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Pag. | 1 Ing. Oriano Pasquetto

Dinamica delle strutture - Sismica - I fondamenti pdf/Work/Corsi/DINAMICA/DINAMICA DELLE... · 2.3 – Azione normale del vento 54 2.4 – Azione tangenziale del vento 61 2.5 –

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Ing. Oriano Pasquetto

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1 – Fondamenti di dinamica 4 1.1 – Sistemi ad un grado di libertà 7 1.2 – Il problema sismico 15 Applicazione 19 1.3 – Sistemi elastici lineari a più gradi di libertà 20 1.3.1 – Esempio 27 1.3.2 – Applicazione – Dinamica di un telaio 27

1.4 – Sistemi elastici lineari a più gradi di libertà - il problema della risposta massima 35

1.4.1 – Applicazione – Risposta massima di un sistema 36 1.5 - Perdita dell’ipotesi di elasticità lineare 47 2 - Le basi metodologiche per la progettazione 48 2.1 – Introduzione - Classificazione dell’opera 48 2.2 – Le azioni 50 2.3 – Azione normale del vento 54 2.4 – Azione tangenziale del vento 61 2.5 – Azione della neve 62 2.6 – Azione sismica 67 2.6.1 – Concetto di duttilità strutturale 71 2.6.2 – Criteri di progettazione generali e classi di duttilità 73 2.6.3 – Fattore di struttura 75 2.6.4 – Metodi di analisi 76 2.6.4.1 – Analisi statica equivalente (analisi statica lineare) 77 2.6.4.2 – Analisi dinamica lineare (analisi modale) 83 2.6.4.3 – Valutazione degli spostamenti 84 2.6.4.4 – Analisi statica non lineare (pushover) 84 2.6.4.4.1 – Metodo del Capacity Spectrum 89 2.6.4.4.2 – Metodo N2 di Fajfar 90 2.6.4.5 – Analisi non lineare dinamica 97 2.7 – Tipologie strutturali 98 2.7.1 – Le strutture ricorrenti 102 2.7.2 – Analisi di una struttura soggetta a forze orizzontali 103 2.7.2.1 – Struttura a telaio 106 2.7.2.2 – Sistema mensola-telaio 113 2.7.2.3 – Caso di controventi costituiti da travature reticolari 114 2.7.2.4 – Tamponamenti in muratura 115 2.7.3 – Calcolo dei parametri di sollecitazione nelle mensole controventanti i 115

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2.7.3.1 – Pareti di controventamento con aperture di grandi dimensioni 117 2.7.3.2 – Pareti di controventamento con aperture di piccole dimensioni 117

2.7.3.3 – Comportamento sismico delle pareti accoppiate 121 2.8 – La regolarità strutturale 124 3 – I materiali (acciaio e calcestruzzo) 131 4 – Dimensionamento e verifica degli elementi strutturali 132 4.1 – Travi 132 4.2 – Pilastri 138 4.3 – Pareti in calcestruzzo armato (setti) 141 4.4 – Travi di collegamento o accoppiamento 150 5 – Nodi trave-pilastro di telai antisismici in calcestruzzo armato 156 6 – Muri di controvento in calcestruzzo armato 162 APPLICAZIONE PROGETTUALE I 166 APPLICAZIONE PROGETTUALE II 176 7 – Appendice - L’equazione differenziale della linea elastica 185 7.1 – Brevi richiami sulla teoria delle travi inflesse 185 7.2 – La deformazione delle travi soggette a flessione 186 7.3 – L’equazione differenziale della linea elastica 187 7.4 – Trave appoggiata con carico uniformemente ripartito 188 7.5 – Trave a sbalzo con carico ripartito 189 7.6 – Trave a sbalzo con carico concentrato all’estremità 190 7.7 – Trave a sbalzo con coppia applicata all’estremo libero 190

7.8 – Trave semplicemente appoggiata con carico concentrato in posizione arbitraria 191

7.9 – Trave a sbalzo con carico concentrato in un punto generico 193 7.10 – Trave semplicemente appoggiata con coppia all’estremità 193 8 – Appendice - Instabilità dell’equilibrio nel calcestruzzo armato 194

8.1 – Linee guida per il calcolo delle curvature e diagrammi momento curvatura 199 8.2 – Verifica dei telai a nodi fissi e a nodi spostabili 200 8.2.1 – Prescrizioni di normativa per elementi strutturali singoli 200 8.2.2 – Strutture a nodi fissi e anodi spostabili: prescrizioni di

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1 – FONDAMENTI DI DINAMICA. Sotto il nome di Analisi Dinamica vanno tutte quelle attività di studio volto ad individuare il comportamento (movimenti, sforzi,…) dei diversi componenti di un sistema meccanico soggetto alle diverse cause eccitatrici. I sistemi meccanici possono essere classificati in:

- Sistemi che ammettono una posizione di equilibrio statico (posizione di quiete), e questo è il caso di tutti gli edifici civili.

- Sistemi che non ammettono tale posizione e sono dotati di movimento generico o in situazione di moto a regime, e queste sono le macchine.

Vediamo ora di che cosa si occuperà il corso brevemente… Esempio di un sistema vibrante a due gradi di libertà posto in un campo di forze.

I parametri rx ed ry, prendono il nome di costanti di smorzamento, e ci forniscono nell’unità di tempo, e nell’unità di accelerazione, quanta energia viene ad essere dissipata. Come si osserva la forza F è in funzione dello spostamento, della velocità e dell’accelerazione, nelle due direzioni, se siamo nel piano. Oltre che ad aspetti di natura teorica, la Dinamica delle Strutture cerca di fornire delle

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risposte, in merito ad una serie di applicazioni… Le azioni random sono quelle azioni che non sono prevedibili, mentre le azioni deterministiche sono delle azioni che possono essere non prevedibili, o non-periodiche, ma note dal punto di vista della loro intensità.

Altra sollecitazione dinamica che può essere importante per alcune strutture (ponti, ciminiere, ecc.) è quella dovuta al vento. Quello che caratterizza l’azione del vento è il distacco dei vortici di Von Karman nel caso delle ciminiere, o di fattori di turbolenza nel caso dei ponti. L’azione sollecitante del vento è legata alla velocità del vento (spinta aereodinamica), l’angolo di attacco e la forma dell’oggetto, questi ultimi due fattori determinano la portanza. La diversa combinazione di spinta (drift) e portanza generano dei momenti torsionali e/o flessionali sull’intera struttura. Quello che a noi più interessa è la risposta aereo-elastica della struttura, che provoca la sua variazione di configurazione spaziale, e la conseguente nascita di sollecitazioni diverse, questo può portare a un ciclo ricorsivo di spostamenti-sollecitazioni che si autoalimenta. In parole più tecniche abbiamo la comparsa di fenomeni autoeccitanti, che possono portare in crisi il sistema strutturale.

Altre applicazioni della dinamica sono le azioni deterministiche portate dalle vibrodine; queste macchine sono usate per indurre delle vibrazioni in una struttura, ed analizzarne la risposta, ecco qui degli esempi.

Detto appare di tutta evidenza di affrontare la tematica della protezione strutturale dagli eventi di natura dinamica. Possiamo avere due modi di protezione:

1) Controllo passivo. 2) Controllo attivo.

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Nel primo caso rientrato tutti gli elementi di appoggio antisismico, oppure sistemi a pistone, che possono essere attivi o passivi. Nel primo caso questi pistoni vanno a costituire un sistema oleodinamico attivo, che tramite il controllo continuativo degli spostamenti strutturali, ne dissipa gli effetti negativi. Oppure questi pistoni possono essere passivi, cioè non servo-attuati, ma con un funzionamento molto simile agli appoggi antisismici.

Generalmente nella fase di progettazione si opera come segue:

Negli edifici esistenti devo fare esattamente il contrario, in quanto non conosco S, quindi devo applicare delle forze F note, e leggere delle risposte che saranno anch’esse note. Le informazioni che mi servono per definire S sono principalmente tre:

1) Masse partecipanti. 2) Rigidezze. 3) Fattore di smorzamento.

Chiaramente dei sistemi diversi daranno delle diverse risposte.

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1.1 – Sistemi ad un grado di libertà. Ho una massa m soggetta ad una forza F(t), dipendente dal solo tempo, il sistema si muove in assenza di attrito ed in elasticità lineare, essendo K costante. Quindi è del tutto evidente che lo spostamento x(t) sarà dipendete solamente dal tempo. L’unica spostamento permesso è lungo l’ordinata x-x, quindi il sistema è definito da un solo grado di libertà, ed inoltre, per il momento, siamo in assenza di azioni/forze dissipative.

Scrivo ora l’equazione differenziale che governa il sistema: �� � � ������ � �� � �� ��������� ��� � �� � ��

Si tratta di una equazione differenziale del secondo ordine a coefficienti costanti non omogenea. Procediamo… ����� !"#!�!$#"#��%%!& ��� → ��� � (� � 0 ����� !"#&�*���#* %� &��%%!& ����++,!�!$#"� → �-� � � � 0 Come di consueto:

Δ � /� � 4�& � �4��-1/� � �/ 3 √∆2� 7 ���������89:9; -1 � √�4��2� � <(�

-1 � � √�4��2� � � <(�

Essendo il discriminante ∆ minore di zero, ho due soluzioni complesse coniugate. In generale posso affermare che le soluzioni si trovano nella seguente forma: -1 � = � >; -� � = � > Si avrebbe dunque due soluzioni complesse, che in termini generici, possono essere così definite: �1� � #@A cos>� #��� � #@A%#">� Sono due soluzioni differenti dell’equazione omogenea, e quindi tutte le funzioni nella forma seguente sono soluzioni: �� � #@AEF%#">� � G&!%>�H A questo punto denomino I � JKL frequenza angolare o pulsazione del sistema, come si osserva

questa caratteristica del moto oscillante cresce con il crescere della rigidezza del sistema stesso. Ora sostituendo la nostra soluzione diviene: �� � F%#"I� � G&!%I� Questa è la soluzione dell’omogenea associata, ora devo definire la soluzione particolare, quindi derivo… �M� � IF&!%I� � IG%#"I� Impongo le due condizioni al contorno: N�AOP � �P�MAOP � �MP

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Procedo alla sostituzione…

Q� � 0 →�MAOP = IF = �MP� = 0 → �AOP = G = �P ���������QF = �MPIG = �P

Quindi la nostra soluzione cercata è la seguente: �� = �M RS TUVS� + �RWXYS�

Vediamo ora l’interpretazione grafica delle due componenti, che nella loro somma definiscono il moto armonico finale del sistema.

Adesso definiamo altre due grandezze fondamentali: ZU[\]^]^\]T_\``ab\]VU → c = deJ�� ; �[UfgUVba → h = ic = Sde

Tanto più m è grande, tanto più il periodo è allungato, mentre tanto più K è grande, tanto più T è piccolo. Vediamo di scrivere il tutto in forma estesa: �� = �MPJ�(jklm��nAoèqroLst�uuov�qLwAwtxonn�xuovtyz

%#"I� + �PcosI�

Come si osserva il comportamento complessivo del sistema dipende da m e da K; ora voglio vedere che cosa accade se introduco una azione dissipativa che si oppone al moto del sistema, quindi vado a riscrivere l’equazione differenziale in questo modo: ��� + �� + �^\TT\{a�\|a = �� Questa forza dissipativa dipende dalle caratteristiche del corpo, dalla sua velocità e dalla sua massa, certamente non è di facile definizione, infatti può essere una forza di origine viscosa o di attrito, nel senso più classico del termine. Difatti questa �vtnntsoAt}o può essere proporzionale alle caratteristiche del moto del corpo, oppure può essere una forza Columbiana, cioè una classica forza di attrito. Se �v fosse espressa in termini Columbiani, l’equazione differenziale non presenterebbe più una formulazione finita, quindi per il momento la pensiamo proporzionale alla velocità, quindi una forza dissipativa viscosa. �vtnntsoAt}o = ~�M m�txvt����� ��� + ��M + �� = ��

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L’equazione differenziale è ancora risolvibile; vediamo di fissare la soluzione dell’omogenea. ��� � ~�M � (� � 0 � � =#�A�M � -=#�A�� � -�=#�A� ����������-� � ~- � �=#�A � 0

Se α fosse nullo avrei la soluzione identicamente nulla, e che fisicamente non avrebbe alcun senso. A questo punto definisco le seguenti due grandezze.

� � � �d�S � ��_[\�\_]- � ��I 3 I��� � 17

ξξξξ è il coefficiente di smorzamento, ed è il rapporto tra lo smorzamento C, e lo smorzamento critico Ccritico. La soluzione dell’omogenea assume la seguente formulazione: �� � =1#��A � =�#��A � U��S� ��iU�S��d�i�� � �dU��S��d�i��� Come possiamo osservare questa funzione è composta da due parti, la prima è una esponenziale decrescente #���A, mentre la seconda parte dipende da ciò che abbiamo sotto radice agli esponenti. Infatti se �� � 1 è un valore negativo, significa che ho a che fare un numero complesso, cioè alla fin dei conti con una somma di seni e coseni, cioè con una funzione armonica.

�# ��� � 1 � 0 → �� � 1 → ����!%!��!&* � &!��+#�#*���� $+ #� � & & � + �� � 1 � 0 →�� � 1 → ����!&* � &!�� � 1 � 0 → �� � 1 → ����!%!�*�&* � &!

Vediamo ora di occuparci del primo caso, che più ci interessa, con uno sguardo più attento, difatti abbiamo quanto segue: �� � 1 � 0 → - � ��I 3 I�1 � ��j��k��l��

Quindi: �� � #���A�=1#t��A � =�#�t��A� � #���AEF%#"Iv� � G&!%Iv�H

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Ora so’ che le mie condizioni al contorno sono �AOP � �P e �MAOP � �MP, da queste posso definire la soluzione dell’omogenea associata, nel caso di forza dissipativa viscosa:

�� � U��S� ��M R � �RSS^ TUVS^� � �R_]TS^�� � &!*�!&�#89:9; I � <(�

Iv � <(� �1 � ��

Ma vediamo come possiamo trovare sperimentalmente questo valore di �, cioè del coefficiente di smorzamento. Prima di tutto si sollecita la struttura con un impulso, dopo di che se ne valutano gli spostamenti.

Successivamente si tratterà di operare una interpolazione ai minimi quadrati, con una funzione esponenziale del tipo #���A. In ragione delle diverse strutture possiamo determinare diversi valori di questo coefficiente, supponiamo di definire un valore del 10%, in ragione di questo posso affermare quanto segue:

Iv � I�1 � �� � I<1 � � 110 � � 0,995I ≅ I

Con i consueti valori di smorzamento delle strutture civili, da un punto di vista ingegneristico, posso confondere Iv con I, e questa è una semplificazione sempre valida. Quindi al variare di � cambia il grado di schiacciamento dell’esponenziale, ma la frequenza propria del sistema rimane pressoché invariata. Solamente per cultura generale riporto il caso delle condizioni critiche e sovracritiche, che generalmente non interessano le nostre strutture. �� � 1 → ����!&* � &! → ~ � ~¥¦tAt¥w � 2�I → �� � �1 � ���j��k��l§¨�outwx�vt¦�AAo #��A©§ns.v�¥¦�n¥�xA�

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�� � 1 → ����!%!�*�&* � &! → �� = #���A�1#��A + ��#���Aj�������k�������l�wLLovtv���nswx�xutoqt

Come si osserva in questi due ultimi casi non ho alcuna oscillazione armonica. Fino ad ora abbiamo interpretato e determinato la soluzione dell’omogenea associata; vediamo di definire la soluzione particolare, se abbiamo la presenza di una forza estera, cioè di una forzante del sistema F(t).

��� + ~�M + �� = �� Come al solito prima si trova la soluzione dell’omogenea associata E��� + ~�M + �� = 0H, che abbiamo già visto, poi si deve determinare un integrale particolare, quindi la soluzione sarà del tipo: �� = �P�jkl�wq�utwx�v�qqrwLw�x�oonnw¥toAo + �s�jkl«xA��¦oq�so¦At¥wqo¦�

La soluzione particolare �s� è quella che permette di definire l’uguaglianza con ��, certamente la forzante può seguire l’andamento più disparato. Abbiamo due possibilità di rappresentare questa ��, la prima delle quali è di usare la serie di Fourier: �� ≅ �P + ¬ �t%#"I� + ¬ �­cosI�

Dovrei comunque determinare tanti integrali particolari, quante sono le componenti della serie:

� ��� + ~�M + �� = �P��� + ~�M + �� = �t%#"I���� + ~�M + �� = �­cosI�7 → ®��� �#� " %&!����+#%!+�� !" ��*� &!+�* Ma questo modo di operare non è molto efficace, è più semplice pensare che �� sia una funzione composta da più impulsi unitari di una certa frequenza e periodo.

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¯���+%!�" ��* ! → ��MP � ° ����A�Az «xA�¦Ltxttx±txtA�ntLt������������������ ��MP � ��� → �MP � �� ��

Come si osserva ogni impulso unitario può essere tradotto in una data velocità iniziale. Dalla soluzione dell’omogenea associata, che qui riscrivo, posso ricavare quello che segue: �� � #���A ��MP � �PIIv %#"Iv� � �P&!%Iv��

Quindi la mia soluzione particolare è: �{� � ° U��S��² �²S^� TUVES^� � ²H^²�R → ³V�U´[a`U^\µg¶a�U`

Il mio integrale particolare è composto da una serie di impulsi successivi, che possono essere integrati con velocità iniziale diversa da zero. Questo è un integrale fondamentale della dinamica, e prende il nome di Integrale di Duhamel. Ovviamente tutto questo vale per i sistemi elastico-lineari, per i quali è possibile applicare la sovrapposizione degli effetti. Vediamo due esempi di forzante ��.

1) �� � �P →�s� � ·z��L ¸ #���A�¹AP %#"EIv� � ºH�º

2) �� � �1%#"I1� → �s� � ·���L ¸ #���A�¹AP %#"I1�%#"EIv� � ºH�º

Attenzione che nel secondo caso per I1 intendo la pulsazione della forzante e non del sistema. Queste sono sempre soluzioni particolari, ma si deve prestare attenzione al fatto che alla fine dei conti sono queste le soluzioni che governano il comportamento del sistema strutturale, dato che il comportamento proprio della struttura dipende solamente dalle sue condizioni iniziali, e non da altro. Mentre la soluzione particolare dipende dalla forzante. Vediamo ora di definire in modo più concreto il comportamento di questo integrale particolare �s�, dato che da ora in poi si trascurerà completamente l’integrale generale, infatti supponiamo sempre di partire da condizioni iniziali nulle (sistema in quiete).

1) �� � �P&!"%�!*���#"�!� � 0 �s� � �PIv� ° %#"EIv� � ºH�ºAP � �PIv� »� ° � IvIv %#"EIv� � ºH�ºA

P ¼ �

� �PIv� ½cosEIv� � ºHIv ½PA � �PIv� 1 � cosIv�Iv �¾��≅�

�P�J��1 � cosIv�

J��

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Come possiamo osservare anche con �� ��P abbiamo, in assenza di smorzante, un moto ancora sinusoidale, dopo un transitorio iniziale. La parte iniziale che prende il nome di transitorio è molto importante per i sistemi meccanici. Mentre se il coefficiente di smorzamento non è nullo, ci si riconduce alla seguente espressione che abbiamo già visto in precedenza: �s� � �PIv� ° #���A�¹A

P %#"EIv� � ºH�º → � * %!+�#�#*��*� Vediamo invece un caso certamente più interessante; si consideri una forzante sinusoidale con un propria pulsante pari a I¿ E�� � �P%#"I¿�H, in questo primo caso di studio si consideri un sistema non smorzato � � 0. Si parte sempre da condizioni iniziali nulle, quindi sistema in quiete.

�P � 0�MP � 0À → ��� � 0¯"�#$*�+#$#"#*�+#"�++!

Il nostro integrale particolare è il seguente: �{� � �PIv� ° %#"I¿�%#"EIv� � ºH�ºA

P � �RÁ ii � Âd ETUVS¿� � ÂTUVS�H&!"> � I¿I

8:; �P� → Ã�#%��è�"�%!+�� !"#%��� &�11 � >� → Ä�"�!� ù��#%�!��+!*#è#+#���!, ��"�!� ù+�%!+�� !"#% � %&!%����++�%��� &�

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Se I¿ ≪ I significa che la frequenza della forzante è molto bassa rispetto a quella propria del sistema, quindi mi avvicino al caso statico, e il sistema non risente della forzante. Se I¿ ≫ I la frequenza della forzante è talmente elevata, che non riesce ad eccitare la struttura. Se I¿ ≅ I il sistema entra in risonanza, quindi l’ampiezza delle oscillazioni diverge. Da un punto di vista fisico il sistema continua a ricevere energia nel momento in cui il sistema passa per le condizioni di quiete. Vediamo ora il caso di una forzante armonica agente in un sistema smorzato, tralasciando l’espressione analitica completa, posso affermare quanto segue: È�� = �P%#"I¿�� ≠ 0

�s� = �P� =>#����A�¹E… H + �P� =E1 − >�%#"I¿� … H�!�#= = 11 − >�� + 2�>�

Come si osserva all’aumentare dello smorzamento �, il sistema si muove con oscillazioni sempre meno ampie, al limite con un sistema completamente smorzato ha la soluzione statica. Si osservi che con valori di smorzamento nell’ordine dell’1%, abbiamo valori di spostamento nettamente più elevati rispetto alla soluzione statica.

Ricapitolando abbiamo fatto i seguenti argomenti:

�� = � �P�P%#"I¿�� %�� → ¯+�*!%% �!�*$!�#"�! …

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1.2 – Il problema sismico. Vediamo come può essere visto il terremoto da un punto di vista matematico. Si parte sempre dall’equazione fondamentale: ��� � ~�M � �� � �� Il fenomeno sismico può essere visto come l’accelerazione del suolo (ground), quindi non vie è la presenza fisica di una forzante esterna ��, che sarà nulla. Per una struttura soggetta ad un terremoto ala base, la causa dell’eccitazione non è una forzante

esterna ��, applicata direttamente alla struttura, ma una forza d’inerzia risultante dal moto impresso alle masse componenti il sistema, di carattere transitorio. Le forze d’inerzia generate dalle masse del sistema sono proporzionali all’accelerazione totale del sistema ��� � ��, mentre le forze elastiche sono proporzionali agli spostamenti relativi rispetto alla base �, e le forze di smorzamento sono proporzionali alla velocità relativa della base �M . �Ë��� � ��Ì � ~�M � �� � 0 ��������� ��� + ��M + Á� = −��� ´ Il moto di un sistema soggetto ad uno spostamento impresso ai vincoli, può essere ricondotto a quello di un oscillatore con base fissa e soggetto ad una forzante esterna �� = −����, proporzionale all’accelerazione della base ���, in ragione della massa � del sistema. Ovviamente il termine ��� è in funzione delle caratteristiche del suolo, dall’epicentro, dal magnitudo del sisma e dalla sua direzione. Ora l’integrale di Duhamel, può essere così scritto: �{� = 1Iv� ° #���A�¹Ë−����Ì%#"EIv� − ºH�ºA

P= − iS^ ° �� ´²U��S��²TUVES^� − ²H^²�R

Come si osserva �s� dipende dalla frequenza propria della struttura Iv ≅ I = JÍL, dallo

smorzamento � e dal sisma ���; noti questi tre elementi posso definire il comportamento di qualsiasi sistema, ovviamente questo integrale deve essere risolto per via numerica. Ad ogni modo

per risolvere questo problema si è ricorso al concetto di spettro di risposta. Si parte con il considerare un sistema elastico lineare ad un grado di libertà di caratteristiche note (rigidezza e massa). Con queste caratteristiche così fissate, possiamo risolvere per via numerica l’integrale, ovviamente essendo noto ����. Posso definire diversi spostamenti della struttura per il medesimo sisma, ma per frequenza proprie I diverse, tenendo fisso lo smorzamento � =�1. |�t�|Loy = ½ 1It� ° #����ÏA�¹Ë−����Ì%#"EIt� − ºH�ºA

P ½Loy

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Quindi si costruiscono delle curve che ci forniscono per ogni valore di frequenza It, e per un fissato valore di dello smorzamento, lo spostamento massimo del sistema |�t�|Loy. Nella normativa tutte queste curve si trovano per uno smorzamento pari al 5%, questo chiaramente va bene per le strutture da costruire. Mentre per l’esistete si deve prima definire questo valore con delle specifiche analisi. Ovviamente tutto questo vale per i sistemi elastico-lineari ad un grado di libertà,

ad ogni modo la loro risposta costruisce la risposta massima dei sistemi elasto-plastici. Tutto quello che si è detto vale per un fissato evento sismico, ma supponiamo ora di avere costruito degli accelerogrammi temporali costruiti sulle serie storiche e sulle caratteristiche del suolo. Possiamo costruire diverse curve, ogni una per un determinato sisma con un associato

tempo di ritorno. Dopo di che si deve considerare l’inviluppo di queste diverse curve; inviluppo che la normativa definisce amplificato con un dato coefficiente di sicurezza. Da questa operazione possiamo ricavare l’inviluppo di terremoti noti che accadono con un certo tempo di ritorno. Questi sono tutti spettri ottenuti in termini di spostamento, ma nulla vieta di ricavarne la derivata, per definire gli spettri in velocità ed in accelerazione. �M� � ����� � ��� »� 1Iv ° ���º#���A�¹%#"EIv� − ºH�ºA

P ¼ �� � = ������� = ����� »− 1Iv ° ���º#���A�¹%#"EIv� − ºH�ºA

P ¼ Gli spettri sono un artificio fondato sulla dinamica di sistemi ad un grado di libertà operanti in campo elastico-lineare, e ci consentono di definire la risposta massima del nostro sistema sottoposto ad un determinato sisma. È un artificio perché nella realtà non abbiamo sistemi ad un grado di libertà che operano in campo elastico lineare. Come si è detto gli spettri vengono costruiti sui valori massimi forniti dall’integrale di Duhamel per una certa categoria di terremoti, in funzione delle diverse caratteristiche del sistema (frequenza propria e smorzamento).

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Fissando una diversa distribuzione delle masse e delle rigidezze posso definire una data frequenza propria del sistema, questo ci consente di cambiare gli effetti dell’eccitazione esterna sulla struttura stessa, ovviamente sto’ parlando degli “effetti” e non dell’eccitazione stessa. Per il medesimo sito ho vari spettri in funzione dello smorzamento della struttura, ma oltre a questo, gli spettri possono essere catalogati in funzione della direzione del sisma (E-O, S-N).

Lo spettro di risposta definisce l’accelerazione (velocità o spostamento) del sistema, pensato ad un grado di liberta a comportamento elastico lineare, e non del terreno. Si deve trovare un modo per definire la risposta di sistemi complessi, partendo dalla risposta di sistemi semplici. Ma per uno stesso sito di osservazione posso avere diversi terremoti, ogni uno con un determinato tempo di ritorno (Tr). Quindi fissato lo smorzamento � della struttura, posso definire diversi spettri, per terremoti con tempi di ritorno diversi. Ad ogni modo la normativa considerano limitanti i terremoti con un tempo di ritorno di 475 anni, con qualche punto percentuale di accadimento. Partendo dall’inviluppo di tutti i possibili terremoti con un Ä* di 475 anni, possiamo costruire una curva matematicamente definibile. Dove posso leggere l’accelerazione massima del mio sistema semplice (non del terreno).

- Spettro in spostamento. �Ð � |��|Loy � ½� 1Iv ° ���º#���ÏA�¹%#"EIv� − ºH�ºAP ½Loy

- Spettro in velocità. �Ñ = |�M�|Loy = ½����� ½Loy = ½ ��� »− 1Iv ° ���º#���A�¹%#"EIv� − ºH�ºAP ¼½Loy

- Spettro in accelerazione. �Ò = |���|Loy = ½������� ½Loy = ½ ����� »− 1Iv ° ���º#���A�¹%#"EIv� − ºH�ºAP ¼½Loy

Posso dimostrare che nella ipotesi � ≪ 1 e Iv ≅ I, posso affermare quanto segue: È ÓÔ ≅ SÓµÓÕ ≅ SÓÔ = SdÓµ

Normalmente gli spettri che troviamo nella normativa derivano da queste relazioni, e questi prendono il nome di pseudo-spettri, questi possono essere usati per bassi valori di periodo, mentre per valori elevati, questi spettri differiscono, ma come sappiamo per i periodi elevati gli effetti del sisma vengono meno.

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Vediamo ora come possiamo esprimere graficamente questi pseudo-spettri. �Ò � I�Ñ � 2ÖÄ �Ñ; �Ð � �ÑI � Ä2Ö �Ñ

Passando ai logaritmi ho che: +"�Ò � ln2Ö � lnÄ � ln�Ñ Se considero �Ò come una costante ho che: ~1 � ln2Ö � lnÄ � ln�Ñ ��������� lnÄ � ~1 � ln2Ö � ln�Ñ Come si osserva abbiamo ottenuto alla fine una equazione di una retta; allo stesso modo posso considerare �Ð come una costante: ln�Ð � lnÄ � ln2Ö � ln�Ñ ���������~� � ln2Ö � lnÄ � ln�Ñ Abbiamo ottenuto l’equazione di una seconda retta; tutto questo può essere rappresentato con un grafico tetra-logaritmo, ove in ordinata troviamo le velocità spettrali �Ñ, mentre nelle altre due scale (inclinate di 45°) troviamo i pseudo-spettrogrammi degli spostamenti �Ð e delle accelerazioni �Ò, il tutto per una dato sito e per un determinato valore di smorzamento.

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APPLICAZIONE. ~+�%% &!�!*��+#� �"&���""!"#

→ Q � � 206.000ÚÛ��&& � !Ü � 0,34 Þ 10�ß�à&!+!""#� %��!* ��!"��+#

Il sistema può essere considerato equivalente al seguente sistema ad un grado di libertà:

Û�+%�� !"#�#+% %�#�� → I � <�� � <9.801346,5 � 5,32 *��%

�*#��#"���#+% %�#�� → � � I2Ö � 0,846â�

Û#* !�!�#+% %�#�� → Ä � 1� � 1,181%

A questo punto usando il grafico tetra-logaritmico possiamo ricavare i seguenti valori, partendo da uno smorzamento del 2%. � � 2% →�Ñ � 66,04 &�% ; �Ò � 0,4$ � 3,924 �%� ; �Ð � 0,13�

Per quanto concerne la reazione vincolare, possiamo affermare quanto segue: äLoy � ä1 � ä� � ��Ò � 346,5 Þ 3,924 � 1.360å

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1.3 – Sistemi elastici lineari a più gradi di libertà.

Si devono definire le due equazioni del moto, una per la massa �1 e un’altra per la massa ��.

- Equazione del moto per la massa �� (equazione 2):

����� � �� æ�� ��1ç�stx�wqoLonno�è � ��� �������������� � ���� � ���1 � ���

- Equazione del moto per la massa �1 (equazione 1): �1��1 � �1�1 � ���� � �1 � �1� ����������1��1 � �1 � ���1 � ���� � �1� Vediamo di esprimere il tutto in forma matriciale, infatti un generico sistema può essere così descritto da un punto di vista meccanico (in assenza di smorzamento):

é�� � Á� � �� → Q é → éa�[\_U^U``U�aTTUÁ → éa�[\_U^U``U[\´\^UbbU�� → éa�[\_U^U``Uh][baV�\UT�U[VU

��i RR �d� ��� i�� d� � �Ái � Ád �Ád�Ád Ád � ��i�d� � ��i��d��

Si noti che la matrice delle rigidezze ha i termini extradiagonali non nulli, quindi il sistema è accoppiato, cioè gli elementi componenti sono tra di loro legati, quello che si deve fare è ricondurci, nel caso specifico, a due sistemi ad un grado di libertà, tra di loro indipendenti. Quello che si deve fare è cambiare il sistema delle coordinate e procedere alla diagonalizzazione della matrice delle rigidezze, moltiplicandola e premoltiplicandola per la matrice dei sui autovettori. Vediamo di richiamare due concetti fondamentali dalla matematica…

- Autovalori. Data una matrice quadrata A, gli autovalori - di A si ottengono imponendo che: |F � -¯| � 0

- Autovettori. L’autovettore � corrisponendete all’autovalore -1 si definisce risolvendo il seguente sistema. F � -1¯� � 0

L’obiettivo è quello di disaccoppiare il sistema, cioè ogni equazione che ne governa il comportamento, deve essere dipendete da una sola variabile, ed indipendente dalle altre. Quindi un sistema con " gradi di libertà deve essere scomposto in " sistemi ad un grado di libertà, e di questi ne conosciamo il comportamento per qualsiasi forzante esterna, tramite l’integrale di Duhamel. Vediamo di riscrivere le equazioni che governano il nostro sistema: ��1 00 ��� ���1���� � ��1 � �� ������ �� � ��1��� � ��1����� È�1��1 � �1 � ���1 � ���� � �1������ � ���� � ���1 � ���

Come possiamo osservare queste due equazioni sono tra di loro accoppiate, cioè non sono tra di loro indipendenti, per renderli tali si deve operare una trasformazione di coordinate.

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Vediamo anche di riscrivere l’equazione che governa il sistema in forma matriciale: Ú¾xÞx ��¾xÞ1 � �¾xÞx �¾xÞ1 � ��©xÞ1

Nel caso avessi un terremoto come forzante esterna, il termine noto prenderà la seguente forma: ê�1� � ��1������ � ������ë → ®!�#���è+,�&&#+#*�� !"#� �*�%& "��#"�!. Quindi nel caso di sisma il tutto può essere così scritto: é¾V×V ��¾V×i + Á¾V×V �¾V×i = − é¾V×V ��ìV×i

Come si osserva nella precedente relazione ho ipotizzato che l’accelerazione di trascinamento fosse la stessa per tutti i gradi di libertà, ma questo potrebbe essere vero per un sistema semplice come il nostro. Ma nell’ipotesi di un sistema di maggiore complessità, questa accelerazione potrebbe agire diversamente in ragione della direzione considerata, e dell’n-esimo grado di libertà considerato.

Quindi alcune componenti del vettore ��ìV×i potrebbero essere

addirittura nulle; per tenere conto di questo si introduce un vettore di scalari [.

���ìx×1 = *¾x×1 �����!�#* = íîîï100⋮"ñòò

ó

Quindi alla fine il tutto si riduce a quanto segue: é¾V×V ��¾V×i + Á¾V×V �¾V×i = − é¾V×V [¾V×i �� ´� Tornando al nostro esempio, vediamo ora di operare il cambiamento di coordinate, ma prima di questo opero una altro esempio che ha validità del tutto generale.

Ú¾x×x ��¾x×1 + �¾x×x �¾x×1 = ��©x×1 �!�#Ú = ��1 00 ��� #� = ��1 + �� −��−�� �� + �ô� Cerchiamo ora una soluzione in assenza di forzante, quindi �� = 0∀�. E peraltro sono sempre nell’abito dell’ipotesi di elasticità lineare, quindi posso applicare la sovrapposizione degli effetti; la soluzione cercata sarà quella classica.

Ú¾x×x ��¾x×1 + �¾x×x �¾x×1 = 0 öonwq�utwx�no¦àv�qAtsw��������������������89:9; �¾x×1 = ~øùwnAoxA�j�k�lx×1 #t�A

��¾x×1 = −I� ~¾x×1 #t�A

®!�# �¾x×1 = ~øùwnAoxA�j�k�lx×1 #t�A «xA�¦Ltxt�nA�nt…��������������ú�1��⋮�xû = ü~1~�⋮~x

ý #t�A

Con l’espressione precedente sto’ implicitamente ammettendo che il nostro sistema composto da " gradi di libertà, sia in movimento con la stessa frequenza, ma con ampiezze diverse; chiaramente il moto considerato è sinusoidale.

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A questo punto prendo le soluzioni precedenti e le sostituisco nell’equazione di sistema generale. Ú¾xÞx ��¾xÞ1 � �¾xÞx �¾xÞ1 � 0 �wnAtA�tn¥w…����������EÁ − SdéHj��k��lV×V �¾V×i U\S� = R

Vediamo ora di richiamare alcuni concetti dalla matematica matriciale.

