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  CREATIVITÀ, GIOVANI e LAVORO Una panoramica sul mercato del lavoro e della formazione dei giovani creativi nella Regione Urbana Milanese, realizzata attraverso interviste ad esperti del settore ottobre 2010

CREATIVITÀ, GIOVANI e LAVORO

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Una panoramica sul mercato del lavoro e della formazione dei giovani creativi nella Regione Urbana Milanese realizzata attraverso interviste ad esperti del settore

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CREATIVITÀ, GIOVANI e LAVORO 

Una panoramica sul mercato del lavoro e della formazionedei giovani creativi nella Regione Urbana Milanese,realizzata attraverso interviste ad esperti del settore

ottobre 2010

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Il presente studio è stato redatto all’interno del progetto  ST-ART UP "Scegliere il futuro

sperimentando il presente"  da   Milano Metropoli Agenzia Sviluppo (coordinatrice di

progetto: Laura De Venezia; collaboratori: Angiola Bono e Marco Lorenzi; e con il

contributo di: Ruggero Motta, stagista curriculare del Politecnico di Milano) con il

supporto di Daniela Ferrè, Caterina Raia ed il contributo di Francesco Procida per la

Provincia di Milano.

  ST-ART UP "Scegliere il futuro sperimentando il presente" è promosso da   Provincia di 

 Milano e finanziato nell'ambito dell'Accordo quadro tra   Regione Lombardia e il

 Dipartimento per le Politiche giovanili e le Attività sportive della Presidenza del Consiglio

dei Ministri  con l’obiettivo di mettere a disposizione della popolazione giovanile del

territorio provinciale luoghi e servizi di orientamento, spazi e occasioni di sviluppo creativo

e di sostegno alla capacità imprenditoriale.

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INDICE

INTRODUZIONE .......................................................................................................................7 

LO SCENARIO...........................................................................................................................9 

1.  CREATIVITÀ E CONTESTO: UN TENTATIVO DI DEFINIZIONE ........................................................... 9 1.1    Il settore creativo................................................................................................................................... 9 

1.2    La rivoluzione creativa ........................................................................................................................ 11 

1.3   Professioni creative “tradizionali” ......................................................................................................12 

1.4   I creativi come catalizzatori di sviluppo.............................................................................................16 

1.5   Come attirare e generare la creatività .............................................................................................. 18 

1.6  Quartieri creativi e gentrificazione.....................................................................................................19 

2.  CREATIVITÀ  NEL TERRITORIO: L’ITALIA E MILANO......................................................................... 22 

2.1    Il sistema creativo italiano ................................................................................................................. 22 2.2   Roma più creativa di Milano?............................................................................................................ 25  

2.3    Il sistema creativo milanese ............................................................................................................... 29 

3.  OSSERVAZIONI................................................................................. ........................................................ 33 

TENDENZE IN ATTO...............................................................................................................34 

 5.1    Iperspecializzazione e multicompetenza ........................................................................................... 34 

 5.2  Creativi imprenditori e creativi “artigiani” ...................................................................................... 38 

INTERVISTE QUALITATIVE SEMISTRUTTURATE ................................................................43 

6.1   Aldo Colonetti (Direttore scientifico IED) ......................................................................................... 43 6.2   Alessandro Guerriero (Presidente e direttore artistico di NABA)................................................... 45  

6.3   Franco Origoni (Studio Origoni e Steiner)........................................................................................ 47  

6.4  Gianluigi Colin (Art Director Corriere della Sera) ........................................................................... 49 

6.5  Giorgio Papetti (Jinglebell Communication) .................................................................................... 50 

6.6   Isa Medola e Pietro Riolo (PRM Design)........................................................................................... 52 

6.7    Jacopo Perfetti (Art Kitchen).............................................................................................................. 55  

6.8   Liliana Forina (Fondatrice Cross Creative) ...................................................................................... 59 

6.9   Lodovico Gualzetti (Magut Design) ................................................................................................... 63 6.10   Maria Grazia Mattei (Fondatrice MGM Digital Communication) ............................................... 66 

6.11   Milka Pogliani (Direttore Creativo Esecutivo McCann) ................................................................ 68 

6.12   Paola Arosio (Camera Nazionale della Moda Italiana)................................................................. 72 

6.13   Stefania Casacci (Dissociate)............................................................................................................ 75  

6.14  2Roads s.r.l..........................................................................................................................................77  

 APPENDICE: SCHEDE SINTETICHE DI NUOVE PROFESSIONALITÀ....................................81 

BIBLIOGRAFIA.......................................................................................................................99 

RINGRAZIAMENTI............................................................................................................... 101 

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INTRODUZIONE

Il presente studio rappresenta il tentativo di ricostruire alcune delle principali dinamiche,

tendenze e criticità che stanno interessando maggiormente, in questo momento, loscenario del mercato del lavoro e della formazione nei settori creativi tipici dell’area

metropolitana milanese.

L’obiettivo è quello di dare, seppure tra le molte differenze che possono sussistere tra le

diverse professioni della creatività milanese, un quadro d’insieme dei cambiamenti in atto

e delle tendenze che accomunano questi settori, cercando inoltre di definire, quando

possibile, alcune ipotetiche figure professionali emergenti (o eventualmente emerse di

recente ma non ancora del tutto codificate o recepite dagli enti di formazione).

Per fare questo, ad un inquadramento generale sulla tematica “creatività” declinata a

livello globale, nazionale e locale, e realizzata attraverso l’analisi di ricerche e saggi

recentemente pubblicati, si è proceduto alla realizzazione di alcune interviste qualitative

semistrutturate a professionisti, esperti ed accademici del settore.

Nonostante alcuni riferimenti e considerazioni derivino dall’analisi di dati numerici e

statistici, i risultati ottenuti e le conclusioni individuate vogliono avere una connotazione

prettamente qualitativa.

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LO SCENARIO

“ …dobbiamo prendere atto di un dato fondamentale: ogni 

essere umano è creativo. Non possiamo più sperare di cavarcela sfruttando l’energia creativa del 30-40 per centodella nostra forza lavoro, senza intaccare il restante 70. Al contrario, dobbiamo cercare di costruire una vera e propriasocietà creativa, istituendo meccanismi e politiche chesciolgano le profonde tensioni generate dall’economia creativa.

 L’evoluzione da una semplice produzione economica creativa auna struttura sociale creativa è l’unica strada percorribile.” 

 Richard Florida

1.  CREATIVITÀ e CONTESTO: UN TENTATIVO DI DEFINIZIONE

1.1   Il settore creativo

Nell’ultimo decennio il concetto di creatività è stato continuamente riproposto come un

elemento centrale del dibattito culturale, socio-economico, giuridico e politico; esso

esercita infatti ormai un’influenza così forte e globale da essere considerato

imprescindibile nello studio dello sviluppo della società. Una conferma di questa tendenza

è data, ad esempio, dalla dichiarazione da parte dell’Unione Europea del “2009” come

 Anno della creatività e innovazione o dalla longevità del dibattito internazionale, ancora

attuale, che è sorto attorno alle tesi sulla classe creativa espresse dall’economista

americano Richard Florida.E’ un dato incontestabile che la percezione sociale del settore creativo in tutto il mondo sia

quella di un settore in continua e forte crescita specie negli ultimi dieci anni; una

percezione che trova riscontro anche nei numeri.

I dati più aggiornati sulla situazione italiana sono forniti dal  Libro bianco sulla creatività 

di Walter Santagata, ordinario di Economia della Cultura presso l’Università di Torino.

Santagata fissa la percentuale dei professionisti creativi attorno al 5,72 del totale 

e la relativa produzione ad un valore del 4,46 % del PIL.

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In realtà la stessa definizione di creatività e di professioni creative è fonte di un dibattito in

atto, infatti, mentre la ricerca di Santagata si riferisce al settore creativo tradizionale

(design & moda, ICT, arte, musica, cinema, patrimonio culturale e cucina), la ricerca

effettuata dagli economisti Richard Florida e Irene Tinagli, dell’Università di Harvard,

sullo scenario Italiano, considera professioni creative tutte quelle che implicano dei

processi mentali ed intellettuali non ripetitivi e più precisamente che si riferiscono alle due

categorie: riflessione  pratica e comunicazione complessa elaborate da Frank Levy 

e Richard Murnane nel libro New Division of Labor: How computers are creating the new

 job market.

La prima include le professioni che richiedono esperienza di    problem solving mentre la

seconda tratta i lavori che prevedono una interazione “faccia a faccia” .

E’ chiaro che, in un’ottica di questo tipo, il settore creativo risulta essere notevolmente più

ampio, arrivando ad occupare almeno il 21 % della forza lavoro italiana (dati ISTAT

2001).

Superando queste differenze d’impostazione ciò che è veramente utile evidenziare è la

crescita dei numeri di questo settore: i dati citati da Tinagli associano al 1991 solo il 9 % di

addetti all’area creativa sul totale (12 punti percentuali in meno rispetto al 2001), ed

evidenziando rispetto allo stesso anno un brusco calo tra impiegati (-18%) ed operai

specializzati (-35%).Certamente i dati presentati in questa ricerca non sono molto recenti, ma evidenziano

comunque un trend così forte da rendere attuali le conclusioni elaborate dai ricercatori.

Per un’ulteriore conferma dovremo aspettare i relativi dati ISTAT che saranno pubblicati a

fine anno.

Tutto ciò evidenzia che, anche se più lentamente rispetto agli altri paesi industrializzati, la

creatività si sta dimostrando un nuovo motore economico, anche per l’Italia.

  A prescindere dalle definizioni plausibili di “settore creativo” e alle differenti chiaviinterpretative utilizzate e possibile perciò arrivare ad una conclusione: il fattore creativo

sta diventando trasversale a tutti i settori lavorativi .

Oggigiorno la parola d’ordine per superare la crisi economica in Europa è diventata

innovazione; ma il concetto stesso di innovazione è legato a quello di creatività. Se

guardiamo alla storia dell’uomo risulta evidente come ogni innovazione, sia tecnologica

che sociale, sia stata il frutto di un particolare tipo di “ingegno umano” riconducibile alla

capacità dell’uomo di generare nuove idee in scenari che sembrano invece immutabili.

Nell’ultimo decennio, dato l’aumento sia del numero sia della rilevanza delle professioni

chiaramente legate ad un sapere intellettuale prima che manuale, questa capacità ha

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assunto un importanza ancor più fondamentale. Si può perciò propriamente dire che sia in

atto una vera e propria “rivoluzione creativa” .

1.2   La rivoluzione creativa

  Al pari delle rivoluzioni industriali dell’Ottocento, anche la rivoluzione creativa, se

assecondata, potrà diventare catalizzatrice di progresso e mobilità sociale, ma potrà essere

anche generatrice di profondi problemi di adattamento per chi non saprà o non vorrà

trovare il proprio posto nel nuovo paradigma. Nuove professioni stanno nascendo, nuove

competenze sono richieste e nuovi strumenti vengono usati: nuove professioni

significano anzittutto nuove professionalità. Per questo motivo è necessario uno

sforzo anche da parte degli organi di formazione (istituti, università,…) affinché

trasmettano agli studenti un’attitudine ed un insieme di conoscenze e capacità che

permettano loro di inserirsi efficacemente nel nuovo panorama socio-economico.

Mentre numerosi sociologi e antropologi preferiscono parlare di rivoluzione tecnologica o

più recentemente di rivoluzione digitale, ponendo l’accento sull’evoluzione della tecnologia

piuttosto che sul cambiamento degli stili di vita, Don Tapscott e Antony Williams, autori di

Wikinomics, mediano queste due visioni e focalizzano il loro punto di vista sul

cambiamento che ha investito il Web: Internet negli ultimi 5 anni è stata “re-inventata”

divenendo la prima piattaforma globale di “collaborazione” nella storia. Se da una

parte questa evoluzione costituisce un mutamento del comportamento umano, dall’altro

rimane saldamente legata allo sviluppo delle tecnologie 2.0 e delle piattaforme web.

Si affronta qui un paradosso per cui l’introduzione delle nuove tecnologie genera i

cambiamenti degli stili di vita che, d’altro canto, sono la premessa irrinunciabile alla

creazione e allo sviluppo di nuove idee tecnologiche.

Legittimata così la dualità di approccio alla questione, è possibile entrare più nello

specifico: la tecnologia considerata motore dei cambiamenti sociali degli ultimi dieci anni è

quindi la Rete. Le possibilità di scambio d’informazioni che il Web da ai suoi utenti ha

favorito inoltre la nascita di un movimento definito Open Source che sostiene, tra le altre

cose, l’importanza dei processi collaborativi e l’efficacia della condivisione

dell’informazione. La diffusione di questi valori, dapprima all’interno delle grandi aziende

(IBM, HP,..) e successivamente tra il grande pubblico, è stato ad esempio alla base della

nascita delle piattaforme 2.0 e dei social network stessi.

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Quest’ultimo step tecnologico ha accelerato ulteriormente lo spostamento verso una logica

collaborativa di tipo globale ed ha dato la possibilità ad idee, informazioni e, più in

generale, al “sapere” di circolare in modo facile, libero e veloce.

Sulla rete è possibile infatti reperire una grandissima mole di informazione e conoscenza,

si possono ricevere consigli, feedback e contributi su di una propria idea o addirittura

incontrare collaboratori per realizzarla e, come scrive ancora Don Tapscott, “una buona

idea messa su internet può godere di diverse vite a seconda di chi la interpreti”.

Da quando, nel 2005 il termine ‘User generated content ’ è entrato nella piattaforma Web

2.0, e, a seconda del tipo di contenuto, declinato in Youtube (video), Flickr (foto), Delicious

(segnalibri), Soundcloud (musica),… ha dato la possibilità a milioni di utenti di esprimere

la propria creatività e di condividerla con il mondo.

Il Web 2.0 è in sostanza un amplificatore degli intelletti umani come massa critica

generatrice di contenuti e idee che ha dato libero sfogo all’energia creativa accumulata

nella società.

1.3   Professioni creative “tradizionali” 

 Accertato che la creatività sta contaminando tutte le tipologie di lavoro intellettuale e che,

in generale, coinvolge sempre più persone a livello globale, è possibile prendere in

considerazione il settore creativo nella sua accezione più stretta.

Basandoci sulla letteratura internazionale che ha trattato questo argomento, possiamo

arrivare a definire i tradizionali campi professionali ‘creativi’:

-  moda

-  arte

-  design

-  fotografia

-  comunicazione

-  eventi

-  editoria

-  industria audiovisiva

-  software e ICT

-  architettura

Questo macro settore è grossomodo lo stesso a cui ha fatto riferimento Santagata durantela stesura del  Libro bianco sulla creatività e Aldo Bonomi nella ricerca " Le tribù creative 

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nella città infinita”. Inoltre queste categorie vengono proposte, a volte con delle varianti,

sui principali portali web dedicati alle offerte di lavoro creativo ed alla raccolta di portfolio

digitali, tra i quali www.lavoricreativi.it e www.coroflot.com.

 Lavori creativi offre questo tipo di categorie in funzione delle offerte di lavoro:

-  art director

-  account manager

-  account director

-  copywriter

-  direzione creativa

-  eventi-  fashion design

-  flash developer

-  fotografi

-  giornalisti

-  grafico

-  illustratori

-  industrial design-  interior design

-  media planning

-  packaging

-  produzione video e audio

-  produzione e prestampa

-  project management

-  public relations

-  spettacolo

-  stage

-  strategic planning

-  sviluppatori html/asp/php

-   web designer

-   web editor

-   web marketing

-  3d

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Non è chiaro il criterio con il quale sia stato individuato questo cluster  di professioni

creative: a ben vedere anche un ricercatore biochimico o un falegname, per esempio,

necessitano di tutte quelle capacità che rientrano nell’intorno del concetto di creatività per

svolgimento della propria professione. Perchè non includerli in una lista delle professioni

creative? E’ possibile fare un distinguo? Esistono differenti “creatività”?

Una distinzione possibile può essere fatta tra creatività puntuale e creatività

trasversale.

Quella che può essere definita creatività puntuale, e che è principalmente finalizzata a

migliorare ed a rendere più efficiente un contesto o un artefatto già esistente e che

solitamente porta ad un’ innovazione di tipo incrementale, è basata su processi,

tecniche e strumenti ben definiti, in molti casi appartenenti esclusivamente al campo

specifico nel quale si sta operando.

  Ad esempio un qualsiasi ricercatore scientifico segue delle metodologie di ricerca ben

strutturate e di provata efficacia che gli permettono di far progredire in modo continuo la

ricerca. Allo stesso modo un ingegnere che sviluppa un nuovo brevetto, lo fa applicando

esigenze di strutturazione valide e durature. Per progredire in una ricerca è necessaria

tuttavia una o più ipotesi nuove, cioè una intuizione che ha in sé un dato creativo. Questaipotesi frequentemente genera una produzione di pensiero divergente e quindi creativo, in

quanto conduce a soluzioni nuove e originali che portano il ricercatore a rinunciare a

soluzioni convalidate. La differenza, nella creatività scientifica sta nella necessità che a

questo processo creativo segua una sperimentazione ossia il dato creativo, nato

dall’intuizione venga poi ricondotto a una batteria di test e di prove e quindi ricondotto ad

un ordine strutturato. E’ questa diversa procedura che tende sovente a far ‘dimenticare’ la

grande carica creativa che risiede nella ricerca scientifica.

La creatività trasversale, invece, è finalizzata a creare nuovi contesti, può portare ad un’

innovazione radicale ed è basata su un processo di contaminazione ed

interdisciplinarietà che non richiede necessariamente una conoscenza approfondita del

campo di applicazione.

In effetti le cosiddette professioni creative (quelle dei settori prima citati), sono tutte

maggiormente soggette a questo tipo di creatività per via della loro predisposizione

all’apertura culturale e per la mancanza di regole e processi scientifici a cui attenersi. Il

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fatto stesso di lavorare spesso principalmente sul livello estetico-comunicativo rende i

processi di creazione estremamente vari, precari e mutevoli nel tempo.

Nel  Libro bianco sulla creatività Santagata propone cinque possibili modelli d’approccio

all’industria culturale creativa, messi a confronto con quello da lui proposto.

I cinque modelli sono:

-  il modello dell’industria culturale che emerge dall’analisi delle attività

economiche legate alla produzione di cultura;

-  il modello delle industrie creative in cui, dalla definizione di industrie creative si

cerca di individuare i settori in cui la creatività individuale, l’abilità, il talento sono

l’imput in un processo produttivo;

-  il modello delle industrie del Copyright che si struttura in base al grado di

importanza che hanno i diritti di proprietà nel valore totale del bene;

-  il modello KEA per la Commissione Europea che definisce e analizza il contributo

economico del settore definito “economia della cultura”. E’ un modello a cerchi

concentrici che parte da un ‘core’ che rappresenta le attività più strettamente

artistiche per arrivare via via a tutte le industrie culturali, creative e connesse;

-  modello UNCTAD (United Nations Conference on Trade and Development)

sviluppatosi in occasione della stesura del Report 2008 sull‘ Economia Creativa è  basato sulla necessità di misurare lo scambio internazionale di prodotti creativi e

culturali anziché sull’esigenza di misurare i settori di attività economica e

industriale. 

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Classificazione dei settori in base ai differenti modelli di industrie culturali e creative ( Libro Bianco sulla creatività) 

1.4   I creativi come catalizzatori di sviluppo

Diversi studi socio-urbanistici (Richard Florida, Jane Jacobs, Ann Markusen) hanno

individuato nelle comunità creative, intese anche per estensione come luogo, quartiere,

area ad elevata presenza di professionisti della creatività, un motore fondamentale dello

sviluppo urbano.

Innanzitutto i creativi, in realtà i più bohemien di loro, attuano spesso un processo di

riqualificazione delle aree degradate della città, un processo indipendente ed auto

organizzato come quello avvenuto nell’ex area industriale di New York negli anni ’80.Questi soggetti, molto spesso più artisti e sperimentatori che professionisti imprenditori, si

trasferiscono nelle ex aree industriali o più in generale nei quartieri meno serviti, per via

della loro economicità e dei grandi spazi che di solito offrono. Qui, sfruttando la libertà che

queste location danno, creano delle reti collaborative e generano cultura, modificando allo

stesso tempo l’ambiente fisico che li circonda, rendendolo più vivibile e più prezioso.

Non è un caso che col tempo queste zone raggiungano un costo della vita pari a quello dei

quartieri più lussuosi della città, subendo un rialzo degli affitti e mettendo così fine a quelprocesso di generazione culturale che li caratterizzava.

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Oltre allo sviluppo urbano, le comunità creative contribuiscono anche ad uno sviluppo di

tipo sociale ed economico. Infatti questi quartieri ‘riqualificati’, per la loro dinamicità e

flessibilità, si prestano ottimamente all’integrazione ed alla coesistenza di differenti culture

e stili di vita. Spesso fungono da centro d’attrazione per tutti quelli che non si conformano

in modo completo alla società e che non si sentono accettati dalla città nel suo complesso,

arricchendosi così di una cultura e di una pluralità di voci introvabili nel resto della città e

circondandosi di un’aura di tolleranza unica nel suo genere.

Dal punto di vista economico svolgono invece una fuzione fondamentale quelli che

 vengono definiti professionisti della creatività: designer, artigiani, grafici, stilisti,… infatti,

per loro natura, tendono a creare nuove imprese, nuove opportunità di business e/o

intraprendere collaborazioni e consulenze come esterni piuttosto che concentrarsi sulla

ricerca al lavoro dipendente come accade per molti altri settori.

La predisposizione all’imprenditorialità di questi soggetti è dovuta principalmente alle

caratteristiche stesse della professione creativa: intraprendenza, dinamismo,

sperimentazione ed innovazione, ma anche dall’estensione e dalla trasversalità dei settori

interessati alle prestazioni ed ai servizi da loro offerti.

E’ evidente perciò come il numero di nuove imprese create ogni anno possa essere un

ottimo indice dello stato di salute anche dell’economia legata alla creatività di una certaarea. L’Ente Nazionale Canadese di Statistica (  Statistics Canada) ha dimostrato che il

livello culturale di un’area influenza direttamente la sua crescita economica e più

precisamente ad un 1 punto percentuale di crescita nel livello culturale, rispetto alla media

nazionale, corrispondono un 2.5 % di produttività in più ed un 1.5 % di PIL pro capite in

più. E’ quindi facile comprendere l’importanza economica che la produzione culturale e

dei creativi ha per un intero sistema urbano.

