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Cari lettori, Il rischio idraulico e idrogeologico è sempre stato e, da almeno un decennio lo è sempre più, il rischio più diffuso e incombente nel nostro Paese. Secondo recenti sondaggi, dopo tante alluvioni, anche la percezione di questo pericolo è aumentata da parte dei cittadini di diverse regioni italiane, dalla Valle d’Aosta alla Calabria, dalla Liguria alla Campania, dalla Toscana al Piemonte. Mentre scrivo, forti perturbazioni hanno gravemente colpito parte della Toscana e dell’Umbria, creando allagamenti e frane e cinque sono le vittime solo nel Grossetano. Allerta meteo sono stati diramati in Liguria, Lazio, Friuli, Lombardia e il Trentino è a rischio frane. Tutti noi ricordiamo, poi, quello che è successo a novembre dell’anno scorso in Lunigiana, nello Spezzino e a Genova. I meteorologi non hanno dubbi: piove di più e con più intensità, è cresciuta la forza dei singoli rovesci. Da settembre a oggi la Protezione civile ha già dira- mato 22 avvisi di avverse condizioni meteo e la Liguria, per esempio, è in costante allerta 2. Il nostro territorio, lo abbiamo detto tutti fino alla noia, è fragile in parte per propria naturale costituzione geologica (vedi dorsale appenninica), ma soprat- tutto per l’eccessiva antropizzazione delle aree urbane, per una cattiva politi- ca urbanistica e per l’inarrestabile abbandono e degrado di campagne, colline e montagne che hanno caratterizzato la nostra storia sociale ed economica dal dopoguerra a oggi. Secondo alcuni calcoli approssimativi, ma che rendono bene l’idea, per mettere in sicurezza tutto il territorio nazionale ci vorrebbero 40 miliardi di euro! Dopo l’alluvione di Sarno del 1998 che costò la vita a 165 persone e quella di Messina dell’ottobre 2009, con 35 morti, è stato messo a punto un piano per mettere in sicurezza le aree a rischio (l’82% dei comuni italiani) con uno stanziamento di un miliardo di euro…una goccia rispetto alle risorse che servirebbero. Il Quaderno si apre con l’intervento dell’Ing. Paola Pagliara, responsabile del Centro Funzionale Centrale, settore meteo-idro del Dipartimento della Protezione civile nazionale che illustra la complessa rete nazionale, gli studi, le opere e le leggi in vigore, atte a prevenire e mitigare questa tipologia di rischio. Si prosegue, poi, con l’approfondimento di quanto alcune regioni - prese a cam- pione del Nord, Centro e Sud Italia - hanno realizzato nel campo del monito- raggio e della mappatura del territorio, nei sistemi di allerta alla popolazione e, laddove è stato possibile, nella messa in sicurezza di aree particolarmente a rischio. Chiudiamo il Quaderno presentando il libro del Comandante provin- ciale dei Vigili del Fuoco di Genova, Ing. Raffaele Ruggiero, interessante ed appassionata testimonianza della terribile giornata del 4 novembre 2011 in cui sei persone persero la vita a causa dell’esondazione del Rio Fereggiano. Franco Pasargiklian Direttore responsabile QUADERNI DI PROTEZIONE CIVILE 1 ITALIANA Protezione civile Protezione civile LA IL RISCHIO IDRAULICO E IDROGEOLOGICO 6

DI PROTEZIONE CIVILE 6 IL RISCHIOIDRAULICO E …I meteorologi non hanno dubbi: piove di più e con più intensità, è cresciuta la forza dei singoli rovesci. Da settembre a oggi la

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Page 1: DI PROTEZIONE CIVILE 6 IL RISCHIOIDRAULICO E …I meteorologi non hanno dubbi: piove di più e con più intensità, è cresciuta la forza dei singoli rovesci. Da settembre a oggi la

Cari lettori,

Il rischio idraulico e idrogeologico è sempre stato e, da almeno un decennio loè sempre più, il rischio più diffuso e incombente nel nostro Paese. Secondorecenti sondaggi, dopo tante alluvioni, anche la percezione di questo pericolo èaumentata da parte dei cittadini di diverse regioni italiane, dalla Valle d’Aostaalla Calabria, dalla Liguria alla Campania, dalla Toscana al Piemonte.Mentre scrivo, forti perturbazioni hanno gravemente colpito parte dellaToscana e dell’Umbria, creando allagamenti e frane e cinque sono le vittimesolo nel Grossetano. Allerta meteo sono stati diramati in Liguria, Lazio, Friuli,Lombardia e il Trentino è a rischio frane. Tutti noi ricordiamo, poi, quello cheè successo a novembre dell’anno scorso in Lunigiana, nello Spezzino e aGenova.I meteorologi non hanno dubbi: piove di più e con più intensità, è cresciuta laforza dei singoli rovesci. Da settembre a oggi la Protezione civile ha già dira-mato 22 avvisi di avverse condizioni meteo e la Liguria, per esempio, è incostante allerta 2.Il nostro territorio, lo abbiamo detto tutti fino alla noia, è fragile in parte perpropria naturale costituzione geologica (vedi dorsale appenninica), ma soprat-tutto per l’eccessiva antropizzazione delle aree urbane, per una cattiva politi-ca urbanistica e per l’inarrestabile abbandono e degrado di campagne, collinee montagne che hanno caratterizzato la nostra storia sociale ed economica daldopoguerra a oggi. Secondo alcuni calcoli approssimativi, ma che rendono benel’idea, per mettere in sicurezza tutto il territorio nazionale ci vorrebbero 40miliardi di euro! Dopo l’alluvione di Sarno del 1998 che costò la vita a 165persone e quella di Messina dell’ottobre 2009, con 35 morti, è stato messo apunto un piano per mettere in sicurezza le aree a rischio (l’82% dei comuniitaliani) con uno stanziamento di un miliardo di euro…una goccia rispettoalle risorse che servirebbero.Il Quaderno si apre con l’intervento dell’Ing. Paola Pagliara, responsabile delCentro Funzionale Centrale, settore meteo-idro del Dipartimento dellaProtezione civile nazionale che illustra la complessa rete nazionale, gli studi, leopere e le leggi in vigore, atte a prevenire e mitigare questa tipologia di rischio.Si prosegue, poi, con l’approfondimento di quanto alcune regioni - prese a cam-pione del Nord, Centro e Sud Italia - hanno realizzato nel campo del monito-raggio e della mappatura del territorio, nei sistemi di allerta alla popolazionee, laddove è stato possibile, nella messa in sicurezza di aree particolarmente arischio. Chiudiamo il Quaderno presentando il libro del Comandante provin-ciale dei Vigili del Fuoco di Genova, Ing. Raffaele Ruggiero, interessante edappassionata testimonianza della terribile giornata del 4 novembre 2011 incui sei persone persero la vita a causa dell’esondazione del Rio Fereggiano.

Franco PasargiklianDirettore responsabile

QUADERNI DI PROTEZIONE CIVILE

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ITALIANA

Protezione civile

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IL RISCHIO IDRAULICO E IDROGEOLOGICO

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Di rischio idrogeologico l’ing. PaolaPagliara è un’esperta, essendo, da anni,dirigente del Centro Funzionale Centraledel Dipartimento Nazionale di PC, non-ché responsabile del Servizio rischio idro-geologico e idraulico del Dipartimentostesso, servizio dedicato alle analisi delrischio e della vulnerabilità del territorio.Partiamo da lei per capire come funzionail sistema di previsione, prevenzione eallerta rispetto a tale tipo di calamità alivello nazionale.

Partiamo innanzitutto dalla nuovalegge, la 100/2012, che riordina le fun-zioni della PC. Con il DL 59 convertito poi, con modifi-che, in legge, la 100 appunto, rispetto al

Intervista a Paola Pagliara, dirigente del Centro FunzionaleCentrale del Dipartimento Nazionale nonché responsabiledel Servizio rischio idrogeologico e idraulico e del Serviziodi analisi del rischio e vulnerabilità del territorio, che ci spie-ga come funziona il sistema di previsione, prevenzione eallerta

di Adriana Marmiroli - foto: Antonio De Marco del Comando Provinciale VV.F. di Genova, Donatella Graciotti del Servizio regionale Pc delle Marche, Archivio Provincia Autonoma di Bolzano

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Italia: un territorio a rischio,

sempre sotto osservazione

Ottobre 2011: uno scorcio di Borghetto Vara, nello Spezzino, travolto da un'onda di fango e detriti

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passato vengono meglio delineati i compi-ti della PC anche in riferimento al rischioidrogeologico. In precedenza, dal 1992 al2011, anche gli interventi di prevenzionestrutturale, da realizzare a seguito di emer-genze o in prevenzione delle stesse, dipen-devano dalla Protezione civile. Ora, lenostre attività di prevenzione non si espli-cano in termini di opere pubbliche.Come dice l’articolo 3, che definisce leattività e i compiti di PC: “La prevenzioneconsiste nelle attività volte a evitare o aridurre al minimo la possibilità che si verifi-chino danni conseguenti agli eventi di cuiall’articolo 2, anche sulla base delle cono-scenze acquisite per effetto delle attività diprevisione. La prevenzione dei diversi tipi dirischio si esplica in attività non strutturaliconcernenti l’allertamento, la pianificazionedell’emergenza, la formazione, la diffusione

della conoscenza della protezione civile non-ché l’informazione alla popolazione e l’ap-plicazione della normativa tecnica, ovenecessarie, e l’attività di esercitazione”.

