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D a una parte il lighting designer italiano più famoso nel mondo, autore di impianti luminosi di teatri, musei, centri storici, allestimenti pubblici e privati. Dal- l’altra il titolare della storica azienda Fontana Arte che è anche Presidente di Assoluce, l’associazione nazionale dei produttori per l’illuminazione. Piero Castiglioni e Carlo Guglielmi recentemente si sono alleati per creare in sinergia progetti illuminotecnici di alto livello. Perché sono d’accordo su un punto: la luce migliora la qualità della vita e va impiegata al meglio, in casa come in città. Il «Corriere» li ha fatti incontrare per parlare dell’illumi- nazione urbana. Che incrocia temi di grande attualità co- me la sicurezza, il risparmio energetico, le nuove norma- tive. Perché sta crescendo l’attenzione nei confronti del- l’illuminazione urbana? Castiglioni: «Perché l’illuminazione è uno degli ele- menti che concorre al paesaggio urbano. Ma quando si discute — con il termine sbagliato — di arredo urbano, prima di parlare di illuminazione, bisognerebbe pensare a ripulire la città da una serie di elementi che si sovrap- pongono e disturbano». Guglielmi: «Sono d’accordo, ma bisogna ammettere che qualcosa sta cambiando, c’è una percezione dell’im- portanza della luce ben maggiore di una volta». Esiste una città ideale, pulita e ben illuminata? G.: «C’è una città ideale nei miei sogni, ripulita da tutti i cartelli, dalla segnaletica in disordine e da quei neon terribili messi ovunque». C.: «Io ho trovato molto pulita Faenza: una città con un centro storico assai ordinato. L’assessore mi ha detto: "Abbiamo abolito tutte le fioriere, abbiamo proibito i condizionatori d’aria in vista sulle facciate degli edifici e abbiamo eliminato tutti i cestini dei rifiuti". Ma, ho chie- sto, la gente dove butta le cose? "La gente butta tutto in terra lo stesso. Abbiamo comprato tre macchinette e con tre persone teniamo pulita la città». A Milano basterebbe un intervento di questo tipo? E cosa bisogna eliminare? C.: «Attenzione, bisogna distinguere cosa va elimina- to. Perché a Milano, alcuni anni fa, la Sovrintendenza fe- ce togliere tutte le insegne luminose pubblicitarie sulla facciata di un palazzo in Piazza del Duomo. Queste inse- gne erano la storia della città, perché il tubo al neon era stato inventato nel 1914 e, nel 1915, Milano — prima an- cora di Piccadilly — aveva già le insegne luminose. Un pezzo di storia che doveva restare». G.: «Rispetto al momento sto- rico, quelle immagini allegre, effervescenti, rispecchiavano la crescita industriale e faceva- no parte di Milano, come la nebbia e come i "ghisa", i vigili urbani. Manca questo rispetto per la cultura della città». Il risparmio energetico è possibile in una grande città? G.: «A Milano ci sono strade troppo illuminate anche se non serve. Basti pensare a corso Buenos Aires: ci sono così tante luci commerciali, vetrine e automobili che non vedo l’utilità dell’illuminazione pubblica. Andrebbe piuttosto riutilizzata in zone periferiche per garantire la sicurezza». C.: «Io dico che il risparmio energetico si fa con buoni progetti e non con le norme. Quando ho progettato l’illu- minazione del centro storico, la Galleria e il Corso Vitto- rio Emanuele, per fortuna non c’erano ancora restrizioni normative e abbiamo fatto un tipo di illuminazione "a macchia di leopardo": una zona pedonale dove la gente si incontra, parla, passeggia, non ha bisogno di una luce monotona come in un aeroporto». Che limiti impongono le normative attuali? C.: «Oggi norme e leggi regionali per il risparmio ener- getico ci impongono di rispettare le distanze tra i pali de- gli apparecchi, circa 37 metri, senza tener conto che in mezzo ci sono cabine del