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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA FACOLTÀ DI AGRARIA Dipartimento di Agronomia Ambientale e Produzioni Vegetali TESI DI LAUREA IN BIOTECNOLOGIE AGRARIE Diagnosi molecolare e associazione di funghi di azzurramento del legno a insetti vettori in pinete alpine Relatore: Prof. Andrea Battisti Correlatore: Dott. Massimo Faccoli Dott.ssa Caterina Villari Laureando: Andrea Basso Matricola n. 577845 ANNO ACCADEMICO 2010 - 2011

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA

FACOLTÀ DI AGRARIA

Dipartimento di Agronomia Ambientale e Produzioni Vegetali

TESI DI LAUREA IN BIOTECNOLOGIE AGRARIE

Diagnosi molecolare e associazione di funghi di azzurramento del legno a insetti vettori in pinete

alpine

Relatore:

Prof. Andrea Battisti

Correlatore:

Dott. Massimo Faccoli

Dott.ssa Caterina Villari

Laureando:

Andrea Basso

Matricola n. 577845

ANNO ACCADEMICO 2010 - 2011

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Indice

Pag.

Riassunto ..................................................................................................................................... 1

Abstract ....................................................................................................................................... 2

1. La simbiosi ....................................................................................................................... 3

1.1. Ips acuminatus ............................................................................................................. 5

1.2. Funghi di azzurramento associati ................................................................................ 9

1.2.1. Ambrosiella macrospora ........................................................................................ 9

1.2.2. Ophiostoma ips e Ophiostoma brunneo-ciliatum................................................ 10

1.3. Danni economici da funghi di azzurramento ............................................................. 12

2. Obiettivi della tesi ......................................................................................................... 13

3. Materiali e metodi ......................................................................................................... 14

3.1. Estrazione e quantificazione del DNA ........................................................................ 16

3.2. Verifica della specificità dei primers .......................................................................... 17

3.3. Analisi dei campioni ................................................................................................... 20

3.4. Prova di sensibilità ..................................................................................................... 21

3.5. Analisi statistica ......................................................................................................... 22

4. Risultati .......................................................................................................................... 23

4.1. Quantificazione e diluizione del DNA ........................................................................ 23

4.2. Verifica della specificità dei primers .......................................................................... 23

4.3. Prova di sensibilità ..................................................................................................... 23

4.4. Risultati Nested PCR .................................................................................................. 24

5. Discussione e Conclusione ............................................................................................ 34

6. Bibliografia .................................................................................................................... 36

Ringraziamenti .......................................................................................................................... 43

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Riassunto

Il presente lavoro, svolto presso i laboratori del Dipartimento di Agronomia

Ambientale e Produzioni Vegetali, situato nel campus di Agripolis, si pone l‟obiettivo

di studiare, tramite l‟utilizzo di tecniche molecolari, la composizione della flora

fungina associata ad Ips acuminatus nelle popolazioni dell‟arco alpino. Questo piccolo

scolitide, infatti è tipicamente associato a tre specie fungine: Ophiostoma brunneo-

ciliatum, O. ips e Ambrosiella macrospora.

In particolare, in questo lavoro si è cercato di mettere appunto una reazione di PCR di

tipo “Nested” per poter determinare la frequenza delle specie associate presenti

sull‟esoscheletro dell‟insetto, amplificando solo i funghi di interesse. I campioni sono

stati raccolti da due piante in sei diverse località dell‟arco alpino; il DNA fungino è

stato estratto mediante un protocollo di salting out per i campioni museali e quindi

amplificato mediante primers specifici. I risultati sono stati resi visibili con una corsa

elettroforetica e quindi analizzati statisticamente per mezzo di un modello lineare

generalizzato ad effetti misto. L‟analisi ha potuto riguardare solo una delle due specie

di Ophiostoma in quanto la reazione di Nested PCR non è risultata specifica per O.

brunneo-ciliatum.

L‟analisi statistica mostra come la specie A. macrospora sia significativamente più

presente rispetto O. ips. I risultati sono stati analizzati anche tenendo conto del sesso

dell‟insetto e del sito da cui provenivano i campioni, non trovando però differenze

significative. I risultati possono essere interpretatoi come una maggiore necessità da

parte dello scolitide di avere una simbiosi trofica, piuttosto che una simbiosi con un

fungo di azzurramento, coinvolto nel facilitare il successo dell‟attacco deprimendo le

difese degli alberi. La simbiosi trofica infatti è molto importante per lo sviluppo delle

larve.

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Abstract

This work, done in the laboratories of the Department of Environmental Agronomy

and Crop Science, located on the campus of Agripolis, aims at studying, using

molecular techniques, the composition of fungi associated to Ips acuminatus in in

several sites of the Alps. According to literature, this bark beetle is typically associated

with three fungal species: Ophiostoma brunneo-ciliatum, O. ips and Ambrosiella

macrospora.

In particular, this work uses a Nested PCR technique to characterize the frequency of

associated species on the insect, only amplifying the species of interest. Samples were

collected from two plants in six different locations, the fungal DNA was extracted

using a salting out protocol for the museum samples and then amplified using specific

primers. The results were visualized with electrophoresis and then analyzed using a

generalized linear mixed model. The analysis has concerned only one of the two

species of Ophiostoma because the primers designed for O. brunneo-ciliatum turned

out to be unspecific in the Nested PCR reaction.

The statistical analysis showed that A. macrospora is significantly more associated to

Ips acuminatus than O. ips. The results were also analyzed taking into account the sex

of the insect and the site from which the samples but no significant differences were

found. This can be explained as a greater need by the beetle to have a trophic

symbiosis, rather than a symbiosis with a blue stain fungus, as Ambrosiella provides

food for the larvae while Ophiostoma may reduce the tree defenses and facilitate the

colonization of the bark by the beetle. The trophic symbiosis is indeed very important

for the development of the larvae.

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Introduzione

1. La simbiosi

La simbiosi è una stretta relazione di carattere biologico che può instaurarsi tra due o

più individui. In particolare la simbiosi è di tipo mutualistico quando ognuno degli

organismi coinvolti trae beneficio dalla presenza degli altri, senza però recare danno a

quest‟ultimo.

Il mutualismo è una condizione altamente diffusa tra gli esseri viventi e coinvolge

organismi appartenenti a tutti i regni dei viventi. È provato inoltre che molte di queste

simbiosi sono necessarie per la sopravvivenza stessa degli organismi coinvolti

(Douglas, 2003).

Si sente molto spesso parlare di simbiosi fungo-pianta e in particolare si citano spesso

le relazioni che avvengono tra organismi fotosintetici e funghi come micorizze e

licheni, ma la simbiosi tra fungo e animale viene sempre meno menzionata e di solito

si pensa a tale rapporto solo come ad un rapporto ospite-parassita. Tuttavia tali

relazioni sono molteplici e il più delle volte non completamente note.

Un esempio di questo tipo di simbiosi, noto da tempo, è quella che si instaura tra

numerose specie di insetti scolitidi e funghi. Questo tipo di simbiosi è ben descritto in

letteratura, ad esempio da Schmidberger e da Hartig.

Fra gli scolitidi simbionti si distinguono due gruppi, in base all‟ambiente di crescita e

alle abitudini alimentari delle larve, fattori da cui deriva la necessità o meno della

simbiosi.

Il primo gruppo, detto “lignicolo dell‟ambrosia” o “xylomycetopagous”, nel quale

rientra anche un platipodide, si accresce nei tessuti del legno (Kirisits, 2004), ma non è

in grado di digerire lignina, cellulosa ed emicellulosa. Per ottenere il nutrimento

necessario allo sviluppo, quindi, hanno sviluppato una simbiosi con dei funghi

dell‟ambrosia, che si sviluppano all‟interno delle gallerie scavate dall‟insetto. Durante

il suo sviluppo l‟insetto si alimenta del micelio e delle spore fungine, ottenendo così un

alimento ad alto valore nutritivo. In questo caso, quindi, la simbiosi è necessaria per la

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vita dell‟insetto, e le specie che posseggono tale tipo di simbiosi hanno spesso

sviluppato un modo per trasportare i funghi associati, e cioè all‟interno di strutture

tegumentali specializzate dette micangi. Queste strutture, associate ad apposite

ghiandole secernenti sostanze utili alla sopravvivenza del fungo, consentono inoltre di

effettuare una selezione dei microrganismi trasportati, favorendo le specie

mutualistiche a quelle neutrali o detritivore (Beaver, 1989, Paine et al.,1997; Kirisits,

2004; Batra 1967).