- Rango o caratteristica di una matrice → Il massimo ordine dei minori non nulli che si possono estrarre dalla matrice. Il rango di una matrice non è altro che il numero di righe o di colonne linearmente indipendenti. Il minore non altro che il determinate di una qualunque sottomatrice quadrata estratta dalla matrice di partenza. I calcoli necessari a determinare il rango di una matrice sono generalmente laboriosi per l’elevato numero di minori estratti che deve essere considerato. E’ naturale chiedersi se è proprio necessario considerare tutti i minori estratti da una matrice per determinarne il rango: risponde alla domanda il Teorema di Kronecker. Partendo dalla definizione di rango di una matrice possiamo dire che una matrice F ha rango * se: 1) Esiste almeno un minore estratto da F, di ordine * e non nullo; 2) Tutti i minori estratti da F di ordine * + 1 sono nulli. Definizione - Assegnata una matrice F di tipo �, " si definisce matrice orlata una matrice di tipo � + 1, " + 1 ottenuta accostando alla matrice assegnata una riga e una colonna.

- Teorema di Kronecker → Una matrice F ha rango * se e solo se: 1) Esiste almeno una sottomatrice quadrata F′ di ordine * estratta da F il cui

determinante è non nullo; 2) Le sottomatrici quadrate di F di ordine * + 1 ottenute orlando F′ in tutti i modi

possibili hanno determinante nullo. Dopo aver chiarito il concetto di rango di una matrice, e come questo può essere trovato, vediamo di richiamare alcuni concetti sulla soluzione dei sistemi lineari.

- Si definisce matrice completa di un sistema non omogeneo EF� = GHla matrice F′ di � righe ed " + 1 colonne ottenuta dalla matrice incompleta F, la matrice dei coefficienti, aggiungendovi i termini noti G.

- Teorema di Rouché–Capelli → Un sistema lineare è compatibile se e solo se la matrice dei coefficienti e la matrice completa hanno lo stesso rango. Occorre quindi effettuare una preliminare ricerca del rango delle matrici F ed F′. Posto che * = *�"$!F e *, = *�"$!F,, possiamo affermare quanto segue: 1) * = *, = " → il sistema è compatibile e determinato. 2) * = *, < " → il sistema è compatibile e indeterminato, esso presenta ∞x�¦ soluzioni,

cioè " − * giocano il ruolo di parametri. 3) * ≠ *, → il sistema è incompatibile. Come detto il rango di una matrice corrisponde al numero di righe o colonne linearmente indipendenti. Pertanto nel caso di un sistema compatibile la matrice F dei coefficienti e la matrice F′ completa hanno lo stesso numero * = *�$!F = *�"$!F, di righe (o colonne) linearmente indipendenti. Dunque se � é il numero di righe di F e F′ (ovvero il numero di equazioni) ci sono � = � − * righe che dipendono linearmente dalle rimanenti: questo significa che � equazioni sono "superflue", cioè non aggiungono informazioni a quelle già fornite dalle * equazioni linearmente indipendenti.

Dopo questa scorpacciata di matematica matriciale, torniamo ad occuparci del nostro problema, riprendiamo il nostro sistema omogeneo:

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E� � I�ÚHj��k��lxÞx ~¾xÞ1 #t�A � 0 ù���¨�t}oq�o…�������������[� − I�Ú]j��k��lx×x ~¾x×1 = 0

Se il rango * della matrice [� − I�Ú]j��k��lx×x è uguale al suo ordine ", abbiamo la soluzione banale ~ =0. Se * < " allora certamente ~t ≠ 0 con infinite soluzioni, peraltro proporzionali tra di loro. A questo punto si richiama la definizione di auto valore, la cui ricerca si concretizza nella ricerca dei punti di nullo del determinante della matrice |F − -¯|; ora per semplificarmi la vita affermo che � = �1 = �� = �ôe � � �1 � ��. �#�|� � I�Ú| � 0�!�#$+ I�%!"! "!%�* ���!��+!* �+����*��! ���1 � �� ������ �� � �ô� � I� ��1 00 ���� � 0 ��Lsqt±t¥w�������� ��2� −�−� 2�� − I� �� 00 ��� � 0

��2� − I�� ���� 2� − I���� � 0 ���������2� − I��� � �� � 0 4�� + Ià�� � 4�I�� � �� � 0 �tnA�Lw��������Ià � 4��I� � 3�� = 0 I1/�� = −/ ± √/� − 4�&2� � 4�� 3 √16���� � 12����2��

� 2�� 3 ����89:9;I1� � 3�� →I1 = <3��

I�� � �� →I� = <��

Questi sono i due autovalori del sistema, e ne rappresentano le pulsazioni, per i due gradi di libertà corrispondenti. Vediamo ora di definire gli autovettori, sempre tenendo a mente la relazione fondamentale che ci permette di definirli F � -1¯� � 0. �� − I1/�� Ú�~ = 0 Ðo¨�twAA�x�wtv��o�Aw}�AAw¦t��������������������������Èϕ1��)ϕ���) »�2� −�−� 2�� − 3�� �� 00 ��¼ �~1~�� � 0 ����������−� −�−� −�� �~1~�� = 0 → È−�~1 − �~� = 0−�~1 − �~� = 0

~1 = −~�¯�#��!* �#+� �! � >−>� , %!"!����#�!%% / + %!+�� !" , �� "� ϕ1��) = � =−=� »�2� −�−� 2�� − �� �� 00 ��¼ �~1~�� � 0 ���������� � −�−� � � �~1~�� = 0 → È �~1 − �~� = 0−�~1 + �~� = 0

~1 = ~�¯�#��!* �#+� �! �==� , %!"!����#�!%% / + %!+�� !" , �� "� ϕ���) = �>>� Questi autovettori rappresentano i modi di vibrare del sistema, mentre gli autovalori I sono le frequenze proprie del sistema. La soluzione del sistema può essere vista come una combinazione lineare dei due modi: ��) = Õ�iU\Si� + ��dU\Sd� Questo è il modus operandi, ma a questo punto ci dobbiamo occupare di come diagonalizzare la matrice delle masse e quella delle rigidezze, come vedremmo questo sistema ci permetterà di arrivare a soluzione più celermente. Infatti partendo da un sistema complesso con " gradi di libertà, la cui soluzione non ci è nota, ad " sistemi ad un grado di libertà di soluzione nota. Per l’operazione di diagonalizzazione introduciamo un operatore matriciale, composto dagli autovettori del sistema, ed eseguiamo le seguenti operazioni. Φ¾x×x = [1 � …x] �qxwnA¦w¥onw������������ � = >−= >�

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ä#� ��!!*�� !�#*�*#���"�!%#$�# → ÈΦ��Φ = ��Φ�ÚΦ = M�

�= −=> > � �2� −�−� 2�� � = >−= >� = �= => −>� � 3�= �>−3�= �>� = �6�=� 00 2�>��

�= −=> > � �� 00 �� � = >�= >� � �= �=> > � � �= �>��= �>� � �2�=� 00 2�>��

Come si osserva ho ottenuto la diagonalizzazione delle due matrici considerate, ma ora vediamo quali ragionamenti posso fare, partendo dalla nostra equazione di sistema. Ú��� � ��� � �� Si opera una trasformazione delle coordinate tale che �¾VÞV g� � ��, dove le �� sono definite

coordinate modali. Alcune considerazioni… ÚΦ�� � � �Φ�� � �� «xn�¦tn¥w������������ �cé�j�k�lµ\a´]Va`U g� � � �cÁ�j�k�lµ\a´]Va`U g� � �c��j�k�lÔU��][U

Alla fine quello che si è ottenuto è il disaccoppiamento dell’equazione del moto e sempre in riferimento al nostro esempio: �2�=� 00 2�>�� ���1������ � �6�=� 00 2�>�� ��1�)���)� = �= −=> > � ��1�����

êd��dg� i� � �Á�dgi� � E�c��H�]�{]VUV�Uid�Âdg� d� � dÁÂdgd� � E�c��H�]�{]VUV�Ud

La soluzione delle due equazioni precedenti è nota, e si definiscono nell’integrale di Duhamel.

89:9;�1� � 12�=�I1 ° EΦ���H1A

P %#"EI1� � ºH�º��� � 12�>�I� ° EΦ���H�A

P %#"EI�� � ºH�º &!"� � 0#89:9;I1 = <6�=�2�=� � <3��

I� � <2�>�2�>� � <��

Come si osserva le frequenze proprie del sistema I1 e I� sono sempre le stesse, sia nel sistema espresso in coordinate modali che nel sistema espresso in coordinate generali, dato che questi sono degli invarianti del sistema. Da questo poi basterà eseguire l’operazione di cambio coordinate Φ�� � �� per riottenere le coordinate generali ��. Se il sistema fosse smorzato, la matrice che raccoglie i coefficienti di smorzamento, deve essere anch’essa disaccoppiata. Ma prima di affrontare questo argomento, vediamo di operare alcuni semplificazioni, infatti se imponiamo che Ú� sia effettivamente una matrice diagonale ¯, abbiamo quanto segue.

Ú� � ¯ → �2�=� 00 2�>�� � �1 00 1� Òqqw¦o�����89:9;2�=� � 1 → = = < 12�

2�>� � 1 → > = < 12�

Affermato questo, il resto è una semplice conseguenza…

�� � �6�=� 00 2�>�� = ü3�� 00 ��ý � �I1� 00 I��� = Ω�� "!+�*#Φ = � = >−= >� = 1√2� � 1 1−1 1�

Ú��� �) + ����) = Φ��� �Lw��x�tuuoxvwq�Lonn���������������������� ³g� � � �g� � �c��

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Questo mi permette di semplificare il tutto, e in termini di coordinate modali, posso scrivere quanto segue: �1 00 1� ���1�)����)� + �I1� 00 I��� ��1�)���)� = 1√2� �1 −11 1 � ��1�����

êg� i� � Sidgi� � E�c��H�]�{]VUV�Uig� d� � Sddgd� � E�c��H�]�{]VUV�Ud

Ora basterà assegnare un valore arbitrario ad = e >, in questo modo potremmo conoscere il comportamento del sistema, infatti gli autovettori sono tutti definiti a meno di una costante di proporzionalità. Se la forzante esterna ha una frequenza propria I¿ vicina ad una delle due frequenze proprie del sistema, avremmo che esso si muoverà secondo a una delle due. Altra considerazione del tutto generica, per il momento, è che ogni modo di vibrare coinvolge una certa quota di massa del sistema. Ora la normativa fissa che nello studio del comportamento dinamico delle strutture, si debba tenere conto dell’85% della massa complessiva, nel caso di edifici, e del 90% nel caso dei ponti. In altri termini devono essere considerati tutti i q-esimi modi di vibrare della struttura, in modo tale che la massa coinvolta rispetti i limiti definiti poco fa.

Ú� �íîîîîï��1 0 … 0 … 00 ��� … 0 … 0⋮0⋮0

⋮0⋮0⋱ 0 … 00 ��¨ … 0 ⋮0 ⋮0 ⋱0 0��xñòò

òòó Fino ad ora abbiamo risolto i seguenti due casi:

� Ú¾xÞx ��¾xÞ1 � �¾xÞx �¾xÞ1 � 0Ú¾x×x ��¾x×1 + �¾x×x �¾x×1 = ��©xÞ1

Ora vediamo di introdurre lo smorzamento nel nostro sistema, quindi tutti i termini di smorzamento saranno compresi all’interno di una matrice ~. Ú¾xÞx ��¾xÞ1 � ~¾xÞx �MxÞ1 � �¾xÞx �¾xÞ1 � ��©xÞ1

Sarebbe interessante poter diagonalizzare anche la matrice dei termini di smorzamento, ma questo è in linea generale del tutto impossibile. Ma per proseguire nella trattazione matematica, si deve introdurre una stringente semplificazione: �¾VÞV � � é¾VÞV �  Á¾VÞV

Le costanti = e > devono essere scelte in funzione delle caratteristiche del sistema, certamente questa semplificazione è molto pesante, ma è anche l’unico modo per poter risolvere l’equazione precedente. I parametri = e > sono definiti in funzione dei modi di vibrare del sistema, in particolare vanno scelti quelli principali (con maggior massa partecipante), tra tutti i possibili

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modi di vibrare del sistema. Operando la nostra consueta trasformazione di coordinate » Φ¾xÞx �� � ��¼, e procedendo alla diagonalizzazione, abbiamo quanto segue: ÚΦ�� � � ~ΦuM � � �Φ�� � �� Φ�ÚΦj�k�lÐto�wxoq� �� � � Φ�~ΦjklÐto�wxoq� uM � Φ��ΦjklÐto�wxoq� �� � Φ���j�k�lÑ�AAw¦� �cé�j�k�lµ\a´]Va`U g� � � �c�� � ���j����k����lµ\a´]Va`U �M � �cÁ�j�k�lµ\a´]Va`U g� � �c��j�k�lÔU��][U

Come affermato in precedenza, nelle varie semplificazioni introdotte, se si impone che Ú� � ¯ allora abbiamo quanto segue: ÈÚ� � Φ�ÚΦ � I�� � Φ��Φ � ΩÀ Òqqw¦o����� ~ � =¯ � >Ω §vtxwqA¦���������Φ�~Φ � C�

Ricordo che per i sistemi a due gradi di libertà la ~ � 2�I, da ciò consegue che:

~ � íîîï~ 1 0 … 00 ~ � … 0⋮0 ⋮0 ⋱0 0~ xñòò

ó ®!�#* � #% ��&!��!"#�#è~ ¦ � 2�¦I¦ � =1 � >I¦�

Per determinare i coefficienti = e > devo conoscere la pulsazione e lo smorzamento dei due modi di vibrare principali; e con la risoluzione di un semplice sistema posso definire questi parametri.

89:9;2�¦I¦ � = � >I¦�2�nIn � = � >In� →

89:9; = � 2I¦InIn�¦ � I¦�nIn� � I¦�> � 2In�nIn � I¦� � 2I¦I¦�n � In��¦In� � I¦�In

Come sappiamo �� � Φ¾xÞx ��©xÞ1 , quindi abbiamo a che fare con " equazioni in ��, vediamo ora

come possiamo scrivere la r-esima equazione, considerando tutto quello che abbiamo visto fino ad ora. ∀* � 1 � " !�¦qr¦��ntLo�¨�outwx��������������������� Φ¦�ÚΦ¦j�k�l§rso¦to1n��qto�Aw}�AAw¦tnwxwxw¦LoqtuuoAt

�� ¦� � 2�¦I¦�M ¦� � I¦��¦� � EΦ���H¦

La soluzione per ogni �¦� è quella nota. Û#*∀g[� � h[Ëg[R , gM [RÌ � i�[cé�[S^[ ° E�c��H[�R U��[S[��²TUV�S^[� � ²�^²

Nel caso di forzante esterna fornita da azione sismica, sappiamo che:

�� � "�1�⋮�x�# � � Ú¾xÞx *¾xÞ1 � � ü�1 0 ⋯ 00 �� … 0⋮0 ⋮0 ⋱0 0�xýj�����k�����l%&%�§r¨��qqow¦t�txoq�

ü10⋮*xý ����

Ora possiamo riscrivere la nostra r-esima equazione, ma con forzante esterna fornita dal sisma. g[� � h[Ëg[R , gM [RÌ � E�cé[H[�[cé�[S^[ ° �� ´�U��[S[��²TUV�S^[� � ²�^²�R

Di tutta questa espressione ci interessa una parte particolare, ed esattamente questo blocco: �[ � E�cé[H[�[cé�[ → Ã�#%�!� #"#�#� " �!_]Uhh\_\UV�U^\{a[�U_\{ab\]VU.

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Si dimostra che…

�#�// ��!"!*��+ ����!+����* &#�#++#��%%#Φ�ÚΦ � I '(()*+����¬�,d-,Oi � �.X/.012Y3Y/145

1.3.1 - Esempio. Come semplice esempio riprendiamo il nostro semplice sistema composto da due masse e tre molle, che abbiamo avuto modo di vedere già. Riprendo i due autovalori normalizzati alle masse, come abbiamo visto in precedenza.

ϕ1�� = � =�=� �íîîîîï < 12��< 12�ñò

òòòó ϕ��� � �>>� �

íîîîîï< 12�< 12�ñò

òòòó

å!*��+ ����!�++#��%%#, �� "� * &!*�! →Ú� = Φ�ÚΦ = Icon Φ¾x×x = � = >�= >� Vediamo di imporre al sistema una azione sismica che coinvolga entrambi i gradi di libertà del sistema, e non potrebbe che essere altrimenti. Ed ora passiamo a definire i due coefficienti di partecipazione.

=1 � EΦ�Ú*H1Φ1�ÚΦ1 � �J 12� �J 12�� �� 00 �� �11�1 = 0=� = [Φ�Ú*]�Φ��ÚΦ�) = �J 12� J 12�� �� 00 �� �11�1 = √2�699

7998 →¬α*�:

*O1 = α1� � α�� � 2m

Come possiamo osservare il secondo modo di vibrare coinvolge tutto il sistema, e la somma dei quadrati dei coefficienti di partecipazione fornisce correttamente la massa complessiva del sistema, ovviamente questo è vero se gli autovettori sono normalizzati. La normativa prevede di considerare tutti i modi di vibrare tali che coinvolgono i seguenti limiti di massa complessivamente.

Φ�ÚΦ = I '(()*+����¬ α*�:*O1 ≥ È85%Ú�wA."#+&�%!� #� � & & � + 90%Ú�wA."#+&�%!� �!"�

1.3.2 - Applicazione – Dinamica di un telaio.

Esso verrà analizzato nell’ipotesi semplificativa che la rigidezza flessionale delle travi sia così maggiore di quella delle colonne da consentire di poter essere considerata come infinita. Si può osservare che tale ipotesi è più restrittiva di quella di travi assialmente indeformabili (e quindi di infinita rigidezza assiale) che solitamente si adotta nel caso di impalcati costituiti da solette in cemento armato. Le moderne

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normative per le costruzioni in zona sismica richiedono usualmente che i telai siano progettati, attraverso il criterio della gerarchia delle resistenze, in maniera tale che siano le zone di estremità delle travi a dissipare, attraverso le deformazioni plastiche, l’energia immessa dalla struttura nel terremoto. In tal caso le colonne risultano essere dimensionate in maniera tale che la loro resistenza (e quindi anche la loro rigidezza) sia maggiore di quella delle travi adiacenti. L’ipotesi adottata presenta però il vantaggio, dal punto di vista dell’analisi, di consentire una drastica riduzione nel numero di gradi di libertà necessari a descrivere il moto della struttura: la traslazione orizzontale di ciascun piano identifica completamente la configurazione deformata della struttura, che per tale motivo viene chiamata shear-type. Le coordinate libere adottate sono pertanto le traslazioni orizzontali �1, ��, �ô rispettivamente del primo, secondo e terzo piano; a queste coordinate verrà associata tutta la massa di piano. L’analisi così svolta consente, in prima approssimazione, la determinazione delle caratteristiche dinamiche della struttura e del suo comportamento per effetto di diversi tipi di sollecitazione. La matrice delle masse è facilmente definibile:

Ú � "�1 0 00 �� 00 0 �ô# � "0,350 0 00 0,273 00 0 0,175# Per la matrice delle rigidezze si deve fare qualche considerazione in più. La matrice di rigidezza �, matrice dei coefficienti della forma quadratica che esprime l’energia elastica immagazzinata nella struttura, viene calcolata facendo riferimento al teorema di Clapeyron; quest’ultimo consente di esprimere il lavoro di deformazione come lavoro compiuto dalle forze esterne agenti sul sistema per i corrispondenti spostamenti. Nel nostro caso gli spostamenti sono quelli individuati dalle coordinate libere; in forma simbolica può essere scritto:

ä � 12 ¬ Ãt�tô

tO1 � 12 ¬>¬ (t­�­ô

­O1 ?�tô

tO1 � 12 ��ìôÞ1 �¾ôÞô �¾1Þô

Le forze Ãt sono le forze che, applicate in corrispondenza dei punti in cui sono definite le coordinate libere, e nella medesima direzione, sono in grado di mantenere il sistema in equilibrio nella configurazione deformata caratterizzata dai generici valori �1, ��, �ô. Facendo uso del principio di sovrapposizione degli effetti, ciascuna Ãt può essere vista come somma dei valori (t­ determinati nelle particolari configurazioni in cui una sola delle coordinate libere del sistema è pari all’unità, mentre le restanti sono nulle moltiplicati ordinatamente per il valore della

corrispondente coordinata libera �­. Queste particolari configurazioni deformate possono essere ottenute aggiungendo al sistema dei vincoli che impediscono il movimento individuato dalle coordinate libere, ed imponendo a ciascuno di essi un cedimento unitario, come mostrato in Fig. 3. Le reazioni dei vincoli aggiuntivi forniscono i

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coefficienti (t­ della matrice di rigidezza. In Fig. 3 sono indicate le forze di taglio agenti sulle aste nelle configurazioni deformate in studio e le reazioni dei vincoli aggiuntivi. Le reazioni vincolari, pari alla somma delle forze che agiscono sulle estremità delle aste che convergono nel punto vincolato, sono facilmente determinabili:

� � "(11 � (1 � (� (1� � �(� (1ô � 0(�1 = −(� (�� = (� + (ô (�ô = −(ô(ô1 = 0 (ô� = −(ô (ôô = (ô # = " 525 −210 0−210 315 −1050 −105 105 #= 105 " 5 −2 0−2 3 −10 −1 1 #

Le oscillazioni libere del sistema, in assenza di fenomeni dissipativi, sono governate dall’equazione differenziale Ú¾ô×ô ��¾ô×1 + �¾ô×ô �¾ô×1 = 0, completate dalle opportune condizioni iniziali. Ipotizzando un

integrale particolare del tipo �¾ô×1 = ¾ô×1 %#"I� + @) le pulsazioni proprie I ed i modi propri di

vibrare costituiscono rispettivamente le radici quadrate degli autovalori e gli autovettori del sistema algebrico omogeneo di equazione [� − I�Ú]j��k��lô×ô ¾ô×1 = 0. Gli autovalori del sistema sono le

radici dell’equazione caratteristica det|� − I�Ú| = 0. Vediamo di riprendere in mano alcune definizioni, che ci chiariscono gli ultimi concetti espressi.

� = %#"I� + @) ö�v�¦t}oA�nwxw�������������� v¨vA = cosI� + @)ωv�¨vA� = −%#"I� + @)ω�

Sostituisco il tutto nell’equazione differenziale che governa il sistema: Ú�� + �� = 0 �¥wxn�������������� Ú[−%#"I� + @)ω�] + �[ cosI� + @)ω] = 0 [Á − Sdé]E = R Andiamo in cerca degli autovalori…

det|� − I�Ú| = 0 → F105 " 5 −2 0−2 3 −10 −1 1 #− I� "0,350 0 00 0,273 00 0 0,175#F = 0

GG105

íîîîîï5 − I� 0,350105 −2 0

−2 3 − I� 0,273105 −10 −1 1 − I� 0,175105 ñò

òòòóGG = 0

E adesso tanti conti… 105 È�5 − I� 0,350105   ��3 − I� 0,273105   �1 − I� 0,175105   − 1� + 2 �−2�1 − I� 0,175105  �À = 0

�5 − I� 0,350105   �3 − 0,17535 I� − 0,273105 I� + 0,273 × 0,175105� Ià − 1� − 4 + 4 × 0,175105 = 0

− 0,350 × 0,273 × 0,175105ô Iß + �0,273 × 0,1752.205 + 0,350 × 0,1753.675 + 0,350 × 0,273105�   Ià− �3 × 0,175 − 0,27321   I� + 6 = 0 −i,H¿ × iR�IS� + H, J × iR�KSH − L, I × iR�dSd + � = R

Il tutto si riduce ad una risoluzione di una equazione del terzo ordine, posto che � = I�. −1, 4M × 10�N�ô + 4,7 × 10�O�� − 3,8 × 10��� + 6 = 0

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Dato che non ho alcuna voglia di mettermi a giocare con le relazioni Cardaniche di rinascimentale memoria; ho utilizzato il programma commerciale Mathematica 8 per venirne a capo. Plot »� 1.44444�ô10N � 4.7��10O � 3.8�10� � 6, Q�, 0,3000R¼

Solve »� 1.44444�ô10N � 4.7��10O � 3.8�10� � 6 �� 0, �¼ → 89:9;�1 � 207,972 ùtwè���I1 � 14,421�� � 955,462 ùtwè���I� � 30,911�ô � 2.090,42 ùtwè���Iô � 45,721

Abbiamo stabilito le pulsazioni proprie della struttura, vediamo che cosa altro possiamo affermare, partendo da queste:

899:99;I1 � 14,421 → Ä1 � 2ÖI1 � 0,436% → �1 � 1Ä1 � 2,295â�

I� � 30,911 → Ä� � 2ÖI� � 0,203% → �� � 1Ä� � 4,920â�Iô � 45,721 → Äô � 2ÖIô � 0,137% → �ô � 1Äô � 7,277â�

Ora è arrivato il momento si affrontare il problema degli autovettori, che sono dati dalla soluzione

del sistema » �¾ôÞô � It� Ú¾ôÞô¼ tìôÞ1 � 0. La matrice dei coefficienti presenta rango * � 2, quindi

abbiamo ∞ô�� soluzioni, in altri termini gli autovettori saranno definiti a meno di una costante, in tal caso procederemmo alla loro normalizzazione con la matrice delle masse. Un passo alla volta…

1) Autovettore 1 (primo modo di vibrare della struttura).

E� � I1�ÚH1 � Q105 " 5 �2 0�2 3 �10 �1 1 #� 14,421� "0,350 0 00 0,273 00 0 0,175#� "U1,1U�,1Uô,1# � 0

105íîîîîï5 � 14,421� 0,350105 �2 0

�2 3 � 14,421� 0,273105 �10 �1 1 � 14,421� 0,175105 ñò

òòòó"U1,1U�,1Uô,1# � 0

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89:9; �5 � 14,421� 0,350105   U1,1 − 2U�,1 = 0

−2U1,1 + �3 − 14,421� 0,273105   U�,1 − Uô,1 = 0−U�,1 + �1 − 14,421� 0,175105   Uô,1 = 0

���������Ei � " id, iKLL, dV�# Wi,i

2) Autovettore � (secondo modo di vibrare della struttura).

E� � I��ÚH� � Q105 " 5 −2 0−2 3 −10 −1 1 # − 30,911� "0,350 0 00 0,273 00 0 0,175#� "U1,�U�,�Uô,�# = 0

105íîîîîï5 − 30,911� 0,350105 −2 0

−2 3 − 30,911� 0,273105 −10 −1 1 − 30,911� 0,175105 ñò

òòòó"U1,�U�,�Uô,�# = 0

89:9; �5 − 30,911� 0,350105   U1,� − 2U�,� = 0

−2U1,� + �3 − 30,911� 0,273105   U�,� − Uô,� = 0−U�,� + �1 − 30,911� 0,175105   Uô,� = 0

���������Ed � " iR, VRI�i, KLd# Wi,d

3) Autovettore ô (terzo modo di vibrare della struttura).

E� � Iô�ÚHô � Q105 " 5 −2 0−2 3 −10 −1 1 # − 45,721� "0,350 0 00 0,273 00 0 0,175#� "U1,ôU�,ôUô,ô# = 0

105íîîîîï5 − 45,721� 0,350105 −2 0

−2 3 − 45,721� 0,273105 −10 −1 1 − 45,721� 0,175105 ñò

òòòó"U1,ôU�,ôUô,ô# = 0

89:9; �5 − 45,721� 0,350105   U1,ô − 2U�,ô = 0

−2U1,ô + �3 − 45,721� 0,273105   U�,ô − Uô,ô = 0−U�,ô + �1 − 45,721� 0,175105   Uô,ô = 0

���������EL � " i�R, VIHR, LV� # Wi,L

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Procediamo ora alla normalizzazione della matrice degli autovettori con la matrice delle masse, come abbiamo visto nella teoria. � * &!*� &�# Φ¾ôÞô � E1 �ôH�++!*�Φ�ÚΦ � M� #� ��!" ��!&�#% �M� � ¯

úU1,1 2,153U1,1 3,296U1,1U1,� 0,908U1,� −1,532U1,�U1,ô −0,984U1,ô 0,396U1,ô û "0,350 0 00 0,273 00 0 0,175# ú U1,1 U1,� U1,ô2,153U1,1 0,908U1,� −0,984U1,ô3,296U1,1 −1,532U1,� 0,396U1,ô û

úU1,1 2,153U1,1 3,296U1,1U1,� 0,908U1,� −1,532U1,�U1,ô −0,984U1,ô 0,396U1,ô û ú0,350U1,1 0,350U1,� 0,350U1,ô0,588U1,1 0,248U1,� −0,269U1,ô0,577U1,1 −0,268U1,� 0,0693U1,ô û= üL, KiIWi,id R RR R, VI�Wi,dd RR R R, �HdWi,Ld ý = ��

Imponiamo che…

M� = ¯ → ú3,518U1,1� 0 00 0,986U1,�� 00 0 0,642U1,ô� û = "1 0 00 1 00 0 1# →8999:999;U1,1 = < 13,518 = 0,533U1,� = < 10,986 = 1,007U1,ô = < 10,642 = 1,248

Quindi i nostri autovettori normalizzati alla matrice delle masse sono i seguenti:

�¾L×L = EEi EdELH � "R, KLL i, RRJ i, dHIi, iHI R, ViH �i, ddIi, JKJ �i, KHL R, HVH #

Supponiamo di avere una forzante esterna �� � 445�å, costante, e applicata alla sommità della struttura. L’equazione generale che governa il sistema è sempre la stessa: Ú¾ôÞô ��¾ôÞ1 � �¾ôÞô �¾ôÞ1 � ��©ôÞ1

Introduco le coordinate modali (le avevo definite con �� nella teoria) �� � Φ¾ôÞô ��©ôÞ1 , per cui:

Φ�ÚΦj�k�lÐto�wxoq� �� � � Φ��ΦjklÐto�wxoq� �� � Φ���j�k�lÑ�AAw¦�

Abbiamo scelto di normalizzare la matrice degli autovettori alla matrice delle masse, quindi il tutto si riduce a quanto segue: ÈÚ� � Φ�ÚΦ � I�� � Φ��Φ � ΩÀ Òqqw¦o����� ³f� � � �f� � �c��

®!�#Ω � "0,533 1,148 1,7571,007 0,914 −1,5431,248 −1,228 0,494 # " 525 −210 0−210 315 −1050 −105 105 # "0,533 1,007 1,2481,148 0,914 −1,2281,757 −1,543 0,494 # =

= "207,858 0 00 955,111 00 0 2.089,39# = úI1� 0 00 I�� 00 0 Iô�û

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Quindi l’equazione che governa il sistema può essere scritta nella seguente forma:

"i R RR i RR R i# úf� i�f� d�f� L�û � úSid R RR Sdd RR R SLdû úfi�fd�fL�û � "R, KLL i, iHI i, JKJi, RRJ R, ViH �i, KHLi, dHI �i, ddI R, HVH # " RRHHK#

� f� i� � Sidfi� � JIi, I�Kf� d� � Sddfd� � ��I�,�LKf� L� � SLdfL� � diV, ILR

Come possiamo osservare il nostro sistema può essere visto come la composizione di tre sottosistemi diversificati, ogni uno dei quali è governato da un moto di natura sinusoidale, con una data pulsazione. Ora trascurando il transitorio inziale, la soluzione tipica è data dall’integrale di Duhamel, che per l’r-esima componente si esprime come di seguito: Û#*∀�¦� � �¦Ë�¦z ,�M ¦zÌj��k��l�tA¦on¥�¦o � 1Φ¦�ÚΦ¦j��k��lO1 IvX ° EΦ���H¦A

P #��X�XA�¹%#"�IvX� � º��º

f[� � EΦ���H¦I¦ ° %#"EI¦� � ºH�ºAP � EΦ���H¦I¦ ° � È� I¦I¦ %#"EI¦� � ºHÀ �ºA

P

� EΦ���H¦I¦� |�Q�cosEI¦� � I¦ºR|PA � E�c��H[S[d Ei � WXYS[�H Quindi le tre soluzioni modali sono le seguenti:

899:99; �1� � 781,86514,421� E1 − cos14,421�)H � 3,760E1 − cos14,421�)H

��� � �686,63530,911� E1 − cos30,911�)H � �0,719E1 − cos30,911�)H�ô� � 219,83045,721� E1 − cos45,721�)H � 0,105E1 − cos45,721�)H

Questi sono i moti definiti per i singoli gradi di libertà, vediamo ora di definire il comportamento globale della struttura, per i tre gradi di libertà, il cui spostamento è dato dalla somma dei singoli modi di vibrare, cioè ne è una loro combinazione lineare.

��©LÞi � �¾LÞL f�©LÞi � "R, KLL i, RRJ i, dHIi, iHI R,ViH �i, ddIi, JKJ �i, KHL R, HVH # úfi�fd�fL�û

��1� � 2,004E1 − cos14,421�)H � 0,724E1 − cos30,911�)H � 0,131E1 − cos45,721�)H��� � 4,316E1 − cos14,421�)H � 0,657E1 − cos30,911�)H � 0,129E1 − cos45,721�)H�ô� � 6,606E1 − cos14,421�)H � 1,109E1 − cos30,911�)H � 0,052E1 − cos45,721�)H

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0,99 1,99 2,99 3,99 4,99

-1

0

1

2

3

4

Spo

stam

enti

[mm

]

Tempo t [s]

Contributo modale 1 Contributo modale 2 Contributo modale 3 Coordinata x

1(t)

0,99 1,99 2,99 3,99 4,99

-1

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

Spo

stam

enti

[mm

]

Tempo t [s]

Contributo modale 1 Contributo modale 2 Contributo modale 3 Coordinata x

2(t)

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1.4 – Sistemi elastici lineari a più gradi di libertà – Il problema della risposta massima. Come si osserva nell’applicazione precedente il primo modo di vibrare è nettamente predominate rispetto al altri due. Ma non sempre possiamo usare l’integrale di Duhamel per dare una adeguata risposta ai nostri problemi reali. Si potrebbe pensare di determinare la risposta massima per ogni una delle coordinate modali |�t|Loy, e questo è sempre possibile, dato che stiamo risolvendo il nostro sistema complesso in modo disaccoppiato, cioè composto da singoli sistemi ad un grado di libertà. Ma non possiamo affermare quanto segue: �� Ðtno¥¥wsstwtqntnA�Lo������������������ ��ùwL�nosstoLw������������ �� � Φ��

®�� →�|�1|Loy|��|Loy|�ô|Loy �!&�# ú|�i|�a�|�d|�a�|�L|�a�û ≠ E�HçLÞL ú|gi|�a�|gd|�a�|gL|�a�û

Questo è dovuto al fatto che ogni modo di vibrare è definito da una propria frequenza, diversa per ogni modo, per cui i massimi di ogni modo hanno una cadenza temporale diversificata. È certamente vero che la risposta complessiva del sistema è data dalla combinazione dei vari modi di vibrare, ma non possibile avere la risposta massima partendo direttamente da questi; si dovrà trovare un modo di natura probabilistica che ci fornisca una valutazione complessiva del problema, ma prima di questo vediamo di affrontare un’altra applicazione.

0,99 1,99 2,99 3,99 4,99

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

10

11

12

13

14

15

16

Spo

stam

enti

[mm

]

Tempo t [s]

Contributo modale 1 Contributo modale 2 Contributo modale 3 Coordinata x

3(t)

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1.4.1 - Applicazione – Risposta massima di un sistema. Molti argomenti sono già stati definiti nell’applicazione precedente, quindi procederemmo in modo più spedito. Anche in questo caso abbiamo a che fare un semplice sistema a tre gradi di libertà �1, �� e �ô, che saranno le nostre coordinate modali. Partiamo dalla matrice delle masse:

Ú � 10ô "150 0 00 130 00 0 75#

La matrice delle rigidezze può essere trovata operando gli stessi ragionamenti fatti nell’applicazione precedente, quindi utilizzando il teorema di Clapeyron.