Le opere strutturali a chi sono passate,allora?Al Ministero dell’Ambiente e alle Regioni,cui competevano già gli interventi di“mitigazione del rischio” in via ordinaria.Una prassi questa che era già consolidata,tanto che noi ci interfacciamo costante-mente con Ministero e Regioni. Già lalegge finanziaria del 2010 (191/2009)aveva definito un piano straordinario dimitigazione del rischio idrogeologico nelquale Ministero e Regioni, sentito ilDipartimento, individuarono gli inter-venti prioritari da finanziare con le risorsedisponibili (nel 2010 venne stanziato unmiliardo di euro dal Ministero del-l’Ambiente a cui si aggiunse una sommasimile da parte delle Regioni). Furono sti-lati elenchi e definiti accordi per la realiz-zazione degli interventi eseguiti poi daCommissari straordinari nominati dalMinistero dell’Ambiente.Insomma, vengono segnalate le maggioriurgenze in termini di protezione civileaffinchè siano inserite negli accordi diprogramma. C’è così la possibilità dimitigare alcune situazioni di rischio,anche quelle che sopravvengono ognianno a seguito di eventi calamitosi; lamitigazione preventiva del rischio sul ter-ritorio consente sia alle nostre attività diallertamento di essere più efficaci sia allarisposta in emergenza di essere piùimmediata ed efficiente. Mi spiego: unevento come quello di Genova delnovembre 2011 si è verificato in unasituazione di rischio idraulico talmenteelevato che il sistema di allertamento dasolo non avrebbe mai potuto essere suffi-

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Paola Pagliara, dirigente del Centro FunzionaleCentrale del Dipartimento Nazionale di Pc, dove è responsabile del Servizio rischio idrogeologico e idraulico e del Servizio di analisi del rischio e vulnerabilità del territorio

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ciente per evitare danni ingenti. Se, inve-ce, si riuscisse ad abbattere il rischio (eli-minarlo è quasi impossibile), avremmomolte più possibilità di salvaguardare levite umane. Nel 2001 venne elaboratoun piano per interventi strutturali sulbacino del Bisagno mai completato (difatto, si prevedevano due interventi

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Monterosso, Vernazza e Brugnato: altri deliziosi borghi dello Spezzino,

vittime del disastro idrogeologico che li devastati nell'ottobre 2011

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molto onerosi: uno di miglioramentodelle condizioni di deflusso attraversol’ampliamento delle sezioni al di sottodella copertura del tratto terminale, e unsecondo per la costruzione di uno scol-matore, del costo stimato di circa 230milioni di euro, che avrebbe scaricato amare il sovrappiù di acqua in situazionimeteo particolarmente critiche). Da allo-ra si è così andati avanti per piccoli inter-venti tampone, semplici palliativi. A Genova come in gran parte d’Italia.

In Italia è una situazione diffusa,quindi...?L’UE ha emanato una direttiva, recepitadall’Italia, che impone di mappare il terri-torio per individuare tutte le zone caratte-rizzate da rischio idraulico: se per la parteriguardante il censimento delle frane lostudio può dirsi completato, c’è ancora

parecchio lavoro da fare sul tema dellealluvioni, la cui mappatura è posta in capoalle Autorità di Bacino. Tale mappa, anchese è su scala molto più ampia di quellausata in sede locale, è il riferimento cuidevono guardare gli enti locali per defini-re gli scenari dei piani di emergenza.

A questo proposito come è la situazio-ne? Non era stata fatta una revisionedella struttura delle Autorità di Bacino?Create con la legge 183 nel 1989 acopertura di tutto il territorio nazionale(ce n’erano 37 tra autorità di livellonazionale, interregionale e regionale),furono istituite come organismi perconoscere e pianificare l’uso del territo-rio (difesa del suolo, tutela delle risorse,individuazione delle situazioni dirischio...). A seguito dell’alluvione diSarno nel 1998, la Legge 267 ha accele-rato le loro attività di mappatura delrischio idrogeologico e idraulico chesostanzialmente sono state completatetra il 2003 e il 2004 con una pianifica-zione territoriale che prevedeva unaserie di interventi strutturali per ridurreil rischio (quantificati in circa 40 miliar-di di euro). Nel 2006 però la legge 152ha abolite queste Autorità prevedendo latrasformazione in Autorità di distretto -in tutto otto - con compiti uguali maambiti più vasti di territorio e l’accorpa-mento di attività di bacino di diversolivello territoriale. Questa nuova strut-tura, a oggi, non è stata pienamenteattuata e resta di fatto in vita la vecchiastruttura che per il coordinamento facapo al Ministero dell’Ambiente.

Se questa è la situazione generale, appa-iono fondamentali gli allerta meteo. È una delle nostre funzioni primarie. È incapo al sistema Stato-Regioni la valutazio-

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ne delle condizioni di rischio per l’emis-sione degli allertamenti alle autorità di PClocale, che devono a loro volta avvisare lapopolazione e attuare i piani d’emergenza.Di qui l’importanza della formazione disindaci e funzionari locali, nonché dell’in-formazione alla cittadinanza sui temi dellasicurezza e della protezione civile, in modoche una volta dato l’allerta ognuno sia ingrado di gestire al meglio le eventualisituazioni di emergenza. È un sistema chedeve vedere in gioco fianco a fianco citta-dini ed enti politici locali, ma purtroppola coscienza del rischio sembra persarispetto a qualche decennio fa.

Com’è organizzato il servizio allertameteo?Ancora una volta la legge 100 interviene esancisce a livello normativo, con l’art.3bis, un sistema già prima organizzato dauna direttiva della Presidenza del Con-

siglio dei Ministri: emanata il 27 febbraio2004, in attuazione della legge 267/98(cosidetta legge Sarno) che dava preciseindicazioni per potenziare il sistema dimonitoraggio pluviometrico e idrometri-co sul territorio nazionale, ne incrementa-va la rete con la creazione di una rete radarnazionale affidata alla PC, in quanto ingrado di gestire la catena dell’allertamento(in precedenza questi dati venivano rac-colti ma non facevano capo a un ente cheallertasse). Nel 2004 venne quindi realiz-zata la rete per la gestione del sistema diallertamento con i Centri FunzionaliRegionali: organizzati a diversi livelli, for-niscono previsioni, monitoraggio e sorve-glianza in tempo reale dei fenomenimeteo, valutano gli effetti del rischio supersone e cose sul territorio, assicurano inraccordo con il Centro Funzionale Cen-trale del Dipartimento la gestione delSistema di allertamento nazionale.

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Il ponte Colombiera sul Magra è stato portato via dalla furia di un fiume in genere sonnolento. Un anno dopo anche la struttura provvisoria è stata chiusa in attesa di tempi (meteorologici) migliori

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Al momento, però, non tutte le Regionisono in grado di svolgere autonomamentetutte le funzioni previste dalla legge:Liguria, Piemonte, Val d’Aosta, Lom-bardia, Veneto, Emilia Romagna, To-scana, Marche, Campania oltre alle pro-vince di Bolzano e Trento hanno comple-tato il percorso, mentre Umbria, Molise,Calabria e Lazio (quest’ultimo tra poco)hanno un Centro Funzionale operativo intermini di previsone e monitoraggio dellecriticità idrogeologiche e idrauliche, masenza un proprio settore meteo. Per que-sto, le Regioni non ancora completamen-te autonome fanno riferimento alDipartimento nazionale, senza per questoessere necessariamente meno efficienti nelcomplesso sistema di protezione civile. Peresempio, il Friuli Venezia Giulia sopperi-sce a questa “mancanza” con le sviluppatecapacità di intervento sul territorio dellasua PC. Ora comunque in tempi brevi

tutte dovranno diventare responsabili del-l’intero sistema di allertamento. Si stannoorganizzando, ma nelle more continue-ranno a rivolgersi a noi.

Praticamente come opera il sistema deiCentri Funzionali?La Rete dei centri funzionali è costituitadal Centro funzionale centrale, che sitrova presso la sede operativa del Di-partimento Nazionale e che ha la funzio-ne di coordinare il sistema (oltre comedicevo di fornire i dati a chi non sia anco-ra in grado di produrli), e dai Centri fun-zionali regionali che hanno il compito diraccogliere e condividere anche con altrisoggetti una serie di dati e informazioni didiversa provenienza. Più precisamente: idati rilevati dalle reti meteo-idropluvio-metriche, dalla Rete radar meteorologicanazionale e dalle diverse piattaforme satel-litari disponibili per l’osservazione della

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Osimo nelle Marche durante l'alluvione del 2006

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Terra, i dati territoriali idrologici, geologi-ci, geomorfologici e quelli derivanti dalsistema di monitoraggio delle frane, e le

modellazioni meteorologiche, idrologi-che, idrogeologiche e idrauliche. Sullabase di tutti questi dati e delle modellazio-ni, i Centri funzionali elaborano gli scena-

Alto Adige: ‘slavine’ di fango sulla montagna ferita

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ri probabilisticamente attesi, anche attra-verso l’utilizzo di modelli previsionalidegli effetti sul territorio. In base a questevalutazioni, emettono poi bollettini eavvisi in cui vengono riportati l’evolversidei fenomeni e i livelli di criticità attesi.Tra noi, come professionisti, sono presen-ti geologi, metereologi, ingegneri, insom-ma personale tutto altamente specializzatoe formato per questa attività, figure pro-fessionali nuove e molto giovani come età.Possiamo dire che tutta questa complessamacchina opera per mettere in grado glioltre 8000 sindaci italiani di decidere gliinterventi necessari sul proprio territorio.Per questo è importante che anche quellaparte della catena sia resa efficiente ed effi-cace, formata e informata, sindaci e tecni-ci di PC degli enti locali, come le struttu-re di volontariato della PC e la popolazio-ne tutta. Si tenga poi presente che la Legge

100, all’articolo 15, comma 3bis, ha riba-dito l’obbligo, già stabilito, per ogniComune di approvare un suo piano diemergenza entro 90 giorni dall’emanazio-ne della stessa: la scadenza è stata lo scorso12 ottobre.