 Altrettanto interessante è la teoria di Florida su come la classe creativa potrebbe risolvere ilproblema dell’offshoring, un particolare caso di outsourcing in cui un’azienda sposta i

processi produttivi della propria attività in un altro paese, generalmente con manodopera a

 basso costo e/o legislazioni più permissive. Una tendenza, iniziata negli anni ’90, che sta

creando disoccupazione e tensione sociale in tutti i paesi industrializzati e non è facile

prevedere un’inversione di tendenza. Secondo il modello di Florida, una forte classe

creativa, agevolata da politiche di governo e locali ed arricchita da un immigrazione di

“cervelli” dall’estero, è in grado di attivare quel circolo virtuoso per cui la generazione di

cultura crea nuove aziende innovative (e quindi nuovi posti di lavoro) ed allo stesso tempo

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aumenta il grado di diversità interno alla società; questa eterogeneità sociale attirerà altri

professionisti che rafforzeranno la classe creativa e il sistema tutto di conseguenza.

1.5   Come attirare e generare la creatività

Risulta quindi fondamentale per una regione urbana che voglia rivitalizzare la propria

economia e migliorare la propria vivibilità, saper attirare e mantenere sul territorio i

soggetti più creativi.

 Al riguardo Florida e Tinagli hanno svolto approfondite ricerche giungendo a determinare

le tre fattori o caratteristiche fondamentali dei quartieri creativi che costituiscono i

presupposti per la generazione della creatività. I tre fattori individuati sono Tecnologia,

Talento e Tolleranza (Teoria delle tre T ).

Per spiegare le ragioni che stanno dietro a questa teoria, si può partire da constatazioni di

livello generale.

Innanzitutto statisticamente è stata provata una diretta correlazione tra alta densità

di popolazione e livello d’innovazione tecnologica intesa come numero di brevetti

registrati. Questo significa che i luoghi naturalmente predisposti all’innovazione sono le

grandi città.Risulta chiaro che ad un’elevata densità abitativa corrisponde un’altrettanto

elevata densità di relazioni e di scambi (di qualsiasi tipologia essi siano): le idee e le

conoscenze circolano facilmente e si evolvono in modo molto rapido, vengono rielaborate

creando innovazione.In pratica una comunità è facilmente creativa e produttrice di cultura

quando riesce a raggiungere delle dimensioni critiche per cui si crea al suo interno una

sorta di dialettica, un dialogo stimolante, costruttivo e dinamico.

In secondo luogo si deve tener conto che la creatività prospera nella diversità ed una nuova

cultura è spesso generata dall’incontro di differenti etnie e stili di vita. Come riportato nel

libro The flight of the creative class anche l’editorialista di Business Week Chris Farrel

individua un circolo virtuoso dove la diversità favorisce la creatività e la creatività

incoraggia la diversità e conclude dicendo che entrambi questi elementi “fanno bene al  

conto economico”.

Infine si deve guardare al talento, non come ad una risorsa (nel senso economico del

termine) ma come a un flusso. Il talento è veicolato dalle persone che lo posseggono e

che sono sempre meno legate al territorio in cui nascono: gli abitanti del pianeta si

muovono da una città e da un paese all’altro con crescente facilità e rapidità; non ha sensopensare al talento come ad un giacimento di carbone o di silicio. I paesi occidentali (specie

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quelli europei) ad esempio dovranno pur continuare ad acquistare petrolio e materie prime

all’estero ma, se sapranno creare un ambiente stimolante ed accogliente, potranno godere

di un naturale flusso di talento proveniente dai più remoti angoli del globo: gli individui (e

i professionisti della creatività) non sono merci e non seguono necessariamente il solo

flusso monetario. Il talento infatti non è soggetto alle regole del mercato, non lo si può

semplicemente comprare, lo si deve attrarre, secondo Florida, investendo sulle ‘tre T’: si

deve partire da una massa critica di talento autoctono (sviluppo di università e centri di

ricerca), agevolare l’accesso alla tecnologia (facilitare il technology transfer , predisporre

fondi per le start-up) e creare un ambiente eterogeneo e tollerante (internazionalizzazione

e politiche per l’integrazione).

Nel caso degli Stati Uniti possiamo intravedere un esempio concreto dell’applicazione di

questa teoria: il fattore Talento è efficacemente supportato dai campus universitari che

dispongono dei migliori professori al mondo, il fattore Tecnologia è riscontrabile nella

dimensione dei fondi stanziati per la ricerca (di qualsiasi natura essa sia, pubblica o

privata), mentre il fattore Tolleranza è ben rappresentato dal movimento degli anni ’60,

generatore di una cultura di libertà che ancora oggi influenza gran parte della società (Bay 

 Area, New York City, etc.).

Il risultato finale è la fuga di cervelli, proprio verso gli Stati Uniti (ma ormai non solo), che

caratterizza una buona parte dei paesi democratici da settant’anni a questa parte. La novitàdell’ultimo decennio è che nuovi centri di attrazione della creatività stanno sorgendo: paesi

come la Nuova Zelanda, l’Australia, l’Irlanda e l’Olanda, con una popolazione giovane, una

cultura tollerante e fondi a disposizione della ricerca, sembrano avere le carte in regola per

rubare parte del flusso di talento destinato agli Stati Uniti. In pratica la competizione

globale per il talento è appena iniziata.

1.6  Quartieri creativi e gentrificazione

Si è accennato al forte legame tra livello di creatività di una comunità e performance

economia sostenendo come il supporto allo sviluppo del primo generi un aumento della

seconda, ma è altrettanto importante capire che questa correlazione non è sempre esistita

(non in questi termini almeno) e che, sebbene possa essere una leva per favorire lo

sviluppo, ponga determinati problemi di sostenibilità.

Esemplare in questo senso è la tesi dell’ economista americano Jeremy Rifkin nel libro L’era dell’accesso, pubblicato nel 2001 ma contenente concetti più che mai attuali.

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Nel libro Rifkin parla di tre differenti sfere che agiscono nella società: la sfera economica,

la sfera politica e la sfera culturale. Mentre nel passato i tre soggetti erano in sostanziale

equilibrio, con l’avvento del capitalismo cognitivo e dell’industria dell’intrattenimento, la

sfera economica ha iniziato ad erodere ed inglobare la sfera culturale, mercificandola.

Possiamo trovare diversi esempi di questo processo forzato: nell’ambito musicale colpisce

il caso della Salsa Rumba, nata a Cuba come espressione di protesta contro lo schiavismo e

l’emarginazione, trasformata poi in innocua musica da diffondere nei discopub di tutto il

mondo. Nell’ambito artistico non si possono non considerare i murales, che nati anch’essi

come forma di protesta ed espressione dei giovani emarginati delle metropoli americane,

  vengono venduti decontestualizzati nelle galleria d’arte. Questa invasione di campo da

parte della sfera economica sta creando un cortocircuito nella sfera culturale per cui

quest’ultima non ha più il tempo fisiologico di “rigenerarsi” ed è costretta a indirizzarsi da

subito in un ottica di mercato. Mantendo questa tendenza, avverte Rifkin, una nazione,

una città, una comunità rischia di estinguere la propria capacità di generare produzione

intellettuale: è necessario ristabilire i confini tra sfera culturale e sfera economica.

Più recentemente Matteo Pasquinelli, ricercatore della Queen Mary University of London,

ha reinterpretato la questione attraverso una critica del concetto di capitalismo cognitivo e

dei sistemi di conservazione del vantaggio competitivo su cui esso si basa. Il capitalismo

cognitivo è l’evoluzione del capitalismo industriale: la centralità della produzione materialeè sostituita da quella di idee, informazioni e, più in generale, dalla conoscenza. Il vantaggio

competitivo si basa quindi sul possesso e la gestione di queste “risorse”: mentre in passato

il sistema era basato sul concetto di produzione-vendita, ora i  player  di mercato hanno

l’obiettivo di possedere (possibilmente in modo monopolistico) questi beni immateriali e di

darli in concessione. Questo concetto di rendita è sotto alcuni aspetti paragonabile al

feudalismo medioevale, dove i proprietari terrieri che possedevano tutti gli appezzamenti

coltivabili lasciavano la terra in concessione ai contadini che gli pagavano un affitto: è inquesto modo che i nobili vivevano senza lavorare. Pasquinelli parla infatti di feudalesimo

digitale per spiegare come le grandi piattaforme di internet, ciascuna con un sostanziale

monopolio nel proprio settore (Google come motore di ricerca, Facebook come social

network personale…) stiano facendo profitto attraverso l’esclusiva produzione di valore da

parte dei cosiddetti utenti  prosumer  (nel senso di  producer-consumer ) e dei sostenitori

della Free Culture.

Trasferendo il concetto dall’ambito digitale a quello della città, è possibile applicare tale

tesi alle dinamiche dei quartieri creativi, dove una grande produzione culturale

proveniente dal basso viene spesso sfruttata dal mercato sia a livello locale per far

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accrescere il valore degli immobili e quindi degli affitti, sia a livello globale mercificando

 vendendo la cultura stessa. E’ chiaro che in questo processo, a trarne i benefici non è chi ha

effettivamente prodotto valore (la comunità) ma chi l’ha sfruttato secondo il modello della

rendita (corporation, agenzie immobiliari, fondi, etc.) creando un’importante asimmetria,

come la chiama Pasquinelli, oltre che tensione sociale.

Questo fenomeno di rendita culturale è direttamente connesso anche al processo definito

di gentrificazione che avviene in molte città industriali o ex-industriali, per cui un

particolare quartiere popolato da artisti e bohemien (appartenenti quindi alla classe

creativa), responsabili di una produzione culturale diffusa e della riqualificazione “dal

  basso” dello stesso, è soggetto ad un nuovo piano di urbanizzazione e/o ri-edificazione

guidato da interessi economici, spesso speculativi: questo processo tende infatti a far

affluire nuovi abitanti ad alto reddito e ad “espellere” i vecchi abitanti a basso reddito, non

potendo più permettersi di risiedervi.

Rebecca Solnit, scrittrice e saggista americana, scrive: “una rovina urbana è un posto che è

caduto al di fuori della vita economica della città, e in qualche modo è una casa ideale per 

l’arte, che si dà al di fuori della produzione ordinaria e dal consumo della città.” Con la

gentrificazione la città si riappropria di questi spazi imponendo nuovamente le sue

dinamiche economiche ma allo stesso tempo modificandoli così radicalmente da

comprometterne la spontanea produzione culturale iniziale.Un esempio interessante fornito da Pasquinelli è il progetto   Media Spree di Berlino.

Questo progetto intende trasformare l’area sulle rive del fiume Spree, dove attualmente si

svolge l’intera scena musicale underground della città, in un polo per le industrie dei media

(quello che Florida chiamerebbe quartiere creativo). Per promuovere quest’area però, le

riviste delle compagnie d’investimento usano le immagini degli stessi club che intendono

sgomberare, in altre parole sfruttano il valore creato da questi piccoli centri di produzione

creativa ben sapendo però che il successo della loro operazione interromperà questo stessoprocesso di generazione di cultura.

In conclusione è essenziale capire che i centri creativi non sono totalmente pianificabili e

che i più efficaci sono proprio quelli nati spontaneamente e cha hanno a disposizione una

forte dose di libertà. I processi calati dall’alto come i piani di urbanizzazione, devono

tenere sempre conto dei pericoli legati alla gentrificazione ed all’eccessiva

commercializzazione e programmazione di un quartiere creativo: la creazione di cultura

deve poter essere non completamente legata alle dinamiche economiche.

Detto ciò rimane di vitale importanza, per la città e per la sua economia, riuscire a favorire

ed incentivare la nascita e lo sviluppo di questi centri.

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2.  CREATIVITÀ NEL TERRITORIO: L’ITALIA e MILANO

 2.1   Il sistema creativo italiano

Un buon tentativo di mappatura della situazione creativa italiana è stato fatto da IreneTinagli con la ricerca “ L’Italia nell’era creativa” del 2005.

La metodologia della ricerca si basa su un tentativo di sviluppare ulteriormente la Teoria

delle tre T  di Florida, di cui la ricercatrice è stata collaboratrice. Infatti per misurare il

grado di sviluppo di ciascuna delle tre T , vengono presi in considerazione alcuni differenti

parametri e sotto-parametri, statisticamente misurabili, per un totale di 15 differenti indici

di valutazione.

Per determinare il livello di tolleranza vengono ad esempio presi in considerazione ilnumero di immigrati sul totale della popolazione residente e successivamente il numero di

questi che ha frequentato scuole italiane, che ha contratto una matrimonio misto, …

Lo studio è stato effettuato su tutti i capoluoghi di provincia ed ha prodotto una sorta di

graduatoria delle città italiane rappresentata nella seguente heat map.

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La ricerca ha evidenziato ancora una volta come i grandi centri urbani abbiano una marcia

in più nel generare creatività rispetto ai più piccoli capoluoghi di provincia: Roma, Milano,

Bologna, Genova, Firenze e Torino, che sono le città più popolose d’Italia, occupano i primi

posti in classifica, solo Trieste risulta essere un po’ una sorpresa in questo senso, ma la sua

alta concentrazione di centri di ricerca e la spiccata propensione tecnologica giustificano il

quarto posto in classifica.

 Altri centri abitativi di piccole dimensioni riescono a posizionarsi bene nella classifica, ma

denotano sempre un disequilibrio nello sviluppo delle tre T per cui città dall’altro profilo

tecnologico soffrono di un ambiente chiuso e con scarsa integrazione oppure, come avviene

spesso nel sud Italia, città dotate di buoni centri di ricerca scontano un arretratezza

tecnologica generale ed una scarsa connettività.

Comparando la situazione italiana con altre realtà europee analizzate secondo lo stesso

modello, si nota che il passaggio all’economia creativa, sebbene stia avvenendo in tutto il

Paese, è caratterizzato da un ritardo e da una minore incisività nella società stessa e si

constata una sostanziale arretratezza per quanto riguarda l’internazionalizzazione ed il

multiculturalismo sia dei centri abitati, sia nello specifico dei centri di ricerca e degli

atenei. L'Italia è inoltre uno dei Paesi europei che più esporta laureati: quattro

 volte più che la Germania, la Francia o il Regno Unito. Allo stesso tempo, però, è tra quelli

che meno importano giovani delle stesse caratteristiche. Secondo le stime dell'OCSE, soloun immigrato su dieci in Italia ha un'educazione terziaria: meno della metà degli

immigrati in Spagna, un terzo di quelli che si dirigono verso l'Inghilterra, una percentuale

inferiore anche a quella di chi migra in Grecia.

Il documento più importante sulla situazione del settore creativo italiano rimane però

probabilmente il già citato   Libro bianco sulla creatività curato da Walter Santagata,

pubblicato a fine 2009: viene qui fornita una fotografia dettagliata, comprensiva di dati

statistici, che descrive gli attori e le dinamiche di ciascun sottosettore creativo a livellonazionale delineando poi delle proposte d’intervento da parte del governo.

  Anche in questo caso vengono confermate linee direttive già proposte in altri Stati: un

maggior coordinamento tra le strutture, un aumento delle componenti internazionali

soprattutto nell’ambito della formazione, il facilitare il ricambio generazionale,

l’incentivare ed agevolare la produzione culturale.

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2.2   Roma più creativa di Milano?  

  Analizzando la ricerca di Tinagli risulta da subito evidente un dato difficilmente

aspettabile: nella classifica delle città creative Milano è posizionata al secondo posto dietro

Roma che risulta quindi essere la città più creativa secondo i criteri dell’autrice e diFlorida.

Questa conclusione sembra essere in contrasto con il senso comune per cui il capoluogo

Lombardo e tutta l’area ad esso connessa sarebbero il centro nevralgico di settori creativi

quali moda, design e comunicazione.

Una possibile risposta a questa contraddizione viene dalla definizione stessa di settore

creativo che, come già detto, nella teoria di Florida comprende tutti i professionisti in

possesso di laurea o diploma universitario. Questo cambio d’impostazione porta ad una

sopravalutazione del capitale creativo inteso in senso stretto che una città possiede.

Cercando di ridefinire in maniera più precisa il reale rapporto tra il capitale creativo delle

due città, abbiamo eseguito una rapida ricerca all’interno dei database di 2 differenti siti

  web specializzati nel mercato del lavoro creativo. Il primo è lavoricreativi.it , il portale

italiano più importante del settore, con diverse migliaia di iscritti, il secondo è invece

coroflot.com, il riferimento online numero uno quando per la condivisione ondine del

proprio portaolio creativo.

La decisione di eseguire questa comparazione su dati reperiti via web ha una sua validità

per due motivi:

-  la maggior parte del match domanda-offerta del mercato del lavoro intellettuale

avviene online;

-  considerando che il settore creativo è particolarmente pervaso dalle dinamiche e dai

linguaggi del web è chiaro che chi non è in rete è praticamente tagliato fuori dal

mercato.

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I risultati delle ricerche per profili registrati sul sito lavoricreativi.it: 

PROFILI UTENTI ISCRITTI  TOTALE  MILANO  ROMA   ART DIRECTOR   2201  740 

33,6%  410 

18,6% 

 ACCOUNT MANAGER   391  135  34,5%  79  20,2%  ACCOUNT DIRECTOR   69  25  36,2%  18  26,1% COPYWRITER   1441  401  27,8%  252  17,5% DIREZIONE CREATIVA   908  275  30,3%  171  18,8% EVENTI  2127  659  31,0%  466  21,9% FASHION DESIGN  607  188  31,0%  89  14,7% FLASH DEVELOPER   332  84  25,3%  53  16,0% FOTOGRAFI  1884  513  27,2%  317  16,8% GIORNALISTI  2387  574  24,0%  582  24,4% GRAFICO  3645  1070  29,4%  641  17,6% ILLUSTRATORI  1812  468  25,8%  309  17,1% INDUSTRIAL DESIGN  662  206  31,1%  100  15,1% INTERIOR DESIGN  641  190  29,6%  110  17,2% MEDIA PLANNING  263  72  27,4%  81  30,8% PACKAGING  600  207  34,5%  67  11,2% PRODUZIONE VIDEO E AUDIO  2157  673  31,2%  520  24,1% PRODUZIONE E PRESTAMPA   717  224  31,2%  145  20,2% PROJECT MANAGEMENT  428  168  39,3%  79  18,5% PUBLIC RELATIONS  954  300  31,4%  192  20,1% SPETTACOLO  1379  416  30,2%  365  26,5% STRATEGIC PLANNING  135  53  39,3%  22  16,3% SVILUPPATORI HTML/ASP/PHP  477  101  21,2%  78  16,4% 

 WEB DESIGNER   2137  505  23,6%  422  19,7%  WEB EDITOR   526  161  30,6%  118  22,4%  WEB MARKETING  505  151  29,9%  103  20,4% 3D  803  223  27,8%  177  22,0% 

 ALTRO  1493  455  30,5%  302  20,2% STAGE  860  270  31,4%  192  22,3% TOTALE

 32541

 9507

 29,2%

 6460

 19,9%

 

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E su coroflot.com:

PROFILI UTENTI ISCRITTI  ITALIA   MILANO  ROMA   Architettura  142  40  13 design management  203  104  12 exhibition design  107  61  12 fashion apparel  199  69  20 industrial design  668  312  41 interior design  320  121  28 point of purchase  14  8  1 3-d modeling  324  136  19 art direction  313  130  29 environmental graphics  73  29  3 Illustration  380  131  39 interaction design  183  80  16 Packaging  92  45  9 Print  265  102  26 motion graphics  95  32  13 

Dai dati si evince un superiorità della città di Milano per quanto riguarda i campi del

fashion, del project management e del disegno industriale. L’unico profilo professionale

maggiormente diffuso a Roma rispetto alla città lombarda, è quello del giornalista.

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Cerchiamo ora di definire il rapporto tra il mercato del lavoro delle due città basandoci

sulle offerte d’impiego pubblicate dalle aziende e dalle agenzie nell’ultimo anno sul sito

lavoricreativi.it :

 ANNUNCI AGENZIE  TOTALE MILANO  ROMA   ART DIRECTOR junior  62  34  5  ART DIRECTOR senior  46  15  7  ACCOUNT MANAGER   251  70  52  ACCOUNT DIRECTOR   50  6  12 COPYWRITER junior  29  4  4 COPYWRITER senior  26  9  12 DIREZIONE CREATIVA   5  2  2 EVENTI  64  17  17 FASHION DESIGN  25  7  6 FLASH DEVELOPER   73  29  12 FOTOGRAFI  144  41  20 GIORNALISTI  128  24  41 GRAFICO  298  91  49 ILLUSTRATORI  22  3  5 INDUSTRIAL DESIGN  16  8  1 INTERIOR DESIGN  18  6  1 MEDIA PLANNING  5  1  3 PACKAGING  12  9  0 PRODUZIONE VIDEO E AUDIO  219  75  64 PRODUZIONE E PRESTAMPA   20  9  6 PROJECT MANAGEMENT  25  16  1 PUBLIC RELATIONS  38  16  9 SPETTACOLO  154  52  56 STRATEGIC PLANNING  6  3  1 SVILUPPATORI HTML/ASP/PHP  284  107  71 

 WEB DESIGNER junior  157  78  18  WEB DESIGNER senior  129  48  21  WEB EDITOR   36  15  14  WEB MARKETING  91  29  20 

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3D  54  32  6  ALTRO  263  96  81 STAGE  243  106  77 TOTALE  2993  1058  694 

*dati raccolti ad aprile 2010

 Anche in questo caso Milano si contraddistingue per una maggiore dinamicità ed ampiezza

dell’offerta lavorativa.

Il ruolo da protagonista di questa città è sottolineato anche da Santagata quando accenna

al metadistretto del design lombardo indicandolo come la realtà più importante a livello

nazionale con oltre 46.000 addetti ed un fatturato annuo di circa 250 milioni di euro.In conclusione, per quanto la fondatezza della metodologia usata da Tinagli sia stata

provata in precedenti studi a livello mondiale e per quanto sia utile in generale per

comprendere le direzioni di sviluppo che ogni città dovrebbe intraprendere per una

crescita equilibrata del suo comparto creativo, tale tipologia di ricerca potrebbe non essere

perfettamente applicabile alla realtà italiana.

 2.3   Il sistema creativo milanese

Facendo riferimento al settore creativo tradizionale cerchiamo di definire l’importanza, in

termini di occupazione, che ogni sottocategoria ha per la città di Milano.

Le fonti utilizzate per determinare i valori medi sono:

-  Una ricerca statistica ad hoc eseguita sul database del sito lavoricreativi.it, il portale

italiano più importante per quanti riguarda il mercato del lavori creativi.