I micangi possono essere dislocati in varie parti del corpo, dalla testa, al torace,

all‟addome.

Il secondo gruppo, più consistente del primo, è detto “corticicolo” o “phloeophagus” e

si accresce nel floema di latifoglie e conifere, alimento già di per sé sufficientemente

ricco da non rendere necessaria per l‟alimentazione dell‟insetto l‟associazione con le

specie fungine. In questo caso, quindi, la simbiosi è di tipo facoltativo. Ciononostante,

l‟associazione tra scolitidi corticicoli e funghi, soprattutto quelli appartenenti al gruppo

degli Ophiostomatoidi, è molto comune, dal momento che comunque fornisce un

notevole vantaggio. In questo caso infatti, più che per scopo nutritivo, l‟insetto ha

sviluppato la simbiosi con il fungo affinché questi interagisca con le difese dell‟ospite

indebolendole. Considerando che il successo della colonizzazione delle conifere da

parte degli scolitidi dipende in gran parte dalla loro capacità di superare la soglia

critica oltre la quale le difese dell‟ospite sono sopraffatte, l‟associazione con funghi

patogeni in grado di alterare le difese dell‟ospite e abbassare tale soglia è molto utile

per l‟insetto (Paine et al., 1997; Franceschi et al., 2005; Villari, 2008). Negli scolitidi

corticicoli i propaguli fungini non sono necessariamente trasportati in strutture

specifiche, ma possono semplicemente aderire al corpo dell‟insetto con varie modalità,

ad esempio a contatto con peli, setole, appendici boccali oppure nelle piccole

inflessioni dell‟esoscheletro (Webber e Gibbs, 1989).

In entrambe le tipologie di simbiosi, l‟associazione con gli scolitidi porta dei vantaggi

per la diffusione dei funghi ed il loro ingresso nei tessuti sottocorticali. A

dimostrazione di ciò si può considerare il fatto che le specie appartenenti al gruppo

degli Ophiostomatoidi, tipicamente associati agli insetti, producono sostanze volatili

attrattive per gli scolitidi ed hanno evoluto adattamenti morfologici, quali ascospore

adesive e periteci generalmente a collo lungo, proprio per facilitare l‟adesione dei

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propaguli al corpo dei vettori (Beaver, 1989). Le ascospore di questi funghi, inoltre,

spesso possiedono pareti particolarmente sviluppate, adatte a resistere alla digestione

nello stomaco degli scolitidi (Malloch e Blackwell, 1993).

1.1. Ips acuminatus

Il coleottero scolitide Ips acuminatus (Gyllenhal), comunemente noto come bostrico

acuminato, è fra i più comuni agenti parassitari che approfittano del deperimento delle

pinete alpine. È una specie paleartica che tra gli anni ‟70 e „80 ha causato ingenti

danni a vasti popolamenti di pino silvestre in Svezia e Norvegia (Stergulc e

Frigmelica, 1996). È presente in Asia minore, Georgia, parte della Siberia, Giappone e

Cina. Fino alla metà del „900 era considerato privo di interesse selvicolturale, ma a

causa dei forti danni economici indotti dalle prime infestazioni, si è cominciato a

prestarvi una forte attenzione (Ferraro, 2010). Questo insetto è grande solo pochi

millimetri e colonizza la parte medio - alta dei tronchi di pini continentali, con

preferenze verso il Pino silvestre, prediligendo piante già indebolite per vari motivi,

come l‟eccesiva densità del bosco, la siccità estiva, gli inverni particolarmente caldi e

siccitosi o le carenze nutritive (Faccoli et al., 2010).

Possiede una corazza chitinica a forma cilindrica di colore marrone scuro, le elitre

sono rosso brune e il declivio lucido (Fig. 1a). Si riconosce dalle altre specie di Ips per

le piccole dimensioni e per la presenza di tre denti ai bordi di ognuno dei due declivi:

nei maschi quello più in basso è a due punte mentre nelle femmine, leggermente più

grandi, tutti i denti sono semplici (Fig. 1b) (Nierhaus-Wunderwald e Forster, 2000).

La colonizzazione di una nuova pianta inizia nel periodo primaverile con l‟arrivo del

maschio che fora la corteccia e comincia a costruire una spaziosa camera nuziale

attirando numerose femmine attraverso la produzione di feromoni di aggregazione.

Queste vengono progressivamente fecondate, e a seconda del numero, vengono scavate

e ampliate delle gallerie, larghe 2-3 mm e lunghe fino a 40 cm, a forma di stella che,

vengono fornite di numerosi fori di aerazione (Fig. 1c). Da queste gallerie materne si

ramificano corte gallerie larvali dove, nella parte più distale, si impupa la nuova

generazione. Nell‟arco di un anno si hanno fino a due generazioni. La prima

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generazione sfarfalla piuttosto velocemente e sverna in nuove piante, nelle gallerie

dove si nutre, mentre la seconda, che avviene solo nel caso in cui il clima sia caldo e

secco, sverna come giovane adulto nelle gallerie in cui nasce, per poi sfarfallare

durante la successiva primavera (Nierhaus-Wunderwald e Forster, 2000).

Gli attacchi portano rapidamente a morte le piante, che nel giro di poche settimane

presentano chiome rosseggianti a seguito del disseccamento degli aghi (Fig. 2). Inoltre,

sebbene le gallerie materne e larvali incidano il legno solo superficialmente, il

materiale infestato subisce un danno tecnologico dovuto all‟invasione dell‟alburno da

parte di funghi simbionti agenti di azzurramento (Faccoli et al., 2010) (Fig. 2). I.

acuminatus è infatti una specie fleomicetofaga, regolarmente associata con tre

principali specie fungine: Ophiostoma brunneo-ciliatum, O. ips e Ambrosiella

macrospora. Le prime due specie sono patogene e interagiscono con le difese della

pianta limitando la possibilità di questa di difendersi dagli attacchi dello scolitide

(Lieutier et al. 1991). A. macrospora è invece un fungo dell‟ambrosia, fondamentale

per l‟alimentazione delle larve ma non patogeno per la pianta (Francke-Grosmann

1952), che viene trasportato dalle femmine all‟interno di micangi mandibolari.

La pericolosità di I. acuminatus sembrerebbe quindi strettamente legata alla presenza

di tali simbiosi, anche se i funghi trasportati non sono patogeni aggressivi.

Un‟eccessiva aggressività del fungo, infatti, porterebbe ad una riduzione troppo veloce

della quantità e qualità dell‟alimento disponibile per le larve. L‟insetto attacca

principalmente piante già indebolite, diffondendosi a macchia di leopardo, e

l‟infestazione nel giro di pochi anni può interessare anche un migliaio di alberi; il

paesaggio quindi può apparire molto deturpato a causa delle vistose aree rossastre che

si espandono nelle vallate (Dal Pont, 2008) (Fig. 2).

Gli attacchi sulle piante sane invece sono più rari e si manifestano solo in caso di forti

infestazioni: i pini dapprima reagiscono producendo resina, poi con l‟arrivo di nuovi

individui non sono più in grado di tollerare l‟attacco (Ferraro, 2010).

I danni prodotti dallo scolitide in assenza di interventi si ripercuotono sulla stabilità del

terreno e sulla suscettibilità agli incendi boschivi. Infatti nelle aree boscose colpite, si

formano delle vaste aree vuote che aumentano il rischio di frane e valanghe oltre a

provocare una sorta di mosaico in cui si alternano boschi sani e boschi morenti, con

delle visibili “ferite” all‟insieme del paesaggio montano.

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Oltre a ciò è rilevante anche il danno economico, in particolare per i proprietari dei

boschi infestati i quali perdono una grande quantità di legname, non più utilizzabile.

Negli anni scorsi, i censimenti condotti sulle pinete alpine mostrano come le

infestazioni da bostrico acuminato siano in continua espansione.

