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Buchi neri. Da Mitchell alla teoria delle stringhe, l’evoluzione di un’idea Indice 1 Le intuizioni di Michell e Laplace 4 2 Il cerchio magico di Eddington 5 3 Il limite di Chandrasekhar 8 4 Grandi lavori ignorati 10 4.1 Il pionieristico lavoro di Oppen- heimer e Snyder ......... 11 5 Il dopoguerra e gli anni ’60. E buchi neri furono. 12 5.1 Crolla il cerchio magico di Ed- dington .............. 14 5.2 I buchi neri di Kerr e di Newmann ............. 15 6 1965-1974: un decennio memora- bile 16 6.1 La congettura del Censore Cos- mico ................ 17 6.2 Il processo Penrose ....... 18 6.3 Il teorema No Hair ....... 20 7 La dinamica dei buchi neri 21 8 I buchi neri evaporano 22 9 Gli ultimi venti anni di ricerche 25 9.1 Universi come ologrammi e altre stranezze ............. 26 10 Bibliografia 27 Introduzione Le tappe principali che hanno portato alla scop- erta teorica dell’esistenza dei buchi neri, fi- no agli ultimi risultati legati alla teoria delle stringhe. Reinhardt: Le interessano i buchi neri? Alex: Come si fa a non essere affascinati dalla forza pi` u micidiale dell’universo? Kate: Il lungo e buio tunnel verso il nulla Reinahardt: O verso qualcosa. E’ proprio questa la domanda a cui dare risposta... (The Black Hole, 1979) Queste battute sono tratte dal film The Black Hole, pellicola tutt’altro che indimenticabile con co-protagonista uno scienziato decisamente squilibrato. Un brutto film con uno scienziato pazzo potrebbe far pensare a una sceneggiatu- ra piuttosto misera, tuttavia questo breve dialo- Un dossier di Paolo Magionami, aggiornato al 02.04.2004 http://www.torinoscienza.it/ c 2002 Provincia di Torino

Dai Buchi Neri Alla Teoria Delle Stringhe

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Le tappe che hanno portato alla scoperta teorica dell'esistenza dei buchi neri, fino agli ultimi risultati legati alla teoria delle stringhe.

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  • Buchi neri. Da Mitchell alla teoria delle stringhe,levoluzione di unidea

    Indice

    1 Le intuizioni di Michell e Laplace 4

    2 Il cerchio magico di Eddington 5

    3 Il limite di Chandrasekhar 8

    4 Grandi lavori ignorati 10

    4.1 Il pionieristico lavoro di Oppen-heimer e Snyder . . . . . . . . . 11

    5 Il dopoguerra e gli anni 60. E buchineri furono. 12

    5.1 Crolla il cerchio magico di Ed-dington . . . . . . . . . . . . . . 14

    5.2 I buchi neri di Kerr e diNewmann . . . . . . . . . . . . . 15

    6 1965-1974: un decennio memora-bile 16

    6.1 La congettura del Censore Cos-mico . . . . . . . . . . . . . . . . 17

    6.2 Il processo Penrose . . . . . . . 18

    6.3 Il teorema No Hair . . . . . . . 20

    7 La dinamica dei buchi neri 21

    8 I buchi neri evaporano 22

    9 Gli ultimi venti anni di ricerche 25

    9.1 Universi come ologrammi e altrestranezze . . . . . . . . . . . . . 26

    10 Bibliografia 27

    Introduzione

    Le tappe principali che hanno portato alla scop-erta teorica dellesistenza dei buchi neri, fi-no agli ultimi risultati legati alla teoria dellestringhe.

    Reinhardt: Le interessano i buchi neri?

    Alex: Come si fa a non essere affascinati dallaforza piu` micidiale delluniverso?

    Kate: Il lungo e buio tunnel verso il nulla

    Reinahardt: O verso qualcosa. E proprioquesta la domanda a cui dare risposta...

    (The Black Hole, 1979)

    Queste battute sono tratte dal film The BlackHole, pellicola tuttaltro che indimenticabilecon co-protagonista uno scienziato decisamentesquilibrato. Un brutto film con uno scienziatopazzo potrebbe far pensare a una sceneggiatu-ra piuttosto misera, tuttavia questo breve dialo-

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  • Buchi neri. Da Mitchell alla teoria delle stringhe, levoluzione di unidea 2

    go sintetizza egregiamente il mistero e il fascinoche si cela, e` proprio il caso di dirlo, dietro adue semplici parole che come impatto massme-diologico non sono state, e non sono, seconde anessuno: buchi neri.

    Ma torniamo per un momento al film. Prodot-to dalla Walt Disney per la regia di Gary Nel-son e la partecipazione, tra le altre, di AntonyPerkins e Ernest Borgnine, The Black Hole nar-ra le peripezie dellequipaggio di unastronaveche viene salvato dalle grinfie di un buco nerograzie allintervento di un altro vascello spazialegovernato da robot comandati dal folle dottorReinhardt. Animato da una perversa fama diconoscenza, il folle ha deciso di scoprire cosa sinasconde allinterno di un buco nero, attraver-sandone il limite di non ritorno alla vana ricercadi nuovi mondi. Limite che oggi conosciamo conun nome molto evocativo: orizzonte degli eventi.Il film, piuttosto modesto anche se ha qualchesequenza di una certa suggestione, appartiene aquella folta schiera di racconti di fantascienzache prendono spunto da questi strani, e in partemisteriosi oggetti cosmologici. Tra interrogativiscientifici non ancora risolti e suggestioni fan-tascientifiche, ben poche parole hanno avuto lafortuna mediatica di queste due, introdotte laprima volta da John Wheeler alla fine degli an-ni sessanta e cos` ampiamente saccheggiate dal-la letteratura di genere. Anche Italo Calvino hadato il suo personale contributo:

    Da qualche settimana tutti gli amici coi qualiil signor Palomar capita di discorrere finisconoprima o poi per parlare di buchi neri...Damolto tempo un tema di ricerca scientifica forte-mente specializzato e lontano da riflessi prati-ci diretti non suscitava tanta emozione comequesto dei black hole. Merito soprattutto di unatrasmissione televisiva molto ben fatta, andatain onda il 28 agosto, in cui astronomi e as-trofisici americani, inglesi e italiani spiegavanole proprieta` di questi inimmaginabili oggetti ce-lesti....Negli spettatori profani che lanno seguitacon passione, la trasmissione ha messo in mo-to un vortice di interrogativi. Il black hole none` un buco vuoto ma e` pieno di materia durissi-ma e densissima, sostengono alcuni che hannoletto su un giornale un articolo forse un po im-

    preciso. No. Il buco nero e` una massa trasfor-mata in pura energia. No, e` solo massa cheha perso tutta lenergia (Corriere della Sera, 7settembre 1975, nella rubrica: Osservatorio delsignor Palomar)

    Quante domande, quanti interrogativi. Un vor-tice di interrogativi, che non hanno fatto altroche aumentare la fama e le fantasie attorno aquesti mostri del cielo, come tante volte sonostati definiti nella letteratura popolare. La famalugubre, e in parte meritata, di un buco nero siaffianca al fascino legato alle caratteristiche diquesti oggetti che lasciano aperta la via a nu-merose speculazioni, non ultima la possibilita`che i buchi neri siano una sorta di portali sualtri universi; daltronde, come dice il dottorReinhardt, e` proprio questa la domanda a cuidare risposta. Insomma, alla fine, la domandadel savant fou disneyano potrebbe non essere deltutto folle, come avremo modo di scoprire.

    Potrebbe far sorridere il fatto che il padre del-la teoria della relativita` generale, vero pass partou per ogni buon viaggiatore spazio-temporale,limmortale Albert Einstein, fu tra gli scienziatipiu` scettici e avversi allidea di considerare pos-sibile lesistenza di simili mostruosita`, e con luimolti altri grandi geni del secolo appena pas-sato; cio` sottolinea come il rapporto buchi neri-scienza non fu mai semplice, e solo a partiredagli anni sessanta si diede la giusta importan-za allo studio di queste anomalie nello spazio-tempo, riabilitando quella comunita` scientificache si stava dedicando a questi studi e che nonera mai stata presa molto sul serio. Basti pen-sare che negli anni venti uno dei piu` grandi scien-ziati, ed esperti di relativita` generale, ArthurEddington aveva definito lorizzonte degli eventicome un cerchio magico.

    Sara` John Archibald Wheeler con quel blackhole ad alzare il sipario sulla questione e a farentrare nellimmaginario collettivo tutte quellestramberie alimentate dalla letteratura di fan-tascienza e, diciamolo pure, dalle scoperte deglistessi scienziati.

    Questo breve saggio intende ripercorrere letappe principali che hanno portato alla scoper-ta teorica dellesistenza dei buchi neri, fino a in-

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  • Buchi neri. Da Mitchell alla teoria delle stringhe, levoluzione di unidea 3

    trodurre alcuni risultati legati agli ultimi aspet-ti della ricerca legati alla teoria delle stringhe.E stato scelto un approccio storico cronologico,con i pregi e i difetti che questo modo di esporrei fatti comporta, soffermandosi su quei person-aggi e su quelle vicende che hanno caratterizzatouna lunga, e spesso assai pregiudizievole, ricer-ca scientifica su uno dei piu` grandi misteri dellaNatura. Tranne che in rare e particolari situ-azioni si e` evitato di discutere la fisica che gov-erna questi straordinari oggetti, lasciando allabibliografia finale il compito di suggerire testi di-vulgativi e specialistici per coloro che intendonoapprofondire largomento.

    Quello che presentiamo qui e`, insomma, un lun-go viaggio alla scoperta dei buchi neri. E cometutti i viaggi inizia con un primo lontano pas-so. E il passo compiuto piu` di due secoli fa dauno scienziato dilettante alle prese con argutecongetture sulla massa delle stelle.

    Tutto inizio` nel 1783 per merito di un pastoreprotestante.

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    1 Le intuizioni di Michell eLaplace

    Sembra proprio che le prime intuizioni sulle-sistenza di particolari corpi oscuri, invisibili,siano state fatte alla fine del Settecento. Piu`precisamente, correva lanno 1783 quando unpastore inglese di nome John Michell (1724-1793), rettore di Thornhill nello Yorkshire dopoessere stato insegnante in quel di Cambridge,scriveva in una lettera inviata alla Royal Societydi Londra

    se dovessero effettivamente esistere in naturacorpi di densita` non inferiore a quella del solee i cui diametri fossero piu` di cinquecento voltequelle del sole...la loro luce non arriverebbe sinoa noi. (Michell, 1783)

    Il ragionamento di Michell, peraltro dotato diuna certa logica, si inseriva nel contesto di unafolle idea: stabilire la massa di una stella in basealla misura del rallentamento della velocita` del-la luce proveniente dallastro stesso. Ma il ra-gionamento era piu` articolato di quello che auna prima lettura poteva sembrare e le lettereche Michell scambiava con un fisico di spiccatotalento confermano questa visione.