Nella ricerca sono stati utilizzati due diversi tipi di filtri: il primo riguarda i profili

degli utenti iscritti al sito (era quindi prevista la risposta multipla) mentre il secondo

riguarda gli annunci lavorativi delle aziende nell’arco del 2009; l’ambito geografico

è Milano e provincia.

-  La ricerca Tribù creative nella città infinita finanziata dalla camera di commercio e

curata dal consorzio A.A.STER, focalizzata sulla città di Milano e provincia e

pubblicata a fine 2009.

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La ricerca si basava su questionari online veicolati a due bacini sociali diversi anche

se sovrapponibili: il primo è quello delle community internet dei servizi culturali e

della comunicazione, il secondo è quello degli iscritti alla newsletter della Triennale.

Tabella 1 – profili registrati al sito per sottocategoria

lavori creativi.it profili registrati

unità %

 Arte 884 12,4

comunicazione 1703 24,0

 Design 1499 21,1

 Editoria 798 11,2

eventi locali 659 9,3

 Fotografia 513 7,2

 Audiovisivo 673 9,5

 Moda 188 2,6

 Software 185 2,6

TOTALE  7102

Tabella 2 – annunci di lavoro pubblicati sul sito per sottocategoria

lavori creativi.it annunci

lavoro %

 Arte 55 7,3

comunicazione 197 26,1

 Design 194 25,7 Editoria 33 4,4

eventi locali 17 2,3

 Fotografia 41 5,4

 Audiovisivo 75 9,9

 Moda 7 0,9

 Software 136 18,0

TOTALE  755

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Tabella 3 – profili del primo bacino d’utenza per sottocategoria

Tribù creative nella città infinita

 

Internet %

 Arte 7,4

Comunicazione 28,6

 Design 24,8

 Editoria 5,4

 Eventi locali n.d

 Fotografia 6,7

 Audiovisivo 7,1

 Moda 4,5

 Software 3,8

Tabella 4 – profili del secondo bacino d’utenza per sottocategoria

Tribù creative nella città infinita

 

Triennale %

 Arte 21,8

Comunicazione 25,5

 Design 21,8

 Editoria 16,4

 Eventi locali n.d Fotografia 5,5

 Audiovisivo 5,4

 Moda 3,6

 Software n.d.

Tabella 5 – valori medi 

 MEDIA % 

  Arte ~ 10comunicazione ~ 25 

  Design ~ 23

  Editoria ~ 9

eventi locali ~ 10

  Fotografia ~ 6

  Audiovisivo ~ 8

  Moda ~ 3

  Software ~ 4

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Le modalità con le quali le ricerche hanno suddiviso la forza lavoro nei diversi settori

creativi non sono identiche e per questo motivo i dati differiscono tra loro.

Tuttavia si può notare che lo scarto tra i risultati delle quattro ricerche generalmente non

supera i 3 punti percentuali ed i casi di eccessiva discordanza sono motivati da situazioni

particolari.

 Ad esempio sia il settore Arte che quello Editoria sono risultati estremamente favoriti nella

tabella 4, probabilmente perché la Triennale è molto attiva in questi due campi e tende ad

attrarre i professionisti.

Nel caso del settore “Software” invece, l’altissimo dato riscontrato nella tabella 2 è dovuto

al grande aumento della domanda da parte delle aziende di questo tipo di professionisti,

domanda che però il mercato del lavoro non sembra saper soddisfare.

Infine è importante notare che il valore medio della categoria “Eventi” è basato solamente

sulla tabella 1 e 2 dato che la 3 e la 4 non la prendono in considerazione e che la categoria

“Architettura” è stata tolta per mancanza di dati.

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3.  OSSERVAZIONI

La già citata ricerca specifica sulla creatività milanese “Tribù creative nella città infinita”

del consorzio A.A.STER che è stata condotta lungo tutto il 2009 mostra come il settorecreativo abbia reagito alla crisi economica. Questa ricerca individua innanzitutto tre

importanti trasformazioni che coinvolgono il settore: la fusione, la ristrutturazione e la

ricomposizione.

La  fusione sta facendo sì che i differenti campi creativi (fotografia, design, grafica,…) si

assemblino in una sorta di nebulosa senza confini ben precisi e che le rispettive

professionalità si dotino di competenze non direttamente riconducibili al settore di

appartenenza, tendenza per altro confermata anche dalle nostre interviste. La

ristrutturazione è il ricambio generazionale forzato dalle nuove tecnologie e dalle nuove

competenze richieste dal mercato che i professionisti più maturi faticano ad assimilare. La

ricomposizione è il termine usato per indicare il cambiamento prossimo dell’etica e dei

  valori con i quali i nuovi creativi approcceranno o stanno iniziando ad approcciare la

propria professione.

Oltre a ciò emergono altri tre punti importanti:

-  La mancanza di un organismo che rappresenti i lavoratori creativi, che li tuteli e che

garantisca una buona mediazione con gli altri attori del sistema. I grandi attori di

questo sistema faticano spesso a coordinarsi nelle loro azioni e l’assenza di un vero

albo dei professionisti, sebbene offra maggiore libertà, crea dei problemi nella

definizione dei prezzi dei servizi forniti.

-  Il fatto che con la crisi la definizione dei ruoli stia venendo meno anche al di fuori

del settore creativo per cui c’è stato un’incrinatura dei processi consolidati. Ilrisultato è che il sistema ora è molto più permeabile ed i professionisti creativi

possono dialogare con attori ed entrare in network a cui prima non avevano

direttamente accesso.

-   A conferma di ciò che sostengono Rifkin e Pasquinelli, si denuncia la mancanza di

una dimensione comunitaria, di rapporti sociali e di una produzione culturale

pubblica e libera, che non siano immediatamente finalizzati alla valorizzazione a  breve termine e quindi alla mercificazione e la mancanza di spazi gratuiti (o

perlomeno calmierati) dove aggregarsi e generare cultura.

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TENDENZE IN ATTO

 5.1   Iperspecializzazione e multicompetenza

Dalle interviste effettuate emergono all’interno del settore creativo due principalitendenze: l’iperspecializzazione e la multicompetenza.

Queste linee direttive stanno modificando i profili professionali e i percorsi formativi,

come si può intuire dai numerosi corsi offerti dalle università e caratterizzati da una

sempre crescente iperspecializzazione.

L’alto livello di specializzazione è infatti riscontrabile in numerosi master e corsi di laurea

magistrale; a titolo di esempio il consorzio POLI.design che si occupa della formazionepost laurea del Politecnico di Milano, organizza annualmente un corso in retail design

nell’ambito del cibo, focalizzato sulla progettazione di un locale pizzeria, un secondo corso

 verte invece sulla progettazione di panetterie e gelaterie. Ecco cosa si può leggere sul sito

 web: “POLI.design-Consorzio del Politecnico di Milano ha istituito il primo ed unico corso

in Europa di Alta Formazione in "Food Experience Design- Panetteria, Pasticceria & 

Gelateria", la specializzazione per progettisti e designer che intendono dedicarsi 

all’ideazione dei nuovi spazi per il retail alimentare, in sintonia con l’evoluzione del 

mercato e dei linguaggi estetici.” 

Sembrerebbe insomma che la specializzazione non sia più relativa solo alle persone da

formare ma sia un requisito che le stesse strutture di formazione cercano di avere,

ritagliandosi delle nicchie di settore ancora inesplorate dal resto del “mercato”.

La specializzazione è d’altra parte una tendenza che persiste da diversi anni: si pensi alla

segmentazione del target da parte delle imprese, fino a raggiungere quella che è definita

mass customization, o alla facoltà del Design dello stesso Politecnico che alla fine degli

anni ‘90 si è strutturata secondo i corsi di design del prodotto, dell’arredo, della

comunicazione e della moda, o ancora ai diversi tipi di ingegneria introdotti nelle

università con il nuovo ordinamento.

Secondo Alessandro Guerriero, presidente e direttore artistico di NABA  “alla necessità o

alla voglia di nuove professioni, una richiesta che viene dal mondo aziendale o in

generale dall’esterno, c’è una specie di rispondenza da parte del sistema formativo, in che

modo? Con dei corsi estremamente specializzati e specifici. 

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 Per esempio basta vedere i titoli che hanno certi master …… c’è il master per “la parte di 

dietro dello yacht”… questo cosa vuol dire? Che c’è una parcellizzazione con grado di 

apertura bassissimo, di professioni già esistenti. Come dice il professor Andrea Branzi,…

non è possibile inventare delle professioni, si può solo specializzarle, ovvero andare ad 

operare all’interno di ‘microcosmi’.” 

La ragione principale di questo trend, oltre che nella moltiplicazione dei mercati e dei

settori, sta nel fatto che con l’evoluzione tecnica e tecnologica di molte discipline, il

  bagaglio di conoscenze necessaria alla loro padronanza è notevolmente aumentata,

richiedendo così a studenti e neo-professionisti di concentrarsi e focalizzarsi su specifici

argomenti, a discapito di una visione “d’insieme”.

Questo tipo di formazione, negli anni passati, andava incontro alle necessità del mercato

del lavoro che, soprattutto nelle grandi aziende, richiedeva dei professionisti con

competenze specifiche e standardizzate in modo da permettere il loro inserimento con

maggior facilità.

Non completamente in linea è il discorso nel campo della moda. Spiega Paola Arosio della

Camera Nazionale della Moda: “le università milanesi lavorano bene con i loro corsi:

 Politecnico, Cattolica, Bocconi si sono anche associate per creare un master in Fashion

 Project Management.” Mancano però molte di quelle figure indispensabili per il settore

moda che vanno oltre lo stilista: “Milano, a differenza di New York, di Parigi e di

altri Paesi in questo momento è molto debole sul versante della formazione

di queste figure” .

Nel nuovo contesto della rivoluzione creativa queste competenze standard non sono però

più sufficienti e vanno integrate con delle conoscenze trasversali; è necessario maturareuna capacità di multicompetenza.

 A differenza di quanto si potrebbe credere, le due tendenze in atto, superspecializzazione 

e multicompetenza non sono in contrapposizione ma agiscono insieme: l’ elemento di

multidisciplinarietà si forma in modo parallelo alla specializzazione ed è costituito spesso

dagli interessi e dalle passioni, spesso approfondite autonomamente al di fuori della

formazione accademica, che “i creativi” sviluppano in modo personale.

Esemplificativo in questo senso è ciò che Liliana Forina, fondatrice di Cross Creative, una

società che applica la creatività cross mediale ai vari tipi oggetti comunicativi,

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dall’intrattenimento alla pubblicità al marketing territoriale dice: “ La nostra web agency è

composta di 5 ragazzi, dei quali, quello che scrive i codici dei siti, è un laureato in filosofia

con la passione per il digitale ed è in grado di fare ottimi mash up tra risorse digitali.

 Molto spesso capita invece che gli informatici “puri” non siano in grado di concepire dal 

 punto di vista comunicativo (e non della tenica) queste architetture web evolute”. 

In pratica un profilo professionale standard risulta ormai poco flessibile e poco

interessante e come fa notare ancora Liliana Forina: “il grafico che esce da Brera

magari sa anche fare bene l’illustratore, ma ora come ora se non sa usare anche gli 

strumenti web e le tecnologie come il motion picture...” . “ L’account d’altra parte spesso

adesso lo fa l’amministratore delegato – specie nelle piccole realtà dinamiche – , una

  figura che è in grado di vendere un progetto complesso, comunicarlo al cliente,

modificarlo se è il caso e suddividere i lavori lungo la filiera”.

Come veicolare la comunicazione con nuovi strumenti lo suggerisce ad esempio Maria

Grazia Mattei di MGM Digital Communication. C’è una nuova figura quanto mai

necessaria ma ancora difficile da trovare, il buzz manager, ovvero un professionista che: 

“ abbia le capacità tecniche per gestire in modo adeguato i social media ed allo stesso

tempo sia in grado di mettere in atto, di orchestrare, un’efficace strategia adatta a questi 

media. Il buzz manager deve avere la testa nel nuovo, orientata al futuro, deve avere un

impianto classico, avere cultura e conoscere la società, conoscere i mezzi e gli 

strumenti con cui operare, avere una sensibilità ‘sperimentale’, saper provare e agire in

senso pratico, creare rumore, creare attenzione.   E’ più una figura da nuova

generazione, da chi ha metabolizzato in modo completo le nuove tecnologie, da nativi 

digitali insomma. Non è solo un tecnico in grado di usare e maneggiare i new media e

non è nemmeno chi pianifica a tavolino le campagne di comunicazione: con la rete non si 

  può solo pianificare, i ritmi ed i cambiamenti sono troppo rapidi per seguire un programma, per così dire, teorico”. 

E’ in atto in un certo senso una   fusione di ruoli , per cui non vi è più chi pianifica e chi

mette in atto ma spesso un unico ruolo, una sola persona che deve conoscere sia degli

aspetti teorici, che avere le competenze pratiche, in modo da poter orchestrare al massimo

tutti gli strumenti e che possa reagire in modo rapido ed efficace ai cambiamenti del web.

Nel campo della moda una figura emersa negli ultimi anni è quella dal cacciatore di

tendenze che, secondo Paola Arosio è “una persona che cerca di capire come si muovono

i consumatori, come si muove la società, come si muovono i giovani, ossia si tratta di 

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 persone che vanno in giro per il mondo, lo osservano con un approccio sociologico che

 poi viene trasformato in tendenza”.

Dice ancora Guerriero: “Riguardo alle professioni, è come se esistessero 2 mondi: 

-  le tecniche e didattiche predominanti, canonico, atteggiamento positivo e

appartiene alla maggioranza. Ha le sue professioni. 

-  le avanguardie rivoluzionarie e di minoranza che affrontano un progetto

in modo apocalittico e distruttivo, acido e nervoso, programmaticamente

antagonista, si sviluppa secondo un metodo polemico. E’ sostanzialmente un

 progetto di opposizione.”  

In effetti i casi in cui uno studente può scegliere le materie ed i corsi da seguire in modo

libero e secondo i propri interessi sono decisamente rari nel sistema italiano, la stragrande

maggioranza dei percorsi formativi sono per così dire obbligati e lasciano poco spazio per

sviluppare interessi trasversali.

  Ad esempio  Stefania Casacci , giovane designer dello studio   Le Dissociate insieme a tre

colleghe del Politecnico di Milano e che ha creato nel 2006 il marchio   Sartoria Vico (a

metà strada tra moda e design), lamenta la mancanza, all’interno della facoltà del design,

di alcuni corsi (marketing aziendale e sui processi di distribuzione dei prodotti, nello

specifico). Una volta uscite dall’università con l’idea di creare una propria attività, lequattro giovani imprenditrici hanno dovuto prodigarsi per acquisire queste competenze in

modo autonomo e ognuna si è specializzata in un campo: distribuzione, comunicazione e

ufficio stampa, comunicazione e grafica, produzione. Solo la progettazione è rimasta

competenza collettiva.

E’ chiaro che non tutti gli studenti di design vorranno creare una propria attività ed

avranno quindi bisogno di simili competenze, ma non dare a nessuno la possibilità di

svilupparle può, com’è infatti successo, rendere incompleto il percorso di formazione.La soluzioni sarebbero da una parte aumentare la flessibilità e permettere una maggiore

personalizzazione della carriera scolastica e dall’altra rendere più multidisciplinare la

formazione alla base, introducendo quindi lo studente a diverse tematiche e dandogli poi la

possibilità di approfondirle in modo autonomo.

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 5.2  Creativi imprenditori e creativi “artigiani” 

Il problema sollevato da Stefania Casacci sulla mancata offerta, da parte dell’università di

competenze imprenditoriali quali i processi di vendita, marketing e distribuzione, fa

parte di una più ampia criticità che pone gli studenti italiani pericolosamente distanti dallacultura d’impresa.

In Italia la creazione di start-up è a livelli inferiori rispetto al resto d’Europa e decisamente

non paragonabili ad altri contesti fortemente innovativi (Stati Uniti in testa); i motivi

ovviamente sono molteplici (scarsi finanziamenti, basso turnover generazionale, etc…) ma

anche il fatto che chi esce dall’università (specie se orientata alla creatività) non

sia in grado ad esempio di creare un business plan da presentare a dei potenziali

investitori, di certo non aiuta.

D’altra parte la volontà stessa di creare una start up deve essere incentivata e

coltivata all’interno delle università, deve essere comunicata come

un’alternativa possibile o addirittura conveniente al lavoro dipendente:

tradurre un’idea creativa in un’idea di business e quindi in un’impresa rappresenta spesso

una scelta vincente anche per il creativo stesso, con ricadute positive sull’occupazione,

sulla competitività e sull’economia in generale del Sistema Paese.

Fa però notare Alessandro Guerriero: “ …allora chi è che ha il coraggio di dire “senti, tu ti 

iscrivi qua, fai tre anni, ma nessuno ti garantisce di andare a lavorare, anche se sei 

bravissimo” nessuno glielo dice…c’è una specie di ambiguità di fondo che a me… non mi 

riguarda, io dico quello che penso… “all'interno di un nuovo progetto ho proposto di 

abbandonare l'idea di fare un oggetto uguale per tutti...possiamo pensare, alla rovescia,

di fare un oggetto diverso per ciascuno perché questo ci obbliga all'apprendimento di 

materie laterali al design quali la psicologia, l'antropologia...ricominciare a lavorare sul 

corpo. Credo bisogna orientarsi anche sulla decrescita.  Ad una classe di fashion ho detto:

 perché non vi mettete insieme, bisogna affrontare il progetto sia come gruppo che

come singole persone: se prendete un ufficio assieme, potete dividervi i compiti avviare

uno studio immediatamente.  Ma questi non sembrano essere problemi che li attraggono:

gli studenti hanno un'immagine precisa di se stessi: diventare Armani, Dolce e

Gabbana…”. 

L’ auto-organizzazione, intesa come formazione di piccoli gruppi di lavoro ed in

generale il puntare a diventare libero professionista rappresenta quindi in questomomento una necessità esterna più che una tendenza.

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Si parla di necessità perché, come confermano gran parte degli intervistati, è ancora molto

alto il numero di studenti convinti di uscire dall’università e di inserirsi nel mondo

attraverso rapporti di lavoro di tipo dipendente quasi idealizzati (e riconducibili ad una

 visione di modello sociale ed economico legato al passato che sta mutando anche in Italia),

come può essere il grafico o il designer d’arredo all’interno di un’azienda già avviata e

consolidata. Un’idea in contrasto con lo scenario attuale: l’aumento del numero dei

laureati, che giustamente aspirano ad un lavoro in qualche modo adeguato alle competenze

maturate, e la cattiva congiuntura finanziaria non favoriscono le assunzioni a tempo

indeterminato ma bensì stage retribuiti (all’inizio), contratti a progetto e di collaborazione

(strumento di regolamentazione di un rapporto di lavoro spesso utilizzato in maniera

distorta).

Un’altra critica mossa dagli intervistati alla formazione, specie universitaria, in ambito

creativo, è la carenza di “manualità” (intesa anche come “manualità digitale” e,

in senso più allargato, di capacità tecniche), in rapporto con la componente teorica.

Infatti per quanto venga riconosciuta fondamentale una preparazione a livello teorico, è

opinione comune che, nonostante l’impegno profuso, il mondo universitario (e degli

universitari) sia ancora troppo distante dalle imprese e dalle loro necessità in termini

occupazionali.Sempre nel campo della moda, Paola Arosio aggiunge che “ il sistema di formazione per i 

giovani è complesso…. Per la produzione non è sufficiente un tecnico qualsiasi di 

 produzione, ne un controllore di produzione, c’è bisogno di figure preparate che sappiano

come trattare, come tagliare un determinato tessuto e non credo che a tutt’oggi ci siano

corsi specifici su questi temi”…..”Ci sono figure diverse dallo stilista che sono molto

ricercate nel settorema non molto conosciute: bisogna comunicare meglio l’immagine di 

queste figure, creare nei giovani l’interesse verso altre figure professionali che possonooffrire sbocchi lavorativi interessanti.”  (A riguardo si veda l’elenco proposto nel

paragrafo 6.12 a pag.73)

L’architetto  Franco Origoni dello  Studio Origoni & Steiner in questo senso parla proprio

di una mancanza di formazione professionale, lacuna aggravata dal fatto che tutto ciò che

ruota attorno al design sta passando da uno spirito puramente industriale nel quale il

progetto viene fatto in modo virtuale e poi mandato in fabbrica per essere concretizzato, ad

uno spirito più di ‘bottega’ dove il sapere lavorare con le mani diventa una competenza

fondamentale. Oltre a ciò sottolinea come: “  Nel passaggio dal mondo universitario a

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quello lavorativo la tesi – se approcciata nel modo giusto – può rappresentare un

 prodotto spendibile e rappresentativo”.

  PRM design, un’azienda che occupa una decina di professionisti specializzata in

prototipazione di prodotti, lamenta come difficoltà principale di questi ultimi anni quella

di trovare persone preparate che vogliano intraprendere una crescita professionale nel

settore della modellistica, un lavoro che richiede molta “manualità” specializzata oltre che

una profonda conoscenza degli strumenti tecnologici.

  Aldo Colonetti , direttore scientifico dello IED, quando parla di una mancanza di

professionalità tecniche pone più l’accento su un altro concetto: “…io credo che una

competenza che debba avere un creativo è quella di una cultura aziendale , cioè quella

di una cultura industriale, ma non nel senso di appiattirsi ad essa, nel senso di avere un

rapporto con la produzione non soltanto di carattere strumentale ma di carattere

conoscitivo: processo, tecnologie, commerciale… molti progettisti anche non giovanissimi 

mantengono un rapporto con l’industria inteso come luogo dove produrre invece di luogo

di conoscenza… 

… questo lo vedo in senso problematico in tante generazioni.. la nostra generazione ha

comunque una cognizione diretta o indiretta di una cultura industriale: la formazione

 filosofica, storica , culturale, metteva al centro la fabbrica e la produzione; magari anche

come oggetto di analisi critica o politica… questo mi ha portato ad avere un rapporto nei 

riguardi della cultura industriale diversa da quella che hanno molti giovani progettisti 

che vedono la produzione come se fosse altro, come se fosse un luogo dove è necessario

cadere ma poi uscire e poi rientrare solo perché alla fine bisogna comunque lavorare… e

questo credo sia un atteggiamento negativo. Più che una tendenza questa è una necessità

etica e culturale e conoscitiva. In Italia, e parlo di qualcosa di attuale, c’è sempre piùuna richiesta di saperi tecnici e artigianali”.

