempre uguale a se stesso
e ad ogni incrocio si intravedono strade tutte uguali tra loro, che si perdono in
un nulla di definito. Mi accorgo che anche il mio abbigliamento è
particolarmente insolito, molto colorato e con tanti campanellini appesi qua e
là. Ho anche un buffo copricapo. Mi chiedo se la scelta di quell'abito s ia stata
determinata dal mio amore per la musica, che mi ha accompagnato in tutti i
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Pag. 24
momenti particolari della mia vita o dal desiderio di attirare l'attenzione e di
sentirmi sempre un po' originale, non così convenzionale. Non c'è più nessuno
che mi protegge e mi permette di non prendermi delle responsabilità. Sono
solo, non so più cosa sia giusto e cosa sbagliato, cosa sia per me meglio fare o
non fare. Dopo anni in cui, per sentirmi accettato ho pensato solo sempre a
quello che desideravano gli altri, ho perso il contatto con quello che voglio
veramente io e con chi sono io. Dopo aver puntato il bastone a terra
incomincio a giocare come un bambino, gli giro intorno con l'illusione di
guadagnare del tempo e di riuscire a prendere una decisione, una direzione. Il
mio umore passa da momenti in cui mi sento solo e tristissimo, con un'estrema
facilità al pianto ad altri in cui comincio a ridere e non riesco più a smettere. E
poi c'è quel cane, sempre alle mie spalle che abbaia e tenta di mordermi. Ho
sempre avuto un po' paura dei cani e ad ogni suo sobbalzo riprendo timoroso il
cammino. Tutto intorno c'è vuoto e silenzio, l'unico rumore è il tintinnio dei
campanellini appesi al mio abito. Anche la solitudine ha su di me un effetto
ambivalente, mi rende malinconico ma mi rassicura perchè in questo momento
non devo e non voglio rendere conto a nessuno della mia confusione. Mi
sforzo, ma non riesco a ricordare da dove sono partito o perchè me ne sono
andato; sento che è stata una decisione necessaria, ma adesso non so proprio
dove andare. Ho la sensazione di essere da poco rinato e, se anche ho quel
fagottino con me, ho come l'impressione di dover ricominciare tutto da zero.
Devo scegliere un nuovo scenario per la mia vita e devo riprendere a respirare
profondamente. A pensarla sembra una cosa facile ma appena devo fare
qualcosa di concreto vengo preso dal panico e mi arresto. In questa
inquietudine alzo lo sguardo ed improvvisamente, come sbucata da una coltre
di nebbia, appare in lontananza una luce, sembra la luce di un Faro. A questo
punto la decisione sembra semplice ma la paura di sbagliare tiene ancora i miei
piedi ancorati al terreno. Voltandomi indietro, fino a dove arriva lo sguardo non
si coglie nulla, la luce sembrava l'unica possibilità, ma non riesco lo stesso a
muovermi.
Poi improvvisamente, come era spuntata la luce, lei mi ha preso la mano e con
voce familiare mi ha invitata a seguirla. E' stato un attimo e la paura si è
sciolta e dopo i primi passi tutto è sembrato semplice e rassicurante; la
direzione è decisa, sento di poter fidarmi di quella stretta di mano e sento
forza e sicurezza diffondersi in tutto il corpo. Avvicinandoci è sempre più chiaro
che quella luce è quella di un Faro, che quell'incontro non è stato casuale e che
il nuovo ciclo è iniziato. Adesso posso anche udire il rumore del mare e posso
veramente ricominciare.
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Pag. 25
I
TAROCCHI E LA MUSICA: IL MATTO
«Qui siamo tutti matti. Io sono matto. Tu sei matta.»
«Come lo sai che sono matta?» disse Alice.
«Per forza,» disse il Gatto: «altrimenti non saresti venuta qui.»