    Il nostro pastore era, infatti, amico fraterno delgrande fisico, lui si, Henry Cavendish (1731-1810), il piu` eminente studioso di elettricita`nel regno di Sua Maesta` la regina dInghilter-ra. Il genio del fisico, discendente di una ric-chissima e illustre famiglia, andava di pari pas-so con le sue stravaganze, a cominciare dallab-bigliamento, dal modo confuso con il quale siesprimeva e dalla sua totale idiosincrasia ver-so la pubblicazione dei suoi risultati scientificiche si accompagnava a una grande difficolta` aintrattenere rapporti con gli altri colleghi scien-ziati. Sebbene riducesse al minimo i rapporticon la comunita` scientifica, Cavendish intrat-teneva unintensa corrispondenza con Michell, ilquale, da parte sua, non esitava a comunicare lesue intuizioni al ben piu` famoso collega, che,parimenti, non rinunciava a incoraggiare il rev-erendo nelle sue ricerche. Purtroppo gran partedi questa corrispondenza e` andata perduta, so-prattutto quella di Michell che, come lamico,

    aveva un rapporto con la carta piuttosto conflit-tuale. Fortunatamente una parte del carteggiodi Cavendish e` andato salvato e alcune delle let-tere che i due si scambiavano sono arrivate finoa noi. Le righe di cui sopra furono presentateda Cavendish alla Royal Society di Londra il 27novembre del 1783.

    Da questi scritti si puo` comprendere che lartico-lato pensiero di Michell andava ben oltre la sem-plice speculazione fine a se stessa ma, anzi, rap-presentava un lavoro concreto e ben dettagliatosviluppato per ottenere informazioni sulle dis-tanze stellari, la grandezza delle stelle e la loromassa; supponendo, infatti, che le particelle dicui era costituita la luce fossero attirate verso laterra alla stessa maniera di tutti gli altri corpipesanti, Michell ipotizzo` che sarebbe stato pos-sibile calcolare la massa delle stelle in base alrallentamento della luce che da esse proveniva.Il pastore giunse alla conclusione che se la massadi un corpo di dato raggio fosse stata abbastanzagrande allora i raggi luminosi avrebbero avutovelocita` nulla e quindi gli oggetti corrisponden-ti essere invisibili. A coronamento del ragion-amento labate scrisse una formula assai similea quella che piu` di un secolo dopo mettera` inrelazione la massa e il raggio di Schwarzschild.

    E chiaro come il pensiero di Michell fosse incen-trato, e non poteva certo essere diversamente,sulle ipotesi di Newton e, in particolare, sul-lipotesi della natura corpuscolare della luce,come lo stesso reverendo scrisse:

    Supponiamo ora che le particelle di luce pos-sano essere attratte nello stesso modo di tuttigli altri corpi che conosciamo

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    Pochi anni dopo qualcun altro fece consider-azioni molto simili e, sembra, indipendente-mente da Michell; nel 1796, il grande matem-atico francese Pierrre Simon de Laplace (1749-1827) espose nel trattato Exposition du Systemedu monde idee assai vicine a quelle di Michell,salvo poi ritrattarle nelle edizioni successive al-la seconda, probabilmente per essersi reso contodellassurdita` di certi ragionamenti. Il completovoltafaccia del matematico va, tuttavia, inter-pretato anche alla luce del radicale cambiamen-to che andava maturando in quegli stessi anni eche riguardava la natura dei fenomeni luminosi.

    Nel 1801, Thomas Young (1773-1829), affasci-nante figura di fisico, medico e in seguito diegittologo, scopr` il fenomeno dellinterferenzadella luce, sancendo di fatto il passaggio dallateoria corpuscolare della luce a quella ondulato-ria. Di conseguenza dalla mente degli scienziatifu completamente rimossa lidea che la gravita`avesse modo di influenzare la luce, semplice-mente per il fatto che non cerano particelle mas-sive sulle quali la gravita` potesse agire, comeYoung aveva appena dimostrato. Insomma,lidea di tali, improbabili, stelle invisibili vennepresto dimenticata senza particolari rimpianti.

    Mezzo secolo dopo la ritrattazione di Laplace,lastronomo tedesco Johann Georg von Soldnereffettuo` un coraggioso tentativo e si mise a cal-colare la deflessione della luce, sempre su basenewtoniana, al passaggio di questa vicino allestelle. Studiandone il comportamento, giunse a

    conclusioni assai simili a quelle di Michell, ar-rivando a ipotizzare lesistenza di un enormeoggetto oscuro al centro della Via Lattea at-torno al quale avrebbero ruotato le stelle delcentro della galassia. Soldner calcolo` anche leeventuali orbite che le stelle ruotanti attornoa siffatto oggetto avrebbero dovuto avere, magiunse alla conclusione che i dati ricavati non de-ponevano a favore della sua teoria non essendostati osservati. E abbandono` le sue ricerche.

    Con i dati di Soldner e laffermarsi della teo-ria ondulatoria della luce si conclusero questiprimi approcci al problema dei corpi estrema-mente grande e massicci. Dovremmo aspettarela seconda decade del nuovo secolo, il Novecen-to, perche si affermi la teoria della relativita` diEinstein e il nostro viaggio possa continuare.

    2 Il cerchio magico di Edding-ton

    Nel febbraio del 1920, tale A. Anderson del Uni-versity College Galway pubblico` nel Philosophi-cal Journal unardita e quanto mai sorprendentespeculazione:

    Possiamo evidenziare, sebbene lassunzione siapiuttosto forte, che se la massa del Sole fos-se concentrata in una sfera di 1.47 chilometri,lindice di rifrazione diverrebbe infinitamentegrande, e avremmo una lente convergente es-tremamente potente, troppo potente in realta`,per la luce emessa dal Sole che avrebbe veloc-ita` nulla sulla sua superficie. Percio` il Sole...sarebbe circondato dalloscurita`, non perche nonavrebbe luce da emettere ma perche il suo cam-po gravitazionale diverrebbe impermeabile allaluce.

    Poco dopo, nel 1921, il ben piu` conosciuto sirOliver Lodge (1851-1940) tenne una lezione aglistudenti dello Students Science Club della pres-tigiosa Universita` di Birmingham nella qualedisse:

    Se la luce e` soggetta alla gravita`, se in unqualche senso reale essa abbia peso, allora e`lecito trarre le conseguenze di questo fatto. Unadi queste conseguenze dovrebbe essere che un

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    corpo sufficientemente massiccio e concentratosarebbe in grado di trattenere la luce e impedirledi fuggire

    Sir Oliver prosegu` il discorso portando avantialcuni calcoli

    Se una massa come quella del Sole (2.2 x1033 grammi) potesse essere concentrata in unasfera di tre chilometri di raggio allora tale globoavrebbe le proprieta` prima citate, ma tali con-centrazioni travalicano la portata di un pensierorazionale... Ma un sistema stellare -diciamo unagalassia a spirale, costituita da una massa dicirca 1015 masse solari...racchiuse in un raggiodi 300 parsec...con una densita` media di 10-15c.g.s. [un milione di miliardesimo quella dellac-qua, n.d.r) potrebbe essere in grado di intrappo-lare la luce. Questa non sembra davvero unaconcentrazione di materia cos` irraggiungibile.

    Lintuizione di Lodge era davvero notevole, tan-to da travalicare la portata di un pensierorazionale, ma di certo non ebbe grande riso-nanza nellambiente accademico che allora eragia` impegnato a celebrare quello che sarebbe di-venuto una delle figure piu` illustri e conosciutedella fisica di tutti i tempi: Albert Einstein.

    Sei anni prima del discorso di Lodge ai suoi stu-denti, Einstein, gia` conosciuto per la teoria del-la relativita` ristretta e gli studi sulleffetto fo-toelettrico, presento` a ben altro uditorio rispet-to a quello di sir Oliver i risultati di un inten-sissimo periodo di ricerca; avendo appreso cheil matematico David Hilbert (1862-1943), noncerto uno qualunque, si stava dedicando a unlavoro molto importante sulla gravitazione, il 2novembre 1915, dopo due intensi mesi di lavorodedicati a risolvere alcune incongruenze che mi-navano la sua teoria, Einstein presento` allAc-cademia prussiana delle Scienze un sistema diequazioni del campo gravitazionale che mette-vano in relazione la curvatura dello spazio tempocon la densita` di energia della materia contenutaal suo interno.

    Einstein aveva appena esposto la base della teo-ria della relativita` generale, forse il piu` grandecontributo di un ricercatore nella storia dellafisica. Nel marzo del 1916 il lavoro venne pub-blicato negli Annalen der Physik e, lanno suc-

    cessivo, Einstein elaboro` le sue Considerazionicosmologiche applicando la sua teoria allinterouniverso.

    Fatta la teoria non rimaneva altro che capirecosa la teoria predicesse.

    Un primo passo in questa direzione venne ef-fettuato pochissimo tempo dopo il discorso diEinstein dallastronomo tedesco, direttore del-lOsservatorio di Potsdam, Karl Schwarzschild(1873-1916).

    Oggi questo nome viene associato indissolubil-mente a uno dei tipi di buco nero che conosci-amo, ma al tempo della scoperta dellastronomo,nessuno, Einstein compreso, aveva ben chiarocosa egli avesse realmente trovato. E passerannomolti anni prima di questo.

    Comunque, lastronomo tedesco venne aconoscenza del lavoro di Einstein leggendoil numero del 25 novembre degli Atti del-lAccademia Prussiana delle Scienze e pocodopo riusc` a trovare la prima soluzione esattadelle equazioni della relativita` generale cheEinstein lesse nel gennaio del 1916. Il fattoancor piu` straordinario fu che quellarticolo erastato scritto da uno scienziato impegnato sulfronte orientale del primo conflitto mondiale;conflitto dal quale lex direttore dellosserva-torio di Potsdam tornera` gravemente malatotanto da spegnersi poco dopo aver dato il suo

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    grande contributo alla scienza: la soluzione diSchwarzschild.

    Nel suo lavoro, lastronomo aveva trovato duesoluzioni rigorose ed esatte delle equazioni diEinstein, sebbene descriventi situazioni piut-tosto semplici: una descrivente il campo grav-itazionale di una massa puntiforme e laltra de-scrivente quello di una sfera estesa. Gli assun-ti per risolvere il problema furono la simmetriasferica del problema e la stazionarieta`. Con ilprimo assunto si intende che il corpo e il cam-po da esso creato hanno forma sferica, mentre laparola stazionario indica un evento non dipen-dente dal tempo, ossia, nel caso di un buco nero,che esiste una famiglia di osservatori esterni al-la mostruosita` per i quali ogni cosa rimanesempre uguale a se stessa.

    La soluzione trovata da Schwarzschild ha questaforma

    ds2= (1- 2m/r)1 dr2 + r2 dI c2 - (1-2m/r)dt2dove ds2 rappresenta lintervallo spazio tempo-rale tra due eventi, m la massa del corpo chegenera il campo, r la distanza dal centro edI c rappresenta langolo solido. Una formu-la come questa, che esprime lintervallo spaziotemporale tra due eventi, viene definita met-rica dello spaziotempo. Essa descrive comple-tamente il campo gravitazionale generato dalcorpo: definisce il moto di tutti gli osserva-tori in caduta libera e tutte le relazioni spazio-temporali tra eventi allinterno di questo campo.Questo significa che la soluzione delle equazionidi Einstein appena vista, presupposta una par-ticolare distribuzione della materia (la sfera diSchwarzschild), fornisce il corrispondente campogravitazionale in ogni punto dello spaziotempo.

