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CRS4 PIA 2010 D 5.1 V1.0 D 5.1 Analisi dello stato dell’arte per i modelli di propagazione degli incendi boschivi. CRS4 Antioco Vargiu, Marino Marrocu, Luca Massidda Energy and Environment

D 5.1 Analisi dello stato dell’arte per i modelli di ... · principalmente dalla vegetazione o da materiali organici derivati da essa. Un incendio tende ad espandersi, infatti parte

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CRS4 PIA 2010 D 5.1 V1.0

D 5.1

Analisi dello stato dell’arte per i modelli di propagazione degli incendi boschivi.

­ CRS4 ­

Antioco Vargiu, Marino Marrocu, Luca Massidda Energy and Environment

CRS4 PIA 2010 D 5.1 V1.0

Indice Obiettivo work package Introduzione I modelli di comportamento di incendi Classificazione dei modelli di incendi Cenni sui modelli fisici: l’equazione di reazione­diffusione Struttura di una catena modellistica finalizzata alle previsioni di incendi in Sardegna Conclusioni Riferimenti bibliografici

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Obiettivo work package

In questo work package vengono introdotti metodi e tecniche computazionali alla base della simulazione numerica di incendi. Sono descritti, in accordo con una catalogazione standard, sia i principali approcci modellistici orientali all’operatività, sia lo stato dell’arte della ricerca. Infine viene evidenziata la catena modellistica implementata per il progetto, ottimizzata per la simulazione di incendi in area mediterranea.

Introduzione Un incendio boschivo è definibile come una vasta combustione non controllata alimentata principalmente dalla vegetazione o da materiali organici derivati da essa. Un incendio tende ad espandersi, infatti parte del calore rilasciato nella combustione riscalda il combustibile disponibile. Questo, raggiunta la temperatura di ignizione, si infiamma e cede nuovo calore all’ambiente favorendo nuovi fenomeni di ignizione. Un incendio è caratterizzato dalla presenza di fiamme e/o fumi. Le fiamme sono associate all’energia in eccesso irradiata nel visibile nell’ossidazione delle particelle combustibili volatili. La combustione può avvenire anche in seno al combustibile solido, in tal caso la combustione non manifesta fiamme (smoldering) ma si può egualmente propagare (in modo più lento e sommerso). L’incendio si estingue naturalmente quando il combustibile è troppo rado e il calore prodotto non è più in grado favorire altri fenomeni di combustibile. Un effetto secondario di un incendio è la dispersione in atmosfera di fumi, ovvero aggregati eterogenei e multifase di particelle parzialmente combuste, gas e vapori. Tali emissioni possono avere severi effetti inquinati soprattutto se nell’incendio vengono coinvolte aree antropizzate o discariche abusive. Storicamente l’uomo ha sfruttato il potenziale distruttivo degli incendi come strumento di cambiamento e di controllo del territorio, tuttavia gli incendi comportano intrinsecamente un importante rischio non solo per la salvaguardia ambientale ma anche per l’incolumità della popolazione o per le attività economiche rurali. Per gestire e mitigare i rischi di incendi boschivi di norma sono istituite autorità di protezione civile ed ambientale. Proprio in questo ambito la modellistica diventa uno strumento fondamentale per l’analisi dei rischi e sopratutto un’efficace ausilio per la gestione delle emergenze. E’ da evidenziare che la modellistica sugli incendi boschivi coinvolge materie di studio appartenenti a molteplici ambiti, quali la fisica, la chimica, le scienze agrarie, la geografia. Uno schema di tale complessità è mostrato in Fig. 5.1.1.

