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CORSO DI: INFRASTRUTTURE
AEROPORTUALI, FERROVIARIE ED INTERMODALI
Dispense: Aeroporti
Dott. Ing Natalia Distefano
Università degli Studi di Catania Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale
1
1 - NORMATIVA INTERNAZIONALE E NAZIONALE
IL TRASPORTO AEREO NEL QUADRO DI RIFERIMENTO INTERNAZIONALE
Al termine della seconda guerra mondiale, per facilitare la ripresa e lo sviluppo dell’aviazione civile, secondo
principi di ordine e sicurezza, e per un consolidamento del trasporto aereo sul piano internazionale, con
regole di eguaglianza ed economicità, la Convenzione di Chicago, del 7 Dicembre 1944 adottò la
Convenzione per l’aviazione civile internazionale. Tale convenzione fissò principi e regole in materia di
navigazione aerea e di trasporto aereo internazionale e definì la struttura e i compiti di un’agenzia
specializzata delle Nazioni Unite, denominata I.C.A.O. (International Civil Aviation Organization), preposta
alla regolamentazione tecnica di tutti i settori dell’aviazione civile.
In seguito a quanto stabilito nella Convenzione di Chicago (1944), l'ICAO ha come compiti ed obiettivi di
elaborare principi e tecniche della navigazione aerea internazionale e di promuovere la pianificazione e lo
sviluppo del trasporto aereo internazionale allo scopo di:
• assicurare lo sviluppo ordinato e sicuro dell'aviazione civile internazionale in tutto il mondo;
• incoraggiare le tecniche di costruzione ed esercizio degli aeromobili a fini pacifici;
• favorire lo sviluppo delle vie aeree, degli aeroporti e delle installazioni e servizi di navigazione aerea
per l'aviazione civile internazionale;
• rispondere ai bisogni dei popoli in materia di trasporto aereo sicuro, regolare, efficace ed economico;
• prevenire i disagi economici che derivano da una concorrenza indesiderabile;
• assicurare il rispetto integrale dei diritti degli Stati contraenti;
• favorire la creazione di compagnie di trasporto aereo internazionale;
• evitare la discriminazione tra gli Stati;
• promuovere la sicurezza del volo nella navigazione aerea internazionale;
• incrementare in generale lo sviluppo dell'aeronautica civile in tutti i suoi aspetti.
L’ICAO ha emanato 18 Allegati tecnici (comunemente detti Annessi) con lo scopo di regolare in modo
organico l’esercizio del trasporto aereo internazionale, in tutta la sua complessità tecnica ed operativa,
garantendone soprattutto la sicurezza.
Un Allegato tecnico ICAO è composto dalle seguenti parti:
a. Standard (Norme): sono direttive aventi lo scopo di stabilire caratteristiche fisiche, configurazioni,
materiali, prestazioni, personale, o procedure; l’applicazione uniforme di queste direttive è
riconosciuta necessaria per la sicurezza o la regolarità dell’esercizio delle attività di volo in campo
internazionale e, in conformità a queste direttive, gli Stati aderenti sono tenuti ad operare, come
previsto nella Convenzione; in caso di impossibilità ad uniformarsi a queste direttive, è obbligatoria
una notifica al Consiglio, come previsto dall’articolo 38.
b. Recommended Practice (Pratiche Raccomandate): sono direttive aventi lo scopo di stabilire
caratteristiche fisiche, configurazioni, materiali, prestazioni, personale, o procedure; l’applicazione
uniforme di queste direttive è riconosciuta desiderabile per la sicurezza o la regolarità dell’esercizio
delle attività di volo in campo internazionale e, in conformità a queste direttive, gli Stati aderenti
faranno il possibile per operare, come previsto nella Convenzione.
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Gli allegati tecnici ICAO affrontano i temi riportati sella seguente tabella:
Allegato Titolo
Annex 1 Personnel Licensing (Licenze del personale)
Annex 2 Rules of the Air (Regole dell’aria)
Annex 3
Meteorological Service for International Air Navigation (Servizi di meteorologia per la navigazione aerea internazionale)
Annex 4 Aeronautical Charts (Carte aeronautiche)
Annex 5 Units of Measurement to be Used in Air and Ground Operations (Unità di misura usate per le operazioni in volo e a terra)
Annex 6 Operation of Aircraft (Esercizio degli aeromobili)
Annex 7 Aircraft Nationality and Registration Marks (Marche di nazionalità e di immatricolazione)
Annex 8 Airworthiness of Aircraft (Navigabilità degli aeromobili)
Annex 9 Facilitation (Attrezzature)
Annex 10 Aeronautical Telecommunications (Telecomunicazioni aeronautiche)
Annex 11 Air Traffic Control Service, Flight Information Service, Alerting Service (Servizi del traffico aereo)
Annex 12 Search and Rescue (Ricerca e salvataggio)
Annex 13 Aircraft Accident and Incident Investigation (Investigazione sugli incidenti aerei)
Annex 14 Aerodromes (Aerodromi)
Annex 15 Aeronautical Information Services (Servizi di informazioni aeronautiche)
Annex 16 Environmental Protection (Protezione dell’ambiente)
Annex 17 Security, Safeguarding International Civil Aviation against Acts Unlawful Interference (Sicurezza, salvaguardia dell’aviazione civile internazionale da azioni di interferenza illecita)
Annex 18 The Safe Transport of Dangerous Goods by Air (Sicurezza del trasporto aereo di merci pericolose)
L’annesso di maggiore interesse per chi si occupa di progettazione e gestione di un aeroporto è l’Annex 14
“Aerodromes”. Esso viene redatto per la prima volta nel 1951 e contiene prescrizioni che sono state
continuamente aggiornate fino all’ultima edizione del 1995, sulle caratteristiche fisiche, sugli aiuti visivi e
sulle limitazioni agli ostacoli che devono essere osservate per gli aeroporti.
ORGANIZZAZIONE DELL’AVIAZIONE CIVILE ITALIANA
Le Convenzioni Internazionali, per essere efficaci, devono essere recepite nell’ordinamento di uno Stato
mediante una legge; solo in tal modo le norme contenute nelle Convenzioni hanno lo stesso valore di quelle
contenute in qualsiasi altra legge dello Stato.
Ogni Stato, in quanto contraente della Convenzione di Chicago, deve organizzare con leggi interne il
proprio sistema nazionale di aviazione civile al fine di realizzare la conformità con quanto previsto dalla
normativa ICAO e per fare in modo che vi sia un funzionamento armonico tra le componenti del sistema.
3
In Italia, il vertice della gerarchia amministrativa, competente per l’attività dell’Aviazione Civile in Italia, è
costituito dal Ministero dei Trasporti e della Navigazione che esercita la sua autorità tramite il Dipartimento
dell’Aviazione Civile e l’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile (ENAC).
L'Ente nazionale per l'aviazione civile è un ente pubblico non economico dotato di autonomia
regolamentare, organizzativa, amministrativa, patrimoniale, contabile e finanziaria, sottoposto all'indirizzo,
vigilanza e controllo del Ministro dei trasporti e della navigazione.
L'Ente nello svolgimento delle proprie funzioni provvede, fatte salve le prerogative del Ministro dei trasporti e
della navigazione, in particolare ai compiti di:
a) regolamentazione tecnica, certificazione, attività inerenti ai provvedimenti di autorizzazione,
concessione e licenze, nonché coordinamento, controllo, ispezione e attività sanzionatoria in materia di:
a.1. progettazione, costruzione e manutenzione degli aeromobili e delle loro componenti;
a.2. esercizio degli aeromobili, nonché espletamento delle attività di trasporto aereo, di lavoro aereo, di
scuola di pilotaggio e di aviazione generale;
a.3. attività lavorative del personale di terra e di volo impiegato nel campo aeronautico, nonché
qualificazione dei relativi addetti, rilascio, mantenimento in esercizio, rinnovazione, sospensione,
revoca e più in generale controllo dei connessi titoli e licenze;
a.4. progettazione, costruzione, manutenzione ed esercizio delle infrastrutture e degli impianti
aeroportuali;
a.5. installazioni, servizi e attività aeroportuali, sicurezza operativa degli aeroporti e delle aviosuperfici,
sicurezza del volo e del trasporto aereo, attrezzatura;
a.6. prevenzione e contenimento dell'inquinamento acustico ed ambientale, compreso quello
elettromagnetico;
b) proposta e partecipazione alle attività di indirizzo, programmazione e garanzia dello sviluppo del
sistema di trasporto aereo ed aeroportuale;
c) tenuta del registro aeronautico nazionale e pubblicazione del registro degli aeromobili civili;
d) tenuta dei registri e degli albi del personale navigante e degli altri operatori del settore nelle forme
previste dal Codice della navigazione o dalle altre leggi speciali, nonché accertamento delle infrazioni
disciplinari ed applicazione delle relative sanzioni;
e) attività di coordinamento con l'Ente nazionale di assistenza al volo, con l'Agenzia nazionale per la
sicurezza del volo e con l'Aeronautica militare, nell'ambito delle rispettive competenze, in materia di
regolamentazione dei servizi di comunicazione, navigazione, sorveglianza e gestione del traffico aereo,
anche con riferimento all'impiego dei satelliti e di nuove tecnologie;
f) rapporti con enti, società ed organizzazioni nazionali ed internazionali, operanti nel settore
dell'aviazione civile e rappresentanza, con unità operative, presso le organizzazioni internazionali,
anche su delega del Ministro dei trasporti e della navigazione;
g) partecipazione, anche su delega del Ministro dei trasporti e della navigazione, alle attività nazionali ed
internazionali, comprese quelle inerenti alla predisposizione degli accordi internazionali e bilaterali ed
elaborazione della normativa di adeguamento ai princìpi e alle disposizioni nazionali ed internazionali
nelle materie di competenza dell'Ente;
h) elaborazione delle proposte di pianificazione e di sviluppo del sistema aeroportuale nazionale e del
sistema del trasporto aereo, individuando le relative fonti finanziarie;
4
i) regolamentazione, esame e valutazione dei piani regolatori aeroportuali, dei programmi d'intervento e
dei piani d'investimento aeroportuale, razionalizzazione e modifiche delle procedure e di altre attività in
materia di servizi aeroportuali nonché affidamento dei servizi aeroportuali e relative concessioni;
j) eventuale partecipazione all'attività di gestione degli aeroporti di preminente interesse turistico e sociale
ovvero strategico-economico;
k) affidamento, nelle forme previste dalla normativa vigente, dei beni del demanio aeroportuale, nonché
apposizione dei vincoli di competenza nelle zone limitrofe agli aeroporti;
l) definizione e controllo dei parametri di qualità dei servizi aeroportuali e di trasporto aereo;
m) definizione dei parametri per la determinazione della capacità aeroportuale ai fini dell'attività di gestione
delle bande orarie nonché assegnazione e gestione delle bande orarie negli aeroporti in cui le relative
competenze non siano affidate ad altri organismi;
n) esame delle problematiche economiche del trasporto aereo anche a livello internazionale, nonché
istruttoria degli atti concernenti tariffe, tasse e diritti aeroportuali, in attuazione anche delle direttive del
Ministro;
o) attività di ricerca, studio e promozione nel settore dell'aviazione civile;
p) consulenza tecnica, giuridica, economica ed operativa; formazione, aggiornamento e riqualificazione
professionale, attività peritale, nonché certificazione dei sistemi di qualità, nel settore dell'aviazione
civile;
q) ogni altra attività nel settore dell'aviazione civile che non sia riservata per legge alla esclusiva
competenza di altri soggetti.
A seguito delle disposizioni contenute nell’emendamento n° 4 all’Annesso 14 dell’ICAO, l’ENAC, in data
30 Settembre 2002, ha emanato il Regolamento per la costruzione e l’esercizio degli Aeroporti, avente lo
scopo di disciplinare i requisiti per la costruzione delle infrastrutture, dei sistemi e degli impianti degli
aeroporti e i requisiti per la gestione dell’aeroporto stesso. Tale regolamento è una diretta conseguenza del
Decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti del 23 Maggio 2002: Recepimento dell’Annesso 14
ICAO “Aerodromi”, terza edizione del Luglio 1999 e successivi emendamenti, pubblicato sulla Gazzetta
Ufficiale n° 137 del 13 Giugno 2002.
Il Regolamento ENAC prescrive i requisiti, in materia di sicurezza delle infrastrutture aeroportuali, per
l’emissione e il mantenimento della certificazione degli aeroporti; esso riflette quindi gli standard
internazionali contenuti nell’Annesso 14 ICAO.
Con la prima edizione (30/09/2002) del Regolamento, l’ENAC ha definito gli standard di sicurezza da
applicare per le infrastrutture aeroportuali, con alcune differenze rispetto a quelli previsti dall’ICAO;
successivamente ha avviato il processo di revisione che, dopo un articolato iter burocratico, ha portato alla
seconda edizione del Regolamento (21/10/2003), edizione più conforme all’Annesso 14.
Agenzia Nazionale per la Sicurezza del Volo
Il Decreto Legislativo 25 febbraio 1999 n. 66 ha istituito l’Agenzia Nazionale per la Sicurezza del Volo
(ANSV). Tale Agenzia conduce l’inchiesta tecnica su ogni incidente aereo e su ogni inconveniente grave accaduto nel territorio italiano. Qualora non sia effettuata da altro Stato, l’Agenzia svolge l’inchiesta tecnica
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su incidenti e su inconvenienti gravi occorsi fuori dal territorio italiano ad aeromobili immatricolati in Italia o il
cui esercente sia una compagnia con sede legale in Italia.
L’ANSV ha sostanzialmente due compiti:
a) quello di svolgere le inchieste tecniche relative agli incidenti ed agli inconvenienti occorsi ad
aeromobili dell’aviazione civile, emanando, se necessario, le opportune raccomandazioni di
sicurezza (esulano dalla sua competenza le inchieste sugli incidenti e sugli inconvenienti occorsi ad
aeromobili di Stato);
b) quello di svolgere un’attività di studio e di indagine al fine di favorire il miglioramento della sicurezza
del volo.
Si tratta, pertanto, di una istituzione a connotazione prevalentemente investigativa che non ha,
diversamente dalle altre istituzioni aeronautiche, compiti di regolazione, controllo e gestione del sistema
aviazione civile.
Inoltre l'Agenzia provvede, in particolare, a:
a) proporre alle autorità aeronautiche competenti l'emanazione di provvedimenti diretti a salvaguardare
e migliorare la sicurezza del volo;
b) collaborare, ove richiesto, con l'autorità giudiziaria nello svolgimento di inchieste correlate a fatti
aeronautici;
c) assicurare i rapporti con enti, istituzioni ed operatori aeronautici nazionali ed esteri;
d) consentire, in regime di reciprocità, la partecipazione di rappresentanti dello Stato in cui è
immatricolato un aeromobile interessato da incidente o inconveniente grave alla relativa indagine
tecnica;
e) monitorare, ai fini della prevenzione, gli indicatori significativi emersi nel corso delle investigazioni;
f) monitorare gli incidenti occorsi ad apparecchi per il volo da diporto e sportivo.
Nell’espletamento dell’inchiesta tecnica, l'ANSV procede in conformità con quanto previsto dall’Annesso
13 dell'ICAO, che fornisce gli standard e le pratiche raccomandate ai fini della realizzazione delle indagini
tecniche sugli incidenti e sugli eventi di pericolo aeronautici.
L’ENTE CONTROLLORE EUROPEO: L’EASA
Il regolamento (CE) n. 1592/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio adottato il 15 luglio 2002,
pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee il 7 settembre 2002, ha di fatto aperto la strada a
una nuova regolamentazione comunitaria in materia di sicurezza e di protezione ambientale nell'aviazione
civile, consentendo la costituzione di una nuova Agenzia europea per la sicurezza aerea (EASA- European
Aviation Safety Agency) già operativa da settembre 2003.
L’EASA assume il compito di ente responsabile della produzione e dell’adozione di tutta la normativa di
sicurezza, inclusa quella relativa alla navigazione aerea ed agli aeroporti. Sotto l’egida dell’EASA, la
produzione di normativa deve seguire una procedura che assicuri la partecipazione di tutti i soggetti
interessati e la trasparenza delle decisioni adottate.
L’EASA è l’agenzia dell’Unione Europea alla quale sono stati affidati specifici compiti regolatori ed
esecutivi sulla sicurezza aerea. L’EASA è un punto chiave della strategia dell’Unione Europea per affermare
e mantenere un elevato livello di sicurezza dell’aviazione civile in Europa.
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La missione dell’Agenzia è duplice. Da un lato essa fornisce consulenza tecnica all’Unione Europea nella
stesura dei regolamenti e nella conclusione di accordi internazionali riguardanti la sicurezza aerea. Dall'altro
ha assunto, a partire dal 28 Settembre 2003, alcune funzioni operative prima svolte dalle Autorità
Aeronautiche dei paesi membri, quali l’omologazione dei prodotti aeronautici e l’emissione delle Prescrizioni
di Aeronavigabilità, mentre per le altre attività (rilascio dei Certificati di Navigabilità, approvazione delle
imprese di produzione e di manutenzione, rilascio delle licenze al personale di manutenzione, approvazione
delle organizzazioni di addestramento, ecc.) la responsabilità resta alle Autorità Aeronautiche nazionali sotto
la supervisione dell’EASA.
L’EASA è pertanto destinata a diventare nel futuro l’unica agenzia europea per la sicurezza nel settore
dell’aviazione civile, con l’obiettivo di garantire sicurezza mediante l’adozione di regole comuni e misure per
assicurare che i prodotti, le persone e le organizzazioni rispettino tali regole. In tal modo la UE si appresta a
divenire l’unica titolare del potere regolamentare, facendo di fatto perdere alle singole autorità nazionali la
loro autonoma individualità.
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2 - CLASSIFICAZIONE DEGLI AERODROMI E AREE AEROPORTUALI
L’Organizzazione per l’Aviazione Civile Internazionale (ICAO - International Civil Aviation Organization)
definisce l’aerodromo come “un’area di definite dimensioni, su terra o su acqua (comprendente anche
fabbricati, impianti e istallazioni), destinata in tutto o in parte ad essere impiegata per la partenza, l’arrivo ed
il movimento di superficie degli aeromobili”.
CRITERI DI CLASSIFICAZIONE
A seconda degli scopi, può essere utile suddividere gli aerodromi in categorie omogenee (Figura 1). In
particolare è possibile classificare gli aerodromi in funzione:
a. della proprietà;
b. del tipo di utenti;
c. del tipo di aeromobili cui sono destinati;
d. del Regolamento per la Navigazione Aerea;
e. delle caratteristiche fisiche;
f. dell’assistenza antincendio disponibile. Di seguito analizzeremo le varie classificazioni.
Figura 1- Classificazione degli aerodromi
8
Classificazione in funzione della proprietà
Gli aerodromi possono aver due tipi diversi di proprietari e, pertanto, possono essere suddivisi in:
a. statali: sono gli aerodromi di proprietà e gestiti dallo Stato e possono essere ulteriormente classificati
in civili, militari e misti (vedere successivo para 3);
b. privati: sono quegli aerodromi costruiti e gestiti da privati e la cui utilizzazione, salvo eventuali casi di
emergenza, è limitata agli aeromobili appartenenti al proprietario dell’aerodromo, o comunque da
questi autorizzati.
Classificazione in funzione del tipo di utenti
Gli utenti degli aerodromi possono essere civili o militari. A seconda del tipo di utenza , è possibile
classificare gli aerodromi in:
a. civili: tutti quegli aerodromi utilizzati prevalentemente dal traffico aereo civile. È possibile accettare il
criterio, invalso nell’uso, di classificare ulteriormente gli aerodromi civili in:
a.1. intercontinentali: aerodromi designati quali scali intercontinentali in cui affluisce il traffico a “lungo
raggio”;
a.2. internazionali: aerodromi dove si svolge rilevante traffico internazionale di linea e/o charter a “medio
e breve raggio”;
a.3. nazionali: aerodromi interessati da un consistente traffico nazionale (domestic flights) ed
eventualmente da una limitata attività charter internazionale;
a.4. regionali: aerodromi interessati da una modesta attività di aeromobili di dimensioni contenute che
operano su rotte a bassa frequentazione per servizi aerei transfrontalieri;
a.5. a traffico locale: aerodromi aperti al traffico dell’aviazione generale ed aerotaxi.
b. militari: tutti quegli aerodromi sorti per esigenze connesse alla difesa del territorio nazionale ed
impiegati o impiegabili a tale fine. Gli aerodromi militari possono essere classificati in:
b.1. armati: sono sede di Reparti o di Scuole di Volo;
b.2. attrezzati: pur non essendo né sede di Reparto né sede di Scuola di Volo, ospitano attività di volo
sia pure saltuarie e sono dotati di tutti i servizi prescritti per le Telecomunicazioni e l’Assistenza al
Volo, Sanitari, Antincendi, ecc., in misura proporzionata all’attività svolta;
b.3. custoditi: non rientrano nelle prime due categorie, ma sono provvisti di installazioni o immobili che
richiedono sorveglianza continua;
b.4. zone demaniali aeronautiche: sono zone di terreno suscettibili di essere trasformate in campi di
aviazione, ma sono sprovviste di attrezzature e di servizi.
c. misti: quando i compiti affidati ai Reparti di base lo permettono, alcuni aerodromi militari possono
accogliere il traffico commerciale.
È importante notare che gli aerodromi civili, tranne alcune eccezioni, sono sempre aperti al traffico militare e
non rientrano nella definizione di “aerodromi misti”.
9
Classificazione in funzione del tipo di aeromobili cui sono destinati
Un’altra possibile forma di classificazione degli aerodromi è quella che prende in considerazione il tipo di
aeromobili cui sono destinati. Utilizzando tale criterio è possibile distinguere gli aerodromi in:
a. aeroporti: con questo termine, normalmente, si individuano gli aerodromi basati su terra e destinati
ad aeroplani o elicotteri;
b. idroscali: sono gli aerodromi ubicati sul mare o altri specchi d’acqua, utilizzabili da idrovolanti o
aeromobili anfibi;
c. eliporti: sono quelle aree situate in un aerodromo o anche su edifici, destinate all’involo e all’approdo
di elicotteri;
d. aeroscali: sono quelle aree destinate alle manovre di atterraggio e decollo dei dirigibili;
e. aviosuperfici: sono quelle aree di terreno non classificate come aeroporti o eliporti, oppure specchi
d’acqua non classificati come idroscali, idonei a consentire le operazioni di determinati tipi di
aeromobili condotti da piloti in possesso di specifiche abilitazioni. Le aviosuperfici hanno lo scopo di
facilitare il diffondersi del mezzo aereo, senza essere soggette a tutte le impegnative norme e
prescrizioni che regolamentano l’apertura al traffico, il funzionamento degli aeroporti, non richiedono
la disponibilità di complesse e costose apparecchiature radioelettriche e possono essere realizzate
su qualsiasi località, compresi i ghiacciai.
Classificazione prevista dal Regolamento per la Navigazione Aerea
La classificazione appena vista non deve però essere confusa con quella riportata nel Codice della
Navigazione Marittima e Aerea e nel Regolamento per la Navigazione Aerea. Anche in questi testi il termine
“aerodromo” viene utilizzato in senso generico ma la definizione di “aeroporto” viene estesa anche agli
idroscali e agli aeroscali.
La classificazione riportata nell’articolo 6 del Regolamento per la Navigazione Aerea è la seguente:
– aeroporto: ogni località sia terrestre che acquea, destinata, anche in via temporanea, alla partenza,
all’approdo ed allo stazionamento degli aeromobili (agli effetti del Regolamento, sono considerati
aeroporti anche gli aeroscali per l’atterramento dei dirigibili e gli idroscali per l’ammaramento degli
idrovolanti);
– campo di volo: località istituita dallo Stato destinata al volo degli alianti, per la quale valgono, in quanto
applicabili, le norme previste per gli aeroporti privati;
– campo di fortuna: località indicata dal Ministero competente, utilizzata dagli aeromobili soltanto in
occasione di una forzata discesa (sui campi di fortuna a tal fine designati dallo stesso Ministero
possono operare gli aeromobili da turismo).
Classificazione in funzione delle caratteristiche fisiche
Un pilota, nel pianificare il suo volo, deve scegliere un aerodromo di destinazione con caratteristiche
fisiche che soddisfino le esigenze del suo aeromobile. È abbastanza facile intuire che un Boeing 747 (il
famoso “Jumbo”) non possa atterrare su una qualsiasi striscia ma avrà bisogno di piste con una determinata
larghezza e lunghezza. Inoltre, onde evitare di restare “intrappolato” in pista, il pilota dovrà considerare
anche la larghezza delle vie di uscita dalla pista.
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L’ICAO, al fine di dare a piloti ed operatori uno strumento rapido di classificazione degli aeroporti in
funzione delle loro caratteristiche fisiche, ha stabilito una speciale forma di codificazione detta “codice di
riferimento dell’aerodromo (aerodrome reference code)”. Il codice di riferimento è basato sulle dimensioni e
sulle esigenze operative del tipo di aeromobile che si prevede utilizzerà maggiormente lo scalo, ossia tra tutti
i vari tipi di aeromobili utilizzatori verrà scelto quello con le maggiori esigenze nelle fasi di decollo e
atterraggio e in quelle di rullaggio e parcheggio (aereo critico).
Il codice è formato da due elementi:
a. un elemento numerico, costituito da una cifra da “1” a “4” compreso;
b. un elemento alfabetico, costituito da una lettera dalla “A” alla “F” compresa.
L’elemento numerico viene determinato in base alle esigenze dell’aeromobile durante le fasi di decollo e
atterraggio e serve per stabilire le caratteristiche della pista di volo e delle superfici di limitazione degli
ostacoli. Nel determinare l’elemento numerico si fa riferimento alla lunghezza di campo caratteristica
dell’aereo critico (aeroplane reference field lenght). ossia “la minima lunghezza di campo necessaria per
decollare al peso massimo certificato per il decollo, in condizioni di Atmosfera Standard, in aria calma e con
una pendenza di pista nulla.
L’elemento alfabetico si riferisce alle esigenze di manovra dell’aeromobile nelle fasi di rullaggio e
parcheggio, espresse in termini di apertura alare e di distanza tra i bordi esterni delle ruote del carrello
principale (figura 2).
Figura 2 – Apertura alare e distanza tra i bordi esterni delle ruote del carrello principale di un velivolo
Per la determinazione effettiva del codice di riferimento è sufficiente, una volta determinato l’aereo critico
del nostro aerodromo, utilizzando la tabella 1:
a. inserire la lunghezza caratteristica di campo e verificare la cifra corrispondente;
b. inserire l’apertura alare e la distanza tra i bordi esterni delle ruote del carrello principale, verificare le
lettere corrispondenti e adottare quella cui corrispondono le maggiori esigenze.
11
Tabella 1- Codice di riferimento dell’aerodromo
Classificazione in funzione dell’assistenza antincendio disponibile
Il decollo e l’atterraggio sono, purtroppo, notoriamente conosciuti come le fasi più pericolose di un volo.
Un pilota, in fase di pianificazione non può semplicemente limitarsi a verificare che sull’aeroporto esista un
servizio antincendio ma, in funzione delle caratteristiche del suo velivolo, dovrà accertarsi che tale servizio
sia adeguato ad una eventuale necessità in caso di incidente.