� � "(11 � (1 � (� (1� � �(� (1ô � 0(�1 = −(� (�� = (� + (ô (�ô = −(ô(ô1 = 0 (ô� = −(ô (ôô = (ô # = " 500 −200 0−200 300 −1000 −100 100 # 10Y= 1011 " 5 −2 0−2 3 −10 −1 1 #

Gli autovalori del sistema sono le radici dell’equazione caratteristica det|� � I�Ú| � 0.

det|� � I�Ú| � 0 → F1011 " 5 −2 0−2 3 −10 −1 1 #− 10ôI� "150 0 00 130 00 0 75#F = 0

GG1011

íîîîîï5 − I� 1,5010ß −2 0

−2 3 − I� 1,3010ß −10 −1 1 − I� 0,7510ß ñò

òòòóGG = 0

1011 È�5 − I� 1,5010ß   ��3 − I� 1,3010ß   �1 − I� 0,7510ß   − 1� + 2 �−2�1 − I� 0,7510ß  �À = 0

�5 − I� 1,5010ô   �3 − 3 × 0,7510ô I� � 1,3010ô I� � 1,30 × 0,7510ß Ià � 1� − 4 + 4 × 0,7510ô I� � 0

− 1,50 × 1,30 × 0,7510Y Iß � �1,30 × 0,75 × 510ß + 1,50 × 3 × 0,7510ß + 1,30 × 1,5010ß   Ià� �� 15 × 0,7510ô − 5 × 1,3010ô   I� � 6 = 0

− i, H�dKiRV S� + iR, diR� SH − iJ, JKiRL Sd + � = R

Il tutto si riduce ad una risoluzione di una equazione del terzo ordine, posto che � = I�. � 1,462510Y �ô + 10,210ß �� − 17,7510ô � + 6 = 0

Dato che non ho alcuna voglia di mettermi a giocare con le relazioni Cardaniche di rinascimentale memoria; ho utilizzato il programma commerciale Mathematica 8 per venirne a capo.

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Plot �� 1,462510Y �ô � 10,210ß �� � 17,7510ô � � 6, Q�, 0,5000R�

Solve �� 1,462510Y �ô � 10,210ß �� � 17,7510ô � � 6 �� 0, �� → 89:9; �1 � 444,186 ùtwè���I1 � 21,076�� � 2071,500 ùtwè���I� � 45,514�ô � 4458,673 ùtwè���Iô � 66,773

Abbiamo stabilito le pulsazioni proprie della struttura, vediamo che cosa altro possiamo affermare, partendo da queste:

899:99; I1 � 21,076 *��% → Ä1 � 2ÖI1 � 0,298% → �1 � 1Ä1 � 3,354â�

I� � 45,514 *��% →Ä� � 2ÖI� � 0,138% → �� � 1Ä� � 7,244â�Iô � 66,773 *��% → Äô � 2ÖIô � 0,0941% → �ô � 1Äô � 10,627â�

Ora è arrivato il momento si affrontare il problema degli autovettori, che sono dati dalla soluzione

del sistema » �¾ôÞô � It� Ú¾ôÞô¼ tìôÞ1 � 0. La matrice dei coefficienti presenta rango * � 2, quindi

abbiamo ∞ô�� soluzioni, in altri termini gli autovettori saranno definiti a meno di una costante. 1) Autovettore 1 (primo modo di vibrare della struttura).

E� � I1�ÚH1 � Q10N " 5 �2 0�2 3 �10 �1 1 #� 10ô Þ 21,076� "150 0 00 130 00 0 75#� "U1,1U�,1Uô,1# � 0

10Oíîîîîï5 � 21,076� 15010O �2 0

�2 3 � 21,076� 13010O �10 �1 1 � 21,076� 7510Oñò

òòòó"U1,1U�,1Uô,1# � 0

89:9; �5 � 21,076� 15010O U1,1 � 2U�,1 � 0

�2U1,1 � �3 � 21,076� 13010O U�,1 � Uô,1 � 0�U�,1 � �1 � 21,076� 7510O Uô,1 � 0

���������Ei � " id, i�JL, dKi#Wi,i

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2) Autovettore � (secondo modo di vibrare della struttura).

E� � I1�ÚH1 � Q10N " 5 −2 0−2 3 −10 −1 1 # − 10ô × 45,514� "150 0 00 130 00 0 75#� "U1,�U�,�Uô,�# = 0

10Oíîîîîï5 − 45,514� 15010O −2 0

−2 3 − 45,514� 13010O −10 −1 1 − 45,514� 7510Oñò

òòòó"U1,�U�,�Uô,�# = 0

89:9; �5 − 45,514� 15010O  U1,� − 2U�,� = 0

−2U1,� + �3 − 45,514� 13010O  U�,� − Uô,� = 0−U�,� + �1 − 45,514� 7510O  Uô,� = 0

���������Ed � " iR, VHJ�i, JRV# Wi,d

3) Autovettore ô (terzo modo di vibrare della struttura).

E� � I1�ÚH1 � Q10N " 5 −2 0−2 3 −10 −1 1 # − 10ô × 66,773� "150 0 00 130 00 0 75#� "U1,ôU�,ôUô,ô# = 0

10Oíîîîîï5 − 66,773� 15010O −2 0

−2 3 − 66,773� 13010O −10 −1 1 − 66,773� 7510Oñò

òòòó"U1,ôU�,ôUô,ô# = 0

89:9; �5 − 66,773� 15010O  U1,ô − 2U�,ô = 0

−2U1,ô + �3 − 66,773� 13010O  U�,ô − Uô,ô = 0−U�,ô + �1 − 66,773� 7510O  Uô,ô = 0

EL = " i−R, IHHR, L�R # Wi,L

Procediamo ora alla normalizzazione della matrice degli autovettori con la matrice delle masse, come abbiamo visto nella teoria. � * &!*� &ℎ# Φ¾ôÞô � E1 �ôH�++!*��cé� � �� #� ��!" ��!&�#% ��� � ³

10ô úU1,1 2,167U1,1 3,251U1,1U1,� 0,947U1,� −1,709U1,�U1,ô −0,844U1,ô 0,360U1,ô û "150 0 00 130 00 0 75# ú U1,1 U1,� U1,ô2,167U1,1 0,947U1,� −0,844U1,ô3,251U1,1 −1,709U1,� 0,360U1,ô û

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10ô úU1,1 2,167U1,1 3,251U1,1U1,� 0,947U1,� −1,709U1,�U1,ô −0,844U1,ô 0,360U1,ô û ú 150U1,1 150U1,� 150U1,ô281,71U1,1 123,11U1,� −109,72243,825U1,1 −128,175U1,� 27U1,ô U1,ôû

iR� üi, KKLWi,id R RR R, HI�Wi,dd RR R R, dKdWi,Ld ý = ��

Imponiamo che…

M� = ¯ → 10ß ú1,553U1,1� 0 00 0,486U1,�� 00 0 0,252U1,ô� û = "1 0 00 1 00 0 1#

→8999:999;U1,1 = < 11,553 × 10ß = 8,024 × 10�à

U1,� = < 10,486 × 10ß = 1,434 × 10�ô

U1,ô = < 10,252 × 10ß = 1,992 × 10�ô

Quindi i nostri autovettori normalizzati alla matrice delle masse sono i seguenti:

�¾L×L = EEi EdELH � úI, RdH× iR�H i,HLH × iR�L i,VVd × iR�Li,JLV× iR�L i,LKJ × iR�L �i,�Ii × iR�Ld,�RV× iR�L �d,HKi × iR�L J, iJi × iR�H û

Fin qui nulla di nuovo, abbiamo solo definito le caratteristiche intrinseche del nostro sistema, ora l’equazione che governa il nostro sistema è come al solito la seguente (in assenza di smorzamento): �cé�j�k�lµ\a´]Va`U f� � � �cÁ�j�k�lµ\a´]Va`U f� � �c��j�k�lÔU��][U

Dopo aver normalizzato la matrice degli autovettori Φ, il tutto si semplifica come segue: ÈÚ� � Φ�ÚΦ � I�� � Φ��Φ � ΩÀ Òqqw¦o����� ³f� � � �f� � �c��

Ω � 10O "0,8024 1,739 2,6091,434 1,357 −2,4511,992 −1,681 0,7171# " 5 −2 0−2 3 −10 −1 1 # "0,8024 1,434 1,9921,739 1,357 −1,6812,609 −2,451 0,7171#= 10ô "0,4443 0 00 2,0682 00 0 4,4637# = úI1� 0 00 I�� 00 0 Iô�

û

A differenza dell’applicazione precedente, ora vediamo d’immaginare il nostro sistema soggetto ad azione sismica, da quello che si è affermato nella teoria, ho che nel caso di forzante esterna fornita da sollecitazione sismica, sappiamo che: ∀* = 1 − 3 !�¦qr¦��ntLo�¨�outwx��������������������� Φ¦�ÚΦ¦j�k�l§rso¦to1n��qto�Aw}�AAw¦tnwxwxw¦LoqtuuoAt

��¦� � �¦I¦�M¦� � I¦��¦� � EΦ���H¦

Come si può osservare nella scrittura dell’r-esima equazione ho considerato anche il termine smorzante, dato che nell’analisi simica, e in particolare negli spettrogrammi è implicitamente compreso. Infatti tutti gli spettrogrammi (sia in spostamento, che in velocità ed in accelerazione) sono definiti per un particolare valore di smorzamento �.

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La soluzione per ogni �¦� è quella nota. Û#*∀�¦� � �¦Ë�¦z , �M¦zÌ � 1Φ¦�ÚΦ¦IvX ° EΦ���H¦AP #��X�XA�¹%#"�IvX� � º��º

Nel caso di forzante esterna fornita da azione sismica, sappiamo che:

�� � "�1�⋮�x�# � � Ú¾xÞx *¾xÞ1 � � ü�1 0 ⋯ 00 �� … 0⋮0 ⋮0 ⋱0 0�xýj�����k�����l%&%� §r¨��qqow¦t�txoq�

ü10⋮*xý ����

Ora possiamo riscrivere la nostra r-esima equazione, ma con forzante esterna fornita dal sisma. f[� � h[Ëf[R , fM [RÌ � E�cé[H[�[cé�[S^[ ° �� ´�U��[S[��²TUV�S^[� � ²�^²�R

Di tutta questa espressione ci interessa una parte particolare, ed esattamente questo blocco: �[ � E�cé[H[�[cé�[ → Ã�#%�!� #"#�#� " �!_]Uhh\_\UV�U^\{a[�U_\{ab\]VU. Vediamo di calcolarlo per il nostro particolare caso.

"=1=�=ô# = EΦ�Ú*]Φ�ÚΦj��k��lO1= "0,8024 1,739 2,6091,434 1,357 −2,4511,992 −1,681 0,7171# "150 0 00 130 00 0 75# "111#

= "120,36 226,07 195,68215,10 176,41 −183,83298,80 −218,53 53,78 # "111# = "542,11207,68134,05#

Si può dimostrare che…

¬ �,dL

,Oi � �.X/.012Y3Y/145 = 542,11� + 207,68� + 134,05� = 354.984Kg ≅ 355.000Kg

Da qui è facile ottenere la percentuale di massa coinvolta nei vari modi di vibrare della struttura:

899:99; Û* �!�!�!� � /*�*# → =1�Ú�wA. × 100 = 542,11�355.000 × 100 = 82,8%

�#&!"�!�!�!� � /*�*# → =��Ú�wA. × 100 = 207,68�355.000 × 100 = 12,1%Ä#*�!�!�!� � /*�*# → =ô�Ú�wA. × 100 = 134,05�355.000 × 100 = 5,1%

Come si osserva il primo modo è quello che coinvolge maggiormente la massa del sistema, comunque secondo la normativa dovrei considerare i primo due modi di vibrare come quelli efficaci al fine del calcolo, dato che viene ad essere richiesta una percentuale di superamento del 90%. Vediamo ora di tirarci fuori uno spettro elastico per la nostra sollecitazione sismica; per far ciò mi riferisco all’NTC 2008. Prima si definisce lo spettro elastico in accelerazione delle componenti orizzontali, solo successivamente possiamo definire quello riferito agli spostamenti. In primi utilizzando apposite tabelle o programmi, devo fissare i seguenti dati:

� a´ → Õ__U`U[ab\]VU][\bb]V�a`U�aTT\�a^U`�U[[UV]�R → Ôa`][U�aTT\�]^U`ha��][U^\a�{`\h\_ab\]VU^U``]T{U��[]c�∗ → ZU[\]^]^\\V\b\]^U`�[a��]a|U`]_\�à_]T�aV�U^U``]T{U��[]Dati di origine statistica che dipendono dalla posizione geografica della nostra opera e dal tempo di ritorno (vedi pag. 65).

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La relazioni che dovrò usare sono le seguenti:

899:99;ZU[R ] c � c� ¶]_¶U�����ÓÕUc � a´Ó^�R � cc� � i^�R �i � cc� �

ZU[c� ] c � c� ¶]_¶U�����ÓÕUc � a´Ó^�RZU[c� ] c � cµ ¶]_¶U�����ÓÕUc � a´Ó^�R �c�c  ZU[cµ ] c ¶]_¶U�����ÓÕUc � a´Ó^�R �c�cµcd  

Nelle quali Ä ed ��Ä sono, rispettivamente, periodo di vibrazione della struttura ed accelerazione spettrale orizzontale (solitamente è espressa in modo adimensionalizzato, cioè divisa per l’accelerazione di gravità $). Mentre gli altri parametri che appaiono sono i seguenti:

- � è il coefficiente che tiene conto della categoria del sottosuolo e delle condizioni topografiche, mediante la seguente relazione: � � �����#� ��/#++�

- _ è il fattore che altera lo spettro elastico per coefficienti di smorzamento viscoso � diversi dal 5%, mediante la seguente:

_ � < 105 � � ≥ 0,55

Dove � (espresso in percentuale) è valutato sulla base dei materiali, tipologia strutturale e terreno di fondazione.

- �P è il fattore che quantifica l’amplificazione spettrale massima, su un sito di riferimento rigido orizzontale, ed ha un valore minimo pari a 2,2.

- Äù è il periodo corrispondente all’inizio del tratto a velocità costante dello spettro, dato da: Äù � ~ùÄù∗ Dove ~ù è un coefficiente in funzione della categoria del sottosuolo (vedi tabella).

- Ä è il periodo corrispondente all’inizio del tratto dello spettro ad accelerazione costante: Ä � Äù3

- ÄÐ è il periodo corrispondente all’inizio del tratto a spostamento costante dello spettro, espresso in secondi mediante la relazione: ÄÐ � 4,0 ��$ � 1,6

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Vediamo ora le relazioni che ci permettono di definire i coefficienti ��, ~ù e ��.

Le suesposte categorie topografiche si riferiscono a configurazioni geometriche prevalentemente bidimensionali, creste o dorsali allungate, e devono essere considerate nella definizione dell’azione sismica se di altezza maggiore di 30m.

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Per le categoria del sottosuolo si faccia riferimento a quanto segue:

Come si osserva la classificazione in base ai valori della velocità equivalente än,ôP di propagazione delle onde di taglio entro i primi 30 m di profondità. Per le fondazioni superficiali, tale profondità è riferita al piano di imposta delle stesse, mentre per le fondazioni su pali è riferita alla testa dei pali. Nel caso di opere di sostegno di terreni naturali, la profondità è riferita alla testa dell’opera. Per muri di sostegno di terrapieni, la profondità è riferita al piano di imposta della fondazione. L’accelerazione massima orizzontale ��, il valore massimo di amplificazione dello spettro e Äù∗, il periodo di inizio del tratto a velocità costante dello spettro, andranno cercati nelle apposite tabelle, allegate alla fine della normativa in funzione delle coordinate geografiche del sito di interesse. Lo spettro di risposta elastico in spostamento delle componenti orizzontali ÓµUc si ricava dalla corrispondente risposta in accelerazione ÓÕUc mediante la seguente espressione:

ÓµUc � ÓÕUc � cde d

Purché il periodo di vibrazione T non ecceda i valori Tb indicati in Tab. 3.2.VIII.

Per periodi di vibrazione eccedenti ħ, le ordinate dello spettro possono essere ottenute dalle formule seguenti:

cÛ#*ħ � Ä ] Ä· dw¥��������ÐeÄ � 0,025���ÄùÄÐ ��P_ � 1 � �P_ Ä � ħķ � ħ�Û#*Ä � Ä· �w¥��������ÐeÄ � ��

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I valori dello spostamento orizzontale �� e della velocità orizzontale �� massimi del terreno sono dati dalle seguenti espressioni (NTC2008 - §3.2.3.3): È�� � 0,025���ÄùÄÐ�� = 0,16���Äù

Dopo averci tirato fuori dalla normativa tutte queste relazioni, vediamo di costruirci il nostro spettro in accelerazione per le componenti orizzontali, per far ciò usiamo il programma del Prof. Gelfi.

Solo a titolo didattico ci possiamo ricavare lo spettro completo in termini di spostamento, in alternativa ci potremmo determinare direttamente i nostri valori puntuali.

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In particolare…

89:9; Ä1 � 0,298 →�ÒeÄ1 � 4,188 �%� →�ÐeÄ1 = 0,0094�

Ä� = 0,138 → �ÒeÄ� � 3,874 �%� →�ÐeÄ� = 0,0019�Äô = 0,0941 → �ÒeÄô � 3,158 �%� →�ÐeÄô = 0,0007�

In riferimento alle coordinate modali, vediamo di definirne il valore massimo, dato che gli spettri in spostamento (ma anche in accelerazione) non sono altro che l’espressione dei valori massimi dell’integrale di Duhamel per le varie serie storiche.

�|�1|Loy � =1�Ðef�Ä1, �1 = 542,11 × 0,0094 = 5,096�|��|Loy � =��Ðef�Ä�, �� = 207,68 × 0,0019 = 0,395�|�ô|Loy � =ô�ÐefgÄô, �ô = 134,05 × 0,0007 = 0,094�

Come abbiamo detto all’inizio l’operazione seguente non ha senso, dato che i massimi dei vari modi di vibrare non sono contemporanei:

ú|�1|Loy|��|Loy|�ô|Loyû ≠ EΦHçôÞô ú|�1|Loy|��|Loy|�ô|Loyû

Ma possiamo esprimere diversamente il tutto, difatti possiamo procedere alla separazione degli effetti; in altri termini esprimiamo i massimi spostamenti riferiti ai singoli gradi di libertà, separandoli per i singoli modi di vibrare. Cioè introduciamo la matrice EhH… �\[�a� � W\[�[ÓµU,[c[, �[

Ei] = "�ii �id �iL�di �dd �dL�Li �Ld �LL# � E�H ú�iÓµUfici, �i R RR �dÓµUfdcd, �d RR R �LÓµUfLcL, �Lû

0

0,02

0,04

0,06

0,08

0,1

0,12

0 0,5 1 1,5 2 2,5 3 3,5 4 4,5

Sd

(T

) [m

]

T [s]

Spettro in spostamento delle componenti orizzontali.

Spostamenti

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EhH � "�11 �1� �1ô��1 ��� ��ô�ô1 �ô� �ôô# � 10�ô "0,8024 1,434 1,9921,739 1,357 −1,6812,609 −2,451 0,7171# "5,096 0 00 0,395 00 0 0,094#= ú4,089 × 10�ô 5,664 × 10�à 1,872 × 10�à8,862 × 10�ô 5,360 × 10�à −1,580 × 10�à1,330 × 10�� −9,681 × 10�à 6,741 × 10�O û �

La componente �t¦jkl , può essere definita come il massimo contributo all’i-esimo grado di libertà per l’r-esimo modo di vibrare; come possiamo osservare per il primo modo di vibrare, abbiamo spostamenti via via maggiori passando dall’impalcato del primo piano �1, a quello di sommità �ô. È anche del tutto evidente che questo modo di esprimere gli spostamenti massimi, anche se coretto formalmente, è alquanto scomodo, quindi si è proceduto all’individuazione di una valutazione statistica, che permetta di trovare un valore comunque rappresentativo. Il modo è quello di operare la radice quadrata dei quadrati (SRSS), è bene precisare che facendo ciò si perdono i segni, anche se questo non è un fatto grave dato che le sollecitazioni sismiche, per lo natura, agiscono in tutte le direzioni. Ma cosa più importante, si perde la linearità dei nostri problemi, cioè non possiamo sommare direttamente azioni diverse, ma si dovrà sempre applicare la relazione SRSS.

��©LÞi �íîîîîîïJ�iid � �idd � �iLdJ�did � �ddd � �dLdJ�Lid � �Ldd � �LLd ñòò

òòòó� ü �4,089 × 10�ô)� + 5,664 × 10�à)� + 1,872 × 10�à)��8,862 × 10�ô)� + 5,360 × 10�à)� + �1,580 × 10�à)��1,330 × 10��)� + �9,681 × 10�à)� + 6,741 × 10�O)�ý

��©ôÞ1 � ú�1�����ô�û � ú4,132 × 10�ô8,880 × 10�ô1,334 × 10��û �

Questo vale sia per gli spostamenti sia per le accelerazioni, ma anche per tutti gli sforzi (normali, di taglio o flettenti), che dovranno in ogni caso ottenersi con la relazione SRSS. Ricordo altresì che questo modus operandi non ha alcuna attinenza con la fisica del nostro problema, ma è solamente una valutazione statistica, rispondente a determinati criteri probabilistici. Il vantaggio è quello di ottenere un valore rappresentativo per i singoli gradi di libertà. La normativa permette di usare anche un’altra relazione probabilistica che prende il nome di CQC, cioè correlazione quadratica completa, data la sua complessità viene ad essere usata quasi esclusivamente in ambito computazionale.

89:9; ÓmÓÓ → � � <¬ �[d[

�n� → � � <¬ ¬ o[TT �[�T[ Dove p¦n è il coefficiente di correlazione tra il modo * ed il modo %, ed è fornito dalla seguente:

o[T � I�dJ�STS[�L�i � STS[� ��i � STS[�d � H�d STS[�

Il metodo SRSS ha delle buone prestazioni quando le frequenza angolari I¦ dei vari modi di vibrare sono lontane tra di loro, altrimenti dovremmo usare la combinazione quadratica completa.

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1.5 – Perdita dell’ipotesi di elasticità lineare. Fino ad ora abbiamo considerato i nostri sistemi a comportamento elastico lineare perfetto, quindi alla conclusione di un percorso di deformazione abbiamo il ripristino delle condizioni di riposo. Vediamo ora di rimuovere questa semplificazione, dato che per le nostre strutture reali possono essere sottoposte a deformazioni (durante un evento sismico), ben al di là del loro campo elastico (lineare o meno). La normativa ci potrebbe vincolare nel mantenimento dell’operatività, nel caso di strutture di importanza strategica (ospedali, caserme, ecc.), oppure per le nostre strutture convenzionali ci viene chiesto il non crollo delle stesse, cioè la salvaguardia delle vite. Quindi, tranne particolari casi, alle strutture viene richiesto di entrare in campo plastico e di deformarsi permanentemente.

In assenza di analisi dinamiche non lineari appropriate (al passo), possiamo considerare un metodo semplificato; le capacità dissipative delle strutture possono essere messe in conto attraverso una riduzione delle forze elastiche, che tiene conto in modo semplificato della capacità dissipativa anelastica della struttura, della sua sovraresistenza, dell’incremento del suo periodo proprio a seguito delle plasticizzazioni. In altri termini continuo sempre a progettare la mia struttura in campo elastico, ma con delle forze fittiziamente inferiori, e al contempo per

garantirne la duttilità �q � ÓgÓU� curo i particolari costruttivi della stessa, con il metodo della

gerarchia delle resistenze. In riferimento al punto §3.2.3.5 dell’NTC-2.008, lo spettro di progetto da utilizzare, per le componenti orizzontali, sarà ottenuto con le medesime formule, ma si dovrà

sostituire il fattore _ con 1, dove � è definito fattore di struttura.

8999:999;ZU[R ] c � c� ¶]_¶U�����ÓÕ^c � a´Ó�Rf � cc� � i^�R �i � cc� �

ZU[c� ] c � c� ¶]_¶U�����ÓÕ^c � a´Ó�RfZU[c� ] c � cµ ¶]_¶U�����ÓÕ^c � a´Ó�Rf �c�c  ZU[cµ ] c ¶]_¶U�����ÓÕ^c � a´Ó�Rf �c�cµcd   699

979998≥ R, da´

Il valore del fattore di struttura q da utilizzare per ciascuna direzione della azione sismica, dipende dalla tipologia strutturale, dal suo grado di iperstaticità e dai criteri di progettazione adottati e prende in conto le non linearità di materiale. Esso può essere calcolato tramite la seguente espressione: f � fRÁm

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- �P è il valore massimo del fattore di struttura che dipende dal livello di duttilità attesa, dalla tipologia strutturale e dal rapporto =�/=1 tra il valore dell’azione sismica per il quale si verifica la formazione di un numero di cerniere plastiche tali da rendere la struttura labile e quello per il quale il primo elemento strutturale raggiunge la plasticizzazione a flessione.

- �r è un fattore riduttivo che dipende dalle caratteristiche di regolarità in altezza della costruzione, con valori pari ad 1 per costruzioni regolari in altezza, e 0,8 per costruzioni non regolari.

2 – LE BASI METODOLOGICHE PER LA PROGETTAZIONE. 2.1 – Introduzione – Classificazione dell’opera. Questo capitolo vuole essere un compendio, più o meno esaustivo, di tutte le tematiche affrontate nel corso di questa dispensa, ma non solo. Si parte come al solito da una approfondita analisi della normativa esistente, in primis l’NTC del 2.008, fino ad affrontare, con approfonditi richiami, tutti i problemi legati al calcolo sismico. La normativa Italiana di riferimento si trova ad essere suddivisa in dodici capitoli:

1) Premessa e oggetto. 2) Sicurezza e prestazioni attese. 3) Azioni sulle costruzioni. 4) Verifiche statiche (Costruzioni civili e industriali). 5) Ponti. 6) Progettazione geotecnica. 7) Progettazione per azioni sismiche. 8) Costruzioni esistenti. 9) Collaudo statico. 10) Redazione dei progetti strutturali esecutivi e delle relazioni statiche. 11) Materiali e prodotti per uso strutturale. 12) Riferimenti tecnici.

I capitoli campiti in rosso saranno quelli di maggior interesse per noi. Il primo passo nello studio di una struttura esistente o meno, è quello di definirne i parametri geometrici e gli elementi costituenti (travi, pilastri, solai, setti, ecc.), da ciò ne potremmo ricavarne gli schemi strutturali da utilizzare nella modellazione. Nella corretta valutazione delle azioni diviene fondamentale conoscere la vita nominale di una struttura, più comunemente definita vita utile. La vita nominale ä di un’opera strutturale è il numero di anni nei quali la struttura può adempiere al suo compito, purché soggetta alla sola manutenzione ordinaria. La durata della vita nominale dipende dall’importanza dell’opera stessa:

In presenza di azioni sismiche, con riferimento alle conseguenze di una interruzione di operatività o di un eventuale collasso, le costruzioni sono suddivise in classi d’uso così definite:

1) Classe I: costruzioni con presenza solo occasionale di persone, edifici agricoli. 2) Classe II: costruzioni il cui uso preveda normali affollamenti, senza contenuti pericolosi

per l’ambiente e senza funzioni pubbliche e sociali essenziali. Industrie con attività non pericolose per l’ambiente. Ponti, opere infrastrutturali, reti viarie non ricadenti in Classe

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d’uso III o in Classe d’uso IV, reti ferroviarie la cui interruzione non provochi situazioni di emergenza. Dighe il cui collasso non provochi conseguenze rilevanti.

3) Classe III: costruzioni il cui uso preveda affollamenti significativi. Industrie con attività pericolose per l’ambiente. Reti viarie extraurbane non ricadenti in Classe d’uso IV. Ponti e reti ferroviarie la cui interruzione provochi situazioni di emergenza. Dighe rilevanti per le conseguenze di un loro eventuale collasso.

4) Classe IV: Costruzioni con funzioni pubbliche o strategiche importanti, anche con riferimento alla gestione della protezione civile in caso di calamità. Industrie con attività particolarmente pericolose per l’ambiente. Reti viarie di tipo A o B, di cui al D.M. 5 novembre 2001, n. 6792, “Norme funzionali e geometriche per la costruzione delle strade”, e di tipo C quando appartenenti ad itinerari di collegamento tra capoluoghi di provincia non altresì serviti da strade di tipo A o B. Ponti e reti ferroviarie di importanza critica per il mantenimento delle vie di comunicazione, particolarmente dopo un evento sismico. Dighe connesse al funzionamento di acquedotti e a impianti di produzione di energia elettrica.

Le azioni sismiche su ciascuna costruzione vengono valutate in relazione ad un periodo di riferimento är che si ricava, per ciascun tipo di costruzione, moltiplicandone la vita nominale äper il coefficiente d’uso ~s: Ôm � Ôt�u Il valore del coefficiente d’uso ~s è definito, al variare della classe d’uso, dalla tabella seguente.

Se är risulta essere inferiore ai 35 anni, lo si pone comunque uguale a 35 anni.

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2.2 – Le azioni. Prima di tutto vediamo di fornire una serie di classificazioni.

1) Azioni dirette: comprendono tutti i carchi gravitazionali, le azioni del vento e della neve. 2) Azioni indirette: queste sono le coazioni, le distorsioni vincolari, dilatazioni termiche,

ritiro e viscosità, queste sono tutte sollecitazioni che dipendono dalle caratteristiche interne del materiale.

3) Degrado ambientale: anche questo è visto come un’azione esterna, ed è un nuovo modo di pensare al degrado ambientale, inteso come la corrosione per l’acciaio, oppure i cicli di gelo e disgelo per il calcestruzzo.

Ed inoltre le azioni si dividono in: 1) Statiche. 2) Pseudo-statiche: queste sono tutte le azioni dinamiche che possono essere rappresentate

mediante un’azione statica equivalente, ad esempio l’azione del vento. 3) Dinamiche.

Altra classificazione: 1) Azioni permanenti v: sono tutte le azioni che agiscono per tutta la durata della vita

nominale (vita utile) della struttura, tra queste troviamo il peso proprio degli elementi strutturali v1, i carchi permanenti portati v�, cioè tutti i carchi permanenti non strutturali (pavimenti, tramezze), i carichi permanenti portati possono essere considerati delle vere è proprie azioni permanenti, a discrezione del progettista. Sempre tra le azioni permanenti troviamo l’azione di precompressione Û, fenomeni di ritiro e viscosità, e distorsione imposte all’atto della costruzione.

2) Azioni variabili Ã: qui possiamo trovare le azioni variabili di breve durata (vento, dilatazioni termiche giornaliere, ecc.), rispetto alla vita utile della struttura, o di lunga durata (calpestio, mobili, neve, dilatazioni termiche stagionali, ecc.).

3) Azioni eccezionali F: qui troviamo gli urti, gli impatti e gli incendi, tutte azioni che si verificano eccezionalmente durate la vita utile di una struttura.

4) Azioni sismiche �: azioni derivanti dai terremoti. Tutte queste azioni vengono combinate tra di loro. S.L.U.–Combinazione fondamentale→ Fx � γz�G|� � γz�G|� � γ}P| � γ~�Q|� � ∑ ψP�γ~�Q|�:�O� S.L.E.–Combinazione rara → Fx � G|� � G|� � P| � Q|� � ∑ ψP�Q|�:�O� S.L.E.–Combinazione frequente → Fx � G|� � G|� � P| � ψ11Q|� � ∑ ψ��Q|�:�O� S.L.E.–Combinazione quasi permanente → Fx � G|� � G|� � P| � ∑ ψ��Q|�:�O1 Come possiamo osservare nella combinazione fondamentale l’azione variabile Q|�è l’azione principale, mentre tutte le altre sono tra di loro combinate, tramite un coefficiente di combinazione ψP�, che tiene conto della non contemporaneità delle azioni. Mentre tutti i coefficienti γ, ci servono per passare al valore di calcolo delle azioni, partendo da quello caratteristico, essi si presentano con valori diversi, in ragione del fatto se stiamo considerando combinazione sfavorevoli o favorevoli alla sicurezza. La combinazione fondamentale viene ad essere utilizzata per la verifica a rottura della struttura. Si deve anche dire che la normativa fissa altre due combinazioni: Azioni eccezionali → Fx � G|� � G|� � P| � Ax � ∑ ψ��Q|�:�O1 Azione sismica → �0 � ��i � ��d � �� � �0 � ∑ �d3��3-3Oi

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Le azioni Ax ed Ex sono già le azioni di calcolo, infatti esse dipendono dall’importanza dell’edificio, in particolare l’azione sismica dipende dalla classificazione dell’edificio e dalla classe di duttilità usata. A questo punto possiamo riportare i valori dei coefficienti di combinazione.

Per quanto riguarda invece i coefficienti di sicurezza il Testo Unico distingue tre livelli di verifica:

- Lo stato limite di equilibrio come corpo rigido (EQU). - Lo stato limite di resistenza della struttura, compresi gli elementi di fondazione (STR), ed

è quello più utilizzato. - Lo stato limite di resistenza del terreno (GEO).

Le EQU sono le verifiche di equilibrio, mentre le STR sono le verifiche di resistenza, ed infine le GEO sono le verifiche geotecniche, per quest’ultime due si possono usare due approcci diversi, il primo consente di utilizzare due serie di coefficienti di sicurezza diversi, il primo per le azioni e la resistenza dei materiali, il secondo per le verifiche globali. Mentre il secondo approccio consiste nell’utilizzare un’unica terna di coefficienti di sicurezza, anche se tale modo di procedere è gravoso per le verifiche geotecniche.

Tra i carichi permanenti portati v� abbiamo anche il peso degli elementi divisori interni, questi possono essere equiparati a una carico uniformante distribuito, questo è possibile qualora il peso delle tramezze è trascurabile rispetto al peso degli elementi strutturali che le portano. Questa ipotesi è generalmente verificata per le strutture in calcestruzzo armato e quelle in acciaio, mentre

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per le strutture in legno, generalmente, le tramezze sono portate da singoli elementi strutturali (travi), che quindi devono essere dimensionati ad hoc.

Û#*#+#�#"� � � %!* &!"899:99;

v� ] 1,00ÍL →$� � 0,40ÍL�1,00 � v� ] 2,00ÍL →$� � 0,80ÍL�2,00 � v� ] 3,00ÍL →$� � 1,20ÍL�3,00 � v� ] 4,00ÍL →$� � 1,60ÍL�4,00 � v� ] 5,00ÍL →$� � 2,00ÍL�

Vediamo ora di riportare il peso specifico dei materiali strutturali più utilizzati, questi tornano utili per determinare l’azione del peso proprio v1 della struttura portante, da una parte, e dei carichi permanenti portati dall’altra v�.

Altro discorso sono i carichi variabili ÃK, questi possono essere costituiti da:

1) Carichi verticali uniformante distribuiti �K. 2) Carichi verticali concentrati ÃK. 3) Carichi orizzontali lineari âK.

Chiaramente tutti questi carichi sono legati alla destinazione d’uso dell’edificio, i primi vanno utilizzati per le verifiche globali della struttura, mentre i secondi per le verifiche locali, tenendo

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ben presente il fatto che devono essere applicati separatamente. Quelli concentrati solitamente vengono applicati con un’impronta quadrata 50x50mm, tranne per le autorimesse dove l’impronta deve essere pari a 200x200mm, con un interasse di applicazione pari a 1,8m.

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2.3 – Azione normale del vento. Il vento è un’azione che varia nel tempo e nello spazio, dando luogo ad effetti di natura dinamica sulle strutture. Per le strutture convenzionali si farà riferimento a un’azione statica equivalente, mentre per tutte le altre strutture sulle quali l’azione del vento può generare degli effetti dinamici non trascurabili, si deve fare riferimento a particolari metodologie di calcolo.

Sulle strutture usualmente ho uno stato di pressione positiva sulle facce esposte al vento, mentre per le altre facce sottovento l’azione è data da una depressione negativa, sulle coperture posso avere sia una pressione positiva che una depressione, questo dipende principalmente dalla sua pendenza, in generale si ha una depressione con un effetto di sollevamento della copertura. Per gli edifici completamente stagni all’interno ho uno stato di pressione nullo, mentre per gli edifici che presentano un’apertura, posso avere uno stato di depressione interna se l’apertura è sottovento, oppure di pressione positiva se l’apertura è sopravento. La direzione del vento usualmente viene considerata agente lungo gli assi principali della struttura, mentre si considera anche la direzione inclinata in quelle strutture nelle quali sono assenti i diaframmi (solai o croci), ad esempio i tralicci dell’altatensione. Da un punto di vista più prettamente progettuale noi considereremmo la pressione del vento, la cui componente normale alla superficie esposta è: { � f�_U_{_^ A questo punto vediamo come si determinano le singole componenti di questa relazione.

1) PRESSIONE CINETICA DI RIFERIMENTO ��. Prima di tutto si deve affermare che la pressione esercitata dal vento è proporzionale al quadrato della sua velocità. �� � 12 p���

- ρ è la densità dell’aria assunta convenzionalmente pari a 1,25��jg. - v� è la velocità di riferimento del vento.