In prospettiva su cosa state operando?Perché tra Regioni non vi siano disparitàe disomogeneità. Per esempio si pensialla confusione derivata in passato dal-l’interpretazione del semplice significatodel codice assegnato a un messaggio diallertamento. Va reso tutto più chiaro eunivoco. E poi vorremmo che i Sindaciprendessero fino in fondo coscienza delfatto che un allerta non è disturbare lapopolazione dalle normali attività madare alla gente gli strumenti per evitare diincappare in situazioni potenzialmentemolto pericolose. �

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Tradizionalmente le province del Trentino -Alto Adige, per via del loro statuto di auto-nomia e di tradizioni che risalgono a unostato centralizzato e multietnico ma attentoa certi elementi ambientali quale quelloaustrungarico, hanno politiche territorialidiverse da quelle messe in essere dal restod'Italia. Anche quelle relative alla mitigazio-ne del rischio idrologico e idrogeologico.Un fatto che, se non le mette al riparo dadisastri quali quello di inizio agosto nei din-torni di Vipiteno, le differenzia tuttavia dalcontesto generale, e talora le collocaall’avanguardia. Così, all’interno di unQuaderno come questo dedicato al rischioidrogeologico, ci pareva interessante vederecome la Provincia di Bolzano si fosse orga-nizzata. Della situazione abbiamo parlatocon il direttore della Ripartizione OpereIdrauliche Rudolf Pollinger. Laureato inScienze Forestali a Padova, dipendente

Le Opere idraulichea Bolzano:

una Ripartizione a copertura totale

del rischio idrogeologico

Rudolf Pollinger, direttore di tale Ripartizione, ci spiegacome opera la sua struttura, che, unica, sovrintende leacque e la difesa del territorio, che progetta, costruisce einfine manutiene circa 40.000 opere idrauliche. È la cosid-detta difesa integrata

di Adriana Marmiroli - foto: Ripartizione Opere idrauliche della PAB

PROVINCIA AUTONOMA DI BOLZANO

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dell’Azienda Speciale per la Regolazionedelle Acque e la Difesa del suolo (oraRipartizione Opere Idrauliche) dall’imme-diato dopo laurea, qui si è svolta tutta la suacarriera fino al raggiungimento dei verticidella Ripartizione, di cui è direttore dal1997. «La creazione dell’Azienda Specialeper la Regolazione dei corsi d’acqua, oggiRipartizione Opere Idrauliche, nel 1975 -ci spiega subito, a chiarimento di un’impo-stazione che vedremo sarà generale - nascedalla tradizione austroungarica di un entestatale impegnato nella difesa del suoloattraverso il monitoraggio del territorio».

Quali le caratteristiche della sua Ri-partizione rispetto a similari (semmai neesistono) realtà italiane?

Che un unico ente sovrintende le acque e ladifesa del territorio dal rischio idraulico. Danoi dipende cioè la progettazione e realizza-zione delle opere di difesa e regolazione deicorsi d’acqua, di consolidamento dei ver-santi e di protezione dalle valanghe, e lagestione e manutenzione delle stesse.Ovvero noi costruiamo e contemporanea-mente manuteniamo le opere. Il vantaggioè che, dipendendo tutto da noi, abbiamoconoscenza e coscienza di ciò che ricadesotto le nostre cure, ne garantiamo la con-tinuità. Cosa questa che è un grande van-taggio.

La Ripartizione quindi come è strut-turata?È composta da un’ottantina di persone tra

personale amministrativo e tecni-ci. Questi ultimi provvedonoall’elaborazione dei progetti disistemazione (dalla fase dei rilievialla stesura degli elaborati proget-tuali, alla direzione dei lavori, allapreparazione del collaudo finale).Inoltre provvediamo all’ammini-strazione dei fondi stanziati e delpersonale impiegato sui cantieri.Ancora alla R.O.I. fanno capo lefunzioni di polizia idraulica e digestione del demanio idrico; di

vigilanza sulle opere di sbarramento, il rila-scio di pareri in ambito idraulico, la gestio-ne del catasto idrico e delle dighe. Anche larealizzazione vera e propria dei lavori, è acarico della ripartizione opere idraulicheche fa i lavori in economia, con circa 200operai assunti in base al contratto naziona-

L'alluvione nella zona di Vipiteno, Alta Val d'Isarco,dell'estate 2012. Eventi di carattere straordinario, li ha definiti Rudolf Pollinger, accaduti in zone dove le case non erano ancora state protette con adeguate opere idrauliche

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le degli edili. Escavatori, camion e altrimacchinari necessari ai lavori che eseguia-mo invece li noleggiamo con conducente.

Ma esattamente la trafila per arrivare aquei lavori qual è?Noi monitoriamo il territorio (anche attra-verso segnalazioni “da terzi”). Se rileviamosituazioni a rischio, controlliamo se e cosaci sia da fare. Quindi progettiamo, seguia-mo la realizzazione e infine collaudiamo.Dopo di che, nel corso del tempo, manute-niamo.

Volendo quantificare il numero dimanufatti da voi monitorati e mantenutiin opera, quanti?Il Catasto delle opere ce ne attribuisce circa40mila.

Facciamo un passo indietro: all’internodella Ripartizione c’è una qualche suddi-visione di compiti?Ci sono diversi uffici: il Demanio idrico, difatto la proprietà, che segue il patrimoniodemaniale e i lavori fatti da terzi nelle vici-nanze delle aree demaniali; l’Ufficio ammi-

nistrativo che si occupa degli acquisti deimateriali, ha rapporti con tecnici e dipen-denti, e gestisce annualmente un budget dicirca 30 milioni di euro, che provengono dafondi dello Stato, dai bilanci della Provinciae da finanziamenti europei; l’Ufficio Digheinvece cura l’approvazione delle dighe edegli invasi di competenza provinciale. Poici sono gli Uffici di Zona: si tratta di 4 sottounità territoriali che gestiscono le agendedella Ripartizione in loco. In particolare lapianificazione del rischio idrogeologico, lacostruzione e la manutenzione delle operedel territorio di loro competenza. A noicompetono soprattutto le opere in difesaquali argini, muri di sponda, le opere “tra-sversali di consolidamento” (le briglie attecioè a stabilizzare i versanti e i corsi d’acqua)e quelle “di trattenuta” (destinate a trattene-re i detriti e il legname che vengono portatidai corsi d’acqua). Ricade sotto la nostracompetenza inoltre il vivaio da cui proven-gono le piante - in genere di non facile repe-

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Rudolf Pollinger, direttore della Ripartizione opereidrauliche della Provincia Autonoma di Bolzano

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rimento - che vengono usate per la difesa delsuolo. Abbiamo infatti maturato con iltempo una serie di tecniche “botaniche” asupporto delle opere murarie. Ci sono poialtre unità importanti. Il gruppo progetti,che cura la parte scientifica del nostro lavo-ro, si occupa delle banche dati, della geolo-gia, dell’ecologia e progettazione paesaggisti-ca. Da questo gruppo viene inoltre coordi-nata la pianificazione del rischio idrogeolo-gico e la partecipazione ai progetti Europei.Il gruppo di coordinamento dei cantieriche si occupa della logistica, della sicurezza,di controllo della qualità, mobilità, comuni-cazione e quant’altro necessario al buon

funzionamento dell’azienda. Il tutto vienecompletato da collaboratori che si occupanodella comunicazione e della formazione delpersonale.

Per sintetizzare quindi: voi avete compe-tenza su tutto quanto riguarda i corsid’acqua che attraversano il territorio pro-vinciale. Ma all’inizio ha parlato anche di"protezione dalle valanghe“Nel nostro territorio - mi pare chiaro - nonsi possono separare i vari tipi di rischio idro-geologico. È importante che i diversi even-ti calamitosi presenti sullo stesso territoriosiano visti nell’insieme E che, quando ci si

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Esempi di opere a contenimento di frane e corsi d'acqua

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coordina con la Pc, questi elementi con-fluiscano in un tutt’unico: è la cosiddettadifesa integrata. È il principio del modernomanagement del rischio idrogeologico chevuole che le diverse competenze faccianocapo a pochi soggetti. Per questo motivo,la difesa dei centri abitati dalle valanghe èanche nostra competenza.

Che rapporto avete con la Pc?In un territorio montuoso come quellodella Provincia di Bolzano il rapporto conla Pc, che è emanazione della cittadinanza,è molto importante perché a evento cata-strofico in corso o appena avvenuto, sideve poter intervenire in modo coordina-to. Abbiamo una strategia di difesa com-plessiva che ci riguarda e che opera a parti-re da tre punti essenziali: la pianificazionedel pericolo (è contenuta in una leggeurbanistica per la pianificazione del territo-ri e del rischio a esso inerente, di compe-tenza comunale) e la nostra consulenza a

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Operai al lavoro su un muro di contenimento

Barriere antivalanghe: anche loro competono

alla Ripartizione opere idrauliche

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livello provinciale per quanto riguarda lepratiche locali, le opere da edificare, le lineeguida da applicare... In emergenza inoltre,essendo parte di un unico sistema di aller-tamento che ha origine dallo stesso meteo,da noi dipende il “servizio di piena”, concui teniamo aggiornata la Pc sull’evoluzio-ne di eventuali piene. Sempre noi poi ese-guiamo la documentazione degli eventi,materiali spesso fondamentali per unastima dei danni e per valutare le decisioni diintervento da prendere. Inoltre, per viadelle nostre infrastrutture, la logistica“robusta” e i nostri mezzi e macchinari,siamo parte del “braccio armato” della Pc.Per esempio quando la Pc della PAB l’in-verno scorso è andata in aiuto all’Emilia-Romagna per l’emergenza neve, i volontarisono intervenuti supportati dalle nostremacchine e dalle nostre valutazioni.