L’ importanza dei saperi tecnici introduce un altro tema affrontato nel corso delle

interviste, quello della formazione esterna agli atenei universitari: corsi

professionalizzanti, corsi di specializzazione su software specifici, corsi di

programmazione. Fa notare   Liliana Forina, amministratrice unica dell’agenzia di 

comunicazione creativa Cross Creative, che: “ il comune di Milano fa dei corsi, la regione

corsi di 20, 40, 60 ore nell’ambito delle nuove tecnologie anche con costi bassissimi, senza

ricorrere ad istituti o università di livello accademico.”. “ci sono degli strumenti per i 

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quali basta informarsi, andare nei centri… manca però una buona comunicazione,

  perché ci sono corsi di 20 ore che costano 80 euro specializzati in web design,

  Photoshop… anche se faccio un qualsiasi altro lavoro, vado e comincio, da zero, ad 

appropriarmi di strumenti… poi non è che occorra essere tutti artisti; la creatività è

anche uno strumento che può essere declinato a tanti livelli…anche solo per fare

volantini, brochure di qualità, per gente del tuo paese, magari per chi vive fuori città…”  

“… Non dobbiamo vedere i mestieri della creatività solo come mestieri di fascia alta…

anche dal basso possono uscire profili creativi”. 

In effetti esistono casi di “autoformazione”: come sottolineano Giorgio Papetti di 

 JingleBell , uno studio di 16 persone che opera nel settore dei videogiochi e degli

applicativi online e dove l’evoluzione dell’azienda ha seguito l’evoluzione dei media e molta

della formazione è avvenuta all’interno dell’azienda: ”il personale interno è spesso

laureato ma non sempre il titolo di studio riguarda il settore in cui sta lavorando, inoltre

ci sono molti casi di completa autoformazione”.

  A conferma quindi che i profili professionali nell’ambito della creatività non sono da

ricercare solamente attraverso le istituzioni di formazione consolidate.

 Aldo Colonetti è di questo parere e cita, tra l’altro, il modello d’istruzione tedesco nel qualele due differenti tipologie di percorsi formativi (tecnico e teorico), quello

professionalizzante e quello universitario, non sono gerarchizzate come qui in Italia ma si

completano in modo equilibrato riconoscendo la propria interdipendenza.

In conclusione il grande cambiamento a cui la società è sottoposta, fa sì che oggigiorno,

specie nei settori fortemente interessati dalla creatività, non esistano più figure

professionale completamente differenti, scollegate e strettamente gerarchizzate; la rapidaevoluzione tecnologica e sociale vede nascere nuovi mercati, nuovi settori e quindi nuove

opportunità, chiudendone al contempo altre. I professionisti che riusciranno ad avere

successo in questo panorama saranno quelli più flessibili e versatili, quelli sì specializzati,

ma con con un bagaglio di competenze trasversali molto ampie, non necessariamente

ottenute attraverso canali convenzionali.

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INTERVISTE QUALITATIVE SEMISTRUTTURATE

6.1   Aldo Colonetti (Direttore scientifico IED)

 Aldo Colonetti, filosofo, storico e teorico dell’arte, del design e dell’architettura ha studiato

con Gillo Dorfles e Enzo Paci. Dal 1998 è Direttore Scientifico IED e dal 1991 è Direttore

della rivista Ottagono. Ha fatto parte del Comitato Scientifico della Triennale di Milano dal

2002 al 2006. Autore di saggi, curatore di mostre ed iniziative culturali, in Italia e

all’estero. Da alcuni anni collabora con Il Corriere della Sera, per cui scrive di design e

architettura. Dal 2009 fa parte del Consiglio Italiano del Design, sotto l’egida dei Ministeri

dei Beni Culturali, degli Esteri e delle Attività Produttive. Dal maggio 2009 fa parte del

Consiglio di Amministrazione del CLAC – Centro Legno e Arredo Cantù.

 Sui profili professionali e le tendenze generali della creatività

“Non si parla di profili ma di necessità conoscitive: un creativo, a breve o medio termine,

non può fare a meno di alcune competenze”

“Credo che una competenza che debba avere un creativo è quella di una culturaaziendale, cioè quella di una cultura industriale, ma non nel senso di appiattirsi ad essa,

nel senso di avere un rapporto con la produzione non soltanto di carattere

strumentale ma di carattere conoscitivo: processi, tecnologie, commerciale,…

proprio la cultura… molti progettisti mantengono oggi un rapporto con l’industria inteso

come luogo dove produrre invece di luogo di conoscenza… è un tema del Paese questo…

questo Paese è sempre stato carente da questo punto di vista, si guardi al modello di

Olivetti o altri che intendeva pur criticamente guardare e relazionarsi con la cultura nonsoltanto come occasione per fare delle cose ma anche per la conoscenza stessa… questo lo

  vedo in senso problematico in tante generazioni… la nostra generazione forse ha

comunque una cognizione diretta o indiretta di una cultura industriale: la formazione

filosofica, storica , culturale, metteva al centro la fabbrica e la produzione; magari anche

come oggetto di analisi critica o politica, ma non è nessun tipo di nostalgia ma è… la

conoscenza… nel caso mio più indiretta che diretta, ma questa ha portato ad avere un

rapporto nei riguardi della cultura industriale diversa da quella che hanno molti giovani

progettisti che la considerano come se fosse altro, come se fosse un luogo dove è necessario

cadere, per poi uscire e rientrare di volta in volta (perché alla fine bisogna comunque

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lavorare). Questo credo sia un atteggiamento negativo: più che una tendenza questa è

l’avvertire una necessità etica, culturale e conoscitiva.

Questo non significa che bisogna andare a lavorare in fabbrica, ma sapere che la

produzione è un luogo d’investimento, di capitale costante e variabile, ora il capitale

 variabile, cioè il creativo, è fondamentale più di quello costante.

Però ci sono settori produttivi, come la ceramica dove gli investimenti nel capitale costante

è molto rilevante. Tutto questo deve essere preso come fonte informativa: lavorare con la

ceramica è diverso che lavorare con il legno in Brianza; è diverso teoricamente ma è

diverso anche perché la composizione economica è differente, i tempi, la possibilità di

cambiare il processo, … nel settore della ceramica italiana cambiare il processo significa

cambiare i sistemi di produzione: noi siamo leader per sistemi di produzione e tutte le

nostre aziende sono debitrici nei riguardi di questo sistema.

Quindi fare una piastrella in modo diverso, è una scelta non creativa ma una scelta di un

processo che richiede una conoscenza di quell’ambito industriale specifico che richiede poi

di individuare un nuovo percorso.

Oppure l’automobile. Ci sono degli elementi che i nuovi creativi non possono non

conoscere. E questo è molto importante, più della sostenibilità perché la sostenibilità è

data dai processi industriali , non è al di fuori di essi.

In Italia, cosa molto attuale di questi giorni, c’è sempre più una richiesta di saperi

tecnici ed anche artigianali. E non è vero che un ebanista sia meno creativo di product

designer.

E’ necessario fare in modo che i creativi non siano una classe a sé: la creatività dei creativi

da sola non potrà mai generare sviluppo economico ma deve relazionarsi con laproduzione. Allora bisogna mettere assieme i saperi, bisogna che la figura del creativo

intercetti a livello conoscitivo, a livello anche di percorsi paralleli , alcuni ambiti tecnici

precisi ritenuti fondamentali per gli ambiti produttivi di riferimento. Poi bisogna declinare

questo per tutti settori specifici, non solo il legno, il ferro,… insomma qui è il mestiere in

sostanza.

Io non amo molto queste teorie di Florida, è una teoria che ha avuto successo in Italia per

l’ignoranza e la miopia italiana. Quell’analisi veniva da altri mondi… tanto è vero che

usando quel tipo di analisi qualche tempo fa è uscita una strana classifica della creatività….

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Però così usiamo un modello che è scisso da tutti questi elementi. Era un modello

accademico, come dire interessante ma non conteneva spessore conoscitivo vero. Tant’è

  vero che una delle polemiche positive in questo ambito fu quella di Bonomi che in un

convegno diceva che oltre alle 3 T ci metterei una quarta che è tipicamente

italiana, che è Territorio, Territorialità, in questa parola ci ritrovi un po’ tutto quello

che dicevamo… saperi verticali… la specificità del tessuto produttivo italiano. Perché se tu

applichi in modo astratto è chiaro che risultiamo un paese disorganizzato, non strutturato

ecc..

Perché Milano ha un ruolo centrale… non è tanto Milano in se, è il contesto e contorno

della città che la rende unica al mondo. Milano è una grande portaerei dove la gente

arriva, passa e poi decolla ed intanto la portaerei non è ferma, va e va a

seconda di come tira il vento. Però questa portaerei non è uno strumento di conflitto

ma di tolleranza… la città è così… e dentro la portaerei c’è la conoscenza che porta poi in

giro…

La formazione è sempre stata per alcuni versi molto astratta, di accademia. Poi anche il

Politecnico, che conosco bene, recentemente ha cercato di cambiare rotta… devo dire che,

per formare un progettista o designer sono sufficienti 3 anni, pero’ se sono 3 anni

profondamente professionalizzanti e su una persona che abbia già una qualche culturadentro… 5 anni sono tanti.. perché 5 anni dovrebbe essere invece un processo completo,

dove gli altri 2 dovrebbero essere 2 anni soprattutto di immersione nella cultura aziendale.

Il modello che cito è quello tedesco, dove la formazione professionale è affidata alle regioni

e lì la formazione professionale non è subordinata o inferiore a quella universitaria, c’è una

compenetrazione. Anche in Francia c’è ad esempio una scuola di modellisti che è

straordinaria e gli architetti vanno lì a reclutare i propri modellisti… in Italia questo

manca.”

6.2   Alessandro Guerriero (Presidente e direttore artistico di NABA)

  Alessandro Guerriero nasce a Milano, dove vive e lavora, il 29 gennaio 1943. Nel 1976

fonda Alchimia, uno dei gruppi più vitali nell’evoluzione del design italiano di post-

avanguardia. Nel 1982 gli è stato assegnato il “Compasso d’oro”. Ha pubblicato vari libri

tra cui Elogio del Banale, Progetto Infelice, Disegni Alchimia. Le opere di Alchimia sitrovano al Museo d’Arte Moderna di Kyoto, al Twentieth Century Design Collection e al

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Metropolitan Museum di New York. Ha firmato alcuni progetti d’architettura: Casa della

Felicità per la Famiglia Alessi; la Torre Civica di Gibellina; il Museo d’Arte della Città di

Groningen in Olanda. Ha editato Ollo, rivista senza messaggio. Nel 1995 fa nascere, con

  Alberto Biagetti, Futurarium, laboratorio didattico dove il progetto ruota attorno alla

dissolvenza delle discipline.

Oggi è Presidente e Direttore Artistico di NABA (Nuova Accademia di Belle Arti) a Milano.

 Sui profili professionali e le tendenze generali della creatività

“Non si tratta tanto di nuovi lavori creativi, quanto di   vecchi lavori con nuove

professionalità. Nel mondo aziendale o in generale all’esterno degli atenei, si sente la

necessità o la voglia di nuove professioni.

Gli istituti stanno rispondendo a questa richiesta creando dei corsi estremamente

specializzati e specifichi; come sostiene anche Branzi, non è possibile inventare delle

professioni, si può solo specializzarle ovvero andare ad operare all’interno dei

“microcosmi”.”

Un esempio può essere quello della professione di parrucchiere:

“Al di là della specializzazione il parrucchiere è sempre un parrucchiere, cambia il modo incui lo fa: c’è la musica, il dj, l’happy hour,… c’è tutta una serie di mondi che gli girano

intorno e lo complementano (microcosmo) per cui quel parrucchiere non sembra più

essere un parrucchiere, anzi, probabilmente per assurdo non ha nemmeno studiato in una

scuola per parrucchieri… E allora ci sono tante professioni che è possibile fare senza

frequentare una scuola apposita…”

Io personalmente sono per queste professioni e provoco: vuoi fare l’architetto, il designer?

Perfetto, vai a studiare biologia. Abbiamo bisogno di ragionare alla rovescia”.

“Il sistema formativo attuale non funziona: ci sono troppi laureati che si aspettano di

trovare il lavoro per quello che hanno studiato, quando entrano all’università nessuno ha il

coraggio di dirgli che il poi il posto non è assicurato.

Prima soluzione per chi esce dall’università è mettersi assieme in piccoli gruppi.”

Esempi di nuovi lavori creativi:

-  “Ivan che inizia “scrivendo sui muri” e poi c’è l’azienda Forst che gli commissiona un

lavoro per 5000 euro”;

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-  “Un’azienda di birra che produce e vende una birra per cui ad ogni vendita

corrisponde una bottiglia d’acqua in Africa”

“Io tengo un corso in cui dico, basta fare un oggetto uguale per tutti nel mondo, facciamone

uno diverso per ciascuno. Abituiamo le persone a pensare in questo modo. In senso più

artigianale, orientamento alla decrescita.”;

“Ad una classe di fashion ho detto: perché non vi mettete insieme, sapete che voi se

prendete un ufficio assieme, vi dividete i compiti, ecc.. avete immediatamente uno studio

 bello che pronto e che se andate a proporvi trovate lavoro? Ma nessuno sa niente di queste

cose qua: loro entrano e vogliono disegnare Armani, Dolce e Gabbana.

Bisogna puntare di più sulla libera professione, e per questo si deve avere una

formazione a tutto tondo, ci si deve occupare di diversi aspetti; d’altra parte in questo

modo non è si è più in una grande azienda in cui ogni reparto pensa ad una sola cosa.”

6.3   Franco Origoni (Studio Origoni e Steiner)

Franco Origoni, architetto, lavora con Anna Steiner nel campo editoriale e degli

allestimenti. Autore di articoli, saggi e libri, ha collaborato con il Sole 24 ore, inserto

cultura. Ha curato numerose mostre storiche di grafica e monografie di architetti e grafici

italiani, in Italia e all’estero. Collabora con numerose aziende per gli allestimenti. Membro

del Comitato Scientifico della Galleria del Design e dell’arredamento di Cantù, curatore

della pubblicazione e della mostra itinerante sulla storia del Compasso d’Oro ADI (56 città

nel mondo dal 1997 ad oggi). Ha curato la mostra della XVIII, XIX, XX edizione del

Compasso d’Oro ADI in Triennale. Curatore di numerose mostre sul design e sulla

produzione italiana in Italia e all’estero. Collabora con Renzo Piano Building Workshop

nella progettazione delle mostre.

 Sui profili professionali e le tendenze generali della creatività

“Questo è momento di svolta per le professioni. Non c’è crisi di lavoro, specie in

Lombardia; c’è crisi dell’economia. Anche gli studi medio piccoli (5-10 lavoratori) hanno

commesse su diversi lavori ma con scarsa remunerazione.Norman Foster è passato da 1100 a 700 persone.”

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“Il settore della comunicazione di un prodotto attraverso gli allestimenti “tira” ancora. La

progettazione e realizzazione di allestimenti una volta erano erano legati ad un percorso

formativo all’interno della Facoltà di Architettura. Oggi la richiesta d’innovazione nel

settore è legata alla progettualità dei rapporti tra le 2 e le 3 dimensioni:

grafica, architettura e multimedia.”

Il progettista di allestimenti deve essere contemporaneamente un esperto in molte

situazioni ed un grande regista capace di tenere insieme professioni diverse.

Il regista è il primo confidente di tutti i professionisti che collaborano alla realizzazione

dello spettacolo, dagli attori agli elettricisti. Da un lato confidente, dall’altro tiranno.

Deve avere capacità di dare risposte complesse e mediare al contempo.”

I progettisti utilizzano tecniche di comunicazione che rispettano gli assunti gradi di libertà

del visitatore, anche per comunicare elementi molto puntuali (l’importanza dell’

“esperienza” e della “partecipazione” del pubblico di una mostra: l’importanza di toccare i

materiali piuttosto che le “sensazioni immediate dei grandi artifici”, che orami abbiamo nei

nostri salotti. Cinema vs Teatro)”

“Le tendenze attuali del settore sono: suono direzionale, immagine proiettata, odoredirezionale. Esistono veri e prori impianto audio “a pioggia”.”

“E’ la cosa che manca oggi: la formazione non ti insegna a fare le cose con le mani;

formazione universitaria oggigiorno non ha un carattere di formazione professionale”

“Nel passaggio dal mondo universitario a quello lavorativo la tesi può però rappresentare

un prodotto spendibile e rappresentativo”

“Si sta tornando all’artigianato e alla logica della finitura artigianale (poltrona Frau, stampi

in carbonio, etc.): è stato reintrodotto il valore della manualità umana nella produzione.

Più che un ritorno all’artigianato vero e proprio è il ritorno alla bottega che mette assime i

concetti del “produrre” e del “fare innovazione”. La bottega dell’artigiano italiano ha

sempre mischiato il produrre qualcosa con il fare innovazione. (La produzione industriale

incontra la finitura artigianale, ndr)

L’innovazione delle piccole aziende familiari brianzole è stata guidata dal gusto della sfida

nel trovare soluzioni non considerate possibili dagli altri imprenditori che si incontravano

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al bar il sabato mattina, senza un fine realmente competitivo: la ricerca innovativa non è

sempre guidata dalla ricerca del profitto“

6.4  Gianluigi Colin (Art Director Corriere della Sera)

Gianluigi Colin è Art Director e responsabile dell'immagine del Corriere della Sera, per il

quale si occupa di critica della fotografia e scrive di design. Ha insegnato per alcuni anni

all'Istituto di Conservazione dei Beni culturali dell'Università di Parma e all'Università

Cattolica di Milano. Come artista affronta da anni i temi dei linguaggi della comunicazione

contemporanea. La sua è una ricerca artistica dal forte impegno etico e civile che utilizza

materiali esistenti, citazioni continue del vivere quotidiano tra il presente e la memoria. Ha

esposto in numerose città in Italia e all'estero.

 Sui profili professionali e le tendenze generali della creatività

“Il punto di partenza essenziale è avere il quadro di contesto in cui si lavora. Per esempio la

grafica ha molti aspetti: la grafica editoriale è diversa dalla grafica pubblicitaria, da quella

per allestimenti, etc. Settori grafici differenti portano quindi a competenze differenti. Per

tutti vale però un punto: è necessaria una conoscenza di carattere tecnico che vuol

dire saper usare i vari programmi.

Nello specifico della grafica editoriale serve inoltre capire il sistema della

comunicazione, cioè avere un’idea chiara e precisa di chi sono i tuoi interlocutori ed i

tuoi lettori. Nel momento in cui vieni chiamato a lavorare per un giornale devi avere molto

chiaro il linguaggio dentro il quale ti vai a proiettare. Avere chiaro cioè non solamente

l’aspetto finale ma anche il progetto di base, l’aspetto editoriale che viene dall’editore e

coniugare questi elementi con le sue diverse necessità. Ma tutto questo non basta.

Oltre alla competenza puramente tecnica servono sensibilità giornalistica,

sensibilità culturale e, non ultima, capacità di relazione umana, che non è

indifferente.

Ci vogliono delle sensibilità che sono in generale abbastanza rare… e cioè avere una base di

umiltà e di una capacità di ascolto ed una base culturale… aver letto poesie, vedere

mostre, una sensibilità che è il saper cogliere la vita.

Tu puoi impaginare bene nel momento in cui hai letto Tolstoj. Un po’ provocatorio ma ècosì. Io vedo gente che impagina ma che non ha letto un libro… e tu parli di cose che non

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capiscono, non sanno cosa sono... oggi c’era un articolo di questa nuova tendenza della

street art e di un ragazzo di 18 anni inglese che è praticamente un teorico di pensiero e di

aggregazione attorno a questo: allora tu devi avere la sensibilità di saper

intercettare le tendenze della contemporaneità e del quotidiano.

  Anche se sei un grafico esterno alla struttura di un giornale, tu devi avere una

competenza che è comunque dettata dalla curiosità a 360°… anche per saper intercettare i

 bisogni dei clienti, volta per volta.

In questi anni c’è stato un cambiamento profondo all’interno della professione di grafico

editoriale che è stato prima di tutto di carattere tecnologico. Queste tecnologiche

informatiche hanno portato ad una maggiore complessità: ciascuno è portato a gestire

molte funzioni e deve essere al contempo il collante culturale ed operativo di tutti gli input

che gli arrivano.

Quando parlo dell’aspetto tecnico non mi riferisco esclusivamente ai software per la grafica

e l’impaginazione ma anche, ad esempio, ai database e agli strumenti attraverso cui

dobbiamo scegliere le immagini da pubblicare: hanno incrementato notevolmente la

possibilità di scelta in termini di quantità. E questo, naturalmente, ha modificato le

dinamiche temporali del lavoro. Questa professione richiede perciò, oltre a quanto giàdetto, un alto grado di dinamicità.”

6.5  Giorgio Papetti (Jinglebell Communication) 

Fondata nel 1981, la Jinglebell diventa rapidamente una delle più note casa di produzione

musicale per la pubblicità. A metà degli anni '80 abbraccia ormai l'intero ventaglio della

produzione audio pubblicitaria, dai radiocomunicati, al doppiaggio sia a Milano sia in link 

con Roma, al sound design. Nel 1991 entra nel neonato settore della multimedialità e

conquista la leadership nella localizzazione dei videogame per i maggiori Editori

internazionali.

 Sulla propria attività

Lo studio comprende 16 persone, ci sono poi numerosi collaboratori (registi, traduttori,..)legati allo studio tramite un particolare contratto fatto ad hoc: le risorse interne sono varie

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e comprendono competenze audio, di programmazione, contenutistiche, di managment,

ecc… Questo anche perché in generale tutti i media si stanno fondendo, spesso c’è un

utilizzo contemporaneo di tv, radio e internet, i format stessi spesso vengono presi da un

media e riadattati ad un altro, per cui c’è bisogno delle competenze per farlo.

L’evoluzione dell’azienda ha seguito l’evoluzione dei media: si è partiti dagli spot televisivi,

passando per i videogiochi ed arrivando poi agli applicativi web.

 Sui profili professionali 

“I programmatori interni si occupano soprattutto di ActionScript e linguaggi di

programmazioni per il web come php; si tratta di una “specializzazione” nel senso che i

programmatori più tradizionali o puri, che lavorano su C++, non ci interessano.

 A noi servono programmatori abbastanza versatili che sappiano gestire tutti quei linguaggi

di actionscripting che si usano nei nuovi media e che abbiano anche un minimo di

competenza grafica (in modo da poter dialogare efficacemente con chi fa il design

dell’applicativo).

