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Capitolo 1 Scelta e dimensionamento delle linee di distribuzione Un impianto è essenzialmente costituito dalle linee che collegano il punto di consegna dell’energia elettrica con gli apparecchi utilizzatori, permettendone il funzionamento. Tutte le altre componenti dell’impianto assolvono il compito di assicurare alle linee la possibilità di svolgere la loro funzione con sicurezza e con continuità. Nel seguito vengono esposti i criteri più comuni per stabilire il numero e il tipo più idonei di linee di alimentazione; inoltre vengono esposte le Norme che ne regolano le modalità di posa, le protezioni e il dimensionamento. (1.1) Criterio di scelta del numero delle linee Come vedremo più avanti tutte le linee devono essere protette da appositi dispositivi situati nei quadri di distribuzione; se una linea alimenta più carichi è evidente che in caso di disattivazione per intervento del dispositivo di protezione o per manutenzione, aggiunte o modifiche, tutti i carichi vengono messi fuori servizio; pertanto il criterio fondamentale di scelta del numero di linee che assicura la massima continuità del servizio è quello di alimentare ciascun carico con una propria linea. Con questa soluzione viene assicurata anche la massima sicurezza, per la possibilità di adottare le protezioni più idonee per ciascun tipo di carico ed evitare interferenze tra i vari carichi. Nella pratica è opportuno avvicinarsi il più possibile a questa soluzione teorica, compatibilmente con esigenze di spazio e di oneri economici. Qui di seguito vengono esposti alcuni criteri pratici di scelta da adottarsi nel caso di attività comuni. Normalmente vengono alimentate con proprie linee le seguenti utenze: - uffici; - centrali termiche e di condizionamento; - computer; - ascensori e montacarichi; - macchine di potenza elevata destinate a non essere spostate per tutto il periodo di attività; - servizi di sicurezza. Per impianti elettrici di uffici e di unità abitative è consigliabile alimentare attraverso circuiti protetti e singolarmente sezionabili, facenti capo direttamente al quadro elettrico, almeno i seguenti circuiti utilizzatori: - Illuminazione di base. - Presa a spina da 10 A. - Prese a spina da 16 A. - Apparecchi utilizzatori con alimentazione diretta. - Eventuale linea per l'alimentazione di utilizzatori con potenza maggiore di 3,6 KW. Deve inoltre essere prevista una maggior suddivisione di circuiti ogni qualvolta si verificano le seguenti condizioni: ing Silvestro Giordano http://www.ingegnerianet.it www.ingegnerianet.it/ingegnere_silvestro_giordano/tesi.htm 2

Dimensionamento Degli Impianti Elettrici

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Capitolo 1 Scelta e dimensionamento delle linee di distribuzione

Un impianto è essenzialmente costituito dalle linee che collegano il punto di consegna dell’energia elettrica con gli apparecchi utilizzatori, permettendone il funzionamento. Tutte le altre componenti dell’impianto assolvono il compito di assicurare alle linee la possibilità di svolgere la loro funzione con sicurezza e con continuità. Nel seguito vengono esposti i criteri più comuni per stabilire il numero e il tipo più idonei di linee di alimentazione; inoltre vengono esposte le Norme che ne regolano le modalità di posa, le protezioni e il dimensionamento. (1.1) Criterio di scelta del numero delle linee

Come vedremo più avanti tutte le linee devono essere protette da appositi dispositivi situati nei quadri di distribuzione; se una linea alimenta più carichi è evidente che in caso di disattivazione per intervento del dispositivo di protezione o per manutenzione, aggiunte o modifiche, tutti i carichi vengono messi fuori servizio; pertanto il criterio fondamentale di scelta del numero di linee che assicura la massima continuità del servizio è quello di alimentare ciascun carico con una propria linea. Con questa soluzione viene assicurata anche la massima sicurezza, per la possibilità di adottare le protezioni più idonee per ciascun tipo di carico ed evitare interferenze tra i vari carichi. Nella pratica è opportuno avvicinarsi il più possibile a questa soluzione teorica, compatibilmente con esigenze di spazio e di oneri economici.

Qui di seguito vengono esposti alcuni criteri pratici di scelta da adottarsi nel caso di attività comuni. Normalmente vengono alimentate con proprie linee le seguenti utenze:

- uffici; - centrali termiche e di condizionamento; - computer; - ascensori e montacarichi; - macchine di potenza elevata destinate a non essere spostate per tutto il periodo di

attività; - servizi di sicurezza.

Per impianti elettrici di uffici e di unità abitative è consigliabile alimentare attraverso circuiti protetti e singolarmente sezionabili, facenti capo direttamente al quadro elettrico, almeno i seguenti circuiti utilizzatori:

- Illuminazione di base. - Presa a spina da 10 A. - Prese a spina da 16 A. - Apparecchi utilizzatori con alimentazione diretta. - Eventuale linea per l'alimentazione di utilizzatori con potenza maggiore di 3,6 KW.

Deve inoltre essere prevista una maggior suddivisione di circuiti ogni qualvolta si verificano le seguenti condizioni:

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- Superficie abitabile maggiore di 150 m2.Occorre prevedere più linee per l'illuminazione di base limitando a 150 m2 la superficie dei locali interessati da una singola linea.

- Elevato numero di prese da 10 o 16 A. Occorre prevedere una linea ogni 15 prese. - Elevato numero di apparecchi utilizzatori fissi (scaldacqua, lavatrici, lavastoviglie) che

debbono funzionare contemporaneamente, assorbendo una potenza totale maggiore di 3,6 kW. Occorre, in questi casi, alimentare ciascun apparecchio utilizzatore con potenza unitaria maggiore di 2,2 KW direttamente dal quadro con una linea protetta.

(1.2) Dotazione elettrica

La dotazione elettrica e l'individuazione dei punti di utilizzazione all'interno dei singoli ambienti deve essere effettuata dal progettista dell'impianto sulla base delle indicazioni fornite dal Committente ed in funzione della tipologia dell'unità immobiliare.

Nelle tabelle 1.1 e 1.2 vengono suggerite alcune possibili soluzioni di dotazione elettrica negli uffici e nelle unità abitative.

Tab.1.2 - Dotazione elettrica standard in unità abitative Ingresso Disimpegno

corridoio Soggiorno

pranzo Cucina Camera

doppia Camera singola

Bagno Bagno cieco

Ripost.

Punto luce interrotto 2 1 1 1 1 Punto luce deviato 1+ 1+ 1 Punto luce interrotto a parete 1 2* 1* 1 1 Punto luce invertito 1+ 1+ 1 Punto luce emergenza 1 Punto presa 2x10 A + T 1 1 2 3 4 3 1** 1 1 Punto presa 2x10 A + T prot. diff. IN = 10 mA

1

Punto presa 2x10/16 A + T 1 1 3 5 2 2 1** 1 Punto presa 2x10 A con prot. magnetotermica10 A

1

Punto presa TV 1 1 1 Punto presa telefono 1 1 1 1 Collegamento scaldacqua 1 1 Pulsante a tirante 1 1 Inter. automat. magnetot. bip. 2 1 1 Inter. automat. differ. bipolare 1 Citofono 1 Videocitofono 1 Aspirazione forzata 1 1 Suoneria 1 Ronzatore 1 Punto regolazione temperatura 1 1 Note: + in alternativa tra loro * in alternativa alle prese 2x10 A + T ** presa bipasso destinata all’alimenta-zione della lavatrice accoppiata ad un interruttore bipolare conforme alla Norma . CEI EN 60669-1, corrente no-minale In 16 A provata con carichi resistivi ed induttivi.

Tab.1.1 - Dotazione elettrica standard negli uffici Ingresso Ufficio Corridoio Bagno Ripost. Punto luce interrotto 1 1 1 Punto luce deviato 1 1 Punto luce interrotto a parete 1 Punto luce emergenza 1 Punto presa 2x10 A + T 1 3 1 1 Punto presa 2x10/16 A + T 3 1 1 Presa protetta contro sovratens. 2 Punto presa telefono 1 1 Collegamento scaldacqua 1 Pulsante a tirante 1 Inter. aut. diff. bip. 10 mA 1 Citofono 1 Suoneria 1 Ronzatore 1 Punto regolazione temp. 1

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(1.3) Calcolo della corrente d’impiego

Il valore efficace della corrente di impiego può essere può essere calcolato conoscendo il valore efficace della tensione nominale V del sistema espresso in volt, la potenza totale P dei carichi che la linea deve alimentare espressa in watt e il fattore di potenza medio cos ,

attraverso la relazione ϕcosVk

PKI u

b ⋅⋅⋅

= (1.1)

in cui k vale 1 nel caso di circuiti monofase oppure nel 3 caso di circuiti trifase e Ku è il coefficiente di utilizzazione, cioè un fattore di correzione che tiene conto di quanto effettivamente viene usato il carico rispetto alle sue potenzialità. Se si tratta di linee non terminali, comunemente chiamate linee di distribuzione, nel senso che alimentano più linee derivate che potrebbero essere non tutte di tipo terminale, il fasore, il cui modulo è il valore efficace della Ib può essere calcolato come somma dei fasori dei valori efficaci delle correnti circolanti nelle linee derivate da quella in esame. Anche in questo caso può essere introdotto un fattore correttivo, un coefficiente di contemporaneità Kc, qualora le varie linee derivate non siano contemporaneamente utilizzate.

Si ottiene così: ∑⋅=j

jldcc IKI (1.2)

Alcuni valori di tali coefficienti sono riportati nelle tabelle 1.3 e 1.4.

Tab.1.3 - Fattore di utilizzazione Tipo di utilizzazione Ku Lampade 1 Motori da 0,5 a 2 kW 0,7 Motori da 2 a 10 kW 0,75 Motori oltre i 10 kW 0,8 Forni a resistenza 1 Raddrizzatori 1 Saldatrici tra 0,7 e 1 Macchine utensili, trasportatori tra 0,6 e 0,8 Ascensori, impianti di sollevamento tra 0,8 e 1 Pompe, ventilatori 1

Tab.1.4 - Fattore di contemporaneità Tipo di utilizzazione Numero Kc

fino a 10 0,6 Motori da 0,5 a 2 kW

oltre 10 0,5 fino a 10 0,7

Motori da 2,5 a 10 kW oltre 10 0,45 fino a 5 0,8

Motori da 10 a 30 kW Oltre 10 0,65 fino a 2 0,9

Motori oltre 30 kW Oltre 10 0,7

Raddrizzatori fino a 10 0,8 fino a 4 0,75 Ascensori e

montacarichi oltre 10 0,6 Illuminazione qualsiasi 0,8 Pompe qualsiasi 0,9 Ventilatori qualsiasi 1

(1.4) Scelta del conduttore in funzione della portata

Per dimensionare il conduttore in funzione della sua portata occorrerà scegliere la sua sezione in modo tale che la portata Iz che ne deriva, cioè il valore efficace della massima corrente che vi può fluire in regime permanente, sia non inferiore al valore di Ib precedentemente acquisito. Il calcolo di Iz è basato su considerazioni esclusivamente termiche ed è legato al fatto che tanto è maggiore la temperatura dell’ isolante, tanto è minore la durata della vita dello stesso. Per l’isolante PVC le norme CEI stabiliscono una temperatura, in regime termico, ammissibile di 70 °C, a cui corrisponde una durata di circa 20 anni.

La portata Iz di un cavo è la corrente, genericamente costante, che fa raggiungere all’ isolante la massima temperatura ammissibile. La temperatura dell’isolante per un cavo che abbia raggiunto il regime termico dipende, in modo approssimato, dai seguenti fattori: il tipo di conduttore, la corrente che attraversa il cavo, il tipo di posa del cavo, la temperatura ambiente e la presenza di altri conduttori nelle vicinanze. Il calcolo della portata dei cavi in regime

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permanente può essere fatta con le tabelle indicate nelle norme CEI UNEL 35024/1 e CEI UNEL 35024/2 che non vengono riportate per brevità. (1.5) Scelta del conduttore in funzione della caduta di tensione

Per un corretto impiego degli utilizzatori è necessario che essi funzionino al valore di tensione nominale per la quale sono previsti. Per tale motivo si deve verificare che la caduta di tensione lungo la linea non assuma valori troppo elevati. Le norme CEI stabiliscono per ciascun apparecchio utilizzatore la massima caduta di tensione ammessa, che per la stragrande maggioranza dei medesimi è del 4% ( un importante eccezione è la caduta di tensione ammessa nel caso di lampade fluorescenti pari al 3%). Si ricorda inoltre che per macchine sottoposte ad avviamenti che danno luogo ad elevate correnti di spunto, la caduta di tensione sull'utilizzatore deve essere mantenuta entro valori compatibili con il buon funzionamento della macchina anche durante l'avviamento.

La caduta di tensione di una linea può essere trovata mediante appositi diagrammi oppure in

modo analitico attraverso le formule riportate. Per un generico conduttore possiamo scrivere:

f

222

ccbf V2

)x(rll]senxcos[rIV

⋅+⋅

+⋅⋅+⋅⋅= (1.3)

dove: V f = caduta di tensione del conduttore

V f = tensione di fase Ib = corrente di impiego della linea l = lunghezza della conduttura r = resistenza specifica del conduttore x = reattanza specifica del conduttore

c = angolo di sfasamento fra Ib e Vf Nei sistemi trifase equilibrati il valore della caduta di tensione, rispetto al valore della tensione concatenata, si ottiene moltiplicando la (1.3) per 3:

Vtr f = 3 ∆ Vf (1.4)

Nei sistemi monofase la caduta di tensione totale si ottiene sommando la caduta di tensione nella fase con quella nel neutro. Poiché per questi sistemi i conduttori di fase e di neutro devono avere la stessa sezione è sufficiente moltiplicare per 2 il valore fornito dalla (1.3):

Vmon = 2 ∆ Vf (1.5)

I valori di r e di x sono riportati nella tabella 1.5. (1.6) Sezioni minime dei conduttori

Le sezioni minime dei conduttori di fase e del neutro,secondo le Norme CEI, sono riportate nella tabella 1.6.

Tab.1.5 - Resistenza e reattanza specifica dei cavi unificati

(tabella UNEL 35023-70)

Cavi unipolari Cavi multipolari Sezioni nominali in mm2

Resistenza al metro r

/m

Reattanzanza al metro x

/m

Resistenza al metro r

/m

Reattanzanza al metro x

/m 22, 0, 76 22,5 0, 25

,5 4,8 0, 68 5, 0, 8

2,5 8,9 0, 55 9,08 0, 09

4 5,57 0, 43 5,68 0, 0

6 3,7 0, 35 3,78 0,0955

0 2,24 0, 9 2,27 0,086

6 ,4 0, 2 ,43 0,08 7

25 0,889 0, 06 0,907 0,08 3

35 0,64 0, 0 0,654 0,0783

50 0,473 0, 0 0,483 0,0779

70 0,328 0,0965 0,334 0,075

95 0,236 0,0975 0,24 0,0762

20 0, 88 0,0939 0, 9 0,0740

50 0, 53 0,0928 0, 57 0,0745

85 0, 23 0,0908 0, 25 0,0742

240 0,0943 0,0902 0,0966 0,0752

300 0,076 0,0895 0,0780 0,0750

400 0,0607 0,0876 0,0625 0,0742

500 0,0496 0,0867 0,05 2 0,0744

630 0,0402 0,0865 0,04 7 0,0749

N.B. – Valori riferiti alla temperatura di 80° C

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Tab 1.6 - Sezioni dei conduttori di fase e di neutro Circuito Sezione Fase, Sf Sezione Neutro, Sn bifase Sf 1,5 mm2 Sn = Sf

Sn = Sf , se Sf < 16 mm2 trifase Sf 1,5 mm2

Sn 16 mm2 ,se Sf 16 mm2 (1.7) Dimensionamento delle blindosbarre

In questo caso la normativa non è così esauriente come nel caso delle linee in cavo.