Il matto viene prima dello scrittore, dell‟astrologo, dell‟alchimista; in qualche
modo, è la figura archetipa, l‟esempio che costoro imitano. È ovvio che non si
valuta un matto: non si dice «costui è un matto „bravo‟», non ci sono matti
migliori di altri; un matto è un capolavoro inutile, e non c‟è altro da dire.
Il rumore sottile della prosa, Giorgio Manganelli
Matto. Affetto da un alto grado di indipendenza intellettuale; non conforme ai
modelli di pensiero, parola e azione, che la maggioranza ricava dallo studio di
sé stessa. In poche parole, diverso dagli altri.
Ambrose Bierce, Dizionario del diavolo, 1911
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Pag. 26
Mi dicevano il matto perchè prendevo la vita
da giullare, da pazzo, con un' allegria infinita. D' altra parte è assai meglio, dentro questa tragedia, ridersi addosso, non piangere e voltarla in commedia.
Il Matto di Guccini
Ho sentito dire che c'e' un matto in giro con le tasche
piene di parole e sogni che nessuno ha realizzato e non sa coltivare se non dentro la sua testa vuota e dentro le speranze di chi non ha mai deciso niente
sono ancora avvolti in cellophane e carta d'alluminio e pesano di tutti quei rimpianti che ogni uomo ha dentro
e pensano che siano ottimi rimedi contro il tempo perche' possa un giorno muoversi in un altro senso
Quel matto sono io di Negramaro
Tu prova ad avere un mondo nel cuore e non riesci ad esprimerlo con le parole, e la luce del giorno si divide la piazza
tra un villaggio che ride e te, lo scemo, che passa, e neppure la notte ti lascia da solo:
gli altri sognan se stessi e tu sogni di loro
E sì, anche tu andresti a cercare le parole sicure per farti ascoltare:
per stupire mezz'ora basta un libro di storia, io cercai di imparare la Treccani a memoria, e dopo maiale, Majakowsky, malfatto,
continuarono gli altri fino a leggermi matto… Il Matto di De Andrè
...e lui è là
che abbraccia il cielo a stento abbraccia il mondo che sente
attraversargli la mente fa una smorfia ridendo
al primo tram che sta partendo. Matto di Fossati
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Pag. 27
L’UROBORO
E‟ associato al Matto perché tra gli Arcani Maggiori Il Matto viene considerato o
il numero 22 o il numero 0, la forma circolare che richiama appunto l‟Uroboro.
L‟Uroburo è l‟immagine di un serpente che si morde la coda e la inghiotte. Questa
diffusissima figura simbolica rappresenta, sotto forma animalesca, l‟immagine del
cerchio che personifica l‟ eterno ritorno. Esso sta ad indicare l‟esistenza di un nuovo inizio che avviene tempestivamente dopo ogni fine.
In simbologia, infatti, il cerchio è anche associato all‟immagine del serpente che da
sempre cambia pelle e quindi, in un certo senso, ringiovanisce. L‟Uroboro rappresenta il
circolo, la metafora espressiva di una riproduzione ciclica, come la morte e la
rinascita, la fine del mondo e la creazione, e di conseguenza anche l‟eternità iconograficamente rappresentata dal cerchio stesso.
Nella simbologia alchemica l‟Uroburo è l‟immagine allegorica di un processo, in
sé concluso, che si svolge ripetutamente e che avviene attraverso l‟aumento della temperatura, l‟evaporazione, il raffreddamento e la condensazione di un
liquido, ciclo che serve alla raffinazione delle sostanze. Per questo motivo il serpente, che va a costituire un cerchio, è spesso raffigurato con due creature
che collegano la bocca alla coda. La creatura superiore, segno della volatilità, è rappresentata come un drago alato.
L‟Uroboro nacque dall‟esigenza percepita dagli alchimisti greci che, nell‟intento
di animare una figura geometrica ritenuta troppo arida, hanno voluto vedere nel Cerchio un Serpente che si morde la coda. È il Serpens qui caudam
devorat, talvolta raffigurato metà bianco e metà nero, cioè Yin e Yang della tradizione del Taoismo cinese, le due opposte nature, il Rebis.
