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Cosa di Cosa Quante Cose Prima di affrontare l’argomento monografico del Corso, e cioè la mostra curata da Alessandro Mendini per la Triennale di Milano nel 2010 dal titolo Quali cose siamo è necessaria una premessa dato il titolo inusuale per una mostra di “design”, o meglio ancora di progetto. Normalmente una mostra di design non è pensata come una proposta che espone cose, ma oggetti, questo perché è convinzione comune che il design si occupi più di oggetti che di cose, in quanto quest’ultime sono più generiche, mentre le prime più circostanziate, le si intende come ciò che ha un corpo, fatto di materie. La cosa, nella sua genericità, è più astratta e non a caso di essa, della cosa, si è occupata molto la filosofia, perché la cosa pone prima di tutto un problema di definizione. Solo per restare nel secolo scorso, il Novecento, la cosa è stata affrontata dai filosofi Martin Heidegger con La questione della cosa e Michel Foucault con Le parole e le cose.

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• Cosa di CosaQuante Cose

• Prima di affrontare l’argomento monografico del Corso, e cioè la mostra curata da Alessandro

Mendini per la Triennale di Milano nel 2010 dal titolo Quali cose siamo è necessaria una premessa

dato il titolo inusuale per una mostra di “design”, o meglio ancora di progetto. Normalmente

una mostra di design non è pensata come una proposta che espone cose, ma oggetti, questo

perché è convinzione comune che il design si occupi più di oggetti che di cose, in quanto

quest’ultime sono più generiche, mentre le prime più circostanziate, le si intende come ciò che ha

un corpo, fatto di materie. La cosa, nella sua genericità, è più astratta e non a caso di essa, della

cosa, si è occupata molto la filosofia, perché la cosa pone prima di tutto un problema di

definizione. Solo per restare nel secolo scorso, il Novecento, la cosa è stata affrontata dai filosofi

Martin Heidegger con La questione della cosa e Michel Foucault con Le parole e le cose.

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Martin Heidegger, Messkirk, 1889 - Friburgo, 1976La questione della cosa

• Ne La questione della cosa, svolgendo con la consueta maestria un itinerario che, privilegiando il confronto con la metafisica

kantiana, Heidegger mira a ridiscutere le «decisioni fondamentali» che sono all’origine del pensiero scientifico moderno (Galilei,

Cartesio, Newton), Heidegger intende rivelare come la domanda sull’essenza della cosa proietti necessariamente il pensiero in

una dimensione altra, che abita oltre le cose e ineluttabilmente precede ogni semplice ‘figura’ umana, dunque, altrettanto, ogni

mera attività calcolante. La questione della cosa rimette infatti alla questione dell’essere, autentica domanda guida dell’intera

meditazione heideggeriana che in questa Vorlesung raggiunge indiscutibilmente uno dei propri vertici speculativi. Come

sottolinea oggi il filosofo Vincenzo Vitiello: “Ponendo la questione della cosa, Kant s’interroga sull’intuizione ed il pensiero,

sull’esperienza ed i suoi principi. S’interroga sull’uomo. La domanda: – che è una cosa? – è la domanda: – chi è l’uomo? –.

Questo non significa che le cose siano un prodotto dell’uomo, ma, al contrario, che l’uomo va concepito come colui il quale già

da sempre passa oltre le cose, ed in modo tale che questo passar-oltre è possibile solo in quanto le cose ci vengono incontro, e

venendoci incontro ci risospingono dietro noi stessi, dietro la nostra superficie. L’interrogazione kantiana intorno alla cosa

rivela una dimensione che è tra la cosa e l’uomo, e che si protende oltre le cose e dietro l’uomo”.

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Michel Foucault, Poitiers, 1926 - Parigi,1984.Le Parole e le cose, 1966

Un’archeologia delle scienze umane

Ne Le Parole e le Cose Michel Foucault mette in evidenza una riflessione sulla scienza come teoria, condizione generale che regola il mondo

destrutturandola attraverso una serie di discorsi correlati. In effetti egli ci dice della complessità del mondo che non può essere regolato e

capito attraverso un solo pensiero, quello scientifico, ma che necessita di molti discorsi, tante interpretazioni sedimentate di discipline e di

rapporti diversi, insomma di molte cose. Per quanto ci riguarda sottolineiamo che Foucault apre il libro con una riflessione e rilettura

dell’opera di Velazquez, Las Meninias, evidenziando la relazione tra le parole e le cose, cioè tra il linguaggio e i discorsi.