Insomma apparentemente siete in unabotte di ferro. Tuttavia anche il vostroterritorio non è immune da smottamen-

ti, frane e alluvioni, talora con vittimeumane, come è accaduto ad agosto neipressi di Vipiteno, nell’Alta Val d’Isarco.Il 2012 è stato un anno molto difficile. InVal d’Isarco si è verificato un evento dicarattere straordinario, il più critico dal1987 a oggi. Ma avrebbe potuto assumerecaratteristiche di maggior gravità se su quelterritorio in passato non fossero già staterealizzate opere di prevenzione che hannofunzionato, malgrado la loro età. Non è uncaso che i decessi siano avvenuti proprio inquelle zone che non erano state protette. LaProvincia di Bolzano presenta la tipicasituazione alpina: il territorio non è densa-mente popolato, tuttavia - poichè solo unaminima parte è abitabile - c’è una forte con-centrazione di residenti su aree ridotte. Ilpiù delle case sono edificate, per forza dicose, tra i sassi del monte e le acque delfiume: non abbiamo alternativa. Per questola Provincia ha così tante opere di difesa,per cercare di porre rimedio al rischio chesempre incombe. È grazie a queste politi-

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Anche un ponte sollevabile può servire a impedire l'esondazione di un corso d'acqua in pieno centro urbano

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che del territorio che si favorisce che lagente non abbandoni la montagna. Noioperiamo per la difesa dal rischio idrogeo-logico, ma vengono anche attuate politicheurbanistiche volte al mantenimento dellapopolazione in loco. Basta una strada asfal-tata talvolta, uno scuolabus, perché lenuove generazioni non abbandonino leterre degli antenati.

Una politica capillare che ha certamentecosti molto alti.Certo, l’Ente pubblico ha una strada piùdifficile da percorrere: più costosa e com-plessa, che prevede molti interventi mirati,talora magari anche in attrito con chi sibatte per la difesa dell’ambiente naturalisti-co. Ma mantenere la gente sul territorio faparte della nostra cultura della conservazio-ne, che rende le nostre valli così particolarie le fa tanto apprezzare anche fuori dallanostra regione. E combattere per la naturaè parte intrinseca del nostro lavoro.

A parte gli interventi che avvengono aseguito di una qualche calamità, comeoperate?Si parte da piani di gestione per cui si stu-diano i rischi apportati dall’antropizzazionee dal clima sulla natura, quindi si fannopiani di intervento pluriennali. È un mododi ragionare integrato che ha dato discretirisultati finora. Per questo abbiamo struttu-re professionali dedicate (un geologo, deiforestali, ingegneri, due biologi, un archi-tetto paesaggista) che li stendono. Noi poili comunichiamo ai cittadini: questi devo-no sapere cosa facciamo perché questaconoscenza li aiuta poi nei momenti criticiad autoproteggersi. La popolazione nondeve demandare tutto allo ‘Stato’. Tuttaviac’è da dire che la nostra gente ha una tradi-zione anche nel senso della partecipazione edella solidarietà. Noi abbiamo operante unsistema complessivo che va però gestito concontinuità: non balzi da canguro ma passida formica. �

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Il "servizio di piena" con cui la Ripartizione di Pollinger tiene aggiornata la Pc sullo stato dei fiumi

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Autorità di Bacino per la pianificazione,il controllo, il monitoraggio e la regiadelle priorità di intervento; Protezionecivile per la previsione delle perturba-zioni che potrebbero avere ricadute cri-tiche sul territorio e per gestire le even-tuali fasi di emergenza; Agenzia regiona-le di difesa del suolo (Arcadis) comebraccio operativo indispensabile per leverifiche sul campo e gli interventi tec-nici. È il modello Campania per il con-trasto al fenomeno del dissesto idrogeo-logico targato Edoardo Cosenza.Se la nascita della Protezione civile inCampania si deve al sangue di Sarno,

Siano, Bracigliano, Quindici, San Felicea Cancello, cioè alla tragica alluvionedel 5 maggio 1998 che spezzò 160 vite,lo sviluppo di una organizzazione strut-

Difesa del suolo e dell'assetto

idrogeologico: è il modello targato

Edoardo Cosenza

In un'era di ristrettezze finanziarie l'assessore Cosenza è riu-scito a reperire i fondi necessari a sviluppare tutta una seriedi attività destinate a mettere in sicurezza il disastrato suolocampano, tra i più vulnerabili d'Italia. Un investimento con-siderato il più importante dell'ultimo decennio che si affian-ca a un nuovo, funzionale modello di governance

di Brunella Cimadomo

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L'assessore alla Protezione civile e difesa del suolodella Campania Professor Edoardo Cosenza.

In precedenza è stato preside della Facoltà di Ingegneria dell’Università di Napoli

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turata capace di mettere a sistema e difar interagire tra loro articolazioni diver-se dello stesso, in grado tutte insieme dicontribuire alla difesa del suolo, è legatoinvece all’opera dell’assessore allaProtezione civile e difesa del suolo dellaCampania Professor Edoardo Cosenza,già preside della Facoltà di Ingegneriadell’Università di Napoli.La sua attività è stata finalizzata sin dalprincipio a individuare e implementare- in un’era di pesanti ristrettezze finan-ziarie e in cui l’ente di Palazzo SantaLucia è costretto a fare i conti con i vin-coli imposti dal patto di stabilità - stru-menti per la previsione e la prevenzionedei fenomeni naturali.Un obiettivo fondamentale per quellache è la regione d’Italia a maggior vulne-rabilità: il 90% circa dei Comuni (checomplessivamente sono 551) ha all’in-terno zone a rischio idrogeologico eleva-to o molto elevato e, in più, buona parte

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L'assessore Cosenza insieme al commissario Flavio Cioffi

Ancora l'assessore con il commissario Cioffi e un gruppo di dipendenti davanti alla nuova sede di Arcadis a Sarno

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del territorio è ricoperto da materialepiroclastico proveniente da eruzionivulcaniche, che provoca pericolosissimefrane da colata di fango.

Il riordino delle Autorità di BacinoIl nuovo modello di governance del ter-ritorio parte dal riordino delle cinqueAutorità di bacino della Campania, e inparticolare delle tre relative all’area delSele: grazie al forte impulso dell’assesso-re Cosenza, le leggi finanziarie regiona-li 2011 e 2012 e i due successivi decretipresidenziali del 15 maggio scorsohanno attuato l’accorpamento delle treAutorità del Sele (Destra, Sinistra eInterregionale) nella nuova CampaniaSud-Sele e fatto confluire l’Autorità diBacino Nord Occidentale e la Sarno

nella Campania centrale. Dunque, dueorganismi potenziati al posto di cinque,cosa che rappresenta un notevole rispar-mio di risorse ma anche la possibilità dimigliorare le attività di previsione, pre-venzione e pianificazione territoriale inordine al rischio idrogeologico. Ne sonoconvinti gli attuali vertici dei due enti:l’ingegnere Pasquale Marrazzo (cheguida la Campania Centrale) e l’avvoca-to Stefano Sorvino (oggi a capo dellaCampania Sud). “Sono proprio questeAutorità - spiega l’assessore Cosenza - aredigere i piani di assetto idrogeologicoche rappresentano la mappa delle aree amaggior rischio/pericolosità dal puntodi vista del dissesto idrogeologico. Lacapillare conoscenza e zonizzazione delrischio costituisce il presupposto delle

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La galleria paramassi in costruzione sulla Statale degli Alburni, a San Rufo. È stata pensata per avere un basso impatto ambientale

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attività di prevenzione del dissesto idro-geologico. Avere un quadro aggiornato(i nostri sono stati tutti rivisti e appro-vati di recente) significa poter agire coninterventi mirati: se volessimo metterein sicurezza l’intera Campania, occorre-rebbero decine di miliardi di euro. Cifreimpossibili da ottenere. Per questoabbiamo dato una grande importanzaagli strumenti di pianificazione. I Pianistralcio di assetto idrogeologico si basa-no su cartografie aggiornate e approfon-dite alla scala di dettaglio 1:5000. LaCampania è tra le prime regioni d'Italiaad aver adottato un tale rapporto”.Secondo lo stesso Commissario Sorvino“il positivo accorpamento delle Autoritàdi Bacino Campania Sud/Sele e Cam-pania centrale, invocato da anni ma rea-

lizzato da questo Governo regionale,determina un’ottimizzazione e raziona-lizzazione nell’esercizio delle funzionidi difesa del suolo su un territorio fra-gile e complesso come quello dellaCampania, con un notevole potenzialebeneficio per il livello di sicurezza dellecomunità”.

L’Apq e gli altri strumenti finanziariTra fondi governativi ed europei è dicirca mezzo miliardo di euro la sommache la Campania, grazie alla intensaazione della giunta Caldoro e dell'asses-sore Cosenza in primis, è riuscita a otte-nere per investimenti infrastrutturali einterventi per la mitigazione del rischioidrogeologico. L’Accordo di program-ma-quadro per la difesa del suolo

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Foto della scogliera realizzata ad Atrani, in Costiera Amalfitana

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finanzia, con 220 milioni di euro, ben97 interventi già validati dal Ministerodell’Ambiente e dalla Protezione civile. Ifinanziamenti sono già stati approvati il20 gennaio scorso dal Cipe con il piano“Frane e versanti”. Si tratta di un inve-stimento per la messa in sicurezza delterritorio regionale considerato il piùimportante dell'ultimo decennio.A questi si aggiungono gli interventi chel’assessore Cosenza sta attuando in forzadei poteri di commissario straordinarioper il post Atrani e per il dissesto idro-geologico nel bacino del Sele, in provin-cia di Salerno. In totale 60 milioni dieuro.

