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3

Credits pag. 4

Presentazione pag. 5

Storia dell’energia pag. 7

Fotovoltaico pag. 15

Eolico pag. 29

Idrogeno pag. 37

Biomasse pag. 43

Clima pag. 61

Cambiamenti strutturali e risparmio energetico pag. 79

Appendice pag. 92

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LE CLASSI: 5A - Serena Bacioccola, Mohamed Barrow Abukar, Giorgia Bizzarri, Rodolfo Cecchetti, Giulia Cecchini, Laura Ceccuzzi, Livio Conticelli, Gessica Corapi, Ester Di Silverio, Davide Gioè, Tommaso Lesti, Deborah Mattioli, Lucia Medici, Marina Moretti, Francesco Palomba, Francesco Papalini, Federica Pierini, Linda Pierotti, Gaia Tegliucci, Cristina Toccaceli, Viola Vitalesta 5B - Chiara Alfonsi, Neda Babazedeh, Bacherini Giulia, Casciari Martina, Lucia Ercolanelli, Amerigo Grieco, Stefano Luciani, Mattia Maggiulli, Alessandro Man-gili, Silvia Mezzasoma, Letizia Pompili, Andrea Ricci, Maria Maddalena Rondoni, Letizia Sylla Sirà 5C - Elisa Ammiti, Martina Baiocco, Francesco Bellini, Michele Bietta, Melania Civicchioni, Edith Encanacion Coloma, Arianna Dolciami, Marika Ferraldeschi, A-lessia Galmacci, Jessica Giansanti, Chiara Marcellano, Lessio Menichetti, Simone Ottavi, Valentina Pacelli, Giulia Pellegrini, Viola Presciutti, Simona Vento GLI INSEGNANTI DEI CONSIGLI DI CLASSE: Prof. Alfonso Antognoni, prof.ssa Serena Arcelli, prof.ssa Wilma Baldoncini, prof.ssa Carla Boccali, prof. Maurizio Bracardi, prof.ssa Luisa Buglioni, prof.ssa Daniela Caravaggi, prof.ssa Filomena Ferrigno, prof. Antonio Flamini, prof.ssa Simona Gallizioli, prof.ssa Alessandra Gallo, prof. Giovagnoli Nazareno, prof.ssa Paola Grasselli, prof.ssa Marta Mattei, prof.ssa Silvana Musolino, prof.ssa Stefania Narciso, prof. Antonello Penna, prof.ssa Patrizia Piccini, prof.ssa Loredana Presciutti, prof.ssa Nadia Rambotti, prof. Rino Regnicoli, prof.ssa Jumara Ricciarello, prof.ssa Simonetta Roselletti, prof. Francesco Rossi, prof. Giuseppe Ros-si, prof. Piergiovanni Rossi, prof.ssa Mirella Rotolo, prof.ssa Cristiana Sartoretti, prof.ssa Patrizia Simonini, prof. Remo Stafficci, prof.ssa Annalisa Storti, prof. Giovanni Tassi, prof.ssa Mirella Tintillini, prof. Francesco Uccellani, prof.ssa Volumnia Vitali, prof. Marcello Volpi. TUTOR: Stefania Narciso DIRIGENTE SCOLASTICO: Rosella Neri Gruppo di lavoro “Biomasse” seguito da: Jumara Ricciarello, Mirella Tintillini Gruppo di lavoro “Clima” seguito da: Daniela Caravaggi, Filomena Ferrigno, Antonello Penna Gruppo di lavoro “Eolico” seguito da: Stefania Narciso, Giovanni Tassi Gruppo di lavoro “Fotovoltaico” seguito da: Loredana Presciutti, Giuseppe Rossi Gruppo di lavoro “Idrogeno” seguito da: Simona Gallizioli, Patrizia Piccini Gruppo di lavoro “Scuola” seguito da: Piergiovanni Rossi PROGETTO GRAFICO: Rossana Baglioni

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L’Educazione Ambientale è il grande tema del quale gli alunni delle

classi quinte A/B/C dell’Indirizzo Biologico dell’”ITAS” Giordano Bru-

no, sono partiti per rispondere alla loro domanda di ricerca

sull’Educazione all’energia sostenibile, attraverso un percorso carat-

terizzato dal metodo della “ricerca-azione”. Il progetto, che si con-

clude dopo due anni scolastici di ricerca fatta lavorando soprattutto

in gruppi, ha come obiettivo principale lo sviluppo delle capacità criti-

che nei confronti delle informazioni raccolte, seguendo un percorso

formativo nel quale lo studente diventa il soggetto centrale

dell’attività didattica. In effetti le ragazze e i ragazzi che hanno pre-

so parte a questa ricerca, di cui trovate una sintesi nelle parti che se-

guono, curata con l’aiuto dei rispettivi Consigli di classe, hanno dimo-

strato di possedere buone doti di autonomia organizzativa coinvolgen-

dosi a vicenda soprattutto in quelle attività in cui si sentivano più di-

rettamente chiamati in causa sul piano della riflessione personale. I-

noltre il Progetto è servito a sviluppare qualità dinamiche quali la co-

struzione di un proprio punto di vista motivato, l’indipendenza di giudi-

zio, la capacità di fare scelte anche in condizioni di incertezza e la

disponibilità ad assumersi responsabilità. In ultimo, quale Tutor del

Progetto, mi piace sottolineare la particolare collaborazione di colle-

ghi e tecnici che hanno seguito e guidato i lavori di gruppo con profes-

sionalità e competenza.

Prof.ssa Stefania Narciso

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… UN PO’ DI STORIA DELL’ENERGIA IN ITALIA Ancora nel 1850 la legna da ardere, il carbone da legna e la paglia, co-stituivano le principali fonti di energia in ogni parte del mondo. La transizione ad energia solare fossile, vale a dire ai combustibili fossili, carbone prima, petrolio e gas poi, quali fonti della produzione di calore e vapore per alimentare i primi motori, fu completata in Europa solo prima della seconda guerra mondiale. Per quanto riguarda l’Italia, fu il “carbone bianco”, cioè l’energia idrica dei bacini alpini a contribuire all’industrializzazione italiana alla fine dell’800. Infatti, l’Italia, a causa della mancanza di carbone, perse l’appuntamento con la rivoluzione industriale degli anni 50 dell’800, basata sul ferro e sull’acciaio. La produzione di energia elettrica in Italia ebbe inizio con la costruzione dell’impianto termoelettrico di Santa Radegonda messo in esercizio a Milano l’8 marzo 1883. L’industria elettrica italiana si sviluppò grazie all’energia idrica: il pri-mo grande impianto elettrico in Europa fu costruito a Paderno d’Adda nel 1898 dalla Edison. La spinta all’uso di questa energia venne dalle possibilità offerte dalla corrente alternata, che consentiva di tra-sportare economicamente l’energia elettrica sulle lunghe distanze e di sfruttare le risorse idriche delle Alpi evitando cosi di dipendere dal carbone di importazione. L’Italia fu anche il primo paese che dimostrò, nel 1904, la possibilità di produrre energia elettrica dalla fonte geo-termica. Dal 1883 al 1914 la produzione elettrica aumentò del 28%, la maggior parte di origine rinnovabile. Tra il 1913 e il 1915 furono avvia-

te nuove produzioni geotermiche su larga scala, nel 1914 l’idroelettricità contribuiva per il 74%, mentre i piccoli impianti ter-moelettrici venivano utilizzati come riserva. La prima guerra mondiale rivelò la dipendenza dell’Italia dai combusti-bili fossili di importazione, in particolare dal carbone. Gli sforzi fatti nel 1917/1918 per incrementare la produzione nazionale, sfruttando le scarse risorse dei fossili del paese, la legna da ardere, il carbone di legna e le risorse idriche, al fine di rimpiazzare il carbone, non impe-dirono una seria crisi energetica. La penuria di energia portò a taglia-re le foreste e a utilizzare tutti i residui delle lavorazione agricole, al fine di alimentare gli impianti di produzione elettrica e di calore . Per produrre quest’ultimo fu utilizzata anche l’elettricità di origine idrica, la potenza degli impianti idroelettrici raddoppiò. A seguito della crisi energetica sofferta durante la guerra, il comitato per i combustibili nazionali e il comitato per l’industria chimica, raccomandarono che l’Italia avrebbe dovuto, al fine di garantire la propria indipendenza energetica, impegnarsi in 3 direzioni, tutte direttamente o indiretta-mente connesse all’utilizzo di energia solare: • Aumentare la produzione idroelettrica; • Aumentare la produzione di alcool per alimentare i motori mobili e fissi; • Aumentare l’utilizzo del legno nelle costruzioni e per la produzione di calore. L’interesse per le energie rinnovabili trovò un terreno fertile nelle po-litiche autarchiche del regime fascista.

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Dopo la seconda guerra mondiale, il piano Marshall a sostegno della ricostruzione diede uno speciale impulso all’installazione di nuovi im-pianti termoelettrici. Tra il 1956 e il 1965, per la prima volta, la poten-za sviluppata in impianti con combustibili fossili cominciò a superare quella in impianti idroelettrici. Le nuove politiche erano mirate ad assicurare rifornimenti energetici, attraverso l’importazione dei combustibili fossili e lo sviluppo dell’energia nucleare; quest’ultima avrebbe dovuto contribuire ed assi-curare l’indipendenza energetica del paese. La produzione idroelettri-ca da più dell’80% del totale nel 1955, scese al 56% nel 1965 e sotto il 30% nel 1980. L’utilizzo del petrolio negli impianti termoelettrici passò invece dal 6% nel 1955 a oltre il 60% nel 1980. L’interesse per l’energia solare continua a restare confinato tra pochi pionieri fino alla prima crisi petrolifera del 1973; subito dopo, il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) avviò il Progetto Finalizzato Energetica (PFE1) che, insieme al PFE2, fu il più grande sforzo mai fatto in Italia per promuovere la cultura energetica e comprese un importante impegno anche sul risparmio energetico, l’efficienza energetica e l’energia sola-re. Agli inizi degli anni 90, l’Italia era il più avanzato paese europeo nell’applicazione delle energie fotovoltaiche, e l’uso dell’energia eolica era meno diffuso rispetto ad altri paesi europei. Con la diminuzione dei prezzi del petrolio, molte delle iniziative citate sopra furono veloce-mente dimenticate; negli anni 90 invece vi fu un rinato interesse per l’energia solare in Italia, soprattutto a seguito delle preoccupazioni di natura ambientale.

1981: nasce il termine “Energie rinnovabili” Agostino Capocaccia dell’Università di Genova sede, dai primi anni ses-santa del novecento con la stazione solare di S. Ilario, delle straordi-narie invenzioni di prototipi e impianti solari di Giovanni Francia, in un suo articolo su “il Sole e l’Uomo” del 1972 suddivide le fonti di energia in due grandi categorie: a) fonti a riserva finita b) fonti a riserva infinita termini che passarono in secondo piano con il primo shock petrolifero del 1973 attraverso l’introduzione del termine “energie alternative”, oggi spesso utilizzato per indicare le energie di origine solare, ma che all’epoca si riferiva a tutte le forme di energia alternativa al petrolio, nucleare incluso. Nell’agosto del 1981 si tenne a Nairobi “The United Nations Conference on New and Renewable Sources of Energy”. Si trattò, dopo la conferenza sulle nuove fonti di energia del 1961 di Roma, (il cui impatto fu limitato anche per i bassi prezzi del petrolio) del primo grande evento internazionale sulle energie pulite sotto l’egida delle Nazioni Unite, che al tempo mosse grandi aspettative di trasformazione del sistema energetico mondiale, anche sotto la spinta degli alti prezzi del petrolio. Vi parteciparono 125 paesi, con l’inter-vento di capi di stato e di governo, e un vasto numero delle agenzie delle Nazioni Unite e di organizzazioni internazionali. Con la con-ferenza di Nairobi viene introdotto il termine “energie rinnovabili”, un termine che a tutt’oggi é forse il più utilizzato.

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“Sviluppo sostenibile”. Il concetto di sviluppo sostenibile fu coniato essenzialmente nel 1987 dalla Commissione Mondiale per l’ambiente e Sviluppo (World Commis-sion on Environment and Development), della Commissione Bruntland per il nome della sua Presidente. Il concetto fu così definito nel rapporto finale, Our Common Future. “Sviluppo sostenibile è quel modello di sviluppo che soddisfa le neces-sità presenti senza compromettere la capacità delle generazioni futu-re di soddisfare le proprie” (World Commission on Environment and Development, 1987). Il concetto di sviluppo sostenibile nasce dal riconoscimento che i pro-blemi di politica ambientale, economica e sociale non possono essere affrontati separatamente. Il concetto dello sviluppo secondo cui si de-vono affrontare i problemi ambientali dopo che è stato raggiunto lo sviluppo economico e sociale non ha funzionato; sono emerse delle ne-cessità di integrazione. Le diverse correnti di pensiero insistono tutte su un insieme di punti chiave delle politiche (Wuppertal Institut, 1997): 1. Il concetto di gestione ecologica dello spazio ambientale – ovvero dell’insieme di conservazione della natura, mantenimento della qualità degli ecosistemi e dei geosistemi e gestione delle risorse ambientali sotto il limite della loro capacità di rigenerazione;

2. Il concetto di giustizia sociale dello spazio ambientale - ovvero la tutela delle generazioni future che si poggia su principi di equità tra tutti gli esseri umani viventi e futuri. L’orizzonte temporale del pro-cesso di politiche per la sostenibilità dello sviluppo è di medio – lungo periodo, anche perché la sostenibilità è una condizione dinamica da raggiungere mediante un processo di continuo miglioramento dell’ambiente locale.

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Mettiamo a confronto: Fonti di energia fossili (petrolio, carbone, catrame, gas) • Limitate (le risorse presenti nel mondo stanno per esaurirsi). • Causano inquinamento atmosferico ed emissioni di CO2 e gas ser-

ra. • Localizzate solo in pochi paesi (tensioni geopolitiche e conflitti). • Rischi durante il trasporto (petroliere, oleodotti…) • Rappresentano il passato.

Fonti di energia rinnovabili • Illimitate (il sole, l’ acqua, il vento,la geotermia sono rinnovabili). • Non inquinano, non emettono anidride carbonica/gas a effetto

serra. • Sono ovunque: ”Il sole splende in tutto il mondo”. • Nessun rischio di trasporto. • Costituiscono il futuro.

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Quali sono le fonti rinnovabili Per fonti possiamo intendere in generale:sole,vento,risorse idriche, risorse geotermiche, le maree, il moto ondoso, materiali e rifiuti orga-nici o inorganici. Da queste risorse dunque possiamo trarre dei vantaggi considerevoli se solo sapremmo sfruttarli adeguatamente. Tutte queste fonti rinnovabili possono sicuramente farci ottenere molti vantaggi sia per noi che per le generazioni future. Con l’ andare del tempo inoltre i costi per la realizzazione dei vari im-pianti scenderanno notevolmente consentendo a chiunque di realizzare il proprio impianto senza costi eccessivi. Perché utilizzare le fonti rinnovabili Il perché utilizzare le fonti rinnovabili è molto semplice! Le fonti rinnovabili non inquinano, sono inesauribili, contribuiscono a tenere pulito il nostro pianeta, fanno risparmiare, ed attualmente sono incentivate in varie forme sia dallo Stato Italiano che da gli Enti locali. Lo stato prevede ad esempio degli incentivi sia per quanto riguarda i pannelli fotovoltaici (generatori di energia elettrica) sia per quanto riguarda i collettori solari più comunemente chiamati pannelli solari. Alcune amministrazioni locali inoltre incentivano la diffusione degli im-pianti solari concedendo svariati benefici quali: riduzione dell’ imposta Ici, concessioni di volumetrie maggiori, sconti sugli oneri concessori

(Bucalossi ) ecc… Sia l’ impianto fotovoltaico che quello del collettore solare hanno biso-gno di pochissima manutenzione, sono silenziosi, sono incentivati dalle leggi, non inquinano, ecc… Perché le fonti rinnovabili sono così attuali Le fonti rinnovabili sono così attuali perché il problema dell’ inquina-mento stà a cuore a tanti. Anche se un po’ in ritardo ci si stà accorgendo che l’ambiente va difeso in ogni modo. Il problema dell’ inquinamento va affrontato al più presto con soluzioni innovative che possono sicuramente ritrovarsi nelle fonti energetiche alternative. L’Italia e le energie rinnovabili L’Italia sta muovendo ora i primi passi in questo settore e quindi si trova indietro rispetto ad altre nazioni europee che hanno colto il pro-blema molto prima. L’Italia per la sua posizione potrebbe sfruttare molto bene l’ energia solare; molto di più di altri stati che si trovano molto più a nord (Germania, Scozia). In Germania ad esempio gli impianti fotovoltaici esistono già da tanti anni, grazie soprattutto ad una politica di forti incentivi che ha fatto si che molti privati installassero i propri impianti solari.

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Gruppo di lavoro: Michele Bietta, Laura Ceccuzzi, Lucia Ercolanelli, Simone Ottavi, Letizia Pompili, Viola Presciutti, Cristina Toccaceli, Viola Vitalesta (alunni)

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DEFINIZIONE E FUNZIONE DEL SISTEMA FOTOVOLTAICO Il sistema fotovoltaico è un insieme di componenti che, uniti tra di lo-ro, sono in grado di trasformare direttamente e istantaneamente l’energia solare in energia elettrica senza bisogno di combustibile, sfruttando alcuni materiali semiconduttori tra cui il silicio (Si) oppor-tunamente trattari, che generano elettricità. Esso è costituito da: 1. Generatore fotovoltaico, costituito da un insieme di moduli formati da un insieme di celle. Più moduli formano un pannello (struttura anco-rabile al suolo o all’edificio). Un insieme di pannelli costituiscono una stringa, il generatore fotovoltaico è costituito da un insieme di strin-ghe. 2. Sistema di condizionamento e di controllo della potenza, è costi-tuito da un inverter che trasforma, dai moduli, la corrente continua in corrente alternata, dove sono presenti il sistema refrigeratore, il si-stema di rifasamento e di filtraggio. L’energia elettrica prodotta non è costante, perciò occorre o collegare gli impianti alla rete elettrica di distribuzione nazionale, oppure utilizzare il sistema di accumulo di e-nergia elettrica che la rendano disponibile nelle ore di soleggiamento insufficiente. 3. Accumulatore di energia 4. Batteria 5. Struttura di sostegno

IL SOLARE TERMODINAMICO IN RELAZIONE CON IL SOLARE FOTOVOLTAICO La trasformazione diretta dei raggi solari in energia elettrica avviene per mezzo dell’effetto fotovoltaico, attraverso l’utilizzo di celle solari in silicio sistemate genericamente sui tetti delle abitazioni. Le celle solari più diffuse sono di due tipi: a cristalli di silicio o a film sottile. Le celle a cristalli di silicio garantiscono un’efficienza doppia rispetto alle celle a film sottile, ma sono molto più costose. L’energia elettrica prodotta dall’impianto fotovoltaico non viene utiliz-zata direttamente dall’abitazione su cui esso viene posto, ma viene im-messa nella rete elettrica locale, che prevede l’istallazione di un secon-do contatore che conteggia solo l’energia prodotta dal pannello foto-voltaico. Il fotovoltaico ha avuto negli anni un enorme sviluppo soprattutto in Germania, diventando leader di incentivi ai privati che vogliono istalla-re dei pannelli fotovoltaici sul tetto di casa.