L’ICAO ha stabilito una apposita classificazione antincendio degli aeroporti, articolata in 10 categorie, e
definita in base a:
– quantità e qualità degli agenti estinguenti;
– numero veicoli antincendio operativamente disponibili degli aeroporti.
Nel determinare le categorie vengono tenute in considerazione anche le dimensioni massime degli
aeromobili che generalmente operano sull’aerodromo, espresse in termini di lunghezza e larghezza della
fusoliera (tabella 2). La categoria antincendio indica, quindi, il livello di protezione garantito sull’aerodromo.
12
Tabella 2 – Categoria antincendio degli aerodromi
LE AREE AEROPORTUALI
In base alle operazioni che vi avvengono, ogni aeroporto è stato suddiviso nelle seguenti aree:
a. Area di Atterraggio;
b. Area di Manovra;
c. Area di Movimento.
L’Area di Atterraggio
Un aerodromo nasce per consentire l’esecuzione in sicurezza delle manovre di atterraggio e decollo
degli aeromobili, ma anche per il parcheggio, il rifornimento, la manutenzione, l’imbarco/sbarco dei
passeggeri, ecc... Quella parte di un aerodromo destinata proprio alle manovre di atterraggio e decollo è
conosciuta come “Area di Atterraggio”. Infatti, l’ICAO definisce l’Area di Atterraggio (Landing Area) come
“quella parte dell’Area di Movimento destinata all’atterraggio o al decollo degli aeromobili”.
Si sarebbe portati ad associare l’Area di Atterraggio alla pista di decollo. In realtà, tale visione sarebbe
restrittiva in quanto su uno stesso aerodromo possono coesistere una o più piste ma anche altre aree di
decollo destinate ad esempio agli elicotteri o agli aeromobili VTOL (Vertical Take-Off and Landing -
aeromobili a decollo e atterraggio verticale).
In base al tipo di operazioni che sono destinate ad ospitare, le piste vengono normalmente suddivise in
due categorie:
a. piste STRUMENTALI;
b. piste NON STRUMENTALI;
13
dove per strumentali s’intendono quelle piste che possono essere utilizzate anche in condizioni
meteorologiche tali da dover far ricorso a strumenti (radioassistenze o altri ausili) per condurre
l’avvicinamento alla pista stessa.
Le piste strumentali sono ulteriormente suddivise in:
– piste di PRECISIONE;
– piste NON DI PRECISIONE;
dove per piste di precisione s’intendono quelle piste servite da apparati in grado di guidare l’aeromobile
non solo sul piano orizzontale (allineamento con la pista) ma anche su quello verticale (sentiero di discesa).
Infine, le piste di precisione possono essere ulteriormente suddivise in base all’accuratezza che gli apparati
sono in grado di garantire, ossia fino a quale posizione possono guidare un aeromobile in sicurezza. In base
a tale parametri, le piste possono essere classificate in:
– piste per avvicinamenti di I categoria;
– piste per avvicinamenti di II categoria;
– piste per avvicinamenti di III categoria, ulteriormente suddivisa in 3 sottocategorie (A, B, e C);
dove la I categoria è quella meno precisa mentre la categoria III C è quella che consente di atterrare
anche in condizioni di visibilità nulla (Figura3).
Figura 3: Classificazione delle piste aeroportuali
L’Area di Manovra
L’Area di Manovra (Manoeuvring Area) è definita come “quella parte di un aerodromo che deve essere
usata per il decollo, l’atterraggio e per il rullaggio degli aeromobili, escludendo i piazzali”.
Pertanto, fanno parte dell’Area di Manovra le Piste e le altre Aree di Atterraggio (ad esempio i campi
erbosi e le aree di atterraggio per gli elicotteri), nonché tutte le vie di circolazione che conducono a tali aree.
Non fanno invece parte di tale area la zona manutenzione, gli hangars, i piazzali di parcheggio.
Una via di rullaggio (taxiway) è “un percorso determinato su di un aerodromo terrestre, adibito al
rullaggio degli aeromobili e che intende garantire un collegamento tra due parti dell’aerodromo stesso,
includendo:
14
a. il corridoio di rullaggio per la zona di stazionamento dell’aeromobile (aircraft stand taxilane): una parte
del piazzale designata come una via di rullaggio e destinata solamente a permettere l’accesso
dell’aeromobile alle aree di stazionamento.
b. via di rullaggio del piazzale (apron taxiway): una parte del complesso delle vie di rullaggio situata su
un piazzale e destinata a fornire un percorso di rullaggio attraverso il piazzale.
c. Via di rullaggio di uscita rapida (rapid exit taxiway): una via di rullaggio collegata, con la pista ad
angolo acuto e designata per permettere agli aeromobili in atterraggio di uscire a una velocità
maggiore di quella ottenibile su altre vie di rullaggio di uscita e perciò ridurre al minimo il tempo di
occupazione della pista”.
L’Area di Movimento.
L’Area di Movimento (Movement Area) per definizione è “quella parte di un aerodromo che deve essere
utilizzata per il decollo, l’atterraggio ed il rullaggio degli aeromobili, comprendente l’Area di Manovra ed i
piazzali”, ossia qualsiasi area, pavimentata o non, sulla quale un aeromobile possa transitare.
Tale area comprende quindi, oltre alle aree di atterraggio e alle taxiway, anche i piazzali di parcheggio,
le piazzole prova motore e i piazzali della zona manutenzione.
Aree strettamente connesse alla pista
Oltre alla pista propriamente detta, esistono altre aree, adiacenti o nelle immediate vicinanze, che sono in
stretta connessione con la pista stessa influenzando le sicurezza delle operazioni degli aeromobili.
Tra queste aree possiamo individuare:
a. la stopway;
b. la clearway;
c. le banchine;
d. la striscia;
e. l’area di sicurezza di fondo pista.
Stopway
Il pilota deve sempre prevedere qualche avaria nella fase di decollo e, in alcuni casi, può essere
costretto ad interrompere il decollo. A causa di considerazioni economiche, non sempre è possibile
prolungare la pista in modo da renderla sicura per tutti gli aeromobili; in alcuni casi, al fine di creare un
adeguato margine di sicurezza e lo spazio a disposizione lo consente, può essere realizzata una zona di
arresto (stopway - SWY) ad una o ad entrambe le estremità della pista.
La stopway è definita come “una superficie rettangolare sul suolo, posta alla fine della pista disponibile
per il decollo, preparata per consentire l’arresto di un aeromobile in caso di decollo interrotto”.
15
Clearway
La clearway (CWY) è “un’area rettangolare definita, sul terreno o sull’acqua, sotto il controllo dell’appropriata
autorità, scelta o preparata in modo da costituire un’area al di sopra della quale un aeromobile può effettuare
una parte della sua salita iniziale fino ad una specificata altezza”.
Tale area ha inizio immediatamente dopo la fine della pista disponibile per il decollo ed il terreno e,
sebbene possa essere leggermente sconnesso e contenere canali di irrigazione, deve essere spianato e
libero dagli ostacoli per consentire il completamento della fase di involo in piena sicurezza.
La clearway viene considerata dai piloti per la valutazione della distanza totale utile per completare le
due fasi del decollo.
Shoulders
Le banchine (shoulders) sono delle “aree adiacenti al bordo di superfici pavimentate e servono per
garantire una transizione tra la zona pavimentata e le altre superfici attigue”.
Nel caso di banchine relative ad una pista (runway shoulders), queste devono essere in grado di
sopportare il peso di un aeromobile che esca di pista senza procurargli danni strutturali o quello di veicoli
che operino sulla banchina stessa.
Runway Strip
La “striscia di pista” è “un’area definita che include la pista e, se prevista, la stopway, e serve a ridurre il
rischio di danneggiamento nel caso in cui un aeromobile esca lateralmente dalla pista stessa, nonché per
proteggere gli aeromobili che la dovessero sorvolare nelle fasi di decollo e di atterraggio”.
16
Runway End Safety Area - RESA
L’area di sicurezza di fondo pista (Runway End Safety Area - RESA) è “un’area simmetrica rispetto
all’asse centrale della pista, adiacente alla fine della striscia avente lo scopo principale di ridurre il rischio di
danneggiamento ad un aeromobile che tocchi prima dell’inizio della pista o che esca dalla pista in fase di
decollo”.
DISTANZE DICHIARATE DI UNA PISTA AEROPORTUALE
Le caratteristiche fisiche della pista influenzano le operazioni di decollo ed atterraggio e, in particolare la
pianificazione che viene effettuata prima di tali manovre. Per agevolare il lavoro dei piloti, sulle pubblicazioni
di informazioni aeronautiche (AIP e PIV) sono riportate le cosiddette “distanze dichiarate” (Decleared
Distances) della pista.
Per decollo si intende “una operazione che fa passare l’aeromobile dall’immobilità al suolo ad una
situazione di volo sicura, condizione che si considera raggiunta quando si sono ottenuti appropriati valori di
velocità e di altezza dal livello della pista”.
Il decollo può essere distinto in due fasi:
– la corsa di decollo: ossia il rullaggio compiuto sulla pista allo scopo di raggiungere la velocità di distacco
(lift-off speed);
– l’involo: cioè la traiettoria effettuata dopo il distacco fino a raggiungere 10,7 m (35 ft) rispetto al livello
della pista.
17
Durante la corsa di decollo l’aeromobile può utilizzare tutta o parte della pista, mentre durante l’involo
l’aeromobile deve poter sorvolare una zona libera da ostacoli.
La lunghezza di pista disponibile per la corsa di decollo viene chiamata TORA (Take Off Run Available). La
TORA è quindi la lunghezza della pista dichiarata disponibile ed idonea per la corsa al suolo di un
aeromobile in decollo; normalmente è pari alla lunghezza della pista (anche in presenza di soglia spostata –
displaced threshold).
Nel computo della distanza totale utile per completare le due fasi del decollo si deve tener conto della
eventuale clearway. Tale distanza è conosciuta come distanza di decollo disponibile (TODA = Take Off
Distance Available) ed è costituita dalla somma di TORA e clearway (TODA = TORA + CWY).
La TODA in pratica è la distanza disponibile per completare l’involo e deve consentire agli aeromobili che
usano quella pista di decollare, anche con potenza ridotta a causa di avaria a uno o più motori, fino a
raggiungere 10,7 m (35 ft) rispetto al livello della pista.
Non sempre, in caso di decollo mancato, è possibile frenare l’aeromobile entro la TORA indicata per la
pista in uso. Per ovviare a tale problema e creare un adeguato margine di sicurezza per tutti gli aeromobili
che si prevede che utilizzeranno quella pista si può realizzare un’area denominata stopway, posizionata
subito alla fine della pista stessa. L’insieme della pista e della stopway viene denominato ASDA (Accelerate
and Stop Distance Available) e costituisce la distanza utile per accelerare e fermarsi in caso dell’insorgere di
un avaria (ASDA = TORA + SWY).
Gli aeromobili che si avvicinano alla pista toccano terra in una zona della pista chiamata “zona di contatto”
(touch-down zone), che si trova normalmente a 150/300 m dopo la soglia pista in funzione delle
caratteristiche fisiche della pista stessa.
L’atterraggio può anche avvenire oltre tale zona; in tal caso si dice che l’aeromobile ha effettuato un
atterraggio “lungo”. Se invece atterra prima della zona di contatto, si dice che l’aeromobile ha effettuato un
atterraggio “corto”.
Effettuando la “corsa di atterraggio” lungo la pista, l’aeromobile rallenta fino alla velocità normale di rullaggio;
l’attrito delle ruote sulla pista, l’eventuale pendenza della pista, l’azione del vento e l’eventuale presenza di
acqua sulla pavimentazione influiscono sulla decelerazione dell’aeromobile.
18
Nella maggior parte degli aeromobili è inoltre possibile sfruttare la forza del motore/i per arrestare
l’aeromobile in minor spazio azionando il cosiddetto “reverse”.
La lunghezza di pista necessaria per completare la corsa di atterraggio dipende principalmente dalle
caratteristiche proprie dell’aeromobile. Il pilota, prima di decidere di atterrare su di un aerodromo, deve ben
valutare la lunghezza di pista disponibile per l’atterraggio (Landing Distance Available o LDA), ossia la
lunghezza di pista dichiarata disponibile ed idonea per la corsa di decelerazione di un aeromobile in
atterraggio.
L’LDA è normalmente pari alla TORA tranne in presenza di soglia spostata (displaced threshold); in tal caso
l’LDA è pari alla differenza tra la TORA e la porzione di pista che precede la soglia spostata (LDA = TORA –
Displaced Threshold).
Nel calcolo dell’LDA non deve essere considerata la stopway; questo perché è bene che l’atterraggio venga
programmato solo su aerodromi dove si è in grado di completare la corsa al suolo entro la pista disponibile.
19
3 - IL PROGETTO DI UNA PISTA AEROPORTUALE
COEFFICIENTE DI UTILIZZAZIONE
Nella tecnica delle costruzioni aeroportuali si parla di coefficiente di utilizzazione di una pista o di un
complesso di piste di volo, riferendosi alla percentuale di tempo durante il quale l’uso, in decollo o in
atterraggio, di una pista o di un sistema di piste non è limitato, per effetto di una eccessiva intensità della
componente trasversale del vento.
Nel progetto di un nuovo aeroporto l’ICAO raccomanda di prevedere un numero di piste ed un loro
orientamento tale da poter raggiungere un coefficiente di utilizzazione non inferiore al 95%. Nel caso in cui
non sia possibile raggiungere il valore minimo del 95%, l’Annex 14 raccomanda di realizzare una pista
secondaria con diverso orientamento rispetto a quella principale.
ORIENTAMENTO E NUMERO DELLE PISTE
L’orientamento di una pista è influenzato da diversi fattori, quali la distribuzione dei venti e la morfologia del
sito.
La direzione preferibile per l’orientamento di una pista nei confronti del vento è quella per la quale si hanno il
massimo coefficiente di utilizzazione e le minime componenti laterali del vento.
Per effettuare l’analisi delle direzioni del vento si fa ricorso a una rappresentazione grafica, nota come
diagramma polare delle intensità e delle frequenze (figura 1).
Figura 1 – Diagramma polare delle intensità e delle frequenze
Tale diagramma è costituito da una serie di cerchi concentrici tagliati da linee radiali. Ogni circonferenza
definisce la frontiera tra famiglie di venti di intensità variabile. Le linee radiali sono disegnate in modo che
l’asse dell’area compresa tra ogni coppia successiva di linee sia centrata lungo la direzione del vento che si
va a riportare.
20
Le velocità registrate per ogni direzione, in un determinato intervallo di tempo, vengono convertite in
percentuali e registrate all’interno del settore corrispondente.
Un metodo per l’individuazione dell’orientamento ottimale è quello di tracciare due linee parallele e la loro
linea d’asse, la distanza tra le due linee e l’asse è rappresentativa dell’intensità dei venti laterali accettabile.
Ruotando lo schema intorno al punto centrale, fino a che la somma delle percentuali dei singoli settori
compresi all’interno delle linee esterne del limite del vento laterale risulta massimizzata, si perviene
all’orientamento ottimale della pista.
La figura 2 riporta, a titolo di esempio, un diagramma completo utilizzato per la definizione dell’orientamento
della pista.
Figura 2 – Esempio di diagramma polare delle intensità e delle frequenze
DETERMINAZIONE DELLA LUNGHEZZA DELLA PISTA
Per dimensionare correttamente la lunghezza di una pista di volo occorre analizzare le manovre degli
aeromobili abilitati ad utilizzare tale infrastruttura, facendo riferimento a quella che, relativamente all’aereo
critico, richiede maggiore lunghezza.
L’aereo critico o di progetto è definito come quell’aereo che, tra quanti operano con maggiore frequenza
nell’aeroporto, per il carico operativo richiede per le suddette manovre la maggiore lunghezza di pista.
DETERMINAZIONE DELLA LUNGHEZZA DI PISTA IN DECOLLO Per la determinazione della lunghezza di pista in decollo è necessario conoscere le procedure che
normalmente l’aereo compie per effettuare la manovra di decollo.
21
La manovra di decollo
L’avanzamento di un velivolo sulla pista e l’aumento della sua velocità vengono prodotti dalla spinta, fornita
dalle eliche e dai reattori. In questa fase, si generano delle forze sulle ali dirette dal basso verso l’alto che
determinano la portanza dell’aeromobile.
Quando la velocità raggiunge un valore prestabilito, detto velocità di sostentamento, la portanza P risulta
uguale al peso dell’aereo G che, pertanto non grava più sulla pista. La velocità di sostentamento (Vsost) è
data dalla seguente relazione:
!
Vsost =2G
"# Cp # S
essendo:
ρ = densità dell’aria;
Cp = coefficiente di portanza, funzione dell’assetto al decollo prescelto (angolo dei flap e dei slat scelt),;
S = superficie alare.
Il valore della portanza dipende dalle caratteristiche del profilo alare, dalla superficie complessiva delle ali e
dall’inclinazione di queste ultime rispetto alla direzione del moto.
Durante la corsa di decollo l’a/m raggiunge una velocità V1, detta velocità di decisione, funzione tra l’altro del
peso di decollo. Se alla velocità V1 avvenisse un’improvvisa avaria ad un motore, con riduzione della spinta
totale, il pilota potrebbe scegliere se proseguire ugualmente la manovra o se arrestare l’a/m.
Superata la V1 l’a/m raggiunge una velocità VR (Rotation speed) in corrispondenza della quale il pilota,
abbassando i piani di coda, provoca una rotazione con sollevamento dal suolo del carrello anteriore.
Alla velocità VLO>VR (Lift-Off speed) l’aeromobile si stacca dalla pista e, alla quota di 35 ft (10,5 m) riferiti al
punto più basso del velivolo, si considera convenzionalmente conclusa l’operazione di decollo e ha inizio la
fase di allontanamento; la velocità di allontanamento è detta V2.
Nel caso che, durante la corsa di decollo, prima che l’a/m raggiunga la velocità V1, si verifichi un’avaria il
pilota deve interrompere la manovra e fermare il velivolo; nel caso in cui l’avaria si verifichi ad una velocità
superiore a V1 il pilota deve proseguire nella manovra di decollo. A causa della diminuzione di spinta e
quindi del valore di accelerazione esprimibile, l’aeromobile avrà bisogno di maggiore spazio per raggiungere
la VR e la VLO ed avrà un rateo di salita più basso. Di conseguenza raggiungerà la quota di 35 ft ad una
distanza dal punto di rilascio freni superiore al caso del decollo con tutti i motori efficienti.
Bisogna sottolineare che il valore di V1 non è unico per ogni a/m ma può essere scelto dal pilota al momento
del decollo all’interno di un intervallo di definizione caratteristico di ciascun aereo, nelle condizioni di peso,
atmosferiche e di assetto in cui avviene il decollo. Il limite superiore dell’intervallo di definizione rappresenta
il minimo valore di V1 al quale gli organi di controllo aerodinamico dell’a/m sono ancora efficaci. Il limite
inferiore rappresenta invece il massimo valore di V1 al quale gli organi di frenatura meccanica dell’aereo
riescono ancora ad essere efficaci.
Distanze richieste dagli aeromobili in decollo
L’ICAO definisce le distanze richieste dagli aeromobili per effettuare il decollo nel caso ordinario e in quelli di
decollo abortito e di decollo con motore in avaria. Tali distanze sono così definite:
Ø T.O.D (Take-off Distance) è la maggiore tra le seguenti distanze:
22
1. la distanza compresa tra il punto di rilascio freni ed il punto in cui l’a/m, con avaria alla
velocità V1 del motore critico (quello che, in caso di avaria, produce la maggior perdita di
potenza), raggiunge la quota di 35 ft sulla pista;
2. la stessa distanza nel caso di motori efficienti, incrementata del 15%.
Ø T.O.R. (Take-Off Run) è la maggiore tra le seguenti distanze:
1. la distanza compresa tra il punto rilascio freni e il punto intermedio tra il punto
corrispondente a V=VLO e il punto il cui l’a/m raggiunge la quota di 35 ft, con un motore in
avaria alla velocità V2.
2. la stessa distanza, con motori efficienti, incrementata del 15%.
Ø A.S.D. (Acceleration-Stop Distance) è la distanza compresa tra il punto rilascio freni e il punto in cui
si arresta il velivolo in caso di avaria alla velocità V1.
La lunghezza da assegnare alla pista con riferimento alle operazioni di decollo, è la maggiore tra le tre
distanze sopra definite.
Determinazione della lunghezza di pista per il decollo
Per determinare le distanze richieste dagli a/m occorre studiare il moto del velivolo a terra e nelle immediate
vicinanze del suolo. Tale moto è composto da tre fasi:
- fase di rullaggio: il velivolo partendo praticamente da fermo in corrispondenza della testata della
pista, percorre una distanza L1 fino a raggiungere la velocità di rotazione VR;
- fase di manovra: l’aereo prosegue la sua corsa in accelerazione con i pneumatici dei soli carrelli
posteriori al suolo, fino a raggiungere la condizione di portanza massima. Al termine di questa fase,
durante la quale viene percorso la distanza L2, si avvia il distacco dal suolo;
- fase di salita: l’a/m inizia la traiettoria di involo in modo da raggiungere un’altezza di 35 ft,
percorrendo lo spazio L3.
Nella fase di rullaggio le forze agenti sul velivolo sono:
§ lo sforzo di trazione T, supposto per semplicità costante ed agente in direzione parallela al suolo;
§ il peso totale massimo del velivolo W;
§ la forza di inerzia Fi, ossia:
!
Fi =Wg"
dvdt
dove g rappresenta l’accelerazione di gravità e dv/dt l’accelerazione in atto;
§ la resistenza complessiva al moto R, somma della resistenza dovuta al rotolamento (Rrot) e della
resistenza aerodinamica (Raerod). In particolare risulta:
!
Rrot = f W "12
Cp#Sv2$
% &
'
( )
!
Raerod =12
Cr"Sv2
dove:
f : coefficiente di aderenza tra le ruote del carrello e la pavimentazione della pista;
Cp : coefficiente di portanza legato alla fase di rotolamento;
23
Cr : coefficiente di resistenza aerodinamica;
ρ : densità dell’aria;
S : sezione trasversale del velivolo;
v : velocità del velivolo.
Per l’equilibrio del velivolo deve essere soddisfatta la seguente relazione:
T - R - Fi = 0
Dalla quale è possibile ricavare lo sforzo acceleratore come differenza tra lo sforzo di trazione e la somma
delle resistenze:
!
Wg"
dvdt
= T # f W #12
Cp$Sv2%
& '
(
) * +
12
Cr$Sv2+
, -
.
/ 0
La soluzione analitica della relazione precedente fornisce il valore dell’accelerazione da utilizzare per il
calcolo della distanza L1; tale soluzione risulta però assai complessa, in quanto i coefficienti f, CP e Cr non
sono costanti. Operando invece in modo grafico, il calcolo della L1 può dedursi costruendo il diagramma che
fornisce gli sforzi di trazione e le resistenze in funzione della velocità. Difatti, poiché le ordinate comprese tra
le curve R e T rappresentano gli sforzi acceleratori si potranno determinare le accelerazioni alle varie
velocità.
Se a questo punto si costruisce un diagramma nel piano cartesiano ponendo in ascissa la velocità v,
variabile nell’intervallo 0÷VR e in ordinate il rapporto v/a tra la velocità e la corrispondente accelerazione,
l’area da esso sotteso rappresenta proprio lo spazio di rullaggio L1 (fig.3), ovvero:
!
S1 =va0
VR
" dv = vdt0
VR
"
Figura 3- Diagramma per la determinazione dello spazio di rullaggio in decollo
Nella fase di manovra affinché il velivolo si stacchi dal suolo occorre un certo tempo tm (mediamente pari a 2
secondi), durante il quale l’aereo percorre la distanza L2 valutabile con la seguente espressione:
!
L2 = v" tm
essendo v variabile da VR alla velocità V2 di stacco.
Nella fase di salita, infine, il velivolo si stacca dal piano della pista e percorre, in accelerazione, una
traiettoria con pendenza p in salita non minore del 3%. Tale fase termina nel momento in cui l’a/m raggiunge
la quota di 10,7 m, dopo aver percorso lo spazio L3 sul piano della pista, ne consegue che:
24
!
L3 =10,7
p
In definitiva la distanza richiesta dal velivolo per il decollo risulta pari a:
Ld = L1 + L2 + L3
In questo modo si definisce una lunghezza caratteristica che è la lunghezza di una pista orizzontale (i=0),
posta a livello del mare, velocità del vento nulla, e superficie della pista pavimentata, asciutta in
calcestruzzo, in condizioni di “atmosfera tipo” cioè: aria asciutta, temperatura di 15°C, pressione barometrica
760 mm.
Per tenere conto delle condizioni reali (diverse da quelle standard), occorre correggere opportunamente la
distanza Ld. L’ICAO suggerisce, a tal proposito, il cosiddetto metodo del fattore di correzione medio che
prevede i seguenti incrementi della lunghezza base calcolata:
- incremento del 7% per ogni 300m di altitudine sul livello del mare;
- incremento del 10% per ogni 1% di pendenza longitudinale media positiva della pista;
- incremento dell’1% della lunghezza base per ogni 1°C di eccedenza della temperatura di riferimento
rispetto alla temperatura dell’atmosfera tipo a quella quota.
Nello specifico la temperatura di riferimento dell’aeroporto è definita dalla seguente espressione:
!
T = T1 +T2 " T1
3
essendo:
T1: temperatura media quotidiana, calcolata nelle 24 ore del mese più caldo;
T2: medie delle temperature massime diurne del mese più caldo.
Le correzioni di cui sopra sono correzioni medie, che possono essere più o meno valide a seconda del tipo
di a/m; perciò, nella pratica per il calcolo della lunghezza della pista, è più corretto servirsi dei diagrammi di
prestazione degli aa/mm, forniti dalle case costruttrici.
I diagrammi di prestazione degli aeromobili Le distanze richieste variano per ogni aeromobile al variare delle condizioni in cui avviene il decollo; i
parametri che concorrono al raggiungimento di tali distanze per un dato a/m sono il peso e l’assetto al
decollo, la temperatura atmosferica, la quota della pista, l’intensità e la direzione del vento, l’uso o meno
dell’impianto di condizionamento e dell’impianto antighiaccio, pendenza della pista e suo stato superficiale
(asciutta, bagnata, innevata).
I controlli tesi a verificare la compatibilità fra distanze richieste dall’a/m e distanze disponibili della pista e la
determinazione del peso massimo al decollo compatibile con la lunghezza di pista disponibile, vengono
effettuati dal pilota prima del decollo, utilizzando apposite tabelle. Per rendersi conto di come ogni parametro
influenzi l’entità delle distanze richieste al decollo da un dato a/m è necessario consultare le curve di
prestazione ad esso relative, fornite dalle cosa costruttrici (Figura 4).
Tali curve sono di grande aiuto anche in fase progettuale per determinare le lunghezze delle runway,
stopway e clearway più opportune.
25
Figura 4 – Curva di prestazione dell’MD11
Questi diagrammi possono essere utilizzati quindi, per determinare il massimo peso al decollo consentito
con una determinata lunghezza di pista o viceversa.