I condotti sbarre sono regolamentati dalle Norme CEI 17-13/1 e 17-13/2 ossia dalle Norme relative ai quadri e sono classificate come apparecchiature di seria AS (veda capitolo 5). Per scegliere un condotto sbarra è necessario valutare i due seguenti parametri:

- il valore della corrente (portata) che il medesimo deve erogare; - il valore della corrente presunta di cortocircuito nel punto di installazione, che il

condotto sbarra deve poter sopportare. Per la posa dei condotti sbarra è necessario seguire scrupolosamente le indicazioni delle case costruttrici, in quanto i collaudi prescritti dalle Norme sono riferiti a precise condizioni di installazione: se queste dovessero essere modificate non potrebbe più essere garantita la conformità dei condotti sbarre alle relative Norme. (1.8) Impianti civili

Negli impianti civili la lunghezza delle linee terminali, ovvero quelle che alimentano direttamente i carichi, in genere non è elevata e il dimensionamento del cavo è fatto solo in funzione della sua portata omettendo la verifica alla caduta di tensione.

Nel caso in cui la determinazione del numero di linee in impianti civili è fatta secondo il paragrafo (1.1) la scelta della sezione dei cavi può essere fatta secondo la tabella 1.7 Tab.1.7 - Sezione conduttori per linee in impianti civili

Tipo di linea sezione conduttore mm2

Linea illuminazione di base 1,5 Linea con meno di 15 prese a spina di 10A 1,5 Linea con meno di 10 prese a spina di 16 A 2,5 Apparecchi utilizzatori con alimentazione diretta con potenza minore di 3,6 kW

2,5

Eventuale linea di alimentazione di utilizzatori con potenza maggiore di 3,6 kW

4,5

La potenza convenzionale di un unità costituente l’impianto viene calcolato sommando tutti i valori ottenuti applicando alla potenza nominale degli apparecchi utilizzatori fissi e alla potenza corrispondente alla corrente nominale delle prese a spina, i coefficienti dedotti dalla tabella 1.8.

Nel caso vi sono più unità da alimentare, possibili fattori di contemporaneità sono quelli riportati nella tabella 1.9.

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Tab.1.8 - Coefficienti per la valutazione del carico convenzionale Servizio Servizi Uffici

Punti luce 0,75 0,9 Illuminazione Prese a spina 0,1 0,1 Utilizzatori ad installazione fissa 0,7 0,7 Prese a spina fino a 10 A 0,2 0,2

Usi domestici e piccola forza motrice

Prese a spina oltre 10 A 0,15 0,5 Apparecchio di maggior potenza 1 1 Secondo apparecchio 0,75 0,75

Scaldacqua

Altri apparecchi 0,5 0,5 Apparecchio di maggior potenza 1 0 Cucina elettrica Altri apparecchi 0,75 0 Per il motore dell’impianto di maggior potenza 3 3 Per il secondo impianto 1 1

Ascensore

Per gli altri impianti 0,7 0,7

Tab.1.9 - Coefficienti di contemporaneità per impianti civili

Numero di unità di impianto alimentate 1 da 2 a 4 da 5 a 10 11 e oltre Valore del coefficiente 1 0,8 0,6 0,4

(1.9) Requisiti e posa dei cavi Prescrizioni generali per la posa dei cavi

La posa dei cavi deve avvenire in modo da non dar luogo a sforzi di trazione permanenti, ameno che si usino tipi di cavi in grado di sopportare tale sforzo (autoportanti).

Durante le operazioni di posa, gli sforzi di trazione non devono essere applicati al rivestimento, bensì ai conduttori, per i quali non devono essere superate sollecitazioni superiori a 60 N per mm2, se di rame, e 50 N per mm2, se di alluminio. Durante le operazioni di tiro il cavo non deve ruotare sul proprio asse.

La temperatura di posa non deve essere inferiore ai seguenti valori: - cavi in carta impregnata: 3 °C; - cavi in PVC: 0 °C; - cavi in materiali elastomerici (gomma): -25 °C.

Il raggio di curvatura dei cavi non deve essere inferiore ai seguenti valori: - cavi con guaina in alluminio: 30 D: - cavi con altra armatura (piombo, rame ecc.): 16 D; - cavi senza alcun rivestimento metallico, cavi armati con isolamento elastomerico, cavi

con isolamento minerale e guaina di rame: 12 D; dove D è il diametro esterno del cavo. Prescrizioni particolari per la posa dei cavi.

I tubi o condotti portacavi devono avere un diametro superiore a 1,4 volte il diametro,del cavo o del fascio di cavi. Se i tubi sono metallici, i cavi di tutte le fasi (compreso l'eventuale neutro) del medesimo circuito devono essere infilati nello stesso tubo. I tubi incassati nei muri o sotto intonaco devono avere percorsi paralleli od ortogonali agli spigoli della muratura. Il raggio di curvatura dei tubi deve rispettare il valore previsto per i cavi.

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I cavi in cunicoli devono essere provvisti di guaina protettiva. I cunicoli devono avere curvature compatibili con quella prevista per i cavi e dimensioni in grado di permettere l'ispezione e la sostituzione dei cavi.

I canali portacavi devono avere una sezione utile sufficiente per permettere un 'agevole installazione e rimozione dei cavi. Inoltre devono soddisfare le prescrizioni valide per i tubi.

I cavi a parete o a soffitto, su passerelle o su supporti distanziati devono essere provvisti di guaina protettiva.

Nelle installazioni fisse, qualora sussistano rischi di danneggiamento dovuti a sollecitazioni meccaniche (fino ad un'altezza di 2,5 m), i cavi devono essere protetti opportunamente.

I cavi interrati devono essere muniti di guaina protettiva e di una protezione meccanica supplementare adatta a sopportare le prevedibili sollecitazioni meccaniche esterne.

Requisiti particolari Propagazione del fuoco lungo i cavi:i cavi in aria installati singolarmente, cioè distanziati tra

loro di almeno 250 mm, devono rispondere alla prova di non propagazione della fiamma prevista dalla Norma CEI 20-35; quando i cavi sono raggruppati in ambiente chiuso in cui sia da contenere il pericolo di propagazione di un eventuale incendio, devono essere conformi alla Norma CEI 20-22.

Provvedimenti contro il fumo: nel caso di installazione di notevoli quantità di cavi in ambienti chiusi, frequentati dal pubblico e di difficile e lenta evacuazione, devono essere adottati sistemi di posa atti ad impedire il dilagare del fumo negli ambienti stessi o, in alternativa, cavi a bassa emissione di fumo come prescritto dalle Norme CEI 20-37 e 20-38

Problemi connessi allo sviluppo di gas tossici e corrosivi:se i cavi sono installati in ambienti chiusi frequentati dal pubblico, oppure si trovano a coesistere in ambienti chiusi con apparecchiature particolarmente vulnerabili da agenti corrosivi, deve essere tenuto presente il pericolo che i cavi, bruciando, sviluppino gas tossici o corrosivi. Ove tale pericolo sussista occorre fare ricorso all'impiego di cavi aventi la caratteristica di non sviluppare gas tossici e corrosivi (Norma CEI 20-37 e 20-38). Colori distintivi dei cavi

I conduttori impiegati nell'esecuzione degli impianti devono essere contraddistinti dalle colorazioni previste dalle tabelle CEI-UNEL 00722 e 00712. In particolare i conduttori di neutro e di protezione devono essere contraddistinti rispettivamente con il colore blu chiaro e con il bicolore giallo-verde. I conduttori di fase, devono essere contraddistinti in modo univoco, in tutto l'impianto, dai colori: nero, grigio cenere, marrone.

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Capitolo 2 Impianto di illuminazione.

I principali documenti normativi a cui far riferimento per il progetto dell’ impianto di illuminazione sono le norme UNI 10380: “Illuminazione d’interni con luce artificiale” in cui vengono prescritte le esigenze qualitative e quantitative dell’illuminazione per la maggior parte degli ambienti, e la norma CEI 34-21 “Apparecchi di illuminazione – Parte I: prescrizioni generali e prove”.

In questo capitolo verranno presentate le grandezza fotometriche, descritte le principali sorgenti luminose e indicato il grado di protezione minimo richiesto per apparecchi di illuminazione. Successivamente verranno presentate le principali indicazioni date dalle norme UNI 10380. (2.1) Grandezze fotometriche Di seguito vengono elencate le principali grandezze fotometriche nominate in questo capitolo. Flusso luminoso. Simbolo della grandezza: F. Il flusso luminoso esprime la quantità di luce emessa da una sorgente luminosa nell'unità di tempo. Unità di misura: lumen (lm). Un lumen corrisponde alla quantità di luce prodotta in un secondo dalla radiazione elettromagnetica avente lunghezza d'onda = 555 m e flusso energetico di 1/680 Watt. Illuminamento. Simbolo della grandezza: E. L'illuminamento esprime la densità di flusso luminoso che investe perpendicolarmente una superficie. Unità di misura: lux (lx). Un lux corrisponde all'illuminamento di una superficie di 1 m2 , investita perpendicolarmente ed uniformemente dal flusso luminoso di 1 lm. Intensità luminosa. Simbolo della grandezza: l. L'intensità luminosa esprime la quantità di luce emessa da una sorgente luminosa in una determinata direzione. Unità di misura: candela (cd). Una candela corrisponde all'intensità luminosa di una sorgente sferica ad emissione uniforme in tutte le direzioni, che emette un flusso totale di 12,56 lumen. Luminanza. Simbolo della grandezza: L. La luminanza di una sorgente luminosa è il rapporto fra l'intensità emessa in una certa direzione e la superficie emittente normale alla direzione considerata. Unità di misura: candela/m2 (nit) oppure candela/cm2 (stilb). (2.2) Sorgenti luminose

Una sorgente luminosa è caratterizzabile

mediante lo spettro della luce che emette. Nella pratica, però, si fa riferimento a due parametri importanti: la temperatura di colore, ossia la temperatura a cui occorre portare un corpo nero affinché emetta una luce con uno spettro il più vicino possibile a quello della sorgente considerata; l’indice di resa dei colori (Ra), indica la proprietà di una sorgente luminosa di non alterare la colorazione della superficie illuminata rispetto ad una sorgente

Tab.2.1 – Gruppo di resa colore e corrispondente

indice di resa cromatica Gruppo di resa colore

( Ra’)

Indice di resa cromatica

(Ra)

1A >90 1B 80 Ra 90 2 60 Ra<80 3 40 Ra<60 4 20 Ra<40

Tab.2.2 - Gruppi di temperature del colore Gruppo Tonalità Temperatura del colore

Calda (W) minore di 3300 K Neutra (I) tra 3300 e 5300 K Fredda (C) oltre i 5300 K

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campione (luce solare o corpo nero).Il suo valore è convenzionalmente compreso fra 0 e 100 dove 100 indica la resa ottimale. Per le lampade vengono definiti altri due parametri legati a quelli appena introdotti come indicato dalle tabelle 2.1 e 2.2

Di seguito vengono descritte i tipi di sorgente luminose più usate.

Lampade ad incandescenza

L'emissione luminosa è prodotta da un filamento di tungsteno, materiale avente un elevato punto di fusione, portato all'incandescenza. Le lampade ad incandescenza per illuminazione generale sono caratterizzate da una eccellente resa dei colori (Ra 100), una efficienza luminosa relativamente modesta ed una vita media di circa 1000 ore a tensione nominale. La potenza delle lampade in commercio con tensione nominale di 230 V varia da 10 W a 300 W . L’ efficienza luminosa varia da 8 lm/W a 16 lm/W. Le lampade ad incandescenza rappresentano ancora oggi la sorgente di luce artificiale più economica e diffusa sul mercato. Questo tipo di lampada è semplice da utilizzare per l’assenza di dispositivi esterni di accensione, per la buona resa cromatica e per l’ottimale temperatura di colore di circa 2700 K. Le lampade ad incandescenza sono generalmente utilizzate per illuminazione residenziale. Lampade ad alogeni

Hanno, rispetto alle lampade ad incandescenza, una maggior efficienza, minori dimensioni, migliore tonalità della luce ed una vita media superiore alle 2000 ore a tensione nominale (per le alogene dicroiche la vita media può raggiungere anche le 4000 ore). Tali prestazioni sono dovute alla presenza dell'alogeno, che determina un particolare ciclo rigenerativo del filamento di tungsteno, evitando l'annerimento del bulbo. Fra le lampade ad alogeni, stanno avendo una notevole diffusione le lampade a bassissima tensione di tipo compatto e con riflettore dicroico. Queste lampade sono caratterizzate da una notevole riduzione, rispetto ai riflettori tradizionali, del calore emesso nella direzione del fascio luminoso. Ia potenza delle lampade alogene in commercio con tensione nominale di 230W varia da 40 W a 500 W . L’efficienza luminosa varia da 13 lm/W a 20 lm/W. Lampade fluorescenti

Sono le più diffuse lampade a scarica nel gas e sono utilizzate in uffici, scuole, stabilimenti, negozi,ecc. L'emissione luminosa avviene mediante la trasformazione in luce delle radiazioni ultraviolette prodotte da una scarica elettrica di vapori di mercurio a bassa pressione. Le lampade fluorescenti sono caratterizzate dall'avere valori di luminanza relativamente bassi ed elevati valori di efficienza luminosa e durata (in condizioni normali d’uso la vita media è di 8000-10000 ore). Sono disponibili numerosi tipi diversi tra loro per potenza (da 14 a 58 W), efficienza (da 55 a 100 lm/W) , resa dei colori (da 82 a 98) e tonalità della luce. Per funzionare hanno bisogno di uno starter per l'accensione, di un alimentatore per stabilizzare la corrente e di un condensatore per compensare lo sfasamento provocato nelle linee elettriche di alimentazione (pertanto l’efficienza luminosa complessiva varia da 50 a 90 lm/W). Lampade fluorescenti compatte

Sono lampade fluorescenti che possiedono un'alta efficienza luminosa, una lunga durata, delle dimensioni compatte ed una facilità di installazione pari a quella delle lampade ad incandescenza. Queste lampade vengono normalmente utilizzate quando la sorgente luminosa

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deve rimanere attiva per lunghi periodi della giornata. Sono in grado di soddisfare le esigenze del risparmio energetico mantenendo, al contempo, una gradevole qualità della luce. Le lampade fluorescenti compatte si distinguono in:

- lampade con alimentatore incorporato (Ra=82, potenze da 5 a 25 W, efficienza luminosa da 40 a 60 lm/W).