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Oltre al sistema fotovoltaico e solare termico esistono altre tecnolo-gie dette “a concentrazione” basate sulla cattura della luce solare con un sistema ottico che convoglia i raggi del sole su un pannello. I con-centratori parabolici usano specchi parabolici riflettenti, a forma di disco concavo, per focalizzare la luce su un sistema ricevente montato nel fuoco del disco. Un’ulteriore applicazione particolare dei sistemi a concentrazione è stata sviluppata dal premio Nobel Carlo Rubbia, con un progetto di so-lare termodinamico ispirato a quanto successe a Siracusa nel 212 a.C. quando Archimede utilizzò degli specchi per dirigere i raggi del sole in una rete di tubi in cui veniva fatta scorrere una miscela di sali (60% di nitrato di sodio NaNO3 e 40% di nitrato di potassio KNO3) riscaldabile fino a 550°C. Ogni specchio, con una apertura di 5,70 m circa, concentra il calore del sole su un tubo posto nel fuoco della parabola, formando una struttura coassiale di due cilindri concentrici, un tubo di vetro esterno di 11,5 centimetri di diametro e uno di acciaio, interno, di 7 centimetri di dia-metro, all’interno del quale, a sua volta, scorre un fluido in grado di im-magazzinare elevate quantità di calore. Dal serbatoio i sali vengono inviati a un scambiatore di calore, dove viene prodotto vapore che, come nelle centrali elettriche tradizionali, aziona una turbina generando energia elettrica. Il fluido, che ha ceduto parte del suo calore, viene convogliato in un serbatoio freddo a 290°C e quindi immesso nel ciclo. Il calore accumu-lato nel serbatoio caldo compensa le irregolarità dell’irraggiamento

solare e favorisce energia anche di notte. Si tratta di una tecnologia che sarà matura fra una diecina di anni e potrà alimentare un’intera cittadina senza far ricorso ad altro tipo di fonti energetiche. APPLICAZIONE DEL FOTOVOLTAICO Il fotovoltaico appare, almeno nel lungo periodo, tra le più promettenti tecnologie "rinnovabili" in grado di produrre energia elettrica su gran-de scala, soprattutto in Italia dove i livelli di insolazione sono elevati. Il Piano Energetico Nazionale (PEN) del 1988, nell'intento di diversifi-care le fonti di produzione e di ridurre la percentuale di energia im-portata, attribuiva al FV un ruolo rilevante nell'ambito delle fonti rin-novabili definendo diverse azioni per il suo sviluppo. I principali opera-tori del settore sono l'Università, l'ENEA (che svolge ricerca sia sui materiali che sui sistemi), l'ENEL (ricerca sui sistemi ed applicazioni su larga scala) e l'industria. Le sinergie fra i diversi operatori sono perseguite tramite numerosi accordi di collaborazione. Il sistema industriale fotovoltaico italiano è rappresentato da tre ope-ratori principali: EUROSOLARE, ANIT e HELIOS Technology. La pri-ma realizza, in una fabbrica fra le più moderne del mondo, l'intero ci-clo di produzione, dal feedstock ai sistemi, con una capacità annua di circa 2,5 MW/turno. L'ANIT ha maturato buone esperienze nel campo della ingegnerizzazione e commercializzazione di sistemi di ogni dimen-sione. La HELIOS, infine, produce moduli e sistemi.

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Al fine di incoraggiare ed accelerare la diffusione del FV (e delle altre fonti di energia rinnovabile) è in vigore, e potenzialmente operante, in Italia, un sistema di regolamenti e sussidi. La legge 9 del 1991, consen-te agli investitori privati di produrre energia da fonti rinnovabili e di immetterla nella rete elettrica nazionale. L'ENEL deve acquistare que-sta energia ad un prezzo fisso imposto dal Comitato interministeriale prezzi (CIP). Il provvedimento CIP 6/92 fissa, per il 1995, un prezzo vicino ai valori che gli utenti finali pagano alla stessa ENEL per l'ener-gia elettrica consumata. In particolare, il CIP 6/92 fissa un prezzo più elevato per i primi 8 anni d'esercizio dell'impianto (256 lire/kWh) e di 78 lire/kWh per gli anni successivi. La legge 10 del 1991 prevede con-tributi governativi, sul costo di installazione dei sistemi FV, che posso-no raggiungere l'80%. Gli impianti solari vengono utilizzati per diverse applicazioni sia nel settore residenziale, sia in quello industriale. Un impianto FV inferiore a 1kW può ad esempio, far funzionare degli apparecchi elettronici (lampade, televisori, frigorifero). In Italia esistono oltre 5.000 im-pianti FV per elettrificazione (illuminazione, alimentazione elettrodo-mestici, pompaggio acqua). Il vantaggio dell’utilizzo di un impianto fo-tovoltaico per il pompaggio di acqua sta nel fatto che in genere la mas-sima richiesta d’acqua coincide con il periodo dell’anno di maggiore in-solazione, inoltre è facile creare riserve idriche in appositi bacini. L’illuminazione stradale di aree non collegate alla rete elettrica è un’altra applicazione che si può rivelare economicamente vantaggiosa. Una semplice applicazione è la ricarica delle batterie di servizio per

auto, caravan e imbarcazioni e l’alimentazione delle stazioni per le te-lecomunicazioni (ponti radio per telefonia e ripetitori TV). Un altro u-tilizzo è anche per i sistemi di segnalazione del traffico ferroviario, aereo e marittimo e per le stazioni di monitoraggio ambientale. Altri utilizzi del fotovoltaico sono i sistemi di refrigerazione soprattutto per i centri medici rurali, impianti di proiezione catodica e impianti di dissalazione. E' sempre più facile incontrare lungo le nostre strade se-mafori lampeggianti alimentati da pannelli fotovoltaici che non hanno bisogno di alcuna linea elettrica aggiuntiva e che spesso utilizzano lam-pade a LED. Inoltre si possono usare dei pannelli fotovoltaici per impianti di rileva-mento meteo–solare (monitoraggio dei dati atmosferici, sistema di ac-quisizione, elaborazione, memorizzazione e recupero dei dati).

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IMPIANTO POTENZA (kWp) APPLICAZIONE

SERRE (SA) 3.300 Rete

VASTO (CH) 1.000 Rete

DELPHOS (FG) 600 Rete

CARLOFORTE (CA) 600 Rete (+900kW eolico)

LAMEZIA TERME (CZ) 600 Rete (+600kW eolico)

SALVE (LE) 600 Rete (+600kW eolico)

CASACCIA (RM) 100 Rete

ALTA NURRA (SS) 100 Rete

LAMPEDUSA 100 Dissalatore

LIPARI 100 Dissalatore

NETTUNO (RM) 100 Alimentazione villaggio

VULCANO 80 Rete locale

ZAMBELLI (VR) 70 Pompaggio

TREMIT 65 Dissalatore

GIGLIO 45 Refrigerazione

CETONA/SOVANA (SI) 20+6 Sito archeologico

Nella tabella possiamo notare l’utilizzo di impianti fotovoltaici e la potenza di produzione per alcuni paesi italiani.

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ESPERIENZE IN UMBRIA SIRCI, un’azienda di Gubbio famosa per la produzione di curve e rac-cordi di pvc, ha da poco installato sul tetto di uno dei suoi capannoni il più grande impianto fotovoltaico dell’Umbria con 1180 pannelli e una superficie di 3100 metri quadrati. Quello del gruppo eugubino è stato uno dei primi impianti italiani che ha ricevuto un contributo dal GRTN, il gestore della rete, e può contare su una produzione annua di 260mila kWh con un risparmio di 26mila € l’anno. Gli ultimi dati giunti dal gestore servizi elettrici collocano la regione Umbria al primo posto in Italia per la media prodotta di KW per ogni impianto installato e al quarto assoluto per energia totale prodotta. Terni Research Energy SpA produce in Italia un totale di 1.07 MW di energia fotovoltaica, nella fascia tra i 20 e i 50 kWp, attraverso i be-nefici del “conto energia” . Gli impianti di Terni rappresentano il 24.5% della produzione nazionale con 263 MW di energia elettrica prodotta, trascinando il valore assoluto regionale della media di produzione per impianto al primo posto (22.5KWp). Terni Research SpA è una società attiva nella produzione di energia sostenibile e di fonti alternative e rinnovabili. Alla fine del 2006 Terni Research Energy SpA ha realizzato impianti fotovoltaici autorizzati e annessi all’incentivo per complessivi 800 kWp, portando in esercizio un quantitativo compreso tra i 600 e i 700 kWp totali e centrando l’obbiettivo previsto nel piano industriale 2006, con un fatturato supe-rire ai 5 milioni €.

SVANTAGGI DI UN IMPIANTO FOTOVOLTAICO Questi impianti sono meno efficienti degli impianti connessi in rete,in quanto una volta portata la massima carica, l’energia prodotta dal campo fotovoltaico viene perduta. L’impianto prevederà due contatori per registrare i consumi energeti-ci dell’utente, prelevati dalla rete nazionale, e per registrare l’energia elettrica immessa in rete dall’impianto fotovoltaico privato. I pannelli solari termici possono essere istallati su: • Tetto inclinato: i moduli vengono montati sulla falda più soleggiata

dell’edificio. Svantaggi: inclinazione e orientamento vincolati, per cui la resa può non essere ottimale.

• Tetto piano(terrazzo): i moduli devono essere montati su struttu-re portanti, vengono montati in file distanziate. Svantaggi: rischio di effetti di ombreggiamento.

• In facciata: i moduli possono essere montati su ampie superfici che non vengono sfruttate. Svantaggi: effetto estetico non sempre accettabile, possibilità di ombreggiamenti da parte di altri edifici, orientamenti non ottimali.

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QUANTO SI RISPARMIA CON I PANNELLI FOTOVOLTAICI Per i consumi di una utenza media è possibile ipotizzare un valore di costo medio dell’energia elettrica risparmiata di 0.16 € kWh. Negli ultimi anni in Italia si ha la possibilità di vendere la corrente pro-dotta dal proprio impianto fotovoltaico agli enti produttori (conto energia). Per ogni kWh prodotto si risparmiano circa 250 grammi di olio combu-stibile e si evita l’eliminazione di circa 700 grammi di CO2 nonché di altri gas responsabili dell’effetto serra, con un sicuro vantaggio econo-mico soprattutto ambientale per la collettività. Si può valutare in 30 anni la vita utile di un impianto; il che significa che un piccolo impianto da 1.5 kWp, in grado di coprire i 2/3 del fabbi-sogno annuo di energia elettrica di una famiglia media italiana (2.500 kWh), produrrà nell’arco della sua vita efficace, quasi 60.000 kWh, con un risparmio di circa 14 tonnellate di combustibili fossili, evitando l’emissione di circa 40 tonnellate di CO2.

Una famiglia che consuma più di 3.000 kWh all’anno, deve cercare di abbassare i consumi elettrici dell’abitazione da 3.000/4.000 kWh all’anno a 2.3000 kWh/anno, con un rispar-mio di circa 300/400 € all’anno. Una volta abbassati, i costi possono essere diminuiti ulterior-mente, semplicemente acquistando un kit fotovoltaico da 1.2000 Wp o da 2.000 Wp.(Watt picco: unità di misura della potenza teorica massima producibile o assorbibile da un generatore elettrico usata

per indicare la potenza erogata da un modulo o da una cella fotovoltaica) Se una famiglia non può o non vuole abbassare i propri consu-mi, può trovare altri kit in base al consumo annuo della propria famiglia.

5.000 kWh/anno: (consigliato il kit da 3.000 Wp): se abiti al nord diminuisci la bolletta a 130/150 €/anno, mentre se abiti al sud la diminuisci fino a 60/95 €. 4.000 kWh/anno: (consigliato il kit da 2.000 Wp): se abiti al nord diminuisci la bolletta a 120/150 €/anno, mentre se abiti al sud la diminuisci fino a 45/85 €.

3.000 kWh/anno: (è consigliato il kit da 2.000 Wp): se abiti al nord diminuisci la bolletta a 60/40 €/anno, mentre se abiti al sud la diminuisci a 10 €. È consigliato anche il kit da 1.200 Wp: se abiti al nord dimi-nuisci la bolletta a 140/120 €/anno, mentre se abiti al sud la diminuisci fino a 85/100 €.

2.000 kWp/anno: (è consigliato il kit da 2.000 Wp): sia che abiti al nord che al sud si azzera la bolletta, ma si ha un esu-bero di produzione che l’Enel non ripaga, ma va a beneficio dell’anno successivo. Installando il kit fotovoltaico da 1.200 Wp: se abiti al nord diminuisci la bolletta a 40/50 €/anno, mentre se abiti al sud la diminuisci a 20/10 €.

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VUOI SAPERE DI PIÙ?

Il valore delle tariffe incentivanti, che rimane costante per la durata del periodo di incentivazione, è differenziato in base alla taglia di po-tenza nominale e degli impianti.

La tariffa di 0,460 €/kWh si applica anche agli impianti di potenza compresa tra 1 e 20 kW che non accedono alla disciplina di cui all’art. 6 del D.Lgs. 387/03 (servizio di scambio sul posto). Per tutte le taglie di impianti, i valori delle tariffe sopramenzionati sono riferiti a domande inoltrate negli anni 2005 e 2006. Per le domande inoltrate per ciascuno degli anni successivi a partire dal 2007, le tariffe saranno decurtate del 5% ed aggiornate sulla ba-se del tasso di variazione dei prezzi al consumo per le famiglie di ope-rai e impiegati rilevati dall’ISTAT; le tariffe incentivanti riconosciute sono incrementate del 10% e re-

stano costanti fino all’anno 2012 incluso - qualora i moduli fotovoltaici siano integrati in edifici di nuova costruzione ovvero in edifici esi-stenti oggetto di ristrutturazione, secondo quanto definito dall’art. 3, comma 2 del D.Lgs. 192/2005, ivi incluse le categorie di edifici di cui all’art. 3 comma 2 dello stesso decreto. L’incentivazione è erogata per venti anni. Al termine del periodo ven-tennale non si interrompono i benefici derivanti da: • scambio sul posto dell’elettricità per gli impianti di potenza non

superiore a 20 kW che abbiano fatto tale scelta; • remunerazione dell’elettricità consegnata alla rete per tutti gli

impianti di potenza ad eccezione di quelli di potenza fino a 20 kW che abbiano scelto di accedere alla disciplina di cui all’art. 6 del D.Lgs. 387/03 (servizio di scambio sul posto).

Per quanto riguarda i benefici economici: • L’impianto fotovoltaico necessita di pochissima manutenzione e

quindi di pochissima spesa. • Le politiche di incentivazioni statali, come il conto energia, e re-

gionali, permettono di vendere l’energia elettrica prodotta in sur-plus, oltre al proprio fabbisogno.

• Considerando una vita minima dell’impianto solare di 30 anni, le spese di eventuali manutenzioni, l’aumento del costo delle stesse e dell’energia elettrica nel futuro e in base all’inflazione, un im-pianto da 1.200 Wp consente un risparmio di 300/550 €/anno.

Taglia di potenza dell’impianto Tariffa incentivante ricono-sciuta all’energia prodotta

1 kW P 20 kW 0,445 €/kWh (servizio di scambio sul posto)

20 kW < P 50 kW 0,460 €/kWh

50 kW < P 1.000 kW Al massimo 0,490 €/kWh (meccanismo di gara)

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• Si può decidere quanto risparmiare in corrente elettrica sempli-cemente acquistando un impianto più o meno potente in base ai consumi che annualmente si presuppongono di corrente elettrica; basta prendere una bolletta Enel e capire quanti kWh si consu-mano ogni anno.

La media dei consumi di una tipica famiglia italiana è di 3.000/4.000 kWh/anno, senza adottare nessuna misura per il risparmio energeti-co. La politica di incentivi adottata in passato non ha favorito lo sviluppo del fotovoltaico, anzi, da una parte ne ha limitato la diffusione, dall’altra non ha favorito la ricerca ma ha in molti casi fatto lievitare i prezzi e comunque non ha certamente contribuito ad abbassarli. Con le nuove norme, che hanno preso spunto dal sistema tedesco, si premia la produttività dei sistemi (conto energia) intendendo per conto energia un meccanismo di incentivazione che remunera l’energia elettrica prodotta da un impianto e quindi l’utilizzatore finale sarà indotto a fare una scelta mirata alla migliore resa del sistema in rap-porto al prezzo. E’ bene ricordare che gli utenti devono comunque affrontare la spesa iniziale per l’intero costo. Come già detto il sistema in conto energia ha permesso in Germania, un costo mediamente inferiore del 50% rispetto ai sistemi installati in Italia, incentivati in conto capitale.

CONTO ENERGIA

Il 19 febbraio 2007 è entrato in vigore il D.L. attraverso cui si defi-niscono i criteri e le modalità per incentivare la produzione di energia elettrica mediante conversione fotovoltaica della fonte solare, in at-tuazione dell'articolo 7 del D.Lgs. 29 dicembre 2003, n. 387.