Figura 1: a) Ips acuminatus; b) Ips acuminatus (maschio e femmina); c) sistema di gallerie.

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Figura 2: a) Sondalo (Val di Rezzalo) 11 agosto 2005 b) Bormio (Reit - zona Gesa Rota), 11 agosto 2006

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1.2. Funghi di azzurramento associati

I generi Ophiostoma e Ambrosiella appartengono alla divisione degli Ascomycota, tra

i quali troviamo anche tartufi, lieviti e Penicilline. Producono spore in un caratteristico

tipo di sporangio chiamato asco, cellula nella quale avviene la meiosi e che

successivamente contiene le meiospore. Gli aschi sono spesso contenuti in corpi

fruttiferi chiamati ascocarpi. Molti Ascomycota sono costituiti da ife, sottili, filamenti

di cellule spesso con uno spessore di solo 5 µm, che si diramano ripetutamente fino a

formare un intricato gomitolo, il micelio. La parete cellulare degli Ascomycota è fatta

quasi sempre di chitina e β-glucani; le singole cellule sono divise tra loro da pareti

trasversali dette setti. Questi danno all'ifa stabilità e prevengono una grossa perdita di

citoplasma nel caso in cui la membrana cellulare dovesse lacerarsi in qualche punto.

Ciò fa in modo che gli Ascomycota possano conservarsi, contrariamente ad altre

divisioni di funghi che prediligono l'umidità, anche in ambienti secchi (Whittaker,

1959).

1.2.1. Ambrosiella macrospora

Ambrosiella macrospora (Fr.-Grosmann) Batra, è un fungo dell‟ambrosia tipicamente

associato a I. acuminatus, il cui nome è proprio dovuto alle notevoli dimensioni delle

spore. È fondamentale per l‟alimentazione della larva dell‟insetto ma non patogeno per

la pianta; infatti fornisce all‟insetto tutti i nutrienti di cui ha bisogno per crescere e

svilupparsi in un ambiente notoriamente povero di sostanze facilmente assimilabili,

come il legno.

A. macrospora viene trasportato da una pianta all‟altra dall‟insetto, all‟interno di

micangi mandibolari, e sul nuovo ospite si innesta nelle ferite fresche delle gallerie

appena scavate, colonizzando e sviluppandosi nel floema e nei tessuti circostanti le

gallerie, facendogli assumere un caratteristico colore nerastro; con il tempo arriva a

formare una sottile palizzata lungo tutti i tunnel e le celle larvali prodotte dal bostrico

acuminato.

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Molti funghi dell‟ambrosia sono dimorfici, cioè presentano sia una fase miceliale sia

una fase sottoforma di lievito, o germinativa, che è la forma principale in cui A.

macrospora si trova nelle gallerie del bostrico acuminato. All‟analisi microscopica A.

macrospora si presenta ialino con ife settate. Le conidiospore sono globose o

subglobose e possono essere ramificate (Batra, 1967).

1.2.2. Ophiostoma ips e Ophiostoma brunneo-ciliatum

Ophiostoma ips (Rumb.) Nannf. e O. brunneo-ciliatum (Math.) sono funghi

debolmente patogeni, appartenenti alla categoria dei funghi di azzurramento (Fig. 3).

Questi funghi penetrano nella pianta durante la colonizzazione dell‟insetto e

interagiscono con le difese costitutive e indotte dell‟ospite, alterandone l‟efficacia

(Paine et al., 1997; Franceschi et al., 2005).

L‟inoculo penetra nell‟ospite grazie all‟attacco di I. acuminatus che funge da vettore,

si sviluppa nelle regioni esterne del tronco (cambio e alburno) e comincia a colonizzare

il sistema vascolare (Ghaioule et al., 2007), producendo enzimi litici e assorbendo

sostanze nutritive direttamente dal parenchima della pianta (Lieutier, 2004; Kirisit,

2004) senza mai andare ad intaccare il cuore del legno. (Ghaioule et al., 2007). La

colonizzazione del sistema vascolare si traduce in una riduzione della conducibilità

idrica della pianta che, a seconda della densità dell‟impianto fungino, può arrivare

anche al 60%. Sebbene questo valore possa sembrare elevato, non è sufficiente a

portare a morte la pianta, confermando quindi la debole patogenicità degli

ophiostomatoidi in questione (Guérard et al., 2000). I funghi del genere Ophisotama

associati ad insetti vettori sporulano direttamente all‟interno delle gallerie scavate dallo

scolitide il quale, nel periodo antecedente lo sfarfallamento, si imbratta con le spore,

trasportandole successivamente da un ospite all‟altro (Zhoul et al., 2002).

Gli ophiostomatoidi rappresentano una delle più importanti categorie dei funghi

infestanti; oltre a sfruttare il trasporto dei vettori, infatti, possono diffondersi attraverso

il commercio del legno non trattato e quindi coprire distanze considerevoli sfruttando

l‟esportazione di legname.

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A causa della morfologia relativamente semplice e le caratteristiche simili tra le

diverse specie, risulta spesso difficile distinguere i diversi ophiosotomatoidi

esclusivamente su basi morfologiche. L‟utilizzo di tecniche DNA-based è quindi

diventato indispensabile per un‟identificazione affidabile (Gorton et al., 2004;

Grobbelaar et al., 2009).

Morfologicamente O. ips presenta ife di colore scuro e un peritecio nero con base

globosa circondata da ife asettate di colore grigio chiaro. L‟ostiolo è privo di ife

ostiolari; le ascospore, ialine, asettate e di sezione quadrangolare, sono immerse in una

sostanza mucillaginosa per facilitare l‟adesione alla superficie dell‟insetto vettore.

Possiede tre forme anomorfe appartenenti ai generi Pesotum, Leptographium e

Hylorhinocladiella (Hunt, 1956; Upadhyay, 1981; Zhou et al., 2004b; Davidson,

1978). Questo fungo si insedia preferibilmente nei raggi del parenchima dove risulta

più facile invadere i dotti resiniferi da cui trae nutrimento (Lieutier et al., 2007).

O. ips è anche associato a numerosi altri insetti di interesse forestale come Ips

sexdentatus, Hylates ater, Orthotomicus laricis, Orthotomicus proximus, e varie specie

del genere Tomicus.

O. brunneo-ciliatum, invece, è associato solo a Ips amitinus, Ips cembrae ed Ips

sexdentatus, oltre che ad Ips acuminatus. E‟caratterizzato da ife inizialmente color

bianco crema, che si scuriscono con l‟età fino a diventare di colore scuro. La forma

teleomorfa è caratterizzata da periteci di colore nero con un collo molto allungato.

L‟apertura ostiolare è adornata da ife di colore bruno, curvate a spirale. La forma

anamorfa presenta conidiofori del genere Grapium, dalla tipica forma a pennello. I

conidi hanno sezione rettangolare e con la maturazione si posizionano lateralmente

rispetto all‟apice delle cellule conidiogene (Wingfield et al., 1993, Yamoaka et al.,

1998).

Ognuna di queste specie predilige alberi forestali, tra cui larici, diverse specie di pino

e abete rosso (Kirisit 2004).

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1.3. Danni economici da funghi di azzurramento

I funghi dell'azzurramento generano nel legno una colorazione che varia dal grigio

chiaro al blu nerastro (l'intensità del colore dipende dall'umidità del legno e dalla

profondità degli strati infestati). Non modificano le caratteristiche meccaniche del

legno (non viene distrutta la parete cellulare), ma limitano l'utilizzo di manufatti a

vista in quanto esteticamente sgradevoli. Ciò porta a un deprezzamento degli

assortimenti ricavabili (Nierhaus-Wunderwald e Forster, 2001).

Oltre a essere antiestetico, l‟azzurramento causa una serie di problemi anche per

quanto riguarda i trattamenti che vengono eseguiti sul legname. Infatti in caso di

verniciatura su legno infestato, nel giro di pochi anni, si ha uno scrostamento

progressivo della pittura. Gli strati colpiti dai funghi, inoltre, penetrano

abbastanza in profondità, non permettendone l‟eliminazione.