    Non solo. Poiche spazio e tempo sono stret-tamente connessi, ogni campo gravitazionaleproduce una deformazione del tempo che og-ni soluzione trovata deve essere in grado dimisurare in ogni punto dello spazio.

    E su questo punto il grande Einstein entro` incrisi.

    In corrispondenza di un preciso valore delparametro r nella soluzione di Schwarzschild,precisamente r=2M ( e ancor piu` correttamente

    sarebbe r=2mG/c2, ma qui per semplicita` lecostanti universali G e c sono state poste ugualea uno), il risultato che la metrica fornisce e` pari ainfinito. In altre parole, la soluzione non sembraessere piu` in grado di fornire una predizione cor-retta, e presenta una patologia che viene chia-mata singolarita`. Una soluzione che ha questocomportamento si dice che diverge. La cosa si fapreoccupante nel caso in cui vogliamo calcolareproprio quella dilatazione temporale prima men-zionata. Si puo` facilmente dimostrare che nelcaso di Schwarzschild la dilatazione temporaledipende solo dalla distanza dal centro di massa,ossia dal parametro r, pertanto risulta che il val-ore r=2M e` ancora una volta un parametro criti-co per la soluzione in questione e la risposta cheotteniamo e` ancora una volta incomprensibile:infinito.

    Ecco linghippo che sconcerto` Einstein: lasoluzione di Schwarzschild forniva come rispostainfinito per gli intervalli di tempo in una certaregione dello spazio.

    Nel caso del Sole, la deformazione temporale siverifica in prossimita` dei 3 chilometri. A Ein-stein il fatto che in corrispondenza di questo rag-gio il tempo fosse infinitamente dilatato risulto`fin troppo arduo da accettare.

    E infatti non lo fece.

    I risultati trovati da Schwarzschild allora furonointerpretati in maniera tale che potevano essereutilizzati per calcolare il campo gravitazionaleesternamente a una massa sferica, in lontananzadella quale la descrizione dellastronomo tedescosi riconduceva alla teoria classica newtoniana;per quanto riguarda la singolarita` che si presen-tava al raggio di Schwarzschild fu bellamente ig-norata e venne piu` che altro trattata come unasemplice anomalia della soluzione. Questo at-teggiamento veniva supportato anche da puremotivazioni pratiche: per il Sole, come detto,il raggio di Schwarzschild vale appena 3 km ecade quindi molto al di dentro dellastro, il cuiraggio che e` di circa 700000 km; visto che lasoluzione in esame non si adattava per il campogravitazionale allinterno del corpo, il problemarisultava di scarso interesse pratico. Lo stes-so Schwarzschild interpreto` questo dato come

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    limpossibilita` di comprimere il sole al di sottodi questo raggio, che, pertanto, delimitava unasorta di superficie limite invalicabile: lorizzontedegli eventi.

    Con buona pace dello stesso Einstein, che dal-tro canto era fin troppo impegnato nelle cele-brazioni che lo stavano riguardando. Tre annidopo la pubblicazione delle equazioni della rel-ativita` generale il grande sir Arthur Eddington(1882-1944) nel corso di uneclissi totale di Soledimostro` che i calcoli di Einstein erano esat-ti predicendo correttamente la deflessione del-la luce in presenza di un forte campo gravi-tazionale. Il 7 novembre del 1919 il Times usc`nelle edicole con una prima pagina sensazionale:

    Rivoluzione nella scienza

    Nuova teoria delluniverso

    Demolita la concezione di Newton

    E fu il trionfo per Einstein. E mentre il mondocelebrava e ricopriva di onori il grande scienzia-to che ricevette nel 1921 dalla Royal Society laprestigiosa Fellowship e lanno seguente il pre-mio Nobel per leffetto fotoelettrico, nello stes-so periodo i piu` anonimi Anderson e Lodge siponevano i dubbi sulle oscure e invisibili stelle.

    Eddington, ritornando sullargomento del rag-gio di Schwarzschild, affosso` definitivamente laquestione apostrofando questa superficie comeun cerchio magico, impenetrabile da qualsiasistrumento dosservazione. La questione per luifiniva l`. Egli abbandono` il problema e si dedico`agli studi sulla materia iperdensa.

    Con gli anni venti, gli scienziati iniziarono acredere nella possibilita` che latomo potesse es-sere in qualche modo rotto e quindi pro-cedere a una compressione della materia a den-sita` ritenute, fino ad allora, inimmaginabili. Nel1924, in un discorso alla Royal AstronomicalSociety, Eddington diceva:

    Perdere un elettrone significa che la barrieraattorno a un atomo e` spezzata?...Io credo che lamaggioranza dei fisici sarebbe daccordo nel con-cludere che la rimozione degli elettroni esternicoincide con la rimozione della barriera.

    Eddington ancora non lo sapeva, ma sarebbero

    stati proprio gli studi sulla materia iperdensa arispolverare il problema del cerchio magico. In-sieme a esso anche la teoria di Einstein, para-dossalmente lasciata un po troppo a languirein qualche vano semi dimenticato della ricerca,riprese a essere una prima donna della ricerca.Infatti, sebbene negli anni venti la teoria eiste-niana avesse guadagnato grandi consensi, vennesempre ritenuta un campo estremamente spe-cialistico, complicato e difficilmente verificabilee per un decennio, dopo le misure di Eddington,sub` un periodo di ristagnamento.

    Ma alcune osservazioni astronomiche effettuatesu corpi celesti gettarono scompiglio nella comu-nita` scientifica, mettendo in evidenza lesisten-za di particolari corpi dal diametro modesto madalla concentrazione di massa estremamente al-ta. Il caso piu` famoso fu quello di Sirio B chein un diametro poco piu` grande di quello del-la Terra racchiudeva i 4/5 della massa solare.La classe di queste stelle fu denominata nanebianche. I valori erano sorprendenti e gli scien-ziati iniziarono a chiedersi cosa sarebbe potutoaccadere a stelle ancora piu` massicce di Sirio B.Forse il collasso gravitazionale, che rappresentalultima fase nel ciclo vitale di una stella dopoche essa ha terminato il combustibile nucleare,avrebbe potuto portare lastro a valori prossi-mi al raggio di Schwarzschild? Cosa sarebbesuccesso poi?

    Inquietanti scenari iniziarono ad affacciarsi al-la mente degli scienziati e il cerchio magicostava per uscire nuovamente dal cilindro delprestigiatore cosmico.

    3 Il limite di Chandrasekhar

    La risposta ai grandi interrogativi sul collassogravitazionale giunse, letteralmente, dalla lon-tana India. A bordo di un battello, il prestigia-tore che avrebbe messo le mani dentro al cilindrocosmico aveva laspetto di un giovanissimo stu-dente indiano: Subrahmanyan Chandrasekhar(1910-1995). Nella primavera del 1930 il dician-novenne scienziato intraprese un viaggio dallIn-dia a Cambridge per recarsi a studiare come al-lievo di Eddington; durante la traversata il gio-

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    vane ricercatore si mise a fare alcuni calcoli sullenane bianche e giunse a un risultato che lo las-cio` alquanto sorpreso: se la nana bianca avesseavuto una massa superiore a 1.4 masse solari,allora il suo collasso sarebbe stato inarrestabile.

    Quando una stella finisce il suo combustibile nu-cleare non e` piu` in grado di sorreggere il propriopeso e inizia a contrarsi. In questa fase le par-ticelle tendono ad avvicinarsi le une con le altrefino a quando non interviene il principio di es-clusione di Pauli che vieta, a certe particelle, distare troppo vicine tra di loro. In altre parole siviene a creare una forza di repulsione che contro-bilancia la pressione gravitazionale. Il risulta-to trovato da Chandrasekhar dimostro` pero` checera un limite a questa repulsione, superato ilquale la stella avrebbe continuato a collassaresu se stessa. Il limite da lui trovato era stretta-mente legato alla massa della stella in fin di vitache lui valuto` appunto in 1.4 masse solari.

    Una volta sbarcato in Inghilterra, mostro` i suoirisultati ad alcuni astrofisici britannici, Fowlerprima e Edward Arthur Milne (1896-1950) poi,che tuttavia li accolsero con una certa freddezzagiudicandoli di scarsa importanza. Il risultato diChandrasekhar trovo` pubblicazione nella rivistaamericana Astrophysical Journal nel 1931, allaquale lo scienziato aveva proposto un breve arti-colo sui suoi risultati. Come avrebbe ricordatolo stesso Chandrasekhar piu` di quaranta annidopo, a quel tempo egli non aveva ben chiarocosa quel risultato significasse ma soprattuttonon riusc` a capire come Fowler avesse potutogiudicarlo di scarsa importanza.

    Quindi, fine (poco decorosa) della storia?Neanche per idea. Altri scienziati giunsero al-la conclusione dello studente indiano. Uno diquesti, uno dei mostri sacri del secolo, ricavo` unrisultato analogo a quello del giovane studenteindiano che fu pubblicato nel 1931 con il tito-lo Sulla teoria delle stelle. In questo lavoro,che portava la firma di Lev Davidovic Landau(1908-1968), si poteva leggere:

    Se realmente tali masse dovessero es-istere...dobbiamo concludere che tutte le stellepiu` pesanti di 1.5 masse solari sicuramenteposseggano regioni nelle quali le leggi dellameccanica quantistica (e quindi della statisticaquantistica) sono violate

    Landau concluse il proprio lavoro avanzandolidea che potesse esistere un ulteriore stadio fi-nale che avrebbe potuto raggiunto una stella didimensioni molto piu` ridotte di una nana bian-ca. Il grande fisico russo aveva appena ipotizza-to lesistenza di corpi celesti che sarebbero statiosservati per la prima volta solo nel 1967: lestelle di neutroni. Assieme a Landau e Chan-drasekhar vi furono altri due scienziati che ar-rivarono a proporre lesistenza di tali corpi ce-lesti; nel 1934 due astronomi di Pasadena, Wal-ter Baade (1893-1960) e Fritz Zwichy (1898-1974), conclusero i loro lavori con laffermazioneche in natura si sarebbero potuti trovare duecadaveri stellari: le nane bianche e le stelledi neutroni. Purtroppo la comunita` scientificaaveva una considerazione di Zwichy non proprioesemplare; lo scienziato di origine svizzera, an-che se nato in Bulgaria, aveva la fama infattidi essere un tipo molto strano, e questo fu, inqualche modo, una scusa in piu` per non dare ilgiusto risalto al suo lavoro. In un futuro neanchetroppo lontano, comunque, lo scienziato avrebbeavuto modo di riscattarsi ricoprendo incarichimolto importanti per il governo Usa, non ultimiquello di interrogare il personale della base seg-reta di Peenemunde dove i tedeschi costruivanole V-2 e quello di far parte di una commissionescientifica incaricata di valutare i danni prodot-ti dalle esplosioni di Hiroshima e Nagasaki. Matutto questo venne poi, e al tempo risalente al-lanno 1934 il lavoro di Baade e Zwichy caddenel dimenticatoio.