Diagramma payload range
La lunghezza di pista ha una influenza diretta sulla distanza che gli aa/mm che la impegnano possono
coprire in volo. È pertanto necessario, data una lunghezza di pista, capire qual è il peso massimo che l’aereo
può avere al decollo. Il peso di un aereo infatti può essere molto diverso a seconda se esso ha imbarcato il
massimo numero di passeggeri e di merci possibili per la sua capacità (carico pagante o payload) e se ha
riempito o meno i serbatoi di carburante. Questi due pesi, tipici per ogni a/m, influenzano la distanza (range)
che esso può compiere in volo. La relazione tra payload e range è riportata in figura 5.
La distanza che può percorrere un velivolo in volo dipende, oltre che dal peso del carico pagante e del
carburante, anche da molteplici fattori, quali: le condizioni meteorologiche durante il volo, dalla quota di volo,
dalla velocità e del vento. Le case costruttrici forniscono i diagrammi payload-range per una giornata
standard e in assenza di vento.
26
Figura 5- Diagramma Payload-range dell’MD11
DETERMINAZIONE DELLA LUNGHEZZA DI PISTA IN ATTERRAGGIO
Per la determinazione della lunghezza di pista in atterraggio è necessario conoscere le procedure che
normalmente l’aereo compie per effettuare tale manovra.
La manovra di atterraggio
L’atterraggio è la manovra che consente al velivolo di passare dalla quota di volo al suolo. Se la manovra è
eseguita correttamente il velivolo deve toccare terra con velocità verticale nulla ed arrestarsi nel minimo
spazio. In pratica difficilmente è realizzabile questa condotta di volo, soprattutto per quanto attiene alla prima
condizione; in ogni caso la velocità verticale deve essere la minima possibile, per non sovraccaricare
eccessivamente il carrello. Le norme stabiliscono che deve intendersi per distanza di atterraggio la distanza
necessaria ad arrestare il velivolo, partendo dalla sommità di un ostacolo alto 15 metri posto all’inizio della
pista. Se in prossimità delle piste esistessero ostacoli di maggiore altezza, sarebbero questi a condizionare
la distanza di atterraggio.
Determinazione della distanza e del tempo di atterraggio
Con riferimento a quanto ipotizzato nel paragrafo precedente, la distanza di atterraggio, indicata con La,
può essere suddivisa in tre fasi caratterizzate da specifiche peculiarità (fig. 6):
• discesa;
• manovra;
• rullaggio.
A queste che rappresentano le fasi proprie dell’atterraggio, bisognerebbe aggiungere quella di
avvicinamento che porta il velivolo dalla quota di volo alla sommità dell’ostacolo.
27
Figura 6 - Rappresentazione schematica delle fasi di atterraggio.
L’avvicinamento alla pista può avvenire mediante un volo a vista o di tipo strumentale. I voli a vista
vengono condotti esclusivamente in base a riferimenti visuali e possono effettuarsi soltanto in determinate
condizioni meteorologiche denominate Visual Meteorological Conditions VMC, per questi voli si osservano le
regole di navigazione denominate Visual Flight Rules VFR. I voli strumentali vengono invece condotti con
opportuni strumenti di navigazione e avvengono in condizioni denominate Instrument Meteorological
Condition IMC, in osservanza delle regole di navigazione Instrument Flight Rules IFR. Gli avvicinamenti
strumentali possono ulteriormente essere suddivisi in avvicinamenti di precisione e di non precisione, a
seconda che si utilizzino o meno guide elettroniche di precisione (sistemi ILS, MLS, etc.) per individuare la
corretta pendenza del sentiero di avvicinamento.
La manovra di atterraggio, risente sia dell’abilità del pilota che del tipo di propulsore. Particolare
attenzione occorre porre, inoltre, all’influenza del vento in quanto esso condiziona la pendenza e quindi la
lunghezza della traiettoria di discesa. Rispetto allo spazio in aria calma, un vento di coda comporta, a parità
di tutte le altre condizioni, una minore pendenza della traiettoria di discesa con conseguente aumento dello
spazio relativo. Con vento di prua, invece, la pendenza cresce e si riduce di conseguenza lo spazio.
Determinazione della distanza e del tempo di discesa in aria calma.
Durante questa fase di volo i regolamenti impongono che per motivi di sicurezza, connessi con la
possibilità di stallo per raffiche o errori di manovra del pilota, sulla sommità dell’ostacolo la velocità del
velivolo sia superiore alla minima aerodinamica nella configurazione di atterraggio di almeno il 30%, come
espressa dalla:
!
Vd = 1,3Vst.ip
con Vst.ip: velocità di stallo con ipersostentatori estesi e carrello abbassato.
In base al triangolo ABH di figura 6, la distanza di discesa Ld può essere determinata con la seguente
relazione:
!
Ld =h
tg"d
28
L’angolo di pendenza della traiettoria, se non è stabilito diversamente, può essere valutato
considerando che la discesa avvenga in volo planato, ipotesi valida se il pilota fa uso dei freni aerodinamici
che annullano la trazione del propulsore. Con tale assunzione l’angolo di discesa, variabile tra 3° e 5°, può
essere valutato come:
!
tg"d =1
EH
dove EH è il valore assunto dall’Efficienza di volo alla sommità dell’ostacolo.
Quindi:
!
Ld = h" EH
con la quale è possibile valutare, con buona approssimazione, lo spazio di discesa.
Valutiamo ora il tempo che occorre per la discesa. Con riferimento alla figura 6 notiamo che il tempo
che il velivolo impiega per passare da H a B alla velocità Vd è lo stesso che impiegherebbe per coprire la
distanza AB alla velocità:
!
u = Vd " cos #d
dove u è componente orizzontale della Vd. Con tale considerazione il tempo impiegato dal velivolo per la
discesa sarà espresso dalla:
!
td =Ld
u=
h" EH
Vd " cos #d
Determinazione della distanza e del tempo di manovra in aria calma.
L’ultima fase della discesa consiste in un rallentamento della planata, che inizia ad una decina di metri
dal suolo. All’altezza del punto B’ (fig. 6), una decisa richiamata fa aumentare l’angolo d’incidenza e quindi la
portanza che frena la discesa del velivolo. Da questo momento la velocità diminuisce ulteriormente e il
contatto con il suolo, nel punto C, avviene nelle migliori condizioni di leggerezza a velocità molto bassa. I
regolamenti prescrivono che il tempo occorrente per compiere questa manovra sia non superiore a due
secondi. Nell’ipotesi che la velocità tra B’ e C non cambi molto e non sia diversa da quella di stallo, lo spazio
di manovra può valutarsi con la seguente relazione:
!
Lm = tm" Vst.ip = 2" Vst.ip
avendo posto, come precedentemente detto, tm=2 sec.
Determinazione della distanza e del tempo di rullaggio in aria calma
Nel punto C di fig. 4 il velivolo, a causa della manovra precedente, si presenta con la coda bassa e le
ruote principali del carrello toccano il suolo. Il pilota a questo punto disattiva i motori ed inizia la frenatura che
porterà all’arresto del velivolo. Durante il rullaggio agiscono sul velivolo le seguenti forze:
• la trazione T, che rappresenta la forza sviluppata dal propulsore in presenza di inversori o la
resistenza dovuta ad eventuale presenza di paracadute di frenamento o della trazione delle
eliche con passo invertito;
• il peso del velivolo W, supposto costante;
• la portanza P, variabile nel tempo in quanto tale è la velocità durante la corsa;
29
• la resistenza R, variabile nel tempo per la variabilità della velocità durante il moto;
• la resistenza di attrito Rat, dovuta al contatto delle ruote del velivolo con il suolo, variabile nel tempo
perché varia il peso che grava sulle ruote;
• la forza d’inerzia Fi.
Le equazioni di equilibrio dinamico del moto del velivolo sono espresse dalle seguenti relazioni:
!
Rts + T =Wg
a (1)
!
Rts =Wg
a (2)
dove con a si è indicata la decelerazione.
La (1) è valida per velivoli dotati di sistemi per l’inversione della spinta o del passo dell’elica o di
paracadute di frenamento, la (2) è valida nel caso in cui i motori sono spenti. In entrambe le equazioni con
Rts si indica la resistenza totale al suolo, somma di quella aerodinamica e di quella di attrito:
!
Rts = R +Rat =12"V2SCr# + $ f W %
12"V2SCp#
&
' (
)
* + = $ f W +
12"V2S Cr# % $ f Cp#( )
dove f’ rappresenta il coefficiente di attrito volvente. I valori di f’ variano da 0.4 a 0.6 per atterraggi su piste
asciutte in cemento, si riducono a 0,2 se le piste sono bagnate e scendono a 0,07 se le piste sono addirittura
ghiacciate. Si intuisce come in quest’ultimo caso l’azione dei freni sia del tutto inefficace per cui, per
contenere lo spazio di atterraggio entro limiti accettabili, occorre ricorrere a sistemi alternativi quali, ad
esempio, l’inversione della spinta. La ricerca dello spazio e del tempo di rullaggio può essere fatta ricorrendo
all’integrazione analitica o grafica delle (1) e (2), tenendo conto dell’espressione precedente. Un modo più
semplice e meno laborioso, che conduce a risultati ugualmente accettabili, è quello di considerare il moto del
velivolo uniformemente decelerato per tutta la corsa di rullaggio. Con tale assunzione si avrà:
!
Lr =12
atr2
Tenendo conto che il tempo di rullaggio, in modo analogo a quanto visto nel decollo per l’involo, è
esprimibile nel modo seguente:
!
tr =Vst.ip
a
la Lr diventa:
!
Lr =12
Vst.ip2
a
Circa i valori della decelerazione da adottare, i regolamenti consigliano i seguenti valori:
• 1.5 m/s2 per velivoli con semplice sistema frenante;
• 2 m/s2 per velivoli che adottano sistema frenante alle ruote con controllo automatico dello slittamento;
• 3 m/s2 per velivoli che oltre al sistema frenante alle ruote abbiano anche sistemi integrativi quali, ad
esempio, l’inversione della spinta.
Adoperando un valore medio di decelerazione pari a 2 le espressioni di Lr e di tr assumono la forma:
30
!
Lr =14
Vst.ip2
!
tr =12
Vst.ip2
In definitiva lo spazio ed il tempo totali necessari per l’atterraggio sono esprimibili nel modo seguente:
!
La = hEH + 2Vst.ip +14
Vst.ip2
!
ta =hEH
Vd cos "d
+ 2 +12
Vst.ip2
Generalmente il valore di La così ottenuto viene moltiplicato per un fattore di sicurezza, che i
regolamenti indicano in 1.67, per tenere conto delle diverse tecniche di atterraggio, della non perfetta
efficienza dei sistemi di frenatura o addirittura degli errori di manovra.
Come per il decollo, anche per la manovra di atterraggio, la distanza necessaria può essere ricavata in
base ai diagrammi di prestazione forniti dalle case costruttrici.
Diagrammi di prestazione all’atterraggio
Anche per l’atterraggio le case costruttrici degli aeromobili forniscono dei diagrammi di prestazione che
legano la lunghezza della pista richiesta per l’atterraggio alle caratteristiche prestazionali del velivolo.
L’impiego di tali diagrammi ha gli stessi scopi di quelli già visti per le operazioni di decollo: verifica di
compatibilità fra distanze richieste e quelle dichiarate o, in fase progettuale, determinazione della lunghezza
di pista e/o delle penalizzazioni in termini di peso per gli aa/mm previsti sulla pista in progetto.
A titolo di esempio si riporta in figura 7 il diagramma di prestazione all’atterraggio per l’A321.
Figura 7- Diagramma di prestazione in atterraggio dell’A321
31
4 - CARATTERISTICHE FISICHE DEGLI AEROPORTI SECONDO IL REGOLAMENTO ENAC
Il progetto di nuove infrastrutture o di rifacimenti di quelle esistenti deve soddisfare in maniera integrata i
requisiti del Regolamento ENAC e le esigenze derivanti dall’implementazione delle misure di security.
Nel presente capitolo sono riportati gli standard previsti dal Regolamento per i vari elementi di un aeroporto.
PISTE DI VOLO
Per pista si intende un’area rettangolare all’interno dell’aeroporto idonea all’atterraggio e al decollo dei
velivoli. A seconda che la pista sia strumentale o a vista sono applicabili caratteristiche specifiche. L’ENAC
stabilisce le distanze dichiarate sulla base dei dati forniti dal gestore.
Larghezza
La larghezza di una pista deve avere dimensioni non inferiori a quanto specificato nella seguente tabella:
Pendenza longitudinale
La pendenza longitudinale complessiva, calcolata dividendo la differenza di quota tra le due testate della
pista, misurata lungo l’asse, per la lunghezza della pista, non deve essere superiore a 1% (1:100) per le
piste con numero di codice pari a 3 o 4 e a 2% (1:50) per le piste con numero di codice pari a 1 o 2.
In nessuna porzione della pista la pendenza longitudinale può superare i limiti sottoindicati:
(a) 1,25% con numero di codice pari a 4;
(b) 1,50% con numero di codice pari a 3;
(c) 2,00% con numero di codice pari a 1 o 2;
La pendenza del primo e ultimo quarto di una pista di codice 3 o 4 non può essere superiore allo 0.8%.
Qualora non possano essere evitate variazioni di pendenza, la differenza tra due pendenze consecutive non
può superare i limiti sottoindicati:
(a) 1.5% con numero di codice pari a 3 o 4;
(b) 2.0% con numero di codice pari a 1 o 2;
In pista si devono evitare ondulazioni o cambiamenti apprezzabili tra le pendenze di porzioni di pista
contigue. La distanza in metri tra i punti di intersezione di due successive variazioni di pendenza non deve
essere inferiore alla somma (espressa in termini assoluti) delle due variazioni di pendenza moltiplicata per:
• 300 con numero di codice pari a 4;
• 150 con numero di codice pari a 3;
• 50 con numero di codice pari a 1 o 2.
La distanza minima tra due successive variazioni di pendenza non deve essere inferiore a 45 m.
32
Pendenze trasversali sulle piste pavimentate
Il rapido drenaggio dell’acqua da una pista pavimentata è facilitato da una sua configurazione a schiena
d’asino.
Nel caso di realizzazione di una nuova pista, pur essendo consigliabile una configurazione a schiena
d’asino, è accettabile una pendenza trasversale a falda unica dall’alto al basso nella direzione del flusso del
vento più frequentemente associato con la pioggia.
La sezione trasversale a schiena d’asino deve avere una pendenza massima pari a:
(a) 1.5% (1:66) per lettera di codice C, D, E, o F;
(b) 2% (1:50) per lettera di codice A o B;
e una pendenza minima dell’1%, ad eccezione delle intersezioni con piste o taxiway, dove possono
richiedersi pendenze meno accentuate.
Per una sezione trasversale a falda unica tale la pendenza trasversale deve essere compresa tra 1% e
1,5%.
Per piste a schiena d’asino già realizzate su aeroporti esistenti è ammessa una pendenza inferiore al 1%
purché sia assicurato un adeguato drenaggio dell’acqua con l’adozione di uno strato superficiale drenante
(PFC) o scanalato. In occasione del primo rifacimento della pista è comunque richiesto l’adeguamento a
quanto richiesto ai paragrafi precedenti.
Banchine di pista (Runway Shoulders)
Forti venti di traverso possono causare delle deviazioni significative dall’ asse pista. I motori, montati sulle ali
di aeromobili di grandi dimensioni, possono sporgere al di fuori dal bordo pista con il rischio di erodere con il
loro getto la superficie adiacente alla pista stessa. Ciò può causare polveri e la possibile ingestione di detriti
da parte dei motori.
Per risolvere i potenziali problemi devono essere realizzate delle banchine simmetriche rispetto all’asse per
piste con lettera di codice D, E o F per le quali la larghezza complessiva di pista più banchine sia di almeno:
(a) m 60 per piste di codice D ed E;
(b) m 75 per piste di codice F.
La superficie della banchina attigua alla pista deve essere a livello della superficie della pista e la sua
pendenza trasversale non deve superare il 2.5% (1:40). Per piste esistenti possono essere ammessi dislivelli
inferiori a 4 cm tra pista e banchina, da eliminare in occasione del primo rifacimento della pista.
Le banchine di pista devono essere in grado di sostenere gli aeromobili che utilizzano la pista, senza
causare danni strutturali agli stessi. Devono anche essere in grado di sostenere veicoli quali quelli
antincendio.
RUNWAY STRIP
La striscia di sicurezza della pista è una superficie che comprende la pista stessa e le stopway associate. Il
suo scopo è quello di:
(a) ridurre il rischio di danni ad un aeromobile che esce di pista mediante la rispondenza a specifici requisiti
relativi alle pendenze longitudinali e trasversali e alla portanza;
33
(b) proteggere gli aeromobili in volo sopra essa durante atterraggi, decolli, atterraggi e decolli abortiti,
fornendo loro un’area priva di ostacoli, ad eccezione di alcuni aiuti necessari alla navigazione aerea e
debitamente autorizzati.
La strip deve essere priva di ostacoli. Nella strip possono essere presenti attrezzature per aiuti visivi, radio e
radar, che non possono svolgere la loro funzione se ubicati fuori dalla strip stessa.
All’interno della strip non devono esistere colture agricole che costituiscano un ambiente favorevole allo
stazionamento degli uccelli o pericolo di incendio, o che possano ostacolare l’utilizzo degli aiuti visivi.
La porzione di strip posta fino a 30 m oltre la soglia deve essere preparata contro l’erosione provocata dal
getto dei motori, così da proteggere un aeromobile in atterraggio da un possibile impatto contro uno spigolo
vivo.
La strip deve avere caratteristiche tali da consentire l’intervento dei veicoli dei servizi di emergenza.
Lunghezza
Per piste di codice 2, 3, e 4, e strumentali di codice 1, la strip si estende oltre i fine pista e relative zone di
arresto per una distanza di almeno 60m. Per piste non strumentali di codice 1 tale distanza è di almeno 30
m.
Larghezza
La strip che comprende una pista strumentale deve estendersi simmetricamente rispetto all’asse pista per
almeno:
(a) 150 m per piste di codice 3 o 4;
(b) 75 m per piste di codice 1 o 2.
La strip che comprende una pista non strumentale deve estendersi simmetricamente rispetto all’asse pista
per almeno:
(a) 75 m per piste di codice 3 o 4;
(b) 40 m per piste di codice 2;
(c) 30 m per piste di codice 1.
Area livellata e priva di ostacoli (Cleared and Graded Area - CGA)
All’interno della strip di una pista strumentale di precisione di codice 3 o 4 deve essere prevista un’area
livellata priva di ostacoli (CGA) per una distanza simmetrica, rispetto all’asse pista ed al suo prolungamento,
di almeno 105 m. Tale distanza può essere ridotta a 75 m nella parte di strip che interessa i primi 150 m di
pista e raccordata a 105 m entro i primi 300 m di pista per entrambe le testate.
Figura 1- Cleared and Graded Area
Per le piste strumentali di precisione di codice 1 e 2 la CGA si estende per una distanza simmetrica, rispetto
all’asse pista ed al suo prolungamento, di almeno 40 m.
34
Per piste strumentali non di precisione e per piste non strumentali, la CGA si estende per una distanza
simmetrica, rispetto all’asse pista ed al suo prolungamento, di almeno:
(a) 75 m per piste di codice 3 o 4;
(b) 40 m per piste di codice 2;
(c) 30 m per piste di codice 1.
La CGA deve essere a raso della pista, della banchina e delle stopway lungo i bordi comuni.
Le pendenze longitudinali lungo qualsiasi parte della CGA non possono eccedere:
(a) 1,5% per piste di codice 4;
(b) 1,75% per piste di codice 3;
(c) 2% per piste di codice 1 o 2.
Le variazioni di pendenze longitudinali devono essere graduali evitando cambiamenti repentini.
Le pendenze trasversali della CGA devono prevenire l’accumulo di acqua e non eccedere:
(a) 2.5% (1:40) per piste di codice 3 o 4;
(b) 3.0% (1:33) per piste di codice 1 o 2.
Esclusi i casi in cui occorre facilitare il drenaggio, la pendenza dei primi 3 m dal bordo pista deve essere
verso il basso e non superiore al 5%.
Nella parte di strip al di fuori della CGA sono ammesse anche pendenze verso l’alto fino al 5% (1:20).
AREA DI SICUREZZA DI FINE PISTA (RESA)
La RESA ha lo scopo di ridurre il rischio di danni agli aeromobili - e quindi ai loro occupanti - che dovessero
arrivare troppo corti in atterraggio o uscire di pista in decollo o in atterraggio. Tale area, delle dimensioni
minime sotto specificate, deve essere presente presso entrambe le estremità della strip.
Per gli aeroporti esistenti con piste non strumentali di codice 1 e 2 possono essere autorizzate deroghe, in
considerazione delle caratteristiche specifiche dell’aeroporto.
La RESA è simmetrica rispetto all’asse pista, con una larghezza minima pari al doppio della larghezza della
pista.
Ove realizzabile la larghezza della RESA è pari alla larghezza della CGA.
Per le piste di nuova realizzazione, o in occasione di prolungamento della pista, la larghezza della resa è
pari alla larghezza della CGA.
Per piste già realizzate su aeroporti esistenti la lunghezza della RESA deve essere di almeno 90 metri. Negli
altri casi occorre predisporre una RESA di almeno 240 metri per piste di codice 3 e 4, e almeno 120 metri
per piste di codice 1 e 2.
Qualora vincoli fisici impediscano la realizzazione di una RESA secondo i suddetti requisiti possono essere
adottate le seguenti misure di contenimento del rischio, che determinino risultati equivalenti a parità di
condizioni operative:
(a) migliorare le caratteristiche superficiali delle piste e i sistemi di rilevazione e registrazione delle
condizioni di pista, soprattutto in caso di piste contaminate e soggette a precipitazioni;
(b) assicurarsi che vengano comunicate tempestivamente all’equipaggio di volo informazioni accurate e
aggiornate su: condizioni atmosferiche, stato generale della pista, tipo di contaminazione, valore
dell’azione frenante e quant’altro necessario;
35
(c) migliorare la conoscenza, registrazione, previsione e divulgazione dei dati sul vento, ivi incluso il “wind
shear” e ogni altra pertinente informazione sulle condizioni climatiche;
(d) ridurre la presenza di ostacoli al di là della RESA;
(e) potenziare gli aiuti visivi e strumentali per l’atterraggio (ivi inclusa l’installazione di un Sistema di
Atterraggio Strumentale - ILS) per avere un posizionamento dell’aeromobile sul sentiero finale il più
vicino a quello ottimale per l’atterraggio;
(f) emanare, di concerto con le compagnie di navigazione aerea, e divulgare in maniera idonea le
procedure operative ed eventuali restrizioni, relative alle condizioni atmosferiche avverse e ogni altra
procedura aeroportuale significativa;
(g) prevedere idonei sistemi di arresto, tenendo conto degli eventuali rischi connessi al loro impiego;
(h) pubblicare le caratteristiche della RESA sull’AIP.
La superficie della RESA deve favorire la decelerazione degli aeromobili nel caso di uscita di pista ma non
deve:
1) ostacolare il movimento dei veicoli di soccorso e antincendio;
2) ridurre l’efficacia delle operazioni di soccorso e antincendio;
3) costituire un pericolo per gli aeromobili nel caso di atterraggi corti o lunghi o uscite di pista in decollo.
Il profilo longitudinale della RESA non deve avere pendenze verso il basso superiori al 5% (1/20)e deve
essere tale che nessuna sua parte fori le superfici di avvicinamento o decollo.
Le pendenze trasversali non devono essere superiore al 5% (1:20).
Cambi di pendenza e transizioni tra pendenze diverse devono essere graduali; deve essere pertanto
rimossa ogni variazione repentina o inversione di pendenza.
Gli aiuti alla navigazione, che per la loro funzione devono essere posti entro la RESA, devono essere
costruiti e ubicati in modo tale da costituire il minimo rischio possibile.
VIE DI RULLAGGIO (TAXIWAYS)
Le vie di rullaggio (altrimenti denominate raccordi o bretelle) sono necessarie per il movimento ordinato e in
sicurezza degli aeromobili a terra o quando è necessario che gli aeromobili seguano un certo percorso
senza entrare in aree o superfici protette. Quando una pista non è larga abbastanza per consentire ad un
aeromobile di invertire la marcia, la pista deve essere dotata di vie di rullaggio che consentano tale
inversione.
Larghezza
La larghezza di una taxiway deve essere tale che, con la cabina di pilotaggio del velivolo più critico
consentito posta sopra la mezzeria, la distanza minima tra il bordo esterno delle ruote principali del velivolo
e il bordo della pavimentazione è pari a:
(a) 4.5 m con codice F, E, D o C (per taxiway usate da velivoli con interasse uguale o superiore a 18 m);
(b) 3 m con codice C e taxiway usate da velivoli con interasse inferiore a 18 m;
(c) 2.25 m con codice B;
(d) 1.5 m con codice A.
I cambi di direzione sulle taxiway devono essere limitati al massimo e le curve devono essere compatibili
con la capacità di manovra del velivolo critico di progetto alla normale velocità di rullaggio. Per garantire le
distanze di rispetto definite nei punti precedenti può essere necessario allargare la taxiway nella parte
36
interna della curva; la dimensione dell’allargamento dipenderà dall’interasse e dal percorso del velivolo
critico di progetto, nonché dal raggio di curvatura dell’asse
della taxi way (v. Fig. 2).
Figura 2 – Allargamento in curva della taxiway
Le parti rettilinee di una taxiway devono avere una larghezza non inferiore a:
(a) 25 m con lettera di codice F;
(b) 23 m con lettera di codice E, e D per taxiway usate da velivoli con larghezza esterna del carrello
principale uguale o superiore a di 9 m;
(c) 18 m con lettera di codice D e taxiway usata da velivoli con larghezza esterna del carrello principale
inferiore a 9 m;
(d) 18 m con lettera di codice C e taxiway usata da velivoli con interasse non inferiore a 18 m;
(e) 15 m con lettera di codice C e taxiway usata da velivoli con a interasse inferiore a 18 m;
(f) 10,5 m con lettera di codice B;
(g) 7,5 m con lettera di codice A.
Pendenza longitudinale e sua variazione
Le pendenze longitudinali delle taxiway devono essere ridotte al minimo e non devono essere superiori a:
(a) 1.5% (1:66) con lettera di codice C, D , E; F;
(b) 3.0% (1:33) con lettera di codice A o B.
Laddove non sia possibile evitare variazioni di pendenza longitudinale su una taxiway, la transizione da una
all’altra pendenza è effettuata da una superficie curva di raccordo con gradiente non superiore a:
(a) 1% per 30 m per lettera di codice C, D, E, F;
(b) 1% per 25 m con lettera di codice A o B.
37
Pendenza trasversale
La pendenza trasversale di una taxiway deve essere sufficiente per impedire l’accumulazione dell’acqua,
ma non superiore a:
(a) 1.5% (1:66) con codice C, D, E, F;
(b) 2.0% (1:50) con codice A o B.
Strip della taxiway Una taxiway, ad eccezione delle vie di accesso alle piazzole, deve essere contenuta in una strip. Tale
superficie deve estendersi simmetricamente rispetto all’asse della taxiway e per tutta la sua lunghezza,
come di seguito indicato:
(a) 57.5 m con codice F;
(b) 47.5 m con codice E;
(a) 40.5 m con codice D;
(b) 26.0 m con codice C;
(c) 21,5 m con codice B;
(d) 16,25 m con codice A.
