100
“Due topolini caddero in un secchio pieno di panna. Il primo topolino si arrese subito e annegò, il secondo topolino non voleva mollare si sforzò a tal punto che alla fine trasformò quella panna in burro, e riuscì a saltar fuori. Signori da questo momento io sono quel secondo topolino!” Dal film “Prova a prendermi” di Steven Spielberg. Dedicata ai miei Genitori: GRAZIE, per avermi insegnato ad essere quel secondo topolino.

Dedicata Genitori · CORSO DI LAUREA IN FISIOTERAPIA CORSO INTEGRATO DI ... L’obiettivo della tesi è quello di verificare se il trattamento con K‐Active

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“Due topolini caddero in un secchio pieno di panna. Il primo topolino si arrese subito e annegò, il secondo topolino non voleva mollare si sforzò a tal punto che alla fine 

trasformò quella panna in burro, e riuscì a saltar fuori.  Signori da questo momento io sono quel secondo topolino!” 

Dal film “Prova a prendermi” di Steven Spielberg.     

Dedicata ai miei Genitori: GRAZIE, per avermi insegnato ad essere quel secondo topolino. 

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MESSINA DIPARTIMENTO DI NEUROSCIENZE

CORSO DI LAUREA IN FISIOTERAPIA

CORSO INTEGRATO DI

METODOLOGIE E TECNICHE DELLA RIABILITAZIONE

TESI DI LAUREA

Studio sugli effetti a breve e medio termine

dell’applicazione del K-Active Taping

su un gruppo di giocatrici professioniste di basket

Candidata Relatore

Liliana Praticò Dott. Filippo Cavallaro

Matr. 405740

Correlatore

Dott. Filippo Zanella

____________________________________

ANNO ACCADEMICO 2012/2013

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RINGRAZIAMENTI 

 

Desidero  innanzitutto  ringraziare  il  Dott.  Filippo  Cavallaro  per  gli 

insegnamenti unici, per la fiducia in me riposta durante i tre anni del corso di 

laurea  e per  l’entusiasmo  con  cui ha  sposato  fin da  subito  il mio  studio di 

ricerca. Ringrazio  il Dott. Filippo Zanella che mi ha guidata nel mondo del K‐

Active  Taping  durante  la  stesura  di  questo  lavoro.  Un  “ringraziamento 

speciale”  lo  rivolgo  al  Dott.  Pasquale  Furfari  e  alla  Dott.ssa  Anna  Maria 

Balestrieri  per  avermi  supportata  e  sopportata,  con  esperienza  infinita, 

preziosi  consigli  e  strumenti  all’avanguardia  nelle  fasi  cruciali  di  redazione 

della tesi. Intendo ringraziare, ancora, la K‐Active Taping Italia, sottolineando 

la particolare disponibilità del Dr. Gregor Comploi e  la Prosomed per avermi 

fornito  testi, dati e materiali  indispensabili per  la realizzazione della ricerca. 

Grazie  a  BTS  Bioengineering  e  Fast  Therapies  per  aver  sostenuto  l’intero 

studio.  Ancora,  vorrei  esprimere  la  mia  sincera  gratitudine  alla  società 

Olympia 68 Reggio Calabria, al  suo Presidente Avv. Pasquale Melissari e  in 

particolare  a  Fabiana  e  Ilenia,  per  essere  state  compagne  di  viaggio  ideali 

senza le quali questo sogno non si sarebbe mai concretizzato. Infine, sento il 

desiderio di ringraziare con affetto i miei genitori e i miei fratelli, per il grande 

sostegno  che  mi  hanno  costantemente  offerto  durante  il  mio  difficile 

percorso  ed  in particolare Basilio,  i miei  amici  e  colleghi, per  essermi  stati 

vicini durante questo anno di lavoro. 

 

… Grazie a tutti di cuore 

Liliana 

 

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INDICE GENERALE PER CAPITOLI 

 

RINGRAZIAMENTI…………………………………………………………………………………3 

INDICE GENERALE PER CAPITOLI …………………………………………………………4 

INDICE PER CAPITOLI E ARGOMENTI……………………………………………………5 

ABSTRACT ……………………………………………………………………………………………7 

CAPITOLO 1: Introduzione ………………………………………………………………..…8 

CAPITOLO 2: Il Kinesiology Taping ……………………………………………….……10 

CAPITOLO 3: La traumatologia nel basket …………………………………………35 

CAPITOLO 4: E.N.F. Physio …………………………………………………………..……48 

CAPITOLO 5: G‐Walk and G‐Jump *BTS ……………………………………….……55  

CAPITOLO 6: Materiali e metodi ………………………………………………….……61 

CAPITOLO 7: Risultati ………………………………………………………….……….……82 

CAPITOLO 8: Discussione ……………………………………………………….…….……88 

CAPITOLO 9: Conclusioni …………………………….……………………………….……96 

BIBLIOGRAFIA ……………………………………………………………..……………….……97 

SITOGRAFIA ……………………………………………………………………………….……100 

 

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INDICE PER CAPITOLI E ARGOMENTI 

 

Capitolo 1: INTRODUZIONE …………………………………………………………..…8 

Capitolo 2: IL KINESIOLOGY TAPING …………………………………………..….10 

2.1 Accenno di storia del Tape Kinesiologico 

2.2 Caratteristiche del materiale K‐Active Tape 

2.3 Differenza tra bendaggio funzionale e Tape Kinesiologico 

2.4 Campi di applicazione 

2.5 Controindicazioni ed effetti indesiderati 

2.6 Effetti del K‐Active Tape 

2.7 Tagli e forme di applicazione 

2.8 Regole e tecniche di applicazione K‐Active 

Capitolo 3: LA TRAUMATOLOGIA NEL BASKET ………………………….….35 

3.1 Studi e ricerche 

3.2 Principali distretti interessati (traumatologie frequenti) 

Capitolo 4: E.N.F. PHYSIO ……………………………………………………..…..….48 

4.1 Confronto tra ENF e le altre elettroterapie 

4.2 Implementazione della CAR nell’ENF 

4.3 Caratteristiche d’uso dell’ENF 

Capitolo 5: G‐WALK AND G‐JUMP *BTS …………………………………….….55 

5.1 BTS G‐Walk 

5.2 BTS G‐Jump 

Capitolo 6: MATERIALI E METODI ……………………………………….…….….61 

  6.1 Scopo dello studio 

6.2 Descrizione del campione 

  6.3 Raccolta dati anamnestica 

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  6.4 Gruppi sperimentali 

  6.5 Scale e strumenti di misurazione utilizzati 

6.6 Descrizione delle applicazioni utilizzate 

Capitolo 7: RISULTATI ………………………………………………………………….….82 

  7.1 Valutazione clinica 

  7.2 Valutazione strumentale 

Capitolo 8: DISCUSSIONE …………………………………………………….………….88 

Capitolo 9: CONCLUSIONI …………………………………………………..……….….96 

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ABSTRACT 

INTRODUZIONE: Gli  effetti  del  K‐Active  Taping  rappresentano  un  argomento 

parzialmente  inesplorato  al  di  fuori  dell’efficacia  su  dolore,  libertà  di 

movimento (ROM), attività muscolare ed attività linfatica. 

SCOPO DELLO STUDIO: Verificare  l’efficacia di trattamento con K‐Active Taping 

su un gruppo di atlete professioniste di basket introducendo nella valutazione 

tradizionale nuove metodiche e test di valutazione (G‐Walk and G‐Jump *BTS 

e ENF Physio). Ciascun gruppo sperimentale funge da gruppo di controllo per 

il gruppo opposto. 

MATERIALI  E METODI:  Sono  state  valutate  3  giocatrici  con  problematiche  di 

ginocchio  (età media:  21.3,  DS:  2.31)  e  2  giocatrici  con  problematiche  di 

caviglia  (età media: 21.5, DS: 2.12). Tutte  le atlete  sono  state  sottoposte a 

valutazione  clinica  approfondita  e  valutazione  strumentale  con  scansione 

digitale  (ENF  Physio),  valutazione  dei  parametri  spazio‐temporali  del  passo 

(G‐Walk  *BTS)  e  test  specifici  di  salto  (G‐Jump  *BTS).  Ogni  atleta  è  stata 

trattata  con  l’applicazione  di  K‐Active  Taping  nel  distretto  articolare 

sofferente. 

RISULTATI:  Con  la  scansione  digitale  è  stata  rilevata  una  diminuzione 

dell’impedenza nel distretto articolare trattato e nel distretto articolare non 

trattato  (caviglia),  e  una  diminuzione  dell’impedenza  nell’emisoma  trattato 

rispetto al peggioramento dell’emisoma non trattato. Nel gruppo trattato al 

ginocchio  è  stato  rilevato  un miglioramento  della  coordinazione  a  scapito 

dell’elasticità, mentre nel gruppo  trattato alla  caviglia è  stato  registrato un 

miglioramento di entrambi i parametri di riferimento. 

CONCLUSIONI:  Il  K‐Active  Taping  potrebbe  occupare  un  ruolo  di  grande 

interesse  nella  presa  in  carico  del  Basketball‐Player  con  disfunzione  di 

ginocchio  o  caviglia,  considerandolo  un  valido  alleato  sia  nella  fase  di 

allenamento che durante la competizione.

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CAPITOLO 1 

INTRODUZIONE 

 

Negli ultimi anni l’utilizzo del Tape Kinesiologico si è imposto in maniera 

considerevole nel contesto della riabilitazione in generale.  

Muove  i primi passi nell’ambito sportivo, settore nel quale si hanno  le 

primissime applicazioni, come nella pallavolo. Oggi, grazie alla nascita di 

numerose Scuole di formazione atte alla diffusione delle varie tecniche 

di applicazione,  il Kinesiology Taping è diventato un metodo utilizzato 

durante  il  lavoro  clinico  da  medici  e  fisioterapisti,  quale  aggiunta  e 

supporto al trattamento riabilitativo in campo neurologico, ortopedico, 

pediatrico,  ginecologico.  Come  ogni  terapia  relativamente  recente,  le 

basi scientifiche che fino ad oggi attestino l’effettiva efficacia del Taping 

Kinesiologico non sono ancora chiare.  

In letteratura sono attualmente presenti studi che dimostrano l’efficacia 

del tape per dolore, libertà di movimento (ROM), attività muscolare ed 

attività linfatica. 

L’obiettivo della tesi è quello di verificare se il trattamento con K‐Active 

Taping produca risultati statisticamente significativi  introducendo nella 

valutazione tradizionale nuove metodiche e test di valutazione (BTS G‐

Walk and G‐Jump e ENF).  

Ho  iniziato  a  lavorare  sulla mia  tesi  dopo  aver  partecipato  al  “Corso 

base  K‐Active  Taping”  organizzato  dalla  K‐Active  nella  mia  città 

nell’ottobre  ’12. Con  l’aiuto dei miei Relatori ho  scelto  l’ambito  in  cui 

realizzare  la  ricerca,  la  pallacanestro,  sport  che  mi  ha  coinvolta  da 

sempre, in passato come atleta, tutt’oggi come Ufficiale di Gara. 

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Il  disegno  originario  dello  studio  prevedeva  il  trattamento  di  una 

squadra  di  pallacanestro  femminile  della  mia  città  impegnata  in  un 

campionato di A2 per  la durata di  tutto  il campionato. Dopo  le prime 

valutazioni e applicazioni, per cause di forza maggiore non preventivate 

né preventivabili, non mi è stato possibile portare a  termine  lo studio 

nelle modalità e nei tempi inizialmente programmati.  

Nonostante  tutto,  spinta  soprattutto  dal  mio  relatore,  Prof.  Filippo 

Cavallaro, ho deciso di continuare  il  lavoro sperimentale prendendo  in 

esame 5 atlete valutandole e trattandole per un periodo di tempo più 

ristretto (T0, T7, T14) rispetto a quanto pianificato in partenza. 

Tra  le  tante cose che ho appreso  in questi 3 anni  trascorsi nel mondo 

della riabilitazione, ho imparato che una grande pecca dei fisioterapisti 

è  quella  di  “scrivere  poco”,  di  non  rendere  pubbliche  le  esperienze 

cliniche, anche quelle che non hanno evidenziato i risultati da noi attesi. 

È  inusuale  trovare  in  letteratura  scientifica  lavori  che  descrivano  gli 

ostacoli  incontrati durante  il percorso di un trattamento riabilitativo, si 

preferisce  magari  cambiare  argomento,  cambiare  le  modalità,  o 

semplicemente  citare  il  punto  di  partenza  e  il  punto  d’arrivo  della 

nostra esperienza, senza menzionare gli intoppi incontrati. 

Per  questo  motivo  ho  preferito  continuare  a  trattare  l’argomento 

scelto, descrivendo l’idea di partenza e il percorso che mi ha portato ad 

accrescere le conoscenze scientifiche sul Tape Kinesiologico. 

 

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10 

CAPITOLO 2 

IL KINESIOLOGY TAPING 

 

La storia dei bendaggi con scopi  terapeutici  risale ai  tempi dei Greci e 

dei  Romani  con  il  ben  noto  canto  dell’Iliade,  in  cui  Achille  benda  il 

braccio  e  le  ferite  di  Patroclo.  Si  definisce  bendaggio  o  fasciatura 

un’applicazione  di  bende  o  fasce  sopra  una  zona  traumatizzata  per 

limitarne  i danni e favorire un’eventuale guarigione. Negli ultimi trenta 

anni  varie  tecniche  di  bendaggio  anelastico  ed  elastico  sono  state 

sviluppate  in  diverse  parti  del  mondo,  ma  all’origine  di  queste 

metodiche rimane sempre  la compressione e  la stabilizzazione dei vari 

punti del corpo. Risalgono,  invece, agli anni Settanta  le nuove tecniche 

di kinesiology  taping, ossia  l’applicazione di un nastro adesivo elastico 

con  diversi  livelli  di  tensione  che  dava  sempre  uno  stimolo  di  tipo 

compressivo  atto  a  fornire  un’assistenza  esterna  ai  muscoli  e  che 

trovava  applicazione,  soprattutto,  in  ambiente  sportivo.  Per  il  primo 

decennio,  gli  ortopedici,  i  fisioterapisti  e  gli  agopuntori  sono  stati  i 

maggiori  utilizzatori  di  questa  tecnica.  Successivamente  la  tecnica  è 

stata  applicata  ai  giocatori  olimpionici  di  pallavolo  in  Giappone  e  la 

novità si è diffusa ben presto anche tra gli altri atleti. Oggi, è accettata 

dai praticanti medici e dagli atleti in Giappone, Stati Uniti, Europa e Sud 

America, oltre che negli altri Stati asiatici. Attualmente  il 75% del tape 

kinesiologico è usato da non atleti.  

  

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11 

2.1 Accenno di storia del Tape Kinesiologico 

 

Negli  anni  ’70  il  chiropratico  giapponese  Dr. Murai  sperimentava  in 

America  l’applicazione  di  un  nastro  normale  sulla  pelle  (dall’inglese 

Tape  =  Nastro),  con  lo  scopo  di  facilitare  il  recupero  tissutale  e  il 

movimento. 

Nel 1973, un altro chiropratico giapponese il Dott. Kenzo Kase sulla scia 

di Murai, cercò di creare qualcosa che fosse  in grado di “riprodurre gli 

effetti della mano del terapista” anche quando  il paziente terminava  il 

suo  trattamento.  L’idea  era  quella  di  forgiare  un  tessuto  con 

caratteristiche  di  elasticità  simili  a  quelle  della  pelle,  come  supporto 

esterno ai muscoli per aiutare  il  loro  funzionamento, senza  limitarne  il 

movimento.  

All’inizio  degli  anni  80,  la  multinazionale  Nitto  Denko  fu  la  prima  a 

creare  il  “Kinesiology  Tape”  (dall’inglese  Tape  =  Nastro  e  dal  greco 

Kinésis  =  movimento),  con  l’obiettivo  di  sostenere  i  processi  di 

guarigione  corporei.  La  Nitto  Denko  è  l’azienda  che  attualmente 

produce i tape originali, utilizzati dalla K‐Active ed è per questo motivo 

che anch’io ho scelto di utilizzare tali materiali. 

Il  tape venne utilizzato durante  le Olimpiadi di Seul nel 1988 da atleti 

giapponesi e, da allora, si diffuse molto rapidamente in tutto il mondo. 

Infatti, dal 1994 viene usato dalla nazionale di pallavolo statunitense e 

successivamente dalla nazionale italiana nel 1999. 

Mentre  in oriente  la  tecnica è  rimasta  invariata  in  tutti questi anni,  in 

Europa sono stati condotti diversi studi scientifici che hanno contribuito 

a migliorare ed ottimizzare  sempre di più  la  tecnica, grazie anche alla 

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12 

nascita delle diverse scuole di applicazione del tape (KinesioBellia, TNM, 

K‐Active Taping, …) 

 

2.2 Caratteristiche del materiale K‐Active Tape 

 

Il  materiale  del  Tape  deve 

possedere  alcune  caratteristiche 

indispensabili  per  il  successo 

terapeutico  sul  paziente  e  per 

garantire  che  l’applicazione  non 

provochi danni secondari ed irritazioni alla cute del paziente.  

Il K‐Active Tape è composto da uno strato di cotone qualitativo con un 

rivestimento  adesivo  acrilico  del  100%.  Il  rivestimento  adesivo  è 

applicato a forma d’onda con degli spazi tra un’onda e l’altra dove non 

c’è  alcun  collante  (Figura  1).  È  importante  che  il  materiale  sia 

ipoallergico  e  clinicamente  testato  per  non  provocare  irritazioni  alla 

cute. 

Il K‐Active Tape possiede un’elasticità in direzione longitudinale, mentre 

in  direzione  trasversale  invece  non  è  elastico.  Spessore,  peso  ed 

elasticità del K‐Active Tape sono equiparabili a quelli della cute, che ha 

fornito le base per la creazione del tape stesso. L’elasticità massima del 

nastro è pari al 40%.  

Per  ragioni  tecniche  legate  alla  produzione,  il  tape  è  applicato  sulla 

carta con una tensione del 10% (Figura 2). Il materiale è minimamente 

plastico e pur essendo sottoposto di continuo a stress di allungamento 

e accorciamento non perde la sua forma e lunghezza originaria. 