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Diego Velzsquez, Las Meninias, olio su tela, 1656, 318 x 276 cm., Museo del Prado, Madrid

Si tratta di un’opera altamente innovativa a cui molti studiosi fanno risalire la nascita dell’arte moderna di approccio concettuale. I motivi sono diversi:

1) Mostrando il retro di un quadro mentre lo sta dipingendo l’artista ci dice che esso non è solo il ritratto della figlia dell’imperatore Filippo IV e della

sua seconda moglie Marianna d’Austria, ma un discorso sulla pittura. Difatti l’artista che si autoritrae nell’opera non si trova a corte ma nel suo studio

come si può vedere dalle tante opere appese alle pareti. L’artista si dipinge mentre dipinge, ma anche mentre osserva la scena che sta dipingendo è

dunque contemporaneamente dentro e fuori del quadro. Altra cosa da sottolineare è che il soggetto del ritratto, cioè l’infante di Spagna Margherita,

non dovrebbe trovarsi in quella posizione, in quanto il pittore non la riprenderebbe mai di spalle e dunque l’artista si trova fuori dal quadro per

dipingere quello che ha dipinto e che la sua figura è immaginata. Insomma è un’opera piena di paradossi.

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Diego Velzsquez, Las Meninias, olio su tela, 1656, 318 x 276 cm., Museo del Prado, Madrid

Altra cosa che va sottolineato sono le persone alle spalle della scena principale. A destra vi è una porta da cui il

Primo Ministro di Spagna sta entrando e/o osservando la scena, mentre al centro, in ciò che a prima vista

sembrerebbe una finestra, ma che in realtà è uno specchio, vediamo riflesse due figure che sono i genitori

dell’Infante Margherita: Filippo IV di Spagna e sua moglie e che quindi si trovano fuori dalla scena, nello spazio in

cui si trova il pittore, ma che l’artista riesce ad inserire grazie allo stratagemma della finistra-specchio. Insomma,

quest’opera è concepita da Velzsquez come una macchina della visione.

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Nella pagina che segue possiamo vedere le differenze declinate nel dizionario della lingua

italiana delle parole Cosa e Oggetto che hanno significati molto diversi anche se si alcuni casi

vicini

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Cosa[cò-sa]s.f.Termine generico per indicare nel modo più indeterminato aspetto o parte della realtà materiale o immaginaria, concreta o astratta; designa in genere una realtà inanimata, contrapposta a “persona”: nome comune di cosa; è vietato il trasporto di cose o persone oltre al conducente; cosa concreta; cosa astratta; cosa visibile, corporea, incorporea, spirituale; due cose belle ha il mondo: amore e morte Leopardiǁ‖ Avere qualche cosa contro qualcuno, portargli rancoreǁ‖ Contare, valere qualche cosa, avere importanzaǁ‖ Credersi qualche cosa, una gran cosa, chissà che cosa, darsi importanzaǁ‖ Essere nell'ordine delle cose, accadere secondo il naturale svolgersi dei fattiǁ‖ Essere tutt'altra cosa, essere completamente diverso, non avere alcun rapportoǁ‖ Fra le altre cose, oltre al restoǁ‖ Non è cosa, non è più cosa, non ha senso, non ha più sensoǁ‖ La cosa pubblica, lo Statoǁ‖ Per prima cosa, prima di tuttoǁ‖ Sopra ogni cosa, soprattuttoǁ‖ lett. La somma delle cose, l'autorità dello Stato2 Unito a un aggettivo, assume lo stesso sign. del nome astratto corrispondente: è una c. difficile trovarloǁ‖ Bella cosa!, espressione di soddisfazione, piacereǁ‖ Brutta cosa, disgraziaǁ‖ Una cosa giusta, né troppo né poco, quanto bastaǁ‖ Una cosa nuova, una novitàǁ‖ Cose pazze, pazzie, follie.

