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Vincitore del Prix Goncourt nel 1994 con il romanzo Sola an- data (pubblicato in Italia da Longanesi), lo scrittore francese di origine belga è anche un autore di noir molto amati dal pubbli- co e di altre opere di divulgazione. In Italia è noto anche per i romanzi L’educazione di una fata (Tea, 2003), L’apparizione (Corbaccio, 2003), Fuori di me (Corbaccio, 2003) e Unknown - Senza identità (Rizzoli, 2012). Il dizionario delle cose im- possibili, pubblicato in Francia nel 2013, è finora il suo più grande successo.

«Dictionnaire de l’impossible» Edizioni Clichy · Cacciare gli spiriti con la Coca-Cola ... Le strizzatine d’occhio della transcomunicazione ... forza segreta tale da renderci

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Vincitore del Prix Goncourt nel 1994 con il romanzo Sola an-data (pubblicato in Italia da Longanesi), lo scrittore francese di origine belga è anche un autore di noir molto amati dal pubbli-co e di altre opere di divulgazione. In Italia è noto anche per i romanzi L’educazione di una fata (Tea, 2003), L’apparizione (Corbaccio, 2003), Fuori di me (Corbaccio, 2003) e Unknown - Senza identità (Rizzoli, 2012). Il dizionario delle cose im-possibili, pubblicato in Francia nel 2013, è finora il suo più grande successo.

«Dictionnaire de l’impossible»de Didier van Cauwelaert

© 2013 Éditions Plon - Place des Éditeurs - Paris

Per l’edizione italiana:

© 2015 Edizioni Clichy - Firenze

Seconda edizione - Novembre 2015

Edizioni ClichyVia Maggio, 13r50125 - Firenze

www.edizioniclichy.it

Isbn: 978-88-6799-192-1

BeauBourgIl Centre Pompidou, luogo d’incontro di giovani artisti e

performer, musicisti e skater, presta il nome alla collana di Edizioni Clichy che dà voce allo spirito della cultura pop, in tutte le sue espressioni: dalla musica al cinema alla danza, alla narrativa postmoderna che sappia venire incontro ai lettori più diversi. Un percorso aperto, curioso, che si apre a ogni tipo di espressione, compresa la graphic novel, e che esplora senza snobismi quello che si muove intorno a noi.

Edizioni Clichy

Didier van Cauwelaert

Il dizionario delle cose impossibili

Traduzione di Valentina Palazzi, Tania Spagnoli e Federico Zaniboni

Sommario

PrefazioneL’agopuntura nel NeoliticoUn’altra visione del cancro

L’amore e il ghiaccioLe angosce del pappagallo telepatico

Le api e il robotApparizione di oggetti

Apporto personalizzatoGli autori del Titanic

Il bacio di Madame FrancoI benefici dell’indifferenza

Cacciare gli spiriti con la Coca-ColaLe capacità psi

Il cervello tritato della salamandraLa combustione umana spontanea

Come l’acacia fa fuori il cudùIl cuore sulla punta della lingua

Darwin e l’enigma della sfingeIl deputato fantasmaIl DNA degli alberi

L’effetto pecora-capraEffetto placebo

Esperienze ai confini della morte Le falsità dell’ipnosi

Fare l’amore o morire con WagnerIl futuro anteriore

Il giornale che uccide Guerra psichica o bluff?

Hitler e i veggentiInfluenzare il passato

L’intelligenza dei vegetaliInterconnessione tra coccinella e zucca

La legge dell’uomo-scimmia

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Le lettere di sangue dell’analfabetaLa logica delle api

Lourdes, istruzioni per l’usoLa luce del calamaro

Il masochismo dello scarafaggioI medium e l’esercito

I messaggi dal cesto della biancheria Mia moglie è una lupa

I miracoli dell’Islam Il missile del piccione viaggiatore

La muffa e il labirintoMusica postuma

Il neurone innamorato di MarilynI nostri antenati batteri

I pensieri della guarigionePersonalità multiple

Il piede di Manolo La pista delle stellePittura automaticaProdezze di uccelli I prodigi di Zeitoun

La prova schiacciante del pulcinoIl puzzle della Passione

Le quattro morti di Padre PioIl raggio della resurrezione

Il rompicapo di Lanciano La scaltrezza del coniglio empatico

Scrivere il futuroIl senso dell’asporto

Le spie extrasensorialiLa strategia dell’indicatore

Le strizzatine d’occhio della transcomunicazioneUmorismo terapeutico

Viaggi nel passatoVittoria per abbandono

ZOC: zombie di origine controllataZuccone, primo insulto proferito dall’aldilà

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Il Dizionario delle cose impossibili