Figura 1: Forma ad onda dello strato di colla

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13 

 

 

Figura 2: Se tolgo il tape dalla carta e lo riapplico sulla stessa senza allungarlo, il tape risulterà più 

corto in quanto viene applicato con una tensione del 10 % 

Il  tape  è  inoltre  traspirante  e  resistente  all’acqua,  poiché  permette 

all’aria  di  entrare  e  all’acqua  o  al  sudore  di  fuoriuscire.  Può  essere 

portato in piscina, sotto la doccia o facendo il bagno. È importante però 

che  in  questi  casi  il  tape  sia  applicato  almeno  20‐30 minuti  prima  di 

entrare  in  contatto  con  l’acqua  per  permettere  alla  colla  di  attivarsi. 

Dopo essere stato a contatto con  l’acqua,  il tape andrebbe tamponato 

con  un  panno  per  velocizzarne  l’asciugatura.  Si  può  anche  usare  un 

phon, tenendo conto però che il calore attiva un maggior quantitativo di 

colla.  Il  K‐Active  Tape,  essendo  composto  da materiale  traspirante,  è 

ideale  per  essere  utilizzato  anche  nei  mesi  caldi  oppure  durante 

l’attività  sportiva.  La  durata  dell’applicazione  e  l’effetto maggiore  del 

tape  variano  tra  3  e  5  giorni,  garantendo  un  supporto  terapeutico 

continuo nell’arco delle 24 ore. È stato valutato un effetto terapeutico 

che permane diverse settimane dopo la rimozione dell’applicazione.  

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14 

Il  tape  viene  attivato  con  il  calore  corporeo  e  con  un  leggero 

sfregamento  dopo  l’applicazione,  per 

permettere  alla  colla  di  aderire  alla 

cute sottostante.  

Esistono diverse colorazioni di K‐Active 

Tape. Secondo lo standard giapponese, 

i colori usati sono 4: azzurro, rosa, nero 

e color carne, ai quali è stato aggiunto dalla K‐Active un nuovo colore, il 

verde  (Figura 3).  I materiali e  la  composizione utilizzati per  le diverse 

colorazioni  di  tape  sono  tutti  uguali.  Secondo  le  teorie  energetiche,  i 

vari colori possono dare o togliere energia al corpo. Per trovare il colore 

“ideale”  al  nostro  corpo  può  essere  fatto  un  test  kinesiologico.  I  test 

kinesiologici  permettono  di  scegliere  il  tape  più  adatto  al  paziente 

valutando  l’attivazione muscolare  isometrica di alcuni gruppi muscolari 

quando questi vengono sottoposti a un  impulso pressorio da parte del 

terapista. In una mano del paziente viene posto il tape (o un campione 

di  questo)  nei  suoi  diversi  colori,  nascosto  dalla  vista  del  paziente. 

Solitamente  l’altro  arto  del  paziente  viene  utilizzato  per  effettuare  il 

test.  I  colori  del  tape,  che  danno  un’attivazione  muscolare  efficace, 

saranno quelli che verranno scelti per le applicazioni. I test kinesiologici 

sono  molto  riproducibili  anche  inter‐operatore,  benché  i  motivi  di 

funzionamento  del  test  siano  tutt’ora  argomento  di  discussione.  Al 

momento  vi  sono  diverse  ipotesi,  basate  sul  fatto  che  i  colori  siano 

fondamentalmente  solo  una  frequenza  d’onda  elettromagnetica  che 

solo  il nostro occhio  interpreta  come  “colore”, ma  che  come  tutte  le 

radiazioni  (anche  quelle  che  vanno  al  di  fuori  dello  spettro  visibile), 

possono  interagire  in modo  differenziale  con  il  corpo  del  paziente.  Il 

Figura 3: Colori del K‐Active Tape

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colore ideale è quello che ci consente di conseguire il migliore risultato 

nel  test  kinesiologico,  vale  a  dire  quello  che  dà  “energia”  al  nostro 

corpo.  

 

2.3 Differenza tra bendaggio funzionale e Tape Kinesiologico 

 

Il Tape Kinesiologico è una tecnica d’applicazione totalmente diversa dal 

bendaggio  funzionale poiché  completamente diverso  è  il meccanismo 

su cui le due teorie affondano le proprie radici. 

 

Il bendaggio funzionale:  

Il bendaggio funzionale è un presidio di contenzione 

dinamica  che,  utilizzando  bende  adesive  estensibili 

ed  inestensibili  opportunamente  combinate  e 

disposte,  si propone di ottenere  la protezione ed  il 

sostegno  di  strutture  muscolo‐tendinee  e/o  capsulo‐legamentose. 

Agisce attraverso il sistema meccanico causando l’immobilizzazione o la 

parziale  limitazione  funzionale  di  un  determinato  distretto  corporeo. 

L’obiettivo  del  bendaggio  funzionale  è  quello  di  fornire  protezione  a 

muscoli  e  articolazioni  che  vengono  messi  in  scarico,  sostenuti, 

compressi o stabilizzati, limitando la direzione di movimento dolorosa o 

patologica  e  permettendo,  contemporaneamente,  il  resto 

dell’articolarità esente da dolore.   Può essere  indicato  in seguito ad un 

trauma  distorsivo  od  una  lussazione,  dopo  una  lesione muscolare  od 

una microfrattura e nel caso di edemi e gonfiori  importanti. Alcuni tipi 

di bendaggio, ad esempio quello elastico, possono essere utilizzati per 

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facilitare  un  movimento,  specialmente  nella  fase  di  recupero  post‐

traumatico. Nei pazienti neurologici, possono essere utili per correggere 

deformazioni  o  disallineamenti  causati  dalla  spasticità,  o  per  dare 

sostegno  funzionale  nelle  flaccidità.  Il  bendaggio  funzionale  esercita 

sempre una compressione a livello micro circolatorio locale, per cui non 

va  bendato  chi  ha  problemi  dermatologici,  circolatori  o  allergie 

riconosciute  al  collante.  Il  bendaggio  viene  rimosso  solitamente  4‐7 

giorni  dopo,  durante  i  quali  viene  concesso  di  svolgere  le  normali 

attività giornaliere, ma non può essere bagnato. 

 

Il Tape Kinesiologico:  

Il  Tape  Kinesiologico  agisce  attraverso  il  sistema 

sensorio  dando  degli  stimoli  ai  recettori  presenti 

sulla  cute.  L’obiettivo  duplice  del  Kinesiology 

Taping è sostenere l’attività muscolare ed attivare i 

processi  naturali  di  auto  guarigione  del  corpo.  Allo  stesso  tempo  è 

garantita  la completa  libertà di movimento senza problemi circolatori, 

con notevole miglioramento della microcircolazione. Il tape influenza la 

muscolatura  attraverso  le  terminazioni  nervose  libere  e  i  recettori 

sottocutanei, generando un impulso sensoriale che, una volta arrivato a 

livello  spinale,  si  traduce  in  una  modifica  del  tono  e  dei  tempi  di 

attivazione del muscolo  interessato. L’obiettivo delle applicazioni sarà, 

quindi, la normotonizzazione (normotonicizzazione) muscolare ottenuta 

attraverso tre effetti: 

1. Indiretto, per effetto di regolazione nocicettiva: l’afferenza tattile 

prodotta dal tape stimola i recettori Ab che attivano il “cancello” 

a livello dell’interneurone spinale inibitorio, riducendo l’afferenza 

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nocicettiva. Se c’è un aumento di  tono  legato alla percezione di 

dolore, diminuendo questo, si ha un conseguente riequilibrio del 

tono muscolare. 

2. Diretto per  informazione  sensitiva e propriocettiva  afferente:  la 

presenza del tape determina, in termini propriocettivi e sensitivi, 

un’afferenza informativa "doppia" a livello centrale (tape + cute). 

Questo  significa  che  il  grado  di  "attenzione"  del  SNC  dedicato 

all’area  con  tape  è  maggiore,  e  questo  risolve  gli  eventuali 

squilibri  propriocettivi  legati  a  squilibri  del  tono.  Dal  punto  di 

vista  clinico,  ad  esempio,  si  può  ritrovare  lo  stesso  effetto  di 

normotonizzazione  sui  pazienti  neurologici  effettuando  esercizi 

sensori (ad es. di tipo Perfetti). 

3. Decompressivo locale: indotto dal tape direttamente sul muscolo 

ha  in  pratica  la  stessa  funzione  meccanica  e  circolatoria  sul 

muscolo  di  uno  stimolo  massoterapico,  per  cui  l’aumento 

circolatorio  e  metabolico  indotto  provoca  una  più  agevole 

rimozione  dei  cataboliti,  il  che  significa,  dal  punto  di  vista 

biochimico,  una  liberazione  dei  siti  attivi  del  sarcomero,  con 

conseguente  ripristino  della  normocontrattilità  muscolare  e, 

quindi, col ripristino del normotono.   

 

2.4 Campi di applicazione 

 

Il  Kinesiology  Taping,  utilizzato  in  un  primo momento  solo  in  ambito 

sportivo, sta imponendo le sue teorie e le sue applicazioni in moltissimi 

ambiti della medicina. Possiamo usare il K‐Active Tape in: 

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Riabilitazione e fisioterapia 

Logopedia 

Ortopedia e traumatologia 

Neurologia 

Linfologia 

Medicina interna 

Ginecologia 

Pediatria 

Medicina dello sport 

Medicina preventiva 

Osteopatia  

Se  usato  in  combinazione  con  la  terapia  tradizionale,  il  Kinesiology 

Taping  ci  permette  di  ottenere  risultati  migliori,  se  applicato  da 

personale qualificato e appositamente formato. 

 

2.5 Controindicazioni ed effetti indesiderati 

 

Un’applicazione  non  corretta,  dovuta  ad  una  scorretta  diagnosi  o 

mancata  conoscenza  della  tecnica  può  aumentare  i  sintomi  del 

soggetto, mentre una corretta applicazione fa migliorare rapidamente i 

sintomi quali dolore e escursione articolare.  

Essendo  una  tecnica  relativamente  recente  ancora  non  si  è  a 

conoscenza di controindicazioni documentate ma solo di alcune dettate 

dall’esperienza e dai meccanismi fisiologici su cui agisce il tape.  

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Possono essere definite controindicazioni relative:  

Patologie a carico del sistema circolatorio (trombosi, flebiti, …) 

Ferite e lesioni cutanee (non essendo sterile potrebbe infettare la 

ferita stessa)  

Edemi generalizzati (per evitare sovraccarico cardiaco o renale) 

Malattie della cute (neurodermatiti, psoriasi, …)  

Reazioni allergiche ed irritazioni cutanee 

Le  irritazioni  della  cute  sono  sicuramente  tra  gli  effetti  indesiderati 

relativamente più frequenti, incentivate dalle modificazioni dello stile di 

vita  o  dai  cambiamenti  ambientali.  Con 

l’uso  di  cerotti,  tape  ed  altri  materiali 

non  qualitativamente  adeguati,  dalle 

caratteristiche  non  certificate  e  molto 

economici,  in  cui  la  colla  usata  è  di  bassa  qualità,  non  clinicamente 

testata e non  ipoallergica,  le  reazioni allergiche possono aumentare  in 

maniera esponenziale. Anche irritazioni presenti prima dell’applicazione 

del  tape  come  infiammazioni  o  l’utilizzo  di  sostanze  irritanti  per 

preparare  la  cute  al  trattamento  come  sapone  a  pH  acido/basico  o 

alcool,  possono  inficiare  l’efficacia  dell’applicazione  ed  esporre  il 

paziente a reazioni cutanee anomale. Chiaramente anche una tensione 

inappropriata  del  tape  o  un’applicazione  non  corretta  rientrano  nelle 

cause di possibili effetti indesiderati. 

Per  quella  categoria  di  pazienti  dalla  cute  molto  sensibile,  come 

bambini, pazienti  in età avanzata, pazienti  con  cute arrossata o per  il 

trattamento  di  zone  particolarmente  sensibili,  come  il  viso  o  zone  in 

prossimità di cicatrici, è stato creato dal gruppo di ricerca Nitto Denko 

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del Giappone  il K‐Active Gentle Tape  (Figura 4).  Il Gentle Tape usa un 

collante  con  una  nuova  tecnologia 

chiamata stratagel®, studiata proprio per 

il  trattamento di pazienti con cute molto 

sensibile. Infatti, pur mantenendo un’alta 

tenuta del tape, esso non provoca effetti 

negativi sulla cute. 

In ogni caso,  in presenza di reazioni allergiche o prurito che si protrae 

per più di 10 – 20 minuti, il tape va rimosso subito e delicatamente. 

 

2.6 Effetti del K‐Active Tape 

 

Tutti gli effetti del K‐Active Tape vengono ottenuti attraverso  l’effetto 

meccanico  e  sensorio  dell’applicazione  del  tape  sulla  cute.  Esso  non 

contiene nessun tipo di medicinale e nessun principio attivo. Gli effetti 

quindi  possono  essere  ottenuti  utilizzando  le  diverse  tecniche 

d’applicazione.  

 

Influenza sull’attività muscolare  

 

La  tecnica  giapponese  originaria  teorizzava  due 

effetti  diversi  a  seconda  della  direzione  in  cui 

veniva applicato  il tape.  In particolare, si otteneva 

“tonificazione”  applicando  il  tape  dall’origine 

all’inserzione  e  “detonificazione”  del  muscolo 

procedendo dall’inserzione all’origine.  

Figura 4: K‐Active Gentle Tape

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L’obiettivo  della  teoria  modificata  dalla  K‐Active  invece  è  la 

normotonizzazione. Secondo questa  teoria bisogna andare alla  ricerca 

di un muscolo non normoreattivo, testare la direzione dell’applicazione 

mediante appositi test e infine applicare il tape.  

Dopo l’applicazione si avrà un miglioramento dell’attivazione delle fibre 

muscolari,  che  comporta un miglioramento della  forza e del  controllo 

motorio, soprattutto in termini di coordinazione. 

 

Miglioramento della microcircolazione  

 

Figura 5: Le convolutions, aumentando lo spazio sottocutaneo, migliorano la circolazione 

linfatica e sanguigna e riducono la pressione sui recettori cutanei 

Attivazione del sistema linfatico  

 

Il Kinesiology Tape ha  la capacità di  sollevare  la cute ed ottenere così 

una  riduzione  della  pressione  sottocutanea.  Il  flusso  della  linfa  va 

sempre nella direzione di minor pressione.  In questo modo è possibile 

aumentare direttamente sotto il tape la quantità di linfa trasportata e la 

velocità di  flusso della  linfa. Anche  i  vasi  linfatici  iniziali  si aprono più 

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facilmente  a  causa  del  sollevamento  della  cute.  Viene  applicato 

seguendo  la direzione dei vasi  linfatici  in modo da convogliare  la  linfa 

nella  stazione  linfonodale più vicina. L’azione 

si  ottiene  grazie  al  movimento  corporeo. 

Diverse  sono  le  applicazioni  specifiche  a 

secondo  della  tipologia  di  paziente  da 

trattare.  Si  può  favorire  il  drenaggio  in 

pazienti mastectomizzate, in soggetti allettati per diminuire l’edema agli 

arti,  negli  sportivi  per  aumentare  il  deflusso  di  cataboliti  dopo  uno 

sforzo, per  il  trattamento di  cicatrici e  fibrosi o  in pazienti  con danno 

linfatico  postoperatorio  per  drenare  verso  i  vasi  linfatici  collaterali. 

L’applicazione  linfatica  può  anche  essere  effettuata  a  spirale.  E’ 

fondamentale  ricordare che  le applicazioni  linfatiche  sono  sconsigliate 

quando  è  presente  un  edema  generalizzato  causato  da  un  problema 

cardiaco o renale.  

 

Riduzione del dolore  

 

La riduzione del dolore può essere ottenuta attraverso l’attivazione del 

sistema endogeno analgesico spinale e sovra spinale attraverso stimoli 

cutanei efferenti.  

La  cute  riceve  vari  tipi  di  stimoli  (meccanici,  termici,  dolorifici)  il  cui 

riconoscimento  avviene  attraverso  l’attivazione  di  specifici  recettori 

(meccanocettori, propriocettori, termocettori, nocicettori). Il tape viene 

percepito  dalla  cute  come  uno  stimolo  esterno  e  perciò  attiva  tali 

recettori.  A  loro  volta,  i  recettori  che  si  trovano  sulla  cute  sono 

classificati  in  base  alle  forme  di  energia  cui  sono  sensibili: 

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meccanocettori  (stimolazioni meccaniche),  chemiocettori  (stimolazioni 

chimiche),  fotocettori  (luce),  termocettori  (al  caldo  e  al  freddo), 

osmocettori (variazione osmotica) e nocicettori (sensibili a stimolazioni 

dolorose).  

I  nocicettori  in  particolare,  come  si  è  detto,  sono  sensibili  alle 

stimolazioni  dolorose,  perciò  sono  attivati  da  sostanze  algogene 

provenienti dai  tessuti  lesi, dal distretto vascolare oppure dalle  stesse 

fibre nervose.  

La  teoria  del  cancello  o  “Gate  Control  Theory”,  è  un  modello 

interpretativo  delle modalità  di  attivazione  di  questi  ultimi  recettori. 

Essa  è  basata  sulla  modulazione  reciproca  tra  le  fibre  nervose 

nocicettive  di  piccolo  calibro  C  e  quelle  non‐nocicettive  di  grande 

calibro  A‐Beta.  Se  le  fibre  A‐Beta  trasportano  stimoli  non  dolorifici, 

vanno  ad  attivare  i  neuroni  inibitori  che  bloccano  la  trasmissione  di 

segnali dolorifici fino a talamo e corteccia. In questa modalità il cancello 

viene definito “chiuso”.  

Se, invece, le fibre C trasmettono impulsi dolorifici esse vanno ad inibire 

i neuroni  inibitori che non possono a  loro volta  inibire  la  trasmissione 

degli impulsi ai centri superiori. In questa modalità, invece, il cancello è 

aperto e viene percepito il dolore.  