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    Per quanto riguarda Chandrasekhar, continuo`con testardaggine le sue ricerche e dopo tre an-ni di intensi studi sulla natura e gli equilibridelle nane bianche, confermo` i suoi precedentirisultati:

    la storia di una stella di massa piccola deve es-sere essenzialmente differente da quella di unastella di grande massa. Per una stella di pic-cola massa lo stadio naturale di nana biancarappresenta il primo passo verso la totale es-tinzione dellastro. Una stella di grande mas-sa non puo` attraversare questo stadio e siamoliberi di speculare su eventuali altre possibilita`(Chandrasekhar, 1934)

    Ma ancora una volta, lostracismo della comu-nita` scientifica non tardo` a manifestarsi. Fintroppo impressionato da questi risultati cheparevano sconvolgere tutte le certezze della fisi-ca, lo stesso Eddington decise di intervenire unavolta per tutte nella questione del collasso grav-itazionale con una posizione che lasciava benpoco margine al dubbio sul suo modo di pensare

    Varie situazioni possono intervenire per sal-vare una stella...Penso che ci dovrebbe essereuna legge in Natura che impedisca alle stelle dicomportarsi in una maniera cos`!...Sono convin-to che lattuale formula sia basata su una teoriadella relativita` parziale e se la teoria fosse com-pleta le correzioni relativistiche sarebbero com-pensate in modo da poter riottenere una formulaordinaria.

    (Eddington, 1935)

    4 Grandi lavori ignorati

    Nonostante il clima che circondava il problemadelle singolarita` nella soluzione di Schwarzschilde quello del collasso gravitazionale, ci fu qual-cuno che prese di petto la questione e provo` adaffrontare il problema con uno sguardo menopregiudizievole e piu` incline ad accettare le-sistenza di nuovi scenari scientifici. Il primo se-rio attacco allincomprensibile divergenza che sipresentava al raggio di Schwarzschild fu porta-to da un cosmologo e astrofisico belga, GeorgeEduard Leimatre (1884-1966) nel 1933.

    Alla fine degli anni venti, lo scienziato ave-va portato a termine pionieristici studi sulles-pansione delluniverso che, pero`, rimasero pres-soche` sconosciuti; solo con laiuto di Edding-ton, che dopo averli letti si adopero` per farlitradurre in inglese e divulgare, poterono esserestudiati dalla comunita` scientifica. Almeno inteoria, perche`, di certo, allinizio, non ebberogrande successo. Tra questi studi, allinterno diun lavoro particolarmente complesso e di diffi-cile comprensione, Leimatre dimostro` che conun opportuno cambiamento di coordinate erapossibile eliminare la singolarita` che compari-va nel punto r=2M nella soluzione trovata daSchwarzschild. La metrica, con le nuove coordi-nate, non manifestava piu` alcun comportamentopatologico ma, anzi, restituiva valori finiti:

    La singolarita` del campo di Schwarzschilde` dunque una singolarita` fittizia (Leimatre,1933)

    Purtroppo il suo lavoro passo` inosservato e ri-mase a languire tra i contributi alla cosmolo-gia dimenticati; beffardo destino per un lavoroche anticipava la risoluzione del problema dellesingolarita` apparenti di quasi trenta anni.

    Un ultimo fatto conferma lavversione che la co-munita` scientifica aveva nei confronti di questoproblema; il lavoro di Leimatre, infatti, attrassemiracolosamente lattenzione di uno scienziatoche molto avrebbe avuto da dire nel campo del-la cosmologia, Howard Percy Robertson (1903-1961). Questi osservo` che sebbene una particel-la (un osservatore) avesse impiegato un tempoinfinito per raggiungere la superficie delimitatadal raggio di Schwarzschild r=2M, almeno perquanto risultava a un osservatore lontano dal bu-co nero, il tempo proprio, ossia quello misuratoda un ipotetico osservatore posto sulla particel-la durante il suo viaggio verso lorizzonte deglieventi, sarebbe rimasto in realta` finito. In al-tre parole, il tempo scorreva normalmente perla particella (e il suo osservatore) che avesseattraversato lorizzonte degli eventi.

    Quello che appare essere una magia, dello stes-so livello del cerchio magico di Eddington, e` inrealta` la base della relativita` einsteniana: nonesiste un tempo assoluto uguale per tutti, ma

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    esistono tanti tempi relativi quanti sono gliosservatori. Cos` mentre un osservatore lon-tano, al riparo dalla forza dattrazione del bu-co nero, vede un audace astronauta raggiun-gere lorizzonte degli eventi in un tempo infinito,per lo stesso astronauta il tempo scorre normal-mente fino al raggiungimento dellorizzonte deglieventi.

    Anticipando le conclusioni alle quali perverre-mo al termine di questo lavoro e di cui prestoavremo il primo serio indizio, lastronauta inquestione non avra` alcun problema a superarequesta fittizia barriera, salvo poi accorgersi chenon potra` piu` tornare indietro. In un certo sen-so il cerchio magico di Eddington una barrierafisica la pone davvero, ma questo Robertson,Leimatre e tutti gli altri finora incontrati nonpotevano ancora saperlo.

    Ma torniamo al lavoro di Robertson. Nel 1939,presento` il suo contributo a una conferenza aToronto, dove ebbe modo di incontrare Ein-stein. La circostanza era piu` che buona permostrare al famoso scienziato le conclusioni allequali era giunto. Affascinato dalla questione, ilpadre della relativita` non manco` di meditare sul-la questione, ma non tardo` a criticare il lavorodi Robertson, giungendo alle stesse conclusionidella maggioranza dei fisici del tempo:

    ..la singolarita` di Schwarzschild non puo` ap-parire perche la materia non puo` concentrarsiarbitrariamente (Einstein, 1939)

    E se lo diceva Einstein...

    4.1 Il pionieristico lavoro di Oppen-heimer e Snyder

    Ma anche i grandi scienziati prendono i loro ab-bagli e, nel caso specifico di Einstein, il suo mag-giore fu ancora una volta quello di non pren-dere in considerazioni casi non stazionari. Ecos`, appena due mesi dopo che Einstein rib-ad` le sue convinzioni sul collasso gravitazionale,usc` un pionieristico lavoro di Julius Robert Op-penheimer (1904-1967) e del suo allievo HarlandSnyder, dal titolo Sullattrazione gravitazionalecontinua, pubblicato sulla prestigiosa Physi-cal Review nel 1939. Nel lavoro si affrontava ilproblema di cosa potesse accadere a una stellaal termine della sua vita, ossia quando il com-bustibile nucleare fosse esaurito e nessuna forzafosse piu` in grado di arrestare il collasso indottodalla forza di attrazione gravitazionale:

    ..una stella di massa poco superiore a quella delsole subira` una contrazione inarrestabile e la sualuce apparira` spostata verso il rosso fino a quan-do lastro diverra` invisibile.. (Oppenheimer eSnyder, 1939)

    I due dimostrarono matematicamente che unastella sufficientemente pesante avrebbe da-to vita a un collasso inarrestabile dal qualesi sarebbe formata una regione di intrappola-mento dalla quale nulla sarebbe potuto uscire.

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    Essi studiarono mediante le equazioni di Ein-stein il moto della superficie della stella nel-la sua fase di collasso. Secondo i loro cal-coli un ipotetico osservatore posto sulla super-ficie dellastro avrebbe visto la stella ridursi viavia a ritmo sempre crescente fino a divenireun punto di densita` infinita. Naturalmente lafine dellosservatore non sarebbe stata delle piu`serene.

    Ancora un altro infinito aveva fatto la sua ir-ruzione nei turbamenti dei fisici teorici. Tale in-finito era quello che cadeva nel punto r=0 dellasoluzione di Schwarzschild, e sarebbe stato benpiu` insidioso dellaltro.

    La spiegazione di Oppenheimer e Snyder, poi,continuava: un osservatore piu` accorto benlontano dalla catastrofe stellare, avrebbe vis-to il collasso rallentare sempre piu` veloce-mente a mano a mano che il raggio della stel-la si fosse avvicinato a quello gravitazionale, o,come lo abbiamo finora chiamato, al raggio diSchwarzschild, in conseguenza dello spostamen-to spettrale dei segnali uscenti provenienti dallastella (e dallosservatore sulla sua superficie).

    Insomma, i due avevano messo in pratica quelloche diceva Einstein: osservatori differenti, tempidifferenti.

    Lo spostamento spettrale a un certo puntosarebbe divenuto cos` marcato che la stellasarebbe apparsa come congelata in prossim-ita` del raggio gravitazionale, e con essa losser-vatore che sarebbe apparso come in eterna at-tesa, bloccato a r=2M. Invece per questultimole cose sarebbero andate diversamente, come gia`evidenziato da Robertson, avendo la possibilita`di attraversare il cerchio magico di Eddingtonsenza problemi, salvo poi non riuscire piu` a dareinformazioni allosservatore lontano, per il qualelincauto viaggiatore sarebbe ancora sospeso eimmobilizzato sulla superficie di Schwarzschild.

    I calcoli dimostrarono che nulla, neanche la luce,sarebbe stato in grado di uscire da una zonadelimitata dal raggio gravitazionale, ossia quel-lo che fino a ora abbiamo incontrato a r=2M.Oppenheimer e Snyder dimostrarono che la re-gione esterna al bordo della stella collassante eraesattamente descritta dalla soluzione trovata da

    Schwarzschild, e una volta attraversato loriz-zonte degli eventi si sarebbe formata una regionedalla quale nulla sarebbe piu` potuto uscire.

    Il dado era tratto.

    Questo lavoro e` universalmente riconosciutocome il primo, fondamentale passo, verso lascoperta teorica dei buchi neri. Ma natural-mente a quel tempo non cera certo questaconvinzione e anche questo lavoro non riscossepiu` fortuna degli altri e venne ben prestodimenticato.

    E giusto ricordare, come parziale attenuante,che lo studio fu presentato in un periodo stori-co piuttosto difficile, alla vigilia della secondaguerra mondiale, e le attenzioni dei ricercatorierano praticamente tutte indirizzate allo studiodella struttura nucleare. Lo stesso Oppenheimerfu totalmente coinvolto nel Progetto Manhattan(la costruzione della prima bomba atomica) eabbandono` i suoi studi sullevoluzione stellare,mentre Snyder si dedico` alla matematica pura eoggi e` riconosciuto come uno dei precursori del-la geometria non commutativa, ramo peraltropiuttosto di moda.

    5 Il dopoguerra e gli anni 60.E buchi neri furono.

    Al termine del conflitto, latteggiamento dellacomunita` scientifica non cambio` molto nei con-fronti delle problematiche della relativita` gen-

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    erale; sullonda emotiva della bomba atomica,lo studio delle forze nucleari aveva la priorita`su qualsiasi altra problematica. E curioso tut-tavia sottolineare il diverso approccio che i dueblocchi, sovietico e occidentale, avevano nei con-fronti del collasso gravitazionale; a est questasituazione compariva nei testi classici della fisi-ca come, ad esempio, Fisica statistica (1951)di Landau e Lifshits, nel quale si menziona-va esplicitamente il lavoro di Oppenheimer del39, mentre a ovest la questione venne semplice-mente posta nel dimenticatoio senza particolarisussulti, e se mai qualcuno avesse pensato dirisollevarla sarebbe stato giudicato un folle.

