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Proteggere o dominare? Sovranità e diritti umani nel nuovo ordine internazionale Luca Scuccimarra

Difendere o dominare? Cosmopolitismo morale e ordine

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Proteggere o dominare?Sovranità e diritti umani nel nuovo

ordine internazionale

Luca Scuccimarra

Thomas Pogge, Cosmopolitanism and Sovereignty (1994)

Gli elementi fondamentali della moralità cosmopolitica:

In primo luogo, l’individualismo: l’interesse finale risiede negliesseri umani, o persone, piuttosto che, ad esempio, nelle linefamiliari, tribù, comunità etniche, culturali, religiose, nazioni o Stati.Queste ultime unità possono essere oggetto di interesse soloindirettamente, in virtù dei loro singoli membri o cittadini.In secondo luogo, l’universalità: lo status di unità ultima diattenzione si attribuisce egualmente a ogni essere umano vivente,non soltanto ad alcuni sottoinsiemi, come gli uomini, gliaristocratici, gli ariani, I bianchi o i musulmani. IIn terzo luogo, la generalità: questo status speciale ha forza globale.Le persone sono unità ultime di attenzione per tutti, non solo per iconcittadini, i correligionari o simili

Seyla Benhabib, Another Cosmopolitanism (2006)

I principali ambiti di sviluppo del nuovoordine giuridico cosmopolitico:

1) Interventi umanitari;

2) Persecuzione dei crimini contro l’umanità;

3) Migrazioni internazionali

Seyla Benhabib, Another Cosmopolitanism (2006)

Le norme di giustizia cosmopolitiche (…) quali che siano lecircostanze della loro origine giuridica, vincolano gliindividui in quanto persone morali e giuridiche di unasocietà civile globale. Anche se le norme cosmopolitichederivano da accordi simili a trattati, quale può essereconsiderata la Carta dell’Onu per gli Stati firmatari, la loropeculiarità è che dotano di diritti e titoli gli individui, nongli Stati e i loro rappresentanti. Questo è il caratteredistintivo dei molti accordi sui diritti umani firmati dopo laseconda guerra mondiale. Essi indicano un passaggiodefinitivo da un modello di diritto internazionale basato sutrattati tra gli Stati a un diritto cosmopolitico inteso comediritto pubblico internazionale che vincola e sottomette ilvolere degli Stati sovrani.

Terry Nardin, The Moral Basis of Humanitarian Intervention (2002)L’intervento umanitario è una risposta a gravi violazioni dei diritti umani e i più basilaridiritti umani sono diritti morali universali – diritti, in altre parole, che poggiano suiprincipi della moralità comune. (…) La moralità comune ci proibisce di utilizzarecoercitivamente altri esseri umani per raggiungere i nostri fini. Usare la forza, senzauna buona ragione, viola il principio di rispetto. Ciò spiega non solo perché l’assassinioe la schiavitù sono sbagliati ma anche perché l’auto-difesa è moralmente giustificabile.Ma la moralità comune non limita l’uso della forza all’auto-difesa. Essa ci consenteanche di difendere i diritti degli altri quando tali diritti sono minacciati. Noi siamodunque giustificati nell’usare la forza per impedire la violenza contro altre persone,ammesso che esse siano moralmente “innocenti” – vale a dire, non coinvolti esse stessein forme di ingiusta violenza. Utilizzare la forza per resistere a coloro che aggredisconol’innocente non viola i diritti di coloro che aggrediscono in quanto persone libere,perché con le loro azioni essi hanno perso il diritto morale di agire a propriopiacimento. E’ persino consentito uccidere coloro che aggrediscono, se è necessario perproteggere le loro vittime. Noi siamo giustificati nell’uso di così tanta forza quantorisulta necessaria per respingere l’attacco, ma non di più – tenendo conto del fatto chein simili questioni calcoli precisi sono impossibili

Il «decennio umanitario»

Iraq – Operation Provide Comfort (1991)

Somalia – Operation Restore Hope (1992)

Haiti – Operation Uphold Democracy (1994)

Rwanda – Operation Tourquoise (1994)

East Timor – UNTAET (1999)

Kosovo – Operation Allied Force - NATO (1999)

Sierra Leone – Operation Palliser (2000)

Tony Blair, Doctrine of the International Community(1999)

Il più pressante problema di politica estera che citroviamo di fronte è identificare le circostanze in cuidovremmo essere attivamente coinvolti nei conflittidi altre persone. La non interferenza è stataconsiderata a lungo un importante principiodell’ordine internazionale. Ed è un principio di cuinon intendiamo disfarci troppo rapidamente. (…) Mail principio di non interferenza deve esserequalificato sotto importanti aspetti. Gli atti digenocidio non possono mai essere una puraquestione interna…

International Commission on Intervention and State Sovereignty, The Responsibility to Protect (2001)