«I miracoli non sono in contraddizione con le leggi della natura, ma con quello che noi sappiamo di tali leggi»

Sant’Agostino

«Oso credere che la gioia interiore abbia una qualche forza segreta tale da renderci la fortuna più favorevole. Ho notato spesso che le cose fatte con cuore allegro tendono a

riuscire felicemente per me, perfino nel gioco d’azzardo»Cartesio, lettera a elisabetta di boemia,

novembre 1646

«È estremamente importante e salutare conservare sempre un po’ di scetticismo»

Joe McMoneagle (spia e medium impiegato dalla CIA nell’ambito del programma star Gate)

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Prefazione

Un pulcino che attira a sé un robot con la forza del pen-siero. Un albero che si sposta da solo. Un’ostia che levita du-rante una messa televisiva. Alcuni studenti che modificano il passato davanti allo schermo di un computer. Un’ape che calcola la distanza e la comunica alla sua colonia per mezzo di una coreografia. Una macchina capace di dialogare con gli insetti. Un militare che disegna nei minimi dettagli un sotto-marino nemico costruito in segreto, a diecimila chilometri di distanza. Un uccello che sfrutta l’uomo come manodopera e lo manda a morte quando non gli dà soddisfazione. Decine e decine di biglie, monete e palline da golf che si mettono a piovere all’interno di un’agenzia immobiliare, nel bel mezzo delle transazioni. Una cieca che fa l’identikit preciso dei due uomini che le hanno rubato i gioielli mentre era in coma. Tutto questo è impossibile: a priori siamo tutti d’accordo. Eppure...

Simili fenomeni e tutti quelli che scoprirete in questo di-

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DiDier van Cauwelaert

zionario sono stati osservati, descritti, autenticati da persone degne di fede, da ricercatori e da strumenti di misurazione. Talvolta ne sono stato il testimone diretto. Oppure il prota-gonista involontario - chi lo sa? Perché la fisica quantistica ci dimostra che è la nostra coscienza a creare la realtà.

L’immaginazione è sempre stata il mio punto di partenza, il mio campo d’azione. Non sono un grande amante delle ideologie, delle credenze, delle astrazioni. Ho semplicemente bisogno di capire il mondo e gli altri, voglio amarli oltre i loro limiti apparenti, ed ecco perché li metto in crisi. Ma a forza di inventare situazioni possibili a partire da incontri improbabili o eventi straordinari che scombussolano i punti di riferimento delle persone «normali», ecco che queste storie sono arrivate fino a me. Come se l’immaginazione superasse la realtà, come se le vibrazioni della mente influenzassero il destino.

E, di anno in anno, attraverso le confidenze dei miei lettori, dei miei colleghi o degli scienziati attirati dalle mie finzioni, mi ha colpito constatare quanto queste esperienze fossero frequenti. Quante persone - semplici testimoni messi in ridicolo, ricercatori sopraffatti da quello che hanno sco-perto, religiosi a confronto con «prove» che le loro autori-tà spirituali rifiutano di approvare, scettici destabilizzati da eventi «impossibili» che pur hanno vissuto - quante persone mi hanno ringraziato di aver approcciato con naturalezza, umorismo e rigore argomenti ritenuti «soprannaturali», vale a dire a priori agghiaccianti e pazzeschi... È per loro che mi sono lanciato nella grande impresa di questo dizionario. Ma anche per fissare la mia memoria personale, e soprattutto per colmare le mie lacune.

Così, passeremo in rassegna secoli di mistero, esperienze insensate, scoperte favolose, inganni, censure e persecuzioni,

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fino agli ultimissimi progressi della scienza che, sempre di più, accetta di rimettere in questione le sue leggi.

La cosa più importante di tutte è la libera circolazione delle informazioni. La mia unica certezza? La vita ha un’im-maginazione debordante. Il mondo è una sceneggiatura in corso di scrittura e di riscrittura permanente, un campo da gioco in cui realtà e finzione si superano l’un l’altra. Ma quale delle due è venuta prima? La vita è il prodotto di uno schema iniziale o il semplice riflesso della storia che ognuno di noi racconta?

