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Dalla seconda rivoluzione industriale all’imperialismo Aspetti economici, tecnologici e sociali di un periodo di grande mutamento A cura di Fabio Mombelli Esame di licenza media – Anno scolastico 2011 – 2012 Prof.ssa Ratano

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Dalla seconda rivoluzione industriale all’imperialismo Aspetti economici, tecnologici e sociali

di un periodo di grande mutamento

A cura di Fabio Mombelli

Esame di licenza media – Anno scolastico 2011 – 2012

Prof.ssa Ratano

Indice

I caratteri generali Il luogo ………………………………………………………...……..........…….…… pag. 1 Il resto dell’Europa ….………………………………………………...…………. pag. 2

Aspetti economici

La crisi di sovrapproduzione ……………………………………...…...……. pag. 2 Protezionismo e liberismo ………………………………………..........…….. pag. 3 Trusts e cartelli …………………………………………………………..………... pag. 3

Aspetti tecnico – scientifici

Infrastrutture e mezzi di trasporto …………………………………...…... pag. 3 Le invenzioni e la tecnologia durante la Seconda

Rivoluzione industriale …………………………………………..........….…... pag. 4 Cambia il modo di lavorare …………………………………………….…...... pag. 5

Aspetti sociali

Le nuove classi sociali: borghesia e proletariato ………………......... pag. 5 Le condizioni di lavoro degli operai in fabbrica …………...……….... pag. 6 I partiti nella società di massa ……………………………………….......…. pag. 6 La società capitalista e la nascita del marxismo e del movimento anarchico ……………………………………………..……..…….. pag. 7 La modifica dei paesaggi rurale e cittadino ……………………...…..... pag. 8

Uno sguardo al resto del mondo

L’imperialismo …………………………………………………………………….. pag. 8 L’ascesa degli U.S.A. e del Giappone ed il declino europeo …........ pag. 9

Gli U.S.A. e l’età dell’oro ………………………………………..…….. pag. 9 Il Giappone ………….………………………………………………….…..pag.10

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LA SECONDA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE I CARATTERI GENERALI

Lo sviluppo della civiltà industriale nel secolo XIX fu contrassegnato dalla combinazione di due processi evolutivi complementari. Il primo consistette nel passaggio progressivo da un sistema di produzione caratterizzato dalla tecnologia del ferro e del carbone ad un’altra decisamente più avanzata e funzionale; il secondo fu invece caratterizzato dalla diffusione in molti Paesi del fenomeno produttivo industrializzato che non restò quindi un’esclusiva inglese . Queste furono le tre fasi successive del fenomeno: In particolare le ultime due fasi dell’industrializzazione vengono raggruppate ed identificate con il nome di Seconda rivoluzione industriale le cui cause furono una serie di scoperte scientifiche che diedero luogo alla nascita di nuovi settori come l’industria elettrica e quella chimica. Anche le infrastrutture furono radicalmente modificate con l’avvento del treno e della nave a carbone. Nondimeno furono rilevantissime le implicazioni sociali, ambientali, architettoniche e culturali che ne derivarono e che di seguito tratterò nel dettaglio; basti in questa premessa introduttiva ricordare che dagli anni ’50 le città industriali si espansero più rapidamente, gli alloggi dei lavoratori erano ammassati e le acque contaminate: ciò diede luogo ad una serie di epidemie come quelle di colera che decimarono parte della popolazione che, proprio in quel periodo, era raddoppiata. Dal 1870 avvenne, inoltre, una rivoluzione dal punto di vista sociale: la famiglia contadina del XVIII secolo si disgregò andando a vivere in città e costituendo così una delle maggiori percentuali della manodopera industriale.

IL LUOGO La Seconda rivoluzione industriale si diffuse, come peraltro la Prima, a partire dall’Inghilterra. Un insieme di fattori geografici, politici e sociali fece di questo Paese la prima nazione industriale: lo Stato vantava una quantità di porti affacciati sull’Atlantico, un solido commercio navale e poteva contare su un ampio mercato sia interno che d’oltremare. Le colonie britanniche fornivano materie prime e consumatori, così come la crescita della popolazione nella madre patria garantì una domanda costante.

Una locomotiva a vapore. Proletariato industriale. La campagna inglese durante la Seconda rivoluzione industriale.