L’ultimo stralcio di interventi approvati,il sesto, individua opere per complessivi5 milioni di euro che puntano, come haspiegato lo stesso Edoardo Cosenza “aun sistema innovativo per prevenirealluvioni e frane”. Come? Oltre che airilevanti interventi a Capaccio-Paestum,per prevenire allagamenti alla foce delSele e quelli previsti sul fiume Sarno, digrande importanza sono le opere inCostiera Amalfitana. “Viene finanziato- spiega il Commissario Cosenza - ilpresidio delle aree a rischio sulla Statale163, meglio conosciuta come 'Amalfi-tana': un’azione fondamentale per lasicurezza stradale con attività di prima

ispezione, verifica, pulizia erimozione delle masse instabiliche incombono sulla arteriastradale e sui centri abitati. Sirealizza poi, a livello sperimenta-le, un sistema di allertamentoper il rischio idrogeologico eidraulico di tutti i tratti tombatidegli alvei della costiera amalfi-tana (Cetara, Maiori, Minori,Atrani, Amalfi e Positano) e delCilento (Pisciotta, Futani eSapri). Si avvia così - prosegueEdoardo Cosenza - un'attivitàinnovativa per la prevenzionedei rischi naturali e, in particola-re, dei fenomeni di dissesto idro-geologico, con sistemi sperimen-tali di allarmi in grado di segna-lare le situazioni dalle qualipotrebbero derivare allagamentie pericolosissime invasioni diacqua e fango sul territorio adia-cente. Il costo del sistema diallertamento, particolarmenteutile per i piccoli centri, è di 1milione 800mila euro. Con uninvestimento di 580mila euro

mappa accorpamentiIl riordino delle Autorità di Bacino ha portato a una nuova suddivisione del territorio regionale in due sole aree, Campania Centrale e Campania Sud-Sele

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viene poi finanziato l'importante com-pletamento del sistema della protezionecivile di monitoraggio delle precipita-zioni piovose con nuove strutture cheraddoppiano la rete presente in CostieraAmalfitana (con ulteriori 8 stazioni) eintegrano quella di altre aree della pro-vincia di Salerno (con 3 stazioni nelVallo di Diano e 9 nel Cilento)”. Inoltrealtri 16 milioni di euro di interventisono già stati finanziati dal Com-missario per la messa in sicurezza inprovincia di Salerno e ulteriori 10milioni di euro sono stati stanziati perl’Acquedotto Basso Sele.

Il Grande progetto SarnoLa cartina al tornasole del grande impe-gno che la Giunta Caldoro pone rispet-to al tema del dissesto idrogeologico èforse l'approvazione del “GrandeProgetto Sarno”: un intervento com-plessivo che vale ben 217 milioni dieuro e che vede quale soggetto attuatorel'Arcadis, retta dal commissario FlavioCioffi e il coinvolgimento dell'Autoritàdi Bacino Sarno/Campania centrale. Il piano prevede la realizzazione di 23interventi, il più importante dei quali èla creazione della seconda foce di sboc-co a mare del fiume Sarno. Nel com-plesso, una grande opera di messa insicurezza dei territori di un'area moltosensibile al dissesto idrogeologico,l'Agro nocerino-sarnese, che si estendesu 35 comuni di 3 province per ben 800mila abitanti ed è di particolare pregioper la produzione agroalimentare.

Arcadis: tecnici al servizio della tuteladel territorioSul fronte organizzativo, è stata fortemen-te potenziata l'Agenzia regionale di difesadel suolo Arcadis, a cui la legge finanzia-

ria 2011 ha affidato pienamente l'attua-zione dei programmi di difesa del suoloregionali. È dotata di oltre 60 tecnici(ingegneri, geologi, architetti) che hannoeffettuato importanti progettazioni inter-ne e che, con l'ausilio del personaleamministrativo, conducono conferenzedi servizio, appalti, espropri e altro. Ed èil soggetto attuatore per molti degli inter-venti infrastrutturali citati. Da pochissi-mo la sua sede è stata collocata proprio aSarno, tra l'altro in un terreno confiscatoalla camorra. “Si tratta - ha fatto notare ilcommissario dell'Arcadis Flavio Cioffi -di una ubicazione baricentrica rispettoalle numerose attività che sta svolgendol’Agenzia: il completamento degli inter-venti post alluvione del '98 e di quelliconnessi all'emergenza Fiume Sarno, chesaranno trasferiti all'Arcadis entro la finedell'anno, nonché l'attuazione del Gran-de progetto Fiume Sarno, che metterà insicurezza l'intera area. Tutto il personaledell'Agenzia è orgoglioso di poter lavora-re in quest'area emblematica”.L'Arcadis è impegnata nelle attività diprevenzione delle alluvioni, in stretto rac-cordo con la Protezione civile regionale.Nell'ambito delle azioni immateriali diprevenzione è quasi completato il proget-to per l’attivazione dei presidi territoriali,voluto dall'Assessore Cosenza e che vedeun'intesa con l’Ordine dei Geologi e conquello degli Ingegneri: servirà a dotare icomuni a rischio, in fase di preallarme, di“sentinelle esperte”. Il progetto sarà rea-lizzato con fondi europei, così come losviluppo e l’aggiornamento dei piani diprotezione civile dei 551 Comuni edelle 5 Province della Campania. Ilfinanziamento complessivo program-mato sul POR FESR 2007-2013 perazioni di protezione civile è di 75 milio-ni di euro. �

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Il Centro Funzionale per la Meteorologia,l’Idrologia e la Sismologia è il cuore pulsan-te del sistema di prevenzione del rischioidraulico e idrogeologico attuato dal Di-partimento regionale per le Politiche inte-

grate di sicurezza e di Protezione civile. Il Centro Funzionale, diretto da MaurizioFerretti, garantisce il supporto tecnico-scientifico per le attività di previsione e pre-venzione, elaborando studi e ricerche, e per

Marche: come controllare

un territorio complessoe vulnerabile

Dal 2005 autonoma nell'emissione degli stati d'allerta, laRegione ha nel Centro Funzionale per la Meteorologia,l’Idrologia e la Sismologia il cuore pulsante del sistema diprevenzione del rischio idraulico e idrogeologico. È attra-verso questo istituto che si possono seguire l'evoluzione deifenomeni meteorologici, verificare le previsioni meteorologi-che e valutare i possibili effetti al suolo in una delle areemorfologicamente più problematiche d'Italia

di Paola Cimarelli - foto: Donatella Graciotti del Servizio regionale Pc delle Marche

REGIONE MARCHE

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la gestione delle emergenze. Progetta, rea-lizza e cura la funzionalità delle reti di tele-comunicazione, informatiche e di telecon-trollo sul territorio e all’interno del servizioche sono il sistema portante nella preven-zione del rischio. Gran parte dei Comunimarchigiani, infatti, è risultato, in qualchemodo, interessato da dissesti franosi e dafenomeni d’inondazioni più o meno estesi.Nel panorama nazionale, le Marche è unafra le regioni a più elevato rischio idrogeo-logico, con il 78% del territorio soggetto aquesto rischio. La possibilità di mitigare ilrischio idrogeologico su un territorio com-plesso e vulnerabile, come quello marchi-giano, dipende da una molteplicità di fatto-ri tra cui il pregresso storico degli eventi,l’evoluzione dei processi tecnologici finaliz-zati a una corretta previsione meteo-idrolo-gica, il complesso e articolato sistema diprocedure organizzative su base regionale.Fattori che determinano l’assunzione, a varilivelli di responsabilità, di provvedimentidestinati alla protezione della vita umana,in primo luogo, e poi alla riduzione deldanno materiale ingenerato dalla calamità.Le procedure del sistema regionale di aller-tamento, regolate dal decreto del presiden-te della Giunta regionale n. 301 del 22

dicembre 2006, iniziano dal Centro Fun-zionale per proseguire con il coinvolgimen-to prima della Soup-Sala Operativa Uni-ficata Permanente della Protezione civileregionale e, poi, dei vari soggetti del territo-rio a seconda del livello di allerta: Di-partimento regionale, Province, Prefetture,Enti del sistema regionale di Protezionecivile, Comuni e Comunità Montane. Il Sistema regionale di Protezione civile e

Gli effetti dell'alluvione del 2011 sul territorio marchigiano: esondazioni, frane, allagamenti. Una situazione molto difficile per la popolazione,anche per via degli ingenti danni arrecati a strutturee abitazioni

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Sicurezza locale, nel corso degli ultimi diecianni, spiega Valentino Giordano dell’Areaidrogeologica del Centro Funzionale, harealizzato un esteso sistema per il monito-raggio, in tempo reale, dei principali para-metri meteo-idrologici, precipitazioni,temperatura, umidità, vento, idrogeologici,livello idrometrico dei corsi d’acqua, e nivo-logici, spessore e temperatura stratificata delmanto nevoso. Valori che vengono raccoltie diffusi ogni giorno (sul sito internetwww.protezionecivile.marche.it) e che ven-gono analizzati per la redazione del Bol-lettino meteorologico e del Bollettino divigilanza meteo-idrogeologica mentre, incaso di allerta, vengono emessi l’‘Avviso dicondizioni meteorologiche avverse’ el’‘Avviso di criticità idrogeologica regionale’.Questi ultimi due documenti vengono tra-smessi agli organi competenti e ai mezzi diinformazione. In questo modo, il ServizioFunzionale non si limita a inviare i docu-menti ma, per ottimizzare la possibilità chegli stessi siano letti in tempo utile, vienedata comunicazione dell’avvenuto inviocon un sms spedito a tutti i sindaci, questosoprattutto se l’allerta meteo o l’avviso dicriticità sono emessi nel corso del fine setti-mana, quando la stragrande maggioranzadei Comuni non sono presidiati. Un’azioneche si riallaccia allo sforzo che la Protezione

civile regionale porta avanti da anni, dicreare un set di procedure non solo forma-li, come può essere l’invio via fax dei docu-menti di allertamento. Sia in fase di previ-sione ma anche, e soprattutto, in fase digestione di un evento è importantissimoavere a disposizione delle procedure, chiaree applicative che permettano di affrontarecon successo le varie situazioni. In tale otti-ca, la Regione Marche si è dotata di unaserie di strumenti che descrivono unametodologia di lavoro e un modello orga-nizzativo di riferimento nel momento incui si debba affrontare una situazione dicrisi. L’attività del Centro Funzionale e delDipartimento regionale di Protezione civilenon si esaurisce nella fase previsionale macontinua durante l’evento nella fase dimonitoraggio e di sorveglianza. In questafase è di fondamentale importanza l’utiliz-zo e la piena funzionalità della Rete meteoidro-pluviometrica regionale (RMIPR),uno degli strumenti cardine nel campodelle attività di previsione e prevenzione delrischio idrogeologico. La disponibilità, intempo reale, h24, di dati utili a tenere sottocontrollo l’evolversi degli eventi meteorolo-gici e la risposta del territorio dal punto divista idrogeologico è un supporto indispen-sabile che consente di mettere in camposubito tutti gli interventi e le misure di sicu-