Le competenze informatiche non sono limitate ai programmatori, anche chi si occupa di

tradurre o chi lavora sui suoni, deve saper gestire formati differenti e saperli convertire in

autonomia.Si tratta di un campo complesso nel quale esistono differenti tipi di formati e protocolli,

per cui è richiesta una conoscenza degli stessi anche a chi non lavora direttamente sui

software. (la maggior parte delle volte queste competenze le si forma in azienda).

Per quanto riguarda i fonici esistono anche qui differenti profili: chi opera nella pubblicità

ha competenze differenti da chi opera nei videogiochi; il primo lavora su tracce musicali di

30 secondi che si integrino con un flusso video (richiede più creatività in senso stretto), il

secondo lavora con migliaia di piccole tracce audio che agiscano in modo dinamico nelcorso del gioco (lavoro un po’ più metodologico e di gestione dei dati). Si tratta anche di

gestire differenti tipi di progetti con diversi gradi di complessità.

Il settore dei videogiochi offre molti sbocchi lavorativi, è un settore sempre in espansione e

non c è molta concorrenza dal punto di vista professionale, per cui è facile trovare lavoro.

Gli italiani in particolare sono molto apprezzati in questo ambito, anche se il mercato

Italiano è abbastanza ristretto (lavorare all’estero).

Per quanto riguarda invece i fonici e gli operatori video c’è una sovrabbondanza di

professionisti: il mercato televisivo e radiofonico è saturo e la crisi ha cancellato diverse

programmazioni.

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In generale si tratta di profili abbastanza specializzati (a volte anche certificati), sia che si

tratti di fonici, di programmatori o di copyrighter, che pero’ devono avere anche delle

competenze tecniche trasversali (tecnologiche ed informatiche,).

C’è una forte selezione interna per cui risulta difficile trovare professionisti soddisfacenti e

di conseguenza c’è un basso turn-over.

Il personale interno è spesso laureato ma non sempre il titolo di studio riguarda il settore

in cui sta lavorando, inoltre ci sono anche casi di completa autoformazione.”

6.6   Isa Medola e Pietro Riolo (PRM Design)

 Sulla propria attività

Prm design srl e’ una premiata innovation company milanese, strutturata in aree dedicate

a ricerca e generazione di concept, a sviluppo del design e ingegnerizzazione di prodotto e

ad attività di prototipazione e produzione, nata dall’idea di Isa Medola e Pietro Riolo, due

designer con più di dieci anni di esperienza internazionale con l’azienda Lego. 

“Oggi il nostro brand è sinonimo di innovazione. La nostra struttura si fonda su di un

team di esperti composto da 10 elementi con grande esperienza nelle materie tecniche,

scientifiche ed umanistiche. L’obiettivo di Prm design è quello di sostenere l’innovazone

all’interno delle grandi aziende: siamo in grado di sviluppare completamente ed

internamente il processo produttivo: ricerche di mercato, concept e design,

ingegnerizzazione, prototipazione, produzione in outsorcing, comunicazione e beta testing.

Noi nasciamo come srl nel 2006, però le persone che hanno dato vita alla srl erano

designer in attività già da tempo, poi confluiti in questa struttura più complessa e

completa, perché prima i designer si occupavano soprattutto di giocattolo (collaborazione

con Lego). Da allora la srl si è specializzata in altri settori anche se il giocattolo rimane una

nostra specializzazione.

Poi ci siamo dedicati al design in generale, all’elettronica di largo consumo ,al packaging

anche dell’alimentare, dal punto di vista di materiale, ergonomia, riutilizzo del packaging

stesso,…

  Abbiamo un approccio dedicato all’industrial design in senso stretto, non ci dedichiamoall’arredo e nemmeno al design di firma: lavoriamo dietro le quinte, siamo di supporto alle

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aziende, b2b, non abbiamo uno stile predominante, ci adattiamo di volta in volta alle

aziende con cui collaboriamo, lavorando in contatto con la parte marketing e R&S

dell’azienda stessa. In questo senso facciamo prototipazione disegno 2D e 3D e disegno a

mano che è una cosa che si è un po’ persa rispetto ai giovani.

Noi cerchiamo di tenere vivo il disegno a mano perché è importante per i clienti perché

mostra il processo di creazione dell’idea.

Poi oltre a questo c’è tutta la parte di ingegnerizzazione e prototipazione.”

 Sulla formazione

“Abbiamo diversi canali per portare le persone al nostro interno. Come tipo di formazione

solitamente o è IED o è Politecnico: soprattutto il Politecnico ha la specializzazione in

design & engineering molto interessante per noi, infatti abbiamo un rapporto con il Poli

abbastanza costante.

Lo IED, che è meno forte dalla parte engineering, è però forte dalla parte di concetto e a

 volte di disegno a mano.

Si tratta comunque di profili differenti: l’IED è orientata a formare il consulente: molta

importanza all’aspetto di comunicazione e strumenti per comunicare il progetto al cliente,

tecniche di visualizzazione, ecc…Per quanto riguarda il Poli, ovviamente il profilo è più maturo (dura di più) è meno

focalizzato nella parte di visualizzazione ma è molto solido, adatto all’inserimento in

studi.

Poi la variabile su cui si deve lavorare molto è quella del tempo: i ragazzi sono abituati a

lavorare con tempistiche molto dilatate, mentre qui si comprimono molto.

Ci piacerebbe poi entrare in contatto anche con altre realtà e lo stiamo già facendo con

 Material ConneXion e con la Camera di Commercio di Milano che ci darà l’opportunità diconoscere anche altri giovani designer da altre scuole: Domus Academy, Naba, Scuola

Politecnica,..

Sicuramente Milano offre molto in questo senso e quindi è giusto anche per noi

approfittarne.”

 Sulle competenze e sui profili professionali 

“Per le competenze: modellazione concettuale con Rinho e la più funzionale con Pro E, poi

c’è tutto il pacchetto Adobe per il 2d.

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Chiaramente poi ogni persona è più portata per una cosa o per l’altra, sono rari i profili

completi… poi noi qua facciamo dei corsi internamente che hanno l’obiettivo di formare

i nostri ragazzi (ad esempio il corso di sketch).

 Anche perché il disegno a mano, gli schizzi, sono uno strumento di comunicazione interna

(brainstorming,..) oltre che di presentazione ai clienti.

Un difficoltà riscontrata in questi anni è il trovare una persona che si dedichi regolarmente

e ben volentieri alla modellistica.

Il profilo del designer non è proprio calzante perché magari aspira ad altro, il modellista 

è un lavoro con molta manualità oltre che necessita di saper usare determinati macchinari.

Ovviamente qua i ragazzi vengono formati per saper usare gli strumenti, ma comunque

non è facile trovare qualcuno che ci si dedichi in modo continuativo.

 Anche perché chi ha fatto studi di design appunto non aspira a questo tipo di lavoro e chi

esce da scuole più tecniche sono un po’ troppo indietro ad esempio a livello CAD oltretutto

sarebbe comunque auspicabile una conoscenza generale di design…

  Adesso stiamo provando a cercare presso questi istituti tecnici ma abbiamo scoperto

che, per come escono da lì, gli mancherebbero le competenze per gestire questi strumenti e

stiamo cercando di approfondire l’argomento con i professori.

Il nostro percorso professionale: entrambi studente all’IED, un corso di formazione diavviamento all’imprenditoria con Formaper e poi ho seguito l’attività di progettazione di

gioiello come collaboratrice. Poi quando abbiamo fondato l’azienda mi sono occupata di

questioni più di gestione e supervisione dei progetti.

Quello che manca nei profili che arrivano, non è di tipo tecnologico perché le tecnologie si

imparano ad usarle qui tutti assieme. E’ più un discorso di fargli acquisire competenze di

tipo gestionale del progetto, in modo che sappiano gestire a tutto tondo un progetto,che sappiano farlo maturare in modo equilibrato.

E’ un settore di competenze che stiamo cercando di far crescere.

Storicamente il designer è sempre stato capace di fare tutto, dall’ideazione al project

management ed effettivamente quasi tutti gli studi di design si sono formati attorno ad una

figura in grado di gestire tutti questi ambiti.

Però un’effettiva capacità di pensare al management in senso allargato, a creare una

società che esca dall’ottica del singolo, che sia maggiormente strutturata… probabilmente

non c’è una formazione in questo senso e non ce né stata nemmeno mai l’esigenza sul

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nostro territorio dove le realtà sono molto piccole e quindi una struttura più articolata

come la nostra non è ancora comune.

Nei vari studi che sono stati fatti sulla realtà milanese è sempre stato confermato che in

percentuale, gli studi che contano più di 10 persone sono infinitamente meno degli studi

composti da 2 o 3 persone; quindi la necessità di design management non è molto alta.

I clienti si interfacciano direttamente con i ragazzi, noi gestiamo solo la parte di approccio

e la parte più amministrativa.

Non esiste una figura come l’accounter pubblicitario, la nostra struttura rimane comunque

molto snella… non abbiamo un commerciale puro perché comunque in questo settore non

credo funzionerebbe molto, io gestisco direttamente i rapporti con i clienti e credo che

questo sia un punto di forza: porto la mia esperienza e quindi la sicurezza, sono in grado di

parlare dei progetti e di spiegarli in modo completo, proprio per via delle mie

competenze… è per questo che un commerciale classico è difficile vederlo in questo

settore… perlomeno a Milano, dove il designer è solitamente in grado di autogestire questi

aspetti dell’attività. Tanto per dire, l’ufficio vendite del designer sono gli aperitivi serali,

quindi non c’è proprio l’idea del commerciale.”

6.7    Jacopo Perfetti (Art Kitchen)

 Sulla propria attività

“Art Kitchen è un’organizzazione creativa che promuove e sviluppa progetti artistici,

culturali e sociali attraverso la realizzazione di mostre, eventi, progetti etici e campagne

marketing, con il fine di diffondere l’Arte, creare esperienze e far tamburo del mondo.

Ci relazioniamo con diversi mercati, dal marketing all’arte contemporanea, dove abbiamo

la possibilità di sperimentare sempre nuove forme di interazione con il pubblico, anche se

oggi, soprattutto tra i grandi brand, è difficile trovare partner che abbiano veramente il

coraggio di osare. Quello che li spaventa maggiormente sono i numeri e il famigerato

ritorno sull’investimento.

E’ per questo motivo che ci ritagliamo attività nostre che si relazionano anche con altri

mercati, da quello sociale a quello educativo. Per noi è importante avere sempre nuovistimoli, non a caso i tre dogmi su cui basiamo ogni scelta professionale sono:

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-   ARTE : fare solo quello che ci appassiona e in cui crediamo.

-  CASH : prevedere sempre un ritorno economico che ci dia la possibilità di sostenere

i nostri progetti.

-  GLORY : realizzare progetti a lungo termine che possano costruire un mondo

migliore.

Il progetto perfetto è l’equilibrio delle tre variabili, ma questo accade raramente, spesso

prevale una variabile sulle altre ma sono comunque sempre presenti in Art Kitchen.”

 Sui profili professionali 

“Nel bene e nel male noi non siamo uno studio di avvocati, quindi la selezione del

personale è sempre molto delicata, non esistono ancora figure istituzionalmente Art

Kitchen, e questo ci dà molte più possibilità di selezione.

Quando scegliamo un collaboratore per un progetto valutiamo più la persona (who) che il

professionista (what), quello che cerchiamo sono più le potenzialità umane che il

curriculum; questo perché dobbiamo avere una visione più a lungo termine rispetto ad uno

studio di avvocati, dobbiamo capire in anticipo cosa faremo in futuro, capire di che

competenza avremo bisogno.

Il tutto è abbastanza difficile perché ogni progetto è una scommessa, o, meglio, un trionfo

della speranza sull’esperienza. Non a caso in Art Kitchen abbiamo figure professionali

molto diverse tra loro, c’è chi ha una laurea in Bocconi, chi in Antropologia e chi non ha

alcun titolo di laurea.

Prendiamo ad esempio Mattia, ha vissuto a Sidney per un anno e mezzo, ha lavorato per Vodafone come creativo, ha un’energia innata, buone vibrazioni, sa cosa vuole fare nella

 vita e soprattutto, si riconosce nei valori di Art Kitchen. Questo è più che sufficiente per

essere parte della nostra squadra.

In Art Kitchen non vogliamo chi è già il migliore nel suo settore, vogliamo persone

motivate ad essere i migliori perché sappiamo che con noi possono diventarlo. Per lavorare

in Art Kitchen è necessario avere la consapevolezza di fare il lavoro della propria vita,

altrimenti è una perdita di tempo tanto per lui quanto per noi.

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Cerchiamo solo persone extra-ordinarie (fuori dall’ordinario), non a caso ci definiamo

un’organizzazione professionale di non professionisti. Del resto chi è troppo dentro la

propria professione non inventerà mai nulla di nuovo.

L’età di chi lavora in questo studio va dai 23 ai 28 anni; la media è sui 24.”

“Il fattore soldi è un argomento che in qualsiasi ambito va trattata fin da subito con

esemplare chiarezza. Partendo dal presupposto che i soldi sono una necessità nel momento

in cui strutturiamo una nuova collaborazione in Art Kitchen cerchiamo di garantire una

formula di compenso che soddisfi queste necessità. C’è chi ha bisogno di un rapporto più a

lungo termine e chi legato ad un solo progetto o ad una consulenza. Il compenso non è

altro che un equilibrio tra le necessità del collaboratore e le disponibilità reali della

società.”

 Sulla struttura ed organizzazione societaria

“Dare una struttura, tanto societaria quanto organizzativa ad Art Kitchen, è stato, e lo è

tutt’ora, il passaggio più delicato con cui io e Ivan (mio socio) ci confrontiamo ogni giorno.

Per questo motivo abbiamo creato delle linee guida tanto sulla filosofia che sta dietro ad

 Art Kitchen quanto sulla struttura di ogni nostro progetto.

La nostra filosofia si fonda su un manifesto (consultabile sul nostro sito

 www.artkitchen.org) strutturato in tre punti:

01. We Spread Art (Chi getta semi al vento farà fiorire il cielo)Noi crediamo nelle nostre idee, nel valore della diversità, nella magia dello stupirsi e

dell’eccezionale. Cerchiamo nuovi orizzonti per nuove strade, soluzioni a problemi non

ancora posti, senza scordare che i sogni non devono trasformarsi in scuse per rimandare o

trascurare ciò che già esiste.

02. We Create Experience (Ordine è disordine con scarsa fantasia)

L’arte è la base di tutto quello che facciamo, ne vogliamo una dimensione popolare, oltre le

elite e gli status quo esistenti. Combattiamo l’ordinarietà e la mediocrità, ricerchiamo lo

stupore e l’emozione, amiamo le sfide, commettere nuovi errori, lavoriamo per passione

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prima che per dovere. Seguiamo i nostri valori e le nostre convinzioni, proponiamo

esperienze solidali, facciamo business etico, intelligente e creativo.

03. We Rock the World (Chi pesta i piedi fa tamburo del mondo)

Sappiamo che i fatti contano mentre le chiacchere fanno solo numero, abbiamo fiato forte

e voglia di andare avanti, di costruire un mondo più giusto senza illusioni, che ogni cosa

prima o poi s’avvera, se non temi gli sbagli, tanto meno gli spintoni.

  A livello societario e progettuale invece ci siamo ispirati al modello societario ideato da

Hegel che abbiamo opportunamente declinato in un contesto più contemporaneo e

funzionale. Ogni nostro progetto si struttura su tre ruoli necessari:

- Francia: Chi mette il genio e l’innovazione necessaria alla straordinarietà di un progetto.

- Inghilterra: La parte razionale e di management che segue le fila di un progetto.

- Germania: Chi apporta il Know How di un progetto e segue lo sviluppo pratico.

In definitiva se qualcuno crede in questi valori e condivide questa struttura, è preso.”

 Sulle competenze richieste

“In linea generale ad ogni collaboratore chiediamo di condividere i valori su cui si fonda

  Art Kitchen e di essere incline al seguire i propri sogni. Nel particolare, ogni progetto o

ruolo prevede competenze dettagliate, sicuramente è necessario:

-  Sapere l’inglese.

-  Sapere usare strumenti base come Photoshop, Word e la rete.

-   Avere buon gusto e, soprattutto, una generale predisposizione positiva nei confronti

della vita.

-  Sapersi presentare (la superficie è una promessa).”

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6.8   Liliana Forina (Fondatrice Cross Creative)

Head Producer, Autore e Regista per la tv e i media digitali. Laurea DAMS in

Comunicazioni di Massa con Umberto Eco. Ha lavorato per Mediaset, RaiUno, Raitre,

RaiEducational, Mtv Londra, MT Channel, Discovery Channel. Nel 1996 è stata fondatore eco-direttore di Numero 0 - Merano Tv Festival - Nuovi Format Tv, con il supporto di

RaiTre e gruppo Mediaset. Nel 2007 ha ideato con Laura Tettamanzi il More Than Zero

Crossmedia Festival (1st edition 2008) e alla fine del 2008 ha costituito con Marina Brezza

Cross Creative s.r.l. (novembre 2008).

 Sul Software mashup

“Ormai è tutto un mashup (insieme organizzato e cooperativo di software diversi e/o di

elementi software indipendenti che concorrono ad ampliare le funzionalità di un sistema

interattivo digitale, es. sito, applicazione, etc.) di diverse componenti, peròsu certi aspetti

si è ancora indietro, per esempio in SIAE c’è la possibilità di registrare un applicativo però

non se è un mashup.

Quindi in realtà l’intelligenza ora sta nel far dialogare diversi sistemi (google maps, feed

rss,ecc..). Si può poi registrare l’interfaccia ed il marchio, ma non l’applicativo stesso, e

nemmeno l’idea, sono cose non ancora brevettabili.

Quindi teoricamente uno può rifarla con un'altra interfaccia e copiarmi l’idea… in realtà

noi ci stiamo lavorando da 6 mesi (6 mesi di vantaggio sullo sviluppo), ed oltre all’idea di

  base abbiamo già organizzato una redazione che fornisce i contenuti e che non si può

“copiare”. In definitiva è comunque difficile copiare pari pari un’idea di servizio e rendersi

competitivi.”

 Sullo Studio “Cross Creative” 

Cross Creative s.r.l. è una agenzia di comunicazione e consulting crossmedia al servizio di

soggetti istituzionali e privati orientati verso l’open innovation, e il social networking 2.0.

Fondata da due professioniste nel novembre 2008, sviluppa e realizza progetti, applicativi

e format innovativi per il marketing territoriale, l’advertising e il social media marketing.

“Pure cross media creativity significa creatività cross mediale applicata su vari tipi di

oggetti comunicativi che riguardano l’intrattenimento, la pubblicità e format dicomunicazione, il marketing territoriale e al brand entertainment.

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Sono tutte forma nuove di comunicazione che richiedono una serie di professionalità

nuove che ovviamente includono vecchie competenze e nuove competenze.”

 Sui nuovi profili professionali 

“Tutti giorni ci arrivano curriculum molto buoni e molto “skillati” sia di studenti sia di

professionisti che si propongono come webmaster, ufficio stampa. Ecc..

Però quelle sono figure professionali vecchie, noi guardiamo a quelli con più competenze,

interdisciplinarietà.

Per esempio noi abbiamo l’ufficio stampa ma chi ci lavora deve saper comunicare con tutti

i blogger, gestire una rassegna stampa scaricando da pagine online, ecc.. non ci serve un

ufficio stampa regolare, ma una figura che abbia la capacità di diffondere la notizia tra le

community, che abbia le competenze tecniche per usare gli strumenti.

Questa figura confina con quella del “Community Manager” che è una persona in grado

di entrare in una community ed animarla, trasmettere interessi in modo virale, comunicare

il brand in modo non sospetto, riuscire a creare una reputazione online del brand stesso.

Sono nuove figure di “ufficio stampa” e “public relation”.Cè anche la figura del PR internet, molto ricercato, colui che crea aggregazione rispetto

ad un interesse, che smuove, che crea rumore… il Buzz manager è più legato al marketing

 Word of mouth manager, viral manger, ecc… nuove parole date a vecchie funzioni.

Il passaparola è sempre esistito, con la rete tutto questo si amplifica e si può raggiungere il

target ovunque sia nel web.

Questo oltre ai webmaster ed ai web developer, che sono comunque figure abbastanzarecenti con un bagaglio misto di competenze tra cui scrittura di codice ed utilizzo di altre

tecnologie, devono saper caricare un video su tutti i social network, creare un invito

interattivo ma leggero, ecc..”

 Intervistatore: < senza definirli degli smanettoni evoluti con un background culturale un

 po’ di livello >

“Ecco, la cosa difficile è per esempio trovare degli smanettoni come hai detto tu che

sappiano scrivere bene.

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Per esempio la nosta web agency è composta da 5 ragazzi di cui quello che compila i codici

è un laureato in Filosofia con la passione del digitale ed è in grado di fare mash up.

Molto spesso invece, gli informatici puri non sono in grado di capire queste architetture

evolute.

Poi cè questa figura dell’architetto culturale già venuta fuori nei primi del 2000 ma

tutt’ora sconosciuta.

In realtà l’architetto culturale è colui che fa un impianto per un evento (l’evento non è solo

fisico, può essere in streaming , può essere un barcamp,..) deve quindi sapermi gestire i

diversi aspetti con diverse competenze, dall’organizzazione pura e logistica all’ufficio

stampa , alla parte tecnologica,..

Necessità di figure d’interfaccia per gli eventi, persone che sappiano tenere d’occhio gli

aspetti più tecnici e di compatibilità, affinchè tutto funzioni come da programma,

altrimenti basta una sciocchezza a rendere inutilizzabile tutto.

Si tratta di profili con plurricompetenze che da un lato arricchiscono l’evento , dall’altro

aumentano la complessità generale della gestione dell’evento.

  Andando invece verso l’alto, c è la figura ibrida del producer esecutivo e creativo,

(figure specifiche evolute rispetto all’organizzatore e al curatore) persone chedevono saper ricreare un processo o una filiera.

  Adesso cè molta scarsità di process manager, ovvero chi sia in grado di capire tutti i

passaggi di un processo creativo di un progetto in generale.

Il content manager è in grado di trovare le sorgenti di contenuto (foto, testi, filmati,

idee, file, eccc..) rispettando l’etica del web, mixarle e formattarle perché abbiano una

propria nuova identità.

L’account spesso adesso lo fa l’amministratore delegato, perché sono le uniche figure ingrado di vendere un progetto complesso, comunicarlo al cliente, modificarlo nel caso e

suddividere il lavoro lungo la filiera.

