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Collegio Regionale dei Costruttori Edili Siciliani 90133 Palermo, Via A. Volta, 44 Tel.: 091/333114/324724 Fax: 091/6193528 C.F. 8029280825 - [email protected]www.ancesicilia.it La Rassegna Stampa è consultabile nel sito: www.ancesicilia.it Dell’

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Collegio Regionale dei Costruttori Edili Siciliani 90133 Palermo, Via A. Volta, 44 Tel.: 091/333114/324724 Fax: 091/6193528 C.F. 8029280825 - [email protected] – www.ancesicilia.it

La Rassegna Stampa è consultabile

nel sito: www.ancesicilia.it

Dell’

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06 giugno 2020

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https://qds.it/un-giorno-per-celebrare-ambiente-e-gli-altri-364-per-cementificarlo/

Sicilia, un giorno per celebrare l’Ambiente e

364 per cementificarlo Rosario Battiato |

Ispra: nel biennio 2017-2018 consumati nell'Isola 28 ettari di suolo in aree vincolate. Litorale

“privato”: cementificato il 29% della fascia costiera entro i 300 metri dal mare

PALERMO – Ieri si è celebrata la Giornata mondiale dell’ambiente, un evento istituito

addirittura nel 1972 dalle Nazioni unite, ma da allora non si sono fatti grandi passi avanti per

l’ecosistema, anzi si è continuato a cementificare, inquinare e devastare la biodiversità. Sul

banco degli imputati c’è anche la Sicilia, dove il consumo di suolo non si è fermato nemmeno

in anni recenti.

Qualche giorno fa è stato pubblicato l’ultimo rapporto dell’Ispra, il Centro studi del ministero

dell’Ambiente e i dati per la nostra regione sono tutt’altro che confortanti: nel corso del 2018

la percentuale di territorio ricoperta dal cemento è cresciuta dello 0,16% rispetto all’anno

precedente e, pur restando inferiore rispetto al dato nazionale (0,21%), preoccupano i dati

relativi alle fasce costiere e alle aree vincolate che, invece, risultano più elevati della media

italiana. Complessivamente, a livello nazionale, il consumo di suolo avanza a 2 metri quadrati

al secondo, determinando la perdita irrimediabile di 23 mila kmq a livello nazionale.

AREE A VINCOLO E COSTA Nel biennio 2017-2018, la Sicilia ha fatto registrare un incremento, nelle aree vincolate, di circa

28 ettari di consumo di suolo (+0,13%) per una percentuale di suolo consumato pari al 7,04%

del suo territorio, un punto percentuale in più rispetto al dato nazionale. Numeri preoccupanti

anche per il suolo consumato per classe di distanza dalla costa. Nella fascia entro i 300 metri

registra una percentuale del 28,8% (la media nazionale si ferma a 23,4%), in quella tra 300 e i

1.000 è di 24,9% (19,7%), tra 1 km e 10 km a 10,7% (9,3%).

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06 giugno 2020

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DEGRADO DEL SUOLO La Sicilia risulta essere, assieme a Lazio, Puglia e Veneto, tra le regioni maggiormente

coinvolte nei processi di degrado del suolo (fenomeno complesso causato da molteplici fattori

che limitano o inibiscono le funzioni produttive, regolative e fruitive, nonché i servizi

ecosistemici) considerando il periodo compreso tra il 2012 e il 2018. Il processo di degrado del

suolo è degenerativo e irreversibile, e può essere causato dall’uomo o dalle sue attività. Esso

può portare alla totale scomparsa o in una perdita della sua fertilità sotto l’aspetto fisico-

meccanico, chimico e biologico.

L’APPROCCIO UNCCD Secondo l’approccio Unccd, che prende in considerazione i vari sub-indicatori (cambiamento

di copertura del suolo, perdita di produttività, perdita di carbonio organico, perdita di qualità

degli habitat, aumento della frammentazione, aree di impatto potenziale, densità delle coperture

artificiali, incremento degli spazi naturali di dimensioni inferiori a mille mq, superfici percorse

dal fuoco), il peggioramento anche di uno solo di questi è “sufficiente – si legge sul rapporto –

per evidenziare un sintomo di degrado”. In particolare, complice anche l’estesa

artificializzazione, le regioni che registrano il maggiore peggioramento, tra il 2012 e il 2018,

sono Sicilia, Lazio, Veneto e Puglia con “oltre il 30% di territorio in degrado”.

La stima della superficie “degradata a livello nazionale nello stesso intervallo di tempo per una

o più cause: quasi 10.000 kmq (oltre il 3% del territorio nazionale) sono stati degradati da più

di due fattori mentre quasi 800 kmq da almeno tre, ponendo questi territori tra le aree da tenere

maggiormente sotto controllo”. Nel grafico relativo alla percentuale di superficie degradata per

almeno un fattore, tra il 2012 e il 2018, la Sicilia risulta essere la prima d’Italia, quasi appaiata

con la Campania, con un dato che supera il 35%.

Geologi: necessario tutelare le aree verdi

ROMA – L’isolamento cui siamo stati costretti durante la crisi sanitaria ci ha fatto riscoprire

l’importanza degli spazi verdi e del verde pubblico urbano come parchi e giardini. Proprio le

aree verdi, le foreste e gli ambienti naturali, fondamentali per il mantenimento e la vita delle

biodiversità, sono messi a rischio dall’elevato consumo di suolo che, secondo l’Annuario dei

dati ambientali 2019 dell’Ispra, è cresciuto in Italia al ritmo di 2 metri quadri al secondo fra il

2017 e il 2018, cementificando o asfaltando 23.000 km2. “L’azione dei geologi deve essere

rivolta all’uso consapevole del suolo, alla cura del territorio e alla difesa e mitigazione dei rischi

derivanti dal dissesto idrogeologico”, afferma Vincenzo Giovine, vice presidente del Consiglio

nazionale dei geologi e coordinatore della Commissione “Ambiente” del Cng.

“Occorre – aggiunge – procedere nel difficile percorso di decarbonizzazione intervenendo con

investimenti importanti stimati in 130 mila miliardi di dollari per avviare e diffondere l’uso

delle energie rinnovabili: dal solare, all’eolico fino al geotermico per innescare un processo

virtuoso che ci consenta entro il 2050, a livello globale, di tagliare il 70% delle emissioni di

anidride carbonica”.

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Superbonus 110%, 413 emendamenti al Dl Rilancio per allargare sconti e beneficiari Marco Mobili e Giorgio Santilli

Maggioranza e opposizioni incalzano il governo su allungamento dei lavori al

2022,riduzione dei vincoli energetici, estensione ad alberghi e spa. Fraccaro: «Disponibili

a modifiche»

Dal Parlamento arriva la conferma che l’ecobonus al 110% è la partita decisiva del decreto rilancio: sono ben 413 gli emendamenti all’articolo 119 che chiedono di riscrivere o integrare il super-bonus per i lavori di riqualificazione energetica e di messa in sicurezza degli edifici. Anche la maggioranza di governo è convinta che il superbonus è un tema di dialogo con il Paese: con una mossa piuttosto sorprendente, che per una volta mette da parte divisioni e lacerazioni, sottoscrive un emendamento comune firmato da tutti i gruppi che interviene su buona parte della norma (si vedano Il Sole 24 Ore di ieri e il servizio sul sito www.Il Sole24Ore.com). Tra le novità più rilevanti di questa prima proposta di Pd, M5s, Leu e Italia Viva: l’allargamento dell’ambito di applicazione dello sconto fiscale alle seconde case (esclusi castelli e ville di lusso), agli alberghi e agli immobili vincolati; l’allungamento di un anno, fino al dicembre 2022, del periodo utile per realizzare (e fatturare) i lavori; l’attenuazione del vincolo del doppio salto di classificazione energetica Ape che non sarebbe più dirimente per l’accesso al 110% per gli interventi di isolamento termico (il cosiddetto cappotto) e per la sostituzione delle caldaie; la possibilità di approvare gli interventi condominiali attraverso assemblee online.