1a FASE La prima fase di sviluppo si verificò in Gran Bretagna alla fine del secolo XVIII e viene denominata Prima rivoluzione industriale.

2a FASE A partire dal decennio 1860 – 1870 in Europa si verificò una crisi di sovrapproduzione alla quale si fece fronte con una serie di soluzioni come l’istituzione dei trusts.

3a FASE L’ultima fase di industrializzazione si situò alla fine del secolo XIX quando alcuni Paesi europei come la Russia, l’Italia, i Paesi scandinavi e, in estremo oriente, il Giappone avviarono un processo di radicale trasformazione industriale.

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IL RESTO DEL MONDO Nel periodo 1830 – 60 l’industrializzazione cominciò a diffondersi anche nei Paesi del continente europeo, a partire da quelli geograficamente più vicini alla Gran Bretagna (Belgio, Francia e Germania). Più tardivo fu lo sviluppo industriale di altri Paesi europei come l’Italia, i Paesi della Scandinavia, l’Impero austro – ungarico e la Russia. Di particolare importanza fu infine lo sviluppo industriale che avvenne negli ultimi decenni del XIX secolo negli Stati Uniti d’America e in Giappone.

LEGENDA

Città industriali Giacimenti di carbone

Regioni europee ad alta concentrazione industriale

Regioni industrializzate già nella prima metà dell’Ottocento

Regioni industrializzate attorno alla metà dell’Ottocento

Regioni industrializzate alla fine dell’Ottocento

ASPETTI ECONOMICI LA CRISI DI SOVRAPPRODUZIONE

La Seconda rivoluzione industriale fu caratterizzata da un susseguirsi di periodi di abbondanza e periodi di forte crisi di sovrapproduzione (con questo termine si indica una fase in cui l’industria si è sviluppata al punto da inondare il mercato con un eccesso di offerta di beni, superiore al volume della domanda e da cui consegue il brusco arresto della crescita industriale) che ciclicamente colpirono l’economia occidentale, provocando forti disagi che principalmente andarono a colpire gli strati più deboli della popolazione. Una delle crisi di sovrapproduzione più critiche e memorabili fu quella che colpì il continente europeo dal 1873 al 1875 le cui cause furono da ricondursi anche all’abbassamento dei costi dei trasporti e al conseguente arrivo di un’enorme massa di prodotti – soprattutto agricoli – da molti Paesi esteri tra i quali primeggiarono gli U.S.A. che si apprestavano a diventare potenza mondiale.

Lo sviluppo industriale cresce a ritmi troppo sostenuti e genera una eccessiva offerta

di beni.

Il mercato, che si dimostra incapace di assorbire quantità crescenti di prodotti, costringe le aziende a ridurre la produzione. L’arresto industriale genera chiusura delle fabbriche e

disoccupazione.

Si crea allora un diffuso malessere, dovuto all’incertezza che spinge gli imprenditori a non investire capitale e i consumatori a non fare acquisti.

Si apre il rischio della recessione, ossia del calo del livello produttivo, e dunque della ricchezza generale, che scende fino a trovare un nuovo punto di

equilibrio.

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PROTEZIONISMO E LIBERISMO Per far fronte al problema della crisi di sovrapproduzione si ricorse al protezionismo. Questo sistema commerciale prevedeva che ai prodotti provenienti dall’estero venissero applicate delle tariffe doganali assai pesanti in modo da alzarne il costo finale e favorendo così il prodotto nazionale. Con questi provvedimenti ogni Stato si assumeva il compito di proteggere l’industria nazionale dalla concorrenza degli altri Paesi, regolando gli squilibri dello sviluppo industriale. L’unica nazione che non adottò mai misure protezionistiche fu l’Inghilterra (soprattutto perché era lo Stato che più di altri esportava all’estero le proprie merci frutto della sua avanguardia tecnologico – industriale). Il liberismo economico è quella politica di mercato che si oppone al protezionismo, favorendo la concorrenza tra le industrie produttrici di uno stesso bene e dando quindi ai cittadini la possibilità di scegliere il prodotto più conveniente. Inoltre, l’aumento della concorrenza internazionale poteva stimolare le aziende ad aumentare la propria efficienza per poter stare al passo con le imprese estere.