Tale decreto costituiva il recepimento della Direttiva Europea per le fonti rinnovabili (Direttiva 2001/77/CE) in cui si dà la possibilità di usufruire a chiunque di finanziamenti in conto energia. Ciò significa che gli in-centivi per la costruzione di impianti fotovoltaici

(pannelli solari che producono elettricità) verranno erogati in "conto energia" anziché in "conto capitale": si basano cioè su una tariffa in-centivante per kWh di energia elettrica prodotta dall’impianto foto-voltaico che consente di ammortizzare il costo dell'installazione ri-vendendo l'energia elettrica prodotta direttamente al gestore GRTN. Questo provvedimento garantirà anche in Italia il successo degli im-pianti solari per la produzione di energia elettrica, esattamente come è accaduto in Germania, dove i finanziamenti in conto energia hanno permesso il decollo del settore fotovoltaico diventando così il secondo paese al mondo per installazioni. Al termine dei 20 anni, l’energia pro-dotta potrà essere utilizzata direttamente per i consumi privati e quindi le bollette che si riceveranno saranno a quel punto relative alla differenza tra quello che si produrrà e quello che si sarà utilizzato.

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I vantaggi a seguito dell’attuazione di questa nuova norma rispetto al passato, si possono sintetizzare essenzialmente in tre fattori: • Tali incentivi sono a disposizione sia per le persone fisiche che

giuridiche (comuni, enti locali, aziende private ecc.) e sono diven-tati oggi facilmente erogabili. Si può installare l’impianto foto-voltaico sulla propria abitazione o in azienda in qualsiasi momen-to (rispettando solo alcune scalette burocratiche), in poco tem-po e senza partecipare ad estenuanti gare di punteggio o affron-tare pratiche pluriennali.

• Oltre tutte le finalità etiche insite nel concetto di energia puli-ta, grazie a questa novità chiunque può decidere di utilizzare la produzione di energia come una forma pura di investimento. Gli incentivi, come sottolineato prima, non vanno a sostenere i costi per la realizzazione dell'impianto ma mirano a far investire per produrre energia elettrica da impianto fotovoltaico in un’ottica di investimento a medio-lungo termine.

• Il produttore di energia elettrica potrà vendere al gestore GRTN quanto prodotto a costi molto superiori rispetto ai prezzi di acquisto attuali. L’energia prodotta dagli impianti verrà cedu-ta per 20 anni al gestore per un importo corrispondente circa al doppio/triplo rispetto l’ammontare normalmente pagato (0,18 € al kWh) in ragione della potenza installata e della tipologia di impianto scelto.

I costi dell'incentivazione degli impianti fotovoltaici non sono a carico dello Stato, ma sono coperti con un prelievo sulle tariffe elettriche

che tutti i consumatori (componente tariffaria A3) stanno pagando da anni. Questa componente a carico del consumatore é pari a cir-ca 0,0014€ (poco meno di 3 lire) per ogni kWh.

In cosa consiste il conto energia?

Di seguito viene rappresentato uno schema generale di massima di un impianto fotovoltaico per chiarire meglio il funzionamento del conto energia.

L'energia prodotta dall'impianto fotovoltaico viene convertita dall'in-verter e immessa nella rete locale a bassa tensione.

Il primo contatore (contatore 1) posizionato dal gestore GRTN a valle dell'inverter, conteggia tut-ta l'energia prodotta dall'impianto, e riconosce al produttore, per venti anni, a seconda della classe di appartenenza definita in base alla potenza, le

tariffe incentivanti che variano al variare della tipologia di impianto e della potenza; in particolare vengono distinte le seguenti tipologie di impianto:

1. Impianto non integrato (es. impianto al suolo) 2. Impianto parzialmente integrato (es. impianti a tetto aderenti alla

superficie della copertura)

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Le tariffe di cui allo schema precedente valgono per tutti quegli im-pianti che entreranno in funzione nel 2007; il decreto definisce altre-sì le tariffe che verranno applicate agli impianti che entreranno in produzione negli anni successivi al 2007 fino al 2010 compreso; in pra-tica ogni anno successivo al 2007 verranno applicate le tariffe dell’anno precedente ridotte del 2%.

Le tariffe specificate nel decreto possono essere ulteriormente mag-giorate (fino ad un massimo del 30%) qualora l’impianto sia abbinato ad interventi di efficientamento energetico; in particolare ad ogni riduzione del 10% del fabbisogno energetico di ogni unità abitativa (ottenuto attraverso interventi tesi alla riduzione delle perdite ener-getiche) farà seguito un aumento di pari entità della tariffa incenti-vante (fino, appunto, ad un massimo del 30%).

Che cosa è lo ”scambio sul posto”?

Attraverso la Delibera n. 28/06 l’Autorità per l’energia elettrica de-finisce le “Condizioni tecnico-economiche del servizio di scambio sul

posto dell’energia elettrica prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili di potenza nominale non superiore a 20 kW, ai sensi dell’articolo 6 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387”, ov-vero definisce le regole attraverso cui viene regolamentato un con-tratto di scambio energetico tra il gestore della rete ed il produttore di energia rinnovabile.

In sostanza la delibera definisce che l’energia prodotta attraverso fonte rinnovabile e ceduta al gestore della rete verrà scontata sui consumi del produttore medesimo.

Facendo un esempio, una famiglia che attraverso il suo impianto foto-voltaico cede alla rete 3kWh non pagherà al gestore 3kWh assorbiti dalla rete.

Come si coniuga il “conto energia” con lo “scambio sul posto”?

L’Articolo 8 del decreto attuativo del conto energia definisce che; “ … la disciplina dello scambio sul posto continua ad applicarsi dopo il termine del periodo di diritto alla tariffa incentivante… I benefici dello scambio sul posto sono aggiuntivi rispetto alle tariffe del conto energia ."

Ciò significa che oltre alle tariffe incentivanti il produttore ha diritto ad uno sconto sulla propria bolletta pari al valore di energia prodotta per la tariffa applicata dal gestore.

Potenza P (kW) Tipo Impianto Non integrato Parzialmente

integrato Integrato

1 ≤ P ≤ 3 0,4 0,44 0,49 3 < P ≤ 20 0,38 0,42 0,46 P > 20 0,36 0,4 0,44

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Qual è il PBP di un impianto fotovoltaico? Il Pay Back Period identifica il numero di anni entro cui l’investitore rientra del capitale investito. Nel caso di un impianto fotovoltaico che usufruisce di un incentivazio-ne in conto energia, tale grandezza è funzione della potenza installata, della tipologia di impianto e dell’irraggiamento solare specifico della zona in cui l’impianto è sito. A ciò va inoltre aggiunto l’incentivo ulteriore determinato dalla disci-plina di “scambio sul posto”. L’incentivazione in conto energia è illimitata? Il decreto prevede un limite massimo cumulativo della potenza elettri-ca installata di tutti gli impianti; tale limite è definito in 1200 MW; ciò vuol dire che verranno accettate tutte le richieste di incentivazio-ni (conformi alle norme) per un totale complessivo di 1200 MW.

Come si può accedere al conto energia? Entro sessanta giorni dall’entrata in funzione dell’impianto occor-re inviare al gestore della rete:

• Documentazione di conformità dell’impianto alle norme CEI; • Scheda tecnica dell’impianto; • Certificazione di collaudo;

• Dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà autenticata

Esistono forme di finanziamento? E’ possibile ottenere un finanziamento a copertura dell’intero costo (IVA inclusa) sostenuto per la realizzazione dell’impianto. I beneficiari possono essere i Privati, PMI, Enti Pubblici, 3° Settore in generale. Le condizioni di finanziamento in genere prevedono un mu-tuo chirografario (per il quale non sono necessarie garanzie reali ma la garanzia è costituita dal riconoscimento della tariffa incentivante), durata fino a 12 anni, importi fino a 150.000 € per privati e 1.500.0000 € per aziende. I tassi fissi o variabili, solitamente euribor a 3 o 6 mesi + spread 1.5 – 2 %. Nel sito www.myenergy.it si può trovare una simulazione per valutare l’investimento in un pannello fotovoltaico. Con questo si possono valutare i benefici e i costi di un impianto foto-voltaico. In questa simulazione dovrete inserire dei dati: come la vostra loca-zione, il vostro consumo annuo e il valore della potenza che si vuole installare. Con questi dati il programma vi darà tutti i dati tecnici del caso.

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Gruppo di lavoro: Loredana Presciutti e Giuseppe Rossi (docenti) Neda Babazadeh, Mohamed Barrow, Francesco Bellini, Marika Ferraldeschi, Amerigo Grieco, Tommaso Lesti, Lucia Medici, Alessio Menichetti, Federica Pierini, Maddalena Rondoni (alunni)

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UN’ENERGIA ANTICA COME IL MONDO

• L’uomo utilizza la forza del vento da oltre 4000 anni. Già in alcune raffigurazioni egizie del 2500 a.C. compaiono, infatti, immagini sull'uso della vela per lo spostamento di imbarcazioni, che rappre-senta l'esempio più antico di impiego delle energie naturali come forza motrice.

• Nel 1700 a.C. in Mesopotamia furono costruite le prime “giranti eoli-che”. In Babilonia il re Hammurabi progettò un complesso impianto di irrigazione per mezzo delle stesse.

• In Persia attorno all’ 800 d.C. furono messi in esercizio i primi mulini a vento utilizzati per macinare i cereali.

• Attorno al 1000 in Cina furono costruite giranti eoliche ad asse ver-ticale.

• Nel 1105, in Europa fu costruito il primo mulino a vento a torre gire-vole. A caratterizzare questo tipo di mulino era il rotore ad asse o-rizzontale girevole, le cui quattro grandi pale ruotavano su un piano in direzione perpendicolare al vento. Passando, la corrente d’aria ge-nerava sulle pale una forza ascensionale che muoveva il rotore.

• Tra il 1600 e il 1700, la costruzione dei mulini a vento prosperò nei Paesi Bassi; furono costruiti per macinare cereali e come pompe d’acqua per modificare terreni situati sotto il livello del mare, furo-

no utilizzati nelle segherie, nelle industrie del tabacco e nelle tinto-rie.

• Nel 1719 in Francia furono sviluppati mulini a vento ad asse verticale con pale ribaltabili.

• Nel 1854, negli Stati Uniti nacquero le famose “Westernmill”, giranti eoliche a motore utilizzate nelle regioni interne dell’America del Nord per azionare pompe d’acqua.

• Nella seconda metà del diciannovesimo secolo esse furono sostituite da macchine a vapore e motori a combustione interna.

• Nel 1891 Poul la Cour realizzò la prima centrale eolica Europea.

• Tra il 1980 e il 1981 venne costruito il primo impianto da 55 kW che segnò la vera svolta industriale dell’energia eolica.

• In Italia le prime macchine eoliche sono state installate nel 1990, ma solo dal 1996 si è avuto un significativo numero di impianti colle-gati alla rete di distribuzione elettrica.

• Il primo aereogeneratore fu installato nel 1989 in Sardegna. A Dicembre del 2004 in Italia risultano installate 1880 macchine per una potenza di 1265 MW

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APPLICAZIONE DELL’ENERGIA EOLICA La più importante forma di impiego dell’energia eolica è quella relativa alla produzione di energia elettrica. L’energia elettrica può essere uti-lizzata tramite due modalità d’impianto: impianti per utenze isolate e impianti concepiti per essere allacciati a reti già esistenti. Un primo tipo di impianto è quello per la produzione di energia elettrica “di ser-vizio” fornita da piccoli aerogeneratori (1 kW), per l’alimentazione di apparecchiature poste in luoghi isolati, come ripetitori radio, rilevato-ri, impianti di segnalazione; questi utilizzi sono spesso concorrenziali o integrativi ai sistemi fotovoltaici. Esiste poi, una produzione di elettri-cità per l’alimentazione di case sparse o insediamenti non allacciati alla rete. Tali impianti sono costituiti da aereogeneratori di piccola taglia (3-20 kW) e un sistema di accumulo (batteria) dell’energia prodotta nei momenti di vento favorevole. Queste applicazioni hanno una diffu-sione molto limitata nei paesi industrializzati, ma potrebbero avere prospettive interessanti nei paesi in via di sviluppo con elevata ventosi-tà. Gli impianti eolici connessi alla rete si distinguono tra la produzione di elettricità per l’alimentazione di piccole reti e quella fornita da cen-trali collegate alla rete nazionale. Nel primo caso siamo in presenza di impianti situati su piccole isole, o in aree remote che sono alimentate da sistemi elettrici non interconnessi con la rete nazionale. Trattando-si di reti poco estese si possono impiegare una o più unità di taglia me-dia (300-400 kW) anche perché la quota di potenza eolica installabile

deve essere limitata al 20-25% di quella totale per motivi di regolazio-ne degli impianti azionati a motore diesel, che devono adattare in ogni momento il proprio carico alla potenza fornita dal vento. In questa ti-pologia di sistemi si può prevedere l’impiego congiunto di eolico e foto-voltaico (impianti ibridi), che potrebbero, in alcuni casi, integrarsi a vicenda su base annua. L’applicazione di maggiore interesse per l’eolico è comunque l’alimentazione delle grandi reti nazionali; per questo scopo sono utilizzate macchine di taglia grande, installate singolarmente o in gruppi di unità (wind farm) con potenze totali dell’ordine di alcuni Me-gawatt. La produzione di energia meccanica attraverso l’utilizzo del vento è caratterizzata principalmente dalle aereopompe. Esse rappresentano l’applicazione eolica più diffusa nel mondo (due milioni di unità). Le ap-plicazioni di energia meccanica da fonte eolica appaiono interessanti specialmente per le aree rurali dei paesi in via di sviluppo, dove l’approvvigionamento energetico comporta difficoltà e costi eccessivi. L’ENERGIA EOLICA NEL MONDO L’energia eolica mondiale continua nella sua crescita dinamica: 14.900 MW si sono aggiunti, con una crescita del 25% per il 2006 e del 24% per il 2005. Regina mondiale è la Germania con ben 20.622 MW totali nel 2006. L’Italia è solo 7/a distaccata con ben 2.123 MW. Solo cinque paesi hanno accresciuto la produzione di più di 1.000 MW nel 2006: -gli Stati Uniti (2.454 MW), -la Germania (2.194 MW), - l’India (1.840 MW), -la Spagna (1.587 MW) e la Cina (1145 MW) con un mercato in

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Cinque altri stati, poi, hanno innalzato la produzione di più di 500 MW, quali: - Francia(810 MW,+107%), - Canada (768 MW,+112%), -Portogallo (628 MW,+61%) e il Regno Unito (610 MW,+45%) mentre è in Brasile che si è registrato il mercato più ampio nel 2006 con un au-mento della produzione di ben 208 MW. L’energia eolica mondiale ha raggiunto un altro grande successo: in soli 10 anni, infatti, siamo riu-sciti a decuplicare la produzione e l’eolico continua ad essere la fonte energetica rinnovabile più dinamica, e la fonte rinnovabile più diffusa al mondo. L’ENERGIA EOLICA IN ITALIA Lo sfruttamento dell’energia eolica nel nostro paese è iniziato nei pri-mi anni novanta, ma solo negli anni seguenti si è raggiunto un numero significativo di impianti eolici installati. Il primo prototipo di generato-re fu installato nel 1989 ad Alta Nurra in Sardegna. La realtà eolica italiana di questi anni è il risultato di varie iniziative promosse da soggetti pubblici e grandi società private; al contrario lo sfruttamento di questa fonte rinnovabile da parte dei comuni cittadini è praticamente inesistente. In altri paesi europei, invece, si incontrano realtà contrarie, dove i privati cittadini, fabbriche, imprese agricole producono l’energia di cui necessitano grazie a piccoli impianti eolici installati sulle loro proprietà. Il processo di evoluzione dell’applicazione dell’eolico in Italia è avvenu-to conseguentemente alle iniziative dell’ ENEL e dell’ENEA. L’Enel in-fatti porterà a termine due parchi eolici: il primo di potenza di 11 MW, sarà situato nella zona costiera di Monte Arci in Sardegna, (provincia

di Oristano); il secondo avrà una potenza di 9 MW, e sarà collocato sull’Appennino abruzzese. I due impianti saranno ubicati, rispettiva-mente, in un ambiente marino e in uno montano, rappresentativi delle tipiche tipologie di siti eolici in Italia. La potenza eolica in programma in Italia è in gran parte concentrata nella zona tra la Campania e la Puglia,dove dovrebbe svilupparsi un im-portante polo eolico nazionale che potrà contribuire sia alla crescita del sistema eolico nazionale, sia allo sviluppo economico dell’area. Un importante supporto a tale iniziativa viene fornito dalla regione Umbria, nella quale le misure anemologiche (relative al vento) eseguite dall’ENEA hanno dimostrato la probabile esistenza di un secondo signi-ficativo polo eolico. Altre regioni, quali la Campania e la Sicilia,sono o-rientate a seguire l’impegno di Umbria e Puglia. Un ulteriore impulso verrà dall’attività dell’ ENEA, finalizzata oltre che all’individuazione di altri siti idonei, anche all’individuazione di ade-guati meccanismi di finanziamento delle iniziative. Tali incentivi, renderanno economicamente convenienti gli investimenti del settore eolico. Il futuro dell’eolico in Italia deve costruire nelle regioni un quadro di regole condivise che consenta di conseguire gli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 previste dal protocollo di Kyoto ma anche di cre-are migliaia di nuovi posti di lavoro. Il problema principale è la continua resistenza a costruire le gradi torri per la produzione di energia eoli-ca; una probabile alternativa a ciò è rappresentata dalla costruzione di piattaforme off-shore.

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WIND-FARM Le wind-farm sono le cosiddette “fattorie del vento”; sono composte da più aereogeneratori che collegati insieme formano una vera e pro-pria centrale elettrica. Nelle wind-farm la distanza fra questi aereogeneratori viene calcolata per evitare interferenze reciproche che potrebbero causare delle di-minuzioni di produzione di energia; per questo sono situati ad una di-stanza di almeno 5/10 volte il diametro delle pale, che nel caso di un aereogeneratore medio, sfiora i 20 metri. Di conseguenza le centrali in mare (“offshore”), costituiscono un otti-ma soluzione, soprattutto per quei paesi densamente popolati che non hanno grandi spazi disponibili all’istallazione di molti aereogeneratori. Questa disposizione, inoltre, favorisce un maggiore sfruttamento del-le potenzialità di un impianto eolico in quanto in mare aperto vi è una migliore qualità e una costanza del vento.