L’energy manager dà empowerment su varie aree e su varie divisioni, un’empowerment

culturale e lavorativo, ha competenze assolutamente trasversali.

Noi stimoliamo tutti i giovani che ci propongono idee a darci la fattibilità, quali

committenti coinvolgeresti?

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Quindi l’importante adesso è incrociare le competenze creative con la consapevolezza di

produzione e di delivery, quali sono gli elementi di cui hai bisogno?

Sia che tu faccia il community manager, o il web designer tu mi devi dire la tua fonte

d’ispirazione, assicurare che l’idea che stai proponendo è originale.

Un ragazzo si è proposto come managista (manager-regista) perché crea video ecc… pero’

trova anche aziende interessate a svilupparli.

E’ importante capire le comepetenze di cui si ha bisogno, e mettersi nei panni di chi mi

dovrebbe sostenere: perché dovrebbe farlo? Come convincerlo?

Sapersi inserire in queste nuove filiere.

Quando MTV fece il bando di gara per l’head producer in italia non esisteva nemmeno la

figura del producer.

“L’età doveva essere tra i 22 e i 25 anni ma non riuscivano a trovarla perché erano tutti

monocompetenti, alla fine chiamarono me che ne avevo 36 ma ero l’unica con multi

competenze in grado di governare tutto (scrittura, regia, gestione del budget, ecc..)”

Formazione: liceo scientifico (i numeri servono), laurea al Dams con Umberto Eco

(semiologia dei Media), un anno di tecnica audiovisiva, per apprendere la pratica, poi

lavoro come regista a mediaset,… Adesso sicuramente ci sono più possibilità di formazione sull’audiovideo, ma l’audiovideo

non basta più, va declinato con il web ecc..

 Adesso è importante una figura che con il pc mi fa le conference call su skype, mi scarica

dei materiali online, mi fa dei video col suo pc, me li carica sui social network, mi sa

lavorare con la grafica.”

 Sull’istruzione ed agevolazione della creatività

“Il grafico che esce da Brera ad esempio è un illustratore pero’ non mi sa fare il motion

picture,…

Più che affidarsi ai sindacati delle vecchie professioni, ci si puo’ aggiornare ed aquisire

nuove competenze lavorative semplicemente frequentando dei corsi, anche quelli

organizzati da regione e provincia nell’ambito delle nuove tecnologie, senza ricorrere all’

IED.

  Anche perché poi spesso non occorre essere dei super tecnici: nell’ambito

dell’interdisciplinarietà è più importante saper fare un po di tutto che una sola cosa bene

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(es. saper dialogare con diverse figure professionali e poterle gestire in modo efficace,

 parlando il loro linguaggio).

Non vediamo i mestieri della creatività solo come quelli di fascia alta: alcune competenze

creative ora sono date per scontate.

Bisognerebbe comunicare meglio questi corsi della provincia e far capire che anche dal

 basso, e non solo tra chi esce dal Politecnico, si possono trovare questi profili creativi.

Un po’ sei tu che ti devi far fare e questo in italia secondo me manca: non aspettare che

qualcuno ti chiami ma andare a proporti.

E’ più una questione da lavoratore autonomo, imprenditore di se stesso, i bandi ed i

concorsi sono cmq rari come vere opportunità.

Pensando a tutti i ragazzi che usciranno dall’università e rimarranno a spasso, mi viene da

pensare che sia solo un modo per dare la paga ai professori: bisogna dargli la possibilità di

giocarsela, di sapere come cavarsela, darlgi consapevolezza sugli strumenti per questo

lavoro.

Sicuramente lo sguardo internazionale, sapersi proporre fuori, importante la lingua

assolutamente.

 Ad esempio chi sa leggere un bando in inglese dell’unione europea?Se ci fosse un servizio della Provincia sull’interpretazione di alcuni bandi, sicuramente

darebbe la possibilità ai giovani di proporsi ad altri soggetti già sapendo di poter puntare

sul supporto dell’Europa.

Noi premiamo chi è in grado di proporre qualcosa di suo, una sua visione: il creativo deve

avere una sua visione, altrimenti ti proponi come “operai”.

Operai degli strumenti di comunicazione, invece del tornio usano il computer.”

6.9   Lodovico Gualzetti (Magut Design)

Lodovico Gualzetti inizia l'attività lavorativa nel 1977, prima come collaboratore esterno e

poi come dipendente presso una casa editrice, con mansioni di progettista grafico.

Diplomato nel 1981 come assistente grafico ENIPG (Ente Nazionale per l'Istruzione

Professionale Grafica). Dal 1983 lavora come libero professionista, attività che svolgetuttora all'interno del progetto Magut Design occupandosi di progettazione grafica, per

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clienti sia del settore pubblico che di quello privato. Realizza progetti di comunicazione

  visiva nei campi della grafica editoriale (libri,riviste), dell'allestimento (convegni, stand,

mostre, sistemi di segnaletica), della grafica per mostre e musei, dell'immagine aziendale

(marchi,marchi di prodotto), della grafica in rete e della comunicazione visiva in genere.

 Sull’attività del grafico

“Le cose sono cambiate da quando è nata la facoltà del design sono state attivate lauree

triennali, con il biennio successivo di specializzazione, che affrontano il design secondo

differenti aspetti, però spesso escono studenti che non sono proprio “finiti” dal punto di

 vista professionale, ma hanno un’infarinatura su tutto.

In realtà per la nostra attività forse servono figure così come collaboratori; figure più

flessibili da affiancare ai progettisti. Chiaramente rispetto alla grafica, che il nostro core

 business, hanno delle lacune non indifferenti.

Io parlo soprattutto dei laureati del politecnico, perché tra chi ha studiato 3 anni (vedi

IED) e chi ha studiato 5, prediligo il secondo perché è più maturo … e poi ha studiato 2

anni in più.

 Adesso stiamo facendo un’esperienza un po’ particolare perché l’ultima persona che lavora

qui da noi, che tra l’altro ha cominciato da un paio di giorni, è una ragazza laureata inlettere a Genova e poi ha studiato a Londra comunicazione visiva, e siamo molto curiosi di

capire se questa formazione all’estero può essere più funzionale alle nostre esigenze.

Diciamo che stiamo pensando di aprire una porta sulla formazione extra-italiana.

Inoltre da noi lavora una ragazza per il settore web che viene dal politecnico 3 anni più un

anno di corso della provincia, e lei ha un contratto a progetto; un ragazzo sempre dal poli

che ha fatto 5 anni e con lui abbiamo un accordo su dei lavori che stiamo facendo assieme;

e poi valuteremo …”

 Sulle nuove figure e competenze

“L’accento è sulla trasversalità delle competenze e sulla flessibilità. Ad esempio, lavorando

negli allestimenti, lo standard che si usa è il .dwg, mentre una volta disegnavamo tutto a

mano o al computer con altri programmi, quindi fortunatamente i nuovi laureati al

politecnico sanno gestire il .dwg . Se dovessi pensare alle mie esigenze, innanzitutto noi

facciamo fatica a pensare all’internazionalizzazione; quello che consiglio sempre ai ragazzi

è di pensare al mercato europeo, però questo mercato europeo, immagino che verrà, ma

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non so in che forma. Paradossalmente noi non riusciamo a capire (nonostante siamo

inseriti in circuiti e network europei) i prezzi del nostro lavoro praticati negli altri paesi. Io

non so a quanto venga venduto il mio lavoro in Francia, Inghilterra, Germania,…

Per i ragazzi sarebbe interessante che si mettessero già in una situazione di matching con

altri neo laureati stranieri, per noi è difficile anche solo per la lingua…

Quindi l’idea, per il creativo di domani è una figura che parla benissimo l’inglese, la lingua

del lavoro, e che ha contatti in Europa o comunque è in grado di svilupparli; parlo di

contatti al suo livello: per me con il mio studio è anche difficile trovare altri studi disposti a

partnership … per un giovane è molto più facile.

L’altra cosa è che non ci sono figure di rapporto con il cliente (non l’account dell’agenzia di

pubblicità) figure che siano in grado di creare una strategia di rapporto con i clienti o che

siano in grado di cercare clienti; che non siano prettamente formati nel marketing o nelle

agenzie pubblicitarie.

Insomma la capacità di essere un product manager su un lavoro complesso come un

allestimento o una mostra, ecco quella formazione lì, non c’è ancora.

È un po’ la capacità di mettersi in rapporto con il mondo del lavoro, che adesso è diventato

molto più complesso di come era un tempo.

È differente dall’account perché l’account porta a casa di tutto, spesso lavora su

percentuale e quindi tende a non selezionare e a non dialogare in modo completo.In architettura queste figure esistono già, ma d’altra parte l’architettura è un sistema

abbastanza completo e strutturato per quanto riguarda gli strumenti e la regolamentazione

anche dei prezzi. Forse il problema sta proprio qua: il design non si è mai strutturato in

modo completo, non ha regole, è sfuggente, quindi è difficile formare questo tipo di figure.

In realtà il fatto è che le varie discipline del design non hanno dei confini precisi per cui la

stessa immagine del creativo designer è qualcosa di poco definito, con competenze variabili

ed in continuo sviluppo.Il rischio a volte è che si ricada nel tecnico, trovi chi sa usare benissimo uno strumento

informatico, un programma, ma gli manca quel background creativo-culturale tipico del

designer. Quindi in definitiva si deve lavorare sulla creazione di uno STATUS del creativo,

com’è avvenuto in architettura ad esempio. Istituzionalizzare un po’ il design: chi è il

creativo? Chi è il designer?”

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6.10   Maria Grazia Mattei (Fondatrice MGM Digital Communication)

Giornalista e critica d’arte dal 1979, esperta di nuove tecnologie della comunicazione,

Maria Grazia Mattei indaga i territori del digitale nelle sue declinazioni tecnologiche,

sociali, culturali attraverso un’attività critica e di ricerca che interpella gli esponenti e ifenomeni più significativi del cyberspazio. Nel 1995 fonda la MGM Digital Communication,

centro di ricerca, studio e diffusione della cultura dei nuovi media, e nel 2005 dà vita a

Milano a Meet the Media Guru. Numerosi gli ambiti della sua attività: eventi, rassegne,

festival, mostre, pubblicazioni, seminari, convegni di livello internazionale che la vedono

collaborare con prestigiosi enti stranieri, come il Siggraph statunitense, e realtà

istituzionali, formative, culturali e professionali italiane.Attualmente collabora al progetto

della Camera di Commercio di Roma “Padri analogici e figli digitali. Cultura e

cambiamento”.

 La comunicazione

“Le nuove figure professionali che ragionano in termini di eventi e comunicazione, devono

saper utilizzare gli strumenti e la rete nel modo giusto devono saper orchestrare;

necessitano di competenza tecnica, sensibilità ma devono anche saper sviluppare una

strategia di comunicazione efficace.

 Attualmente tutte le agenzie di PR e di comunicazione in generale sono in crisi, tendono

infatti ad applicare le vecchie procedure e piani di comunicazione anche ai nuovi media:

non hanno compreso la portata rivoluzionaria, anche a livello culturale, che

questi new media e social media possiedono. Chiaramente l’utilizzo errato di questi

strumenti rende la comunicazione inefficace. In particolare in Italia non c’è ancora stata

un’agenzia in grado di comprendere ed utilizzare nel modo giusto questi mezzi. Guardando

all’estero invece esistono dei casi eclatanti come quello di Cory Doctorow, che pubblica i

propri romanzi online, scrive su un blog e che si è auto costruito come personaggio; di

fatto lui e la sua persona costituiscono il brand da promuovere.

Il problema qui non è come si costruisce un sito, come lo si rende accessibile,… ma come

faccio a veicolare la comunicazione? A farla viaggiare? E soprattutto come creo

reputazione online? Con quali strumenti?“

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 La circolazione delle idee

“Le idee devono circolare, l’idea non può essere di qualcuno: chi le realizza meglio o prima

 vince. L’importante è che l’idea non si fermi. In realtà poi sarebbe meglio per tutti se invece

di rubarci le idee e di copiarci, collaborassimo assieme creando una sorta di piattaforma

open-source. (le dinamiche collaborative sono quelle che creano maggior valore) ed in

un’ottica di competizione globale non possiamo semplicemente pensare al nostro orticello

sperando così di vincere la sfida. L’italia è in una posizione precompetitiva rispetto al

mondo, l’unico modo per competere è allearsi.”

 Sulle nuove figure e competenze

“Il  buzz manager è una figura quanto mai necessaria ma purtroppo ancora difficile da

trovare. Oggi puoi trovare persone con il “pallino” della tecnologia e di internet, oppure

persone uscite dalle scuole di comunicazione che sappiano creare una strategia di

comunicazione nel modo tradizionale (e quindi adatta solo ai media tradizionali); ma è

impossibile trovare qualcuno che abbia le capacità tecniche per gestire in modo adeguato i

social media ed allo stesso tempo sia in grado di mettere in atto, di orchestrare,

un’efficace strategia adatta a questi media.

Il buzz manager:

-  deve avere la testa nel nuovo, orientata al futuro,

-  deve avere un impianto classico: avere cultura e conoscere la società,

-  conoscere i mezzi e gli strumenti con cui operare,

-  avere una sensibilità “sperimentale”, saper provare e agire in senso pratico,

-  creare rumore, creare attenzione,-  è più da nuova generazione, da chi ha metabolizzato in modo completo le nuove

tecnologie.

Non è solo un tecnico in grado di usare e maneggiare i new media e non è nemmeno chi

pianifica a tavolino le campagne di comunicazione: con la rete non si può solo

pianificare, i ritmi ed i cambiamenti sono troppo rapidi per seguire un

programma per così dire “teorico”.

Infine deve essere polivalente, capire i processi , la società, gli strumenti, deve saper

sperimentare, fare pratica, essere attento all’ascolto.

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(in pratica c’è una fusione dei ruoli, per cui non c’è più chi pianifica e chi mette in atto

ma un unico ruolo, una sola persona che deve essere consapevole sia degli aspetti teorici,

che avere le competenze pratiche, in modo da poter orchestrare al massimo tutti gli

strumenti e da poter reagire in modo rapido ed efficace ai cambiamenti del web).”

“C’è poi il giornalista web. Non si occupa semplicemente di un giornalismo trasportato

nello scenario on-line ma ragiona in un certo modo, sa impaginare in un certo modo,

magari è più audio e visuale e meno scritto, sa diffondere le notizie. Il giornalismo

tradizionale non scomparirà ma diventerà iperlocale, sintetico, che raccoglie le

 basi.”

“Il regista digitale e in particolar modo in questi anni, il regista 3D, ha conoscenze di

fotografia, di tecnologia, degli strumenti digitali, il direttore di fotografia ed il regista si

stanno fondendo in un unico ruolo. In Italia mancano competenze tecniche per il cinema

3D. Peraltro il 3D non si adatta bene al genere classico Italiano (commedia,...). Lo stesso

  vale per gli autori dei copioni: la storia dei film o degli spot televisivi dovrebbe essere

pensata sapendo già che si utilizzeranno certe tecnologie, in modo da sfruttarle a

dovere.Non ha senso raccontare le stesse cose adattandole ad una tecnologia diversa; (un

po’ come si diceva per il Buzz Manager: nuove tecnologie→ nuove strategie)”

6.11   Milka Pogliani (Direttore Creativo Esecutivo McCann)

Milka Pogliani, piemontese, muove i primi passi quale sceneggiatrice per la Rai e la

pubblicità. Entra poi in J.W. Thompson come copywriter, passando in seguito alla

Benton&Bowles, per lavorare con Gavino Sanna. Arriva in McCann nel 1979 ed è senior

copywriter. Diventa presto direttore creativo esecutivo, sino a coprire l’attuale carica di

presidente e direttore creativo esecutivo McCann Worldgroup, cui si aggiunge, nel 2005,

quella di chairman del Creative Council di McCann Emea (Europe, Middle East & Africa)

Ha partecipato alle giurie dei più importanti Festival internazionali di Advertising (Cannes,

Clio, Golden Drum, ecc) e dal 1999 al 2002 è presidente dell’Art Directors Club Italiano.

“Oggi il mondo della comunicazione è mediamente piatto e chiuso all’ingresso di talento

giovane. E’ chiuso all’interno ma, appunto, anche dall’esterno: mentre una volta c’erano

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molte richieste di persone giovani per fare stages (“vengo da voi così capisco bene il

mestiere…”), adesso non ne arrivano più, nonostante la crisi.

Da fuori arrivano richieste, ma di persone che, a causa delle pesanti ristrutturazioni del

nostro settore, sono sulla piazza. E sono quindi professionisti già avviati.

C’è stato un disamoramento progressivo verso il mondo della pubblicità: mentre gli anni

‘80 erano gli anni del “che bello fare il pubblicitario” adesso il mito è abbastanza caduto,

non c’è più un particolare interesse alle professioni legate alla comunicazione.

Le scuole che formano i nuovi professionisti sono scuole che da un lato garantiscono posti

che poi non ci sono, con corsi molto costosi… “stagisti forever” questo è il titolo triste del

film… e poi - a parte qualche lodevole eccezione - danno una formazione scolastica che

nel nostro mestiere non serve particolarmente. Certo, ci sono delle conoscenze di base che

sono utili ma devi avere più una cultura “camaleontica”, di curiosità, di

approfondimento, di cultura,… che queste scuole non ti danno… ti intruppano, vai alle

lezioncine, ecc..

Non vedo uscire persone che avendo un talento, lo possano far “esplodere” davvero:

arrivano qui con già i difetti di un creativo vecchio: coi paraocchi e standardizzati,

schematizzati.

Le scuole di design e di fashion sono già più interessanti perché lì c’è un talento attivo,

estroverso, una voglia di farcela che poi viene fuori. Sono purtroppo poche le scuole dicomunicazione che mi sembrano all’altezza del mercato.

Che cosa è richiesto oggi dal mercato?

Una preparazione che sia molto eclettica, vasta… devi essere un pensatore, fare strategia

mettere in fila i dati, interpretarli ed arrivare a un’idea forte, originale, impattante e

coerente con la strategia .

Questo non succede ancora purtroppo.

Oggi le persone sono al centro di tutto, noi non siamo più i persuasori occulti di una volta,sono loro che dettano le regole, giocano il nostro gioco con consapevolezza e intelligenza.

Quindi è necessaria una capacità di capire gli stimoli che vengono dalla gente comune.

Le agenzie sono ancora troppo chiuse riguardo alla user content generation e così

rischiamo di diventare solo dei piccoli tecnici.

Una volta si ricercava il talento al di fuori delle scuole, attraverso il passaparola,… ora

anche questo non viene più fatto.

  Ad esempio, anni fa uno dei nostri copywriter più brillanti veniva da un’esperienza di

amministratore di condominio!!

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C’è anche molta confusione nei confronti della professione da parte dei giovani: se gli

chiedi cosa vogliono fare non hanno un’idea decisa: ti rispondono con un elenco di cose

che gli piacerebbe fare, di tutto, di più, come diceva il nostro vecchio claim per la Rai.

Evidentemente manca un orientamento preciso, in base al talento. 

E’ tornata anche l’insicurezza (un po’ borghese): lo si vede dai discorsi che fanno: “io a

fine mese devo pagare il mutuo dell’appartamento”. Prima non era questo il problema,

dell’appartamento non importava a nessuno, un sottoscala andava bene… Adesso c’è il

tentativo disperato di trovarsi una scrivania con la sedia, da bravo impiegato. Anche se,

ovviamente, capisco l’incertezza e la paura del futuro.

Stranamente quello che bisognerebbe ritrovare è la passione: poi magari vado a far le

pulizie negli uffici, ma io vorrei fare questo.

Da alcune scuole all’estero vedi proprio che escono persone che hanno passione e tanta

freschezza: questa è un’altra cosa che manca, la freschezza, tante cose che vedo invece

sono trite e ritrite, piatte…

E poi manca il coraggio, il dimostrare di avere nervo, di crederci, di discutere anche con il

tuo capo, ecc…

Poi come sempre cerchi di metterti nei panni di queste persone e di giustificazione ce ne

sono… però sono comunque cose che mancano.

Sono tornata da poco dalla giuria di The Cup è una specie di grande gara intercontinentale,che riconosce i lavori migliori e già premiati dal Sudamerica, dall’ Asia, dall’Est,

dall’Europa… e ci sono cose veramente fresche, nuovi modi di usare i media e le

tecnologie.

Qui siamo stati viziati dai budget degli anni ’80 e dal fatto che dovevi fare spot per la tv 

altrimenti che creativo eri….

Fuori dall’Italia invece fanno di tutto e la televisione è una piccola parte del media mix..

E poi hanno una capacità di reazione incredibile… qui invece abbiamo tutto acompartimenti, una burocrazia da far invidia allo stato… Se spedisco un brief a Mumbai

dopo 48 ore ho già 9 idee sulla scrivania, Perché? Perché sono più istintivi, meno

incasellati, ancora una volta più freschi..

Io poi non credo più al genio solitario, si tratta solo di lavoro di team.

In Sudamerica ad esempio, all’interno del network McCann hanno preso un’ iniziativa

molto interessante: chiunque abbia una passione (musica, computer,…) una volta ogni 3

mesi può far circolare tutte le idee nuove che ha scoperto… ed è incredibile perché

  vengono fuori degli stimoli davvero interessanti, queste persone sono diventate un team

creativo trasversale all’interno del network McCann.

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 Anche se qui a Milano siamo quasi tutti italiani, il fatto di avere un network internazionale

ti dà accesso a risorse anche straniere…

Noi spesso mandiamo alcuni dei nostri a fare esperienze in altri paesi, io metà del reparto

creativo, se potessi, lo manderei in India domani mattina…

Quando hai clienti con interessi internazionali è chiaro che devi mettere assieme team

internazionali, ma ormai non è necessario stare nello stesso posto.

Roma è diventata una buona alternativa a Milano ma è ancora “piccola”, e un

po’ provinciale… magari proprio per questo si potrebbe fare qualcosa di interessante, di

diverso rispetto a Milano, anche perché gode comunque di ottimi talenti, oltre che di una

scena importante nel comparto cinema e video. Lì le agenzie sono di dimensioni più

contenute e questo favorisce un modo di lavorare che è molto più di interscambio e più

orizzontale.

 A Milano, invece, capita di non vedere una persona per un mese finchè non ci incrociamo

in ascensore…

Sarebbe però importante non separare i reparti, cercare di mantenere frequenti contatti.