In  conclusione,  se  uno  stimolo  doloroso  (come  quello  causato  da  un 

gonfiore post  trauma  che determina  la pressione  sui  recettori)  e uno 

meccanico (come quello determinato dal micro massaggio sulla cute del 

tape)  sono  trasmessi nello  stesso momento,  le  fibre A‐Beta attivano  i 

neuroni  inibitori della sostanza gelatinosa di Rolando e di conseguenza 

la trasmissione dello stimolo dolorifico sarà attenuata.  

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Il dolore può essere  così  ridotto dando degli  stimoli meccanici poiché 

sono più veloci di quelli nocicettivi. 

 

Sostegno delle funzioni articolari  

 

Il  sostegno  della  funzione  articolare  può  essere  raggiunto  attraverso 

l’utilizzo di tecniche diverse:  

stimolazione propriocettiva: normotonizzazione e miglioramento 

della propriocezione  (ad  esempio nel  recupero  funzionale post‐

traumatico);  

correzione  funzionale:  per  esempio,  in  un  caso  di  patella 

lateralizzata  è  possibile  fare  una  correzione  funzionale  di 

medializzazione  della patella.  L’attivazione motoria del muscolo 

quadricipite sarà così migliorata;  

sostegno  passivo:  tecnica  del  legamento  (ad  esempio  per  il 

sostegno  meccanico  di  un  ginocchio  con  esiti  di  lesione  del 

legamento collaterale laterale o una distorsione di caviglia); 

correzione  meccanica:  si  effettua  un  riposizionamento  del 

distretto  e  una  correzione morfologica  (ad  esempio  in  pazienti 

che hanno un’instabilità anteriore della spalla);  

riduzione del dolore: miglioramento del movimento e riduzione di 

compensi.  

Oltre  al  sostegno  delle  funzioni  articolari,  il  tape  interviene 

incrementando la libertà di movimento (ROM).  

 

 

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Influenza su organi interni attraverso riflessi cuti‐viscerali  

 

Quando viene applicato sopra un tessuto molle produce effetti drenanti 

sugli organi specifici sottostanti. Ogni organo ha bisogno di spazio per 

mantenere l’ottimale funzionalità, assicurata con l’applicazione del tape 

dopo  un  trattamento  viscerale  manuale.  Produce  anche  un’azione 

riflessa  sensitiva,  andando  a  stimolare  i  recettori  che  riflettono  sugli 

organi interni, nonché un’azione indiretta sulle fasce viscerali. 

 

2.7 Tagli e forme di applicazione 

 

Il  taglio  del  Kinesiology  Tape  è molto  importante  per  garantire  una 

buona  tenuta del  tape.  I materiali migliori  sono  tagliati  in produzione 

con  degli  apparecchi  appositamente  studiati  che  evitano  di  lasciare 

bordi che si sfilacciano  (Figura 6). Essendo  il Tape  fatto di cotone, una 

volta  che  i  bordi  iniziano  a  sfilacciarsi,  la  tenuta  sarà  sensibilmente 

ridotta.  

È  dunque  fondamentale  usare  un  paio  di  forbici  di  alta  qualità  per 

garantire  che  i  bordi  del  tape  non  si  sfilaccino,  assicurando  così  una 

buona tenuta del tape. 

 

 

Figura 6: Differenze tra tagli effettuati con forbici di alta, media e bassa qualità. 

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La forma e la lunghezza del punto in cui si taglia il tape dipendono dalla 

dimensione  e  dalla  forma  del  muscolo  o  dall’area  di  applicazione. 

Esistono  diverse  forme  di  applicazioni:  I,  Y,  X,  ventaglio  e  web  cut 

(Figura 7). 

Applicazione a  I: è  la tecnica di base che per anni è stata  l’unica 

ad  essere  usata.  Si  applica  il  tape  con  una  striscia  singola  sul 

ventre muscolare o lungo il decorso di un legamento. 

Applicazione  a  Y:  è  una  tecnica  usata  per  avvolgere  il  ventre 

muscolare.  Su  un  lato  il  tape  viene  tagliato  e  diviso  in  2  parti, 

lasciandolo unito alla base, di circa 3‐5 cm. 

Applicazione a X: il tape viene tagliato su ambedue i lati e diviso in 

2 parti. 

Applicazione  a Ventaglio:  è  la  tecnica più  usata nel  linfotape.  Il 

taglio del tape prevede 4 o 5 fasci, lasciando una base di 3‐5 cm.  

Applicazione Webcut: si lascia una base su entrambi i lati, mentre 

la parte centrale viene tagliata in 4 o 5 parti.  

 

Figura 7: Vari tipi di applicazioni 

 

 

 

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2.8 Regole e tecniche di applicazione K‐Active  

 

Per  aumentare  l’effetto  e  la  tenuta  del  tape,  sarebbe  opportuno 

mettere in atto una serie di accortezze.  

È necessario che la cute sia pulita, depilata e asciutta.  

Se  il paziente utilizza oli o creme, è  fondamentale detergere per 

eliminare le sostanze oleose che impedirebbero al tape di aderire 

in modo adeguato.  

È possibile e consigliabile utilizzare un prodotto specifico delicato 

(ad  esempio  Prosomed  Soft  Cleaner).  In  alternativa,  si  può 

detergere la cute con alcool (anche se questo spesso può irritare 

la  pelle  e  alternarne  il  pH),  oppure  con  qualunque  sgrassante 

specifico per la detersione di superfici unte.  

Per la depilazione, invece, si consiglia di usare un rasoio specifico 

della  K‐Active  (ad  esempio  rasoio  elettrico  Prosomed),  e  non 

utilizzare lamette, in quanto potrebbero irritare la pelle.  

Utilizzare  forbici  di  alta  qualità  e  arrotondare  gli  angoli  per 

favorire una maggiore aderenza.  

�ttivare  la colla dopo  l’applicazione con un  leggero sfregamento 

sul tape.  

Applicare il tape 20‐30 minuti prima dell’attività sportiva o prima 

di entrare in acqua.  

Utilizzare eventualmente uno spray adesivo e  il ghiaccio spray  in 

pazienti  particolarmente  sudati.  L’uso  del  ghiaccio  spray 

permette  prima  di  far  brinare  e  poi  evaporare  il  sudore  per 

sublimazione. 

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Per  capire  quale  applicazione  di  tape  si  possa  adattare  meglio  al 

problema  del  paziente,  sarebbe  opportuno  effettuare  prima  uno 

Screening  test.  Gli  Screening  test  sono  dei  test  standardizzati  che 

valutano parametri come dolore, rom articolare, qualità del movimento 

ma  anche  parametri  secondari,  come  compensi,  tono,  tempo  di 

attivazione muscolare, mobilità  della  cute  e  delle  fasce,  presenza  di 

pieghe  nella  cute,  asimmetrie.  Durante  gli  Screening  test  il  terapista 

mobilizza  con  le  mani  la  cute  e  la  fascia  superficiale  del  paziente, 

simulando le applicazioni muscolari, fasciali, legamentose, correttive sui 

gruppi muscolari  o  sulle  fasce  che  ritiene  possano  essere  causa  del 

problema.  Gli  Screening  test  si  utilizzano  quando  il  paziente  non 

riferisce  un  preciso movimento  problematico  (perché  in  quel  caso  è 

meglio utilizzare  il movimento funzionale riferito dal paziente) e vanno 

effettuati  prima  e  dopo  ogni  applicazione,  per  valutare  gli  effetti  del 

tape. 

Le  applicazioni  di  K‐Active  taping  vengono  suddivise  in  4  tipologie  e 

classificate  in  funzione  di  come  il  tape  sposti  la  cute  e  le  fasce. 

Possiamo, pertanto, distinguerle in: 

Tecniche  decompressive  (muscolari):  il  tessuto  e  la  fascia 

vengono  sollevati  dagli  strati  sottostanti,  con  formazione  di 

convolutions e riduzione della pressione a livello dei recettori; 

Tecniche  di  approssimazione  (legamento,  tendinee,  spazio):  il 

tessuto e le fasce vengono avvicinate al centro del tape; 

Tecniche  direzionali  (fasciali,  correttive):  il  tessuto  e  le  fasce 

vengono  spostate  in  direzione  tangenziale  alla  superficie 

corporea; 

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29 

Tecniche  di  rimodellamento  (pull‐out  e  push‐in):  il  tessuto,  le 

fasce  e  le  altre  strutture  vengono  spostate  in  direzione 

perpendicolare alla superficie corporea. 

Queste tecniche possono essere utilizzate in combinazione tra di loro ed 

essere supportate da altre tecniche avanzate come la tecnica linfatica o 

la tecnica funzionale. 

  

Tecniche decompressive 

 

Delle tecniche decompressive fa parte la tecnica 

muscolare,  nella  quale  il  tape  viene  applicato 

lungo  il  decorso  del  muscolo.  Si  inizia 

posizionando  la  base  in  posizione  neutra, 

applicandola  prossimalmente  o  distalmente  a 

seconda di quanto rilevato dagli Screening  test. 

Si procede allungando il muscolo e avvolgendolo 

con il tape. È fondamentale applicare le strisce del tape senza tensione. 

Con il movimento si potranno vedere le “convolutions” (Figura 8), onde 

al di sotto delle quali  la cute e  le fasce sono sollevate. Le convolutions 

favoriscono  il  miglioramento  della  microcircolazione,  l’aumento  del 

deflusso delle sostanze nocive, riducendo così la pressione sui recettori 

e garantiscono un  sistema di pompa aggiuntivo  sotto  il  tape.  La  forza 

delle  alette  dà  un  impulso  leggero  di  ritorno  verso  la  base 

dell’applicazione  La  tecnica  muscolare  può  essere  considerata  una 

tecnica decompressiva con una blanda componente direzionale. 

 

 

Figura 8: Convolutions 

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Tecniche di approssimazione 

 

Delle tecniche di approssimazione fanno parte la tecnica del legamento, 

tendinea e funzionale. 

La tecnica del legamento (Figura 9) viene definita anche tecnica “spazio” 

(space correction) o di avvicinamento del  tessuto, perché  l’obiettivo è 

quello di far avvicinare la cute verso il centro del tape. Le basi del tape 

vengono  applicate  senza  tensione, mentre  la  parte  centrale  del  tape 

verrà applicata con tensione variabile dal 5 al 100%.  Il paziente sarà  in 

posizione  neutra  o  preposizionamento  (ovvero  in  posizione  di 

stiramento) a seconda che si voglia limitare in parte la mobilità oppure 

consentirla. Attraverso l’allungamento viene salvata energia, che riporta 

il tape verso il centro una volta fatta l’applicazione. Questa applicazione 

può, a seconda del modo di applicazione, dare stabilità e/o spazio.  

Anche  la  tecnica  tendinea  è  una  tecnica  correttiva  (base  fissata) 

utilizzata per mettere in scarico parte del carico meccanico a livello dei 

tendini.  Si  applica  generalmente  sul  tendine  achilleo  e  sul  tendine 

rotuleo. Oltre ad essere una  tecnica correttiva può essere considerata 

una tecnica direzionale. 

Figura 9: Tecnica del legamento

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La tecnica funzionale fa parte delle tecniche avanzate poiché si applica a 

cavallo  di  un’articolazione  per  facilitarne  un  movimento  funzionale, 

generalmente  reso  difficoltoso  da  lesioni  post‐traumatiche  o  da 

muscolatura  indebolita.  L’applicazione  è  di  tipo  correttivo,  con  i  capi 

articolari dell’arto tenuti in posizione neutra, avvicinati o allontanati, e il 

tape  tenuto  a differenti  gradi di  tensione  a  seconda del  tipo di  input 

sensoriale e dell’intensità dell’impulso meccanico che vogliamo dare.  Il 

tape  si  applica  generalmente  sfregandolo  partendo  dalle  basi  verso  il 

centro, mentre si portano  i segmenti da correggere  in allontanamento. 

Questa tecnica fa parte delle tecniche di approssimazione. 

  

Tecniche direzionali 

 

Con  la  tecnica  fasciale  (Figura  10),  la  principale  

tecnica direzionale usata  a  scopo  terapeutico,  si 

sposta  il  tessuto  e  il  tape  parallelamente  alla 

cute. Si applica  la base  senza  tensione a 3‐4  cm 

dalla zona  in cui si vuole creare decompressione,  

assicurandosi  che  il  tessuto  sia  in  posizione 

rilassata.  Attraverso  movimenti  di  “jiggelings”,  ovvero  leggere 

oscillazioni, si trazionano le ali spostandosi e applicando il tape. La cute 

e  la  fascia  verranno  così  spostate  in direzione delle  ali e  tenute nella 

posizione desiderata. Con questa applicazione  si ottiene una modifica 

della posizione e della tensione di cute, fascia e altri tessuti. La forma ad 

Y è adatta per avvolgere  il punto di dolore  (tenendolo al  centro delle 

alette). In questo modo può essere ottenuto uno scarico decompressivo 

di tale area senza applicarci il tape direttamente sopra.  

Figura 10: Tecnica fasciale

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La tecnica correttiva (Figura 11) come  la tecnica fasciale, fa parte delle 

tecniche  di  tipo  direzionale.  Possiamo  distinguere  due  tipologie  di 

tecniche correttive: 

- Correttiva  I tipo:  la base del tape viene applicata e fissata con  la 

mano, mentre  il  resto  del  tape  (o  le  code)  viene  applicato  con 

tensione 5‐100 %. La fascia e le altre strutture vengono trazionate 

nella direzione della base. 

- Correttiva  II tipo:  la base del tape viene applicata e, assieme alla 

cute e alle altre strutture, viene spostata con la mano e tenuta in 

posizione  desiderata  (di  solito  in  direzione opposta  al  resto del 

tape  o  alle  ali).  Il  resto  del  tape  è  applicato  con  5‐100%  di 

tensione. 

Fissando la base durante l’applicazione, la forza delle alette è di ritorno 

verso la base (effetto elastico). Con questa tecnica le strutture, la cute e 

la fascia possono essere spostate e tenute in una posizione desiderata. 

Si ottengono così modificazioni di posizione e tensione delle strutture. 

L’applicazione di questa  tecnica dà al  corpo degli  stimoli maggiori/più 

forti rispetto alla tecnica fasciale.   

   

                 

Figura 11: Tecnica correttiva 

Nella tecnica fascia‐hold, così come per la tecnica correttiva di tipo II, si 

applica  la base del tape, si sposta  la fascia e  la si fissa con  la mano. La 

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differenza  sta nel  fatto  che questa volta  la  fascia viene  spostata nella 

stessa direzione delle ali del tape, e viene posta una tensione moderata 

al  resto  del  tape.  Questo  mantiene  la  fascia  fissata  nella  posizione 

voluta. Fa parte delle tecniche di tipo direzionale. 

Per la tecnica linfatica (Figura 12) sono possibili due tipi di applicazioni: 

a ventaglio e a  spirale. Nelle applicazioni a ventaglio,  la base del  tape 

viene posta sui linfonodi, con arto in posizione 

neutra, e  le ali del  tape vengono poste senza 

tensione (o massimo 10%), cercando di coprire 

la  superficie  edematosa,  con  arto  tenuto  in 

preposizionamento.  Nelle  applicazioni  a 

spirale,  vengono  pretagliati  4  o  5  tape  di  un 

centimetro  di  larghezza.  Le  basi  del  tape 

vengono poste in prossimità dei linfonodi, con arto in posizione neutra. 

Il  resto  del  tape  viene  posto  senza  tensione  (o  massimo  10%) 

avvolgendo  a  spirale  l’arto.  Si  deve  prestare  particolare  attenzione  a 

non lasciare aree di cute scoperte e a mantenere costante la lunghezza 

della  spirale,  controllando  che  ciascuna  aletta  di  tape  applicata, 

mantenga  un’equidistanza  tra  spalla‐gomito‐polso  o  anca‐ginocchio‐

caviglia.  La  tecnica  linfatica  è  una  tecnica  avanzata  di  tipo 

direzionale/decompressivo. 

 

Tecniche di rimodellamento 

 

Con le tecniche di rimodellamento si andranno a correggere, secondo la 

Figura 12:Tecnica linfatica 

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teoria del re‐ballooning, eventuali aree rientranti (shrinkings) o quelle di 

rigonfiamento (expansions), utilizzando due tecniche: 

- Pull‐out:  per  correggere  le  retrazioni  (shrinkings).  Si  invita  il 

paziente  a  portarsi  in  una  posizione  di  massima  espansione 

dell’area  e  si  applica  il  tape  senza  tensione  (tecnica 

muscolare/decompressiva); 

- Push‐in:  per  correggere  i  rigonfiamenti  (expansions).  Si  invita  il 

paziente a portarsi in una posizione di riduzione dell’espansione e 

applichiamo  il tape con tecnica del  legamento (spazio) dando un 

impulso verso il centro del corpo. 

 

Tecnica neurale 

 

Nella  tecnica  neurale  le  basi  del  tape  vengono  poste  in  posizione 

distale.  Il  resto  del  tape  viene  posto  con  i  vari  segmenti  dell’arto  in 

preposizionamento senza tensione (o massimo 10 %), ponendo poi le ali 

del tape prossimalmente. 

 

 

 

 

 

   

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35 

CAPITOLO 3 

LA TRAUMATOLOGIA NEL BASKET 

 

3.1 Studi e ricerche 

 

Durante la pratica sportiva del basket il giocatore può andare incontro a 

diversi tipi di trauma o incidente sul campo che coinvolgono l’apparato 

muscolo‐scheletrico in ogni suo distretto.  

A  causa  delle  peculiari  caratteristiche  del  gioco,  che  comporta 

cambiamenti di posizione molto rapidi con  il piede aderente al suolo,  i 

traumi relativi all’arto inferiore sono tra i più frequenti. 

Nelle tabelle seguenti sono riportati i risultati di due indagini dalle quali 

si  evince  la  distribuzione  delle  lesioni  per  tipologia  traumatica  e  la 

distribuzione delle lesioni per distretto anatomico nel basket. 

 

 

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Esistono  in  letteratura  numerosi  studi  orientati  ad  esaminare 

dettagliatamente  la  problematica  in  questione  che  si  tenterà  di 

sintetizzare di seguito. 

Secondo  Pfeirfer  J.  et  al.,  la  patologia  traumatica  nel  basket  è 

ricollegabile  a  gestualità  tecniche  specifiche  come  i  salti  (28,9%)  e  i 

rimbalzi  (20,4%). Lo stesso autore evidenzia che  i pivot con  il 42% e  le 

guardie con il 35% sono i ruoli più a rischio d'infortuni 1. 