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Figura 5.11. Schematizzazione dei fattori ambientali che direttamente o indirettamente sono coinvolti nella modellazione degli incendio boschivi. [OMNR] Ontario Ministry of Natural Resources. 1982

I modelli di comportamento di incendi I modelli di comportamento di incendi (Fire­behavior models) hanno l’obiettivo di predire l’evoluzione di un incendio implementando delle equazioni fisiche (equazioni di bilancio o di conservazione) accoppiate a necessarie parametrizzazioni dei processi di piccola scala. In generale una maggiore complessità delle equazioni fisiche permette una previsione più dettagliata in qualità e in quantità di informazioni, ma comporta anche costi computazionali spesso non compatibili con previsioni operative. In tabella 5.1.1 sono descritti sommariamente i vantaggi e gli svantaggi di una modellazione fortemente legata ad equazioni fisiche ed una modellazione fortemente semplificata con parametrizzazioni di tipo empirico.

Principali caratteristiche dei modelli complessi di incendio

Principali caratteristiche dei modelli semplificati di incendio

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Modelli formulati secondo equazioni fisiche di conservazione.

Modelli fortemente parametrizzati mediante equazioni empiriche.

Alti costi computazionali (tempi di calcolo di solito più lunghi dei tempi caratteristici dei fenomeni da studiare).

Bassi costi computazionali (tempi di calcolo veloci e compatibili per previsioni durante un’emergenza).

Computano direttamente i flussi termici, i flussi atmosferici, e possono calcolare il trasporto di tizzoni, scintille e fumi.

Non computano direttamente i flussi termici, i venti sono forzanti esterne. Il trasporto convettivo di massa ardente viene fortemente parametrizzato.

Le varietà di combustibili, il vento e l’orografia vengono trattati in equazioni fisiche.

La varietà dei combustibili e gli effetti di pendenza dell’orografia sono trattati empiricamente.

Modelli caratterizzati da un elevato flusso di informazioni in input e output.

Per questi modelli le variabili in input e output sono modeste: sono necessarie poche forzanti in ingresso, ma si ottengono solo sintetiche informazioni in uscita.

Tabella 5.1.1 Confronto delle caratteristiche peculiari di un modello di incendi basato su complessa trattazione fisica (equazioni di conservazione di massa, momento, energia) e un modello basato su equazioni empiriche per i principali processi termici e di trasporto.

E’ da notare che un modello complesso avrà necessità di dettagliate condizioni al contorno, informazioni che spesso devono essere appositamente acquisite in loco. Al contrario un modello semplificato è generalmente guidato da un set minimo di forzanti ambientali facilmente determinabili anche in fase operativa. Ad esempio per il modello semi­empirico basato sulla formulazione di Rothermel (Rothermel, 1972) le informazioni ambientali basilari sono:

∙ La copertura del suolo espressa in classi di combustibile in accordo col modello di incendi. ∙ Le condizioni atmosferiche (fondamentalmente il vento). ∙ La topografia dettagliata della zona coinvolta.

In accordo con questa modellazione, la copertura del suolo deve essere classificata in tipi di combustibili con opportuni parametri quali: le dimensioni caratteristiche, il carico disponibile, il contenuto calorifico, il tenore idrico, l’umidità di estinzione, il contenuto minerale. Le variabili atmosferiche che possono influenzare la propagazione degli incendi sono: il vento, l’umidità relativa, la precipitazione, la temperatura e la radiazione solare. Tra queste forzanti quella di maggior peso è il vento poiché, forzando direttamente i processi di diffusione e trasporto termico, determina la principale direzione di propagazione del fronte. Le altre forzanti atmosferiche sono utili per determinare il tenore idrico dei combustibili, il quale ha un importante ruolo nel limitare la velocità di propagazione. Anche la topografia può guidare l’evoluzione di un fronte: i combustibili a monte delle fiamme sono investiti da un flusso termico convettivo e radiativo maggiore rispetto alle altre direzioni. L’effetto della pendenza è spesso modellato come un vento virtuale, ad esempio nel modello di Rothermel il vento e la

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pendenza sono combinati in una correzione positiva della velocità di propagazione dovuta alle sole caratteristiche del combustibile.