In Italia tali strutture potrebbero essere localizzate presso i porti di Genova, Livorno, Civitavecchia, Napoli, Ancona, Olbia in quanto città situate in posizioni favorevoli che possono contare su venti di forte intensità. Analizziamo i PRO e i CONTRO dello sfruttamento dell’energia eolica.

L’energia eolica è una fonte rinnovabile che non produce alcuna emis-sione inquinante. - Può contribuire in maniera significativa alla riduzione delle emissioni dei gas serra; - Presenta il vantaggio di rendersi facilmente disponibile sotto forma meccanica e quindi facilmente trasformabile in elettricità; - non produce impatto radioattivo o chimico; - l’energia di un areogeneratore è circa 80 volte superiore a quella ne-cessaria alla sua manutenzione, costruzione etc.

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L’impatto ambientale dell’ eolico spazia tra vari aspetti: - OCCUPAZIONE TERRITORIO: Il territorio necessario per realizza-re un impianto è complessivamente vasto. Questo è dovuto alla neces-saria distanza tra un generatore e l’altro, considerando che la densità di potenza è piuttosto bassa (10 Watt X m2). - IMPATTO VISIVO: chiaramente l’impatto visivo è presente, consi-derando le notevoli dimensioni di un aereogeneratore che va dai 40 ai 60 metri di altezza. - RUMORE: troviamo 2 tipi di rumore: -meccanico, proveniente dal generatore -aereodinamico, proveniente dalle pale Quindi se in gran numero, le pale originano un grosso impatto acustico. - INTERFERENZE: la macchina eolica può interferire con la propaga-zione delle telecomunicazioni; - FLORA E FAUNA: Le possibili interferenze che può generare un im-pianto eolico riguardano solo l’impatto dei volatili con il rotore.

SITI UTILIZZATI - www.ansa.it - www.wwf.it - www.wickipedia.it - www.legambiente.it - www.torinoscienza.it - www.greensite.com - www.themeter.net - www.ecoage.it - www.isolea360gradi.it

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Gruppo di lavoro: Stefania Narciso e Giovanni Tassi (docenti) Giulia Bacherini, Giulia Cecchini, Melania Civicchioni, Arianna Dolciami, Alessia Galmacci, Davide Gioé, Deborah Mattioli, Francesco Palomba, Andrea Ricci (alunni)

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IDROGENO Cos’è L’idrogeno, di formula H2, a temperatura ambiente si presenta come un gas incolore,inodore e poco solubile in acqua. Ha un contenuto energetico ottimo per unità di massa ma scarso in uni-tà di volume. L’idrogeno è l’elemento più diffuso nell’universo e uno dei più comuni nel mondo, tuttavia è molto difficile trovarlo in natura allo stato elementare. Se si vuole sfruttare questo elemento occorre per-ciò estrarlo da composti che lo contengono in abbondanza (acqua, com-bustibili fossili, minerali, organismi vegetali), utilizzando l’energia deri-vante da un’altra fonte. L’idrogeno infatti è un vettore energetico e non una fonte energetica primaria. Come si produce L’idrogeno può essere prodotto partendo da fonti fossili, dall’acqua, o dalle biomasse. Le tecnologie di produzione dell’idrogeno da combustibili fossili, gas naturale e oli pesanti sono già ampliamente consolidate. In questi pro-cessi le molecole degli idrocarburi vengono trattate fino ad eliminare completamente il carbonio. La tecnica più diffusa è lo “steam reforming” che consiste nella rea-

zione tra metano e vapore acqueo in presenza di catalizzatori, ad una temperatura di circa 800°C. Come prodotti si ottengono idrogeno e anidride carbonica secondo la reazione:

CH4 + 2H2O + calore = 4H2 + CO2

Queste tecniche che utilizzano fonti fossili sono molto efficienti ma hanno il problema delle emissioni di CO2 e il fatto che sono comunque fonti esauribili. L’idrogeno può essere ottenuto anche scindendo la molecola d’acqua nei suoi componenti, mediante elettrolisi. Questo processo consiste nel far passare corrente elettrica attraverso l’acqua. In questo modo idrogeno e ossigeno si separano dirigendosi verso i due poli opposti, secondo la reazione:

H2O + elettricità = H2 + ½ O2

I problemi dell’elettrolisi come metodo per produrre idrogeno su larga scala sono le grandi quantità di energia necessaria per far avvenire la reazione e i costi elevati dell’intero processo. Per quanto riguarda la produzione di idrogeno dalle biomasse ci sono numerose possibilità ma sono ancora tutte in fase di studio e ricerca.

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UTILIZZI DELL’IDROGENO L’impiego per eccellenza è quello di combustibile per le autovetture. Al momento esistono due tecnologie alternative per realizzare un'auto a idrogeno. La prima è conosciuta con il nome di Fuel Cell ed è basata sulle celle di combustione da cui scaturisce l'energia elettrica per muovere i veicoli dotati a loro volta di motore elettrico. La seconda strada è la combustione diretta di idrogeno, in questo caso le automo-bili mantengono il tradizionale motore a combustione ma sono alimen-tate dall'idrogeno anziché da benzina o diesel. Quest'ultima strada viene seguita in particolar modo da BMW. L’idrogeno permette anche di avere inquinamento acustico minimo, bassi costi di manutenzione per l’eliminazione nel motore di molti siste-mi meccanici ed idraulici. I problemi sono però ancora molti. • La membrana permeabile che nelle celle a combustibile separa

l’idrogeno dall’ossigeno ha una durata di circa 2000 ore che è me-no della metà della vita di un veicolo.

• Il costo della cella a combustibile è ancora alto. • Il problema del serbatoio è tuttora irrisolto. Per il momento

l’idrogeno è immagazzinato come gas compresso ma questo rende il serbatoio pesante e con una autonomia limitata.

• Inoltre c’è il problema della sicurezza; perdite di idrogeno dalle bombole sono pericolose (come il metano) per l’alta infiammabili-tà delle sostanze, per cui diventa impossibile parcheggiare tali veicoli in luoghi chiusi (parcheggi coperti-traghetti) e rende ri-schioso l’attraversamento di tunnel.

Viste anche le notevoli difficoltà di trasporto e stoccaggio (vedi pro-blemi) legate all’idrogeno, l’utilizzo migliore attualmente sarebbe di impiegarlo in aziende di trasporti con camion o piccoli veicoli elettrici. Ogni area sarebbe dotata del suo impianto di produzione in modo che con l’elettricità proveniente dagli impianti eolici o solari si potrebbe avviare l’elettrolisi dell’acqua e produrre idrogeno sul posto. Le celle a combustibile potrebbero essere impiegate anche su piccoli veicoli, oggi alimentati a batterie elettriche come carrelli elevatori, biciclette. Accanto a questo utilizzo ci sono studi volti a verificare la possibilità di alimentare con l’idrogeno prodotto da eolico o solare fari isolati, si-stema elettrico di piccole isole o mezzi di trasporto. Un esempio applicativo è stato Progetto Adriatica, la barca di “turisti per caso” lunga 21 metri, di 50 tonnellate, impiegata per un viaggio in-torno al mondo e dotata di sistemi innovativi. La barca è stata alimen-tata con fonti rinnovabili, usando come vettore energetico idrogeno.

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IDROGENO: PROBLEMI IRRISOLVIBILI, PROBLEMI AMBIENTALI, STOCCAGGIO E TRASPORTI L’idrogeno viene proposto come “vettore” energetico e come combusti-bile per autotrasporto, quindi il trasporto di idrogeno e il suo stoccag-gio dovrebbero essere una cosa facile e pratica, ma questa non sem-bra essere la situazione attuale.

L’idrogeno si può certamente trasportare su medie distanze per mez-zo di gasdotti, simili a quelli attuali per il metano. Tuttavia gli “idrogenodotti” dovrebbero usare materiali e metodi specifici e quindi non è possibile utilizzare la rete del metano esistente, che comunque sarebbe largamente insufficiente. I costi implicati per costruire una rete di trasporto a idrogeno sono talmente alti che non hanno senso in pratica. L’idrogeno può essere trasportato e accumulato in forma gas-sosa, liquida o assorbita su materiali speciali, ogni forma presenta a-spetti favorevoli e svantaggi e tutte , se pure in gran parte già utiliz-zate, richiedono significativi sforzi di ricerca e sviluppo per un impiego su larga scala affidabile ed economicamente competitivo come nel caso di una rete adeguata per il rifornimento degli autoveicoli.

Lo stoccaggio è il principale problema tecnologico. L’idrogeno risulta molto costoso da stoccare e/o trasportare con le tecnologie attuali. L’idrogeno ha una buona densità energetica per peso ma ha una bassa densità energetica/volume rispetto agli idrocarburi, e dunque richiede un serbatoio di maggiori dimensioni; un grosso serbatoio d’idrogeno sa-

rà sempre pesante rispetto al piccolo serbatoio riempito con idrocar-buri a parità di contenuto energetico.

Trasporto e stoccaggio

• In forma gassosa: per il trasporto il problema principale è nelle tec-nologie per i materiali. Per gli autoveicoli il problema è il peso dei serbatoi.

• In forma liquida: in bombole ad una temperatura inferiore a 253°C per il trasporto questo metodo è per brevi percorsi e per quantità limitate. Per gli autoveicoli devono essere costruiti serbatoi partico-lari adatti a sopportare basse temperature.

• Adsorbito su materiali speciali: l’idrogeno può legarsi a metalli e le-ghe metalliche formando idruri, ed occupando le “lacune” all’interno delle strutture metalliche. In questo modo si riduce notevolmente il volume, ma le leghe metalliche sono materiali costosi. Negli ultimi anni le nanotecnologie hanno avuto uno sviluppo importante soprat-tutto nel settore delle nanostrutture di carbonio (nanotubi e nanofi-bre di carbonio) che stanno dimostrando buone capacità di adsorbi-mento dell’idrogeno. Un’importante nanostruttura di carbonio è quel-la del FULLERENE, detta anche del pallone di calcio, dove 60 atomi di C, raccolti in strutture esagonali e pentagonali, si richiudono in una struttura ciclica cava. All’interno di questa struttura a gabbia si possono inglobare molecole piccole, atomi di metallo e in prospettiva anche molecole di idrogeno.

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Correlati a questi fattori ci sono PROBLEMI AMBIENTALI difficili da risolvere. Uno dei problemi nodali irrisolvibili è l’energia necessaria per comprimere il gas. Per esempio se si stabilisse che tutto il mondo impiegasse l’idrogeno nelle automobili, sarebbe necessario un quantita-tivo massiccio di energia soltanto per comprimerlo ed immagazzinarlo.

Altre perplessità riguardano il processo di produzione dell’idrogeno dai combustibili fossili. L’estrazione di idrogeno crea problemi all’ambiente provocando come sottoprodotto CO2, un gas serra. La maggior parte dell’’idrogeno “conveniente” può essere estratto da com-bustibili fossili, ma questi metodi, oltre ad esaurire le risorse non rin-novabili generano CO2, aggravando l’effetto serra, in quantità pari o maggiore rispetto al loro utilizzo diretto negli autoveicoli. La CO2 pro-dotta non deve essere immessa nell’ambiente e quindi deve essere smaltita in altro modo. Si ipotizza il confinamento di questa sostanza in forma gassosa o liquida nel sottosuolo. Si è pensato a zone geologi-che con caratteristiche particolari, tipo rocce sedimentarie porose permeabili e saturate di acqua. Altra alternativa possono essere giaci-menti petroliferi esauriti o fondali marini oltre mille metri di profondi-tà dove la CO2 diventerebbe liquida per azione della pressione. In al-ternativa si pensa alla riconversione della CO2 nel ciclo di produzione dell’idrogeno. La tecnologia è però ancora molto costosa e non disponi-bile.

Recentemente sono stati posti alcuni interrogativi su problemi relativi a fuoriuscite accidentali di idrogeno, perché con l’azione della radiazio-

ne ultravioletta si potrebbero formare radicali liberi nella stratosfe-ra; in seguito questi potrebbero agire come catalizzatori nella reazio-ne di scissione dell’ozono, causando il cosiddetto “buco dell’ozono”.

FONTI: ENEA idrogeno energia del futuro, Hart- Crainer: Chimica organica

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Gruppo di lavoro: Simona Gallizioli e Patrizia Piccini (docenti) Serena Bacioccola, Rodolfo Cecchetti, Gessica Corapi, Alessandro Mangili, Chiara Marcellano, Giulia Pellegrini, Letizia Sylla, Gaia Tegliucci (alunni)

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Tratto da “Green” periodico mensile di informazione del consorzio in-ter-universitario nazionale “La chimica per l’ambiente” n°1 nov. 2006

LE BIOMASSE

SPIEGAZIONE: Le biomasse rappresentano una delle più concrete ed immediate fonti energetiche rinnovabili. Le loro principali applicazioni sono la produzio-ne diretta di energia in centrali (bioenergia), la sintesi di carburanti (biocarburanti) e la sintesi di prodotti di consumo (bioprodotti). La sostanza organica delle biomasse deriva direttamente o indiretta-mente dalla produzione primaria delle piante. Durante la fotosintesi le piante assorbono anidride carbonica atmosferica e acqua dal suolo e grazie all’energia solare ed alla presenza di altri nutrienti nel terreno riescono a combinare queste due molecole per formare zuccheri, degli idrocarburi biologici che contengono carbonio, idrogeno e ossigeno. Questa rimozione attiva di anidride carbonica equilibra parzialmente le emissioni antropiche di questo gas, contribuendo significativamente a rallentare il riscaldamento globale del nostro pianeta (effetto ser-ra). COSA SONO? Con biomasse si indicano genericamente materiali di natura assai ete-rogenea. In linea di principio si può dire che è biomassa tutto ciò che ha matrice organica, con esclusione delle plastiche di origine petrolchi-

mica e dei combustibili. La biomassa utilizzabile a scopo energetico comprende principalmente: gli scarti del legno (silvicoltura, seghe-rie,edilizia/industria), i rifiuti agricoli e zootecnici (paglia, scarti di colture varie, letame), rifiuti solidi urbani, i rifiuti domestici e alcuni effluenti industriali (in particolare del settore agroalimentare). In pa-esi con alta densità di boschi (Scandinavia) viene ampiamente praticata la silvicoltura di alberi a crescita rapida (salice, pioppo) per la produ-zione di legname da destinare alla produzione di energia. DISTRIBUZIONE GEOGRAFICA La distribuzione geografica dell’utilizzo è disomogenea; nei paesi indu-strializzati le biomasse rappresentano solo il 3% della produzione e-nergetica. A fronte di un potenziale assai maggiore, la media europea di energia è del 3,5% con punte attorno al 15% per Finlandia, Svezia e Austria. L’Italia invece è al di sotto della media (2,5%) a fronte di un potenziale non indifferente. A differenza delle altri fonti rinnovabili, le biomasse rappresentano una sorgente di energia utilizzabile in più settori, come generazione elettrica, produzione di calore e trasporti.

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Viene ormai ampiamente accettato che l’uso di biocombustibili di tipo classico, quale l’etanolo, diesel e gas prodotti da biomasse, siano so-stenibili in termini economici e ambientali. Infine va detto che le tecnologie per l’utilizzo delle biomasse ai fini energetici, spesso fanno uso della combustione, pertanto non hanno un impatto ambientale trascurabile. Sebbene il bilancio di emissione di anidride carbonica venga considerato come nullo, possono venire e-messi altri inquinanti come le polveri sottili. VANTAGGI • Usa prodotti di scarto come fonte energetica oppure materie prime abbondanti e rinnovabili. • Tecnologia disponibile ed economicamente accessibile. • Favorisce potenzialmente il riutilizzo di terre coltivabili abbandona-te perché infruttuose. • La loro combustione non contribuisce all’effetto serra. • Non contribuiscono alla produzione di ossidi di zolfo. Eventuali residui possono essere impiegati per la produzione di ferti-lizzanti. SVANTAGGI • Hanno una resa energetica relativamente bassa. • L’estensione delle coltivazioni a uso energetico è limitata dalla sot-trazione di terre coltivabili a uso agroalimentare. • I costi di produzione non sono molto inferiori rispetto a quelli dei

combustibili fossili. L’impatto ambientale è solo relativamente ridotto.

SUBSTRATI DESTINATI A BIOMASSA

Le biomasse utilizzabili ai fini energetici consistono di tutti quei ma-teriali che possono essere usati come combustibile per poter essere trasformate in sostanze di più facile utilizzo negli impianti di conver-sione. Qui di seguito sono riportati i principali substrati destinati a biomassa. LEGNO: fra tutte le biomasse rappresenta il combustibile prevalente-mente utilizzato per scopi energetici elettrici ma soprattutto termici perché:

• è rinnovabile • è una risorsa disponibile e locale • è compatibile dal punto di vista ambientale • è una tecnologia affidabile e provata • è una soluzione economicamente valida • contribuisce alla cura dei boschi e alla difesa del territorio • favorisce l’economia agraria e forestale italiana • garantisce una differenziazione di fonti riducendo la dipen-

denza energetica da un'unica risorsa.

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Il legno viene utilizzato in pezzi ma negli ultimi anni si è diffuso il pel-let e il cippato. Il pellet è ricavato dalla segatura vergine essiccata e poi compressa in forma di piccoli cilindri con diametro di pochi millime-tri; viene utilizzato come combustibile per stufe di ultima generazione e grazie alla pressatura il suo potere calorifico, a parità di volume ma non di peso, è circa il doppio rispetto al legno. Il cippato è il legno ri-dotto in scaglie con dimensioni di alcuni millimetri e viene prodotto a partire da tronchi e ramaglie attraverso la cippatrice; può essere uti-lizzato come materia prima per i processi industriali o come combusti-bile ma in questo caso la combustione richiede caldaie piuttosto sofi-sticate a causa della non perfetta omogeneità del materiale. Oggi le colture arboree scelte sono il pioppo, il salice e la robinia se-condo una selvicoltura a ciclo breve. Tra questi il maggiore utilizzato è il pioppo poiché assicura una superiore garanzia di risultati anche se vi sono ostacoli dovuti a malattie, come la ruggine, causate da diversi a-genti patogeni; queste problematiche hanno determinato la necessità di introdurre varietà clonate per aumentare la resistenza e ibridi, tra i quali è possibile selezionare quelli che meglio si adattano alle caratte-ristiche chimico-fisiche di ciascun terreno. Tra le colture erbacee abbiamo quelle annuali come sorgo e mais, e quelle poliennali come canna comune e miscanto. Il più sfruttato è il sorgo poiché grazie alla sua aridoresistenza garantisce rese soddisfa-centi anche in condizioni di carenza idrica, si adatta benissimo a terre-ni con struttura mediocre ed ha la capacità di tollerare un ampia gam-ma di acidità ed alta salinità. Tuttavia anch’esso può essere attaccato

da microbi che scatenano nella pianta la fusariosi, rendendo così ob-bligatorie alcune pratiche agronomiche come la scelta di ibridi tolle-ranti e la concia delle sementi. • SOTTOPRODOTTI AGRICOLI: si intendono paglie, stocchi, potatu-

re ecc… che costituiscono una biomassa disponibile ma che attual-mente viene trinciata ed interrata o bruciata ai margini del campo poiché l’utilizzo energetico di tali prodotti richiede la messa a punto della filiera.