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Pag. 28
I MITI CHE CURANO
IL PRINCIPIO DIONISIACO...piccoli accenni a un mito molto complesso
Dice Levi – Strauss: "I miti di cui gli uomini si sono nutriti da sempre potrebbero anche essere questo: una
esplorazione sistematica e mai inutile dell'immaginario con le sue risorse. I miti mettono in scena ogni sorta
di creature e di avvenimenti assurdi o contraddittori… ma le immagini del mondo che essi hanno proposto
si riveleranno adeguate a questo mondo e adatte a rivelarne alcuni aspetti proprio perché sono inscritte
nell'architettura dello spirito……"
LE ORIGINI DI DIONISO
Uno dei tratti più controversi della divinità riguarda proprio le
sue origini e la sua nascita, riguardo la quale esistono diverse
versioni. Per quanto indiscusso sia il nome del Padre, Ze us,
diverse sono le versioni che riguardano la madre. Alcuni
mitografi dicono sia figlio di Demetra, altri di Io, o ancora di Lete;
altri ancora lo fanno figlio di Dione, oppure di Persefone.
Secondo alcune leggende orfiche, infatti la madre di Dioniso è
definita "la regina della morte", il che fa appunto pensare a
Persefone. Zeus stesso, innamoratosi di sua figlia, nascosta in
una grotta per volere di Demetra, si sarebbe tramutato in
serpente e l’avrebbe raggiunta mentre era intenta a tessere.
Fecondatala, la fanciulla partorì due bambini, Zagreo e lo stesso
Dioniso.
La versione più conosciuta è comunque quella che lo vede figlio
di Semele, donna mortale figlia di Cadmo, re di Tebe. Semele
aveva suscitato l'amore di Zeus che la fecondò sotto le spoglie di un mortale. La gelosa Era lo scoprì e decise
di vendicarsi contro Semele e il suo bambino non ancora nato. Le apparve quindi sotto le spoglie della sua
vecchia nutrice, e convinse l'incauta fanciulla ad assicurarsi della natura divina del suo amante, insis tendo
perchè le si presentasse nello splendore della sua vera natura.
Quella stessa notte, quando Zeus venne a trovarIa, Semele lo pregò di farIe un favore, e Zeus giurò sul
fiume Stige (un giuramento irrevocabile) che avrebbe fatto qualsiasi cosa gli avesse chiesto. Semele, che era
stata ingannata da Era, gli chiese di apparirle in tutta la sua maestà di sovrano dell'Olimpo; non sapeva che
ciò per lei avrebbe significato la morte. Costretto a rispettare il giuramento, Zeus prese le sue sembianze
divine, una presenza che nessun mortale poteva sostenere.
Il fuoco di folgore uccise Semele, ma rese immortale il piccolo non ancora nato. Nel momento stesso in
cui Semele moriva, Zeus estrasse dal suo grembo Dioniso e se lo cucì nella coscia, che gli fece da
incubatrice finché il piccolo non fu pronto per nascere. Ermes fu la levatrice di questo insolito parto.
Dioniso fu portato presso la sorella e il cognato di Semele che lo allevarono come fosse una bambina, ma
anche questo camuffamento non lo sottrasse alla vendetta di Era, la quale fece impazzire i suoi genitori
adottivi che cercarono di ucciderlo.
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Pag. 29
Ancora una volta Dioniso fu salvato dalla morte da Zeus, che lo trasformò in un capretto e lo portò sul
monte Nisa, un mitico luogo divino abitato dalle Ninfe, che lo allevarono in una grotta.
Qui il suo tutore Sileno, un mortale, lo mise a parte dei suoi segreti della natura e gli insegnò a fare il vino.