telefono, edicole, incroci, albe- ri: non possiamo mica mettere i lampioni dentro gli albe- ri! Bisogna segare via alberi magari di duecento anni». G.: «Aggiungo che se devo scegliere fra risparmio ener- getico e qualità della vita, scelgo di vivere bene. La luce è uno degli elementi che determinano la qualità della vita e secondo me il risparmio energetico si fa mettendo le luci giuste nel punto giusto, e ricorrendo a degli esperti come i lighting consultant, i progettisti della luce». C.: «Certo, bisogna fare dei progetti che tengano conto del basso consumo. Un esempio è il Palazzo Te dei Gon- zaga a Mantova: la facciata è illuminata da una luce bian- ca di ottima qualità, ottenuta con 1350 watt. Meno di un asciugacapelli elettrico! Grazie ad un uso appropriato della tecnologia e a nuovi apparecchi sistemati in manie- ra opportuna». Come mai in Italia si ricorre ancora così poco ai li- ghting designer? C.: «In Italia purtroppo non c’era mai stata la figura del lighting designer perché — quarant’anni fa quando ho cominciato ad occuparmene io — c’erano gli architetti e gli ingegneri impiantisti che curavano l’illuminazione senza tecnica e senza modelli estetici». G.: «Nell’illuminazione devono intervenire gli esperti: la luce è un materiale dell’architettura, forse uno dei più importanti». Si può migliorare l’illuminazione delle periferie cit- tadine, spesso così tristi? C.: «Nessuno parla mai di illuminazione a livello urba- no delle periferie dove c’è degrado: la luce può essere un elemento di qualità e di sicurezza in queste zone». G.: «Devo però dire una cosa: che non esiste al mondo una periferia bella come quella di Milano, sfido chiun- que a trovarne una così. È una periferia fantastica, molto più bella del Bronx a New York e dei sobborghi di Londra o della banlieue parigina». C.: «Però l’illuminazione è carente, è una periferia bu- ia». Quali sono le città meglio illuminate all’estero? C.: «Parigi è storicamente "La Ville Lumière". A me pia- ce molto Las Vegas, una città di grande fascino anche nel kitsch. Le città spagnole, come Barcellona, hanno fatto un rapido balzo in avanti sia nel design che nell’illumina- zione». G.: «Ma Barcellona è bene illuminata perché è bene amministrata». C.: «Da noi l’amministrazione pubblica è più attenta ai problemi di sicurezza, è tutta presa a fare piani della lu- ce, censimenti dei punti luce. Spendono le energie in campi che non danno risultati culturali importanti». Guglielmi: «Per salvare energia bastano le luci giuste nei punti giusti: per non rinunciare alla qualità della vita» Castiglioni: «I comuni pensano alla luce solo in termini di sicurezza ma così si rinuncia a un segno culturale» Luci della Il tema DI ALESSANDRA BURIGANA Faccia a faccia Riflettori su Milano «Le strade del centro sono troppo illuminate mentre la periferia langue nel buio». «Che errore eliminare le insegne pubblicitarie in piazza Duomo» NON TOCCATE I L AMPIONI Il designer Piero Castiglioni (a sinistra) e l’imprenditore Carlo Guglielmi. A centro pagina, il Porto Antico di Genova, realizzato da Renzo Piano e illuminato nel ’92 da Castiglioni L’incontro Piero Castiglioni Ha progettato sistemi di luce per Fontana Arte, Stilnovo, Osram, i Guzzini. È autore di impianti luminosi per il Centre Pompidou e la Gare d’Orsay a Parigi, Palazzo Grassi a Venezia, il Lingotto a Torino, il Teatro Arcimboldi a Milano. È presidente di APIL, l’associazione italiana dei lighting designer Carlo Guglielmi Imprenditore, è titolare di Fontana Arte, azienda fondata nel 1932, con cui hanno collaborato Gio Ponti, Vico Magistretti, Gae Aulenti, Renzo Piano, Ettore Sottsass. Ha anche acquisito i marchi Candle e Naskaloris. È presidente di Assoluce. I PROFILI D ESIGN E S OCIETÀ 2 Mode e Modi Mercoledì 18 Aprile 2007 Corriere della Sera