TRUSTS E CARTELLI Un’altra misura che permise di fronteggiare la crisi di sovrapproduzione fu quella di accorpare le piccole industrie e le ditte fallite a quelle più grandi ed importanti ad un bassissimo prezzo. Così, negli ultimi decenni dell’Ottocento, nacquero gigantesche concentrazioni industriali, i monopoli, capaci di controllare interi settori produttivi e di far pesare la propria volontà sulle politiche economiche dei governi. In Germania e negli Stati Uniti si crearono i cosiddetti trusts o cartelli, ovvero concentrazioni di imprese che controllavano il mercato interno in settori decisivi come il carbone, l’acciaio ed il petrolio (come quello dei Rockefeller nella fotografia a destra).

ASPETTI TECNICO - SCIENTIFICI INFRASTRUTTURE E MEZZI DI TRASPORTO

Con le nuove scoperte nel campo della chimica e dell’elettricità (si vedano i paragrafi successivi) si svilupparono nuovi settori industriali che consentirono una profonda trasformazione dell’industria siderurgica già nata durante la Prima rivoluzione industriale. In particolare conobbe una crescita vertiginosa la produzione di acciaio che si ripercosse direttamente nella costruzione, o rifacimento, di poderosissime infrastrutture. L’utilizzo di questo nuovo materiale favorì la costruzione di ponti e ferrovie. Le prime linee ferroviarie furono progettate in Inghilterra e avevano come scopo il trasporto di merci voluminose, che poteva risultare difficile. Ben presto ci si accorse che anche il trasporto di persone poteva essere un’ottima fonte di denaro. In Italia, la prima linea ferroviaria costruita univa Napoli e Portici. La nascita del trasporto ferroviario procurò, inoltre, un gran numero di addetti al settore (circa 250.000 persone solo in Inghilterra). In parallelo allo spettacolare sviluppo delle reti ferroviarie vi fu l’epoca dei grandi trafori ferroviari che consentirono di attraversare la catena delle Alpi in vari punti (Frejus, 1870; Gottardo, 1882; Sempione, 1906). La seconda grande trasformazione nel campo dei trasporti riguardò la navigazione a vapore che consentì di trasportare ed esportare merci passando per il mare (anche se, quando venne messa in pratica, la capacità di contenimento di merci delle navi era fortemente ridotta a causa dell’enorme quantità di carbone che era necessario trasportare per utilizzare come combustibile). Fondamentale fu, nella storia del trasporto mondiale, l’inaugurazione dei canali di Suez (collegamento tra il mar Mediterraneo ed il mar Rosso), di Corinto (consente di evitare la circumnavigazione del Peloponneso), ma il traguardo supremo fu toccato nel 1914 con l’apertura del canale di Panama, nell’America centrale, che consentì il congiungimento dei due oceani Atlantico e Pacifico evitando la circumnavigazione del Sudamerica. Agli inizi del XX secolo, nel 1903, il primo aereo a motore costruito dai fratelli Wright si librò in volo per soli pochi secondi, furono pochi attimi ma destinati a modificare per sempre la concezione di trasporto e spostamento.

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Una locomotiva a vapore. Una nave a vapore. Il primo aereo a motore.

Per quanto riguarda il trasporto di carattere quotidiano, fu in questo periodo che vennero inventati e si diffusero la metropolitana, prima fra tutte quella di Londra inaugurata nel 1863, il tram elettrico, la bicicletta e l’automobile (la prima utilitaria a basso costo fu la modello T prodotta dalla Ford nel 1909).

Una stampa della stazione metropolitana di Baker Street a Londra.

Uno dei primi tram elettrici italiani.

La Ford modello T.