Classificazione dei modelli di incendi Storicamente il primo modello teorico di comportamento degli incendi fu sviluppato da Fons (1946) negli anni quaranta. Da allora molteplici approcci modellistici sono stati studiati sia per le esigenze operative sia per la ricerca. Il lavoro di Pastor (2003) può essere utile per riepilogare e catalogare la vasta produzione scientifica in questa materia: i modelli di comportamento di incendio secondo Pastor possono essere suddivisi grossolanamente per “natura delle equazioni”, per variabili studiate o per il sistema fisico modellato. Come è stato citato precedentemente, una prima importante classificazione riguarda la “natura” delle equazioni implementate: a seconda delle equazioni fisiche esplicitamente risolte i modelli si possono classificare in empirici, semi­empirici e in fisici (o teorici). I modelli empirici implementano fondamentalmente correlazioni statistiche ottenute in set di esperimenti specifici, tuttavia tali correlazioni sono difficilmente generalizzabili al di fuori dalle particolari condizioni sperimentali. I modelli semi­empirici hanno l’obiettivo di semplificare la trattazione fisica mediante un uso importante di parametrizzazioni empiriche, in ogni caso la loro costruzione matematica è orientata a mantenere una certa consistenza fisica. Tale caratteristica permette un’adattabilità di questi modelli ad un’ampia casistica di condizioni ambientali. Tra i modelli semi­empirici quello di Rothermel è il più noto ed è alla base della maggior parte dei sistemi di previsione ad uso operativo. I modelli fisici implementano in forma più o meno semplificata le equazioni base di conservazione di massa (specie chimiche), di momento e di energia. Di seguito verrà dato una breve cenno per una caratteristica formulazione (equazione di reazione­diffusione) tipica dei modelli fisici. Proseguendo la classificazione di Pastor, i modelli possono essere discriminati mediante le proprietà scelte per caratterizzare il fronte: si hanno così modelli di propagazione del fronte (“Wildland fire spread models”) e i modelli geometrici di fronte (“Fire front properties models”). Nei primi l’evoluzione dell’incendio è caratterizzata dalle variabili di avanzamento del fronte, quali il “rate of spread”, l’intensità del fronte, il consumo di combustibile. I “Fire front properties models” studiano invece i parametri geometrici del fronte quali l’altezza, la lunghezza, la profondità e angolo di inclinazione delle fiamme. La classificazione di Pastor discrimina anche il supporto fisico in cui evolve l’incendio: si distinguono quindi i modelli di superficie, i modelli di terra, i modelli di chioma, i modelli a macchia. I modelli di superficie studiano gli incendi ipotizzando che i combustibili (ad un’altezza massima di

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2m) possano essere raggruppati in mappe bidimensionali. La struttura verticale del combustibile non è esplicitamente considerata. Viceversa i modelli a chioma (crown models) permettono un’evoluzione tridimensionale dell’incendio poiché il combustibile viene mappato in una componete di superficie e in una componete di chioma. Ovviamente questi modelli necessitano di una fisica più strutturata per poter gestire l’evoluzione tridimensionale. Nei modelli di terra si ipotizza che l’incendio coinvolga soltanto il materiale organico depositato a terra. Infine i modelli a macchia (spot models) ipotizzano una propagazione dell’incendio anche mediante il trasporto di materiale solido incandescente ad opera delle intense colonne convettive. Infine è opportuno citare la classificazione dei principali metodi per calcolare l’evoluzione geometrica del fronte. Pastor indica che i metodi più utilizzati sono: la tecnica di “Bond percolation” (McCarthy 1997), la tecnica cellulare (Goncalves, Diogo 1997), la tecnica di propagazione ondulatoria ellittica (Anderson 1982). Negli ultimi anni in realtà si sta affermando la tecnica “level­set” (Osher and Fedkiw, 2003) che permette una facile gestione delle discontinuità topologiche tipiche degli incendi.