La portanza di una taxiway deve essere almeno uguale a quella della pista associata, tenuto conto che la
taxiway è di norma soggetta a una maggiore intensità di traffico e che, supportando aeromobili in rullaggio
lento o fermi, essa risulta più sollecitata della pista medesima.
Distanze di separazione delle taxiway
La distanza minima (espressa in metri) tra taxiway e altre infrastrutture dell’aeroporto è indicata nella
seguente tabella:
Tabella 2 – Distanze di separazione delle taxiway
Negli aeroporti esistenti dove queste separazioni non sono realizzabili possono essere autorizzate distanze
inferiori purché il gestore dimostri tramite uno studio aeronautico che tali distanze non influenzino
negativamente la sicurezza delle operazioni e non modifichino significativamente la regolarità delle
operazioni.
38
Banchine delle taxiway
Le porzioni rettilinee di una taxiway con lettera di codice C, D, E e F devono essere dotate di banchine, che
si estendano simmetricamente su entrambi i lati della taxiway, in modo tale che l’ampiezza complessiva di
taxiway e banchine lungo dette porzioni rettilinee non sia inferiore a:
− 60 m per codice F;
− 44 m per codice E;
− 38 m per codice D;
− 25 m per codice C.
Lungo le curve, le giunzioni e le intersezioni, dove la pavimentazione portante si allarga, l’ampiezza delle
banchine non deve essere inferiore a quella degli adiacenti tratti rettilinei.
ZONA DI ARRESTO (STOPWAY)
La Zona di arresto è un’area rettangolare definita, oltre la fine della TORA, che può essere adeguatamente
predisposta e destinata come area nella quale un velivolo può essere arrestato in sicurezza nel caso di
decollo abortito.
La stopway necessita di caratteristiche di portanza e resistenza all’usura inferiori a quelle della pista ad
essa associata. In alcuni casi le superfici naturali possono essere adeguate, mentre in altri possono essere
necessari drenaggi, lavori di livellamento e consolidamento del terreno o una pavimentazione leggera.
Portanza
La stopway deve avere una portanza sufficiente a sostenere gli aeromobili in uso sull’aeroporto, senza
causare danni strutturali agli stessi. Una stopway deve consentire il passaggio senza impedimenti ai veicoli
di soccorso e antincendio.
Larghezza
La stopway deve avere la stessa larghezza della pista associata.
Pendenze
I requisiti per le pendenze, le loro variazioni e la transizione tra la pista e la stopway sono quelli relativi alla
pista associata. È viceversa esclusa per la stopway la limitazione di pendenza allo 0.8%, prevista per il
primo e ultimo quarto di una pista con numero di codice 3 o 4.
La variazione della pendenza di una stopway non deve essere superiore a:
(a) 0.3% per ogni 30 m per piste di codice 3 o 4,
(b) 0.5% per ogni 30 m con numero di codice pari a 1 o 2.
Superficie
La superficie di una stopway pavimentata deve essere costruita in maniera tale da fornire un buon
coefficiente di attrito, che sia compatibile con quello della pista associata, in particolare quando la stopway è
bagnata.
Le caratteristiche di attrito di una stopway non pavimentata non devono essere sostanzialmente inferiori a
quelle della pista associata.
CLEARWAY
La clearway è un’area rettangolare, che può essere realizzata oltre la fine della corsa di decollo disponibile
(TORA), libera da ostacoli che possono rappresentare un rischio per le operazioni di volo degli aeromobili.
39
Congiuntamente con la pista essa fornisce un’area sopra la quale un velivolo può operare in sicurezza dalla
rotazione, fino al raggiungimento delle altezze minime previste.
La superficie di una clearway non necessita di caratteristiche di portanza e può estendersi sul terreno o
sull’acqua. Può estendersi anche al di fuori del confini dell’aeroporto, a condizione che sia sotto il controllo
dell’ente di gestione, a garanzia della necessità che sia tenuta libera da ostacoli o da intrusioni di sorta.
Larghezza La larghezza della clearway alla fine della TORA deve essere almeno uguale alla larghezza della strip
prevista per pista non strumentale.
Lunghezza
La lunghezza della clearway - fino al primo ostacolo verticale, fatta esclusione di quelli frangibili e di altezza
inferiore a m 0,9 - è di valore massimo pari al 50% della TORA.
PIAZZALE (APRON) E PIAZZOLA DI SOSTA (STAND)
Il piazzale è un’area definita dell’aeroporto destinata ad accogliere gli aeromobili per l’imbarco e lo sbarco
dei passeggeri, il carico e scarico della posta e delle merci nonché per il rifornimento carburanti, il
parcheggio o la manutenzione.
Nel piazzale sono definite piazzole di sosta per agevolare il parcheggio ed il movimento in sicurezza di
aeromobili e persone.
Dimensioni
In relazione al numero ed al tipo di aeromobili previsti, le dimensioni del piazzale devono essere tali da
garantire adeguate separazioni, evitando manovre difficoltose che richiedano un uso eccessivo di potenza
del motore e costituiscano sollecitazioni anomale per carrello e pneumatici. In particolare sono adottate le
seguenti separazioni minime tra un aeromobile in parcheggio ed ogni altro aeromobile e manufatto
adiacente:
Tabella 3 – Separazione tra aa/mm sui piazzali
Pendenze
Le pendenze di una piazzola non devono eccedere l’1% in qualsiasi direzione. I piazzali o le piazzole di
sosta non devono avere pendenze negative verso l’aerostazione. Quando ciò sia inevitabile si devono
adottare specifici accorgimenti per raccogliere eventuali perdite di carburante.
40
5 - VALUTAZIONE E LIMITAZIONE OSTACOLI Al fine di garantire la sicurezza della navigazione aerea, l’ENAC individua le zone da sottoporre a vincolo
nelle aree limitrofe agli aeroporti e stabilisce le limitazioni relative agli ostacoli per la navigazione aerea e ai
potenziali pericoli per la stessa navigazione. Le zone da sottoporre a vincolo e le relative limitazioni sono
riportate in apposite mappe alla cui redazione provvede il gestore aeroportuale nell’ambito dei compiti di cui
al certificato di aeroporto. Gli Enti locali, nell’esercizio delle proprie competenze in ordine alla
programmazione ed al governo del territorio, adeguano i propri strumenti di pianificazione alle prescrizioni
delle mappe di vincolo.
SUPERFICI DI DELIMITAZIONE DEGLI OSTACOLI
La figura 1 mostra l’insieme delle superfici di delimitazioni degli ostacoli di una pista aeroportuale.
Figura 1 - Denominazione delle diverse superfici di separazione ostacoli
41
Take off Climb Surface (Superficie di salita al decollo)
La Take off Climb Surface (TOCS) è un piano inclinato con origine oltre la fine della pista o alla fine della
clearway quando presente. Tale superficie è stabilita per ogni direzione di decollo.
I limiti della Take off Climb Surface sono caratterizzati da:
(a) un lato interno, orizzontale e perpendicolare all’asse pista, di lunghezza determinata, ubicato ad una
distanza non inferiore a:
1. 60 m misurata orizzontalmente nella direzione di decollo con inizio alla fine della TORA per
piste di codice 2, 3 e 4;
2. 30 m misurata orizzontalmente nella direzione di decollo con inizio alla fine della TORA per
piste di codice 1; ovvero alla fine della clearway, se di lunghezza superiore alla distanza
specificata.
(b) due limiti laterali originanti alle estremità del lato interno, divergenti uniformemente, con un angolo
determinato rispetto al prolungamento dell’asse pista, fino a una determinata larghezza finale che
rimane costante per la lunghezza residua di tali limiti.
(c) un lato esterno orizzontale e perpendicolare alla traiettoria di decollo.
Le dimensioni della Take off Climb Surface sono specificate nella tabella 1 ed illustrate nella figura da 2.
Tabella 1 – Dimensioni e pendenze delle TOCS
42
Figura 2 – Dimensioni e pendenze delle TOCS
Approach Surface (Superficie di avvicinamento)
La superficie di avvicinamento è un piano inclinato o una combinazione di piani che terminano 60 o 30 metri
prima della soglia pista. Tale superficie ha lo scopo di proteggere la traiettoria di avvicinamento alla pista.
La superficie di avvicinamento è definita per ogni direzione di atterraggio.
I limiti della superficie di avvicinamento sono costituiti da:
(a) un lato orizzontale interno di lunghezza determinata, perpendicolare al prolungamento dell’asse pista,
sito ad una distanza di 60 metri dalla soglia. Tale distanza è ridotta a 30 metri per piste non strumentali
di codice 1;
(b) due bordi laterali con origine alle estremità del lato interno e che divergono uniformemente rispetto al
prolungamento dell’asse pista ad un rateo determinato;
(c) un lato esterno parallelo al lato interno.
Le dimensioni e la pendenza della superficie di avvicinamento sono definite in tabella 2, fatti salvi casi
eccezionali, approvati dall’ENAC, che non possono comunque superare il 3,3% per pista di codice 4 e 5%
per piste di codice 3.
43
Transitional Surface (Superficie di transizione)
La superficie di transizione TS è una superficie che si sviluppa dal bordo laterale della strip e da parte del
bordo laterale della superficie di avvicinamento, con pendenza verso l’alto e verso l’esterno, fino alla
superficie interna orizzontale (Inner Horizontal Surface (IHS). Ha lo scopo di proteggere un aeromobile che
sorvoli la pista spostato di fianco.
Superfici di transizione sono definite per tutte le piste usate per atterraggi.
La pendenza della TS è misurata in un piano verticale ortogonale all’asse pista. Per piste di codice 1 e 2 sia
per avvicinamenti a vista che strumentali non di precisione, la pendenza è del 20%. In tutti gli altri casi è il
14,3%.
Il bordo esterno della TS è determinato dall’intersezione tra il piano della TS e il piano della superficie
dell’IHS.
Inner Horizontal Surface (Superficie orizzontale interna)
L’IHS è una superficie orizzontale collocata al di sopra di un aeroporto e delle sue aree limitrofe.
Rappresenta il livello al di sopra del quale devono essere presi provvedimenti per limitare nuovi ostacoli, e
rimuovere o segnalare quelli esistenti al fine di permettere operazioni di volo a vista in sicurezza nello
spazio aereo in prossimità dell’aeroporto. Una IHS è definita per ogni aeroporto.
La IHS è contenuta in piano orizzontale posto 45 m al di sopra dell’elevazione della più bassa soglia pista,
esistente o prevista in quell’aeroporto o del valore stabilito dall’ENAC a tale proposito.
I bordi esterni dell’IHS sono stabiliti come segue:
• Per aeroporti con pista principale di lunghezza non inferiore a 1800 m (cod. 4), circonferenze di
raggio 4000 m con centro sui punti di incontro dell’asse pista con i fine pista. Tali circonferenze
sono raccordate da tangenti parallele all’asse pista.
• Per aeroporti con pista principale inferiore a 1800 m (cod. 1, 2 o 3), circonferenze il cui centro
corrisponde al punto medio dell’asse pista e raggio della lunghezza indicata in tabella 2.
Conical Surface (Superficie conica)
La Conica Surface CS è una superficie con origine sul limite periferico della IHS e con pendenza verso l’alto
e verso l’esterno. Al pari della IHS rappresenta il livello al di sopra del quale devono essere presi
provvedimenti per limitare nuovi ostacoli, e rimuovere o segnalare quelli esistenti al fine di permettere
operazioni di volo a vista in sicurezza nello spazio aereo in prossimità dell’aeroporto. Una CS è definita per
ogni aeroporto.
La pendenza della CS rispetto ad un piano orizzontale è del 5%.
Il bordo esterno della CS è delimitato dal piano orizzontale collocato sopra la IHS all’altezza riportata in
tabella 2.
Outer Horizontal Surface (Superficie orizzontale esterna)
La OHS è una porzione definita del piano orizzontale circostante un aeroporto che origina dal limite esterno
della CS e rappresenta il livello al di sopra del quale devono essere presi provvedimenti per il controllo di
nuovi ostacoli al fine di consentire procedure di avvicinamento strumentali efficienti e praticabili e, in
congiunzione alla CS e IHS, assicurare la sicurezza delle operazioni di volo a vista in prossimità
44
dell’aeroporto. L’OHS è definita per ogni aeroporto la cui pista principale sia di lunghezza non inferiore a
1200 m.
Tabella 2 – Dimensioni e pendenze delle superfici di delimitazione degli ostacoli
45
L’OHS si estende dal limite esterno della CS per un raggio minimo a partire dal Punto di Riferimento
dell’Aeroporto (Airport Reference Point –ARP), pari a:
(a) 15000 m per aeroporti con pista principale non inferiore a 1800 m,
(b) 10000 m per aeroporti con pista principale non inferiore a 1200 m e inferiore a 1800 m.
Obstacle Free Zone (Zona libera da ostacoli) La OFZ ha lo scopo di proteggere i velivoli da ostacoli fissi e mobili durante operazioni strumentali di
precisione al di sotto dell’altezza di decisione (DH) e durante ogni successiva manovra di riattaccata o di
atterraggio interrotto con tutti i motori operativi. Non è intesa a sostituire i requisiti relativi ad altre superfici o
aree quando questi sono più penalizzanti.
In figura 3 sono riportati i limiti dell’OFZ per piste di codice 3 e 4 fino al codice letterale E.
Figura 3 – Dimensioni e pendenze della OFZ per piste di codice 3 e 4
Tali limiti sono definiti a protezione di un velivolo con apertura alare fino a 60 m che è in avvicinamento ad
una altezza al di sotto di 100 piedi, alla quale esso è correttamente allineato alla pista con positivi riscontri
visivi della pista o delle luci di avvicinamento. La lunghezza della porzione di pista inclusa nell’OFZ è basata
sul fondamento logico che una riattaccata sia iniziata non oltre la fine della zona di toccata e che ulteriori
900 m siano la distanza sufficiente al pilota per effettuare tutte le necessarie variazioni dell’assetto del
velivolo ed acquisire una rateo di salita pari ad almeno il 3,33%, mentre la deviazione massima dalla rotta
deve essere contenuta entro una divergenza rispetto all’asse pista non superiore al 10%.
46
Quando l’apertura alare di un velivolo è superiore a 60 m o le sue prestazioni sono inferiori rispetto a quelle
assunte in definizione, la OFZ deve essere ridisegnata o devono essere limitate le operazioni di quel tipo di
velivolo.
Di converso, una OFZ più piccola può essere accettabile se le operazioni in quel particolare aeroporto sono
limitate a velivoli con valori massimi di apertura alare inferiori a 60 m.
Per piste di codice letterale F l’apertura alare da assumere per definire la OFZ è pari a 77,5 m in luogo di 60
m.
La OFZ per piste di codice 3 o 4 è delimitata da:
(a) quella parte della superficie di avvicinamento strumentale (Inner Approach Surface - IAS), che inizia dal
bordo interno coincidente con quello interno dell’Approach Surface per una larghezza di 60 m per ogni
parte dell’asse pista e si estende con questa larghezza per una distanza di 900 m in senso contrario
alla direzione di atterraggio, con gradiente del 2% (1:50) e con un bordo esterno parallelo a quello
interno. L’ENAC, per uno specifico aeroporto, può disporne l’estensione fino a 1500 m.
(b) quella parte di strip di pista di larghezza pari a 60m per ogni parte dell’asse pista, che inizia 60m prima
della soglia per una distanza di 1800m oltre la soglia stessa o per una distanza fino al fine pista se
inferiore a 1800 m;
(c) la superficie di atterraggio interrotto (Balked Landing Surface - BLS), definita nel modo seguente:
1. bordo interno orizzontale e perpendicolare all’asse pista coincidente con il lato sopravvento
dell’area descritta al punto (b) con una elevazione pari alla elevazione dell’asse pista in quel punto;
2. due lati con origine alle estremità del bordo interno divergenti del 10% per ogni lato rispetto all’asse
pista;
3. un bordo esterno, parallelo a quello interno, determinato dalla intersezione tra la BLS e la IHS;
4. il gradiente misurato sul piano verticale passante per l’asse pista del 3,33%;
(d) superfici laterali con gradiente, misurato su un piano verticale ortogonale all’asse pista pari al 33.3%
(Inner Transitional Surface):
1. originanti dai lati della porzione dell’IAS fino ad una altezza pari a quella dell’IHS, con l’elevazione
di ogni punto del bordo inferiore uguale alla elevazione del corrispondente punto dell’IAS;
2. originanti dai lati dell’area descritta al punto (b) fino ad una altezza pari a quella dell’IHS, con
elevazione di ogni punto lungo il lato inferiore uguale all’elevazione del corrispondente punto
sull’asse pista;
3. originanti dai lati della porzione della BLS fino ad una altezza pari a quella dell’IHS, con l’elevazione
di ogni punto del bordo inferiore uguale alla elevazione del corrispondente punto della BLS.
La OFZ per piste di codice 1 o 2 è delimitata da:
(a) quella parte della superficie di avvicinamento strumentale (Inner Approach Surface - IAS), che inizia dal
suo bordo interno coincidente con quello interno dell’Approach Surface per una larghezza di 45 m per
ogni parte dell’asse pista e si estende con questa larghezza per una distanza di 900 m in senso
contrario alla direzione di atterraggio, con gradiente del 2,5% e con un bordo esterno parallelo a quello
interno. L’ENAC, per uno specifico aeroporto, può disporne l’estensione fino a 1500 m.
(b) quella parte di strip di pista di larghezza pari a 45 m per ogni parte dell’asse pista, che inizia 60m prima
della soglia fino ad una distanza di 60 m oltre la fine della LDA;
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(c) la superficie di atterraggio interrotto (Balked Landing Surface - BLS), definita nel modo seguente:
1. bordo interno coincidente con il lato sopravvento dell’area descritta al punto b con una
elevazione pari alla elevazione dell’asse pista in quel punto;
2. due lati con origine alle estremità del bordo interno divergenti del 10% per ogni lato rispetto
all’asse pista;
3. un bordo esterno, parallelo a quello interno, determinato dalla intersezione tra la BLS e la IHS;
4. il gradiente misurato sul piano verticale passante per l’asse pista del 4%.
(d) superfici laterali con rampa, misurata su un piano verticale ortogonale all’asse pista, pari al 40% (Inner
Transitional Surface):
1. originanti dai lati della porzione dell’IAS descritta al punto (a) fino ad una altezza pari a quella
dell’IHS, con l’elevazione di ogni punto del bordo inferiore uguale alla elevazione del
corrispondente punto dell’IAS,
2. originanti dai lati dell’area descritta al punto (b) fino ad una altezza pari a quella dell’IHS, con
elevazione di ogni punto lungo il lato inferiore uguale all’elevazione del corrispondente punto
sull’asse pista,
3. originanti dai lati della porzione dell’BLS descritta al punto (c) fino ad una altezza pari a quella
dell’IHS, con l’elevazione di ogni punto del bordo inferiore uguale alla elevazione del
corrispondente punto dell’BLS.
I limiti di una OFZ relativa a piste di codice 1 e 2 sono riportati in figura 4.
Figura 4 – Dimensioni e pendenze della OFZ per piste di codice 1 e 2
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LIMITAZIONE E RIMOZIONE OSTACOLI
Nuovi manufatti o estensioni degli stessi non possono forare la superficie di avvicinamento o quella di
transizione fatta eccezione del caso in cui è dimostrato all’ENAC con studi aeronautici che il nuovo
manufatto o l’estensione risulterebbe in ombra rispetto a un esistente manufatto inamovibile.
Nuovi manufatti o estensioni degli stessi non possono forare la superficie di salita al decollo, la superficie
orizzontale interna la superficie conica e la superficie orizzontale esterna fatta eccezione del caso in cui è
dimostrato all’ENAC con studi aeronautici che il nuovo manufatto o estensione risulterebbe in ombra
rispetto a un esistente manufatto inamovibile, oppure è dimostrato che questo non influirebbe
negativamente sulla sicurezza delle operazioni o sulla regolarità delle stesse.
Manufatti o qualsiasi ostacolo esistente che forano le superfici di avvicinamento, di transizione, di salita al
decollo, la superficie orizzontale interna o quella conica devono, per quanto praticabile, essere rimossi, fatta
eccezione del caso in cui è dimostrato all’ENAC con studi aeronautici che il manufatto o qualsiasi ostacolo è
in ombra rispetto a un esistente manufatto inamovibile oppure è dimostrato che questo non influisce
negativamente sulla sicurezza delle operazioni o sulla regolarità delle stesse. Nel caso non sia possibile
procedere alla rimozione di ostacoli esistenti, l’ENAC stabilisce le necessarie condizioni e limitazioni
all’operatività dell’aeroporto.
Ostacoli che non forano la superficie di avvicinamento di una pista o quella relativa ad un suo previsto
prolungamento, ma che possono influire negativamente sulle prestazioni ottimali degli aiuti alla navigazione
visivi e non visivi devono essere rimossi a cura del gestore, nel sedime aeroportuale. La rimozione degli
ostacoli che si trovano al di fuori del sedime aeroportuale è richiesta dall’ENAC.
Devono essere rimossi, a cura del gestore tutti quegli oggetti che possono essere di ostacolo agli
aeromobili nell’area di movimento.
Nessun oggetto, fisso o mobile può penetrare la OFZ durante operazioni di atterraggio in categoria II o III,
ad eccezione degli AVL montati su supporto frangibile. Nessun oggetto fisso o mobile può penetrare l’OFZ
durante operazione di atterraggio in CAT I sugli aeroporti per i quali l’ENAC ha disposto l’adozione di OFZ
CAT I.
Nella clearway non è ammessa la presenza di alcun oggetto che possa costituire rischio per le operazioni di
un aeromobile in volo. Sono consentiti gli aiuti essenziali alla navigazione aerea purché siano frangibili e di
altezza non superiore a 1,1 m rispetto al livello del terreno o al piano di superficie della clearway.
Nella stopway e nella RESA non è ammessa la presenza di oggetti che possano costituire rischio per le
operazioni degli aeromobili a terra. Nella stopway è consentita la presenza di luci di avvicinamento a
condizione che siano frangibili e che non superino l’altezza di 0,46 m.
SEGNALAZIONE ED ILLUMINAZIONE DEGLI OSTACOLI E DELLE AREE NON PRATICABILI
A meno che non sia diversamente disposto, la responsabilità della segnalazione ed illuminazione degli
ostacoli e del mantenimento in efficienza dei sistemi di segnalazione è del titolare dell’oggetto che
costituisce ostacolo.
È responsabilità del gestore monitorare l’efficienza dei sistemi di segnalazione ed illuminazione degli
ostacoli siti nell’area sottostante le superfici di delimitazione degli ostacoli, sia all’interno sia all’esterno del
sedime aeroportuale, nell’area di circuitazione, sulla base di un programma di attività accettabile per
l’ENAC. Le circostanze che impediscono l’attuazione del programma devono essere riportate all’ENAC.
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Oggetti che si trovano al di fuori delle superfici di delimitazione degli ostacoli, con altezza sul livello del
terreno superiore o uguale a 100 m e a 45 m sull’acqua, devono essere trattati come ostacolo alla
navigazione aerea. Parimenti devono essere trattati come ostacoli tutti gli oggetti di altezza inferiore a 100
m che rappresentano un rischio per la navigazione aerea.
Al fine di ridurre il rischio per le operazioni in condizioni di volo a vista o operazioni nell’area di movimento, è
necessario indicare la presenza di ostacoli mediante segnali e illuminazione.
Gli ostacoli che si estendono al di sopra delle superfici di protezione ostacolo degli indicatori ottici della
pendenza di avvicinamento e quegli oggetti che sono considerati dall’ENAC come ostacoli alle operazioni,
qualora non sia possibile la loro rimozione, devono essere segnalati e, nel caso di operazioni notturne,
illuminati, salvo che:
(a) ostacoli rilevanti facilmente identificabili per dimensione, sagoma e colore non necessitano di
segnalazione diurna;
(b) oggetti che si possono considerare in ombra di altro ostacolo non necessitano né di segnalazione
diurna né di illuminazione;
(c) ostacoli inamovibili o profilo del terreno che ostacolano in maniera estesa l’area di circuito di un
aeroporto non necessitano di segnalazione o illuminazione, a condizione che siano state adottate
speciali procedure al fine di evitarli;
(d) ostacoli che a giudizio dell’ENAC non abbiano rilevanza.
Impianti di illuminazione in elevazione rispetto al suolo devono essere resi identificabili da adeguata
segnalazione diurna.
Gli ostacoli fissi che per sagoma dimensione o colori sono facilmente identificabile non necessitano di
ulteriore segnalazione diurna.
Gli ostacoli fissi che richiedono segnalazione devono essere di colorazione vistosa. Nel caso in cui ciò non
fosse possibile si deve provvedere tramite segnali o bandierine posti sugli stessi.
Ostacoli fissi muniti di luci lampeggianti bianche ad alta intensità non necessitano di ulteriore segnalazione.
Un ostacolo fisso deve essere segnalato tramite bande alternate di colori contrastanti quando:
(a) ha sagoma sostanzialmente piena e una delle due dimensioni (orizzontale o verticale) è superiore a
1,5 m e l’altra (orizzontale o verticale) inferiore a 4,5m;
(b) è una struttura di tipo a traliccio con una delle due dimensioni (orizzontale o verticale) superiore a
1,5 m.
Le bande devono essere ortogonali alla dimensione maggiore e devono avere una larghezza in accordo a
quanto riportato in figura 5.
I colori utilizzati par la segnalazione di ostacoli fissi devono contrastare con lo sfondo sul quale gli stessi si
proiettano. Quando possibile si utilizzano l’arancione e bianco o rosso e bianco per scacchiere e bande. Per
le segnalazioni a bande/scacchi le estremità/angoli devono essere del colore più scuro (vedi fig. 5).
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Figura 5 – Segnalazione degli ostacoli con bande colorate
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6 – SEGNALETICA AEROPORTUALE Per potersi spostare in sicurezza su un aeroporto, sia in volo che a terra, i piloti hanno bisogno di molte
informazioni e non tutte possono essere efficacemente trasmesse sfruttando le comunicazioni radio. Invece,
i segnali visivi, costituiti da tabelloni, luci, semafori, indicazioni sulla pavimentazione, ecc., permettono di
offrire con immediatezza e continuità una vasta gamma di indicazioni e, pertanto, sono largamente utilizzati
in ambito aeroportuale. Questi segnali, conosciuti con il nome di “segnaletica aeroportuale”, sono
paragonabili alla segnaletica stradale e possono essere suddivisi in due grandi categorie:
– la segnaletica diurna, costituita da indicatori che non hanno bisogno di illuminazione artificiale;
– la segnaletica notturna, che deve fornire le stesse informazioni di quella diurna con l’ausilio di luci di
vari colori.
Per ciascun segnale diurno dovrebbe esistere un equivalente notturno e, normalmente, questi sono ubicati
nella stessa posizione o in stretta vicinanza. È bene precisare che l’uso della segnaletica notturna non è
necessariamente limitato alle ore della notte, ma può essere di valido ausilio anche di giorno in condizioni di
scarsa visibilità (es., nebbia, pioggia,...).