Ecco a voi delle storie, dunque. Storie che si concatenano e a volte si rispondono, a seconda dell’ordine alfabetico. Fatti reali, arricchiti da analisi, ipotesi, eventuali spiegazioni la cui responsabilità è solo mia e delle persone di cui cito le testi-monianze e i lavori.

Quando qualcuno vi racconta un avvenimento straordi-nario provate probabilmente una certa voluttà nell’esclama-re: «Ma non è possibile!». Uno slancio di entusiasmo subito venato di prudenza, perché il desiderio di saperne di più si scontra col timore di farsi ingannare. È così che reagisco an-ch’io il più delle volte. Cartesiano di metodo e allergico al proselitismo, sono solo preda di una curiosità senza limiti, di un’autentica golosità riguardo ai sapori insoliti, e di una voglia spontanea di condividerli. Con quel che ci vuole di di-stacco e di istinto, di dosaggio tra spirito critico e capacità di meravigliarsi per avvicinarsi all’«impossibile» senza farsi truf-fare, istupidire o emarginare. Razionalismo ottuso e credulità inflessibile sono due nemici dell’intelligenza, che non hanno nulla da invidiare l’uno all’altro in termini di oscurantismo. Così come lo praticava Cartesio, il vero dubbio consiste nel dubitare di tutto, compresa la fondatezza del dubbio stesso.

Questo dizionario vuole quindi essere obiettivo, ma uni-

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camente nel resoconto dei fatti. La loro interpretazione ob-bedisce soltanto alla mia libertà di pensiero, a quell’apertura mentale che, per me, dev’essere la sintesi tra il discernimento e l’accettazione dell’inspiegabile - una forma di tolleranza come un’altra. In ogni caso, l’io razionalista è lungi dall’esse-re, ai miei occhi, il migliore motore di ricerca. Rimanere sen-za risposte non va considerato un’umiliazione. A condizione di farsi le domande giuste.

In breve, questo dizionario non ha altra ambizione che informare, far riflettere, sognare, dubitare, sorridere ed emo-zionare. Cambiare il nostro sguardo su noi stessi, su ciò che ci forma e ci circonda. In una parola, far tornare il mondo un luogo incantato, esplorando i suoi retroscena dove, dietro lo spettacolo che ci è offerto, intrallazzi, disinformazione, mani-polazione mentale, strumentalizzazioni, complotti silenziosi e scalpore organizzato a tavolino sono spesso, ahimè, le in-tenzioni nascoste della messinscena.

L’intelligenza, ci dice l’etimologia, è ciò che crea i legami tra le cose. Anche la religione. Smontiamo quindi la stupidità e l’accecante fanatismo che sono diventati le lampadine del nostro «secolo dei lumi» di basso consumo. Torniamo a es-sere esploratori curiosi, spettatori senza paraocchi, pensatori agili e lucidi sognatori.

Scorrendo le voci di questo dizionario, può accadere che la vostra concezione della realtà vacilli, e non importa quali sono i vostri orizzonti, le vostre convinzioni, le vostre spe-ranze o le vostre avversioni. Semplicemente perché vi sarete confrontati con fenomeni pazzeschi che, spesso, sono avve-nuti o avvengono sotto i vostri occhi. Perché avrete intuito che la forza che governa la vita è l’immaginazione. Perché forse, parola dopo parola, avrete accettato una grande legge dell’evoluzione interiore: ciò che sembra oltrepassare le no-

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stre capacità non esiste per sminuirci, ma per spingerci ad andare più lontano.

Spesso, nel mio lavoro come nei miei rapporti con gli al-tri, chiedo a me stesso l’impossibile. E, con grande umiltà, devo riconoscere che a volte ricevo segnali, connivenze e sti-moli che contribuiscono a farlo accadere. È questa l’utilità che vi auguro di trarre leggendo questo dizionario. Dalla A alla Z, spingiamo più in là i limiti dell’impensabile. Dai pote-ri psichici dell’ape alla fabbricazione razionale degli zombie, dall’Agopuntura nel Neolitico ai Prodigi di Zeitoun, concedia-mo a noi stessi, con curiosità, buon senso, gioia e golosità, la libertà di allargare il campo del possibile.

Didier Van Cauwelaert

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L’agopuntura nel neolitico

Scoperto nel 1991 su un ghiacciaio della Val Senales, l’uo-mo di Similaun (più conosciuto con il nome di Ötzi) è un homo sapiens di quarantacinque anni ucciso da una freccia cinquemila anni fa, mummificato naturalmente, congelato e reidratato. La decodificazione del suo genoma, effettuato nel 2012, lascia intendere che fosse di origine corsa.