    Ma un pazzo deciso a riportare un po di en-tusiasmo nel campo della relativita` generale edelle problematiche sollevate dal collasso gravi-tazionale non tardo` ad arrivare: John ArchibaldWheeler (1911). Allievo di Einstein e di Bohr,il geniale e vulcanico fisico statunitense sarebbedivenuto unautorita` nel campo della teoria del-la gravitazione tanto da far scuola a generazionidi fisici con il suo linguaggio e il suo formal-ismo squisitamente geometrico e, soprattutto,avrebbe portato una ventata di freschezza inun ambiente che stava atrofizzandosi. Uno deisuoi allievi migliori, Kip Thorne, avra` modo discrivere quale poteva essere uno dei motivi daimputare a quel blocco mentale che impedivaai fisici di comprendere la natura del collassostellare:

    Probabilmente tra il 1939 e il 1958 quello checontribu` maggiormente a impedire agli scien-ziati i comprendere limplosione di una stella fuil nome utilizzato per la circonferenza critica: singolarita` di Schwarzschild Il termine singo-larita` evocava limmagine di una regione in cuila gravita` diventa infinitamente intensa, provo-cando un crollo delle leggi della fisica, rappre-sentazione che noi oggi sappiamo essere corret-ta per loggetto che si trova al centro del bu-co nero ma non per la circonferenza critica(Kip Thorne, Black holes and Time Warps, NewYork, Norton, 1994)

    Con larrivo dellentusiasta Wheeler le cose, sep-pur lentamente iniziarono a cambiare. A Prince-ton, tra gli anni cinquanta e gli inizi degli annisessanta, raduno` attorno a se giovani talentuosie motivati che iniziarono lo studio delle problem-atiche gravitazionali partendo dai classici lavoridi Chandrasekhar, Landau e Oppenheimer. Leloro ricerche confermarono linevitabilita` del col-lasso gravitazionale senza possibilita` darrestoper masse comprese tra 1.5 e 2 masse solari.

    A Wheeler, inoltre, non sfugg` una questionemolto sottile che, dietro a quei risultati cos`stravaganti, poteva mettere in crisi i modelli fisi-ci fino ad allora conosciuti. In particolare il com-portamento della materia collassante sembravamettere in crisi una delle leggi di conservazionepiu` solide e sicure a disposizione dei fisici: laconservazione del numero barionico.

    I barioni sono i costituenti pesanti della materia;se un barione sparisce la legge di conservazionegarantisce che un altro prendera` il suo posto,in modo tale che il numero di barioni inizialerimanga sempre quello. Secondo lo scenario diOppenheimer pero` la stella dovrebbe collassaretutta in uno spazio talmente piccolo che sarebbeimpossibile ipotizzare che i miliardi e miliardi dibarioni iniziali, costituenti lastro, possano es-sere tutti contenuti in uno spazio infinitesimale.Forse, penso` lo scienziato, i buchi neri potevanoviolare la legge di conservazione dei barioni. Loscenario era inquietante e allo stesso tempo sug-gestivo tanto che lo scienziato parlo` di grandecrisi della fisica.

    Accanto a profondi contributi nel campo dellaricerca, a Wheeler si devono due epocali svoltenel mondo della gravitazione: la soluzione delmistero legato alla singolarita` di Schwarzschilde, finalmente, il nome da dare a un oggettocompletamente collassato.

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    5.1 Crolla il cerchio magico di Ed-dington

    Il cerchio magico di Eddington non fu sconfittodirettamente da Wheeler ma da tre ricercatoriche, indipendentemente, trovarono il sistema dimostrare matematicamente la non consistenzadel problema. Spettera` a Wheeler dare il giustocredito allavvenimento, adoperandosi affinchequel risultato cos` significativo potesse essereconosciuto da tutta la comunita` scientifica.

    I nomi dei tre ricercatori erano Martin Kruskal,David Finkelstein e Geroge Szekeres.

    La cosa curiosa dietro alla vicenda era che nes-suno dei tre era un fisico teorico, ma provenivanotutti da rami della ricerca completamente differ-enti dalla relativita`. Forse fu questo il vantaggioche permise loro di risolvere il problema.

    Martin Kruskal era un fisico del plasma deciso astudiare con altri colleghi un po di relativita`. Siera intorno alla meta` degli anni cinquanta e loc-chio e la mente del neofita, privo di pregiudizi,mise subito a fuoco il problema, osservando chela tanto temuta singolarita` era dovuta a unacattiva scelta di coordinate. Cambiando di co-ordinate e scegliendone di opportune si potevasuperare il problema. Sebbene scettico sul risul-tato ottenuto, Kruskal si presento` a Wheelerper avere un parere su quello che aveva scop-erto. Inizialmente, il fisico non fu molto impres-sionato dal risultato e la risposta che Kruskalottenne non fu molto incoraggiante. Ma dopocirca un paio danni Wheeler ritorno` sui suoipassi e, letti con maggior attenzione i lavori diKruskal, li presento` a una conferenza sulla rela-tivita` generale a Royaumont nel giugno del 59e li propose per una degna pubblicazione. Natu-ralmente sottolineando il fatto che doveva esseredato a Kruskal il merito della scoperta. Alla finedel 59, visto che ancora nulla era stato stampatoa riguardo, Wheeler intervenne di persona nellaquestione con un breve articolo nel quale dava aKruskal quel che era di Kruskal.

    Per quanto riguarda Finkelstein, in un la-voro intitolato Asimmetria passato-futuro inun campo gravitazionale di una particella pun-tiforme (1960), dimostro` come la soluzione di

    Schwarzschild poteva essere estesa in modo dacoprire tutto lo spazio e non solo lesterno del-la stella con unopportuna scelta di coordinatetemporali ritardate e avanzate.

    Infine George Szekeres, il terzo a giungere nel1960 a risultati analoghi. Ungherese, inizio` lasua carriera come ingegnere nella propria pa-tria, dalla quale, pero`, dovette fuggire in segui-to allinvasione nazista. Riparo` a Shangai pertrovare unaltra invasione, quella giapponese,che, tuttavia, gli permise di continuare il suo la-voro. Termino` la guerra lavorando per gli amer-icani e dedicandosi a tempo perso alla matem-atica. Divenuto docente di matematica allU-niversita` di Adelaide si interesso` alla relativita`generale risolvendo il problema della singolarita`di Schwarzschild. Giudicando il lavoro di scar-so interesse, lo pubblico` in una sconosciuta riv-ista ungherese dove rimase a prender polvere permolto tempo.

    Con le coordinate di Kruskal-Szekeres, come og-gi sono conosciute, e` possibile eliminare la singo-larita` che si incontra in r=2m nella soluzione diSchwarzschild. Quello che si ottiene e` una nuovaespressione per la metrica che descrive un buconero sferico di Schwarzschild. E importante sot-tolineare il fatto che con le nuove coordinate e`possibile mappare anche linterno della regionedelimitata dalla superficie r=2m, quella dallaquale nulla puo` uscire, come si vede dalla figurae sulla quale loriginale lavoro di Schwarzschildnulla diceva. Anche con le nuove coordinate none`, tuttavia, possibile eliminare la vera singolar-ita` del problema, quella che si trova in r=0. Esu questo avremo modo di tornarci in seguito.

    Ma abbiamo parlato anche di un altro meritodi Wheeler, piu` coreografico e meno scientifi-

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    co del precedente ma sicuramente dallimpat-to sullopinione pubblica assai maggiore. Comeun allievo di Wheeler, Jacob Bekenstein, avra`modo di ricordare, durante una presentazionea un congresso, mentre il suo professore cerca-va il modo piu` breve per dire oggetto com-pletamente collassato, qualcuno dei presentidisse ad alta voce perche non lo chiami bu-co nero? . A Wheeler lidea piacque subitoe adotto` immediatamente il termine, termi-nologicamente banale ma psicologicamente po-tente come disse, adoperandosi a diffonderlodurante la sua carriera di fisico.

    La leggenda dei buchi neri nacque in quelmomento. Era il 1969

    5.2 I buchi neri di Kerr e diNewmann

    Gli anni a cavallo del 60 furono particolarmenteinteressanti per le ricerche nel settore della fisicagravitazionale, tanto da poter parlare di una sor-ta di rinascita della relativita` generale. Insiemeal gruppo di Wheeler, altri grandi ricercatori silanciarono in questo campo, fornendo contribu-ti fondamentali. In Russia, dove come detto ilcollasso gravitazionale veniva riportato nei libridi testo universitari, si formo` il gruppo di YakovZeldovich e di Vitaly Ginzburg per i quali non siparlava ancora di buchi neri ma di stelle con-gelate, mentre a Cambridge si formo` un con-nubio che avrebbe garantito enormi contributinel campo della fisica dei buchi neri, StephenHawking e Roger Penrose. Intorno a questi duemostri sacri avrebbero ruotato le nuove giovanimenti della fisica.

    Ma vi furono anche altri due fatti che stimo-larono le ricerche in relativita` generale. Il pri-mo riguardava un punto di vista piu` specificata-mente astrofisico, quando si comincio` a ottenereimportanti risultati nellosservazione di ogget-ti stellari particolari, come i quasar e le radio-galassie, che suggerirono agli astrofisici di asso-ciare le enormi energie in gioco in questi sistemialla presenza di buchi neri. Oramai, infatti, nonera piu` impensabile parlare di oggetti collassatimilioni di volte piu` massicci del sole. Anzi, i pro-gressi compiuti nelle osservazioni incentivarono

    il puro studio teorico della gravitazione. Si presein considerazione lidea delle onde gravitazion-ali e si cerco` di combinare insieme la teoria dellarelativita` generale, la cui splendida verifica sper-imentale non lasciava ombra sulla sua fondatez-za, con laltra grande primadonna della ricercascientifica in fisica, la meccanica quantistica.

    Il secondo fatto importante era strettamentelegato alle equazioni di Einstein che, fino ad al-lora contavano solo su soluzioni esatte, quelladi Schwarzschild e quella data nel lontano 1918da Reissner e Nordstrom che descriveva un ca-so molto particolare di buco nero elettricamentecarico; caso peraltro di scarso interesse prati-co, poiche si ritiene impossibile lesistenza di unsimile buco nero. Nel 1963, il neozelandese RoyKerr amplio` la famiglia delle soluzioni esattedelle equazioni di Einstein descrivendo il campogravitazionale generato da una massa rotante.

    Fino a ora ci siamo molto concentrati sullasoluzione di Schwarzschild, la quale, sebbene as-sai utile e funzionale in un gran numero di casi,descrive una situazione poco realistica, visto chenon considera leventuale e assai probabile fattoche la materia collassante possa ruotare. Il la-voro di Kerr colmo` questa lacuna e apr` una nuo-va finestra sul sempre piu` vasto orizzonte dellarelativita`. Poco dopo, nel 1968, Ezra Newmancon alcuni suoi studenti portarono a quattro lesoluzioni esatte con una metrica che descrivevaun buco nero rotante e carico.

    La soluzione di Kerr-Newmann e` assai intrig-ante sotto molti punti di vista perche, oltre adavere un orizzonte degli eventi come la soluzionedi Schwarzschild, presenta una struttura inter-na assai differente rispetto a questultima; tan-to differente da poter permettere, in linea pura-mente teorica, non solo di viaggiare nel tempoma anche di osservare la singolarita` al centrodel buco nero, quella di massa e densita` infinitache distrugge tutti gli incauti astronauti che cifiniscono contro.

    ... Attraversi questo anello magico e i ritrovi inun universo completamente differente, dove rag-gi e masse sono negativi ! diceva Kerr a Wern-er Israel parlando della soluzione da lui trovata.E Kerr aveva ragione.