- lampade con alimentatore esterno (Ra=82, potenze da 5 a 55 W, efficienza luminosa da 46 a 90 lm/W, con reattori da 40 a 80 lm/W ).

Le prime, nell’installazione all’esterno, possono essere montate in apparecchi chiusi purché ci sia un efficiente ricambio di aria e sono intercambiabili con le normali lampade ad incandescenza poiché sono dotate di alimentatore incorporato sono caratterizzate da una vita media di 8000 ore ed hanno una temperatura di colore di 2700 K. Le lampade con alimentatore esterno sono normalmente impiegate in apparecchi ad incasso di dimensioni ridotte, nei quali ha particolare rilevanza la facilità di innesto nel montaggio.Sono caratterizzate da una durata media di 8000 ore e sono disponibili con temperatura di colore 2700 K e 4000 K Lampade a scarica di gas

Sono lampade a vapori di mercurio, di sodio e di ioduri, nate dall'esigenza di contenere i consumi laddove non è preminente la resa del colore; sono impiegate per illuminazione industriale, stradale e di grandi aree. Le lampade a vapori di sodio e di ioduri richiedono un accenditore come dispositivo di innesco, oltre, ovviamente, un alimentatore per stabilizzare la corrente ed un condensatore per compensare lo sfasamento. Attualmente sono disponibili lampade con elevata efficienza, lunga durata, discreta resa dei colori ed elevati livelli di illuminamento; tra le lampade a scarica ad alta pressione, le lampade di ioduri offrono la miglior resa dei colori. Qualunque sia la sorgente luminosa, è necessario che i circuiti relativi ad ogni accensione o gruppo di accensioni simultanee, non abbiano un fattore di potenza a regime inferiore a 0,9. Sono di seguito riportate le caratteristiche principali delle lampade a scarica di gas. Lampade a vapore di sodio a bassa pressione: elevatissima efficienza luminosa (da 125 a 200 lm/W che diventa da 100 a 170 lm/W considerando l’alimentatore ); potenze da 35 a 180W; bassissima resa cromatica (produce una luce gialle monocromatica con temperatura di colore 1800°K);funziona solo con determinati posizionamenti al montaggio Lampade a vapori di mercurio ad alta pressione: elevata efficienza luminosa ( da 40 a 60 lm/W che diventa da 35 a 55 lm/W considerando l’alimentatore); mediocre resa cromatica (da 35 a 55); potenze da 50 W a 100 W; qualsiasi posizione di funzionamento;temperatura di colore 3800-4200 K. Lampade a luce miscelata. Sono lampade a scarica, intercambiabili con quelle a incandescenza perché non richiedono alimentatori esterni. Il pregio di questo tipo di lampade è che il flusso luminoso è indipendente dalla temperatura ambiente e viene raggiunto quasi totalmente al momento dell’accensione. Hanno le seguenti caratteristiche:accensione istantanea; potenze da 100 a 500 W; buona resa cromatica (da 50 a 60); efficienza luminosa da 10 lm/W a 25 lm/W; temperatura di colore 3600-4100 K; funzionano solo con determinati posizionamenti al montaggio Lampade a vapori di sodio ad alta pressione. La luce di questo tipo di lampada è prodotta dall’eccitazione di atomi di sodio e da un processo di assorbimento e riflessione di raggi di diversa lunghezza d’onda. Hanno le seguenti caratteristiche: posizione di funzionamento qualsiasi;durata 8000-9000 ore; temperatura di colore 2000 K ; resa cromatica pari a 20;potenze da 150 a 1000 W;alta efficienza luminosa (da 100 a 135 lm/W che diventa da 90 a 125 lm/W considerando l’ alimentatore)

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Lampade ad ioduri metallici: potenze da 70 W a 2000 W; alta resa cromatica (da 65 a 90); alta efficienza luminosa ( da 70 a 95 lm/W che diventa da 60 a 90 lm/W considerando l’alimentatore); temperatura di colore: da 3000 a 5600 K; spesso funzionano solo in determinate condizioni di montaggio. (2.3) Apparecchi di illuminazione Gli apparecchi di illuminazione devono principalmente soddisfare le seguenti esigenze:

- fornire un adeguato supporto per la trasformazione dell’energia elettrica in luce; - controllare e distribuire la luce delle lampade; - mantenere la temperatura di funzionamento delle lampade e delle parti elettriche entro i

limiti di sicurezza; - avere un grado di protezione adeguato con riferimento agli ambienti in cui vengono

installati; - offrire una adeguata protezione contro la scossa elettrica; - essere facilmente installabili ed ispezionabili.

Gli apparecchi di illuminazione devono inoltre essere di classe I o di classe II ed essere conformi alle relative Norme CEI. I riferimenti normativi specifici per gli apparecchi di illuminazione alimentati a tensione 230V 50Hz sono riportati nella tabella 2.3. Nella tabella 2.4 sono riportate le prescrizioni riguardanti la classe di isolamento ed il grado di protezione degli apparecchi (vedi appendice B). Tab. 2.3 - Riferimenti normativi per gli apparecchi di illuminazione Norma Italiana Norma Europea Titolo CEI 34-21 EN 60598-1 Apparecchi di illuminazione - Parte I: Prescrizioni generali e prove

CEI 34-23 EN 60598-2-1 Apparecchi di illuminazione - Parte II: Prescrizioni particolari. Apparecchi fissi per uso generale.

CEI 34-27 EN 60598-2-6 Apparecchi di illuminazione - Parte II: Prescrizioni particolari. Apparecchi con trasformatore incorporato per lampade ad incandescenza.

CEI 34-27 V1 EN 60598-2-6 A2 Apparecchi di illuminazione - Parte II: Prescrizioni particolari. Apparecchi con trasformatore incorporato per lampade ad incandescenza.

CEI 34-30 EN 60598-2-5 Apparecchi di illuminazione - Parte II: Prescrizioni particolari. Proiettori per illuminazione.

CEI 34-31 EN 60598-2-2 Apparecchi di illuminazione - Parte II: Prescrizioni particolari. Apparecchi di illuminazione da incasso.

CEI 34-33 EN 60598-2-3 Apparecchi di illuminazione - Parte II: Prescrizioni particolari. Apparecchi per illuminazione stradale.

Tab. 2.4 – Classe e grado di protezione degli apparecchi di illuminazione

Tipo di illuminazione Classe di

isolamento Grado di protezione

D’interni I o II IP20 o IP 40

Industriale con lampade a scarica I IP44 per vano accessori elettrici

IP45 per vano ottico Industriale con lampade fluorescenti lineari I o II IP65 Per esterno I o II IP55

Stradali I o II IP44 per vano accessori elettrici

IP45 per vano ottico

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(2.4) Qualità dell’illuminazione

Le Norme UNI 10380 raccomandano per quasi tutti i tipi di attività il valore di illuminamento medio di esercizio, la tonalità di colore, il gruppo di resa del colore e la classe di controllo dell’abbagliamento G.

Nella tabelle seguanti è

riportato un estratto di tali disposizioni. I valori indicati si riferiscono in generale a una superficie di lavoro orizzontale all’altezza di 0,85 m dal pavimento. Per altri posizioni della superficie di lavoro, l’illuminamento di esercizio deve riferirsi a queste specifiche posizioni ( per esempio verticali per il montaggio di quadri elettrici, per l’uso di lavagne ecc.). Per le zone di transito in fabbricati, alla loro mezzeria, all’altezza di 0,2 m dal pavimento.

Tab.2.5 – Interni industriali

Tipo di locale, compito

visivo o attività Illuminamento di esercizio (lx)

Tonalità di colore

Ra’ G

Acciaierie e simili

impianti di produzione senza intervento manuale

50-100-150 W,I 3 D

Impianti di produzione con intervento manuale

100-150-200 W,I 3 C

postazioni di lavoro fisse in impianti di produzione

200-300-500 W,I 3 C

controllo piattaforme ed ispezione 300-500-750 W,I 3 B

Colorifici

verniciatura grossolana 200-300-500 W,I 1B C verniciatura ordinaria 300-500-750 W,I 1B C verniciatura fine 500-750-1.000 W,I 1B B ritocchi e controllo colore 750-1.000-1500 I,C 1A B

Industrie tessili

sballaggio, cardatura, stenditura 200-300-500 W,I 2 C filatura, sbobinatura, tintura 300-500-750 W,I 1B B tessitura, cucitura. stampaggio tessuti 500-750-1000 W,I,C 1B B

Officine meccaniche e di

montaggio

lavori occasionali 15O-200-300 W,I 3 C banchi per lavorazioni grosse, saldatura 200-300-500 W,1 3 C banchi per lavorazioni medie 300-500-750 W,1 3 C banchi per lavorazioni fini 500-750-1000 W,I,C 3 B macchine automatiche 300-500-750 W,I 3 C macchine automatiche sofisticale 500-750-1000 W,I,C 3 B

Trattamento e

lavorazione del legno

segatrici 150-200-300 W,I 2 B-C banchi di lavorazione. assemblaggio 200-300-500 W,I 2 B lavorazioni fini 300-500-750 W,I,C 2 A-B tiniture e controllo 500-750-1000 I,C 1B A-B

Ai fini della progettazione, i valori iniziali di illuminamento si ottengono moltiplicando quelli di esercizio per un fattore di deprezzamento, in modo da tener conto dell’invecchiamento e dell’ insudiciamento dei materiali. Per ambienti interni si sceglie un fattore di deprezzamento peri a 1,25; in casi eccezionali, per esempio in ambienti polverosi o dove siano difficili le operazioni di pulizia dell’ impianto di illuminazione e dei locali, si adotta un fattore di deprezzamento più elevato (esempio 1,43 oppure 1,67).

Tab. 2.6 - Interni civili

Tipo di locale, compito visivo o attività Illuminamento di esercizio (lx)

Tonalità di colore

Ra’ G

Abitazioni e alberghi zona di conversazione o di passaggio 50-100-150 W 1A A zona di lettura 200-300-500 W 1A A zona di scrittura 300-500-750 W 1A A zona dei pasti 100-150-200 W 1A A cucina 200-300-500 W 1A A bagno. illuminazione generale. 50-100-150 W 1A B bagno. zona specchio 200-300-500 W 1A B camere. illuminazione generale 50-100-150 W 1A B camere. zona armadi 200-300-500 W 1A B camere letti 200-300-500 W 1A B camere stiratura,cucitura e rammendo 500-750-1000 W 1A A

Negozi e magazzini aree di circolazione 150-200-300 I 1B B esposizione merci 300-500-750 I 1B B vetrine 500-750-1.000 W,I,C 1B B

Uffici uffici generici dattilografia, sale computer

300-500-750 W,I 1B B

uffici per disegnatori e per progettazione 500-750-1.000 W,I 1B B sale per riunioni 300-500-750 W,1 1B B

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(2.4.1) Uniformità di illuminamento

Il rapporto fra l'illuminamento minimo e quello medio, nel locale o nella zona del locale

dove si svolge un determinato compito visivo (piano di riferimento), non deve essere minore di 0,8; nelle aree adiacenti, il valore medio dell'illuminamento non deve essere mai minore di un terzo del valore medio nella zona sede del compilo visivo. Nel caso di locali adiacenti, il rapporto fra l’illuminamento medio del locale più illuminato e quello del locale meno illuminato non deve essere maggiore di 5. (2.4.2) Limitazione dell’ abbagliamento

L’abbagliamento può essere causato sia dalle lampade nude e dagli apparecchi di illuminazione (abbagliamento diretto), sia dalle elevate luminanze prodotte dalle superfici lucide (abbagliamento riflesso) Abbagliamento diretto. Le Norme UNI 10380 prevedono la massima luminanza degli apparecchi in funzione dal tipo di apparecchio, dell’angolo azimutale di osservazione , della classe di controllo dell’ abbagliamento G e dell’illuminamento medio dell’ambiente.

(2.5) Progetto di un impianto di illuminazione

Per progettare un impianto di illuminazione in un ambiente chiuso è universalmente adottato

il metodo del flusso totale secondo cui il numero N degli apparecchi di illuminazione, necessari per ottenere l'illuminamento medio in esercizio E, vale:

MU

baEN

⋅⋅⋅⋅

= (2.1)

dove: E :illuminamento medio in esercizio, a :lunghezza del locale, b :larghezza del locale,

:flusso luminoso emesso dalle lampade di ciascun apparecchio di illuminazione, M :fattore di manutenzione (ossia l’ inverso del fattore di deprezzamento) U :fattore di utilizzazione.

Il fattore di utilizzazione U è fornito dal costruttore degli apparecchi di illuminazione , in funzione dei fattori di riflessione, del tipo di apparecchio di illuminazione, di lampada e dell'indice del locale K, definito da:

b)(ah

baK

+⋅⋅

= (2.2)

dove: a e b sono le dimensioni in pianta del locale ed h l’altezza degli apparecchi di illuminazione sul piano di lavoro. (2.6) Illuminazione di sicurezza

L’obbligatorietà dell’illuminazione di emergenza nei luoghi di lavoro è sancita dal DL 626/94 riguardante il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro, secondo cui le vie di uscita e di emergenza che richiedono un’illuminazione devono essere dotate di un’illuminazione di sicurezza in caso di guasto dell’impianto elettrico.Inoltre i luoghi di lavoro nei quali i lavoratori sono particolarmente esposti in caso di guasto

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dell’illuminazione artificiale, devono disporre di un’illuminazione di sicurezza di sufficiente intensità.

Secondo vari Decreti: D.M.9/4/94; D.P.R. 30/6/95, n°418; D.M.19/8/96, è da considerarsi un’illuminazione di sicurezza lungo le via di uscita quella che assicura un’illuminazione non inferiore a 5 lux ad un metro di altezza del piano di calpestio. In genere è richiesto che il tempo di alimentazione delle lampade di illuminazione di sicurezza sia minore di 0,5 secondi, e che l’autonomia di tale alimentazione sia superiore ad un’ora.

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Capitolo 3 Protezioni delle linee

Le protezioni delle linee costituiscono la parte essenziale di un impianto elettrico sia per garantirne il regolare funzionamento sia per evitare danni alle persone ed alle cose. Le Norme CEI 64-8 impongono la realizzazione delle seguenti protezioni:

- contro i sovraccarichi: - contro i cortocircuiti; - contro i contatti indiretti.

Qui vengono considerate le prime due, mentre le protezioni contro i contatti indiretti vengono trattate nel prossimo capitolo.

(3.1) Protezione da sovraccarico

La norma CEI 64-8/3 prescrive che i

circuiti di un impianto (salvo eccezioni) debbano essere provvisti di dispositivi di protezione adatti ad interrompere correnti di sovraccarico prima che esse possano provocare un riscaldamento eccessivo ed il conseguente danneggiamento dell’isolante del cavo del circuito.

Per garantire tale protezione é quindi

necessario che vengano rispettate le seguenti regole:

Regola 1) IB In IZ (3.1) Regola 2) If 1,45 IZ (3.2)

dove: IB = Corrente di impiego del circuito In = Corrente nominale dell’interruttore IZ = Portata a regime permanente del

cavo If = Corrente di sicuro funzionamento

dell’interruttore automatico La prima regola soddisfa le condizioni

generali di protezione dal sovraccarico. La regola 2, impiegando per la

protezione dal sovraccarico un interruttore automatico, é sempre verificata, poiché la corrente di sicuro funzionamento I non é mai superiore a 1,45 In (1,3 In secondo CEI EN 60947-2; 1,45 In secondo CEI EN 60898) (nella figura accanto è riportata la caratteristica degli sganciatori magnetotermici della BTicino Btdin ® 40/45/60/100/250 - caratteristica "C") . Essa deve essere invece verificata nel caso in cui il dispositivo di protezione sia un fusibile.