• REFLUI ANIMALI: lo sfruttamento energetico di letame suino, bo-

vino e del silomais è basato sulla digestione anaerobica di tali sub-strati con produzione di biogas convertibile tramite cogenerazione in energia termica ed elettrica.

• RIFIUTI ORGANICI URBANI, AGRICOLI E AGRO-INDUSTRIALI:

i rifiuti urbani organici derivanti da una raccolta differenziata e i residui lignocellulosici dell’agroindustria vengono sottoposti ad un processo di stabilizzazione aerobica in condizioni controllate di umi-dità, temperatura e disponibilità di ossigeno, chiamato compostag-gio, che porta alla produzione di un ammendante organico, il compost appunto, che viene utilizzato per il reintegro di sostanza organica nei terreni agricoli ed in vivaistica per la preparazione di substrati colturali.

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• SOSTANZE ZUCCHERINE: mediante un processo di fermentazione di prodotti agricoli ricchi di zucchero quali cereali, canna da zucche-ro, barbabietole, mais amidacei e vinacce viene prodotto bioetanolo. Questo viene utilizzato in campo energetico come componente per benzine o per la preparazione dell’ETBE (etere etilbutilico).

• OLI VEGETALI E GRASSI ANIMALI: gli oli vegetali ottenuti dalla spremitura delle oleaginose (girasole, colza e soia), quelli di scarto e i grassi animali, dopo un processo chimico danno origine ad una mi-scela chiamata biodisel. Questo viene utilizzato come biocarburante in qualsiasi motore diesel a petrolio, sia puro sia mescolato con gaso-lio.

SOSTANZE RICAVATE DALLE BIOMASSE: I BIOCARBURANTI Ricavati dalla biomassa, i biocarburanti rappresentano un sostituto di-retto dei combustibili fossili impiegati nel settore dei trasporti e pos-sono essere integrati rapidamente nei sistemi di distribuzione del car-burante. Possono rappresentare un combustibile alternativo accanto ad altre fonti energetiche, e possono pertanto aprire la strada ad ul-teriori sviluppi avanzati, come la tecnologia dell’idrogeno. Nonostante in generale i loro costi siano ancora più elevati di quelli dei combustibi-li, il loro utilizzo è in aumento in tutto il mondo. L’Unione Europea sta sostenendo i biocarburanti con l’obiettivo di ri-

durre le emissioni di gas serra, di incentivare la decarbonizzazione dei combustibili per trasporto, di diversificare le fonti di approvvigiona-mento e di sviluppare sostituti a lungo termine per il petrolio. Incre-mentando la produzione di biocarburanti dovrebbero aprirsi nuove op-portunità di diversificare il reddito e l’occupazione nelle zone rurali. La produzione di biocarburanti da materie prime adeguate potrebbe inol-tre portare benefici economici e ambientali in vari paesi in via di svi-luppo, potrebbe creare nuovi posti di lavoro, ridurre la fattura energe-tica e aprire potenziali mercati di esportazione. Oggi i biocarburanti di prima generazione possono essere utilizzati in miscele a basse percentuali con i carburanti convenzionali nella mag-gior parte dei veicoli e possono essere distribuiti dall’infrastruttura esistente. Sostituire una parte del diesel o della benzina con biocarbu-ranti è dunque il modo più semplice che consente al settore dei tra-sporti di dare un contributo immediato agli obiettivi di Kyoto, soprat-tutto perché i benefici si applicherebbero a tutto il parco veicoli. Tut-tavia, anche con le tecnologie più avanzate, difficilmente il costo dei biocarburanti prodotti nell’Unione Europea li renderà concorrenziali rispetto ai combustibili fossili. I biocarburanti, possono essere impiegati come combustibile alternati-vo nei trasporti, cosi come altre alternative, come il gas naturale liqui-do, il gas naturale compresso, il gas di petrolio liquefatto (GPL) e l’idrogeno.

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Nonostante ciò, incentivare l’uso dei biocarburanti attualmente dispo-nibili può essere visto come una fase intermedia per ridurre le emis-sioni di gas serra, per diversificare le fonti energetiche nel settore dei trasporti e per preparare l’economia dell’UE ad altre alternative in quest’ambito che non sono ancora del tutto pronte. Ciò vale anche per i biocarburanti di seconda generazione (i processi che sfruttano le biomasse ligneocellulosiche), che sono una delle tec-nologie più promettenti. La produttività delle biomasse è più elevata negli ambienti tropicali e i costi dei biocombustibili (soprattutto l’etanolo) sono relativamente bassi in vari paesi in via di sviluppo. In generale, la produzione di biocarburanti potrebbe rappresentare una possibilità di diversificare l’attività agricola, ridurre la dipendenza dai combustibili fossili (in particolare il petrolio) e dare un contributo alla crescita economica sostenibile. Le diverse prospettive che carat-terizzano la produzione e l’utilizzo dei biocarburanti nei paesi in via di sviluppo riguardano i tipi di materie prime prodotti e una serie di fat-tori economici. Nei paesi dove è probabile un’espansione su vasta scala della produzione di materie prime emergono alcuni timori per l’ambiente, a causa delle pressioni esercitate su aree sensibili come le foreste pluviali. Non bisogna inoltre dimenticare le ripercussioni sulla fertilità del suo-lo, sulla disponibilità e la qualità dell’acqua e sull’impiego dei pesticidi. Tra gli effetti di ordine sociale si ricordano il potenziale allontanamen-to di comunità e la concorrenza che verrebbe a instaurarsi tra le atti-vità destinate alla produzione di biocarburanti e quelle destinate alla

produzione di alimenti. Su tutti questi aspetti è indispensabile svolgere studi approfonditi per quantificare le conseguenze e, se necessario, dovranno essere istituiti quadri normativi forti. La politica di sviluppo dell’UE punterà ad aiutare i paesi in via di svilup-po più adatti a sfruttare i vantaggi offerti dai carburanti e a far fron-te alle problematiche esposte in precedenza nel modo più consono. La Commissione sta esaminando in che modo i biocarburanti possano essere contabilizzati per il raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 per i parchi auto, partendo dall’accordo siglato dalle imprese automobilistiche che le impegna a ridurre le emissioni delle nuove auto nell’ambito di un approccio integrato. Per poter sfruttare tutti i potenziali vantaggi per l’ambiente, la stra-tegia sui biocarburanti deve incentrarsi su questi elementi: • ottenere i massimi benefici in termini di emissioni di gas serra

rispetto alle spese sostenute. Per il momento gli incentivi ai bio-carburanti non tengono conto degli effetti benefici in termini di emissioni di gas serra connessi ai vari biocarburanti e alla ri-spettive modalità di produzione. Creando un nesso tra i benefici in termini di gas serra e gli incentivi alla fornitura di biocarbu-ranti, dovrebbe essere possibile aumentare i vantaggi complessi-vi che essi presentano e dare un chiaro segnale all’industria sull’importanza di migliorare ancora le modalità di produzione in questo senso.

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• evitare danni ambientali connessi alla produzione di biocarburan-ti e delle relative materie prime. E’ fondamentale prevedere adeguate norme ambientali minime da applicare alla produzione di materie prime per i biocarburanti, adatte alle condizioni locali dell’UE e dei paesi terzi.

• garantire che l’impiego dei biocarburanti non sia fonte di proble-

mi ambientali o tecnici. BIOGAS Il biogas è una miscela gassosa costituita da metano, anidride carboni-ca, prodotta dai batteri metanogeni nella digestione anaerobica, e altri gas in tracce. Esistono microrganismi che per la produzione di energia non utilizzano glucosio ma partono da sostanze inorganiche: questi sono gli archibat-teri che hanno capacità, in assenza di ossigeno, di espletare una respi-razione anerobia utilizzando materiale inorganico come fonte primaria di energia. Nel caso specifico vi sono gli archibatteri metanogeni che hanno capacità di ossidare idrogeno molecolare accoppiandolo alla ri-duzione di anidride carbonica: 4H2 + CO2 CH4 + 2H2O

Il biogas rappresenta il prodotto della fermentazione di alcune bio-masse in ambiente privo di ossigeno. Presenta un potere calorifico di 4000-5000 kcal/m3 che ne consente l’impiego in svariate applicazioni, come processi di recupero energetico immettendolo in motori a com-bustione interna, collegati a generatori per la produzione di energia elettrica e calore. Le sostanze che più si prestano alla trasformazione in biogas sono i grassi, poi in ordine decrescente vengono le sostanze oleose, i carboi-drati, le proteine, le schiume.

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BIOETANOLO I biocarburanti favoriscono la politica energetica comunitaria sotto vari aspetti: si possono facilmente produrre nei paesi europei, contri-buiscono alle diversificazioni delle fonti e alla sicurezza dell’ approv-vigionamento energetico, data la loro origine non fossile sono meno nocivi per l’ ambiente, contribuiscono al rispetto degli impegni assunti dall’ Europa in materia di cambiamento climatico. Il bioetanolo viene ricavato dalla biomassa (orzo, mais, barbabietola da zucchero) e dalla frazione biodegradabile dei rifiuti, può essere impiegato puro o in mi-scela con i carburanti convenzionali, senza ricorrere ad alcuna modifi-ca del motore per una miscela contenente fino al 15% di bioetanolo. Il bioetanolo risulta il biocarburante maggiormente prodotto nel mon-do; è ottenuto essenzialmente in Brasile e negli Stati Uniti. Per la fabbricazione del bioetanolo vengono impiegate le culture alcoligene e tra le più interessanti troviamo il sorgo zuccherino, una cultura di ori-gine tropicale. Le materie prime per la produzione di etanolo sono tutte le biomasse vegetali contenenti carboidrati fermentescibili; in particolare, gli zuccheri semplici sono forniti da barbabietola e da sorgo zuccherino, mentre i polisaccaridi derivano dal mais, dalla ganella, dal frumento, dall’ orzo, ecc... L’etanolo si ottiene da tali substrati attraverso una fermentazione anaerobia dovuta all’opera di alcuni microrganismi quali la famiglia dei lieviti. Questi, in condizioni di anaerobiosi, riescono ad attuare una “fermentazione alcolica” a partire da metaboliti della de-

gradazione del glucosio (piruvati) secondo questa reazione:

C6H12O6 + 2Pi + 2ADP 2CH3CH2OH + 2CO2 + 2ATP Glucosio Etanolo con produzione di alcol etilico che viene conseguentemente allontana-to tramite distillazione frazionata. In questo momento quello che tende a impensierire i ricercatori è l’utilizzo delle biomasse sfruttate per la produzione di etanolo; oggi sembra che ricavare etanolo non più da substrati zuccherini sia meno conveniente da un punto di vista energetico e di inquinamento che non ricavarlo con meccanismi enzimatici-microbiologici, che prevedono l’utilizzo di materie prime diverse come le erbe e la paglia di scarto (cellulosa) oltre ai prodotti zuccherini fino ad ora utilizzati.

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BIODIESEL

INTRODUZIONE L’incremento dei consumi pro capite e la continua richiesta di approv-vigionamento energetico hanno contribuito all’aumento inarrestabile dei prezzi dei combustibili fossili. Si tenga conto anche del fatto che i combustibili fossili non sono risorse rinnovabili e sono quindi destinati ad esaurirsi. In un contesto così particolare e delicato l’Unione europea ha messo a punto un piano di sviluppo energetico che prevede l’impiego di fonti rinnovabili in maniera crescente. In particolare l’impiego di biodiesel è sostenuto dalla Direttiva 2003/30CE che ne prevede l’utilizzo anche per i mezzi privati. Rispetto al normale gasolio il biodiesel presenta i seguenti vantaggi: • Non produce sostanze altamente inquinanti (biossido di zolfo) • Riduce le emissioni di monossido di carbonio • Non contiene sostanze pericolose per la salute • Diminuisce i rischi nelle fasi di trasporto e stoccaggio • Riduce la fumosità dei gas di scarico Il biodiesel è un prodotto vegetale rinnovabile e altamente biodegra-dabile ottenuto dalla spremitura di semi oleaginosi di colza, girasole o soia e da una successiva lavorazione degli oli. Negli ultimi anni il mercato nazionale di biodiesel si è indirizzato verso i seguenti “scopi energetici”:

• Riscaldamento fino al 100% • Additivo per gasolio nei mezzi pubblici fino al 30% • Additivo per gasolio nei mezzi privati fino al 5% CONTESTO PRODUTTIVO I biocarburanti nell’unione europea si ottengono per la maggior parte dalle coltivazioni di barbabietola da zucchero, cereali, colza e girasole che vengono poi trasformati in biodiesel. Dal 1993 al 2001 la produzione di biodiesel in Europa è aumentata del 900% e riesce a coprire l’80% dell’offerta di biocarburanti europei. Al vertice della produzione di biodiesel troviamo la Germania (715.000 ton) seguita da Francia (357.000ton) e Italia (273.000ton). Attualmente in Italia il biodiesel è impiegato principalmente dalle a-ziende petrolifere in miscela con il gasolio fino al 5% per le sue capa-cità lubrificanti. La cultura più idonea nel nostro paese è il girasole; la colza necessita di ulteriori sperimentazioni i campo agricolo; la soia è poco utilizzata in quanto il suo contenuto in olio è relativamente basso. La produzione italiana di biodiesel deriva solo in parte dalle colture nazionali: il resto deriva dalle importazioni di olio di colza da Germania e Francia.

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ASPETTI AGRONOMICI Le culture oleaginose producono semi caratterizzati da un alto conte-nuto in olio: nel girasole è in media del 46% con punte del 55%, nella colza è in media del 40% con punte del 50%, nella soia è in media tra il 18% e il 21%. La soia risulta sfavorita a causa della bassa concentra-zione di olio rispetto a colza e girasole. È importante ricordare, inoltre, i vantaggi ambientali delle culture oleaginose: • Modesta richiesta di interventi colturali • Buona adattabilità alle condizioni climatiche • Buona resa anche in condizioni di limitata disponibilità idrica Queste caratteristiche rendono efficace l’impiego di tecniche di col-tivazione a basso impatto ambientale che prevedono l’impiego di basse quantità di agenti chimici. PRODUZIONE E COSTO DEL BIODIESEL Per quanto riguarda la trasformazione dei semi in biodiesel, i costi che si devono valutare sono quelli relativi alla materia prima, all’estrazione e alla rettifica dell’olio. Per quanto riguarda l’estrazione si possono individuare due differenti processi: • Estrazione fisica (macinazione e spremitura dei semi) • Estrazione chimica (realizzata mediante solvente)

La rettifica viene eseguita mediante due processi: • Degomaggio (elimina la parte saponificabile dell’olio per renderlo

meno viscoso) • Raffinazione (rende l’olio incolore e inodore) Per produrre biodiesel occorrono impianti dove avvenga la reazione di transesterificazione, che ha lo scopo di ottenere un carburante più fluido che può essere utilizzato sia come carburante puro sia come additivo per il normale gasolio. Alla fine dell’intero processo da una tonnellata di semi di girasole si ottengono circa 400Kg di biodiesel; da un ettaro di terreno coltivato a girasole si ottengono dai 1200 ai 1600 litri di biodiesel. Sulla base di costi di produzione medi, si ha che il costo dell’olio grez-zo sia 0,53€/l per il girasole, 0.76€/l per il colza e 1,08€/l per la soia. Si ottiene che il costo di produzione del biodiesel è 0,78€/l per il gi-rasole, 1,01€/l per il colza e 1,34€/l per la soia. Il costo di produzione del biodiesel rimane comunque superiore a quel-lo della benzina: ne risulta che finché le imposte sui carburanti saran-no le stesse sia per i biocarburanti sia per i combustibili fossili sarà estremamente difficile avviare la produzione e il commercio dei bio-carburanti.

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SITUAZIONE DELL’ENERGIA DA BIOMASSA

UTILIZZO DELLE BIOMASSE NEL MONDO Oggi le biomasse soddisfano il 15% circa degli usi energetici primari nel mondo. I paesi in via di sviluppo nel complesso ricavano il 38% della propria energia dalle biomasse e in molti di essi tale risorsa soddisfa fino al 90% del fabbisogno energetico totale, mediante la combustione di legno, paglia e reflui animali. Nei paesi industrializzati invece, le bio-masse contribuiscono appena per il 3% alla produzione energetica. UTILIZZO DELLE BIOMASSE IN EUROPA L’impiego delle biomasse in Europa soddisfa una piccola parte dei con-sumi di energia primaria, pari al 3,5%. All’avanguardia nello sfrutta-mento delle biomasse come fonte energetica sono i paesi del centro-nord Europa, che hanno installato grossi impianti di cogenerazione e teleriscaldamento alimentati a biomasse. Entro il 2010 si prevede l’aumento dell’energia da biomassa fino a circa l’8,5%. Qui di seguito sono riportati alcuni paesi in cui parte della produzione energetica è rappresentata dalle biomasse: AUSTRIA Relativamente al riscaldamento centralizzato, l’utilizzo della biomassa ha raggiunto alla fine del 2000 più di 500 impianti funzionanti. Il go-verno e in particolare le regioni, forniscono un supporto attivo sia poli-tico che finanziario per l’energia da biomassa e per incentivarla mag-

giormente è stata introdotta una tassa energetica sull’uso del gas e dell’elettricità già nel 1996. DANIMARCA L’energia prodotta tramite biomassa è venduta all’azienda municipaliz-zata locale con una legge particolare che garantisce una tariffa fissa e un mercato commerciale molto interessante per l’elettricità generata dalle fonti energetiche rinnovabili (FER). Ai produttori di elettricità è stato richiesto di utilizzare un maggior quantitativo di paglia e trucioli di legno per i propri impianti. FINLANDIA La Finlandia è uno dei paesi europei che fa maggiore uso di energia rin-novabile. L’impianto di biomassa “Fossa” rappresenta il primo impianto di riscaldamento centralizzato a cogenerazione, alimentato interamen-te con il legno. L’impianto produce tutto il calore e un terzo dell’energia elettrica richiesta dalla città di Fossa per quasi tutto l’anno. Nel 1999 è stato lanciato un piano di azione FER con l’obiettivo di incrementare entro il 2010 l’utilizzo dell’energia rinnovabile del 50% rispetto al 1995. Gli incentivi fiscali e la ricerca e sviluppo sono i due approcci della politica centrale per promuovere la diffusione sul mer-cato e la commercializzazione dell’energia rinnovabile in Finlandia, in-fatti il governo offre sovvenzioni pari al 30% dei costi di investimento per le tecnologie basate sull’energia rinnovabile, biomassa inclusa.