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rezza necessarie a fronteggiare le situazioniconnesse con il rischio idrogeologico, siaattraverso procedure di allerta preventiva,sia attraverso la possibilità di gestione dieventi imprevedibili. Gli obiettivi dell’atti-vità della Rete meteo idro-pluviometricasono la costante sorveglianza e la protezio-ne del territorio regionale attraverso laconoscenza, in tempo reale, dell’andamen-to del livello idrometrico dei corsi d’acqua,della portata delle precipitazioni che inte-ressano il territorio regionale, dello spessoree della temperatura stratificata del mantonevoso nell’area dei Monti Sibillini, alloscopo di prevedere e prevenire il rischio divalanghe. La Rete ha, anche, gli obiettivi dirilevare, archiviare, visualizzare ed elaborarei dati meteorologici e idrologici.L’immediata disponibilità dei dati rilevati èfinalizzata sia alla produzione degli “Annaliidrologici” e del “Rapporto di evento”, rife-rito a eventi eccezionali come le alluvioniche hanno colpito la regione nel marzo2011 o nello scorso settembre, sia ai diver-si utilizzi nei campi della meteorologia, del-l’idrologia, dell’idrogeologia, dell’ambientee della gestione delle risorse idriche e di

quelle territoriali, e consente di stabilire illivello di allertamento in caso di supera-mento delle soglie sperimentali. Le soglieidrometriche, si legge nelle ‘Procedure diallertamento del Sistema di Protezione civi-le’, “sono valori corrispondenti a livelli idro-metrici di attenzione e di allarme, indivi-duati per ogni stazione di monitoraggiopresente lungo la rete idrografica dellaRegione. Per la loro determinazione sonostate considerate le piene storiche significa-tive, concentrando l’analisi sul confrontotra i massimi livelli idrometrici registrati e icorrispondenti effetti indotti sul territorio.Per ciascun corso d’acqua monitorato sonostati determinati i valori di soglia idrometri-ca: al superamento di ciascuna soglia diattenzione, si attiva il Sistema di allerta-mento della rete di monitoraggio. Sia dalCentro Funzionale che dalla Sala Operativaregionale è possibile osservare, in temporeale, l’evoluzione dei fenomeni di piena eattivare le componenti del Sistema regiona-le di protezione civile preposte a fronteggia-re l’evoluzione dell’evento”. La determina-zione “di soglie pluviometriche, intesecome precursori di evento relativo all’inne-

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sco di fenomeni franosi ed eventi di piena,deriva dall’analisi di un elevato numero dieventi meteorologici significativi, sufficien-temente distribuiti sul territorio regionale,tali da essere correlati attraverso un’idoneabase di dati che preveda almeno la cono-scenza di valori di pioggia critica e situazio-ni di crisi che si sono determinate a seguitodi precipitazioni” soprattutto su base stori-ca. La Rete meteo idro-pluviometrica èsuddivisa fra il sistema delle stazioni perife-riche e il sistema radio e dei centri di con-trollo. Il primo è composto dalle stazioniperiferiche. Il secondo è composto dal siste-ma di comunicazione radio, dal centro dicontrollo e supervisione, dal centro digestione e amministrazione rete, dai centrimonitor secondari. La Rete, a seconda dellefunzioni rilevate, comprende 6 stazionimeteo sinottiche, 11 stazioni pluviometri-che, 12 stazioni termo-pluviometriche, 16stazioni idro-pluviometriche, 45 stazioniidrometriche, 1 stazione idro-meteo sinot-tica, 4 stazioni termo-igro-pluviometriche,5 stazioni idro-termo-igro-pluviometriche,5 stazioni idro-termo-pluviometriche oltrea 3 stazioni nivometriche e 4 stazioni nivo-

meteo sinottiche che costituiscono il sotto-sistema di monitoraggio per la previsione ela prevenzione del rischio valanghe nell’areadei Moniti Sibillini. Fra le stazioni, ce n’èanche uno mareografica, che si trova all’al-tezza della foce del fiume Musone, nel maredavanti a Porto Recanati (Mc), che permet-te di verificare l’andamento delle correntimarine e vedere l’eventuale reflusso verso laterra delle acque del fiume stesso. La Rete meteo idro-pluviometrica ha unruolo fondamentale anche nella gestionedel ‘governo delle piene’, in quei baciniidrografici caratterizzati dalla presenza diopere di ritenuta per le quali, in previsionedi un evento di piena, risulta indispensabi-le conoscere lo stato e le condizioni di inva-so delle singole opere, con particolare atten-zione ai livelli d’invaso, alle portate iningresso e a quelle rilasciate. Il presidio ter-ritoriale idraulico di queste opere (nelleMarche vi sono 18 dighe), sulla base delleinformazioni che emette il Centro Fun-zionale, è assicurato in primo luogo daiServizi provinciali Opere pubbliche eDifesa del suolo. La responsabilità del lorofunzionamento ricade sull’Ente gestore del-

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l’invaso, che ha siglato con la Prefettura ter-ritoriale specifici accordi di programma edocumenti di Protezione civile finalizzatialla definizione delle procedure operative incaso di eventi di piena. Eventi che compor-tano il rilascio programmato di prefissatiquantitativi di acqua nei bacini dove sonopresenti opere di ritenuta idraulica. In casidi criticità idraulica o idrogeologica cre-scente e se il Centro Funzionale evidenzias-se situazioni di potenziale pericolosità,attraverso l’emissione di un Avviso di criti-cità idro-geologica almeno ‘moderato’, ilpresidio idraulico dovrebbe essere potenzia-to dai Servizi provinciali stessi del territorioper incrementare il servizio di sorveglianzadell’evento in corso, intensificare e rafforza-re il controllo dell’evolversi dei livelli idricilungo le aste fluviali, attivare il pronto inter-vento idraulico e i primi interventi urgenti,monitorare il sistema della rete idraulica eattivare tutte le procedure necessarie perfronteggiare al meglio l’evoluzione del-l’evento di piena. La Rete meteo idro-plu-viometrica contribuisce, così, nel suo com-plesso ad un efficace sistema di allertamen-to, che consente, in qualsiasi momento, divenire immediatamente a conoscenza difenomeni anomali che possano essere pre-cursori di rischi di natura idrogeologica. Perla prevenzione specifica del rischio idrogeo-logico, l’attività di monitoraggio e di sorve-glianza si basa sulla rilevazione di dati intempo reale, acquisiti da una rete di oltre100 stazioni di misura. Sono stazioni delSistema regionale di Protezione civile, cheacquisiscono e trasmettono i dati prevalen-temente con frequenza di 30’. I dati, unavolta esaminati dai tecnici del CentroFunzionale, sono utilizzati per calcoli edelaborazioni finalizzati alla previsione delrischio idraulico e idrogeologico. Con que-sti dati è possibile seguire l'evoluzione deifenomeni meteorologici, verificare le previ-

sioni meteorologiche e valutare i possibilieffetti al suolo analizzando queste informa-zioni insieme ad una serie di dati sulle con-dizioni idrogeologiche del suolo. Ognigiorno viene realizzato, dal CentroFunzionale, un documento di criticità idro-geologica nel quale vengono descritte lecaratteristiche dei suoli e la loro propensio-ne a subire dissesti. La Protezione civileregionale, attraverso il proprio CentroFunzionale, è inserita nel sistema di allertanazionale distribuito per il rischio idro-geologico e idraulico e garantisce le attivi-tà di previsione e di monitoraggio e sorve-glianza. Dal febbraio 2005 le Marchesono una regione autonoma nell’emissio-ne degli stati di allerta. La valutazionedella predisposizione al dissesto, con unapericolosità spaziale di frana, di alcunearee campione della regione Marche vieneeffettuata con l’utilizzo di tecniche Gisattraverso lo studio tra fenomeni franosi efattori di causa. �

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La mappa della Rete di monitoraggio meteo-idrogeologico regionale

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La Regione Piemonte, da sempre sen-sibile alle tematiche della prevenzionein protezione civile, ha dato un note-vole contributo alla costruzione delsistema di allertamento nazionale eregionale per il rischio idrogeologico eidraulico. In seguito agli eventi alluvionali del1993, che hanno pesantemente colpi-to la zona del Canavese e partedell’Alessandrino, e del 1994, con ladisastrosa esondazione del Tanaro cheha causato decine di morti, c’è stata

