28
LIBRO di ANTOLOGIA

di ANTOLOGIA.docx · Web viewIo sono Leo mica per niente - Alessandro D’avenia Leo è un sedicenne come tanti: ama le chiacchiere con gli amici, il calcetto, il suo iPod. Le ore

  • Upload
    vukien

  • View
    212

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: di ANTOLOGIA.docx · Web viewIo sono Leo mica per niente - Alessandro D’avenia Leo è un sedicenne come tanti: ama le chiacchiere con gli amici, il calcetto, il suo iPod. Le ore

LIBRO di ANTOLOGIA

Page 2: di ANTOLOGIA.docx · Web viewIo sono Leo mica per niente - Alessandro D’avenia Leo è un sedicenne come tanti: ama le chiacchiere con gli amici, il calcetto, il suo iPod. Le ore

NO AL RAZZISMO“I flussi migratori non sono una fatalità, sono la conseguenza di un mondo ingiusto, di politiche incapaci di dare a tutti dignità, speranza, futuro. I dati li conosciamo. Nessuno abbandona volentieri la sua terra, i suoi affetti, le sue radici. Lo fa se ha come alternativa la miseria, la guerra, la morte. E miseria, guerra e morte sono una realtà, oggi, per tante, per troppe persone”

Luigi Ciotti

Miss Skeeter - Kathryn Stockett Skeeter è molto diversa dalle sue amiche, già sposate e inserite in un modello di vita borghese, e sogna in segreto di diventare una scrittrice. Aibileen è una domestica di colore. Saggia e materna, ha un candore e una pulizia interiore che abbagliano. Minny è la sua migliore amica. Bassa, grassa, con un marito violento e una piccola tribù di figli. Cuoca straordinaria, non sa però tenere a freno la lingua e viene licenziata di continuo per le sue intemperanze. Skeeter, Aibileen e Minny si ritrovano a lavorare segretamente a un progetto comune che le esporrà a gravi rischi. Lo fanno, perché IL VENTO INIZIA A SOFFIARE.

Indosso il vestito e le calze più scuri che ho. Con la sciarpa nera sulla testa sembro forse più Peter O’Toole in Lawrence d’Arabia che Marlene Dietrich. La brutta cartella rossa mi pende dalla spalla.

-Ho da fare qualche commissione, poi questa sera devo vedere… delle ragazze. In chiesa.-

-Di sabato sera?-

-Mamma, a Dio non interessa che giorno della settimana è- rispondo, e mi avvio alla macchina prima che possa farmi altre domande. Questa sera vado da Aibileen per la prima intervista.

Percorro veloce le strade lastricate della città per raggiungere il quartiere nero: il cuore mi batte all’impazzata. Non mi sono mai neanche seduta a un tavolo con un negro che non fosse un nostro dipendente. L’intervista è stata rimandata di oltre un mese, prima di tutto perché erano arrivate le feste, e Aibileen si è fermata da Elizabeth quasi tutte le sere fino a tardi a impacchettare i regali e preparare il pranzo di Natale. Poi, a gennaio le è venuta l’influenza, e io ho cominciato a farmi prendere dal panico. Adesso temo che dopo tutto questo tempo

Page 3: di ANTOLOGIA.docx · Web viewIo sono Leo mica per niente - Alessandro D’avenia Leo è un sedicenne come tanti: ama le chiacchiere con gli amici, il calcetto, il suo iPod. Le ore

Missus Stein abbia perso interesse per l’intervista o abbia addirittura dimenticato la promessa di leggerla.

Percorro con la Cadillac la strada buia e svolto in Gessum Aveneu, la via di Aibileen. Avrei preferito venirci con il camion vecchio, ma la mamma si sarebbe insospettita, e comunque papà lo stava usando nei campi. Come stabilito, mi fermo tre case prima, davanti a un’abitazione abbandonata dall’aria sinistra: tetto della veranda sfondato, finestre senza vetri. Scendo dalla macchina, chiudo a chiave le portiere e mi avvio velocemente nel buio a testa bassa. Il rumore dei miei passi risuona sul marciapiede.

Un cane abbaia e le chiavi mi cadono per terra con un rumore metallico. Le raccolgo guardandomi attorno. Due coppie di colore nelle loro verande mi osservano dalle sedie a dondolo. Non essendoci lampioni, è difficile capire se qualcun altro mi veda. Continuo a camminare: ho la sensazione di essere grande e bianca come la mia auto, e altrettanto visibile.

Arrivo al numero venticinque, dove c’è la casa di Aibileen. Mi guardo ancora una volta attorno: sono in anticipo di dieci minuti, e vorrei tanto non esserlo. Si ha la sensazione che la zona nera della città sia molto lontana da quella bianca, quando invece si trova solo a qualche miglio di distanza. Busso piano. Sento dei passi e qualcosa che sbatte all’interno. Aibileen apre la porta. “Prego, avanti” bisbiglia, e richiude velocemente alle mie spalle con un giro di chiave. L’ho sempre e solo in divisa bianca. Stasera, invece, indossa un abito verde bordato di nero, e non posso fare a meno di notare che a casa sua sembra più alta.

-Si metta comoda. Torno subito.

Nonostante l’unica lampada accesa, la parte anteriore della stanza è immersa nella penombra. Le tende tirate sono pinzate insieme per evitare spiragli. Chissà se le tiene sempre così o solo perché ci sono io. Mi siedo sul piccolo divano davanti al tavolino di legno coperto da una tovaglietta di pizzo lavorata a mano. I pavimenti sono nudi. Rimpiango di aver messo un vestito dall’aria tanto costosa.