D ESIGN E S OCIETÀ Il tema Luci della - corriere.it · D a una parte il lighting designer italiano più famoso nel mondo, autore di impianti luminosi di teatri, musei, centri storici,

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Page 1: D ESIGN E S OCIETÀ Il tema Luci della - corriere.it · D a una parte il lighting designer italiano più famoso nel mondo, autore di impianti luminosi di teatri, musei, centri storici,

D a una parte il lighting designer italiano più famosonel mondo, autore di impianti luminosi di teatri,

musei, centri storici, allestimenti pubblici e privati. Dal-l’altra il titolare della storica azienda Fontana Arte che èanche Presidente di Assoluce, l’associazione nazionaledei produttori per l’illuminazione. Piero Castiglioni eCarlo Guglielmi recentemente si sono alleati per crearein sinergia progetti illuminotecnici di alto livello. Perchésono d’accordo su un punto: la luce migliora la qualitàdella vita e va impiegata al meglio, in casa come in città.Il «Corriere» li ha fatti incontrare per parlare dell’illumi-nazione urbana. Che incrocia temi di grande attualità co-me la sicurezza, il risparmio energetico, le nuove norma-tive.

Perché sta crescendo l’attenzione nei confronti del-l’illuminazione urbana?

Castiglioni: «Perché l’illuminazione è uno degli ele-menti che concorre al paesaggio urbano. Ma quando sidiscute — con il termine sbagliato — di arredo urbano,prima di parlare di illuminazione, bisognerebbe pensarea ripulire la città da una serie di elementi che si sovrap-pongono e disturbano».

Guglielmi: «Sono d’accordo, ma bisogna ammettereche qualcosa sta cambiando, c’è una percezione dell’im-portanza della luce ben maggiore di una volta».

Esiste una città ideale, pulita e ben illuminata?G.: «C’è una città ideale nei miei sogni, ripulita da tutti

i cartelli, dalla segnaletica in disordine e da quei neonterribili messi ovunque».

C.: «Io ho trovato molto pulita Faenza: una città conun centro storico assai ordinato. L’assessore mi ha detto:

"Abbiamo abolito tutte le fioriere, abbiamo proibito icondizionatori d’aria in vista sulle facciate degli edifici eabbiamo eliminato tutti i cestini dei rifiuti". Ma, ho chie-sto, la gente dove butta le cose? "La gente butta tutto interra lo stesso. Abbiamo comprato tre macchinette e contre persone teniamo pulita la città».

A Milano basterebbe un intervento di questo tipo? Ecosa bisogna eliminare?

C.: «Attenzione, bisogna distinguere cosa va elimina-to. Perché a Milano, alcuni anni fa, la Sovrintendenza fe-ce togliere tutte le insegne luminose pubblicitarie sullafacciata di un palazzo in Piazza del Duomo. Queste inse-gne erano la storia della città, perché il tubo al neon erastato inventato nel 1914 e, nel 1915, Milano — prima an-cora di Piccadilly — aveva giàle insegne luminose. Un pezzodi storia che doveva restare».

G.: «Rispetto al momento sto-rico, quelle immagini allegre,effervescenti, rispecchiavanola crescita industriale e faceva-no parte di Milano, come lanebbia e come i "ghisa", i vigiliurbani. Manca questo rispettoper la cultura della città».

Il risparmio energetico èpossibile in una grande città?

G.: «A Milano ci sono strade troppo illuminate anchese non serve. Basti pensare a corso Buenos Aires: ci sonocosì tante luci commerciali, vetrine e automobili chenon vedo l’utilità dell’illuminazione pubblica. Andrebbepiuttosto riutilizzata in zone periferiche per garantire lasicurezza».

C.: «Io dico che il risparmio energetico si fa con buoniprogetti e non con le norme. Quando ho progettato l’illu-minazione del centro storico, la Galleria e il Corso Vitto-rio Emanuele, per fortuna non c’erano ancora restrizioninormative e abbiamo fatto un tipo di illuminazione "amacchia di leopardo": una zona pedonale dove la gente

si incontra, parla, passeggia, non ha bisogno di una lucemonotona come in un aeroporto».

Che limiti impongono le normative attuali?C.: «Oggi norme e leggi regionali per il risparmio ener-

getico ci impongono di rispettare le distanze tra i pali de-gli apparecchi, circa 37 metri, senza tener conto che inmezzo ci sono cabine del telefono, edicole, incroci, albe-ri: non possiamo mica mettere i lampioni dentro gli albe-ri! Bisogna segare via alberi magari di duecento anni».