Sileno viene di solito raffigurato come un vecchio attempato, affidabile e a volte un po’ brillo, metà uomo e
metà cavallo.
Nella teologia orfica, il dio fanciullo veniva fatto a pezzi e divorato da due Titani gelosi, ma il suo cuore
veniva salvato da Atena ed egli rinasceva attraverso Zeus, secondo alcune versione come figlio di Semele.
Veniva adorato come Zagreo, il nome orfico del Dioniso del mondo sotterraneo.
Il suo nome, secondo una delle tante letture etimologiche, potrebbe infatti anche significare “nato due
volte” (la prima parte del nome viene in questo caso letta come (δις, “due volte”): l’allusione sarebbe
all’episodio, che tanto influenzò le credenze orfiche, dello sbranamento di Dioniso ad opera dei Titani,
forse rievocato nel rito omofagico dello sparagmòs. Il piccolo Dioniso, infatti, giocando con i suoi ninnoli,
sarebbe rimasto affascinato, tra questi, da uno specchio, che rifletteva la sua immagine, non accorgendosi
della presenza, alle sue spalle, dei terribili Titani che, approfittando del suo incantamento, l’avrebbero
aggredito e sbranato. Zeus, tuttavia, si vendicò incenerendo i Titani, dai cui resti sarebbero poi nati gli
uomini, e ricompose i frammenti di Dioniso. Ecco allora che il mito di Dioniso si colora di tinte forti: da un
lato egli è il dio della natura e della vita selvaggia, è colui che induce la follia (baccheuein, da cui Bacco) e
al tempo stesso ne libera (lysios, colui che scioglie), che provoca l’estraniazione dal quotidiano,
riconducendo a uno stadio di vita primitivo (il cibarsi di carni crude) in cui la parola ancora non ha luogo: le
danze vorticose e le formule rituali sono piuttosto caratterizzate dalla ricorsività incantatoria che dal senso.
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Pag. 30
Tuttavia il suo sbranamento e la sua rinascita connotano immediatamente il dio anche di una dimensione
differente, di sofferenza e sapienza: en pàthei màthe, recita la tragedia (ad esempio l’Agamennone di
Eschilo), e Dioniso bambino è costretto precocemente a rendersi conto che la vita non è solo infanzia e
spensieratezza, ma anche pericolo, durezza, sofferenza, rischio dell’annientamento.
Dioniso con il suo smembramento e la sua rinascita viene a rappresentare un cammino iniziatico che è il
cammino di ogni uomo che impara a conoscere il terribile segreto del mondo che lo circonda: la possibilità
della morte, il mutamento inesorabile, l’assenza di ogni parametro definitivo in cui acquietarsi. Il gioco di
Dioniso rappresenterebbe l’innocenza della fanciullezza cui deve seguire la necessaria formazione -
iniziazione alla vita adulta, consapevole del suo strato passionale, di inganno, bramosia, necessità.
Secondo un’interpretazione suggestiva, lo straniamento di Dioniso dovuto all’immagine riflessa nello
specchio non sarebbe dovuto allo stupore di vedere il proprio volto riflesso, quanto al fatto che il g iovane
dio, guardando nello specchio, vede ciò che sta dietro alle sue spalle, cioè il mondo nella sua molteplicità di
infiniti fenomeni, cogliendo come in un lampo che il mondo variopinto è lui stesso, cioè che la molteplice
apparenza del mondo è la sua stessa immagine, quindi, ancora, che in ogni frammento del mondo è
raccolto tutto l’universo, come in ogni frammento dello specchio. Specialmente, in quel mondo di cui è
espressione, Dioniso vede i Titani, e comprende che essi sono lui, cioè la vita. Dioniso viene all’essere, a se
stesso, in quanto guardato dai Titani, ma più profondamente gli stessi Titani prendono coscienza di sé
vedendosi riflessi nella luce e nell’immagine dello specchio di Dioniso, cioè nel suo mito. “Diventa ciò che
sei”.