Dopo qualche minuto, Aibileen torna reggendo un vassoio con una teiera, due tazze scompagnate e tovagliolini di carta piegati a triangolo. Sento il profumo di biscotti alla cannella fatti in casa. Mentre versa il tè, fa tintinnare il coperchio della teiera.

-Scusi- dice, tenendolo fermo. -In casa mia non è mai entrato nessun bianco.-

Sorrido, ma so che la sua non è una battuta. Prendo un sorso di tè , amaro e forte. “Grazie, il tè è delizioso.”

Lei si siede e mi guarda in attesa, le mani intrecciate in grembo.

-Pensavo di cominciare subito con qualche informazione generale, e poi passare subito all’argomento.- Estraggo il blocco e scorro le domande che ho preparato: improvvisamente mi paiono ovvie, dilettantesche.

-Benissimo.- Lei mi guarda, seduta sul bordo del divano, la schiena eretta.

-Bene cominciamo da, mmh… dove e quando sei nata.-

Page 4: di ANTOLOGIA.docx · Web viewIo sono Leo mica per niente - Alessandro D’avenia Leo è un sedicenne come tanti: ama le chiacchiere con gli amici, il calcetto, il suo iPod. Le ore

Deglutisce e fa cenno con la testa. -1909. Piantagione di Piedmont, giù, nella Cherokee County.-

-Quand’eri ragazza sapevi che un giorno avresti fatto la domestica?

-Sissignora.

Sorrido, in attesa che aggiunga qualcosa. Ma niente.

-E lo sapevi… perché…?

-Mia mamma era una domestica. Mia nonna era una schiava.

- “Schiava”. Uh-uhm- faccio io, ma lei si limita ad annuire, e con le mani sempre intrecciate in grembo osserva le parole che scrivo sulla pagina.

-Hai.. mai sognato di essere qualcos’altro?

-No. Nossignora.- Nella stanza c’è un tale silenzio che riesco persino a udire il nostro respiro.

-Va bene. Quindi... come ci si sente ad allevare un bambino bianco quando sai che il tuo è a casa, ed è…- deglutisco imbarazzata- … guardato da qualcun altro?-

-Come…- Lei continua a mantenere una postura così rigida da apparire quasi sofferente.

-Mmh, forse… possiamo passare a quella dopo.

-Oh, certo.- Fisso le mie domande. -Cosa ti piace di più e cosa di meno del tuo lavoro di domestica?

Lei mi guarda come se le avessi chiesto di spiegare una parolaccia.

-Io… io credo che mi piaccia più di tutto guardare i bambini- dice in un sussurro.

-C’è qualcosa… che vorresti aggiungere… su questo?

-Nossignora.

-Aibileen, non c’è bisogno che tu mi chiami “signora”. Non qui.

-Sissignora. Oh, scusi.- Si copre la bocca.

In strada si sente un forte vociare, e i nostri sguardi si spostano inquieti sulla finestra. Rimaniamo mute, immobili. Cosa succederebbe se un bianco scoprisse che io sono qui di sabato sera a parlare con Aibileen non in divisa? Chiamerebbe la polizia per denunciare un incontro sospetto? All’improvviso ne ho una certezza: ci arresterebbero, perché è così che fanno. Ci accuserebbero di aver violato la legge sull’integrazione, come si legge tutti i momenti sul giornale. I bianchi che collaborano con i neri nel movimento dei diritti civili vengono guardati con disprezzo. I nostri incontri non c’entrano con l’integrazione, ma allora perché ci vediamo?

Kathryn Stockett-The Help- A. Mondadori

LEGGERE e COMPRENDERE

Page 5: di ANTOLOGIA.docx · Web viewIo sono Leo mica per niente - Alessandro D’avenia Leo è un sedicenne come tanti: ama le chiacchiere con gli amici, il calcetto, il suo iPod. Le ore

1. Per quale motivo Skeeter indossa abiti scuri e sta molto attenta a quello che fa?

2. Dove si ritrovano Aibileen e miss Skeeter? Puoi immaginare il motivo?

3. Sono diverse Aibileen e miss Skeeter? Motiva la tua risposta.

4. Credi che altre ragazze nere si potrebbero unire a questo gruppo segreto?

5. pensi che Skeeter racconti i suoi incontri alle amiche? Cerca la motivazione nel testo e sottolineala.

PROVA TU

6. Prova tu a continuare il racconto, immaginando cosa succederà a Aibileen e Skeeter, se si aggiungeranno altre ragazze nere oppure no e come si concluderà la storia.

Page 6: di ANTOLOGIA.docx · Web viewIo sono Leo mica per niente - Alessandro D’avenia Leo è un sedicenne come tanti: ama le chiacchiere con gli amici, il calcetto, il suo iPod. Le ore

IL ROMANZOIl romanzo è una narrazione in prosa di ampio respiro, caratterizzata da un intreccio per lo più complicato e suddiviso in episodi. La definizione del genere romanzo è molto complessa per due motivi: in primo luogo, il romanzo è un genere misto; in secondo luogo, ha subito, nel corso della sua storia, trasformazioni molto radicali. La parola deriva dal francese antico “romanz”, che nel XII secolo indicava qualsiasi espressione in lingua volgare francese, in opposizione a quella in latino.