G.: «Aggiungo che se devo scegliere fra risparmio ener-getico e qualità della vita, scelgo di vivere bene. La luce èuno degli elementi che determinano la qualità della vitae secondo me il risparmio energetico si fa mettendo leluci giuste nel punto giusto, e ricorrendo a degli esperticome i lighting consultant, i progettisti della luce».

C.: «Certo, bisogna fare dei progetti che tengano contodel basso consumo. Un esempio è il Palazzo Te dei Gon-zaga a Mantova: la facciata è illuminata da una luce bian-ca di ottima qualità, ottenuta con 1350 watt. Meno di unasciugacapelli elettrico! Grazie ad un uso appropriatodella tecnologia e a nuovi apparecchi sistemati in manie-ra opportuna».

Come mai in Italia si ricorre ancora così poco ai li-ghting designer?

C.: «In Italia purtroppo non c’era mai stata la figura dellighting designer perché — quarant’anni fa quando hocominciato ad occuparmene io — c’erano gli architetti egli ingegneri impiantisti che curavano l’illuminazionesenza tecnica e senza modelli estetici».

G.: «Nell’illuminazione devono intervenire gli esperti:la luce è un materiale dell’architettura, forse uno dei piùimportanti».

Si può migliorare l’illuminazione delle periferie cit-tadine, spesso così tristi?

C.: «Nessuno parla mai di illuminazione a livello urba-no delle periferie dove c’è degrado: la luce può essere unelemento di qualità e di sicurezza in queste zone».

G.: «Devo però dire una cosa: che non esiste al mondouna periferia bella come quella di Milano, sfido chiun-que a trovarne una così. È una periferia fantastica, moltopiù bella del Bronx a New York e dei sobborghi di Londrao della banlieue parigina».

C.: «Però l’illuminazione è carente, è una periferia bu-ia».

Quali sono le città meglio illuminate all’estero?C.: «Parigi è storicamente "La Ville Lumière". A me pia-

ce molto Las Vegas, una città di grande fascino anche nelkitsch. Le città spagnole, come Barcellona, hanno fattoun rapido balzo in avanti sia nel design che nell’illumina-zione».

G.: «Ma Barcellona è bene illuminata perché è beneamministrata».

C.: «Da noi l’amministrazione pubblica è più attenta aiproblemi di sicurezza, è tutta presa a fare piani della lu-ce, censimenti dei punti luce. Spendono le energie incampi che non danno risultati culturali importanti».

Guglielmi: «Per salvare energia bastano le luci giuste nei punti giusti: per non rinunciare alla qualità della vita»Castiglioni: «I comuni pensano alla luce solo in termini di sicurezza ma così si rinuncia a un segno culturale»

Luci dellaIl tema

D I A L E S S A N D R A B U R I G A N A

Faccia a faccia

Riflettori su Milano

«Le strade del centro sono troppo illuminate mentre

la periferia langue nel buio». «Che errore eliminare

le insegne pubblicitarie in piazza Duomo»

NON TOCCATE I LAMPIONI

Il designer PieroCastiglioni(a sinistra)e l’imprenditoreCarlo Guglielmi.A centro pagina,il Porto Anticodi Genova,realizzatoda Renzo Pianoe illuminato nel’92 da Castiglioni

L’incontro

Piero CastiglioniHa progettatosistemi di luce perFontana Arte,Stilnovo, Osram, iGuzzini. È autore diimpianti luminosiper il CentrePompidou e la Gared’Orsay a Parigi,Palazzo Grassi aVenezia, il Lingottoa Torino, il TeatroArcimboldi aMilano. Èpresidente di APIL,l’associazioneitaliana dei lightingdesignerCarlo GuglielmiImprenditore, ètitolare di FontanaArte, aziendafondata nel 1932,con cui hannocollaborato GioPonti, VicoMagistretti, GaeAulenti, RenzoPiano, EttoreSottsass. Ha ancheacquisitoi marchi Candle eNaskaloris. Èpresidente diAssoluce.

I PROFILI

D E S I G N E S O C I E T À

2 Mode e Modi Mercoledì 18 Aprile 2007 Corriere della Sera