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Corte dei conti Consiglio di Presidenza Corso di formazione ed aggiornamento: Gli agenti contabili ed il giudizio di conto. Ambito ed attualità della funzione in rapporto anche al vigente sistema dei controlli sui risultati delle gestioni pubblicheRoma, 29 e 30 marzo 2007 Intervento: L’oggetto del giudizio di conto e le questioni in esso proponibili. L’istruttoria, la fase decisoria, l’udienza. La decisione ed il suo contenuto di Piergiorgio Della Ventura

Corte dei conti Consiglio di Presidenza · vo permanente si verifica, invece, soltanto con il deposito del conto a cura dell’amministrazione, che costituisce l’agente per il giudizio

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Corte dei conti

Consiglio di Presidenza

Corso di formazione ed aggiornamento: “Gli agenti contabili ed il giudizio di conto. Ambito ed attualità della

funzione in rapporto anche al vigente sistema dei controlli sui risultati delle gestioni pubbliche”

Roma, 29 e 30 marzo 2007

Intervento: L’oggetto del giudizio di conto e le questioni in esso proponibili. L’istruttoria, la fase decisoria, l’udienza.

La decisione ed il suo contenuto di Piergiorgio Della Ventura

1. Premessa. L’attività contabile

E’ noto il principio generale secondo il quale lo svolgimento di un'attività gesto-ria - sia pure di fatto: "... coloro che, senza legale autorizzazione, si ingeriscano negli incarichi ..." dell’art. 74 L.C.G.S. - implica l'obbligo del soggetto che l'ha posta in es-sere (agente contabile) di presentare l'apposito conto giudiziale alla Corte dei conti e lo assoggetta al relativo giudizio. I conti in questione (conti giudiziali) vanno tenuti di-stinti dai conti amministrativi, che gli agenti incaricati del maneggio di danaro e del-l'ordinazione di spese presentano invece alla propria amministrazione ai fini della te-nuta delle scritture riassuntive.

Il contenuto dell’attività contabile – che consiste nel compimento di atti reali su

beni pubblici e, più in particolare, nella gestione di beni - trova la sua specificazione nella legge di contabilità di Stato (art. 74) la cui applicazione a tutto il settore pubblico è frutto di un generale processo estensivo, giurisprudenziale e normativo.

La gestione contabile può essere affidata ad agenti e funzionari appartenenti ai ruoli delle amministrazioni pubbliche, nonché “a persone, istituti od enti estranei” (art. 73 L. cont.); tale affidamento costituisce, nel primo caso, strumento attuativo di una organizzazione per uffici predeterminata in apposita normativa e resa possibile dal rapporto di impiego già esistente; nel secondo caso, si instaura un rapporto non di impiego ma di servizio con il soggetto incaricato dello svolgimento dell’attività con-tabile. Infine, contabile di fatto è il soggetto non titolare dell’ufficio organizzativamente legittimato a tenere la gestione contabile ma che svolge un’attività il cui contenuto è proprio di una gestione contabile. In altri termini, l’appropriazione di somme di spet-tanza pubblica rende il soggetto che le ha gestite contabile di fatto di esse, con tutte le conseguenze del caso in ordine alla prova del carico e del discarico ai fini della re-sponsabilità (Corte Conti , sez. I, 11 maggio 2006, n. 109).

L’agente contabile risponde della relativa gestione dal momento in cui ne di-viene titolare; il che si ha con la redazione del verbale di consegna; della omessa ef-fettuazione delle consegne o della mancata redazione del relativo verbale (quando non sia possibile determinare il momento preciso dell’evento dannoso) rispondono entrambi i contabili (cessante e subentrante), con la ulteriore conseguenza che la confusione di gestione determina sul piano processuale inscindibilità di cause e sul piano sostanziale la solidarietà passiva tra gli agenti contabili che devono risarcire il danno (Corte dei Conti Sez. riun. 5 aprile 1990, n. 657; sez. II, 17 novembre 1988, n. 247; Sez. reg. Veneto, 23 febbraio 1994, n. 6). Si ha commistione di gestione anche nel diverso caso in cui due agenti contabili interagiscano di fatto nella gestione, ad es. il primo operando autonomamente ed il secondo conservando le chiavi della cas-saforte e, perciò, la disponibilità di fatto dei valori (Sez. I, 23 marzo 1992 n. 76).

Sono tenuti alla resa di un autonomo conto giudiziale anche i cd. contabili se-

condari, i soggetti cioè la cui attività gestoria è funzionalmente dipendente da quella del contabile principale, ma tuttavia distinta da quest'ultima; il conto giudiziale da essi prodotto viene unito a quello dei contabili principali e sottoposto al giudizio della Cor-te dei conti come sub conto (allegato) della contabilità principale (art. 192 R.D. 23 maggio 1924, n. 827 - reg. cont.), restando tuttavia ferme le rispettive responsabilità. Non sono invece tenuti alla presentazione del conto giudiziale i semplici fiduciari, va-le a dire i dipendenti del contabile privi della formale investitura quali contabili e la cui gestione resta confusa con quella del contabile principale, unico tenuto alla presen-tazione del conto.

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2. Cenni sul giudizio per resa di conto Il giudizio per resa di conto è previsto dagli artt. 45 e 46 t.u. e dagli artt. da 39

a 41 reg. proc., quale procedura funzionale al tempestivo adempimento della su det-ta obbligazione di resa del conto giudiziale da parte dei contabili.

La giurisprudenza (Corte dei conti, Sez. riun., 18 luglio 1992, n. 794) ha affer-

mato il principio che il giudizio per resa di conto ha caratteristiche di un processo in-quisitorio, a forte prevalenza di interessi pubblici, ove si ha esplicazione di una pote-stà pubblica irrinunciabile a fronte della quale il contabile si colloca in una posizione di soggezione, così come il vero e proprio giudizio di conto è uno strumento di ga-ranzia di correttezza delle pubbliche gestioni a tutela dell'interesse oggettivo alla re-golarità di gestioni finanziarie e patrimoniali (infatti, la stessa revoca dell’istanza per resa di conto da parte del Procuratore regionale è ritenuta inammissibile: Sez. Cam-pania 14 settembre 2001, n. 86).

Non è possibile attivare il giudizio per resa di conto allorchè il conto sia stato

presentato dal contabile e l’amministrazione non ne abbia curato il deposito (Corte dei conti, Sez. riun., 17 luglio 1991, n. 720; 10 febbraio 1992, n. 749) ovvero quando il contabile abbia comunque prodotto un documento riassuntivo di contabilità, salvo beninteso in sede di giudizio di conto l’esame della documentazione presentata (Cor-te dei Conti, Sez.riun., 28 luglio 1998, n.17/QM).

Il giudizio per resa di conto può essere distinto in due fasi, la seconda delle

quali eventuale. La prima fase (art. 45 t.u., art. 39 reg. proc.) inizia con l’istanza del P.M.,

d’ufficio nei casi di diretta conoscenza del verificarsi dei fatti che ne sono a presup-posto, ovvero a seguito di richiesta proveniente dalla Corte nell’esercizio delle sue at-tribuzioni contenziose o di controllo. La giurisprudenza (Corte dei conti, sez. reg. A-bruzzo, 8 maggio 2004, n. 405) ha affermato, a proposito del giudizio per resa di con-to, che i profili di responsabilità amministrativa rappresentano materia devoluta all'e-sclusiva competenza della Procura regionale, per cui il Collegio giudicante non ha ti-tolo a pronunciarsi su di essi in via preventiva. Nè è possibile, ad es., al magistrato relatore sui conti, chiedere alla sezione pronunzie interlocutorie che ordinino la pre-sentazione di un conto, data l’esclusiva iniziativa del PM in materia (art. 39, cit., reg. proc.1) .

In passato si è negato che l’attivazione del giudizio per resa di conto potesse

incontrare termini prescrizionali. La giurisprudenza (Corte dei conti Sez. riun. 17 lu-glio 1991, n. 720 e 18 luglio 1992, n. 794, cit.) faceva infatti riferimento, per il giudizio di conto, alle azioni di accertamento e alla rilevanza di tale accertamento ai fini della ripresa nei conti successivi; in particolare, la decisione n. 720/1991 ribadisce il prin-cipio di diritto, già affermato in precedenza, secondo cui nel giudizio di conto conflui-scono due diverse azioni: una principale intesa ad ottenere il discarico o la condanna del contabile al pagamento del saldo del conto di cui non abbia ottenuto il discarico e l’altra, incidentale, diretta prima alla formazione ed al deposito del conto e, poi, alla

1 M. SCIASCIA, Manuale di diritto processuale contabile, Milano 1999, 429

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sua discussione, approvazione e rettificazione: ne conseguirebbe - poiché soltanto con la prima azione si fa valere un diritto di credito della p.a. (alla restituzione dei be-ni o somme non discaricate) - che tale diritto patrimoniale di credito può essere og-getto di prescrizione, eccepibile dalla parte, mentre non potrebbe esserlo l’obbligo di resa del conto che è oggetto della seconda azione e che ha per contenuto l’accertamento della veridicità e legalità del conto stesso con riflesso sui conti suc-cessivi.