Ugualmente, molte cose sono state scoperte riguardo alla sua alimentazione (cervo, stambecco, cereali), il suo stato di salute (malattia di Lyme, predisposizione alle affezioni car-dio-vascolari, intolleranza al lattosio), la sua discendenza (sebbene nessuno al giorno d’oggi potrebbe avvalersi del di-ritto) e il colore degli occhi (marrone). Ma non è tutto. Ciò che segue è un po’ più imbarazzante.

Il suo corpo, infatti, è coperto da sedici tatuaggi costellati di una cinquantina di tratti, che non sembrano essere ele-menti ornamentali né religiosi. Essi corrispondono in realtà ai meridiani dei punti dell’agopuntura della medicina cinese,

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come ha rivelato il professor E. Egarter al canale franco-te-desco Arte. È ciò che si definisce un tatuaggio terapeutico. Oppure una casualità, se si preferisce evitare di rimettere in discussione le nostre conoscenze sul livello intellettuale e me-dico degli uomini preistorici.

Commento di uno scienziato del web che tiene all’anoni-mato: «Solo dei cretini patentati possono avere la tracotanza di affermare che la New Age sarebbe iniziata all’età della pie-tra». È solo una questione di formulazione, ma sono molti i cretini. Altri scettici meglio istruiti hanno esaminato seria-mente l’ipotesi che questi tatuaggi possano essere dei «disegni magici», dopo aver sottolineato come le supposizioni sull’a-gopuntura siano senza fondamento perché non sono stati ri-trovati aghi in pietra tagliata. Lascio a loro le disquisizioni, permettendomi soltanto di far loro osservare che gli utensili contano meno della conoscenza e della tecnica. Gli uomini preistorici, forse, non avevano gli aghi, ma avevano le dita. Si sa che si possono usare per stimolare un certo punto del cor-po in relazione a un certo organo: si chiama digitopuntura.

Resta da scoprire se questi tatuaggi avessero un potere terapeutico «magico» o se costituissero semplicemente una marcatura, come quelli che si effettuano oggi prima di co-minciare una radioterapia. Forse questa è una spiegazione del lungo viaggio intrapreso da quella che diventerà la nostra mummia congelata. Perché se, come indica il DNA, Ötzi si è spostato dalla natale Corsica fino al ghiacciaio situato all’at-tuale frontiera tra l’Italia e l’Austria, non l’ha fatto certo a scopo turistico. Si era recato da un celebre agopuntore dell’e-poca per farsi «segnare» come paziente? Oppure per acquisire un sapere che, come la tavola vivente di un trattato medico, avrebbe poi riportato nella sua isola? Peccato che, così tatua-to, sia stato il bersaglio di un cacciatore. La freccia si è confic-

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cata nella sua spalla sinistra. Sarebbe interessante sapere, nel caso, a quale punto dell’agopuntura si fosse mirato.

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Un’altra visione del cancro

Illustrando il famoso grido di dolore del medico di Mo-lière: «È meglio morire secondo le regole che scamparla contro le regole»,1 il consiglio dell’Ordine dei medici ha condotto spesso una crociata agguerrita contro quelli che pretendono di curare il cancro senza chemio o radioterapia. Essendo sia il numero dei ciarlatani che la percentuale degli esiti positivi di questi trattamenti «alternativi» due realtà incontestabili, il dibattito sembrava destinato a una sterilità senza fine, fino alle scoperte di un medico americano, il dottor Carl Simonton.

Simonton, radioterapeuta e oncologo di fama interna-zionale, studiò il profilo dei malati di cancro che sopravvi-vevano alla loro patologia nonostante una prognosi fatale. Risalì al principio del suo metodo: «Poiché i malati che sono guariti sono stati dei guerrieri convinti che se sarebbero ca-

1 Molière, L’Amour médecin, classiques Hachette.

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vata, il mio lavoro sarà quindi di trasformare i miei pazienti in guerrieri».1

È così che inventò, negli anni Settanta, la «visualizzazione creativa». Non si trattava più di opporre terapie classiche e tecniche di guarigione psichica, ma di unire i loro benefici reciproci diminuendone gli effetti collaterali.