In una ricerca di Neusel E. Loffelholz M. Breuer A del 1996 2, sui cestisti 

della  Nazionale  Tedesca  di  Basket,  emerge  che  i  meccanismi  lesivi 

riguardano  maggiormente  gli  arti  inferiori  al  67,5%.  In  aumento 

appaiono  i traumi dell’arto superiore al 22,6%,  (distorsioni metacarpo‐

falangee  ed  inter‐falangee  13,8%).  Lesioni  dovute,  nella maggioranza 

dei  casi,  soprattutto  alla  gestione  della  palla  e  ad  un'aumentata 

aggressività ed intensità dei contatti fisici durante le varie fasi del gioco. 

1 Pfeirfer  J, Gast W, Traumatology und sportschaden  im basketball‐sport. sportverl sportschaden 6 ,91‐100, 1992 24. Wiemann K, Klee A, Stretching e prestazioni sportive di alto  livello, SDS 49; 9‐15‐ 2001 2 Neusel E, Loffelholz M, Breuer A, Sportverletzungen und Schaden bei basketballspielern.  In: D.Z. Sportm 47 1996 7/8,415‐420 

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McKay GD, Goldie PA et al.3, hanno evidenziato,  così  come molti altri 

autori,  che  la  lesione  più  frequente  nel  basket  sia  a  carico 

dell’articolazione  tibio‐tarsica.  Lesione  che  si  verifica  dopo  un  tiro  in 

sospensione, dopo un salto o un rimbalzo “sotto i tabelloni”, quando la 

forza  d'impatto  sul  parquet  supera  notevolmente  il  Body  Weight.  Il 

meccanismo  di  lesione  è  in  inversione  (90%,  del  totale),  ovvero: 

flessione plantare della tibio‐tarsica, varismo sottoastragalico, flessione 

interna  mediotarsica.  Il  legamento  peroneo  astragalico  anteriore  è 

nell’80% quello più interessato. L’entità delle lesioni non è correlata allo 

standard  di  competizione,  sesso,  età,  altezza,  numero  delle  partite 

giocate per settimana, bensì alla quantità degli allenamenti sostenuti.  

Cavanagh e coll. 1990  4 affermano che, durante una partita di basket, 

l’articolazione del piede, come quella del ginocchio, viene sottoposta a 

carichi fino a nove volte il Body Weight. E’ consigliabile, come momento 

preventivo,  che  gli  atleti,  tenendo  conto  del  profilo  fisiologico,  si 

indirizzino  verso  un  miglioramento  delle  capacità  condizionali  e 

coordinative.  In  generale  va  considerato  che  la  ripetizione  di  gesti 

sportivi,  o  comunque  di  movimenti  specifici,  per  tempi  lunghi  e  ad 

intensità  elevata,  possa  determinare  un'azione meccanico‐traumatica 

sulle  strutture  interessate,  situazione  definita  di  "sovraccarico 

funzionale".  Alcune  lesioni  sono  causate  da  incidenti,  altre  sono 

riconducibili  a  scarso  allenamento,  attrezzatura  inadeguata, 

insufficiente riscaldamento o allungamento. Numerose  lesioni sportive 

derivano  da  un  eccessivo  affaticamento  dei  muscoli  e  dei  tendini, 

3 McKay GD, Goldie PA, Payne WR, Oakes BW, Watson L, A prospective study of injuries in basketball: a  total  profile  and  comparison  by  gender  and  standard  of  competition,  J  Sci  Med  Sport  2001 Jun;4(2):196‐211 4 Cavanagh,P.R., Robinson,  J., McClay,  I.S. e coll, A biomechanical perspective on stress  fracture  in professional basketball players, Med & Sci in Sports & Exer, 22:S105. 1990 

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causato  dalla  ripetizione  esasperata  e  continua  di  alcuni  gesti  e 

movimenti. Queste patologie sono  imputate a due diverse  tipologie di 

fattori: 

- Fattori  estrinseci,  quali  il  sovraccarico  funzionale  e  i 

microtraumatismi,  provocati  dal  sommarsi  di  traumi  di  entità 

modesta o minima;  

- Fattori  legati  a  caratteristiche  fisiche  individuali  quali  l'età  (i 

maschi sono più colpiti),  i difetti posturali o di mal allineamento 

dell'arto  inferiore  (ginocchio  valgo‐varo,  tibia  vara,  rotula  alta‐

bassa),  i  difetti  dell'appoggio  plantare  (piede  piatto  o  cavo),  la 

differente  lunghezza  degli  arti  inferiori,  il  deficit  del  tono 

muscolare,  la  ridotta  flessibilità o  l’eccessiva  lassità articolare,  il 

sovrappeso corporeo,  le malattie  internistiche predisponenti  (ad 

esempio reumatiche o metaboliche).  

E’  indubbio  comunque  che  nelle  lesioni  da  sovraccarico  funzionale  il 

fattore  meccanico  abbia  una  sua  individualità  lesiva  tipica  e  ben 

definita,  ma  è  altrettanto  vero  che  le  complesse  componenti 

anatomiche,  vascolari,  neuro‐umorali  e  metaboliche  ne  possano 

condizionare  in molti casi  l’insorgenza o quanto meno  le modalità ed  i 

tempi  di  evoluzione.  Risulta  quindi  comprensibile  come,  a  parità  di 

esposizione  traumatica,  solamente un  certo numero di  atleti presenti 

lesioni da sovraccarico funzionale clinicamente evidente. Quasi tutte  le 

strutture  dell'apparato  locomotore  possono  essere  interessate  da  tali 

eventi, ma quelle più frequentemente colpite sono i tendini, sopratutto 

nella  parte  entesica,  ovvero  nel  loro  punto  di  ancoraggio  al  tessuto 

osseo  (da  qui  la  denominazione  di  “patologia  inserzionale”  o 

entesopatie).  

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Un'altra caratteristica tipica è che la maggior parte dei quadri patologici, 

derivando  dalla  ripetizione  di  un  gesto  specifico,  hanno  sedi  e 

manifestazioni  tipiche  per  ogni  sport  rendendo  il  lavoro  del medico 

sportivo,  di  fatto,  molto  specialistico  e  sport‐specifico.  Nel  basket  è 

molto  frequente  la  sindrome  del  “Jumper’s  knee”  seguita  dalle 

tendinopatie  dell’achilleo.  Tali patologie  sono  ricollegabili  a  gestualità 

tecniche  specifiche  come  il  salto,  il  gesto  atletico  maggiormente 

implicato  nelle  patologie  da  sovraccarico  del  ginocchio  (28,9%)  ed  i 

rimbalzi  (20,45%)  come  già  evidenziato  nella  richiamata  ricerca  di 

Pfeirfer J. et al. 

L’incidenza epidemiologica delle tendinopatie nel basket e negli sport di 

salto in generale è in aumento a causa del crescente numero di soggetti 

che praticano attività sportiva e varia in relazione al livello e all’impegno 

sportivo del singolo, alla frequenza degli allenamenti e delle gare. 

Nella  patogenesi  delle  tendinopatie,  la  prevenzione  assume  un  ruolo 

importante nel preservare dalle  lesioni,  in particolare non deve essere 

trascurata  l’analisi  dei  fattori  estrinseci  (terreno,  calzature,  carichi  di 

lavoro, riscaldamento, defaticamento) e intrinseci (morfotipo, biologia e 

biochimica  dell’atleta),  nonché  la  programmazione  e  periodizzazione 

dell’allenamento:  “la  cura,  in medicina  sportiva,  è  già  un  errore,  una 

contraddizione di termini perché quando l’atleta si fa male, non a causa 

di  un  incidente  inevitabile,  significa  che  la  prevenzione  non  è  stata 

efficace”. 

Per  questo,  negli  staff  medici  della  nazionale  italiana  di  basket,  si 

programma  la  preparazione  fisica  sin  dai  primi  raduni  collegiali  delle 

nazionali  giovanili  con  particolare  riguardo  alla  prevenzione  ed 

all’allenamento  specifico  attraverso  con  continui  monitoraggi  della 

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crescita, delle performance e della misurazione della forza secondo i più 

moderni studi.  

Per  quanto  concerne  i  fattori  intrinseci  (biologia  e  biochimica 

dell’atleta), una ricerca di Hosea TM, Carey CC, Harrer MF. 5 riporta un 

incremento dell’incidenza delle lesioni del legamento crociato anteriore 

tra  le  giocatrici  di  basketball.  Tra  l’altro  gli  studi  epidemiologici, 

effettuati  dagli  autori,  riportano  un'alta  incidenza  di  traumi  distorsivi 

alla caviglia. Durante un periodo di 2 anni, su 4940 donne e 6840 maschi 

si  riscontrarono 1052  lesioni della caviglia. Globalmente,  ‐ concludono 

gli autori ‐ le donne sembrano essere maggiormente predisposte ad una 

distorsione  di  1°  grado  dell’articolazione  tibiotarsica,  con  un  indice 

d'infortunabilità pari al 25%, se comparata a quella dei maschi. I fattori 

di rischio per le  lesioni del  legamento crociato anteriore nelle donne, a 

quanto  si  deduce  dalla  letteratura,  possono  essere  caratterizzate  da 

fattori  intrinseci  (anatomici  ed  ormonali)  ed  estrinseci  (ambientali  e 

biomeccanici) 6. 

Bisogna tener presente che i fattori estrinseci sono ricollegabili al tipo di 

esperienze  motorie  e  gestuali,  carenti  o  inadeguate,  alla  difficoltà 

dell’organizzazione spazio‐temporale, alla carenza della coordinazione e 

dell’equilibrio  e,  ultima ma  non  per  importanza,  a  una  ridotta  forza 

muscolare, valutabile in tutte le sue sfaccettature. 

È  giusto  precisare,  anche,  che  la  maggior  parte  di  queste  lesioni 

avvengono, o meglio, si verificano attraverso situazioni tipiche di gioco, 

la  maggior  parte  dovute  a  “non  contatto”,  durante  attività 

5 Hosea TM, Carey CC, Harrer MF, The gender  issue: epidemiology of ankle  injuries  in athletes who participate in basketball, Clin Orthop 2000 Mar;(372):45‐9 6 Toth AP, Cordasco FA, Anterior cruciate ligament injuries in the female athlete, J Gend Specif Med 2001;4(4):25‐34 

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“decelerative” come  l’atterraggio dopo un salto o un “taglio”. Ulteriori 

fattori  predisponenti  nelle  donne  sono  le  turbe  del  ciclo mestruale, 

quale  amenorrea,  dismenorrea  o  ipermenorrea.  Inoltre  le  ricerche 

hanno  evidenziato  come  possibile  etiologia  la  conformazione  del 

bacino,  valgismo  delle  ginocchia,  lassità  legamentose  funzionali 

articolari ed, infine, errori nelle tecniche di allenamento. 

 

3.2 Principali distretti interessati (traumatologie frequenti) 

 

Vediamo di seguito un’analisi dettagliata di alcune delle traumatologie 

più frequenti nel basket. 

 

Caviglia (distorsioni tibio‐tarsiche) 

 

Possono coinvolgere il comparto laterale o mediale ovvero il legamento 

laterale esterno (LLE) o il legamento mediale esterno (LME). 

 

Legamento laterale esterno 

E’ costituito da diversi fasci legamentosi: il 

fascio  peroneo‐astragalico  anteriore,  la 

capsula  anteriore  dell'articolazione  tibio‐

tarsica,  il  fascio  peroneo‐calcaneare,  la 

capsula  e  legamenti  dell'articolazione 

sotto‐astragalica, la guaina dei peronieri, il 

fascio peroneo‐astragalico posteriore. 

 

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Legamento mediale esterno 

E’ formato da tre fasci disposti a delta, da 

cui il nome di legamenti deltoidei. 

 

Traumi in inversione o eversione possono stirare o lacerare i legamenti 

di supporto dell'articolazione e creare un’instabilità importante (in caso 

di  lesione  completa  è  necessaria  l’immobilizzazione  della  caviglia  o 

l’intervento chirurgico). 

Circa  l'85%  delle  lesioni  di  caviglia  sono  rappresentate  da  distorsioni 

capsulo‐legamentose, di queste  il 70%  riconoscono un meccanismo  in 

inversione (distorsione  in  inversione,  in cui  la punta del piede è rivolta 

verso  l'interno),  il  5%  in  eversione  (distorsione  in  eversione,  in  cui  la 

punta  del  piede  è  rivolta  verso  l'esterno)  mentre  il  restante  10% 

interessa  la  sindesmosi  tibio‐peroneale  (spazio  compreso  tra  tibia, 

perone e capsula articolare) e fratture riguardanti il perone e la tibia. 

La distorsione di caviglia è un evento traumatico che si realizza quando 

una  forza esterna  tende a  far allontanare  i capi articolari mettendo  in 

azione  le  strutture  stabilizzanti quali  i  legamenti,  la capsula articolare, 

ed i muscoli. 

Le distorsioni vengono distinte a secondo della gravità in: 

I grado: quando vi è solo un allungamento dei legamenti, ma non 

vi è alcuna rottura; 

II grado: quando vi è la lesione di 1 o più legamenti; 

III  grado:  quando,  oltre  alla  lesione  dei  legamenti,  vi  è  una 

frattura ossea. 

 

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Caviglia (patologie del tendine d’Achille) 

 

Diverse sono le patologie che interessano il tendine d’Achille: 

- il  corpo  del  tendine  è  sede  di  tendinosi, 

localizzata o diffusa, con microrotture delle  fibre 

collagene,  che  possono  formare  dei  noduli 

("tendinite" semplice, o nodulare); 

- le  guaine  peri  o  iuxta‐tendinee  con 

infiammazione  che  realizza  vere  e  proprie 

peritendiniti e tenosinoviti con edema e crepitio; 

- le tenoborsiti retro o pre‐achillee dando origine a 

borsiti; 

- il  passaggio  teno‐periosteo  sul  calcagno  con 

microrotture,  infiammazione  (entesite)  o 

calcificazioni; 

- il  passaggio  miotendineo  con  microlacerazioni 

miotendinite, o  lacerazioni e rotture che esulano 

dal  quadro  delle  tendinopatie  propriamente 

dette. 

 

 

Ginocchio (patologie distorsive) 

 

Le  distorsioni  di  ginocchio  si  verificano  con  estrema  frequenza  nella 

pratica  sportiva. Gli  sport più  implicati  sono:  calcio, basket, pallavolo, 

rugby.  In  tali  sport  assieme  ai  continui  salti  e  cambi  di  direzione  si 

verifica anche il contatto fisico. 

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Per  comprendere  cosa  succeda  durante  una  distorsione  è  necessario 

avere delle nozioni chiare sulla struttura biomeccanica del ginocchio. 

È  un’articolazione  costituita  da  due  capi  articolari,  femore  e  tibia,  da 

due  cuscinetti  fibrocartilaginei  (i menischi  laterale e mediale), da due 

legamenti centrali (crociato anteriore e posteriore) e da due  legamenti 

laterali  (collaterale  mediale  e  laterale).  La  rotula  contrae  rapporti 

articolari  solo  con  il  femore  ed  è  sostenuta  dal  tendine  del muscolo 

quadricipite prossimalmente e dal tendine rotuleo distalmente. 

I meccanismi lesivi sono vari. Si verificano durante una caduta dopo un 

salto, a seguito di un trauma diretto per uno scontro con un avversario, 

per un cambio di direzione brusco, per un iperestensione del ginocchio, 

e più raramente a seguito di un iperflessione.  

 

 

 

 

   

 

Sollecitazione 

Distorsione 

Rottura legamenti(distorsione  di  3° grado) 

Rottura Lca 

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Ovviamente,  a  seconda  della  modalità  della  distorsione  si  avrà  un 

quadro  patologico  diverso.  Per  esempio,  se  si  verifica  un  trauma  in 

valgismo (cioè con l’angolo tra femore e tibia rivolto verso l’esterno) ed 

in  flessione  si  avrà  una  lesione  del  collaterale  mediale,  del  crociato 

anteriore  e  del  menisco  interno  o  mediale.  Se  il  trauma  avviene  in 

varismo (angolo femore‐tibia aperto verso l’interno) si avrà una lesione 

del collaterale laterale, del crociato posteriore e del menisco esterno o 

laterale.  Naturalmente  questi  schemi  sono  puramente  indicativi  in 

quanto  ogni  trauma  si  verifica  con  un meccanismo  unico  e  vario, ma 

avendo  in mente questi elementi può essere più  facile effettuare una 

diagnosi. 

 

Ginocchio (tendinopatia rotulea) 

 

Anatomicamente  il  tendine  rotuleo è  il  robusto  tendine  terminale del 

maggiore muscolo della coscia, il quadricipite. 

È teso tra la rotula e l'apofisi tibiale anteriore, protuberanza che si può 

palpare con facilità circa 4 dita al di sotto della rotula, sul primo quinto 

prossimale anteriore della gamba. 

Funzionalmente  fa  parte  dell'apparato  estensore  del  ginocchio  in 

quanto  la  contrazione  del  muscolo  quadricipite  sollecita  il  tendine 

rotuleo a fare estendere la gamba sulla coscia. La tendinopatia rotulea è 

una  delle  più  conosciute  per  incidenza  e  gravità  dei  sintomi  ed 

interessa,  come  si diceva,  l'apparato estensore del ginocchio  in quegli 

atleti  che,  per  la  loro  attività  sportiva,  eseguono  in modo  intenso  e 

ripetitivo movimenti di corsa e salto. 

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Si  preferisce  definirla  “tendinopatia  rotulea”  e  non  semplicemente 

“tendinite”  in quanto  le alterazioni degenerative prevalgono  su quelle 

infiammatorie,  poiché  la  malattia  è  caratterizzata  da  ”microrotture” 

consistenti microscopicamente  in  fenomeni di degenerazione mucoide 

e ialina che avvengono nel contesto del tendine. Colpisce generalmente 

la porzione prossimale del tendine nella sua inserzione sul polo inferiore 

della  rotula, ma  può  interessare  anche  l'inserzione  distale  sull'apofisi 

tibiale  anteriore,  specie  in  atleti  che  non  hanno  ancora  raggiunto  la 

maturità  scheletrica  (in  questo  caso  la  patologia  prende  il  termine  di 

sindrome di Osgood‐Schlatter). 