Il sopravvenuto art. 2 L. n. 20/1994 (che stabilisce che il giudizio di conto è soggetto a estinzione per decorso quinquennio dal deposito del conto in segreteria) ha messo in discussione tale costruzione: se il decorso del tempo porta all’estinzione del giudizio, allora l’interesse sostanziale all’accertamento dei dati esposti nel conto non ha quella specificità che potrebbe consentire, in via interpretativa, di ritenere la indisponibilità e, quindi, la imprescrittibilità del giudizio a questo strumentale (cioè appunto quello per resa di conto) 2.

L’instaurazione del giudizio per resa di conto ha effetto interruttivo della pre-

scrizione (art. 2943 c.c.), ma effetto istantaneo: l’interruzione non permane fino al momento in cui sia passata in giudicato la sentenza che definisce il giudizio di conto, ma si puntualizza con riferimento all’atto giudiziario che assicura l’adempimento o-messo dall’obbligato (il decreto della Sezione che intimi la resa). Un effetto interrutti-vo permanente si verifica, invece, soltanto con il deposito del conto a cura dell’amministrazione, che costituisce l’agente per il giudizio di conto vero e proprio (Corte dei Conti Sez.reg.Sicilia 18 maggio 1998, n.188) 3.

Sempre in tema di prescrizione, va precisato che il termine di prescrizione del-le responsabilità dei contabili non decorre dalla scadenza del termine di presentazio-ne del conto, ma dal momento di questa presentazione, che è quello dal quale l’amministrazione ed il P.M. possono avere conoscenza dei rapporti di debito rimasti a carico del contabile ed agire di conseguenza (Corte dei Conti, Sez. II 2 giugno 1998, n.161); la prescrizione medesima non decorre dopo che il conto sia stato pre-sentato, atteso che la suddetta presentazione costituisce in giudizio l’agente (Corte dei Conti Sez.reg.Sicilia, n. 188/1988, cit.). Infine, l’ordinanza istruttoria con la quale sia chiesta la trasmissione dei conti giudiziali già resi all’amministrazione non ha effi-cacia interruttiva della prescrizione in ordine alle responsabilità del contabile (Corte dei Conti Sez.II 2 giugno 1998, n.161); si ha invece interruzione della prescrizione nei confronti dell’agente - oltre che con la presentazione del conto – con la sottoscri-zione del conto stesso da parte sua, atto che costituisce, per gli agenti contabili a danaro, stante il progressivo riporto dei saldi di cassa, riconoscimento di debito (Cor-te dei Conti Sez.reg.Campania 18 marzo 1998, n. 25).

Presentata alla competente Sezione l’istanza nella quale si richiede sia fissato

un termine all’agente che non ha adempiuto al proprio obbligo di presentare il conto, il procedimento si svolge con rito sommario: è la Sezione che, in Camera di consi-glio, adotta il richiesto provvedimento con la forma del decreto, notificato al contabile per il tramite dell’amministrazione (art. 39 reg. proc.).

L’accertamento sommario è, ovviamente, quello della sussistenza dei presup-posti: 1) esistenza di una gestione pubblica che comporti l’obbligazione di conto; 2) quale sia l’agente tenuto; 3) non essere stato presentato il conto.

2 F. Garri, I giudizi innanzi alla Corte dei conti, Milano 2000, 325 3 Garri, cit., 325

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Se a seguito della intimazione l’agente presenta il conto, si avrà il giudizio di conto, ma quello per resa di conto non ha ulteriore seguito, nel senso che non è ne-cessaria la cognizione da parte della Sezione che ha emesso il decreto dell’intervenuto adempimento (giurisprudenza maggioritaria); sez. reg. Abruzzo, 8 maggio 2004, nn. 403 e 405 ha precisato che il deposito dei rendiconti della gestio-ne, di cui è chiesta la resa in giudizio, determina la cessazione della materia del con-tendere.

Qualora il contabile non adempia, nel termine, all’ordine del giudice, si ha una

nuova fase a carattere contenzioso che inizia con citazione del P.M. e che ha per oggetto l’irrogazione di una pena pecuniaria (artt. 45, comma 2°, lett. c) e 46, comma 1°, del t.u.). Essa comporta una pronuncia di condanna che trova la sua ragion d’essere nella “mora” (così il t.u.) nell’adempimento dell’obbligazione di conto.

L’istanza di condanna del P.M. deve contenere gli elementi perché la sanzio-ne possa essere irrogata. In relazione anche alle giustificazioni dell’agente convenu-to il giudice stabilisce la concreta misura della condanna, secondo le circostanze concrete; la competente sezione è chiamata così ad effettuare una valutazione della gravità del caso, al fine di determinare l'ammontare della pena pecuniaria tra il mini-mo ed il massimo previsti dalla legge.

Ha chiarito in proposito la giurisprudenza (Corte dei conti, sez. reg. Molise, 4 novembre 2005, n. 126) che la previsione di pene pecuniarie deve ritenersi estesa a tutta la materia della rendicontazione e, conseguentemente, anche a soggetti che non rivestano la qualità di agenti contabili, quali i funzionari che, in base a specifiche competenze previste dalla legge o dalle altre fonti normative dell’ente, abbiano o-messo o ritardato - avendone l'obbligo - di trasmettere il conto alla Corte dei conti dopo la prescritta revisione di loro competenza.

Siffatta responsabilità, a differenza della responsabilità amministrativa per danno, di tipo risarcitorio, si configura invece – afferma sempre la decisione in esame - come responsabilità di tipo sanzionatorio, tipizzata sia nella previsione del precetto che della sanzione da applicare nel caso di violazione del precetto medesimo, e non implica necessariamente la sussistenza di un danno ingiusto risarcibile; di conse-guenza, ai fini della sussistenza dei presupposti per l’applicazione della sanzione medesima è sufficiente che si accerti l'omessa o ritardata presentazione dei conti giudiziali entro il termine assegnato dalla Sezione. In altra decisione (Corte dei conti, sez. reg. Val d’Aosta, 10 febbraio 2005, n. 6) è stato tuttavia precisato che allorquan-do il ritardo può essere parzialmente giustificato da disfunzioni organizzative dell'uffi-cio (es., carenze di organico attestate dalla stessa amministrazione) e da altre con-tingenze (il fatto che l'interessato aveva dovuto presentare anche il conto giudiziale relativo alla gestione precedente) risulta equo contenere la sanzione in termini ade-guati.

Contemporaneamente alla richiesta di condanna, il P.M. può presentare istan-

za intesa all’emissione di un provvedimento giudiziale per la compilazione d’ufficio del conto, a spese dell’agente, ma niente esclude che questa istanza possa essere avanzata in momento successivo e, quindi, in sede separata.

Sull’istanza di compilazione del conto d’ufficio proposta dal P.M. la Sezione provvede con decreto. La condanna al rimborso delle spese di compilazione del con-to di ufficio e di notificazione è pronunciata invece con la successiva decisione sul conto.

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La sezione può anche proporre al Ministro, da cui l'agente dipende, la sua so-spensione o destituzione. La proposta della Corte non determina tuttavia alcun obbli-go per l’autorità amministrativa, consistendo essa in una valutazione - espressamen-te consentita dalla legge - di un organo giudiziario, non necessaria ai fini della deci-sione amministrativa 4.

Infine, è stato affermato (Corte dei conti, sez. reg. Calabria, 19 febbraio 2002, n. 44/ord.) che nell'ambito del giudizio per resa di conto è inammissibile il ricorso per sequestro conservativo presentato dal P.M., perché ad esso non spetta, in questa sede, alcuna postulazione ante causam di credito erariale: l'istanza ai sensi dell'art. 45 del R.D. n. 1038/1933 concerne esclusivamente l'adempimento dell'obbligo di re-sa del conto da parte del soggetto che ha provveduto al maneggio di denaro e non costituisce di per sè giudizio di conto, unico momento quest'ultimo per accertare e-ventuali responsabilità degli agenti.

3. Il giudizio di conto: oggetto e modalità di resa del conto.

La Corte Costituzionale ha avuto modo di precisare che l’attività contabile ha

come suo naturale esito il giudizio di conto, che “… si configura essenzialmente co-me una procedura giudiziale, a carattere necessario, volta a verificare se chi ha avu-to maneggio di denaro pubblico, e dunque ha avuto in carico risorse finanziarie pro-venienti da bilanci pubblici, é in grado di rendere conto del modo legale in cui lo ha speso, e dunque non risulta gravato da obbligazioni di restituzione (in ciò consiste la pronuncia di discarico). In quanto tale, il giudizio di conto ha come destinatari non già gli ordinatori della spesa, bensì gli agenti contabili che riscuotono le entrate ed ese-guono le spese” (Corte cost., 25 luglio 2001, n. 292).