Al Simonton Cancer Center, egli, in particolare, propo-neva ai suoi pazienti di «addomesticare» la radioterapia. Istru-zioni per l’uso: visualizzare i raggi come un bombardamen-to da parte di forze alleate che inviano minuscoli proiettili di energia. Invece di pensare alle cellule cancerose come un esercito di invasori e kamikaze, conviene trattarle da vittime indebolite e sconvolte dal bombardamento. E immaginare i globuli bianchi come dei valorosi paramedici della Croce Rossa, che assicurano il trasporto delle cellule maligne - mo-renti o già morte - verso il fegato, per finire nei reni, dove verranno espulse dal campo di battaglia.

Fin dal principio, i risultati di questo metodo furono spettacolari, molto al di sopra di quelli che poteva fornire la sola radioterapia. «Come se i raggi agissero in modo magico», commentò un paziente. Simonton provò nel corso degli anni che «ammaliare» le radiazioni duplicava la loro efficacia, ri-ducendo gli effetti collaterali.

È interessante notare che, per molti ricercatori, è il potere di queste visualizzazioni a operare ugualmente nel caso dei farmaci placebo. Ma in modo passivo. Invece di modificare consapevolmente con un’illusione l’azione di un trattamento, come permette il metodo Simonton, il placebo è un’illusione che modifica a nostra insaputa le reazioni del nostro organi-smo. Una semplice pillola di zucchero può così produrre gli 1 Carl Simonton, Reid Henson, Brenda Hampton, L’Avventura della guarigione, Amrita Edizioni, 2006.

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effetti del farmaco che rimpiazza. A condizione tuttavia che la nostra coscienza ne sia vittima. Così, conferisce alla men-zogna le proprietà attive della verità (vedi Effetto placebo).

Ma torniamo a Simonton. Fin dai suoi primi studi, pub-blicati nel 1978, testò il suo metodo su centocinquantanove soggetti, i cui tumori sono giudicati clinicamente incurabili e dalla speranza di vita molto breve. Dopo quattro anni, ses-santatré erano ancora di questo mondo, e quelli che erano morti hanno vissuto quasi due anni più a lungo dei pazienti del gruppo di controllo. Quattordici non presentavano più alcuna traccia della malattia, dodici l’hanno vista regredire in modo significativo e diciassette l’hanno stabilizzata.1 Ulte-riori esperimenti e la necessaria presa di distanza, non faran-no altro che confermare e migliorare le statistiche. Cosa che non impedirà comunque le aspre critiche di qualche collega. Cosa gli rimproveravano? Di «alterare i risultati scegliendo in modo parziale pazienti non rappresentativi, in quanto ani-mati da una combattività eccezionale». È proprio questo lo scopo della sua dimostrazione. Le sue cavie erano tutte vo-lontarie, quindi animate dal forte desiderio di guarire, cioè di mettere a frutto ogni forma di aiuto esterno - o interno. Cosa avrebbe dovuto fare Simonton per stabilire un proto-collo «imparziale»? Assumere dei perdenti disperati, degli an-gosciati inibiti dalla sofferenza, dei fatalisti condannati che non aspettano altro che la morte, e indurli a provare la loro impotenza davanti alla malattia?

Per fortuna, il corpo sanitario non è sempre affetto da ri-gidità. La dottoressa Jeanne Archteberg, psicologa e direttrice di ricerca al Health Science Center dell’Università del Texas, partecipò non solo all’elaborazione delle tecniche di psi-1 Carl Simonton, Stephanie Mattheuws Simonton, James Creighton, Ritorno alla salute. Tecniche di auto-aiuto che favoriscono la guarigione, Amrita Edizioni, 2007.

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co-neuro-immunologia utilizzate da Simonton, ma si sforzò di capire come (e perché) una semplice immagine mentale potesse talvolta trionfare su un cancro incurabile.