Io sono Leo mica per niente - Alessandro D’avenia Leo è un sedicenne come tanti: ama le chiacchiere con gli amici, il calcetto, il suo iPod. Le ore passate a scuola sono uno strazio, ma il nuovo supplente di storia e filosofia è diverso: una luce gli brilla negli occhi quando spiega, quando sprona gli studenti a vivere intensamente, a cercare il proprio sogno. Leo sente in sé la forza di un leone, ma c’è un nemico che lo atterrisce: il bianco. Il rosso invece è il colore dell’ amore, della passione, del sangue; rosso è il colore dei capelli di Beatrice. Perché un sogno Leo ce l’ ha e si chiama Beatrice, anche se lei ancora non lo sa. Quando scopre che Beatrice è ammalata e che la malattia ha a che fare con quel bianco che tanto lo spaventava, Leo dovrà scavare a fondo dentro di sé, sanguinare e rinascere, per capire che i sogni non possono morire, e trovare il coraggio di credere in qualcosa di più grande.

Ogni cosa è un colore. Ogni emozione è un colore. Il silenzio è bianco. Il bianco infatti è un colore che non sopporto: non ha confini. Passare una notte in bianco, andare in bianco, alzare bandiera bianca, lasciare il foglio bianco … Anzi, il bianco non è neanche un colore. Non è niente, come il silenzio. Un niente senza parole e senza musica. In silenzio: in bianco. Non so rimanere in silenzio o da solo che è lo stesso. Mi viene un dolore poco sopra la pancia o dentro la pancia, non l’ho mai capito,da costringermi a inforcare il mio bat-cinquantino, ormai pezzi e senza freni(quando mi deciderò a farlo riparare’), e girare a caso fissando negli occhi le ragazze che incontro per sapere che non sono solo. Se qualcuna mi guarda io esisto.

Ma perché sono così?Perdo il controllo. Non so stare solo. Ho bisogno di… manco io so di cosa. Che rabbia!

Ho un iPod in compenso. Eh sì, perché quando esci e sai che ti aspetta una giornata al sapore di asfalto, polveroso a scuola e poi un tunnel di noia tra i compiti, genitori e cane e poi di

Page 7: di ANTOLOGIA.docx · Web viewIo sono Leo mica per niente - Alessandro D’avenia Leo è un sedicenne come tanti: ama le chiacchiere con gli amici, il calcetto, il suo iPod. Le ore

nuovo, fino a che morte non vi separi, solo la colonna sonora giusta può salvarti. Ti sbatti due auricolari nelle orecchie ed entri in un’altra dimensione. Entri nell’emozione del colore giusto. Se ho bisogno di innamorarmi: rock melodico. Se ho bisogno di caricarmi: metal duro e puro. Se ho bisogno di pomparmi: rape crudezze varie, parolacce soprattutto. Così non resto solo: bianco. C’è qualcuno che mi accompagna e dà colore alla mia giornata.

Non che io mi annoi. Perché avrei mille progetti,diecimila desideri, un milione di sogni da realizzare, un miliardo di cose da realizzare, un miliardo di cose da iniziare. Ma poi non riesco a iniziarne una che sia una,perché non interessa a nessuno. E allora mi dico: Leo, ma chi cazzo te lo fa fare? Lascia perdere, goditi quello che hai.

La vita è una sola e quando diventa bianca il mio computer è il miglior modo per colorarla:trovo sempre qualcuno con cui chattare (il mio Nick è il Pirata, come Johnny Depp). Perché questo lo so fare: ascoltare gli altri. Mi fa stare bene. Oppure prendo il bat-cinquantino senza freni e giro senza meta. Se una meta ce l’ho vado a trovare Niko e suoniamo due canzoni, lui con il basso e io con la chitarra elettrica. Un giorno saremo famosi, avremo la nostro band, la chiameremo La Ciurma. Niko dice che dovrei anche cantare perché ho una bella voce,ma io mi vergogno. Con la

chitarra cantano le dita e le dita non arrossiscono mai. Nessuno fischia un chitarrista, un cantante invece …

Se Niko non può ci vediamo con gli altri alla fermata. La fermata è quella del bus davanti a scuola, quella alla quale ogni ragazzo innamorato ha dichiarato al mondo il suo amore. Ci trovi sempre qualcuno e a volte qualche ragazza. A volte anche Beatrice,e io,alla fermata davanti a scuola,ci vado per lei.

E’ strano: di mattina a scuola non ci vuoi stare e al pomeriggio ci trovi tutti. La differenza è che non ci sono i vampiri, cioè i prof: succhia-sangue che tornano a casa e si chiudono nei loro sarcofaghi, aspettando le prossime vittime. Anche se, al contrario dei vampiri, i prof agiscono di giorno.

Ma se davanti a scuola c’è Beatrice è un’altra cosa. Occhi verdi che quando li spalanca prendono tutto il viso. Capelli rossi che quando li scioglie l’alba ti viene addosso. Poche parole ma giuste. Se fosse cinema. Genere ancora da inventare. Se fosse profumo: la sabbia al mattino presto, quando la spiaggia è sola con il mare. Colore’Beatrice è rosso . Come l’amore è rosso. Tempesta . Uragano che ti spazza via. Terremoto che fa crollare il corpo a pezzi. Così mi sento ogni volta che la vedo. Lei ancora non lo sa, ma un giorno di questi glielo dico.Sì, un giorno di questi glielo dico che lei è la persona fatta apposta per me e io per lei. E’ così, non c’è scampo: quando se ne accorgerà sarà tutto perfetto, come nei film. Devo solo trovare il momento adatto e la pettinatura giusta. Perché credo che sia soprattutto un problema di capelli. Solo se Beatrice me lo chiedesse li taglierei. Ma se poi perdo le forze come quello lì

Page 8: di ANTOLOGIA.docx · Web viewIo sono Leo mica per niente - Alessandro D’avenia Leo è un sedicenne come tanti: ama le chiacchiere con gli amici, il calcetto, il suo iPod. Le ore

della storia? No,il Pirata non può tagliarsi i capelli. Un leone senza criniera non è un leone. Il mio nome è Leo mica per niente.