Anche la giurisprudenza di merito ha costantemente ribadito gli stessi principi. Si possono ricordare, tra le numerose decisioni sul punto, Corte dei conti, sez.

reg. Piemonte, 10 giugno 2004, n. 309, ove è precisato che il giudizio di conto si con-creta nella verifica di quantità e legittimità dei movimenti del carico del contabile de-scritti e rappresentati in espressioni numeriche ed eventuali annotazioni che indicano le diverse fasi di movimentazione del numerario o dei beni (carico e discarico); ne deriva che la verificazione giurisdizionale della gestione non può limitarsi ad un ri-scontro puramente formale della documentazione sia dei movimenti di beni sia della loro iniziale consistenza; peraltro – come ha precisato la stessa pronunzia - il giudizio concerne l'unitarietà della gestione e, pertanto, eventuali irritualità della documenta-zione non possono comportare automaticamente responsabilità del contabile, poichè anche in presenza di queste irregolarità resta integro e non pregiudicato il giudizio della Corte dei conti sulla responsabilità dell'agente. In altri termini, il giudizio di conto ha ad oggetto la gestione dell'agente contabile, ed è finalizzato alla determinazione del corretto rapporto di debito/credito fra quest'ultimo e l'ente pubblico (Corte dei con-ti, sez. reg. Sardegna, 5 ottobre 2004, n. 481; sez. reg. Calabria, 7 febbraio 2002, n. 71; sez. reg. Lombardia, 2 agosto 1995, n. 793). La necessarietà del giudizio e la sua indefettibilità nella obiettiva funzione di garanzia, comporta poi che il conto deve es-sere esaminato dal giudice contabile nella sua interezza, senza esclusioni o limita-zioni di qualsiasi specie (Corte dei conti, sez. reg. Calabria, n. 71/2002, cit.).

In concreto, l'accertamento della regolarità delle operazioni di gestione svolte

dall’agente contabile (es., un tesoriere) implica che l’esame del giudice non si possa

4 Garri, cit., 328

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limitare al riscontro della formale regolarità delle scritture, ma investe i rapporti finan-ziari tra l'ente e l'agente contabile, anche attraverso la verifica dell'effettivo adempi-mento degli obblighi inerenti alla funzione, quali risultanti tra l’altro, per es., dalla con-venzione di tesoreria; obblighi tra i quali figurano (sempre nel caso del tesoriere): l'o-nere di controllare la regolarità formale dei titoli di pagamento e di versare le somme riscosse nell'apposito conto corrente bancario con relativo trasferimento delle somme alla tesoreria provinciale dello Stato; la facoltà di riscuotere per conto dell'ammini-strazione interessata rilasciando quietanza con obbligo di corrispondenza tra scritture contabili dell'agente gravato e quelle tenute dall'amministrazione; l'obbligo di corri-spondenza tra i pagamenti e gli ordinativi dell'amministrazione; l'obbligo di corrispon-denza del calcolo degli interessi attivi e passivi ai tassi previsti dalla medesima con-venzione (Corte dei conti, sez. reg. Piemonte, 24 settembre 2003, n. 1707; sez. reg. Calabria, n. 71/2002, cit.).

Le norme (artt. 616 e segg. reg. cont.) stabiliscono i dati essenziali che devo-

no presentare i conti giudiziali, distintamente per specie di contabili. La giurisprudenza è comunque nel senso della irrilevanza della regolarità for-

male di compilazione del conto, ben potendo le insufficienze relative essere colmate con acquisizioni istruttorie; il modello adoperato deve però essere idoneo a rappre-sentare la gestione del contabile. Più in generale, è stato affermato costantemente, deve ritenersi procedibile il giudizio sui conti, ancorché compilati su modelli diversi da quelli predefiniti per legge, purché idonei a qualificare giudiziali i conti stessi, attra-verso una adeguata articolazione delle poste di entrata e uscita (c.d. principio della sostanzialità documentale): Corte dei conti, Sez. reg. Umbria, 3 luglio 2003, n. 209; sez. reg. Emilia-Romagna, 29 marzo 2004, n. 696; sez. reg. Basilicata, 15 marzo 2006, n. 80. Pur tuttavia, non è stato ritenuto soddisfatto l'obbligo di corretta rendi-contazione da parte di banca, tesoriere di ente locale, con l'invio all'ente locale stes-so di semplici estratti conto trimestrali (Corte dei conti, Sez. reg. Basilicata, 7 agosto 2000, n. 195 e 17 marzo 2006, n. 82).

In ogni caso, in difetto di un conto giudiziale regolarmente presentato ed ade-guatamente istruito, il relativo giudizio non può essere definito nè negando il discari-co nè con una mera dichiarazione di non regolarità (che comunque non equivale a condanna del contabile), ma il giudice deve disporne il rinvio in istruttoria e, quindi, persistendo l'impossibilità dell'esame, dichiararne l'improcedibilità, impregiudicato re-stando l'esercizio di eventuali azioni di responsabilità da parte del competente Procu-ratore regionale della Corte dei conti (Corte dei conti, sez. II, 2 settembre 2005, n. 297. Nello stesso senso, v. sez. reg. Emilia-Romagna, 29 marzo 2003, n. 696). E’ stato anche affermato che una pronuncia resa in ordine a un conto che non è tale deve ritenersi emanata in carenza di potere, inesistente e in tal caso è, quindi, azio-nabile l’actio nullitatis (Cass.civ.Sez I, 24 novembre 1989, n. 5075).

Nel caso di morte, interdizione o inabilitazione dei contabili i conti sono resi, ri-

spettivamente, dagli eredi o dai legittimi rappresentanti (art. 613 reg. cont.); nel caso di compilazione del conto d’ufficio i contabili o i suoi aventi causa sono invitati con at-to di ufficiale giudiziario a riconoscerlo e sottoscriverlo entro un termine stabilito, tra-scorso il quale, senza che vi sia stata risposta, il conto si ha per accettato. Va poi te-nuto presente che la morte del contabile non determina interruzione del giudizio (art. 13 reg. proc.) e ciò non in conseguenza della fictio iuris per cui lo stesso è ritenuto presente nel giudizio (Corte dei Conti Sez. I 12 gennaio 1995, n. 6).

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I conti giudiziali dei contabili in materie della stessa specie possono, ove sia reputato conveniente per il loro numero, essere riassunti in prospetti per province e compartimenti; in tali casi i conti dei contabili sono trasmessi alla Corte insieme coi prospetti suaccennati (art. 625 reg. cont.).

Infine, i conti dei contabili di fatto o dei titolari di gestioni fuori bilancio possono avere forma libera, purché riassuntivi delle operazioni di gestione, con allegati i do-cumenti necessari a darne dimostrazione.

4. Profili processuali. Il deposito del conto e la nomina del relatore. Ai sensi dell'art. 27 reg. proc., gli agenti contabili devono periodicamente pre-

sentare il conto giudiziale alla Corte dei conti. I conti vanno trasmessi alle sezioni giu-risdizionali regionali della Corte dei conti entro sessanta giorni dalla data dell'avvenu-ta verifica o controllo amministrativo sensi dell'art. 3 L. 8 ottobre 1984, n. 658, come richiamato dall'art. 1, 3° comma, L. n. 19/1994; stesso termine è ribadito dall’art. 11 del D.P.R. 4 settembre 2002, n. 254, per i consegnatari delle amministrazioni statali.

Il deposito del conto nella Segreteria della competente Sezione può anche av-venire a cura diretta del contabile, in casi eccezionali, o a cura dell’amministrazione, una volta effettuate le verifiche ai fini della parificazione (cioè accettazione) del conto stesso o della evidenziazione di irregolarità e formulazione di contestazioni.

Il conto giudiziale deve esporre il carico, lo scarico, i resti da esigere, l'introito, l'esito e la rimanenza. In generale, esso si compone di due parti contrapposte (attività e passività) che indicano, rispettivamente, i valori o beni esistenti all'inizio della ge-stione più le entrate verificatesi fino alla chiusura, e le uscite avutesi nello stesso pe-riodo; il conto chiude con l'esposizione delle entrate e uscite complessive e dei resi-dui, attivi e passivi, che formeranno la base del successivo periodo di gestione con la c.d. ripresa dei resti.

La presentazione del conto costituisce l’agente in giudizio (art. 45 t.u.). Con la costituzione in giudizio sia del contabile che dell’amministrazione (art.

165 e 166 c.p.c.) si determina il presupposto fondamentale dell’esercizio della giuri-sdizione.

La giurisprudenza è oscillante in tema di ammissibilità dell’intervento in giudi-

zio dell’amministrazione. Per la negativa si legge una pronuncia di primo grado (Cor-te dei Conti Sez.reg.Basilicata 17 ottobre 1997, n.214), mentre all’opposto due pro-nunce d’appello (Corte dei Conti Sez.I 4 marzo 1999, n.49; 12 giugno 1997, n.117) ammettono tale intervento, sempre che esso non sia spiegato in adesione del conta-bile, ma adesivo alle ragioni del P.M. (che in verità nel giudizio di conto non agisce, ma conclude e all’udienza).

Una volta depositato il conto giudiziale (in via ordinaria ovvero a conclusione

del giudizio per resa di conto), il Presidente della sezione nomina il magistrato relato-re sul conto medesimo; la segreteria della sezione provvederà pertanto a trasmettere a detto magistrato il conto e la relativa documentazione.