Sintomi dell‟azzurramento del legno appaiono durante il periodo primaverile –

estivo e si manifestano come ingiallimento e arrossamento generalizzato alle

chiome, spesso associati ad attacchi di scolitidi. Scortecciando il tronco si

osservano striature e/o macchie azzurrognole che interessano il legno giovane

(Fig. 3c) e si spingono in profondità lungo i raggi midollari. Il sintomo è più

evidente nelle sezioni trasversali di fusti tagliati (Fig. 3a).

Figura 3: a) sezione di tronchi; b) chiome di alberi; c) tronco; colpiti da azzurramento.

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2. Obiettivi della tesi

Questa tesi di laurea è inserita in un progetto più ampio che ha lo scopo di

approfondire le conoscenze riguardo alcuni aspetti della simbiosi tra Ips

acuminatus e dei funghi ad esso associati, al fine di comprendere quali sono i

fattori chiave che hanno portato ad un incremento demografico dell‟insetto in

molte località alpine.

In particolare, la tesi si pone l‟obiettivo di studiare, tramite l‟utilizzo di tecniche

molecolari, la composizione della flora fungina associata ad I. acuminatus nelle

popolazioni dell‟arco Alpino.

Le analisi condotte hanno indagato: la presenza delle specie Ophiostoma brunneo-

cliatum, Ophiostoma ips e Ambrosiella mascorpora (i); l‟esistenza di una

differenza della composizione della flora in base al sesso del vettore (ii);

l‟esistenza di una differenza della composizione della flora in base alla località

(iii).

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3. Materiali e metodi

Tutte le attività riguardanti questo caso di studio sono state svolte presso i

laboratori del DAAPV (Dipartimento di Agronomia Ambientale e Produzioni

Vegetali), nell‟istituto di Entomologia Agraria situato nel campus di Agripolis

(Viale dell‟Università, 16 – 35020 Legnaro PD).

I campioni utilizzati in questa tesi derivano da un campionamento svolto

nell‟inverno 2008-2009, nel corso di un precedente caso di studio. In totale sono

stati analizzati 217 campioni provenienti da 6 diverse località: Val Dogna (UD),

Cortina d‟Ampezzo (BL), ValVenosta (BZ), Valcamonica (BS), Valtellina (SO) e

Brusson (AO) (Fig. 4); per ogni località sono state scelte due piante provenienti da

due siti separati, e sono stati analizzati 10 maschi e 10 femmine a pianta (per un

totale di 40 insetti a località). Unica eccezione Brusson (AO), dove è stata scelta

esclusivamente una pianta, dal quale sono stati analizzati 7 femmine e 10 maschi

(per un totale di 17 insetti). La nomenclatura adottata per i campioni è riportata in

Tabella 1.

Figura 4: Siti di cattura dei campioni

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15

Codice Provenienza Pianta

A Val Dogna 1

B Val Dogna 2

C Val Venosta 1

D Val Venosta 2

E Valcamonica 1

F Valcamonica 2

G Cortina 1

H Cortina 2

I Valtellina 1

L Valtellina 2

M Brusson 1

Tabella 1: Schema nomenclatura campioni.

Per l‟individuazione del DNA delle tre specie fungine associate ad Ips acumintus

sono state utilizzate tre coppie di primers specie specifiche recentemente

disegnate dal gruppo di ricerca del dipartimento (Tab. 2), ciascuna delle quali

amplifica un frammento di circa 200 pb all‟interno della regione codificante per la

-tubulina, subunità che costituisce le strutture del citoscheletro. L‟analisi molecolare

è stata effettuata tramite Nested PCR, tecnica nettamente più sensibile rispetto ad

una PCR classica, che invece non è sufficientemente sensibile per questo tipo di

analisi.

Target Primer sequenza 5' - 3' Lunghezza

(nt)

%G

C

Ambrosiella

macrospora

AM f CTTGTCTTACACACCTCGAC 20 45

AM r CATGTTAGTTTCGCACATCC 20 40

Ophiostoma

ips

Oips f CTGGCACGACAACCGTGTAAC 21 57,1

Oips r CTGACCGAAAGGACCGGCAC 20 65

Ophiostoma

brunnneo-

ciliatum

OBC f TGTTGGACGTTGGACGCC 18 61,1

OBC r AAGTTGTCGGGGCGGAAC 18 61,1

Tabella 2: sequenze nucleotidiche dei primers utilizzati.

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16

3.1. Estrazione e quantificazione del DNA

L‟estrazione del DNA dei campioni è stata effettuata utilizzando un protocollo messo a

punto per i campioni museali (Gilbert et al., 2010).

Tale protocollo, infatti, non prevede la macinazione del campione e permette quindi

l‟estrazione del DNA fungino presente sulla superficie esterna dell‟insetto limitando

l‟estrazione del DNA di quest‟ultimo alle sole cellule epiteliali. Questo al fine di

limitare la presenza di materiale genetico estraneo all‟analisi e migliorarne quindi la

sensibilità.

Primo giorno

- Preriscaldare il bagnetto termostatico a 55°C;

- Mettere in una eppendorf da 1,5 ml 157 l di buffer di estrazione

(composizione: 3 mM CaCl2, 2% SDS, 100 mM NaCl, 100 mM Tris HCl pH 8,

a concentrazione finale);

- Aggiungere 6,3 l di DTT 1M (40 mM a concentrazione finale);

- Aggiungere 2 l di proteinasi K;

- Aggiungere il campione;

- Incubare overnight a 55°C.

Secondo giorno

- Togliere il campione dalla soluzione;

- Aggiungere 2 l di RNAsi e lasciare agire per 1-2 minuti a temperatura

ambiente;

- Aggiungere 40 l di soluzione satura di NaCl (> 6 M);

- Vortexare per 20 minuti;

- Centrifugare a 14000 rpm per 30 minuti;

- Trasferire il supernatante in una nuova eppendorf;

- Aggiungere un volume (200 l) di isopropanolo a -4°C;

- Far precipitare il DNA centrifugando a 14000 rpm a 4°C per 20 minuti;

- Scartare il supernatante;

- Lavare il pellet con 500 l di etanolo al 70%;

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- Scartare il supernatante;

- Asciugare il pellet in una pompa a vuoto per 15-30 minuti;

- Risospendere il DNA con 20 l di H2O sterile.

L‟utilizzo della proteinasi K serve a rompere l‟involucro proteico che protegge il

materiale genetico sull‟esoscheletro del campione. L‟utilizzo dell‟ RNAsi serve invece

per eliminare l‟RNA che altrimenti interferirebbe con la successiva reazione di PCR,

formando dimeri di RNA-DNA e duplex aspecifici. Le centrifugazioni in serie servono

per separare le proteine, l‟RNA degradato e le soluzioni tampone dal DNA, mentre

l‟utilizzo della pompa a vuoto permette di asciugare completamente il campione da

isopropanolo ed etanolo, necessari per la purificazione del DNA, ma che potrebbero

inibire la successiva reazione della polimerasi.

La concentrazione del DNA così estratto, diluito 1:50, è stata quantificata mediante

l‟utilizzo di uno spettrofotometro BioMate 3, basandosi sul fatto che in una cuvetta con

il cammino ottico di 1 cm, il DNA a doppio filamento alla concentrazione di 50 g/ml

ha un assorbimento a 260 nm pari a 1. Utilizzando la media di tre letture, i campioni

sono stati portati ad una concentrazione finale di 10 ng/l.

3.2. Verifica della specificità dei primers

Prima di procedere con l‟analisi dei campioni è stato necessario verificare che i

primers, specifici in PCR classica, mantenessero la loro specificità anche durante la

reazione di Nested PCR. Tale tecnica, infatti, essendo molto più sensibile rispetto ad

una PCR classica, può presentare problemi legati al verificarsi di falsi positivi. A tal

fine è stata quindi effettuata una prova di specificità utilizzando DNA estratto da

specie fungine filogeneticamente vicine alle specie analizzate, oltre che da una colonia

batterica, da alcune delle specie fungine più comunemente associate al genere Pinus e

da alcune specie facilmente reperibili in foresta (Tab. 3). Come controllo negativo è

stata utilizzata H2O UHQ (Ultra High Quality).