Fig. 3.1 – Btdin® 40/45/60/100

Caratteristica d’intervento “C”

Temperature di riferimento per Btdin: 30°C. Caratteristiche rilevate con partenza da freddo alla temperatura di riferimento I = Corrente effettiva In = Corrente nominale

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Analizzando la regola generale di protezione IB In IZ risulta evidente che si possono

realizzare due condizioni di protezione distinte: una condizione di massima protezione, realizzabile scegliendo un interruttore con una corrente nominale prossima o uguale alla corrente di impiego IB, ed una condizione di minima protezione scegliendolo con una corrente nominale prossima o uguale alla massima portata del cavo.

E’ chiaro che scegliendo la condizione di massima protezione si potrebbero verificare delle situazioni tali da pregiudicare la continuità di servizio, perché sarebbe garantito l’intervento dell’interruttore anche in caso di anomalie sopportabili.

Per contro la scelta di un interruttore con una corrente regolata uguale alla portata del cavo porterebbe alla massima continuità di servizio a discapito del massimo sfruttamento del rame installato.

(3.2) Protezione da cortocircuito

Le condizioni richieste per la protezione dal cortocircuito sono sostanzialmente le seguenti: a) l’apparecchio non deve avere corrente nominale inferiore alla corrente d’impiego (questa

condizione è imposta anche per la protezione da sovraccarico) c) l’apparecchio di protezione deve avere potere di interruzione non inferiore alla corrente

presunta di cortocircuito nel punto ove l’apparecchio stesso è installato; d) l’apparecchio deve intervenire, in caso di cortocircuito che si verifichi in qualsiasi punto

della linea protetta, con la necessaria tempestività al fine di evitare che gli isolanti assumano temperature eccessive.

(3.2.1) Calcolo della corrente di cortocircuito

La corrente presunta di cortocircuito in un punto di un impianto utilizzatore é la corrente che si avrebbe nel circuito se nel punto considerato si realizzasse un collegamento di resistenza trascurabile fra i conduttori in tensione.

L’entità di questa corrente é un valore presunto perché rappresenta la peggiore condizione possibile (impedenza di guasto nulla, tempo d’intervento talmente lungo da consentire che la corrente raggiunga i valori massimi teorici). In realtà il cortocircuito si manifesterà sempre con valori di corrente effettiva notevolmente minori.

Per gli impianti utilizzatori in BT per corrente presunta di cortocircuito si deve considerare la componente simmetrica. Poiché le prove del potere d’interruzione degli interruttori automatici sono basate sulla componente simmetrica non è corretto ai fini della protezione da cortocircuito in BT tener conto del valore di picco della corrente di cortocircuito.

L’intensità della corrente presunta di cortocircuito dipende essenzialmente dai seguenti

fattori : - potenza del trasformatore di cabina, nel senso che maggiore è la potenza maggiore è la

corrente; - lunghezza della linea a monte del guasto, nel senso che maggiore é la lunghezza minore

è la corrente;

Nei circuiti trifase con neutro e conduttore di protezione si possono avere quattro diverse possibilità di cortocircuito:

- fase - fase - fase - neutro - fase - conduttore di protezione

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- trifase equilibrato

Nella tabella 3.1 sono riportate le formule per il calcolo delle correnti di cortocircuito nel caso di un sistema trifase TN-S. Da tali formule si vede che le correnti di cortocircuito dipendono da Zm (impedenza delle rete di alimentazione riportata al secondario del trasformatore) Zt (impedenza del trasformatore) e Zl (impedenza della linea).

Tab. 3.1 – Correnti di cortocircuito in un sistema TN-S

Z t Z m E 1 Z l

Z t Z m E 2 Z l

Z t Z m E 3 Z l

223 )XX(X)R(R

V

cc trltmlt

nI++++⋅

=

Z t Z m E 1 Z l

Z t Z m E 2 Z l

Z t Z m E 3 Z l

222 )XX(X)R(R

V

fcc fltmlt

nI++++⋅− =

Z t Z m E 1 Z l

Z n

Z t Z m E 2 Z l

Z t Z m E 3 Z l

223 )XXX(X)RR(R

V

ncc fnltmnlt

nI++++++⋅− =

Z t Z m E 1 Z l

Z pe

Z t Z m E 2 Z l

Z t Z m E 3 Z l

223 )XXX(X)RR(R

V

pecc fpeltmpelt

nI++++++⋅− =

L’impedenza Zm la si può considerare prevalentemente reattiva senza commettere errori apprezzabili. Per il calcolo di Xm si può usare la formula:

cc

nm

A

VX

2

= (3.3)

dove: Vn = tensione concatenata nominale lato B.T. Acc = potenza di corto circuito nel punto si consegna dell’energia ( tale valore è fornito dall’ente erogatrice di energia)

L’impedenza del trasformatore Zt si ricava attraverso le formule:

n

ncct

A

VVZ

2

100

%= (3.4)

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2

2

n

ncut

A

VPR

⋅= (3.5)

22ttt RZX −= (3.6)

dove: An = potenza nominale del trasformatore Vcc % = tensione percentuale di corto circuito del trasformatore Pcu = perdite negli avvolgimenti del trasformatore.

Le tabelle 3.2 e 3.3 riportano i valori tipici di Vcc% e Pcu per trasformatori trifasi in olio e in resina di diversa potenza (Vn = 400 V) :

Tab.3.2 - Trasformatori a trifase in olio

Trasformatori a

perdite normali

Trasformatori a

Perdite ridotte

An Vcc% Pcu Vcc% Pcu

50 4% 1100 4% 850 100 4% 1750 4% 1400 160 4% 2350 4% 1850 250 4% 3250 4% 2550 315 4% 3850 4% 3100 400 4% 4600 4% 3650 500 4% 5450 4% 4350 630 4% o 6% 6500 4% o 6% 5200 800 6% 8300 6% 7200 1000 6% 10500 6% 9000 1250 6% 13100 6% 12000 1600 6% 17000 6% 16000

Tab.3.3 - Trasformatori a trifase in resina

Trasformatori

Classe 17,5 kW

Trasformatori

Classe 24 kW

An Vcc% Pcu Vcc% Pcu

50 4% 1400 4% 1400 100 4% o 6% 1700 4% 1700 160 4% o 6% 2400 4% 2400 250 4% o 6% 3200 4% 3300 315 4% o 6% 3900 4% o 6% 4000 400 4% o 6% 4500 4% o 6% 4700 500 6% 5200 6% 5700 630 6% 6600 4% o 6% 6900 800 6% 7800 6% 8400 1000 6% 9600 6% 9800 1250 6% 10800 6% 11200 1600 6% 13500 6% 13600

Per l’impedenza di linea Zl avremo Zl = l(r+jx) , dove l è la lunghezza della linea ed r

(resistenza al metro) e x (reattanza al metro) sono i valori indicati nella tabella 1.5 .

(3.2.2) Scelta del dispositivo di protezione

I dispositivi idonei alla protezione contro i corto circuiti devono rispondere alle seguenti condizioni [64-8 art. 434.2]:

a) avere un potere di interruzione (Pi ) non inferiore alla corrente di corto circuito presunta nel punto di installazione (I cc max ) (tranne quando si effettua la protezione serie):

b) intervenire in modo tale che tutte le correnti provocate da un corto circuito che si presenti in un punto qualsiasi del circuito siano interrotte in un tempo non superiore a quello che porta i conduttori alla temperatura massima ammissibile. Al fine di verificare tale condizione è necessario che, per ogni valore possibile di corto, l’energia

specifica passante dal dispositivo d’interruzione ( dttit

∫0

2)]([ ) sia inferiore all’energia

specifica di cortocircuito sopportabile dai cavi ( Ess ).

L'energia specifica è una grandezza introdotta dalle Norme per valutare l'entità dell'energia termica specifica lasciata passare dal dispositivo di protezione durante il corto circuito. Dimensionalmente non è una grandezza fisicamente indicativa (A²s) ma lo diventa quando è moltiplicata per la resistenza dell'elemento interessato, determinando così l'energia sviluppata dalla corrente di corto circuito all'interno di esso. L’energia specifica passante è facilmente calcolabile se il tempo di apertura dell’interruttore è

superiore a 0,1 s. In questo caso tIdttit 2

0

2)]([ =∫ dove I è il valore efficace della corrente di

cortocircuito e t è il tempo di intervento del dispositivo. Per durate molto brevi (< 0.1 s) e per

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i dispositivi di protezione limitatori di corrente, il valore di energia specifica passante devono essere indicati dal costruttore del dispositivo di protezione (nella figura 3.2 sono riportati le energie specifiche passanti degli interruttori Bticino BTdin 60, curva C). Fig. 3.2 - Btdin® Caratteristiche I

2t curva “C”

2P 400V a.c. 1P - 3P - 4P 400V a.c.

Intervento termico con partenza da caldo 0 = 70 °C Icc = corrente simmetrica presunta di cortocircuito

I2t = energia specifica passante L’energia specifica di cortocircuito sopportabile da un cavo è facilmente calcolabile per

valori di correnti di cortocircuito alti (> 1000A ). In questo caso, supponendo un funzionamento adiabatico del cavo, avremo Ess = K2S2 , dove S è la sezione in mm2 e K è indicato dalla norma 64/8 e vale 115 o 143 per cavi in rame isolati rispettivamente con PVC o EPR. Per correnti di cortocircuito minori di 1000A i valori di energia specifica sopportabile dai cavi sono, approssimativamente, quelli riportati nei diagrammi in figura 3.3.

Se la protezione viene fatta con un interruttore magnetotermico che protegge la conduttura

da sovraccarico si possono avere due casi (figura 3.4). Caso A). Conduttura completamente protetta per correnti di cortocircuito inferiori a I a. In

questo caso è necessario effettuare la sola verifica Icc max Ia , in quanto per qualsiasi corrente di corto circuito per guasto all'estremità della linea, di valore tale da non provocare l'intervento del relè magnetico, la linea è comunque protetta dal relè termico. Vale la pena notare che in questo caso la linea è protetta anche per cortocircuiti non franchi.

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Fig. 3.3 – Energia specifica di cortocircuito dei cavi in funzione di I

Icc (A)101 102 103 10410 10 105

104

105

106

108

109

1010

107

I t (A s)2

1011

95 mm

70 mm

50 mm

35 mm

25 mm

16 mm

10 mm

6 mm

4 mm

2,5 mm

1,5 mm

2

2

2

2

2

2

2

2

2

2

2

120 mm 2

150 mm 2

185 mm 2

240 mm 2

isolamento in polietilene reticolato

101 102 103 10410 10 105

104

105

106

108

109

1010

107

I t (A s)

1011

95 mm

70 mm

50 mm

35 mm

25 mm

16 mm

10 mm

6 mm

4 mm

2,5 mm

1,5 mm

2

2

2

2

2

2

2

2

2

2

2

120 mm

150 mm 2185 mm2

240 mm 2

2

Icc (A)

isolamento in PVC

2 22

Caso B). Conduttura protetta per correnti I tali che Ib I Ia e per correnti I Ib1 . Al fine di

avere una protezione totale dai corto circuiti è perciò necessario che risulti: I cc min I I cc max I a

essendo I cc min e I cc max rispettivamente la minima e la massima corrente di corto circuito presunta al termine e all'inizio della conduttura.

Fig.3.4 – Protezione di una linea con un interruttore magnetotermico

Caso A

corrente di cortocircuito Icc

A

I t2

K S

inte

gra

lediJou

le

diagramma I2t dell'interruttore

diagramma I2t del cavo

corrente di cortocircuito Icc

B1

B

correnticritiche

I t2

inte

gra

led

iJou

le

KS

Caso B

Ia IaIbIb1

A

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(3.3) Selettività

Per selettività si intende il coordinamento dei dispositivi di protezione in modo tale che il

guasto che si verifichi in un punto qualsiasi della rete possa essere eliminato dall'apparecchio di protezione immediatamente a monte del guasto, e solamente da esso.

Considerando due apparecchi in serie, la selettività è totale se realizzata per ogni valore di sovracorrente, oppure parziale quando si accetta che l'intervento del solo dispositivo di protezione a valle si verifichi fino ad un determinato valore della sovracorrente, mentre per valori superiori si ammette l'intervento di entrambi le protezioni.

La selettività in caso di sovraccarico è facile da realizzare. E’ normalmente sufficiente che

l’interruttore a monte abbia una corrente nominale almeno doppia di quella dell’interruttore a valle.

Nel caso di corto circuito la selettività si presenta senz'altro più problematica del caso del

sovraccarico. Infatti per interrompere elevate correnti di corto circuito lo sganciatore magnetico interviene in un tempo estremamente breve: da ciò deriva che tutti gli interruttori posti a monte del punto di guasto e perciò attraversati dalla corrente di corto circuito, possono intervenire se tale corrente supera quella di intervento dei relè magnetici. Per ottenere un’ottima selettività è possibile aggiungere appositi ritardi ai tempi di intervento dei relè degli interruttori a monte. Questa soluzione non è molto usata perché un ritardo di apertura produce un incremento notevole dell’energia specifica passante. Si ottiene una buona selettività distanziando opportunamente le correnti d’intervento e degli scangiatori magnetici e le correnti nominali degli apparecchi, sfruttando cioè la naturale diminuzione delle correnti di corto circuito verso valle e il fatto che le masse inerziali degli sganciatori sono differenti con la conseguenza che l'interruttore a valle, più piccolo e spesso più veloce, interviene anticipando l'apertura rispetto all'interruttore a monte che rimane chiuso.

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Capitolo 4 Protezione dai contatti indiretti. La protezione contro i contatti indiretti consiste nel prendere le misure intese a proteggere le persone contro i pericoli risultanti dal contatto con parti conduttrici che possono andare in tensione in caso di cedimento dell'isolamento principale.

I metodi di protezione contro i contatti indiretti sono classificati come segue: a) protezione mediante interruzione automatica dell'alimentazione; b) protezione senza interruzione automatica del circuito (doppio isolamento, separazione

elettrica, locali isolati, locali equipotenziali); c) alimentazione a bassissima tensione;

La protezione mediante l’interruzione automatica dell’alimentazione è richiesta quando a

causa di un guasto, si possono verificare sulle masse tensioni di contatto di durata e valore tali da rendersi pericolose per le persone.