Da questa valanga di emendamenti uscirà vivacizzata anche la dialettica fra Parlamento e governo, in particolare saranno il Mef e la Ragioneria che per ora hanno messo a disposizione del Parlamento 800 milioni per le modifiche e dovrebbero trovare eventuali risorse aggiuntive per allargare platea e strumenti del superbonus. Certo è che il governo non ha tardato a mandare un chiaro segnale di disponibilità alle modifiche con il sottosegretario a Palazzo Chigi, Riccardo Fraccaro: «Accolgo con favore le proposte trasversali volte a estendere il Superbonus al 110% per l’efficientamento energetico e le misure antisismiche fino al 2022, anche a tutte le seconde case. È ed è sempre stato questo il mio obiettivo». E guardando anche alle opposizioni Fraccaro ha aggiunto che è pronto a tornare «alla formulazione originaria di una misura», da lui fortemente voluta, «che consentirà di rilanciare in maniera decisa la crescita economica e di tutelare l’ambiente».

Si apre così un percorso di modifica parlamentare che durerà qualche settimana prima di arrivare a nuove, solide certezze legislative per i cittadini che vogliono intervenire. L’agenzia delle Entrate darà a breve i chiarimenti previsti, tenendo conto del testo del decreto legge originario, per cominciare a sciogliere i nodi principali, soprattutto quello delle modalità di cessione del credito e dello sconto in fattura che sono il vero bazooka

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capace di trasformare l’agevolazione in un intervento di massa. Questi chiarimenti darebbero modo a proprietari e condomini di cominciare a organizzare e progettare gli interventi, anche perché gli interventi già ammessi al perimetro dell’agevolazione saranno confermati. Potrebbero beneficiare, semmai, di condizioni più favorevoli. Per esempio sul tema dei materiali che, per come è scritta oggi la norma, i costruttori considerano piuttosto vincolanti con i Criteri ambientali minimi (Cam), non è escluso un ritocco parlamentare.

Il superbonus ha scatenato comunque tutti i gruppi parlamentari che arrivano a chiedere la possibilità dello sconto Irpef al 110% anche per la sostituzione delle piastrelle dei bagni. C’è poi chi chiede, anche nella maggioranza, l’estensione agli immobili delle imprese oppure l’innalzamento al 110% per gli interventi di abbattimento delle barriere architettoniche, di sistemazione dei giardini (bonus verde), di rifacimento delle facciate.

L’emendamento di maggioranza consentirebbe anche di estendere il superbonus agli enti non commerciali, associazioni e società sportive dilettantistiche, ai patrimoni immobiliari dismessi da società a partecipazione pubblica.

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Risoluzione del contratto, l'annotazione nel casellario Anac non porta in automatico all'esclusione dalle gare Fabio Di Salvo

Se non è accompagnata da sanzione interdittiva l'iscrizione ha la finalità di rendere noti i

fatti ma non impedisce l'assunzione di altre commesse. La risoluzione deve però essere

dichiarata

L'art. 213, comma 10, D.lgs. 50/2016 demanda all'Anac la gestione del Casellario Informatico dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (vedi il regolamento approvato con delibera n. 861/2019), contenente – fra le altre – le informazioni sugli operatori economici necessarie alla verifica dei gravi illeciti professionali di cui all'art. 80, comma 5, lett. c) del Codice.

In particolare, le iscrizioni relative ai "gravi illeciti professionali" vengono inserite nell'apposita sezione B del Casellario (art. 8, comma 2, del Regolamento) e, come noto, devono essere comunicate dalla stazione appaltante interessata entro 30 giorni decorrenti dalla conoscenza o dall'accertamento delle stesse (art. 11 del regolamento).

Ai fini che qui interessano, viene in rilievo la previsione di cui all'art. 80, comma 5, lett. c-ter) D.lgs. 50/2016, secondo la quale le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d'appalto un operatore economico quando questi "abbia dimostrato significative o persistenti carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione per inadempimento ovvero la condanna al risarcimento del danno o altre sanzioni comparabili; su tali circostanze la stazione appaltante motiva anche con riferimento al tempo trascorso dalla violazione e alla gravità della stessa".

È questo uno degli aspetti più problematici per l'impresa rispetto ad un'eventuale risoluzione disposta ai sensi dell'art. 108, comma 3, D.lgs. 50/2016: gli appaltatori temono che la segnalazione conseguente ad una risoluzione in danno del contratto (legittima o contestabile che sia) impedisca la partecipazione a gare future o rappresenti, di per sé sola, motivo di esclusione ai sensi dell'art. 80 del Codice.

La tematica, pervero, è stata più volte affrontata da giurisprudenza e dottrina anche prima dell'entrata in vigore del nuovo codice e sotto la vigenza dell'art. 38, comma 1, lett. f) del D.lgs. 163/2006; in numerose occasioni si sono sempre affermati due principi cardine:

1) l'eventuale provvedimento di esclusione che l'ente appaltante dovesse assumere in forza di precedenti risoluzioni contrattuali deve essere adeguatamente motivato (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, 14 gennaio 2013, n. 149; Consiglio di Stato, Sez. V, 25

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maggio 2012, n. 3078; Tar Campania-Napoli, n. 765/2011; Tar Lazio, n. 3943/2015; Cassazione Civile, sez. I, 17 febbraio 2012, n. 2312);

2) l'esclusione non opera automaticamente, essendo – al contrario – il giudizio di inaffidabilità professionale subordinato ad una preventiva e motivata valutazione della stazione appaltante (o della commissione giudicatrice), che esamini la gravità e rilevanza sul piano professionale della precedente risoluzione contrattuale comminata da altra amministrazione, avendo riguardo alla peculiarità della vicenda oggetto di causa e dunque anche alla gravità dell'errore professionale di cui trattasi e alle modalità di accertamento di esso (Tar Napoli - Campania, n. 2903/2015; Tar Napoli-Campania, n. 4749/2015; Tar Catania-Sicilia, n. 3014/2015; Tar Roma-Lazio, n. 12711/2015; Tar Roma-Lazio, sez. III, n. 3140/2017).

Nello stesso senso si è, inoltre, espressa l'Anac nel parere di precontenzioso n.107 del 27 giugno 2012 - relativo all'interpretazione dell'art. 38, 1° comma, lett. f) seconda parte sopra citato - ivi affermando che "è di tutta evidenza che il presupposto ineludibile dell'esclusione divisato da detta norma è costituito da una "motivata valutazione" – nella specie mancata – e non già da un automatico sillogismo coniato de relato, con riferimento ad un elemento ostativo di cui non è stata esaminata l'attualità e concretezza. In particolare, la suddetta norma non ha carattere sanzionatorio, ma contempla una misura a presidio dell'elemento fiduciario, che esclude di per sé qualsiasi automatismo; sicché, anche qualora la motivazione contenesse – come nel caso di specie – un riferimento ad un episodio contestato in occasione di un precedente rapporto, ciò non esimerebbe la S.A. dal dare contezza degli elementi in concreto posti a base di una rinnovata valutazione di sfiducia nel soggetto aspirante contraente".

A conferma di detto indirizzo, soccorre anche l'art. 57, comma 6, della direttiva UE n. 24/2014 in forza del quale "un operatore economico che si trovi in una delle situazioni di cui ai paragrafi 1 e 4 può fornire prove del fatto che le misure da lui adottate sono sufficienti a dimostrare la sua affidabilità nonostante l'esistenza di un pertinente motivo di esclusione. Se tali prove sono ritenute sufficienti, l'operatore economico in questione non è escluso dalla procedura d'appalto".

I principi suddetti, poi, sono stati esplicitamente richiamati e sviluppati sia dall'attuale legislatore (il quale, all'art. 80, comma 5, lett. c-ter), non solo ribadisce l'obbligo di motivazione – "su tali circostanze la stazione appaltante motiva …" – bensì aggiunge e specifica ulteriori elementi a cui la motivazione deve ancorarsi – "… anche con riferimento al tempo trascorso dalla violazione e alla gravità della stessa"), sia dall'Anac stessa, per mezzo della Linee guida n. 6 (approvate con delibera n. 1293/2016 e successivamente aggiornate con delibera n. 1008/2017).