Le  tendinopatie  rotulee  sono  per  lo  più  ad  appannaggio  dei  giovani 

sportivi, nei quali  si  configurano  come OVERUSE  SYNDROMES, ovvero 

patologie da sovraccarico. 

Questa  malattia  è  anche  nota  come  “GINOCCHIO  DEL  SALTATORE” 

perché  spesso  legata  all'attività  del  salto.  Giocatori  di  basket,  volley, 

calcio,  salto  in  alto,  tennis  e  corsa  ne  sono  frequentemente  colpiti, 

soprattutto quando presentano una  condizione  anatomica nota  come 

“rotula alta” o un cattivo allineamento del ginocchio  (ginocchio varo o 

valgo). 

 

Polso e mani 

 

Nel  basket  tutti  i  giocatori  devono  eseguire  numerosi  gesti  tecnici 

specifici che richiedono l’uso di entrambe le mani, quali: palleggio, tiro, 

ricezione  della  palla,  passaggio.  Ciascun  giocatore  ha  un  contatto 

costante con la palla e ciò richiede movimenti fini delle dita e del polso 

tali  da  rendere  difficile  l’uso  di  presidi  di  contenzione  efficaci  che  ne 

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garantiscano al contempo  la mobilità e  la protezione costante.  Il gioco 

moderno  poi  è  divenuto molto  rapido  e  si  basa  su  continui  cambi  di 

direzione,  senso  e  velocità,  tali  da  aver  trasformato  uno  sport  che 

storicamente era definito di non contatto, in un’attività complessa, con 

grandi possibilità di contatto e di scontro fisico, specie entro  l’area dei 

tre secondi, che ne moltiplicano le possibilità di traumi in generale. Uno 

studio  su  atleti  professionisti  americani  del  NBA  (National  Basket 

Association) effettuato nel corso di diverse  stagioni ha mostrato che  i 

traumi dell’arto  inferiore  rappresentano oltre  il 50% degli  incidenti di 

gioco, ma anche che  l’arto superiore presenta un’importante  incidenza 

di  traumi che raggiunge quasi  il 20% del  totale. L’Associazione  Italiana 

Medici  del  Basket,  che  raccoglie  i  medici  sociali  delle  squadre 

professionistiche del Campionato Italiano, ha di recente effettuato uno 

studio  sull’evoluzione  epidemiologica  dei  traumi  nel  basket moderno, 

da  cui  emerge  un  significativo  aumento  degli  infortuni,  quantificabile 

entro  il  10‐20%  nelle  ultime  stagioni,  che  è  stato  da  molti  ascritto 

all’effettivo  aumento  del  numero  degli  impegni  agonistici  nel  corso 

della  stagione  sportiva.  E’  però  evidente  che  non  si  tratti  solo 

dell’equivalenza “più partite = più traumi”  l’aumento della velocità del 

gioco e del numero dei contatti gioca sicuramente un ruolo importante 

nella genesi infortunistica e pertanto, per il contenimento di tali dati in 

crescita  un  ruolo  decisivo  potrebbe  essere  svolto  proprio  dalla 

prevenzione.  

 

  

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CAPITOLO 4 

E.N.F. PHYSIO 

 

In  un  progetto  riabilitativo,  la  terapia  fisica  ‐  con  utilizzo  di  energia 

elettrica ‐ viene proposta quale sussidio alla presa in carico di soggetti 

con affezioni infiammatorie, dolorose e steniche. La tecnologia mette a 

disposizione  apparecchiature  capaci  di  generare  un  numero 

considerevole di tipologie di correnti, diverse per frequenza, intensità e 

forma d’onda.  

Le correnti comunemente utilizzate sono la Corrente Continua (CC) e la 

Corrente Alternata  (CA). La CC serve a propagare  ioni medicamentosi 

attraverso  la  cute,  applicazione  tipica  della  Ionoforesi  e  della 

Iontoforesi, con un effetto ulteriore sia sul trofismo che sul dolore. La 

CA viene utilizzata come elettrostimolazione per il recupero della forza 

muscolare  conseguente  ad  un’immobilizzazione  prolungata  o 

interventi  chirurgici,  oppure  come  elettro‐analgesia  nelle  sindromi 

dolorose (T.E.N.S. e Correnti Diadinamiche).  

La  Corrente Alternata  con Retroazione  (CAR),  pur  essendo  a  tutti  gli 

effetti  una  CA,  merita  di  essere  classificata  a  parte  per  le  sue 

caratteristiche innovative e per la sua grande efficacia terapeutica. 

CC e CA, pur appartenendo a due gruppi distinti per  le caratteristiche 

di trasmissione, sono entrambe correnti a “trasmissione  lineare”, cioè 

inviano  impulsi  secondo un programma  software memorizzato e non 

registrano alcuna risposta dell’organismo.  

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Diversamente  da  queste,  una  CAR  applicata  sul  corpo  umano  è 

sensibile alla sua  reazione e varia automaticamente alcuni parametri, 

basandosi  su  un  principio  di  compensazione  della  risposta  (Bio‐

FeedBack).  Questo  tipo  di  corrente  costituisce  il  terzo  gruppo  di 

correnti elettriche terapeutiche. Si tratta di una corrente alternata, ma 

che funziona a “trasmissione con retroazione”. 

 

4.1 Confronto tra ENF e le altre elettroterapie 

 

Esistono  tre  grandi  gruppi  di  elettroterapie.  I  primi  due  sono  a 

“trasmissione  lineare”.  Si  differenziano  per  il  tipo  di  corrente 

impiegata:  uno  funziona  a  corrente  continua,  l’altro  a  corrente 

alternata.  Il  terzo  gruppo  funziona  a  corrente  alternata,  ma  con 

“trasmissione con Retroazione”,  in quanto  invia  impulsi e evidenzia  la 

risposta del tessuto trattato. 

Primo Gruppo: elettroterapie  a  correnti  continue  (CC) e  trasmissione 

lineare. Sono quelle correnti continue applicate a bassa intensità come 

la  Ionoforesi  (più  adatta  alla  veicolazione  di  sostanze)  e  le  Correnti 

Galvaniche (con un effetto antalgico). 

Secondo  Gruppo:  elettroterapie  a  corrente  alternata  (CA)  e 

trasmissione lineare, suddivisibili in elettroterapia antalgica (TENS) e in 

elettrostimolazione  neuromuscolare  (attrezzature  con molte  varianti 

ma tutte strutturalmente simili). 

Terzo Gruppo: elettroterapia a  corrente alternata e  trasmissione  con 

retroazione  (CAR), si  tratta dell’applicazione di correnti elettriche che 

registrano  il  Feedback  e  mostrano  il  cambiamento  man  mano  che 

questo avviene nel soggetto trattato. 

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50 

Il  Feedback  è  la  capacità  di  un  sistema  dinamico  a  tener  conto  dei 

risultati, al fine di modificare le caratteristiche del sistema stesso.  

L’ENF (Elettro Neuro Feedback) si distingue notevolmente dalle comuni 

attrezzature elettroterapiche per la propria capacità di interagire con il 

corpo  mostrando  il  proprio  effetto  in  base  al  feedback  ricevuto. 

L’ElettroNeuroFeedback può essere considerato come un grande passo 

avanti  della  tecnologia  applicata  alla Medicina Riabilitativa,  che  apre 

possibilità nuove ed estremamente interessanti. 

 

4.2 Implementazione della CAR nell’ENF 

 

L’ENF  si  caratterizza  per  l’ottimizzazione  e  la  semplificazione 

dell’impiego  di  una  CAR  in  ambito  riabilitativo,  la  cui  principale 

peculiarità è quella di  variare  l’emissione di  impulsi  in  funzione della 

risposta  bioelettrica  conseguente  al  contatto  con  l’organismo.  Il 

funzionamento dell’ENF avviene attraverso l’applicazione di una coppia 

di elettrodi, uno positivo e  l’altro negativo. Senza contatto,  il circuito 

dell’apparecchiatura  generatrice  dell’impulso  è  aperto  e  quindi  non 

emette nulla, essendo privo del collegamento tra anodo e catodo. 

 

 

Figura 13: Meccanismo di feedback ENF 

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Quando  la  coppia  di  elettrodi  viene  poggiata  sulla  cute,  il  circuito 

elettrico  dell’apparecchiatura  viene  chiuso mediante  il  ponte  che  si 

crea  tra  elettrodo  positivo  e  negativo  (Figura  13).  La  chiusura  del 

circuito permette il fluire degli impulsi mediante l’attraversamento del 

tessuto dell’organismo.  

Tale attraversamento è condizionato da un gradiente di impedenza che 

varia  al  variare  dello  stato  del  tessuto  percorso  dall’impulso.  Va 

ricordato  che  l’impedenza  di  un  tessuto  è  la  forza  di  opposizione  al 

passaggio  di  corrente  elettrica.  La  CAR  è  sensibile  alla  variazione 

dell’impedenza  e  modifica  istantaneamente  intensità  e  frequenza 

dell’impedenza registrata. 

 

4.3 Caratteristiche d’uso dell’ENF 

 

Le  CAR  sono  correnti  elettriche  terapeutiche  con  ampie  possibilità 

applicative e con un potenziale di sviluppo molto elevato. L’ENF è uno 

strumento  riabilitativo  che  “dialoga”  col  corpo  tramite  un  algoritmo 

interattivo  e  può  essere  utilizzato  per  la  diagnostica,  individuando  il 

punto  che  necessita  di  terapia,  o  come  terapia  vera  e  propria, 

accelerando i processi di autoriparazione dei tessuti.  

L’ENF  genera  in  successione  pacchetti  di  impulsi  elettrici  bipolari  e 

bifasici,  fisiologicamente  simili  agli  impulsi  nervosi,  che  interagiscono 

con l’organismo.  

Può essere utilizzato su un’ampia gamma di patologie sia  in fase acuta 

che  cronica,  scegliendo  tra  i  protocolli  memorizzati  l’effetto 

antinfiammatorio,  drenante,  rigenerante,  decalcificante  o  puramente 

antalgico.  

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Possono essere trattati: 

Dolore 

Emicrania 

Esiti di trauma e traumi sportivi 

Infiammazioni muscolari 

Calcificazioni 

Neuropatie 

Ematomi e contusioni 

Rigenerazione tessuti post‐operatoria 

Artrosi, artrosi cervicale, artrite, osteoartrite. 

Essendo  una  terapia  fisica  ad  emissione  di  correnti,  l’ENF  terapia  è 

sconsigliata in: 

Pazienti  portatori  di  pace‐maker  o  altri  strumenti  elettronici 

sottocutanei 

Donne in gravidanza 

L’apparecchiatura  ENF  possiede  due  componenti  al  suo  interno 

fondamentali: la componente diagnostica e la componente terapeutica 

vera e propria.  

 

Componente diagnostica  

 

La componente diagnostica o Scansione, consente  la ricerca dei punti 

di  trattamento  (PDT)  sulla  cute.  Il modo  più  semplice  per  effettuare 

una  scansione  è  il  “Painting”,  ovvero  scorrendo  il manipolo  lungo  il 

perimetro della zona da trattare, mantenendo l’elettrodo ben poggiato 

sulla cute. Dopo  la prima  fase di Scansione Manuale, che ha  lo scopo 

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prevalentemente di  impostare  l’intensità di erogazione della corrente, 

si passa alla fase di Scansione Digitale (Figura 14).   

La scansione digitale ha la funzione di “mappare” con precisione l’area 

di  indagine per  individuare  i punti di maggiore e minore conducibilità 

elettrica. Ad ogni contatto compaiono  i valori di risposta della cute  in 

quel punto FR (“First Reaction” = prima reazione). In corrispondenza ai 

valori  numerici  di  FR,  compare  una  barra  colorata  la  cui  altezza 

corrisponde al valore FR rilevato  in una scala da 0 a 50 (il valore fuori 

scala  può  arrivare  fino  a  250).  In  genere  i  numeri  troppo  alti  di  FR 

corrispondono a problematiche  in  fase acuta o  riacutizzazione di  fase 

cronica, mentre  numeri  troppo  bassi  indicano  problematiche  in  fase 

cronica. 

 

Componente terapeutica 

 

La componente  terapeutica  si compone di una  serie di programmi di 

trattamento  preimpostati  (antinfiammatorio,  drenante,  rigenerante, 

decontratturante,  ecc.)  che  possono  essere  utilizzati  dall’operatore 

dopo aver individuato i PDT sia fisso che in fasi di “painting”.  

   

Per tale studio è stato utilizzata solo la componente diagnostica (Figura 

14) e non quella terapeutica dell'ENF Physio. 

 

 

 

 

 

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54 

 

 

 

Figura 14: Scansione digitale ENF 

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55 

CAPITOLO 5 

G‐WALK AND G‐JUMP *BTS 

 

5.1 BTS G‐Walk 

 

BTS  G‐WALK  è  un  sistema  wireless  che  utilizza  un  sensore  inerziale 

connesso  via  Bluetooth  ad  un  computer  (Figura  15)  e  permette  di 

eseguire  l’analisi  funzionale  del 

cammino.  Il sensore è posizionato 

in vita al paziente con un’apposita 

cintura  (Figura 16) che, grazie alla 

sua  ergonomia,  non  influenza 

minimamente  l’esecuzione  del 

gesto  motorio:  il  paziente  può,  infatti,  camminare  liberamente  e 

svolgere gli abituali gesti motori in qualunque ambiente. 

Con  i dati acquisiti il sistema fornisce tutti  i parametri spazio‐temporali 

del  passo  necessari  ad  effettuare  una  diagnosi  o  definire  un 

trattamento in maniera oggettiva e quantificata. 

BTS  G‐WALK  è  un  sistema  intuitivo  e  di  facile  utilizzo.  La  rapidità  di 

esecuzione  dei  test,  che  non  necessitano  di  alcuna  preparazione  del 

soggetto  e  la  generazione  automatica  dei  report  di  stampa,  rendono 

BTS  G‐WALK  adatto  ad  un  ampio  range  di  applicazioni:  prevenzione, 

diagnostica  e  follow‐up  di  interventi  riabilitativi  o  farmacologici  (ad 

esempio in pazienti affetti da Morbo di Parkinson). 

Figura 15: Trasmissione dati 

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BTS  G‐WALK  può  essere  quindi  utilizzato  dai  clinici  per  eseguire  le 

seguenti valutazioni:  

- supervisionare  l'analisi  funzionale del movimento di pazienti con 

malattie    secondarie  a  malattie  neurologiche,  amputazioni  o 

disfunzioni  dei  tessuti  molli.  L’analisi  computerizzata  del 

movimento può essere  fatta  su diversi  tipi di  superficie,  liscia o 

ruvida, indoor o outdoor; 

- l'analisi  funzionale  del movimento  può  anche  essere  effettuata 

durante un allenamento sul tapis roulant a differenti velocità da 

0.8 a 6.5 km/h con o senza pesi. 

I parametri spazio‐temporali del cammino che possono essere analizzati 

con il BTS G‐WALK sono: 

‐ velocità 

‐ cadenza 

‐ lunghezza del passo (step) 

‐ lunghezza del doppio passo (stride) 

‐ durata del ciclo del passo 

‐ durata delle fasi di appoggio (stance) 

‐ durata delle fasi di volo (swing) 

‐ durata delle fasi di doppio e singolo 

   appoggio. 

Il sistema provvede  inoltre a fornire  i dati di 

accelerazione  di  ogni  arto  e  dati  cinematici 

pelvici su tre piani dello spazio: 

‐ rotazione antero‐posteriore 

‐ anti‐retroversione (tilt pelvico) 

‐ inclinazione. 

Figura 16: Corretto posizionamento del sensore a livello di L5 

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BTS  G‐WALK  fornisce  dati  oggettivi  per  valutare  i  parametri  spazio‐

temporali,  comparando  destra  e  sinistra  con  i  dati  normativi,  per  un 

confronto  automatico  dei  parametri  acquisiti,  consentendo  un 

immediato riscontro visivo di deviazione tra il soggetto e la media. 

Le  valutazioni  cinematiche  del  cammino  ottenute  con  il  G‐WALK 

possono essere applicate a differenti condizioni patologiche: 

1. Ambito ortopedico: 

- disturbi  del  cammino  congeniti  o  acquisiti  causati  da  deformità 

come  scoliosi,  cifosi,  lordosi  con  e  senza  coinvolgimento  della 

stenosi spinale; 

- disfunzioni  degli  arti  inferiori  a  seguito  di  traumi  (fratture, 

distorsioni,  infortuni  ai  legamenti)  e  chirurgia  (articolazioni, 

protesi,  ricostruzioni  dei  legamenti,  etc.)  o  disfunzioni 

biomeccaniche  congenite o strutturali (problemi di allineamento 

femore‐patella,  valgismo/varismo  o  asimmetria  degli  arti 

inferiori); 

- amputazioni  (dalle  parziali  del  piede  alle  trans‐femorali)  per 

stimare  l'utilizzo  funzionale  di  diversi  dispositivi  al  fine  di 

determinare il più idoneo. 

2. Ambito neurologico: 

- Riabilitazione  dell'andatura  per  malattie  cerebrali  congenite  o 

acquisite, come i danni celebrali traumatici (TBI ‐ Traumatic Brain 

Injury) o  gli  incidenti  celebro  vascolari  (CVA – Cerebro Vascular 

Accident), comprendendo  le stime degli  interventi farmacologici, 

come la tossina botulinica nella popolazione pediatrica o i diversi 

interventi  ortopedici  per  meglio  valutare  cosa  porti  al  miglior 

risultato; 

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- risultati dei danni al midollo spinale (SCI) ottenuti come i risultati 

di  incomplete  para‐  o  tetraplegie  al  fine  di  definire  lo  stato 

attuale e di documentare i successivi miglioramenti; 

- malattie  neurodegenerative  come  il  Morbo  di  Parkinson, 

Idrocefalo normoteso(NPH), o  la Sclerosi Multipla  (SM) al  fine di 

definire l'efficacia farmacologica e riabilitativa dei trattamenti; 

- valutazione  di  ortesi  e  protesi  (bastone,  stampelle,  girelli)  che 

possono essere usati durante il processo di assestamento; 

- disordini  dell’equilibrio  e  del movimento  strettamente  connessi 

all'apparato vestibolare, come  la Sindrome di Meniere o disturbi 

celebrali che comportano un’andatura atassica. 