Le prescrizioni da ottemperare per conseguire la protezione contro i contatti indiretti sono

stabilite dalle norme CEI 64-8 per gli impianti elettrici utilizzatori a tensione non superiore a 1000 V in corrente alternata e a 1500 V in corrente continua e dalle Norme CEI 11-8 per gli impianti utilizzatori in media e in alta tensione. (4.1) Sistemi a bassa tensione

(4.1.1) Protezione dai contatti indiretti nei sistemi TT

Il sistema TT (figura 4.1) ha un punto collegato direttamente a terra e le masse dell'impianto collegate ad un impianto di terra elettricamente indipendente da quello del collegamento a.terra del sistema di alimentazione. In caso di guasto a terra, il circuito percorso dalla corrente si richiude attraverso il terreno, in quanto il neutro del sistema e la massa interessata dal guasto fanno a capo a dispersori separati; il valore della corrente di guasto può essere molto contenuto. La norma 64-8 nel caso di sistemi TT prevede che per attuare la protezione dai contatti indiretti deve essere soddisfatta la condizione:

a

AI

VR

50≤

Dove: - RA è la somma delle resistenze di terra dei conduttori e dei dispersori - Ia è la corrente che provoca il funzionamento automatico del dispositivo di protezione.

Fig. 4.1 – Sistema T-T

(neutro a T erra) T (masse a T erra)

L1

L2

L3

N

Utilizzatore PE

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Quando il dispositivo di protezione è un dispositivo di protezione a corrente differenziale, Ia

è la corrente nominale differenziale I n. Quando il dispositivo di protezione è un dispositivo di protezione contro le sovracorrenti,

esso deve essere: - un dispositivo avente una caratteristica di funzionamento a tempo inverso, ed in questo

caso Ia deve essere la corrente che ne provoca il funzionamento automatico entro 5 s. - un dispositivo con una caratteristica di funzionamento a scatto istantaneo ed in questo

caso Ia deve essere la corrente minima che ne provoca lo scatto istantaneo.

Da ciò deriva che il valore di Rt risulta notevolmente diverso impiegando interruttori magnetotermici o differenziali. Infatti con i primi si richiedono valori di resistenza di terra molto bassi, anche inferiori all'ohm, mentre per i secondi si possono realizzare impianti di erra con resistenza anche dell'ordine del migliaio di Ohm. Considerando la grande difficoltà per ottenere e mantenere nel tempo livelli di Rt così bassi da garantire la protezione con interruttori automatici magnetotermici, l'impiego del differenziale diventa pressoché indispensabile. (4.1.2) Protezione dai contatti indiretti nei sistemi TN

Il sistema TN ha un punto collegato direttamente a terra mentre le masse dell'impianto sono collegate a quel punto per mezzo del conduttore di protezione. In caso di guasto a terra del sistema, il circuito percorso dalla corrente di guasto risulta costituito dai soli conduttori metallici, senza interessare l'impianto di dispersione a terra; il valore della corrente di guasto può essere molto elevato.

Si distinguono i seguenti tipi di sistemi TN, secondo la disposizione dei conduttori di neutro: TN-S: il conduttore di neutro e di protezione sono separati; TN-C-S: le funzioni di neutro e di protezione sono combinate in un solo conduttore in una parte del sistema (figura 4.2); TN-C: le funzioni di neutro e di protezione sono combinate in un solo conduttore (PEN). Figura 4.2 Sistema TN-C-S

T (neutro a T erra) N-S (masse al N eutro mediante PE S eparato)

L1

L2

L3

N

Utilizzatori

PE

Utilizzatori

PEN

N-C (masse al N eutro mediante PE C omune al neutro (PEN)

La Norma 64.8, nel caso di sistema TN, per attuare la protezione mediante dispositivi di massima corrente a tempo inverso o dispositivi differenziali richiede soltanto che sia soddisfatta, in qualsiasi punto del circuito, la condizione:

Zs Ia Uo dove:

- Uo è la tensione nominale verso terra dell'impianto, in volt. - Zs è l'impedenza dell'anello di guasto, in ohm, per guasto franco a massa

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- Ia è il valore, in ampere, della corrente che provoca l'intervento del dispositivo di protezione, entro il tempo di seguito definito:

a) Correnti terminali che alimentano (tramite o senza prese a spina), componenti elettrici mobili, portatili o trasportabili.I tempi massimi di interruzione sono definiti dalla tabella 4.2

Tab. 4.2 Tempi di interruzione Uo (V) Tempo di interruzione (s)

120 0,8 230 0,4 400 0,2

> 400 0,1

b) Correnti di distribuzione:il tempo massimo di interruzione è di 5 s. c) Correnti terminali che alimentano componenti elettrici fissi: il tempo massimo di

interruzione è di 5 s purché siano verificate alcune condizioni analizzate all'art. 413.1.3.5 della norma 64-8 (qui per brevità non riportate), in caso contrario si ricava mediante la tabella riportata al punto a).

Poiché nei sistemi TN un guasto franco a massa si traduce in un corto circuito in quanto la

corrente di guasto percorre i conduttori di fase e di protezione non interessando in pratica l'impianto di terra, le correnti di corto circuito possono assumere valori elevati nel qual caso la protezione contro i contatti indiretti può essere assicurata da interruttori solo magnetotermici.

La quantità Uo/Zs deve essere valutata nel caso peggiore cioè con l'impedenza di guasto di valore massimo, a cui corrisponde la corrente di corto circuito minima:

min 0

pefcc

S

IZ

U−=

Nel caso in cui la condizione di protezione non fosse soddisfatta con l’impiego di interruttori magnetotermici è necessario ricorrere a dispositivi differenziali.

L’impiego di dispositivi differenziali soddisfa generalmente la condizione di protezione e non richiede il calcolo dell’impedenza totale dell’impianto Zs. Gli interruttori differenziali non presentano alcun problema di coordinamento, in quanto per I n elevate (3A) ammettono impedenze dell’anello di guasto dell’ordine di diverse decine di W (76), che non si realizzano mai.

Per evitare interventi intempestivi dei dispositivi differenziali conviene installare sui circuiti di distribuzione apparecchi di tipo regolabile, impostando la massima corrente nominale differenziale ed il massimo ritardo; sui circuiti terminali installare invece apparecchi istantanei con la massima sensibilità consentita. (4.2) Sistemi a media tensione

Il problema della protezione dai contatti indiretti in un sistema a media tensione si presenta ogni qualvolta l’impianto dell’utente ha proprie cabine di trasformazione. In questo caso un possibile circuito di guasto è quello riportato nella figura 4.3.

Da tale figura si vede che il sistema a MT è a centrostella isolato e che la corrente di guasto dipende unicamente dalle capacità parassite C (essendo trascurabile RT rispetto a C/j ) Secondo le Norme CEI 11-8 La corrente dispersa Ig si può calcolare con la seguente espressione: Ig = U (0,003 L1 + 0,2 L2) dove:

- U è la tensione nominale della rete in kV;

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- L1 è la somma delle lunghezze in chilometri delle linee aeree; - L2 è la somma delle lunghezze in chilometri delle linee in cavo.

Fig. 4.3 - Circuito di guasto nel sistema a media tensione

C C C

R t

Trasformatore AT/MT Trasformatore MT/BT

Normalmente il valore della corrente di terra non può essere calcolato dall'utente che non

conosce le lunghezze delle linee del sistema che alimenta la propria cabina; tuttavia tale valore, su richiesta, viene fornito dall'Ente distributore, il quale provvede anche a comunicare il tempo di intervento delle protezioni in caso di guasto.

Le Norme CEI 11-8 prescrivono che ogni sistema a media tensione deve essere dotato di impianto di terra, dimensionato in modo che in caso di dispersione a terra non si abbiano tensioni di passo e di contatto superiori a quelle stabilite nella tabella 4.2.

Tab. 4.2 Valore limite delle tensioni di passo e di contatto

Tempo di eliminazione del guasto [s] Tensione [V] 2 50 1 70

0,8 80 0,6 125 0,5 160

Il dispersore di terra è da ritenersi idoneo e non è necessario effettuare la misura delle

tensioni di passo e di contatto nei seguenti casi: - Quando la tensione totale di terra (prodotto della corrente di terra per il valore della

resistenza totale di terra) non supera del 20% i valori sopra riportati. - Se il dispersore è ad anello chiuso di perimetro inferiore a 100 m, con masse da

collegare a terra tutte all’ interno del perimetro del dispersore e la tensione totale di terra non supera del 80% i valori sopra riportati.

(4.3) Impianto di terra I principali elementi costitutivi dell’ impianto di terra sono: Il dispersore, è un corpo conduttore o gruppi di corpi conduttori in contatto elettrico con il terreno.Può essere naturale, se realizzato con strutture esistenti ( ferri delle fondazioni in cemento armato, camicie metalliche dei pozzi; non sono utilizzabili le tubazioni dell’

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acquedotto pubblico), o artificiale se realizzato appositamente per questo scopo. I dispersori artificiali sono costituiti da tubi, profilati, tondini, ecc., per i quali le Norme fissano dimensioni minime allo scopo di garantire la necessaria resistenza alle sollecitazioni meccaniche e soprattutto alla corrosione. I conduttori di terra, collegano il dispersore con il nodo di terra e gli elementi del dispersore fra loro. Il conduttore di terra deve essere in grado di resistere alla corrosione e di sopportare eventuali sforzi meccanici. Le sezioni minime dei conduttori di terra sono indicate nella Norma CEI 64-8 riportate nella tabella 4.3:

Tab. 4.3 – Sezioni minime dei conduttori di terra Condizioni di posa Materiale Sezione minima [mm2] Protetto contro la corrosione Rame o ferro 16

Rame 25 Non protetto contro la corrosione

Ferro 50 I conduttori di protezione, collegano le masse al nodo di terra. La sezione minima dei conduttori di protezione è riportate nella seguente tabella:

Tab. 4.4 – Sezioni minime dei conduttori di protezione Conduttore di fase, S [mm2] Conduttore di protezione, Sp [mm2]

S 16 Sp = S 16<S 35 Sp = 16

35 S Sp = S/2 I conduttori equipotenziali principali, collegano il nodo di terra alle masse estranee.

La massa estranea è una parte metallica, non facente parte dell'impianto elettrico, che presenta una bassa resistenza verso terra, ad esempio la tubazione idrica. Se una persona entra in contano con una massa in tensione per un guasto di isolamento e, contemporaneamente, con una massa estranea non collegata all'impianto di terra, è sottoposta ad una differenza di potenziale pericolosa, donde l'obbligo normativo di collegare a terra le Masse estranee.

I conduttori equipotenziali principali devono avere una sezione non inferiore a metà di quella del conduttore di protezione di sezione più elevata dell’impianto, con un minimo di 6 mm2. Non è richiesto, tuttavia, chela sezione superi 25 mm2, se il conduttore equipotenziale è di rame, o una sezione di conduttanza equivalente, se il conduttore è di materiale diverso. Il nodo, o collettore, di terra, serve a unire gli elementi precedenti fra loro. I conduttori equipotenziali supplementari, collegano altre masse presenti in luoghi a maggior rischio elettrico (bagni, piscine, ecc.) al conduttore di protezione.

Un conduttori equipotenziale supplementare che colleghi due masse deve avere una sezione non inferiore a quella del più piccolo conduttore di protezione collegato a queste masse.

Un conduttore di protezione supplementare che collega una massa ad una massa estranea deve avere una sezione non inferiore alla metà della sezione del corrispondente conduttore di protezione.

La sezione dei conduttori equipotenziali supplementari deve essere comunque non inferiore a 2,5 mm2 se è prevista una protezione meccanica (cioè conduttori posati entro tubi o sotto intonaco), 4 mm2 se non è prevista una protezione meccanica (cioè conduttori fissati direttamente a parete).

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(4.3.1) Progetto del dispersore

Valutare in sede di progetto la resistenza di terra di un impianto è cosa alquanto difficile, per almeno due motivi:

- Di solito la resistenza del terreno è conosciuta solo in prima approssimazione, e non si conosce come varia al variare della profondità.

- Il calcolo di RT, nota la geometria dei conduttori e la resistenza del terreno, non è banale.Usualmente si usano formule approssimate

Nel caso dei dispersori più comuni, la resistenza di terra può essere calcolata con le formule riportate in seguito.

- Picchetto cilindrico verticale di lunghezza L e raggio r:

−= 1

r

4Lln

L 2RT

- Corda conduttrice orizzontale di lunghezza L, raggio r,interrata ad una profondità h di

almeno 50 cm:

⋅= 1

hr

L2ln

L R T

- Maglia interrata, con area A e lunghezza totale dei conduttori L:

LA4RT +=

La resistività del terreno dipende dal tipo

di suolo in cui è sistemato l’impianto di terra ed è influenzata dall’umidità e, in misura inferiore, dalla temperatura.Più precisamente essa diminuisce con l’aumento dell’umidità e con l’aumento della temperatura. Nella tabella 4.5 è riportata la resistività per alcuni tipi di terreni.

Tab. 4.5 – Resistività del terreno

Tipo di terreno Resistività [ ·m] Soluzioni saline < 2 Argille 2 ÷ 8 Marne, torbe 3 ÷ 150 Arenarie argillose 4 ÷ 40 calcari 20 ÷ 2000 Sabbia, ghiaia 70 ÷ 1000 Calcari quarziferi 30 ÷ 10000 Rocce cristalline >800

Nel caso di due dispersori in parallelo, la resistenza di terra complessiva è maggiore o uguale del parallelo delle resistenza dei singoli dispersori. La resistenza totale è pari al parallelo delle resistenze dei due dispersori se la distanza fra i due dispersori è almeno un’ ordine di grandezza superiore alla massima dimensione dei singoli dispersori.

Se la resistenza di terra non è opportunamente bassa la verifica dell’impianto di terra passa

attraverso la misura delle tensioni di passo e di contatto. Per ottenere tensioni di passo basse bisogna disporre i dispersori perimetrali dell’ impianto

in profondità, in modo da avere bassi gradienti di potenziale in superficie. Per ottenere tensioni di contatto basse bisogna prevedere dispersori vicino alla superficie in

prossimità di tutte le masse scoperte, e quindi toccabili, in modo da portare il potenziale del suolo il più vicino possibile a quello delle masse.

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(4.3.2) Omologazione e verifiche degli impianti di terra

Gli impianti di terra di nuova costruzione o rinnovati devono essere sottoposti

all'omologazione da parte dell'ISPESL (Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza sul Lavoro) in conformità al Decreto Interministeriale 15/l0/93, n.519. Le modalità con le quali effettuare la denuncia degli impianti di terra sono riportate nella Circolare n.8219 del 14/6/94 emessa dal Dipartimento ISPESL incaricato dell'omologazione.

Le verifiche periodiche, successive a quelle eseguite per l'omologazione, per l'accertamento della conservazione degli impianti e del loro corretto funzionamento sono affidate alle ASL (Aziende Sanitarie Locali) dal Decreto Interministeriale 15/10/93, n.519.

L' impostazione delle verifiche e la loro frequenza devono essere conformi alle linee generali del DL 626/94 per quanto riguarda il rischio elettrico su impianti e macchinari.

La periodicità delle verifiche è stabilita in: - 5 anni per le cabine elettriche. - 2 anni per gli impianti utilizzatori alimentati in media tensione e per tutti gli impianti

utilizzatori dei luoghi di lavoro.

Per gli impianti di terra, la Legge 46/90 ed il relativo regolamento di attuazione prescrivono la presentazione del progetto.

La documentazione da predisporre, indipendentemente dagli obblighi di legge dovrebbe dimostrare la corretta esecuzione dell'impianto, fornire i risultati della verifica finale ed indicare le modalità di gestione e manutenzione.