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    Al di fuori dellorizzonte degli eventi, chepossiede anche la soluzione di Kerr, la soluzionetrovata dal neozelandese non era molto diversada quella di Schwarzschild, ma le cose cambia-vano drasticamente se si andava ad analizzarelinterno di questa soluzione. Mentre, come sisapeva, una particella che cadeva dentro a unbuco nero di Schwarzschild era condannata araggiungere la singolarita` di densita` infinita` evolume nullo, nel caso di Kerr la particella inquestione poteva evitare completamente la sin-golarita` e dirigersi in altri universi del tutto sim-ili al nostro. Non solo ma era anche prevista lapossibilita` di curve temporali chiuse. Insomma,con Kerr si poteva viaggiare nel tempo e su al-tri mondi, per la gioia di tutti i temponauti incircolazione.

    Anche la metrica di Schwarzschild puo` essereespressa in termini di coordinate che ricopronolintero spazio, come Kruskal e Szekeres avevanodimostrato. Questo ha permesso di mettere inevidenza lesistenza di un mondo speculare alnostro, nel quale il tempo scorre allindietro, mache non e` comunque raggiungibile per via dellapresenza della singolarita` iniziale a r=0, ove tut-to ha fine. Il fatto che non sia eliminabile connessuna scelta di coordinate, impedisce in og-ni modo di poter ricevere informazioni dal quelnuovo universo. I due mondi, insomma, nonpossono comunicare tra di loro.

    Con la soluzione di Kerr, la cosa era differente. Imondi erano infiniti e teoricamente percorribili!

    A questo punto ogni buon viaggiatore nel tem-po o impazzirebbe di gioia o si chiederebbe dovesta linghippo. Bene, il problema sta nel fattoche i passaggi attraverso questi universi si rive-lano particolarmente instabili, rendendo il viag-gio una pura chimera. Non solo. La singolarita`al centro del buco nero di Kerr e` una singolar-ita` naked (nuda), ossia puo` essere vista. Maquesta evenienza e` scongiurata da una serie dicongetture, che rendono impossibile un simile,catastrofico, evento. Almeno secondo quello cheandava proponendo Roger Penrose alla fine deglianni sessanta.

    Il vaso di pandora era stato aperto, e inquietan-ti scenari si stavano aprendo nella mente degli

    scienziati.

    Un decennio ricco di straordinarie intuizionisulla fisica che governa i buchi neri stava peraprirsi

    6 1965-1974: un decenniomemorabile

    Nel decennio 1965-1975, si andarono delineandofondamentalmente due indirizzi di ricerca. Unprimo orientamento di ricerca fu di tipo squisita-mente matematico volto a comprendere la natu-ra delle singolarita` vere, quelle non eliminabilicome nel caso di Schwarzschild nel punto r=0,o quella a forma di anello come nel caso di unbuco nero di Kerr. In questo ambito di ricerca siesalto` il britannico, Roger Penrose, il quale oltrea dimostrare che le singolarita` erano inevitabiliin ogni processo di collasso gravitazionale enun-cio` la famosa congettura del Censore Cosmico.Come se non bastasse mise in luce un proces-so decisamente affascinante: la possibilita` diestrarre energia da un buco nero rotante.

    Un secondo orientamento, invece, si occupo` dicomprendere la natura dello stato finale dellamateria collassante una volta raggiunto lo sta-dio di buco nero. In questo settore fornironograndi contributi il gruppo di Wheeler, nel qualeeccelse un giovane ricercatore il gia` menzionatoJacob Bekenstein, e quello di Stephen Hawking.I due orientamenti non corsero paralleli senzaconfrontarsi mai, ma, anzi, si intersecarono piu`volte e dallintreccio di queste ricerche vennerogettate le basi della fisica classica dei buchi neri.

    Un dossier di Paolo Magionami,aggiornato al 02.04.2004

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    Da queste Stephen Hawking avrebbe partoritonel 1974 uno dei risultati piu` straordinari di tuttii tempi: levaporazione dei buchi neri. La postain gioco daltronde era grande visto che secondoquanto aveva detto Wheeler, la fisica poteva es-sere alle soglie della piu` grande crisi che avessemai conosciuto.

    6.1 La congettura del Censore Cosmi-co

    Lidea che esista un punto dello spazio tempo nelquale le leggi della fisica non siano piu` valide,o perdano completamente la loro capacita` dipredizione restituendo sconfortanti valori pari ainfinito, e` sempre stata una vera e propria an-goscia per ogni buon fisico. E lo era anche nelcaso della relativita` generale.

    Non e` raro trovare degli infiniti nelle teoriefisiche. Anche il Modello Standard, il grande ap-parato matematico sviluppato nel corso di quasiquarantanni in grado di descrivere il compor-tamento delle interazioni tra materia ed ener-gia in termini quantistici (con la sola eccezione,guarda caso della gravita`) presenta apparenti in-congruenze che si manifestano con i soliti in-finiti; tuttavia si e` sempre trovato il modo dicontenere queste divergenze, di controllarle inmaniera opportuna, in modo tale che la teo-ria riesca sempre, una volta forniti i giusti datiiniziali, a essere preditiva.

    Se, in un modello, linfinito continua a ri-manere nonostante vari tentativi, allora, moltoprobabilmente, siamo in presenza di una teoriasbagliata.

    Nel caso della relativita` generale, o meglio diun buco nero, compare una singolarita` al cen-tro dello strano oggetto che non ammette mezzemisure: la singolarita` di un buco nero e` total-mente distruttiva. La fisica in quel punto nonfunziona piu`, e se un incauto navigatore spazialedovesse incontrarla sulla sua strada se ne ac-corgerebbe nello stesso momento in cui la suaesistenza verrebbe a terminare.

    Roger Penrose, studiando il comportamento deiconi di luce in presenza di forti campi gravi-tazionali, riusc` a dimostrare un fatto di fon-

    damentale importanza: le singolarita` erano in-evitabili in ogni processo di collasso gravi-tazionale. Non cera speranza dunque, per loscienziato inglese, quei fastidiosissimi punti nonsi potevano eliminare.

    Il fatto poteva essere piuttosto allarmante, tut-tavia le singolarita` in relativita` avevano unacaratteristica che salvaguardava tutto lappara-to concettuale della fisica: le singolarita` nonpotevano essere osservate. La presenza delloriz-zonte degli eventi, infatti, avrebbe schermato ilpunto di densita` e curvatura infinita agli occhi eagli strumenti di misura di qualsiasi osservatoreposto allesterno, permettendo, cos`, alle nostreleggi della fisica di continuare a operare senzaproblemi fuori dal buco nero. La fisica nel nostrouniverso, era, in qualche, modo salva. Il teore-ma di Penrose aveva stabilito che ogni orizzonteconteneva una singolarita`; a quel punto valevala pena chiedersi se fosse stato vero il contrario:ogni singolarita` era forse schermata da un oriz-zonte? La questione condusse Roger Penrose aproporre lipotesi della censura cosmica, secon-do la quale le singolarita` prodotte da un collas-so gravitazionale erano sempre protette da unorizzonte degli eventi.

    Detta in quel modo, lipotesi della censura pro-teggeva gli osservatori posti al di fuori delloriz-zonte degli eventi, che cos` potevano continuarea utilizzare gli strumenti e le metodologie del-la fisica, ma nulla diceva a riguardo di coloroche fossero finiti a oltrepassare lorizzonte deglieventi. Cosa che, come visto, non era affattoimpossibile.

    Quella che era stata data, pero`, era versione de-bole della censura. Cera modo di essere an-cora piu` drastici e salvarsi dalle grinfie dellasingolarita` in extremis.

    Le nuove soluzioni che avevano proposto Kerre Newmann, infatti, permettevano di attraver-sare lorizzonte, passare oltre una singolarita` aforma di anello, avere la possibilita` di veder-la e uscire senza essere distrutti su un nuovouniverso. Alcuni calcoli, pero`, dimostrarono lanon consistenza fisica di questi scenari; in altreparole le soluzioni che permettevano il passag-gio attraverso un buco nero rotante erano al-

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    tamente instabili e sarebbe bastata una piccolaperturbazione, come un astronauta, a distrug-gerle, tanto da mettere lastronauta nella bruttacondizione di vedere la singolarita` nel momentoin cui vi fosse venuto in contatto, nel qual casola sua esistenza sarebbe ancora una volta termi-nata allistante. La singolarita`, quindi, sarebbestata sempre nel futuro dellosservatore e mainel suo passato.

    La versione forte della censura cosmica era cos`servita: le singolarita` erano sempre o nel fu-turo o interamente nel passato (Big Bang) diun osservatore.

    E giusto aggiungere che lipotesi di Penrose e`solo una congettura che non e` mai stata prova-ta. E matematicamente arduo interpretare ilconcetto di censura e a riguardo sono statitrovati molti esempi teorici per i quali lipote-si non e` vera. Tuttavia e` possibile pensare cheper situazioni fisicamente realistiche, come il col-lasso gravitazionale, la congettura possa esserevalida.

    A sostegno di questa interpretazione ci sono casiin cui la congettura sembra entrare in azione,evitando la presenza di singolarita` nude. E ilcaso della piu` volte citata soluzione di Kerr.

    Per buchi neri di Kerr, esiste una velocita` massi-ma di rotazione che dipende strettamente dallamassa del buco nero. Se la rotazione dovesse ec-cedere questo valore non saremmo piu` di frontea un buco nero di Kerr ma a una singolarita` nu-da, cioe` non schermata da alcun orizzonte. Perottenere questa singolarita` potremmo pensare difar inghiottire al buco nero particelle dotate dimomento angolare molto grande, cioe` che ruoti-no su se stesse molto velocemente, in modo taleche anche il buco nero, una volta catturate leparticelle, accresca la sua rotazione di quel tan-to da distruggere la soluzione di Kerr e mostrarela singolarita`. Catturando le particelle pero` ilbuco nero accresce anche la sua massa, aumen-tandola di quel tanto che impedisca alla singo-larita` nuda di manifestarsi. Un ragionamen-to analogo si puo` fare utilizzando la piu` gen-erale soluzione di Kerr Newman, nel qual casola relazione che devono soddisfare affinche nonmostrino singolarita` nude e` del tipo

    M2 =Q2+ J2

    dove M= massa del buco nero Q= caricaelettrica J= momento angolare

    In questo generico caso, che per Q=0 si ricon-duce al buco nero di Kerr, e` ancora dimostrabilecome nessuna particella anche carica possa im-pedire alla diseguaglianza di compiere il propriodovere. La censura cosmica parrebbe compiereil proprio dovere egregiamente. Ma la questionee` tuttaltro che chiusa e ancora oggi nel XXI se-colo, risulta un grosso problema scientifico darisolvere.

    6.2 Il processo Penrose

    Il buco nero di Kerr possiede anche unaltra mer-avigliosa caratteristica che Penrose mise in lucealla fine degli anni sessanta.

    A scapito della sua rotazione e` teoricamente pos-sibile estrarre energia da un buco nero rotante.Grazie al suo moto di rotazione attorno a unasse, il buco nero di Kerr possiede una regionedi trascinamento il cui bordoin prossimita` deipoli combacia con lorizzonte degli eventi, mase ne distacca in prossimita` dellequatore. Taleragione e` chiamata ergosfera.