I comandi dei segnali luminosi e, in alcuni casi, elettromeccanici, devono essere posizionati in Torre di
Controllo oppure, se diversamente localizzati, devono essere comunque attivati in funzione delle indicazioni
del controllore. I segnali più utilizzati si avvalgono di pitturazioni e luci di varia forma e colore ma, su alcuni
aerodromi, non è possibile ricorrere alla segnaletica dipinta al suolo (campi erbosi, aviosuperfici) e,
pertanto, si deve fare ricorso all’impiego di “markers” di svariata natura. I tipi di markers più utilizzati sono a
forma di:
– Prisma;
– Cinesino;
– Cinesino con luce incorporata (per uso anche notturno);
– Piramide di “pista innevata”.
Tali segnalatori vengono infissi nel terreno mediante sostegni, generalmente con punto di rottura prestabilito
e sono dipinti con colori evidenti e contrastanti con lo sfondo (bianco o giallo) (figura 1). Per quanto attiene
alle luci è possibile suddividerle in base al tipo di lampada in :
• omnidirezionali: la loro luce può essere vista da ogni direzione;
• direzionali: la loro luce può essere vista solo da una direzione (unidirezionali) o da due direzioni (bi-
direzionali);
• miste: oltre ai fari direzionali ad alta densità, hanno nella parte superiore una luce omnidirezionale a
bassa intensità.
Esse, inoltre, possono essere:
• sopraelevate: usate per delimitare porzioni della Area di Movimento;
• a semilivello: usate per lo stesso scopo precedente offrono il vantaggio di creare minor ostacolo;
• incassate: si usano prevalentemente nelle porzioni praticate dal traffico di aeroporto (figura 2).
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Figura 1 – Tipi di markers
Figura 2 – Tipi di lampade
Segnaletica delle Aree di Atterraggio
La principale area di atterraggio di un aeroporto è, normalmente, la pista. Di una pista è necessario dare
alcune importanti indicazioni, e in particolare:
a. identificazione;
b. soglia;
c. fine;
d. bordo;
e. asse;
f. zona di contatto;
g. punto di mira;
h. Stopway;
i. cartelli distanziometrici;
j. parti di pista pavimentata non utilizzabili né per il decollo né per l’atterraggio;
k. piste permanentemente chiuse.
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Identificazione pista
Affinché venga correttamente identificata, ogni pista deve riportare un segnale formato da un gruppo di due
cifre di colore bianco che esprimono, in decine di gradi, l’orientamento magnetico della pista stessa.
L’approssimazione avviene per eccesso se l’ultima cifra è maggiore o uguale a 5, per difetto se inferiore a 5.
A titolo di esempio, se l’orientamento magnetico è 164°/344°, essendo l’ultima cifra 4 la pista sarà
identificata come 16/34. Se l’orientamento magnetico è 165°/345°, la pista sarà identificata come 17/35.
Per differenziare più piste parallele tra loro, i segnali di identificazione di pista dovranno essere seguiti da
una lettera:
– “L” (Left) ed “R” (Right) per due piste parallele;
– “L” (Left) , “C” (Center) ed “R” (Right) per tre piste parallele.
Nel caso di più piste parallele, un gruppo di piste è numerato sulla base della decina magnetica più vicina,
mentre l’altro è numerato con la successiva decina e ponendo il suffisso come di seguito specificato:
– per quattro piste parallele: “L”, “R”, “L”, “R”;
– per cinque piste parallele: “L”, “C”, “R”, “L”, “R”;
– per sei piste parallele: “L”, “C”, “R”, “L”, “C”, “R”.
Soglia pista
La soglia pista (Threshold) è “l’inizio di quella porzione di pista utilizzabile per l’atterraggio”.
La segnaletica diurna è normalmente costituita da una serie di strisce bianche, parallele all’asse pista, ma
può assumere un diverso aspetto in caso di soglia pista temporaneamente o permanentemente spostata
(Displaced Threshold). In questa evenienza, le linee dell’asse centrale della parte di pista non utilizzabile per
l’atterraggio assumono un aspetto di frecce e la soglia quello di una linea bianca trasversale alla pista (figura
3).
Figura 3 – Segnaletica diurna della soglia pista
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La segnaletica notturna è normalmente costituita da una serie di luci verdi disposte trasversalmente alla
pista e visibili solo dalla direzione d’atterraggio (queste luci vengono spente quando la pista è utilizzata nella
direzione opposta o è in uso una pista diversa). In caso di soglia spostata, le luci sono posizionate in modo
da non ostacolare il decollo, manovra che può iniziare prima della soglia spostata ma non oltre l’inizio pista.
Nel caso in cui le luci di soglia spostata sono ubicate esternamente alla pista si parla di barre laterali (Wing
Bars) e possono esistere differenti configurazioni delle luci di soglia anche in funzione della categoria della
pista (figura 4).
Figura 4 – Segnaletica notturna della soglia pista
In aggiunta alle luci verdi, può essere prevista l’istallazione di luci di identificazione soglia spostata (Runway
Threshold Identification Lights), costituite da due luci, poste simmetricamente rispetto all’asse pista ad una
distanza di circa 10 m dalla fila di luci di soglia, di colore bianco, intermittenti con una frequenza di 60/120
flash al minuto e visibili solo dalla direzione di atterraggio.
Fine pista
Per quanto attiene alla segnaletica diurna, non è previsto un particolare segnale che individui la fine pista
(Runway End) in quanto si ritiene sufficiente il contrasto tra la pista e le altre aree adiacenti (eccetto quando
sono presenti parti di pista non utilizzabili né per il decollo né per l’atterraggio). Di notte o in condizioni di
bassa visibilità vengono accese le luci di fine pista che, proprio per segnalare un pericolo, sono di colore
rosso e sono disposte trasversalmente all’asse centrale della pista.
Le luci di fine pista devono essere accese solo se è in uso la direzione di pista che sono destinate a servire.
Bordo pista
Su tutte le piste di precisione e su tutte quelle piste dove non c’è un sufficiente contrasto tra la superficie
della pista e il terreno circostante devono essere dipinte delle strisce bianche per individuare il bordo pista
(Runway Edge). Le strisce devono essere disegnate tra le due soglie pista e possono essere interrotte solo
in corrispondenza dell’incrocio con un’altra pista.
Di notte, il bordo pista è individuato da una serie di lampade bianche, con le seguenti eccezioni:
55
– in caso di soglia spostata, le luci tra l’inizio della pista e la soglia spostata devono mostrare il colore
rosso nella direzione d’avvicinamento (in quanto quella parte di pista è utilizzabile solo per il decollo e
non per l’atterraggio);
– l’ultimo terzo delle luci di bordo pista (oppure quelle posizionate negli ultimi 600 m, quale delle due
misure è inferiore) possono essere di colore giallo al fine di presegnalare l’avvicinarsi della fine pista.
Asse pista
L’asse pista (Center Line) individua la mezzeria della pista stessa ed è costituito da una striscia bianca
tratteggiata nel tratto compreso tra i due segnali di identificazione pista. Di notte le luci dell’asse pista sono
previste su tutte le piste per avvicinamenti di precisione di II e III Categoria, mentre sono raccomandate per
quelle di I Categoria che sono usate da aeromobili con alta velocità di atterraggio o che sono larghe più di 50
m.
Inoltre, le luci di mezzeria sono previste per tutte quelle piste utilizzate per decolli con RVR inferiori a 400 m
o che sono larghe più di 50 m e sono utilizzate da aeromobili con alte velocità di decollo.
Queste luci, formate da lampade incassate, devono essere poste lungo la mezzeria di pista, uniformemente
spaziate tra loro secondo il seguente schema:
– luci bianche, fino a 900 m dal termine della pista;
– luci bianche e rosse alternate, tra i 900 m ed i 300 m dal termine della pista;
– luci rosse, negli ultimi 300 m della pista.
Zona di contatto
La zona di contatto (Touch-Down Zone) è definita come “quella porzione della pista, al di là della soglia,
dove è previsto che gli aeromobili abbiano il primo contatto con la pista”.
Sulle piste per avvicinamenti di precisione con numero di codice 2, 3 o 4, devono essere disegnati dei
segnali di zona di contatto consistenti in coppie di strisce di colore bianco disposte parallelamente all’asse
centrale della pista. Il numero di coppie è variabile, in funzione della LDA o della distanza tra le due soglie,
da un minimo di 1 fino a un massimo di 6 per piste di oltre 2400 m. Le strisce sono spaziate
longitudinalmente tra loro di 150 m e possono essere di due differenti tipi, uno basico e l’altro con una
codifica della distanza (figura 5).
Di notte, le luci della zona di contatto sono previste soltanto per le piste con avvicinamenti di precisione di II
e III categoria e consistono in coppie di barrette di luci bianche disposte simmetricamente rispetto all’asse
pista per una distanza di 900 m dalla soglia pista (per piste inferiori a 1.800 m tali luci si limiteranno alla
prima metà della pista) (figura 6).
Punto di mira
Il punto di mira (Aiming Point) è il punto sul quale il pilota deve mirare nel condurre la parte finale
dell’avvicinamento, o meglio, il punto teorico sul quale l’aeromobile che sta eseguendo un avvicinamento
dovrebbe toccare la pista.
La segnaletica diurna consiste di una coppia di strisce bianche disposte simmetricamente rispetto all’asse
pista e più larghe di quelle della zona di contatto, poste tra i 150 m e i 450 m dalla soglia pista in funzione
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della LDA. Tali strisce vengono utilizzate per piste di codice 2, 3 e 4 e sono raccomandate anche per piste
strumentali di codice 1 (figura 5).
Quando i segnali del punto di mira vengono a sovrapporsi con quelli della zona di contatto o distano meno di
50 m, questi ultimi devono essere omessi (limitatamente alla zona di sovrapposizione/interferenza).
Non è prevista una segnaletica notturna.
Stopway
Mentre non è prevista una particolare indicazione diurna, quando si prevede che la zona di arresto possa
essere utilizzata di notte devono essere installate delle luci sulla Stopway.
Le luci unidirezionali rosse, devono essere posizionate per tutta la lunghezza della Stopway in due file
parallele, simmetriche rispetto all’asse della pista ed allineate con le luci di bordo pista e anche
trasversalmente alla fine della Stopway.
Figura 5 - Segnaletica di pista
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Figura 6 – Luci nella zona di contatto
Parti di pista pavimentata non utilizzabili né per il decollo né per l’atterraggio
Laddove esistono parti di pista pavimentata non utilizzabili né per il decollo né per l’atterraggio, deve essere
disposta una appropriata segnaletica. In primo luogo è necessario cancellare tutta la preesistente
segnaletica di pista (bordo, soglia, ecc…) incluse le luci. Inoltre, se il tratto di pista non utilizzabile è
superiore ai 60 m, è necessario dipingere una serie di segnali gialli a forma di “V” (detti “Chevron”), e con la
punta rivolta verso la parte di pista utilizzabile (figura 7).
Figura 7 – Segnaletica nelle parti di pista non utilizzabili
Piste permanentemente chiuse
Se una pista è permanentemente chiusa, oltre a cancellare ed eliminare tutta la segnaletica di pista è anche
necessario apporre dei segnali bianchi a forma di “X” sia all’inizio che alla fine della pista e anche lungo tutto
l’asse centrale della pista. Se, invece la pista è utilizzata soltanto come via di rullaggio sarà necessario
utilizzare la segnaletica tipica di quest’ultime.
Segnaletica dell’Area di Manovra
Oltre all’Area di Atterraggio, di cui abbiamo già trattato, l’Area di Manovra è formata dal complesso delle vie
di rullaggio (Taxiways). Come per la pista, anche delle vie di rullaggio è bene evidenziare alcune indicazioni
e, in particolare:
a. centro;
b. bordo;
c. posizioni di attesa di pista;
d. posizioni attesa intermedie;
e. segnali di istruzioni obbligatorie;
f. segnali di informazione;
g. parti di taxiway chiuse.
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Centro delle vie di rullaggio
L’indicazione del centro della via di rullaggio (Taxiway Centerline) è molto utile al pilota che si sposta in
quanto, mantenendo il ruotino al centro, il pilota è certo di non uscire dalla taxiway.
Il centro delle vie di rullaggio viene indicato con una striscia continua di colore giallo che, nel caso di taxiway
che servono come uscita dalla pista, si prolungano entro la pista stessa con una linea curva e seguono
l’asse pista per almeno 60 m (tale distanza dovrà essere prolungata nel caso di uscita per alte velocità).
Di notte, su aeroporti utilizzati con valori di RVR inferiori a 350 m o con un intreccio complesso di taxiway, il
centro delle vie di rullaggio deve essere individuato da luci incassate di colore verde. Nel caso di vie di
rullaggio che si prolungano sin dentro alla pista, le luci, se viste da un aeromobile in uscita, devono essere
alternate di colore giallo e di colore verde sino alla posizione di attesa di Categoria II e III, mentre le stesse
luci, se viste da un aeromobile in ingresso, devono essere tutte verdi.
Bordo delle vie di rullaggio
Di giorno non è prevista una particolare indicazione del bordo delle vie di rullaggio (Taxiway Edge) ritenendo
sufficiente l’indicazione del centro delle stesse. Di notte, invece, il bordo delle vie di rullaggio è individuato da
luci di colore blu.
Posizioni di attesa di pista
Nessun aeromobile deve entrare in pista senza l’autorizzazione della Torre di Controllo, o nel caso di
aeroporti non controllati, senza aver prima accertato che nessun altro aeromobile stia utilizzando la pista. È
necessario pertanto definire la posizione limite oltre la quale un aeromobile è considerato essere in pista.
Questa posizione è conosciuta come posizione di attesa di pista (Runway Holding Position).
La posizione di attesa di pista può variare anche in funzione delle operazioni ammesse sulla pista stessa.
Infatti, in condizioni di bassa visibilità è preferibile che gli aeromobili attendano ad una distanza dalla pista
superiore al normale per evitare di creare interferenza con i segnali dell’ILS/MLS utilizzato dagli aeromobili in
atterraggio. Pertanto, in funzione delle operazioni ammesse, la posizione di attesa di pista può essere
indicata con due differenti tipi di tracciato, di colore giallo e disposti perpendicolarmente all’asse della via di
rullaggio, come di seguito specificato:
a. tracciato tipo A (Pattern A): è presente in tutte le piste ed indica la posizione di attesa più
vicina alla pista. È formato da quattro linee parallele due continue dalla parte della via di
rullaggio (ad indicare che non devono essere attraversate senza autorizzazione) e due
tratteggiate dalla parte della pista;
b. tracciato tipo B (Pattern B): si utilizza allorquando si desidera disporre di due o tre posizioni
di attesa sulle taxiway intersecanti piste per avvicinamenti di precisione di I, II e III
Categoria; in tale caso la posizione di attesa più vicina alla pista deve essere di tipo A
mentre la seconda o la terza saranno di tipo B.
Di notte, in corrispondenza delle posizioni di attesa di pista, possono essere posizionate due differenti tipi di
luci:
a. barre di arresto (Stopbars);
b. luci di guardia pista (Runway Guard Lights).
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Le Stopbars sono delle luci di colore rosso, unidirezionali e visibili solo agli aeromobili in avvicinamento alla
pista. Sono obbligatorie per piste utilizzate con RVR inferiori a 350 m e raccomandate al di sotto dei 550 m.
Le Stopbars sono comandate dalla Torre di Controllo e vengono accese quando si vuol far attendere
l’aeromobile, spente quando viene autorizzato all’ingresso in pista.
Le luci di guardia pista sono delle luci intermittenti di colore giallo, unidirezionali e visibili solo agli aeromobili
in avvicinamento alla pista. Sono obbligatorie per piste utilizzate con RVR inferiori a 550 m e prive di
Stopbars, e raccomandate al di sotto dei 1200 m. Nella configurazione di tipo “A” possono essere accoppiate
ad una Stopbar. Le luci di guardia sono sempre attive e possono essere oltrepassate soltanto dopo specifica
autorizzazione della TWR.
Posizioni attesa intermedie
In caso di intersezione tra due vie di rullaggio possono essere definite delle posizioni di attesa intermedie
(Intermediate Holding Position), costituite da una singola linea gialla tratteggiata disposta trasversalmente
all’asse delle vie di rullaggio e ad una distanza tale da assicurare il sicuro transito degli aeromobili.
Di notte, in corrispondenza delle posizioni di attesa intermedie possono essere posizionate delle Stopbars
oppure delle luci di posizione di attesa intermedia (Intermediate Holding Position Lights). Queste ultime sono
costituite da un minimo di tre luci unidirezionali gialle visibili soltanto agli aeromobili in avvicinamento
all’intersezione.
Segnali di istruzioni obbligatorie
Oltre alla segnaletica orizzontale, esistono anche dei segnali costituiti da pannelli verticali. Tra questi,
particolarmente importanti sono i segnali di istruzioni obbligatorie (Mandatory Instructions Signs).
I segnali di istruzioni obbligatorie (figura 8) servono ad identificare quelle posizioni che non devono essere
oltrepassate senza una specifica autorizzazione della TWR. Sono costituiti da cartelli rettangolari con sfondo
di colore rosso, illuminati di notte e, se possibile, con caratteristiche riflettenti (per migliorare la visibilità
notturna degli stessi) e devono essere a “rottura programmata”. I cartelli devono essere posti sul lato sinistro
della taxiway e, possibilmente su entrambi i lati. Qualora non sia possibile apporre segnaletica verticale, i
segnali di istruzioni obbligatorie devono essere pitturati sul lato sinistro dell’asse della taxiway, in prossimità
della posizione in cui andrebbe posto il cartello. I segnali pitturati in terra devono essere identici a quelli dei
cartelli con la sola eccezione del segnale di “NO ENTRY”, segnale che sarà formato dalla scritta bianca “NO
ENTRY” su sfondo rosso.
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Figura 8 – Segnali di istruzione obbligatoria
Segnali di informazione
Oltre ai segnali di istruzioni obbligatorie possono essere posizionati anche altri cartelli, detti segnali di
informazione (Information Signs). I segnali di indicazione (fig. 9) includono:
– indicatori di direzione (Direction Signs), per indicare ad un incrocio, il nome e la direzione delle varie
vie di rullaggio;
– indicatori di posizione (Location Signs), per indicare il nome della via di rullaggio su cui ci si trova;
– indicatori di destinazione (Destination Signs), per indicare una destinazione in particolare (ad
esempio, “APRON” per indicare il piazzale di parcheggio);
– indicatori per il decollo da una intersezione (Intersection Take-Off Signs), per indicare la lunghezza di
pista disponibile decollando da quella posizione;
– indicatori di uscita dalla pista (Runway Exit Signs), per indicare agli aeromobili in uscita il nome della
via di rullaggio su cui si trovano;
– indicatori di posizione pista libera (Runway Vacated Signs), per indicare, ove necessario, la posizione
dove è possibile dichiarare la pista libera.
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Figura 9 – Segnali di informazione
I segnali di informazione sono costituiti da cartelli rettangolari con scritte nere su sfondo di colore giallo con
la sola eccezione dei segnali indicatori di posizione che sono formati da scritte gialle su sfondo nero. Anche
questi cartelli devono essere illuminati di notte e, se possibile, con caratteristiche riflettenti (per migliorare la
visibilità notturna degli stessi). Qualora non sia possibile apporre segnaletica verticale, i segnali di
informazione devono essere pitturati sulla taxiway, in prossimità della posizione in cui andrebbe posto il
cartello. I segnali pitturati in terra devono essere identici a quelli dei cartelli.
Parti di taxiway chiuse
Se una taxiway o parte della stessa è permanentemente chiusa, oltre a cancellare ed eliminare tutta la
segnaletica della taxiway è anche necessario apporre dei segnali gialli a forma di “X”. Se la via di rullaggio è
solo temporaneamente chiusa è sufficiente l’uso di coni o bandierine per impedire l’accesso alla stessa e, se
l’aerodromo è aperto al traffico notturno, delle luci di colore rosso.
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Segnaletica dell'Area di Movimento
L’Area di Movimento include, oltre all’Area di Manovra, di cui abbiamo già trattato, anche i piazzali (Aprons).
Dei piazzali è necessario indicare:
– le linee di sicurezza dei piazzali;
– l’illuminazione dei piazzali;
– la segnaletica delle piazzole;
– le posizioni di attesa stradali;
– la posizione di prova dell’apparato VOR.
Le linee di sicurezza dei piazzali
Al fine di evitare che veicoli o altri mezzi possano interferire con gli aeromobili, vengono pitturate delle linee
di sicurezza dei piazzali (Apron Safety Lines). La delimitazione dei confini dei piazzali è costituita da linee
continue, di un colore che contrasti con quello delle piazzole (normalmente si utilizza il colore bianco).
Queste linee possono essere attraversate solo dai veicoli specificamente autorizzati dall’Autorità
Aeroportuale utilizzando la dovuta attenzione agli aeromobili fermi e in movimento.
L’illuminazione dei piazzali
Se utilizzati di notte, è necessario prevedere degli impianti di illuminazione dei piazzali (Apron Floodlighting).
Questi devono garantire un’illuminazione adeguata riducendo al minimo il disturbo ai piloti in volo e al suolo,
nonché ai controllori e al personale sul piazzale. Le luci devono essere posizionate in modo da illuminare
correttamente tutte le segnalazioni e tutti gli ostacoli e dovrebbero fare in modo che ogni punto riceva luce
da più direzioni in modo da limitare le ombre.
La segnaletica delle piazzole
Su tutti i piazzali pavimentati è necessario dipingere la segnaletica delle piazzole di parcheggio (Aircraft
Stand Markings). Queste sono formate da linee continue di colore giallo (in quanto continuazione dell’asse
centrale della taxiway) e indicano il percorso da seguire per parcheggiare l’aeromobile. Le linee sono
corredate da altre indicazioni quali l’identificazione del parcheggio, il punto/i dove iniziare un cambio di
direzione, il punto dove arrestare l’aeromobile e, dove necessario, il tipo/i di aeromobile per cui quella
posizione di parcheggio è stata dimensionata. Di notte, il percorso può essere illuminato da luci incassate di
colore giallo con la sola eccezione delle luci di posizione di arresto che devono essere rosse.
Le posizioni di attesa stradali
Quando una strada conduce direttamente verso una pista, per evitare l’ingresso indesiderato di veicoli sulla
pista stessa deve essere pitturato un segnale di posizione attesa stradale (Road-Holding Position). Questo
segnale, in quanto diretto a conducenti di veicoli, deve essere in accordo con la segnaletica stradale in
vigore. Di notte, se la pista è utilizzata con RVR inferiori a 350 m, la posizione di attesa di pista deve essere
dotata di luci, come di seguito specificato:
– un sistema formato da una luce rossa e una verde comandato dalla T;
– una luce rossa lampeggiante con una frequenza di 30÷60 flash al minuto.
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Gli impianti semaforici sono raccomandati su tutti quegli aerodromi utilizzati con RVR inferiori a 550 m e,
indipendentemente dalla RVR, dove esista un forte rischio di ingresso indesiderato di veicoli in pista.
La posizione di attesa di pista può essere oltrepassata solo dopo specifica autorizzazione della TWR.
La posizione di prova dell’apparato VOR
Al fine di consentire agli aeromobili in partenza di verificarne l’efficienza, può essere prevista un’apposita
posizione di prova dell’apparato VOR (VOR Aerodrome Check-Point). Questa viene individuata con un
segnale a terra formato da un cerchio bianco di 6 m di diametro corredato, qualora l’aeromobile debba
essere allineato in una particolare direzione, da una freccia. Nelle vicinanze della posizione deve essere
collocato una cartello giallo con scritte nere riportante:
– la scritta VOR, per individuare la posizione prova;
– la frequenza da selezionare;
– la radiale che l’apparato VOR dovrebbe mostrare, se correttamente regolato;
– dove disponibile, la distanza dal DME coubicato con il VOR.
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7 - STRUMENTI DI PIANIFICAZIONE E DI GESTIONE DI UN’INFRASTRUTTURA AEROPORTUALE
OBIETTIVI DELLA PIANIFICAZIONE AEROPORTUALE: IL MASTER PLAN
Negli ultimi anni, anche in campo aeroportuale si è sentita la necessità di dotarsi di idonei strumenti di
pianificazione, con i quali rispondere adeguatamente alla rapida crescita del trasporto aereo. In tale
contesto si ha avuto la nascita dei uno strumento estremamente importante che va sotto il nome di Master
Plan.
Nel Master Plan viene compiutamente determinata la concezione di piano dello sviluppo a lungo termine,
cioè dello sviluppo definitivo di uno specifico aeroporto.
Di fatto il Master Plan espone l’iter logico di ricerca secondo il quale il piano dell’aeroporto si è evoluto o si
vuole evolvere e lo presenta in un documento comprendente testi, grafici e disegni.
La redazione di un Master Plan può riguardare sia l’ammodernamento e l’ampliamento di un aeroporto
esistente, sia la realizzazione di un nuovo aeroporto, a prescindere dalla sua grandezza, dalla sua
complessità e dal suo ruolo funzionale.
In termini generali, la pianificazione aeroportuale deve porsi i seguenti obiettivi:
1. fornire una concreta e completa rappresentazione del futuro sviluppo dell’aeroporto e
dell’utilizzazione prevista del territorio in prossimità dell’aeroporto stesso;
2. stabilire un programma per la realizzazione in fasi successive dello sviluppo previsto;
3. proporre un piano finanziario a supporto del programma di realizzazione;
4. verificare e giustificare le scelte di piano attraverso un’attività di indagine e di ricerca e l’analisi di
possibili soluzioni alternative da un punto di vista sia tecnico, sia economico, sia
ambientale/territoriale;
5. fornire un’adeguata presentazione al pubblico dei contenuti del piano, in conformità, qualora
previsto, a disposizioni sia di carattere locale che nazionale;
6. stabilire la struttura per un processo continuativo di verifica e aggiornamento del piano, basato sul
controllo degli elementi “chiave” che hanno determinato le scelte iniziali e che possono in
prospettiva subire modificazioni e generare la necessità di correzioni nelle direttive di piano.
Il Master Plan deve assicurare la necessaria capacità di movimentazione di aeromobili, passeggeri, merci e
mezzi di trasporto di superficie con il massimo vantaggio e la massima comodità per l’utenza e gli operatori e
con i minori costi di investimento e operativi.
Le diverse attività che possono rientrare nel processo di formulazione di un Master Plan aeroportuale sono:
A Pianificazione generale di coordinamento
A1. individuazione degli scopi e degli obiettivi del progetto;
A2. sviluppo del programma di lavoro;
A3. determinazione delle procedure di coordinamento e gestione dei dati e di informazione al pubblico;
A4. determinazione delle procedure di coordinamento e controllo;
A5. determinazione dei sistemi di raccolta e gestione dei dati e di informazione al pubblico.
B Pianificazione economica
B1. analisi delle condizioni socio-economiche e delle caratteristiche del mercato del trasporto aereo;
B2. redazione di previsioni di traffico;
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B3. determinazione del posizionamento strategico dell’aeroporto;
B4. analisi costi/benefici per le diverse ipotesi alternative di sviluppo dell’aeroporto;
B5. valutazione dell’impatto delle diverse alternative sulle condizioni socio-economiche della zona.
C Pianificazione infrastrutturale
C1. attrezzature e infrastrutture per il controllo dello spazio aereo;
C2. configurazione dell’area di volo, incluse le zone di avvicinamento;
C3. complesso infrastrutture terminal;
C4. reti interne di viabilità, di comunicazione e tecnologiche;
C5. attrezzature di servizio e di supporto;
C6. sistemi di accesso all’aeroporto.