Una planimetria in scala opportuna deve evidenziare: il posizionamento e le caratteristiche dei dispersori di fatto, il posizionamento e le caratteristiche dei dispersori intenzionali, il posizionamento dei collettori principali, il percorso dei conduttori di terra, le loro caratteristiche e le condizioni di posa, il percorso dei conduttori equipotenziali , le loro caratteristiche e le condizioni di posa.

Per i dispersori di fatto realizzati con ferri di armature è sufficiente prevedere una semplice documentazione esplicativa.

I calcoli di progetto possono essere raccolti in schede che consentono di individuare il procedimento seguito partendo dai dati di riferimento sino al calcolo della resistenza di terra.

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Capitolo 5 Quadri elettrici (5.1) Quadri, Leggi e Norme

La legge 46/90, obbliga l’installatore a redigere la dichiarazione di conformità relativamente

ai lavori svolti. Allegati a tale dichiarazione devono essere, tra l’altro, le dichiarazioni di conformità dei singoli prodotti alla Norma relativa ed eventuali marchi. In questo contesto il costruttore del quadro elettrico diviene il responsabile dell’apparecchiatura e di conseguenza deve essere in grado di rilasciare una propria dichiarazione di conformità alla relativa Norma di prodotto. Le Norme europee di riferimento per i quadri elettrici sono le seguenti:

- CEI EN 60439-1, 3a edizione (CEI 17-13/1) “Apparecchiature assiemate di protezione e manovra per bassa tensione (quadri BT) - Parte 1: Apparecchiature di serie soggette a prove di tipo (AS) e apparecchiature non di serie parzialmente soggette a prove di tipo”.

- CEI EN 60439-2, 1a edizione (CEI 17-13/2) “Apparecchiature assiemate di protezione e manovra per bassa tensione (quadri BT) - Parte 2: Prescrizioni particolari per i condotti sbarre”.

- CEI EN 60439-3, 1a edizione (CEI 17-13/3) “Apparecchiature assiemate di protezione e manovra per bassa tensione (quadri BT) - Parte 3: Prescrizioni particolari per apparecchiature assiemate di protezione e di manovra destinate ad essere installate in luoghi dove personale non addestrato ha accesso al loro uso. Quadri di distribuzione (ASD)”.

- CEI EN 60439-4, 1a edizione (CEI 17-13/4) “Apparecchiature assiemate di protezione e manovra per bassa tensione (quadri BT) - Parte 3: Prescrizioni particolari per apparecchiature assiemate per cantiere (ASC)”.

La Norma CEI EN 60439-1, 3a edizione (CEI 17-13/1) contempla le prescrizioni generali da applicare a tutti i quadri elettrici di bassa tensione.

La Norma suddivide i quadri in due grandi categorie: quadri (o meglio apparecchiature assiemate) AS e ANS. In particolare:

1) Apparecchiatura AS: apparecchiatura di protezione e manovra conforme ad un tipo o

ad un sistema costruttivo prestabilito senza scostamenti tali da modificare in modo

determinante le prestazioni rispetto all’apparecchiatura tipo provata secondo quanto

prescritto nella presente Norma. 2) Apparecchiatura ANS: apparecchiatura di protezione e manovra contenente sia

sistemazioni verificate con prove di tipo, sia sistemazioni non verificate con prove di

tipo, purchè queste ultime siano derivate (per esempio attraverso il calcolo) da

sistemazioni verificate che abbiano superato le prove previste.

Pertanto, per apparecchiatura di serie (AS), si intende un quadro elettrico che venga cablato allo stesso modo del prototipo precedentemente provato secondo tutte le prove di tipo richieste dalla Norma. E’ possibile che due quadri AS dello stesso modello abbiano particolari diversi a patto che non vengano modificate quelle parti che potrebbero a loro volta modificare i risultati delle prove di tipo eseguite sul prototipo.

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L’apparecchiatura ANS è invece un quadro che non è stato sottoposto a tutte le prove di tipo previste dalla Norma; in particolare le prove che normalmente vengono omesse sono le seguenti: “Verifica dei limiti di sovratemperatura” (art. 8.2.1 - CEI 17-13/1), “Verifica della tenuta al corto circuito” (art. 8.2.3 - CEI 17-13/1). I limiti di sovratemperatura prescritti sono riportati nella seguente tabella 5.1.

Tab. 5.1 – Limiti di sovratemperatura ammissibili Componenti del quadro massimo [K]

Morsetti 70 Organi di comando manuale metallici 15 Organi di comando manuale non metallici 25 Involucri esterni metallici 30 Involucri esterni non metallici 40

I calcoli da effettuare in sostituzione delle prove sopra citate e le modalità di effettuazione di

detti calcoli sono riportati nelle Norme CEI: - 17/43: Metodo per la determinazione delle sovratemperature, mediante estrapolazione,

per le apparecchiature assiemate di protezione e di manovra per bassa tensione (quadri BT) non di serie (ANS);

- 17/52: Metodo per la determinazione della tenuta al corto circuito delle apparecchiature assiepate non di serie (ANS).

Si ricorda che, anche per i quadri AS la prova di tenuta al corto circuito viene omessa

quando il valore della corrente di corto circuito (di breve durata o condizionata) nel punto di installazione non è superiore a 10 kA; detto valore viene elevato a 15 kA se la linea o le linee di alimentazione del quadro sono protette con interruttori limitatori che, in corrispondenza del loro potere di interruzione nominale, lascino passare una Ipk (corrente di picco) non superiore a 15 kA. (5.2) Calcolo della sovratemperatura secondo la norma CEI 17-43

Questo metodo si applica negli involucri per i quali sono valide le seguenti ipotesi: - potenza dissipata ripartita uniformemente; - apparecchi disposti in modo da non ostacolare la circolazione dell’aria; - non più di tre separazioni orizzontali.

I Dati necessari sono:

- le dimensioni dell’involucro; - la potenza dissipata nell’involucro (apparecchi, conduttori); - il tipo di installazione (quadro isolato,o di estremità...); (vedi figura 5.2).

La temperatura è calcolata unicamente in due punti dell’involucro: a media altezza: T0,5=Ta + T0,5 con T0,5 =d·k·Ptot

0,804 dove: d è un coefficiente che tiene conto dell’esistenza delle separazioni orizzontali;

- se Ae < 1,25 m2 , d = 1 (definizione di Ae vedi dopo);

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- se Ae > 1,25 m2 , d = 1 con e senza finestre di ventilazione nel caso che non esista alcuna separazione, d = 1,05 con e senza finestre di ventilazione per una separazione. d = 1,10 o 1,15 se vi sono finestre di ventilazione e nel caso di 2 separazioni. d = 1,15 o 1,30 se vi sono finestre di ventilazione e 3 separazioni.

k è una costante che caratterizza l’involucro; il suo valore è determinato mediante diagrammi (vedi figura 5.1); k è funzione della superficie di scambio dell’involucro Ae (m2 )

Ae= Aob

dove Ao è la superficie geometrica delle diverse pareti dell’involucro. b è una costante che tiene conto del tipo di parete e del tipo di installazione.valori di b:

parte superiore esposta b = 1,4, parte superiore coperta b = 0,7, pareti laterali esposte b = 0,9, pareti laterali coperte b = 0,5, pareti laterali degli involucri centrali b = 0,5, parte a pavimento b = 0,5,

Ptot è la potenza dissipata in watt Fig. 5.1 - Costante dell’involucro K per

involucro con finestre di ventilazione e con

una superficie Ae > 1,25 m2

Fig. 5.2 - Fattore di ripartizione di temperatura c per involucri senza

finestre di ventilazione e con una superficie effettiva di raffreddamento

Ae > 1,25 m2

123

45

1 2 3 4 5 6 7 8 9 1 0 11 12 13

1.65

1.6

1.55

1.5

1.45

1.4

1.35

1.3

1.25

1.2

1.15

1.1

1.05

fattore di ripartizionedi temperatura c

Curva/tipo di installazione 1 Involucro separato, libero su tutti i lati 3 Involucro separato, appoggiato al muro 2 Primo o ultimo involucro distaccato 3 Involucro centrale distaccato 5 Involucro centrale appoggiato al muro 4 Involucro centrale appoggiato al muro e con parte superiore coperta

in cima all’involucro: T1 = Ta + T1 con T1 = c · T0,5 dove

T0,5 rappresenta la sovratemperatura precedente; - c è una costante di riscaldamento determinata mediante diagrammi.

Esempio di diagramma (vedi figura 5.2) c è funzione di Ae e di uno dei due fattori f o g f = h1,35/(L·P) se Ae > 1,25 m2 g = h1,35/L se Ae < 1,25 m2

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(5.3) Quadri per uso domestico e similare. Norma CEI 23-51

I quadri di distribuzione per uso domestico e similari sono trattati dalla norma CEI 23-51, brevemente esposta nel seguito. Definizioni.

Si definisce corrente nominale in entrata (Ine) la corrente nominale del dispositivo di protezione o manovra in entrata (o la somma delle correnti nominali se il quadro ha più dispositivi in entrata destinati a funzionare contemporaneamente), moltiplicata per il coefficiente di utilizzazione Ke, assunto pari a 0,85.

La corrente nominale in uscita (Inu) è definita come la somma delle correnti nominali dei dispositivi di protezione e/o di manovra in uscita destinati ad essere utilizzati contemporaneamente.

Si definisce corrente nominale del quadro (Inq) il valore più basso tra la corrente nominale in entrata (Ine) e quella in uscita (Inu). Limiti di applicazione della Norma.

Per poter applicare la Norma CEI 23-51 è necessario che i quadri per usi domestici e similari rispondano ai seguenti requisiti:

a) involucro conforme alla Norma CEI 23-49, dichiarato tale dal costruttore mediante dichiarazione diretta o mediante cataloghi; su tale involucro deve essere indicata la potenza massima dissipabile, detta Pinv;

b) corrente nominale in entrata non superiore a 125 A; se il quadro fosse privo di dispositivi in entrata, la limitazione di 125 A si applicherebbe alla corrente nominale in uscita.

c) installazione possibile sol in punti in cui la corrente presunta di corto circuito nominale non superi i 10 kA ameno che tali quadri non siano dotati di dispositivi limitatori di corrente aventi corrente limitata non superiore a 15 kA in corrispondenza del loro potere di interruzione nominale.

Classificazioni, prescrizioni.

I quadri per uso domestico e similare vengono suddivisi in due grandi categorie. A - Quadri con corrente nominale monofase fino a 32 A. L 'unica prescrizione per questi

quadri è la presenza di una targa, posta anche dietro la portella, che riporti in maniera indelebile i seguenti dati:

nome o marchio del costruttore; tipo o altro mezzo di identificazione del quadro; corrente nominale del quadro; natura della corrente e frequenza; tensione nominale di funzionamento grado di protezione.

B - Quadri non compresi tra quelli indicati in A e con corrente nominale 125 A. Per

questi quadri si applicano le seguenti prescrizioni: devono essere dotati di targa come i precedenti; deve essere misurata la resistenza di isolamento tra ciascun conduttore attivo e la

massa e tra i conduttori attivi tra loro; la resistenza deve risultare superiore a 1000 Q/V per ciascun circuito riferita alla tensione nominale verso terra;

devono essere realizzati assiemando involucri con una potenza massima dissipabile: Pinv Ptot

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dove: Ptot è la potenza totale dissipata nel quadro. devono essere corredati da una relazione che riporti i calcoli della potenza dissipata.

(5.4) Calcolo della potenza dissipata dal quadro

La potenza totale dissipata in un quadro può essere determinata con seguente formula:

Ptot = Pdp + 0,2 Pdp + Pau

dove: Pdp è la somma della potenza dissipata di ciascun dispositivo di protezione e di manovra,

tenendo conto dei fattori di contemporaneità K e di utilizzo Ke. Si può considerare:

Pdp = j Pne j · Ke 2 + j Pn j · Kj 2

in cui: Pne j è la potenza nominale del j-esimo dispositivo d’entrata; Ke2 = min { 0,85 2 ; ( Inu / Ine )2 }, dove Inu è la corrente nominale d’uscita del quadro

e Ine e la corrente nominale d’entrata del quadro; Pn j è la potenza nominale del j-esimo dispositivo d’uscita; Kj

2 può essere determinato in uno dei seguenti 3 modi: - se è nota la corrente di ciascun carico ( Icj ) si può porre: Kj

2 = (Icj / Inj)2 , dove Inj

è la corrente nominale di ciascun dispositivo; - se non è nota la corrente dei carichi Icj si può considerare: Kj

2 = (Inq/Inu)2 , dove Inq è la corrente nominale del quadro e Inu la corrente nominale d’uscita del quadro;

- si adotta il valore indicato nella tabella 5.2. 0,2 Pdp è il calcolo forfetario della potenza dissipata dai collegamenti, dai relé , dai timer, ecc. Pau è la somma delle potenze dissipate dagli apparecchi ausiliari ( trasformatori, lampade ad

incandescenza, ecc.).

Tab. 5.2 - Fattore di contemporaneità K

Fattore di contemporaneità K n° dei circuiti principali CEI EN 60439-1 CEI EN 60439-3

2 e 3 0,9 0,8 4 e 5 0,8 0,7 6 ÷ 9 0,7 0,6

10 0,6 0,5

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Capitolo 6 Cabine di trasformazione

Di norma le forniture di energia elettrica si effettuano secondo le seguenti fasce: - 0-75 kW allacciamento a BT - 75-200 kW allacciamento in BT o in MT - >200 kW allacciamento in MT

Quando la fornitura avviene in MT accorre prevedere un locale destinato alla consegna dell’energia e una o più cabine di trasformazione.

Il locale di consegna deve - avere le dimensioni e le caratteristiche richieste dalla Società distributrice: - essere situato sul perimetro della proprietà dell'utente con accesso diretto da suolo

pubblico (in ogni caso l'esatta ubicazione deve essere concordata con la Società distributrice);

- deve essere adiacente ad altro locale, nel quale sia possibile installare gli strumenti di misura dell'energia e gli organi di sezionamento e protezione del cavo di alimentazione delle cabine di trasformazione.

L’ubicazione delle cabine di trasformazione è scelta in base ad esigenze diverse:

disponibilità dei locali, potenze in gioco, ecc.; la posizione più razionale dal punto di vista elettrico è quella prossima al baricentro dei carichi da alimentare. Per piccoli impianti, in genere la cabina di trasformazione è adiacente al locale di consegna, per ovvi motivi economici.

A seconda delle modalità costruttive, le cabine vengono divise in due categorie: - cabine “a giorno”: allestite sul posto con tecniche e modalità diverse, dipendente dal

luogo e dalle modalità dell’ installatore; - cabine “prefabbricate”: costruite in fabbrica e mondate sul posto con modalità standard.

Le Norme principali a cui far riferimento per il progetto di una cabina di trasformazione

sono le Norme CEI 11-18:Impianti di produzione, trasporto, distribuzione energia elettrica. Dimensionamento degli impianti in relazione alle tensioni. (6.1) Elementi costitutivi di una cabina di trasformazione

Verranno ora presentati gli elementi costitutivi di una cabina di trasformazione con annesso

locale di consegna dell’energia di un piccolo impianto, con un solo trasformatore (figura 6.1).