Per lei, tutto risiedeva nella capacità del cervello per la rappresentazione olografica. Secondo questo modello, noi viviamo alcune cose come realtà interiori (le nostre emozio-ni) e altre come realtà esteriori (un’auto che passa, un canto d’uccello). Questo perché, ricorda Michael Talbot, uno dei migliori specialisti nel campo, «è lì che il cervello le collo-ca, quando crea l’ologramma interno che ci dà da percepire come realtà. Ora, sappiamo che il cervello non è sempre in grado di fare la distinzione tra il mondo esterno e l’apparenza che gli attribuisce. [...] Immaginazione e realtà sono in ulti-ma analisi confuse tra loro, e non dovremmo quindi essere sorpresi che le immagini mentali siano, in definitiva, suscet-tibili di manifestarsi sotto forma di realtà nel corpo fisico».1

Tutto ciò si chiama «sindrome dell’arto fantasma»: un monco, per esempio, lamenta dolore al braccio amputa-to. Certo, il nostro cervello non distingue sempre il reale dall’immaginario, ma questa carenza chiede solo di diventare un vantaggio. Se il ricordo di un braccio perduto riattualizza la sua esistenza fino a far produrre dal nostro inconscio un dolore nella sua vecchia posizione, allora lo stesso processo, se lo si inverte, può avere un impatto sul nostro organismo. In altri termini: invece di accontentarsi di subire l’effetto di un immagine irreale fabbricata dal nostro cervello, è meglio tentare di creare coscientemente la realtà che si visualizza. Riassunto grossolanamente, è questo che risulta dalle con-clusioni di Jeanne Achterberg. «Quando alcune immagini vengono esaminate sotto il profilo olografico» scrive «la loro

1 Michael Talbot, Tutto è uno. L’ipotesi della scienza olografica, Urra Edizioni, 1997.

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didier van Cauwelaert

forte influenza sull’organismo va da sé. Immagine, compor-tamento e concomitanza fisiologica sono un aspetto unifica-to dello stesso fenomeno».1

È assurdo, sogghignano i materialisti e i laboratori far-maceutici: tutto ciò rientra nella pura immaginazione. Sì, giusto. Come diceva il grande fisico David Bohm, ispiratore di tutti questi lavori, «l’immaginazione è gia una creazione della forma: c’è già in essa l’intenzione e l’abbozzo di tutti i movimenti necessari per portarla a realizzarsi».2

In concreto, se si fa affidamento ai dati statistici e alle testimonianze dei pazienti, questa teoria ha salvato un grosso numero di vite. Tornerò sull’argomento nella voce dedicata a Jeanne Archterberg (vedi I benefici dell’indifferenza).

Dalla morte di Simonton nel 2009 e da quella della Achterberg nel 2012, molti specialisti come Bernie Siegel o Deepak Chopra continuano a trasmettere, impiegare e svi-luppare il metodo della visualizzazione creativa, che si è rile-vato applicabile anche ad altre patologie oltre al cancro. Forse è «la fede che guarisce», come diceva il neuropsichiatra Char-cot per smitizzare i miracoli di Lourdes, ma è sicuramente l’immaginazione che lo rende possibile.

1 Jeanne Achterberg, Imagery in Healing, New Science Library, 1985.2 Michael Talbot, Tutto è uno. L’ipotesi della scienza olografica, op. cit.

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L’amore e il ghiaccio

L’amore ci rende più belli. Quando siamo amati o amia-mo, si vede. Gli astiosi sono i primi a notarlo - l’invidia rende ottimi osservatori. Ma ciò che è valido per l’essere umano lo è anche per il ghiaccio?

Abbiamo già misurato da tempo gli effetti dell’amore ver-so gli animali o le piante, ma c’entrava sempre un fattore diverso da quello psichico. Accarezzare un cane o annaffiare un filodendro falsano l’apprezzamento del potere che potreb-be esercitare il solo pensiero. Il dottor Masaru Emoto, na-turopata e ricercatore giapponese, ha eliminato il problema. Ha provato in laboratorio che i buoni sentimenti rendono i cristalli di ghiaccio armoniosi, strutturati, simmetrici. Al contrario, proiettando loro mentalmente dell’ostilità, del disprezzo, degli intenti violenti, gli fa assumere un aspetto meschino, informe, asimmetrico.1

1 Masaru Emoto, L’eau, mémoire de nos émotions, Guy Trédaniel Editeur, 2006.

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Per Emoto, l’acqua «si fa specchio di informazioni vibra-torie», riflettendo le influenze esterne attraverso la resa più o meno «artistica» che dà a questi cristalli quando gela. Queste influenze possono essere di origine psichica, sonora, musica-le - o addirittura scritta: la prossimità di una semplice frase d’amore o di odio in una lettera è sufficiente, a quanto pare, a modificare l’aspetto della glaciazione.

Le immagini visibili su internet sono affascinanti. Ma un esperimento in doppio cieco, particolarmente contor-to, ha dato una base scientifica a questo grazioso postulato New Age.