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Specie utilizzate nella prova di specificità

Ambrosiella macrospora

Ophiostoma ips

Ophiostoma brunneo-ciliatum

Leptographium serpens

Leptographium procerum

Leptographium wingfieldii

Leptographium lundbergii

Leptographium pityophilum

Sphearopsis sapinea

Diplodia scrobiculata

Ustulina deusta

Biscogniauxia mediterranea

Heterobasidion annosum

Heterobasidion abietinum

Bacillus pumilis

Tabella 3: Specie fungine e batteriche utilizzati nella prova di specificità dei primers.

La prima reazione di PCR è stata eseguita in un volume di 15μl, costituito da 2μl di

DNA stampo e 13μl di mix (Tab. 4). In questa prima reazione è stata utilizzata una

coppia di primers generici per le specie fungine, che amplifica la regione della -

tubulina all‟interno della quale sono state disegnate le tre coppie di primers specie

specifici (Bt2a, Bt2b, Glass e Donaldson, 1995).

Mix di reazione per 1 campione Concentrazione Volume (l)

Buffer 5X 3

MgCl2 25 mM 1,2

dNTPs 2 mM 0,7

Primer Bt2a 10 M 0,3

Primer Bt2b 10 M 0,3

Taq 5 U/l 0,1

DMSO 5% 0,6

H20 UHQ 6,8

DNA 10 ng/l 2

Totale 15

Tabella 4: Mix di reazione utilizzato nella prima PCR del protocollo Nested.

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Il ciclo di reazione nel termociclatore (Eppendorf Mastercycler gradient) è stato:

L‟amplificato ottenuto è stato diluito 1/100 ed è stato utilizzato nelle tre successive

reazioni di PCR, ciascuna eseguita in un volume di 15μl, costituito da 1μl di

amplificato diluito e 14μl di mix (Tab. 5).

Ognuna delle tre coppie di primers specie specifiche (OBC f e OC r; AM f e AM r;

Oips f e Oips r) è stata utilizzata in una reazione separata.

Mix di reazione per 1 campione Concentrazione Volume (l)

Buffer 5X 3

MgCl2 25 mM 1

dNTPs 2 mM 0,6

Primer forward 10 M 0,3

Primer reverse 10 M 0,3

Taq 5 U/l 0,1

H20 UHQ 8,7

Prodotto di PCR 1/100 1

Totale 15

Tabella 5: Mix di reazione utilizzato nella seconda PCR del protocollo Nested.

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In questo caso, il ciclo di reazione nel termociclatore è stato:

In particolare, per la coppia di primers specifica per A. macrospora la temperatura di

annealing è stata 62°C, per la coppia specifica per O. ips la temperatura è stata 65°C,

mentre per la coppia di primers specifica per O. brunneo-ciliatum, la temperatura è

stata di 67°C.

Il risultato della reazione è stato controllato tramite elettroforesi a 70V per 30minuti su

gel d‟agarosio 2% contenente lo 0,007% di Sybr Safe (InvitrogenTM, SYBR® Safe

DNA gel stain). In ogni pozzetto sono stati caricati 4μl di prodotto di amplificazione e

1μl di una soluzione di colorante e glicerolo. Il glicerolo serve per appesantire i

campioni ed evitare che fuoriescano dai pozzetti. Il colorante serve per poter

monitorare in tempo reale il procedere dell‟elettroforesi. Come marker sono stati

utilizzati 4 μl di 1KB (EuroClone®, Sharp MassTM 1 kb, DNA Ladder) .

3.3. Analisi dei campioni

Dato che la verifica della specificità dei primers ha dato esito positivo solo per le

coppie AM f-AM r e Oips f -Oips r, l‟analisi sui campioni è stata eseguita

esclusivamente con questi primers, tralasciando per il momento l‟analisi

dell‟associazione Ips acuminatus – Ophiostoma brunneo-ciliatum.

Ognuno dei 217 campioni è stato analizzato utilizzando il protocollo descritto nel

paragrafo precedente. In ogni reazione, come controllo positivo per la rispettiva coppia

di primers, è stato utilizzato il DNA estratto da due isolati certificati (ente certificatore:

Centraalbureau voor Schimmelcultures, Utrecht): A. macrospora CBS367,53 e O. ips

CBS137,36. Come controllo negativo è stata utilizzata H2O UHQ.

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Anche in questo caso il risultato della reazioni è stato controllato tramite elettroforesi a

70V per 30 minuti su gel d‟agarosio 2% contenente lo 0,007% di Sybr Safe. Così

come per la prove precedenti, in ogni pozzetto sono stati caricati 4μl di prodotto di

amplificazione e 1μl di una soluzione di colorante e glicerolo. Come marker sono stati

utilizzati ogni volta 4 μl di 1KB.

3.4. Prova di sensibilità

Al fine di confrontare il limite di sensibilità della reazione di Nested PCR rispetto ad

una reazione di PCR classica, è stata effettuata una prova nella quale è stata ricercata la

minima quantità di estratto amplificabile con le due diverse reazioni. Il DNA fungino

estratto dalle colonie certificate è stato diluito 1/10, 1/50, 1/100, 1/200, 1/500 ed

1/1000, e tali diluizioni sono state utilizzate in una PCR classica eseguita con primers

specifici per una e l‟altra specie utilizzando, il seguente ciclo di reazione nel

termociclatore:

Questa reazione è stata eseguita in un volume di 15μl, costituito da 2μl di DNA stampo

e 13μl di mix (Tab. 6).

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Mix di reazione per 1 campione Concentrazione Volume (l)

Buffer 5X 3

MgCl2 25 mM 1

dNTPs 2 mM 0,6

Primer forward 10 M 0,3

Primer reverse 10 M 0,3

Taq 5 U/l 0,1

H20 UHQ 7,7

DNA 2

Totale 15

Tabella 6: Mix di reazione utilizzato nella PCR della prova di sensibilità.

Le stesse diluizioni di DNA sono state quindi usate per una Nested PCR eseguita con il

protocollo descritto nel paragrafo 3.2. La prima reazione di PCR per questa prova è

stata eseguita in un volume di 15μl, costituito da 2μl di DNA stampo e 13μl di mix

(Tab. 4); l‟amplificato ottenuto è stato diluito 1/100 ed è stato utilizzato nelle due

successive reazioni di PCR, ciascuna eseguite in un volume di 15μl, costituito da 1μl di

amplificato diluito e 14μl di mix (Tab. 5).

Ognuna delle due coppie di primers specie specifiche (O. ips f e O. ips r; AM f e AM

r) è stata testata separatamente.

Il risultato di entrambe le reazioni (PCR classica e Nested PCR) sono stati controllati

tramite elettroforesi a 70V per 30 min. su gel d‟agarosio 2% contenente lo 0,007% di

Sybr Safe. In ogni pozzetto sono stati caricati 4μl di prodotto di amplificazione e 1μl di

colorante e glicerolo. Come marker sono stati utilizzati 4μl di 1KB.

3.5. Analisi statistica

I dati sono stati analizzati statisticamente per mezzo del modello lineare generalizzato

ad effetti misto (GLMM). Il modello utilizza la presenza/assenza del fungo come

variabile risposta, genere e specie (O. ips vs. A. macrospora) come fattori fissi e

insetto, albero e sito come fattori random. L‟analisi statistica è stata eseguita per mezzo

del software R versione 2.12.1.

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4. Risultati

4.1. Quantificazione e diluizione del DNA

Dalle analisi compiute con lo spettrofotometro è emerso che i valori del rapporto

dell‟assorbanza a 260 e 280 nm sono compresi nell‟intervallo 1.6-2.0, indice della

buona riuscita dell‟estrazione del DNA. Basandosi quindi sulla media delle tre letture

ottenute dallo strumento, il DNA di tutti i campioni e stato portato alla concentrazione

di 10 ng/l (Tab. 9).

4.2. Verifica della specificità dei primers

L‟esito della prova di specificità dei primers in Netsed PCR ha mostrato che i primers

per A. macrospora e O. ips sono specifici e amplificano rispettivamente solo questi

due funghi, mentre quelli per O. brunneo-ciliatum amplificano indiscriminatamente

anche specie simili. Non avendo la possibilità di riscrivere e testare nuovamente questi

inneschi si è preferito continuare lo studio esclusivamente per A. macrospora e O. ips,

tralasciando la terza specie.