In particolare, l'Anac ha indicato alle stazioni appaltanti le modalità per procedere all'apprezzamento delle cause incidenti sul motivo di esclusione di cui all'art. 80, comma 5, lett. c), d.lgs. 50/2016 (vedi punto VI delle Linee Guida): da tali indicazioni (punti 6.2; 6.3; 6.4; 6.5) emerge come l'inserimento dell'annotazione nel casellario informatico delle imprese abbia, di fatto, la solo finalità di rendere pubblicamente noti i fatti segnalati dalla stazione appaltante e non impedisca l'assunzione di future

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commesse e la partecipazione a procedure di affidamento, non comportando l'automatica esclusione dalle gare pubbliche.

Il casellario, dunque, ha lo scopo di consentire alla stazione appaltante di procedere alle valutazioni di competenza in ordine alla rilevanza ostativa degli specifici comportamenti, ai sensi dell'art. 80, comma 5, lett. c), c-bis), c-ter), c-quater) d.lgs. 50/2016, in relazione all'oggetto dell'affidamento e a quanto indicato dall'Anac nelle Linee Guida n. 6.

A tal riguardo, la giurisprudenza ha chiarito che la deliberazione dell'Autorità con la quale si dispone l'annotazione nel casellario informatico delle imprese, quando non è accompagnata dalla sanzione interdittiva e non limita la possibilità di partecipare all'affidamento di commesse pubbliche, non assume carattere sanzionatorio ma, in presenza dei suoi presupposti, costituisce un mero "atto dovuto" (cfr., da ultimo, Tar Lazio, n. 11701/19; Tar Brescia, n. 215/2019).

Infine, occorre aggiungere alcune precisazioni: a)l'annotazione nel casellario può, in linea generale, essere integrata con notizie relative ad eventuali contenziosi instaurati dalle parti in causa, laddove richiesto, al fine dell'equo bilanciamento degli opposti interessi, sulla base della documentazione che l'una o l'altra parte potrà esibire al fine di provare quanto affermato; b)le Linee guida n. 6, al punto sub VII, prevedono esplicitamente che, ai sensi dell'art. 80, comma 7, del Codice l'operatore economico è ammesso a provare di aver adottato misure sufficienti a dimostrare la sua integrità e affidabilità nell'esecuzione del contratto oggetto di affidamento (cc.dd. misure self-cleaning) nonostante l'esistenza di un pertinente motivo di esclusione; c)in particolare, possono essere considerati idonei a evitare l'esclusione, oltre alla dimostrazione di aver risarcito o essersi impegnato formalmente e concretamente a risarcire il danno causato dall'illecito:

1.l'adozione di provvedimenti volti a garantire adeguata capacità professionale dei dipendenti, anche attraverso la previsione di specifiche attività formative; 2.l'adozione di misure finalizzate a migliorare la qualità delle prestazioni attraverso interventi di carattere organizzativo, strutturale e/o strumentale; 3.la rinnovazione degli organi societari; 4.l'adozione e l'efficace attuazione di modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi e l'affidamento a un organismo dell'ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo, del compito di vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei modelli di curare il loro aggiornamento; 5.la dimostrazione che il fatto è stato commesso nell'esclusivo interesse dell'agente oppure eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione o che non vi è stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell'organismo di controllo.

Le conclusioni a cui questa breve disamina consente di pervenire, dunque, possono indurre le imprese appaltatrici che dovessero trovarsi a subire una risoluzione in danno ex art. 108 Dlgs 50/2016 (al netto, si badi, della valutazione sul merito della disposta risoluzione) a tenere a mente due precisi elementi:

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-il primo, riguarda la circostanza che la risoluzione deve essere sempre dichiarata in sede di partecipazione alle successive gare di appalto (in tal senso, peraltro, si era già chiaramente espresso il Tar Toscana-Firenze, n. 1079/2014, richiamando copiosa e conforme giurisprudenza pregressa – Tar Lazio, n. 342/2005; Tar Lazio, n. 6147/2013; Determinazione Avcp n. 1/2010);

-il secondo, riguarda la circostanza che, una volta intervenuta la risoluzione del contratto e la conseguente segnalazione all'Anac, non solo all'impresa non è affatto preclusa la partecipazione a successive gare, bensì la segnalazione non opera quale automatico (ed isolato, ci si consenta di aggiungere) motivo di esclusione dalla gara; -in tale ultimo senso, anzi, all'obbligo di adeguata motivazione della stazione appaltante (laddove questa si orienti per l'esclusione) si aggiunge la possibilità per l'impresa partecipante di documentare ed addurre circostanze a proprio favore (contestazione in giudizio della risoluzione; insussistenza di un provvedimento di condanna al risarcimento danni; misure di self-cleaning), nonché gli ordinari rimedi di impugnazione, dinanzi alla competente Autorità, sia del provvedimento con il quale l'Anac proceda all'annotazione nel Casellario sia, ex post, del provvedimento con il quale, eventualmente, la stazione appaltante abbia disposto l'esclusione.

Ovviamente, permane – in questo ampio quadro – la tematica relativa al "danno di immagine" che una risoluzione contrattuale ed una successiva segnalazione all'Anac possono comportare per un'impresa operante nel settore dei contratti pubblici: come evidenziato già nel 2013 dal Tar Lazio, anche l'annotazione che non prevede l'automatica esclusione o la conseguente interdizione dalle gare pubbliche, risulta comunque rilevante sia sotto il profilo dell' "immagine" sia sotto quello dell'aggravamento della partecipazione a selezioni pubbliche" (cfr. Tar Lazio-Roma, sez. III, 29 marzo 2013, n. 3233).

Pur tuttavia, è bene che gli operatori del settore – nell'ambito della discrezionale valutazione sull'opportunità o meno di chiedere, in un eventuale contenzioso, il risarcimento di tale voce di danno – abbiano a mente che il danno all'onore ed alla reputazione (del tutto assimilabile al danno all'immagine) non è in re ipsa, identificandosi il danno risarcibile non con la lesione dell'interesse tutelato dall'ordinamento, ma con le conseguenze di tale lesione, per cui la sussistenza di siffatto danno non patrimoniale deve essere oggetto di allegazione e prova, anche attraverso presunzioni, assumendo a tal fine rilevanza, quali parametri di riferimento, la diffusione dello scritto, la rilevanza dell'offesa e la posizione sociale della vittima (ordinanza Cass., sez. III, 26 ottobre 2017 n.25420).

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Lazio, Zingaretti annuncia un piano di investimenti da 2 miliardi: cantieri per 270 milioni già a giugno Mau.S.

Secondo le stime della Regione altri 4,8 miliardi potrebbero arrivare dalla riqualificazione

degli 80mila alloggi del patrimonio Ater grazie al superbonus messo in campo dal Governo

Un piano di investimenti per due miliardi con duemila cantieri da attivare in Regione nei prossimi mesi: 400 per un controvalore di 270 milioni già entro giugno. È il programma di investimenti annunciato dal presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti. Le principali aree di intervento saranno viabilità, ferro e mobilità sostenibile. Si lavorerà, inoltre, per la riqualificazione e il rafforzamento del patrimonio Ater e su opere di urbanizzazione primaria e secondaria nella città di Roma (Piani di Zona). Inoltre, ha spiegato Zingaretti, grazie al nuovo ecobonus del Governo, il Lazio è pronto a cogliere l'opportunità della riconversione green di tutto il patrimonio Ater con cantieri in 80.000 alloggi per circa 4,8 miliardi di euro.

La quota maggiore di investimenti riguarderà le infrastrutture, cui il piano destina circa 800 milioni. In particolare saranno realizzate 16 ciclovie. Più di 600 milioni saranno utilizzati per il potenziamento, il completamento o il ripristino di ferrovie, stazioni o metropolitane. Altri 50 milioni andranno alle opere infrastrutturali e viarie per la Ryder Cup di Guidonia, mentre per quanto riguarda le strade partiranno 125 cantieri per oltre 140 milioni. Entro la fine dell'anno verranno aperti 79 cantieri Ater grazie a un investimento di circa 140 milioni, mentre più di 50 milioni saranno utilizzati per 9 interventi di urbanizzazione primaria e secondaria (piani di zona) in cinque municipi di Roma. Altri 248 interventi per 140 milioni di euro riguarderanno opere relative a difesa del suolo, risorse idriche, consorzi bonifica e trattamento rifiuti.