Far fronte al rischio idrogeologico

e idraulico in Piemonte:

opere di prevenzione e un sistema di monitoraggio

capillare del suolo e delle condizioni meteo

Intervista a Vincenzo Coccolo, Direttore Regionale OperePubbliche, Difesa del Suolo e Protezione civile della RegionePiemonte, e a Stefano Bovo, responsabile del Settore Prote-zione civile e Sistema Anti incendi boschivi nella stessa ammi-nistrazione

di Luciana Salato - foto: Mauro Rava

REGIONE PIEMONTE

Porte di Pinerolo: l'esondazione del torrente Chisone nel 2000

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una presa di coscienza generale circa la realeimportanza di uno studio approfondito del pro-blema e del territorio, al fine di dotarsi di mec-canismi organizzativi e di comunicazione adattia fronteggiare questo tipo di calamità naturali.Da allora, in pochi anni, il Settore dellaProtezione civile regionale iniziò ad assumerecaratteristiche più moderne e puntuali nell’at-tuare monitoraggi e opere di prevenzione tantoche l’evento alluvionale del 2000, pur con para-metri simili a quelli del 1994, non causò mortitra la popolazione civile.A livello nazionale si stava concretizzando l’or-ganizzazione del sistema di allertamento nazio-nale sotto l’egida del Dipartimento dellaProtezione civile, il quale cercò di uniformare ecoordinare le metodologie e le iniziative che sistavano realizzando ai livelli regionali. Il risulta-to è rappresentato dalla Direttiva del Presidentedel Consiglio dei Ministri del 27 febbraio 2004che fornisce gli indirizzi operativi per la gestio-ne organizzativa e funzionale del sistema diallertamento nazionale e regionale per il rischioidrogeologico e idraulico ai fini di protezionecivile.La Regione Piemonte, grazie all’esperienzamaturata e al lavoro del Centro Funzionale per

la previsione e il monitoraggio di ProtezioneCivile operativamente gestito da Arpa Pie-monte, riconosciuta come centro di competen-za per il rischio idrogeologico e meteorologico,ha in tal modo fatto da apripista e da modello.“Il sistema di allertamento - spiega VincenzoCoccolo, Direttore Regionale Opere Pubbliche,Difesa del Suolo e Protezione Civile RegionePiemonte - parte fondamentalmente dal rico-noscimento dell’importanza del precursoremeteorologico, legato a una conoscenza appro-fondita del territorio, per valutare una situazio-ne di rischio”. Alla base del sistema si collocaquindi un lavoro di studio e di censimento dellasituazione idrogeologica piemontese. “Parliamodi analisi, della catalogazione delle frane, dellaperimetrazione delle aree alluvionali in mododa comprendere le diverse criticità a livello ter-ritoriale”. Su questo si innesta l’indagine meteodella previsione dei livelli di precipitazione. “Ilbollettino meteo viene tradotto in termini dinumeri e di indicazione dei limiti di soglia.Dopodiché, con un incrocio tra previsione,soglia e fragilità del terreno, si arriva a dare, peruna data area, la situazione di scenario di rischiooppure di tranquillità. In Piemonte, ad esem-pio, le zone del Novarese e dell’Ossola riesconoad assorbire quantità di precipitazioni tre voltepiù elevate rispetto al territorio delle Langhe,nel Cuneese”. “Entrando nel dettaglio - spiega Stefano Bovo,responsabile del Settore Protezione civile eSistema Anti incendi boschivi RegionePiemonte - sulla base di queste analisi si è prov-veduto a suddividere il territorio piemontese in11 aree di allertamento e per ognuna di questevengono previste le eventuali situazioni critiche.Il sistema di allarme è basato su tre livelli dirischio: il primo livello è quello di criticità ordi-naria, il secondo livello equivale a moderata cri-ticità e il terzo a criticità elevata. In base alla gra-vità dei livelli vengono avviati procedure e mec-

Stefano Bovo, responsabile del Settore Protezionecivile e Sistema Anti incendi boschivi

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canismi di verifica e monitoraggio della situa-zione. Si controllano materiali, mezzi, le capaci-tà di intervento fino ad arrivare alla vera e pro-pria attivazione della macchina di protezionecivile con l’apertura h24 della Sala operativa diProtezione civile e l’intervento sul campo. Ilsistema prevede inoltre che vengano trasmessele informazioni relative all’allertamento alle pre-fetture, alle Province, ai Comuni, alle società digestione dei servizi elettrici e stradali e a tutti icentri di competenza, in modo da essere prontia intervenire sulla base del piano di protezionecivile che ogni comune deve avere pronto esempre aggiornato”.

Il Centro Funzionale è la struttura deputata allavalutazione e alla trasformazione dell’analisimeteorologica in termini di effetto al suolo conla predisposizione di un bollettino di allerta-mento. Ogni Regione ha il proprio centro fun-zionale, inoltre ne esiste uno di coordinamentopresso il Dipartimento di Protezione civile. InPiemonte il centro funzionale è assegnato adArpa Piemonte.“Il Centro Funzionale non esaurisce la sua atti-vità sul bollettino - prosegue Stefano Bovo -.Ma, dal momento in cui si verifica una criticità,il centro attiva la fase di monitoraggio e diaggiornamento della situazione che permette di

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Immagini del Centro Funzionale per la previsione e il monitoraggio di Protezione Civile. Operativamente è gestito da Arpa Piemonte

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seguire l’evoluzione dell’evento. In Piemonteesiste una rete di controllo a terra composta daoltre 400 stazioni di rilevamento automaticoche accertano in tempo reale i livelli di precipi-tazione. Inoltre, da dicembre fino ad aprile, ilbollettino di allertamento è affiancato da unbollettino specifico sul rischio nivologico cheprende in considerazione la possibilità di valan-ghe. A tutto ciò si aggiunge lo studio dei movi-menti franosi, eventi meno prevedibili in quan-to richiedono l’esame di più parametri e didiverse variabili”. Per quanto riguarda le frane lezone più a rischio in Piemonte sono le Langhee l’Alto Astigiano, dove “i movimenti franosispesso hanno dimensioni decisamente impo-nenti e possono avere effetti disastrosi sia suicentri abitati sia nel caso di ostruzione di corsid’acqua”. Difficoltà di previsione si riscontranoanche per i fenomeni temporaleschi in quanto“si tratta di eventi concentrati, potenti di inten-sità, con qualche problema di localizzazione econtenuti nel tempo. In questo campo di gran-de aiuto sono i radar meteorologici, strumentioperativi importanti nel monitoraggio e nelleprevisioni a brevissima scadenza, sia in ambitometeorologico sia in quello idrologico”.Arpa Piemonte gestisce i radar Doppler polari-metrici in banda C di Bric della Croce, aPecetto, in provincia di Torino, e - in collabora-zione con il Settore di Protezione civile dellaRegione Liguria - quelli di Monte Settepani,sull'Appennino Ligure-Piemontese. L’Agenziasi è recentemente dotata di un sistema mobilepolarimetrico in banda “X”, realizzato nell'am-bito del progetto transfrontaliero Alcotra-FRA-MEA. Tali impianti sono parte del sistema disorveglianza radar meteorologica nazionale,coordinato dal Dipartimento Nazionale diProtezione Civile, e del sistema di monitoraggioeuropeo.“Per il futuro auspico - conclude VincenzoCoccolo - un perfezionamento del sistema siadal punto di vista scientifico sia operativo. Èuna compagine organizzativa e gestionale in

continuo movimento ed esistono sempre mar-gini di miglioramento. Purtroppo si tratta di unsistema complesso e costoso. In questo momen-to di crisi economica, con la diminuzioni deifondi disponibili, esprimo la preoccupazione dinon riuscire da una parte a mantenere l’efficien-za del meccanismo in generale, con la conserva-zione e la continuità dei sistemi di monitorag-gio, e dall’altra le risorse umane necessarie allaprosecuzione e al travaso delle competenze.Spero che si prenda coscienza dell’importanzadell’investire in prevenzione in un settore, quel-lo della protezione civile, fondamentale per lacomunità”. �

Il fiume Orco durante l'alluvione dell'ottobre 2000:vista dall'alto dell'esondazione e un ponte della Statale 565 Pedemontana distrutto dalle forza delle acque

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A circa un anno di distanza dall’alluvioneche ha colpito Genova, la Lunigiana e ilLevante Ligure, mentre alle prime pioggeviene già diramata un'allerta che riguardaqueste stesse zone e altre nello stesso arealevengono sommerse dal solito diluvio diacqua che poi porta con sé fango e detriti(ancora la Lunigiana, Borghetto Vara, MassaCarrara, Viareggio); mentre arrivano dallecronache televisive sconfortanti immagini e

testimonianze del Rio Fereggiano ingombropeggio che mai di macerie, legname dacostruzione e macchinari vari, viene pubbli-cato, a cura del Comando Provinciale deiVigili del Fuoco di Genova, un importantecontributo alla conoscenza di quanto avven-ne nel capoluogo ligure in quel fatidico 4novembre 2011. Scritto dal ComandanteProvinciale dei Vigili del Fuoco RaffaeleRuggiero, ‘Alluvione di Genova. Novembre

Il Comando provinciale VVF di Genovapubblica il libro scritto dal suo Comandante,

Ingegner Raffaele Ruggiero, che racconta l'evolversi deglieventi che portarono all'esondazione del Rio Fereggiano il4 novembre 2011. Cercando di capire se tutto questopotrà ancora accadere

di Adriana Marmirolifoto: Antonio De Marco del Comando Provinciale VV.F. di Genova e Foto-Razzore

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Genova per noiVIGILI DEL FUOCO

Comando provinciale di Genova

L’Ingegner RaffaeleRuggiero, Comandante Provincialedei Vigili del Fuoco, autore di 'Alluvione di Genova. Novembre2011: cronaca, notazionie considerazioni', sul campo durante i giornidell'alluvione