QUESTO E’ IL VIAGGIO DEL MATTO/DIONISO
Per avvicinarci al ricco patrimonio di emozioni interiori che ci offre la figura di Dioniso collegata
all’Arcano “Il Matto” dobbiamo allontanarci dalle spiegazioni razionali e abbandonarci, nostro
malgrado, a un’intima avventura : noi adulti dimentichiamo spesso il gusto, la frenesia… a volte
anche la follia che ci servirebbe come “veicolo metaforico” per esplorare le “Zone d’Ombra”
presenti nella nostra natura umana.
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Pag. 31
Impegnati con tutte le nostre forze ad essere ciò che DOBBIAMO diventare, dimentichiamo
quant’è importante diventare ciò che SENTIAMO di essere!
….qui non si parla di quel Dioniso o Bacco associato a valenze negative come l'alcool o
stupefacenti, ovvero a quelle trasgressioni che portate all'eccesso hanno come scopo il perdersi in
cose vane nel tentativo di sfuggire al noioso quotidiano!!
Non è di questo Dioniso che si parla qui, non è quello che cerca la trasgressione ad ogni costo per
liberarsi dai pensieri e turbamenti dell'anima; tutt'altro!
Qui si parla di quel Dioniso che ci aiuta a prendere consapevolezza di una parte di noi, a conoscerci
fin nel profondo, prendendo coscienza del nostro "sentire" , della nostra componente irrazionale
che muove dal cuore e che spesso un’eccessiva razionalità tende a controllare e soffocare!
Questo è il viaggio del matto-Dioniso….la danza nell'intimità - corpo emotivo
Vediamo insieme quali sono i “passaggi emotivi “ che il mito di Dioniso ci aiuta ad individuare,
quali sono i gradini psicologici che aiuteranno IL MATTO a non cadere
nell’abisso, che nella carta si profila ma non si esplicita.
Proviamo insieme a dar voce al mito.
L'aspetto dionisiaco è considerato dalla maggior parte delle persone in
maniera negativa perché rappresenta quella che potremo definire la
“passione dell'anima”, “l'anelito alla libertà”.
Come Hillman mette in evidenza:
”Evocare Dioniso produce una subitanea alzata in volo di ombre.”
Queste ombre suscitano angoscia e le angosce vengono placate da
razionalizzazioni che le trasformano in pregiudizi, al punto che ne
siamo inibiti, diventiamo incerti, ci sentiamo appesantiti da un blocco
psicologico… INCONTRIAMO I TITANI NEL NOSTRO PERCORSO DI VITA!
Ma chi sono i Titani…tradotti nelle nostre esperienze di vita ?
E come reagisce Dioniso , il dio antagonista dei TITANI
(i nostri mostri interiori )?
I Titani sono la nostra smisuratezza , gli imbrogli e gli
stratagemmi ( dalla menzogna all’ideazione delle più
abili invenzioni ) per evitare di farci carico dei nostri
limiti, paure, emozioni.
Circondati da una tecnologia scientifica titanica, da
comunicazioni globali, da una politica vissuta come
scala per il successo, da speranze sconnesse dal nostro
intimo sentire e portate all’eccesso, da un
opportunismo che sfrutta con l’inganno le opportunità,
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Pag. 32
noi restiamo vittime inconsapevoli dei nostri titani interiori e collettivi .
Un esempio nel mondo di oggi è l’immagine dell’uomo imprenditore che si fa da solo, come
modello eroico, un titano libero dalle catene e dominato dalla superbia.
Ma in particolare Dioniso è quel dramma inevitabile che ha luogo e INIZIO nell’infanzia. Il fatto
che i Titani squartassero e divorassero il piccolo Dioniso può essere visto come un modello mitico
per rappresentare l’iniziazione individuale…e il fatto che Dioniso fugge dalle forze della distruzione
per rifugiarsi nelle proprie emozioni ci è d’aiuto per incontrare il Matto.