4.3. Prova di sensibilità

La prova eseguita al fine di confrontare il limite di sensibilità della reazione di Nested

PCR rispetto ad una reazione di PCR classica ha mostrato che quest‟ultima, eseguita

su estratto da micelio diluito secondo le proporzioni definite nel paragrafo 3.4, risulta

poco o per niente sensibile (Fig. 5). Il materiale genetico risulta essere probabilmente

troppo poco per essere amplificato. La Nested PCR, invece, aumentando la sensibilità

oltre che la specificità, permette di amplificare quantità infinitesimali di DNA, fino

anche a 0,01ng/l (nella diluizione 1/1000); è possibile infatti identificare delle bande

nette in tutte le diluizioni amplificate con il protocollo Nested (Fig. 5).

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Figura 5: corsa elettroforetica del test di sensibilità della PCR

4.4. Risultati Nested PCR

I dati ricavati dall‟analisi con Netsed PCR, osservati tramite elettroforesi, sono stati

schematizzati e riportati nella seguente tabella (Tab. 7). Le percentuali mostrano le

frequenze con cui le due specie di funghi sono associate agli insetti.

% di associazione Ophiostoma ips Ambrosiella

macrospora

Località Vettore

maschio

Vettore

femmina

Vettore

maschio

Vettore

femmina

Val Dogna 90 100 90 95

Val Venosta 50 45 95 80

Valcamonica 90 85 80 100

Cortina 50 70 100 100

Valtellina 70 75 75 85

Valle d'Aosta 100 85,7 90 85,7

Tabella 7: Frequenza di associazione delle specie fungine per località di origine e sesso del vettore.

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I dati sono stati analizzati attraverso un modello lineare generalizzato ad effetti misto

(GLMM), con specie e genere come fattori fissi e insetto, albero e sito come fattori

random. Il modello, in particolare, utilizza un distribuzione binomiale con la presenza

delle due specie di fungo come variabile risposta.

Dal modello misto risulta che il test è significativo solo sulla percentuale di presenza

dei due funghi (Tab. 8). Infatti, da questa ricerca, non esistono differenze significative

sull‟associazioni tra i sessi e i siti ma solo sulla presenza delle specie fungine; risulta

quindi che A. macrospora è più presente sugli insetti di entrambi i sessi rispetto O.

ips.

Stima Errore std DF(gl) t P

Specie (O. ips) -18.986 0.33 214 -5.73 <0.001

Genere (maschio) -0.57497 0.47 204 -1.23 1,51181

Specie x Genere 0.345347 0.44 214 0,05486 3,00417

Tabella 8: Risultati del GLMM.

Al fine di rendere il risultato più leggibile, i dati sono stati espressi esclusivamente in

funzione del fattore specie fungina, per il quale si ha un effetto significativo (Fig. 6).

Figura 6: Percentuale di associazione I. acuminatus e funghi di azzurramento

a

b

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

100

Ambrosiella macrospora Ophiostoma ips

%

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pianta uno - VAL DOGNA - femmine

Sigla Conc. media (g/ml) Vol. fin Conc. Fin. (g/ml) Vol. DNA Vol. H2O

A1F 59,08 20 10 3,39 16,61

A2F 28,12 20 10 7,11 12,89

A3F 30,36 20 10 6,59 13,41

A4F 12,1 16 10 13,22 2,78

A5F 46,81 20 10 4,27 15,73

A6F 11,67 16 10 13,71 2,29

A7F 24,67 20 10 8,11 11,89

A8F 34,1 20 10 5,87 14,13

A9F 36,34 20 10 5,5 14,5

A10F 39,78 20 10 5,03 14,97

pianta uno - VAL DOGNA - maschi

Sigla Conc. media (g/ml) Vol. fin Conc. Fin. (g/ml) Vol. DNA Vol. H2O

A1M 10,65 16 10 15,03 0,97

A2M 15,7 20 10 12,74 7,26

A3M 237,77 20 10 0,84 19,16

A4M 37,1 20 10 5,39 14,61

A5M 22,43 20 10 8,92 11,08

A6M 23,02 20 10 8,69 11,31

A7M 14,81 20 10 13,51 6,49

A8M 17,35 20 10 11,53 8,47

A9M 20,49 20 10 9,76 10,24

A10M 21,24 20 10 9,42 10,58

pianta due - VAL DOGNA - femmine

Sigla Conc. media (g/ml) Vol. fin Conc. Fin. (g/ml) Vol. DNA Vol. H2O

B3F 13,45 20 10 14,87 5,13

B4F 189,4 20 10 1,06 18,94

B5F 13,45 20 10 14,87 5,13

B6F 9,87 16 10 16,21 0

B7F 10,76 16 10 14,87 1,13

B8F 28,41 20 10 7,04 12,96

B9F 14,34 20 10 13,95 6,05

B10F 17,5 20 10 11,43 8,57

Tabella 9: Concentrazione DNA dei campioni estratti (CONTINUA)

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pianta due - VAL DOGNA - maschi

Sigla Conc. media (g/ml) Vol. fin Conc. Fin. (g/ml) Vol. DNA Vol. H2O

B1M 11,22 16 10 14,26 1,74

B2M 13,02 20 10 15,36 4,64

B3M 16,75 20 10 11,94 8,06

B4M 23,79 20 10 8,41 11,59

B5M 17,35 20 10 11,53 8,47

B6M 24,09 20 10 8,3 11,7

B7M 23,03 20 10 8,68 11,32

B8M 20,49 20 10 9,76 10,24

B9M 23,78 20 10 8,41 11,59 B10M 21,5 20 10 9,3 10,7

pianta uno - VAL VENOSTA - femmine

Sigla Conc. media (g/ml) Vol. fin Conc. Fin. (g/ml) Vol. DNA Vol. H2O

C1F 13,16 20 10 15,2 4,8

C2F 15,25 20 10 13,11 6,89

C3F 9,87 16 10 16,21 0

C4F 9,87 16 10 16,21 -0,21

C5F 10,91 16 10 14,66 1,34

C6F 15,55 20 10 12,86 7,14

C7F 12,56 20 10 15,92 4,08

C8F 9,87 16 10 16,21 0

C9F 20,49 20 10 9,76 10,24

C10F 10,17 16 10 15,73 0,27

pianta uno - VAL VENOSTA - maschi

Sigla Conc. media (g/ml) Vol. fin Conc. Fin. (g/ml) Vol. DNA Vol. H2O

C1M 27,22 20 10 7,35 12,65

C2M 21,38 20 10 9,35 10,65

C3M 19,14 20 10 10,45 9,55

C4M 12,72 20 10 15,72 4,28

C5M 10,77 16 10 14,86 1,14

C6M 10,17 16 10 15,73 0,27

C7M 23,34 20 10 8,57 11,43

C8M 15,7 20 10 12,74 7,26

C9M 30,36 20 10 6,59 13,41

C10M 47,41 20 10 4,22 15,78

Tabella 9: Concentrazione DNA dei campioni estratti (CONTINUA)

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pianta due - VAL VENOSTA - femmine

Sigla Conc. media (g/ml) Vol. fin Conc. Fin. (g/ml) Vol. DNA Vol. H2O

D1F 21,24 20 10 9,42 10,58

D2F 163,93 20 10 1,22 18,78

D3F 20,78 20 10 9,62 10,38

D4F 26,92 20 10 7,43 12,57

D5F 16,13 20 10 12,4 7,6

D6F 17,5 20 10 11,43 8,57

D7F 33,65 20 10 5,94 14,06

D8F 9,87 16 10 16,21 0

D9F 11,67 16 10 13,71 2,29

D10F 14,35 20 10 13,94 6,06

pianta due - VAL VENOSTA - maschi

Sigla Conc. media (g/ml) Vol. fin Conc. Fin. (g/ml) Vol. DNA Vol. H2O

D1M 26,32 20 10 7,6 12,4

D2M 22,43 20 10 8,92 11,08

D3M 23,02 20 10 8,69 11,31

D4M 31,85 20 10 6,28 13,72

D5M 17,05 20 10 11,73 8,27

D6M 21,98 20 10 9,1 10,9

D7M 30,81 20 10 6,49 13,51

D8M 26,02 20 10 7,69 12,31

D9M 24,23 20 10 8,25 11,75

D10M 17,5 20 10 11,43 8,57

pianta uno - VALCAMONICA - femmine

Sigla Conc. media (g/ml) Vol. fin Conc. Fin. (g/ml) Vol. DNA Vol. H2O

E1F 23,48 20 10 8,52 11,48

E2F 10,77 16 10 14,86 1,14

E3F 22,72 20 10 8,8 11,2

E4F 39,78 20 10 5,03 14,97

E5F 27,81 20 10 7,19 12,81

E6F 44,72 20 10 4,47 15,53

E7F 24,97 20 10 8,01 11,99

E8F 10,32 16 10 15,5 0,5

E9F 13,9 20 10 14,39 5,61

E10F 25,42 20 10 7,87 12,13

Tabella 9: Concentrazione DNA dei campioni estratti (CONTINUA)