    La caratteristica fondamentale di questa zonae` che nessuna particella, una volta dentro, puo`rimanere ferma, a riposo, ma deve necessaria-mente partecipare alla rotazione del buco nero.Cio` significa che ha ancora la possibilita` di sfug-gire allattrazione gravitazionale del buco ma

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    non quella di rimanere ferma a una certa distan-za. Ma non solo. In questa stranissima regionedello spazio-tempo lenergia puo` avere valorenegativo. Immaginiamo, adesso, che una parti-cella di energia E0 entri nella ergosfera e decadain due altre particelle di energia E1 ed E2 di cuiuna riesca a sfuggire allattrazione del buco neromentre laltra, facciamo E1, venga catturata dal-la rotazione dellintera regione, fino a oltrepas-sare lorizzonte degli eventi e non tornare maipiu`. Ricordandoci che in questa regione lener-gia puo` cambiare di segno, risulta possibile, inseguito al principio della conservazione dellen-ergia per cui E0 = E1+E2 che la particella us-cente possegga piu` energia di quanta ne avesseprima di entrare nella ergosfera, poiche` adessoE0 = - E1+E2,dalla quale risulta E2 = E1+E0

    A scapito della massa e della rotazione del buconero, entrambe ridotte, e` stato possibile ottenereuno stato finale con piu` energia di quello finale.

    In un certo qual modo, con il processo di Pen-rose si era scoperto che i buchi neri potevanoessere un po meno neri di quello che fino adallora si pensava.

    Ma i buchi neri di Kerr avevano in serbo al-tre sorprese. Una di queste fu scoperta da unbrillante studente allievo di Wheeler, Demetri-ous Christodoulou. Il giovane ricercatore si ac-corse che in nessun processo nel quale la ro-tazione di un buco nero potesse aumentare odiminuire poteva causare la diminuzione di unacerto parametro. Parametro che fu chiamatomassa irriducibile. Sebbene il nome possa trarrein inganno, tale parametro conteneva non so-lo la massa del buco nero ma anche il suo mo-mento angolare totale. Tale scoperta dimostra-va che indipendentemente da come variavanoseparatamente massa e rotazione del buco nero,una loro opportuna combinazione, la massa ir-riducibile, cresceva sempre o al piu` rimanevacostante. Ma cera di piu`. Poco dopo la scoper-ta di Cristodoulou, Penrose insieme a R. Floydmostrarono per mezzo di esempi, che disturban-do per mezzo di qualche causa esterna un buconero di Kerr, larea dellorizzonte poteva solo au-mentare. A quel punto fu abbastanza facile fare2+2 e molte persone si accorsero che i risul-tati di Penrose e di Cristodoulou erano la stessa

    faccia di una stessa medaglia; con parole diverseentrambi dicevano la stessa cosa: la massa ir-riducibile (piu` precisamente sarebbe il quadra-to della massa irriducibile) era proporzionale al-larea dellorizzonte degli eventi stesso. Il fattoera decisamente interessante. Qualunque fosseil processo cera una quantita` che non potevadiminuire ma solo aumentare.

    Sulla scia di quelle intuizioni, Hawking, am-pliando lanalisi a casi piu` generici di quelli trat-tati dai suoi colleghi, giunse a enunciare un im-portantissimo teorema secondo il quale lareadellorizzonte di un buco nero non diminuivamai qualsiasi fosse stato il processo nel qualeera coinvolto.

    Per qualcuno, Bekenstein in particolare, la riv-elazione di Hawking fu una sorta di campanel-lo dallarme: forse sotto cera qualcosa di piu`;qualcosa ancora di poco chiaro ma strettamentelegato al fatto che cera qualcosa di un bu-co nero che non poteva mai diminuire, qualsi-asi processo il buco nero avesse subito. Questacosa ricordava vagamente una proprieta` legataai sistemi ordinari con una certa temperatura.Vagamente, si intende.

    Le riflessioni di Bekenstein erano spinte daunosservazione che gli aveva fatto il suo mae-stro a riguardo dellentropia e dei buchi neri; inbreve, Wheeler si chiese se la seconda legge del-lentropia, quella che garantisce che lentropiadelluniverso non puo` mai diminuire, fosse inqualche modo violata dalla presenza del buconero. Osservazione dettata dal fatto che poicheun buco nero inghiottiva ogni cosa, si potevapensare, idealmente, a un processo nel qualevi fosse un aumento di entropia, ad esempiosciogliere dello zucchero in una tazzina di caffe`, efar sparire il risultato dellesperimento, nel nos-tro caso la tazzina con il caffe`, dentro al buconero. Con la scomparsa del corpo del reato, latazzina, sarebbe anche scomparso linformazioneche lentropia del sistema era aumentata.

    A Bekenstein la cosa parve molto interessante.

    I buchi neri erano, forse, in grado di sconvolgereanche una legge solida e sempre verificata comequella dellentropia? Forse cera modo, analiz-zando qualche parametro caratteristico del bu-

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    co nero, di risalire allinformazione perduta (latazzina del caffe` di cui sopra), salvaguardandola legge termodinamica.

    Ma anche questa riflessione non era supportatadai fatti, o meglio da quello che Wheeler, an-cora lui, ebbe modo di definire come il teore-ma dellassenza di peli. Nome davvero stranoper un teorema, nato come una congettura, percerti versi, assolutamente straordinario: lassen-za di peli diceva che della stella collassante ri-manevano come marchio di fabbrica solo la mas-sa, la carica e il momento angolare, cioe` i soliparametri che avrebbero caratterizzato la natu-ra del buco nero; tutte le altre informazioni por-tate dalla materia, i peli, sarebbero sparite persempre nel buco nero.

    6.3 Il teorema No Hair

    Verso la meta` degli anni sessanta, accanto alleriflessioni sulla natura delle singolarita`, i teoricierano anche impegnati a capire se le soluzionidi Schwarzschild e di Kerr- Newmann fosserole uniche possibili che descrivevano buchi nerinel vuoto. Si pensava ancora che lo stato fi-nale stazionario di una stella collassante sarebbedovuto dipendere da molti parametri, ossia datutti quelli che caratterizzavano le proprieta`della materia collassante. Ne risultava quindiuno stadio finale difficilmente prevedibile, vistalampia gamma di proprieta` che questa materiaavrebbe potuto avere. In altre parole, si sareb-bero potute trovare ben altre soluzioni rispetto aquelle che avevano come unici parametri carat-terizzanti, la massa il momento angolare e lacarica del buco nero.

    Ma nel 1967 Werner Israel mise in luce un teo-

    rema di grande rilevanza. Dalla relativita` gen-erale, come dimostro`, discendeva un fatto moltoimportante: tutti i buchi neri non rotanti era-no oggetti molto semplici, di forma sferica comesferica sarebbe dovuta essere la forma della ma-teria collassante che li aveva generati, e le soleproprieta` necessarie a caratterizzarli, e a dif-ferenziarli, erano la massa e la carica. Nien-taltro. Israel aveva dimostrato che potevanoesistere solo due tipi di buchi neri non rotan-ti: quelli di Schwarzschild e quelli di ReisnerrNordstrom.

    Il problema si presento` nel momento in cui siammise che trovare una stella perfettamentesimmetrica sarebbe potuto essere una richiestamolto poco fisica, difficile da trovare in natura.Penrose e Wheeler allora interpretarono il risul-tato di Israel in altra maniera; essi ipotizzaronoche la materia collassante avrebbe assunto for-ma a poco a poco sempre piu` sferica grazie alladissipazione dellenergia per mezzo delle ondegravitazionali. Il risultato finale sarebbe sta-to un buco nero stazionario di forma perfetta-mente sferica, indipendentemente dalla naturae dalle informazioni che la stella collassante nonrotante portava con se. Visto che a quel tem-po gia` si conosceva la soluzione di Kerr, rap-presentante dei buchi neri rotanti, si estese lacongettura di Wheeler in maniera tale che, se lastella collassante fosse stata in rotazione allorail suo stadio finale sarebbe stato un buco nerostazionario descritto dalla soluzione di Kerr, icui parametri caratterizzanti erano solo massa emomento angolare.

    Naturalmente quella di Wheeler era solo unacongettura, e di fatto cera solo il teorema di Is-rael del 1967. Il primo passo che innalzo` la con-gettura di Wheeler al rango di teorema, capito`nel 1970 quando Brandoon Carter dimostro` chese un buco nero avesse ruotato attorno a un assedi simmetria, allora le sue caratteristiche, for-ma e dimensioni, sarebbero dipese da due soliparametri, massa e velocita` di rotazione. Nel1973, David Robinson, sfruttando il lavoro diCarter e quello di Hawking del 1971 che di-mostrava la necessaria esistenza di questo assedi simmetria, giunse alla conclusione desidera-ta: questo buco nero non poteva altri che essere

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    quello descritto dalla soluzione di Kerr.

    Lardita congettura di Wheeler, era stata di-mostrata. E come tale innalzata al rango diteorema No Hair (niente capelli).

    Limportanza di questo teorema e` davveronotevole; esso restringe lo stadio finale di unastella collassante a sole quattro possibilita` eche sono le quattro soluzioni delle equazione diEinstein descriventi buchi neri, ossia:

    1) buco nero di Schwarzschild, non rotante enon carico di massa M 2) buco nero di Kerr,rotante non carico di massa M 3) buco nerodi Reisnerr-Nordstrom, di massa M, caricaQ non rotante 4) buco nero di Newmann, dimassa M, carica Q, rotante.

    Gli unici parametri che intervenivano a differen-ziare i buchi neri erano pertanto, massa, caricae momento angolare. Nulla di piu`. I buchi nerierano oggetti per certi aspetti davvero sempli-ci: se due di loro, ad esempio due non rotanti enon carichi, avessero avuto la stessa massa M,quei due buchi neri erano perfettamente identicied entrambi appartenenti alla categoria di buchineri di Schwarzschild di massa M.

    Wheeler stesso evidenzio` la portata del suo teo-rema, riprendendo la questione della conser-vazione del numero barionico. Ebbene, con ilteorema No Hair il principio di conservazionedei barioni non era piu` valido. Esso cessava di

    essere un parametro descrittivo dei buchi neri. Ilgrande numero di queste particelle in una massacollassante, una volta dentro il buco nero ces-sa di essere rilevante e non forniva piu` infor-mazioni specifiche per il buco nero. Lasserzionedi Wheeler era davvero sconvolgente.

    Negli anni successivi, fino alla fine degli anni80, molti ricercatori hanno provato ad attac-care peli a un buco nero, cercando di trovaresoluzioni dellequazione di Einstein che rappre-sentassero buchi neri muniti di informazioni ag-giuntive o, in termini tecnici, provarono ad ag-giungere campi alternativi cioe` che nuove parti-celle, come campi scalari, campi di gauge e cos`via. Di queste soluzioni ne furono anche trovate,ma nessuna di queste era stabile. Cio` significavache se si perturbava anche di poco il nuovo bu-co nero, questo perdeva le proprie caratteristichetrasformandosi in qualcosa di completamente di-verso. Insomma, niente a che vedere con gli im-perturbabili e stabili buchi neri di Schwarzschilde Kerr.

    Il teorema comunque e` a tuttoggi ancora forte-mente dibattuto, e non e` esclusa lipotesi chepossa essere modificato.