Vedo lo scontro del bambino divino Dioniso con le forze titaniche come una prima iniziazione
( Matto) al processo dionisiaco della vita.. uno “scopo” ineludibile che ci mette in contatto con i
complessi più arcaici del nostro essere umani . Se adottiamo questa prospettiva l’immagine
rappresentata nel mito verrà intesa come un dramma inevitabile che ha luogo nell’infanzia…ci
consentirà di vedere ed iniziare ad accettare il cosiddetto “Trauma Infantile” come l’apparizione
dei Titani intenzionati a smembrare e divorare il piccolo Dioniso.
L'esperienza di figli che tutti noi abbiamo vissuto ci ha
messo nella condizione di provare cosa in realtà significhi “avere un dito puntato contro di noi”, essere
incolpati, rimproverati dalle figure genitoriali che – senza eccezioni – non hanno evitato di enfatizzare ogni
nostro errore. Queste fasi di vita però sono del tutto normali, il genitore non può far altro che farci sentire in
colpa e trasmetterci il messaggio – palese o implicito – che abbiamo sbagliato. Solo con il trascorrere del tempo,
man mano che ci svilupperemo, avremo la possibilità di incontrare il nostro “padre spirituale” interiore, una
figura che saprà offrirci comprensione, conforto e che ci darà la forza di inserire il nostro errore in
un contesto più ampio. Ecco quindi che, man mano che procederemo lungo il cammino dell'esistenza, si arriverà alla conclusione che tutti gli errori che abbiamo commesso, che le azioni
per quali siamo stati aspramente criticati, sono state in realtà “ la meglio cosa per noi”.
Effettivamente, nessuno al di là di noi stessi può ergersi a giudice nei confronti delle nostre scelte, nessuno può dirci cosa è giusto e cosa invece non lo è. Solo la nostra verità può avere senso per
noi, solo la voce di Dionisio ci spinge verso la direzione più consona alle nostre esigenze. Il vero problema , quindi è dato dal fatto che nel momento in cui neghiamo la presenza di Dionisio sia mo
costretti a pagare un prezzo altissimo, sacrificando addirittura il senso della nostra stessa vita.
Un esempio… Genitori che nascondono ai figli tutto ciò che in famiglia è in relazione con la
tragedia e la morte…li porteranno, non avendo familiarità con le emozioni serie e tragiche, ad
acquisire probabilmente una personalità senza forma….saranno bambini superprotetti…che non
sapranno affrontare le proprie emozioni .
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Pag. 33
Nel racconto omerico invece abbiamo l’immagine di un gran dio che fugge dalle forze della
distruzione per rifugiarsi nelle proprie emozioni.
L’infanzia non dovrebbe rimanere una “provincia del bambino”…ma divenire in noi una parola che
usiamo per designare modi di esperienza e percezione, modi immaginali che NON abbandoniamo
a ogni istante in favore di comportamenti più adulti, ovvero più concettuali e volitivi.
DIONISO NASCE DUE VOLTE…qui il senso per una RI-NASCITA
La vita purtroppo è terribilmente pratica e proprio per questa ragione spesso cadiamo in errore.
Generalmente gli errori che commettiamo dipendono da una serie di leggi e di codici che ci sono stati imposti. Se quindi giudichiamo le nostre azioni come “errori” , ciò avviene perché le
valutiamo in funzione dei codici che ci sono stati imposti come “parametri”. Non dovremmo però dimenticare che la vita di ognuno di noi è un universo particolare che non può essere valutato e
interpretato alla luce di parametri, per così dire “universali”. I codici provenienti dal collettivo sono quindi del tutto inutili, perché gli unici parametri cui dovremo far riferimento sono i nostri valori
individuali e i messaggi che Dionisio ci invia dalle profondità del nostro mondo. Ci precludiamo il contatto con gli elementi dionisiaci, “fuori posto”, un pò anomali, ribelli e rivoluzionari. Comportandoci in questo modo, però, non potremmo mai comprendere che la vita, la vera vita, risiede proprio lì, ossia nel regno di Dionisio. Ecco allora che la frase famosa e ricorrente : “ho paura di lasciarmi andare” potrebbe essere tradotta psicologicamente in questo modo : “ ho paura
di accogliere Dionisio”
Espressioni del tipo “non riesco a lasciarmi andare” si riferiscono dunque al timore di disvelare la parte dionisiaca che è in noi e, da un punto di vista psicologico, ineriscono alla “paura di vivere”.