Al magistrato relatore, si afferma in dottrina e giurisprudenza, sono assegnati compiti genericamente istruttori nonché di impulso processuale, a che il giudizio ven-ga a definizione. Il compito proprio di detto magistrato è quello di esame, inteso a ve-rificare la esistenza o meno di irregolarità nel conto (art. 47 t.u.); la formula è analoga a quella prevista per l’esame del conto da parte del giudice tutelare (art. 386 c.c.),

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cioè si ha un intervento del giudice in quanto l’ordinamento ritiene, in certi rapporti, non sufficiente che il conto sia accettato dalla parte cui è reso e richiede una supple-tiva verifica giudiziale obbligatoria 5.

Più in particolare, il magistrato dovrà anzitutto accertare l'esistenza della pari-fica da parte dell'amministrazione: vale a dire, il riscontro circa la concordanza del conto con le scritture contabili dell'amministrazione stessa; nel caso di uffici statali, occorre verificare anche l’esistenza dell’apposito timbro del competente Ufficio di bi-lancio, attestante la corrispondenza del conto con le scritture contabili della Ragione-ria generale dello Stato. L’istruttore dovrà poi esaminare il conto, anche sulla scorta della documentazione allegata; dovrà, infine, procurare la correzione di eventuali er-rori materiali (art. 28 reg. proc.).

Nell'àmbito della propria attività istruttoria, il magistrato può chiedere al conta-

bile ed all'ufficio notizie e documenti ritenuti utili, mediante fogli di rilievo in via ufficio-sa (cioè senza le formalità proprie dell'attività giurisdizionale), come pure potrà ser-virsi di documenti che siano comunque stati già acquisiti. Egli non potrà, invece, di-sporre accertamenti diretti, assunzioni di testimoni o altri mezzi istruttori previsti dal codice di procedura civile, essendo tali mezzi riservati alla successiva fase proces-suale innanzi al collegio.

5. La relazione sul conto. L’approvazione dei conti per decreto

L’attività del magistrato relatore si conclude con la redazione di un atto che

contiene la esposizione dei risultati dell’esame svolto e la proposta in ordine alla de-finizione del giudizio (relazione sul conto, di cui all'art. 29 reg. proc.).

Sulla base di quanto risulta dagli atti, il relatore formula le proprie proposte. La prima evenienza è che la documentazione sia completa e che il conto non presenti irregolarità; in tal caso nella relazione verrà proposto il discarico del contabile. Se, vi-ceversa, dai conti emergessero fattispecie di responsabilità dell'agente, verrà propo-sto il rinvio a giudizio. Ancora, nel caso di errori che incidono sul risultato finale e, quindi, sulla determinazione dei resti da riportare nei conti successivi, la proposta sa-rà di rettifica dei resti. Potranno naturalmente essere anche proposte delle ordinanze istruttorie, qualora i documenti acquisiti non consentano una definizione del giudizio.

Al relatore dunque non si chiede un parere, ma una proposta di pronuncia: ma

se questa proposta lo stesso ritenga di non poter formulare per l’esistenza di un pun-to controverso, su questo chiederà il giudizio della Sezione.

La giurisprudenza riconosce infatti al magistrato istruttore, in base al combina-to disposto degli artt. 26 e 29 del reg. proc. e 187, 3° comma, c.p.c., anche la facoltà di chiedere al Collegio che risolva, ad es. con decisione interlocutoria, tutte quelle questioni, anche di massima, che egli ritenga pregiudiziali o preliminari di merito (Corte dei conti, sezione I contab., 21 novembre 1984, n. 2109; sez. reg. Lombardia, 14 dicembre 1994, n. 412; id., 23 novembre 1995, n. 1206; sez. reg. Umbria, 3 luglio 2003, n. 209). Non ogni ipotesi può, tuttavia, giustificare questa richiesta, ma deve ricorrere una delle fattispecie previste dall’art. 187 c.p.c.; cioè, la causa deve presen-tare una questione pregiudiziale, una questione preliminare di merito (es. prescrizio-ne, carenza di legittimazione, di giurisdizione, di competenza, etc.) che va rimessa al Collegio previo giudizio di opportunità da parte del relatore, ovvero devono sussistere

5 Garri, cit., 333

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ugualmente motivi di opportunità perché questi rimetta al Collegio questioni circa la rilevanza e ammissibilità dei mezzi di prova.

Inoltre, al relatore compete di evidenziare fattispecie di responsabilità del con-tabile e di altri agenti dell’amministrazione, tenuto conto (art. 195 reg.cont.) che le i-stanze per la dichiarazione di responsabilità dei funzionari vengono promosse dal PM quando la responsabilità emerga dall’esame dei conti o da fatti o documenti co-munque sottoposti al giudizio della Corte6.

In ogni caso, il contenuto della proposta del relatore non delimita la cognizione collegiale, potendo la sezione pronunziarsi – al di là delle richieste del relatore o dello stesso PM – su qualsiasi partita del conto (Corte dei conti, Sez. riun., 12 maggio 1988, n. 528; sez. I contab., 10 ottobre 1990, n. 196).

Nell'ipotesi di mancato deposito dei conti per omissione imputabile all'ammini-

strazione, il relatore propone - data l'impossibilità di attivare il giudizio per resa di conto in tale particolare evenienza - l'adozione dei necessari provvedimenti nei con-fronti dell'ufficio inottemperante per la loro acquisizione. In tale evenienza, può esse-re spesso sufficiente proporre l'adozione di una nota di sollecito, a firma del Presi-dente della sezione, per il deposito del conto vero e proprio, oppure della documen-tazione che risultasse mancare.

Si è ritenuto, nonostante la chiara dizione degli artt.30 e 31 del reg. proc., che

la relazione del magistrato istruttore possa essere presentata anche oralmente all’udienza di discussione, non essendo chiesti ad substantiam né la forma scritta, né il previo deposito di tale documento prima dell’udienza (Corte dei Conti Sez.I 3 luglio 1998, n.213; 30 aprile 1998, n.131).

In sintesi, le proposte del relatore, sulla base delle risultanze dagli atti di cau-

sa, possono essere: a) per i conti pareggiati e senza irregolarità, di discarico; b) per i conti dai quali emergono fattispecie di responsabilità del contabile, di con-

danna; c) per i conti dai quali emergono errori che incidono sui risultati finali cioè nella de-

terminazione dei resti, di rettifica dei resti stessi; d) per i conti che non consentono in base agli elementi probatori acquisiti una defini-

zione nei sensi di cui alle lettere precedenti, per doversi ammettere il contabile a dare prova innanzi alla Corte (art. 615 reg. cont.) il cui giudizio è impregiudicato sulle giustificazioni dei contabili (art. 194 reg. cont.), di adozione di pronunce in-terlocutorie;

e) per i casi di mancato deposito dei conti da parte delle amministrazioni, di ado-zione dei provvedimenti per l’acquisizione;

f) ove con la responsabilità del contabile concorra la responsabilità di altro funziona-rio, di adozione dei provvedimenti per la celebrazione del giudizio;

g) nei casi di cui all’art. 187 c.p.c., di adozione dei provvedimenti di cui all’art. 279 c.p.c.

Nel caso in cui la proposta del relatore sia per il discarico del contabile, vi è la

possibilità di una conclusione abbreviata del giudizio perché, ove il P.M. ed il Presi-

6 Garri, cit., 334

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dente della Sezione convengano nella proposta stessa, si ha una approvazione del conto con decreto presidenziale (artt. 47 t.u.; 29, 30, 1° co.; 31 e 32 reg. proc.).

Si è affermato che questa approvazione non ha carattere giurisdizionale, fa-cendo anche leva su quanto stabilisce l’art. 84 I. cont. (“La Corte dei conti, quando riconosca la regolarità dei conti degli agenti di cui all'art. 74 del presente decreto, ha facoltà di dichiarare il discarico degli agenti stessi senza procedere a giudizio”) 7. In contrario, si è tuttavia evidenziato come l’espressione “… senza procedere a giudi-zio” dell’art. 84, cit., sia da intendersi correttamente nel senso di “… senza procede-re al dibattimento” 8.

Si ha un altro provvedimento monocratico - qualificato come monitorio – nel

caso in cui dall’esame dei conti emergano addebiti a carico del contabile di importo non superiore a euro 5.000 (art. 5, 8° co. d.l. n. 4531993, conv. in l. n. 19/1994, sosti-tuito dall’art. 10 bis, comma 9, del decreto legge n. 203/2005, conv. con legge 2 di-cembre 2005, n. 248). Anche in questa ipotesi non è previsto il giudizio della Sezio-ne, ma una determinazione del Presidente, o di un consigliere da lui delegato, dell’importo dell’addebito, sentito il P.M.