A.D’Avenia -Bianca come il latte rossa come il sangue- Mondadori

LEGGERE e COMPRENDERE

1.Perchè il protagonista contrappone il colore rosso a quello bianco?

2.A chi si paragona Leo?

3.Chi è la persona che suscita emozioni positive al protagonista? Perché?

LEGGERE e ANALIZZARE

4. pensi che l’autore si sia ispirato a un poeta del ‘300 per l’amore provato dal ragazzo, e per il personaggio di Beatrice?

5. Di che stile narrativo è il testo?

6. Il narratore è interno, onnisciente o esterno?

7. Sottolinea in verde i paragoni presenti nel testo.

LE MIE EMOZIONI

8. Completa la tabella scrivendo l’emozione che ti manda ogni colore elencato nella prima colonna.

COLORE EMOZIONERosso

Bianco

Verde

Nero

Giallo

Blu

Cara professoressa… - Filippo Derfi Ti proponiamo ora un testo sull'adolescenza e i problemi che con essa arrivano. È un mondo complicato, nella quale sono molto presenti i momenti cupi, in cui si vuole mettere fine a tutte le sofferenze, ma grazie alle persone speciali che ci sono vicine, ce ne si esce sempre, trionfanti.

Page 9: di ANTOLOGIA.docx · Web viewIo sono Leo mica per niente - Alessandro D’avenia Leo è un sedicenne come tanti: ama le chiacchiere con gli amici, il calcetto, il suo iPod. Le ore

21/02/2014

Italiano: Cara professoressa. So che questo tema avrebbe dovuto riguardare il testo argomentativo o qualcosa di simile. Ma io devo parlarle, semplicemente perché devo parlare con qualcuno, non importa neanche tanto con chi. Ma lei ha studiato psicologia, ed è sempre stata comprensiva, quindi mi capirà. E magari non parlerà con nessuno di questo tema. Potrà sembrarle assurdo che io le scriva così sapendo che prenderò un bel due. Ma non è più importante, le spiego perché.

La mia vita non ha senso. È solo fonte di dolori e affanni. Sono solo, e sono pazzo. Vede tutti loro che mi circondano? Mi odiano e li odio. Un bel rapporto, eh?

Mi dicono che sono scemo. No, sono soltanto pazzo, gliel’ho detto. Sto sempre a maniche lunghe e vesto di nero per coprire tagli e macchie di sangue. Lei capirà. Lo spero.

I miei genitori mi dicono che sono una delusione, che sono stupido, e non vedono l’ora che me ne vada da questa casa. Fanno bene. Sono pazzo. Dopodomani sarà il mio compleanno, e dopodomani consegnerà questi temi corretti. Sa? Io dopodomani sarò morto. Non ho regali da ricevere o torte da assaggiare, morirò un attimo prima dei miei 17 anni. Non cerchi di fermarmi. Lei deve capirmi. È stata una brava professoressa, anche una brava amica a dire il vero. Sa una cosa? Non è vero che avrei potuto sfogarmi con chiunque. Lei era l’unica a cui avrei parlato così. Arrivederci, o forse dovrei dire addio.’

Piegò il foglio, e lo consegnò. La professoressa lo guardò con i suoi occhietti scuri. Filippo ammirava quegli occhi. Riuscivano a leggerti dentro senza far neanche lontanamente intravedere l’ombra di un qualche pensiero.

- L’hai riletto?

Silenzio dalla parte di Filippo.

- Fili, stai bene?

- Sì. Sì, certo.

Ma come si fa a mentire a una che ha studiato per capire quando menti? Infatti prese il tema e iniziò a leggerlo. Filippo pensò che non doveva andare così, e si lasciò prendere dal panico. Corse in bagno senza neanche chiedere, ma la professoressa sapeva che a volte lui scappava così. Lo lasciò fare. Quando tornò in classe - perché prima o poi in classe ci doveva pur tornare - trovò la professoressa seduta, a fissare il vuoto. Si sedette anche lui.

- Filippo, dovrei dirti una cosa. Potremmo uscire un secondo?

La sua voce ruppe così il silenzio. Con dolcezza.

- Certamente.

Iniziò a pensare a cosa avrebbe dovuto risponderle quando gli avrebbe chiesto di non suicidarsi, di aspettare, e tutto il resto. Invece lei gli disse soltanto - Aspetta che riconsegni i

Page 10: di ANTOLOGIA.docx · Web viewIo sono Leo mica per niente - Alessandro D’avenia Leo è un sedicenne come tanti: ama le chiacchiere con gli amici, il calcetto, il suo iPod. Le ore

compiti corretti. A te il voto non importa, lo so, ma aspetta soltanto questo. E poi festeggia il tuo compleanno, prima. Meglio morire da diciassettenni, non credi? –

E Filippo era rimasto molto stupito. Tanto che le aveva risposto - Okay - senza neanche pensarci.

Dopodomani arrivò, e Filippo era vivo e seduto al banco di scuola. Entrò la professoressa, che gli sorrise, e disse - Grazie -. Consegnò i compiti senza perdere troppo tempo.