D Pianificazione territoriale ed ambientale
D1. coordinamento del piano aeroportuale con i piani urbanistici e territoriali esistenti;
D2. predisposizione di un modello uso dei suoli in prossimità del sedime aeroportuale;
D3. valutazione delle condizioni ambientali presenti nella zona di impatto aeroportuale;
D4. valutazione dell’impatto ambientale delle diverse alternative di sviluppo previste;
D5. valutazione dell’atteggiamento e delle opinioni delle comunità interessate e degli enti locali
rappresentativi.
E Pianificazione finanziaria
E1. individuazione delle fonti di finanziamento;
E2. predisposizione di uno studio di fattibilità finanziaria per le varie alternative di sviluppo;
E3. predisposizione di un piano finanziario per la soluzione prescelta.
IL REGOLAMENTO DI SCALO PER GLI AEROPORTI
Il D. L. n. 237/04, convertito nella legge 265/04, all’art. 2, come modificato dal D.Lgs. n. 96/05 che riforma
la parte aeronautica del Codice della Navigazione, stabilisce l’obbligo di adottare un Regolamento di Scalo
per ogni aeroporto.
Dai precitati decreti, il ruolo e le attribuzioni e competenze dell’ENAC, di ENAV e del gestore aeroportuale
risultano così definiti:
- l’ENAC è l’autorità di regolazione tecnica, certificazione e vigilanza nel settore dell’aviazione civile;
- l’ENAV è il soggetto fornitore dei servizi di navigazione e di traffico aereo;
- il Gestore Aeroportuale è il soggetto a cui sono affidati i compiti previsti dall’art. 705 del Codice della
Navigazione, in particolare di amministrare e gestire le infrastrutture e gli impianti aeroportuali, di
organizzare le attività aeroportuali ed assicurare agli utenti la presenza in aeroporto dei necessari servizi di
assistenza a terra, fornendoli direttamente o coordinando le attività degli operatori terzi o in autoproduzione.
Con il Regolamento di Scalo di ciascun aeroporto, nel seguito denominato semplicemente Regolamento, il
legislatore ha inteso definire un documento ove vadano a confluire le regole e le procedure in vigore presso
quel determinato aeroporto elaborate per assicurare il sicuro e regolare utilizzo delle infrastrutture e degli
impianti.
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Contenuti del Regolamento
Il Regolamento riprende le precedenti disposizioni già contenute nelle ordinanze emanate dal Direttore
Aeroportuale, evidenziando in particolare gli obblighi che i vari soggetti che operano in aeroporto assumono
reciprocamente e nei confronti dell’ENAC e le condizioni in base alle quali sono fornite le differenti
prestazioni. In relazione agli ambiti di applicazione (area di manovra, apron, aerostazione, ecc.) gli obblighi e
le condizioni possono essere direttamente esplicitati o riportati in procedure contenute o richiamate nel
Regolamento stesso.
Il Regolamento è predisposto dal gestore sulla base di una impostazione preventivamente concordata con
la Direzione Aeroportuale ENAC.
Il Regolamento dovrà contenere specifici obblighi per tutti gli operatori affinché essi si impegnino a formare
il proprio personale sul contenuto del Regolamento stesso, sulla esigenza del rispetto delle regole stabilite e
sulle conseguenze derivanti dalla loro inosservanza. Il gestore dell’aeroporto definisce in apposite procedure
le modalità di verifica del rispetto di quanto stabilito nel Regolamento.
Gli operatori dovranno garantire l’esercizio delle loro attività secondo le previsioni del Regolamento. Essi
sono, pertanto, responsabili delle azioni ed omissioni sulle attività di loro competenza. Il gestore alla luce
delle prerogative conferitegli dal Codice della Navigazione eserciterà il coordinamento degli operatori privati.
L’inosservanza ai contenuti riportati nel Regolamento potrà comportare l’attivazione di sanzioni a carico del
soggetto che non vi ha ottemperato.
Schema tipo di Regolamento Al fine di assicurare un’impostazione omogenea sul territorio, l’ENAC ha sviluppato uno schema tipo di
Regolamento sulla base del quale il gestore aeroportuale predisporrà i contenuti del Regolamento di ciascun
aeroporto alla luce delle sue caratteristiche e specificità.
Al fine di semplificare la gestione del Regolamento, qualora una procedura fosse già inserita in un altro
documento approvato da ENAC, non sarà necessario riportarla materialmente nel Regolamento, la si potrà
semplicemente richiamare (esempio tipico è rappresentato dalle procedure riportate dal Manuale di
aeroporto predisposto per la certificazione ENAC).
Distribuzione del Regolamento
Il gestore è responsabile della diffusione del Regolamento a tutti i soggetti interessati, anche mediante
invio di singole sezioni e procedure in relazione al coinvolgimento effettivo del soggetto in questione. Potrà
distribuire il Regolamento anche attraverso strumenti informatici, a condizione che tali strumenti diano valida
attestazione di ricezione.
REGOLAMENTO TIPO Contenuti del Regolamento di Scalo
Il Regolamento di Scalo, è la raccolta organica delle regole e procedure, con esclusione dei piani di
emergenza, in vigore presso un aeroporto elaborate per il coordinato e regolare utilizzo delle infrastrutture e
degli impianti nel rispetto degli obbiettivi di sicurezza ed efficacia del servizio, stabilendo le condizioni d’uso
dell’aeroporto.
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Le procedure predisposte per essere inserite o richiamate nel Regolamento, non potranno essere
discordanti rispetto a disposizioni, circolari dell’ENAC ed ordinanze aeroportuali.
Il Regolamento dovrà contenere specifici obblighi per tutti gli operatori affinché essi si impegnino a formare
il proprio personale sul contenuto del Regolamento stesso, sulla esigenza del rispetto delle regole stabilite e
sulle conseguenze derivanti dalla loro inosservanza. Il gestore dell’aeroporto definisce in apposite procedure
le modalità di verifica del rispetto di quanto stabilito nel Regolamento.
L’inosservanza ai contenuti riportati nel Regolamento può comportare l’attivazione di sanzioni a carico del
soggetto che non vi ha ottemperato.
Aggiornamento del Regolamento
Il Regolamento verrà aggiornato ogni qualvolta siano predisposte e, conseguentemente, adottate dalla
Direzione Aeroportuale modifiche a procedure esistenti o nuove procedure.
Diffusione del Regolamento Il gestore è responsabile della diffusione del Regolamento a tutti i soggetti interessati, anche mediante
invio di singole sezioni e procedure in relazione al coinvolgimento effettivo del soggetto interessato. Potrà
distribuire il Regolamento anche attraverso strumenti informatici, a condizione che tali strumenti diano valida
attestazione di ricezione. Allo scopo di rendere chiare e trasparenti le modalità di diffusione, il gestore
evidenzia in specifica procedura inserita nella parte generale del Regolamento, i soggetti destinatari, le parti
oggetto di diffusione e gli strumenti utilizzati.
I soggetti che operano in ambito aeroportuale (sia pubblici che privati) dovranno garantire la conoscenza
dei contenuti del Regolamento da parte dei rispettivi dipendenti.
Il gestore all’interno del Regolamento indica chi sono i responsabili della diffusione del documento.
Competenze
Il gestore aeroportuale è il soggetto a cui, tra l’altro, è affidato il compito di:
- amministrare e di gestire le infrastrutture e gli impianti aeroportuali,
- assicurare la presenza dei servizi di assistenza a terra, fornendoli direttamente o coordinando e
controllando le attività dei vari operatori presenti nell’aeroporto o nel sistema aeroportuale considerato.
Fornisce, altresì, tempestive notizie all’ENAC, all’ENAV, (ovvero AMI), ai vettori ed agli altri enti interessati
in merito a riduzioni del livello del servizio e ad interventi sull’area di movimento dell’aeroporto, nonché sulla
presenza di ostacoli o di altre condizioni di rischio per la navigazione aerea afferenti il sedime in
concessione, ciò anche al fine di una corretta e tempestiva informazione agli utenti (articolo 705 del
Cod.Nav.).
Il gestore, sotto la vigilanza dell’ENAC, e coordinandosi con ENAV, è il soggetto a cui è affidato il compito
di assegnare le piazzole di sosta agli aeromobili ed assicurare l’ordinato movimento degli altri mezzi e del
personale sui piazzali, al fine di non interferire con l’attività di movimentazione degli aeromobili.
In relazione alle attività disciplinate dal Regolamento, il ruolo del gestore si esplicita, inoltre, nell’assicurare
l’accesso alle infrastrutture aeroportuali secondo criteri di efficienza, efficacia, trasparenza ed equità,
affinché tutti gli operatori privati assicurino condizioni di sicurezza ed operative adeguate agli standard fissati
per lo scalo.
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L’ENAV ha specifiche attribuzioni previste da leggi, da norme statutarie e dal proprio contratto di
programma, inoltre, in alcuni aeroporti gestisce diverse impianti funzionali alla propria attività. In particolare,
per quanto attiene l’attività di fornitura dei servizi di controllo del traffico aereo in ambito aeroportuale, sotto
vigilanza dell’ENAC e coordinandosi con il gestore aeroportuale, disciplina e controlla, per gli aeroporti di
competenza, la movimentazione degli aeromobili, degli altri mezzi e del personale sull’area di manovra ed
assicura l’ordinato
movimento degli aeromobili sui piazzali.
L’ENAV fornisce, altresì, tempestive notizie all’ENAC ed al gestore aeroportuale in relazione a riduzioni del
livello del servizio degli impianti di assistenza visiva luminosa (AVL), anche a fine di una corretta
informazione all’utenza aeronautica.
Gli operatori garantiscono l’esercizio delle loro attività secondo le previsioni del Regolamento. Essi sono
responsabili delle azioni ed omissioni sulle attività di loro competenza.
PARTE PRIMA Operazioni sull’ area di manovra
Per quanto riguarda le procedure, il Regolamento richiamerà quelle predisposte dal gestore e dall’ENAV,
spesso congiunte, ed in ogni caso tra di loro coordinate. Tali procedure sono oggetto di specifica valutazione
ed approvazione nell’ambito degli schemi di certificazione ad esse applicabili e contenute in appositi
documenti, nel caso del gestore nel Manuale di aeroporto.
È opportuno che questa sezione del Regolamento individui tutte le singole attività oggetto di procedura ed,
a fronte di ognuna di esse, evidenzi gli specifici obblighi dei singoli soggetti.
Operazioni sui piazzali (aprons)
Anche in tale area vale quanto esplicitato nel precedente paragrafo in merito alla correlazione da ricercare
tra gli obblighi che i soggetti che interagiscono nelle singole attività assumono nello svolgimento dei loro
compiti e le attività oggetto di procedure già approvate nell’ambito degli schemi di certificazione.
Per le attività diverse da quelle sopra riportate che, quindi, non prevedono il richiamo ad una specifica
procedura già approvata, appare opportuno l’inserimento diretto nel Regolamento della specifica procedure
che descriverà anche gli obblighi e le condizioni, ovvero le regole da rispettare nello svolgimento delle
attività. Le procedure oltre che descrivere le modalità di svolgimento di funzioni ed attività attribuiscono
anche diversi ruoli dei soggetti aeroportuali e le relative responsabilità.
Sull’apron svolgono attività prestatori di servizi, vettori, ed enti, è quindi necessario che tali attività siano
svolte sulla base di specifiche procedure e con modalità tali da assicurare ordinati movimenti, ed un
adeguato scambio di informazioni con il gestore e con ENAV.
Le disposizioni del Regolamento in materia di circolazione veicolare e di utilizzo dell’apron si applicano a
tutti gli operatori di piazzale (personale del gestore, dei prestatori e degli enti di stato).
Sono da prevedere procedure per tutte le attività di assistenza connesse all’utilizzo dell’apron da parte dei
prestatori di servizi di assistenza a terra.
Le procedure dovranno riferirsi anche ai tempi di svolgimento delle operazioni per assicurare il rispetto del
“ground time” previsto per l’aeromobile (sugli aeroporti coordinati il “ground time” è uno dei parametri di
capacità utilizzati per l’assegnazione degli slots).
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Dovranno essere individuati spazi da utilizzare per la sosta dei mezzi necessari allo svolgimento delle
attività aeroportuali (per esempio: veicoli, rulliere per custodia di contenitori, pallets, ecc.), avendo cura delle
problematiche riguardanti la sicurezza e la funzionalità delle operazioni.
Le procedure dovranno tener conto della reale capacità infrastrutturale dell’aeroporto, in base agli spazi
effettivamente disponibili, ed alle possibili penalizzazioni (es. per cantierizzazione).
Una specifica procedura sarà predisposta per la scelta del prestatore di servizi a terra nel caso in cui il
vettore non abbia preventivamente scelto dall’handler.
Una specifica procedura sarà predisposta anche per l’uso dei loading-bridge.
Per quanto riguarda i movimenti di aviazione generale, saranno sviluppate procedure che si ispirano a
principi di libertà di movimento e di circolazione garantiti da norme nazionali e comunitarie.
Il rilascio dei permessi per l’accesso dei vari soggetti aeroportuali alle aree regolamentate e per la
conduzione di veicoli nell’area di movimento sarà proceduralizzato.
Ordinato movimento sui piazzali di aeromobili, mezzi e personale Dopo l’atterraggio l’aeromobile, seguendo le istruzioni della TWR, lascia l’area di manovra per portarsi
sullo stand assegnato.
Saranno da prevedere procedure, predisposte dal gestore e da ENAV, finalizzate a:
- disciplinare e controllare la movimentazione degli aeromobili, degli altri mezzi e del personale
sull’area di manovra;
- assegnare gli stands di sosta degli aeromobili;
- assicurare l’ordinato movimento degli aeromobili sui piazzali;
- assicurare l’ordinato movimento degli altri mezzi e del personale sui piazzali, al fine di non interferire
con l’attività di movimentazione degli aeromobili.
Anche in tale area vale quanto esplicitato nel primo paragrafo in merito alla correlazione da ricercare tra gli
obblighi che i soggetti che interagiscono nelle singole attività assumono nello svolgimento dei loro compiti e
le attività oggetto di procedure già approvate nell’ambito degli schemi di certificazione.
Per le attività diverse da quelle sopra citate che, quindi, non prevedono il richiamo ad una specifica
procedura già approvata, appare opportuno l’inserimento diretto nel Regolamento della specifica procedure
che descriverà anche gli obblighi e le condizioni, ovvero le regole da rispettare nello svolgimento delle
attività. Le procedure, oltre che descrivere le modalità di svolgimento di funzioni ed attività, attribuiscono
anche diversi ruoli dei soggetti aeroportuali e le relative responsabilità.
Operazioni apron-aerostazione
Le operazioni di sbarco si completano con il trasferimento in aerostazione di passeggeri, bagagli e merci.
Nel Regolamento dovranno essere inserite procedure che riportino le modalità di coordinamento e
controllo degli operatori (prestatori, autoproduttori, vettori, enti), di gestione delle infrastrutture, dei beni di
uso comune e di quelli in uso esclusivo.
A titolo esemplificativo, si ricorda che richiedono procedure di coordinamento degli operatori, e di gestione
delle infrastrutture:
- lo sbarco e imbarco di passeggeri a ridotta mobilità;
- le modalità di impiego delle infrastruttura centralizzate di riconsegna bagagli in arrivo.
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Operazioni aerostazione-apron
Esempio tipico di queste procedure sono:
• la gestione dei banchi check-in (ad esempio: assegnazione ai prestatori di servizi, norme d’uso dei
banchi, procedure di invio al BHS dei bagagli registrati, procedure per l’accettazione di bagagli
fuori misura – animali – armi, ecc.);
• la gestione dei gate di imbarco (ad esempio: pianificazione e assegnazione agli utenti, tempi di
utilizzo, ecc.);
• i controlli di sicurezza.
Operazioni con impianti centralizzati
Saranno predisposte procedure per le attività di questi impianti, a titolo esemplificativo:
1. Gestione sistema di smistamento e riconsegna bagagli;
2. gestione tecnica pontili per l'imbarco e lo sbarco dei passeggeri o altri sistemi non frazionabili di
trasporto dei passeggeri;
3. gestione impianti centralizzati di alimentazione, condizionamento e riscaldamento aeromobili;
4. gestione sistemi centralizzati di sghiacciamento aeromobili;
5. gestione sistemi informatici centralizzati (informativa al pubblico, sala annunci, sistema di scalo
CUTE, etc.);
6. gestione impianti statici centralizzati di distribuzione carburanti;
7. gestione impianti centralizzati di stoccaggio e lavaggio materiali catering;
8. gestione impianti centralizzati per i controlli di sicurezza sui bagagli da stiva;
9. gestione impianto di stoccaggio contenitori e pallets.
Sistema di gestione della safety
In ottemperanza ai requisiti contenuti nel Regolamento per la costruzione e l’esercizio degli aeroporti , è
richiesto che ogni aeroporto sia dotato di un sistema di gestione della sicurezza (SMS-Safety Management
System) idoneo a garantire che le operazioni si svolgano nelle condizioni di sicurezza prefissate e che sia in
grado di intervenire per correggere eventuali deviazioni.
Il sistema di gestione della sicurezza è incardinato nel gestore dell’aeroporto ed è riferito a tutte le attività
che in esso si svolgono.
È essenziale che siano evidenziati i soggetti interessati dalle procedure del sistema di gestione della
sicurezza, con relativi obblighi; tra essi devono includersi, almeno: la segnalazione al gestore degli eventi
che accadono nel corso delle proprie attività, il rispetto delle modalità e delle condizioni stabilite nelle
procedure di safety e nel sistema di reporting, l’attuazione delle azioni correttive comunicate dal gestore e
quanto altro ritenuto utile nell’ambito dello specifico aeroporto.
PARTE SECONDA
Procedure generali
Il Regolamento provvede a fissare le modalità di accesso agli impianti aeroportuali ed i criteri di utilizzo
delle infrastrutture, dei beni e dei servizi ad uso generale ed ad uso esclusivo, disponendo regole per
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individuare diritti e doveri di ciascun soggetto che opera sull’aeroporto affinché sia garantita la generale
sicurezza operativa, la tutela ambientale e la regolarità e qualità del servizio reso all’utenza.
A titolo puramente esemplificativo, rientrano in questa parte le procedure per:
- l’ assegnazione di spazi operativi e di sosta secondo criteri di funzionalità aeroportuale, di
ottimizzazione delle risorse;
- la gestione, organizzazione ed aggiornamento in tempo reale dei dati di traffico e di servizio
necessari a fornire adeguata informativa al passeggero, nonché, messa a disposizione di tali informative ai
vari operatori, nell’interesse delle operazioni di scalo;
- la verifica del rispetto delle procedure riportate dal Regolamento, la acquisizione, registrazione e
analisi dei dati relativi agli incidenti e danneggiamenti occorsi a persone o cose, ascrivibili ai soggetti che
operano in ambito aeroportuale nello svolgimento delle rispettive attività;
- la convocazione del Comitato degli Utenti, estendendone almeno una volta all’anno la
partecipazione ai prestatori ed autoproduttori presenti sullo scalo, ai fini dell’applicazione dell’articolo 8, 2°
comma, del decreto stesso. Di tali riunioni dovrà essere redatto verbale che dovrà essere trasmesso alla
Direzione Aeroportuale dell’ENAC;
- il rilascio dei permessi di accesso per persone, autoveicoli, mezzi ed attrezzature nelle diverse aree
di aeroporto ove è prescritta la autorizzazione della Direzione Aeroportuale;
- il rilascio delle patenti aeroportuali ivi compresi i programmi di addestramento e le verifica di
idoneità;
- la assegnazioni piazzole di sosta velivoli;
- la assegnazione banchi check-in;
- la assegnazione banchi transiti e gate d’imbarco;
- l’uso delle infrastrutture centralizzate;
- l’uso dei beni affidati in uso esclusivo, prevedendo priorità di accesso a coloro che operano
nell’ambito del trasporto aereo, rispetto a coloro che sono interessati ad attività “non aviation”;
- il monitoraggio delle aree inutilizzate, al fine di permetterne l’accesso a chi ne faccia richiesta;
- la gestione dei parcheggi, mezzi e attrezzature di rampa;
- il funzionamento del servizio informazioni al pubblico (annunci, comunicazioni, ….);
- la rilevazione ritardi ed attribuzione delle relative causali.
Relativamente agli operatori dei servizi di assistenza a terra, ai sensi del D.Lgs. 18/99, al gestore compete
il coordinamento e controllo sulle attività eseguite sullo scalo, provvedendo a segnalare alla Direzione di
Aeroportuale, i casi di inadempienze per le quali è prevista l’applicazione di sanzioni o provvedimenti di
limitazione o sospensione dell’attività.
Accesso degli operatori di handling
La procedura d’accesso predisposta dal gestore dovrà prevedere:
• che il prestatore a terzi o l’autoproduttore che intende effettuare l’attività di assistenza a terra, sia in
possesso della attestazione di idoneità rilasciata da ENAC;
• che il gestore nei 30 giorni successivi al ricevimento della domanda, acquisita l’attestazione di
idoneità, provveda a convocare formalmente il prestatore o l’autoproduttore per la definizione di eventuali
72
ulteriori aspetti inerenti l’attivazione delle attività. In caso di mancato accordo o valutazione negativa, il
gestore dovrà darne
• comunicazione motivata al richiedente ed alla Direzione Aeroportuale per il seguito di competenza di
cui all’articolo 10 del D.Lgs. 18/99;
• che il gestore, nel caso di accordo per l’utilizzo di beni, di impianti e di infrastrutture aeroportuali,
provveda a darne preavviso alla Direzione Aeroportuale, ai fini della redazione del verbale di accesso;
• che alla data fissata dalla Direzione Aeroportuale un rappresentante del gestore e del prestatore od
autoproduttore, muniti dei poteri previsti, sottoscrivano alla presenza del Direttore Aeroportuale, o suo
delegato, il “verbale di accesso ed inizio di attività”.
Da questo verbale dovrà risultare che:
- il gestore e l’handler abbiano preso accordi in merito alla pratica di autorizzazione all’accesso nelle
aree dell’aeroporto sottoposte a restrizioni;
- il gestore aeroportuale, nell’ambito della propria attività di coordinamento, garantisca adeguata
informativa al prestatore di servizi sulle misure di sicurezza (safety e security) adottate presso l’aeroporto;
- sia richiamata la procedura in uso nell’aeroporto per la scelta dell’handler nel caso in cui il vettore
non l’abbia preventivamente individuato;
- il gestore e l’handler rilascino al Direttore Aeroportuale l’elenco dei mezzi ed attrezzature,
sottoscritto da entrambi i rappresentanti legali, che saranno utilizzati nelle attività di assistenza a terra,
identificati per targa, telaio e quantità. Ogni operatore sarà responsabile delle caratteristiche operative dei
mezzi utilizzati in termini di sicurezza del mezzo stesso e delle relative modalità di utilizzo;
- sia presentata una dichiarazione congiunta del gestore e del prestatore che attesti che gli edifici, i
locali, gli impianti o le aree consegnate dal gestore siano idonei allo svolgimento delle attività ed al previsto
utilizzo.
Il gestore dovrà provvedere alla tenuta ed all’aggiornamento del “Registro dei prestatori/autoproduttori
presenti sullo scalo”, nel quale dovranno essere annotate le attività da ciascuno effettuate, i responsabili di
scalo ed i loro recapiti aeroportuali di servizio e di emergenza e se siano o meno agenti di handling
autorizzati ai sensi della scheda 3 del Programma Nazionale di Sicurezza. Copia di detto Registro
aggiornato dovrà consegnarsi alla Direzione Aeroportuale entro il 31 gennaio di ogni anno ed aggiornato
tempestivamente nel caso di intervenute variazioni.
Requisiti operativi minimi di scalo per i servizi essenziali
Le modalità di svolgimento di alcune attività aeroportuali possono incidere significativamente sulla
funzionalità e qualità generale dell’aeroporto e interferire sulla qualità delle prestazioni di ciascun operatore e
sui tempi schedulati dei voli. Conseguentemente, è necessario fissare standards operativi minimi di servizio
al fine di garantire il migliore utilizzo possibile degli impianti tecnici e strumentali dello scalo da parte degli
handlers/autoproduttori.
I servizi essenziali e gli standards minimi obbligatori sono individuati ed aggiornati su indicazione del
gestore, previa consultazione del Comitato degli Utenti in seduta allargata agli handlers, e riportati nel
Regolamento.
I requisiti minimi di scalo, una volta inseriti nel Regolamento hanno carattere di obbligatorietà e, sono
vincolanti per tutti coloro che effettuano attività riguardanti i servizi essenziali.
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Banchi check-in - Utilizzo dei gates, stands, beni in uso comune, ecc.
Dovranno essere individuate apposite procedure di assegnazione e di utilizzo di tali beni secondo criteri di
trasparenza e di equità, nel rispetto delle aspettative del passeggero, della libera concorrenza tra operatori e
del mantenimento degli impegni, presi dal gestore nella sua Carta dei Servizi. Particolare attenzione dovrà
riporsi in merito all’effettivo raggiungimento dei livelli di qualità promessa, in relazione alla capacità
aeroportuale stabilita in seno al Comitato di Coordinamento Aeroportuale (quest’ultima considerazione
riguarda gli aeroporti coordinati).
Obblighi a carico dei diversi soggetti che svolgono la propria attività in ambito aeroportuale
Ogni soggetto che svolge un’attività in ambito aeroportuale dovrà impegnarsi ad assicurare l’esercizio della
stessa in conformità alle norme e disposizioni, comunitarie e nazionali, ivi comprese quelle igienico-sanitarie,
antincendio, antinquinamento, in materia di sicurezza e regolarità dei mezzi, di prevenzione infortuni e
assicurazioni sociali obbligatorie, nonché, ad osservare le disposizioni emanate dalla Direzione
Aeroportuale.
Il Regolamento dovrà, altresì, prevedere che ogni soggetto che svolga attività in ambito aeroportuale si
impegni al rispetto dei “requisiti minimi obbligatori di servizio” o “requisiti minimi operativi dello scalo” riportati
nel paragrafo che precede ed all’attuazione della Carta dei Servizi del gestore, adottando adeguate
procedure per il controllo interno della qualità.
Dovrà prevedersi all’interno di una specifica procedura che i soggetti che svolgono attività di handling
assicurino con continuità e regolarità i servizi di assistenza a terra, anche per voli non schedulati, di
emergenza, ecc., in tutte le condizioni operative e meteorologiche e per tutto l’orario di apertura dello scalo
previsto in AIP - ITALIA.
Personale impiegato nelle attività di assistenza a terra
Il Regolamento dovrà contenere norme che regolino la sicurezza degli ambienti di lavoro, intendendo con
ciò tutti gli spazi aeroportuali, comprese le aree di movimento.
Ciascun handler ed ogni operatore aeroportuale dovrà assicurare che il proprio personale indossi un
abbigliamento che consenta di individuare immediatamente in modo chiaro ed inequivocabile la società di
appartenenza e dovrà assicurare che ciascun dipendente tenga ben esposto il tesserino identificativo che
autorizza all’accesso nelle aree aeroportuali. L’handler è responsabile solidalmente con il lavoratore
dipendente per tale infrazione.