Tale procedimento ha ovviamente, per presupposto, una proposta di condan-na del magistrato relatore sul conto; proposta che comporterebbe l’iscrizione al ruolo di udienza del giudizio; quando però questa condanna non è superiore all’importo suddetto di euro 5.000, si ha la trasmissione della relazione al P.M. il quale deve e-sprimere il suo motivato parere sull’importo dell’addebito. La determinazione presi-denziale che ne segue stabilisce la somma che il contabile deve pagare a tacitazione del suo debito e, contemporaneamente, il termine entro il quale il contabile deve di-chiarare se accetta la determinazione presidenziale. Viene contestualmente fissata l’udienza in cui sarà giudicato il conto, nel caso di mancata accettazione.

La determinazione è comunicata, per il tramite dell’amministrazione e a cura della Segreteria, a mezzo posta, all’interessato.

In caso di accettazione da parte del contabile stesso o dei suoi eredi, il Presi-dente dispone la cancellazione del conto dal ruolo delle udienze e traduce la prece-dente determinazione in ordinanza, alla quale la legge attribuisce forza di titolo ese-cutivo; è, poi, il P.M. che ne trasmette copia in forma esecutiva all’amministrazione per l’esecuzione.

Nell’ipotesi invece di non accettazione esplicita, o di infruttuoso decorso del termine assegnato, o ancora di irreperibilità del contabile o dei suoi eredi, si procede al giudizio normale di conto.

6. Lo svolgimento del processo innanzi alla Sezione. Il processo sui conti si svolge innanzi al Collegio nei seguenti casi:

a) quando la relazione conclude per la condanna del contabile, per la rettifica dei re-sti, per provvedimenti interlocutori (artt. 29 e 30 reg. proc.);

b) quando il relatore rimette la causa per la soluzione di una questione pregiudiziale, preliminare di merito o relativa alla rilevanza e ammissibilità di mezzi di prova (art. 279 c.p.c.);

7 G ZANOBINI, Corso di diritto amministrativo, II, Milano 1968, 354 8 M. SCIASCIA, cit., 433; M. CANTUCCI, Il giudizio sui conti degli agenti contabili dello Stato, Padova 1958, 87

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c) quando il Pubblico Ministero dissente dalla proposta di discarico (art. 31 reg. proc.);

d) quando il Presidente dissente dalla proposta di discarico (art. 33 reg. proc.); e) quando si tratta di conti compilati d’ufficio al termine della gestione (art. 34 reg.

proc.); f) quando si tratta di conti relativi all’ultima gestione del contabile, che comprendono

partite attinenti a precedenti gestioni degli stessi contabili (art. 34 reg. proc.); g) quando si tratta di deconti compilati nei casi di deficienza accertata

dall’amministrazione a carico dei contabili e prodotti alla Corte anteriormente al giudizio di conto (art. 34 reg. proc.);

h) quando si tratta di conti complementari compilati per responsabilità amministrati-va a carico dei contabili i cui conti sono stati già decisi (art. 34 reg. proc.);

i) quando si tratta di conti speciali di quegli agenti e di quelle gestioni per cui non sussiste in via normale l’obbligo della resa periodica del conto (art. 34 reg. proc.);

j) nei casi di conti in relazione ai quali è stata pronunciata determinazione presiden-ziale di addebito non accettata dal contabile o per la quale è infruttuosamente de-corso il termine assegnato per l’accettazione o nell’ipotesi di irreperibilità del con-tabile o dei suoi eredi (artt. 35 e 38 reg. proc.).

k) nei giudizi sui rendiconti amministrativi promossi a istanza del Pubblico Ministero nei casi di titolari di ordini di accreditamento imputabili di colpa o negligenza nell’adempimento dell’incarico ad essi affidato, nei limiti e se si ritenga sussistere questa fattispecie (art. 610 reg. cont.).

In tutte le ipotesi sopra elencate, il Presidente fissa l’udienza per la discussio-

ne del giudizio di conto e, quando si tratta dei casi sopra indicati alle lettere a), e), f), g), h) e i), ordina altresì la comunicazione della relazione al Procuratore Generale.

La giurisprudenza è oscillante in ordine alla necessità di comunicazione della

fissazione di udienza al contabile (in senso contrario circa l'obbligo di notifica, cfr. Corte dei conti, SS.RR., n. 348/1983; sez. I^ contab., n. 415/1986 e, da ultimo, Sez.reg. Sardegna, 15 marzo 1991, n. 154) e non si è posto il problema della comu-nicazione all’amministrazione.

La comunicazione al contabile della data dell’udienza è espressamente previ-sta nell’ipotesi di procedimento monitorio in quanto nella relativa determinazione pre-sidenziale deve essere fissata l’udienza per il caso di mancata accettazione da parte del contabile dell’addebito relativo. E’ preferibile ritenere, però, che essa vada in ogni caso disposta.

Si ricorda la pronuncia della Cassazione (Sez. I, 10 luglio 2001, n. 9377) rela-tiva al rendimento dei conti in diritto civile, ma che contiene un principio valido anche nel giudizio contabile, e cioè che la mancata presentazione del rendiconto da parte del soggetto a ciò obbligato, consente al giudice la più ampia facoltà di valutare il materiale probatorio già acquisito, anche ai soli fini di trarne presunzioni, nonché di disporre l’acquisizione di prove ufficiose, ovvero richieste dalle parti: dunque, la man-cata comunicazione all’interessato potrebbe comportare tutta un’attività giudiziaria inutile, in quanto da reiterare una volta attuato il contraddittorio con il contabile 9.

Quindi, una volta conclusa l’attività istruttoria (ed ove non sia definito il giudizio con decreto), sembra corretto ritenere dovuta la comunicazione a cura della Segrete-ria al contabile della iscrizione a ruolo per il giudizio della Sezione e della connessa

9 Garri, cit., 339

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fissazione dell’udienza, come peraltro stabilisce l’art. 17 ult. co, reg. proc., applicabi-le, in quanto norma processuale generale, a tutti i giudizi di competenza della Corte (“La domanda di fissazione dell'udienza per la discussione della causa deve essere depositata nella segreteria competente … Il presidente del collegio con suo decreto fissa il giorno dell'udienza … Ove non sia diversamente stabilito, copia del decreto predetto viene comunicata alle parti a cura della segreteria”).

Per quanto riguarda la comunicazione della data dell’udienza al-l’amministrazione, non vi è disciplina apposita; è solo prevista la fissazione dell’udienza, per cui è da ritenere debbano applicarsi le disposizioni di cui al su detto art. 17 reg. proc. ed è compito della Segreteria comunicare alle parti, tra cui è certa-mente l’amministrazione, la data dell’udienza fissata. Né è a dire che la presenza del Pubblico Ministero all’udienza, alla quale rassegna oralmente le sue conclusioni, sia di ostacolo alla partecipazione alla stessa dell’amministrazione che è parte ed il rego-lamento di procedura, con disposizione generale, testualmente ne prevede la com-presenza (art. 18: “Le parti possono intervenire personalmente od a mezzo dell'avvo-cato che le rappresenti”).

Nei giudizi di conto, a differenza di quanto avviene per quelli di responsabilità,

non compete al P.M. (che qui non riveste la qualità di attore, nemmeno allorché ri-chiede che il conto sia discusso in udienza pubblica) alcun onere probatorio; anche le sue eventuali richieste istruttorie o di condanna, vengono infatti svolte semplice-mente in adempimento dell'ordinaria funzione di rappresentante dei superiori interes-si dell'ordinamento. Ed è in questa stessa veste che esegue accertamenti che il giu-dice, in base alle regole dell’istruzione nei giudizi innanzi alla Corte dei conti, ritiene di commettergli.

Non sono neppure previste conclusioni scritte del Procuratore, il quale si limita ad intervenire in udienza ed in tale sede conclude oralmente.

Nell’approssimarsi della data dell’udienza, il Presidente compone il collegio e

nomina il relatore per l’udienza, che potrà essere anche lo stesso relatore sul conto. In proposito, è stato di recente affermato che la designazione del magistrato istrutto-re (relatore sui conti) anche quale relatore nel giudizio di conto, costituisce una con-solidata prassi che trova giustificazione nella considerazione che non è ritenuto pre-clusivo che egli abbia già manifestato il proprio avviso con la proposta contenuta nel-la relazione di rimessione al Collegio, dal momento che gli artt. 51, comma 1°, n. 4 e 52 del codice di procedura civile prevedono, rispettivamente, quale motivo di asten-sione obbligatoria e di conseguente ricusazione del giudice, l'avere egli conosciuto della causa come magistrato in altro grado del processo e non in una diversa fase dello stesso grado di processo (in disparte le ipotesi di astensione facoltativa dettate da gravi motivi di convenienza, di cui all'ultimo comma dell'art. 51, la cui inosservan-za, peraltro, non è fonte di ricusazione): Corte dei conti, sez. reg. Lazio, 30 dicembre 2005, n. 3008.

Tutta l'attività istruttoria è quindi espletata dall'organo giudicante: i primi a-

dempimenti (relativi all'acquisizione della documentazione necessaria) vengono svolti dal magistrato relatore, come appena visto; dopo che la causa è stata devoluta alla cognizione del plenum, avrà invece luogo l'ordinaria attività istruttoria collegiale.