Nel dettaglio, per la viabilità sono previsti 155 cantieri per oltre 141 milioni di euro, tra cui il rifacimento della Nettunense, la messa in sicurezza della Cisterna-Valmontone, il ripristino e la messa in sicurezza di vari tratti della Picente (zona Amatrice-Rieti), rifacimento della pavimentazione di varie provinciali nella zona di Pontinia (Lt), la manutenzione e messa in sicurezza su vari tratti della Flacca (Lt), interventi di risanamento acustico di un tratto della Pontina, e poi cantieri sulla Valle del Liri, sulla Sora-Cassino, la Sabina, la Sublacense e la Verentana. In merito invece agli interventi per la Ryder Cup di Golf dopo l'ok dei ministeri delle Infrastrutture e del Tesoro, Zingaretti ha ricordato che su 50 milioni, 7 andranno per la messa in sicurezza delle rotatorie extraurbane e delle tratte viarie, mentre 13 per il raddoppio di via Marco Simone e di parte della Palombarese

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Fase 3, è grande richiesta di case al mare, con affitti in aumento fino al 30% Evelina Marchesini

L’effetto Covid-19 spinge la villeggiatura lunga (meglio se con piscina) nelle località

italiane In crescita anche l’interesse per gli acquisti: tra le zone più gettonate spiccano il

litorale tirrenico e la Liguria

Arriva l’estate, l’Italia pian piano si apre e scopriamo un mondo tutto nuovo. Anche nelle vacanze. Come in un tuffo che ci porta indietro di 50 anni, ecco che torna di moda la “villeggiatura”, termine che era diventato ormai desueto, soppiantato dagli “smart weekend” in posti sempre diversi e dai viaggi esotici. Ora invece la vera caccia è quella alle case al mare o in località da cui si possa raggiungere agevolmente il mare, con locazioni lunghe, preferibilmente per tutta la stagione. E se c’è un dato sicuro in questo caos del Covid-19 è che gli affitti di seconde case puntano verso l’alto, con una domanda già elevata e canoni in rialzo, in alcune zone, anche del 30 per cento. E le proiezioni sono di una successiva ricerca di seconde case da comprare.

Dal Circeo all’Argentario Le richieste di affitto per case sul litorale tirrenico dal Circeo all’Argentario sono triplicate, dicono gli addetti ai lavori. I romani si sono buttati a capofitto su agenzie immobiliari e siti di affitti e le ville con piscina sono state prese d’assalto, magari con l’idea di dividerle tra più famiglie. Dicono dall’agenzia Gabetti di Porto Santo Stefano: «Difficile far fronte alle tante domande, anche perché i proprietari delle ville, che di solito andavano all’estero in luglio e agosto e affittavano le proprie case, ora hanno ovviamente deciso di non metterle sul mercato, perché ci andranno loro». Così i canoni delle opzioni disponibili aumentano.

Nelle località più conosciute gli affitti sono già saliti del 30% per luglio e agosto e ci si aspettano sorprese per settembre. Secondo le agenzie Toscano l’affitto di un appartamento a Ladispoli va dai 1.500 ai 3mila euro per luglio e agosto mentre le ville di Marina di San Nicola si parte dai 5mila euro. Più abbordabili Ostia (non più di 1.500 euro), mentre Fregene si orienta sui 4mila euro in luglio e agosto (ma le ville più grandi sono intorno ai 10mila euro). «A Sabaudia – spiegano dall’agenzia di Tecnocasa – un trilocale in centro varia dai 1.500 ai 2.500 euro in agosto, mentre le ville sul mare non si trovano a meno di 12mila euro».

E l’acquisto? «A Sabaudia Si trovano per lo più appartamenti in condomini e villette quadrifamiliari che in buono stato hanno quotazioni medie di 2mila euro al metro quadrato – spiega Vincenzo Ciocchetti, affiliato Tecnocasa –. A seguire nelle richieste degli acquirenti, dopo il centro, ci sono il residence Zeffiro e il residence Bella Farnia in cui ci sono sia villette a schiera sia quadrifamiliari intorno a 70 mq che si vendono a valori medi di 120-130mila euro. Sono previsti diversi cantieri nella periferia della

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città: si costruiscono appartamenti ed il nuovo si vende a circa 2.500 euro al metro quadrato».

Portofino sold out Lo stesso paradigma si ripete in Liguria, dove la valanga di richieste arriva principalmente da lombardi e piemontesi. «Portofino è già al tutto esaurito – spiegano da Santandrea Luxury Houses – e le altre zone molto richieste sono Santa Margherita, Zoagli e Alassio». Per chi può permetterselo, anche in questo caso il must è la piscina, che consente di bypassare le incognite sull’apertura delle spiagge e i difficili distanziamenti.

«Solo nell’ultima settimana abbiamo ricevuto per il litorale ligure almeno una ventina di richieste per ville con piscina − dichiara Emiliano di Bartolo, amministratore delegato Gabetti Short Rent, la società del gruppo specializzata negli affitti vacanze −. Con l’incognita spiagge e coronavirus, la piscina non è più un optional, ma una prerogativa essenziale. Si tratta di ville che hanno affitti piuttosto alti: arriviamo anche a 2mila euro al giorno, se molto grandi e con diversi posti letto».

Anche qui l’attenzione è poi spostata verso l’acquisto: con lo smart working destinato a entrare nelle nostre vite, ci saranno probabilmente 4 giorni la settimana da poter passare fuori città. I prezzi in Liguria variano molto da una zona all’altra e secondo la vicinanza al mare o la vista panoramica. «A Sestri Levante chi ha un budget elevato apprezza gli immobili presenti sulla prima fila, come viale delle Rimembranze, viale Vittorio Veneto e il lungomare Descalzo, dove si possono toccare punte di 9mila euro al mq per immobili fronte mare con terrazzo – spiega Rosario Benigno, affiliato Tecnocasa –. Queste zone offrono piccoli condomini realizzati tra gli anni ’50 e gli anni ’80, case di pescatori ristrutturate e ville singole in stile Liberty. Quotazioni simili sono raggiungibili per le abitazioni ubicate nella Baia del Silenzio. Spostandosi nella seconda fila i valori scendono intorno a 4mila-5mila euro al mq, per arrivare a 3.500-3.600 euro al mq oltre la ferrovia e 3mila euro al mq a un chilometro dal mare». A Chiavari la zona più ambita da chi cerca la casa vacanza è quella disegnata da corso Italia, corso Valparaiso e corso Genova dove, per immobili in condomini degli anni 60-70, posizionati fronte mare si raggiungono anche i 5000 euro al mq. «Piacciono le case presenti su corso Buenos Aires le cui oscillazioni vanno da 2.300 euro al mq per case da ristrutturare, che hanno il vantaggio di essere vicino al mare e in una zona tranquilla – spiega Franco Giacheri, affiliato Tecnocasa –. Sul lungomare di Chiavari, ci sono ancora numerose case invendute perché immesse sul mercato a prezzi molto elevati, tra gli 8 e i 10mila euro al metro».

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Napoli-Bari, l'Ati Ghella in pole position per il maxiappalto da 471 milioni Mauro Salerno

Il raggruppamento guidato dall'impresa romana batte gli altri tre gruppi in gara con

un'offerta al ribasso del 6,5% premiata per gli aspetti tecnici

C'è l'Ati guidata dall'impresa romana Ghella in pole position per la conquista del maxi appalto da 514,5 milioni per l'adeguamento della linea ferroviaria Napoli-Bari agli standard dell'alta velocità. Il contratto, per cui venerdì si sono chiuse le operazioni di gara relative alle offerte economiche, riguarda le tratte Telese-San Lorenzo-Vitulano, in provincia di Benevento, della lunghezza di 20 km.

Tra i quattro raggruppamenti in corsa si è classificata al primo posto l'offerta presentata da Ghella, con Itinera, Salcef e Coget Impianti, con un'offerta da 471,13 milioni che include un ribasso del 7,56% rispetto alla base d'asta. Determinante il punteggio assegnato agli aspetti tecnici valutati con 70,86 punti, che hanno permesso all'offerta dell'impresa romana ci ottenere un punteggio di 87,51 punti.