Cenni sui modelli fisici: l’equazione di reazione­diffusione Un modello fisico per incendi è composto da un sistema di equazioni fondamentali che definiscono i principi di conservazione delle specie chimiche, dell’energia, e del momento. Una modellazione completa richiede un approccio fluidodinamico multifase in cui si devono considerare le proprietà fisiche, chimiche ed energetiche dei combustibili (fase solida), il trasporto e la diffusione turbolenta per la parte gassosa (atmosfera), i flussi di calore latente legati ai contenuti idrici dei combustibili. FIRETEC (Linn 2002) o WFDS (Mell et al., 2007) sono i modelli di riferimento per un tale approccio. Più comunemente i processi fisici base vengono idealizzati e semplificati. Ad esempio nella formulazione proposta da Asensio e Ferragut (2002) i processi di combustione vengono riformulati in un’equazione di reazione­diffusione del tipo:

(5.1.1)

(5.1.2)

Nell’equazione (5.1.1) i termini a destra modellano rispettivamente:

∙ La diffusione termica a corto raggio dovuta al trasferimento radiativo e convettivo, ∙ Il trasporto termico avvettivo,

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∙ Il bilancio netto tra il calore prodotto per combustione e quello diffuso per convezione verticale (buoyancy).

L’equazione (5.1.2) definisce il consumo di combustibile in funzione dell’intensità di reazione Sr, il cui valore tipicamente dipende della temperatura (equazione di Arrhenius). In questa formulazione il fronte dell’incendio è tracciato sfruttando la discontinuità di temperatura tra aree incombuste e aree con sorgenti termiche attive, ovvero il “rate of spread” è ottenuto dall’evoluzione della soluzione fisica. Al contrario in un approccio semi­empirico tipo Rothermel, l’equazione di reazione­diffusione è tradotta in una formulazione algebrica per il “rate of spread”, cioè l’approccio è orientato direttamente alle caratteristiche delle discontinuità legate alla propagazione dell’incendio.

Struttura di una catena modellistica finalizzata alle previsioni di incendi in Sardegna

Di seguito viene descritta la struttura della catena modellistica da noi implementata in questo progetto. Le soluzioni adottate sono ottimizzate per un uso operativo: sono implementi algoritmi veloci, ma dotati di sufficiente accuratezza per previsioni realistiche sul territorio sardo. La struttura della catena è schematizza in Fig. 5.1.2 in cui sono evidenziati i principali elementi:

∙ La catena meteorologica Bolam­Moloch, atta a fornire previsioni atmosferiche ad altissima risoluzione sulla Sardegna.

∙ Un modello “mass­consistent” ai volumi finiti, necessario per il downscaling del vento alle tipiche scale spaziali degli incendi.

∙ Un modello semi­empirico di incendi basato sulla formulazione di Rothermel, caratterizzato da modelli di combustibile standard (Albini 1976, Anderson 1982) e da un modello ottimizzato per la macchia mediterranea (Arca et al. 2007).

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Figura 5.1.2. Struttura della catena per modellazione degli incendi da noi implementata: i modelli meteorologi Bolam­Moloch forniscono le previsioni quotidiane di vento a scala regionale. Questi campi vengono dettagliati sull’orografia locale mediante un downscaling “mass­consistent”, quindi guidano un modello di incendi ottimizzato per la vegetazione mediterranea.

La catena modellistica è stata predisposta per studiare alcuni rilevanti incedi in Sardegna, eventi del: 23 luglio 2007, 23­24 luglio 2009, 13 luglio 2011. Maggiori dettagli sulle soluzioni modellistiche di questa catena sono riportati nelle sezioni specifiche del progetto (WP5.2, WP5.3, WP5.4).