Page 32: Diagnosi molecolare e associazione di funghi di ...tesi.cab.unipd.it/26977/1/tesi_finale.pdf · effettuare una selezione dei microrganismi trasportati, favorendo le specie mutualistiche

29

pianta uno - VALCAMONICA - maschi

Sigla Conc. media (g/ml) Vol. fin Conc. Fin. (g/ml) Vol. DNA Vol. H2O

E1M 50,37 20 10 3,97 16,03

E2M 27,67 20 10 7,23 12,77

E3M 9,87 16 10 16,21 -0,21

E4M 26,32 20 10 7,6 12,4

E5M 20,64 20 10 9,69 10,31

E6M 37,04 20 10 5,4 14,6

E7M 23,77 20 10 8,42 11,58

E8M 13,9 20 10 14,39 5,61

E9M 12,56 20 10 15,92 4,08

E10M 18,4 20 10 10,87 9,13

pianta due - VALCAMONICA - femmine

Sigla Conc. media (g/ml) Vol. fin Conc. Fin. (g/ml) Vol. DNA Vol. H2O

F1F 70,16 20 10 2,85 17,15

F2F 12,56 20 10 15,92 4,08

F3F 42,77 20 10 4,68 15,32

F4F 21,22 20 10 9,43 10,57

F5F 21,84 20 10 9,16 10,84

F6F 14,65 20 10 13,65 6,35

F7F 11,66 16 10 13,73 2,27

F8F 18,41 20 10 10,86 9,14

F9F 34,99 20 10 5,72 14,28

F10F 11,06 16 10 14,46 1,54

pianta due - VALCAMONICA - maschi

Sigla Conc. media (g/ml) Vol. fin Conc. Fin. (g/ml) Vol. DNA Vol. H2O

F1M 18,4 20 10 10,87 9,13

F2M 12,71 20 10 15,73 4,27

F3M 23,02 20 10 8,69 11,31

F4M 15,7 20 10 12,74 7,26

F5M 14,36 20 10 13,93 6,07

F6M 18,84 20 10 10,62 9,38

F7M 15,71 20 10 12,73 7,27

F8M 24,23 20 10 8,25 11,75

F9M 16,3 20 10 12,27 7,73

F10M 23,17 20 10 8,63 11,37

Tabella 9: Concentrazione DNA dei campioni estratti (CONTINUA)

Page 33: Diagnosi molecolare e associazione di funghi di ...tesi.cab.unipd.it/26977/1/tesi_finale.pdf · effettuare una selezione dei microrganismi trasportati, favorendo le specie mutualistiche

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pianta uno - CORTINA - femmine

Sigla Conc. media (g/ml) Vol. fin Conc. Fin. (g/ml) Vol. DNA Vol. H2O

G1F 27,12 20 10 7,38 12,62

G2F 62,2 20 10 3,22 16,78

G3F 17,94 20 10 11,15 8,85

G4F 23,32 20 10 8,58 11,42

G5F 14,5 20 10 13,79 6,21

G6F 53,66 20 10 3,73 16,27

G7F 10,78 16 10 14,85 1,15

G8F 17,05 20 10 11,73 8,27

G9F 17,51 20 10 11,42 8,58

G10F 52,97 20 10 3,78 16,22

pianta uno - CORTINA - maschi

Sigla Conc. media (g/ml) Vol. fin Conc. Fin. (g/ml) Vol. DNA Vol. H2O

G2M 41,12 20 10 4,86 15,14

G3M 44,12 20 10 4,53 15,47

G4M 22,72 20 10 8,8 11,2

G5M 237,7 20 10 0,84 19,16

G6M 51,6 20 10 3,88 16,12

G7M 97,86 20 10 2,04 17,96

G8M 34,99 20 10 5,72 14,28

G9M 13,9 20 10 14,39 5,61

G10M 18,09 20 10 11,06 8,94

pianta due - CORTINA - femmine

Sigla Conc. media (g/ml) Vol. fin Conc. Fin. (g/ml) Vol. DNA Vol. H2O

H1F 10,33 16 10 15,49 0,51

H3F 42,62 20 10 4,69 15,31

H4F 16,16 20 10 12,38 7,62

H5F 20,79 20 10 9,62 10,38

H6F 61,61 20 10 3,25 16,75

H7F 14,35 20 10 13,93 6,07

H8F 40,37 20 10 4,95 15,05

H9F 29,45 20 10 6,79 13,21

H10F 29,15 20 10 6,86 13,14

Tabella 9: Concentrazione DNA dei campioni estratti (CONTINUA)

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pianta due - CORTINA - maschi

Sigla Conc. media (g/ml) Vol. fin Conc. Fin. (g/ml) Vol. DNA Vol. H2O

H1M 44,71 20 10 4,47 15,53

H2M 18,85 20 10 10,61 9,39

H4M 64,01 20 10 3,12 16,88

H5M 174,97 20 10 1,14 18,86

H6M 193,67 20 10 1,03 18,97

H7M 27,37 20 10 7,31 12,69

H8M 31,7 20 10 6,31 13,69

H9M 74,33 20 10 2,69 17,31

H10M 20,92 20 10 9,56 10,44

pianta uno - VALTELLINA - femmine

Sigla Conc. media (g/ml) Vol. fin Conc. Fin. (g/ml) Vol. DNA Vol. H2O

I1F 24,52 20 10 8,16 11,84

I2F 64,16 20 10 3,12 16,88

I3F 39,15 20 10 5,11 14,89

I5F 83,47 20 10 2,4 17,6

I6F 14,36 20 10 13,93 6,07

I7F 20,65 20 10 9,69 10,31

I8F 16,76 20 10 11,93 8,07

I9F 12,58 20 10 15,9 4,1

I10F 31,7 20 10 6,31 13,69

pianta uno - VALTELLINA - maschi

Sigla Conc. media (g/ml) Vol. fin Conc. Fin. (g/ml) Vol. DNA Vol. H2O

I1M 34,24 20 10 5,84 14,16

I2M 35,44 20 10 5,64 14,36

I3M 14,36 20 10 13,93 6,07

I4M 42,34 20 10 4,72 15,28

I6M 15,25 20 10 13,11 6,89

I7M 35,44 20 10 5,64 14,36

I8M 59,22 20 10 3,38 16,62

I9M 101,38 20 10 1,97 18,03

I10M 11,67 16 10 13,71 2,29

Tabella 9: Concentrazione DNA dei campioni estratti (CONTINUA)

Page 35: Diagnosi molecolare e associazione di funghi di ...tesi.cab.unipd.it/26977/1/tesi_finale.pdf · effettuare una selezione dei microrganismi trasportati, favorendo le specie mutualistiche