Una cosa che qui non si fa e ho visto fare in Inghilterra è che le persone giovani vengono

portate a tutte le riunioni con una funzione di “tappezzeria” dichiarata. E così alla riunione

con il grande CEO di una azienda importante ci sono 2 o 3 ragazzi che ascoltano, imparano

le dinamiche, fanno esperienza di vita ecc…Milano? …il salone del mobile… ormai c’è solo quello, Milano ha perso completamente

qualsiasi egemonia culturale o creativa.

Il Fuorisalone è l’unica manifestazione con qualche spiraglio creativo.

Io vengo da un evento che è stata organizzato ieri sera a Torino: The   Museum of 

 Everything” nato in Inghilterra ed importato al Lingotto da Ginevra Elkann: era una cosa

stupenda, fatto benissimo, allestimento povero ma con delle creatività meravigliose.

Bene, di Milano c’erano 10 persone che io ho riconosciuto, e nessun creativo… e invecec’erano persone da Londra, Parigi, dalla Spagna, dagli Stati Uniti,…

Insomma Milano in questo momento non è una città eccitante, a parte design e

moda… è una piazza che anche sul talento artistico giovane non ha fatto molto.. ma se

non hai la fortuna di trovare un gallerista…. magari è un artista bravissimo, ma cosa puoi

fare? Cosa gli puoi dire?

E’ molto difficile trovare i creativi digitali, non i tecnici, ma chi è in grado di

avere una visione a livello digitale, una competenza creativa digitale.

Ce ne sono pochi e se li contendono in molti… e loro cosa fanno? Si creano i loro gruppi,

ecco questi sono meno interessati alla scrivania…e per noi è uno scouting difficile da fare.

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Una competenza che poi manca è quella della lingua: quanta gente che dice di

saper parlare inglese e poi alla prima riunione…

Per chiudere con ottimismo, che a me non manca mai, questo è il momento del

cambiamento di pelle, è il momento del challenge, è un momento fantastico... se hai

coraggio ti puoi reinventare, poi se sbagli torni indietro, non è quello il problema,

l’importante è provare. Il mondo fuori ha ancora bisogno di noi.”

6.12   Paola Arosio (Camera Nazionale della Moda Italiana)

 Sulla propria attività

“La Camera Nazionale della Moda è un’associazione no profit che ha 50 anni di storia;

nasce a Roma, poi con l’arrivo del prét à porter e dell’ampliarsi del mercato, che diventa

fenomeno industriale, si sposta a Milano. L’associazione attraversa un po’ trasversalmente

il settore della moda. Non si tratta di una “Confindustria”, né di una associazione di

categoria ma rappresenta il top di una gamma di aziende che sono alta moda, pret à porter,

servizi, di distribuzione. L’ obiettivo è di promuovere, coordinare, tutelare il made in Italy 

della moda.

I due eventi più importanti organizzati dalla Camera Nazionale della Moda sono le 2

settimane di presentazione delle collezioni uomo e donna: collezioni autunno- inverno e

collezioni primavera-estate. Quindi si tratta di 4 eventi all’anno.

La settimana della moda a Milano vuol dire, in numeri, oltre 15000 buyer e oltre 2500

giornalisti che si accreditano da oltre 40 paesi del mondo. E’ quindi un evento più che

significativo a livello internazionale, non solo per la moda ma per l’economia italiana,

considerando poi che la moda è una delle voci che rende attiva la nostra bilancia

economica e serve all’immagine di Milano nel mondo, perché, proprio grazie alla moda,

Milano è conosciuta come portatrice di stile e di eleganza. Parigi e Milano sono le due

capitali della moda. Parigi più per l’alta moda, Milano più per il pret à porter di cui è leader

indiscussa, punto di riferimento internazionale per i calendari degli avvenimenti moda. che

  vengono condivisi con Parigi e ai quali il mondo internazionale si deve adeguare. Con

Parigi è stato anche sottoscritto un impegno per l’anticontraffazione.

Complessivamente i maggiori eventi che vengono organizzati sono 9 all’anno e servono a

sottolineare quella che è la vocazione di Milano verso il business aiutando anche ilmomento commerciale della vendita. Abbiamo così creato, oltre alle sfilate, l’anno Moda

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Show Room che è un grande evento di comunicazione e Milano Moda Pre-collezione che

risponde all’esigenza dei buyer di vedere in anticipo dei flash di collezioni perché, in

funzione di questi flash, possano capire se si tratta di una collezione che può interessar

loro, se debbono destinare a una collezione un budget importante, si tratta quindi di un

momento veramente dedicato agli operatori del settore. Anche queste Pre-collezioni sono,

di fatto, un calendario di eventi di presentazione. Infine, l’ultimo evento, il nono, è: Milano

Moda Design. Proprio in occasione del Salone del Mobile la Camera della Moda crea un

calendario Moda Design che presenta prodotti di design creati dal mondo della moda,

 Armani per esempio ecc… L’ obiettivo è che , nella miriade di eventi del Salone, vengano

organizzati 30 eventi moda , pubblicati su tutte le riviste del settore, che possono offrire

all’operatore che viene a Milano ed è interessato alla moda design, di orientarsi e saper

dove andare

Infine ci sono gli eventi speciali soprattutto organizzati per aiutare i giovani..

Camera della Moda opera senza contributi statali ma con gli introiti che provengono dalle

quote associative proporzionate al fatturato degli associati, oltre al contributo degli

sponsor per ogni evento particolare. Per essere accettati come soci si viene sottoposti ad

una selezione. Comunque ora che la moda si allarga ai giovani e a molti nuovi creativi c’è

 bisogno anche di sostegno pubblico. 

 Sui profili professionali 

Lo stilista è solitamente la professione più ambita e con maggiore fascino per chi decide di

intraprendere una carriera formativa nell’ambito della moda. Gli istituti e le università

tendono spesso perciò ad offrire percorsi di formazione focalizzati su questa figura che,

seppur indispensabile, andrebbe più spesso affiancata da una serie di altre figure

professionali più “tecniche”, spesso erroneamente considerate secondarie.Sarebbe utile a questo scopo cercare di comunicare diversamente al pubblico ed agli

studenti interessati queste diverse professioni, riattualizzando in parte anche la loro

funzione all’interno della filiera produttiva ed il loro significato: un modo per incentivare la

crescita professionale di giovani creativi che meglio riescano a soddisfare le reali ed attuali

necessità del mercato del lavoro del settore moda. Le imprese legate a questo mondo sono

infatti in questo momento alla ricerca di alcuni profili professionali di derivazione

tradizionale: almeno per alcune figure specifiche si avverte infatti l’imminente necessità

di riuscire a dare continuità a certe capacità e saperi che rischiano di non trovare

riscontro in una nuova generazione.

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E’ da sottolineare comunque come quello delle professioni-moda sia un settore variegato e

poco strutturato: non esiste a tutt’oggi in italia una codificazione ufficiale e ciascuna

impresa definisce a suo modo titolo, capacità richieste e ruolo nella filiera di produzione

del valore.

Di seguito alcuni profili di figure di professionali che collaborano per la realizzazione di

una collezione moda: si tratta infatti di una collaborazione stretta ed interconnessa che va

dallo stilista al modellista, all’apparato produttivo al sistema di distribuzione ed analisi del

consumatore.

Modellista - ”Traduce” il disegno dello stilista creando il primo prototipo fisico: è colui

che da forma all’idea di abito. E’ creativo: interpreta l’idea dello stilista. Necessiterebbe di

competenze allargate di storia della moda e del costume, tendenze moda, analisi

sociologica del consumatore oltre che quelle tecniche. Ricercato e, solitamente, ben

retribuito.

Stilyst - Sceglie come abbinare i capi prima di uno sfilata o durante i servizi fotografici.

Figura emergente presente anche nel mondo del forniture e product design. Esistono corsi

di formazione specifici ma generalmente si basa su una sensibilità-moda che è possibileacquisire nel tempo attraverso diverse ed eterogenee esperienze personali nella filiera della

moda.

Sarto - Figura molto tecnica e molto ricercata dalle imprese moda. Necessità di dare

seguito alla première.

Uomo-prodotto - L’uomo-prodotto è una figura cerniera tra chi si occupa delladefinizione dello stile e chi invece della produzione-distribuzione: controlla il processo di

produzione confrontandosi con gli stilisti. E’ colui che si occupa di raccogliere ed

interpretare i segnali che arrivano dal mercato, modificando i dettagli dei capi, a collezione

già realizzata, per avvicinarle al gusto corrente del mercato. Deve saper coniugate

competenze di marketing e creative.

  Vetrinista e progettista di punto vendita - La vetrina è uno strumento di

comunicazione fondamentale: il vetrinista non è più semplicemente colui che definisce

cosa e come viene mostrato. E’ una figura creativa in evoluzione infatti che può declinarsi

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in tante forme e può allargare la sua influenza all’interno del negozio per definire il display 

di tutto il punto vendita ed oltre, fino a definire gli elementi che coordinano lo stile

progettuale di un’intera catena di negozi. Viene chiamato in diversi modi ma deve saper

coniugare competenze tecnico-creative che solitamente vengono attribuite a certe figure

quali quella del visual merchandiser, dell’architetto, del retail designer, del grafico.

Responsabile showroom - Lo showroom ha un ruolo importante poiché è il punto di

contatto con gli acquirenti e genera feedback per l’azienda moda circa (ha quindi un ruolo

strategico nella definizione commerciale/stilistica futura). Esperto di moda e stile deve

essere precorritore di tendenze (specie se responsabile di un showroom multimarca aperto

ad accogliere giovani stilisti emergenti). Viene coinvolto alla fine della campagna vendita

dalle aziende moda per individuare elementi e caratteristiche del mercato utili per

progettare la nuova collezione.

6.13   Stefania Casacci (Dissociate)

Dissociate si occupa di design e progettazione grafica. Lo studio realizza progetti di

editoria, di identità aziendale, di web e di prodotto integrando differenti tecniche di

rappresentazione (fotografia, grafica e illustrazione) ad una unica metodologia progettuale,

la cultura di progetto. Arrivate al design da percorsi differenti, dopo aver conseguito la

Laurea in Disegno Industriale presso il Politecnico di Milano, Monica Battistella, Stefania

Casacci, Benedetta De Bartolomeis e Cristina Del Buono decidono di lavorare insieme e di

fondare lo studio Dissociate nel marzo 2006.

Oltre a curare progetti su commissione Dissociate ha creato un marchio di maglieria che si

posiziona a metà fra il mondo della Moda e quello del Design: Sartoria Vico.

 Sulla propria attività

“Siamo 4 ragazze, tutte originariamente designer, laureate al Politecnico tra il 2003 ed il

2004; siamo partite come studio di design sperando di farlo a 360° poi in realtà abbiamo

fondato il marco di maglieria Sartoria Vico ed ora il 90% del tempo lo dedichiamo a questa

attività. Facciamo anche qualche lavoretto di grafica quando capita, per amici o conoscenti,

ma è poca cosa.

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Ci siamo formate al Politecnico, al tempo non c’erano ancora gli indirizzi per cui abbiamo

fatto un po’ di comunicazione, un po’ di interni ed un po’ di moda.

Dopo la laurea abbiamo iniziato subito a lavorare assieme e produrre cose e nel 2006

abbiamo fondato al società, anno in cui abbiamo anche partecipato al bando “imprese

creative”. I nostri prodotti sono di maglieria e gadget si pongono a metà tra moda e design,

infatti spesso per noi è difficile andare a posizionarli e a proporli ai venditori perché per

alcuni c’è troppo fashion e per altri troppo design. In effetti il nostro approccio non è molto

da “moda”: i nostri prodotti non seguono le stagioni, se piacciono adesso piacciono anche

tra un anno… Attualmente la maggior parte dei punti vendita sono in Italia ma stiamo

cercando di andare anche all’estero. La fascia di prezzo è medio alta.”

 Sulla didattica

“Ci occupiamo anche di didattica presso il Poli e la NABA, facciamo workshop di qualche

giorno solitamente nell’ambito della moda.

Poli e NABA sono molto differenti tra di loro il primo da una formazione basata più sulla

teoria e sui classici storici, nella seconda invece c’è molta pratica fin da subito e

l’impostazione è più artistica.

In NABA è molto frequente trovare anche docenti molto giovani o provenienti dall’estero,in generale c’è più movimento e gli studenti si abituano ad aprire la mente, ad essere

stimolati dal nuovo; dal canto suo il Politecnico possiede una solidità che la NABA non ha.

Sono due impostazioni complementari, secondo me dovrebbero fondersi.”

 Sulle competenze

“Col tempo anche noi 4, che avevamo la stessa formazione, abbiamo imparato aspecializzarci ognuna in un campo:

-  distribuzione

-  comunicazione ufficio stampa

-  comunicazione e grafica

-  produzione

Per quanto riguarda la progettazione chiaramente la facciamo ancora tutte e 4 insieme.

Purtroppo abbiamo scoperto anche che la distribuzione e la produzione prendono molo più

tempo e fatica delle altre due.

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In particolare la distribuzione è molto delicata e difficile da gestire: puoi anche avere un

 bellissimo prodotto, ma se non lo fai arrivare in vetrina non lo venderai mai.

In effetti se adesso dovessimo assumere qualcuno, assumeremmo un “bocconiano” o

comunque qualcuno con una formazione di tipo economico e marketing; noi ci siamo

sapute arrangiare, abbiamo sviluppato quasi del tutto autonomamente le altre

competenze che ci servivano, però avere uno specialista che sappia vendere i nostri

prodotti, credo che farebbe la differenza.

Ci sarebbe piaciuto che all’università ci avessero insegnato anche come gestire questi

aspetti dell’attività, sarebbe bello se si potesse fare degi scambi con altre facoltà, poter

assistere alle loro lezioni o perlomeno riuscire a crearsi dei contatti con studenti

specializzati in altri campi.”

6.14   2Roads s.r.l.

2ROADS nasce per promuovere attività legate alla Musica e all’Arte Contemporanea.

Creata a Dicembre del 2006, 2ROADS organizza e gestisce diverse tipologie di iniziative

artistiche e musicali e tutto ciò che è ad esse correlato e funzionale: l’organizzazione di

concerti, festival ed eventi e la gestione di una comunicazione studiata ad hoc per il singolo

progetto ed il suo contesto, coprendo un raggio d’azione che possa esprimere ed esprimersi

in una dimensione che vada oltre il singolo genere musicale e sia capace di venire incontro

alle diverse richieste del pubblico, dei promoter e dei soggetti clienti. 

 Sull’attività

“Dimensione organico fisso: 4 (1 uomo e 3 donne), il presidente, 2 ragazze operative e 1

ragazza che si occupa della comunicazione web dell’attività. In aggiunta a tanti

freelancer. Cerchaimo di creare un network dislocato geograficamente che supporti

l’attività di house concert.

Tutte sono sempre statie molto appassionati di musica, eventi e spettacoli. La passione

conta tantissimo, è importantissima.

Il presidente è commercialista (continua ad avere anche il suo studio di commercialista).

Katia è laureata in lettere ma ha la passione per internet: ha fatto un master europeo in

mediazione e una laurea a Parigi ed in passato si è occupata delle gare d’appalto.

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L’altra ragazza è laureata in economia e commercio ma è sempre stata molto trasversale

nei suoi lavori, ha fatto la ragioniera per una ditta mentre studiava e poi ha lavorata per

una ditta che l’ha occupata in differenti mansioni. Quindi poi ha pensato di applicare

questa sua multidisciplinarietà a qualcosa che amava.

Il nostro obiettivo è unire più forme d’arte e di comunicazione, remixare,

ibridare, rendere trasversale” 

3 anime differenti: musica, arte contemporanea ed editoria.

Musica: organizzazione eventi, comunicazione e promozione, non siamo un’etichetta,

crediamo che sia limitante avere essere un’etichetta perché ti specializzi troppo nei generi.

 Al massimo noi aiutiamo a trovare l’etichetta giusta per quel disco e per quell’artista.

Inoltre facciamo la programmazione per 2 locali a milano, curiamo la loro comunicazione,

ci assicuriamo che siano sempre presenti e visibili, teniamo d’occhio la loro concorrenza.

 Arte contemporanea: è sempre stata la passione del nostro presidente che tra l’altro aveva

anche prodotto un video artistico. Lui è sempre stato molto inserito nel mondo dell’arte, e

quindi ha poi trasmesso questo aspetto nell’attività

 Anche qui si tratta di progetti d’ibridazione cortometraggio più musica ad esempio.

  Abbiamo prodotto un cortometraggio poi venduto in un CD nei canali discografici,

accompagnato da un video del backstage e da una mostra fotografica del making of., ilprogetto si chiama “Dovunque adesso”, la regia è di Simone Covini.

Oppure abbiamo fatto una presentazione innovativa in un hotel, proiettando il video nelle

stanze con buffet e lasciando alle persone la libertà di vivere l’albergo.

Editoria: abbiamo appena iniziato ma è un settore che ci interessa molto: come il settore

dell’arte, anche questo è poco dinamico, soprattutto per quanto riguarda la presentazione e

la promozione degli artisti e delle mostre. Dall’HOUSE CONCERT all’HOUSE READING.  Anche qui ci interessa la comunicazione dell’editoria, non l’editoria in sé: non siamo

editori.”

I social media sono utilizzati ma nel limite delle loro conoscenze; il budget ridotto non

permette di investire quanto vorrebbero in essi. Usano myspace, twitter, facebook e poi

stanno cercando di implementare un sistema di blog che sia abbastanza flessibile.

Non hanno mai creduto nella settorialità della musica, nella specializzazione dei generi:

loro si occupano della musica e dell’arte a tutto campo. L’ulimo progetto ad esempio sarà

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una mostra di 3 mesi in Triennale Bovisa dove verranno esposti video, film, pezzi d’arte dei

musicisti che si sono dimostrati particolarmente versatili nel mondo artistico.

“In generale questo connubio tra musica ed arte abbiamo visto che è vincente: abbiamo

ottenuto partnership con molti festival ed anche MTV organizzerà 3 giorni a Torino

proprio su questo tema.”

“Per quanto riguarda i nostri collaboratori abbiamo avuto delle esperienze diverse: sia

gente proveniente da master e corsi sullo spettacolo ed organizzazione eventi, sia gente

provenite da altri settori (come d’altronde siamo noi). Possiamo dire che questo non è una

discriminante, anzi spesso le esperienze più deludenti le abbiamo avute da chi si

presentava come già esperto del settore.

L’importante è veramente solo l’entusiasmo, le caratteristiche richieste sarebbero la

passione per il lavoro che si va fare, la curiosità ed una mentalità flessibile che non si

focalizzi sulle cose imparate a scuola ma che le veda solo come strumenti.

Le competenze pratiche sono ad ampio spettro ma mai troppo tecniche, piuttosto si tratta

di saper scrivere bene per i comunicati stampa e sapersi relazionare in generale.

Una cosa che poi ho notato è il fatto che tanta gente che esce dalle scuole di organizzazione

eventi e che non ha mai fatto un lavoro normale in vita sua (quello da 8 ore al giorno perdire), ha difficoltà a programmarsi la giornata di lavoro, rischia di non combinare nulla

semplicemente perché non sa darsi degli orari… alla fine il nostro lavoro è molto elastico,

ad esempio volendo potremmo alzarci a mezzogiorno tutti i giorni, non abbiamo il

cartellino da timbrare…”

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 APPENDICE: Schede sintetiche di nuove professionalità a cura di Francesco Procida

DESIGN PRODUCT MANAGER  

Risponde a:  vertice aziendale 

Tipologia e titolo di studio:  Preferibilmente laurea 5 anni architettura/design (es.

Politecnico); in alternativa discipline umanistico-artistiche + specializzazione.

Definizione dell’occupazione lavorativa 

Finalità della posizione: Creare una strategia di rapporto con i clienti o che siano in

grado di cercare clienti

“Dimensioni” della posizione: 

• Qualifica – Product manager 

• Incidenza nel fatturato – oltre il 20% 

• Incidenza nella produzione – indiretta ma potenzialmente rilevante 

• Collaboratori – può agire da solo 

Principali attività richieste alla figura:  Rapporti con la clientela; capacità di essere il

driver su commesse complesse (allestimenti, mostre, ecc); interfaccia con la

complessità del mondo professionale di riferimento; dialogo a 360° con

committenza esterna ed “interna” 

Competenze, prerequisiti in ingresso e da sviluppare della figura professionale: 

Utilizzo sistemi Autocad e di visualizzazione grafica. La figura parla benissimo

l’inglese, sviluppa capacità contatti professionali a livello internazionale. Sviluppa

internazionalizzazione/ matching professionale per l’azienda.

Importanza del lavoro in team (alto, medio, basso):  basso 

Incidenza del lavoro in team:  basso 

Grado di indipendenza della propria figura professionale nel processo lavorativo:  alto 

Potere decisionale della propria figura professionale nel processo creativo:  indiretto 

Contatto diretto con cliente/utente finale:  Si 

Contatto diretto con fornitori/collaboratori esterni:  Si Identificare un verbo chiave con cui focalizzare la figura professionale:  trasversalizzare 

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PROGRAMMATORE MULTIMEDIALE 

Risponde a:  Responsabile produzione

Tipologia e titolo di studio:  laurea in discipline tecnico-informatiche, ma anche

diplomati Istituti tecnici elettronico-informatico

Definizione dell’occupazione lavorativa 

Finalità della posizione: si occupa soprattutto di ActionScript e linguaggi di

programmazioni per il web come php; si tratta di una “specializzazione” nel senso

che i programmatori più tradizionali o puri, che lavorano su C++, non rientrano

nella figura. Sono programmatori versatili che sappiano gestire tutti quei linguaggi

di actionscripting

“Dimensioni” della posizione: 

• Qualifica – Tecnico

• Incidenza nel fatturato – 20% 

• Incidenza nella produzione – Diretta 

• Collaboratori – no 

Principali attività richieste alla figura:  Le attività comprendono competenze audio, di

programmazione, contenutistiche, di managment, ecc..

I generale tutti i media si stanno fondendo, spesso c’è un utilizzo contemporaneo

di tv, radio e internet, i format stessi spesso vengono presi da un media e riadattati

ad un altro, per cui c’è bisogno delle competenze composite e trasversali.

L’evoluzione professionale ha seguito l’evoluzione dei media: dagli spot televisivi,

si passa per i videogiochi fino agli applicativi web, ecc.

Competenze, prerequisiti in ingresso e da sviluppare della figura professionale: 

Competenze informatiche: non sono limitate ai programmatori, anche chi si

occupa di tradurre o chi lavora sui suoni, ad esempio, deve saper gestire formati

differenti e saperli convertire in autonomia.