LE INVENZIONI E LA TECNOLOGIA DURANTE LA SECONDA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE Nulla simboleggia l’avvento della Seconda rivoluzione industriale più dell’elettricità. L’esistenza dell’elettricità (intesa nel senso ampio di produzione e distribuzione di energia) era già nota nel Settecento; ma fu tra il 1860 ed il 1880 che una serie di studi e di esperimenti, compiuti fra l’Europa e gli Stati Uniti, portò alla messa a punto di un sistema di congegni che permise di produrre energia elettrica a basso costo e di metterla a disposizione tanto dell’industria quanto della popolazione civile. Dall’impiego dell’energia elettrica derivarono una serie di tecnologie in grado di utilizzarla. Prima fra tutte la lampadina inventata nel 1878 da Edison. Altre importanti scoperte furono il telefono (prodotto per la prima volta nel 1871 dall’operaio italiano Antonio Meucci) ed il grammofono. La seconda importante fonte di energia fu il petrolio che divenne il combustibile utilizzato su larga scala grazie ad alcune fondamentali invenzioni: il motore a scoppio perfezionato nel 1885 dagli scienziati tedeschi Daimler e Benz ed il motore Diesel brevettato nel 1892 dall’omonimo ingegnere. Nel frattempo avvenne un vero e proprio decollo dell’industria chimica che riuscì, attraverso un processo di fusione a basso costo, a soppiantare l’uso della ghisa con l’uso dell’acciaio avente migliori caratteristiche e maggiore lavorabilità. Il chimico belga Solvay mise a punto un processo per produrre industrialmente il carbonato di sodio, o soda, sostanza utilizzata nella produzione di vetro, detergenti e vari prodotti chimici. L’industria chimica diede, inoltre, un nuovo importante impulso all’industria tessile mediante la scoperta di coloranti artificiali decisamente meno cari di quelli naturali. Anche il settore agricolo venne profondamente innovato grazie anche alle scoperte del chimico tedesco Liebig che scoprì le sostanze necessarie alla nutrizione delle piante dando il via alla produzione di fertilizzanti artificiali e letame.

Antonio Meucci Thomas Alva Edison Rudolf Diesel Ernest Solvay

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CAMBIA IL MODO DI LAVORARE Tutte le innovazioni tecnologiche citate nel precedente paragrafo comportarono una riorganizzazione complessiva del lavoro nelle industrie. Anzitutto le fabbriche diventarono sempre più grandi, anche con migliaia di operai, ed i tempi di lavorazione furono sempre più determinati dalle macchine. Nella grande fabbrica di fine Ottocento, le macchine erano collegate tra loro formando un unico sistema meccanico interconnesso detto anche catena di montaggio. Il lavoro degli operai dovette sempre più adattarsi a questo meccanismo complesso e perfettamente sincronizzato; in sostanza si può dire che gli operai erano diventati appendici delle macchine. Per coordinare al meglio il lavoro umano e quello delle macchine, ovvero per aumentare la produttività, si affermò un nuovo tipo di organizzazione del lavoro. L’introduzione della catena di montaggio rese il lavoro operaio più ripetitivo, permise di utilizzare manodopera poco specializzata ed a basso costo e determinò l’inizio della produzione in serie. I più importanti artefici della riorganizzazione scientifica del metodo di lavoro e della sua applicazione furono, sul piano teorico, Taylor e, dal punto di vista imprenditoriale, Henry Ford. Quest’ultimo, in particolare, fu amministratore dell’omonima casa automobilistica sita a Detroit (U.S.A.) e, nella sua autobiografia, troviamo esplicitata la seguente frase, emblema di quanto appena avanzato:

«Il risultato netto dell’applicazione di questi principi è la riduzione della necessità di pensare da parte dell’operaio e la riduzione al minimo dei suoi movimenti. Per quanto possibile, l’operaio fa soltanto una cosa con un unico movimento.»

Frederick Taylor Chaplin nella sua famosissima allegoria dell’operaio

schiavizzato dalla catena di montaggio. Henry Ford

ASPETTI SOCIALI LE NUOVE CLASSI SOCIALI: BORGHESIA E PROLETARIATO

La seconda metà del XIX secolo vide in Europa e negli Stati Uniti l’affermazione del sistema economico industriale capitalistico e quindi delle classi borghesi. Contemporaneamente, però, si pose, a volte in modo drammatico, la “questione sociale”, cioè il problema delle condizioni di vita e di lavoro degli operai e delle classi lavoratrici in generale. In particolare emersero due nuove classi sociali: la borghesia industriale costituita dagli imprenditori e il proletariato composto dagli operai, ovvero da coloro “che possedevano solo la propria prole”. I borghesi industriali erano coloro che si dedicavano esclusivamente alla conduzione delle fabbriche di cui erano proprietari. In tal modo divennero assai abbienti anche se a lungo restarono esclusi dal potere politico che non si era aggiornato rispetto al passato e quindi al tempo dell’Antico regime. Non a caso anche in un Paese evoluto come l’Inghilterra, il diritto di sedere nel parlamento elettivo rimase sino al 1832 ad esclusivo appannaggio dell’aristocrazia terriera. Forti della loro ricchezza, i borghesi finirono con il trasformare anche urbanisticamente i grandi centri industriali insediando di fatto le proprie abitazioni all’interno di veri e propri quartieri borghesi che si caratterizzavano per la loro centralità, la disponibilità di ampi servizi e la ricerca di originalità costruttiva. Anche il proletariato industriale cresceva numericamente con grande velocità. Si trattava di una classe sociale nuova, che si differenziava nettamente da quella impiegata nelle tradizionali attività artigianali urbane. Gli operai presenti nei maggiori Paesi industrializzati vivevano in condizioni economiche e sanitarie assai precarie: la lunghezza dell’orario di lavoro, l’assenza di efficaci tutele sulla salute, i salari bassi e le abitazioni insalubri spingevano la classe operaia a reclamare condizioni di vita migliori. I loro quartieri