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Si tratta di persone che sin da piccole sentono un’estraneità con tutto ciò che è ordinario, e il sentimento prevalente è quello di essere “diversi”, e che la vita abbia un significato sacro.
La loro difficoltà maggiore sta sempre nell’adattamento ad una vita dove si sentono un po’ come “pesci fuor d’acqua”, troppo emotivi, troppo sensibili o troppo sognatori.
Come Dioniso si aspetteranno sempre un riconoscimento speciale e se la loro singolarità non verrà riconosciuta o rispettata coveranno risentimenti. Se tuttavia l'archetipo viene rimosso, nasceranno altre difficoltà: la sensazione di inautenticità o di perdita di contatto, insieme alla vaga sensazione di trascurare qualcosa di importante, o di condurre una vita priva di significato. La difficoltà più grande la vivono gli uomini, infatti fin dall'infanzia nei maschi vengono scoraggiati i cosiddetti tratti 'da bambina', gli atteggiamenti da 'sognatore' (l'aspetto mistico di Dioniso), la sensualità, e l’ irrazionalità.
Dioniso è la possibilità che in noi esiste di dare RISCATTO-RINASCITA al nostro Corpo Emotivo
Quando si nasce emotivi, ci si sente dire ”sei troppo ,troppo emotiva” come se
esistesse una misura giusta. “Quel che la frega è l’emotività”, dicono
i professori a scuola…ed uno pensa “Oh!!! se incontrassi un diavolo ad un
angolo della strada, gli direi prenditi l’anima ma dammi la freddezza che serve per farmi strada nella vita…che me ne faccio di questa anima che sente tutto, sente troppo e forse pure male…”
Questi Diavoli spesso nella vita li incontriamo e sono i TITANI del mito.
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-A cosa serve…emozionarsi..? -Serve a sentire il cuore gonfiarsi di calore
-Serve a sentire che ci sono parole che brillano come delle notti stellate, e non puoi fare altro che tacere e spalancare i tuoi occhi e ringraziare... QUELLA DANZA DELL'INTIMITÀ'
Effettivamente, in assenza di Dionisio, la nostra vita non può essere fertilizzata, non può essere nutrita ed è destinata a spegnersi lentamente, agonizzando giorno dopo giorno. E' Dionisio che infonde in noi il coraggio, la capacità di relazionarci con il mondo, e persino la forza legata all'atto del “perdonare”.
Solo con il tempo però e con il crescere della nostra esperienza, diventeremo abili nell'ascoltare e
interpretare la voce dionisiaca che è in noi e solo facendolo riusciremo a trasformarci
radicalmente. Così via via che procederemo nel cammino della vita arriverà un momento
essenziale in cui riusciremo a comprendere e accettare il messaggio di Dionisio, acquistando la
forza necessaria per compiere il cosiddetto “salto”. ( vedi Matto)
La paura è incompatibile con l'intimità, quindi più l'affrontiamo, la trasformiamo e la risolviamo,
più possiamo essere intimi.
Alla divisione in adulto e bambino associamo modelli di abbandono e sofferenze emotive anche
nel corpo psicosomatico, il Matto-Dioniso in una lettura ci suggerisce un modo di vivere il nostro
“corpo emozionale” meno confinato al bambino abbandonato, alle sue pene e al suo
romanticismo.