Al secondo posto si è classificato il raggruppamento guidato dal consorzio stabile Medil (insieme a De Sanctis costruzioni , Monaco e Manelli impresa) con un punteggio di 83,79 punti a fonte di un ribasso dell'11,36% (che avrebbe fatto scendere il costo dell'operazione a 452,7 milioni) penalizzato però da una valutazione tecnica fermatasi a 58,79 punti. A seguire l'offerta presentata dall'Ati guidata da Pizzarotti (il ribasso più contenuto: 6,5%, con 66 punti all'offerta tecnica) e quella del gruppo capeggiato dal consorzio stabile Research (sconto del 7,5% e 55,74 punti tecnici).

Ciascuno dei gruppi aveva indicato altrettanti raggruppamenti per le attività di progettazione. In particolare con Ghella partecipa un Rtp capeggiato da Systra, con Sws engineering.

L'intervento è il secondo lotto funzionale della tratta Frasso Telesino-Vitulano. Il primo, Frasso Telesino-Telese, è stato assegnato a Pizzarotti. Secondo le previsioni tutti i lotti dell'itinerario Napoli–Bari dovrebbero essere appaltati entro il 2020.

I big delle costruzioni italiane guardano già ai prossimi appuntamenti annunciati da Rfi. In pista ci sono altri due maxi-appalti. Il primo riguarda il secondo lotto funzionale Hirpinia-Orsara, del raddoppio del tratto di linea Apice-Orsara. Il lotto, del valore di circa 1,5 miliardi, si sviluppa quasi interamente in galleria per circa 27 km e prevede anche la realizzazione della nuova stazione di Orsara di Puglia. Per il secondo appalto, raddoppio della tratta Bovino-Orsara per un tracciato di circa 12 km, è invece previsto un investimento di 562 milioni.

Il completamento dell'opera è previsto, per fasi successive, entro il 2026, con l'avvio del nuovo collegamento diretto Napoli-Bari già nel 2023.

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https://www.lavoripubblici.it/news/2020/06/LAVORI-PUBBLICI/23810/La-pandemia-ed-i-contratti-

delle-opere-pubbliche

La pandemia ed i contratti delle opere pubbliche

Nell’esecuzione delle opere pubbliche e/o private, sia per l’impegno delle risorse e sia per

soddisfare bisogni di privati o della collettività, si è sempre ritenuto e si ritiene che sia necessario

rispettare, fra l’altro, i preventivi di spesa ed i tempi di realizzazione previsti.

Non sempre, però, è possibile mantenere inalterati i suindicati requisiti, che sono frustrati dalle

c.d. sopravvenienze, sia naturali (terremoti, alluvioni, nevicate, ecc) o dovute ad interventi della

committente o dell’uomo (factum principis, fatto del terzo, ecc).

Nella fattispecie, si farà riferimento ai limiti posti dall’autorità, anche se, ora, non riportati, per

garantire alle persone la sicurezza, attaccata ed annullata, in mancanza di adeguate contromisure,

dall’azione del coronavirus, che ha generato la pandemia, oggi, in corso.

L'analisi che segue è suddivisa nelle seguenti parti:

lo stato di fatto

la procedura da adottare

l’alea normale del contratto

i danni verificatisi o che si verificheranno nell’esecuzione delle opere

le decisioni della committente

conclusione

Appendice

Lo stato di fatto

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Senza entrare nel merito dei rimedi adottati e dei comportamenti dei cittadini, peraltro, noti per i

continui interventi, negli ultimi mesi, dei mezzi di informazione, si rileva che, di fatto, in tutto il

territorio nazionale, sono state bloccate le attività commerciali, industriali, turistiche, ecc ed, anche,

con riferimento a quanto ora sarà concisamente esposto, i lavori e le azioni, che comportano

rapporti e contatti umani.

Per il ristoro, parziale o totale, dei danni conseguenti, non possono essere richiesti, dagli esecutori

dei lavori, risarcimenti alle committenti delle opere pubbliche, alle quali, nel prosieguo, si farà

esclusivo riferimento, né possono applicarsi penali alle imprese, in quanto l’evento generatore di

danno, imprevedibile, non è imputabile a nessuno dei contraenti. Infatti, le disposizioni, impartite

dagli enti pubblici, nella fattispecie, avevano ed hanno, essenzialmente, lo scopo di evitare i contagi

ed il propagarsi, estremamente veloce, della malattia.

Per la particolarità e per la forza distruttiva della pandemia, gli effetti negativi sono destinati a non

venire meno in tempi brevi, ma si protrarranno, per un tempo, che, oggi, neanche i virologi possono

prevedere. Infatti, potranno aversi risposte ragionevolmente accettabili quando, a seguito delle

ricerche attuali, saranno disponibili cure specifiche efficaci, il ritrovamento e l’utilizzazione di un

vaccino mirato ed il relativo parere degli esperti citati.

In merito al tempo necessario per il ritorno alla normalità, che sarà, in ogni caso, diversa da quella

ante pandemia, non c’è uniformità di pareri fra gli stessi esperti. Sembra, però, ma con notevoli

margini di incertezza, che il suddetto termine potrebbe essere contenuto nell’arco di un anno circa.

Nelle decisioni che la committente dovrà adottare, non potrà prescindersi da tali ipotesi e previsioni.

E’ necessario, pertanto, che si individuino meccanismi e procedure, anche graduali (le attuali fasi),

che consentano la ripresa delle attività entro termini il più possibile contenuti e si rientri nella nuova

normalità in tempi ragionevolmente accettabili per evitare decessi incontrollabili ed inconvenienti

irreversibili all’economia del paese.

La procedura da adottare

Nella fattispecie, poiché la normativa, speciale, di settore fornisce strumenti (danni di forza

maggiore, sospensione dei lavori, pubblico interesse), inadatti per affrontare e risolvere il caso in

esame, è necessario utilizzare le norme ordinarie del codice civile relative ai contratti con

prestazioni corrispettive e nel caso delle sopravvenienze (in parte: articoli 1256, 1467, 1664).

Si ritiene, però, che non sia applicabile l’articolo 1256 (Impossibilità definitiva e impossibilità

temporanea), in quanto i lavori in corso, nel caso in specie, possono essere eseguiti. Si rileva,

infatti, che la pandemia non ha causato e non causerà una impossibilità, parziale o totale,

dell’esecuzione delle opere, ma rende e renderà più onerosa la realizzazione delle stesse (cfr infra),

a causa delle limitazioni poste dalla committente per contenere gli effetti ed i conseguenti

inconvenienti prodotti dall’imprevedibile coronavirus, ancora poco conosciuto.

D’altra parte, anche l’applicazione dell’art. 1664 c.c. desta qualche perplessità, in quanto:

a. si rileva che, nel caso in specie (c. 1: non applicabile ai lavori pubblici1), il costo della mano

d’opera non aumenta per l’incremento del costo delle singole categorie di lavori, ma

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della quantità della mano d’opera e/o dei trasporti da impiegare o della diminuita produzione nei

cantieri, e di quanto riportato nel paragr. 03.00.

Tale possibile diversa interpretazione, inoltre, potrebbe portare a contenzioso con l’appaltatore, con

perdite di tempo inaccettabili per la pandemia in corso.

Nell’ultimo periodo del primo comma2, per i lavori privati, è disposto che la revisione può essere

accordata solo per quella differenza che eccede il decimo (Cfr infra). Ciò significa che

l’appaltatore, pur estraneo alle cause della particolare sopravvenienza, e, dovendo sopportare anche

tale onere, se la norma fosse applicabile, potrebbe valutare onerosa o particolarmente onerosa la

prosecuzione dell’appalto.

Non può farsi riferimento al secondo comma dello stesso art. 1664 in quanto l’aggettivo simili,

riferito ‘alle cause geologiche, idriche e simili’ esclude che la sopravvenienza, dovuta al

coronavirus, possa essere soggetta alla disciplina del citato secondo comma3.

Si ritiene, conclusivamente, che tale rischio sia incompatibile con le vicende in corso e sia

necessario valutare, invece, se l’applicazione dell’art. 1467 c.c.4, che è la norma cardine

dell’istituto5, possa dare soluzioni meno rischiose per la conservazione del contratto.

b. nel primo comma dell’art. 1467 c.c., si legge che …… se la prestazione …omissis… è divenuta

eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari ed imprevedibili, la parte che

deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto …… .