I  parametri  spazio‐temporali  ottenuti  con  questa  tipologia  di  analisi 

funzionale  del  cammino  consentono  di  quantificare,  per  esempio:  i 

residui  funzionali  motori  del  paziente  emiplegico,  allo  scopo  di 

pianificare  la  riabilitazione  ed  ottenere  il miglior  recupero  funzionale 

con  effetti  significativi  sulla  qualità  della  vita;  la  capacità  di 

deambulazione  di  pazienti  ortopedici,  come  supporto  alla  decisione 

chirurgica e alla valutazione dell’efficacia del trattamento (ricostruzione 

LCA, artroprotesi di ginocchio, ecc.) o ancora l’evoluzione delle strategie 

motorie del soggetto anziano per prevenire il rischio di caduta.  

 

5.2 BTS G‐JUMP 

 

BTS G‐JUMP è  ideale per  la valutazione della 

cinetica del salto per conoscere e quantificare 

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le caratteristiche fisiche e biomeccaniche degli sportivi. 

Attraverso  l’esecuzione  di  semplici  test  di  salto  (come  lo  Squat  Jump 

test o  il Counter Movement Jump Test) permette di valutare  la qualità 

meccanico‐muscolare degli arti inferiori dell’atleta. 

BTS G‐JUMP  è  un  sistema wireless  costituito  da  un  sensore  inerziale 

composto da un  accelerometro  triassiale, un  sensore magnetico  e un 

giroscopio  triassiale  che,  posizionato  su  L5,  permette  di  eseguire 

un’analisi funzionale del salto.  

Con  i dati acquisiti  il sistema  fornisce  i parametri  spazio‐temporali del 

salto  e  permette  di  ricavare  la  forza,  la  potenza  e  il  lavoro  esercitati 

dall’atleta durante il gesto, nonché l’elasticità e la coordinazione. 

La  rapidità  di  esecuzione  dei  test,  che  non  necessitano  di  alcuna 

preparazione  del  soggetto,  e  la  generazione  automatica  dei  report  di 

stampa, rendono BTS G‐JUMP un valido strumento di supporto durante 

la  definizione  di  ogni  percorso  di  allenamento  e  per  monitorarne  i 

risultati nel tempo in maniera oggettiva e quantificata. 

È  possibile  far  eseguire  all’atleta  una  batteria  di  test  (Figura  17), 

composta  da  7  prove  di  salto  differenti,  con  lo  scopo  di  valutare  le 

caratteristiche morfologiche  funzionali dei muscoli degli arti  inferiori e 

le capacità neuromuscolari. 

I parametri acquisiti dall’utilizzo del G‐Jump sono: 

• tempo di volo 

• altezza del salto  

• forza propulsiva 

• forza di impatto 

• massima potenza concentrica 

• massima potenza eccentrica 

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• lavoro concentrico 

• lavoro eccentrico 

Dalla media di tutti questi parametri, il sistema elabora tre indici: 

•  Indice di Bosco: che  indica  il coefficiente di riuso elastico della 

forza 

• Elasticità 

• Coordinazione 

 

Figura 17: Esempio di Stiffness Test 

 

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CAPITOLO 6 

MATERIALI E METODI 

 

6.1  Scopo dello studio 

 

Lo  scopo  del  presente  studio  è  quello  di  verificare  l’efficacia  di 

trattamento  con  K‐Active  Taping  su  una  squadra  di  pallacanestro 

femminile  professioniste  introducendo  nella  valutazione  tradizionale 

nuove metodiche e test di valutazione (G‐Walk and G‐Jump *BTS e ENF 

Physio). 

 

6.2 Descrizione del campione 

 

Il  campione è  costituito da 10  atlete professioniste di una  squadra di 

pallacanestro impegnate in un campionato di A2 femminile. 

L’età media  è  di  25,8  anni  (25.8  ±  7.18  anni,  range  19‐40), mentre 

l’altezza media è di 179,6 cm (179.6 ± 9.70 cm, range 168‐196).  

Lo studio è stato condotto tra febbraio e ottobre 2013. 

Dopo  autorizzazione  della  società,  tutte  le  atlete  scelgono  di 

partecipare  allo  studio previa  adeguata  informazione  sulle modalità  e 

finalità dello stesso. 

 

 

 

 

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Tabella I: Descrizione del campione 

Ruolo Età (anni) 

Altezza (cm) 

Traumatologia pregressa presa in considerazione 

Integratori assunti 

Sintomatologia attuale presa in considerazione 

Articolazione trattata 

Ala/guardia  20  173 

Meniscectomia menisco esterno Dx. Meniscectomia selettiva menisco 

esterno Sx. 

   

Ginocchio 

Playmaker  23  170   

Sali minerali. Vitamine a 

ciclo annuale 

Algia tibio‐tarsica Dx e talloni bilaterale. 

Maggiore dopo la prestazione. 

Caviglia 

Playmaker  20  168 

Infiammazione tibiale anteriore e 

posteriore bilaterale. 

 

Algia tibio‐tarsica bilaterale. Utilizza 

dei plantari durante la prestazione. 

Caviglia 

Play/guardia  40  170 

Distorsione tibio‐tarsica Dx 

importante. Lieve distorsione tibio‐

tarsica Sx. 

Integratori e 

aminoacidi a cicli. 

Dopo l’allenamento fastidio caviglia 

Sx. 

Caviglia 

Pivot  19  185 

Stiramento del polpaccio Sx. 

Infiammazione del Tendine Rotuleo Sx. 

Aminoacidi a cicli. 

Vitamina C. Sali 

Minerali. 

Saltuario dolore alle ginocchia  quando si piega per prendere un 

rimbalzo. 

Ginocchio 

Ala  26  184 Distorsione tibio‐tarsica bilaterale. 

Aminoacidi a cicli. 

Leggero fastidio al tendine d’Achille Sx prima e dopo l’allenamento. 

Caviglia 

Pivot  33  193 Tendinite cronica 

caviglia Dx.  

Risentimento   ischio‐crurali Sx. 

Ischio‐Crurali 

Guardia  20  176 Tendinopatia rotulea Dx. 

Vitamine a cicli. 

Dolore in fase di risalita dopo 

essersi flessa sulle ginocchia. 

Ginocchio 

Ala  33  182 Infiammazione 

nervo Sciatico Dx e lombosciatalgia. 

Sali minerali. 

In fase di tiro (allungamento) sofferenza agli 

Ischio‐crurali. Nel terzo tempo (fase 

finale di allungamento) sofferenza al 

nervo Sciatico Dx. 

Ischio‐Crurali 

Pivot  24  195 

Trapianto Semitendinoso e 

Gracile per ricostruzione LCA e 

LCP Dx e Sx. Meniscectomia 

selettiva menischi Dx e Sx. 

 

Utilizza delle ginocchiere con stecche laterali durante la 

competizione. 

Ginocchio 

 

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63 

6.3 Raccolta dati anamnestica 

 

Per  ogni  atleta  si  è  provveduto  a  compilare  una  scheda  anamnestica 

dettagliata mirata  soprattutto  all’individuazione  dei  distretti  articolari 

da prendere in considerazione per il trattamento.  

Nella scheda sono stati riportati i seguenti dati: 

- Data di nascita 

- Altezza 

- Ruolo di gioco 

- Patologie pregresse 

- Operazioni chirurgiche 

- Traumatologia pregressa 

- Terapie in atto (farmacologiche, integratori, fisiche, …) 

- Abitudini di vita quotidiane (attività lavorativa svolta, allenamenti 

individuali, assunzione di bevande alcoliche, …) 

- Sintomatologia attuale 

- Gesto atletico da cui scaturisce il dolore. 

 

6.4 Gruppi sperimentali 

 

Criteri di inclusione 

 

Conclusa  l’analisi delle  schede di  valutazione  iniziali delle atlete,  sono 

stati formati due gruppi sperimentali:  

GRUPPO A: atlete con disfunzione di Ginocchio (n° 4) 

GRUPPO B: atlete con disfunzione di Caviglia (n° 4). 

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Ciascun gruppo avrebbe fatto da gruppo di controllo per l’altro gruppo. 

Infatti,  le ragazze del gruppo A sono state trattate esclusivamente con 

l’applicazione del K‐Active Taping al ginocchio e, viceversa, il gruppo B è 

stato trattato con l’applicazione del K‐Active Taping alla caviglia e non al 

ginocchio. 

 

Criteri di esclusione 

 

Sono  state  escluse  dalla  sperimentazione  le  atlete  con  affezioni  agli 

Ischio‐Crurali (n° 2). 

 

6.5 Scale e strumenti di misurazione utilizzati 

 

Propedeutica all’applicazione del K‐Active Taping, è stata effettuata una 

valutazione  clinica,  prendendo  in  esame  l’escursione  articolare  (ROM 

per  anca,  ginocchio,  caviglia),  la  forza  muscolare  (MRC  per  anca, 

ginocchio, caviglia) e il dolore (VAS per anca, ginocchio, caviglia) ed una 

valutazione  strumentale  utilizzando  la  scansione  digitale,  tramite  ENF 

Physio (per ginocchio e caviglia), e  la valutazione dei parametri spazio‐

temporali  del  passo  e  test  specifici  di  salto,  tramite  un  giroscopio 

triassiale accellerometrico associato ad acquisizione video (G‐Walk and 

G‐Jump *BTS). 

La cute è stata preparata all’applicazione pulendola con  il Soft Cleaner 

della Prosomed, ed applicato  lo Spray Adhesivo K‐Active per  fissare  le 

basi, considerato che  l’applicazione sarebbe stata rimossa solo dopo 6 

giorni. Ogni applicazione e valutazione è stata effettuata ad un  tempo 

T0, T15 e T30. 

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Valutazione clinica 

 

Valutazione dell’escursione articolare (ROM) 

 

ANCA:  Per  la  valutazione  dell’escursione  articolare  della  flessione 

dell’anca il paziente è in posizione supina. L’anca e il ginocchio dell’arto 

testato sono in posizione neutra. L’anca controlaterale può essere flessa 

o  estesa.  Il  terapista  stabilizza  il  bacino.  Il  tronco  è  stabilizzato  dalla 

posizione del  corpo.  Il  terapista  solleva  l’arto  inferiore allontanandolo 

dal  lettino  e  afferra  la  parte  distale  del  femore  posteriormente. 

Mantenendo stabilizzato il bacino, il terapista applica una lieve trazione 

spostando  il  femore  anteriormente  fino  al  limite  del  movimento  di 

flessione  dell’anca.  L’escursione  articolare  normale  della  flessione 

dell’anca è 0‐120°. 

Per  la valutazione dell’escursione articolare dell’estensione dell’anca  il 

paziente  è  in  posizione  prona.  Le  anche  e  le  ginocchia  in  posizione 

neutra. I piedi si trovano all’estremità del lettino. Il terapista stabilizza il 

bacino. Il terapista afferra la parte distale del femore anteriormente ed 

applica una  lieve  trazione  spostando  il  femore posteriormente  fino  al 

limite  del movimento  di  estensione  dell’anca.  L’escursione  articolare 

normale dell’estensione dell’anca è 0‐30°. 

Per  la  valutazione dell’escursione articolare dell’abduzione dell’anca  il 

paziente è in posizione supina; il bacino in posizione orizzontale e gli arti 

inferiori in posizione anatomica. Il terapista stabilizza il bacino. Qualora 

fosse  richiesta  una  stabilizzazione  ulteriore  del  tronco  e  del  bacino, 

l’arto  inferiore  controlaterale  può  essere  posizionato  con  l’anca  in 

abduzione,  il  ginocchio  flesso  sopra  il  bordo  del  lettino  e  il  piede 

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appoggiato  su  uno  sgabello.  Il  terapista  afferra  la  parte  distale  del 

femore medialmente. Il terapista applica una lieve trazione spostando il 

femore  fino  al  limite  del  movimento  di  abduzione  dell’anca. 

L’escursione articolare normale dell’abduzione dell’anca è 0‐45°. 

Per  la  valutazione dell’escursione articolare dell’adduzione dell’anca  il 

paziente è  in posizione supina;  il bacino è  in posizione orizzontale e gli 

arti inferiori in posizione anatomica. L’anca, non in esame, è abdotta in 

modo da consentire un’ampiezza articolare completa del movimento di 

adduzione dell’anca  testata.  Il  terapista  stabilizza  il bacino e afferra  la 

parte  distale  del  femore.  Il  terapista  applica  una  lieve  trazione 

spostando  il  femore  fino  al  limite  dell’ampiezza  articolare  del 

movimento  di  adduzione  dell’anca.  L’escursione  articolare  normale 

dell’adduzione dell’anca è 0‐30°.  

Per  la  valutazione dell’escursione articolare della  rotazione  interna ed 

esterna  dell’anca  il  paziente  è  in  posizione  supina  con  l’anca  e  il 

ginocchio flessi di 90°. Il bacino è stabilizzato dalla posizione del corpo. 

Il  terapista  mantiene  la  posizione  del  femore  senza  limitarne  i 

movimenti e afferra la parte distale di tibia e perone. Il terapista applica 

una  lieve trazione spostando  la parte distale del femore, quindi muove 

la tibia e  il perone  in direzione  laterale fino al  limite del movimento di 

rotazione  interna  dell’anca  e  in  direzione  mediale  fino  al  limite  del 

movimento  di  rotazione  esterna  dell’anca.  L’escursione  articolare 

normale della rotazione interna ed esterna dell’anca è 0‐45°. 

 

GINOCCHIO:  Per  la  valutazione  dell’escursione  articolare  della  flesso‐

estensione del ginocchio il paziente è in posizione supina con l’anca e il 

ginocchio  in  posizione  anatomica.  Un  asciugamano  ripiegato  è  posto 

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sotto  la parte distale della  coscia.  Il bacino è  stabilizzato dal peso del 

paziente, mentre il terapista stabilizza il femore e afferra le parti distali 

di tibia e perone. Il terapista applica una lieve trazione e muove la parte 

inferiore della gamba flettendo l’anca e il ginocchio. Una lieve ulteriore 

pressione è applicata al limite del movimento di flessione del ginocchio. 

Il  terapista  applica  una  lieve  trazione  ed  estende  il  ginocchio, 

applicando  una  lieve  ulteriore  pressione  al  limite  del  movimento  di 

estensione/iperestensione  del  ginocchio.  L’escursione  articolare 

normale della  flessione del ginocchio è 0‐135°; mentre dell’estensione 

del ginocchio è 135°‐0.  

 

CAVIGLIA:  Per  la  valutazione  dell’escursione  articolare  della  flessione 

dorsale della caviglia  (dorsiflessione)  il paziente è  in posizione  supina. 

Un  asciugamano  arrotolato  è  posto  sotto  il  ginocchio  in  modo  da 

metterlo  in  lieve flessione e determinare una riduzione di tensione del 

muscolo  gastrocnemio.  La  caviglia  è  in  posizione  anatomica  o  neutra 

con il piede perpendicolare alla parte inferiore della gamba. Il terapista 

stabilizza  la  tibia e  il perone e afferra  la parte posteriore del calcagno 

con  l’avambraccio  contro  la  superficie  plantare  dell’avampiede.  Il 

terapista applica una trazione sul calcagno e con l’avambraccio muove il 

dorso del piede verso  la  faccia anteriore della gamba  fino al  limite del 

movimento  di  dorsi  flessione  della  caviglia.  L’escursione  articolare 

normale della dorsiflessione è 0‐20°. 

Per  la  valutazione  dell’escursione  articolare  della  flessione  plantare 

della  caviglia  il  paziente  è  in  posizione  supina.  Un  asciugamano 

arrotolato è posto sotto il ginocchio e la caviglia è in posizione neutra. Il 

terapista  stabilizza  la  tibia  e  il  perone  e  afferra  il  dorso  del  piede 

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ponendo  il  bordo  del  dito  indice  sopra  la  superficie  anteriore 

dell’astragalo  e  del  calcagno.  Il  terapista  applica  una  lieve  trazione 

muovendo  l’astragalo  e  il  calcagno  verso  il  basso  fino  al  limite  del 

movimento  di  flessione  plantare  della  caviglia.  L’escursione  articolare 

normale della flessione plantare è 0‐50°. 

La valutazione dell’escursione articolare della caviglia si esegue prima a 

ginocchio esteso e poi con il ginocchio flesso di 90°. 

 

Valutazione della forza muscolare (MRC) 

 

ANCA: Per la valutazione della forza muscolare della flessione dell’anca 

si  pone  il  paziente  a  sedere  con  le  gambe  fuori  dal  lettino  e  si 

immobilizza  il  bacino.  Il  paziente  deve  essere  in  grado  di  flettere  la 

coscia sul bacino anche nella seconda parte del movimento, vincendo la 

resistenza opposta subito sopra il ginocchio. 

Per  la  valutazione  della  forza  muscolare  dell’estensione  dell’anca  si 

pone  il  paziente  in  decubito  prono  ad  arti  inferiori  estesi  e  si 

immobilizza il bacino. Il paziente deve essere in grado di compiere tutto 

il  movimento  di  estensione  vincendo  la  resistenza  applicata  subito 

sopra la faccia posteriore del ginocchio. 

Per la valutazione della forza muscolare dell’abduzione dell’anca si pone 

il  paziente  in  decubito  laterale  con  l’arto  sovrastante  lievemente 

iperesteso, e quello  sottostante con  il ginocchio  flesso per mantenere 

l’equilibrio e si immobilizza il bacino. Il paziente deve essere in grado di 

abdurre completamente  l’arto sovrastante, senza extraruotare  l’anca e 

vincendo la resistenza applicata subito sopra il ginocchio. 

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Per la valutazione della forza muscolare dell’adduzione dell’anca si pone 

il paziente in decubito laterale, con l’arto inferiore sottostante poggiato 

al  lettino e quello  sovrastante mantenuto  in abduzione di  circa 25°.  Il 

paziente deve essere  in grado di addurre  l’arto sottostante fino a farlo 

giungere  in  contatto  con  quello  sovrastante,  vincendo  la  resistenza 

applicata sopra il ginocchio. 