1) Terminale di connessione. É l’idoneo terminale dalla Società distributrice per il collegamento dei cavi di MT alle proprie apparecchiature.

2) Conduttori di collegamento. Per collegare fra loro le apparecchiatura in MT della Società fornitrice.

3) Sezionatore di terra. È il sezionatore della società distributrice per l’eventuale messa a terra delle proprie apparecchiature sull’impianto di terra dell’utente.

4) Sezionatore di linea della società distributrice. Anche in questo caso la messa a terra è fatta sull’impianto di terra dell’ utente.

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5) Gruppo di misura. In genere è istallato in un locale apposito, accessibile all’utente. Se il gruppo di misura è installato nel locale di consegna, la lettura della misura è resa disponibile all’ utente tramite un ripetitore di lettura collegato con un cavo in fibra ottica.

6) Punto di consegna dell’energia. Le apparecchiature a monte di tale punto costituiscono l’impianto di consegna e viene allestito dall’ Ente distributrice di energia nel locale di consegna, il cui accesso è riservato esclusivamente a tale Ente.

7) Linea di alimentazione. È allestita dall’ utente, ed è normalmente costituita da tre cavi unipolari con schermo metallico idoneo alla tensione nominale della cabine. La sezione dei cavi è stabilita dalla società distributrice che ne assicura la protezione.

8) Sezionatore di linea. Per ragioni di sicurezza è opportuno prevedere un sezionatore del tipo sotto carico, a meno di installare un interblocco tra il medesimo e l’interruttore di protezione, che ne impedisca la manovra a interruttore chiuso.

9) Conduttori di collegamento. Per collegare fra loro le apparecchiature di MT, si utilizzano normalmente conduttori nudi di rame in sbarre o in tondino. Questi conduttori sono fissati agli elementi della cabina mediante isolatori. Essi devono soddisfare le prescrizioni stabilite dalle Norme 11-1 e 11-8 che qui, per brevità, vengono omesse.

10) Dispositivo di protezione contro le sovracorrenti. Questa protezione è tassativamente richiesta dalla Società distributrice dell’energia, onde evitare che un cortocircuito sull’impianto di un utente possa causare disservizi ad altri utenti. I dispositivi idonei a interrompere un cortocircuito in MT sono gli interruttori automatici (ad olio ridotto, in SF6 ,o ad alto vuoto) e i fusibili (che devono essere accompagnati da un sezionatore sotto carico).

11) Trasformatore. I più diffusi sono di due tipi: In olio minerale (a perdite normali o ridotte) e in resina. I trasformatori in olio sono più economici e hanno perdite e ingombri inferiori a quelli in resina, ma per la presenza dell’olio, che può incendiarsi, è opportuno prendere provvedimenti particolari, soprattutto se l’eventuale incendio potrebbe causare danni gravi.

12) Variatore manuale di tensione. Questo dispositivo, presente sul secondario di ogni trasformatore, garantisce il giusto valore di tensione al variare della tensione al primario, dipendente dalla posizione della cabina.

13) Messa a terra del centrostella del trasformatore. 14) Nodo principale di terra. E’ costituito da una bandella di rame di dimensioni

approssimative: 30x3x500 mm. Ad esso vengono collegati, mediante bulloni (vite con testa, dado e rondella Glover) i conduttori indicati.

15) Conduttore di neutro. 16) Conduttore di protezione. 17) Conduttore di terra. 18) Dispositivo di protezione in BT.

Fig. 6.1 Schema di una cabina 1

23

4

5

6

7

8

9

10

11

12

1314

15

16

17

18

19

9

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19) Linea di alimentazione in BT dell’impianto utilizzatore. (6.2) Ubicazione delle cabine

L’ubicazione delle cabine deve essere predisposta in modo da permettere al personale autorizzato l’accesso alla stessa in qualsiasi momento per seguire le manovre di servizio e la manutenzione dei componenti della cabina, particolarmente di quelli di maggior ingombro e peso, come i trasformatori. Gli accessi vanno dimensionati in modo da permetterne l’agevole manutenzione. Le cabine vanno preferibilmente realizzate in locali chiusi a chiave onde evitare l’accesso alle persone non autorizzate. Le cabine realizzate con apparecchiature prefabbricate conformi alle Norme CEI 17-6 e 17-13 possono essere installate nei luoghi di lavoro con adeguate precauzioni (ad esempio, con l’adozione di apparecchiature a MT resistente all’arco interno nei casi in cui è prevista la presenza continua di persone in prossimità della cabina). Le cabine per esterno che non rientrano nelle norme specifiche delle cabine prefabbricate vanno installate con le opportune precauzioni atte ad evitare situazioni di pericolo per le persone che possono transitare nelle vicinanze e che agenti esterni possano pregiudicarne il buon funzionamento. (6.3) Ventilazione

Per una buona ventilazione della cabine è bene prevedere nella parte inferiore della cabina,

possibilmente dietro i trasformatori, una o più prese d’aria dall’esterno il cui bordo superiore deve essere soprelevato rispetto al pavimento della cabina di almeno 20 cm e nella parte superiore camini o finestre che diano verso l’area libera. I dispositivi di aerazione devono avere grado di protezione IP3X se posti in prossimità di parte in tensione e evitare penetrazione di acqua o neve e l’ingrasso di piccoli animali che possono provocare cortocircuiti. Per il calcolo della grandezza delle prese d’aria vi sono opportuni grafici che danno la sezione delle finestre o del condotto d’area in funzione della potenza dissipate all’interno della cabina, della differenza di altezza fra il centro della sagoma del trasformatore e le uscite d’aria, e della differenza di temperatura fra l’area in ingrasso e in uscita della cabina. (6.4) Pratiche burocratiche per l’installazione di una cabina di

trasformazione d’utente

Una cabina di trasformazione è soggetta alle leggi dell’edilizia e pertanto la sua installazione è subordinata all’espletamento di alcune pratiche:

- pratica presso il “genio civile” della Provincia ai sensi delle leggi 1086/71 e 64/74. E’ necessario presentare il progetto completo degli elaborati tecnici firmato dal progettista e dal costruttore;

- pratica per la concessione della “licenza edilizia” presso il Comune. Devono essere presentati i disegni con le viste in pianta, alzato e prospetto;

- direzione lavori. Deve essere nominato un “direttore dei lavori”.

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L’allacciamento dell’utente da parte dell’ Ente Distributore dell’ energia è subordinato alla presentazione della seguente documentazione:

- scheda di rilievo del tipo di utilizzazione dell’energia elettrica fornita in MT) , relativa alla qualità del servizio;

- disegni costruttivi di massima (piante e sezioni) dei locali di consegna e di misura, con le indicazioni dei materiali e delle caratteristiche tecniche e dimensionali di pareti, pavimento e soffitto o tetto, infissi, aperture, ecc.;

- descrizione di massima delle caratteristiche e della configurazione dell'impianto di terra e copia del verbale di verifica dell'impianto di terra;

- descrizione (tipi e caratteristiche) del cavo MT di raccordo e delle sue terminazioni, del sezionatore generale, dell'interruttore od interruttore di manovra-sezionatore generale e di altri materiali ed apparecchiature che, pur facendo parte dell'impianto dell'utente, sono installate a monte dei tali apparecchiature; descrizione delle protezioni adottate sul lato MT e dei loro parametri di intervento; schema unifilare della parte MT comprese le unità di trasformazione MT/BT con indicazione dei possibili assetti di esercizio;

- copia della dichiarazione di conformità dell'impianto elettrico utilizzatore, ai sensi della legge n. 46 del 513190 e relativo DPR 447 del 6 112 /91, compilata dall' installatore abilitato;

- copia della certificazione comprovante l'agibilità dei locali di consegna e misura (se prevista) ;

- nel caso di alimentazione di emergenza, descrizione sommaria ,dei dispositivi di blocco adottati contro il collegamento in parallelo delle alimentazioni.

- Per le cabine alte l’utente dovrà fornire la certificazione comprovante l’omologazione della struttura.

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Capitolo 7 Impianto di protezione dalle scariche atmosferiche (7.1) Norma CEI 81-1

La norma a cui ci si deve riferire per la costruzioni di impianti di protezione dalle scariche atmosferiche è la Norma CEI 81-1 ''Protezione delle strutture contro i fulmini ''. La Norma è profondamente mutata rispetto l’edizione precedente e pertanto, preliminarmente, è necessario effettuare uno studio sulla necessità o meno di porre in essere un LPS (sistema di protezione

contro i fulmini) secondo i dettami della nuova normativa.

La scelta se, come e quando, proteggere una struttura deve essere fatta dal progettista dell’LPS, il quale deve valutare il rischio relativo alla struttura e confrontarlo con il rischio massimo tollerabile. Per far ciò è necessario:

a) individuare la struttura e definirne le caratteristiche; b) individuare i tipi di danno che il fulmine può provocare nella struttura;

quindi, per ogni tipo di danno: - valutare il rischio R; - individuare il rischio massimo tollerabile Ra; - confrontare il rischio R con quello tollerabile Ra; - individuare le misure di protezione che rendono R<Ra;

c) indicare il complesso delle misure di protezione che rendono R < Ra per tutti i tipi di danno;

d) scegliere fra tutte le possibili misure di protezione quelle più convenienti dal punto di vista tecnico-economico.

(7.1.1) Le componenti di rischio

Le componenti di rischio sono così classificate: Tab 7.1 - Classificazione delle componenti di rischio

Componente Causa

H tensioni di passo e di contatto prodotte dalla fulminazione diretta della struttura

A incendio all’interno della struttura innescata da scariche durante la fulminazione diretta

D sovratensioni sugli impianti interni generate dalla corrente di fulmine

M sovratensioni indotte sugli impianti interni da fulmini a terra in prossimità della struttura

G sovratensioni indotte da fulmini a terra sulle linee entranti nella struttura

C incendio all’interno della struttura, innescato da sovratensionitrasmesse da linee entranti colpite direttamente da fulmine

(7.1.2) Relazione tra rischio e danno

In funzione dei tipi di rischio si possono verificare diversi tipi di danno. La tabella che segue

mette in relazione i tipi di rischio e di danno con la causa del danno e la componente di rischio come definita al paragrafo precedente.

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Tab 7.2 - Relazione fra tipo di rischio, causa di danno e componente di rischio Tipo di

rischio

Tipo di danno Causa di danno Componente di

rischio Tensioni di contatto e di passo H

Incendio A,C(2) Rischio 1 Perdita di vite umane Sovratensioni(3) D,G(1),M

Incendio A,C(2) Rischio 2

Perdita inaccettabile di servizio pubblico essenziale Sovratensioni D,G,M(1)

Rischio 3 Perdita di patrimonio culturale

insostenibile Incendio A,C(2)

Tensioni di contatto e di passo H(4)

Incendio A,C(2) Rischio 4 Perdita economica Sovratensioni D,G,M(1)

(1) Solo per strutture con impianti interni sensibili. (2) Solo per linee elettriche di energia. (3) Solo negli ospedali e nelle strutture con pericolo d'esplosione. (4) Solo per strutture ad uso agricolo (perdita di animali).

(7.1.3) Procedura semplificata per la scelta delle misure di protezione

Nel caso di strutture ordinarie è possibile adottare la procedura semplificata indicata

all'appendice G della Norma CEI 81-1.

Seguendo la procedura semplificata, si calcola preliminarmente la frequenza media Nd di fulmini che colpiscono direttamente la struttura e che può essere valutata con la seguente formula:

Nd = Nt Ad 10 - 6 = Nt C A 10- 6 [fulmini/anno] nella quale:

- Nt è la densità annuale di fulmini (fulmini/Km2 anno) al suolo relativa alla zona ove è situata la struttura Ad è l’area di raccolta (m2) della struttura;

- A è l’area di raccolta (m2) della struttura isolata; - C è il coefficiente ambientale.

I valori di Nt si deducono dalla carte topografica riportata in figura 7.1;

L’area di raccolta di una struttura è definita come la misura della superficie al terreno che ha la stessa frequenza annuale di fulminazioni dirette della struttura. L’area di raccolta A di una struttura isolata è l’area della superficie ottenuta dall’intersezione fra il piano di terra e tutte le rette con pendenza 1/3 intersecanti l’edificio.

Per una superficie parallelepipeda avremo pertanto: A= LW + 6H (L + W) + 9π H2

essendo L, W, H rispettivamente la lunghezza L , la larghezza W e l’altezza H della struttura. La determinazione del coefficiente ambientale C è fatto secondo la tabella 7.3. Tab. 7.3 - Determinazione del coefficiente ambientale C

Disposizione relativa della struttura C

Struttura situata in un'area con presenza di strutture di altezza uguale o maggiore . 0,25 StruttUra situata in un'area con presenza di strutture più basse (*) . 0,5 Struttura isolata: non esistono altre strutture o oggetti entro una distanza 3 H dalla struttura 1 Struttura isolata sulla cima di una collina o di una montagna 2 (*) Le strutture più basse le cui di raccolta ricadono tutte all’interno dell’area di raccolta della struttura considerata devono essere trascurate

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Fig. 7.1 - Valori medi dei numeri di fulmini a terra

La scelta del livello di protezione dell’LPS deve essere effettuato dal progettista dopo aver confrontato i valori di Nd con il valore Na della frequenza di fulminazione riportato nella tabella 7.3.

- Se Nd > Na deve essere installato un LPS di efficienza E > Ec = 1- (Na / Nd). - Se Nd < Na l’installazione dell’LPS non è necessaria.

(7.1.4) Frequenza di fulminazione tollerabile per strutture ordinarie

Viene nel seguito riportata la tabella 7.3 della Norma CEI 81-1 unitamente ad una legenda

delle strutture alle quali la procedura semplificata può, nella grande maggioranza dei casi, essere applicata. Tab. 7.4 - Valori di Na per strutture ordinarie

Frequenza di fulminazione tollerabile Na (Fulmini/Anno)

Rischio di incendio

Tipo di struttura

Ridotto Ordinario Elevato

A 5·10-2 5·10-3 5·10-4

B 5·10-1 5·10-2 5·10-3

C 1 10-1 10-2

D 5 5·10-1 5·10–2

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Legenda sulla tipologia e sulle caratteristiche delle strutture:

Tipo A: - alberghi - ospedali - grandi locali di pubblico spettacolo (> 250 posti) - immobili per grandi attività commerciali (> 1500 m 2 ) - grandi musei (> 1500 m 2 ) Caratteristiche: strutture in muratura e/o cemento armato, impianti interni in cavo non schermato, corpi metallici esterni collegati a terra, presenza di estintori, idranti, ecc. Tipo B: - edifici adibiti ad uso civile - alberghi piccoli ( < 100 posti letto) - prigioni - immobili per piccole attività produttive ( < 25 addetti) - immobili ad uso ufficio Caratteristiche: strutture in muratura e/o cemento armato, impianti interni in cavo non schermato, nessuna protezione sulle linee elettriche entranti, corpi metallici esterni collegati a terra, presenza di estintori, idranti, ecc. Tipo C: - strutture metalliche all’aperto - chiese - scuole) - immobili per piccole attività commerciali ( < 1500 m 2 ) - immobili per grandi attività produttive (> 25 addetti) - edifici agricoli Caratteristiche: strutture in muratura e/o cemento armato, impianti interni in cavo non schermato, nessuna protezione sulle linee elettriche entranti, alimentazione in M.T. con schermo del cavo messo a terra (solo per immobili per grandi attività produttive), corpi metallici esterni collegati a terra, presenza di vie di fuga protette. Tipo D: - piccoli locali di pubblico spettacolo ( < 250 posti) - musei piccoli ( < 1500 m 2 ) Caratteristiche: strutture in muratura e/o cemento armato, impianti interni in cavo non schermato, nessuna protezione sulle linee elettriche entranti, corpi metallici esterni collegati a terra, presenza di estintori o idranti,impianti di rilevazione incendi, vie di fuga protette.