Addestramento
Nella pertinente procedura dovrà prevedersi l’obbligo per gli handlers e per i vettori di tenere
costantemente aggiornato ed addestrato il personale dipendente, e quello delle eventuali ditte esterne che
operano per suo conto. Ciò, in merito agli obblighi derivanti dal Regolamento, dalle procedure standard di
assistenza a terra degli aeromobili e dalle norme sulla sicurezza e protezione ambientale. Quanto sopra,
anche attraverso la frequenza di corsi periodici di addestramento e qualificazione con test finali, tenuti a cura
e spese della società di
appartenenza.
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Il gestore dovrà fornire un manuale di utilizzo degli impianti (nastri bagagli, pontili d’imbarco, ecc.),
provvedendo, altresì, ad indire corsi periodici di addestramento ed aggiornamento, a frequenza obbligatoria,
per tutti i lavoratori addetti all’utilizzo di tali mezzi ed impianti. L’ENAC e il gestore, ognuno per le attribuzioni
di competenza, potranno richiedere in qualsiasi momento la documentazione comprovante l’avvenuto
addestramento ed aggiornamento periodico del personale presente in aeroporto.
Tutto il personale addetto alla guida di veicoli, bus interpista, elevatori od altri mezzi semoventi
od alla conduzione di impianti aeroportuali dovrà essere in possesso delle abilitazioni previste dal
Regolamento per la Costruzione e l’Esercizio degli Aeroporti. Le procedure di rilascio, inserite nel Manuale di
aeroporto, saranno allegate al Regolamento e richiamate esplicitamente in questa parte.
Automezzi e materiale rotabile
Tutti i mezzi e materiale rotabile dovranno circolare nel rispetto delle procedure individuate nel Manuale di
aeroporto, in applicazione del Regolamento per la Costruzione e l’Esercizio degli Aeroporti. Copia di tali
procedure sarà inserita in allegato al Regolamento e oggetto di esplicito richiamo in questa parte.
Il gestore ha il compito di predisporre aree di sosta dei mezzi ed autoveicoli in misura adeguata alle
esigenze dello scalo e degli stessi operatori aeroportuali, assegnando le stesse ai vari operatori sulla base di
criteri obiettivi di funzionalità generale e, comunque, secondo principi trasparenti e non discriminatori.
Tutti i mezzi aeroportuali utilizzati nell’air side dovranno essere efficienti e sicuri per ogni impiego per il
quale sono stati costruiti. A tal fine, saranno previsti appositi libretti di manutenzione che consentiranno
immediate verifiche sull’idoneità e sicurezza delle attrezzature e mezzi utilizzati.
Sicurezza del lavoro, sicurezza operativa
Il gestore ha il compito di porre in essere le misure e i dispositivi di carattere generale previsti dal D.Lgs.
626/94 necessarie a valutare, prevenire e ridurre i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori propri ,
fermo restando le attività di competenza dei committenti e degli utilizzatori delle aree. Il gestore, per quanto
previsto dalla 626/94 coordina le attività che si svolgono in aree o spazi destinati ad un uso generalizzato da
parte di utenti e/o soggetti che operano in ambito aeroportuale o che prevedono l’utilizzo promiscuo di
infrastrutture e/o attrezzature.
Per quanto sopra e per ogni altra materia riguardante la sicurezza dell’ambiente di lavoro e/o operativa, il
gestore predisporrà idonee procedure.
Emergenze
Ogni operatore dovrà segnalare immediatamente, agli organi preposti indicati nelle procedure di
emergenza, qualsiasi situazione di pericolo, anche solo imminente, per le persone o cose, con le modalità
indicate nelle procedure di emergenza inserite nel Regolamento.
Le procedure di emergenza contenute nel Manuale di aeroporto dovranno essere inserite o richiamate nel
Regolamento.
Tutela Ambientale
Il gestore predispone procedure specifiche di tutela ambientale a cui tutti gli operatori dovranno attenersi.
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Pari attenzione sarà rivolta alla problematica del “FOD”. In questo caso dovranno essere previsti controlli e
pulizie sistematiche con le modalità previste nel Manuale di aeroporto e richiamate nel Regolamento.
Il gestore, gli handlers ed i vettori assumeranno le responsabilità derivanti dall’inosservanza delle norme
vigenti in materia di protezione dell’ambiente dall’inquinamento, con particolare riferimento a quello acustico.
Il gestore informerà l’ENAC nel caso in cui i livelli di inquinamento acustico, all’interno o all’esterno del
sedime aeroportuale, superino quelli previsti dalle normative vigenti e/o rilevati in occasione del monitoraggio
per la redazione della mappa acustica.
Responsabilità per danni ed assicurazioni
Tutti i soggetti che operano in ambito aeroportuale sono direttamente responsabili per i danni arrecati a
persone o cose in conseguenza di fatti od omissioni connessi alla propria attività.
Gli operatori privati dovranno, quindi, sottoscrivere una polizza assicurativa con una compagnia di
rilevanza nazionale, per un massimale unico sinistro (rapportato all’effettivo danno provocabile dalla loro
attività) e fornire al gestore copia della polizza ai fini del “Verbale di accesso e di inizio attività”.
A titolo esemplificativo si riportano di seguito alcuni rischi tipici da tenere in considerazione per la stesura
della polizza:
• caduta di aeromobili o di parte di essi;
• caduta di cose trasportate da aeromobili;
• scoppio di apparecchi a vapore;
• danni provocati da avarie di impianti a combustione solida o liquida;
• danni provocati da avarie ad impianti elettrici;
• danni provocati da avarie ad impianti con sostanze radioattive;
• danni provocati da avarie ad impianti di riscaldamento/ condizionamento.
Sanzioni
Il Regolamento per produrre efficacemente i propri effetti, è necessario che sia supportato da forme
dissuasive che inducano i soggetti aeroportuali alla sua osservanza.
Secondo il “principio di legalità”, nessuno può essere assoggettato a sanzioni amministrative che non siano
previste da provvedimenti legislativi.
Ove si riferiscano a violazioni del Regolamento compiute dagli operatori privati , al fine di disciplinare le
attività che a qualsiasi titolo utilizzano l’impianto aeroportuale, il gestore proporrà con il Regolamento
medesimo, le procedure di propria competenza attinenti l’attività sanzionatoria (art. 705 CN), anche
pecuniarie, alla cui irrogazione provvederà l’ENAC.
Privacy Al fine dello svolgimento degli obblighi definiti nel Regolamento, il gestore s’impegna a trattare i dati
personali e commerciali in forma prevalentemente automatizzata con adeguate garanzie di riservatezza,
adottando la procedura prevista per la trattazione dei dati sensibili.
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Responsabilità dei soggetti privati
Ai soggetti privati operanti in aeroporto rimane attribuita la piena responsabilità delle loro azioni e delle
conseguenze dalle stesse derivanti. Pur essendo soggetti al coordinamento e controllo del gestore
aeroportuale essi devono garantire l’esercizio dell’attività secondo le prescrizioni del Regolamento.
I soggetti privati segnaleranno al gestore ogni evento che possa avere impatto sull’operatività o comportare
riduzioni del livello di servizio, anche in relazione alla circolazione dei mezzi ed alla presenza di ostacoli, così
come previsto dal Codice della Navigazione.
Chiusura dell'aeroporto
In caso di chiusura totale o parziale dello scalo, a seguito di disposizioni motivate dell’ENAC, nessun
soggetto potrà avanzare nei confronti del gestore o dell’ENAC, pretese di indennizzo o risarcimento alcuno
per la mancata messa a disposizione degli impianti, infrastrutture, beni e servizi aeroportuali.
PARTE TERZA Procedure per garantire che gli standard di qualità previsti dal gestore nella propria Carta dei
Servizi siano rispettati
Il gestore assume con la propria Carta dei Servizi (CdS) impegni che richiedono il coinvolgimento di tutti i
soggetti aeroportuali.
Per il rispetto di tali impegni predispone procedure applicabili a tali soggetti, e ne verifica la corretta
applicazione.
PARTE QUARTA
Provvedimenti operativi
In questa parte del Regolamento saranno previste le procedure di verifica sul rispetto dei contenuti del
Regolamento, al fine dell’adozione di provvedimenti operativi da parte del gestore volti a prevenire e
rimuovere le cause di immediata compromissione della sicurezza e funzionalità aeroportuale.
LA CERTIFICAZIONE DELL’AEROPORTO
Premesse e scopo
Il Regolamento per la Costruzione e l’Esercizio degli Aeroporti prevede oltre ai requisiti cui devono essere
conformi le infrastrutture, gli impianti ed i sistemi aeroportuali, la certificazione dell’aeroporto. Lo stesso
Regolamento chiarisce che il certificato dell’aeroporto attesta la conformità sia delle infrastrutture, impianti e
sistemi dell’aeroporto, sia l’idoneità della organizzazione del gestore, intesa quale insieme di risorse umane,
mezzi e procedure, ad assicurare il mantenimento delle condizioni di sicurezza stabilite per gli aeroporti.
Il Regolamento ENAC prevede l’obbligo della certificazione per quegli aeroporti, ove viene svolta attività di
trasporto pubblico con velivoli aventi una configurazione dei posti di 10 o più passeggeri, oppure una Massa
Massima al Decollo superiore a 5.700 Kg.
Per gli aeroporti già aperti al traffico commerciale il gestore dovrà ottenere la certificazione dell’ENAC entro
le date stabilite dal Regolamento.
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Significato del Certificato
Il Certificato dell’aeroporto attesta la conformità ai requisiti del Regolamento, secondo i criteri della
presente circolare relativamente:
a) alle caratteristiche fisiche dell’aeroporto, alle infrastrutture, agli impianti, ai sistemi ed alle aree ad esso
limitrofe definite nel cap. 4 paragrafo 11 del Regolamento (certificazione delle infrastrutture);
b) all’organizzazione aziendale ed operativa del gestore, alle sue dotazioni tecnologiche, ai mezzi, al
personale, alle procedure di gestione e di tutti gli altri elementi atti a garantire l’operatività dell’aeroporto in
condizioni di sicurezza, nonché del Manuale di Aeroporto (certificazione del gestore);
Il Certificato viene rilasciato al gestore aeroportuale, organizzazione con personalità giuridica propria, in
quanto, in virtù del rapporto di concessione di gestione con ENAC, esso è responsabile della conduzione ed
operatività dell’aeroporto nel rispetto dei requisiti previsti dal Regolamento; il gestore assume le attribuzioni e
gli obblighi relativi al mantenimento del certificato stesso con ENAC.
Successivamente al rilascio della certificazione, nel caso dovessero intervenire delle variazioni nelle
caratteristiche infrastrutturali, impiantistiche, o delle procedure operative, oppure variazioni significative nella
propria organizzazione, il gestore dovrà valutarne l’impatto, al fine di mantenere la conformità ai requisiti
applicabili del regolamento e dare tempestiva comunicazione all’ENAC.
Organizzazione del gestore
Il gestore dovrà dotarsi di una struttura organizzativa, di personale, di mezzi e procedure che, tenuto conto
della entità delle operazioni e delle attività connesse alla gestione dell’aeroporto, siano adeguati ad
assicurare la conformità dell’aeroporto ai requisiti del Regolamento e la sicurezza e la regolarità delle
operazioni.
La struttura organizzativa, le risorse disponibili e le modalità con cui vengono garantite le condizioni di
sicurezza delle operazioni, devono essere adeguatamente descritte in procedure aziendali contenute nel
manuale dell’aeroporto.
Nell’ambito della struttura organizzativa devono essere individuate alcune figure responsabili, ritenute
critiche ai fini della certificazione che assicurano la conformità dell’aeroporto e della sua gestione ai requisiti
regolamentari.
In tali figure, identificate nel Regolamento con il nome di Post Holders, sono allocate le responsabilità del
gestore ai fini della certificazione; del corretto esercizio di queste responsabilità danno dimostrazione
all’ENAC durante l’attività di sorveglianza svolta dall’ENAC.
In relazione alla funzione di garanzia dell’operato del gestore che i Post Holders assumono nel contesto
dell’organizzazione, essi sono oggetto di preventiva valutazione da parte dell’ENAC.
La valutazione è riferita alla capacità di tali soggetti di assolvere gli obblighi derivanti dalla certificazione. La
valutazione è finalizzata ad accertare che le responsabilità assegnate possono essere effettivamente
assolte, sia in termini di competenze acquisite e di esperienza, sia in termini di potestà, intesa come
autonomia di scelta e poteri assegnati a quella funzione organizzativa da parte dei vertici aziendali.
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Post Holders
Tra il personale tecnico/direttivo le seguenti posizioni, già individuate nel Regolamento, devono essere
ricoperte da persone che saranno valutate ed accettate dall’ENAC sulla base di un curriculum vitae e di un
colloquio.
La terminologia personale tecnico/direttivo non si riferisce necessariamente a connotazioni di
inquadramento connesso a contratti collettivi di lavoro, ma deve intendersi quale personale a capo di
strutture organizzative e gestionali con responsabilità aziendale e assunzione verso l’esterno di specifiche
responsabilità per conto del gestore.
Accountable Manager
È la figura, da individuare nell’ambito dei vertici aziendali, con l’autorità e l’autonomia per provvedere alle
risorse umane e finanziarie necessarie ad assicurare che tutte le attività siano condotte in sicurezza,
secondo le previsioni del regolamento e secondo qualsiasi altra condizione definita dal gestore stesso.
L’Accountable Manager è responsabile della certificazione ed è il garante, attraverso l’organizzazione
stabilita, che il gestore operi in conformità al Regolamento ed alle norme e leggi applicabili.
In particolare l’Accountable Manager garantisce che il Manuale dell’Aeroporto rifletta l’organizzazione del
gestore e sottopone all’ENAC le domande di rilascio, rinnovo, modifica o cancellazione del certificato
dell’aeroporto.
All’Accountable Manager non è richiesta una specifica conoscenza in materia di operazioni.
Post Holder area di movimento Le funzioni normalmente attribuite all’area di movimento comprendono:
a) l’esecuzione in sicurezza della movimentazione degli aeromobili e dei mezzi, di tutte le attività e le
operazioni connesse con il volo che si svolgono o comprendono l’area di movimento e della gestione della
stessa;
b) la gestione dei servizi connessi con il volo;
c) il monitoraggio delle aree soggette a lavori;
d) il monitoraggio ostacoli in relazione alle superfici ostacoli connesse alla pista, al decollo e
all’avvicinamento;
e) il monitoraggio durante le operazioni dello stato della pista, delle taxiway e dei raccordi, della
segnaletica orizzontale, verticale e luminosa;
f) l’allontanamento dei volatili o della attuazione del piano di prevenzione e controllo del rischio da
impatto con volatili, se esistente;
g) il controllo delle procedure aeroportuali per il contenimento del rumore;
h) la registrazione dei dati relativi agli incidenti e agli incidenti gravi, della rimozione dei mezzi e degli
aerei incidentati;
i) la redazione e della implementazione dei piani di emergenza per le parti di competenza;
j) la gestione e la formazione del personale alle proprie dipendenze.
Il Post Holder dell’area di movimento assicura la corretta effettuazione delle attività
necessarie per svolgere le funzioni attribuite a detta area. In relazione alle funzioni il profilo di
competenze atteso è costituito da:
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a) titolo di studio non inferiore a diploma di scuola media superiore;
b) esperienza consolidata nel campo di uno o più servizi primari connessi con l’area di manovra o con
attività di volo o in campo ispettivo aeroportuale;
c) conoscenza dei regolamenti nazionali ed ICAO inerenti alla Certificazione e gestione degli Aeroporti,
d) conoscenza delle procedure aziendali;
e) conoscenza della lingua inglese.
Post Holder Terminal
Le funzioni normalmente attribuite al terminal comprendono:
a) le procedure ordinarie di sicurezza e di assistenza ai passeggeri e di quelle che, ai fini della “safety”,
interessano la correlazione del Terminal con l’aeromobile e più in generale il lato aria;
b) la redazione e la implementazione delle procedure di crisi e di “contingency” nonché dei piani di
emergenza, per le parti di competenza.
Il Post Holder terminal assicura la corretta effettuazione delle attività necessarie per svolgere le funzioni
attribuite a detta area. In relazione alle funzioni il profilo di competenze atteso è costituito da:
a) titolo di studio non inferiore a diploma di scuola media superiore;
b) esperienza consolidata come responsabile di servizi correlati direttamente al passeggero;
c) conoscenza delle regolamentazioni nazionali e della normativa ICAO relativa agli aeroporti ed al
trasporto pubblico;
d) conoscenza delle procedure aziendali;
e) conoscenza della lingua inglese.
Post Holder progettazione infrastrutture e sistemi
Le funzioni normalmente attribuite alla progettazione infrastrutture e sistemi comprendono la gestione e
supervisione delle attività, ed in particolare:
a) la conformità delle progettazioni, di proprio sviluppo o effettuate da terzi, di tutte le nuove
infrastrutture relative alle aree terminal, movimento (ivi comprese piste, raccordi, piazzali, taxiway, ecc.)
sedime aeroportuale e aree limitrofe;
b) la conformità della progettazione di tutte le ristrutturazioni e che le medesime siano conformi ai
regolamenti in vigore;
c) la determinazione e la comunicazione dei dati relativi alle caratteristiche fisiche dell’aeroporto;
d) l’efficacia della progettazione relativamente ai livelli di sicurezza attesi;
e) le attività previste dalle vigenti normative in materia ambientale ed il monitoraggio sulle interrelazioni
aeroporto/territorio.
Il Post Holder progettazione assicura la corretta effettuazione delle attività necessarie per svolgere le
funzioni attribuite a detta area. In relazione alle funzioni il profilo di competenze atteso è costituito da:
a) possesso di titoli professionali per firmare progetti di opere aeroportuali;
b) esperienza e competenza in progetti attinenti le attività e le costruzioni aeroportuali;
c) conoscenza delle regolamentazioni e delle normative nazionali ed ICAO relative al proprio incarico;
d) conoscenza delle procedure aziendali;
e) conoscenza della lingua inglese.
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Post Holder manutenzione infrastrutture e sistemi
Le funzioni normalmente attribuite alla manutenzione infrastrutture e sistemi comprendono:
a) la predisposizione dei programmi manutentivi di tutti gli apparati, edifici, segnaletica, AVL, piste (con
particolare riferimento al pavement management system), incluse la verifiche periodiche delle condizioni di
aderenza delle piste ed il controllo dei sistemi di illuminazione piste e la segnaletica luminosa, taxiway,
raccordi, strade aeroportuali, recinzioni, drenaggi, equipaggiamenti e mezzi di trasporto ed attrezzature
speciali (De Icing Bay e De Icing Systems, mezzi per rimozione aerei incidentati), alimentazioni ecc. che
concernono l’aeroporto nella sua completezza, per quanto rientra nelle competenze ed attribuzioni del
gestore;
b) il controllo periodico dello stato della pista, delle taxiway e dei raccordi, della segnaletica orizzontale,
verticale e luminosa, dell’area movimento e più in generale la effettiva e corretta attuazione della
manutenzione programmata e straordinaria, al fine di garantire la costante efficienza di infrastrutture ed
impianti per il mantenimento di un adeguato livello di sicurezza delle operazioni.
c) La segnalazione ed il controllo delle aree soggette a lavori.
Il Post Holder manutenzione assicura la corretta effettuazione delle attività necessarie per
svolgere le funzioni attribuite a detta area. In relazione alle funzioni il profilo di competenze
atteso è costituito da:
a) titolo di studio non inferiore a diploma di scuola media superiore;
b) esperienza consolidata nel campo come responsabile anche di una sola area manutentiva
aeroportuale;
c) conoscenza delle norme che regolano la manutenzione;
d) capacità di redazione di un programma di manutenzione preventiva;
e) conoscenza delle norme vigenti nel settore aeroportuale;
f) conoscenza delle procedure aziendali.
Le funzioni attribuite ai Post Holder nella presente circolare sono di indirizzo e rispecchiano alcune diffuse
realtà; esse possono comunque variare in relazione al tipo di organizzazione scelto dal gestore. In
particolare alcune funzioni, quali ad esempio il controllo dello stato di pista e raccordi, possono essere
suddivise in modi differenti tra Post Holder movimento e Post Holder manutenzione o accorpate nell’una o
nell’altra funzione. Va valutato in tali casi che le attività siano tutte identificate ed attribuite con chiarezza ai
vari Post Holder.
Rinnovo
La certificazione di un aeroporto è assoggettata a rinnovo triennale. Tale rinnovo avviene sulla base della
favorevole valutazione dei risultati dell’attività di sorveglianza sviluppata nel corso del triennio. Per accertare
la continua rispondenza delle infrastrutture e del gestore ai requisiti del Regolamento, l’ENAC instaura e
sviluppa un sistema di sorveglianza costituito da attività di verifica pianificate e da attività correnti.
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IL MANUALE DELL’AEROPORTO
Il Manuale dell’aeroporto previsto nel Capitolo 2 del Regolamento per la costruzione e l’esercizio degli
aeroporti ENAC, è approvato dall’ENAC e contiene tutte le informazione e istruzioni necessarie per
consentire al personale dell’aeroporto di svolgere le proprie mansioni.
Il gestore deve rendere disponibile al proprio personale operativo ed agli operatori aeroportuali interessati
una copia del Manuale dell’aeroporto, o una copia di ciascuna parte del Manuale relativa alle specifiche
competenze e assicurarsi che tali copie siano sempre aggiornate.
Il gestore assume ogni ragionevole misura per assicurarsi che il proprio personale operativo:
(i) sia a conoscenza dei contenuti di ciascuna parte del Manuale dell’aeroporto relativa alle sue mansioni;
(ii) svolga le sue mansioni in conformità con le relative disposizioni del Manuale.
Per “personale operativo” si intende l’insieme di persone che appartengano o meno alla organizzazione del
gestore, le cui mansioni siano connesse con il mantenimento delle condizioni operative di sicurezza
dell’aeroporto, ovvero i cui compiti richiedano loro di avere accesso all’area di manovra o al piazzale.
Scopo e ambito del Manuale
L’obiettivo principale del Manuale dell’aeroporto è quello di definire come il gestore adempie ai propri
compiti al fine di garantire le condizioni di corretta gestione dell’aeroporto e di sicurezza delle operazioni. Il
Manuale definisce le politiche e gli standard di prestazione adottati dal gestore nonché le procedure tramite
le quali raggiungerli.
Il manuale deve contenere tutte le informazioni pertinenti per descrivere la struttura organizzativa del
gestore. Il manuale deve chiaramente indicare, per ciascun compito descritto le figure responsabili con le
relative attribuzioni. È lo strumento attraverso il quale tutto il personale operativo dell’aeroporto viene
debitamente informato sulle mansioni e responsabilità. Esso deve descrivere i servizi e le strutture
dell’aeroporto e contenere tutte le procedure operative necessarie.
Il Manuale è il documento di riferimento per verificare l’adeguatezza del gestore e della sua organizzazione
ai fini dell’ottenimento e del mantenimento della certificazione dell’aeroporto.
Titolarità del Manuale dell’aeroporto Il gestore è responsabile della preparazione del Manuale dell’aeroporto e della sua conformità ai requisiti
ed alle indicazioni contenuti nei regolamenti e negli altri documenti dell’ENAC.
Il gestore deve aggiornare il Manuale secondo necessità, in caso di variazioni dell’organizzazione e dei
requisiti applicabili.
Il Manuale è firmato dal dirigente responsabile dell’organizzazione (Accountable Manager).
Gestione del Manuale Devono essere chiaramente individuati i responsabili incaricati di fare in modo che il Manuale rifletta
accuratamente la realtà delle operazioni.
Ciascuna copia del Manuale deve essere numerata, e deve essere tenuta una lista delle persone che ne
hanno una copia.
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Le modifiche del manuale devono essere sempre riportate in apposite pagine, aggiuntive o sostitutive,
nelle quali siano rese evidenti le parti sottoposte a modifica.
Il gestore deve trasmettere all’ENAC, non appena se ne presenti la necessità, le proposte di variante o
aggiornamento del manuale dell’aeroporto. Le modifiche del Manuale diventano effettive a seguito di
approvazione da parte dell’ENAC.
Forma e significato del Manuale
Il Manuale è la fonte documentale che descrive come devono essere condotte le procedure operative e la
loro gestione in sicurezza. Consente di valutare l’ottemperanza dell’organizzazione e delle procedure del
gestore al presente regolamento. Il Manuale dell’aeroporto è un mezzo di diffusione di tutte le procedure e
informazioni relative ad una sicura gestione dell’aeroporto. Il manuale deve fornire un’idea chiara e priva di
ambiguità, di come si sviluppi, sia mantenuta e sia gestita la sicurezza all’interno dell’aeroporto.
In relazione alla portata e complessità delle operazioni e delle relative procedure, è consentito che il
gestore includa nel Manuale dei riferimenti a procedure esistenti in altre pubblicazioni di contenuto
approvato. A tal fine è essenziale che qualsiasi riferimento ad informazioni, documenti e procedure segua
esattamente lo stesso sistema di consultazione e diffusione adottato per il manuale stesso.
Contenuti del Manuale
Non è necessario che tutte le procedure operative siano incluse nel Manuale tuttavia, qualora queste
fossero rilevanti per la conformità ai requisiti di sicurezza, la loro collocazione deve essere chiaramente
indicata all’interno del Manuale.
Il Manuale deve contenere le informazioni e le procedure che riguardano l’attività di competenza del
gestore, fornendo anche le indicazioni in merito agli aspetti di coordinamento con i soggetti non controllati
per le attività e servizi attinenti la sicurezza delle operazioni da essi garantiti.
Introduzione
(a) Scopo del manuale.
(b) Distribuzione del manuale.
(c) Procedure per l’emissione, distribuzione e modifica del Manuale;
(d) Indice delle pagine
(e) Prefazione del gestore
(f) Glossario dei Termini (diversi da quelli inclusi in questo regolamento)
Amministrazione Tecnica
(a) Nome e indirizzo dell’aeroporto
(b) Nome e indirizzo del gestore
(c) Politiche per la gestione della sicurezza operativa
(d) Un organigramma che indica le responsabilità gerarchiche, l’attribuzione dei compiti e dei
(a) poteri, le allocazioni di responsabilità e le risorse strumentali assegnate. In particolare devono
(b) essere indicati il dirigente responsabile (Accountable manager) e gli altri dirigenti responsabili
(c) (Post holders).
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(d) Le procedure utilizzate per assicurare una supervisone continua in assenza dei responsabili
(e) titolari.
(f) Comitati aeroportuali.
Caratteristiche dell’aeroporto
a. Dettagli dei seguenti elementi:
§ Latitudine e longitudine dell’Airport Reference Point in formato WGS 84;
§ Elevazione dell’aeroporto e delle piazzole di sosta aeromobile.
b. Cartine, adeguatamente dettagliate, indicanti la posizione dell’Airport Reference Point, il layout delle
piste, delle vie di rullaggio e del piazzale (APRON); la segnaletica aeroportuale verticale ed
orizzontale, gli aiuti visivi, gli ostacoli illuminati, la collocazione degli aiuti alla navigazione all’interno
della strip di pista.
c. La descrizione, l’altezza e la collocazione degli ostacoli che forano le superfici standard di protezione e
riferimenti in merito al fatto che siano o meno illuminati.
d. Metodi e procedure usati per mantenere aggiornati i dati di cui ai punti (a), (b) e (c).
e. Il calcolo delle “distanze dichiarate” e delle elevazioni all’inizio e alla fine di ciascuna “distanza
dichiarata”.
f. Il calcolo delle “distanze dichiarate ridotte”, qualora vi siano ostacoli temporanei sulla strip di pista o
che forino le superfici di avvicinamento o di decollo.
g. Informazioni dettagliate sulle superfici, dimensioni, classificazione e portanza delle piste, vie di
rullaggio, piazzali, striscia di sicurezza e RESA.