Per  la  valutazione  della  forza  muscolare  della  rotazione  esterna 

dell’anca si pone il paziente a sedere con le gambe fuori dal lettino, e gli 

si  fa afferrare  il bordo del  lettino  stesso. Si afferra  il paziente  sopra  il 

ginocchio, per impedire i movimenti di flessione ed abduzione dell’anca, 

e subito sopra il malleolo per fare resistenza al movimento di rotazione. 

Il paziente deve essere  in grado di compiere  il movimento di rotazione 

esterna vincendo la forza dell’esaminatore. 

Per  la  valutazione  della  forza  muscolare  della  rotazione  interna 

dell’anca si pone il paziente a sedere con le gambe fuori dal lettino e gli 

si fa afferrare i bordi del  letto per  immobilizzare il bacino. Ci si oppone 

all’adduzione  dell’anca  del  lato  in  esame  agendo  al  di  sopra  del 

ginocchio.  Il  paziente  deve  essere  in  grado  di  ruotare  mediante  la 

coscia, vincendo la resistenza che l’esaminatore applica al di sopra della 

caviglia. 

 

GINOCCHIO: Per la valutazione della forza muscolare della flessione del 

ginocchio si pone il paziente in decubito prono ad arti inferiori estesi e si 

immobilizza  il  bacino.  Il  paziente  deve  essere  in    grado  di  flettere  la 

gamba sulla coscia vincendo la resistenza che l’esaminatore applica al di 

sopra della caviglia, mentre mantiene la gamba in extrarotazione. 

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Per  la valutazione della forza muscolare dell’estensione del ginocchio si 

pone il paziente con le gambe fuori dal lettino ed un’imbottitura sotto il 

ginocchio. Si  immobilizza  il bacino senza premere sull’origine del retto 

femorale.  Il  paziente  deve  essere  in  grado  di  compiere  l’intera 

estensione vincendo la resistenza che l’esaminatore oppone al di sopra 

della caviglia, ma senza giungere a bloccare il ginocchio esteso. 

 

CAVIGLIA:  Per  la  valutazione  della  forza  muscolare  della  flessione 

dorsale della caviglia si pone il paziente a sedere con le gambe fuori dal 

lettino  e  si  immobilizza  la  gamba.  Il  paziente deve  essere  in  grado  di 

flettere  dorsalmente  la  caviglia,  vincendo  la  resistenza  che 

l’esaminatore  applica  sulla  parte  dorsale  e  interna  del  piede,  senza 

flettere le dita. 

Per  la  valutazione  della  forza muscolare  della  flessione  dorsale  della 

caviglia  si  pone  il  paziente  in  piedi  sull’arto  in  esame  che  è  tenuto 

esteso.  Se  la  forza  è  “normale”  il  paziente  è  in  grado  di  alzarsi  sulla 

punta del piede sollevando il calcagno da terra per tutta l’ampiezza del 

movimento di flessione plantare, per almeno quattro o cinque volte di 

seguito. 

 

Valutazione del dolore (VAS) 

 

La  valutazione  del  dolore  è  stata  effettuata  utilizzando  la  scala  di 

valutazione VAS (Visual Analogue Scale). La VAS (Figura 18) è composta 

da una  linea di 10 cm orizzontale o verticale con due punti di  inizio e 

fine,  contrassegnati  con  la dicitura  “nessun dolore” e  “peggior dolore 

possibile”.  Al  paziente  viene  chiesto  di  mettere  un  punto  al  livello 

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dell’intensità di dolore che prova. E’ una scala di valutazione semplice e 

breve da somministrare.  

 

Valutazione strumentale 

 

Scansione digitale tramite ENF Physio 

 

La scelta dell’intensità di erogazione della corrente è conseguente ad 

un  approccio  oggettivo  e  ripetibile. 

Per  tale  studio,  la  scansione  viene 

effettuata in painting ad un’intensità 

di 0,5 Joule.   

Per  entrambi  i  gruppi  sperimentali 

vengono esaminati ginocchio dx e sx 

e caviglia dx e sx. 

Dai  valori  dell’FR  ottenuti 

scansionando  il  singolo  distretto 

articolare  sono  stati  estratti  i  valori 

medi per articolazione. 

 

 

Figura 18: Scala analogica visiva (VAS)

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Protocollo per la valutazione dei parametri spazio‐temporali del 

passo (G‐Walk *BTS)  

 

La valutazione dei parametri spazio‐temporali del passo viene eseguita 

mediante l’utilizzo del G‐Walk *BTS.  

Si  posiziona  la  cintura  con  il  sensore  acceso  su  L5.  Si  seleziona  il 

protocollo  “Cammino”  ed  una  volta  sincronizzato  il  sensore  al 

computer, si chiede all’atleta di camminare con andatura fisiologica per 

un percorso  rettilineo di  circa 8 m. Una  volta  salvata  l’acquisizione,  il 

sistema  restituisce  un  report  dell’esame  con  i  parametri  spazio‐

temporali del passo e i valori normativi per uomini e donne, insieme ai 

grafici  del  ciclo  del  passo  e  di  angolazione  del  bacino.  Questa 

valutazione  viene  ripetuta  nelle  stesse  modalità  sopradescritte  sia 

prima che dopo l’applicazione del K‐Active Taping. 

 

Protocollo  per  la  valutazione  di  test  specifici  di  salto  (G‐Jump 

*BTS)  

 

La valutazione di test specifici di salto viene eseguita mediante l’utilizzo 

del G‐Jump *BTS.  

Si  posiziona  la  cintura  con  il  sensore  acceso  su  L5.  Si  seleziona  il 

protocollo “Jump’s Protocol” e si chiede all’atleta di eseguire 7 prove di 

salto diverse. Le prove che l’atleta dovrà sostenere sono: 

1. Counter Movement Jump (CMJ) 

2. Squat Jump (SJ) 

3. CMJ con spinta delle braccia (CMJ+B) 

4. CMJ in serie (RCMJ) 

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5. SJ con Bilanciere (SJBW) 

6. Drop Jump (DJ) 

7. Stiffness Test 

Alla  fine dell’esecuzione di tutto  il protocollo  il sistema  fornirà  i grafici 

con  i  relativi  parametri  per ogni  salto  e  i  valori  di  elasticità,  espressa 

dall’algoritmo  [(CMJ  –  SJ)  /  SJ]*100;  coordinazione,  espressa 

dall’algoritmo  (CMJ+B  – CMJ); indice di Bosco, espresso dall’algoritmo 

(SJBW / SJ). 

Ogni batteria di test viene ripetuta nelle stesse modalità sia prima che 

dopo l’applicazione del K‐Active Taping. 

Si  analizzano  brevemente,  di  seguito,  tutti  i  salti  che  compongono  il 

test. 

1. Counter Movement Jump (CMJ) 

Il  CMJ  è  un  test  in  cui  il  salto  è  realizzato 

grazie  al  ciclo  di  allungamento  e 

accorciamento  degli  elementi  elastici  dei 

muscoli. Durante questa prova,  il  soggetto, 

che parte in posizione eretta con i piedi a larghezza delle spalle e mani 

sui  fianchi,  deve  effettuare  un  salto  verticale  subito  dopo  un  rapido 

contromovimento verso il basso che lo porta a flettere le ginocchia fino 

ai 90°. Durante  il contromovimento, così come nel salto,  il tronco deve 

mantenere  la  posizione  eretta  per  evitare  qualsiasi  influenza  sulla 

performance  degli  arti  inferiori.  Viene  utilizzato  questo  test  per  la 

valutazione della capacità di stacco dell’atleta durante le azioni tecniche 

che prevedono una fase di volo accentuata.  

 

 

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2. Squat Jump (SJ) 

Durante questo  test  il  soggetto,  che parte  in una  condizione di  squat 

statico  (ginocchia  flesse  a  90°)  con  tronco  e  mani  sui  fianchi,  deve 

eseguire un salto verticale sul posto. L’atleta non deve eseguire nessun 

contromovimento verso  il basso  in modo da 

evitare  l’ulteriore  accumulo  di  energia 

elastica.  Il distacco da  terra e  il conseguente 

atterraggio deve essere eseguito con gambe e piedi totalmente estesi. 

Questo  test  serve  per  la  valutazione  della  forza  esplosiva  degli  arti 

inferiori dell’atleta.  

3. CMJ con spinta delle braccia (CMJ+B) 

La spinta delle braccia durante il caricamento 

della  fase  eccentrica  stimola  l’aumento  di 

attività  dei  muscoli  estensori  delle  gambe 

comportando  una  maggiore  risposta  elastica  che,  combinata  con  la 

stessa  spinta  che  continua  anche  durante  il  salto,  permette  di 

raggiungere un’altezza maggiore rispetto al classico CMJ.  

4. CMJ in serie (RCMJ) 

Questa prova consiste nell’eseguire, nella medesima acquisizione, una 

serie di CMJ.  L’atleta  inizia  l’esercizio  in posizione eretta e  stazionaria 

con  il peso ben distribuito su entrambi  i piedi. Le mani devono essere 

posizionate sui fianchi e dovranno rimanere in questa posizione durante 

l’intera esecuzione del test. Il soggetto deve flettere le ginocchia fino a 

raggiungere  i 90°, saltare verticalmente  il più 

alto possibile, atterrare a terra con entrambi i 

piedi, tornare alla posizione statica iniziale per 

poi ricominciare il task flettendo nuovamente le ginocchia.  

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Questo test, nel nostro studio, viene eseguito per un tempo di 30’’. 

5. SJ con Bilanciere (SJBW) 

Il  soggetto  deve  eseguire  una  serie  di  singoli 

Squat  Jumps.  Il  primo  salto  è  a  corpo  libero 

(classico SJ), il successivo con un carico crescente 

partendo da un primo  livello di 5 Kg  fino ad arrivare a un peso pari a 

quello del soggetto (SJ Peso Corporeo) posizionato sulle spalle. 

Per  tutela  dell’atleta,  il  protocollo  di  esecuzione  di  questo  test,  nel 

nostro studio, prevede 3 salti:  il primo salto a corpo  libero,  il secondo 

salto con due manubri da 1 Kg ciascuno, il terzo salto con due manubri 

da 4 Kg ciascuno. 

6. Drop Jump (DJ) 

Questo test prevede l’esecuzione di un salto effettuato dopo la discesa 

da un blocco di altezza prefissata (40 cm nel nostro studio). Il soggetto 

deve  lasciarsi  cadere  con  i  piedi  estesi,  il  tronco  eretto  e  le mani  sui 

fianchi.  Dopo  il  primo  contatto  a  terra,  il  soggetto  deve  saltare  più 

velocemente possibile con  la massima spinta. E’ un  test  fondamentale 

per  valutare  la  forza  reattiva  dei  muscoli 

estensori degli arti  inferiori, e del quadricipite 

in particolare.  

7. Stiffness Test 

L’esercizio  richiede al soggetto di compiere 

una serie di salti verticali consecutivi con  la 

massima  intensità.  I  salti  devono  essere 

eseguiti mantenendo  le  gambe dritte  e  rigide mentre  le braccia  sono 

libere di accompagnare  il movimento. È  il  test per  la valutazione della 

forza reattiva dei muscoli estensori degli arti inferiori.  

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Il protocollo di esecuzione del medesimo test, nel nostro studio, è stato 

fissato a 15 salti. 

 

6.6 Descrizione delle applicazioni utilizzate 

 

GINOCCHIO:  Si  inizia  prendendo  la misura  delle  prime  due  strisce  di 

tape  attorno  al  ginocchio,  dal  piatto  tibiale  fino  a  due  dita  sopra  la 

rotula. La seconda misurazione viene rilevata tra  il tendine rotuleo e  il 

piatto tibiale, dal legamento collaterale esterno al legamento collaterale 

interno.  

Si prepara  la cute pulendola con  il Soft Cleaner della Prosomed (Figura 

19).  

 

Figura 19: Detersione della cute 

 

Si posiziona  la base, senza tensione, a  livello del margine  laterale della 

rotula, appena sopra il legamento collaterale (Figura 20). 

 

Figura 20: Applicazione della base a livello del margine laterale della rotula 

 

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Applicando  una  lieve  tensione,  si  chiede  al  paziente  di  flettere  il 

ginocchio e si va a circondare la rotula, applicando le ali del tape senza 

tensione (Figura 21). 

Figura 21: Applicazione delle ali del tape senza tensione 

 

Si  ripete  la  stessa  applicazione  nella  porzione mediale  del  ginocchio 

(Figura 22). 

Figura 22: Applicazione decompressiva per la rotula  

 

Si attiva la colla sfregando con la mano sul tape.  

Con  il  paziente  in  posizione  eretta,  si  applica  la  base  a  livello 

sottorotuleo e sopra il piatto tibiale senza tensione (Figura 23). 

 

Figura 23: Applicazione della base a livello sottorotuleo 

 

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Si chiede al paziente di flettere in avanti il ginocchio per applicare le ali 

del tape in direzione dei legamenti collaterali, laterale e mediale. 

Si attiva nuovamente la colla per far aderire bene il tape alla cute. 

 

Figura 24: Applicazione per il ginocchio completa 

 

 

CAVIGLIA: Si inizia facendo dorsiflettere il piede al paziente e si ricava la 

misura del tape dalla base dei metatarsi fino all’incirca metà polpaccio. 

La  seconda  misurazione  va  presa  sotto  il  tallone,  da  un  malleolo 

all’altro.  

Si prepara  la cute pulendola con  il Soft Cleaner della Prosomed (Figura 

25). 

 

Figura 25: Detersione della cute 

 

Si  scuote  lo  Spray  Adhesivo  K‐Active,  se  ne  applica  una  modesta 

quantità  sulla  base  del  tape  e  lo  si  lascia  asciugare  per  circa  trenta 

secondi (Figura 26). 

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Figura 26: Applicazione dello Spray Adhesivo K‐Active 

 

Facendo tenere al paziente  il piede  in dorsiflessione, si applica  la base 

del tape a livello delle teste metatarsali (Figura 27). 

 

Figura 27: Applicazione della base a livello delle teste metatarsali 

 

Si fissa la base e, applicando una tensione di 80% circa, si colloca il tape 

a livello del tallone (Figura 28). 

 

Figura 28: Immobilizzazione della base e applicazione del tape a livello del tallone 

 

Fissando  la base  a  livello del  tallone,  si  applica,  con una  tensione del 

100% circa,  il tape a  livello del tendine d’Achille.  Il resto del tape verrà 

applicato senza tensione (Figura 29). 

 

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Figura 29: Applicazione del tape senza tensione 

 

Facendo  tenere  il  piede  al  paziente  in  dorsiflessione  e  in  asse,  si 

posiziona la base a livello del tallone (Figura 30). 

 

 

Figura 30: Applicazione della base a livello del tallone 

 

Con una tensione del 50‐60% circa, si applicano  le ali del tape a  livello 

dei malleoli, mentre le basi verranno fissate senza tensione (Figura 31).  

 

 

 

Figura 31: Applicazione delle ali con 50‐60% di tensione 

 

Si attiva la colla per far aderire bene il tape alla cute (Figura 32). 

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Figura 32: Applicazione per la caviglia completa 

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CAPITOLO 7 

RISULTATI 

Sono state valutate 5 atlete di pallacanestro femminile con età media di 

21.4 anni  (21.4 ± 1.95 anni, range 20‐24), e altezza media di 176.6 cm 

(176.6 ± 10.76 cm, range 168‐195) (Tabella I). 

 

Tabella I. RIFERIMENTI DEMOGRAFICI 

  ATLETE   (n=5) 

   Età (anni)   Media (DS)  21.4 (1.95) Range   20‐24  

Abbreviazioni: DS = Deviazione Standard 

 

Appartengono  al Gruppo A  (disfunzione  di  ginocchio)  n°  3  atlete  e  al 

Gruppo B (disfunzione di caviglia) n° 2 atlete (Tabella II). 

 

Tabella II. RIFERIMENTI DEMOGRAFICI PER GRUPPI SPERIMENTALI 

  GRUPPO A GRUPPO B   (n=3) (n=2) 

   Età (anni)   Media (DS)  21.3 (2.31) 21.5 (2.12) Range   20‐24 20‐23  

Abbreviazioni: DS = Deviazione Standard 

 

7.1 Valutazione clinica 

 

I  valori  antropometrici  raccolti  sono  riassunti  in  un'unica  tabella,  per 

entrambi i gruppi sperimentali (Tabella III). 

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Tabella III. VALUTAZIONE VALORI ANTROPOMETRICI 

  ETA’ PESO ALTEZZA NUMERO DI SCARPE  (anni) (Kg) (cm) (cm) 

     N1  20  74 174 42 N2  20  68 176 43 N3  24  94 195 45 N4  20  58 168 41 N5  23  62 170 41      

 

I dati  clinici ottenuti dalla  somministrazione del protocollo di  studio  ‐ 

rilevati nei tempi T0, T7, T14 ‐ sono riassunti in Tabella IV per il Gruppo 

A e in Tabella V per il Gruppo B.  

Dalla valutazione clinica di  tutte  le atlete è emerso che  l’articolazione 

dell’anca e del ginocchio sono libere e non dolenti, in tutti i movimenti e 

piani  dello  spazio, motivo  per  cui  non  vengono  riportati  in  tabella  i 

valori per tali distretti articolari.  

Per rendere  l’analisi obiettiva,  la valutazione clinica è stata condotta  in 

cieco dalla sottoscritta su dati rilevati dal Fisiatra Dott. Furfari Pasquale. 