Considerato il campo complesso (esistono differenti tipi di formati e protocolli), è

richiesta una conoscenza degli stessi anche a chi non lavora direttamente sui

software. (la maggior parte delle volte queste competenze le si forma in azienda).

Competenze fonici: esistono differenti profili

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1. chi opera nella pubblicità ha competenze differenti da chi opera nei

videogiochi; il primo lavora su tracce musicali di 30 secondi che si

integrino con un flusso video (richiede più creatività in senso stretto)

2. il secondo lavora con migliaia di piccole tracce audio che agiscano in

modo dinamico nel corso del gioco (lavoro un po’ più metodologico e di

gestione dei dati). Si tratta anche di gestire differenti tipi di progetti con

diversi gradi di complessità.

In generale si tratta di profili abbastanza specializzati (a volte anche certificati), sia

che si tratti di fonici, di programmatori o di copyrighter, che pero’ devono avere

anche delle competenze tecniche trasversali (tecnologiche ed informatiche,).

Importanza del lavoro in team (alto, medio, basso):  medio

Incidenza del lavoro in team:  medio

Grado di indipendenza della propria figura professionale nel processo lavorativo:  medio

Potere decisionale della propria figura professionale nel processo creativo:  alto 

Contatto diretto con cliente/utente finale:  No 

Contatto diretto con fornitori/collaboratori esterni:  No 

Identificare un verbo chiave con cui focalizzare la figura professionale:  contaminare 

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BUZZ MANAGER  

Risponde a:  vertici aziendale, responsabile comunicazione

Tipologia e titolo di studio:  Laurea in sociologia; Scienze umanistiche e letteratura e/o

scienze della comunicazione ma anche design.

Definizione dell’occupazione lavorativa 

Finalità della posizione: gestire i social media ed allo stesso tempo mettere in atto,

“orchestrare”, un’efficace strategia adatta agli stessi.

“Dimensioni” della posizione: 

• Qualifica – manager di staff

• Incidenza nel fatturato – non evidente immediatamente, prospettiva oltre 20%

• Incidenza nella produzione – diretta

• Collaboratori – possono collaborare con la posizione figure specialistiche a

livello tecnico

Principali attività richieste alla figura:   usa e gestisce i new media, pianifica le

campagne di comunicazione assecondando i ritmi ed i cambiamenti rapidi della

rete. Segue e comprende i processi e gli strumenti della società tecnologica,

“ascoltando” e sperimentando i nuovi linguaggi. Costituisce una sintesi pratica

tra chi pianifica e chi mette in atto, in un unico ruolo, gli aspetti teorici, che le

competenze pratiche, al fine di orchestrare appunto tutti gli strumenti e “ reagire”

in modo rapido ed efficace ai cambiamenti del web.

Competenze, prerequisiti in ingresso e da sviluppare della figura professionale: 

La figura è orientata al futuro; ha un “impianto classico”: ottima base culturale e

conoscenza della società; conosce i mezzi e gli strumenti della rete e delle nuove

tecnologie correlate; possiede sensibilità “sperimentale”, sa provare e agire in

senso pratico; crea “rumore”, crea “attenzione”; fa parte della nuova generazione,

ha metabolizzato in modo completo le nuove tecnologie.

Importanza del lavoro in team (alto, medio, basso):  alto 

Incidenza del lavoro in team:  alto 

Grado di indipendenza della propria figura professionale nel processo lavorativo:  basso,

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in quanto interagisce trasversalmente con l’intero processo

Potere decisionale della propria figura professionale nel processo creativo:  elevanto 

Contatto diretto con cliente/utente finale:  no 

Contatto diretto con fornitori/collaboratori esterni:  si 

Identificare un verbo chiave con cui focalizzare la figura professionale:  orchestrare 

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REGISTA DIGITALE 

Risponde a:  Produttore

Tipologia e titolo di studio:  Tipologia e titolo di studio: Le competenze di base

possono essere acquisite a vari livelli. Di preferenza, tuttavia, ha una formazione

specifica orientata alla regia cinematografica, audiovisivi, ecc.

Definizione dell’occupazione lavorativa 

Finalità della posizione: Fonde nello stesso ruolo Direttore alla fotografia, regista e

soggettista, secondo le istanze imposte dalle nuove tecnologie 3D

“Dimensioni” della posizione: 

• Qualifica – Regista

• Incidenza nel fatturato – oltre il 30% 

• Incidenza nella produzione – elevata 

• Collaboratori – tutto lo staff di produzione collabora con la figura

Principali attività richieste alla figura:  Imposta e dirige gli impianti dei film, degli spot

televisivi, ecc. presupponendo in partenza l’utilizzo delle nuove tecnologie, in

modo da sfruttarle a dovere. “Racconta” i prodotti assecondando la tecnologia e

non adattandoli ad una tecnologia diversa. Imposta nuove strategie “discorsive”

sulla base dello sviluppo tecnologico.

Competenze, prerequisiti in ingresso e da sviluppare della figura professionale: 

Il regista digitale ha conoscenze di fotografia, di tecnologia, degli strumenti digitali

anche molto innovativi.

Importanza del lavoro in team (alto, medio, basso):  alto 

Incidenza del lavoro in team:  alto 

Grado di indipendenza della propria figura professionale nel processo lavorativo: alto e

diretto

Potere decisionale della propria figura professionale nel processo creativo:  alto e diretto

Contatto diretto con cliente/utente finale:  si 

Contatto diretto con fornitori/collaboratori esterni:  si 

Identificare un verbo chiave con cui focalizzare la figura professionale:  ripensare 

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PROGETTISTA di ALLESTIMENTI 

Risponde a:  Vertice aziendale. E’ anche un libero professionista

Tipologia e titolo di studio:   Architettura; nuove discipline con indirizzo relativo a

tecnologie e materiali, ma anche discipline relative alla comunicazione con

specializzazioni adeguate

Definizione dell’occupazione lavorativa 

Finalità della posizione: Progettazione e realizzazione di allestimenti d’innovazione

utilizzando i rapporti tra le 2 e le 3 dimensioni: grafica, architettura e multimedia

“Dimensioni” della posizione: 

• Qualifica – Nonostante la definizione, è sostanzialmente un manager

• Incidenza nel fatturato – superiore al 30%

• Incidenza nella produzione – diretta

• Collaboratori – interagisce e riceve collaborazione da e con tutti i livelli

operativi di riferimento

Principali attività richieste alla figura:   E’ contemporaneamente un esperto in molte

situazioni ed un grande regista capace di tenere insieme professioni diverse e i vari

professionisti che collaborano alla realizzazione dell’allestimento, dagli attori agli

elettricisti. Ha capacità di dare risposte complesse e mediare tra i vari livelli

organizzativi.

Competenze, prerequisiti in ingresso e da sviluppare della figura professionale: 

La figura utilizza tecniche di comunicazione che valorizzino la libertà del visitatore,

anche per comunicare elementi molto puntuali. Conosce ed applica la finitura

artigianale ed è in grado di utilizzare la manualità nella produzione, coniugandoli ai

concetti di produrre innovando. Divulgazione e comunica attraverso una

semplificazione di elementi complessi.

Importanza del lavoro in team (alto, medio, basso):  alto 

Incidenza del lavoro in team:  alto 

Grado di indipendenza della propria figura professionale nel processo lavorativo:  medio 

Potere decisionale della propria figura professionale nel processo creativo:  alto 

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Contatto diretto con cliente/utente finale:  si 

Contatto diretto con fornitori/collaboratori esterni:  in parte

Identificare un verbo chiave con cui focalizzare la figura professionale:  manipolare 

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MODELLISTA di GIOCATTOLI 

Risponde a:  Responsabile progettazione e Art Director

Tipologia e titolo di studio:  Accademie di design; Istituti tecnici; lauree ad indirizzo

tecnico progettuale

Definizione dell’occupazione lavorativa 

Finalità della posizione: presentazione ai clienti del processo di creazione del

prototipo che sottende l’idea progettuale

“Dimensioni” della posizione: 

• Qualifica – tecnico/progettista

• Incidenza nel fatturato – tra 10 e 20 %

• Incidenza nella produzione – media 

• Collaboratori – no 

Principali attività richieste alla figura:   il modellista è un lavoro con molta manualità

(saper disegnare) coniugata con la necessita di saper usare determinati

macchinari. La figura utilizza gli “strumenti”, siano essi tecnologici ovvero empirici

ma dedicandosi all’utilizzo degli stessi in modo continuativo e sistematico.

Competenze, prerequisiti in ingresso e da sviluppare della figura professionale: 

Modellazione digitale (Rinho; Pro E; Maya; 3dStudioMax; pacchetto Adobe

grafica 2d; etc.). Conoscenza generale di elementi dei processi di design e

caratteristiche dei materiali. Gestione completa strumenti di progettazione,

modellistica e prototipizzazione.

Importanza del lavoro in team (alto, medio, basso):  alto 

Incidenza del lavoro in team:  alto 

Grado di indipendenza della propria figura professionale nel processo lavorativo:  basso 

Potere decisionale della propria figura professionale nel processo creativo:  basso 

Contatto diretto con cliente/utente finale:  si interfaccia con responsabili marketing e

R&S della committenza

Contatto diretto con fornitori/collaboratori esterni:  no 

Identificare un verbo chiave con cui focalizzare la figura professionale:  disegnare 

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COMMUNITY MANAGER  

Risponde a:  Alta Direzione

Tipologia e titolo di studio:   Laurea in Sociologia; Filosofia, con competenze

specifiche relative al web; ovvero in discipline tecniche con ottima base culturale.

Definizione dell’occupazione lavorativa 

Finalità della posizione: Finalità della posizione: responsabile delle comunità virtuali,

in grado di entrare in una community, conoscerne il linguaggio, le dinamiche e gli

strumenti di interattività al fine di favorire uno scambio più dinamico e interattivo

“Dimensioni” della posizione: 

• Qualifica – Manager/Direttiva

• Incidenza nel fatturato – 15-20% 

• Incidenza nella produzione – 15-20% 

• Collaboratori – non necessariamente 

Principali attività richieste alla figura:   Il community manager comunica un brand on

line, utilizzado i Social media, ovverosia media utilizzato per interazioni sociali

avvalendosi di tecnologie basate sul web. Supporta la democratizzazione della

conoscenza e dell’informazione e trasformando i consumatori di contenuti in

produttori di contenuti. Il C.M. permette di aumentare le possibilità di raggiungere

un grosso numero di consumatori in un numero sempre maggiore di paesi.

Competenze, prerequisiti in ingresso e da sviluppare della figura professionale: 

Ottima conoscenza della rete in tutti i suoi aspetti. Utilizzo di Myspace, Facebook e

Twitter, comunemente usati per socializzare e connettere amici, parenti e

dipendenti. Comunicare con tutti i blogger, gestire una rassegna stampa

scaricando da pagine ondine. Gestione strategica di mailing list, i forum di

discussione, i newsgroup, le chat

Importanza del lavoro in team (alto, medio, basso):  medio 

Incidenza del lavoro in team:  medio 

Grado di indipendenza della propria figura professionale nel processo lavorativo:  alta 

Potere decisionale della propria figura professionale nel processo creativo:  media 

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Contatto diretto con cliente/utente finale:  si 

Contatto diretto con fornitori/collaboratori esterni:  no 

Identificare un verbo chiave con cui focalizzare la figura professionale:  confinare 

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 ARCHITETTO CULTURALE 

Risponde a:  Responsabile produzione 

Tipologia e titolo di studio:  Architettura; Dams; Discipline sociali

Definizione dell’occupazione lavorativa 

Finalità della posizione: Finalità della posizione: L’architetto culturale è colui che

realizza l’ impianto per un evento connettendo gli aspetti “fisici” dell’evento stesso,

con altre metodologie quali lo streaming , il barcamp, ecc.

“Dimensioni” della posizione: 

• Qualifica – Middle Manager 

• Incidenza nel fatturato – attorno al 20% 

• Incidenza nella produzione – attorno al 20% 

• Collaboratori – riceve collaborazione anche non funzionalmente diretta da

tutto il team di allestimento

Principali attività richieste alla figura:   L ‘A.C. gestisce i diversi aspetti operativi

connettendo le diverse competenze: dall’organizzazione, alla logistica, alla parte

tecnologica, all’ufficio stampa, ecc.

Competenze, prerequisiti in ingresso e da sviluppare della figura professionale: 

Interfaccia per gli eventi; collegamento tra gli aspetti più strettamente tecnici e

quelli di tipo “intrinseco” dell’evento; pluricompetenze che da un lato

arricchiscono l’evento , dall’altro aumentano la complessità generale della gestione

dell’evento

Importanza del lavoro in team (alto, medio, basso):  alto 

Incidenza del lavoro in team:  alto 

Grado di indipendenza della propria figura professionale nel processo lavorativo:  medio 

Potere decisionale della propria figura professionale nel processo creativo:  medio 

Contatto diretto con cliente/utente finale:  si 

Contatto diretto con fornitori/collaboratori esterni:  si 

Identificare un verbo chiave con cui focalizzare la figura professionale:  Funzionare

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STYLIST DIRECTOR EDITORIALE

Risponde a:  Top Management

Tipologia e titolo di studio:  Preferibilmente Laurea in architettura o tecnica con solide

basi culturali

Definizione dell’occupazione lavorativa 

Finalità della posizione: Adattare la produzione editoriale ai cambiamenti tecnologici

e ai “gusti” del mercato

“Dimensioni” della posizione: 

• Qualifica – E’ tendenzialmente un libero professionista

• Incidenza nel fatturato – elevata 

• Incidenza nella produzione – elevata 

• Collaboratori – Sia diretti che trasversalmente alla produzione

Principali attività richieste alla figura:   La figura si pone quale “saldatura” tra le

posizioni di Grafico Art Director ed Editor, inteso nell’accezione anglosassone di

tale attività.Suo scopo principale, dovrebbe consistere nel rendere un “oggetto di

valore” il prodotto editoriale, tale che il fruitore finale desideri “conservarlo” (Es.

riviste Domus , Monocle , etc.). Si tratta pertanto di un’incidenza importante nella

costruzione della cosidetta catena del valore.

Competenze, prerequisiti in ingresso e da sviluppare della figura professionale: 

La figura descritta ha conoscenze e capacità di tipo grafico e progettuale, ma

anche fortemente orientate ai concetti di mktg strategico e alla conoscenza dei

materiali, in particolare di quello cartaceo, nonché agli aspetti di R&S ad essi

connessi. Ai fini del raggiungimento degli obiettivi di posizione sopra descritti,

risulta infatti importante anche l’aspetto “tattile” e visivo del prodotto editoriale.

Importanza del lavoro in team (alto, medio, basso):  alto 

Incidenza del lavoro in team:  alto 

Grado di indipendenza della propria figura professionale nel processo lavorativo:  alto 

Potere decisionale della propria figura professionale nel processo creativo:  alto 

Contatto diretto con cliente/utente finale:  no 

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Contatto diretto con fornitori/collaboratori esterni:  si 

Identificare un verbo chiave con cui focalizzare la figura professionale:  valorizzare 

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MANAGER EDITORIALE MULTILINGUAGGIO

Risponde a:  Direttore editoriale

Tipologia e titolo di studio:  Laurea in discipline sia tecniche (ingegneria informatica),

sia umanistiche (sociologia-psicologia- mktg)

Definizione dell’occupazione lavorativa 

Finalità della posizione: “Trasmigrare” i contenuti del prodotto editoriale sul web,

secondo le logiche intrinseche di questo linguaggio

“Dimensioni” della posizione: 

• Qualifica – Manager/Libero professionista

• Incidenza nel fatturato – Alta sul versante dello sviluppo del mercato Web

• Incidenza nella produzione – Alta sul versante dello sviluppo del mercato Web

• Collaboratori – non necessariamente diretti 

Principali attività richieste alla figura:   E’ sempre maggiore lo sviluppo dei prodotti

editoriali sul web. Spesso tuttavia si tratta di un mero posizionamento nella rete dei

contenuti predisposti sulla carta stampata e secondo logiche della carta stampata.

La figura, quindi, rivestirebbe il compito di “plasmare” gli stessi contenuti,

seguendo metodologie, “linguaggi”, aspetti intrinseci del e per il mercato di

riferimento del linguaggio di rete.

Competenze, prerequisiti in ingresso e da sviluppare della figura professionale: 

La figura possiede competenze trasversali, in quanto ha l’obiettivo di “far stare in

equilibrio” il prodotto editoriale tra i vari linguaggi. Essa conosce quindi i prodotti

editoriali tradizionali, ma conosce anche e soprattutto il contesto della rete e le sue

modalità espressive. Conosce anche il mercato, e gli aspetti socio-psicologici

correlati.

Importanza del lavoro in team (alto, medio, basso):  medio 

Incidenza del lavoro in team:  medio 

Grado di indipendenza della propria figura professionale nel processo lavorativo:  media 

Potere decisionale della propria figura professionale nel processo creativo:  alto 

Contatto diretto con cliente/utente finale:  indiretto 

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Contatto diretto con fornitori/collaboratori esterni:  no 

Identificare un verbo chiave con cui focalizzare la figura professionale:  equilibrare 

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CREATIVO di CULTURA  

Risponde a:  Amministratore Delegato e Direttore Marketing e Comunicazione

Tipologia e titolo di studio:  accademia delle belle arti / o conservatorio / umanistiche

ed economia

Definizione dell’occupazione lavorativa 

Finalità della posizione: ricercare e creare attività commerciali basate su cultura per

l’industria entertainment

“Dimensioni” della posizione: 

• Qualifica – Direttore di progetto o “ Direttore Creativo “ 

• Incidenza nel fatturato – Alta – Genera essa stessa fatturato

• Incidenza nella produzione – studio progettuale e focus sul target del bene di

consumo

• Collaboratori – segretari di produzione e redazione di ricerca

Principali attività richieste alla figura:   creare e ideare contenuti nei contesti di

affluenza, in luoghi dove sia possibile fruire arte e cultura, come ad esempio in

attività culturali legate al patrimonio al territorio e al turismo culturale rivolto a

comuni , associazioni , fondazioni e/o finalizzato al found resing.

Competenze, prerequisiti in ingresso e da sviluppare della figura professionale: 

conoscenza del territorio del patrimonio culturale/storico; conoscenza delle

potenzialità e dei deterrenti territoriali e logistici progettuali; capacità di rendere

semplice l’approccio delle masse alla cultura , usando un linguaggio semplice e

affascinante.

Importanza del lavoro in team (alto, medio, basso):  alto 

Incidenza del lavoro in team:  medio 

Grado di indipendenza della propria figura professionale nel processo lavorativo:  alta 

Potere decisionale della propria figura professionale nel processo creativo:  media 

Contatto diretto con cliente/utente finale:  media 

Contatto diretto con fornitori/collaboratori esterni:  alta 

Identificare un verbo chiave con cui focalizzare la figura professionale:  sviluppare 

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DIRETTORE di PRODUZIONE DIGIAL CARTOONS 

Risponde a:  Alta Direzione

Tipologia e titolo di studio:  Tendenzialmente Dams; Accademie Belle Arti, ma anche

Architettura e/o Alte Scuole di grafica

Definizione dell’occupazione lavorativa 

Finalità della posizione: Coordinamento produzione prodotti di animazione

“Dimensioni” della posizione: 

• Qualifica – Manager 

• Incidenza nel fatturato – Medio/Alta

• Incidenza nella produzione – Alta

• Collaboratori – figura che si interfaccia trasversalmente con tutto il processo

produttivo 

Principali attività richieste alla figura:   Organizzare e “assemblare” i fattori produttivi

propri dei processi della produzione della cinematografia di animazione.

Competenze, prerequisiti in ingresso e da sviluppare della figura professionale: 

Il Direttore di produzione cartoons conosce senz’altro le tecniche e metodologie

del disegno a fumetti e del disegno animato; queste competenze vanno sviluppate

e integrate nel quadro ei processi produttivi di riferimento.

Importanza del lavoro in team (alto, medio, basso):  alto 

Incidenza del lavoro in team:  alto 

Grado di indipendenza della propria figura professionale nel processo lavorativo:  bassa 

Potere decisionale della propria figura professionale nel processo creativo:  basso 

Contatto diretto con cliente/utente finale:  no 

Contatto diretto con fornitori/collaboratori esterni:  si 

Identificare un verbo chiave con cui focalizzare la figura professionale:  amalgamare 

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BIBLIOGRAFIA 

 Aldo Bonomi, Le tribù creative nella città infinita, A.A.STER, 2010

  Walter Santagata,  Libro bianco sulla creatività. Per un modello italiano di sviluppo,

Milano, Università Bocconi editore, 2009

Matteo Pasquinelli,   Animal Spirits: A Bestiary of the Commons, Rotterdam: NAi

Publishers / Institute of Network Cultures, 2008

Don Tapscott e Antony Williams, Wikinomics: How Mass Collaboration Changes Everything, Etas, 2007

Giovanna Amadasi, Severino Salvemini,   La città creativa – una nuova geografia di 

 Milano, Egea, 2005

Richard Florida, Irene Tinagli, L’Italia nell’Era Creativa, 2005

Frank Levy, Richard Murnane, The  New Division of Labor: How computers are creating

the new job market, Princeton University Press, 2004 

Richard Florida, L’ascesa della nuova classe creativa, Mondadori, 2002 

Jeremy Rifkin, L’era dell’accesso, Oscar Mondadori, 2001

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RINGRAZIAMENTI

Il presente studio è stato realizzato grazie alla gentile disponibilità di numerosi

professionisti, esperti ed accademici.

Un ringraziamento speciale va a:

 Aldo Colonetti (Direttore scientifico dello IED)

 Alessandro Guerriero (Presidente e direttore artistico di NABA)

Franco Origoni (Studio Origoni e Steiner)

Gian Luca Beccari (Argilla Produzioni)

Gianluigi Colin (Art Director Corriere della Sera)

Giorgio Papetti (Jinglebell Communication)

Isa Medola e Pietro Riolo (PRM Design)

Jacopo Perfetti (Art Kitchen)

Liliana Forina (Cross Creative)

Lodovico Gualzetti (Magut Design)

Maria Grazia Mattei (Fondatrice MGM Digital Communication)

Mauro Del Corpo (Presidente M&C Maketing e Comunicazione)

Milka Pogliani (Direttore Creativo Esecutivo McCann)

Paola Arosio (Camera Nazionale della Moda Italiana)

Stefania Casacci (Dissociate)

Tanja Solci (Tanja Solci Studio)

2Roads s.r.l

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