La velocità di riferimento v� è il valore caratteristico della velocità del vento a 10 m dal suolo su un terreno di categoria di esposizione II, mediata su 10 minuti e riferita ad un periodo di ritorno di 50 anni. Tale velocità di riferimento dipende dalla quota a�: �� = È��z %#�n ] �P��z � (o�n � �P%#�P ] �n ] 1.500�

Dalla tabella seguente possiamo ricavare tutti i dati necessari per determinare v�, mentre per altitudini superiori si deve fare riferimento a dati sperimentali, o da indagini statistiche adeguatamente comprovate.

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In mancanza di indagini statistiche adeguate, la velocità di riferimento del vento v�Tr riferita ad un generico periodo di ritorno Tr può essere valutata, nel campo compreso tra 10 e 500 anni, con l’espressione:

��Ä* � =rÄ* Þ ���¦OOP�!�#=rÄ* � 0,75<1 � 0,2+" ��+" �1 � 1Ä* �

2) COEFFICIENTE DI ESPOSIZIONE &�. Il coefficiente di esposizione c� dipende dall’altezza z sul suolo del punto considerato, dalla topografia del terreno, e dalla categoria di esposizione del sito ove sorge la costruzione. In assenza di analisi più approfondite, tale coefficiente è dato dalle seguenti relazioni, per quote non superiori ai 200m:

minmin

min

00

2

per )(

per ln7ln

zzzcc

zzz

zc

z

zckc

ee

ttre

<=

+

=

Dove &A è il coefficiente di topografia, esso solitamente viene preso uguale all’unità, il suo scopo è quello di considerare l’incremento di velocità del vento lungo scarpate e colline isolate. Mentre tutti gli altri coefficienti vengono ad essere definiti dalla seguente tabella:

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Mentre la categoria di esposizione viene ad essere definita dalle seguenti tabelle:

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Il coefficiente di esposizione &� presenta il seguente andamento, distinto per categoria di esposizione:

3) COEFFICIENTE DI FORMA &s. Partendo dal caso più semplice che è quello di un edificio stagno a pianta rettangolare, con una copertura a falde/piana oppure curva. Le pareti verticali esposte al vento (sopravvento) si pone un &s � �0,8 (sovrapressione), mentre quelle in sottovento &s � �0,4 (depressione), questo vale anche per le falde sopravento con un angolo α compreso tra i 0° e i 20°, come si può notare qui di seguito:

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Per la valutazione della pressione interna si assumerà: - per costruzioni completamente stagne &st � 0;

- per costruzioni non stagne &st � 30,2 (si sceglie la combinazione più sfavorevole).

Per quelle costruzioni che possono presentare (anche eccezionalmente) una parete con una apertura superiore al 33% della superficie totale:

- se la parete aperta è a sopravvento &st � �0,8;

- se la parete aperta è a sottovento o parallela al vento &st � �0,5.

Per gli edifici non stagni, si deve prendere in considerazione come direzione del vento la direzione definita dall’apertura, in altri termini devo considerare come direzione del vento quella più gravosa per l’edificio. Altro caso di interesse sono le coperture multiple (coperture industriali), per queste si considera che la prima copertura colpita dal vento (sopravvento) sia caratterizzata dai coefficienti definiti in precedenza. Per la copertura successiva il coefficiente di forma relativo allo spiovente sopravvento deve essere ridotto del 25%. Dalla terza copertura in poi il coefficiente deve essere ridotto del 25% per entrambi gli spioventi, questo per la verifica dei singoli elementi.

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Mentre per la verifica globale si applicano al primo e all’ultimo spiovente le pressioni valutate secondo quanto stabilito in precedenza, ed inoltre si considera applicata alla superficie proiettata in piano di tutte le parti del tetto, un’azione superficiale orizzontale di tipo tangenziale il cui valore unitario è assunto convenzionalmente pari a: �± � 0,10��&� Mentre per le tettoie o le pensiline isolate che abbiano un rapporto tra la massima altezza al suolo e la dimensione orizzontale massima, non superiore a uno. Sono caratterizzate dalle seguenti relazioni per la valutazione del coefficiente di forma &s. Tettoieopensilineaduespioventi êcp�30,81�senα→perspioventesopravventocp�30,6→perspioventesottovento Tettoieopensilineaunsolospiovente → c� � 31,21 � senα

Altro caso è quello che riguarda la valutazione del coefficiente di forma per le travi reticolari, o travi piene isolate. Definisco con � la superficie vuoto per pieno della trave, mentre chiamo �s la superficie definita dalle parti piene della trave, in questo modo mi posso determinare la percentuale ϕ di foratura. Risulta evidente che la pressione va valutata agente solamente sulle parti piene della trave:

U � �s� s�¦¥�t����� 8:;&s � 2 � 43 U�#*0 ] U ] 0,3&s � 1,6�#*0,3 � U ] 0,8&s � 2,4 � U�#*0,8 � U ] 1

Generalmente per le travi reticolari si valuta un &s pari a 1,4. Anche per le travi multiple (ad esempio per i ponti) si tiene conto dell’effetto della schermatura.

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Quindi per le travi disposte parallelamente a una distanza � non maggiore del doppio dell’altezza � delle travi, il valore della pressione sull’elemento successivo sarà pari a quello precedente moltiplicato per un coefficiente riduttivo µ:

899:99; � � 1 � 1,2U�#*U ] 23� � 0,2�#*U � 23Û#* �� < 5 → � � 1$+ #+�#"� % &!"% �#*�"! %!+��

Û#*2 ] �� � 5% �*!&#�#�#* "�#*�!+�� !"#+ "#�*#

Per maggiori dettagli inerenti a pali, tralicci, corpi cilindrici e corpi sferici, viene fatto rimando alla circolare, alle pagg. 27-28 del cap. 1-3. Altro problema che merita attenzione sono le pressioni massime locali nelle zone di discontinuità della forma esterna della costruzione ed, in particolare, nelle strutture secondarie disposte nella fascia perimetrale dell’edificio ed in corrispondenza dei displuvi, il valore assoluto del coefficiente di pressione può subire sensibili incrementi. Tali effetti, dovuti a vorticosità Locale (distacco di vortici), in assenza di specifiche prove in galleria del vento, potranno essere valutati assumendo, per le zone comprese nelle fasce sopra descritte, il coefficiente &s � �1,8.

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4) COEFFICIENTE DINAMICO &v. Quasi sempre esso viene assunto cautelativamente pari a all’unità, ma può essere valutato tramite l’uso di tabelle che sono riportate nell’Eurocodice 1, esso tiene conto della non contemporaneità delle massime pressioni locali, e degli effetti amplificativi dovute alle vibrazioni strutturali, nelle figura seguente riportiamo l’esempio di un grafico che si riferisce a un edificio in muratura o in c.a..

2.4 – Azione tangenziale del vento. L’azione tangente del vento può essere valutata tramite l’uso della seguente relazione: {h � f�_U_h Mentre �� e &� sono già stati definiti in precedenza, lo stesso non si può dire per il coefficiente d’attrito &±, funzione della scabrezza della superficie sulla quale il vento esercita l’azione tangente. Alcuni valori di cf sono di seguito riportati:

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2.5 – Azione della neve. Per il carico da neve la normativa fissa un valore di progetto �n, che esprime l’azione della neve, la

quale azione è riferita all’orizzontale, e si misura in ��å ��� �: fT � q\fT�_U_�

La normativa fornisce il carico da neve in proiezione orizzontale, quindi per determinare la componente del carico lungo l’elemento di copertura, si deve moltiplicarlo per il coseno di α. Tutto quello che ora si esporrà vale per quote inferiori ai 1.500m e per tempi di ritorno di 50 anni, per quote superiori si dovrà fare riferimento ad analisi locali. Mentre per tempi di ritorno superiori si devono utilizzare le seguenti relazioni.

�nKÄ* � �nKÄ* � 50 c1 � ~ä Þ √6Ö Eln� ln1 � Û¦ � 0,57722H1 � 2,5923 Þ ~ä � Û¦ � 1Ä* Dove CV è il coefficiente di variazione della serie dei massimi annuali del carico della neve, che per tempi di ritorno superiori ai 50 anni può essere assunto pari a 0,6.

1) VALORE CARATTERISTICO DI RIFERIMENTO �nK. Esso esprime il carico della neve al suolo (e quindi sull’orizzontale), e dipende dalla zona di interesse e dalla quota sul mare del sito.

l

α

Carico da neve lungo la verticaleq

s

l

α

Carico da neve lungo l'elemento

q coss α

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2) COEFFICIENTE DI ESPOSIZIONE &�. Il coefficiente di esposizione può essere utilizzato per modificare il valore del carico neve in copertura in funzione delle caratteristiche specifiche dell’area in cui sorge l’opera. Esso solitamente è assunto pari all’unità, anche se per alcune classi di topografia si può far riferimento alla seguente tabella.

3) COEFFICIENTE TERMICO &A. Il coefficiente termico può essere utilizzato per tener conto della riduzione del carico neve a causa dello scioglimento della stessa, causata dalla perdita di calore della costruzione, ad esempio per la presenza di panelli radianti, o per tenere conto delle proprietà di isolamento della copertura stessa. Cautelativamente esso si prende pari all’unità.

4) COEFFICIENTE DI FORMA �t. Vedremmo ora il coefficiente di forma da utilizzare nei casi seguenti:

� Copertura ad una falda. � Copertura a due falde. � Copertura a più falde. � Coperture cilindriche. � Coperture adiacenti o vicine a costruzioni più alte. � Effetti locali (sporgenze, carichi sugli sporti, barriere paraneve).

Prima di tutto vediamo di definire i valori del coefficiente di forma in funzione della pendenza della copertura:

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Per tutte le casistiche che seguono si deve fare rifermento al carico da neve con calma di vento e con vento, infatti si deve tenere conto dell’accumulo della stessa.

• Copertura ad una falda. La condizione riportata deve essere utilizzata per entrambi i casi di carico con o senza vento.

• Copertura a due falde.

Si assume che la neve non abbia impedimenti nello scivolamento, altrimenti il valore del coefficiente di forma non potrà essere inferiore a 0,8. Per il carico da neve in assenza di vento si deve utilizzare la condizione I, mentre per la neve con vento si deve usare la condizione più gravosa tra la II e la III.

• Copertura a più falde. Anche in questo caso il carico da neve in condizioni di assenza di vento, sarà il caso I, mentre con presenza di vento si dovrà fare riferimento al caso II. Particolare attenzione va rivolta al coefficiente di forma da utilizzare nel compluvio, nel caso in cui almeno una delle falde assuma una pendenza superiore ai 60°.

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• Coperture cilindriche. Per le coperture cilindriche devono essere considerate due combinazioni di carico, quello simmetrico e quello assimetrico, che corrispondo rispettivamente al carico da neve in assenza di vento (Caso I), e in presenza di vento (Caso II). Si suppone che il scivolamento della neve non sia impedito.

Come si può notare la neve insiste fin tanto che la curvatura non presenti una inclinazione puntuale superiore ai 60°, quindi +n � /. Valori del coefficiente μô: Û#*> � 60° → �ô � 0 Û#*> ] 60° → �ô � 0,2 � 10 �/ &!"�ô ] 2

• Coperture adiacenti o vicine a costruzioni più alte. Anche in questo caso si considera il caso I in assenza di vento, e il caso II in presenza di vento. Oltre all’accumulo della neve dovuto al vento, si deve tenere conto dello scivolamento della stessa dalla copertura superiore, quindi la seconda combinazione deve tenere conto di questi due fattori.

Per semplicità assumiamo che la copertura inferiore sia piana, quindi: �1 � 0,8%#+�&!�#*��*�è� �"� �� � �� � �n μ� è il coefficiente di forma dovuto allo scivolamento: È Û#*= ] 15°�!&�#�n � 0Û#*= � 15°�!&�#�nè��* �+50%�#+��%% �!&�* &!��"#�#%�++�&!�#*��*��� �&#"�#�t

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μ  è il coefficiente di forma dovuto all’accumulo della neve per il vento: �� � /1 � /�2� ] ¡��nK ��!�#¡ � 2 �å�ô  &!"+�+ � ��� !"#0,8 ] �� ] 4,0

La lunghezza di accumulo è limitata a l� � 2h con la limitazione di 5 ] l� ] 15m. Ovviamente se b� � l� si dovrà procedere per interpolazione lineare.

• Accumuli in corrispondenza delle sporgenze. Ovviamente in questo caso ci interessiamo solamente della condizione in presenza di vento, essendo condizione necessaria per l’accumulo della neve nelle zone di ombra aerodinamica.

I coefficienti di forma e le lunghezze di accumulo sono definiti come di seguito: �1 � 0,8 �� � ¡��nK &!"+�+ � ��� !"#0,8 ] �� ] 2,0#&!"¡ � 2,0 �å�ô +n � 2�&!"+�+ � ��� !"#5 ] +n ] 15�

• Neve aggettante dal bordo di una copertura. In località poste a quota superiore a 800 m sul livello del mare, nella verifica delle parti di copertura a sbalzo sulle murature di facciata si dovrà considerare l’azione della neve sospesa oltre il bordo della copertura, sommato al carico agente su quella parte di tetto. Il carico è espresso come carico di punta lineare [KN/m], e deve essere sommato a quello già stabilito per la copertura, come da schemi precedentemente esposti. Vediamo quali sono i fattori che da conoscere:

- γ è il peso specifico della neve che la normativa considera essere pari a 3¤¥¦g;

- μ� è il coefficiente di forma più sfavorevole per la copertura in oggetto;

- K è un coefficiente di irregolarità della forma della neve, dove K � g§ con K ] dγ, anche se cautelativamente può essere assunto pari all’unità.

n

skise

qKq

γµ 22

=

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• Carichi della neve su barriere paraneve e altri ostacoli. L’azione statica F� impressa da una massa di neve che scivola su barriere paraneve o altri ostacoli, nella direzione dello scivolamento, per unità di lunghezza dell’edificio può essere assunta uguale a: F� � q�bsenα

- q� è il carico da neve sulla copertura relativo alla distribuzione uniforme più sfavorevole, presente in copertura.

- b è la distanza in orizzontale tra due successivi ostacoli o il colmo del tetto. - α angolo di inclinazione della falda in oggetto.

2.6 – Azione sismica. Tanto per rinfrescarci la memoria riscrivo la combinazione sismica.

�0 = ��i + ��d + �� + �0 + ¬�d3��3-3Oi

Come possiamo osservare essa è praticamente uguale, per quanto concerne i carichi statici, alla combinazione quasi permanente, d’altro canto è statisticamente improbabile che un evento raro, quale è il sisma, avvenga in concomitanza di condizioni statiche gravose. Non abbiamo a che fare con un carico accidentale principale, dato che tutti sono allo stesso modo, in ragione della natura del carico, moltiplicati per il coefficiente di combinazione probabilistica ψ��. Vediamo che in questa combinazione l’azione sismica Ex è già inserita con il suo valore di progetto, tale valore si definisce a partire dalla pericolosità sismica di base del sito di costruzione. Essa costituisce l’elemento di conoscenza primario per la determinazione delle azioni sismiche. La pericolosità sismica è definita in termini di accelerazione orizzontale massima attesa a© in condizioni di campo libero su sito di riferimento rigido con superficie topografica orizzontale, nonché dalle ordinate dello spettro di risposta elastico in accelerazione ad essa corrispondente S'ª(T), con riferimento a prefissate probabilità di superamento P«¬, come definite nel seguito, nel periodo di riferimento V®, visto in precedenza. In alternativa è ammesso l’uso di accelero grammi (rappresentazione dell’azione sismica in tempo), purché correttamente commisurati alla pericolosità sismica del sito, e ad ogni modo il loro utilizzo deve essere sempre accompagnato alla classica analisi con gli spettrogrammi. Per ciascuna delle probabilità di superamento nel periodo di riferimento V®, a partire dai valori dei seguenti parametri su sito di riferimento rigido orizzontale:

� a´ → Õ__U`U[ab\]VU ][\bb]V�a`U �aTT\�a ^U` �U[[UV]�R → Ôa`][U �aTT\�] ^U` ha��][U ^\ a�{`\h\_ab\]VU ^U``] T{U��[]c�∗ → ZU[\]^] ^\ \V\b\] ^U` �[a��] a |U`]_\�à _]T�aV�U ^U``] T{U��[] Tutti questi valori/parametri si trovano contenuti in apposite tabella alla fine della normativa (NTC 2.008), oppure usando appositi programmi (ad esempio quello del Prof. Gelfi), e dipendono dalle coordinate geografiche del sito. Nei confronti delle azioni sismiche abbiamo quattro stati limite; due stati limite di esercizio e due stati limite ultimi. Gli stati limite di esercizio sono:

• Stato Limite di Operatività (SLO): a seguito del terremoto la costruzione nel suo complesso, includendo gli elementi strutturali, quelli non strutturali, le apparecchiature rilevanti alla sua funzione, non deve subire danni ed interruzioni d'uso significativi;

• Stato Limite di Danno (SLD): a seguito del terremoto la costruzione nel suo complesso, includendo gli elementi strutturali, quelli non strutturali, le apparecchiature rilevanti alla sua funzione, subisce danni tali da non mettere a rischio gli utenti e da non compromettere significativamente la capacità di resistenza e di rigidezza nei confronti delle azioni verticali

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ed orizzontali, mantenendosi immediatamente utilizzabile pur nell’interruzione d’uso di parte delle apparecchiature.

Gli stati limite ultimi sono:

• Stato Limite di salvaguardia della Vita (SLV): a seguito del terremoto la costruzione subisce rotture e crolli dei componenti non strutturali ed impiantistici e significativi danni dei componenti strutturali cui si associa una perdita significativa di rigidezza nei confronti delle azioni orizzontali; la costruzione conserva invece una parte della resistenza e rigidezza per azioni verticali e un margine di sicurezza nei confronti del collasso per azioni sismiche orizzontali;

• Stato Limite di prevenzione del Collasso (SLC): a seguito del terremoto la costruzione subisce gravi rotture e crolli dei componenti non strutturali ed impiantistici e danni molto gravi dei componenti strutturali; la costruzione conserva ancora un margine di sicurezza per azioni verticali ed un esiguo margine di sicurezza nei confronti del collasso per azioni orizzontali.

Le probabilità di superamento nel periodo di riferimento är, cui riferirsi per individuare l’azione sismica agente in ciascuno degli stati limite considerati, sono riportate nella successiva tabella.

Definita la probabilità di superamento possiamo conoscere il tempo di ritorno del nostro evento limite, in altri termini il tempo di ritorno Är è un indice probabilistico che indica che nell’arco di questo periodo temporale il mio evento sismico ha il 100% di probabilità di accadimento. Come si osserva per gli eventi collegati agli stati limite di esercizio, la probabilità di accadimento è nettamente superiore, perché si fa riferimento ad eventi sismici di minore entità. cm � � Ôm2-i � ZÔm §vt±t¥tov�nw¥t}tq�ѯOÑ°ù±OOPÞ1OOP��������������������������������Är � � 50ln1 � 0,1 � 475�"" Vediamo ora in modo più particolare le verifiche agli stati limite ultimi e a quelli di esercizio (§7.3.6 - §7.3.7).

1) Le verifiche nei confronti degli stati limite ultimi degli elementi strutturali, degli elementi non strutturali e degli impianti si effettuano in termini di resistenza e duttilità. Per tutti gli elementi strutturali, inclusi nodi e connessioni tra elementi, deve essere verificato che il valore di progetto di ciascuna sollecitazione �v, calcolato in generale comprendendo gli effetti delle non linearità geometriche e le regole di gerarchia delle resistenze indicate per le diverse tecniche costruttive, sia inferiore al corrispondente valore della resistenza di progetto �v. In particolare gli orizzontamenti devono essere in grado di trasmettere le forze ottenute dall’analisi, aumentate del 30%. Deve essere verificato che i singoli elementi strutturali e la struttura nel suo insieme possiedano una duttilità coerente con il fattore di struttura � adottato. Questa condizione si può ritenere soddisfatta applicando le regole di progetto specifiche e di gerarchia delle resistenze che indicheremmo per le diverse tipologie costruttive. Alternativamente, e coerentemente con modello e metodo di analisi utilizzato, si deve verificare che la struttura possieda una capacità di spostamento superiore alla domanda.

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Per gli elementi costruttivi senza funzione strutturale debbono essere adottati magisteri atti ad evitare collassi fragili e prematuri e la possibile espulsione sotto l’azione della �o (§7.2.3) corrispondente allo SLV. Per ciascuno degli impianti principali, gli elementi strutturali che sostengono e collegano i diversi elementi funzionali costituenti l’impianto tra loro ed alla struttura principale devono avere resistenza sufficiente a sostenere l’azione della �o (§7.2.4) corrispondente allo SLV.

2) Le verifiche nei confronti degli stati limite di esercizio degli elementi strutturali, degli elementi non strutturali e degli impianti si effettuano rispettivamente in termini di resistenza, di contenimento del danno e di mantenimento della funzionalità. Per costruzioni di Classe III e IV (vedi pag. 45), se si vogliono limitare i danneggiamenti strutturali (verifica in termini di resistenza), per tutti gli elementi strutturali, inclusi nodi e connessioni tra elementi, deve essere verificato che il valore di progetto di ciascuna sollecitazione �v calcolato in presenza delle azioni sismiche corrispondenti allo SLD ed

attribuendo ad _ il valore di �ô, sia inferiore al corrispondente valore della resistenza di

progetto �v, calcolato secondo le regole specifiche indicate per ciascun tipo strutturale nel Cap. 4 dell’NTC con riferimento alle situazioni eccezionali. Per le costruzioni ricadenti in classe d’uso I e II si deve verificare che l’azione sismica di progetto non produca agli elementi costruttivi senza funzione strutturale danni tali da rendere la costruzione temporaneamente inagibile. Nel caso delle costruzioni civili e industriali, qualora la temporanea inagibilità sia dovuta a spostamenti eccessivi interpiano, questa condizione si può ritenere soddisfatta quando gli spostamenti interpiano ottenuti dall’analisi in presenza dell’azione sismica di progetto relativa allo SLD siano inferiori ai limiti indicati nel seguito.

• Per tamponamenti collegati rigidamente alla struttura che interferiscono con la deformabilità della stessa. �¦ � 0,005ℎ

• Per tamponamenti progettati in modo da non subire danni a seguito di spostamenti di interpiano d*�, per effetto della loro deformabilità intrinseca ovvero dei collegamenti alla struttura. �¦ ] �¦s < 0,01ℎ

• Per costruzioni con struttura portante in muratura ordinataria. �¦ < 0,003ℎ • Per costruzioni con struttura portante in muratura armata. �¦ < 0,004ℎ

Dove ℎ è l’altezza di interpiano; in caso di coesistenza di diversi tipi di tamponamenti o struttura portante nel medesimo piano della costruzione, deve essere assunto il limite di spostamento più restrittivo. Qualora gli spostamenti di interpiano siano superiori a 0,005ℎ le verifiche della capacità di spostamento degli elementi non strutturali vanno estese a tutti i tamponamenti, alle tramezzature interne ed agli impianti. Per le costruzioni ricadenti in classe d’uso III e IV si deve verificare che l’azione sismica di progetto non produca danni agli elementi costruttivi senza funzione strutturale tali da rendere temporaneamente non operativa la costruzione. Nel caso delle costruzioni civili e industriali questa condizione si può ritenere soddisfatta quando gli spostamenti interpiano ottenuti dall’analisi in presenza dell’azione sismica di

progetto relativa allo SLO siano inferiori ai �ô dei limiti in precedenza indicati.

Come si è già accennato l’uso degli accelerogrammi (§3.2.3.6) è consentita, ma come analisi complementare e non sostitutiva dell’analisi spettrale. Ciascun accelerogramma descrive una componente, orizzontale o verticale, dell’azione sismica; l’insieme delle tre componenti (due

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orizzontali, tra loro ortogonali ed una verticale) costituisce un gruppo di accelerogrammi. La durata degli accelerogrammi artificiali deve essere stabilita sulla base della magnitudo e degli altri parametri fisici che determinano la scelta del valore di a© e di S². In assenza di studi specifici la durata della parte pseudo-stazionaria degli accelerogrammi deve essere almeno pari a 10s; la parte pseudo-stazionaria deve essere preceduta e seguita da tratti di ampiezza crescente da zero e decrescente a zero, di modo che la durata complessiva dell’accelerogramma sia non inferiore a 25s. Gli accelerogrammi artificiali devono avere uno spettro di risposta elastico coerente con lo spettro di risposta adottato nella progettazione. La coerenza con lo spettro elastico è da verificare in base alla media delle ordinate spettrali ottenute con i diversi accelerogrammi, per un coefficiente di smorzamento viscoso equivalente ξ del 5%. L'ordinata spettrale media non deve presentare uno scarto in difetto superiore al 10%, rispetto alla corrispondente componente dello spettro elastico, in alcun punto del maggiore tra gli intervalli 0,15s÷2,0s e 0,15s÷2T, in cui T è il periodo fondamentale di vibrazione della struttura in campo elastico, per le verifiche agli stati limite ultimi, e 0,15s÷1,5T, per le verifiche agli stati limite di esercizio. Ora tornando all’inizio di questo capitolo, introdotto con il richiamo della combinazione dell’azione sismica con le altre azioni statiche. E bene ricordare che gli effetti dell'azione sismica saranno valutati tenendo conto delle masse associate ai seguenti carichi gravitazionali (quindi una quota parte dei carichi verticali accidentali devono essere convertiti in massa strutturale):

´i � ´d � ¬ �d3��3-

3Oi

Vediamo ora alcune note sulla modellazione della nostra struttura; di certo il modello della struttura deve essere tridimensionale e rappresentare in modo adeguato le effettive distribuzioni spaziali di massa, rigidezza e resistenza, con particolare attenzione alle situazioni nelle quali componenti orizzontali dell’azione sismica possono produrre forze d’inerzia verticali (travi di grande luce, sbalzi significativi, etc.). Nella definizione del modello alcuni elementi strutturali, considerati “secondari”, e gli elementi non strutturali autoportanti (tamponature e tramezzi), possono essere rappresentati unicamente in termini di massa, considerando il loro contributo alla rigidezza e alla resistenza del sistema strutturale solo qualora essi possiedano rigidezza e resistenza tali da modificare significativamente il comportamento del modello. Gli orizzontamenti possono essere considerati infinitamente rigidi nel loro piano, a condizione che siano realizzati in cemento armato, oppure in latero-cemento con soletta in c.a. di almeno 40mm di spessore, o in struttura mista con soletta in cemento armato di almeno 50mm di spessore collegata da connettori a taglio opportunamente dimensionati agli elementi strutturali in acciaio o in legno e purché le aperture presenti non ne riducano significativamente la rigidezza. Modellizzare un orizzontamento infinitamente rigido, significa fissare le rispettive distanze tra i nodi del medesimo piano; per far ciò si possono usare connettori come i rigid-link. Per tenere conto della variabilità spaziale del moto sismico, nonché di eventuali incertezze nella localizzazione delle masse, al centro di massa deve essere attribuita una eccentricità accidentale rispetto alla sua posizione quale deriva dal calcolo. Per i soli edifici ed in assenza di più accurate determinazioni l’eccentricità accidentale in ogni direzione non può essere considerata inferiore a 0,05 volte la dimensione dell’edificio misurata perpendicolarmente alla direzione di applicazione dell’azione sismica. Detta eccentricità è assunta costante, per entità e direzione, su tutti gli orizzontamenti. Definizione dell’azione sismica → Vedi pag. 39.

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2.6.1 – Concetto di duttilità strutturale. Si deve partire dal presupposto che le nostre strutture nell’affrontare un evento sismico si danneggeranno ad ogni modo (basti pensare che nei sismi possiamo avere delle accelerazioni orizzontali che possono arrivare a 1G), quello che è fondamentale è preservare l’incolumità e le vite delle persone. Quindi si deve accettare il fatto che le nostre strutture siano chiamate ad operare in campo plastico. Questo significa far lavorare i nostri materiali oltre il loro limite di resistenza, ma con l’obiettivo di mantenere la capacità portante strutturale complessiva. Quindi si deve intervenire sulla duttilità della struttura, la quale è l’insieme di quattro duttilità diverse, ed ogni una di queste concorrono in modo attivo a fornire la duttilità strutturale complessiva. Quello che diviene fondamentale nella progettazione sismica è la cura del dettaglio costruttivo, perché si deve accettare che il materiale superi il suo limite di resistenza, ed è fondamentale definire il comportamento della struttura (nei sui vari livelli, dal materiale alla struttura nel suo complesso) nella fase critica di rottura, la quale deve essere controllata, senza che si giunga al collasso della stessa. La duttilità è il rapporto tra il massimo spostamento possibile indotto nella struttura, e il rispettivo spostamento al limite del comportamento elastico; nulla cambia se invece di considerare gli spostamenti consideriamo le curvature. È bene inoltre sottolineare come la duttilità complessiva della struttura dipenda a sua volta da altri livelli di duttilità, nell’ordine:

µg��\`\�a′^\T�[g��g[a → Qµg��\`\�a′^\�a�U[\a`Uµg��\`\�a′^\TUb\]VUµg��\`\�a′^\U`U�UV�]

È di tutta evidenza come la duttilità del livello inferiore (quella del materiale), sia fondamentale per poter avere anche tutte le altre. Nel calcestruzzo possiamo ottenere una sua buona utilità adottando le appropriate tecniche di confinamento; per quanto concerne la sezione, oltre che dal controllo della sua forma, il controllo della duttilità avviene imponendo gli adeguanti limiti nella posizione dell’asse neutro. Il terzo livello di duttilità riguarda più specificamente le strutture in acciaio, dove le instabilità del secondo ordine possono essere limitanti, sostanzialmente si tratta di applicare le conosciute metodologie di controventamento e/o di irrigidimento dell’elemento. Ed infine la duttilità della struttura è legata ad un concetto di fondamentale importanza nella progettazione sismica, cioè alla gerarchia delle resistenze, che si ottiene con la cura dei particolari costruttivi. Ma cerchiamo di capire in modo più approfondito questi ultimi due concetti, che sono di fondamentale importanza. Si parte dal presupposto che la nostra struttura deve assorbire l’azione simica, quindi esso deve entrare in campo plastico, in altri termini si deve creare un meccanismo dissipativo.

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Qui di seguito vengono ad essere riportati alcuni esempi di tale meccanismo.

La differenza tra il meccanismo (a) e il (b) è fondamentale, infatti mentre nel primo caso le cerniere sono limitate ad un interpiano di pilastri, nel secondo le cerniere sono diffuse a tutte le travi, infatti nel primo caso ho un tipico comportamento a “piano soffice”. Ed inoltre le cerniere che si formano alla base dei pilastri, nel caso (b), mette in gioco tutta l’altezza dell’edificio, con evidenti benefici dal punto di vista del taglio agente. Ed inoltre le cerniere che si formano sulle travi non sono interessate dallo sforzo normale, che è sempre deleterio, e diminuisce la duttilità dell’elemento. La differenza tra i due schemi ribadisce un semplice concetto, il numero di elementi che partecipano alla dissipazione dell’azione sismica, è dato dal numero di cerniere plastiche che si vengono a formare. Ed inoltre più cerniere plastiche vengono a formarsi, minore sarà il grado di ingresso in campo plastico dei singoli elementi; infatti supponendo uno spostamento di sommità identico nei due casi, la rotazione richiesta è ben diversa, nel primo caso si lavora su un’altezza pari all’interpiano, mentre nel caso (b) si lavora su tutta l’altezza dell’edificio. Il diverso comportamento tra queste due soluzioni, evidenza l’importanza della regolarità delle rigidezze in altezza. I due schemi (c) ed (e) sono da evitare, infatti le fondazioni non si prestano per essere plasticizzate, ed inoltre le cerniere di fondazioni non lavorano bene. Ma si deve anche pensare ad un post-sisma, e il controllo delle fondazioni diviene difficile, ed è anche difficile il loro ripristino. Da tutto questo risulta l’importanza di avere una spina verticale (pilastri o setti) con il compito di garantire la formazione del maggior numero di cerniere plastiche, per il maggior numero di elementi, ovviamente questa spina verticale deve presentare delle adeguante caratteristiche di resistenza, per fare in modo che tutto l’edificio sia globalmente richiamato nella risposta sismica.

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Vediamo che cosa dice l’NTC e l’ordinanza 3431 in merito: Secondo il T.U.:

… le costruzioni in cemento armato posseggano in ogni caso una adeguata capacità di dissipare energia in campo inelastico per azioni cicliche ripetute, senza che ciò comporti riduzioni significative della resistenza nei confronti delle azioni sia verticali che orizzontali. Secondo OPCM 3431: … le deformazioni inelastiche devono essere distribuite nel maggior numero possibile di elementi duttili, in particolare in quelli soggetti a sforzi normali limitati (nelle travi), evitando al contempo che si manifestino negli elementi meno duttili (ad es. pilastri soggetti a sforzi normali rilevanti) e nei meccanismi resistenti fragili (ad es. resistenza al taglio, resistenza dei nodi trave-pilastro).

Il procedimento per conseguire tale risultato si indica con la definizione di “gerarchia delle resistenze”, questo metodo definisce il comportamento relativo tra gli elementi. Quindi non posso più ragionare in termini assolutistici, ma devo guidare il mio dimensionamento in riferimento al dimensionamento di un altri elementi. Ad esempio se voglio la formazione di una cerniera flessionale nelle travi, queste devono avere una resistenza a taglio maggiore della corrispettiva resistenza flessionale della trave stessa, essendo la rottura a taglio una rottura a comportamento fragile. In altri termini la mia trave dovrà essere sovradimensionata a taglio, rispetto a quel dato evento sismico, che porta la stessa trave a plasticizzarsi flessionalmente. Questo schema può essere riproposto nella resistenza di elementi diversi; quindi se io voglio che le cerniere plastiche si formino nelle travi, i pilastri devono presentare una resistenza a flessione maggiore di quella delle travi. Quindi sempre seguendo questo modus operandi posso affermare quanto segue:

- Resistenza a taglio maggiore della resistenza flessionale. - Pilastri più resistenti delle travi. - Nodi trave-pilastro più resistenti di travi e pilastri. - Resistenza dei diaframmi di piano (solai) maggiore di quella offerta dagli elementi (travi,

pilastri) collegati. - Pareti in c.a.: elevazione più resistente della sezione di base (per garantire la formazione

della cerniera plastica alla base del setto, per garantire il funzionamento a “spina”). - Resistenza delle fondazioni maggiore di quella della sovrastruttura.

Anche i diaframmi di piano devono presentare una resistenza maggiore di tutti gli elementi a loro collegati. Tutti questi punti sono necessarie per garantire un determinato comportamento favorevole della struttura, ed è anche evidente che questo metodo di dimensionamento presenta lo svantaggio di essere ricorsivo; quindi nella sismica il sovradimensionamento deve essere oculato. 2.6.2 – Criteri di progettazione generali e classi di duttilità (§7.2.1). Vediamo ora di affrontare alcune tematiche di carattere generale, messe in luce dalla stessa normativa di riferimento. È noto che un sisma agisce sia nelle due direzioni principali orizzontali, che lungo la verticale, ad ogni modo la componente verticale deve essere considerata solo in presenza di elementi pressoché orizzontali con luce superiore a 20m, elementi precompressi (con l’esclusione dei solai di luce inferiore a 8m), elementi a mensola di luce superiore a 4m, strutture di tipo spingente, pilastri in falso, edifici con piani sospesi. Si deve tenere infine conto degli effetti torsionali che si accompagnano all’azione sismica. A tal fine gli orizzontamenti, ove presenti, devono essere dotati

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di rigidezza e resistenza tali da metterli in grado di trasmettere le forze scambiate tra i diversi sistemi resistenti a sviluppo verticale, come si è scritto a pag. 67. Il sistema di fondazione deve essere dotato di elevata rigidezza estensionale nel piano orizzontale e di adeguata rigidezza flessionale. Deve essere adottata un’unica tipologia di fondazione per una data struttura in elevazione, a meno che questa non consista di unità indipendenti. In particolare, nella stessa struttura deve essere evitato l’uso contestuale di fondazioni su pali o miste con fondazioni superficiali, a meno che uno studio specifico non ne dimostri l’accettabilità. Le costruzioni soggette all’azione sismica, non dotate di appositi dispositivi dissipativi, devono essere progettate in accordo con i seguenti comportamenti strutturali:

a) comportamento strutturale non-dissipativo; b) comportamento strutturale dissipativo.