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FRANCIA Il mercato di combustibile da biomassa in legno rappresenta uno degli esempi di sfruttamento delle FER nazionali negli ultimi dieci anni, e l’energia ricavata da queste è utilizzata principalmente per il riscalda-mento degli edifici residenziali. Politicamente, l’utilizzo dell’energia da biomassa è promosso da un piano di sviluppo locale e sono anche stan-ziati dei fondi per lo sviluppo degli impianti di riscaldamento centra-lizzato, mentre un ulteriore sussidio potrebbe essere offerto dalla UE o dai fondi nazionali. GERMANIA In Germania si è osservato uno sviluppo costante degli impianti di co-generazione di energia e calore alimentati a legna, particolarmente nelle regioni forestali nel sud del paese. Nel quadro di questa politica l’energia rinnovabile riveste un ruolo chiave e il governo ha prontamente offerto sussidi finanziari per que-sto tipo di energia, sia a livello nazionale che regionale. SPAGNA La biomassa rappresenta un’ importante risorsa di energia rinnovabile e il suo uso sta continuando ad espandersi rapidamente, particolar-mente per i progetti di generazione di energia, incluso il CHP. Il go-verno offre anche sussidi finanziari per la realizzazione di impianti di grandi o medie dimensioni per il riscaldamento o l’energia da biomassa.

SVEZIA Da tempo la Svezia produce l’energia necessaria tramite le proprie risorse forestali e l’elettricità da biomassa, inclusa la cogenerazione di calore ed energia, è in costante aumento. Questo paese è il leader mondiale nella produzione e conversione di energia proveniente de bio-massa solida ed ha come obiettivo politico quello di sostituire il riscal-damento elettrico domestico con il CHP o sistemi di riscaldamento centralizzato, specialmente facendo uso di biomassa come combusti-bile. La ricerca, lo sviluppo e l’utilizzo della biomassa ricevono dal go-verno finanziamenti complessivi pari a 35 milioni di euro l’anno.

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UTILIZZO DI BIOMASSA IN ITALIA Per quanto concerne questo aspetto l’Italia si pone in condizioni di scarso utilizzo delle biomasse, nonostante l’elevato potenziale di cui dispone. Il settore più inserito nel mercato dell’energia è quello del riscaldamento domestico, sia di tipo individuale (caldaie a legna, stufe, caminetti), che collettivo (teleriscaldamento). In particolare quello del teleriscaldamento è il settore di mercato più aperto in cui le bio-masse possono entrare facilmente e lo potranno fare anche un futuro più o meno prossimo. Allo stato attuale, il contributo delle biomasse ai consumi energetici finali per usi civili è del 4%. PIEMONTE Il Piemonte è fra le regioni che più sono attente e aggiornate rispetto alla conoscenza del proprio patrimonio forestale e delle relative po-tenzialità. Leinì è la prima città della provincia di Torino scaldata dal teleriscaldamento a biomassa; la centrale è entrata in funzione nel gennaio 2002, ha una potenza di 4MW e funziona con cippato di legno. Questa centrale ha consentito di spegnere numerose caldaie in vari edifici privati e pubblici limitando cosi l’emissione di inquinanti nell’atmosfera. Nell’ambito delle iniziative rivolte alla promozione e alla diffusione delle fonti rinnovabili sul territorio, la provincia di Biella ha realizzato una centrale termica della potenza di 400 kW alimentata a cippato di legna. L’approvvigionamento di legna come combustibile deve essere

un’operazione ben coordinata, finalizzata anche alla corretta gestione delle risorse boschive, con il conseguente vantaggio di una migliore conservazione del territorio e dell’assetto idrogeologico. L’impianto è innovativo, infatti in questo progetto si sono voluti concentrare una serie di aggiornamenti tecnologici avanzati che vengono solitamente adottati in impianti di dimensioni superiori a 1000 kW, con lo scopo principale di realizzare un modello e un riferimento per altre possibili applicazioni sul territorio. La nuova centrale entrerà in funzione af-fiancando l’attuale caldaia a gasolio (580 kW) che rimarrà operativa per intervenire in casi di emergenza e per la produzione di acqua sani-taria durante il periodo estivo, quando il riscaldamento è spento e si procede alla pulizia e alla manutenzione della caldaia a cippato. IMPATTO ECONOMICO Riscaldarsi con le biomasse non fa solo bene all’ambiente, ma è anche utile dal punto di vista economico, perché a parità di calore prodotto i combustibili vegetali costano molto meno rispetto a quelli fossili.

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COMMISSIONE DELLE COMUNITA’ EUROPEE

Il Parlamento Europeo ha recentemente rilevato che l’utilizzo di bio-masse offre molti vantaggi rispetto alle fonti energetiche convenzio-nali; costi relativamente contenuti, minore dipendenza a breve termi-ne dai cambiamenti climatici; promozione di strutture economiche re-gionali e possibilità di fonti alternative di reddito per gli agricoltori. LE MISURE PREVISTE DAL PROGRAMMA D’AZIONE POTREBBERO INDURRE UN AUMENTO DELL’IMPIEGO DI BIOMASSA FINO A 150 Mtp (milioni di tonnellate prodotto) ENTRO IL 2010. Vantaggi: • Diversificazione dell’offerta energetica in Europa; • Riduzione delle emissioni responsabili dell’effetto serra di 209 mi-

lioni di tonnellate di CO2 all’anno; • Occupazione diretta di 250-300 mila addetti; • Abbassamento del prezzo del petrolio. BIOMASSA PER RISCALDAMENTO Tecnologia semplice e poco costosa ma raramente utilizzata. RIMEDI: • Normative legislative per: 1. assicurare che i fornitori di combustibili assicurino la disponibilità

di carburanti ricavati da biomassa; 2. fissare parametri di efficienza per la biomassa; 3. permettere ai consumatori di acquistare apparecchi non inquinanti

ed efficienti; 4. definire le generali misure tecniche; 5. accordi con l’industria;

• ammodernamento del teleriscaldamento: consente una più facile gestione dell’uso di combustibili rinnovabili e l’impiego di una più ampia gamma di combustibili che producono meno emissioni.

BIOCARBURANTI PER MEZZI DI TRASPORTO 1. Optare per una strategia equilibrata:

• Favorire l’impiego di una gamma più ampia di oli vegetali per la pro-

duzione di biodiesel; • Possibilità di modificare la direttiva sui biocarburanti; • Sostenere i Paesi in via di sviluppo;

2. Considerare gli effetti sulla salute e sull’ ambiente. 3. Ricorso all’etanolo per ridurre la domanda di diesel: ne raccomande-rà l’impiego del 95% nei motori diesel modificati.

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QUESTIONI TRASVERSALI • Rifiuti: 1. tecniche di gestione per attenuare l’impatto ambientale dell’utilizzo

di rifiuti come combustibile; 2. approccio commerciale per attività di riciclaggio e recupero; 3. incentivazione degli investimenti in tecnologie efficienti. • Sostegno finanziario dell’ UE: Regioni che usufruiscono dei finanziamenti e presentano un elevato potenziale di crescita economica e di creazione di occupazione grazie alla biomassa.

COLTIVAZIONI AGRICOLE ALTERNATIVE PER USI ENERGETICI Individuazione a livello nazionale di specie e varietà vegetali che con-sentono di massimizzare l’ efficienza in termini di biomassa utilizza-bile. In Italia : emanazione di incentivi in grado di stimolare le imprese ed educazione ai cittadini a riconvertire i propri consumi verso le bio-masse. Con le tecnologie attuali la produzione di energia elettrica per combu-stione delle biomasse ha un costo specifico inferiore rispetto a quello dei combustibili tradizionali (gasolio, metano)

Sargo da fibra (coltura asciutta) 0,0490 € /Mcal Canna comune 0,0520 € /Mcal Miscanto 0,0356 € /Mcal Cardo 0,0266 € /Mcal Gasolio 0,0860 € /Mcal Metano 0,0610 € /Mcal

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CONCLUSIONI Direttiva 2001/77/CE Obiettivo: Il successo di un nuovo modello di sviluppo economico dipen-de da:

• compatibilità tra crescita economica; • produzione di energia efficace e sicura; • rispetto dell’ambiente; • impiego di differenti fonti energetiche e tecnologiche.

Per sviluppare delle colture alternative finalizzate alla produzione di energia elettrica mancano però tecnologie appositamente studiate per le loro esigenze e cioè: 1. Particolari tipologie di macchine per la raccolta 2. Stoccaggio in depositi a prova di incendi tutto ciò ridurrebbe il volume i costi e l’impatto ambientale Produzione decentrata vantaggi: • impiego di fattori produttivi agricoli altrimenti inutilizzati; • valorizzazione risorse locali; • no dispersione di capitali all’ estero per acquisto di combustibili fos-sili; • impiego energetico di residui di produzione agricola o industriale che

sarebbero inceneriti o mandati in discarica (0,0266 €/Mcal). Ma valori più bassi di energia termica Esempio: Cardo: Minor costo specifico di produzione di energia termica (0,0266 €/Mcal). Ma valori più bassi di energia termica.

CONFRONTO COSTI DI PRODUZIONE TOTALI Gli impianti a biomassa hanno un costo di esercizio più elevato rispetto alle centrali elettriche alimentate dai combustibili tradizionali. Quando la BORSA ELETTRICA (valore dei cv) sarà definitivamente operativa si potrà attuare una valutazione globale degli studi su impat-to ambientale, per realizzare una fattibilità economica che porti ad efficaci sistemi di pianificazione energetiche. OTTIMIZZAZIONE DELLA PRODUZIONE ENERGETICA ECO-COMPATIBILE Lo sviluppo di una filiera di colture favorevoli alla produzione di mate-rie prime di origine agricola da convertire in energia elettrica indica: condizioni di mercato favorevoli, una diminuzione di costi logistici, una migliore pianificazione a livello locale delle filiere e una ottimizzazione delle gestioni delle risorse, con la salvaguardia della biodiversità; quindi si auspica un utilizzo delle diverse varietà disponibili per fini energetici in funzione delle dimensioni degli impianti a biomassa (solida e liquida) che si intendono realizzare.

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Università degli Studi di Perugia - Facoltà di Agraria - Dott. Saverio Patacca Università degli Studi di Bologna dipartimento di Economia e Ingegneria Agraria - Claudio Malagoli e Gianluca Nigro

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Gruppo di lavoro: Jumara Ricciarello e Mirella Tintillini (docenti) Michele Bietta, Laura Ceccuzzi, Lucia Ercolanelli, Simone Ottavi, Letizia Pompili, Viola Presciutti, Cristina Toccaceli, Viola Vitalesta (alunni)

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Il problema del riscaldamento globale, interessa, senza dubbio, tutti gli abitanti del pianeta dunque, tutti dobbiamo impegnarci per risol-verlo. L’innalzamento delle temperature ed il conseguente scioglimento dei ghiacciai con lo sprofondamento delle terre emerse dipende dall’effetto serra provocato dalla CO2. Ma l’effetto serra è anche un fenomeno senza il quale la vita come la conosciamo adesso non sarebbe possibile.

Si osserva, dunque, un processo di riscaldamento del pianeta per ef-fetto dell’azione dei cosiddetti gas serra, composti presenti nell’aria a concentrazioni relativamente basse (anidride carbonica, vapor acqueo, metano, ecc.). I gas serra permettono alle radiazioni solari di passare attraverso l’atmosfera mentre ostacolano il passaggio verso lo spazio di parte delle radiazioni infrarosse provenienti dalla superficie della Terra e dalla bassa atmosfera (il calore riemesso); in pratica si com-portano come i vetri di una serra e favoriscono la regolazione ed il mantenimento della temperatura terrestre ai valori odierni.

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Questo processo è sempre avvenuto naturalmente e fa sì che la tem-peratura della Terra sia circa 33°C più calda di quanto lo sarebbe sen-za la presenza di questi gas. Ora, comunque, si ritiene che il clima della Terra sia destinato a cam-biare perché le attività umane stanno alterando la composizione chimi-ca dell’atmosfera. Le enormi emissioni antropogeniche di gas serra stanno causando un aumento della temperatura terrestre determinan-do, di conseguenza, dei profondi mutamenti a carico del clima sia a li-vello planetario che locale. Prima della Rivoluzione Industriale, l’uomo rilasciava ben pochi gas in atmosfera, ma ora la crescita della popolazione, l’utilizzo dei combu-stibili fossili e la deforestazione contribuiscono non poco al cambia-mento nella composizione atmosferica.

Il Comitato Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici (Intergovernmental Panel on Climate Change, IPCC) ritiene che la temperatura media del pianeta sia aumentata di circa 0,6°C dal 1861. Inoltre, sulla base delle tendenze attuali di emissione dei gas serra, vi è la stima di un ulteriore aumento della temperatura terrestre tra 1,4 e 5,8°C nel periodo fra il 1990 e il 2100. Il conseguente cambiamento climatico comporterà delle implicazioni estremamente significative a carico della salute dell’uomo e dell’integrità dell’ambiente. Il clima infatti influenza fortemente l’agricoltura, la disponibilità delle acque, la biodiversità, la richiesta dell’energia (ad esempio per il riscaldamento o il raffreddamento) e la stessa economia.

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Questo grafico rappresenta la variazione delle temperature medie an-nuali superficiali nel corso degli anni 1880-2001. La linea dello zero rappresenta la media di tutte le temperature, mentre le barre rosse e blu indicano gli scostamenti da tale media. Come si può vedere, c'è un chiaro trend di crescita. Le temperature riferite alle terre emerse presentano degli scosta-menti maggiori di quelle degli oceani perché le terre si riscaldano e si raffreddano più velocemente delle acque. Il progresso che non si farà nella riduzione delle emissioni dei gas ser-ra nell’immediato futuro determinerà il livello di riscaldamento globale a cui dovranno andare incontro le generazioni che verranno. L’approccio dovrà essere necessariamente coordinato, infatti i pro-gressi fatti con la riduzione delle emissioni in un determinato settore possono essere facilmente compromessi dall’aumento delle emissioni in un altro. In ogni caso le azioni intraprese finora a livello internazionale e locale non sono confortanti e la situazione continua a peggiorare.

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In Italia, ad esempio, si hanno, naturalmente, le stesse condizioni ne-gative del resto del pianeta, con in più il fatto che, essendo una peniso-la, essa è molto a rischio per quanto riguarda l’innalzamento delle masse oceaniche.

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I ghiacciai si stanno sciogliendo con una rapidità senza precedenti: nel secolo scorso i ghiacciai delle Alpi europee e del Caucaso si sono ri-dotti della metà; del più grande ghiacciaio del monte Kenya, in Africa, non rimane che l’8%. Se la situazione non dovesse cambiare, entro la fine del secolo molti ghiacciai, inclusi tutti quelli del Parco Nazionale Glacier, negli Stati Uniti, scomparirebbero dalla faccia della terra. I circa 10 milioni di abitanti di Lima, in Perù, dipendono per le risorse idriche dal ghiacciaio Quelcaya. In altre parti del mondo il rapido scio-glimento dei ghiacci provocherà inondazioni e causerà danni all’agricoltura. Nel 1985 in Nepal, a causa dello straripamento di un lago glaciale, un muro d'acqua alto 15 metri si è riversato a valle, pro-vocando vittime tra la popolazione e distruggendo le abitazioni. Molti climatologi sono del parere che lo scioglimento dei ghiacciai sia uno dei primi segni tangibili del surriscaldamento del pianeta causato dall’uomo. L'attività umana, in realtà ha intensificato l'effetto serra già a parti-re dalla rivoluzione neolitica, indicando una diminuzione della biomassa degli ecosistemi artificiali agricoli e dei loro suoli. Ma la vera impennata nella concentrazione di gas serra si è avuta con l'utilizzo di combustibili fossili, che ha intaccato le riserve geologiche di carbonio, e con la maggior produzione di metano, dovuta ad un'e-splosione dell'allevamento e delle colture a sommersione (per esempio il riso).

Gli effetti ambientali delle risaie a sommersione sull'acqua di falda, infatti, sono noti da tempo. Anche in Italia le risaie non prelevano acqua dai pozzi, come spesso avviene per altre colture agricole, ma possono immettere nella falda acqua inquinata da erbicidi e fungicidi. L'inquinamento della falda di-sturba la potabilità dell'acqua degli acquedotti vercellesi solo se i co-muni pescano nelle falde superficiali. Se si rilevano tracce di diser-banti nelle falde immediatamente più profonde non è ancora colpa del-le risaie, bensì delle numerose trivellazioni per la ricerca del metano nell'alta pianura novarese e vercellese, che fanno passare l'acqua in-quinata delle risaie nelle falde inferiori. La pratica sempre più diffusa di un utilizzo più oculato dei diserbanti in risaia porterà certamente dei benefici nel medio periodo. Per quanto riguarda gli effetti sulle portate di falda, la risaia è di sicuro un toccasana. L'acqua che som-merge le camere proveniente dai grandi fiumi e dalle risorgive, poco alla volta, (con una velocità maggiore nei terreni meno argillosi) finisce in parte nella falda superficiale compensando la perdita di acqua per prelievi industriali, irrigui e civili. Se non ci fossero le risaie, l'agricol-tura delle zone a sud est dell'area risicola, ormai abituata a sfruttare falde a pochissimi metri dalla superficie, subirebbe seri danni per l'abbassamento della falda e il suo impoverimento.