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erano situati in prossimità delle industrie ed erano costituiti da una lunga serie di piccole case tutte uguali, sovraffollate, servite da strade non lastricate e spesso prive di fognature. Questa promiscuità e la mancanza di igiene furono i motivi principali del diffondersi delle numerose epidemie di colera.

Proletariato industriale. Donne al lavoro in fabbrica. Il quarto stato di G. Pelizza da Volpedo.

LE CONDIZIONI DI LAVORO DEGLI OPERAI IN FABBRICA Come anticipato nel paragrafo precedente, gli operai erano costretti a lavorare in maniera assolutamente insalubre e quindi in condizioni di grave malsanità e di assenza di qualsiasi norma di tutela. In Inghilterra, il diritto di sciopero fu riconosciuto lentamente e gradualmente e il lavoro delle donne e dei bambini venne in alcuni casi proibito ed in altri limitato notevolmente. Un’altra causa che generava un forte malcontento all’interno della classe operaia era la lunghezza dell’orario di lavoro che, solo nel 1847, fu portata a dieci ore. Nell’Impero Tedesco fu istituito il primo vero sistema di sicurezza che garantiva un’assicurazione, una sovvenzione in caso di malattia ed una pensione in caso di invalidità o vecchiaia.

I PARTITI NELLA SOCIETA’ DI MASSA Nella seconda metà del XIX secolo le masse acquisirono un luogo sempre più importante all’interno delle società dei Paesi industrializzati dell’Occidente, sia dal punto di vista economico, che da quello politico. Fu questo il contesto che portò alla nascita dei partiti di massa. Nella società di massa operai e contadini avevano pertanto un ruolo sempre più determinante nella vita economica, sociale e politica: per questo le loro rivendicazioni nei confronti delle classi agiate ebbero lento ma graduale successo, garantendo il riconoscimento di sempre più ampi diritti civili. Le prime organizzazioni operaie non avevano programmi a lungo termine, ma obiettivi immediati e concreti. In realtà c’erano stati intellettuali e filosofi che avevano elaborato teorie dette socialiste, cioè che sostenevano i principi di uguaglianza e di emancipazione sociale, tra questi vanno certamente ricordati i seguenti pensatori utopisti dei quali, attraverso una tabella riassuntiva, cito le caratteristiche principali

Conte di Saint Simon Louis Blanc Robert Owen P. Joseph Produon Luogo: Francia; Idee: società gestita dagli

imprenditori; Idee: benessere comune.

Luogo: Francia; Idee: le macchine utensili

di proprietà statale.

Luogo: Inghilterra; Idee: condanna dello

sfruttamento di donne e bambini;

Idee: gli operai come gestori di ciò che producevano.

Luogo: Francia; Idee: salvaguardia della

piccola produzione artigianale.

I primi partiti moderni furono i partiti socialisti, che esprimevano soprattutto gli interessi della classe operaia. Anche i cattolici si organizzarono in moderni partiti di massa e raccolsero, specialmente in Italia ed in Germania, il voto dei contadini e della piccola borghesia cittadina. A loro volta le forze liberali dovettero trasformarsi per non restare escluse dai parlamenti; nacquero così i moderni partiti liberali capaci di raccogliere il consenso elettorale non soltanto dagli industriali e dagli agrari, ma anche dalla media borghesia.