Procedure operative
Sono di seguito evidenziate le procedure operative di norma contenute nel Manuale dell’aeroporto:
(a) Sistema che il gestore usa per fornire le informazioni da inserire nella Pubblicazione delle Informazioni
Aeronautiche;
(b) Le ispezioni di routine dell’aeroporto, incluse quelle relative agli Aiuti Visivo Luminosi (AVL) ove
applicabile, la gestione dei rapporti, il tipo e la frequenza delle ispezioni;
(c) Ispezioni del piazzale, delle piste e delle vie di rullaggio a seguito di presenza segnalata di detriti
nell’Area di movimento, a seguito di decollo abortito per via di guasti al motore, ai pneumatici o alle
ruote, o a seguito di qualsiasi altro incidente che possa avere lasciato detriti che costituiscano
potenziale pericolo;
(d) Valutazione dello stato delle piste.
(e) Pulizia delle piste, delle vie di rullaggio e del piazzale;
(f) Protezione delle piste durante le procedure per bassa visibilità (LVPs) ove previste;
(g) Misurazione e diffusione delle informazioni relative alla altezza dell’acqua, della neve e neve mista ad
acqua (slush) sulle piste e sulle vie di rullaggio;
(h) Misurazione e diffusione delle informazioni relative alla azione frenante di pista;
(i) Diffusione delle informazioni sulla operatività dell’aeroporto, chiusura temporanea di alcune strutture,
chiusure delle piste etc.;
(j) Registrazioni relative al movimento degli aeromobili;
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(k) Controllo dei lavori, incluse gli scavi e le attività agricole che possano avere un impatto sulla sicurezza
delle operazioni degli aeromobili;
(l) Modalità di accesso all’aeroporto e alle sue aree operative, incluso l’accesso di veicoli;
(m) Gestione del piazzale e dei parchegg;
(n) Disponibilità di combustibile per aviazione e suo stoccaggio;
(o) Segnalazione degli incidenti e inconvenienti in ottemperanza alla regolamentazione relativa al sistema
di segnalazione obbligatoria;
(p) Rimozione degli aeromobili incidentati;
(q) Piano rimozione neve;
(r) Piano per la riduzione del rischio da impatto con uccelli e animali selvatici;
(s) Rifornimento degli aeromobili.
Aiuti visivi
Relativamente alle competenze del gestore nei confronti degli AVL il Manuale riporta:
(a) Le competenze con riguardo al sistema aeroportuale di aiuti visivi
(b) Una descrizione completa della configurazione di tutti gli aiuti visivi disponibili; questa comprende gli
AVL, la segnaletica verticale ed orizzontale.
(c) Procedure per l’impiego operativo e la regolazione dell’intensità luminosa del sistema AVL.
(d) Gestione del sistema per l’alimentazione d’emergenza ed in continuità, incluse le procedure operative
in mancanza di alimentazione di rete
(e) Procedure per ispezioni periodiche delle luci del sentiero di avvicinamento, delle luci di pista e
indicatori ottici di pendenza di avvicinamento.
(f) Le procedure per la registrazione delle ispezioni e della manutenzione degli aiuti visivi;
(g) L’ubicazione degli ostacoli e le procedure relative all’illuminazione degli stessi;
(h) Procedure per la gestione delle azioni correttive da prendere nel caso di guasti e difformità rilevati.
I Servizi di soccorso e antincendio
Relativamente alle competenze del gestore nei confronti dei Servizi di soccorso e antincendio il Manuale
riporta:
(i) Procedure di gestione dei servizi di soccorso e antincendio qualora essi siano resi sotto la
responsabilità del gestore.
(j) Procedure per la fornitura ed il mantenimento in stato di efficienza delle comunicazioni tra i soggetti
preposti all’allarme, il fornitore del servizio ed il gestore.
(k) Procedure di informazione/comunicazione da attuare in caso di rifornimento di carburante agli
aeromobili con passeggeri a bordo o in imbarco/sbarco.
Pianificazione d’Emergenza Integrata
Questa sezione del Manuale contiene le procedure sviluppate dal gestore riguardo il soddisfacimento ai
requisiti del regolamento ENAC.
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SAFETY MANAGEMENT SYSTEM
Il Regolamento per la costruzione e l’esercizio degli aeroporti ENAC prevede che:
“A far data dal 24 Novembre 2005 il gestore deve essere dotato di un sistema di gestione della sicurezza
(Safety Management System – SMS) che descriva la struttura dell’organizzazione, nonché i compiti, i poteri
e le responsabilità del personale, ed assicuri che le attività siano condotte in modo documentato e
controllato”
Il sistema di gestione SMS include:
• la determinazione delle politiche di sicurezza del gestore;
• l’assegnazione delle responsabilità e dei compiti e l’emissione di direttive per il personale,
sufficienti per l’implementazione delle politiche aziendali e degli standard di sicurezza;
• il monitoraggio continuo degli standard di sicurezza;
• la registrazione e l’analisi delle deviazioni degli standard applicabili;
• la definizione ed applicazione delle misure correttive;
• la valutazione dell’adeguatezza e dell’efficacia delle procedure applicate all’organizzazione.
Solo nell’Ottobre del 2005 l’ENAC ha pubblicato le “linee guida e strategie” per l’implementazione dei
SMS.
Questo documento definisce il Safety Management System come una disciplina, basata
sull’implementazione di speciali tecniche di gestione sistematica, finalizzata alla identificazione e al controllo
di eventi o condizioni indesiderate lungo tutto il ciclo di vita di progetto, programma o attività. L’obiettivo
principale è la prevenzione degli incidenti.
Gli elementi fondamentali di un SMS sono:
1. politica di Safety Management;
2. strategia di implementazione di un Safety Management;
3. Safety Manager;
4. documentazione e procedure;
5. processo di Risk Management;
6. Safety Auditing.
I concetti che stanno alla base di una politica di sicurezza dovrebbero definire l’approccio fondamentale
da adottare per la gestione sia della sicurezza che dell’impegno profuso dall’intera organizzazione per la
sicurezza stessa.
La strategia proposta per l’implementazione di un SMS riflette la pratica corrente utilizzata per la gestione
della sicurezza e propone un’analisi sistematica dei processi per identificare le criticità del sistema, in modo
da intraprendere azioni correttive preventive, quindi non solo consequenziali ad eventi indesiderati, che
assicurino che il livello di sicurezza è mantenuto o elevato.
Il Safety Manager, responsabile della gestione delle problematiche afferenti la sicurezza del volo, è la
figura di riferimento che riporta, in materia di sicurezza, direttamente ai più alti livelli organizzativi.
I requisiti minimi del Safety Manager sono:
§ Adeguata e certificata conoscenza di base ed esperienza nel settore di interesse
dell’organizzazione;
§ Adeguata formazione e conoscenza delle tecniche di Safety e Risk Management, human factor e
di investigazione degli incidenti;
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§ Autorevole capacità di aggregazione e coinvolgimento.
Il Safety Manager deve avere chiare responsabilità, ad esempio, di:
• gestione dello sviluppo del piano di sicurezza;
• promozione di strumenti di Hazard Management, Risk Assessment e human factor;
• gestione delle Emergency Response planning;
• investigazione di incidenti ed inconvenienti;
• raccolta e distribuzione di informazioni relative alla sicurezza;
• formazione continua del personale sulla gestione della sicurezza e della qualità;
• gestione e controllo della documentazione di sicurezza e qualità;
• gestione degli incontri del Safety Review Board e del Safety Action Group.
La documentazione minima di un SMS deve comprendere:
- la pubblicazione della politica di sicurezza;
- la struttura del SMS (organigramma);
- le responsabilità del Safety Manager, del Safety Review Board e del Safety Action Group;
- definizione e descrizione delle responsabilità;
- processo di Hazard Identification e Risk Management;
- processo di Safety Reporting e Safety Review;
- Safety oversight, Safety plans;
- Criteri di reclutamento e formazione del personale.
Il processo di Risk Assessment dovrebbe verificare e documentare che l’intero sistema, analizzato in
tutte le sue parti, contribuisca al raggiungimento e al mantenimento del livello di sicurezza richiesto.
Il processo utilizzato è di tipo decisionale, formale e documentato volto a mettere in relazione il rischio e
la relativa conseguenza sull’intero ciclo di vita del sistema. La selezione dei metodi di calcolo del rischio è
flessibile.
L’implementazione di un Safety Management System richiede una verifica continua sui processi e sui
risultati dell’organizzazione al fine di garantire il raggiungimento e il monitoraggio dei livelli di sicurezza
prefissati. Nell’ambito di un SMS il processo di auditing è finalizzato alla verifica dei parametri di sicurezza
dei processi e delle funzioni ad essa strettamente connessi.
Un sistema di safety regulatory audit è basato su quattro elementi fondamentali:
§ sorveglianza continua di rispondenza del sistema ai principi del SMS;
§ aree e livello di rischio;
§ competenze del personale e del responsabile addetto alla sicurezza;
§ indicatori di prestazioni.
Ognuno di questi elementi deve essere applicato sia alle operazioni e/o aree del sistema che a tutte le
modifiche ad esse apportate nel corso del tempo.
Il gestore deve predisporre verifiche periodiche e sistematiche del sistema di gestione della sicurezza,
incluse le modalità di assolvimento delle proprie funzioni, tenuto conto dell’impatto delle attività svolte da altri
soggetti in ambito aeroportuale.
Il gestore deve assicurare che le verifiche siano svolte da personale esperto ed adeguatamente
qualificato in accordo ad un programma di verifica approvato dall’ENAC.
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La documentazione relativa alle verifiche è conservata dal gestore per almeno 5 anni. L’ENAC può
richiedere copia dei rapporti per condurre propri accertamenti.
Gli operatori aerei, i fornitori di servizi e ogni altra organizzazione che conduca attività in maniera
autonoma nell’aeroporto, devono ottemperare ai requisiti relativi alla sicurezza dell’aeroporto. Il gestore
attiva idonee procedure per verificare il rispetto dei requisiti.
Gli operatori aerei, i fornitori di servizi e ogni altra organizzazione che conduca attività in maniera
autonoma nell’aeroporto, sono tenuti a collaborare con i programmi di sicurezza dell’aeroporto, riportando
immediatamente qualsiasi incidente o inconveniente che possa avere un impatto sulla sicurezza.
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8 - IMPATTO AMBIENTALE IN CAMPO AEROPORTUALE
Lo studio di impatto ambientale connesso con lo sviluppo di un’infrastruttura aeroportuale deve considerare
sia gli aspetti relativi agli effetti temporanei (tipicamente connessi con il processo di costruzione
dell’infrastruttura: depositi, erosioni, sollevamento di polvere, ecc.), sia quelli relativi ai probabili effetti
permanenti, comprendendo tra questi gli effetti sull’ambiente sociale (potenziali smembramenti di comunità,
espropri di vaste aree, modifiche alla viabilità esistente, ecc.) e quelli sull’ambiente naturale (fauna, flora,
aree turistiche, ricreative, storiche, archeologiche).
Lo studio di tutti questi fattori richiede un approccio tipicamente interdisciplinare finalizzato alla proposizione
di una serie di alternative tra le quali scegliere quella a minor contenuti di problemi ambientali.
Nell’ambito delle attività aeroportuali possono essere individuale una serie di aspetti ambientali che devono
essere oggetto di approfondimento per la valutazione degli impatti che l’infrastruttura genera sull’ambiente;
di seguito tali aspetti verranno trattari singolarmente.
Inquinamento atmosferico
L’inquinamento atmosferico può essere suddiviso in due tipologie:
• inquinamento da fonti mobili;
• inquinamento da fonti fisse.
Le fonti di inquinamento che danno origine alla precedente suddivisione possono essere sintetizzate in:
Ø fonti mobili: movimenti degli aeromobili nelle fasi di atterraggio e decollo, attività di trasporto di
superficie (sia all’interno del sedime aeroportuale, sia nelle aree limitrofe);
Ø fonti fisse: impianti per la produzione di energia, officine di riparazione e manutenzione,
apparecchiature di rampa, eventuali inceneritori.
Le caratteristiche dell’inquinamento atmosferico riscontrabili in un’area aeroportuale sono simili a quelle
relative all’inquinamento dell’aria urbano, con la presenza di specie chimiche quali: monossido di carbonio,
composti volatili organici, ossidi di azoto e polveri.
Gli studi svolti in materia hanno evidenziato che il contributo dell’inquinamento atmosferico complessivo
nell’area aeroportuale è abbastanza limitato, in misura non superiore al 5% delle emissioni totali.
Gli strumenti di riduzione dell’inquinamento atmosferico a livello internazionale non fanno esplicito
riferimento al trasporto aereo. Nel 1981 l’ICAO ha adottato degli standard che stabiliscono dei limiti di
emissione per ciascuna sostanza, il cui rispetto deve essere dimostrato dal costruttore del velivolo prima
della sua commercializzazione. La legislazione italiana non ha tuttavia normative specifiche in tema di
emissioni atmosferiche in ambito aeroportuale.
Gli elementi su cui si può agire per ridurre tale tipo di inquinamento sono:
- modifiche ai motori degli aeromobili;
- modifiche alle procedure operative a terra (spegnere i motori sui piazzali, ridurre il numero di
motori in moto durante il rullaggio elevandone il numero di giri, eliminare il problema delle
esalazioni di vapori di combustibile);
- modifiche alla progettazione e costruzione dell’infrastruttura (separazione delle zone sorgenti di
inquinamento, loro localizzazione sottovento, realizzazione di zone verdi tra l’aeroporto e le zone
abitate circostanti, buona progettazione degli accessi all’aeroporto e delle zone di scambio).
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Inquinamento idrico
Tra i più importanti problemi causati all’ambiente idrico, connessi con la realizzazione di un aeroporto si
possono ricordare i seguenti: modifica dei percorsi di ruscellamento delle acque superficiali per effetto delle
operazioni di scavo e di riporto; inquinamento delle falde per intrusione di acque salate (localizzazione degli
aeroporti in zone costiere); abbassamento di falde; incremento della erosione da parte delle acque piovane
a causa dell’incremento della velocità di ruscellamento, dovuta alla notevole estensione di aree
impermeabilizzate (zone pavimentate).
Le acque di scarico prodotte da un insediamento aeroportuale devono essere differenziate in base alla loro
provenienza, che ne determina le differenti caratteristiche. Si possono distingue:
- acque nere, derivanti da servizi presenti nelle aerostazioni e in tutte le aree edificate;
- acque di superficie, provenienti dai piazzali e dalle piste.
Le prime hanno caratteristiche simili a quelle derivanti degli insediamenti civili; sono in genere smaltite
attraverso il convogliamento alla fogna pubblica, qualora possibile, oppure, attraverso trattamento in loco
con opportuno impianto di depurazione.
Le acque superficiali possono contenere idrocarburi derivanti da spargimenti accidentali sui piazzali di sosta
in fase di rifornimento o di sostanze provenienti dal lavaggio dei velivoli; inoltre, nel periodo invernale, è
frequente la presenza di prodotti antighiaccio, utilizzati sulle ali degli aeromobili e sulle piste.
Per far fronte a tale tipo di inquinamento occorre:
• raccogliere, separare e trattare opportunamente tutte le acque e i rifiuti prodotti dalle attività che si
svolgono nell’aeroporto;
• prevenire l’inquinamento delle acque mediante:
- protezione di scarpate, canali e drenaggi superficiali dall’erosione provocata dal ruscellamento
delle acque;
- realizzare opere di intercettazione, affinché combustibili, grassi, oli, schiume antincendio non
possano defluire nel sistema di drenaggio superficiale delle acque meteoriche;
- impiego di detergenti a basso contenuto di fosfati per il lavaggio degli aeromobili;
- limitazione della quantità e del tipo di insetticidi e diserbanti.
Inquinamento acustico
La legislazione italiana riguardante la disciplina del rumore nell’intorno aeroportuale derivante dalle attività
aeroportuali, comprendenti non solo le operazioni di decollo e di atterraggio ma anche quelle di
manutenzione, revisione e prove motori degli aeromobili civili, è assai ampia e considera molteplici aspetti
che vanno dalla metodologia di misurazione del rumore aeroportuale, ai criteri per la progettazione dei
sistemi di monitoraggio e a quelli per la classificazione degli aeroporti in relazione all’inquinamento acustico,
alle procedure antirumore e alle zone di rispetto nelle aree circostanti il sedime aeroportuale, alla
regolamentazione del traffico aereo nel periodo notturno.
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Determinazione del livello di valutazione del rumore aeroportuale LVA
Il livello di valutazione del rumore aeroportuale LVA, a seguito della sua formulazione riportata nell’Allegato A
del DM Ambiente 31 ottobre 1997, è un indice cumulativo su base annua in quanto calcolato secondo la
relazione seguente:
in cui N = 21 è il numero dei giorni del tempo di osservazione corrispondente a tre settimane, ciascuna
formata da 7 giorni consecutivi e scelta in modo tale da contenere il numero massimo di movimenti degli
aeromobili registrati nei seguenti quadrimestri:
1 ottobre-31 gennaio,
1 febbraio-31 maggio,
1 giugno-30 settembre.
In altre parole occorre disporre dei dati del traffico aereo complessivo nelle 24 ore per tutti i giorni dell’anno
(365 valori); per ciascuno dei tre sopra indicati quadrimestri, ciascuno costituito da Q giorni, si procede alla
somma in sequenza a gruppi di sette dei valori giornalieri ottenendo Q-6 dati e se ne sceglie il valore
maggiore che identifica la settimana a maggior traffico aereo del quadrimestre considerato.
Nella relazione precedente LVAj è il valore del livello LVA determinato nell’arco delle 24 ore e,
conseguentemente, il descrittore LVA cumulativo su base annua è caratterizzato da una risoluzione
temporale di 24 ore, a sua volta distinta nei periodi diurno (ore 06÷23) e notturno (ore 00÷06 e 23÷24) come
mostrato dalle relazioni seguenti:
in cui Nd e Nn sono il numero totale dei movimenti degli aeromobili nei rispettivi periodi e SELi è il SEL dell’i-
esimo evento sonoro prodotto dal corrispondente movimento di aeromobile. Il Livello Sonoro Equivalente
(SEL) è definito secondo la seguente relazione:
dove LAF è il Livello di pressione sonora (valore misurato), t0 è il tempo di riferimento pari a 1s e (t2 – t1) è
l’intervallo di tempo durante il quale il livello LAF si mantiene superiore al valore (LAFmax –10) dB, come
illustrato nella fig. 1.
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Figura 1 – Definizione del SEL per il singolo evento sonoro
Si noti nella relazione di LVAn relativa al periodo notturno i valori di SEL siano penalizzati di 10 dB per tener
conto della maggiore criticità di questo periodo in relazione al disturbo indotto sulla popolazione esposta.
In base a quanto sopra esposto, per ciascuna delle 21 configurazioni di traffico aereo relative ai 21 giorni
corrispondenti alle tre settimane di maggior traffico per i tre quadrimestri occorre procedere al calcolo del
livello LVAj mediante le relazioni precedenti. Con il termine configurazione di traffico si intende l’insieme delle
operazioni differenziate per profili di decollo ed atterraggio e diversificate per ciascuna tipologia di
aeromobile, per testata di pista e per rotta percorsa.
Appare evidente come la procedura risulti alquanto laboriosa e richieda l’acquisizione di dati non sempre
facilmente reperibili ed, a volte, incompleti per qualcuno dei parametri sopra indicati. È da sottolineare,
inoltre, che possono verificarsi le seguenti circostanze:
1) ampia variabilità dei 21 valori di LVAj, conseguente a variazioni sensibili del traffico aereo riscontrabili
in aeroporti con pochi movimenti e/o ad accentuata connotazione turistica;
2) condizioni meteorologiche differenti da quelle più ricorrenti che possono comportare una
utilizzazione delle testate delle piste diversa da quella usuale.
In alternativa alla metodologia sopra descritta, rigorosamente conforme alle disposizioni legislative, si può
applicare la procedura solitamente denominata “giorno medio di riferimento”, articolata nelle seguenti fasi:
1) nei 21 giorni di traffico più intenso prescritti dalla legislazione si individuano le tipologie di aeromobili
operanti e per ciascuna tipologia si determina il valore medio giornaliero dei movimenti di decollo ed
atterraggio; ad esempio se nei 21 giorni per un MD80 si registrano 105 decolli e 84 atterraggi i valori
medi giornalieri risultano pari a 5 e 4 rispettivamente;
2) sulla base dei valori percentuali annuali riguardanti l’utilizzazione delle testate delle piste e delle rotte
si determina la corrispondente distribuzione del valore medio giornaliero dei movimenti delle singole
tipologie di aeromobili ottenendo la configurazione di traffico aereo giornaliera media.
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Zonizzazione acustica dell’intorno aeroportuale
Il livello LVA, determinato mediante le relazioni riportate al paragrafo precedente, è il parametro impiegato
dalla legislazione per definire le zone di rispetto e le destinazioni d’uso del territorio nell’intorno aeroportuale
secondo la classificazione riportata nella Tab. I.
Tab. I – Zonizzazione acustica dell’intorno aeroportuale
Le curve isolivello di LVA solitamente sono determinate impiegando modelli numerici di simulazione acustica
sviluppati specificamente per il rumore aeroportuale. Tra questi il più diffuso è l’Integrated Noise Model
(INM), proposto dalla Federal Aviation Administration FAA statunitense sin dal 1978 e periodicamente
aggiornato nel suo data- base di aeromobili e migliorato. Nell’applicare questi modelli si può procedere in
modo ortodosso oppure apportando adattamenti determinati in funzione di dati sperimentali rilevati nella
configurazione ambientale in esame. L’applicazione rigorosa può condurre a scostamenti anche consistenti
tra il valore stimato dal modello ed il dato sperimentale, derivanti da molteplici cause tra le quali le
condizioni meteorologiche e le differenze tra gli effetti parametri operativi degli aeromobili (assetto velivolo,
traiettoria, ecc.) e quelli predefiniti nel modello. È da sottolineare, inoltre, che il valore stimato dal modello
solitamente è riferito ad una base temporale abbastanza ampia, anche annuale, contrariamente al dato
sperimentale che è relativo a periodi molto più brevi. In merito all’applicazione del modello adattata sulla
base di dati sperimentali riguardanti la configurazione ambientale in esame, solitamente alla singola
operazione di volo si attribuisce il profilo più pertinente secondo il modello e nella curva SEL-distanza
minima dall’aeromobile si riportano sia il valore misurato del SEL sia la distanza minima del punto di misura
dalla traiettoria attribuita dal modello alla specifica operazione di volo. Il punto individuato da questa coppia
di valori si troverà generalmente spostato rispetto alla curva prevista dal modello, come indicato nella fig. 2
a titolo esemplificativo. Tale differenza è imputabile o allo scostamento della traiettoria reale dell’aeromobile
rispetto a quella teorica ipotizzata dal modello a causa di una diversa disposizione della spinta dei motori, o
perché sono intervenute delle variazioni delle condizioni meteorologiche che a loro volta si traducono in una
diversa disposizione della spinta.
La modalità di variazione del SEL in funzione della distanza minima, tuttavia, si può ragionevolmente
considerare inalterata o molto simile a quella ipotizzata dal modello. Traslando detta curva parallelamente
93
all’asse dei valori del SEL si ottiene una nuova curva che può essere ritenuta rappresentativa della
rumorosità verificatasi nella situazione reale. Con questa procedura sono conseguibili accuratezze per il
SEL accettabili su una griglia ad elementi quadrati con lato di 300 m.
Figura 2 - Adattamento della curva SEL-distanza minima in funzione del dato sperimentale di SEL
Procedure di controllo
Il DM Ambiente 20 maggio 1999 affida ai sistemi di monitoraggio del rumore aeroportuale varie finalità, tra
le quali si sottolineano le seguenti:
a) monitorare le singole operazioni di decollo e di atterraggio degli aeromobili al fine di verificare il
rispetto delle procedure antirumore definite dalle commissioni istituite nelle circoscrizioni
aeroportuali;
b) eseguire il calcolo dell’indice LVA e determinarne le curve isolivello che caratterizzano l’intorno
aeroportuale secondo le procedure descritte nel documento ICAO Annesso 16 e nelle circolari
205/AN/1725 ed ECAC.CEAC Doc. n. 29.
Queste due finalità sono strettamente interdipendenti in quanto la forma e l’estensione delle curve isolivello
di LVA dipendono anche dalle procedure antirumore, per le quali può essere necessario apportare
modifiche, purché compatibili con l’operatività e la sicurezza dell’aeromobile, al fine di ridurre l’inquinamento
acustico e, conseguentemente, variare le curve di isolivello.
In merito alla finalità b), riguardante l’insieme delle operazioni degli aeromobili comprese in predefiniti
periodi, i dati acquisiti ed elaborati dal sistema di monitoraggio consentono l’aggiornamento della
zonizzazione acustica dell’intorno aeroportuale, ponendo le commissioni circoscrizionali aeroportuali nelle
condizioni di svolgere la loro funzione di osservatorio permanente.
La verifica del rispetto delle procedure antirumore, invece, riguarda il singolo evento sonoro prodotto
dall’operazione dell’aeromobile e, a questo riguardo, il DM Ambiente 20 maggio 1999 prescrive che il
sistema di monitoraggio sia in grado di segnalare, per ogni postazione di misura, il superamento dei valori
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limite di rumore stabiliti per ogni tipologia di velivolo dalla commissione circoscrizionale aeroportuale. Per la
definizione di questi valori, in considerazione delle varie disposizioni legislative, è configurabile il seguente
processo articolato nelle fasi di seguito elencate:
a) indagine sperimentale preliminare, finalizzata alla individuazione delle postazioni di misura del sistema
di monitoraggio (ubicazione e numero) in conformità ai criteri prescritti dalla legislazione;
b) monitoraggio preliminare nelle postazioni di misura individuate, con il duplice scopo di:
- “calibrare” il modello matematico di simulazione acustica impiegato per la determinazione delle
curve isolivello di LVA;
- determinare in ciascuna postazione di misura il valore limite di SEL per le varie tipologie di
aeromobile;
c) installazione ed avvio del sistema di monitoraggio.
A fronte dei considerevoli progressi tecnologici che hanno ridotto il rumore emesso dagli aeromobili, il
progressivo incremento di questa modalità di trasporto pone problemi crescenti in termini di impatto
acustico, la cui soluzione richiede un insieme coordinato di interventi riguardanti non solo l’assetto e la
pianificazione del territorio circostante l’infrastruttura aeroportuale, ma anche adeguate strategie di
regolamentazione delle operazioni di decollo ed atterraggio. La riduzione del rumore aeroportuale può
avvenire pertanto mediante:
- aeromobili più silenziosi;
- procedure operative che riducono i livelli di pressione acustica a cui sono soggette le aree intorno
all’aeroporto;
- pianificazione del territorio;
- barriere acustiche.