Il Collegio, nell'àmbito della propria attività istruttoria può servirsi di poteri più ampi di quelli del relatore, non incontrando le limitazioni di quest'ultimo: sarà allora possibile, alla sezione, disporre non solo richieste di atti e documentazione varia, ma

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anche accertamenti diretti, assunzioni di testimoni e, in genere, gli altri mezzi istrutto-ri previsti dal codice di procedura civile.

In particolare, riguardo alla valutazione collegiale sulla complessiva regolarità della gestione del contabile, va evidenziato che le disposizioni del reg. cont. (artt. 617 e 633) consentono di sostituire la documentazione probatoria in ordine ai conti, an-che con i riferimenti e le attestazioni conseguenti ai vari procedimenti di controllo, i quali perciò rivestono pieno valore probatorio in ordine alla pronuncia del giudice contabile.

Le prove nel giudizio di conto sono sostitutive o integrative delle giustificazioni

mancanti o incomplete e sono apprestate dal contabile, non in virtù di una presunta inversione dell’onere della prova nel giudizio, ma in adempimento del suo dovere di ufficio di dare conto e quindi giustificare la sua gestione. Esse possono sopperire alla irregolarità o alla mancanza della documentazione prevista dalla normativa, ove for-niscano la prova della rispondenza dell’operazione alle finalità pubbliche previste (ad es. l’effetto liberatorio dal pagamento quantunque non documentato o irregolarmente documentato). Ed anche per le mancanze, deteriorazioni o diminuzioni di danaro o di cose mobili, avvenute per causa di furto o di forza maggiore o di naturale deperimen-to, ugualmente il contabile può fornire prove sostitutive o integrative delle giustifica-zioni mancanti o incomplete.

Sempre in tema di prove, gli artt. 617 e 618 reg. cont. stabiliscono che non

occorre presentazione di documenti giustificativi, ove questi siano uniti ai conti perio-dici amministrativi, con i quali le amministrazioni debbano effettuare la parifica dei dati di gestione esposti dal contabile e certificarne la conformità alle proprie scritture (sono appunto queste verifiche di conformità e di regolarità che assumono valore probatorio nel giudizio).

In ogni caso, le prove documentali non sono le uniche, anche se risultano pre-valenti perché il documento è il mezzo di memoria storica e di prova di attività mate-riali su beni.

7. Questioni e problematiche nel corso del giudizio. In sede di giudizio di conto possono essere azionate differenti controversie:

anzi tutto quelle in cui vengono in discussione partite del conto con reciproci rapporti di credito e debito tra contabile e amministrazione (si discute cioè dell’obbligazione gestoria), con conseguente giudizio circa eventuali responsabilità del gestore; sono anche azionabili pretese che si innestino nel giudizio in quanto insorgenti da una contestazione da parte dell’amministrazione. Non possono, invece, essere attivate in sede di giudizio di conto le pretese per responsabilità di altri agenti pubblici, ancor-ché collegate con quelle del contabile, in quanto ormai pacificamente la giurispru-denza richiede l’autonoma iniziativa del P.M. (cfr., ex multis, Corte dei conti, sez. reg. Lazio, 30 dicembre 2005, n. 3008).

In ordine alle controversie del primo tipo, occorre precisare che la giustifica-zione dell’operazione di gestione va valutata nel suo contenuto, in relazione ai doveri od obblighi propri del contabile, secondo la relativa disciplina normativa ovvero di-scendenti dalle clausole contrattuali (si pensi ai contratti di tesoreria). Se dalla ge-stione emergono responsabilità del solo gestore, perché conseguenti alla inosser-vanza di obblighi o doveri propri, segue il relativo provvedimento giudiziale.

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Le controversie concernenti pretese che si innestano nel giudizio sono quelle che possono essere azionate anche in giudizio autonomo (a istanza di parte, ex art. 56 t.u. e artt. da 52 a 55 reg. proc.); si tratta di controversie riguardanti, ad esempio, la pretesa ad aggi, a compenso per servizio di tesoreria etc.. Quando dette contro-versie non siano state attivate in modo autonomo, è possibile il loro emergere nel corso giudizio sul conto, con la contestazione da parte del contabile di talune risul-tanze del conto e – di conseguenza - la proposizione di pretese.

In questi casi, anche in giurisprudenza (Corte dei Conti Sez. riun. 8 giugno 1992, n. 784) non si contesta che si applichino le generali regole del contraddittorio processuale e alla parte che fa valere la pretesa spetta la prova del fondamento di questa, né il giudice può sostituirsi alla parte nell’onere probatorio.

Da ultimo, vi sono le controversie che coinvolgono con la responsabilità del

contabile gestore, quella di altri agenti pubblici. Si pensi, quale esempio, alla respon-sabilità e degli amministratori e del contabile per danno derivante da mancata libera-zione dell’amministrazione dal suo debito a causa di irregolare compilazione di ordi-ne di pagamento e di irregolare pagamento. Cosi è a dirsi, altresì, per i danni che possono conseguire a pagamenti in eccedenza alle disponibilità di bilancio che il te-soriere non doveva effettuare, ma gli amministratori non dovevano disporre; si tratta, cioè, di tutti i casi in cui la coppia ordinatore-contabile si presenta come un insieme.

È in questi casi ammessa la iniziativa del P.M. per l’accertamento congiunto delle responsabilità e del contabile e degli amministratori (art. 54 t.u.; art. 44 reg. proc.), anche prima del giudizio di conto.

Se pende giudizio di responsabilità nei riguardi degli amministratori e giudizio di conto nei riguardi del contabile i due giudizi vanno riuniti, cioè su richiesta di parte o di ufficio (art. 274 c.p.c.).

Può aversi, però, giudizio di responsabilità instaurato nei confronti di ammini-stratori ed il successivo venire in evidenza che con la responsabilità di questi concor-ra quella di un contabile: in questa ipotesi sorge il problema se occorra, ove non sia iscritto a ruolo il giudizio di conto, provvedere alla chiamata del contabile nel giudizio di responsabilità.

Più frequente è il caso inverso, cioè quello in cui sia stato instaurato un giudi-zio di conto e dagli atti di questo emerga la responsabilità, oltre che del contabile, anche di altri agenti nei confronti dei quali non è stato iniziato giudizio di responsabili-tà.

Queste vicende tutte possono trovare agevole soluzione se il P.M. chieda termini per convenire in giudizio i corresponsabili, in quanto la giurisprudenza è indi-rizzata a negare la possibilità di una chiamata in giudizio per ordine del giudice.

In ogni caso, e più in generale, il presidente della sezione - di regola proprio in base alle risultanze della relazione del magistrato istruttore - dispone la trasmissione degli atti alla Procura regionale (art. 195 reg. cont.) in tutti i casi in cui, in sede di de-finizione del giudizio sul conto (sia pure per decreto di discarico) risultino fatti che po-trebbero comportare responsabilità amministrativa di qualche impiegato.

Ai sensi dell’art. 44 reg.proc., ha carattere soltanto eventuale la riunione del

giudizio di responsabilità di amministratori o funzionari con quello di conto relativo al contabile. In conseguenza di ciò si è ritenuto che anche nella ipotesi in cui dalla rela-zione sul conto emergano profili di responsabilità a carico dei primi, non sussiste l’esigenza di un simultaneus processus con il giudizio di conto, né è ravvisabile una fattispecie di litisconsorzio necessario che comporti la integrazione del contraddittorio

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nel giudizio di conto a detti amministratori o funzionari: cfr. Corte dei Conti Sez.II 6 ottobre 1997, n.166; v., poi, sez. reg. Calabria, 14 aprile 2005, n. 462, la quale, in tema di rapporti tra giudizio di conto e giudizio di responsabilità ritiene sussistere comunque la corrispondenza tra i due giudizi, in ragione dell'obbligo di resa del conto cui è assoggettato colui che anche per vie di fatto abbia il maneggio di denaro pub-blico.

Più puntuale appare l’altra affermazione (Corte dei Conti Sez.reg.Basilicata 23 febbraio 1999, n. 23), secondo cui non è ammissibile la richiesta del P.M. di chiama-ta in causa iussu iudicis di amministratori in un giudizio riguardante il conto di un con-tabile (nella specie tesoriere comunale), in quanto per introdurre un giudizio di re-sponsabilità per fatti illeciti di gestione a carico di amministratori è necessaria l’autonoma iniziativa del P.M. nella forme proprie dell’azione di responsabilità, salvo l’eventuale riunione con il giudizio di conto (in terminis, v. anche sez. II, 16 ottobre 1997, n. 166 e sez. I, 2 ottobre 1997, n. 166).

Da ultimo, in tema di corresponsabilità e di simultaneus processus, si è pro-nunziata la Sezione giurisdizionale per il Lazio, con sentenza n. 3008 del 30 dicem-bre 2005 10.