Pensare alla sovranità come responsabilità, in un modo che è statosempre più riconosciuto nella pratica statuale, ha un triplicesignificato. Primo, implica che le autorità statuali hanno laresponsabilità di proteggere la sicurezza e le vite dei cittadini e dipromuovere il loro benessere. Secondo, esso indica che le autoritàpolitiche nazionali sono responsabili nei confronti dei cittadiniall’interno e alla comunità internazionale all’esterno, attraverso leNazioni Unite. E in terzo luogo signidica che chi agisce per lo Stato èresponsabile delle proprie azioni; vale a dire che possono esserechiamati a rispondere dei loro atti commissivi ed omissivi. La scelta(case) di pensare alla sovranità in questi termini è rafforzata dalcrescente impatto delle norme internazionali sui diritti umani e dalcrescente impatto nel discorso internazionale del concetto disicurezza umana.

2005 UN World Summit Outcome Document

138. Each individual State has the responsibility to protect its populations from genocide, warcrimes, ethnic cleansing and crimes against humanity. This responsibility entails the prevention ofsuch crimes, including their incitement, through appropriate and necessary means. We accept thatresponsibility and will act in accordance with it. The international community should, asappropriate, encourage and help states to exercise this responsibility and support the UnitedNations in establishing an early warning capability.

139. The international community, through the United Nations, also has the responsibility to useappropriate diplomatic, humanitarian and other peaceful means, in accordance with Chapters VIand VIII of the Charter, to help to protect populations from genocide, war crimes, ethnic cleansingand crimes against humanity. In this context, we are prepared to take collective action, in a timelyand decisive manner, through the Security Council, in accordance with the Charter, includingChapter VII, on a case-by-case basis and in cooperation with relevant regional organizations asappropriate, should peaceful means be inadequate and national authorities are manifestly failingto protect their populations from genocide, war crimes, ethnic cleansing and crimes againsthumanity. We stress the need for the General Assembly to continue consideration of theresponsibility to protect populations from genocide, war crimes, ethnic cleansing and crimesagainst humanity and its implications, bearing in mind the principles of the Charter andinternational law. We also intend to commit ourselves, as necessary and appropriate, to helpingstates build capacity to protect their populations from genocide, war crimes, ethnic cleansing andcrimes against humanity and to assisting those which are under stress before crises and conflictsbreak out.

La R2P nel Consiglio di Sicurezza

Risoluzione n. 1674 (28 aprile 2006)

Risoluzione n. 1706 (31 agosto 2006) - Darfur

Risoluzione n. 1970 (26 febbraio 2011) - Libia

Risoluzione n. 1973 (17 marzo 2011) - Libia

Risoluzione n. 1975 (30 marzo 2011) - Costa d’Avorio

Risoluzione n. 2109 (11 luglio 2013) – Sudan

Risoluzione n. 2139 (22 febbraio 2014) - Siria

Risoluzione n. 1973 (17 marzo 2011)

The Security CouncilReiterating the responsibility of the Libyan authorities to protect the Libyan population andreaffirming that parties to armed conflicts bear the primary responsibility to take all feasible steps toensure the protection of civilians,Condemning the gross and systematic violation of human rights, including arbitrary detentions,enforced disappearances, torture and summary executions,Further condemning acts of violence and intimidation committed by the Libyan authorities againstjournalists, media professionals and associated personnel and urging these authorities to comply withtheir obligations under international humanitarian law as outlined in resolution 1738 (2006),Considering that the widespread and systematic attacks currently taking place in the Libyan ArabJamahiriya against the civilian population may amount to crimes against humanity,Recalling paragraph 26 of resolution 1970 (2011) in which the Council expressed its readiness toconsider taking additional appropriate measures, as necessary, to facilitate and support the return ofhumanitarian agencies and make available humanitarian and related assistance in the Libyan ArabJamahiriya,Expressing its determination to ensure the protection of civilians and civilian populated areas and therapid and unimpeded passage of humanitarian assistance and the safety of humanitarian personnel,

(…) Authorizes Member States that have notified the Secretary-General,acting nationally or throughregional organizations or arrangements, and acting in cooperation with the Secretary-General, to takeall necessary measures, notwithstanding paragraph 9 of resolution 1970 (2011), to protect civilians andcivilian populated areas under threat of attack in the Libyan Arab Jamahiriya, including Benghazi…

T. Nardin, Humanitarian Imperialism (2005)

Nella vecchia letteratura sull’impero, l’umanitarismo era invocato pergiustificare la supposta responsabilità di un potere imperiale operante aimargini del mondo civilizzato di imporre gli standard della morale civile,attraverso l’eliminazione del cannibalismo, dei sacrifici umani e di altrepratiche barbariche. Nell’odierna retorica dell’impero, è la barbarie dellatirannia e del terrorismo che minaccia questi standard e che deve esserecontrastata, in nome dell’umanità, attraverso l’esercizio del potereimperiale. Nella vecchia letteratura sull’impero, il governo coloniale eragiustificato come quello in grado di portare ai popoli arretrati i beneficidella civiltà: l’ordine pubblico, la salute pubblica, i moderni mezzi dicomunicazione, lo sviluppo economico e infine un governo costituzionale.La nuova letteratura sull’impero rende ragione dell’intervento in terminisimili. La maggior parte delle vecchie giustificazioni dell’impero sonoriemerse nelle odierne interpretazioni della missione dell’America.