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LA SOCIETA’ CAPITALISTA E LA NASCITA DEL MARXISMO E DEL MOVIMENTO ANARCHICO La società profondamente ingiusta di quel periodo viene definita capitalista in quanto basata sulla ricerca del profitto individuale, cioè del guadagno che ogni singolo borghese – in quanto detentore di capitale - poteva ottenere, senza la minima considerazione dei bisogni della maggioranza della popolazione. Fra le molte analisi critiche del capitalismo, va certamente citato il Manifesto del partito comunista pubblicato nel 1848 dai pensatori tedeschi Karl Marx e Friederich Engels in cui si sosteneva che tutta la storia dell’umanità era attraversata da conflitti tra le classi: padroni e schiavi nel mondo antico; feudatari e servi della gleba nel Medioevo; aristocratici e borghesi nell’età moderna; borghesi e operai nella società capitalistica. Ogni volta, lo scontro terminava con la vittoria di una classe sull’altra e con l’inizio di una nuova fase storica. Anche il capitalismo, secondo Il Manifesto, sarebbe terminato con la vittoria della classe operaia, che avrebbe dato vita ad una società diversa e migliore, basata sull’uguaglianza: il comunismo. Il socialismo marxista non fu l’unica teoria politica ad avere seguito tra i lavoratori. Dopo il 1860 emerse un’altra dottrina, l’anarchismo, elaborata soprattutto dal russo rivoluzionario Michail Bakunin. Gli anarchici rifiutavano ogni principio di autorità e di organizzazione statale, perché sostenevano che proprio da queste strutture accentratrici nasceva ogni oppressione e ingiustizia sociale. Questi ideali sfociarono nel terrorismo. Nel 1864 venne fondata a Londra l’Associazione Internazionale dei Lavoratori, nota anche come Prima Internazionale - il cui motto incitava gli operai di tutto il mondo ad unirsi, da qui l’aggettivo Internazionale - con lo scopo di collegare le organizzazioni operaie esistenti in Europa e di potenziarne le capacità di lotta. La sua esistenza fu significativa, ma i conflitti interni ne causarono il fallimento soprattutto dopo l’espulsione degli anarchici nel 1872 ed il suo scioglimento nel 1876. Una decina d’anni più tardi, nel 1889, nacque la Seconda Internazionale i cui ideali erano però più astratti e lontani da raggiungere.

Karl Marx, massimo esponente della filosofia socialista.

Michail Bakunin, massimo esponente della filosofia anarchica.

Documento con il motto della Prima Internazionale.

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LA MODIFICA DEI PAESAGGI RURALE E CITTADINO Dal punto di vista della fisionomia dei luoghi, questi si modificarono profondamente nel corso della Seconda rivoluzione industriale. Infatti nel corso dell’Ottocento anche l’agricoltura beneficiò degli effetti della meccanizzazione: furono introdotte le prime macchine agricole e, grazie alle scoperte della chimica, i primi fertilizzanti. L’utilizzo di queste nuove tecniche e di questi nuovi mezzi fece crescere considerevolmente il rendimento dei raccolti e rese evidente il divario tra Paesi con agricolture sviluppate e Paesi con agricolture che usavano ancora tecniche tradizionali. Le città si presentavano invece come punto di confluenza di moltitudini di persone che venivano assorbite dai sempre più numerosi opifici industriali. Dalla presenza di queste fabbriche derivava anche la grandissima edificazione pertinenziale conseguente (villaggi operai, infrastrutture, vie d’accesso) che sconvolse l’assetto urbano ed architettonico cittadino.

UNO SGUARDO AL RESTO DEL MONDO L’IMPERIALISMO

Abbiamo parlato della crisi di sovrapproduzione e della conseguente necessità di allargare il mercato per far sì che la minore quantità di prodotti rimanesse invenduta: i mercati nazionali delle potenze industriali erano infatti divenuti troppo piccoli per assorbire la grande quantità di merci prodotte. Per attuare questo progetto, gli Europei si lanciarono, dal 1870 sino allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, in una nuova corsa alle colonie che viene chiamata Imperialismo. In Europa questo fu un periodo di pace assoluta dato che le guerre di conquista si combatterono solo nelle colonie rappresentate per lo più dai Paesi africani e da parte di quelli asiatici. Lo scopo dell’Imperialismo fu quindi la ricerca di nuovi mercati dove poter comprare materie prime a basso costo e rivendere i prodotti finiti lavorati nella madre Patria con metodologie industriali. Per presentare questa nuova impresa coloniale all’opinione pubblica, i governi dei Paesi colonizzatori adottarono una serie di giustificazioni assai puerili e che tutt’ora sono alla base delle scuse che gli Stati prevaricatori continuano ad utilizzare nell’invadere altre Nazioni; a quei tempi si parlò di missione di civiltà che i superiori Europei dovevano compiere presso le popolazioni selvagge la cui cultura era considerata inferiore. Di seguito riporto le maggiori potenze europee e i loro possedimenti coloniali.