La decisione, per quel che qui in particolare interessa, ha chiarito la differenza tra il momento sostanziale della corresponsabilità e quello processuale della chiama-ta in giudizio. Hanno affermato i giudici, infatti, che "Quando il fatto illecito sia da at-tribuirsi oltre che allo stesso soggetto che rende il conto - per il quale la relativa re-sponsabilità contabile può essere accertata mediante lo stesso giudizio di conto - an-che ad altri soggetti, poichè l’accertamento di tali responsabilità non rientra necessa-riamente nel giudizio di conto e poiché il contraddittorio del giudizio di conto propria-mente detto non può essere esteso ad eventuali altri funzionari che non abbiano avu-to il maneggio di denaro (posto che - a differenza dell’agente contabile che è auto-maticamente costituito in giudizio per c.d. fictio iuris mediante la sola presentazione del conto - altri soggetti possono essere costituiti in giudizio solo tramite una formale vocatio), dall’art. 44 del Regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei conti è assicurata la previsione della riunione del giudizio di conto con quello di re-sponsabilità, attivato dal Procuratore regionale mediante citazione, unico strumento processuale idoneo; nella specie, il processo contabile è da considerarsi, quindi, una figura composita (“simultaneus processus”), che vede convenuti dinanzi al giudice sia l’agente contabile (mediante chiamata in causa officiosa) che altri soggetti, fun-zionari e/o amministratori (con atto di citazione della Procura), che dà luogo, appun-to, ad un processo simultaneo in ordine a cause autonome, ove l’attività istruttoria delegata al magistrato relatore, sfociante nelle proposte contenute nella relazione fi-nale, verte ovviamente su fatti che sono indizio di possibile responsabilità degli altri soggetti, quali emergenti dall’esame del conto, e deve fisiologicamente ottenere ri-scontro nei risultati della parallela attività istruttoria della Procura, al punto che lo stesso Collegio - ove non fosse stata adottata l’azione di responsabilità da parte della Procura - potrebbe disporre la chiamata in causa di altri presunti responsabili, se non direttamente (con la chiamata iussu iudicis), comunque prospettando alla Procura la presenza di sufficiente materiale probatorio già acquisito tramite l’esame sui conti (Corte dei Conti, Sezioni Riunite, sentenza 12 ottobre 1987, n. 553 e Cassazione ci-vile, Sezioni Unite, 14 febbraio 1994, n. 1433)".

10 Per un commento a tale decisione, v. A. CANALE, Parcheggi pubblici a pagamento: la sentenza 3008/2005 della Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la regione Lazio, in www.diritto.it

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8. Le pronunce della Sezione. Le pronunce della Sezione nei giudizi di conto possono essere definitive o in-

terlocutorie. Le decisioni interlocutorie contengono osservazioni sul conto (art. 49 t.u.) e

sono notificate all’agente per il tramite dell’amministrazione; esse hanno lo scopo di assunzione di elementi probatori e sono quindi emesse ogni qualvolta non si formi, sulla base della documentazione e dell’istruttoria del relatore, il convincimento della sussistenza degli elementi necessari per la decisione definitiva.

Ciò non significa che le pronunce interlocutorie abbiano solo questo contenu-to, perché con esse si definiscono, altresì, questioni pregiudiziali o parziali di merito (v. art. 21 reg. proc.).

Le sentenza definitive, a loro volta, potranno essere di discarico, di condanna

ovvero di rettifica dei resti. In tutti i casi, le pronunzie della Corte vengono notificate al convenuto per il

tramite dell'amministrazione (artt. 49 e 51 R.D. n. 1214/1934 - T.U. Corte dei conti). Le pronunce di condanna si collegano a quell’interesse patrimoniale alle resti-

tuzioni o al risarcimento, il quale, come si vedrà, è soggetto alla prescrizione. Le pronunce di rettifica dei resti comportano una variazione dei dati esposti

nel conto, variazione la quale ha la portata di modifica delle risultanze finali, con un aumento del carico ovvero una diminuzione del discarico.

La pronuncia sui conti è limitata, agli effetti del giudicato, ai soli aspetti della gestione che hanno formato oggetto di specifico esame da parte del giudice; il che implica possibilità di revisione in sede di esame dei conti successivi e la mancanza di preclusioni all’iniziativa del P.M. nei confronti di amministratori e tesorieri in relazione ad aspetti gestionali non esaminati; ovvero anche nei riguardi degli aspetti esaminati, qualora emergano successivamente fatti e circostanze non note al momento della pronuncia sul conto, e fatti salvi gli effetti prescrizionali.

E’ poi pacifica la giurisprudenza nel ritenere che la pronuncia sul conto non copre con il relativo giudicato quanto non oggetto di esame giudiziale e, specifica-mente, non implica sanatoria di illecite ordinazioni di spese. Da ciò segue sia l’autonoma azionabilità di queste pretese risarcitorie a cura del P.M., sia l’inammissi-bilità (Corte dei Conti Sez.II 27 novembre 1997, n.232) della chiamata in giudizio, quali corresponsabili dell’illecito, degli amministratori che abbiano approvato il conto.

Parte della giurisprudenza esclude (Corte dei Conti Sez.II 6 ottobre 1997,

n.166; sez. reg Abruzzo, 29 maggio 2006, n. 309) la possibilità di esercizio del potere di riduzione dell’addebito in relazione alle somme rimaste a carico del contabile in sede di giudizio di conto; si ritiene, peraltro, che tali somme vanno poste a carico del-lo stesso solo per la parte riconducibile ai comportamenti da questo tenuti, escluden-do quella parte che si ricollega al distinto comportamento di altri amministratori o di-pendenti pubblici, senza che abbia rilievo il fatto se la relativa responsabilità sia stata accertata giudizialmente: tale affermazione è collegata al principio della necessaria iniziativa giudiziale autonoma del P.M. per perseguire le responsabilità di amministra-tori e funzionari non contabili.

Nel caso di condanna del contabile, sulla somma determinata come rimanen-za a debito va calcolata la rivalutazione monetaria con decorrenza dal giorno suc-cessivo al termine dell’esercizio finanziario cui si riferisce il conto giudiziale e fino alla

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pubblicazione della sentenza, mentre a decorrere da quest’ultima data decorrono gli interessi legali (Corte dei Conti Sez.reg. Sicilia 18 maggio 1998, n.188).

9. L’estinzione del giudizio di conto. L’art. 2 L. n. 20/1994 stabilisce che, decorsi cinque anni dal deposito del conto

nella Segreteria della Sezione, senza che sia stata depositata presso la Segreteria stessa la relazione sul conto da parte del magistrato relatore, il giudizio di conto si estingue.

Qualora non risulti la data di deposito, può valere quella di trasmissione alla Corte (Corte dei Conti Sez.reg.Puglia 17 settembre 1994, n. 85) ovvero quella della verifica effettuata dall’organo di controllo 11.

Detta estinzione non può essere pronunciata ove dagli atti di causa risultino elevate contestazioni a carico del tesoriere o del contabile da parte dell’amministrazione, dagli organi di controllo o dal procuratore regionale (le conte-stazioni interrompono il termine quinquennale previsto dall’art. 2 della legge 20/1994 per l’estinzione del giudizio: v. Sez. reg. Piemonte, 11 giugno 2002, nn. 606 e 607). L’espressione “contestazione”, oltre ad indicare la mancata accettazione di talune delle risultanze del conto da parte dell’amministrazione, può anche riferirsi a ipotesi di mancanze, deteriorazioni o diminuzione di danaro o di cose mobili avvenute per causa di furto, di forza maggiore o di naturale deperimento, accertati dall’amministrazione. Ciò in quanto rimane fermo, in questi casi, il giudizio del colle-gio sulla responsabilità dell’agente.

L’estinzione del giudizio non si verifica, ancora, nell’ipotesi in cui nel termine quinquennale previsto sia intervenuto, con efficacia interruttiva, un atto di citazione in giudizio di responsabilità avente ad oggetto una specifica partita di conto (Corte dei Conti Sez.reg.Lombardia 23 aprile 1999, n.483).

L'aspetto relativo alla forma che deve assumere la declaratoria di estinzione è

stato oggetto, inizialmente, di alcuni contrasti di giurisprudenza, risolti infine dalle Se-zioni riunite.

In proposito, era stato inizialmente sostenuto che il provvedimento di estinzio-ne ex art. 2 L. n. 20/1994 deve essere necessariamente collegiale, giacchè l'appro-vazione del conto per decreto è consentita unicamente nel caso in cui non siano sta-te rilevate irregolarità (e, pertanto, attesta la regolarità delle risultanze); essa quindi non sarebbe possibile laddove l'esame del conto non sia stato (nè può essere più) effettuato: cfr. Corte dei conti, sezione giurisdizionale Puglia, sentenza n. 35 del 20 aprile 1994; sezione Lombardia, n. 1 del 3 gennaio 1995; sezione I^ contab., n. 80 del 30 giugno 1995. In senso contrario, v. sez. reg. Piemonte, nn. 196 - 199 del 30 novembre 1995.