M. Ayoob, Humanitarian Intervention and State Sovereignty (2002)

Come la classica dottrina dello standard di civiltà, anche laconcezione della osvranit come responabilità possiede la capacitàdi dividere il mondo in zone di Stati civili e incivili, legittimandoazioni predatorie dei primi sui secondi. Tale approccio prevede untrattamento differenziato quando si oltrepassano i confini dellazona liberale, attribuendo privilegi basati sull’appartenenza allazona liberale e ponendo alte barriere al suo ingresso. Il risultatosembra essere il mantenimento di un sistema classificatorio che èesso stesso una spiegazione e una giustificazione del fatto checoloro che sono ai margini vi rimangano per generazioni. Ciòsignifica erodere la legittimità di una società internazionale che erla prima volta è diventata davvero globale nelle sue caratteristiche.

A. Negri, M. Hardt, Impero (2002)

Attraverso l’imporsi di uno «stato permanente di emergenzaed eccezionalità giustificato dall’appello a fondamentali valoridi giustizia», il nuovo ordine planetario consolida consolida lasua macchina amministrativa, producendo «nuove gerarchiedi comando operanti sullo spazio globale». Ne risulta «unapparato di potere decentrato e deterritorializzato cheprogressivamente incorpora l’intero spazio mondialeall’interno delle sue frontiere aperte e in continuaespansione», radicalizzando al contempo «la coincidenzadell’elemento etico e di quello giuridico assunti nella lorouniversalità».

Ugo Mattei, Laura Nader, Plunder. When the Rule of Law is Illegal (2008)

Notions of human rights and humanitarian intervention (…) are keyelements of a strong rhetoric of legitimization of internationalcorporate power determining the diffusion of oppressive institutionsaimed at plunder: the imperial rule of law. These notions are today“naturalized” in the global discursive practice, and are called the“Washington Consensus.” Their uncritical use produces a state ofdenial of the way in which the rule of law, often shielding plunder, isproduced and developed by professional “consent-building” elites. Theconsequences of such denial are the creation of a legal landscape inwhich the law “naturally” gives up its role of constrainingopportunistic behavior of market actors. This process results in thedevelopment of rules and institutions based on double standards thatare functional for the interests of corporate capital and thatdramatically enlarge inequality within society.

David Chandler, New Rights for Old? Cosmopolitan Citizenship and the critique of State Sovereignty

(2008)

I nuovi diritti dei cittadini cosmopolitici, che siaggiungono ai loro diritti di cittadinanza territoriale, sonodiritti che essi non possono attuare o esercitare in primapersona, e sotto questo aspetto cruciale essi sonoaltamente condizionali. Mentre può esserci un dovere diproteggere i nuovi diritti del cittadino cosmopolitico, lacornice cosmopolitica non offre alcun meccanismo diaccountability per dare un contenuto a questi diritti. Nonc’è alcun legame tra il “diritto” e il “dovere” della loroattuazione. I diritti aggiuntivi sostenuti nella cornicecosmopolitica si rivelano essere una chimera.

De Larrinaga, Doucet, Sovereign Power and the Biopolitics of Human Security (2008)

La responsibility to protect rappresenta un passaggio-chiave del processodi internzionalizzazione della governamentalità biopolitica che segna unanuova fase nel contesto delle relazioni di potere contemporanee. Alla suabase si pone, infatti, un impianto discorsivo e tecnico-operative che “nel(ri)definire le minacce alla vita umana come propria più basilareoperazione, (…) deve cominciare con il definire e porre in atto (enacting)l’umano in termini biopolitici”. Ciò che si delinea qui è “un’interpretazionedella sovranità qualificata in linea con le funzioni biopolitiche dello Stato,giacché “ciascun singolo Stato ha la responsabilità di proteggere le suepopolazioni dal genocidio, dai crimini di Guerra, dalla pulizia etnica e daicrimini contro l’umanità”. Combinati con il riconoscimento delladiscrezionalità politica del Consiglio di sicurezza in material di intervento,I più recenti sviluppi istituzionali potrebbero dunque essere letti comeuna codificazione della sovranità in termini biopolitici e duenque come unrafforzamento dei legami tra potere sovrano e biopotere…

Douzinas, Human Rights and Empire (2007)

Ogni volta che una persona povera,oppressa, torturata usa il linguaggio deidiritti – perché nessun altro è al momentodisponibile – per protestare, resistere,lottare, essa lo estrae da e si collega con lapiù onorevole metafisica, moralità epolitica del mondo occidentale. I dirittiumani hanno solo paradossi da offrire…