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Conclusioni Dagli anni quaranta sono stati sviluppati disparati approcci per valutare l’evoluzione degli incendi boschivi. Un tentativo di catalogare e riordinare sistematicamente i vari filoni è stato dato da Pastor nel 2003. Secondo questa catalogazione gli approcci possono essere discriminati per “natura delle equazioni”, per variabili studiate o per il sistema fisico modellato. Per quanto riguarda “la natura delle equazioni “, gli approcci più interessanti risultano quelli fisici e quelli semi­empirici. Negli approcci fisici si cerca di integrare le equazioni fisiche fondamentali in un ambiente CFD ottimizzato per le scale ambientali. La loro complessità computazionale ne impedisce un uso operativo perfino su ambienti di calcolo ad alte prestazioni. L’approccio semi­empirico sposta l’attenzione sull’evoluzione del fronte ovvero sul “rate of spread”, variabile legata non solo ai particolari combustibili ma anche alle condizioni atmosferiche e all’orografia. Il modello di Rothermel è uno dei più diffusi di questa categoria: è veloce e risulta sufficientemente accurato da poter essere usato in situazioni di emergenza. Questo approccio tuttavia non risolve la mutua interazione tra incendio e flusso atmosferico. In seno al progetto è stata implementata una catena modellistica finalizzata alle previsioni di incendio in Sardegna. Essa è costituita dalla catena meteorologica a scala regionale Bolam­Moloch, dal modello di downscaling “mass­consistent” del vento Windpotentialfoam da noi sviluppato, da un modello di incendi basato sulla formulazione di Rothermel ottimizzato per la vegetazione mediterranea. Con questa catena si intendono studiare alcuni recenti eventi in Sardegna, particolarmente significativi per l’emergenza ambientale e civile arrecata.

Riferimenti bibliografici Albini, Frank.Estimating Wildfire Behavior and Effects. USDA Forest Service. General Technical Report INT­30. 1976 Anderson DH, Catchpole EA, de Mestre NJ, Parkes T. Modelling the spread of grass fires. J Aust Math Soc (B) 1982;23:451–6. Arca B, Duce P, Laconi M, Pellizzaro G, Salis M, Spano D, 2007. Evaluation of FARSITE simulator in Mediterranean maquis. International Journal of Wildland Fire 16, 563–572

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Asensio and Ferragut. “On a wildland fire model with radiation”. Int. J. Numer. Meth. Engrg., 54:137–157, 2002. Fons WL.: “Analysis of fire spread in light forest fuels”. J Agric Res 1946;72(3):93–121. Goncalves P, Diogo P.: “Geographic information systems and cellular automata: a new approach to forest fire simulation”. Proceedings of The European Conference on Geographical Information Systems (EGIS 94), Paris, France; 1994. Linn R., J. Reisner, J. J. Colman, and J. Winterkamp. “Studying wildfire behavior using FIRETEC”. Int. J. of Wildland Fire, 11:233­­246, 2002 McCarthy MA. Fire modeling and biodiversity. Proceedings of the Conference of the Ecological Society of Australia, Albury, Australia: Charles Sturt University; 1997. McGrattan, K.B., S. Hostikka, J. Floyd, H. Baum and R. Rehm. 2008. Fire dynamics simulator (version 5), technical reference guide. NIST special publication. 1018:5. Mell, W., M.A. Jenkins, J. Gould and P. Cheney. 2007. A physics­based approach to modelling grassland fires. Int. J. Wildland Fire. 16(1):1­22. Mercer GN, Weber RO. “Combustion waves in two dimensions and their one­dimensional approximation”. Combustion Theory Modelling 1997; 1:157–165. Osher, S. and Fedkiw, R.: Level Set Methods and Dynamic Implicit Surfaces, Springer, New York, 2003. Pastor,L Zárate,E Planas,J Arnaldos. “Mathematical models and calculation systems for the study of wildland fire behaviour”. Progress in Energy and Combustion Science. Elsevier, 2003. Rothermel RC (1972). “A mathematical model for predicting fire spread in wildland fuels”. USDA Forest Service, Intermountain Forest and Range Experiment Station, Research Paper RP­INT­115. (Ogden, UT).

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