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2011: cronaca, notazioni e considerazioni’è un’utile ricostruzione di quei fatti, maanche uno strumento di riflessione sullecondizioni di quell’area, stretta tra mare emonti, densamente popolata e ancora piùedificata, vittima di interventi edilizi dissen-nati che hanno causato forti scompensi alreticolo idrico e al suolo, esponendolo a unevidente rischio di frane e alluvioni, e suquanto si potrebbe fare per metterlo ‘in sicu-rezza’ o almeno perché determinati eventismettano di avere effetti catastrofici. Non èsolo una ragione documentale che spingeRuggiero a questo lavoro. C’è il disagio dichi, pur in posizione privilegiata, non riescea impedire il verificarsi di determinate situa-zioni, il desiderio di interrompere il circolovizioso del indifferenza e di certo fatalismo,della denuncia (e della lacrima di coccodril-lo) rituale. Come spiegherà a conclusionedell’opera, “Tali accadimenti (...) si rinnova-no nel tempo, si perpetrano con una caden-za e una continuità impressionante, tale dalasciare esterrefatti. Si consumano riti e cele-

brazioni che quasi impudicamente vengonorinnovati con malcelata dissimulazione.Tutto ciò è un segnale forte di quella dege-nerazione antropologica, prima che sociolo-gica, di un Paese che come gli altri, ma spes-so più degli altri, non ha la forza di guarda-re in faccia la realtà del proprio territorio, delproprio habitat ormai innaturale, verso ilquale si rinnova continuamente un rappor-to di malcelata indifferenza e di trascurataattenzione”. Preceduto da un’introduzione del prefetto diGenova Francesco Antonio Musolino, cheevidenzia le peculiarità e i pregi del lavoro diRuggiero, il libro si struttura su 11 capitoli,in cui viene analizzato il prima e il dopo l’al-luvione del 4 novembre. A partire propriodalla struttura idrografica dell’area su cui sidistende la città e dalle sue caratteristichemeteo (ricorrenti): i fiumi e torrenti che l’at-traversano - da est a ovest, da Marassi aSampierdarena -, per lo più poveri d’acqua,sono spesso parzialmente coperti e tombati,comunque sempre canalizzati in alvei che

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Genova 2011: una banca sfondata e seppellita da fango, detriti, rami. Un'immagine emblematica della città messa in ginocchio dalle ricorrenti alluvioni

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non corrispondono - per via dellacrescita urbana - alle naturali esi-genze di portata in caso di nubi-fragi violenti, mentre a monte simuovono su una collina ormaiabbandonata dagli agricoltori,cementificata o violentata dagliincendi o priva di coltivazioni e

quindi non curata. I nubifra-gi sono purtroppo ricorrentia Genova - ricorda Ruggiero-, per effetto di un fenomenometereologico noto come‘ciclone del Golfo di Genova’che è causato dallo scontro dicorrenti calde dal Tirrenocon arie fredde provenientidal nord che superano l’Ap-pennino. Scompensi idrogra-fici prolungati nel tempo eforti piogge hanno ripetuta-

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Il rio Fereggiano si è ormai ritirato: si lavora per riportare Genova alla normalità

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mente sconvolto il territorio genovese, spes-so con un pesante contributo di vite umane.Tutti ne conoscono le cause, ma finora sonostati realizzati solo interventi palliativi chenon riescono a evitare il periodico riesplode-re dell’emergenza. Tornando comunque al libro di Ruggiero,fatte queste debite premesse, il Comandantepassa alla cronaca degli eventi, raccontando-ne l’evolversi, sia come impegno dei VVF siacome partecipazione e interventi della Pro-tezione Civile, della Centrale Operativa edelle forze mandate a monitorare le situazio-ni che si conoscono come più a rischio. Traqueste c’è il Rio Fereggiano. Il controllo dellivello delle sue acque durante l’allerta ècostante: alle 12 viene comunicato che nonvi è alcuna criticità (è forse il dato messo nelmirino dalla Procura della Repubblica? ildubbio è possibile); alle 12.15 è dato l’allar-me esondazione: violenta, tumultuosa, tra-scina con sé tutto quanto incontra nella suacorsa. Prefettura e Comune ne vengonoimmediatamente informati. L’interventodelle forze in campo è tempestivo, ma nonbasta. Sappiamo tutti quanto avvenne e lepolemiche innescate dal fatto che 4 delle 6vittime (tra cui una bambina) erano alloraper strada, di ritorno da scuola. È a questopunto che il Comandante Ruggiero si sof-ferma a fare qualche riflessione sull’impreve-dibilità di tali eventi come elemento condi-zionante l’azione dei soccorritori: pianificaresi può ed è indispensabile, ma non bastaperché le variabili in campo sono troppe egli eventi possono sempre evolvere conmodalità diverse e in luoghi non previsti.Spesso sono solo le capacità di adattamentoe “creative” dei VVF a risolvere positivamen-te situazioni ad altissimo rischio. Ne sonotestimonianza diretta alcune lettere e relazio-ni che i suoi uomini gli fanno pervenire neigiorni seguenti l’alluvione e che Ruggieroinclude nel libro. Proprio da queste testimo-

nianze dirette iniziano però a emergere ele-menti di riflessione e dubbi, la proposta dinuove indicazioni operative. Non lo dicedirettamente chi scrive, ma gli scritti allega-ti. Che riguardano l’apparato dei VVF maanche il fatto che essi paiono essere stati pre-occupantemente soli: non tanto nella gestio-ne dell’emergenza quanto nella sua previsio-ne. Per meglio capire le dinamiche di quan-to avvenuto (il luogo, la rapidità dell’eventonel suo prodursi e concludersi, le tipologieinterventive, le eventuali soluzioni da appor-tare al rischio esondazioni ricorrenti di queltorrente) il Comandante Ruggiero si soffer-ma per un intero capitolo del saggio su “Leesondazioni del Rio Fereggiano”: dal titolostesso si evince che quella del 2011 non è lasola, che tale corso d’acqua è da tempo unosservato speciale, le cui criticità si muovo-no di pari passo con quelle del TorrenteBisagno, altro corso d’acqua killer di cui èaffluente. Trovate le cause di esondazionedel Fereggiano, Ruggiero fa un’altra impor-tante riflessione: poiché le piogge sono statemolto intense ma tutto sommato non sonodurate molto, poiché il Bisagno è anche luiesondato (e l’innalzamento delle sue acque èin parte la causa di quanto avvenne alFereggiano) ma non in modo eccessivo, sefosse piovuto di più e il Bisagno avesse avutouna piena maggiore, la catastrofe avrebbeforse potuto avere altre dimensioni? Nondimentichiamoci che fu proprio il Bisagnonel 1970 a causare 44 morti. Finita la fase acuta - le acque del rio tornanonegli alvei nel breve volgere di minuti piùche di ore -, si apre quella relativa al ritornoalla normalità, tutto sommato la parte piùrassicurante quando non commuovente. LaPc funziona, tanti giovani volontari corronoa dare una mano e una pala in più (verran-no subito soprannominati “angeli del fango”come quelli che aiutarono Firenze a risolle-varsi dopo l’alluvione del 1966). Ruggiero si

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Page 40: DI PROTEZIONE CIVILE 6 IL RISCHIOIDRAULICO E …I meteorologi non hanno dubbi: piove di più e con più intensità, è cresciuta la forza dei singoli rovesci. Da settembre a oggi la

sofferma a parlare di entrambe le cose. Poic’è il capitolo polemiche: al centro di esse lostato di preallerta dichiarato dal Comune eda molti considerato insufficiente per nondire inefficiente: individuate le zone più cri-tiche in base alle previsioni meteo diramatedall’ARPAL (un capitoletto a sé è dedicatoproprio al sistema di previsione e allertameteo ligure, alla suddivisione del territorio,ai livelli di vigilanza e di rischio), venivanoinvitati i cittadini a limitare gli spostamentima non venivano chiuse le scuole. Va da séla contraddittorietà di tali enunciati. Il desti-no volle che la piena del Fereggiano e l’ora-rio di chiusura delle scuole fossero quasicontemporanei. Così dopo un paio di “capitoli tecnici”, suldissesto urbano seguente l’alluvione (lecosiddette grandi voragini che si aprirono inpiù di una via) e uno relativo all’emergenzaNBCR scattata circa 24 ore dopo l’alluvio-ne, viene affrontato il tema della ricerca delleresponsabilità (e quindi l’attività della magi-stratura) su cosa non funzionò quel 4novembre. All’uscita del libro la Magi-stratura ancora indagava e secretava, e gliarresti e le incriminazioni per falso aggrava-to ad alcuni funzionari del Comune eranoancora di là da diventare di dominio pubbli-co, Ruggiero quindi parla a questo proposi-to di “quadro indiziario ancora indefinito”(e non poteva essere diversamente), di colpada imputarsi sostanzialmente al “processo diimpermeabilizzazione del territorio provo-cato dalla cementificazione del sottosuolo”.Punta quindi il dito su un dissesto idrogeo-logico che non è solo genovese o ligure manazionale, che è stato “marginalizzato comepriorità di spesa pubblica” ma che costaenormemente di più alla comunità quandoinevitabilmente la catastrofe preannunciatasi verifica, poiché il territorio è stato lasciatoa se stesso da una cattiva politica priva dilungimiranza. Pacatamente, ragionevolmen-

te, il sasso è lanciato. Si romperà quel murodi indifferenza e di mala gestione cui faceva-mo riferimento all’inizio? Chi scrive questoarticolo, però, continua a vedere le immagi-ni di un reportage televisivo del 26 ottobre2012 dai bordi di un Rio Fereggiano dovel’ondata di piena del 2011 pare appena pas-sata. Continua a vedere i genovesi ‘seccati’dalle nuove allerte che ne sconvolgono lagiornata. Continua a sentire di territorisconvolti dall’acqua, di case sepolte dalfango, di impotenza della gente, di lavorilasciati a metà o neppure iniziati. E pensache indifferenza a mala gestione della cosapubblica continuano ad essere la norma enon l’eccezione. �

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Appeso, anche il giaccone infangato di questo vigile del fuoco sembra stremato

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