Nel comportamento strutturale non dissipativo, cui ci si riferisce quando si progetta per gli stati limite di esercizio (SLO, SLD), gli effetti combinati delle azioni sismiche e delle altre azioni sono calcolati, indipendentemente dalla tipologia strutturale adottata, senza tener conto delle non linearità di comportamento (di materiale e geometriche) se no n rilevanti. Nel comportamento strutturale dissipativo, cui ci si riferisce quando si progetta per gli stati limite ultimi (SLV, SLC), gli effetti combinati delle azioni sismiche e delle altre azioni sono calcolati, in funzione ella tipologia strutturale adottata, tenendo conto delle non linearità di comportamento (di materiale sempre, geometriche quando rilevanti e comunque sempre quando precisato). Gli elementi strutturali delle fondazioni, che devono essere dimensionati sulla base delle sollecitazioni ad essi trasmesse dalla struttura sovrastante (§7.2.5), devono avere comportamento non dissipativo, indipendentemente dal comportamento strutturale attribuito alla struttura su di esse gravante, in altri termini devono mantenere un comportamento elastico. Nel caso la struttura abbia comportamento strutturale dissipativo, si distinguono due livelli di Capacità Dissipativa o Classi di Duttilità (CD):

1) CD”A”, classe di duttilità alta; prevede che sotto l’azione sismica di progetto la struttura si trasformi in un meccanismo dissipativo ad elevata capacità. Questa è usata per le zone ad elevata sismicità (zona I o in zona II, anche in ragione della struttura).

2) CD”B”, classe di duttilità bassa; si richiede essenzialmente che tutti gli elementi a funzionamento flessionale: travi, pilastri e pareti, posseggano una soglia minima di duttilità.

Si localizzano dunque le dissipazioni di energia per isteresi in zone a tal fine individuate e progettate, dette “dissipative” o “critiche”, effettuando il dimensionamento degli elementi non dissipativi nel rispetto del criterio di gerarchia delle resistenze; l’individuazione delle zone dissipative deve essere congruente con lo schema strutturale adottato. Tali fini possono ritenersi conseguiti qualora le parti non dissipative ed i collegamenti delle parti dissipative al resto della struttura possiedano, nei confronti delle zone dissipative, una sovraresistenza sufficiente a consentire lo sviluppo in esse della plasticizzazione ciclica. La sovraresistenza è valutata moltiplicando la resistenza nominale di calcolo delle zone dissipative per un opportuno coefficiente di sovraresistenza ¡rv, assunto pari: �]Uhh\_\UV�U^\T]|[a[UT\T�UVbaµm^ � Èi, L{U[�µ"Õ"i, i{U[�µ"�"

La differenza tra i due approcci risiede in una diversa applicazione del principio della gerarchia delle resistenze (ovviamente per il CD”A” se ne fa una applicazione estesa e completa), e il secondo fattore che si differenzia tra i due metodi è il fattore di struttura q.

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2.6.3 – Fattore di struttura (§7.3.1 - §7.4.3.2). Come abbiamo anticipato il fattore di struttura dipende dalla classe di duttilità utilizzata nella progettazione, vediamo ora quali sono gli altri fattori che influiscono su questo parametro. In particolare il calcolo del fattore di struttura va eseguito per ciascuna direzione dell’azione sismica, dipende dalla tipologia strutturale, dal suo grado di iperstaticità e dai criteri di progettazione adottati e prende in conto le non linearità di materiale. Esso può essere calcolato tramite la seguente espressione: f � fRÁm

- �P è il valore massimo del fattore di struttura che dipende dal livello di duttilità attesa, dalla tipologia strutturale e dal rapporto =�/=1 tra il valore dell’azione sismica per il quale si verifica la formazione di un numero di cerniere plastiche tali da rendere la struttura labile e quello per il quale il primo elemento strutturale raggiunge la plasticizzazione a flessione.

- �r come si è visto è un fattore riduttivo che dipende dalle caratteristiche di regolarità in altezza della costruzione (intesa come la costanza delle rigidezze in altezza), con valori pari ad 1 per costruzioni regolari in altezza, e 0,8 per costruzioni non regolari.

Oltre alla regolarità in altezza, il fattore di strutta è legato anche al tipo di analisi usata, come si rileva dalla seguente tabella.

Per la componente verticale dell’azione sismica, sempre nell’analisi statica lineare, il valore di � utilizzato, a meno di adeguate analisi giustificative, è � � 1,5 per qualunque tipologia strutturale e di materiale, tranne che per i ponti per i quali è � � 1. Come già anticipato il fattore di struttura massimo �P dipende anche dalla tipologia strutturale e dalla calasse di duttilità considerata.

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Per strutture regolari in pianta, possono essere adottati i seguenti valori di =�/=1: a) Strutture a telaio o miste equivalenti a telai.

- Strutture a telaio di un piano =�/=1= 1,1 - Strutture a telaio con più piani ed una sola campata =�/=1 = 1,2 - Strutture a telaio con più piani e più campate =�/=1 = 1,3

b) Strutture a pareti o miste equivalenti a pareti. - Strutture con solo due pareti non accoppiate per direzione orizzontale =�/=1= 1,0 - Altre strutture a pareti non accoppiate =�/=1= 1,1 - Strutture a pareti accoppiate o miste equivalenti a pareti =�/=1= 1,2 Per le strutture non regolari in pianta, si possono adottare valori di =�/=1 pari alla media tra 1,0 ed i valori forniti per le diverse tipologie costruttive, sempre nell’ipotesi di analisi statica lineare. Questo rapporto =�/=1 è un rapporto di sovraresistenza, ed un indice di iperstaticità della struttura stessa, più questa è elevata maggiore sarà il numero di cerniere che si formeranno, e

quindi più accentuato sarà il comportamento incrudente della struttura nel suo complesso. Il tutto può essere così spiegato:

- =1 è il moltiplicatore della forza sismica orizzontale per il quale il primo elemento strutturale raggiunge la sua resistenza flessionale.

- =� è il moltiplicatore della forza sismica orizzontale per il quale si verifica la formazione di un numero di cerniere plastiche tali da rendere la struttura labile.

Per prevenire il collasso delle strutture a seguito della rottura delle pareti, i valori di �P devono essere ridotti mediante il fattore (�:

(� � Q 1,00�#*%�*����*#��#+� !#� %�##�� ��+#"� ��#+� 0,5 ] 1 � =P3 ] 1�#*%�*����*#���*#� , � %�##�� ��+#"� , �!*% !"�+�#"�#�#�!*��/ + Dove =P è il valore assunto in prevalenza dal rapporto tra altezze e larghezze delle pareti. Nel caso in cui gli =P delle pareti non differiscano significativamente tra di loro, il valore di =P per l’insieme delle pareti può essere calcolato assumendo come altezza la somma delle altezze delle singole pareti e come larghezza la somma delle larghezze. 2.6.4 – Metodi di analisi (§7.3).

L’analisi statica equivalente la si potrebbe utilizzare solamente per gli edifici a pianta regolare, ma è bene usarla sempre, anche per il solo predimensionamento della struttura. Solo in un caso questa non può essere usata, ed è il caso degli edifici non regolari in altezza, dove il comportamento delle

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forze lungo l’altezza non è più semplicemente prevedibile e quantificabile, quindi si deve partire fin da subito con l’analisi modale. Ma vediamo in modo più specifico queste analisi. L’analisi lineare (modelli di calcolo semplici) può essere utilizzata per definire l’effetto delle azioni sismiche sia nel caso di sistemi dissipativi, sia nel caso di sistemi non dissipativi. Quando si utilizza l’analisi lineare per sistemi non dissipativi, come avviene per gli stati limite di esercizio, gli effetti delle azioni sismiche sono calcolati, quale che sia la modellazione per esse utilizzata, riferendosi allo spettro di progetto ottenuto assumendo un fattore di struttura q unitario. Quando si utilizza l’analisi lineare per sistemi dissipativi, come avviene per gli stati limite ultimi, gli effetti delle azioni sismiche sono calcolati, quale che sia la modellazione per esse utilizzata, riferendosi allo spettro di progetto ottenuto assumendo un fattore di struttura � maggiore dell’unità. L’analisi non lineare si utilizza per sistemi dissipativi e tiene conto delle non linearità di materiale e geometriche (poi le vedremmo). I legami costitutivi utilizzati devono includere la perdita di resistenza e la resistenza residua, se significativi; solitamente si fa riferimento alla rigidezza fessurata, pari alla metà di quella nominale. 2.6.4.1 - Analisi statica equivalente (analisi statica lineare). In questa particolare analisi semplificata l’azione sismica viene definita tramite una azione statica equivalente (come per il vento). In termini più tecnici, questo tipo di analisi può essere usata per

le sole costruzioni la cui risposta sismica, in ogni direzione principale, non dipenda significativamente dai modi di vibrare superiori. E può essere usata sia per i sistemi dissipativi che non, in accordo con gli spettri di progetto definiti a pag. 39 per gli stati limite di esercizio e i sistemi non dissipativi, e a pag. 45 per gli stati limite ultimi e i sistemi dissipativi. Nel semplice esempio qui affianco la struttura viene vista come un sistema semplice ad un grado di libertà, si parte dal presupposto che nel primo modo di vibrare (un punto di flesso) gli spostamenti nella direzione orizzontale sono proporzionali all’altezza. Quindi si fa l’ipotesi che l’andamento

delle forze lungo l’altezza è lineare, e seguono in modo proporzionale gli spostamenti. Ovviamente abbiamo a che fare con delle forze statiche, legate alle masse totali partecipanti, cioè in altri termini tutta la massa della struttura viene considerata partecipante. L’analisi statica lineare consiste nell’applicazione di forze statiche equivalenti alle forze di inerzia indotte dall’azione sismica e può essere effettuata per costruzioni che rispettino determinati requisiti specifici, che poi vedremmo. Ad ogni modo il periodo del modo di vibrare principale nella direzione in esame Ä1 non superi 2,5Äù o ÄÐ e che la costruzione sia regolare in altezza. Per costruzioni civili o industriali che non superino i 40m di altezza e la cui massa sia approssimativamente uniformemente distribuita lungo l’altezza, Ä1 può essere stimato, in assenza di calcoli più dettagliati, utilizzando la formula seguente: ci = �i·L/H

~1 = Q 0,085�#*&!%�*�� !" "�&& � !0,075�#*&!%�*�� !" "&�+&#%�*���!�*���!0,050�#*&!%�*�� !" &!"���+% �% �+�*!� �!� %�*����*�

Dove H è l’altezza della costruzione, in metri, dal piano di fondazione; l’entità delle forze si ottiene dall’ordinata dello spettro di progetto corrispondente al periodo Ä1 e la loro distribuzione sulla struttura segue la forma del modo di vibrare principale nella direzione in esame, valutata in

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modo approssimato. La forza sismica che complessivamente sollecita la struttura, viene ad essere fornita dalla seguente relazione (non altro che il taglio alla base): �¶ � ÓÕ^ci ¹ º → È�Ò�Ä1è+,!*� "����#++!%�#��*!� * %�!%��� �*!$#��!»è +�#%!&!��+#%% �!�#++�&!%�*�� !"#

- � È0,85%#+�&!%�*�� !"#���+�#"!�*#!* ��!"���#"� #%#Ä1 � 2Äù1,0 "���� $+ �+�* &�%

La forza da applicare a ciascuna massa della costruzione è data dalla formula seguente:

�t � �� �t»t∑ �­»­­ →� �tè+��!*�������+ &�*#�++���%%� � #% ��»t#»­ %!"! �#% �#++���%%� #�#++���%%�¼�t#�­ %!"!+#��!�#, * %�#��!�+� �"!� �!"��� !"#,�#++#��%%# #¼ Per tenere conto degli effetti torsionali accidentali (pag. 67), sempre nell’ipotesi che le rigidezze laterali e le masse siano distribuite simmetricamente in pianta, posso amplificare le sollecitazioni su ogni elemento resistente, calcolate con la distribuzione fornita dalla formula precedente, attraverso il fattore δ risultante dalla seguente espressione:

¾t � 1 + 0,6 �t¿� →89:9; �t è+�� %��"���#++,#+#�#"�!*#% %�#"�#�#*� &�+#��+/�* &#"�*!$#!�#�* &!� � �"!, � %�*����#*�#"� &!+�*�#"�#�++�� *#� !"#�#++,�� !"#% %� &�&!"% �#*���.¿�è+�� %��"���*� ��##+#�#"� *#% %�#"� � ù+!"��" ,� %�*����++�%�#%%!�!�!.

L’analisi statica lineare è l’unico procedimento che può essere gestito manualmente, questo ci consente di definire alcuni concetti di calcolo basilari. Come si osserva dall’immagine qui affianco, per ogni orizzontamento definiamo una forza sismica sollecitante, questa deve essere ripartita tra i vari elementi resistenti (telai, lamine di controvento). Tale ripartizione è possibile se vengono rispettate le seguenti ipotesi.

1) Si considerano i solai come lastre infinitamente rigide nel loro piano (cappa pari ad almeno 5cm con armatura 116/20 × 20&�), e infinitamente flessibili nel piano ortogonale, in modo da non turbare la trasmissione dei momenti flettenti e dei bimomenti fra i tronchi delle mensole

che li attraversano (per mensole qui si intende gli elementi verticali resistenti). 2) Gli spigoli delle mensole, qualora queste siano a C, L ecc., devono essere in grado di

trasmettere gli sforzi di taglio, altrimenti queste mensole devono essere scomposte in mensole rettangolari elementari.

3) Le deformazione si considerano sufficientemente piccole, tanto da poter trascurare gli effetti del secondo ordine (effetti P-∆).

4) Le mensole si considerano perfettamente incastrate alla base. 5) Si considera ciascun piano indipendente dagli altri, cioè non ci deve essere transizione di

forza lungo l’altezza dell’edificio. Questa ipotesi è accettabile solo quando le deformate dei varie elementi resistenti sono dello stesso tipo. Questo evita che ci sia una migrazione delle forze da un piano all’altro.

6) Si assume che i sistemi resistenti alle forze orizzontali siano costituiti da lamine o strutture a telaio riconducibili a tali.

Oltre a queste ipotesi di validità generale, si devono considerare delle ulteriori ipotesi semplificative, per evitare di dover addentrarci nella matematica matriciale e nella considerazione di altri effetti di ordine superiore.

1) Le lamine vanno considerate a parete piena sottile, cioè di spessore tale da poter trascurare la rigidezza per sollecitazioni torsionali e per sollecitazioni flettenti e taglianti in piani

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verticali normali al piano medio della lamina. In altri termini per la lamina qui di seguito rappresentata si assume Üyy � 0 e ÜÀÀ ≠ 0, e si considera trascurabile la rigidezza torsionale alla De Saint Venant, e si assume nulla la rigidezza ad ingobbamento impedito (quindi vale anche per le lamine che concorrono in un punto).

2) Si assume inoltre che le mensole siano a sezione costante, o variabile con l’altezza ma in modo tale che si mantengono costanti i rapporti di proporzionalità tra i moduli di rigidezza a flessione delle mensole tra i vari piani. Il fatto che i rapporti di rigidezza non varino tra i piani fa sì che la scomposizione delle forze effettuata per un solo piano valga anche per tutti gli altri.

3) Si suppone inoltre che anche le mensole siano perfettamente incastrate al piede e si può estendere al caso in cui esse siano in condizioni di incastro rotazionale cedevole (circostanza inevitabile a motivo della deformabilità del terreno e delle fondazioni), purché i rapporti tra le rigidezze �Ü e la corrispondente rigidezza rotazione della fondazione, siano tra loro tutti eguali.

4) Il sistema delle forze orizzontali che si considera applicato all’edificio deve essere raccolto dalle travi orizzontali (costituite dalle lastre rigide formate dai solai, con la loro bordatura di travi), con risultanti aventi uguale direzione piano per piano, e uguale punto di applicazione.

In queste condizioni tutte le travi orizzontali risultano sottoposte a sistemi di forze simili, e il problema della determinazione degli sforzi a capo delle singole mensole risulta essere impossibile, staticamente determinato o indeterminato in funzione della diversa disposizione delle lamine controventanti. Infine, il problema si semplifica ulteriormente se si assume il sistema di riferimento generale centrato nel Centro di Taglio (C.T.), cioè il baricentro delle rigidezze, in quanto è possibile separare le tre incognite di spostamento (le due traslazioni �, �e la rotazione Á) del piano. Si ha infatti che, conformemente a quanto accade per le travi, una forza di taglio applicata al centro di taglio provoca una pura traslazione del sistema, analogamente un momento ne comporta una pura rotazione.

Vediamo ora di analizzare alcuni semplici casi, ad iniziare dal caso delle lamine ortogonali tra di loro. Prima di tutto si deve determinare la posizione del centro di taglio, si tratterà della semplice ricerca del baricentro di un sistema.

~. Ä. → 89:9;�ù.�. � ∑ �ÀÀÏ�tt∑ �ÀÀÏtÂù.�. � ∑ �yyÏÂtt∑ �yyÏt

Dove con �ÀÀÏ e �yyÏ si sono indicate le rigidezze nelle due direzioni dell’i-esima lamina. A questo punto imponiamo uno spostamento � lungo � per l’i-esima lamina, e da questa nasce una forza �yÏ �yÏ � �~�ÜÀÀÏ Dove con ~� si indica una costante uguale per tutte le lamine (se stiamo trattando la rigidezza flessionale, sostanzialmente è il modulo di elasticità).

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La risultante delle singole �yÏ è la forza �y passante per C, che si deve applicare al piano per ottenere lo spostamento �.

�y � ¬ �yÏx

tO1 � �~� ¬ ÜÀÀÏx

tO1 ��������� � � �y~� ∑ ÜÀÀÏxtO1

Sostituendo quest ultima nella relazione precedente, la forza sulla i-esima lamina è: ��\ � ��∑ ÃÄÄ\V\Oi ÃÄÄ\ Analogamente in direzione Â, imponendo uno spostamento �: �ÀÏ � �~�ÜyyÏ� � �À~� ∑ ÜyyÏxtO1

7m�txvt������Ä\ = �Ä∑ Ã��\V\Oi Ã��\ Supponiamo ora di imporre una rotazione al solaio, pensato infinitamente rigido, attorno al centro di taglio C, indicando con �ù,t e Âù,t le coordinate del centro di taglio della i-esima lamina, rispetto al sistema di riferimento generale e considerando l’ipotesi di piccoli spostamenti si ha che per la singola lamina, vale la seguente relazione, con le componenti di spostamento conseguenti, si noti che la rotazione antioraria viene considerata positiva: È�t = −Âù,tÁ�t = �ù,tÁ

Questi spostamenti inducono delle forze sulle singole lamine, in ragione alle relazioni scritte in precedenza: ê�yÏ � �Âù,tÁ~�ÜÀÀÏ�ÀÏ � �ù,tÁ~�ÜyyÏ

Si noti che poiché la rotazione è stata assegnata attorno al Centro di Taglio del sistema complessivo, essa comporta solo l’insorgenza del momento M, come da definizione. Difatti è facile osservare che:

�y � ¬ �yÏx

tO1 � �Á~� ¬ Âù,tx

tO1 ÜÀÀÏ = 0

�À � ¬ �ÀÏx

tO1 � Á~� ¬ �ù,tx

tO1 ÜyyÏ = 0

Da cui si vede che il centro di taglio del sistema complessivo è il baricentro di un sistema di masse proporzionali al momento d’inerzia delle singole lamine e posizionate nel centro di taglio delle stesse. Detto Ú il momento torcente di piano dovuto alle forze esterne ed Út il momento interno dovuto all’i-esima lamina, per l’equilibrio di piano alla rotazione deve essere:

Ú = ¬ Útx

tO1

Avendo assunto positivi i momenti se antiorari:

Ú � ¬ Útx

tO1 � ¬xtO1 �ÀÏ�ù,t � �yÏÂù,t =¾�wnAtA�tn¥w Á~� ¬�ù,t� ÜyyÏ �x

tO1 Âù,t� ÜÀÀÏ A questo punto ci possiamo determinare l’angolo Á: Á = Ú~� ∑ �ù,t� ÜyyÏ �xtO1 Âù,t� ÜÀÀÏ

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Da questa relazione si ricavano le componenti di forza sulla singola mensola:

89:9;��\ � � é∑ ��,\d Ã��\ �V\Oi Ä�,\d ÃÄÄ\ Ä�,\ÃÄÄ\

�Ä\ � é∑ ��,\d Ã��\ �V\Oi Ä�,\d ÃÄÄ\ ��,\Ã��\

Se si considera il caso semplice di ripartizione di una forza F tra un gruppo di lamine ad essa parallele, se la forza non passa per il centro di taglio si ha che:

Si tratta di ripartire tra le lamine una forza � e un momento Ú � ��. Per effetto della forza � la sezione trasla della quantità �, e con le medesime considerazioni: �ÀÏ� � �∑ ÜyyÏxtO1 ÜyyÏ Mentre per effetto del momento Ú ho che: �ÀÏÚ � ��∑ �ù,t� ÜyyÏxtO1 �ù,tÜyyÏ Si ha quindi: �Ä\ � �ÀÏ� � �ÀÏÚ � � Å Ã��\∑ Ã��\V\Oi � ^��,\Ã��\∑ ��,\d Ã��\V\Oi Æ

Come si evince il primo passo è quello di definire la posizione del centro di taglio, ora questa ricerca è facilitata quando abbiamo a che fare con lamine ortogonali e parallele al sistema di riferimento principale. Cosa diversa è se abbiamo la presenza di lamine diversamente disposte; qui di seguito viene illustrato un procedimento generalmente rapido e semplice per determinare la posizione del centro di taglio di un sistema di lamine. Ricordando che una traslazione nel piano, assunto infinitamente rigido, fa sorgere un sistema di forze la cui risultante passa per il centro di taglio C.T.. Si procede assegnando al sistema, in maniera indipendente (uno dopo l’altro), due spostamenti unitari secondo due direzioni qualsiasi, una volta determinata la retta d’azione della risultante degli sforzi sulle varie lamine per ciascuno dei due casi considerati, l’intersezione tra le due rette fornisce il centro di taglio. Consideriamo il sistema di lamine qui di seguito rappresentato, una volta imposto uno spostamento in direzione Â, il sistema di forze che nasce è il seguente:

89:9; �À� � Üyy� ∙ 1�À� = Üyy� ∙ 1��g = 1 ∙ &!%= ∙ ÜÈ�Èg � 1 ∙ %#"= ∙ Ü�

Calcolando il momento risultante rispetto al polo O, considerando il momento positivo se antiorario, si ha: Ú � ��À��1 � �À��� � ��g�� � �Èg�È

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Il modulo della risultante R si ricava facilmente dalla seguente espressione:

� � Éæ¬ �ÀÏt è� � æ¬ �yÏt è� �!�#89:9;¬ �ÀÏt � �À� � �À� � ��g&!%= � �Èg%#"=

¬ �yÏt � ���g%#"= � �Èg&!%=

La retta d’azione si trova ad una distanza da O pari a: ^[ � ém � ��À��1 � �À��� � ��g�� � �Èg�ÈJË�À� � �À� � ��g&!%= � �Èg%#"=Ì� � Ë���g%#"= � �Èg&!%=Ì�

Mentre la sua direzione è individuata dall’angolo U rispetto all’asse �: �´W � ∑ �Ä\\∑ ��\\ � �À� � �À� � ��g&!%= � �Èg%#"=���g%#"= � �Èg&!%=

Operando in modo analogo lungo la direzione �, e dall’intersezione delle due rette d’azione delle risultanti, e con semplici operazioni trigonometriche, posso determinare la posizione del centro di taglio. Esempio numerico.

Prima di tutto dobbiamo definire la posizione del centro di taglio, questa ricerca può essere compiuta in due diversi modi. Il primo consiste nell’applicare la relazione scritta in precedenza, il secondo modo si tratta di fornire al sistema due spostamenti unitari indipendenti e osservare il punto di intersezione delle due rette d’azione

delle rispettive risultanti. In questo secondo caso, si osserva che la ricerca è immediata, difatti il centro di taglio dell’intero sistema coincide con il centro di taglio della lamina (1). Ma vediamo di fare alcuni conti.

89:9;�ù � ∑ �ù,txtO1 ÜyyÏ∑ ÜyyÏxtO1 = 5 × � � 5 × �2� � 0�

Âù = ∑ Âù,txtO1 ÜÀÀÏ∑ ÜÀÀÏxtO1 = 3 × �� � 3�

Vediamo ora gli effetti delle due componenti.

�À �¦onqoutwxoq������������89:9; �À� � 0�À� = �À∑ ÜyyÏxtO1 ÜyyÏ � �À�2� � �À2

�Àg � �À∑ ÜyyÏxtO1 ÜyyÏ � �À�2� � �À2

Prima di passare al calcolo degli effetti rotazionali, anche se già sappiamo che per la �À saranno nulli, si deve determinare il momento d’inerzia polare del nostro sistema, calcolato rispetto al centro di taglio:

Ã{ � ¬��,\d Ã��\ �V\Oi Ä�,\d ÃÄÄ\ � 5�� � �5�� � 3�� � 59�

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�À rwAoutwxoq����������899:99;1) ê�1l = 0�1Ê = 0

2) ê��l = 0��Ê = 03) ê�ôl = 0�ôÊ = 0

Ed ora passiamo a definire gli effetti portati dalla sollecitazione �y (il momento antiorario è considerato positivo).

�y �¦onqoutwxoq������������89:9;�y� � �y∑ ÜÀÀÏxtO1 ÜÀÀÏ � �y�y� � 0�yg � 0

�y rwAoutwxoq����������

8999999:999999; 1)

89:9;�1l � � Ú∑ �ù,t� ÜyyÏ �xtO1 Âù,t� ÜÀÀÏ Âù,tÜÀÀÏ = � �y359� 0 = 0

�1Ê = Ú∑ (�ù,t� ÜyyÏ �xtO1 Âù,t� ÜÀÀÏ �ù,tÜyyÏ = �y359� 0 = 02)

89:9; ��l � � Ú∑ �ù,t� ÜyyÏ �xtO1 Âù,t� ÜÀÀÏ Âù,tÜÀÀÏ = � �y359� 0 = 0

��Ê = Ú∑ (�ù,t� ÜyyÏ �xtO1 Âù,t� ÜÀÀÏ �ù,tÜyyÏ = �y359� �5� � � 1559 �y

389:9; �ôl � � Ú∑ �ù,t� ÜyyÏ �xtO1 Âù,t� ÜÀÀÏ Âù,tÜÀÀÏ = � �y359� 0 = 0

�ôÊ = Ú∑ (�ù,t� ÜyyÏ �xtO1 Âù,t� ÜÀÀÏ �ù,tÜyyÏ = �y359� 5� � � 1559 �y

Come si osserva, usando la convenzione dei segni da noi definita, la sollecitazione viene vista in termini di ripartizione sulle varie lamine. A questo punto non ci resta altro che sommare le varie componenti.

1) ��1l = �y�1Ê � 0 2 � ��l � 0��Ê = �À2 � 1559 �y 3 � �ôl � 0�ôÊ = �À2 + 1559 �y

2.6.4.2 - Analisi dinamica lineare (analisi modale). Non è altro quello che si è visto all’inizio di questa dispensa, essa si definisce nella seguente procedura.

- Determinazione dei modi di vibrare della costruzione (analisi modale), si tratta di definire gli autovalori e gli autovettori della matrice delle rigidezze.

- Calcolo degli effetti dell’azione sismica, rappresentata dallo spettro di risposta di progetto, per ciascuno dei modi di vibrare individuati.

- Nella combinazione di questi effetti. Devono essere considerati tutti i modi con massa partecipante significativa. È opportuno a tal riguardo considerare tutti i modi con massa partecipante superiore al 5% e comunque un numero di modi la cui massa partecipante totale sia superiore all’85%. La massa partecipante non è altro che il taglio alla base che viene ad essere portato giù dall’edificio per ogni diverso modo di vibrare. Ovviamente la somma delle masse partecipanti afferenti ad ogni singolo modo di vibrare, deve fornire la massa totale della struttura. Come abbiamo avuto modo di vedere ogni modo di vibrare

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è definito da accelerazioni e spostamenti massimi, ma queste caratteristiche non sono contemporanee per tutti i modi di vibrare, dato che ogni modo ha il suo periodo caratteristico. Per risolvere il problema annoso della non contemporaneità dei massimi, si usano dei criteri di combinazione probabilistica; tengo altresì precisare che questi metodi non hanno nessuna rispondenza fisica, sono solo dei modi di calcolo statistico. La normativa permette di usare due metodi di combinazione diversi.

89:9; ÓmÓÓ → � � <¬ �[d[

�n� → � � <¬ ¬ o[TT �[�T[ Il primo metodo (la radice dei quadrati) può essere usato solamente quando i periodi dei singoli modi di vibrare differiscono tra di loro di almeno il 10%. In alternativa si deve usare la combinazione completa CQC, dove p¦n è il coefficiente di correlazione tra il modo * ed il modo %, ed è fornito dalla seguente:

o[T � I�dJ�STS[�L�i � STS[� ��i � STS[�d � H�d STS[�

Da un punto di vista tecnico usando queste relazioni perdo la linearità del problema, e quindi sono impossibilitato ad applicare la sovrapposizione degli effetti, dall’altra perdo i segni delle varie caratteristiche sollecitanti, ma questo è comunque accettabile dato che il sisma agisce in tutte le direzioni. Per gli edifici gli effetti dell’eccentricità accidentale (definita a pag. 67) del centro di massa possono essere determinati mediante l’applicazione di carichi statici costituiti da momenti torcenti di valore pari alla risultante orizzontale della forza agente al piano, determinata con una semplice analisi statica lineare, moltiplicata per l’eccentricità accidentale del baricentro delle masse rispetto alla sua posizione di calcolo. 2.6.4.3 - Valutazione degli spostamenti. Gli spostamenti db della struttura sotto l’azione sismica di progetto allo SLV si ottengono moltiplicando per il fattore μx i valori dbª ottenuti dall’analisi lineare, dinamica o statica, secondo l’espressione seguente.

db � 3μxdbª dove � μx = qseT1 ≥ TËμx = 1 + (q� 1)TËT1 seT1 � TË

In ogni caso μx ] 5q� 4. 2.6.4.4 - Analisi statica non lineare (pushover). L’analisi non lineare statica consiste nell’applicare alla struttura i carichi gravitazionali e, per la direzione considerata dell’azione sismica, un sistema di forze orizzontali distribuite, ad ogni livello della costruzione, proporzionalmente alle forze d’inerzia ed aventi risultante (taglio alla base) F�. Tali forze sono scalate in modo da far crescere monotonamente, sia in direzione positiva che negativa e fino al raggiungimento delle condizioni di collasso locale o globale, lo spostamento orizzontale dË di un punto di controllo coincidente con il centro di massa dell’ultimo livello della costruzione (sono esclusi eventuali torrini). Il diagramma F� � dË rappresenta la curva di capacità della struttura.

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Questo tipo di analisi può essere utilizzato soltanto se ricorrono le condizioni di applicabilità nel seguito precisate per le distribuzioni principali (Gruppo 1); in tal caso esso si utilizza per gli scopi e nei casi seguenti.

1) Valutare in modo più accurato i rapporti di sovraresistenza @Ì@�, per una migliore

valutazione del fattore di struttura �. 2) Verificare l’effettiva distribuzione della domanda inelastica negli edifici progettati con il

fattore di struttura �. 3) Come metodo di progetto per gli edifici di nuova costruzione sostitutivo dei metodi di

analisi lineari. 4) Come metodo per la valutazione della capacità di edifici esistenti.

Si devono considerare almeno due distribuzioni di forze d’inerzia, ricadenti l’una nelle distribuzioni principali (Gruppo 1) e l’altra nelle distribuzioni secondarie (Gruppo 2) appresso illustrate. Gruppo 1 - Distribuzioni principali.

- Distribuzione proporzionale alle forze statiche (calcolare con l’analisi statica lineare), applicabile solo se il modo di vibrare fondamentale nella direzione considerata ha una partecipazione di massa non inferiore al 75% ed a condizione di utilizzare come seconda distribuzione la 2(a).

- Distribuzione corrispondente ad una distribuzione di accelerazioni proporzionale alla forma del modo di vibrare, applicabile solo se il modo di vibrare fondamentale nella direzione considerata ha una partecipazione di massa non inferiore al 75%.

- Distribuzione corrispondente alla distribuzione dei tagli di piano calcolati in un’analisi dinamica lineare (analisi modale), applicabile solo se il periodo fondamentale della struttura è superiore a Äù.

Gruppo 2 - Distribuzioni secondarie.

a) Distribuzione uniforme di forze, da intendersi come derivata da una distribuzione uniforme di accelerazioni lungo l’altezza della costruzione.

b) Distribuzione adattiva, che cambia al crescere dello spostamento del punto di controllo in funzione della plasticizzazione della struttura.

Questo è quello che è riportato nel Testo Unico, ma nella sua circolare esplicativa si procede oltre (§C.7.3.4.1). L’analisi Pushover o analisi di spinta (letteralmente pushover significa “spingere oltre”) è una procedura statica non lineare impiegata per determinare il comportamento di una struttura a fronte di una determinata azione (forza o spostamento) applicata. L’analisi consiste nello “spingere” la struttura fino a che questa collassa o un parametro di controllo di deformazione non raggiunge un valore limite prefissato; la “spinta” si ottiene applicando in modo incrementale monotono un profilo di forze o di spostamenti prestabilito. Il sistema di sollecitazioni in questione deve simulare nel modo più realistico possibile gli effetti di inerzia prodotti dal sisma nel piano orizzontale. Tali effetti, a loro volta, dipendono dalla risposta stessa della struttura, per cui il sistema di forze applicato alla struttura dovrebbe cambiare durante l’analisi per fornire un adattamento della distribuzione delle sollecitazioni al livello di danneggiamento della struttura (pushover adattivo). In sostanza l’analisi di spinta è una tecnica di soluzione incrementale-iterativa delle equazioni di equilibrio statico della struttura in cui la forzante è rappresentata dal sistema di spostamenti o forze applicato.

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La Pushover consente di definire un legame scalare forza-spostamento caratteristico del sistema studiato, detto curva di capacità, che permette di ricondurre la ricerca dello spostamento massimo di un sistema soggetto ad una certa azione esterna a quella di un sistema Single Degree Of Freedom (SDOF) equivalente. In tal modo l’analisi della risposta della struttura viene ricondotta a quella di un sistema ad un solo grado di libertà (SDOF) equivalente alla struttura di partenza. I metodi statici non lineari permettono di individuare lo spostamento massimo di tale sistema SDOF equivalente e quindi la risposta della struttura (punto prestazionale) soggetta ad un evento sismico descritto dal relativo spettro di risposta in accelerazione. Quindi questo metodo d’analisi è utilizzabile solo per

le costruzioni il cui comportamento, sotto la componente del terremoto considerata, è governato da un modo di vibrare naturale principale, caratterizzato da una significativa partecipazione di massa. L’analisi di spinta è particolarmente intuitiva nei sistemi SDOF, dato che sono schematizzabili da un semplice pendolo composto da una massa concentrata � sorretta da un elemento privo di massa con rigidezza ( e collegato ad un elemento, privo di massa e rigidezza, responsabile dello smorzamento. La configurazione deformata del sistema è definita quindi da un unico parametro che può identificarsi con lo spostamento � relativo della massa rispetto al suolo. In questi semplici casi, l’analisi di spinta consiste nell’applicare alla massa del sistema uno spostamento Í o una forza � la cui intensità viene gradualmente incrementata nella direzione dell’unico grado di libertà disponibile. Le espressioni che definiscono la

forzante (intesa in senso generalizzato come forza o spostamento) possono esprimersi come: ÈÍ � = ∙ �� � > ∙ � Dunque, fissato arbitrariamente il valore di � o �, il fattore moltiplicativo = o > viene gradualmente incrementato da zero fino ad un valore finale che permetta di investigare il campo di risposta di interesse per il sistema in esame. Ad ogni valore di = o > corrisponde quindi un valore di Í o � che rappresenta lo spostamento o la forza applicati alla massa del sistema. Il comportamento del sistema è definito da un legame forza-spostamento in cui la forza coincide con il taglio ä� alla base e lo spostamento � con quello della massa.

- Nel caso di analisi a forze imposte (� è la forza applicata ad �): ä� � � e � � Íessendo Í lo spostamento di � prodotto da �.