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Anche prodotti di sintesi, quali i clorofluorocarburi, contribuiscono all'intensificazione dell'effetto serra. I paesi che emettono la maggior parte dei gas serra sono i paesi indu-strializzati, ma anche alcuni paesi in via di sviluppo stanno svolgendo un ruolo significativo: al primo posto per quantitativi di gas serra emessi ci sono gli Stati Uniti d'America mentre già al secondo posto è la Cina.

Un primo tentativo di limitare l'alterazione climatica indotta dall'uo-mo è il Protocollo di Kyoto al quale alcuni paesi come gli Stati Uniti hanno deciso di non aderire, inizialmente citando studi in cui si mette-va in dubbio la responsabilità delle attività antropiche, poi, nel 2005, sostenendo che l'economia americana non sarebbe pronta ad effettu-are la transizione verso un minore impatto ambientale.

Al Gore, ha evidenziato tutte queste situazioni nel suo ultimo film-documentario “Una scomoda verità”, per cercare di fare presa sulla gente e sensibilizzare coloro che sentono il problema come una cosa lontana.

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La condizione del pianeta e i rischi che esso corre a causa dei gas serra è la scomoda verità che Al Gore si è impegnato a diffondere di persona attraverso un tour che si è esteso ai quattro angoli della ter-ra, avviato dopo aver perso (momentaneamente) la corsa alla Casa Bianca. Conscio di andare incontro allo scetticismo delle persone, ma forte delle sue ricerche nel campo e di vent'anni di esperienza (già nel 1992 aveva pubblicato il libro Earth in the Balance: Ecology and the Human Spirit sul quale si basa la sua attuale "predicazione") Gore espone una serie di dati scientifici inattaccabili, tabulati, previsioni sul nostro prossimo futuro e risposte alla domanda su come affronta-re il riscaldamento globale del pianeta. Il ritratto è sconfortante e per questo "scomodo"; scomodo per i go-verni, che al momento fanno finta di non sentire/vedere/sapere e scomodo per le persone, che pensano non ci siano limiti allo sviluppo. In questo clima di scetticismo calcolato, Al Gore appare come un moderno Noè senza arca. Una scomoda verità non è un film da vedere sgranoc-chiando pop corn, esso sconfina addirittura nel documentario; è un cine-notiziario rea-listico quanto agghiacciante.

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Girato da Davis Guggenheim (regista di alcuni episodi delle serie tv NYPD Blue e E.R. e del lungometraggio Gossip) e ispirato presumibil-mente ai film di Michael Moore, Una scomoda verità è una di quelle opere che vanno viste perché riguarda tutti, nessuno escluso. Se pro-prio dovessimo trovare delle falle, potremmo al limite criticare la scelta di inserire argomenti privati che dipingono l'"ex futuro presi-dente degli Stati Uniti" come un uomo senza pecche, dedito alla fami-glia e alle sorti della terra. Al di là di questo, va apprezzato lo sforzo e la passione nel cercare a tutti i costi di portare l'attenzione pubbli-ca sul dramma che ci attende se non interveniamo immediatamente. Siete pronti a conoscere la verità? Questo documentario ha il merito di esporre in maniera estremamen-te chiara problemi che spesso la gente ignora. Infatti è proprio sul punto di catturare l’attenzione che Gore è riuscito maggiormente. An-che l'Inghilterra si è accorta dell'importanza di questo documentario, tanto è vero che esso diventerà materia di studio nelle scuole. Il film è semplice e alla portata di tutti, semplice e facile da seguire senza annoiarsi. Tutti devono essere consapevoli dei rischi che stiamo correndo e che nel nostro piccolo possiamo veramente contare! I mezzi di informazio-ne dovrebbero informare l’opinione pubblica su questo, perché è ne-cessario l’aiuto di ogni singolo abitante del pianeta. In conclusione, il film di Al Gore ha il merito di farci scoprire altri due lati del problema del riscaldamento globale: quello politico e quello

della comunicazione. Ogni cittadino deve fare qualcosa (politica) e per “operare”deve esse-re informato e convinto (comunicazione). Quello di informare e convin-cere è appunto il compito che si assumono le associazioni ambientali-stiche. Abbiamo dunque deciso di analizzarne l’operato come si farebbe con uno qualunque degli aspetti del problema del “Global Warming”. Organizzazioni per la tutela ambientale Cosa e chi si sta adoperando, in Italia e nel mondo, per cercare di ri-solvere le questioni ambientali? La nostra attenzione si è spostata su tre importantissime associazioni ambientalistiche nazionali ed inter-nazionali: Legambiente, Green peace e W.W.F..

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Legambiente è l'associazione ambientalista più diffusa in Italia: dalle Alpi a Lampedusa sono oltre 1.000 i circoli locali e 20 i comitati regio-nali che quotidianamente si occupano del proprio territorio portando avanti vertenze e attività di informazione e sensibilizzazione. Legam-biente Onlus è un' associazione senza fini di lucro sostenuta da liberi cittadini: sono oltre 115.000 tra soci e sostenitori. È riconosciuta dal Ministero dell'Ambiente come associazione d'interesse ambientale, fa parte del Bureau Européen de l'Environnement e della Internatio-nal Union for Conservation of Nature. Nel panorama ambientalista italiano, Legambiente è una delle organizzazioni più conosciute per le campagne di informazione che conduce a livello nazionale: da Goletta Verde, che dal 1986 fotografa ogni estate lo stato di salute del mare e delle coste italiane, al Treno Verde, che in oltre 10 anni ha misurato smog e rumore nei capoluoghi di provincia, da Salvalarte, che testa i danni causati da incuria e inquinamento ai beni culturali, a Mal'Aria, che ogni anno fa sventolare dai balconi di tutta Italia migliaia di len-zuola antismog. E ancora da Piccola Grande Italia, una campagna per la tutela e la valorizzazione dei piccoli comuni italiani, alle campagne per la salvaguardia degli ecosistemi delle alpi, dei fiumi, dei boschi, di parchi e delle aree marine protette. Con Cambio di Clima si pone inve-ce l'attenzione 'locale e globale' sui preoccupanti cambiamenti clima-tici, passando per il risparmio energetico e le fonti rinnovabili.

Non mancano di certo le iniziative di volontariato ambientale che coin-volgono centinaia di migliaia di persone: Puliamo il Mondo nelle città a settembre, Nontiscordardimé-Operazione Scuole Pulite e Cento Strade per Giocare con ragazzi e bambini in primavera, Spiagge e Fondali Puliti a maggio, senza contare le attività di educazione am-bientale nelle scuole e migliaia di campi di lavoro durante tutto l'anno nei luoghi più belli della penisola. Attenzione viene riservata alla pro-mozione della qualità e alla sicurezza alimentare nel totale rispetto dell'ambiente e degli animali, oltre che allo sviluppo e al turismo so-stenibile.

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Promuove la pace, la solidarietà e la cooperazione allo sviluppo: ogni anno raccoglie fondi e medicinali da inviare nelle zone colpite dal disa-stro nucleare di Chernobyl e ospita in Italia migliaia di bambini bielo-russi; è presente in molti Paesi - dall'Albania al Brasile - con progetti di tutela ambientale e sviluppo sostenibile. È attiva nella protezione civile: contribuisce ai primi soccorsi alle popolazioni colpite dalle cala-mità naturali e organizza periodicamente campagne di prevenzione e avvistamento antincendio boschivo. Al fianco di queste attività, Legambiente pubblica dossier e rapporti sullo stato dell'ambiente in Italia, denunciandone le incompatibilità, facendo classifiche e suggerendo azioni concrete: da "Ambiente Ita-lia", l'unico rapporto annuale sulla qualità ambientale del Belpaese, al rapporto annuale sulle ecomafie, da Ecosistema Urbano a Mare No-strum fino a Comuni Ricicloni. L'aggiornamento avviene anche quotidia-namente grazie al sito web e mensilmente con la rivista "La Nuova E-cologia" che viene inviata a tutti i soci.

Greenpeace invece è un'associazione non violenta, che utilizza azioni dirette per denunciare in maniera creativa i problemi ambientali e promuovere soluzioni per un futuro verde e di pace. Con circa tre mi-lioni di sostenitori in tutto il mondo, Greenpeace è uno dei più grandi movimenti ambientalisti del mondo. E’ indipendente da qualsiasi partito politico; non accetta aiuti economici né da governi né da società priva-te e si finanzia esclusivamente con il contributo di singoli individui che ne condividono gli ideali e la missione. Greenpeace è formata da una rete di uffici nazionali e regionali interdipendenti che lavorano insie-me a Greenpeace International, ad Amsterdam. Il ruolo di Greenpeace International è di avviare e coordinare i programmi e le attività di campagna. Ogni ufficio nazionale o regionale lavora su alcune o su tut-te le priorità stabilite da International, anche se questo non impedi-sce agli uffici nazionali di stabilire priorità a livello locale che possono anche portare a una vera e propria campagna. Greenpeace Internatio-nal è finanziata dagli uffici nazionali che, a loro volta, vivono delle do-nazioni fatte dai sostenitori dei rispettivi paesi. Tutti gli uffici sono tenuti a sostenere Greenpeace International con il 18% delle loro en-trate, mentre Greenpeace International, oltre a finanziare le campa-gne internazionali, ad assicurare la manutenzione della flotta e a inve-stire in ricerca scientifica ed innovazione tecnologica, lavora su speci-fiche campagne internazionali in paesi chiave e aiuta economicamente gli uffici più piccoli che non riescono ad autofinanziarsi.

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Il World Wide Fund for Nature è la più grande organizzazione mon-diale per la conservazione della natura. Nato nel 1961, è presente nel mondo con 24 organizzazioni nazionali, 5 organizzazioni affiliate e 222 uffici di programma in 96 paesi. Oltre 5 milioni di persone in tut-to il mondo con il loro aiuto permettono al WWF di sostenere la sua sfida: oltre 2.000 progetti concreti ogni anno per la tutela della bio-diversità e per creare un mondo dove l'uomo possa vivere in armonia con la natura. L'associazione è strutturata in uffici nazionali che ope-rano nei singoli Paesi in modo indipendente ma in coerenza con i pro-grammi e gli obiettivi posti dal WWF Internazionale. Oltre alle sedi nazionali il WWF opera anche attraverso "Uffici di programma" mira-ti alla realizzazione di specifici progetti di conservazione spesso transnazionali. La sede del WWF Internazionale è a Gland, in Svizze-ra. In Italia il WWF, nato nel 1966, è strutturato con uno staff cen-trale a Roma, e 19 sezioni regionali che supportano il programma eco-regionale (Ecoregione Alpi e Ecoregione Mediterraneo). L'associazio-ne è fortemente presente sul territorio grazie a circa 200 sezioni locali dove operano attivisti, gruppi locali o volontari che agiscono con una incessante azione di denuncia, vigilanza, o di supporto alle campa-gne nazionali.

L'associazione italiana ha lo statuto di “Onlus”, cioè è una organizza-zione non lucrativa di utilità sociale. Di recente il WWF Italia è stato riconosciuto ufficialmente anche come “ONG” (Organizzazione non governativa): ciò sta a significare l'adeguatezza a ricevere finanzia-menti dal Ministero degli Esteri per progetti di cooperazione interna-zionale rivolti nei paesi del Sud del mondo. La scomparsa degli habitat naturali, ed in special modo delle foreste tropicali, è la ragione principale dell'estinzione delle specie. Questa è principalmente causata dalle attività umane:

deforestazione,

inquinamento dell'aria e delle acque,

scarico nell'oceano di rifiuti e scorie inquinanti, oltre agli effetti collaterali dello sviluppo in generale, ognuno dei quali è legato, direttamente o in qualche altra maniera, alla crescita della popolazione umana. Si stima che dagli inizi sino a metà degli anni '80, sono scomparsi ogni anno più o meno 10 milioni di ettari di foreste pluviali tropicali. Que-ste foreste coprono solamente il 7% della superficie terrestre ma costituiscono l'habitat di una percentuale variabile tra il 50 e l'80% delle specie del pianeta. Per esempio, in un'area tipo di 2.500 acri di foresta pluviale tropicale si possono trovare circa 1.500 specie di piante da fiore, 750 differenti specie di alberi, 400 specie di uccelli e 150 differenti farfalle.

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La biodiversità, cioè la varietà di piante e specie animali presenti nell'ambiente naturale, è necessaria per la qualità dell’esistenza uma-na. Foreste, pascoli, tundre, deserti, fiumi, laghi e mari sono le abitazioni della maggior parte delle diverse specie biologiche della terra. Tra il 1810 ed il 1995 si sono estinte 112 specie di mammiferi ed uc-celli, una cifra pari a tre volte quelle estintesi tra il 1600 ed il 1810 e migliaia di forme di vita quali molluschi, piante, pesci ed insetti. I fattori che contribuiscono alla perdita di specie comprendono la distruzione degli habitat, l'invasione di nuovi habitat da parte di spe-cie non originarie del luogo, l'innalzamento della temperatura del pia-neta e l'esaurimento della fascia di ozono nell'atmosfera. In quest'ultimo caso, i raggi ultravioletti minacciano non solo la vita ani-male e vegetale sulla terra e negli oceani, ma anche quella umana con il loro potere distruttivo. Le associazioni elencate sopra adottano in pieno il linguaggio della pubblicità per comunicare i loro contenuti e per tentare di sensibiliz-zare la gente. Quindi, posto questo, il nostro iter di ricerca ha preso in esame gli aspetti tecnici della comunicazione ambientalista intesi come parte fondamentale della soluzione dei problemi del riscaldamento globale. Insomma capire la pubblicità può risolvere il problema del riscalda-mento globale.

E’ IMPORTANTE LA PUBBLICITA’? Per rendersene conto basta esaminare la seguente tabella. Spesa mondiale 2002 in servizi di comunicazione (le cifre sono espres-se in miliardi di dollari)

Pubblicità, Ricerche di Mercato (attività above the line), Pubbliche relazioni e sponsorizzazioni (attività below the line)

Pubbli-cità

Ric. Mrk Pr Altre com.

Tot

USA 148,8 6,8 2,4 406,6 564,6

GB 14,5 1,7 0,8 59,4 76,4 Francia 8,7 1,2 0,1 22,1 32,1 Germania 16,0 1,4 0,2 33,6 51,2 Giappone 35,8 1,1 0,1 43,4 80,4 Resto del mondo

88,0 4,2 0,1 138,3 230,6

Totale 311,8 16,4 3,7 703,4 1.035,3

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A.M.Testa afferma: «Vivere oggi in un paese sviluppato significa essere bersaglio di un mucchio di messaggi pubblicitari, cioè essere immersi in un continuum seduttivo-persuasivo che ci fornisce una visione del mondo e di noi stessi» Ma che cos’è il continuum seduttivo-persuasivo? È la pubblicità (o comunicazione persuasiva) che 1. è dappertutto (e perciò è un continuum) 2. cerca di attirare la nostra attenzione (e perciò è seduttiva) 3. cerca di farci assumere un qualche comportamento (e perciò è per-suasiva) E’ la morale della pubblicità? Quanto è seduttiva una certa cosa ce lo dice il suo indice di popolarità (= percentuale di notorietà × percentuale di gradimento) E’ ancora A.M.Testa ad osservare che: «Il motore dell’intero sistema è la popolarità (dei prodotti, delle im-prese, delle soluzioni tecnologiche, delle teorie scientifiche, dei pro-grammi televisivi, dei media, dei partiti politici, dei leader). Siamo tutti destinati a essere o persuasori o persuasi, o seduttori o sedotti, o venditori o compratori di qualcosa e in definitiva siamo mer-ce noi stessi, perché il nostro potere d’acquisto, il nostro voto, il no-stro gradimento, il nostro tempo hanno un valore tale da far sì che

qualcuno possa ragionevolmente decidere di investire risorse per cat-turare la nostra attenzione e poi persuaderci a spendere soldi, voto, gradimento, tempo.» Dunque esistono sistemi (e la pubblicità è uno di quelli) che permetto-no di costruire la popolarità di cose, persone ed idee. Rispetto alla ca-pacità di manipolazione che la pubblicità possiede, diverse possono es-sere le reazioni. Ne schematizziamo le due opposte, le due visioni che tali reazioni determinano e le relative soluzioni.

E’ dunque evidente che l’azione comunicativa delle associazioni am-bientalistiche, pur essendo fortemente etica riguardo agli obiettivi è pragmatica riguardo alle strategie.

Tipo Visione Soluzione

apocalittici società eterodiretta, stordita, acritica onnipotenza della per-suasione

separare se stessi da qualsiasi forma di co-municazione

pragmatici società invasiva, sedut-tiva, ma costretta a basarsi sulla persuasio-ne piuttosto che sull’obbligo non onnipotenza della persuasione

usare le opportunità della comunicazione persuasiva per ottene-re i propri scopi, eventualmente etici

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COME FUNZIONA LA PERSUASIONE? Se voglio che la tale persona prenda la decisione X, come faccio a per-suaderla? Devo far leva soltanto sulla persuasione razionale? O anche sulla persuasione emotiva? O soprattutto sulla persuasione emotiva? Ecco due celebri risposte che propendono dalla parte dell’emotività: «Si ottiene il massimo della presa sull’interlocutore quando si adotta-no le linee di ragionamento che egli è incline ad accettare e quando si fa appello alle motivazioni che più gli stanno a cuore.»

Aristotele, Retorica

«Il primo compito di un persuasore è quello di analizzare i bisogni fisi-ci e psicologici dei suoi ascoltatori, di individuare le persone che que-sti apprezzano e in cui credono, di trovare il modo di essere apprezza-to e creduto a propria volta, e di scoprire in che modo essi vengono colpiti dalle singole unità di linguaggio.»