Ecco una cosa che faceva sempre lei: scriveva il voto e consegnava un bigliettino con un commento. Poteva riguardare il compito (‘hai scritto veramente bene, hai uno stile tutto tuo’) o l’alunno stesso (‘non so bene cosa ti stia succedendo, ma sii forte perché andrà tutto bene’). Oggi il bigliettino di Filippo era più lungo del solito (nonostante i suoi bigliettini fossero sempre un po’ più lunghi di quelli degli altri), e non c’era nessun voto. Il resto della lezione passò in fretta, e Filippo tornò a casa. Senza neanche pensarci troppo, aveva aperto l’acqua della vasca e già sapeva come sarebbe morto: dissanguato. Un taglio soltanto, preciso, chirurgico. Sul polso. Tra tutte quelle cicatrici disordinate, qualcosa che aveva un senso, un significato. Tirò fuori una lametta, e il bigliettino della professoressa.

‘Filippo, ma ci pensi che se muori adesso ti perdi un sacco di cose? Ci sono dei posti in cui voglio portarti, e altri che devi vedere da solo. Per non parlare delle cose da fare, ancora. Ora la felicità ti sembra lontana, ma non lo è poi tanto. Soltanto un passo davanti la depressione. Non sei pazzo, soltanto depresso. Ma io posso aiutarti. Tu ti fidi di me, non è vero? Mi darai una possibilità?

- la prof.

Ps: perché tu meriti di stare bene, se i tuoi pensano di no non ci hanno capito un bel niente, Fili. E i tuoi compagni di classe… Sì, vi odiate, ma solo perché loro sono degli ignoranti. Ops.

Pps: buon compleanno. C’è un braccialetto, se apri bene la busta. L’ha regalato a me la mia vecchia professoressa, perché non ci crederai, ma le ho scritto una cosa molto simile a quella che tu hai scritto a me. Credimi quando ti dico che ti capisco. Ti capisco, e ti voglio bene.’

Filippo aprì la bustina, e ne cadde un bracciale bianco, sottile. Sembrava quasi un elastico. Lo indossò, e si accorse di una scritta in rilievo: ‘Vali tanto’. Così, Filippo diede un’altra occhiata al braccio, alla lametta, alla letterina. Le sue cicatrici sarebbero diventate quasi invisibili, un giorno, come la scritta sul bracciale. E un giorno avrebbe potuto guardarle, e guardare quel bracciale. E avrebbe potuto insegnare a qualcuno che dal dolore si esce. Che si è sempre abbastanza forti per vincere. Buttò la lametta. Chiuse il rubinetto. Uscì dal bagno. Lui, questa volta, con il piccolo aiuto di un’amica, o di una professoressa, o come definirla, aveva vinto.

Filippo Derfi

LEGGERE e COMPRENDERE

1. Perché Filippo, il protagonista, ha deciso di suicidarsi?

Page 11: di ANTOLOGIA.docx · Web viewIo sono Leo mica per niente - Alessandro D’avenia Leo è un sedicenne come tanti: ama le chiacchiere con gli amici, il calcetto, il suo iPod. Le ore

2. Il suo gesto estremo, secondo te, ha una motivazione “ragionata” o è una decisione presa all'improvviso?3. Grazie alla professoressa, Filippo cambia idea, e decide di continuare la sua vita. Dal testo emerge che anche la professoressa ha avuto una storia simile. Secondo te, chi ha aiutato, quando ne aveva bisogno, l'insegnante del protagonista?

TU e il MONDO

4. Nella tua esperienza di adolescente, ti è mai capitato di sentire parlare di ragazzi che si volevano suicidare? O di ragazzi autolesionisti?5. Cosa pensi possano passare i ragazzi che durante l'adolescenza tentano il suicidio? Se tu fossi nelle condizioni di Filippo, cosa faresti?6. C'è mai stata una situazione in cui ti sei sentito fortemente a disagio? Cos'è stato il tuo primo pensiero?

Page 12: di ANTOLOGIA.docx · Web viewIo sono Leo mica per niente - Alessandro D’avenia Leo è un sedicenne come tanti: ama le chiacchiere con gli amici, il calcetto, il suo iPod. Le ore

A Hogwarts- J. K. Rowling Ci immergiamo ora in un mondo che va al di là di qualsiasi realtà, il mondo di Harry Potter, un ragazzino undicenne, orfano, che scopre di essere assai speciale.

Viveva con gli zii in Prive Drive, in un paesino poco distante da Londra. I suoi parenti lo trattavano come schiavo, ma la sua vita cambiò quando ricevette una lettera misteriosa che diceva che era stato ammesso alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Non sapeva cosa fosse, sarà soltanto Hagrid, il guardacaccia della scuola di magia, a dirgli di cosa si trattasse. Sarà lui stesso a rivelare ad Harry il vero motivo della morte dei genitori, uccisi dal più potente Mago di magia oscura, Lord Voldemort, quando Harry era molto piccolo. Fu proprio Voldemort che, in quella notte tragica in cui Lilly e James Potter vennero uccisi nella loro casa, inferse a Harry la cicatrice a forma di saetta in fronte.

Harry decise di seguire Hagrid a Hogwarts, dove, insieme ai suoi due inseparabili amici maghetti, Ron Weasley e Hermione Granger, trascorrerà gli anni, cacciandosi alcune volte nei guai. Entriamo ora nel castello di Hogwarts e scopriamo cosa i maghi imparano FIN da piccoli.