- Nel caso di analisi a spostamenti imposti (Í è lo spostamento applicato ad �): � � Í e ä� � � essendo � la reazione vincolare risultante. Nel caso di sistemi Multi Degrees Of Freedom (MDOF), l’approccio è simile con la differenza che la struttura viene eccitata applicando un profilo di forze o di spostamenti orizzontali in corrispondenza di ciascun piano e che, per descrivere il comportamento dell’intero sistema in termini di legame forza-spostamento, è necessario scegliere un solo parametro di forza ed un solo parametro di spostamento. La scelta di tali parametri non è univoca e può dar luogo a differenti legami forza-spostamento ossia a differenti legami costitutivi del sistema SDOF equivalente detti curva di capacità. Solitamente, come parametri di forza e di deformazione, si selezionano il taglio alla base e lo spostamento del punto di controllo che generalmente è scelto come punto più alto della struttura, per esempio coincidente con il baricentro dell’impalcato di copertura.

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In una analisi di spinta basata sugli spostamenti o sulle forze si impone alla struttura, in modo

incrementale, un profilo di spostamenti u � ËÍ1, Í�, … , Í­ , … , ÍxÌ� o di forze � �Ë�1, ��, … , �­ , … , �xÌ�

a livello di piano che possono essere definite da un vettore di forma g o h, moltiplicato per un fattore di scala = o >: Èu � = ∙ g� � > ∙ h Dove g � Ë�1, ��, … , �­ , … , �xÌ�

e Ít � = ∙ �t è lo spostamento dell’i-esimo piano, oppure h �Ë�, ��, … , �­ , … , �xÌ� e �t � > ∙ �t è la forza di piano i-esima.

Per descrivere il comportamento del sistema attraverso un legame scalare forza-spostamento (detto curva di capacità) si scelgono comunemente il taglio alla base e lo spostamento Í­ del piano j-esimo come ad esempio quello in sommità �. Considerando che l’obiettivo è di simulare la risposta dinamica della struttura, sorge la questione se l’analisi di spinta debba essere condotta applicando un sistema di spostamenti o di forze. Se la struttura avesse un comportamento elastico lineare i due approcci condurrebbero agli stessi risultati ma la presenza di effetti anelastici comporta una sensibile differenza tra le due alternative. Concettualmente l’analisi dinamica viene condotta con le forze inerziali per cui l’analisi di spinta a forze imposte sembrerebbe più appropriata ma, in un’analisi dinamica, perfino quando un modo è dominante, l’andamento delle forze di piano non rimane inalterato (ossia non variano proporzionalmente ad un fattore costante), quindi applicare una distribuzione di forze costante non è comunque esatto. Inoltre possono sorgere difficoltà nel condurre analisi anelastiche stabili con controllo di forze, poiché queste non sono in grado di cogliere un eventuale comportamento softening della struttura né di seguire accuratamente risposte associate a rigidezze molto piccole, per ciò può essere preferibile eseguire analisi a spostamenti controllati. Di contro, lavorando a spostamenti imposti, si vincola la deformata della struttura, per cui si rischia di conseguire campi di forze completamente errati rispetto a quelli attesi in una struttura “libera” di deformarsi a fronte dell’evento sismico e quindi a risultati seriamente fuorvianti. Comunque, l’approccio basato sulle forze è quello che ha attirato maggiormente l’interesse perché di facile implementazione su tutti i più comuni programmi di calcolo. Infine lo scopo principale dell’analisi statica non lineare nella progettazione antisismica, secondo gli standard dei nuovi codici normativi europei ed internazionali, è quello di evitare analisi dinamiche, computazionalmente molto onerose e di non facile esecuzione, attraverso la formulazione di una procedura in grado di

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riprodurne i risultati in modo sufficientemente rappresentativo, che permetta di cogliere gli aspetti principali del comportamento dinamico di una struttura. Il risultato più immediato di un’analisi di pushover è la definizione della curva di capacità della struttura ossia della curva forza-spostamento espressa, solitamente, in termini di taglio alla base (ä�) e spostamento in sommità (�), che rappresenta appunto la capacità esibita dal sistema di fronteggiare una certa azione esterna. Considerando un sistema SDOF, l’andamento della curva di capacità dipende dalla rigidezza ( o dalla flessibilità (�1 del sistema, che a loro volta dipendono essenzialmente dalle caratteristiche geometriche e meccaniche del sistema e sono funzioni non lineari rispettivamente dello

spostamento e della forza applicata al sistema: È � � (Í!���*#ä� � (�Í � (�1�!���*#� � (�1ä� Nel caso più complesso, ma di maggiore interesse, di sistemi MDOF la curva di capacità mostra andamenti analoghi ai sistemi SDOF caratterizzati entrambi da un tratto inizialmente rettilineo, corrispondente al comportamento lineare della struttura, che si incurva quando inizia la plasticizzazione e la risposta progredisce in campo non lineare. La capacità di una struttura

dipende dalle capacità di resistenza e di deformazione dei suoi singoli componenti. La curva di capacità definisce la capacità della struttura indipendentemente da qualsiasi specifica richiesta sismica (infatti non si fa riferimento alcuno all’azione sismica) e quindi descrive le caratteristiche intrinseche del sistema resistente; in altre parole è una sorta di legame costitutivo semplificato della struttura. Trattandosi di un legame scalare forza-spostamento il comportamento del sistema MDOF viene così ricondotto sostanzialmente a quello di un sistema SDOF, che può ragionevolmente definirsi equivalente, dato che la curva di capacità è stata costruita tenendo conto del comportamento dell’intero sistema MDOF.

Quando un terremoto induce uno spostamento laterale sulla struttura la sua risposta è rappresentata da un punto su tale curva e, poiché la deformazione di tutti i suoi componenti è correlata allo spostamento globale della struttura stessa, ogni punto di questa curva definisce anche uno specifico stato di danno strutturale. La curva di capacità può essere semplificata linearizzando a tratti il suo andamento adottando approssimazioni bilineari o trilineari.

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Non esiste un unico metodo di linearizzazione per cui le curve ricavate possono essere molteplici. Si deve però cercare di seguire il più possibile l’andamento curvilineo originario in modo da attuare un’approssimazione il più possibile accurata. Il comportamento del sistema può quindi essere idealmente schematizzato con un ramo elastico lineare fino allo snervamento e con un ramo post-elastico incrudente, perfetto o degradante. Tale curva di capacità deve essere confrontata con la domanda del sisma, ottenuta rappresentando gli spettri elastici di progetto in un sistema di coordinate A-D (pseudo-accelerazione - spostamento). Vediamo ora quali sono i principali metodi per definire la domanda sismica a cui è sottoposta la struttura. 2.6.4.4.1-Metodo del Capacity Spectrum. Il Capacity Spectrum Method (CSM), proposto per la prima volta da Freeman nel 1975 e 1978, è una procedura di analisi statica non lineare per valutare lo spostamento massimo atteso in una struttura sottoposta ad un evento sismico assegnato. Tale azione sismica, detta richiesta sismica, è definita attraverso uno spettro di risposta elastico; il comportamento strutturale è rappresentato da una curva forza-spostamento, detta curva di capacità, che definisce il comportamento della relativa struttura SDOF equivalente. Per valutare lo spostamento atteso si determina sulla curva di capacità lo spostamento compatibile con la richiesta sismica attraverso la domanda sismica nel formato ADRS (Acceleration Displacement Response Spectrum), descrivendo quindi la curva di capacità e lo spettro di risposta in termini di accelerazioni e spostamenti spettrali. Attraverso questa trasformazione, il metodo del capacity spectrum rende possibile una valutazione grafica di come la struttura risponde alla sollecitazione sismica. L’intersezione dello spettro di capacità con lo spettro di risposta individua un punto detto punto di funzionamento della struttura (performance point), che rappresenta la condizione per cui la capacità sismica di

una struttura è pari alla domanda sismica imposta. Tutti i diversi metodi riguardanti il Capacity Spectrum combinano quindi l’analisi pushover di un modello a più gradi di libertà (MDOF) con l’analisi dello spettro di risposta di un sistema equivalente ad un grado di libertà (SDOF). Un metodo innovativo, l’N2 di Fajfar, non utilizza lunghe procedure iterative e quindi velocizza notevolmente i calcoli della domanda

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sismica dato che, a differenza dei due sopracitati, utilizza spettri anelatici, i quali sembrano essere maggiormente appropriati. 2.6.4.4.2-Metodo N2 di Fajfar.

- Definizione dei dati. Tra i dati del problema vi è, in primo luogo, la definizione di un modello della struttura, piano o tridimensionale, in cui i diaframmi siano infinitamente rigidi nel piano orizzontale. Se " è il numero dei piani, i gradi di libertà risultano pari a 3"; essi vengono raggruppati in tre sottovettori, i quali rappresentano gli spostamenti di piano nelle direzioni orizzontali � e  e le rotazioni torsionali: Í¿� � �Í¿y� ,Í¿À� , Í¿u�� In aggiunta ai dati necessari per le usuali analisi elastiche, sono richieste anche le relazioni non lineari tra sforzi e deformazioni per elementi strutturali soggetti a carico monotono (per esempio, un modello di elemento potrebbe essere una trave con plasticità concentrata agli estremi e una relazione bilineare o trilineare tra momento e rotazione). Già da questi primi aspetti, riguardanti i dati da considerare nell’analisi, è possibile quindi comprendere come il metodo in questione sia stato concepito soprattutto in riferimento a strutture a telaio. Un ultimo aspetto da considerare è la definizione della domanda sismica, in genere nella forma di uno spettro elastico di accelerazione, in cui l’accelerazione spettrale è data come una funzione del periodo naturale della struttura.

- Domanda sismica nel formato ADRS. È possibile modificare lo spettro accelerazione-periodo, nello spettro anelastico accelerazione- spostamento.

Sappiamo che per un sistema SDOF, ad un grado di libertà, vale quanto segue: ÓµU � � cde d ÓÕU Dove �Òe e �Ðe sono i valori dell’accelerazione e dello spostamento nello spettro elastico, corrispondenti ad un periodo T e a un fissato coefficiente di smorzamento viscoso. Per un sistema inelastico a un grado di libertà SDOF con una relazione bilineare tra sforzo e deformazione, lo spettro di accelerazione anelastico (�ÒÎÏ) e di spostamento anelastico (�ÐÎÏ) possono essere determinati nel modo seguente:

89:9; �ÒÎÏ � �Òe�Ð�ÐÎÏ � ��Ð �Ðe � ��Ð

Ä�4Ö� �Òe � � Ä�4Ö� �ÒÎÏ

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Come si osserva per ottenere lo spettro inelastico, il metodo N2 prevede l’utilizzo di un fattore di riduzione RÒ, funzione dell’energia isteretica dissipata dalla struttura duttile, mentre μ è il fattore di duttilità, definito come il rapporto tra lo spostamento massimo e lo spostamento a snervamento. Si noti che �Ðdifferisce dal fattore di struttura � per il fatto che quest ultimo tiene in conto anche della sovraresistenza �n (in pratica si ha che q � RÒR�). Numerose proposte sono state fatte a proposito del fattore di riduzione �Ð per il metodo N2 in questione, si utilizza uno spettro bilineare per il fattore di riduzione proposta da Vidic et al. (1994):

��Ð � � � 1 ÄÄù � 1%#Ä � Äù�Ð � �%#Ä < Äù

dove Äù è il periodo caratteristico dello spettro in cui si ha la transazione dalla zona ad accelerazione costante, alla zona a velocità costante. Dalle due relazioni suddette emerge che nel campo dei periodi medio-lunghi vale la regola dell’ugual spostamento, nel senso che lo spostamento del sistema anelastico è pari a quello del corrispondente sistema elastico con ugual periodo. Pertanto, a partire dallo spettro elastico ed utilizzando le relazioni mostrate, può essere ottenuto lo spettro di domanda anelastico nel formato ADRS al variare dei fattori di duttilità �.

- Analisi Pushover. Come già accennato in precedenza, l’analisi Pushover è una procedura statica non lineare impiegata per determinare il comportamento di una struttura a fronte di una determinata forza applicata e consiste nello “spingere” la struttura fino a che questa collassa o un parametro di controllo di deformazione non raggiunge un valore limite prefissato; la “spinta” si ottiene applicando in modo incrementale monotono un profilo di forze prestabilito. Il sistema di forze in questione deve simulare nel modo più realistico possibile gli effetti di inerzia prodotti dal sisma nel piano orizzontale. Come abbiamo già visto all’inizio di questo capitolo, ed in riferimento alla normativa vigente (EC8 ed NTC 2008 al punto 7.3.4.1), si suggerisce di applicare al nostro modello due distribuzioni di forze orizzontali, applicate ai baricentri delle masse dei vari orizzontamenti.

- Una distribuzione di forze proporzionali alle masse. - Una distribuzione di forze proporzionali al prodotto delle masse per la deformata

corrispondente al primo modo di vibrare del sistema considerato elastico. Per quanto riguarda la seconda distribuzione, il vettore dei carichi, che generalmente consiste nelle componenti nelle tre direzioni (forze in x, y e momenti torcenti), ha la forma: Z¿ � �Ó¿ � �é� �¿

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Dove: - P¿ è il vettore delle forze laterali. - p è il fattore moltiplicativo incrementale delle forze. - M� è la matrice diagonale delle masse del sistema. - Φ¿ è il vettore degli spostamenti assunti, in casi notevoli assunto pari al primo modo

vibrazionale della struttura, normalizzato al valore unitario della componente relativa al punto di sommità.

Si noti che l’espressione sopra riportata, contenuta nella formulazione del metodo N2, in generale non implica alcuna restrizione riguardante la distribuzione dei carichi orizzontali (può essere considerata qualsiasi forma modale). Generalmente �¿ consiste in tre componenti non nulle (due direzioni orizzontali e una rotazione torsionale); la procedura può essere sostanzialmente semplificata applicando i carichi orizzontali solo in una direzione. �¿ � � E�¿y� , R¿� , R¿�] Dalle relazioni suddette segue che la forza orizzontale applicata nella direzione x all’i-esimo piano è proporzionale alla componente ΦÕ,� della forma di spostamento assunta Φ¿Õ, pesata alla massa di piano m�. Z�,\ � {�\��,\ Questa relazione ha un certo significato fisico: se la forma di spostamento assunta fosse uguale alla forma modale e costante durante il sisma (ad esempio se il comportamento strutturale fosse elastico), allora la distribuzione delle forze laterali scelta sarebbe uguale alla distribuzione esatta delle forze sismiche. Nel campo anelastico, comunque, la forma di spostamento in genere cambia nel tempo e l’equazione rappresenta quindi un’approssimazione; nonostante ciò, essa permette che la trasformazione da sistema MDOF ad SDOF e viceversa segua delle semplici formule matematiche nel campo sia elastico che anelastico (non sono richieste ulteriori approssimazioni, come nel caso di altre procedure semplificate).

- Sistema SDOF equivalente e curva di capacità. L’analisi statica di pushover non ha un fondamento teorico rigoroso cosicché procedure differenti, che pur conducono a risultati abbastanza diversi tra loro, sono largamente usate ed accettate. L’assunto di base sul quale poggia l’analisi di spinta è che la risposta della struttura sia dominata da un solo modo e che la forma di questo modo resti costante durante la storia temporale della risposta stessa. Entrambe le assunzioni non sono esatte, ma numerosi studi in merito hanno mostrato che queste supposizioni conducono a stime abbastanza buone della risposta sismica massima di sistemi MDOF, purché la loro risposta sia dominata dal primo modo. Nel metodo N2, la domanda sismica è determinata attraverso l’uso di spettri di risposta e il comportamento anelastico viene tenuto in conto esplicitamente. Conseguentemente, la struttura può, in principio, essere modellata come un sistema a un grado di libertà. Diverse procedure sono state studiate per determinare le caratteristiche del sistema equivalente SDOF. Una di queste, utilizzata nell’ultima versione del metodo N2 e adottata dall’EC8 e dall’Ordinanza n. 3274 (punto 4.5.4.3), viene discussa in seguito. Il punto di partenza è l’equazione del moto di un modello strutturale 3D (con 3n gradi di libertà) di una costruzione a più piani. é�¾ôÞô g�¾ôÞ1 � �¾ôÞô gM¾ôÞ1 � ��, �M j�k�lôÞ1 � � é�¾ôÞô [¾ôÞ1 ����

Per semplicità lo smorzamento non verrà considerato nella trattazione che segue, dato che se ne terrà conto nella definizione nello spettro di progetto.

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Mentre r è il vettore che definisce la direzione efficace del sisma. Ed inoltre si assume che la forma di spostamento �¿ rimanga costante e non cambi durante la risposta della struttura al sisma; il vettore degli spostamenti è definito come: g�©ôÞ1 � Φ¿¾ôÞ1 D×t

In cui D×t è lo spostamento, dipendente dal tempo, in sommità della struttura. Il vettore Φ¿ , per convenienza viene normalizzato in modo che la componente in sommità sia pari all’unità. Dalla statica sappiamo che le forze interne Fu,uM sono uguali alle forze esterne applicate P. ��, �M � Z Introducendo le espressioni suddette nell’equazione del moto e premoltiplicando per �¿ Ø, si ottiene: �¿ �é��¿®� A� ��¿ �é��¿� � ��¿ �é� [M���� Dopo aver moltiplicato e diviso a primo membro per �¿ Ø�� ,, l’equazione del moto del sistema equivalente a un grado di libertà può essere scritta nella seguente maniera: �¿ Ø�� ,�¿ Ø�� ,�¿ �é��¿®� A� ��¿ Ø�� ,�¿ Ø�� ,�¿ �é��¿� � ��¿ Ø�� ,�¿ Ø�� ,�¿ �é� [M����

Vediamo ora di introdurre alcune grandezze caratteristiche. - m∗ � �¿ Ø�� , è la massa equivalente del sistema SDOF, come si osserva essa dipende dalla

direzione del sisma, ad esempio se si considera la sola direzione x-x, come direzione efficace, posso affermare che mÕ∗ � ∑m�ΦÕ,�.

- D∗ = ÚÛ×Ü è lo spostamento del SDOF equivalente, dove la costante Γ è il coefficiente di partecipazione, ed è lui che controlla la trasformazione dal modello MDOF a quello SDOF, e viceversa. Tale coefficiente viene ad essere così definito: Γ = �¿ .�� ,�¿ .���¿ Nel caso, per esempio, di moto sismico nella sola direzione x-x ([M = Ei¿� , R¿� , R¿�]) e assumendo una forma di spostamento con componenti non nulle in un’unica direzione (�¿ � =E�¿y� , R¿� , R¿�]), si ha che: Γ = ∑m�ΦÕ,�∑m�ΦÕ,��

Si noti ancora una volta che �¿ è normalizzato (la componente in sommità dell’edificio è pari all’unità) e che qualsiasi ragionevole forma di spostamento può essere adottata per �¿ (di norma si può assumere il primo modo).

- �∗ � ÑÜ � �¿ .��,�Ü � L∗sÜ è la forza equivalente del sistema SDOF, mentre ä è il tagliante totale alla base del sistema MDOF, e nel caso di sisma agente lungo la sola direzione x-x, ho che: äy � ¬ �tΦy,t� � ¬ Ûy,t

Alla fine assemblando il tutto ottengo l’equazione del moto del sistema equivalente ad un grado di libertà SDOF: �∗®� ∗ � �∗ � ��∗���� La costante Γ viene utilizzata per la trasformazione sia di forze che di spostamenti: come conseguenza di ciò, è possibile ottenere la relazione �∗ � ®∗ per il sistema SDOF, solamente cambiando la scala degli assi del grafico ä � ®A determinato per il sistema MDOF; inoltre la rigidezza iniziale è uguale per i due sistemi.

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Ai fini della determinazione di un legame semplificato (elastico – perfettamente plastico) per il sistema SDOF, devono essere utilizzati criteri di tipo ingegneristico; i codici normativi forniscono alcune indicazioni utili. Per esempio, nell’EC8 e nel Testo Unico viene suggerita un’idealizzazione bilineare basata sul principio di ugual energia.

Quindi alla curva di capacità del sistema equivalente occorre sostituire una curva bilineare, avente un primo tratto elastico e un secondo tratto perfettamente plastico. Detta ��� la resistenza massima del sistema strutturale reale, ed ���∗ � ·ÞÌÜ la resistenza massima del sistema equivalente, il tratto elastico si individua imponendone il passaggio per il punto 0,6���∗ della curva di capacità del sistema equivalente, la forza di plasticizzazione �À∗ si individua imponendo l’ugualianza delle aree sottese dalla curva bilineare e dalla curva di capacità per lo spostamento massimo ��∗ corrispondente ad una riduzione di resistenza di 0,15���∗ . Il metodo N2 prevede che la rigidezza post-snervamento sia nulla, ossia che il sistema equivalente abbia un comportamento elastico-perfettamente plastico. L’effetto di un incrudimento modesto viene tenuto conto nello spettro di domanda; esso, comunque, non ha un’influenza rilevante. Il periodo elastico del sistema bilineare è dato dall’espressione:

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Ä∗ � 2Ö<�∗(∗ � 2Ö<�∗�À∗�À∗ � 2Ö<�¿ Ø�� ,�À∗�À∗

- Domanda sismica per il sistema SDOF equivalente. La domanda sismica per il sistema SDOF equivalente può essere determinata utilizzando la procedura grafica illustrata qui di seguito. L’intersezione tra il prolungamento della linea corrispondente al periodo elastico Ä∗ del sistema bilineare equivalente e lo spettro di domanda elastica �Òe definisce la domanda di accelerazione (e la corrispettiva domanda di spostamento) richiesta al sistema indefinitamente elastico. L’accelerazione allo snervamento S'ß rappresenta la capacità del sistema anelastico. Il fattore di riduzione �Ð è dato dal rapporto tra le accelerazioni corrispondenti ai sistemi elastico e anelastico. �Ð � �ÒeÄ∗S'ß

Com’è già stato evidenziato, il fattore di riduzione dovuto alla duttilità �Ð differisce dal fattore di struttura � per il fatto che quest’ultimo tiene in conto sia della dissipazione d’energia sia della sovra resistenza; pertanto, l’accelerazione di progetto �Ò� è tipicamente minore dell’accelerazione a snervamento S'ß. Se il periodo elastico Ä∗ risulta maggiore o uguale a Äù , vale la regola dell’ugual spostamento (lo spostamento raggiunto dal sistema anelastico è pari a quello di un sistema elastico di pari

periodo NTC - §3.2.3.2.3); dalla similitudine dei triangoli, la domanda di duttilità � � �àÎÏÐÊ∗ è pari al fattore di riduzione �Ð:

89:9;�ÐÎÏ � ®Loy∗ � �ÐeÄ∗ � �Ä∗2Ö � �Òe

� � �ÐÎÏ®À∗ � �Ð�#*Ä∗ < Äù

Se il periodo elastico Ä∗ risulta minore di Äù , la domanda di duttilità e di spostamento si differenziano dal sistema elastico, in particolare la domanda di spostamento è superiore a quella di un sistema elastico di pari periodo, e possono essere così determinati:

89:9;�ÐÎÏ � ®Loy∗ � �®À∗ � ��Ð �Ðe � �Ðe�Ð �Ë�Ð � 1Ì ÄùÄ∗ � 1�

� � �ÐÎÏ®À∗ � Ë�Ð � 1Ì ÄùÄ∗ � 1

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In entrambi i casi la domanda inelastica in termini di accelerazione e spostamento corrisponde al punto di intersezione (performance point) della curva di capacità con lo spettro di domanda corrispondente alla domanda di duttilità H. In questo punto, il fattore di duttilità determinato dalla curva di capacità e quello associato allo spettro di domanda sono uguali.

- Domanda sismica globale e locale per il sistema MDOF. Una volta nota la domanda di spostamento, ossia �ÐÎÏ � ®Loy∗ per il modello SDOF, è possibile determinare lo spostamento massimo ®A,Loy del punto di controllo del modello MDOF; questo è possibile invertendo semplicemente l’equazione dello spostamento equivalente. ®A,Loy � Γ�ÐÎÏ � Γ®Loy∗

Quindi una volta trovata la domanda di spostamento, per lo stato limite in esame si verifica che: ®A,Loy ] ��∗ Per lo stato limite scelto si procede alla verifica della compatibilità degli spostamenti per gli elementi/meccanismi duttili e delle resistenze per gli elementi/meccanismi fragili. È buona norma aver spinto l’analisi fino al superamento dello stato limite oggetto della verifica, in genere eccedendolo del 150% circa. Una volta noto lo spostamento massimo del punto di controllo si conosce dall’analisi la configurazione deformata ed è pertanto possibile eseguire la verifica dell’edificio, in particolare controllando la compatibilità degli spostamenti in quegli elementi che presentano un comportamento duttile e delle resistenze in quegli elementi che hanno un comportamento fragile. L’analisi non lineare statica condotta nei modi previsti dalle NTC può sottostimare significativamente le deformazioni sui lati più rigidi e resistenti di strutture flessibili torsionalmente, cioè strutture in cui il modo di vibrare torsionale abbia un periodo superiore ad almeno uno dei modi di vibrare principali traslazionali. Per tener conto di questo effetto, tra le distribuzioni secondarie delle forze occorre scegliere la distribuzione adattiva. Infine, si ricorda che per modelli tridimensionali devono essere eseguite due separate analisi pushover nelle due direzioni orizzontali; sui risultati rilevati (spostamenti, movimenti relativi tra i piani, rotazioni nei nodi e nei collegamenti, sollecitazioni negli elementi fragili), ottenuti dalle analisi indipendenti, può essere eseguita la combinazione quadratica (SRSS). Gli effetti torsionali accidentali sono considerati nel modo previsto al punto §7.2.6 delle NTC, qui di seguito ne riporto uno stralcio:

“Per tenere conto della variabilità spaziale del moto sismico, nonché di eventuali incertezze nella localizzazione delle masse, al centro di massa deve essere attribuita una eccentricità accidentale rispetto alla sua posizione quale deriva dal calcolo. Per i soli edifici ed in assenza di più accurate determinazioni l’eccentricità accidentale in ogni direzione non può essere considerata inferiore a 0,05 volte la dimensione dell’edificio misurata perpendicolarmente alla direzione di applicazione dell’azione sismica. Detta eccentricità è assunta costante, per entità e direzione, su tutti gli orizzontamenti.”

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- Approssimazioni e limiti del metodo N2. Il metodo esposto, essendo una procedura semplificata, è necessariamente soggetto a diverse restrizioni. Le due principali fonti di approssimazioni e limitazioni, sono rappresentate soprattutto dall’analisi pushover e dalla determinazione della domanda di spostamento. L’analisi pushover è basata su un’assunzione molto restrittiva, ossia che la forma di spostamento sia indipendente dal tempo. Ciò risulta inaccurato per strutture dove i modi superiori sono significativi e le caratteristiche dinamiche cambiano dopo la formazione del primo meccanismo plastico locale. Una possibilità pratica, per rimediare parzialmente a tale limitazione, sarebbe quella di adottare due differenti forme di spostamento e fare l’inviluppo dei risultati, avvalendosi di una variazione della metodologia detta Modal pushover (Paret et al., 1996; Chopra & Goel, 2002). Un’altra possibilità, molto più complessa e decisamente onerosa, sarebbe quella di usare una procedura in cui la distribuzione di forze laterali cambia ad ogni passo dell’analisi, chiamata Adaptive pushover (Gupta & Kunnath, 2000; Magenes, 2000; Elnashai, 2001; Antoniou et al., 2002). Un’altra fonte di inaccuratezze è la determinazione della domanda di spostamento per il sistema SDOF equivalente; nel caso venga adottato uno spettro anelastico, essa dipende dal periodo iniziale del sistema e dallo spettro. Il periodo elastico del sistema SDOF equivalente non è univocamente determinato, in quanto dipende dall’idealizzazione bilineare della curva pushover, la quale è basata per lo più su giudizio ingegneristico. Inoltre, lo spettro anelastico utilizzato in tale metodo è basato, nel campo dei periodi medio-lunghi, sulla regola di ugual spostamento la quale, in generale, è valida per strutture su siti compatti (Miranda & Bertero, 1994) e con cicli d’isteresi stabili e completi (Vidic et al., 1994; Gupta & Krawlinker, 2000). Tale regola, però, potrebbe fornire spostamenti anelastici troppo piccoli nel caso di sisma in prossimità della faglia (Baez & Miranda, 2000), per cicli d’isteresi con significativo pinching o rilevante deterioramento di rigidezza e resistenza (Rahnama & Krawlinker, 1993). In questi casi particolari, dovrebbero essere usati spettri anelastici modificati con opportuni fattori di correzione (Fajfar, 1992). Nel caso di strutture con periodi piccoli, la sensitività dei valori degli spostamenti anelastici (maggiori di quelli elastici) al variare dei parametri strutturali è più accentuata rispetto al caso dei periodi medio-lunghi. Pertanto, le stime degli spostamenti risultano meno accurate nel campo dei periodi medio-corti; ciò non appare comunque problematico, in quanto le grandezze in gioco risultano piccole e tipicamente non governano il progetto. Nell’eventualità in cui il metodo venga applicato a modelli strutturali tridimensionali, esso non risulta particolarmente appropriato per strutture torsionalmente flessibili. In questo caso, infatti, la struttura non vibra secondo il solo modo fondamentale, ma diversi modi risultano significativi nella risposta complessiva. Il problema può essere parzialmente risolto con un’adeguata scelta di due effettive eccentricità: l’inviluppo dei risultati delle due analisi pushover può dare risultati prossimi a quelli delle analisi dinamiche (Fajfar, 2002). Infine, i metodi semplificati normalmente non considerano l’effetto dell’accumulo del danneggiamento; per tenere in conto questo aspetto è possibile aumentare la domanda sismica (Cosenza & Manfredi, 1992; Chai et al., 1998), ovvero ricorrere a particolari parametri (McCabe & Hall, 1989; Fajfar, 1992). 2.6.4.5 – Analisi non lineare dinamica. Quest ultimo modo di analisi è certamente quello più complesso, ove si va studiare l’effettivo moto della struttura sottoposta ad accelero-grammi costruiti artificialmente (se consentito) o ricavati direttamente da dati sperimentali (opportunamente filtrati). Chiaramente si tratta di una analisi non lineare (a tutti i livelli), ed inoltre si deve dare in pasto al calcolatore molti accelero-grammi, che deve eseguire una integrazione nel tempo, con passi di integrazioni molto piccoli, con una conseguente elevata mole di dati in output. Lo schema dei materiali chiaramente deve

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essere non lineare, e ne devo considerare lo schema isteretico. Infatti l’oscillazione portata dal sisma provoca lo snervamento del materiale, il quale viene ad essere portato in campo plastico, ma essendo l’azione sismica per sua natura di tipo oscillante; il materiale è chiamato alla plasticizazzione nel senso negativo, creando per l’appunto con successivi cicli di carico e scarico, il comportamento isteretico dello stesso. Quindi devo fornire leggi costitutive complete (isteretiche) con tanto di cicli degradanti, ecco la complessità di questo tipo di analisi. L’analisi dinamica non lineare della struttura ha lo scopo di valutare il comportamento dinamico della struttura in campo non lineare, consentendo il confronto tra duttilità richiesta e duttilità disponibile, nonché di verificare l’integrità degli elementi strutturali nei confronti di possibili comportamenti fragili. Quando si effettua questo tipo di analisi occorre utilizzare un’analisi non lineare anche per la valutazione degli effetti dei carichi verticali. Questa analisi deve precedere l’analisi con accelerogrammi e può essere anche di tipo statico-incrementale, facendo crescere tutti i carichi gravitazionali in maniera proporzionale fino al loro valore di progetto. Il confronto tra analisi dinamica non lineare ed analisi modale con spettro di progetto in termini di sollecitazioni globali alla base è finalizzato a verificare che tali differenze siano contenute, a riprova della bontà dell’analisi dinamica non lineare effettuata. Nel caso delle costruzioni con isolamento alla base l’analisi dinamica non lineare è obbligatoria quando il sistema d’isolamento non può essere rappresentato da un modello lineare equivalente, come stabilito nel §7.10.5.2. Gli effetti torsionali sul sistema d’isolamento sono valutati come precisato nel §7.10.5.3.1, adottando valori delle rigidezze equivalenti coerenti con gli spostamenti risultanti dall’analisi. In proposito ci si può riferire a documenti di comprovata validità. 2.7 – Tipologie strutturali. Come abbiamo visto la valutazione del fattore di struttura �P è legato anche alla tipologia strutturale di appartenenza della nostra struttura, le quali possono essere così definite.

1) Strutture a telaio. Nelle quali la resistenza alle azioni sia verticali che orizzontali è affidata principalmente a telai spaziali, aventi resistenza a taglio alla base maggiore o uguale al 65% della resistenza a taglio totale.

2) Strutture a pareti. Nelle quali la resistenza alle azioni sia verticali che orizzontali è affidata principalmente a pareti, singole o accoppiate, aventi resistenza a taglio alla base maggiore o uguale al 65% della resistenza a taglio totale.

3) Strutture miste telaio-pareti. Nelle quali la resistenza alle azioni verticali è affidata prevalentemente ai telai; la resistenza alle azioni orizzontali è affidata in parte ai telai ed in parte alle pareti, singole o accoppiate; se più del 50% dell’azione orizzontale è assorbita dai telai si parla di strutture miste equivalenti a telai, altrimenti si parla di strutture miste equivalenti a pareti.

4) Strutture deformabili torsionalmente. Composte da telai e/o pareti, con ridotta rigidezza torsionale di piano (la cui rigidezza torsionale non soddisfa ad ogni piano la condizione

¦öá � 0,8).

5) Strutture a pendolo inverso. Nelle quali almeno il 50% della massa è nel terzo superiore dell’altezza della costruzione o nelle quali la dissipazione d’energia avviene alla base di un singolo elemento strutturale.

6) Strutture a pareti estese debolmente armate. Una struttura a pareti è da considerarsi come struttura a pareti estese debolmente armate

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se, nella direzione orizzontale d’interesse, essa ha un periodo fondamentale, calcolato nell’ipotesi di assenza di rotazioni alla base, non superiore a Äù, e comprende almeno due pareti con una dimensione orizzontale non inferiore al minimo tra 4,0m ed i 2/3 della loro altezza, che nella situazione sismica portano insieme almeno il 20% del carico gravitazionale; essendo grandi queste pareti, la dissipazione non avviene per la formazione delle cerniere plastiche, ma per un movimento rigido di rotazione (tendono a sollevarsi da una parte), quindi la dissipazione dell’energia sismica avviene per il lavoro positivo/negativo dei carichi gravitazionali, quindi per caduta degli stessi (ho una aumento dell’energia potenziale dei piani, a differenza dei telai dove ho solamente la loro traslazione orizzontale). Il comportamento globale di queste strutture è scarsamente dissipativo, quindi ho dei piccoli fattori di struttura, ed ecco il motivo per cui le pareti possono essere debolmente armate. Qui il fattore di struttura non è dovuto alla capacità di duttilità della struttura, ma al suo comportamento di forma, e la dissipazione è legata ad irraggiamento energetico verso il terreno nella fase terminale di caduta degli elementi di parete (cioè nella loro meccanica d’urto con il terreno), ed è per questo che pretendo di avere come minimo il 20% del carico gravitazionale a disposizione. Se una struttura non è classificata come struttura a pareti estese debolmente armate, tutte le sue pareti devono essere progettate come duttili. Queste sono strutture scatolari, quindi delle strutture tozze.

Sempre in riferimento alla definizione del fattore di struttura �P andiamo a vedere la differenza tra pareti singole e pareti accoppiate.

Se le travi di parete (traversi) non sono più considerate trascurabili, e quindi hanno un comportamento tagliate, con la conseguente nascita di una deformazione ad “S”; la somma dei vari tagli fa nascere degli sforzi normali sulle pareti, e questi per la distanza tra i baricentri delle pareti, portano via una quota parte del momento totale agente. Per affermare se ricado nella categoria delle pareti accoppiate o meno, devo verificare quanto segue: �#c Þ â � 20%éÓ]``U_\�aV�U�++!*�+#��*#� %!"!�&&!�� ��# Questo meccanismo resistente è certamente favorevole, infatti mi permette di ridurre il momento al piede (di difficile gestione), e di sostituirlo con una parte di sforzi normali, più favorevoli per le nostre tipologie strutturali.

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Altra tipologia è quella mista telaio-pareti, a dire il vero questa tipologia costituisce la maggioranza delle strutture esistenti, in questo caso è fondamentale comprendere se può essere considerata equivalente a un telaio, o ad una struttura puramente a pareti.