Oggetto[og-gèt-to]s.m.Ciò che di inanimato è percepibile attraverso i sensi: su quel tavolo c'erano numerosi oggetti; è un o. assai pregiato; vide l'o. che gli interessavaǁ‖ SIN. cosaPersona o cosa cui è rivolta un'attività, un sentimento: era l'unico o. del suo amore; da o. di stima e venerazione è divenuto o. d'odio e di scherno; essere o. di desiderio, di piacere; quell'antico libro è l'o. della sua ricercaMateria, argomento: non ho ancora stabilito l'o. della mia conferenza; qual è stato l'o. principale del suo esame?ǁ‖ Nelle lettere commerciali, contenuto: o.: sollecito della merceestens. Fine, scopo: l'o. del mio discorso è convincerti che hai torto; viaggiando si proponeva un solo o.: divertirsiǁ‖ SIN. intentoBene o servizio prestato, che costituisce interesse per il soggetto: l'o. dell'obbligazione, della prescrizioneǁ‖ Oggetto del contratto, complesso delle norme e dei rapporti regolati dal contrattoǁ‖ Oggetto giuridico del reato, bene tutelato dalla norma penale, in base al quale è stato commesso il reatoǁ‖ Oggetto materiale del reato, ciò o chi ha subìto materialmente l'azione del reatoFILOS Tutto ciò che il soggetto percepisce come diverso da séǁ‖ Tutto ciò che esiste, che ha realtà di per sé, indipendentemente dal soggetto pensante e dall'atto con cui è pensato: o. assoluto, ideale, conoscibile, inconoscibile

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• Alighiero Boetti, Tutto 1992, arazzo, 180 x 300 cm.

• Con un salto di circa 340 anni arriviamo ad oggi, dove l’artista Alighiero Boetti ci propone opere-arazzi

come questo in cui il soggetto è indeterminato, perché se osserviamo bene vediamo che si tratta di una

sorta di puzzle fatto di tante cose che si incastrano come persone, oggetti, piante e così via.

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Alighiero Boetti, Tutto, 1992, arazzo, 200 x 300 cm.

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John Carpenter, La Cosa, 1982, Film remake di La cosa dall’altro mondo , 1951 di Howard Hawks tratto da un racconto Who Goes Ther di John W. Campbell, 1948.

La storia racconta di una spedizione scientifica in Antartide, dove un essere, sconosciuto, un alieno, una cosa dall’altro mondo, si insinua negli essere umani e animali prendendone le sembianze una volta entrato in contatto con esso. Nella foto in basso vediamo un momento in cui la Cosa si sta trasformando-impossessando in uno delle persone della spedizione. Qui è evidente come il termine cosa a differenza della parola oggetto possa servire ad indicare qualcosa di indefinito che può essere anche un essere vivente, cosa che non avviene per l’oggetto. Insomma la cosa ha la caratteristica del mutante della metamorfosi.

Vedere il film, o parte di esso su youtube

Testo

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Qui di sopra lo scooter della Vespa 125 COSA, 1987- 1991 l. Nel 1987 la Piaggio, casa produttrice della Vespa, decise di togliere il nome storico

Vespa e di chiamare un suo modello storico rinnovato, la Vespa PX, semplicemente COSA. La COSA si dimostrò un clamoroso insuccesso,

dovuto sia a motivi stilistici, ma anche al nome scelto. Gli acquirenti si identificano con un prodotto anche grazie al marchio e un marchio

storico mondiale come la Vespa ha un suo peso. Come dire, non era cosa da farsi.

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Il termine Cosa è talmente onnicomprensivo da toccare anche la politica e in questo caso quello che è stato ed è ancora uno

dei maggiori partiti della “sinistra” europea: Il Partito Comunista Italiano fondato nel 1921 a Livorno. Il P. C. I. entrò in profonda

crisi a partire dagli anni ottanta e ciò lo possiamo vedere anche nella ricerca di un nuovo simbolo, cosa evidente nell’immagine

qui sopra riportata. Tra i vari dibattiti, assemblee, congressi per trovare una nuova identità è per noi interessante il Comitato

Centrale del 20 novembre 1991 tenutosi nell’allora sede storica di via delle Botteghe Oscure a Roma. La discussione, già

avviata nel 1989 con la svolta del Congresso tenutosi nel quartiere della Bolognina a Bologna, verteva sull’idea di fare un nuovo

partito con altri partiti di sinistra (la «sinistra diffusa»). L’allora segretario del P.C.I., Achille Occhetto, chiuse avvertendo però

che: «Prima viene la cosa e poi il nome. E la cosa è la costruzione in Italia di una nuova forza politica». Da quel momento in poi

il dibattito sarà anche chiamato come il “dibattito sulla Cosa” (il regista Nanni Moretti ci girò un documentario, intitolato

appunto La Cosa, raccontando le discussioni – senza alcun commento – all’interno di alcune sezioni del Partito Comunista

Italiano proprio nei giorni successivi alla proposta di Occhetto).

Vedi anche Dibattito su la Cosa di Nanni Moretti in youtube

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