Inghilterra Francia Germania Italia Canada Australia Nuova Zelanda Birmania Malesia Hong Kong India Pakistan Egitto Sudan Somalia Kenya Rhodesia Sudafrica

Algeria Senegal Costa d’Avorio Tunisia Congo Benin Madagascar Laos

Togo Camerun Africa sud

occidentale Africa

orientale

Somalia italiana

Eritrea Libia che verrà

conquistata nel 1911 sotto il Governo Giolitti insieme al Dodecaneso.

Imperialismo

Cause economiche e politiche

controllo delle materie prime; ricerca di nuovi mercati; politica di potenza.

Giustificazioni

missione civilizzatrice; sbocco migratorio all’eccesso

di popolazione.

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Impero coloniale britannico Colonie portoghesi Impero coloniale francese Colonie belghe Colonie italiane Colonie olandesi Colonie tedesche Colonie spagnole Sulla carta sono colorate di verde scuro anche le colonie del Giappone, di cui si parlerà in un paragrafo successivo.

L’ASCESA DEGLI U.S.A. E DEL GIAPPONE ED IL DECLINO EUROPEO A partire dalla seconda metà dell’Ottocento si assistette all’affermazione di due nuove potenze che tutt’oggi rappresentano importanti poli economici: gli Stati Uniti e il Giappone. L’emergere di questi due Paesi segnò l’inizio del declino del potere europeo a livello mondiale che, dopo la Seconda Guerra Mondiale, si concluse con la decolonizzazione.

GLI U.S.A. E L’ETA’ DELL’ORO Lo sviluppo economico statunitense fu molto simile a quello europeo: esso partì, infatti, dall’iniziativa individuale e fu favorito dall’abbondanza di manodopera costituita dagli immigrati provenienti da tutta l’Europa (basti pensare che nel 1900 l’80 % della popolazione newyorkese era composta da immigrati o figli di genitori nati all’estero e ciò comportò la nascita di nuovi quartieri atti ad ospitare le diverse etnie presenti sul territorio, primo fra tutti Little Italy nella fotografia accanto). Negli U.S.A. nacque, quindi, il più grande mercato interno e la più grande capacità produttiva del mondo superando la produzione industriale della Gran Bretagna e diventando la prima potenza economica. Le strategie imprenditoriali portate avanti da personaggi di assoluto rilievo (come Ford) e le efficienti infrastrutture (come la Ferrovia Trascontinentale statunitense che collegava New York a San Francisco) fecero vivere agli Stati Uniti un periodo di eccezionale sviluppo economico che venne denominato Età dell’oro che culminò con le imprese coloniali in America Latina e nei Caraibi.

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IL GIAPPONE L’industrializzazione giapponese, tanto rapida quanto efficace, fu guidata, al contrario di quanto accadde negli altri Paesi, dal governo e fu determinata dall’incontro tra le antiche tradizioni giapponesi ed il mondo occidentale che si stava innovando ed industrializzando. L’imperatore giapponese Mutsuhito, dopo aver effettuato importanti riforme in campo socio – politico, avviò un processo di privatizzazione delle industrie e fondò la Banca Nazionale adottando come moneta lo yen. Vennero inoltre favorite le assunzioni di tecnici esterni e vennero diffuse in modo capillare la preparazione e l’istruzione tecnico – professionale. Tutto ciò ebbe delle conseguenze sull’inasprimento delle tasse e portò ad un raddoppiamento della popolazione con un derivante peggioramento delle condizioni di vita delle masse rurali ed un parziale esaurimento delle materie prime. Il Giappone fu protagonista, inoltre, di una ridotta avventura coloniale in Taiwan, in Corea ed in Manciuria.

Fotografia di Mutsuhito. Scene del conflitto russo –

giapponese che scaturì dalle ambizioni imperialistiche giapponesi.

Le conquiste giapponesi.