A Hogwarts c'erano centoquarantadue scalinate: alcune ampie e spaziose; altre strette e pericolanti; altre che il venerdì portavano in luoghi diversi; altre con a metà un gradino che scompariva e che bisognava ricordarsi di saltare. Poi c'erano porte che non si aprivano, a meno di non chiederglielo cortesemente o di non far loro il solletico nel punto giusto, e porte che non erano affatto porte ma facevano finta di esserlo. Molto difficile era anche ricordare dove fossero le cose, perché tutto sembrava soggetto a continui spostamenti: i personaggi dei ritratti si allontanavano continuamente per farsi visita l'uno con l'altro, e Harry avrebbe giurato che le armature camminassero. Neanche i fantasmi contribuivano a rendere più semplice la situazione. Era assai sgradevole quando uno di loro , all'improvviso scivolava attraverso la porta che un ragazzo stava cercando di aprire. Nick-Quasi-Senza-Testa era sempre felice di indicare ai Grifondoro la giusta direzione, ma Pix, il Poltergeist, se lo incontravi quando eri in ritardo per una lezione, era capace di farti trovare due porte sprangate e una scalaa trabocchetto. Ti tirava in testa il cestino della carta straccia, ti sfilava il tappeto da sotto i piedi, ti lanciava addosso pezzi di gesso, oppure, avvicinandosi di soppiatto, ti afferrava il naso e strillava: <PRESO>

Ancora peggio di Pix, se possibile era il custode Argus Gazza. Harry e Ron riuscirono a prenderlo per il verso sbagliato fin dalla prima mattina. Gazza li sorprese mentre cercavano di passare per una porta, che sfortunatamente risultò essere l'entrata al corridoio del terzo piano di cui era vietato l'accesso agli studenti. Non volle credere che si fossero smarriti, convinto com'era che stessero cercando di forzarne l'entrata di proposito, e minacciò di chiuderli in prigione, se non fosse stato per il professor Raptor che passava in quel momento e li salvò.

Gazza possedeva una gatta di nome Mrs Purr, una creatura color polvere tutta pelle e e ossa, con due occhi sporgenti come fari, spiccicata al suo padrone. La gatta pattugliava i corridoi da sola. Bastava infrangere una regola di fronte a lei, mettere appena un piede fuori riga, ed eccola correre in cerca di Gazza, il quale puntualmente appariva due secondi dopo, tutto

Page 13: di ANTOLOGIA.docx · Web viewIo sono Leo mica per niente - Alessandro D’avenia Leo è un sedicenne come tanti: ama le chiacchiere con gli amici, il calcetto, il suo iPod. Le ore

ansimante. Gazza conosceva i passaggi segreti della scuola meglio di chiunque altro (tranne forse i gemelli Weasley), ed era capace di sbucare fuori all'improvviso al pari dei fantasmi. Gli studenti lo detestavano, e desideravano con tutto il cuore di riuscire ad assestare un bel calcio a Mrs Purr.

E poi, una volta trovata la classe, c'erano le lezioni. Come Harry scoprì ben presto, la magia era tutt'altra cosa dall'agitare semplicemente la bacchetta magica pronunciando parole incomprensibili.

Ogni mercoledì a mezzanotte bisognava studiare il cielo stellato con i telescopi e imparare il nome delle stelle e i movimenti dei pianeti. Tre volte alla settimana ci si doveva recare nella serra dietro al castello per studiare Erbologia con una strega piccola e tarchiata, la professoressa Sprite, con la quale i ragazzi imparavano a coltivare tutte le piante e i funghi più strani, e a scoprire a cosa servivano.

Indubbiamente, la lezione più noiosa era Storia della Magia, l'unico corso tenuto da un fantasma. Il professore Rüf era già molto, molto vecchio quando si era addormentato nella sala dei professori, e il mattino dopo, alzatosi per andare a far lezione si era lasciato dietro il corpo. Rüf non la finiva più di parlare con voce monotona, mentre i ragazzi prendevano nota di nomi e date, facendo una solenne confusione tra Emeric il Maligno e Uric Testamatta.

Invece il professor Vitious, l'insegnante di Incantesimi, era un mago basso e mingherlino, che doveva salire sopra una pila di libri per vedere al di là della cattedra. All'inizio della prima lezione prese il registro e quando arrivò al nome di Harry diede un gridolino eccitato e ruzzolò giù, scomparendo alla vista.

La professoressa McGranitt era ancora diversa. Harry aveva avuto ragione di pensare che era meglio non contrariarla. Severa e intelligente fece un bel discorsetto ai ragazzi nel momento stesso in cui si sedettero per ascoltare la sua prima lezione. <La Trasfigurazione è una delle materie più complesse e pericolose che apprenderete a Hogwarts; chiunque faccia confusione nella mia aula verrà espulso e non sarà più riammesso. Siete avvisati.>

Poi trasformò la sua cattedra in maiale e viceversa. Tutti rimasero molto impressionati e non vedevano l'ora di cominciare, ma ben presto si resero conto che ci sarebbe voluto un po' di tempo prima che diventassero capaci di trasformare un mobile in animale. Presero un mucchio di appunti complicati, dopodiché a ciascuno fu dato un fiammifero che dovevano provare a trasformare in un ago. Alla fine della lezione, solo Hermione Granger aveva cambiato qualche cosa nel suo fiammifero; la professoressa McGranitt mostrò alla classe che era diventato tutto d'argento e acuminato, e gratificò Hermione con uno dei suoi rari sorrisi. Il corso che tutti non vedevano l'ora di frequentare era Difesa contro le Arti Oscure, ma le lezioni di Raptor si dimostrarono un po' una barzelletta. L'aula odorava di aglio: tutti dicevano servisse a tenere lontano un vampiro che egli aveva incontrato in Romania, e che temeva che sarebbe tornato un giorno o l'altro a prenderlo per portarlo via. Il turbante, così disse ai suoi allievi, lo aveva ricevuto in dono da un principe africano, come pegno di gratitudine per averlo liberato da un fastidioso zombie. [...]