In questo edificio ad esempio, lungo x-x abbiamo un comportamento a telaio, mentre per le sollecitazioni lungo y-y abbiamo la presenza di due lamine di parete, il tutto può essere rappresentato schematicamente, dove la rigidezza complessiva è data da sette telai assieme a due pareti (con uno schema statico di mensola). Questo schema funziona sempre perché abbiamo l’ipotesi del diaframma di piano rigido, quindi nella direzione y-y “sento” la rigidezza complessiva di sette telai e due setti. La collaborazione tra questi due elementi è favorevole, infatti il telaio ha una deformata lineare con l’altezza (a livello di piano ho delle deformate a “S”) globalmente, quindi ho una deformata di tipo tagliante. Mentre i setti si deformano come una mensola, quindi seguendo un andamento cubico; quindi ho dei meccanismi deformativi diversi, ma sono obbligati a convivere, quindi il setto appare molto più rigido alla base rispetto al telaio, per contro in

sommità la situazione di inverte, quindi le sollecitazioni verranno assorbite maggiormente dal telaio. Ho una migrazione delle forze tra i due sistemi resistenti, ed in sommità ho delle forze che girano dalla parte opposta, tutto questo può essere visualizzato con i seguenti diagrammi qui affianco. Dove vediamo l’aliquota dei momenti assorbiti dai due sistemi strutturali, nell’ipotesi di setti con +� diversi; si osserva che questa interazione si smorza

via via che il setto diventa più tozzo. Infatti per gli elementi strutturali tozzi diviene più importante il comportamento alla Timoscenco (comportamento tagliante), ed ecco che l’interazione diviene meno efficace, infatti le due deformate iniziano ad assomigliarsi, se il setto è tozzo. Ed inoltre si deve prestare attenzione al tipo di fondazione per i setti, infatti al contrario dei telai, essi sono sensibili al tipo di fondazione, allora si deve valutare di mettere delle molle al di sotto del setto, cioè deve fare uno studio di sensibilità delle fondazioni al di sotto del setto. Quindi si deve valutare il grado di cedevolezza delle fondazioni al di sotto del setto.

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Vediamo ora le strutture deformabili torsionalmente (o a nucleo), queste sono delle strutture che tendono a ruotare, per capire se rientro in questa categoria, devo usare la seguente regole; cioè per ogni piano della struttura e per ogni direzione, debba essere verificata questa relazione: [âÓ ] R, I È ZU[]´V\{\aV]ZU[]´V\^\[Ub\]VU

- *� è il rapporto tra la rigidezza torsionale e laterale di piano. - ¿� è il raggio giratore del piano in pianta (è un indice di dispersione geometrica del nostro

fabbricato), dato come radice quadrata del rapporto tra il momento polare d’inerzia del piano, calcolato rispetto al centro di massa, e l’area del piano stesso.

Partendo dal presupposto (principio del minimo energetico), che lo spostamento si svolge nella direzione della minima rigidezza, è del tutto evidente che il precedente rapporto descrive proprio

questo principio. È del tutto evidente che si richiede una elevata rigidezza torsionale, oppure una bassa rigidezza di piano, perché *� ne rappresenta il rapporto, questo al di la di ¿� che non è altro che una caratteristica geometrica. Ma ¿� ci aiuta se l’edificio è compatto, quindi posso avere una rigidezza torsionale più limitata (sempre in rapporto a quella laterale), mentre se ho un fabbricato molto esteso in pianta, devo prestare attenzione, infatti ci dobbiamo ricordare che la rotazione provoca dei gradi spostamenti per gli elementi periferici. Vediamo ora le relazioni che ci permettono di arrivare alla

valutazione di questo rapporto in modo approssimato. m�][T\]Va`U � Ú@� 1 � vÜs � ¬ EÁ\,h`UT,�\ ∙ Ä\,d � Á\,h`UT,Ä ∙ �\,dH m�,h`UT � ��� 1 � ¬ Á\,h`UT,�\

mÄ,h`UT � �Â� 1 � ¬ Á\,h`UT,Ä\

[� � <m�][T\]Va`Um�,h`UT ; [Ä � <m�][T\]Va`UmÄ,h`UT

Raggio giratore del piano:

âÓ � <Ã{]`a[U,{\aV]Õ{\aV] � <Õd � �did

L’espressione semplificata del raggio giratore la si è ottenuta per una sezione di piano rettangolare, con il centro di massa coincidente con il baricentro geometrico. Ed infine abbiamo le strutture a pendolo inverso, nelle quali almeno il 50% è nel terzo superiore dell’altezza della costruzione, o nella quale la dissipazione dell’energia avviene alla base di un singolo elemento strutturale, è del tutto evidente che per queste strutture non abbiamo alcuna duttilità spendibile, quindi devono essere calcolate in completo campo elastico.

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Ora vediamo di approfondire il comportamento delle strutture scatolari e a telaio, nell’ipotesi di analisi elastica lineare. E vedremmo di comprendere alcuni concetti già anticipati in quest ultimo paragrafo, soprattutto riguardo al comportamento dei setti, e al rapporto degli stessi con il resto della struttura. 2.7.1 – Le strutture ricorrenti. Sappiamo che nel realizzare edifici di una certa altezza (oltre i tre piani) a semplice telaio non è opportuno per i seguenti motivi:

1) Difficoltà di realizzare i nodi, soprattutto per quanto concerne la posa dell’armatura. 2) Dimensioni notevoli dei pilastri. 3) Strutture fortemente deformabili, che superata una certa altezza, risulta difficile

mantenere entro limiti di deformabilità accettabili dalla normativa. È possibile raggiungere altezze sensibilmente maggiori rispetto a quelle consentite da semplici strutture intelaiate controventando l’insieme di telai con mensole verticali, che sono, in genere, naturalmente presenti in un edificio per funzioni diverse (es. vani scala, vani ascensore o muri di testata dell’edificio). Ci si trova allora a dover risolvere il problema di come si ripartiscono le azioni orizzontali tra mensole e telai e tra mensole di caratteristiche diverse, come abbiamo già visto. Prima di affrontare tale questione esaminiamo le problematiche della tipologia strutturale, osservando come molti aspetti legati alla progettazione di edifici alti si possono estendere alla progettazione di strutture in zona sismica con limitato numero di piani. Le strutture portanti degli edifici possono essere schematicamente ricondotte a due tipologie fondamentali.

� Strutture scatolari. In questo caso, di cui sono classici esempi le strutture in muratura ed a pannelli, l’ossatura è costituita da elementi verticali continui e vincolati tra loro, collegati a livello dei piani dagli orizzontamenti aventi funzioni di diaframmature. In questo tipo di struttura, qualora la struttura resistente venga ridotta ad una serie di pareti piane di controventamento, il calcolo delle sollecitazioni agenti sulle mensole semplici si può condurre con i procedimenti che illustreremo nel seguito, purché i giunti orizzontali siano tali da assicurare un funzionamento monolitico dell’insieme. In ogni caso bisogna prestare particolare attenzione nel processo di schematizzazione strutturale che porta ad individuare nella struttura una serie di elementi resistenti e a trascurare tutto il resto, occorre porre sempre molta cautela quando si ha a che fare con forze orizzontali considerevoli. Infatti mentre nell’analisi per forze verticali il trascurare alcune parti gioca sempre a favore di sicurezza, nel caso di azioni orizzontali alterare l’effettiva distribuzione delle rigidezze, anche con la semplice eliminazione di elementi non strutturali (o per lo meno considerati tali) può modificare totalmente il comportamento torsionale dell’edificio facendo sì che ci siano notevoli differenze tra le sollecitazioni calcolate e quelle effettivamente presenti. Di conseguenza per quel che riguarda la struttura, conviene adottare una schematizzazione quanto più aderente possibile alla realtà. Per quanto riguarda le parti non strutturali, quali murature di tamponamento o altri pannelli divisori rigidi, l’ideale sarebbe condurre il calcolo nelle due ipotesi limite: considerandoli completamente assenti o ipotizzando che collaborino efficacemente con la struttura; il comportamento reale sarà quindi intermedio (ciò vale chiaramente anche per le strutture a telaio). Per le strutture a pannelli ci si deve ricordare che oltre all’analisi globale si devono verificare singoli componenti, giunti etc., ed essendo questi funzione del sistema costruttivo si rimanda per essi alla lettura di opere specialistiche.

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� Strutture a telaio. In questo caso, gli elementi verticali sono isolati e collegati da travi e solai che costituiscono gli orizzontamenti. Le forze orizzontali vengono riportate dai solai, rigidi nel loro piano, ad una serie di strutture piane verticali idonee ad assorbirle e classificabili in: (a) telai a nodi rigidi; (b) pareti di controventamento (piene, reticolari, a sezione aperta C, chiusa – es. vani scale etc); (c) telai a nodi rigidi combinati con pareti di controventamento. Si tratta di situazioni in cui le pareti hanno una rigidezza confrontabile con quella dei telai; nel caso invece in cui la deformabilità dei telai in rapporto a quella delle mensole sia molto maggiore si ricade nel caso (b). I casi (a) e (c) si presentano comunemente negli edifici di altezza normale (4-5 piani), mentre nelle strutture di edifici alti risulta più conveniente, rispetto all’impiego di strutture tipo Vierendel (cioè telai a maglie rettangolari) a cui affidare l’assorbimento delle forze orizzontali, ricorrere a travi e mensole molto rigide ancorate alle fondazioni. Tali travi e mensole, che nelle costruzioni in acciaio sono costituite da strutture reticolari piane (come i controventi dei capannoni industriali), nelle costruzioni in c.a. possono essere costituite da elementi già inseriti per funzioni diverse (come ad esempio muri di divisione di proprietà diverse, pereti di vani scale e vani ascensore, muri tagliafuoco etc.). La presenza di tali elementi anche in edifici di modesta altezza conduce spesso alla convenienza di adottare anche in questi casi questo tipo di controventi. Si tratta per lo più di pareti di c.a. di spessore piccolo rispetto alle altre dimensioni della sezione orizzontale. In questo caso si lascia ai pilastri snelli il compito di portare soltanto le azioni verticali.

2.7.2 – Analisi di una struttura soggetta a forze orizzontali. Tale analisi si conduce per step, che possono essere così riassunti:

1) Determinazione delle forze da applicare all’intero edificio a livello dei singoli orizzontamenti (cioè non si considerano forze distribuite ma forze concentrate).

Tale approssimazione risulta assolutamente accettabile vista l’aleatorietà di molte variabili in gioco, la presenza di aperture ecc.

2) Ripartizione di tali forze tra i diversi elementi verticali piani di controvento, come abbiamo visto nelle pagine 76-80.

3) Valutazione delle sollecitazioni indotte nei singoli elementi piani resistenti dalle forze precedentemente calcolate.

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4) Verifica di resistenza dopo aver combinato le sollecitazioni calcolate con quelle derivanti dai carichi gravitazionali.

Le forze orizzontali sollecitanti le strutture di controventamento, considerate agenti a livello dei singoli orizzontamenti, possono essere:

- Azioni dovute al vento. - Azioni dovute al sisma. - Azioni derivanti dal fissaggio dei nodi nei telai ad aste solidali.

Per la determinazione delle forze del vento e delle forze sismiche si rimanda a quanto già visto, per quanto riguarda le forze di fissaggio si devono considerare, secondo la teoria del primo ordine, ad esempio le reazioni esercitate dai vincoli ausiliari introdotti nel calcolo dei telai con il metodo del Cross, e secondo la teoria del secondo ordine le forze necessarie per la stabilizzazione dell’equilibrio particolarmente importanti nelle strutture realizzate con unioni a cerniera tra pilastri e travi prefabbricate. Per quanto riguarda la ripartizione delle forze orizzontali tra i singoli elementi resistenti osserviamo innanzitutto che essi possono essere costituiti da telai, lamine, controventi etc. e che tale problema può essere affrontato in modo rigoroso solo considerando il comportamento spaziale dell’edificio, e a tal proposito si rimanda alla trattazione precedente. Perché tutto ciò sia possibile si deve fare riferimento ad una ipotesi fondamentale; disfatti si deve considerare il solaio infinitamente rigido nel suo piano ed in grado di trasmettere le azioni orizzontali ai diversi elementi resistenti, e contemporaneamente deve essere infinitamente flessibile nel piano ortogonale. Per meglio chiarire questo concetto riporto quello che è scritto negli eurocodici a proposito degli impalcati.

- Eurocodice 8 (1.2) – Appendice B.6. Negli edifici gli impalcati giocano un ruolo molto importante nel comportamento sismico complessivo della struttura. Infatti essi si comportano come membrature orizzontali che non solo riuniscono e trasmettono le forze di inerzia ai sistemi strutturali verticali, ma assicurano anche che detti sistemi partecipino tutti insieme nel contrastare l'azione orizzontale. In conseguenza di ciò gli impalcati rappresentano una parte essenziale della struttura dell'edificio e naturalmente la loro azione membranale assume una particolare importanza in edifici caratterizzati da uno sviluppo verticale complesso e non uniforme oppure quando si utilizzino insieme sistemi strutturali caratterizzati da una diversa deformabilità orizzontale [come per esempio i sistemi misti pareti-telai (dual systems). È perciò della maggior importanza che gli impalcati abbiano un'adeguata rigidezza e resistenza in pianta e siano collegati in maniera efficace agli elementi strutturali verticali. A tal proposito si deve prestare una particolare attenzione alle configurazioni non compatte o molto sviluppate in pianta ed ai casi in cui esistano grosse aperture, specialmente se queste ultime sono poste in prossimità dei principali elementi strutturali verticali impedendo così un'efficiente connessione. - Eurocodice 8 (1.3) – Punto 2.12. Gli impalcati devono essere caratterizzati da una sufficiente rigidezza nel loro piano in modo da consentire una distribuzione delle forze orizzontali agli elementi verticali in accordo con le ipotesi di progetto (moto rigido degli impalcati), particolarmente nel caso di importanti variazioni nella rigidezza di un elemento verticale nel passaggio da sotto a sopra l'impalcato. La condizione di corpo rigido può essere considerata valida se la deviazione nel piano di tutti i punti dell'impalcato rispetto al moto secondo tale condizione risulta essere minore al 5% dei rispettivi spostamenti assoluti dovuti all'azione sismica di progetto.

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Il progetto in zona sismica deve occuparsi della verifica degli impalcati di calcestruzzo armato nei seguenti casi, relativamente a strutture appartenenti alle classi di duttilità CD"A" e CD"B". 1) Geometrie irregolari o forme in pianta con divisioni, arretramenti e rientranze.

2) Aperture ampie ed irregolari nelle solette.

3) Distribuzione irregolare delle masse e/o delle rigidezze (come per esempio nel caso di arretramenti o sporgenze).

4) Basamenti con pareti disposte solamente lungo parte del perimetro o solo in parte dell'area del piano terra.

Nel caso di sistemi strutturali a nucleo o a pannelli, appartenenti alle classi di duttilità CD"A" e CD"B", è richiesta anche la verifica della capacità da parte degli impalcati di trasferire le azioni orizzontali al nucleo o ai pannelli. A tal proposito valgono le seguenti disposizioni. 1) Il valore degli sforzi di taglio di progetto all'interfaccia tra gli impalcati ed il nucleo o pannelli deve

essere limitato entro il valore 6ºrv, quale misura nei confronti della fessurazione. 2) Deve essere garantita un'adeguata resistenza nei confronti della rottura per scorrimento a taglio,

trascurando ogni contributo da parte del calcestruzzo (ä¥v � 0). Deve essere predisposta un'armatura addizionale per contribuire alla resistenza a taglio delle interfacce tra gli impalcati ed i nuclei o i pannelli. Per le lunghezze di ancoraggio fa fede quanto scritto al punto 2.6 (EC8 – 1.3).

In questo modo il solaio nel piano ha tre gradi di libertà e ci si riduce quindi a scrivere tre equazioni di equilibrio per piano. In particolare, rispetto ad un sistema di riferimento x-y complanare al piano del solaio, per effetto delle forze orizzontali �t agenti, il solaio al piano i-esimo subirà in generale una rototraslazione, caratterizzata da uno spostamento � lungo la direzione �, uno spostamento � lungo la direzione  e una rotazione θ attorno a z. Per l’ipotesi di corpo rigido, noti lo spostamento di un punto e la rotazione rispetto ad un asse si possono determinare direttamente gli spostamenti subiti da

tutti i punti del solaio e in particolar modo quelli subiti dagli elementi resistenti. Con riferimento alla figura seguente, dato un punto Px}, y} rispetto al sistema di riferimento assegnato, risulta immediato determinarne le coordinate dopo il moto rigido del solaio: È�! � � � �!&!%@ � Â!%#"@ÂM! � � � �!%#"@ � Â!&!%@ In altri termini il solaio si può pensare come un corpo rigido vincolato da tante molle quanti sono gli elementi resistenti che reagiscono opponendosi agli spostamenti e alla rotazione del corpo rigido stesso.

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Per ogni piano si possono quindi scrivere tre equazioni di equilibrio: due alla traslazione ed una alla rotazione. Prima di illustrare i vari metodi per ripartire le sollecitazioni tra i vari elementi resistenti, argomento già in parte visto nell’analisi lineare, è bene richiamare alcuni concetti preliminari, per chiarire alcuni aspetti che rivestono notevole importanza. 2.7.2.1 – Struttura a telaio. Si hanno comportamenti molto diversi tra edificio ed edificio essendo molto varia la tipologia di questo tipo di strutture. Un primo elemento indicativo del comportamento del singolo telaio è dato dal rapporto di rigidezza tra travi e pilastri. A questo proposito possiamo distingue tre condizioni operative.

1) Pilastri molto più rigidi delle travi; in questo caso i momenti dovuti a forze orizzontali è quello tipico della “mensola”.

�Út � Ú­ät � ä­åt � å­ 7 �!�# QÚ�yA � 2Útä�yA � 2ätÛ�yA � 2åt

2) Travi infinitamente rigide rispetto ai pilastri (telai a

taglio – “shear type”).

8:; Út � Ú­ät � ä­åt � Û2 � ∆å; å­ � Û2 � ∆å67

8 �!�#89:9; Út � ∑�t�t2Ú�yA � 2Út � ∆å+ä�yA � 2ät∆å � åt � å­2

Dove + è la luce della trave.

3) Caso intermedio tra i due casi limite, questo è certamente il caso più vicino ai casi reali, il cui comportamento sarà intermedio a quelli limite, definiti poco fa.

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Si noti come nel caso (a) si venga ad avere un notevole sforzo flessionale, mentre negli altri due casi ho un incremento di sforzo normale da una parte del telaio, e un corrispettivo decremento dall’altra. Con riferimento alla duttilità strutturale, possono quindi essere più limitanti gli ultimi due casi. Si osserva infine come, nella realtà, la presenza di muri di tamponamento, ai quali non si affida alcuna capacità portante, venga a modificare notevolmente il comportamento dei telai introducendo due diversi meccanismi resistenti prima della rottura e dopo la rottura del tamponamento stesso, modificando completamente la ripartizione delle forze. Prima di procedere oltre vediamo di richiamare alcuni concetti fondamentali; infatti come abbiamo ribadito, possiamo ripartire le forze orizzontali in modo proporzionale alle rigidezze dei vari elementi atti a sopportarli, e questo è possibile perché tutte le deformate sono considerate della

stessa natura. Ma allora è bene richiamare la sostanziale differenza che intercorre tra una trave a comportamento Euleriano, ed una alla Timoshenko. La trave Euleriana è definita dal suo asse, che non è asse baricentrico, ma è passante per il centro di taglio della sua sezione. Nella meccanica della trave Euleriana ho che ogni sezione rimane ortogonale all’asse, e ogni elemento ruota rigidamente, quindi quello che ottengo è uno stato di tensione biassiale (piano). Ed il taglio si ricava da una

relazione di equilibrio di un concio di trave, dove la variazione del momento mi fornisce il taglio. � � ����

Ed inoltre il taglio Ä� da luogo ad una distribuzione di º, che in una trave a doppio T assume l’andamento qui affianco visualizzato. Tutto questo se la distribuzione delle æ è di tipo lineare. Quindi il taglio si determina con semplici relazioni di equilibrio, dato che la trave Euleriana è infinitamente rigida a taglio. Ho sia le ç che le æ lineari lungo la sezione, se sono in campo lineare, e questo vale sia per l’acciaio che per il calcestruzzo, anche se ci sono delle differenze, infatti per il cls non mi posso riferire alla sezione. Se invece si va in campo plastico, si ottiene un diverso comportamento; anche in questo caso le º nascono da semplici relazioni d’equilibrio, ma non vale più la relazione di Jourawski, e ad ogni modo esse presentano un andamento di questo tipo (con un funzione di variazione avente un ordine di grandezza superiore a quella delle æ).

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Quindi se le æsono costanti le º saranno lineari, ecco il perché nel calcestruzzo armato è meglio lavorare con lo “Stress Block”, per evitare di avere º con un andamento del terzo ordine. Quindi le º nascono da semplici relazioni di equilibrio ed in modo indipendente dal parametro deformativo associato ¡. Vediamo ora di ricavare alcune importanti relazioni: ~�*����*� → è = �U�� � � ��_��� � 1� �!��� !"# → U = �_�� Dall’ipotesi fondamentale della meccanica, e cioè dall’analisi della flessione ho che: �U � Ú�Ü �� ��������� è � 1� � Ú�Ü Considerando una trave Euleriana, quindi infinitamente rigida a taglio, ho per definizione quanto segue: ��Ú��� � �Ä�� � 0 Usando la definizione della curvatura ho che: Ú = �Ü ������ Ð�¦t}w�������Ú��� � éà ^H|^�H � R Quello che si appena ottenuto è l’equazione differenziale della linea elastica flettente di una trave puramente inflessa, in assenza di carico distribuito �; ovviamente l’equazione della linea elastica

sarà del terzo ordine. Ad esempio nel portale qui affianco, la condizione limite si verifica se la rigidezza flessionale delle colonne è ampiamente maggiore di quella delle travi; ed in linea di principio la forza orizzontale � si ripartisce tra i vari elementi verticali in modo proporzionale alla rigidezza degli stessi, sempre nell’ipotesi che le aste siano caratterizzate dalla medesima deformata “a mensola” di tipo

cubico (deformata di tipo flessionale). Vediamo ora il caso nel quale il traverso risulti infinitamente rigido, anche in questo frangente la forza sollecitante � si ripartisce in ragione della rigidezza delle colonne. Per determinare i momenti alle estremità delle stesse, posso usare il modello statico equivalente, ove al posto del nodo inserisco un vincolo pendolare. Come sappiamo il taglio è dovuto al momento, e il tutto si riduce a delle semplici relazioni di equilibrio. Ú� � �2 � � �+4 → Ä� = �Ú��� = �2 Se facciamo una analisi globale della nostra struttura si nota

che il momento interno è pari a ·q� , mentre quello esterno è �+,

quindi nelle colonne ho la comparsa di uno sforzo normale: ÚÒ � 0 → �+ � 2 �+4 � å+1 � 0 → å � �+2+1 Siamo nel campo dei piccoli spostamenti quindi linearizzare la deformata è lecito, a questo proposito definisco con ¡ l’angolo al piede.

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Quindi sempre in termini infinitesimi posso affermare che : ¡ � ����º � v¡� → º � v ���� Ma posso anche scrivere che: º � ÄF∗ � èÄF Eè � 1,2�#*%#� !" ��!�� !ÄH In questo caso le º non sono più determinate con la classica relazione di Jourawski, ma vengono definite da una relazione di equilibrio, cioè da una relazione di natura energetica, in questo caso le º rappresentano una tensione media. Mentre è rappresenta il fattore di taglio che rende le tensioni º energeticamente equivalenti ad un ¡ costante medio. Ora posso esplicitare il taglio: èÄF � v ���� ùtwè��� Ä � Fè v ���� In assenza di carico distribuito posso scrivere quanto segue: �Ä�� � Õê ^d|^�d � R

Questa è l’equazione della linea elastica tagliante, che governa la trave di Timoshenko, ora la rigidezza flessionale è infinita, mentre quella tagliante è finita. Al contrario della trave flessionale, dove ho una deformata cubica, qui abbiamo una deformata di tipo lineare, ed inoltre in questo caso perdo l’ortogonalità delle sezioni con l’asse della trave. µUh][�a�ah`UTT\]Va`U → éà ^H|^�H � R → �è � 1� ≠ 0; ¡ � 0  � E®#�!*����&�/ &�H

µUh][�a�a�a´`\aV�U → Õê ^d|^�d � R → �è � 1� � 0; ¡ ≠ 0  �E®#�!*����+ "#�*#H Nella realtà avremmo delle travi a comportamento misto, ove abbiamo una dualità del suo comportamento, descritta dalla seguente equazione differenziale: ��Ü �à���à � Fvè ������ � 0 Questa equazione differenziale non presenta più una soluzione esatta che nei programmi di calcolo strutturale è definita dall’elemento beem (dove la rigidezza tagliante è considerata infinita, cioè ¡ � 0). Questa equazione governa il comportamento ad esempio delle aste clastrellate, il cui particolare comportamento è evidente nella loro instabilità d’equilibrio, dove il carico critico Ûùr è il Û§�q�¦toxw diminuito dal contributo dovuto al taglio (vedi pagina 70 della dispensa “Acciaio e

Calcestruzzo Armato”). Se accoppio dei sistemi di controventamento che hanno un comportamento deformazionale diverso, non posso più dividere le sollecitazioni competenti ad ogni elemento in ragione delle singole rigidezze, ma devo applicare dei principi di congruenza. Ed inoltre osservo che c’è una migrazione interna delle sollecitazioni orizzontali, ritegno per ritegno, quindi quello che si viene a creare è uno stato di coazione interna. Nel semplice esempio in figura si osservi come in prossimità del suolo, le forze orizzontali

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vengono portate solamente dalle mensole, che spesso giungono a plasticizzazione, mentre nella parte alta dell’edificio la mensola viene aiutata dalle lamine a comportamento tagliante. Quindi per gli edifici esistenti spesso si pone il problema dell’adeguamento alle norme antincendio; quindi per tutte le scale di sicurezza esterne e bene che queste siano incernierate alla base, in modo da evitare uno trasferimento di sforzi sfavorevole alle mensole nella parte inferiore dell’edifico. Ma è altresì vero che il blocco delle scale antincendio, che hanno un comportamento tagliante, mi aiuta

l’edificio nella sua parte di sommità. Vediamo ora la differenza tra parametri di sollecitazione esterni e i parametri di sollecitazione interni. Ad esempio per una struttura isostatica in appoggio semplice, ho come parametro di sollecitazione esterna il momento M e il taglio T. Ora vediamo come è fatta questa mia trave, e come risponde alle sollecitazione indotte dall’esterno; ed essa risponde con i parametri di sollecitazione interni. Se ho a che fare con una trave Euleriana, questa risponde con il momento plastico e il taglio resistente (con tutte le dovute differenze tra acciaio e calcestruzzo). Se invece di una trave ho una struttura reticolare, i parametri di sollecitazione interni sono gli sforzi normali (quelli

orizzontali mi danno l’equilibrio nei confronti del momento sollecitante esterno, mentre quelli verticali assorbono il taglio). Mentre se ho una trave tagliante, cioè infinitamente rigida flessionalmente (¡ ≠0#è � 0), si osserva che le sezioni rimangono comunque piane perché ho solamente le º e non le æ, ed il parametro di sollecitazione interna Är§� è dato dalla seguente: Är§� � F∗ºoLL

Ci si potrebbe chiedere chi equilibra il momento, ma in questo caso si potrebbe pensare alla trave composta da conci flessionalmente infinitamente rigidi; quindi è come se avessi delle forze applicate a dei “bracci rigidi”. Il momento lo si trova con delle semplici relazioni di equilibrio, questo

concetto rende notevole la differenza tra una deformata tagliate e una deformata flessionale. Nella deformata flessionale ho una risposta data dai momenti interni e il taglio conseguente derivate dall’equilibrio. Nella deformata tagliante ho un risposta data dal taglio interno e il momento derivante dall’equilibrio. A questo proposito è bene riprendere il caso del telaio con traverso

rigido, rispetto a quello con trave flessibile, nascono degli sforzi normali all’interno delle aste. E come sappiamo la presenza degli sforzi normali si mangia una parte della rotazione ultima, e potrebbe introdurre dei problemi di instabilità di equilibrio. Quindi il telaio con traverso rigido è più efficace nei confronti dei sismi.

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Vediamo ora di ragionare su di una sezione soggetta ad azione torcente ÚA, come sappiamo le sezioni chiuse offrono una risposta alla torsione completamente diversa da quelle aperte. Ed in particolare le sezioni chiuse forniscono una risposta prestazionale superiore, dato che il braccio ¾ è confrontabile con la dimensione della sezione medesima. ¯"$#"#*�+#�#*+#%#� !" ��#*�#%!�� + → º � ÚAÜA, /�!�#ÜA, � 13 ¬ �t�tôt

Û#*+#%#� !" %!�� + &� �%#, �!+�*#+�� !"#� G*#�� → º � ÚAÜA, � ÚA2Ω� Ora operando nell’ipotesi del De Saint Venant, l’equazione della linea elastica assume la seguente formulazione: �@�� � ÚAvÜA, ùtwè���ÚA � vÜA, �@�� Se non ho nessuna azione torcente distribuita lungo il contorno, posso affermare quanto segue: �ÚA��� � 0 m�txvt����� ´Ã�, ^dë^bd = R→ Õ||\�a�UV�]�][T\]Va`U`\VUa[U{U[�][T\]VUa``aµUÓa\V�ÔUVaV� Come possiamo osservare la deformata è di tipo lineare nell’ipotesi del D.S.V.; questo perché in ogni sezione considerata ho la stessa distribuzione delle tensioni e deformazioni conseguenti, e pertanto indipendenti dalla posizione � lungo l’asta, certamente questo vale solamente per le sezioni compatte e non disperse. Mentre le sezioni a doppio T possono essere viste come un insieme di lamiere incastrate a vicenda, e quindi ho la torsione ad ingobbamento impedito (torsione non uniforme). In queste sezioni viene ad essere impedito lo scorrimento longitudinale delle fibre, dovuto alla presenza di questi “incastri interni”. In linea di principio essa sarebbe una sezione sottile aperta sottoposta ad un momento torcente ÚA costituito da una coppia avente un braccio simile allo spessore della sezione, ma in realtà essa si comporta come se fosse costituita da due mensole incastrate. La linea elastica torsionale generata da una torsione non uniforme è di classe cubica, ed è fornita dalla seguente: éÃSS ^Hë^bH = R → Õ||\�a�UV�]�][T\]Va`U_g�\_]{U[�][T\]VUV]VgV\h][�U Dove Ü�� è il momento d’inerzia dei momenti statici delle aree settoriali, esso è nullo se tutte le

lamine che costituiscono la sezione convergono in un punto, in questo particolare caso sono in torsione uniforme anche per le sezioni disperse. Ora se avessi un telaio composto da diverse lamine con un diverso comportamento torsionale (alcune subiscono un avvitamento torsionale lineare, mentre altre cubico) e queste sono collegate in modo solidale con un unico diaframma, ho la nascita di uno stato di coazione interna, evenienza per quanto possibile da evitare. Ad ogni modo in

queste condizioni non posso più dividere il problema piano per piano, e quindi devo fare una trattazione continua del mio corpo tridimensionale, e non posso utilizzare le relazioni semplificate. Se ho una lamina di calcestruzzo posso avere un comportamento puramente tagliante o puramente flessionale, in funzione del suo rapporto geometrico. �ℎ < 2 → ~!��!*���#"�!�#*�#����#"�#��$+ �"�#

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�� ] 2 → ~!��!*���#"�!�#*�#����#"�#�+#%% !"�+# Questa semplice regola può essere utile per definire lo schema statico di una parete con delle aperture, infatti in ragione della dimensione dei traversi, posso pensare ad una parete a comportamento di tipo

“beam”, oppure in alternativa, avrò a che fare con una parete “shear type”, dove i traversi sono flessionalmente infinitamente rigidi. La presenza delle lamine taglianti non mi permette più di ripartire gli sforzi in ragione delle loro rigidezze, ma anzi ho la nascita di stati di coazione,

con trasferimenti di forze lungo i ritegni. Come si è visto questi stati di coazione provocano una diminuzione della resistenza disponibile, soprattutto in presenza di strutture di acciaio, dove ho maggiori problemi di instabilità di equilibrio e di deformazioni progressive (questa è una instabilità progressiva che non dipende direttamente dai carichi, ma si formano per le dilatazioni termiche), o fenomeni di fragilità locale (saldature ed irrigidimenti). Si deve anche affermare che il dimensionamento delle strutture di acciaio è viziato da un peccato originale, peraltro avvallato dalla stessa normativa; difatti l’acciaio è un materiale molto resistente, ma lo è ancora di più in rapporto al suo peso specifico, se raffrontato con quello del calcestruzzo. Prendiamo ad esempio una stessa copertura realizzata in due modi diversi. ~!�#*��*� "�&& � ! → �. �. = 50 �$��

~!�#*��*� "&. �. → �. �. = 500 − 600 �$�� ~!�#*��*� "�*#&!��*#%%! → �. �. = 300 � 400 �$�� Facciamo una ipotetica analisi dei carichi agli S.L.U. (carico neve ÃK � 100 Í�L�): ~!�#*��*� "�&& � ! → 50¡ì + 100¡m = 225 �$�� &!"¡ì � ¡m = 1,5

~!�#*��*� "&. �. → 500¡ì + 100¡m = 900 �$�� ~!�#*��*� "�*#&!��*#%%! → 300¡ì + 100¡m = 600 �$�� Ora potrei pensare che la mia struttura possa venire usata, ad esempio potrei pensare di avere un

sovraccarico di esercizio di 50 Í�L� (il classico caso delle luci e dell’impiantistica), come si osserva, in percentuale, la copertura di acciai ha un margine operativo inferiore, eppure le regole progettuali usate sono le stesse. Ed inoltre la deformabilità dell’acciaio non è certo la stessa del calcestruzzo, e questo fattore potrebbe essere importante per una copertura. Quindi per l’acciaio nella pratica progettuale, conviene assumere un ¡ì pari a 2,5. Lasciando per un momento queste divagazione, seppur importanti, è bene riassumere il diverso andamento delle deformate in funzione alla tipologia di carico applicato, e alla natura della deformata. Difatti alla prima riga abbiamo il classico comportamento di una deformata flessionale, mentre al secondo rigo troviamo la serie di deformate taglianti.

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2.7.2.2 – Sistema mensola-telaio.

Si considera un telaio con le travate collegate mediante bielle indeformabili ad una mensola di irrigidimento. Questo sistema può essere ricondotto al caso di due mensole in parallelo, una con deformata tagliante una con deformata flessionale. Se il telaio ha le travi molto più rigide dei pilastri si può ricavare la rigidezza tagliante equivalente. Vediamo come si procede. Ritenendo le travi infinitamente rigide, il taglio ä in corrispondenza di un piano di altezza �, induce uno spostamento relativo tra la travata superiore e

quella inferiore uguale a: ¾ � ä�ô12� ∑ Ütt

Dove ∑ Ütt è la somma dei momenti d’inerzia delle sezioni dei pilastri dello stesso piano. Si può quindi definire uno scorrimento che vale: ¡ � ¾� � ä��12� ∑ Ütt

Se si pensa di sostituire al telaio una mensola fittizia caratterizzata da una deformata tagliante, ricordando che lo scorrimento è dato dalla seguente relazione, vista nella teoria del taglio: ¡ � ävF′ = äèvF Da questo possiamo ricavare facilmente la rigidezza tagliente equivalente in corrispondenza del piano preso in esame, come: ¡ = ä»A �!�#»A = vFè = 12� ∑ Ütt��

Se la sezione dei piedritti si mantiene invariata in corrispondenza di tutti i piani, la mensola fittizia ha la rigidezza vF′ costante che indichiamo semplicemente con »A. Considerato che le lamine (flessionale e tagliante) funzionano in parallelo, esse sono caratterizzate dallo stesso spostamento �, l’equazione della linea elastica allora si può scrivere: éÃi ^H|^bH � idé ∑ Ã\\¶d ^d|^bd � f

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2.7.2.3 – Caso di controventi costituiti da travature reticolari. Anche quando si utilizzano controventi di tipo reticolare è possibile assimilare il loro comportamento a quello di una mensola con rigidezza flessionale e tagliante. Si consideri ad esempio il caso di una trave reticolare con croci di S. Andrea e nodi incernierati, e si assumano le aste di sezione costante per l’intera altezza.

