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da lostatopresente.eu – dicembre 2016 1
Più Carcere, più Sicurezza.
E’ davvero così?
di Luca Spataro
“Ho delle opinioni, non disturbatemi con dei fatti” sarà una rubrica ospitata periodicamente su
loSTATOpresente. Attraverso i numeri e le statistiche proveremo a raccontare fenomeni sociali e
economici, provando a demistificare le retoriche che in maniera più virulenta hanno messo sotto
assedio lo Stato e l’intervento pubblico.
Il binomio “più carcere, più sicurezza” rappresenta uno degli ossessivi mantra del dibattito
pubblico dei Paesi occidentali. Un messaggio che quotidianamente invade il nostro privato,
diventato per un numero consistente di cittadini una verità incontestabile. Ogni giorno non
tramonta più il sole senza che un talk show televisivo racconti un fatto di cronaca e che gli ospiti in
studio, opinion leader, politici, cittadini comuni, non chiosino l’accaduto chiedendo più carcere e
pene più aspre. L’obiettivo di questo articolo è raccontare per numeri il fenomeno che nelle ultime
quattro decadi ha prodotto in molti Paesi occidentali un vero e proprio fenomeno di
iperincarcerazione1. Lo faremo con uno sguardo particolare agli Stati Uniti in cui il fenomeno ha
raggiunto le proporzioni più allarmanti. Ci soffermeremo, poi, molto brevemente su alcuni tra i
principali Paesi europei, per chiudere con un breve focus sul nostro Paese. L’obiettivo che ci
poniamo, nella speranza di riuscire, è tentare di demistificare, attraverso i numeri e i fatti, i luoghi
comuni radicati nel dibattito pubblico.
1L. Wacquant, Iperincarcerazione. Neoliberismo e criminalizzazione della povertà negli Stati Uniti, 2013, Ombre Corte
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Gli Stati Uniti
Nel secolo scorso la popolazione carceraria e i tassi di incarcerazione dei maggiori paesi occidentali
hanno mostrato a lungo dei trends stabili. La popolazione detenuta dal 1925 sino al 1980 è rimasta
su livelli contenuti. Tuttavia negli Stati Uniti sul finire degli anni ’70 il tasso di incarcerazione ha
iniziato una lunga, poderosa e quasi inarrestabile marcia per giungere nel 2012 alla cifra
impressionante di 707 detenuti per 100.000 abitanti. La popolazione detenuta è passa dai circa
500.000 detenuti del 1980 ai 2.284.240 del 2012.
Grafico 1
Nel grafico 1 mostriamo la curva che ha portato all’esorbitante crescita del numero dei detenuti,
dato che colloca gli Stati Uniti al secondo posto nel mondo per tasso d’incarcerazione, in realtà al
primo se consideriamo il fatto che l’unico paese che registra un tasso più alto è Seychelles, cioè un
piccolo stato insulare con circa 90.000 abitanti. In dieci anni i detenuti crescono del doppio,
superando il milione nel 1990, raddoppiando ancora nel decennio successivo e raggiungendo la
cifra dei 2 milioni all’inizio del nuovo secolo. Negli ultimi 12 anni infine il ritmo di crescita
rallenta, per giungere ai 2.284.240 del 2012.
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Grafico 2
Se ai dati presentati nel grafico 1, affianchiamo quelli che mostrano i cittadini americani sottoposti
al sistema penale (grafico 2) attraverso il regime della Parole e l’istituto della Probation, ci
troviamo di fronte ad un fenomeno di proporzioni gigantesche: 7 milioni di soggetti nel 2012, un
dato 4,6 volte più alto del 1980.
A generare questa espansione del sistema penale non è stata una crescita dei tassi di criminalità, ma
una vera e propria campagna ideologica che ha avuto nell’amministrazione Regan il principale
sponsor. Nel 1984 esce Losing Ground: American Social Policy 1950-1980, di Charles Murray2, un
testo che rappresenta il vangelo dell’attacco al sistema di welfare portato avanti dai principali think
thanks conservatori americani come il Manhattan Institute. La tesi centrale del libro, a dire il vero
sostenuta da pochi dati e con poca scientificità, è che la condizione di povertà, soprattutto dei neri
americani, fosse il prodotto dei programmi di assistenza sociale.