Il venerdì successivo fu un giorno importante per Harry e Ron. Finalmente riuscirono ad arrivare alla Sala Grande per colazione senza perdersi nemmeno una volta. [...]. Arrivò la

Page 14: di ANTOLOGIA.docx · Web viewIo sono Leo mica per niente - Alessandro D’avenia Leo è un sedicenne come tanti: ama le chiacchiere con gli amici, il calcetto, il suo iPod. Le ore

posta. Oramai Harry i aveva fatto l'abitudine, ma il primo giorno era rimasto alquanto impressionato quando un centinaio di gufi avevano fatto irruzione all'improvviso nella Sala Grande, durante la colazione, descrivendo cerchi sopra i tavoli finché, individuato il proprio padrone, non gli avevano lasciato cadere in grembo lettere e pacchetti. [...] .

J.K. Rowling, Harry Potter e la Pietra Filosofale

LEGGERE e COMPRENDERE

1. Chi è Harry Potter? Cos'è Hogwarts? Come si chiamano i genitori del ragazzino? Perché Harry vive con gli zii?

2. La Rowling descrive Hogwarts con molta cura e particolari. Sottolinea nel brano la parte di scritto che riguarda la presentazione della Scuola.

3. Chi sono gli insegnati di Hogwarts? Cosa insegnano?

4. Quali sono le caratteristiche del genere FANTASY che ritrovi nel brano che hai letto?

TE STESSO

5. In riferimento alle materie descritte nel testo, quale è la tua preferita? Perchè? Qual è invece quella che non vorresti mai studiare? Motiva la tua risposta.

6. Immagina di ricevere la lettera di Hogwars. Saresti felice? Prova a stendere un breve racconto sul tuo viaggio verso Hogwarts, i tuoi amici, come ti appare il castello, e inventa delle materie che ti piacerebbe studiare a Hogwarts.

Page 15: di ANTOLOGIA.docx · Web viewIo sono Leo mica per niente - Alessandro D’avenia Leo è un sedicenne come tanti: ama le chiacchiere con gli amici, il calcetto, il suo iPod. Le ore

Prim - Suzanne Collins

Hunger Games è ambientato in una nazione nota con il nome di Panem. Panem è formata da una ricca capitale, Capitol City, e dodici poveri distretti periferici.

Come punizione per un precedente tentativo di ribellione in contrasto al potere di Capitol City, ogni anno un ragazzo e una ragazza di età compresa fra i 12 e i 18 anni vengono prelevati ("la Mietitura") in maniera casuale da ogni distretto e costretti a partecipare agli Hunger Games, un evento televisivo nel corso del quale i partecipanti, o tributi, devono combattere sino alla morte in un luogo prestabilito, l'Arena, sino a quando solo uno sopravvive.

Questo brano racconta del giorno della mietitura, in cui tutti i giovani del dodicesimo distretto attendono con ansia che il biglietto estratto non sia l loro nome… una notizia alquanto inaspettata, sconvolge la nostra protagonista Katniss: la sua sorellina viene estratta.

Una volta, mentre ero nascosta su un albero e aspettavo immobile che un qualche tipo di

selvaggina passasse da quelle parti, mi addormentai e caddi da un’altezza di tre metri,

atterrando sulla schiena. La botta sembrò svuotarmi i polmoni della più piccola traccia d’aria, e

io rimasi distesa lì, faticando a inspirare, a espirare, a cercare di sopravvivere.

È così che mi sento ora. Cerco di ricordare come si fa a respirare, sono incapace di parlare,

frastornata, e quel nome continua a rimbalzarmi nella testa. Qualcuno mi ha afferrato per un

braccio, è un ragazzo del Giacimento, forse stavo per cadere e lui mi ha tenuta.

Deve esserci stato un

errore. Non è possibile che

stia accadendo questo. Prim

era solo un’ unica strisciolina

di carta in mezzo a migliaia

di altre! Le probabilità che

venisse scelta erano così

remote che non mi sono

nemmeno presa il disturbo

di preoccuparmi per lei. Non

ho fatto tutto il necessario, forse? Non ho preso le tessere rifiutando di lasciarle fare lo stesso?

Page 16: di ANTOLOGIA.docx · Web viewIo sono Leo mica per niente - Alessandro D’avenia Leo è un sedicenne come tanti: ama le chiacchiere con gli amici, il calcetto, il suo iPod. Le ore

Un biglietto. Un biglietto fra migliaia di altri. La buona sorte era dalla sua parte. Ma non è

bastato.

In lontananza posso sentire il pubblico brontolare scontento, come fa sempre quando viene

scelto un dodicenne, perché tutti pensano che sia sleale. E poi vedo lei, sbiancata in volto, le

mani strette a pugno lungo i fianchi, che avanza rigida, a piccoli passi, verso il palco,

passandomi accanto, e vedo che la camicetta le è uscita di nuovo sulla schiena e adesso

penzola sulla gonna. È questo particolare, il lembo pendente della camicetta, che mi riporta

alla realtà.

-Prim!- il grido soffocato mi esce dalla gola e i miei muscoli ricominciano a muoversi. –Prim!-

Non ho bisogno di sgomitare tra la folla. Gli altri ragazzi mi fanno subito largo, aprendomi una

via diretta fino al palco. La raggiungo proprio quando sta per salire i gradini. Con un unico

movimento del braccio la spingo dietro di me.