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Capitolo 8 Documenti di progetto (8.1) Guida CEI 0-2

In questo capitolo è riportata la descrizione dei documenti richiesti dalla Guida CEI 0-2 (Guida per la definizione della documentazione di progetto degli impianti elettrici). Per ciascun tipo di impianto tali documenti possono essere accorpati o suddivisi in relazione alla complessità dell'impianto stesso. Relazione tecnica

Questo documento deve contenere le seguenti indicazioni: a) Descrizione sommaria dell'impianto al fine della sua identificazione. b) Descrizione di tutte le caratteristiche degli edifici, delle attività svolte e dei materiali

contenuti, che hanno condizionato le scelte delle soluzioni impiantistiche e dei componenti.

c) Classificazione degli ambienti in relazione alle condizioni ambientali, alle attività svolte e ad eventuali particolarità.

d) Dati del sistema di distribuzione e di utilizzazione dell'energia elettrica (tensione, frequenza, fasi, stato del neutro, tipo di alimentazione. Corrente di cortocircuito, corrente massima di terra -per consegna in M.T.- e tempo d'intervento delle protezioni).

e) Indicazione della natura ed entità dei carichi da alimentare. f) Norme tecniche e di legge alle quali devono essere conformi l'impianto e i suoi

componenti. g) Eventuali vincoli da rispettare. Per esempio quelli derivanti dalle necessità di

prevenzione incendi e dalla compatibilità con gli impianti esistenti nel caso di trasformazione o ampliamento.

h) Caratteristiche generali dell’ impianto elettrico, quali le condizioni di sicurezza, la disponibilità del servizio, la flessibilità (per esempio per futuri ampliamenti), la manutenibilita.

i) Descrizione delle misure di protezione contro i contatti indiretti, quali: interruzione automatica dell'alimentazione, uso dei componenti elettrici aventi isolamento in classe II od equivalente, separazione elettrica, bassissima tensione di sicurezza ecc.Per quanto riguarda l'interruzione automatica dell'alimentazione, la relazione deve contenere l'indicazione delle modalità di esecuzione del collegamento a terra del sistema, le caratteristiche dei conduttori di protezione le modalità di messa a terra delle masse, la descrizione dell'impianto di terra con riferimento all'eventuale uso dei ferri del calcestruzzo e delle strutture metalliche, quali elementi del dispersore, conduttori di terra, conduttori equipotenziali principali. Inoltre la relazione deve riportare eventuali calcoli dimensionali riferiti alle condizioni più sfavorevoli e la descrizione significativa delle altre eventuali misure di protezione adottate.

j) Descrizione delle misure di protezione contro i contatti diretti, quali l'uso di involucri (o barriere IP…), di ostacoli o di distanziamenti, di interruttori differenziali, quale protezione addizionale.

k) Dati dimensionali relativi all'illuminazione artificiale generale e, ove necessario, all'illuminazione localizzata in relazione al compito visivo, per i diversi ambienti e per le diverse configurazioni di utilizzazione (per esempio, illuminazione normale, di riserva, di sicurezza).

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In generale, per ciascun ambiente, i dati dimensionali sono: - tipi di lampade e di apparecchi di illuminazione: - quantità ed ubicazione degli apparecchi di illuminazione:

- livello di illuminamento medio di esercizio (En); - uniformità di illuminamento. Altri dati possono essere indicati per particolari tipi di ambienti, quali: - ripartizione della luminanza; - classe di qualità (valori calcolati) della limitazione dell’abbagliamento (G); - temperatura o tonalità del colore della luce: - fattore di manutenzione (M): - fattore di deprezzamento (D).

l) Schema della tipologia degli impianti e dei componenti elettrici principali in relazione ai parametri elettrici (per esempio, tensioni, correnti). alle condizioni ambientali e di utilizzazione (per esempio, interno di edifici civili. ,installazioni industriali all’ aperto, luoghi con pericolo di esplosione).

m) Criteri di dimensionamento e scelta dei componenti elettrici. n) Descrizione delle modalità operative degli impianti (automazione. supervisione,

controllo, distacco carichi, di alimentazione, comandi di emergenza ecc.). o) Definizione del grado di dettaglio e dei tipi elaborati di progetto (solo quando la

complessità del progetto lo richiede). p) Altre eventuali informazioni.

Schema elettrico generale

Nasce dall'analisi delle esigenze delle utenze da alimentare e delle sorgenti di energia disponibili (per esempio, alimentazione esterna, autoproduzione).

Può essere uno schema unifilare o multifilare e deve mostrare le principali relazioni o connessioni tra i componenti: inoltre deve riportare le informazioni relative ai circuiti di potenza, ai livelli di tensione e di cortocircuito, al sistema di protezioni elettriche, ai circuiti di comando e segnalazione, ai dati nominali dei componenti elettrici principali. Potenze installate, potenze assorbite e relativi dimensionamenti

Tale documento generalmente consiste in un elenco dei valori delle potenze installate ed assorbite, calcolati tenendo conto di: - potenza nominale degli apparecchi utilizzatori; - potenze assorbile dagli apparecchi utilizzatori nelle condizioni di funzionamento stabilite; - fattori di potenza; - fattori di contemporaneità e di utilizzazione degli apparecchi utilizzatori. Inoltre, contiene il dimensionamento dei componenti elettrici e delle condutture (per esempio, cavi, condotti sbarre ecc.) in base alle massime cadute di tensione ammesse, alle correnti del carico, alle correnti di guasto e alle condizioni di posa. Diagrammi di coordinamento delle protezioni

Le tabelle e i diagrammi di coordinamento delle protezioni sono documenti alternativi o complementari tra loro. Essi contengono i dati per definire le caratteristiche significative dei dispositivi di interruzione, dei dispositivi, di protezione dei circuiti e degli apparecchi utilizzatori ed i dati per la verifica della selettività, quando richiesta, dei dispositivi di protezione quali:

- tipi di dispositivi di protezione (per esempio, magetotermico primario, relè termico primario, dispositivo a corrente differenziale. fusibili ecc.);

- tipi di curve d'intervento, campi di taratura e valori selezionati; - poteri d'interruzione richiesti nei diversi punti dell’impianto elettrico;

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Elenco dei componenti elettrici

È l'elenco dei componenti dell'impianto elettrico, escluse le condutture (per esempio, macchine, apparecchiature assiemate, apparecchiature, prese a spina ecc.), e degli apparecchi utilizzatori (per esempio. motori, apparecchi d'illuminazione ecc.) compresi quelli ausiliari, con indicato per ciascuno: la sigla di identificazione (ove necessaria per una corretta individuazione in relazione all'installazione, alle verifiche, all'esercizio e alla manutenzione), la tipologia, la potenza nominale o altra grandezza di dimensionamento, la tensione e la frequenza nominali, le condizioni di alimentazione e funzionamento (per esempio, continuità dell'alimentazione, funzionamento continuo, intermittente ecc.), le prescrizioni per il comando e le segnalazioni, altre informazioni eventualmente necessarie per l'acquisto. Elenco delle condutture elettriche

È l'elenco con i dati significativi delle condutture, quali ad esempio: - la sigla di identificazione ove necessaria per una corretta individuazione in relazione

all'installazione. alle verifiche; all'esercizio e alla manutenzione; - le informazioni relative alle connessioni alle due estremità (da.. a.. ); - la lunghezza; - le caratteristiche dei conduttori, dei cavi e dei condotti sbarre quali: il tipo, la

formazione. la sezione dei conduttori; - le informazioni relative alloro supporto, fissaggio, protezione meccanica e altre

informazioni eventualmente necessarie per l'acquisto. Specifiche tecniche dei componenti elettrici

Le specifiche tecniche contengono, per ciascuno dei componenti sopra elencati, i dati di progetto, i riferimenti alle norme di costruzione e collaudo, le eventuali richieste di prove speciali le quantità e la documentazione che il fornitore deve produrre. Documenti di disposizione funzionale

I documenti di disposizione funzionale consistono, per esempio, in schemi a blocchi. cioè schemi d’insieme che utilizzano principalmente segni grafici a blocchi, oppure in schemi elettrici circuitali (Norma CEI 3-33), che rappresentano i collegamenti elettrici e le funzioni di uno specifico circuito, senza tener conto delle reali forme, dimensioni ed ubicazione degli elementi rappresentati, allo scopo di facilitare l'analisi di un circuito nel suo ruolo funzionale, l'esecuzione di prove e la localizzazione dei guasti. Schemi delle apparecchiature assiemate di protezione e di manovra (quadri)

Gli schemi delle apparecchiature assiemate di protezione e manovra (comunemente denominate anche "quadri") contengono l'indicazione dei circuiti principali in entrata e uscita, gli interruttori, i dispositivi di protezione e comando, gli strumenti di misura, i dati di dimensionamento che permettono la costruzione o selezione delle apparecchiature stesse. In particolare devono riportare:

- tensione nominale d'isolamento (Ui) e di impiego (Ue); - frequenze nominale; - livello di tenuta al cortocircuito; - portata nominale delle sbarre; - tipi di interruttori e/o fusibili; - corrente nominale e potere di interruzione degli interruttori e/o dei fusibili; - interblocchi; - sigla dei componenti (eventuale);

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- sigla (eventuale) e/o descrizione dei circuiti alimentati; - sigla delle condutture in entrata e in uscita (eventuale).

Disegni planimetrici

I disegni planimetrici mostrano i componenti elettrici in relazione alla loro ubicazione planimetrica. Riportano le cabine elettriche (con le dimensioni, la disposizione dei quadri. dei trasformatori e delle apparecchiature, le dimensioni degli spazi di manutenzione e delle uscite di sicurezza), i percorsi principali delle condutture elettriche, con relative dimensioni d'ingombro o disegnate in scala, i principali componenti elettrici (quadri in campo, macchine, apparecchiature, prese a spina, apparecchi utilizzatori ecc.), la posizione approssimativa degli elementi del dispersore di terra, dei conduttori di terra, di equipotenzialità e di protezione non facenti parte delle conduttura dei conduttori attivi, la posizione dei nodi equipotenziali e dei collettori principali di terra; nonché gli eventuali riferimenti a sezioni e disegni particolari (i disegni relativi all'impianto di terra possono contenere informazioni concernenti l'impianto di protezione dai fulmini). Dettagli d'installazione

Questi documenti contengono le informazioni necessarie per una corretta installazione dei componenti elettrici, compresa la disposizione dei cavi negli scavi e nelle passerelle, la disposizione dei condotti sbarre, i dettagli relativi all'impianto di terra ed alla protezione contro i fulmini ove prevista. Tenendo conto del necessario coordinamento con altri tipi di impianto.

Il grado di dettaglio del progetto è correlato alla complessità e specificità dell'impianto. Tutte queste informazioni possono essere fornite con soluzioni tecniche costruttive e/o di installazione prestudiate (disegni tipici), ottimizzate e pronte per l' esecuzione; sono di uso generale e pertanto possono non avere riferimenti specifici all'impianto in oggetto. Documentazione specifica relativa ad ambienti e applicazioni particolari

Per ciascun tipo di ambiente e applicazione particolari (bagni, strutture agricole, locali ad uso medico, con pericolo di esplosione ecc.), è richiesta una documentazione che deve contenere tutte le informazioni che evidenziano il rispetto delle prescrizioni contenute nelle Norme specifiche, che integrano modificano o sostituiscono quelle generali. La documentazione specifica integra quella indicata nei punti precedenti. Computi metrici, stime e prezzi unitari

I computi metrici definiscono in modo più o meno dettagliato le quantità di materiali e di attività previste per la realizzazione dell'impianto. I computi metrici nei quali vengono riportati i prezzi sono definiti estimativi in quanto consentono di fare stime parziali o totali di un'opera. La caratteristica più importante dei computi metrici è la facile gestibilità per quanto riguarda sia le quantità sia i prezzi. Ogni prezzo deve avere una propria codificazione così da farlo sempre corrispondere al medesimo materiale o alla medesima attività. Gli elenchi dei prezzi unitari sono generalmente elenchi dei componenti che fanno parte o possono far parte dell’impianto e delle attività necessarie per la loro installazione, con indicati per ciascuno gli oneri generali e specifici compresi nel prezzo. Gli elenchi dei prezzi unitari, indispensabili per gli appalti a misura, svolgono un'utile funzione anche negli appalti cosiddetti “a forfait” (cioè a prezzo convenuto complessivo) in quanto consentono la quantificazione senza contestazioni delle eventuali varianti in corso d'opera perché prevedono, per lo stesso tipo di materiale, diversi tipi di posa o almeno quelli ricorrenti nell'impianto progettato.

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Disposizioni di sicurezza, operative e di manutenzione, conseguenti alle scelte progettuali

Sono le disposizioni da rispettare nell' installazione, esercizio e manutenzione,onde evitare situazioni pericolose per la sicurezza e la continuità di funzionamento ed inoltre per la salvaguardia dei componenti elettrici, che sono conseguenti alle scelte progettuali.

Non sono comprese le disposizioni derivanti da caratteristiche costruttive dei componenti, di competenza del costruttore, e quelle relative alla conduzione del cantiere. Capitolato speciale d'appalto prestazionale e descrittivo

Il Capitolato speciale d'appalto viene redatto solo su richiesta specifica del committente (normalmente le amministrazioni pubbliche). I criteri per la stesura di questo documento sono contenuti nella Guida CEI 0-2, che riporta in sintesi e con qualche modifica, il contenuto del Capitolato tipo impianti elettrici, approvato con D.M. del 12.12.1962, aggiornato nel 1988.

Secondo i suddetti criteri, questo documento è suddiviso in quattro parti. Nella prima vengono indicati i dati e la consistenza del lavoro da eseguire e ne vengono stabiliti i tempi e le modalità di esecuzione. Nella seconda e terza parte sono elencate le prescrizioni tecniche e normative, alle quali l'impianto e i suoi componenti devono risultare conformi. La quarta parte è l'elenco di tutti i documenti di progetto. Documentazione relativa alla protezione contro i fulmini

Il sistema di protezione contro i fulmini è cosa del tutto diversa da un impianto elettrico, pertanto i relativi documenti di progetto non possono essere inseriti tra quelli di quest'ultimo. Questo progetto quindi deve risultare separato da quello dell' impianto elettrico.

Poiché il sistema di protezione contro i fulmini contiene provvedimenti da adottare nei confronti dell' impianto elettrico e può. avere in comune con esso il dispersore di terra e alcuni collegamenti equipotenziali, il relativo progetto (quando necessario o richiesto dal committente) deve precedere quello dell'impianto elettrico.

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