Ci consegna ad una intimità con il nostro sentire per cui potremmo
così disporre di risorse nuove. Con esse il nostro vivere può essere
perennemente “bambino e nutrice “, nutrice di quel singhiozzo
infantile che ci dona una nuova risorsa, che ci permette di vivere la
debolezza insanabile del bambino in cammino (come nella
immagine del Matto), non reprimendolo con lo sviluppo o con
l’abbandono ma portandolo con sè ( il sacchetto del Matto),
facendolo convivere con l’adulto.
La nostra esperienza di vita troverebbe l’iniziazione ad un percorso nuovo, avrebbe nuove
sembianze interiori ed esteriori…dove il bambino è contenuto nell’uomo che porta sul volto e nei
gesti anche la vergogna del puerile ,la sua immutabile fragilità, non trasformata, non trascesa e
insieme le sue invincibili supreme speranze con tutta la loro vulnerabilità.
Un uomo nuovo in viaggio che porta il suo abbandono con dignità, a cui la libertà conquistata
permette di ricongiungersi a un IO IMMAGINALE, redento dall’amnesia dell’Infanzia.
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L’adulto deve tornare all’infanzia per ritrovare l’immaginazione, sentirla irreale, autoerotica,
primitiva, perché la perdita dell’infanzia ha significato perdita del potere immaginale, amnesia
come Memoria Perduta, abbandonata….allontanamento dal proprio Corpo Emotivo.
Guardando il mito di Dioniso spesso si dimentica che “tra i doni che il Dio concede “ c’è una
tranquillità e una quiete che ci sono indispensabili per iniziare un viaggio Nuovo ( e non a caso
emerge nella immagine del Matto la sua spensieratezza). Una Danza nella nostra Intimità : un’arte
che ci aiuta a ritrovarci dentro “una strana quiete e tranquillità” che sola può rappresentare per
noi l’inizio…il punto di partenza…il trampolino di lancio per incontrare dentro di noi un fanciullino
che non solo ha brividi, ma lacrime ancora e tripudi suoi.
I segni della sua presenza e gli atti della sua vita sono semplici e umili. Vede al buio o crede di
vedere....alla luce sogna o sembra sognare...parla alle bestie, agli alberi, ai sassi, alle nuvole, alle
stelle....Scopre nelle cose le somiglianze e relazioni più ingegnose........
CHE DITE: risvegliamolo! QUESTO CI DIREBBE SE IL MATTO ….PARLASSE !
E SE IL MATTO-DIONISO PARLASSE…. Un bell’esercizio per visualizzare in voi la voce, i
sussurri di Dioniso….scrivete le vostre emozioni collegandole all’immagine del Matto , al
racconto mito appena letto e alla poesia che trovate qui in calce …. Cercate parole che vi
sembrano analoghe …saranno le chiavi per la vostra lettura dell’arcano…un inizio! All’altezza del
Matto che sa coniugare gli opposti : l’Azzardo del Volo e la Pena dello Sprofondamento perché
porta nel suo leggero sacchetto la “capacità di nascere due
volte”
"Non voglio "
Tutti i vostri strumenti hanno nomi bizzarri
e difficili, ma io vedo chiaro
e so che in fondo sono solamente
metri e gessetti con cui misurate
e segnate - segnate e misurate
senza stancarvi.
Sfilate spilli di tra le labbra, come una sarta:
me li appuntate sull'anima
e dite: "Qui faremo un bell'orlo.
Dopo starai tanto meglio."
Io non voglio che mi tagliate un pezzo d'anima!
Se ne ho troppa per entrare nel vostro mondo,
ebbene, non voglio entrarci.
Sono un poeta: una farfalla, un essere
delicato, con le ali.
Se le strappate, mi torcerò sulla terra,
ma non per questo potrò diventare
una lieta e disciplinata formica.
( m.guidacci )