32

pianta due - VALTELLINA - femmine

Sigla Conc. media (g/ml) Vol. fin Conc. Fin. (g/ml) Vol. DNA Vol. H2O

L1F 23,04 20 10 8,68 11,32

L2F 26,03 20 10 7,68 12,32

L3F 80,92 20 10 2,47 17,53

L4F 47,27 20 10 4,23 15,77

L5F 48,01 20 10 4,17 15,83

L7F 33,65 20 10 5,94 14,06

L8F 20,19 20 10 9,91 10,09

L9F 10,92 16 10 14,65 1,35

L10F 20,19 20 10 9,91 10,09

pianta due - VALTELLINA - maschi

Sigla Conc. media (g/ml) Vol. fin Conc. Fin. (g/ml) Vol. DNA Vol. H2O

L1M 24,69 20 10 8,1 11,9

L2M 58,93 20 10 3,39 16,61

L3M 27,37 20 10 7,31 12,69

L4M 15,1 20 10 13,25 6,75

L5M 25,42 20 10 7,87 12,13

L6M 25,57 20 10 7,82 12,18

L8M 19,74 20 10 10,13 9,87

L9M 32,45 20 10 6,16 13,84

L10M 34,99 20 10 5,72 14,28

pianta uno - VAL d'AOSTA - femmine

Sigla Conc. media (g/ml) Vol. fin Conc. Fin. (g/ml) Vol. DNA Vol. H2O

M1F 39,19 20 10 5,1 14,9

M2F 8,53 16 10 16,21 0

M3F 42,19 20 10 4,74 15,26

M4F 26,47 20 10 7,56 12,44

M5F 6,73 16 10 16,21 0

M6F 12,56 20 10 15,92 4,08

M7F 42,62 20 10 4,69 15,31

Tabella 9: Concentrazione DNA dei campioni estratti (CONTINUA)

Page 36: Diagnosi molecolare e associazione di funghi di ...tesi.cab.unipd.it/26977/1/tesi_finale.pdf · effettuare una selezione dei microrganismi trasportati, favorendo le specie mutualistiche

33

pianta uno - VAL d'AOSTA - maschi

Sigla Conc. media (g/ml) Vol. fin Conc. Fin. (g/ml) Vol. DNA Vol. H2O

M1M 42,62 20 10 4,69 15,31

M2M 29,45 20 10 6,79 13,21

M3M 25,57 20 10 7,82 12,18

M4M 18,69 20 10 10,7 9,3

M5M 23,77 20 10 8,41 11,59

M6M 15,7 20 10 12,74 7,26

M7M 12,42 16 10 12,88 3,12

M8M 17,05 20 10 11,73 8,27

M10M 36,61 20 10 5,46 14,54

Tabella 9: Concentrazione DNA dei campioni estratti (FINE)

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34

5. Discussione e Conclusione

Da anni la simbiosi esistente tra scolitidi e funghi di azzurramento è stata oggetto di

studi approfonditi, non solo per l‟interesse biologico, ma soprattutto per i problemi

economici che può causare (Kirisits, 2004). L‟azione sinergica dei due agenti, infatti,

grazie alla possibilità di sopprimere le risposte di difesa della pianta, ha portato in vari

casi, soprattutto in assenza di interventi, al verificarsi di vere e proprie morie (Webber

e Brasier, 1984; Villari, 2008). Da questo punto di vista è bene ricordare che piante

attaccate da I.acuminatus non hanno possibilità di ripresa e sono comunque destinate a

morire entro pochi mesi. Essendo il più piccolo degli scolitidi è stato per molto tempo

considerato privo di interesse selvicolturale, ma a causa dei forti danni economici

indotti dalle prime infestazioni, si è cominciato a prestarvi una forte attenzione

(Ferraro, 2010).

Questo insetto è associato da molti autori a due specie di funghi agenti di

azzurramento, O. ips le cui forme anamorfe sono Leptographium e Hylorhinocladiella

(Hunt ,1956; Upadhyay, 1981; Zhou et al., 2004b; Davidson, 1978) e O. brunneo-

ciliatum, che possiede come anamorfo il genere Grapium (Wingfield et al. 1993,

Yamoaka et al, 1998). Inoltre è anche associato ad un fungo dell‟ambrosia, A.

macrospora, utile alla sopravvivenza delle larve .

La ricerca riguardante l‟associazione tra scolitidi e funghi è stata portata avanti, fino a

pochi anni fa, esclusivamente con tecniche tradizionali che, a causa della morfologia

molto simile dei funghi e ai limiti della coltivazione in vitro, ha spesso dato luogo a

risultati imprecisi e a volte contrastanti. Le tecniche DNA-based invece consentono di

rilevare in modo specifico piccolissime quantità di DNA target (Saiki et al.,1988,

Villari, 2008). Questo le rende quindi uno dei metodi migliori per il monitoraggio di

patogeni su piante ospiti o vettori infetti, motivo per cui sono oggi largamente

utilizzate in patologia vegetale (Kim et al., 1999; Schweigkofler et al., 2005; Roets et

al., 2006, Villari, 2008).

Questa tesi di laurea, inseritasi in un progetto che ha lo scopo di approfondire le

conoscenze riguardo alcuni aspetti della simbiosi tra Ips acuminatus e dei funghi ad

esso associati, si pone l‟obiettivo di studiare, tramite l‟utilizzo di tecniche molecolari,

Page 38: Diagnosi molecolare e associazione di funghi di ...tesi.cab.unipd.it/26977/1/tesi_finale.pdf · effettuare una selezione dei microrganismi trasportati, favorendo le specie mutualistiche

35

la composizione della flora fungina associata ad I. acuminatus nelle popolazioni

dell‟arco Alpino.

In particolare, i risultati mostrano come non esistano differenze tra la percentuale di

presenza di funghi nelle diverse aree e come neanche il sesso del vettore influisca sulla

percentuale di presenza di funghi.

Nel caso in cui, invece, si analizzi la differenza tra la presenza di una specie rispetto

all‟altra i risultati mostrano che A. macrospora risulta significativamente più presente

(circa il 15% in più) rispetto O. ips, indipendentemente dal sesso del vettore. Per

valutare questi risultati bisogna però tenere presente della tecnica di campionamento

utilizzata. Gli scolitidi infatti sono stati catturati subito dopo la loro uscita dal legno

colonizzato, e portano quindi una carica di inoculo molto elevata. Ciò non vuol dire

che al momento della colonizzazione di un nuovo ospite portino la stessa carica vitale

di inoculo. Durante il volo del vettore, infatti, le spore possono essere dilavate

dall‟acqua o comunque perdere vitalità a causa degli agenti atmosferici. Il fatto che

alcuni Autori riportino che Ambrosiella macrospora sia trasportata principalmente

dalle femmine, all‟interno di micangi mandibolari (Cassar e Blackwell, 1996; Batra,

1967; Mathiesen 1950; Frncke-Grosmann 1952), può essere probabilmente interpretato

come una maggiore possibilità per le spore di Ambrosiella trasportate all‟interno dei

micangi di arrivare vitali nell‟ospite successivo.

Il fatto che Ambrosiella macrospora sia significativamente più presente di

Ophiostoma ips può essere interpretato come una necessità maggiore da parte dello

scolitide di avere una simbiosi trofica, piuttosto che una simbiosi con un fungo di

azzurramento. La simbiosi trofica infatti è molto importante per lo sviluppo delle larve.

Non dobbiamo infine dimenticare che questi sono esclusivamente dati parziali, poiché

manca la percentuale di associazione con l‟altro patogeno di azzurramento,

Ophiostoma brunneo-ciluatum.

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36

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Ringraziamenti

Desidero innanzitutto ringraziare il Professor Andrea Battisti per la grande

disponibilità e cortesia dimostratemi e per avermi permesso di fare questa esperienza.

Un grazie di cuore alla Dottoressa Caterina Villari e al Dottor Mauro Simonato per

tutto l’aiuto fornito durante le analisi di laboratorio e le interminabili ore spese a

consigliarmi e correggere questa tesi di laurea.

Grazie a tutto il Dipartimento di Agronomia Ambientale e Produzioni Vegetali, per

avermi ospitato e per avermi sempre fatto sentire a mio agio e in particolare a Daniel,

Edoardo, Isabel, Claudia, Matteo e Linda per la compagnia.

Grazie anche Valentina per avermi sempre sostenuto e creduto in me, anche nei

momenti più bui, quando tutto sembrava perduto e avermi sopportato in questo ultimo

periodo quando il tempo era ormai poco e gli impegni sempre troppi.

Grazie a Riz, Mary e Cai per le pause caffè, il sostegno nel finire gli ultimi esami e i

consigli.

Un sentito ringraziamento va anche a tutta la mia famiglia, a Massa e a Lisa che con

il loro incrollabile sostegno morale (e non…), mi hanno permesso di raggiungere

questo traguardo.

Infine, ma non di minor importanza, un grazie a tutti i compagni di corso vecchi e

nuovi e alle coinquiline.