È la crociata ideologica del liberismo promossa dall’amministrazione americana che ha avuto
l’obiettivo di ribaltare il paradigma che aveva guidato le politiche economiche e sociali a partire
dalla grande depressione. La soluzione che propone Murray è farla finita con i programmi sociali,
ad eccezione che per gli infermi e anziani. Solo due anni prima sulla rivista “Atlantic Monthly”
2Murray Charles, Losing Ground: American Social Policy 1950-1980, 1984, Basic Books.
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era uscito un lungo articolo con le firme James Q. Wilson e George Kelling3, in cui veniva
elaborata la nota “teoria del vetro rotto”. A metà degli anni Settanta, lo Stato del New Jersey aveva
annunciato il programma Quartieri sicuri. Il programma consisteva nell’aumento delle risorse per
l’assunzione di agenti di polizia che avessero il compito di pattugliare a piedi i quartieri. La teoria
degli autori è che disordine e criminalità fossero indissolubilmente legati: se una finestra in un
edificio è rotta e non viene riparata, tutto il resto delle finestre sarà presto rotto. Il contrasto al
degrado sociale diventa una questione di polizia. Le politiche sociali vengono sostituite dalle
politiche penali e securitarie. Il sistema penale americano vira in quegli anni in tale direzione. Per
un verso vengono smantellati i programmi di assistenza sociale ai più poveri, per l’altro le forze di
polizia vengono dirette nel contrasto e prevenzione dei comportamento deviante. L’obiettivo da
raggiungere, secondo gli autori, è prevenire la presenza persone sgradevoli nei quartieri.
Queste teorie attraverso la forza dei più importanti think thank conservatori vengono diffuse in tutto
il globo. Perseguire con grande energia le infrazioni minori, allo scopo di prevenire quelle
maggiori. Molti spesso cita l’esempio del sindaco di New York, Rudy Giuliani e del suo capo della
polizia della città, il commissario William J. Bratton. In realtà tutti gli studi più recenti sulle
politiche di sicurezza negli States convergono, dati alla mano, nell’affermare che il trend di
riduzione dei reati a New York è antecedente a quelle politiche. Più di recente il dipartimento della
giustizia americano ha criticato con parole particolarmente dure la strategia della “tolleranza zero”.
Secondo Washington, il risultato principale della politica di “tolleranza zero” è stato il
peggioramento dei rapporti tra la polizia e le comunità locali. Per gonfiare le statistiche, è scritto nel
documento, polizia ha compiuto sistematiche violazioni dei diritti costituzionali dei residenti non
bianchi4.
Nei grafici che seguono mostreremo la serie storica a partire dal 19805 di alcune categorie di reati
che destano maggior allarme sociale. I reati violenti, registrati dall’Uniform Crime reporting
dell’FBI, mostrano una crescita fino alla fine degli anni ’80, per poi subire una lunga e costante
decrescita, tanto da aver raggiunto nel 2012 il livello minimo dagli anni ’70. Stesso andamento,
3http://www.theatlantic.com/magazine/archive/1982/03/broken-windows/304465/
4http://www.nytimes.com/2016/08/10/us/justice-department-to-release-blistering-report-of-racial-bias-by-
baltimore-police.html?_r=0
5Per i dati sulla criminalità negli Stati Uniti potete consultare l’Uniform crime reporting Statitistics dell’FBI che riporta serie storiche
a partire dagli anni ’60: https://www.ucrdatatool.gov/index.cfm e il sito del Bureau of Justice statitics
http://www.bjs.gov/index.cfm?ty=datool&surl=/arrests/index.cfm#
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registrano i principali reati contro la proprietà, in questo caso l’amento tra gli anni ’80 e ’90 è meno
pronunciato e il livello raggiunto nel 2012 è circa il 30% in meno dell’inizio della serie.