Gary Cronkhite, 1969

Come funziona il meccanismo della decisione?

ragionamento (individuazione dei significati)

emozione (attribuzione di senso e valore ai significati)

giudizio

decisione

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Si possono fare vari esempi di costruzione valoriale (o di senso) attra-verso le emozioni. Il caso della casalinga perfezionista. La signora G. soffre quando i tre figli riempiono di impronte il suo bel tappeto bianco. Appena vede lo sporco prova un’intensa reazione nega-tiva (frustrazione) e deve precipitarsi a pulirlo. La terapeuta, durante la seduta, le dice: – Voglio che lei chiuda gli occhi e veda il tappeto e veda che non c’è nessunissima impronta, da nessuna parte. La donna chiude gli occhi, sorride (intensa reazione positiva, deside-rio). La terapeuta riprende: – … e voglio che si renda completamente conto di ciò che significa che lei è totalmente sola e che le persone di cui si occupa e che ama sono lontane. L’espressione della donna cambia (intensissima reazione negativa, pa-nico). Torna serena quando la terapeuta la invita ad aggiungere al tap-peto immaginario qualche impronta. Commento: l’insofferenza provocata dalle impronte è niente paragona-ta al senso di lutto per la lontananza dei figli.

COME FUNZIONA L’EMOTIVITA’? JAAK PANKSEPP (neuropsicologo ed etologo) elenca quattro sistemi emotivi umani. Li riportiamo in tabella:

MEDIATORE SENTIMENTI COMPORTAMENTI

dopamina bisogno-desiderio aspettative, ricerca di sod-disfazione

testosterone frustrazione, collera-rabbia

aggressione

adrenalina ansia-paura fuga

oppioidi panico, stress da se-parazione

ricerca di contatto fisico e emotivo

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Ai quattro sistemi si associa un quadrante che ci permette di colloca-re ogni azione in una zona del grafico per interpretarla meglio.

COME SI ORGANIZZA LA “VENDITA” DI UN’IDEA? «L’attività di vendita, si fonda sulle necessità del venditore; quella di marketing sulle necessità dell’acquirente» come dice Philip Kotler. La strategia orientata al mercato (market oriented) è produrre quello che si può vendere. La strategia orientata al prodotto (product oriented) è cercare di vendere quello che si è prodotto.

Il posizionamento, invece, è la posizione distintiva all’interno di un segmento di mercato. Esso si determina definendo l’insieme dei sensi (valori emozionali: bel-lezza, desiderabilità, appartenenza) e significati (contenuti razionali: prezzo, qualità) che devono caratterizzare il prodotto agli occhi dell’acquirente o destinatario della comunicazione. Esempio: il posizionamento del WWF segmento: associazioni ambientaliste posizionamento: centrale sul quadrante dell’azione di intervento (né estrema, come Green Peace, né rarefatto come il Fondo Ambiente I-talia), sul quadrante politico (non particolarmente coinvolto, e rappre-sentato da testimonial moderati: es. Carlo d’Inghilterra), sul quadran-te “emotivo” (blanda rassicurazione). Il posizionamento del prodotto, infine, individua immediatamente un target, cioè un segmento di consumatori che rappresenta il gruppo o-biettivo del posizionamento stesso e della strategia di comunicazione.

positive

negative

forti blande

bisogno

panico

ansia

frustrazione

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Gruppo di lavoro: Daniela Caravaggi, Filomena Ferrigno, Antonello Penna (docenti) Chiara Alfonsi, Elisa Ammitti, Martina Baiocco, Martina Casciari, Edith Coloma, Livio Conticelli, Silvia Mezzasoma, Francesco Papalini (alunni)

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CAMBIAMENTI STRUTTURALI NELL’ EDIFICIO ITAS “G. BRUNO”

Nel gennaio 2005, dopo un approfondito studio delle problematiche di super-affollamento che affliggevano il nostro Istituto già da una deci-na di anni, il Settore Edilizio della Provincia di Perugia propone, prima al Preside e poi al Consiglio d’Istituto di portare a regime, in tempi re-lativamente brevi, una sorta di “rivoluzione” sia dal punto di vista strutturale sia da quello di una diversa organizzazione della didattica e che in Provincia chiamano, in gergo tecnico ma con un epiteto effica-ce, “insegnamento a rotazione”. Nei mesi successivi si svolge all’interno del nostro Istituto un appro-fondito esame di questa proposta e così, dopo delibera del Collegio dei Docenti, con estrema tempestività, nel Giugno 2005 parte il primo “stralcio” dei lavori, chiamati lavori di ristrutturazione interna, che terminano, nel rispetto dei tempi, il 31 Agosto del 2005. Vediamo di spiegare in cosa consiste questo “insegnamento a rotazio-ne”. Si tratta di un diverso utilizzo delle aule: prima avevamo un abbi-namento di tipo aula-classe, ora invece, l’abbinamento è aula-materia. Prima ogni classe aveva un’aula fissa per tutto l’anno scolastico; ora invece la nuova organizzazione consiste nel far ruotare le classi ad o-gni cambio di materia. Questa innovazione è stata proposta dalla Provincia sulla base del se-guente calcolo: dal conteggio delle ore settimanali di insegnamento si è evinto che di 1800 ore, in 600 di queste le aule non venivano utilizzate

perché le classi svolgevano le lezioni pratiche nei laboratori, dove il laboratorio è inteso in senso lato (es. palestra, aula di disegno, aula di informatica, ecc.). In base a questa nuova filosofia di organizzazione scolastica si è reso necessario introdurre all’interno della scuola degli armadietti utilizzati per contenere lo zaino, il casco, la giacca a vento, ecc… di ciascuno studente. Questo venne scelto perché gli studenti con il sistema della rotazione non fossero obbligati a trasportare zaini da un ambiente all’altro, ma solo il materiale didattico per le due ore successive; infat-ti agli alunni è permesso utilizzare gli armadietti solo nelle due ricrea-zioni, all’ entrata e all’ uscita. Ultimo motivo, ma non meno importante, l’utilizzo individuale dell’armadietto è stato deciso perché al corpo studentesco è stato severamente vietato, per ragioni di sicurezza, in-trodurre zaini all’interno dei laboratori. Il secondo “stralcio” di lavori consiste nella costruzione di una nuova palestra nel cortile interno posteriore; questa ci è stata già consegna-ta ed inaugurata nel giugno 2007. Il terzo “stralcio” di lavori, invece, è dato dalla futura costruzione di 6 aule sopra la palestra e di altre 2 poste nel cosiddetto piano “inframezzato” che si trova sopra i vecchi spogliatoi e raggiungibile attraverso la rampa di scale che porta al piano superiore dove si tro-vano le 6 aule attualmente in costruzione. Inoltre un altro obiettivo, riguardante i servizi, è la cablatura dell’intero istituto. Ciò consiste nel fornire a tutte le aule una connes-sione alla rete internet.

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Questa esigenza nasce, tra le altre, allo scopo di risparmiare il mate-riale cartaceo destinato alle circolari settimanali, che già ora vengono pubblicate sul sito www.itaspg.it, e considerato che la nostra organiz-zazione “a rotazione” comporta delle difficoltà a livello di distribuzio-ne, ovvero i collaboratori scolastici erano costretti in 50 minuti a con-segnare alle classi dell’ intero istituto la singola circolare, è stato de-ciso che questa è la soluzione più adatta al problema. Oltre a ciò è in corso un progetto in collaborazione con la Provincia e con il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio per l’istallazione di un tetto fotovoltaico. Sarà situato al di sopra dell’entrata principale, ed avrà le dimensioni di circa 20m per 30m. Questo garantirà alla scuola una parte dell’autosufficienza energetica necessaria alla vita della scuola stessa e quindi costituirà un risparmio energetico consistente.

CORTILE INTERNO POSTERIORE

Ieri (giugno 2005) - “capanni” (magazzini con tetto in eternit)

- spazio a cielo libero

Oggi (giugno 2007) - 1 aula “verde” - 1 aula da disegno - centro di documentazione - biblioteca - palestra - 8 aule lezione (attualmente in costru-zione)

PIANO TERRA

Ieri - biblioteca - segreteria - bar - 2 aule disegno - 2 aule moda - aula insegnanti - palestra

- 9 aule lezione

Oggi - sala insegnanti - sala ricevimento genitori - magazzino materiale cartaceo - 2 segreterie - 2 laboratori di fisica - sala consumazione pasti - 2 spazi ricreativi studenti (dove si trovano gli armadietti) - aula magna - aula ginnica - 2 laboratori tecnologia/disegno - 2 aule moda - laboratorio audiovisivo - laboratorio lingue - aula ritardi/alt. religione - aula diversamente abili - centro di documentazione

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PRIMO PIANO

SEMINTERRATO Ieri - 7 aule lezione

Oggi - un laboratorio multimediale - due laboratori di informatica - archivio - Centro di Supporto Territoriale (C.S.T.) (nuove tecnologie e disabilità)

Ieri

- aula laboratorio linguistico - aula informatica/area progetti - 2 aule informatica - magazzino materiale cartaceo - ripostiglio

Oggi

- 6 aule lezione - infermeria

Industria dolciaria

Supermercato

Istituto professionale

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MODIFICHE NEL CIRCONDARIO DELLA SCUOLA In questi ultimi anni, non è cambiata solo la nostra scuola, anche il cir-condario ha subito alcune evoluzioni.

Accanto all’ala destra del nostro Istituto, dove prima era presente una filiale dell’ENEL, è stato modificato uno stabile dove si è sviluppa-ta un’attività commerciale ed un bar a partire dagli inizi del nuovo mil-lennio. Accanto al supermercato, dove prima era presente un terreno agricolo, è stato costruito un palazzo divenuto poi, sede distaccata della Provincia di Perugia. Sempre su questo lato, fabbricati già esistenti e che non hanno subito modifiche, rimangono l’istituto professionale Blaise Pascal e l’industria dolciaria Piselli. Accanto all’ala sinistra della scuola trovavano collocazione alcune abi-tazioni, una casa colonica trasformata ora in agriturismo (residence S. Pietrino) ed un rivenditore di moto. Nella zona retrostante il nostro Istituto, oltre all’ufficio affissioni del Comune di Perugia, era presente una concessionaria d’auto, ora a-dattata ad un normale edificio dove trovano collocazione ad esempio, un rivenditore di strumenti musicali ed una sala cristiano-evangelica. Lo stabile era stato costruito ed adibito a “deposito auto”, quindi tut-ti i piani erano collegati tra loro, oltre che con le scale, con delle ram-pe, che rendevano facile l’accesso alle vetture ai piani sopraelevati. Già presenti prima dei cambiamenti che hanno interessato la nostra

scuola rimangono una concessionaria FIAT, e la carrozzeria dei fra-telli Toccaceli. Davanti all’ingresso dell’Istituto passa la via Pievaiola (ora via Mario Angelucci) una delle strade più trafficate e antiche di entrata alla città.

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ANALISI DELL’AULA TIPO E PROPOSTE PER IL RISPARMIO ENERGETICO

Nella nostra scuola ci sono numerose aule la cui assegnazione è avvenu-ta in base alla materia scolastica insegnata. Esse sono state suddivise per grosse aree corrispondenti a ciascun indirizzo e cioè: area lingui-stica, biologica, scientifico-tecnologica, economo-dietista e stiliste di moda. Altre aule, invece sono veri e propri laboratori. Noi studenti, dell’Indirizzo Biologico, utilizziamo nella maggior parte dell’orario scolastico, molte di queste aule laboratorio dotate di stru-menti specifici, che ci permettono di verificare sperimentalmente la teoria attraverso la pratica. In conclusione, esistono due tipologie di spazi didattici che richiedono un diverso dispendio energetico.

Dopo aver osservato con cura le due diverse tipologie, abbiamo ripor-tato a seguire l’analisi specifica di uno spazio didattico e di un labora-torio, descrivendo schematicamente il numero e la disposizione di pre-se e strumenti scientifici che necessitano del consumo di energia, ela-borando infine le possibili tecniche utilizzabili per realizzare e favori-re un valido risparmio energetico. SPAZIO DIDATTICO N.8 PRESE: 3 (di cui due non sono funzionanti) TERMOSIFONI: 2 LUCI: 5 L’aula è esposta verso l’esterno

LABORATORIO DI MICROBIOLOGIA PRESE: n. 37 allacci elettrici (da due prese ciascuno) su bancone: 12 “ “ “ sulle pareti: 9 Totale: 21 prese doppie utilizzate su 37 Prese a muro: 11 di cui utilizzate 8 TERMOSIFONI: 2 grandi LUCI: 6 L’aula è esposta verso l’esterno. Nel laboratorio c’è maggior consumo di energia in quanto c’è la presenza di: Microscopi: 7 Frigoriferi: 2 Termostati: 3 Autoclave Cappa a flusso laminare Bilancia elettronica Transilluminatore Agitatore (45W) Bagnomaria Contacolonie digitale (n. 2) Pompa (120W)

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Le tecniche di risparmio energetico che si possono utilizzare sono si-mili sia per lo spazio didattico che per il laboratorio:

• Spengere le luci quando non servono • Utilizzare lampadine a risparmio energetico • Spengere e non lasciare in stand-by gli apparecchi elettronici • Se si ha troppo caldo abbassare i termosifoni invece di aprire

le finestre • Ridurre gli spifferi degli infissi riempiendoli di materiale che

non lascia passare l’aria • Inserire apposite pellicole isolanti e riflettenti tra muri ester-

ni e termosifoni

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IL MERCATO ENERGETICO L ’introduzione del trattato di Maastricht, oltre ad aver consentito la nascita della moneta unica europea, ha ratificato la libera circolazione dei beni, primo fra tutti l’energia elettrica, stabilendo la fine del mo-nopolio in questo settore. La liberalizzazione del mercato influenza il percorso dell’energia in tutte le sue fasi principali: La generazione Il Decreto Bersani (1999) stabilisce che nessuna sociètà può disporre di più del 50% del totale di energia prodotta e importata in Italia. La trasmissione Viene effettuata per oltre il 90% da parte di “Terna”, una società per azioni quotata in borsa. La distribuzione e la vendita dell’energia elettrica l’Enel è il principale distributore e venditore di energia elettrica in I-talia ( 87%) ed è l’unica azienda in Europa ad aver ricevuto la certifica-zione ambientale ISO 14001 per l’intera rete elettrica. UN MERCATO PER L’ENERGIA Per conquistare il mercato, le aziende devono investire in modo da ren-dere migliori i servizi (massimi benefici e minimizzazione dei costi per i clienti finali).

I diversi attori del mercato italiano sono: • i garanti del mercato: - AEEG (determina le tariffe energetiche per i clienti “vincolati”, sta-bilisce i livelli di qualità dei servizi, tutela e garantisce gli interessi dei consumatori nei servizi offerti); - GSE (incentivazione e sviluppo delle fonti rinnovabili in Italia); - GME ( regola il funzionamento della borsa dell’energia, garantisce la libera concorrenza tra produttori, gestisce le vendite dell’energia e-lettrica).

• i produttori: le aziende che posseggono le centrali elettriche e che immettono sul mercato l’elettricità.

• i grossisti: gli intermediari fra i produttori e i clienti del mercato libero, comprano quote di elettricità sul mercato e le rivendono alle grosse industrie.

• i distributori: sono le aziende che ottengono la concessione per svol-gere il servizio di distribuzione di energia elettrica

Il funzionamento del mercato Il mercato libero prevede in Italia diverse modalità di scambio. I pro-duttori possono: • stipulare contratti bilaterali per vendere sul mercato libero

(grossisti, grandi clienti e distributori) definendo il prezzo con l’acquirente sul mercato vincolato oppure partecipando ad aste per fissare il prezzo; offrire l’energia sulla borsa (la borsa elettrica ita-liana si chiama IPEX)

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Gli scambi di energia in borsa Dal gennaio 2005 è stata avviata la partecipazione attiva della doman-da: ogni operatore interessato può quindi acquistare direttamente in borsa l’energia elettrica di cui ha bisogno. Da questa data infatti non sono più soltanto i produttori a stabilire quantità di energie a deter-minati prezzi ma anche gli utilizzatori possono comunicare a quale co-sto sono disposti a comprare l’energia da distribuire. L’incontro di queste due dinamiche stabilisce il prezzo. Il funzionamento della borsa Produttori e acquirenti si incontrano in un mercato virtuale in cui la trattazione e lo scambio avviene in varie fasi: • Mercato del Giorno Prima: il gestore del sistema elettrico (GME)

fissa, per ogni ora del giorno successivo, la quantità di energia da immettere sul mercato ed il relativo prezzo in base all’offerta e alla domanda di energia.

• Mercato di Aggiustamento: interviene se i criteri economici deter-minati dall’MGP non sono direttamente attuabili; in questo caso gli operatori hanno la possibilità di presentare offerte di vendita e /o di acquisto che “aggiustano” i programmi dell’MGP.

• Mercato dei Servizi di Dispacciamento: mezzo attraverso il quale la rete elettrica nazionale si rifornisce delle risorse necessarie alla gestione e al controllo del sistema.

• Il Giorno Dopo: il GME invia note di credito e addebito agli opera-tori del mercato sulla base di produzione e acquisto di energia del

giorno precedente. • N Giorni Dopo: sulla base delle note di credito e di debito, vengono

effettuati i saldi monetari. Mercato in verde Le aziende produttrici di elettricità sono obbligate a tutelare l’ambiente immettendo sul mercato una quota di elettricità derivata da fonti rinnovabili pari al 2,7% della produzione. Si tratta del cosid-detto “portafoglio verde”. Per riempirlo gli operatori devono avere i “Certificati Verdi”, emessi dal GSE uno ogni 50 MWh di energia verde prodotta. Chi non rientra in questi parametri può acquistare Certifica-ti Verdi da chi ne ha in eccesso. Registrazione EMAS L’Eco Management Audit Scheme è un sistema europeo che premia i siti produttivi e gli impianti tecnologici che migliorano di anno in anno le prestazioni ambientali. In Italia 130 centrali sono dotate di questa certificazione. Fonte: Depliant Enel

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Gruppo di lavoro: Piergiovanni Rossi (docente) Giorgia Bizzarri, Ester Di Silverio, Jessica Giansanti, Stefano Luciani, Mattia Maggiulli, Marina Moretti, Valentina Pacelli, Linda Pierotti, Simo-na Vento (alunni)

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Lavoro multimediale delle 3 classi che ha parte-cipato al Concorso “Energia in gioco” nel 2007

Sito web sui temi trattati (5A) Calendario perpetuo sul tema energetico (5B) Articolo apparso su “TUTTOPerugia”

del 6 marzo 2008 (5C)