    7 La dinamica dei buchi neri

    Nel 1972 le conoscenze sui buchi neri avevanoraggiunto uno stadio piuttosto evoluto. I con-tributi di molti scienziati avevano permesso dicapire molte cose sulla dinamica di questi ogget-ti, tanto che alla fine Hawking, Carter e Bardeenpubblicarono un articolo di straordinaria im-portanza: Le leggi della meccanica del buconero.

    Le quattro leggi che formularono furono:

    Legge zero: In condizioni stazionarie la gravita`superficiale k di un buco nero e` la stessa in tuttii punti dellorizzonte.

    Prima Legge: in un buco nero, nella trasfor-mazione da uno stato a un altro vicino, lener-gia del sistema cambia di una quantita` pari allasomma di un termine di lavoro (che tiene contodel lavoro fatto per cambiare la rotazione del bu-co nero e del lavoro fatto sui campi di materia es-

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    ternamente a esso) e di un termine proporzionalealla variazione dellarea dellorizzonte.

    Seconda legge: in un qualsiasi processo fisi-co che si svolga in un sistema isolato lareadellorizzonte degli eventi non puo` mai diminuire

    Terza legge: e` impossibile portare con una suc-cessione finita di termini la gravita` di superficiek a un valore pari a zero.

    La gravita` superficiale e` una sorta di parametroche indica il valore di accelerazione che un os-servatore dovrebbe avere se volesse rimaneresospeso sopra lorizzonte (in realta` il suo val-ore sarebbe infinito ma con opportune consider-azioni e` possibile rinormalizzarlo a un valorefinito).

    Insomma, Hawking e compagnia avevano ap-pena detto come funzionavano i buchi neri.A qualcuno, non ultimo Hawking, non sfugg`il fatto che queste quattro leggi erano formal-mente identiche alle leggi della termodinamica,se si pensava di comparare la temperatura di uncorpo, la sua energia e la sua entropia rispet-tivamente alla gravita` superficiale, alla massa eallarea dellorizzonte di un buco nero.

    In uno dei suoi libri divulgativi piu` famosiHawking una quindicina di anni dopo avrebbericordato:

    Le proprieta` dellarea di un buco nero di nondiminuire mi ricordava molto da vicino il com-portamento di una proprieta` fisica chiamata en-tropia, la quale misura il grado di disordine diun sistema. (S. Hawking, A Brief History ofTime, 1988)

    Ma almeno in questa considerazione qualcunolo aveva preceduto. Fu Jacob Bekenstein adanticipare sconvolgenti intuizioni. Prima dellapubblicazione del lavoro di Hawking, Bardeene Carter, Bekenstein sugger` che lanalogia finoa quel momento solo formale tra dinamica deibuchi neri e termodinamica classica poteva es-sere piu` che una semplice coincidenza ma qual-cosa di molto piu` profondo se si fosse consideratala teoria quantistica dei campi. Allora, e solo al-lora, si poteva realmente pensare di identificarelarea di un buco nero con la sua entropia.

    Le considerazioni di Bekenstein erano maturate

    in seguito alle implicazioni del teorema No Haire della teoria dellinformazione: quando unaparticella cade dentro a un buco nero portacon se la sua informazione che pertanto, vistadal nostro universo, va perduta; ma secondola teoria dellinformazione, la perdita dellin-formazione comporta un aumento di entropia.Pertanto ci doveva essere unentropia associa-ta al buco nero. Bekenstein si spinse oltre ecerco` di misurare questo valore. Usufruendodi qualche suggerimento dato lui da Wheelervaluto` che lentropia era proporzionale allareadellorizzonte di un fattore di cui se ne pote-va dare una stima utilizzando il principio diindeterminazione di Heisemberg.

    Le motivazioni di Bekestein irritarono non pocoHawking e colleghi che non credevano affattoal connubio tra termodinamica e buchi neri,come lo stesso Hawking ricordera` nel suo libro aproposito dello storico articolo del 1972: Devoammettere che scrivendo tale articolo, ero mo-tivato in parte da una certa irritazione nei con-fronti di Bekestein, che secondo me aveva fat-to cattivo uso della mia scoperta dellaumentodellarea dellorizzonte degli eventi.

    Il motivo per il quale non si poteva credere chei buchi neri fossero anche oggetti termodinamiciera piuttosto semplice:

    ...la temperatura di un buco nero e` zero. Unmodo per rendersene conto e` notare che un buconero non puo` essere in equilibrio con una radi-azione di corpo nero a una temperatura diversada zero (Hawking, Bardeen, Carter, 1973)

    Ecco il grosso problema. I buchi neri non ave-vano temperatura! Ma proprio da Hawkingvenne la scoperta rivoluzionaria. Con grandegioia anche dello stesso Bekenstein, che non ave-va affatto digerito come le sue idee erano statetrattatte nellarticolo del 1972.

    8 I buchi neri evaporano

    Due anni dopo larticolo sulla dinamica deibuchi neri ci fu la grande svolta; la scopertasensazionale che getto` una luce nuova sullan-cora misterioso mondo dei buchi neri: Stephen

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    Hawking fu in grado di dimostrare che i buchineri emettevano energia di natura termica, esat-tamente come avrebbe fatto un corpo cal-do. I buchi neri avevano, realmente, una lorotemperatura e potevano addirittura evaporarecompletamente fino alla loro totale scomparsa.

    Hawking arrivo` al risultato applicando le leggidella meccanica quantistica a un campo grav-itazionale contenente un buco nero. Dimostro`che lemissione era di tipo termico con unatemperatura direttamente proporzionale allagravita` superficiale k :

    T= h k/ (2p Kc) dove

    h = costante di Plank K = costante diBoltzmann

    Una volta in possesso della temperatura, al buconero poteva anche essere associata unentropia,S, pari a

    S= AKc3/ (4 G h)

    dove

    G= costante di gravitazione universale.

    E importante sottolineare la presenza dellacostante di Planck h (si legge h tagliato),indice del fatto che siamo in presenza di unfenomeno puramente quantistico che non hanessun riscontro classico.

    Con semplici calcoli si poteva dimostrare che perun buco nero di Schwarzschild, lentropia eraproporzionale al quadrato della massa del bu-co nero mentre la temperatura era inversamenteproporzionale alla massa. In altre parole piu` ilbuco nero era piccolo e piu` era caldo.

    Il risultato di Hawking era frutto del sodaliziotra relativita` generale e meccanica quantisti-ca, in particolare con il principio di indetermi-nazione di Heisenberg. Secondo questo principionon e` possibile conoscere contemporaneamente,ad esempio, posizione e velocita` di una parti-cella. Piu` e` precisa la misura della velocita` diuna particella maggiormente incerta e` la sua po-sizione e viceversa. Un cosa simile accade peril valore di un campo e la sua variazione, chepossono essere paragonati alla posizione e allavelocita` di una particella. Una conseguenza diquesto strano comportamento, puramente quan-

    tistico, e` che il concetto di vuoto perde il suoclassico e naturale concetto. Se in una certa re-gione di spazio vi fosse il vuoto allora sarebberozero tutti i campi di materia e di energia in essopresenti, come il campo gravitazionale o quel-lo elettromagnetico; ma questo significherebbeche sarebbe possibile conoscere contemporanea-mente entrambi i valori prima descritti, ossia ilsuo valore in un punto e il suo tasso di vari-azione nel tempo. Entrambi sarebbero pari a ze-ro. E cio` non e` assolutamente possibile. Questosignifica che, in realta`, il vuoto e` un calderonedi particelle virtuali che si creano e si an-nichilano in tempi brevissimi. Poiche non sipuo` creare energia dal nulla, le coppie di par-ticelle che si creano e si distruggono sono in re-alta` coppie di particelle e corrispettive antipar-ticelle. Tali particelle sono virtuali perche nonpossono essere osservate. Ma, tuttavia, sono benmisurabili i loro effetti.

    A questo punto entra in gioco il buco nero.

    In prossimita` dellorizzonte degli eventi, puo`succedere che una delle componenti di ques-ta coppia, invece che annichilarsi con la suacontroparte, venga attirata dal buco nero eoltrepassi lorizzonte degli eventi senza riemerg-ere mai piu`, come ormai ben sappiamo. Privadella sua controparte, la particella libera puo`sfuggire ancora al buco nero ed essere rileva-ta lontano dal buco nero come particella reale.Un osservatore lontano avra` limpressione che laparticella sia stata emessa dal buco nero, mentrein realta` e` stata emessa nellintorno assai vici-no dellorizzonte degli eventi. La particella in-ghiottita, secondo la famosa legge E=Mc2, portadentro al buco nero una massa che va a sottrarsi

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    a quella del buco nero, che pertanto ridurra` lapropria massa, fino a diventare sempre piu` pic-colo. Man mano che il buco nero perde massa,diventa anche piu` caldo, aumentando il suo tas-so di irradiamento termico, fino a quando nonscomparira` del tutto. Il buco nero e` evapora-to completamente. E Hawking si conquisto` unposto nella galleria degli immortali del secolo.

    Poiche a questo punto un buco nero puo` assor-bire ed emettere radiazione puo` anche trovarsiin equilibrio con lambiente circostante, quindi lequattro leggi della dinamica dei buchi neri erano(sono) realmente leggi termodinamiche. Questoha permesso di enunciare una seconda legge ter-modinamica piu` generale, secondo la quale in unprocesso fisico che si svolga in un sistema isolatolentropia della materia e quella dei buchi nerinon puo` mai diminuire. In un certo senso, ibuchi neri avevano compiuto uno straordinariomiracolo, avevano riunito le leggi della meccani-ca quantistica, della relativita` generale (una teo-ria classica) e della termodinamica in una voltasola. Un risultato straordinario.

    Tuttavia avevano anche mostrato chiaramenteche i buchi neri non dovevano essere piu` con-siderati oggetti classici, ossia trattabili con leleggi della dinamica classica. Essi erano oggettiquantistici per i quali, per la loro completa de-terminazione, occorreva una teoria quantisticadella gravitazione. Se, infatti, era stato compiu-to un grandissimo passo in avanti verso la com-prensione di questi oggetti, era anche vero chequesto stesso passo apriva il campo a numerosedomande.

    Non ultimo il fatto che la radiazione fosse esat-tamente termica, cosa di cui si era certi, perchequesto tipo di radiazione lascia un marchio difabbrica facilmente riscontrabile. Secondo quan-to sostenne Hawking due anni dopo, nel 1976,questo fatto indicava che i buchi neri viola-vano le leggi di evoluzione dei sistemi quan-tistici, almeno secondo quanto fino ad allorasi sapeva. In particolare violavano il concet-to di unitarieta` dellevoluzione che, con pa-role rozze, garantiva il fatto che linformazionecontenuta in un sistema prima di un processofosse rintracciabile a processo ultimato. Nel-la fisica delle particelle, lunitarieta` e` un con-

    cetto fondamentale. Ma Hawking stava soste-nendo che questo concetto non era piu` appli-cabile a un buco nero. Linformazione che ilbuco nero cattura, asteroidi, stelle, particelle,luce, astronauti, non viene piu` restituita. Anziviene totalmente perduta perche a un certo pun-to il buco nero evapora completamente. Quelloche restituisce gradualmente e` solo radiazionetermica, dalla quale non si puo` ricavare alcu-na informazione. Lasserzione dello scienziatobritannic