Si ritiene che il legislatore, utilizzando il verbo ‘potere’, non obblighi l’appaltatore a chiedere, a

difesa del proprio diritto, sempre e comunque, la risoluzione, in quanto, in tal caso, avrebbe scritto

‘deve’ o usato l’avverbio ‘solamente’, ma consenta, qualora ne ricorrano i presupposti, che lo stesso

possa anche richiedere, come la committente (c. 3), l’adeguamento del contratto non escluso dalla

norma.

Per l’applicazione della disposizione, è necessaria un’ulteriore breve, ma importante

considerazione.

L’appaltatore, in sede di gara, nel formulare la propria offerta, ovviamente, tiene sempre conto del

contesto, economico, sociale, ecc, nel quale dovranno svolgersi i lavori e cioè del principio rebus

sic stantibus. Effettua, consciamente o meno, l’offerta nelle condizioni esistenti al momento della

gara o della stipula del contratto. E’ tenuto, conseguentemente, a rispettare le obbligazioni

contrattuali entro i limiti esistenti in quel momento e, con riferimento al secondo comma dell’art.

1467 c.c., entro l’alea normale del contratto.

Se variano il contesto e/o le condizioni iniziali, il suddetto onere o si modifica o si affievolisce o si

annulla a seconda dei casi, in quanto anche l’appalto a forfait rimane commutativo (obbligazioni

dei contraenti esattamente definite e determinate fin dall’inizio del rapporto contrattuale) ed il

rischio dell’appaltatore rimane sempre quello economico e non tecnico-giuridico e non assume

carattere di aleatorietà. Non possono, comunque, essere trasferiti all’appaltatore rischi diversi da

quelli assunti in sede di stipula del contratto.

In definitiva, l’alea contrattuale, dovuta a sopravvenienze imprevedibili o non previste, è oggetto

di istituti differenti, art. 1467, 1664 c.c. ecc, rispetto a quelli del contratto aleatorio.

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Superata la suindicata alea normale, l’appaltatore può richiedere la risoluzione del contratto (art.

1467, c. 1), che la committente può evitare offrendo di modificare equamente le condizioni

contrattuali (reductio ad aequitatem) per riequilibrare le condizioni contrattuali, alterate dalla

sopravvenienza (art. 1467, c. 3) nel rispetto del principio della conservazione e del mantenimento

in vita del contratto.

E’ evidente, nel caso in specie e nelle condizioni attuali, che, per ottemperare alle disposizioni della

committente, l’appaltatore non può applicare il cronoprogramma predisposto all’inizio dei lavori,

deve tenere conto dei maggiori tempi necessari per il completamento dell’opera, devono essere

modificati i rapporti con i fornitori, in quanto le lavorazioni richiedono maggiori tempi, devono

essere modificate sia le qualifiche che la quantità delle maestranze utilizzate, devono essere

modificati i noli ed i trasporti, via via, nel cantiere, ecc.

In altri termini, deve essere gestito un cantiere diverso da quello appaltato ed è anche ipotizzabile,

data l’ampiezza e la gravità del fenomeno, che l’imprenditore, che opererà in tale contesto, si

troverà a gestire, anche per l’aspetto economico, una struttura diversa da quella che operava prima

del verificarsi della pandemia.

Alea normale del contratto

E’ necessario, preliminarmente, precisare che, anche negli appalti ordinari di durata o ad esecuzione

prolungata nei quali il tempo ha rilevanza, è sempre presente un’alea, dovuta a fattori diversi quali

l’oscillazione dei prezzi dipendenti dal mercato, relativamente al costo dei materiali e/o della

manodopera, o alle sopravvenienze dovute a fattori naturali o al factum principis o al fatto del terzo,

ecc, che possono alterare, in maggiore o minor misura, l’andamento dell’appalto e dei quali è

necessario tenere conto.

L’appaltatore, però, non è tenuto a sopportare tutti i maggiori oneri provocati dalle sopravvenienze,

ma soltanto quelli che rientrano nei limiti del principio rebus sic stantibus (paragr. 02.00). In

particolare, è da riteneresi vincolato se la sopravvenuta onerosità rientra nell’alea normale del

contratto (art. 1467, c. 2, c.c.), che è anche definita come riportata in nota6.

In base al contenuto della clausola citata, la suindicata condizione significava (e significa) ……

vincolare tacitamente i contratti ad esecuzione non immediata al permanere degli stessi

presupposti di fatto che avevano determinato le parti alla stipulazione dell’accordo (Tartaglia, op.

citata - Pag. 11).

Mediante norme specifiche, conseguentemente, sia per la conservazione del contratto, sia per il

soddisfacimento di un bisogno pubblico, che è l’obiettivo dell’appalto, sono stati predisposti limiti

e cautele a protezione dei diritti della committente e dell’esecutore.

Le suddette cautele, che, proprio per le finalità di carattere e di interesse pubblico, indicati nei

commi precedenti, sono maggiori nel settore pubblico rispetto alle omologhe di quello privato,

possono riscontrarsi, ad esempio, nell’istituto che disciplina la revisione dei prezzi contrattuali.

Infatti, il legislatore, nel settore pubblico, ritenne di ridurre l’alea normale dell’appalto privato (Art.

1664, c. 1, c.c.: 10%) dimezzandone, per i contratti pubblici, l’importo (5%)7.

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Nella fattispecie, la sopravvenienza, costituita dal coronavirus, oltre ai decessi ed al fermo delle

attività produttive del paese, è destinata a produrre gli stessi danni provocati dai fatti e dagli eventi,

qualitativamente ma di entità maggiore, succintamente ed indicativamente indicati nei paragrafi

01.00 e 04.00.

Conseguentemente, sembra (o è) perfettamente coerente con il sistema adottato in passato che si

applichino nella fattispecie gli stessi rimedi disposti dalle norme esistenti, previsti per gli altri tipi

di eventi straordinari ed imprevedibili8. In definitiva, per l’attuale imprevedibile sopravvenienza,

l’alea normale può essere assunta pari al 5%.

E’ da rilevare, infine, che:

a. con la c.d. reductio ad aequitatem viene conservato il contratto e viene consentita, pertanto, senza

ulteriori remore, la realizzazione dell’opera prevista;

b. il contraente, la cui prestazione sia divenuta eccessivamente onerosa, non può imporre alla

controparte di accettare un adempimento a condizioni diverse. L’art. 1467, comma 3°, c.c., prevede,

infatti, che …… La parte contro la quale è domandata la risoluzione può evitarla offrendo di

modificare equamente le condizioni del contratto(1)9;

c. operando come indicato nel terzo comma dell’art. 1467 e nei commi precedenti, viene

salvaguardata …… la portata iniziale dell’impegno economico dell’obbligato e (nei contratti

sinallagmatici) del rapporto tra le prestazioni corrispettive, mediante un raffronto tra le posizioni

contrattuali originarie e quelle concretamente rilevabili in seguito allo svolgimento del tempo

(all’esito della sopravvenienza). Ricondurre le situazioni delineate nel tempo nei termini del

rapporto originario non è tradire la regola dell’impegno contrattuale, ma, al contrario, proiettare

la volontà delle parti oltre la barriera costituita dal tempo e dalla modificazione dei fatti umani10.

Per l’applicazione dell’art. 1467 c.c., è soltanto necessario che la sopravvenuta onerosità superi

l’alea normale, c. 2, e che questa costituisca fatto straordinario ed imprevedibile: anche da quanto

brevemente esposto, nella fattispecie, entrambe le condizioni sono soddisfatte.

In passato, sono state riconosciute notevolmente onerose percentuali anche inferiori al 5%11.

I danni verificatisi o che si verificheranno nell’esecuzione delle opere

L’applicazione delle disposizioni restrittive e di sicurezza imposte nei cantieri in corso ed in quelli

da iniziare, fino a quando l’emergenza covid 19 non sarà dichiarata cessata, con riferimento ai

cronogrammi predisposti prima del verificarsi della pandemia, comporterà maggiori oneri per le

singole lavorazioni, una minore produzione di cantiere, un prolungamento dei termini contrattuali,

che configurano un andamento anomalo dei lavori.