Grafico 3 e 4
Se osserviamo il trend degli omicidi volontari e degli omicidi colposi con grave negligenza, che
sono una sottocategoria dei reati violenti e certamente tra questi quelli che destano maggior allarme
sociale, assistiamo ad un fenomeno simile.
Gli omicidi restano stabili nel corso degli anni ’80, per crollare nel corso dell’ultima decade del
secolo scorso e continuare in una più lenta decrescita nel primo decennio del nuovo secolo.
Grafico 5
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Nel grafico che segue (6) presentiamo invece il numero di arresti per violazione delle leggi sulla
droga.
Questi dati introducono uno degli elementi che ha portato alla crescita esponenziale della
popolazione carceraria negli Stati Uniti e negli altri Paesi occidentali.
Grafico 6 e 7
Con il grafico 7 introduciamo invece un ulteriore elemento di analisi, cioè la caratterizzazione
razziale del fenomeno in questione. Nel Grafico compariamo, infatti, il tasso di incarcerazione per
possesso di droga, una sottocategoria delle violazioni delle leggi sulla droga, suddiviso su base
razziale tra bianchi e neri.
Numerosi studi mostrano infatti come la probabilità di entrare in contatto con il sistema penale
americano sia molto più elevata tra gli uomini giovani di colore con scarsa istruzione. Nel 1980 il
10% dei giovani neri tra i 18 e i 40 anni con scarso livello d’istruzione e basso reddito aveva un
esperienza con il carcere. Nel 2000 questa percentuale è cresciuta sino al 32%. In pratica un giovane
su tre, con tali caratteristiche, trascorre un periodo della sua vita in una prigione6.
6Sul tema: AA.VV. The Growth of Incarceration in the United States: Exploring Causes and Consequences ,2014, NAP
(https://www.nap.edu/catalog/18613/the-growth-of-incarceration-in-the-united-states-exploring-causes ) ;
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La “War on Drugs”, slogan diventato famoso nel 1971 con il presidente conservatore, Richard
Nixon e che raggiunse l’apice con Regan, spiega solo in parte l’esplosione del sistema
penitenziario americano. Le altre ragioni sono legate al contrasto, anche con incentivi alla polizia
per gli arresti, dei reati minori, al cambio delle politiche sulla recidiva con la famosa formula
“Three Strikes and You're Out”. Si tratta della regola tre volte e sei eliminato del gioco nazionale
del baseball. Di fronte all'errore ripetuto tre volte alla battuta il giocatore è eliminato dal turno di
gioco. La regola è diventata anche un principio penale, una misura anticrimine che si può tradurre
con un monito chiaro: "tre condanne e resti in galera per sempre".
L’altro elemento che ha portato alla crescita della carcerazione sono le riforme che hanno limitato il
potere del giudice nel determinare la pena, costruendo parametri più rigidi, con meno
discrezionalità e con pene più alte, di fatto comprimendo il principio di individualizzazione della
pena.
Per ragioni di economia di questo lavoro eviteremo in questa sede di analizzare altri temi che
meriterebbero un approfondimento e che citiamo solo sommariamente. Per esempio la connessione
tra cambio delle politiche di welfare e politiche penali. Politiche di welfare e politiche penale
manifestano in questo caso un trade-off, alla compressione delle prime corrisponde un aumento
esponenziale della seconde, tanto da poter affermare con serenità che lo stato penale rappresenta
una caratteristica fondamentale e centrale delle politiche liberiste. Negli Stati Uniti a partire dalla
fine degli anni ’70 intellettuali, think thank elaborano le teorie economiche e sociali che hanno
prodotto un cambio radicale di paradigma che ha portato quasi ovunque ad affrontare problemi
sociali attraverso politiche penali. L’esperienza degli Stati Uniti ci racconta più di tutte che più
carcere non significa più sicurezza, infatti quel Paese nonostante un fenomeno di gigantesca
carcerizzazione continua ad avere tassi di criminalità più alti che in Europa.