16 novembre 2005, Institute of Noetic Sciences, Pasade-na, California. Un’équipe di ricercatori compra una bottiglia di acqua qualsiasi, la stappa e la versa in quattro flaconi. Due di questi costituiranno «l’acqua testimone». Gli altri due, eti-chettati come «lotto A» e «lotto B», vengono collocati in una camera blindata, protetta da ogni campo elettromagnetico. Nel frattempo, a Tokyo, Emoto riunisce duemila persone per una seduta di «intenzioni positive» rivolte ai due lotti A e B, a ottomila chilometri di distanza. I quattro campioni d’ac-qua vengono quindi spediti in Giappone, con nuovi codici di identificazione tenuti segreti, e una confezione di alluminio per evitare ogni influenza elettromagnetica.

A Tokyo, vengono congelati a -25° per tre ore. Analizzati al microscopio in una sala a -5°, i cristalli ottenuti vengono fotografati uno accanto all’altro. Numerati in ordine casua-le, le foto vengono in seguito sottoposte alla valutazione di cento internauti, che le classificheranno secondo una «scala estetica personale» da 0 a 40. Le quattromila valutazioni ven-gono trasmesse ai ricercatori californiani, che le analizzano quindi alla luce dei codici di identificazione iniziali, che solo loro conoscono. Risultato: i cristalli provenienti dall’acqua

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trattata in doppio cieco sono state qualificate come «meglio strutturate», «più armoniose» e «più belle» dell’acqua testi-mone. E questo al 99%.1

Naturalmente tali conclusioni sono state contestate da alcuni scienziati, in nome dell’«interpretazione puramente affettiva dei risultati». Tutto l’esperimento si basa sulla sog-gettività, non c’è dubbio. Ma è il senso stesso del protocollo: creare mentalmente della bellezza alla cieca, e misurare il suo effetto negli osservatori dotati di criteri estetici inevitabil-mente diversi. James Randi, della James Randi Educational Foundation, ha proposto un milione di dollari al medico giapponese se fosse riuscito a riprodurre il suo esperimento senza «interpretazioni soggettive» né «mezzi cognitivi». Ov-vero? Rimpiazzando gli apprezzamenti degli internauti con analisi di computer? Tutto da dimostrare.

A scapito delle sue finanze, le intenzioni del dottor Emoto superano ahimè questo genere di sfide. A lungo termine, la sua ambizione è tanto simpatica quanto illusoria: instaurare la pace sulla Terra «caricando» positivamente l’acqua che be-viamo ai quattro angoli del pianeta. Del resto, perché non provarci? Non ci sono effetti collaterali.

Un giorno ho tentato l’esperimento in un ristorante. La coppia vicino a noi discuteva così forte che io e il mio amico non riuscivamo a sentirci. Mi sono concentrato sui loro bic-chieri di Vittel. Sprigionando tutta la rilassante indulgenza e il desiderio di silenzio che mi suscitavano, li ho diluiti men-talmente nel liquido che stavano per ingurgitare. La donna ha gettato il bicchiere in faccia all’uomo ed è uscita dal risto-rante. Dato che non avevano bevuto la mia acqua «trattata», non fu un vero e proprio fallimento. E poi avevo ottenuto

1 Yann Olivaux, in «Effervesciences», gennaio 2007.

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ciò che volevo: il silenzio. Un pensiero positivo ha sempre un effetto benefico.

Migliaia di persone alleviano le loro angosce e i loro dolo-ri guardando i cubetti di ghiaccio di Emoto, così come altre ricorrono al potere terapeutico della musica o della pittura. Ma l’acqua non ha per forza bisogno di un intermediario umano per «esprimersi». Quando si posiziona una brocca so-pra l’immagine di una riserva naturale (Monte Fuji, Yellow-stone, Grande barriera corallina...), i cristalli ottenuti imi-tano a dir poco i paesaggi in questione. Ne riproducono le onde di forma, le vibrazioni, la simbologia. Ed è ancora più evidente quando l’acqua proviene dal luogo stesso. La fonte di Lourdes, come dimostrano le foto di Emoto, offre cristalli identici a quelli che produce una qualsiasi acqua esposta alla parola «angelo». E i prelievi effettuati nella fontana di Trevi, a Roma, hanno preso gelando l’aspetto delle monete che ci gettano dentro...1

1 Masaru Emoto, Les messages cachés de l’eau, Guy Trédaniel, 2004.