-Mi offro volontaria!- ansimo. –Mi offro volontaria come tributo!-

C’è un po’ di trambusto sul palco. Il distretto dodici non ha un volontario da decenni e il

protocollo si è arrugginito. La regola vuole che, quando il nome di un tributo è stato estratto

dalla boccia, un altro ragazzo o un’altra ragazza che rispondono ai requisiti possono farsi

avanti e prendere il posto del ragazzo o della ragazza di cui è stato letto il nome. In certi

distretti, nei quali vincere la mietitura è considerato un grandissimo onore e la gente è

impaziente di mettere a rischio la propria vita, offrirsi volontari è complicato. Ma nel distretto

dodici, dove il termine tributo è quasi sinonimo di cadavere, i volontari sono praticamente

inesistenti.

-Splendido!- dice Effie Trinket. –Però credo che prima si debba presentare il vincitore della

mietitura e poi chiedere se ci sono volontari, e se qualcuno si offre, allora noi… - la sua voce si

spegne. Anche lei non sa che fare.

-A che serve?- ribatte il sindaco. Mi sta guardando e il suo viso ha un’espressione addolorata.

Non mi consce bene, ma ha una vaga idea di chi sono. Sono la ragazza che gli porta le

fragole. La ragazza di cui sua figlia potrebbe aver parlato, qualche volta. La ragazza che

cinque anni fa gli stava di fronte, stretta alla madre e alla sorella, mentre lui le consegnava,in

quanto figlia maggiore, una medaglia al valore. Una medaglia per suo padre, rimasto

Page 17: di ANTOLOGIA.docx · Web viewIo sono Leo mica per niente - Alessandro D’avenia Leo è un sedicenne come tanti: ama le chiacchiere con gli amici, il calcetto, il suo iPod. Le ore

polverizzato nella miniere. Se lo ricorda? –A che serve?- ripete con voce rauca. – Lasciate che

venga.-

Prim è dietro di me, e grida, isterica. Mi stringe come una morsa con le sue braccine magre. –

No katniss! No! Non puoi!-

-Prim, lasciami andare- le dico in tono duro perche sono sconvolta e non voglio piangere.

Quando trasmetteranno la replica delle mietiture, stasera, tutti vedrebbero le mie lacrime e

verrei considerata un bersaglio facile. Un soggetto debole. Non darò a nessuno questa

soddisfazione. –Lasciami andare!-

Sento che qualcuno me la stacca dalla schiena. Mi volto e vedo che Gale ha sollevato Prim da

terra e lei si dibatte tra le sue bracca. –Và su, Catnip – dice, sforzandosi di tener salda la voce,

poi allontana Prim e la porta da mia madre. Mi faccio forza e salgo i gradini.

-Bene, brava!- si esalta Effie Trinket. – Questo è lo spirito del programma!- è compiaciuta di

aver finalmente un distretto con un po’ d’azione. –Come ti chiami?-

Deglutisco a fatica. –Katniss

Everdeen- rispondo. –Mi sarei

giocata la testa che quella era tua

sorella. Non vogliamo che ci rubi

tutta la gloria, vero? Coraggio,

allora? Facciamo tutti un

bell’applauso al nostro nuovo

tributo!- trilla Effie Trinket.

A eterno merito della gente del

distretto dodici va detto che nessuno

batte le mani. Nemmeno quelli con le

ricevute delle scommesse in mano, quelli che di solito so al di là della compassione. Forse è

perché mi hanno conosciuta al Forno o hanno conosciuto mio padre o hanno incontrato Prim,

a cui nessuno può fare a meno di voler bene. Così, invece di rispondere all’applauso, me ne

resto lì in mobile, mentre loro mettono in atto la più audace forma di disapprovazione di cui

possono disporre. Il silenzio. Che dice che non siamo d’accordo. Che non perdoniamo. Che

tutto questo è sbagliato.

Page 18: di ANTOLOGIA.docx · Web viewIo sono Leo mica per niente - Alessandro D’avenia Leo è un sedicenne come tanti: ama le chiacchiere con gli amici, il calcetto, il suo iPod. Le ore

Poi accade qualcosa di inaspettato. O almeno sono io che non me l’aspetto, perché pesno che

il distretto dodici non sia un luogo in cui ci si preoccupa per me. Ma qualcosa è cambiato, dopo

che mi sono fatta avanti per prendere il posto di Prim, e adesso sembra che io sia diventata

una persona cara. Prima uno, poi un altro, poi quasi tutti i componenti del pubblico portano le

tre dita di mezzo della mano sinistra alle labbra e le tendono verso di me. È un antico gesto del

nostro distretto, un gesto che si usa di rado e si vede qualche volta ai funerali. Significa grazie,

significa ammirazione, significa dire addio a una persona a cui vuoi bene,

S. Collins- Hunger Games

LEGGERE e COMPRENDERE

1.Chi sono i protagonisti? Chi si offre come tributo?

2.Come mai gli abitanti del dodicesimo distretto alzano le tre dita di mezzo della mano

sinistra?

3.Cosa sono gli Hunger Games? Perché sono stati organizzati?

LEGGERE e ANALIZZARE

4.Il racconto è scritto in prima persona o da un narratore esterno?

5.Il linguaggio ti sembra formale o vicino al linguaggio quotidiano? Motiva la tua risposta.

PROVA TU

6.Prova a continuare il testo aggiungendo il proseguimento del racconto. (come finisce la

storia? Sarà Katniss la vincitrice? ecc…)

Realizzato da: Carolina Almici, Alessia Bernardi, Francesca Marchesi, Alice Bonera, Daniela Garraffo