Esemplificatamente e non, pertanto, in modo esaustivo, in particolare, si segnalano:

1. maggiori oneri per spese generali infruttifere;

2. lesione dell’utile;

3. maggiori oneri per il personale;

4. mancato ammortamento dei mezzi d’opera e delle attrezzature di cantiere;

5. maggiore costo dei materiali;

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7. istituzione di turni di lavoro, con maggiori costi anche per il personale di direzione in

cantiere;

8. maggiorazione dei costi di spostamento del personale per raggiungere il cantiere, dalla sede

di soggiorno o dalla sede aziendale;

1. 8 maggiori oneri per il controllo delle prescrizioni sulla sicurezza nei confronti delle ditte

subappaltatrici, dei fornitori in opera e dei fornitori di materiali;

8. maggiori oneri per le cauzioni e per le assicurazioni;

9. perdita di chance per aggiornamento della certificazione SOA (il prolungamento dei lavori,

potrebbe comportare la perdita dei requisiti SOA, se non si riescono a certificare i lavori in

tempo utile per la revisione triennale e quinquennale, o il mancato incremento della

certificazione, inibendo la possibilità di partecipare a gare d’appalto, in forma singola, di

valore più consistente).

Occorre tenere conto che l’elencazione riportata deve essere integrata e/o, comunque modificata,

in quanto i danni dipendono da cause che potrebbero variare da cantiere a cantiere ed essere

condizionati, poco o tanto, dai luoghi e dalla natura dei terreni interessati dalle opere, e da altri

fattori variabili, ma, peraltro, noti agli operatori del settore.

Sembra opportuno rammentare che, nella determinazione del compenso, devono essere esclusi

guadagni o utilità per l’appaltatore ed è, quindi, opportuno consultare la giurisprudenza, che è

disponibile in merito.

Le decisioni della committente

Durante l’esecuzione di un’opera pubblica, che si realizzi in condizioni di ordinarietà ed in assenza

di particolari oneri, estranei alla gestione dell’opera e che non interessino la sicurezza e la vita delle

persone, le decisioni della committente riguardano, essenzialmente, la risoluzione di aspetti tecnici

ed, al più, finanziari, necessari per il completamento e la fruizione dell’opera.

Nel caso in specie, invece, oltre ai problemi suindicati, assumono rilevanza notevole e determinante

sia la sicurezza e la vita di un numero imprecisato, ma notevole, di persone e sia i danni prodotti

all’economia nazionale per il fermo delle attività produttive, con la sola esclusione di quelle che

riguardano la sanità, il sostentamento delle persone e le attività, mediamente limitate, indispensabili

per la sopravvivenza della popolazione.

L’interesse dell’amministrazione, pertanto, deve essere focalizzato alla rapidità degli interventi,

alla limitazione dei contagi e dei decessi ed alla ripresa delle attività produttive.

Sarebbe un controsenso se non si completassero i lavori in corso o in fase di gara, che sono già

finanziati e certamente contribuiscono alla ripresa dell’economia.

In tale contesto, è evidente che l’attività dei decisori, si ribadisce, debba riguardare, da una parte,

la limitazione dei danni in termini di perdite di vita umane, e, dall’altra, la promozione e/o il

sostegno della ripresa delle attività produttive. La mancanza di queste ultime, infatti,

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provocherebbe un ulteriore abbassamento del tenore di vita ed il conseguente aumento della

povertà, che, per la ripresa, richiederebbero tempi lunghi e l’impiego di notevoli risorse.

La decisione della committente, difficile, anche per l’impegno delle indispensabili ingenti risorse

finanziarie, riguarda l’assetto economico generale ed il ritorno alla normalità e non la realizzazione

di singole opere pubbliche che risolvono uno o più bisogni della collettività e che, probabilmente,

potrebbero essere rinviate con modesti costi sociali.

In definitiva, per l’attuale difficile momento, sembra (o è) indispensabile che, anche in applicazione

dell’art. 1467 c.c., si proceda, in tempi brevi, all’esecuzione di lavori pubblici, con l’impegno di

notevoli risorse, in modo da ridurre in modo significativo la disoccupazione, come avvenne in

America, per il superamento della crisi del 1929.

Sembra ovvio che la via da percorrere sia la reductio ad aequitatem, la realizzazione di nuove opere,

e non il fermo o anche il semplice rallentamento dei cantieri.

Conclusione

Nelle considerazioni esposte in precedenza, si è ritenuto opportuno e necessario tenere sempre

presente la pericolosità del coronavirus, estremamente rapido nel trasmettersi, e le conseguenze

prodotte sia in termini di disagio della gente e sia, altrettanto rilevante, di disoccupazione e di

aumento della povertà.

E’ evidente che, con i rimedi da adottare, debba essere limitata, in tempi rapidi, l’azione del virus

e, nello stesso tempo, debbano essere immesse nel mercato risorse, che, nella fattispecie, sono

costituite, subito, dai contratti dei lavori in corso di esecuzione e dai progetti, già finanziati ed in

fase di gara, o già predisposti ed approvati ed in corso di finanziamento.

In quest’ottica, bisogna tenere anche conto che la risoluzione del contratto è la soluzione da adottare

come possibilità ultima e residuale, quando, cioè, non è possibile trovare uno sbocco ragionevole

per la conservazione dello stesso e per raggiungere gli obiettivi che si erano originariamente

prefissati con l’affidamento degli appalti.

Tenuto conto di quanto riportato nei paragrafi precedenti, si è, in definitiva, dell’avviso che:

1. i lavori in corso debbano essere completati nel più breve tempo possibile per riavviare

l’economia, già bloccata da tempo;

2. occorra utilizzare, in mancanza di strumenti specifici nel settore dei lavori pubblici, gli

istituti del codice civile, relativi alle sopravvenienze;

3. non essendo le conseguenze della pandemia imputabili né all’appaltatore né alla

committente, i danni, non di risarcimento, debbano essere sopportati da entrambi in base

alle specifiche disposizioni normative, già brevemente richiamate;

4. dall’esame dei rimedi esaminati (paragr. 02.00), possano essere utilizzate, poiché ne

ricorrono i presupposti, le disposizioni dell’art. 1467 c.c. Infatti:

l’alea normale dell’appalto, tenuto conto, per l’analogia adottata nelle norme della revisione

dei prezzi contrattuali, possa essere fissata nella misura del 5%;

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la sopravvenienza è dovuta (art. 1467, c.1, c.c.) al verificarsi di avvenimenti straordinari e

imprevedibili (pandemia);

la sopravvenuta onerosità superi l’alea normale del contratto;

risultino verificate le condizioni per l’applicazione della norma (punti ‘b’ e ‘c’);

sia rispettato il principio rebus sic stantibus (paragrafi ‘2’ e ‘3’);

5. poiché la norma non obbliga l’appaltatore a richiedere la risoluzione del contratto

nell’ipotesi di eccessiva onerosità di quest’ultimo, si ritiene che lo stesso, nel proprio

interesse, possa richiedere sia l’adeguamento del contratto, non vietato da nessuna

disposizione normativa, e sia, nella stessa richiesta, in subordine ed in caso di rifiuto, la

risoluzione contrattuale;

6. la committente, nell’adottare le proprie decisioni, non possa ignorare quanto riportato nel

paragr. 05.00 e deve prediligere rimedi che agevolino l’esecuzione delle opere e la

conseguente immissione di denaro nel mercato (ibidem).

Operando come ipotizzato, oltre alla realizzazione delle opere in corso di esecuzione, dovranno

essere adottate le misure, previste dalle norme per evitare e/o ridurre i danni apportati dalla attuale

sopravvenienza, mentre i contraenti, da parte loro, dovranno sostenere quanto sinteticamente

riportato e disposto dal contratto e dalle disposizioni vigenti.

NOTA - Nelle ultime settimane e dopo la chiusura delle osservazioni innanzi riportate, sono stati

pubblicati alcuni studi e considerazioni riguardanti lo stesso argomento. Inoltre, alcune regioni

hanno predisposto prezzari, che tengono conto dei maggiori costi dovuti agli accorgimenti, che è

necessario adottare per garantire la necessaria sicurezza alle maestranze ed agli altri operatori del

settore che devono essere impiegati per realizzare le opere.