 Tabella IV. VALUTAZIONE CLINICA GRUPPO A 

 N1 N2 N3 

T0 T7 T14 T0 T7 T14  T0  T7  T14

ROM (0‐20°) 

TiTa Esteso Dx  5° 12° 5° 15° 15° 15°  10°  10°  10°

Sx  0° 10° 0° 20° 20° 20°  0°  5°  5°

TiTa Flesso Dx  10° 15° 10° 10° 15° 20°  10°  10°  10°

Sx  5° 10° 10° 20° 20° 20°  0°  5°  5°

MRC (0‐5*) 

 Dx  5 5 5 5 5 5  5  5  5

Sx  5 5 5 5 5 5  5  5  5

VAS (o‐10*) 

 Dx  2 0 0 6 4 3  7  5  5

Sx  5 3 0 5 4 1  7  6  5

Abbreviazioni: TiTa Esteso = Dorsiflessione della Tibio‐Tarsica a ginocchio esteso             TiTa Flesso = Dorsiflessione della Tibio‐Tarsica a ginocchio flesso 

Legenda: ROM (Range of Movement) MRC (Medical Research Council). 5 = Forza normale, 4 = Forza ridotta contro resistenza, 3 = Movimento contro gravità, 2 = Movimento in assenza di gravità, 1= Accenno di movimento, 0 = Nessun movimento.   VAS (Visual Analogue Scale). 0 = Nessun dolore, 10 = Peggior dolore possibile. 

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Tabella V. VALUTAZIONE CLINICA GRUPPO B 

 N4 N5 

T0 T7 T14 T0 T7  T14 

ROM (0‐20°) 

TiTa Esteso Dx 20° 20° 5° 15° 15°  15° 

Sx 15° 15° 10° 15° 15°  15° 

TiTa Flesso Dx 20° 20° 10° 15° 15°  15° 

Sx 20° 20° 20° 15° 15°  15° 

MRC (0‐5*) 

 Dx 5 5 5 5 5  5 

Sx 5 5 5 5 5  5 

VAS (o‐10*) 

 Dx 2 0 0 2 2  2 

Sx 5 3 0 2 2  2 

Abbreviazioni: TiTa Esteso = Dorsiflessione della Tibio‐Tarsica a ginocchio esteso             TiTa Flesso = Dorsiflessione della Tibio‐Tarsica a ginocchio flesso 

Legenda: ROM (Range of Movement) MRC (Medical Research Council). 5 = Forza normale, 4 = Forza ridotta contro resistenza, 3 = Movimento contro gravità, 2 = Movimento in assenza di gravità, 1= Accenno di movimento, 0 = Nessun movimento.   VAS (Visual Analogue Scale). 0 = Nessun dolore, 10 = Peggior dolore possibile. 

 

7.2 Valutazione strumentale 

 

Scansione digitale tramite ENF Physio 

 

I  soggetti  mostrano  una  correlazione  interessante  tra  distretto 

articolare  trattato  e  distretto  articolare  non  trattato  dello  stesso 

emisoma. 

La media dei valori ottenuti dalla scansione digitale tramite ENF Physio 

viene  sintetizzata  in  Tabella VI  per  il Gruppo A  e  in  Tabella VII  per  il 

Gruppo B. 

         

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Tabella VI. SCANSIONE DIGITALE GRUPPO A 

 N1 N2 N3 

T0 T7 T14 T0 T7 T14 T0  T7  T14

Ginocchio Dx  18.29 19.45 21.3 28.98 22.05 18.79  40.84  27.15  13.74

Sx  19.94 16.55 13.5 15.77 18.21 20.06  33.77  24.54  17.78

Caviglia Dx  22.6 18.83 23.85 17.68 15.43 9.7 29.48  18.19  11.41

Sx  27 25.14 22.13 10 8.39 12.05  12.53  6.90  11.10

 

Tabella VII. SCANSIONE DIGITALE GRUPPO B 

 N4 N5 

T0 T7 T14 T0 T7  T14 

Ginocchio Dx 20.5 15.5 16.5 15.75 13.25  18.07 

Sx 25.2 15.86 17.1 9.73 6.86  16.22 

Caviglia Dx 39.5 23.36 18.13 33.73 29.06  18.33 

Sx 36.6 27.79 23.83 35.26 24.60  21.59 

 

 

Valutazione dei parametri spazio‐temporali del passo 

 

I soggetti non mostrano alterazioni dei parametri spazio‐temporali del 

passo rispetto ai valori normativi di riferimento. 

I  valori  delle  variabili  spazio‐temporali  del  cammino  sono  riportati  in 

un’unica tabella per entrambi i gruppi sperimentali (Tabella VIII). 

Non  essendo  questa  valutazione  statisticamente  rilevante,  si  riporta 

soltanto il dato dell’acquisizione finale, dopo l’applicazione del K‐Active 

Taping (T14). 

          

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Tabella VIII. VARIABILI SPAZIO‐TEMPORALI DEL PASSO (T14) 

 VAL.NORM.  N1  N2  N3  N4  N5 

 

     Velocità (mt/min)  71.4 74,4 64,6 76,4 65,0  57,6

     Cadenza passi (passi/min) 

55.8  55,7  54,6  51,4  49,8  51,3 

     Lunghezza del passo 

(m) 1.8  1,31  1,23  1,47  1,29  1,12 

     %Lungh.Passo/Altezza 

(%) 80.7  75,3 %  70,7  86,5  76,8  66,7 

     Durata Ciclo del Passo 

(sec) 1.08  1,08  1,10  1,17  1,20  1,17 

     Durata fase di appoggio (%) 

60.31  68,0  65,7  62,0  66,2  64,1 

     Durata fase di volo 

(%) 39.6  32,0  34,3  38,0  33,8  35,9 

     Durata del doppio 

appoggio (%) 9.6  17,5  16,1  10,8  15,8  12,8 

     Durata del singolo 

appoggio (%) 41  32,2  33,0  40,0  33,8  37,6 

     

Abbreviazioni: VAL.NORM. = Valori Normativi (Donne) 

 

Valutazione di test specifici di salto 

 

Le differenze maggiori nell’esecuzione di test specifici di salto si notano 

paragonando  i  risultati  ottenuti  nelle medesime  prove  e  nella  stessa 

giornata, prima e dopo l’applicazione del K‐Active Taping. 

Per  maggiore  chiarezza,  vengono  riportati  gli  indici  di  elasticità  e 

coordinazione  in  un’unica  tabella  per  entrambi  i  gruppi  sperimentali 

(Tabella IX). 

Anche  i dati strumentali ottenuti dalla somministrazione del protocollo 

di studio vengono rilevati nei tempi T0, T7, T14. 

 

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Tabella IX. VARIABILI DI TEST SPECIFICI DI SALTO 

 ELASTICITA’  COORDINAZIONE (%) 

 

 T0  T7  T14  T0  T7  T14 

 

 P  D  P  D  P  D  P  D  P  D  P  D 

 

             N1  20,92  ‐14,97  11,17 ‐ 3,79 5,06 14,63 ‐ 13 28 7  16  2 9             

N2  3,77  ‐ 8,96  3,67  ‐ 7,17 3,93 8,58 20 31 20  24  7 25             

N3  17,70  12,68   4,48  ‐ 2,49 8,45 10,15 ‐10 22 11  20  10 12             

N4  11,50  ‐ 3,28  ‐ 4,23 0,77 2,17 12,49 13 24 13  9  24 32             

N5  5,94  ‐ 3,57  5,06  8,25 ‐ 4,71 3,88 21 26 6  ‐ 5  41 43             

Abbreviazioni: P = Acquisizione effettuata Prima dell’applicazione             D = Acquisizione effettuata Dopo l’applicazione  

 

Applicazioni utilizzate 

 

Vengono  indicati  nella  tabella  seguente  i  distretti  articolari  “trattati” 

con le applicazioni del K‐Active Taping (Tabella X). 

 

Tabella X. APPLICAZIONI UTILIZZATE 

 DISTRETTO ARTICOLARE TRATTATO 

 

   N1  Ginocchio Sx    

N2  Ginocchio Dx    

N3  Ginocchio Dx e Ginocchio Sx    

N4  Caviglia Dx e Caviglia Sx    

N5  Caviglia Dx e Caviglia Sx    

  

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88 

CAPITOLO 8 

DISCUSSIONE 

Il presente  studio  riporta, per  la prima volta  in  letteratura, attraverso 

l’utilizzo di moderne tecnologie, la valutazione quantitativa degli effetti 

terapeutici del K‐Active Taping, su un campione di atlete professioniste 

di pallacanestro mediante sistema di analisi del cammino G‐WALK *BTS, 

di salti G‐JUMP *BTS e scansione digitale ENF Physio. 

In particolare, sono state valutate 3 atlete con disfunzione di ginocchio 

e 2 atlete con disfunzione di caviglia.  

I  risultati  ottenuti  sono  stati  confrontati  con  valori  normativi  di 

riferimento  per  l’analisi  del  cammino,  e  sulle  stesse  atlete  per  il 

distretto articolare non trattato.  

Per  analizzare  i  dati  raccolti  è  stato  utilizzato  il  Test  T  di  Student.  In 

particolare è stato  impiegata  la tipologia “due campioni accoppiati per 

medie” ed è stato scelto il p ‐ value a una coda. 

Come valore di minima significatività statistica è stato scelto p = 0,05.

I valori derivanti dalla valutazione  clinica: ROM, MRC, VAS non hanno 

subito variazioni statisticamente rilevanti all’interno dello studio. 

L’analisi dei parametri spazio‐temporali del cammino ottenuti mediante 

G‐Walk  *BTS  non  sono  stati  presi  in  considerazione,  in  quanto 

statisticamente non rilevanti, ipotizzando che l’applicazione del K‐Active 

Taping,  nelle  condizioni  prese  in  esame,  non  modifichi  gli  aspetti 

qualitativi e quantitativi della deambulazione. 

La scansione digitale con ENF Physio ha dimostrato, nel Gruppo A, una 

correlazione  statisticamente  significativa  (p  =  0,03)  tra  ginocchio 

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trattato  e  caviglia  omolaterale  ,  una  correlazione  non  statisticamente 

significativa (p = 0,23) tra ginocchio trattato e ginocchio contro laterale 

e  una  correlazione  non  statisticamente  significativa  (p  =  0,14)  tra 

ginocchio trattato e caviglia controlaterale (Grafico I). 

 

Grafico I. SCANSIONE DIGITALE GRUPPO A 

 

 

I risultati ottenuti mostrano: 

- un  miglioramento  del  valore  dell’impedenza  registrata  sul 

distretto trattato, successivo all’applicazione del K‐Active Taping; 

- il recupero nell’emisoma trattato della porzione distale;  

-  un  comportamento  diametralmente  opposto  nell’emisoma  non  

trattato  che  subisce  un  progressivo  peggioramento  a  livello 

prossimale e un modesto peggioramento anche a livello distale.   

 

Nel  Gruppo  B  la  scansione  digitale  con  ENF  Physio  ha mostrato  una 

correlazione statisticamente significativa (p = 0,05) tra caviglie trattate e 

ginocchi non trattati (Grafico II). 

 

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Grafico II. SCANSIONE DIGITALE GRUPPO B 

 

 

I risultati ottenuti mostrano: 

- un  miglioramento  del  valore  dell’impedenza  registrata  sul 

distretto trattato, successivo all’applicazione del K‐Active Taping; 

- il recupero nell’emisoma trattato della porzione prossimale.  

 

Confrontando  i valori  iniziali e  finali  (T0 – T14)  tra  i distretti articolari 

trattati e quelli non trattati, di entrambi i gruppi sperimentali (Tabella I), 

è emersa una  correlazione non  statisticamente  significativa  (p = 0,23) 

che sottolinea un miglioramento dell’impedenza nel distretto articolare 

trattato e un  lieve miglioramento nel distretto articolare non  trattato 

(Grafico III). 

           

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91 

Tabella I. SCANSIONE DIGITALE: REPORT FINALE  

 T0  T14 

 

   Distretto trattato   Media (DS)  33.58 (3.81) 18.21 (3.20)     Distretto non trattato  18.39 (2.96) 17.46 (0.69) Media (DS)    Test T di Student 0,23 

Abbreviazioni: DS = Deviazione Standard 

 

Grafico III. SCANSIONE DIGITALE: GRAFICO FINALE 

 

 

In  tutti  i  distretti  trattati  migliorano  i  valori  di  impedenza  per  una 

attivazione  riflessa del microcircolo  che  favorisce  l’omeostasi  cellulare 

con  conseguente  innalzamento  della  soglia  del  dolore  e  con  un 

riequilibrio ionico che indica uno stato di benessere del tessuto trattato 

con la particolarità che lo stimolo è duraturo, quindi foriero di maggior 

efficacia. 

Il  miglioramento  dell’impedenza  si  registra  inoltre  nell’articolazione 

distale a quella trattata omolateralmente. L’analisi di questo dato, per 

altro statisticamente significativo, può essere ricondotto ad uno schema 

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di  recupero  disto‐prossimale  tipico  delle metodiche  sincroniche  o  di 

irradiazione (vedi Metodo Kabat).  

Tale  fenomeno  nel  Gruppo  B,  si  esprime  con  un  miglioramento 

dell’impedenza  che  avviene  questa  volta  secondo  uno  schema  di 

recupero  disto‐prossimale,  caratteristico  delle metodiche  diacroniche 

inteso  come  “processo  di  apprendimento”  di  tipo  sensitivo‐

propriocettivo (vedi Metodo Perfetti). 

Il  peggioramento  riscontrato  nell’arto  non  trattato  è  ascrivibile  a  un 

processo  di  difesa  che  preserva  istintivamente  l’arto  trattato 

sovraccaricando  l’arto controlaterale, analogamente a quanto succede 

in qualsiasi evento traumatico, con la conservazione di quello affetto, e 

l’overuse di quello sano.  

Nelle  prove  di  salto monitorizzate  con  il G‐Jump  *BTS,  dal  confronto 

degli  indici  di  elasticità  e  coordinazione  per  il  Gruppo  A  (Grafico  IV) 

notiamo un decremento dell’elasticità,  che  tende  al  valore di minima 

significatività statistica  (p = 0,06) e un  incremento della coordinazione 

durante  tutto  il  training  di  studio,  statisticamente  significativo  (p  = 

0,01).  

                 

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Grafico IV. ELASTICITÀ E COORDINAZIONE GRUPPO A 

 

Dal confronto di elasticità e coordinazione per il Gruppo B (Grafico V) si 

nota un incremento dell’elasticità, non statisticamente significativo (p = 

0,46) e un  incremento della  coordinazione durante  tutto  il  training di 

studio, non statisticamente significativo (p = 0, 30).  

 

Grafico V. ELASTICITÀ E COORDINAZIONE GRUPPO B 

 

 

Confrontando  i  valori  di  elasticità  e  coordinazione  prima  e  dopo 

l’applicazione  del  K‐Active  Taping  di  entrambi  i  gruppi  sperimentali 

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(Tabella II), è emersa una correlazione non statisticamente significativa 

(p = 0,39) che sottolinea un miglioramento globale della coordinazione 

e un peggioramento globale dell’elasticità (Grafico VI). 

 

Tabella II. ELASTICITÀ E COORDINAZIONE: REPORT FINALE  

 PRIMA DELL’APPLICAZIONE  DOPO L’APPLICAZIONE 

 

   Elasticità   Media (DS)  6.33 (6.94) 1.81 (9.03)     Coordinazione  11.47 (13.34) 21.07 (11.60) Media (DS)    Test T di Student 0,39 

Abbreviazioni: DS = Deviazione Standard 

   Grafico VI. ELASTICITÀ E COORDINAZIONE: GRAFICO FINALE 

 

 

Per  capire  i  diversi  comportamenti  tra  i  due  gruppi  sperimentali  nei 

confronti  dei  parametri  di  elasticità  e  coordinazione  è  necessario 

recuperare  le  conoscenze  sulla  biomeccanica  e  sulla  diversa 

distribuzione anatomica dei distretti in questione.  

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95 

Essendo  il  ginocchio  un’articolazione  intermedia,  funge  da  fulcro  tra 

due  articolazioni  con  gradi maggiori  di  libertà.  Questo  lo  obbliga  ad 

essere più stabile e meno elastico. Il tutto, per tale studio, si traduce in 

un miglioramento della coordinazione a scapito dell’elasticità.  

A  sua  volta  la  tibio‐tarsica  essendo  un’articolazione  distale,  dopo 

adeguato  training,  diviene  più  versatile  e  meglio  disposta  a  un 

“processo  di  apprendimento”,  migliorando  contemporaneamente  i 

paramenti in esame.  

Se  le due esperienze venissero sommate, si potrebbe essere  indotti  in 

errore,  in  quanto  farebbe  asserire  che  il  K‐Active  Taping  migliori  la 

coordinazione e riduca l’elasticità. In realtà i risultati ottenuti mostrano 

che  il  K‐Active  Taping  ci  permette  di  esaltare  le  caratteristiche 

anatomiche e biomeccaniche intrinseche dei distretti trattati. Motivo di 

tale diversità  interpretativa, per altro non statisticamente significativa, 

dipende  da  una  diversa  incidenza  data  da  una  media  puramente 

aritmetica dei due gruppi sperimentali.  

 

 

Resta,  comunque,  il  fatto  che  l’assenza  o  la  presenza  di  differenze, 

statisticamente significative tra i parametri osservati, possono scaturire 

dal numero ridotto del campione esaminato. 

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96 

CAPITOLO 9 

CONCLUSIONE  

 

Dall’analisi dei dati ottenuti nel nostro studio, possiamo affermare che il 

K‐Active Taping potrebbe occupare un  ruolo di grande  interesse nella 

presa  in  carico  del  Basketball‐Player  con  disfunzione  di  ginocchio  o 

caviglia, in quanto: 

- mezzo  di  prevenzione  per  ridurre  l’incidenza  di  traumi  (elevata 

nei distretti esaminati nel basket); 

- mezzo  che  ci  permette  di  “guidare”  l’allenamento  come  in  una 

macchina  per  muscolazione,  e  di  conseguenza  la  prestazione 

dell’atleta; 

- mezzo  che  ci  permette  di  accelerare  la  “detossificazione”  del 

muscolo da sovraccarico; 

- mezzo  che  consente di esaltare  le  caratteristiche, anatomiche e 

biomeccaniche, intrinseche dei distretti trattati. 

Alla  luce  di  questo  studio,  si  può  pertanto  concludere  considerando 

l’applicazione del K‐Active Taping  in Medicina dello Sport un “personal 

trainer  full  time”,  se  usato  durante  l’allenamento  o  un  “coach  in 

seconda” sul perimetro di gioco.  

Considerato  il  modesto  campione  di  atlete  preso  in  esame  sarebbe 

opportuno ed auspicabile che ulteriori studi continuassero su casistiche 

maggiori per smentire o confermare quanto da me rilevato. 

 

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