L'incertezza è stata infine risolta, come accennato, dalle Sezioni riunite, con sentenza n. 23/QM del 17 gennaio 1996, la quale ha chiarito che la scelta procedi-mentale circa la forma del provvedimento di estinzione dipende dalle conclusioni cui perverrà il magistrato relatore: ove non sussistano dubbi sui presupposti normativi per l'estinzione del giudizio, si avrà allora la procedura per decreto; se, invece, vi sia-no incertezze di qualsiasi natura, sarà necessario deferire la questione al plenum.

11 Garri, cit., 343

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E' stato poi dalla giurisprudenza precisato (Corte dei conti, Sez.II 6 aprile 1995, n.12; sez. reg. Lombardia, 22 settembre 1994 n. 246 e 27 marzo 1995, n. 270) che la disciplina della estinzione dei giudizi, e quindi quella relativa al giudizio di con-to, ha natura processuale ed è manifestazione di una valutazione normativa sostan-ziale dell'interesse pubblico alla prosecuzione e definizione di questi giudizi; interes-se che il legislatore ha ritenuto venga meno con il decorso del tempo, sia per quel che riguarda l'accertamento giudiziale delle risultanze di gestioni, sia con riferimento all'intervento correttivo (meramente formale) del giudice che può rilevare nel conto irregolarità, ancorchè non evidenziate in sede amministrativa. Di conseguenza, ha concluso detta giurisprudenza, questa innovazione normativa va applicata anche ai giudizi in corso ed il termine quinquennale ha, quale dies a quo, quello del deposito del conto e non la data di entrata in vigore della nuova normativa.

L'estinzione del giudizio di conto non determina comunque alcun effetto in or-

dine ad eventuali responsabilità che vanno perseguite ad iniziativa del P.M., le quali pertanto possono essere attivate indipendentemente dal giudizio di conto, non solo prima di esso ma anche dopo la sua definizione con pronunzia di estinzione, ferme naturalmente restando condizioni e termini per l'azionamento delle relative pretese (cfr. le appena citate sentenze nn. 246/1994 e 270/1995 della sezione Lombardia).

La precisazione che l’estinzione non preclude il perseguimento delle eventuali responsabilità contabili e amministrative a carico del contabile, sta a significare che per i fatti di responsabilità che dovessero emergere dagli atti del conto opera la rela-tiva prescrizione quinquennale, con la conseguenza (Corte dei Conti Sez.III 18 otto-bre 1996, n. 395) che il corso della prescrizione non resta sospeso durante l’inadempimento del contabile all’obbligo di resa del conto: la salvezza del persegui-mento delle responsabilità dell’agente contabile non può stare, pertanto, a significare altro che la estinzione del giudizio di conto in cui emergano fatti di responsabilità non ha effetto di giudicato per l’ulteriore seguito o l’instaurazione di apposito giudizio, a meno che non sia intervenuta e sia eccepita la prescrizione.

Dopo la declaratoria di estinzione, a cura della segreteria della sezione il con-

to e la relativa documentazione vanno restituiti alla competente amministrazione. Va da ultimo evidenziato che non è applicabile, ai giudizi di conto, l'istituto del-

l'abbandono, di cui all'art. 75 del R.D. 12 luglio 1934, n. 1214, per espressa previsio-ne contenuta al secondo comma della stessa norma, e logicamente giustificabile con la loro natura officiosa. Per la stessa ragione (come posto in evidenza da Corte dei conti, sez. reg. Sicilia, 26 febbraio 2002, n. 162), non sono applicabili a tali giudizi neppure le norme relative alla riassunzione del giudizio, ai sensi dell'art. 13, R.D. n. 1038/1933.

10. Ipotesi particolari di giudizi sui conti: deconti e conti complementari Sono anche previsti giudizi di conto a iniziativa dell’amministrazione (art. 34

reg. proc.). Ciò avviene, anzitutto, nei casi in cui quest’ultima, accertate deficienze a cari-

co del contabile, compili un deconto con il quale sostanzialmente ponga a carico del contabile stesso gli addebiti emersi dopo la compilazione del conto (l’art. 34, cit., lett. c, parla di “conti compilati nei casi di deficienza accertata dall'amministrazione a cari-

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co del contabile e prodotti alla Corte anteriormente al giudizio sul conto”). L’amministrazione deve dunque notificare il deconto, contenente una pretesa al ri-sarcimento di danni, al contabile e depositarlo nella Segreteria della Sezione.

Si ha in tal modo l’istituzione di un giudizio di responsabilità a istanza dell’amministrazione ed il deconto deve essere sempre iscritto a ruolo per il giudizio della Sezione competente. Pertanto è esatto l’indirizzo giurisprudenziale, secondo cui non occorre sul deconto l’esame del relatore, se non nella funzione di relatore per l’udienza.

La norma prevede la sola ipotesi che il deconto sia prodotto alla Corte “… an-teriormente al giudizio sul conto”. Con questa espressione si intende il deconto pro-posto prima dell’iscrizione a ruolo per il giudizio della Sezione del conto: si ha allora un giudizio di responsabilità a istanza dell’amministrazione, anticipato rispetto a quel-lo che può formare oggetto del giudizio di conto.

Può essere, però, formulata anche l’ipotesi che il deconto sia prodotto dopo l’iscrizione a ruolo del conto, ma prima della celebrazione del giudizio. Si avrà, allora, la riunione dei due procedimenti, ai sensi dell’art. 274 c.p.c. e da disporre con ordi-nanza.

Infine, se all’atto della produzione del deconto si sia già avuta pronuncia sul conto - sia a seguito di giudizio, sia con decreto - in questi casi occorre verificare se esistano le condizioni per la revocazione contabile (art. 68 t.u.) e in tal caso occorre-rà che sia posto in essere il procedimento relativo, per il quale è prevista la proposta a cura del magistrato relatore (art. 108 reg. proc.). In queste ipotesi, pertanto, prodot-to il deconto da parte dell’amministrazione, il Presidente della sezione, designato il magistrato relatore, fisserà la camera di consiglio per la pronuncia sull’ammissione in rito della revocazione; ove in tale senso la Sezione disponga, sentito il P.M., il giudi-zio prosegue secondo il rito proprio. Nelle ipotesi in cui i fatti posti a fondamento della pretesa risarcitoria, attivata con la produzione del deconto, non siano inquadrabili in quelli che possono dar luogo alla revocazione, va fissata l’udienza di discussione del giudizio sul deconto 12.

La seconda ipotesi di giudizio di conto a istanza dell’amministrazione è quello

del conto complementare che è, in termini generali, un conto integrativo del conto or-dinario già deciso, al fine di completare o rettificare, mediante un nuovo giudizio il conto ordinario, eliminando errori materiali od omissioni di partite di dare e avere. In queste ipotesi si ha sostanziale applicazione dell’istituto di diritto processuale civile della revisione del conto approvato (art. 266 c.p.c.) che, come noto, supera i comuni principi della efficacia della cosa giudicata.

Il conto complementare può essere proposto anche dal contabile e la proce-dura in materia è quella dei giudizi di conto ordinario.

La terza ipotesi è la compilazione, da parte dell’amministrazione, di un conto

complementare per introdurre un giudizio di responsabilità amministrativa a carico dei contabili i cui conti siano stati già decisi (art. 34, lett. “d”, reg. proc.). Si tratta dell’ipotesi in cui all’agente contabile, accanto a compiti propri di tale qualificazione, siano affidate anche funzioni amministrative.

Si pensi al caso in cui un contabile sia abilitato non soltanto a dare esecuzione a ordini di pagamento, ma ad ordinare e effettuare pagamenti per determinati oggetti di spesa; ove siano disposti pagamenti per spese aventi oggetto diverso, non ai pro-

12 Garri, cit., 346

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pri doveri di contabile ma a quelli di amministratore egli diviene inosservante. Di que-ste responsabilità, senza che occorra iniziativa del P.M., conosce il giudice nel giudi-zio di conto, ma ove le stesse emergano successivamente alla decisione sul conto, il giudizio (parziale) di responsabilità può essere introdotto nei termini di prescrizione a iniziativa dell’amministrazione. Al riguardo, ha affermato la giurisprudenza (Corte dei conti, sez. II, 14 settembre 2001, n. 300) che il giudizio su conto complementare, av-viato a richiesta del magistrato relatore in applicazione dell'art. 34, lettera d), reg. proc., non è procedibile in caso di mancanza di documentazione, anche se risultante da comportamenti dolosi dello stesso contabile.

Si fa infine cenno all’ipotesi (art. 45 t.u.) di iniziativa del giudizio di conto ad i-

stanza del PM “… nei casi di deficienze accertate dall’amministrazione”. La norma ri-pete l’art. 35 della legge 14 agosto 1862, n. 800 per il quale, prima della presentazio-ne del conto da parte dell’agente, era previsto un giudizio anticipato a istanza del PM nei casi di deficienza accertata dall’amministrazione; anche il giudizio di responsabili-tà nei confronti dei funzionari e impiegati si promuoveva con la procedura preliminare di una resa di conto. Oggi, con la piena autonomia raggiunta dalle iniziative di re-sponsabilità, detto precetto resta nelle norme vigenti solo quale relitto storico 13.

13 Garri, cit., 347

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