Qualche regione ha già provveduto a predisporre un’appendice al proprio prezzario 2020, mentre

qualche altra ha in elaborazione strumenti e meccanismi normativi per fronteggiare la

sopravvenienza covid-19 e per limitare i danni provocati dal blocco delle attività produttive.

Nella determinazione delle nuove procedure dovrebbe tenersi conto che ciascun appalto ha una

propria specificità ed è diverso dagli altri e, quindi, a parte i pochi caratteri generali, è ipotizzabile

che anche i compensi per la reductio ad aequitatem dovrebbero essere diversi.

Un giudizio potrà essere espresso quando saranno pubblicati tutti gli elaborati relativi, mentre, fin

da ora, è auspicabile che tutte le regioni adottino gli stessi principi generali, anche per evitare che

alcuni committenti e/o imprese siano più uguali degli altri.

A cura di Ing. Vincenzo Lombardo

già ing. capo dell’U.T. della provincia di Catania

Ing. Mario G. Palazzolo, Ing. Biagio Andrea Lombardo, Ing. Enrico Maria Lombardo

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Appendice (note)

1. Legge n. 109/94: art. 26, c. 3: Per i lavori pubblici affidati dalle amministrazioni aggiudicatrici

e dagli altri enti aggiudicatori o realizzatori non è ammesso procedere alla revisione dei prezzi e

non si applica il primo comma dell’articolo 1664 del codice civile.

2. Art. 1664, c. 1: Onerosità o difficoltà dell’esecuzione. Qualora per effetto di circostanze

imprevedibili si siano verificati aumenti o diminuzioni nel costo dei materiali o della mono d'opera,

tali da determinare un aumento o una diminuzione superiori al decimo del prezzo complessivo

convenuto, l’appaltatore o il committente possono chiedere una revisione del prezzo medesimo. La

revisione può essere accordata solo per quella differenza che eccede il decimo.

3. Cass. civ., sez. I, 27/04/93, n. 4959 (Giust. civ. mass., 1993, 764 - s.m.): L’art. 1664 comma 2 c.

c. - che è applicabile anche agli appalti di opere pubbliche, non trovando ostacoli nella relativa

disciplina normativa - attribuisce all’appaltatore il diritto ad equo compenso in presenza di cause

geologiche, idriche e simili determinanti una sopravvenuta onerosità per l'appaltatore medesimo,

eccedente i limiti delle prestazioni contrattuali, riconoscendo con l’uso dell’aggettivo "simili"

soltanto altre cause che presentino le stesse qualità e caratteristiche di quelle precedenti,

esplicitamente menzionate e non anche le sopravvenienze oggettive di tipo diverso dalle cause

naturali, quantunque produttive di effetti analoghi o simili, tra le quali il fatto dell’uomo, che non

abbiano sostanzialmente mutato il regime geologico o idrico del suolo o del mare.

Conforme: Cass. civ., sez. I, 26/11/84, n. 6106 (Giust. civ. mass., 1984, fasc. 11)

4. Art. 1467 c.c.: Contratto con prestazioni corrispettive - Nei contratti a esecuzione continuata o

periodica ovvero a esecuzione differita, se la prestazione di una delle parti è divenuta

eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che

deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto con gli effetti stabiliti dall’art.

1458.

La risoluzione non può essere domandata se la sopravvenuta onerosità rientra nell’alea normale

del contratto.

La parte contro la quale è domandata la risoluzione può evitarla offrendo di modificare equamente

le condizioni del contratto.

5. P. Tartaglia - Eccessiva onerosità ed appalto - Giuffré editore - Pag. 14.

6. Carlo G. Terranova - L’eccessiva onerosità nei contratti - Giuffré editore - Pag. 156: In

giurisprudenza, tra le ultime, v. Cass. 11 giugno 1991, n. 6616, secondo cui l’alea normale è il

rischio economico che incide sul valore delle prestazioni in coincidenza di eventi non straordinari

né imprevedibili. Cfr. anche Cass. 25 marzo 1987, n. 2904; Cass. 9 marzo 1985, n. 1913 e Cass. 5

gennaio 1983, n. 1; in Giur. It., 1983, I, 1, 718.

7. Legge 19 febbraio 1970, n. 76. Norme per la revisione dei prezzi degli appalti di opere

pubbliche. (G.U. 16 marzo 1970, n. 68). Art. 1.: Per tutti i lavori appaltati, concessi o affidati

prima dell'entrata in vigore della presente legge, la facoltà di procedere alla revisione dei prezzi

prevista dal decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 6 dicembre 1947, n. 1501,

modificato con la legge 9 maggio 1950, n. 329, è ammessa, per la parte di lavori eseguita dal 1°

gennaio 1969 fino all'ultimazione, quando l'Amministrazione riconosca che il costo relativo a tale

parte è aumentato o diminuito in misura superiore al 5 per cento per effetto di variazioni dei prezzi

correnti, intervenute successivamente alla presentazione dell'offerta.

8. Cons. di Stato, sez. IV, 19/08/2016, n. 3653 (Foro Ammin. (Il) 2016, 7-08, 1770 - s.m.)

La sopravvenuta eccessiva onerosità della prestazione, per potere determinare la risoluzione del

contratto, richiede la sussistenza di due necessari requisiti: da un lato, un intervenuto squilibrio

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tra le prestazioni, non previsto al momento della conclusione del contratto; dall'altro, la

riconducibilità della eccessiva onerosità sopravvenuta ad eventi straordinari ed imprevedibili, che

non rientrano nell'ambito della normale alea contrattuale. Il carattere della straordinarietà è di

natura oggettiva, qualificando un evento in base all'apprezzamento di elementi, quali la frequenza,

le dimensioni, l'intensità, suscettibili di misurazioni (e quindi, tali da consentire, attraverso analisi

quantitative, classificazioni quanto meno di carattere statistico), mentre il carattere della

imprevedibilità ha fondamento soggettivo, facendo riferimento alla fenomenologia della

conoscenza.

(Conforme: Tar Campania, Salerno, sez. I, n. 1316 del 2015).

Cass. Civ., sez. III, 19/10/2006, n. 22396 (Giust. civ. Mass. 2006, 10): L'eccessiva onerosità

sopravvenuta della prestazione, per potere determinare, ai sensi dell'art. 1467 c.c., la risoluzione

del contratto richiede la sussistenza di due necessari requisiti: da un lato, un intervenuto squilibrio

tra le prestazioni, non previsto al momento della conclusione del contratto, dall'altro, la

riconducibilità della eccessiva onerosità sopravvenuta ad eventi straordinari ed imprevedibili, che

non rientrano nell'ambito della normale alea contrattuale. Il carattere della straordinarietà è di

natura oggettiva, qualificando un evento in base all'apprezzamento di elementi, quali la frequenza,

le dimensioni, l'intensità, suscettibili di misurazioni (e quindi, tali da consentire, attraverso analisi

quantitative, classificazioni quanto meno di carattere statistico), mentre il carattere della

imprevedibilità ha fondamento soggettivo, facendo riferimento alla fenomenologia della

conoscenza. L'accertamento del giudice di merito circa la sussistenza dei caratteri evidenziati è

insindacabile in sede di legittimità se sorretto da motivazione adeguata ed immune da vizi .

Conforme: Cass. 23 febbraio 2001 n. 2661, in Foro it. 2001, I, 3254.

9. Carlo G. Terranova - L’eccessiva onerosità nei contratti - Giuffré editore - Pag. 181

10. Ibidem: pag. 239.

11. Lodo arb. 05/11-72, n. 65: 3. Il maggior onere «notevole» di cui all’art. 1664 c.c. è qualcosa

di meno del maggior onere «eccessivo» di cui all’art. 1467 c.c.: deve quindi considerarsi notevole

(con conseguente diritto dell’appaltatore all’equo indennizzo) un maggior onere di £ 10.000.000

rispetto ad un importo contrattuale di £ 268.650.000 in quanto rispetto al guadagno medio di un

appalto, tale somma rappresenta una variazione del tutto degna di nota e tale da modificare

sensibilmente le ragionevoli previsioni.(10.000.000/268.650.000= 3,72%)