L’Europa e l’Italia
Le idee promosse dall’amministrazione Regan e dai think thank conservatori non tardarono ad
attecchire in Europa e in primo luogo in Regno Unito da dove si diffusero con gradazioni diverse in
tutto il continente. Il fenomeno della crescita vertiginosa dell’incarcerazione non ha raggiunto in
Europa i livelli d’oltreoceano, tuttavia quasi ovunque a partire dagli ’90 la popolazione carceraria,
stabile per decenni, è cresciuta in maniera sostenuta, tanto da raddoppiare in poco più di tre decadi.
L. Wacquant, Punire i poveri. Il nuovo governo dell’insicurezza, 2006, DeriveApprodi; L. Wacquant, Iperincarcerazione. Neoliberismo
e criminalizzazione della povertà negli Stati Uniti, 2013, Ombre Corte; B. Western, Punishment and Inequality in America, 2006,
Russell Sage Fundation.
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Grafico 8
Nel grafico 8 è rappresentata la popolazione detenuta dei principali paesi europei nella sua
evoluzione dal 1980 al 2014. In tutti i Paesi in questione la popolazione detenuta è cresciuta a ritmi
sostenuti, solo la Germania registra un ritmo di crescita più lento. In Francia, Italia e Regno Unito la
popolazione detenuta è raddoppiata. La Spagna che partiva da livelli più bassi ha visto triplicare il
numero di detenuti. Negli ultimi anni anche in virtù di interventi della giurisprudenza costituzionale
(in Germania la Corte Costituzionale è intervenuta duramente sulle condizioni di sovraffollamento)
e della Corte europea dei diritti dell’uomo, emblematico in tal senso è il caso italiano, questo trend
di crescita ha subito ovunque una frenata, salvo che in Francia.
Grafico 9 e 10
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Come nel caso Statunitense i dati dei grafico 9 e 10 dimostrano che anche nel caso italiano
l’aumento della popolazione detenuta non è stato dovuto dei fatti criminosi. I principali delitti
registrati dalle forze di polizia sono in calo da tre decadi, molto pronunciato è il calo degli omicidi,
è sceso drasticamente il furto di autoveicoli, l’unico reato in aumento, dopo il crollo di fine anni
’90, è quello di furto in appartamento, ma che comunque si colloca oggi agli stessi livelli di inizio
anni ’90.
Conclusione
In questo articolo abbiamo tentato di raccontare brevemente il fenomeno della crescita della
popolazione detenuta negli Stati Uniti e in Europa. Abbiamo tentato di dimostrare come la crescita
della popolazione carceraria non sia correlata ad un aumento dei tassi di criminalità, né in Europa
né negli Stati Uniti, ma piuttosto ad un vento ideologico che ha visto trasformare il diritto penale in
uno strumento per affrontare problemi sociali come la droga e il degrado delle periferie. Negli Stati
Uniti tale fenomeno ha raggiunto livelli inimmaginabili con forti connotazioni razziali. Sono stati
gli stessi teorici della destrutturazione dello Stato, delle politiche di welfare e assistenza sociale a
esaltare il ruolo della pena e del carcere nella retorica sulla sicurezza. Nello stesso momento in cui il
ruolo dello Stato in economia veniva attaccato con virulenza si è chiesto allo Stato di ampliare a
dismisura la potestà punitiva. Queste politiche mostrano oggi ovunque il loro fallimento, nonostante
ciò il nuovo vento populista che attraversa le nostre società rischia di bloccare i timidi tentativi di
inversione di tendenza degli ultimi anni. Crediamo per questo che sia necessario tenere aperto il
dibattito su questo tema tentando di demistificare una retorica che continua a essere dominante. Si
tratta di una sfida importante soprattutto per la Sinistra che per lungo tempo non è stata in grado di
opporre alcuna resistenza a quelle parole d’ordine, ma che anzi negli anni novanta ha assecondato
in pieno questa deriva.