Vediamo di partire dalla rigidezza flessionale, considerata una sola diagonale tesa sottoposta alle azioni flettenti e taglianti, si ha: å � Ú+ Detto ∆� lo spostamento assiale della colonna, la rotazione ∆U può scriversi come: ∆U � ∆�+ 2� � 2+ å��Fù � 2 Ú��Fù+� Ricordando che per una trave semplicemente inflessa si ha ∆U � %�§í , si perviene alla seguente relazione di equivalenza: Ú��Ü � 2 Ú��Fù+� ���������Ãéf. � Õ�`dd

Per cui la trave reticolare è equivalente ad una trave con momento d’inerzia pari a quello di una sezione costituita da due aree concentrate Fù pari alle aree delle sezioni dei piedritti. Vediamo ora che cosa fare per la rigidezza tagliante; indicando con lx, Ax e Sx rispettivamente la lunghezza, l’area e la sollecitazione assiale dell’asta diagonale, l’allungamento di tale asta sarà pari a:

∆+v � �v+v�Fv§nn�xvwc��O Ñ¥wn@q�O q¥wn@ oqqw¦o�������������������� ä+�Fv cos� =

Indicando con ∆� la componente orizzontale di ∆+v ho che ∆� � ∆q�¥wn@, e quindi posso definire uno scorrimento: ¡ � ∆�� � ∆+v�&!%= � ä+��Fv cosô = Ricordando che per una trave a comportamento taglianete ho che ¡ � ÑìÒ,, per cui: ävF′ = ä+��Fv cosô = ��������� ´Õ, � ¶éÕ^ WXYL �` � ¹�éf. Siamo giunti a determinare la rigidezza tagliante equivalente ¹�éf. . Si può ricavare facilmente l’equazione della linea elastica, che si riconduce a quella della mensola con rigidezza tagliante e flessionale coesistenti: é Õ�`dd ^H|^�H � ¶éÕ^ WXYL �` ^d|^�d � f

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2.7.2.4 – Tamponamenti in muratura. Questa situazione si riconduce al caso precedente, assumendo per l’asta diagonale una larghezza /. / � +�2√+� � �� Si osserva infine come nel caso di un telaio qualsiasi si può calcolare la rigidezza equivalente utilizzando un programma di calcolo.

2.7.3 – Calcolo dei parametri di sollecitazione nelle mensole controventanti. Le mensole controventanti in un edificio sono quasi sempre costituite da mensole vere e proprie e da telai, mensole con fori ecc..

Consideriamo ancora il caso di una mensola avente rigidezza flessionale prevalente associata ad un telaio i cui traversi possono essere considerati infinitamente rigidi. Come abbiamo visto in precedenza, per la mensola vale la seguente equazione differenziale del quarto ordine: �Ü �à���à � �1

Mentre per il telaio introducendo la rigidezza tagliante equivalente: »A � vFè � 12� ∑ Ütt��

Assunto come parametro geometrico G � 1�∑ íÏÏ�� , come sappiamo vale la seguente equazione differenziale del secondo ordine: �G ������ � ���

Se le due strutture sono collegate in modo continuo in modo da avere le stesse deformate, e quindi uguaglianza degli spostamenti, si è quindi nel caso di due mensole in parallelo, per cui il carico esterno q, è dato dalla somma del carico sostenuto dall’una q1 più quello sostenuto dall’altra q�. Per il sistema, nel suo complesso, vale allora: EJ dàvdzà � E 12 ∑ J��h� d�vdz� � q Ë�)è��� EJdàvdzà � EB d�vdz� � q

Questa è una equazione differenziale lineare a coefficienti costanti, che va integrata con le seguenti condizioni al contorno.

1) Nella sezione di base, per x � 0, ho lo

spostamento nullo v � 0 e la rotazione nulla xðxñ � 0.

2) Nella sezione di sommità, per x � H, ho il

momento flettente nullo �M � �EJ x�ðxñ Ë�)è���x�ðxñ� � 0�; ed il taglio complessivo nullo �xØxñ ��q bòó�:x������� T �� ¸ qdz � �EJ xgðxñg � EB xðxñ � 0�. L’ultima condizione significa che in generale in sommità gli sforzi di taglio non sono nulli, ma sono uguali e contrari. Affermando che alla base la rotazione è nulla, significa che il taglio alla base dei

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telai è nullo, per cui la forza orizzontale viene trasmessa alla fondazione soltanto dalla lamina flessionale. Nel caso considerato il collegamento tra mensola e telaio è schematizzabile con delle bielle, perché c’è solamente trasmissione di sforzo, e non di taglio e momento. Se si vuole considerare anche la deformabilità a taglio della lamina, si devono introdurre tre sistemi elastici: un sistema che rappresenta la deformabilità tagliente del telaio, uno che rappresenta la deformabilità flessionale della lamina, ed uno che rappresenta la deformabilità tagliante della lamina. A tale proposito, per quanto riguarda la lamina si può osservare che l’effetto della deformabilità tagliante rispetto a quella flessionale risulta trascurabile fino a

rapporti tra lo spostamento dovuto al taglio e quello dovuto a flessione xÛxô dell’ordine di 0,1. Nella

figura seguente è rappresentata, per una condizione tipica di carico, l’entità della deformata

tagliante rispetto a quella flessionale, espressa come rapporto xÛxô, al variare del rapporto

d.

Tralasciando la trattazione analitica rigorosa del nostro problema, vediamo di recuperare alcuni concetti che poi ci serviranno per i calcoli. Ed in particolare introduciamo due grandezze che governano il nostro problema:

89:9;a � < Ã� �i � êé�´Õ  

{ � f � êÕéÃ^df^bd

Dove � ha le dimensioni di una lunghezza, e nel caso in cui non si consideri la deformabilità

tagliante della mensola risulta essere a � J Ã�. Mentre se il carico � è uniforme o varia con legge

lineare (come usualmente accade) si ha v�¨vu� � 0, e quindi { � f. Detto questo, l’equazione

differenziale che governa il nostro problema è la seguente, nel caso di rigidezze costanti: �à���à � 1�� ������ � �

La cui soluzione è del tipo: � � �P � �~1#uo � ~�#�uo � ~ô� � ~à�

Dove �P è l’integrale particolare e l’espressione tra parentesi è la soluzione dell’omogena associata. Le costanti ~t devono essere determinate con le condizioni al contorno. A questo punto è bene introdurre un coefficiente > che sia in grado di dare una indicazione su quale dei due sistemi assorbe più carico, in questo caso definendo con â l’altezza della struttura si può affermare che: Â � a· → È Â ] i → �]�{][�a�UV�]a�U`a\]Â < iR → �]�{][�a�UV�]h`UTT\]Va`U

Prima di fornire delle espressioni per > si considera il caso di lamine con aperture.

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2.7.3.1 – Pareti di controventamento con aperture di grandi dimensioni. In questo caso la rigidezza flessionale dei traversi che separano i fori è notevolmente inferiore alla rigidezza flessionale delle due porzioni di mensola che essi collegano, così da poter essere trascurata. I traversi possono allora essere assimilati a dei distanziatori rigidi (bielle indeformabili) fra le due porzioni di mensola che si comportano quindi come pareti indipendenti soggette a spostamenti uguali.

Lo schema di calcolo che si assume in questo caso è quello di due mensole in parallelo che si portano un carico direttamente proporzionale alla propria rigidezza. Indicati dunque con Ü1 e Ü� i momenti d’inerzia delle singole mensole, e detto � il carico agente sulle pareti, si che il carico che essere portano singolarmente risulta pari a:

8:;�1 � Ü1Ü1 � Ü� �

�� � Ü�Ü1 � Ü� �

Se si osserva infine la reale deformata della struttura, si nota come i traversi, che in realtà non sono incernierati alle mensole ma incastrati ad esse, sono soggetti ad uno stato deformativo e tensionale che aumenta all’aumentare del livello della parete a cui si trovano. In particolare il traverso superiore risulta il più sollecitato, perché soggetto a spostamenti relativi maggiori. 2.7.3.2 – Pareti di controventamento con aperture di piccole dimensioni. In questo caso i fori sono così piccoli rispetto alla dimensione della parete da poter ritenere che non provochino apprezzabili alterazioni dello stato deformativo e tensionale che avrebbe la medesima parete in loro assenza. Lo schema di calcolo che si assume in questo caso è di un’unica mensola senza aperture. Per determinare le sollecitazioni sul traverso, in modo approssimato, si ricorre alla teoria delle travi. In particolare lo sforzo di taglio Võ nei traversi è dato dall’integrale delle τ agenti su una sezione verticale in corrispondenza della sezione BB lungo l’altezza di un piano, in altri termini considerata la sezione orizzontale AA e indicato con ä il taglio nella parete in corrispondenza della sezione stessa, con / lo spessore della parete, con � l’altezza si ha che lo sforzo di taglio äsè dato da: äs � º/� I corrispondenti momenti flettenti sono assunti variabili linearmente lungo i traversi con valore nullo in mezzeria. Il traverso più sollecitato è quindi il traverso alla base in corrispondenza del quale il taglio sulla parete è massimo.

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Questa è una situazione intermedia tra i casi limite fin qui presentati. In questo caso i traversi vengono considerati come travi dotate di rigidezza flessionale; si può adottare uno schema statico in cui i traversi sono considerati come una cortina di collegamento continua, immaginando di ripartire uniformemente la loro rigidezza lungo tutta l’altezza della mensola. Il calcolo si può impostare uguagliando le deformate delle due parti della mensola soggette alla rispettiva aliquota delle forze orizzontali, e alle distribuzioni di momenti e tagli loro applicate dai traversi dovuti all’inclinazione della deformata dei loro assi e al conseguente slivellamento ¾ dei punti corrispondenti indicato schematicamente per un traverso nella figura seguente:

Ci si può ricondurre a scrivere un’equazione differenziale del quarto ordine a coefficienti costanti: �Ü1 �à���à � �Ü� �à���à � �Ü�¨ �à���à � �

In cui compare �Ü�¨ la rigidezza della lamina equivalente a cui si possono ricondurre i traversi. Diventa utile in questo caso definire un parametro adimensionale > che nel caso di accoppiamento lamina-telaio era stato assunto come > � od. Vediamo

quale valore assume > in alcuni casi significativi.

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Prima di procedere indichiamo con h l’altezza d’interpiano e con J× la rigidezza del traverso e ricordiamo che, con riferimento alla figura precedente, nel traverso il taglio è legato allo

spostamento relativo δ dalla relazione T � 1�÷Û×g δ. Si prenda in considerazione i seguenti due casi:

- Parete con una sola apertura.

> � â<Å ¿�Ü1 � Ü� � 1F1 � 1F�Æ 12ÜA��ô

- Parete con due aperture (con la condizione che le due lamine laterali siano uguali).

> � â<Å 2¿�2Ü1 � Ü� � 1F1Æ 12ÜA��ô

Nella seguente tabella si riassumono i casi che si possono presentare, richiamando anche la situazione di accoppiamento lamina-telaio per la quale il parametro > era stato definito come:

> � �â � 1â < Ü»A �1 � è�»AvF  

Come possiamo osservare la relazione è formalmente la stessa a quella precedente, espressa per l’accoppiamento telaio-lamine; per evitare confusione è bene richiamare i valori tipici di > in riferimento alle due diverse situazioni.

> ] 1 →cÛ�*#� → ÈÛ�*#� &!"$*�"� ��#*��*#; +&!��!*���#"�!è��#++!�#++#+�� "# "� �#"�#"� !�# +�*��#*%!� ù%!++#& ���!è��#++!%��# !*#.F&&!�� ��#"�!+�� "� � �#+� ! → N¯"��#%�!&�%!�!&�#+,�� !"#!* ��!"��+#è�%%!*/ ����+�#+� !.

> < 10 →cÛ�*#� → È Û�*#� &!"� &&!+#��#*��*#; +&!��!*���#"�!è��#++!� �"��" &��#"%!+��!�# +�*��#*%!� ù%!++#& ���!è��#++! "�#* !*#.F&&!�� ��#"�!+�� "� � �#+� ! → N ¯"��#%�!&�%!�!&�#+,�� !"#!* ��!"��+#è�%%!*/ ����++�+�� "�.

1 � > � 10 → 89:9;Û�*#� → È�, +&�%! "�#*�#� !, �#* +���+# +% %�#��+��!*�"#+%�!&!��+#%%!; % �#�#* &!**#*#���"&�+&!+!�&&�*��!.

F&&!�� ��#"�!+�� "� � �#+� ! → Q¯+�*��#*%!� ù%!++#& ���!è�& *&� 13 �#++,�+�#���.

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Per procedere al calcolo delle sollecitazioni si può definire il coefficiente ø:

ψ �89:9; ¿Ü1 � Ü� � 1F1 � 1F�� � ¿� → Û#*�"�%!+�� +�� ��#*��*#

¿2Ü1 � Ü� 1F1 � 2¿� → Û#*��#� +#� ��#*��*#

Se consideriamo il sistema costituito da due mensole collegate da traversi rappresentato in nella figura, soggetto ad un carico uniformemente distribuito �, ad una generica quota � il taglio e il momento esterno dovuti al carico applicato sono rispettivamente:

� äP � ��ÚP � ���2

In corrispondenza della mezzeria, dove si ha un flesso nella deformata, ciascun traverso è soggetto ad un taglio ä. Indicando con å lo sforzo normale indotto in ciascuna parete, che ad un generico livello � risulta pari alla risultante degli sforzi di taglio trasmessi dai traversi alla parete stessa, e con Ú1 e Ú� i momenti flettenti nelle pareti. La relazione di

equilibrio ad un generico livello � si scrive: ÚP � Ú1 � Ú� � å¿ Tanto più rigidi sono i traversi rispetto alle mensole tanto maggiore sarà lo sforzo normale å e quindi più efficiente l’accoppiamento. Le sollecitazioni sulle mensole si possono scrivere in una forma del tipo:

899:99; å � _1ψMPä � _�øäPÚ1 � Ü1¿Ü1 � Ü� I � _1ψMP

Ú� � Ü�¿Ü1 � Ü� I � _1ψMP

I coefficienti _1, I ed _�, si possono trovare tabulati o riportati graficamente in funzione di � � ud

e > e dal tipo di carico. Il momento nel traverso ha un andamento lineare assumendo alle

estremità il valore ÚA¦ � ä A�. In figura, ad esempio, sono rappresentati i diagrammi di taglio e di momento in una lamina accoppiata ad un telaio. In tale caso si può osservare come l’andamento del taglio e del momento flettente per la mensola (e si intende anche per il telaio) siano sostanzialmente funzione del solo parametro > � od, appare chiaro inoltre come se > < 10 (ovvero � < 10â) praticamente la totalità dei carichi si riversa sulla mensola ed il telaio è esente da apprezzabili forze orizzontali, in caso contrario il telaio risulta soggetto ad un sistema di forze che variano lungo l’altezza come già indicato; a tal proposito dall’andamento dei diagrammi si riscontra come, indipendentemente dal valore di >, tutta l’azione orizzontale sia sopportata alla base dalla sola mensola.

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2.7.3.3 – Comportamento sismico delle pareti accoppiate. Si riportano nel seguito alcune osservazioni riguardanti il comportamento sismico di pareti accoppiate, rimandando a testi specifici per trattazioni più dettagliate. In particolare si osserva come il comportamento di pareti con aperture può risultare migliore rispetto a quello presentato da pareti piene. Queste ultime infatti si configurano come mensole incastrate alla base la cui unica capacità dissipativa è costituita dalla formazione di una cerniera plastica normalmente in corrispondenza della sezione di base. Nelle pareti con aperture invece al formazione della cerniera plastica al piede può essere preceduta dalla formazione di adeguante zone dissipative in corrispondenza dei traversi, facendo in modo che tutta la struttura partecipi alla dissipazione dell’energia. Per realizzare questo è necessario però che i traversi di separazione tra le aperture – che fungono da travi di collegamento – siano progettati ed eseguiti con la massima cura ed attenzione al dettaglio costruttivo, in quanto ad essi è richiesto un forte impegno statico ed una elevata capacità deformativa. Per chiarire meglio questi aspetti si riportano alcuni risultati ottenuti da Paulay per un edificio di 20 piani con il sistema di pareti rappresentato in figura, soggetto ad un carico orizzontale triangolare per diversi valori di altezza dei traversi di collegamento (le misure sono riportate nel sistema anglosassone, con le lunghezze espresse in pollici (‘‘) e piedi (‘), di cui in figura sono forniti i fattori di conversione). Con riferimento alla relazione EÚP � Ú1 � Ú� � å¿H, è innanzitutto interessante analizzare l’entità dei singoli termini che contribuiscono all’assorbimento del momento esterno a vari livelli espressi dal rapporto

yd riportato in ordinata, e per diversi valori di altezza del traverso �. In

particolare, per diversi valori di altezza del traverso, � � 6,, � 12,, � 24,, � 30,, � 60′′ e infinito, i diagrammi riportati consentono di determinare ai vari livelli della parete il momento esterno ÚP che viene assorbito mediante la coppia di forze (contributo å¿) e, per sottrazione, quella assorbita come momento flettente dalle pareti stesse Ú1 �Ú�. Dalla figura si nota come in generale l’efficacia dell’accoppiamento aumenta all’aumentare dell’altezza dei traversi e come nella parte più alta delle pareti, in particolare nella metà superiore l’accoppiamento risulta molto efficace, per tutti i casi analizzati tranne quello con � � 6′. Per quanto riguarda la sezione di base si osserva

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che c’è poca differenza tra il caso � � 24′ e il caso di traverso infinitamente rigido (che corrisponde al caso in cui le due lamine si comportavano come un’unica mensola).

a) Andamento dei termini che contribuiscono all’assorbimento del momento esterno lungo

l’altezza dell’edificio per diversi valori di altezza del traverso. b) Andamento dei momenti Ú1 e Ú� nella sezione di base al variare del rapporto �/®.

Questo risulta ancora più evidente dalla parte (b) della figura precedente, dove è rappresentato l’andamento dei singoli termini che contribuiscono all’assorbimento del momento esterno ÚP

nella sezione di base al variare del rapporto �Ð, dove ® è la lunghezza del traverso ® � 6, �1,83�. Si può notare come per rapporti

�Ð < 0,33, l’andamento resta pressoché costante. Si può valutare a questo punto quale è la duttilità richiesta ai traversi. Nella figura successiva sono riportati, per l’esempio in questione, l’andamento del fattore di

duttilità ùùÊ (rapporto tra la rotazione Á della sezione di estremità del traverso e la rotazione allo

snervamento ÁÀ), lungo l’altezza dell’edificio per sei diversi stadi di analisi, individuati dai punti 1-6 nel diagramma carico-spostamento orizzontale in sommità (riportato a destra), ed infine per i diversi stadi è rappresentato il taglio � assorbito dai traversi (dove �� indica la resistenza ultima dei traversi stessi). I sei stadi considerati sono i seguenti.

1) Comportamento elastico: tutti i traversi sono ancora in campo elastico;

2) Snervamento del primo traverso, che si trova in genere a circa 1ô â dalla base;

3) Snervamento di più del 90% dei traversi, fino a questo stadio si assume che entrambe le mensole siano ancora in campo elastico; 4) Raggiungimento della massima resistenza a flessione della mensola soggetta a trazione; 5) Raggiungimento, dopo un piccolo incremento di carico, della massima resistenza a flessione alla base della seconda mensola (soggetta a compressione). Questo rappresenta la capacità ultima del sistema di pareti accoppiate; 6) Imposizione di uno spostamento orizzontale in sommità pari a 4 volte lo spostamento che si ha in corrispondenza allo snervamento del primo traverso.

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Dai diagrammi riportati in figura si può osservare come i traversi più cimentati siano quelli

collocati tra d� e

dà, e come questa duttilità richiesta ai traversi per avere un fattore di duttilità in

spostamento della struttura pari a 4, sia in questo caso ùùÊ � 11.

È importante quindi garantire che i traversi siano in grado di soddisfare questa richiesta di duttilità. Anche in presenza di carichi ripetuti. In tale ambito si osserva come in generale un traverso armato convenzionalmente, con armature longitudinali e staffe, per effetto di carichi ciclici si fessura notevolmente con lesioni diagonali e un notevole danneggiamento del calcestruzzo in corrispondenza delle sezioni di estremità, che compromette la capacità di trasmissione del taglio alle pareti per effetto dell’ingranamento. Prove sperimentali (Paulay), hanno dimostrato come per garantire duttilità e resistenza ai traversi sia conveniente disporre le armature principali diagonalmente come rappresentato nella figura seguente. Lo sforzo di taglio ä� è quindi assorbito da forze diagonali di trazione Ä� e di compressione ~� che si intersecano in mezzeria dove il momento flettente è nullo. Dati i parametri sollecitanti esterni ä� e Ú�, le forze diagonali di trazione e compressione si ricavano dalla relazione di equilibrio: Ä� � ~� � ä�2%#"=

Affiche questo sistema funzioni, l’armatura deve essere convenientemente staffata per evitare che si instabilizzi quando è soggetta a compressione, in tal modo si vengono a disporre dei veri e propri pilastrini diagonali per assorbire le forze di taglio dovute all’azione sismica che si aggiungono all’ordinaria armatura longitudinale disposta per l’assorbimento dei carichi verticali.

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2.8 – La regolarità strutturale. Ora vediamo come devono essere fatte le strutture per resistere all’evento sismico; partiamo dall’ipotesi che le masse in un edificio vengono pensate concentrate a livello dei solai, e le masse dei muri vengono divise in egual misura tra i due solai adiacenti. Certamente queste masse sono caratterizzate da una certa inerzia, cioè fanno nascere una forza di inerzia contraria allo spostamento che subiscono. Quindi alla fine si considera il terreno fisso e alla struttura si applicano delle forze inerziali, l’effetto sollecitativo è lo stesso, ma si “sostituiscono” gli spostamento con le forze corrispondenti. Queste forze devono essere portate a terra (in realtà

dovrebbero essere portate su, ma vediamo di usare una sola convenzione), e per farlo abbiamo vari sistemi: pareti di taglio (shear wall), telai controventati, oppure si devono fare dei telai rigidi. Questi sono i tre sistemi a me congeniali, e peraltro sono anche gli unici. Ma oltre a questi sistemi verticali devo prestare attenzione anche ai diaframmi di piano (solai), infatti il nostro obiettivo è quello di costituire un sistema scatolare. I diaframmi di

piano e servono a tenere assieme tutti gli elementi resistenti, ma oltre a questo tiene ferme quegli elementi resistenti verticali che non lavorano (il sisma può avere una direzione prevalente). Infatti la maggior parte degli elementi resistenti sono in grado di lavorare solamente in una direzione preferenziale, quindi diviene fondamentale avere sistemi resistenti nelle due direzioni ortogonali. Ed inoltre i diaframmi di piano devono essere progettati in modo oculato, infatti dorante un sisma essi assumono il classico comportamento di una trave, anche se tozza, cioè iniziano a lavorare a flessione/taglio.

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Ed ecco che si deve fare attenzione all’apertura di fori sui diaframmi di piano (vani scala, ascensori, aperture di servizio, ecc.), quindi ancora una volta diviene fondamentale gestire il particolare costruttivo nella progettazione sismica.

Si noti inoltre che per tutti gli edifici esistenti dell’antichità si nota che hanno una elevata densità strutturale (20-25% della superficie occupata), rispetto ai nostri edifici, basti pensare che un telaio importante con pilastri 40x40cm su un interasse di 4m, abbiamo una densità strutturale dell’1%. Altro aspetto che è fondamentale nella sismica è la simmetria strutturale. Questi due aspetti sono ribaditi anche nella normativa NTC-2008, infatti per gli edifici in muratura portante con una densità strutturale del 6% in tutti e due i sensi (quindi con una certa regolarità strutturale e direzionale), e fino a tre piani fuori terra, non è necessario il calcolo sismico della struttura. Ma oltre alla regolarità in pianta dobbiamo avere anche una certa regolarità in elevazione, anche se la prima delle due è più importante. Come sappiamo le forze sono proporzionali alle masse dei singoli elementi strutturali e che subiscono l’accelerazione del sisma. Ed inoltre la risposta complessiva della struttura dipende da dove cade il centro di taglio, cioè il centro di rigidezza, rispetto al centro delle masse. Quindi se abbiamo la presenza di una eccentricità tra il centro di massa e il centro delle rigidezze, abbiamo la nascita di un momento torcente, questa rotazione sottopone a spostamenti diversi gli elementi strutturali verticali, ed in particolare quelli periferici, che saranno i primi a collassare. Un edificio è regolare se rispetta i seguenti criteri.

a) Regolarità in pianta → influenza la distribuzione delle sollecitazioni, il comportamento torsionale dell’intero edificio, ed inoltre influenza il valore delle forze sismiche da adottare (forma compatta, simmetrie di massa e rigidezze, distribuzione uniforme delle azioni e degli elementi resistenti).

b) Regolarità in altezza → influenza il valore delle forze sismiche da adottare, ed il tipo di analisi da eseguire (elementi resistenti ad azioni orizzontali estesi a tutta altezza, variazione graduale di massa e di rigidezza con l’altezza, rapporto tra resistenza di piano effettiva e richiesta uguale ai piani).

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La rotazione dell’impalcato è assolutamente nefasta, infatti questo è un comportamento antimetrico, e richiede un impegno diverso alle diverse strutture verticali, in ragione della loro distanza dal centro di rotazione. Per evitare i comportamento torsionali devo prestare attenzione al posizionamento in pianta dei vani scali e degli ascensori, e di tutti gli elementi irrigidenti verticali. Ad ogni modo la normativa prevede sempre e

comune una eccentricità accidentale del 5% rispetto alle dimensioni dell’edificio, perché comunque si vuole vedere il comportamento dell’edificio all’azione sismica torcente, e questo anche a tutela del progettista. Ed inoltre un edificio per avere maggiori capacità di resistenza alla torsione deve essere il più possibile compatto, ed l’irrigidimento deve essere il più possibile diffuso e non fare da “perno”.

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Si deve anche tenere conto che alcuni edifici presentano dei problemi di irregolarità intrinseche, ad esempio per gli edifici con una pianta a “L”, dove una parte dell’edificio è molto rigida rispetto all’altra per una certa direzione dell’azione sismica. In altri termini ho una elevata eccentricità tra il centro di massa e il centro delle rigidezze, ed è del tutto evidente che nascono delle componenti torsionali. Ma vediamo che soluzioni possiamo adottare, il principio è quello di rendere regolare la struttura pur assecondando le diverse forme che possiamo avere in pianta. Si

deve tenere conto che le strutture con angoli rientranti sono soggette ad una richiesta di duttilità distribuita in modo non uniforme. Una delle soluzioni più semplice è di utilizzare dei giunti sismici per dividere la struttura in sotto-corpi strutturali regolari (con pianta rettangolare). Il giunto rende indipendente i vari corpi strutturali, che deve essere una entità indipendenti dal punto di vista strutturale (ecco perché la presenza del giunto è oneroso da un punto di vista prettamente economico).

Altra soluzione è quella di inserire delle rigidezze addizionali, in modo da compensare l’irregolarità strutturale. Ma vediamo che cosa ci dice l’NTC 2.008 in merito alla regolarità in pianta degli edifici. Se questa viene ad essere rispettata non abbiamo nessun coefficiente di aggravio per i nostri calcoli sismici, al contrario se avessimo a che fare con edificio irregolari. Un maggiore irregolarità porta con se una duttilità intrinseca minore dell’edificio, e questo richiederebbe lo studio di soluzioni strutturali a più elevata resistenza (meno duttilità significa avere più resistenza disponibile). Un edificio presenta una pianta regolare se sono rispettate le seguenti regole in accordo con l’NTC 2.008:

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1) La configurazione in pianta è compatta e approssimativamente simmetrica rispetto a due direzioni ortogonali, in relazione alla distribuzione di masse e rigidezze.

2) Il rapporto tra i lati di un rettangolo in cui la costruzione risulta inscritta è inferiore a 4 (questo si rende necessario per avere un impalcato sufficientemente rigido, ed inoltre in questo modo si garantisce la presenza della stessa azione sismica su tutta la lunghezza dell’impalcato stesso).

3) Nessuna dimensione di eventuali rientri o sporgenze supera il 25 % della dimensione totale della costruzione nella corrispondente direzione.

4) Gli orizzontamenti possono essere considerati infinitamente rigidi nel loro piano rispetto agli elementi verticali e sufficientemente resistenti.

Oltre alla regolarità in pianta abbiamo la necessità di una regolarità in altezza:

1) Tutti i sistemi resistenti verticali (quali telai e pareti) si estendono per tutta l’altezza della costruzione.

2) Massa e rigidezza rimangono costanti o variano gradualmente, senza bruschi cambiamenti, dalla base alla sommità della costruzione (le variazioni di massa da un orizzontamento all’altro non superano il 25%, la rigidezza non si riduce da un orizzontamento a quello sovrastante più del 30% e non aumenta più del 10%); ai fini della rigidezza si possono considerare regolari in altezza strutture dotate di pareti o nuclei in c.a. o pareti e nuclei in muratura di sezione costante sull’altezza o di telai controventati in acciaio, ai quali sia affidato almeno il 50% dell’azione sismica alla base.

3) Nelle strutture intelaiate progettate in CD “B” (bassa duttilità) il rapporto tra resistenza effettiva (quella effettivamente offerta dalle colonne e dalle pareti compatibili) e la resistenza richiesta dal calcolo non è significativamente diverso per orizzontamenti diversi (il rapporto fra la resistenza effettiva e quella richiesta, calcolata ad un generico orizzontamento, non deve differire più del 20% dall’analogo rapporto determinato per un altro orizzontamento); può fare eccezione l’ultimo orizzontamento di strutture intelaiate di almeno tre orizzontamenti. Questo punto è fondamentale perché le diverse rigidezze richiamano le forze sismiche, quindi viene a crearsi una irregolarità delle resistenze (il sisma è un evento eccezionale capace di far lavorare la struttura ai suoi limiti). Il concetto si fonda sul fatto del diverso modo di lavorare di elementi strutturali diversamente sovradimensionati. Gli elementi strutturali dimensionati con poco margine arriveranno a plasticizzarsi immediatamente, rispetto agli altri elementi strutturali al contrario ampiamente sovradimensionati. E’ ovvio che in questo caso ho creato un punto di innesco preferenziale agli effetti dell’azione sismica, e la capacità dissipativa dell’edificio diminuisce di conseguenza. È fondamentale far lavorare l’edificio nel suo complesso, cioè tutti gli elementi strutturali si dovrebbero plasticizzare allo stesso tempo e per lo stesso livello sollecitativo, è del tutto evidente che questo richiede una particolare attenzione nel dimensionamento dei singoli elementi strutturali, ma è di fondamentale importanza.

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Quindi la pratica del sovradimensionamento è ottima per la statica, al contrario, nella sismica questa dovrebbe riguardare tutti gli elementi strutturali. Ed inoltre questo è un controllo che deve essere fatto a posteriori, cioè dopo il calcolo statico, infatti in questa fase si devono controllare le rigidezze (che a priori non posso conoscere) che dipendono anche dalla carpenteria (cioè dell’acciaio inserito), ecco che quindi si crea una sorta di progettazione ricorsiva, tipica della progettazione sismica.

4) Eventuali restringimenti della sezione orizzontale della costruzione avvengono in modo graduale da un orizzontamento al successivo, rispettando i seguenti limiti: ad ogni orizzontamento il rientro non supera il 30% della dimensione corrispondente al primo orizzontamento, né il 20% della dimensione corrispondente all’orizzontamento immediatamente sottostante. Fa eccezione l’ultimo orizzontamento di costruzioni di almeno quattro piani per il quale non sono previste limitazioni di

restringimento.

Da un punto di vista sismico si deve assolutamente evitare la pratica dei pilastri in falso (per il semplice motivo che il sisma fornisce anche delle sollecitazioni verticali), ed inoltre si deve prestare attenzione alla diversa lunghezza delle colonne. Mentre l’azione sismica verticale viene presa in considerazione solamente nel caso di grandi luci, oppure se abbiamo la presenza di elementi verticali discontinui, cioè elementi in falso. Per corpi di fabbrica distinti devono essere divisi da dei giunti sismici, se questi non sono parte di un corpo unico strutturale. Quindi la distanza tra costruzioni contigue non può essere inferiore alla somma degli spostamenti massimi determinati per lo SLV (stato limite per la salvaguardia della vita), calcolati per ciascuno dei corpi di fabbrica.

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Tutto questo per evitare il fenomeno deleterio del martellamento, ed in ogni caso devo garantire una dimensione minima di questo giunto pari alla seguente:

â � � a´ÓR, K´  ·iRR �!�#�è +&!#�� & #"�#� %!��!%�!+!

Oltre alla presenza del giunto per prevenire i danni da martellamento, gli impalcati dei diversi corpi di fabbrica dovrebbero essere allo stesso livello. 3 – I MATERIALI (ACCIAIO & CLACESTRUZZO). Le prescrizioni sono le seguenti:

1) Non è ammesso l’uso di conglomerati di classe inferiore a C20/25. 2) Per le strutture si deve utilizzare acciaio B450C (FeB44K). 3) Si consente l’utilizzo di acciai di tipo B450A, con diametri compresi tra 5 e 10mm, per le

reti e i tralicci; se ne consente inoltre l’uso per l’armatura trasversale (staffe, e in genreale armatura a taglio) unicamente se è rispettata almeno una delle seguenti condizioni: elementi in cui è impedita la plasticizzazione mediante il rispetto del criterio di gerarchia delle resistenze, elementi secondari, strutture poco dissipative con fattore di struttura � ]1,5.

Come si osserva il rapporto

±úû±Êû deve

essere inferiore a 1,35; questa limitazione si rende necessaria per mantenere un certo controllo sull’estensione del campo duttile, come si osserva questa limitazione viene introdotta solamente per la sismica, mentre per i le condizioni statiche questo ulteriore controllo non sarebbe necessario. Ed inoltre viene ad essere fissato un limite tra il valore dello snervamento nominale e quello

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effettivo, e tale scarto deve essere fissato la massimo al 25%, altrimenti tutti i discorsi sulla gerarchia degli elementi strutturali non sono più validi.

Al contrario il cls non è certamente un materiale duttile, quindi per avere un comportamento pseudo-duttile questo deve essere confinato con l’acciaio. Il confinamento viene ad essere realizzato con l’armatura trasversale (staffe) e longitudinale. Ma questa cerchiatura, oltre a rendere duttile il cls, lo rende anche più resistente, quindi ho un doppio effetto. Il confinamento oltre nella direzione orizzontale, deve agire anche nella direzione verticale, ecco che le staffe devono agire anche come elemento stabilizzante per l’armatura longitudinale. In questo modo diviene

importante anche la chiusura delle staffe, infatti si deve evitare che queste giungono a sfilamento, quindi il risvolto da 10∅ deve essere orientato a 45° verso l’interno dell’elemento strutturale, cioè nella zona compressa. Questo è un modo per vedere come i dettagli costruttivi, nella sismica, ricoprono un ruolo fondamentale, direi determinante. 4 – DIMENSIONAMENTO E VERIFICA DEGLI ELEMENTI STRUTTURALI. 4.1 – Travi. Allora vediamo una delle prime gerarchie; si deve sempre partire dal dimensionamento delle travi, ed in particolare dai momenti sollecitanti di calcolo Ú�v, questi arrivano dall’analisi globale della struttura, cioè dall’analisi sismica globale, che fa riferimento alla seguente combinazione dei carichi: ´i � ´d � Z � é � ¬ ýdþn�þþ c. u. �L. d. H

Ricordando che gli effetti dell’azione sismica devono essere valutati tendo conto delle masse associate ai seguenti carichi gravitazionali: ´i � ´d � ¬ ýdþn�þþ c. u. �L. d. H

Fatto questo, devo applicare la gerarchia, infatti devo evitare che si arrivi a rottura per taglio, quindi il taglio sollecitante ä�v si ottiene sommando due contributi diversi:

1) Il contributo dovuto ai carichi gravitazionali agenti sulla trave considerata incernierata agli estremi.

2) Lo sforzo di taglio prodotto dai momenti resistenti delle sezioni di estremità, amplificati del fattore: �a��][U^\T]|[a[UT\T�UVba^U\�a�U[\a`\ → µm^ � Èi, dR � �µ"Õ"i, RR � �µ"�"

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Quindi prima di tutto mi calcolo le mie armature longitudinali per il nostro Ú�v, chiaramente la mia sezione sarà definita da un certo Úrv < Ú�v, ed è esattamente da questo dato che parto per il calcolo del taglio sollecitante ä�v. Tutto questo per evitare gli effetti anelastici di una rottura a taglio delle travi; la presenza del coefficiente ¡rv si rende necessaria per tenere conto della possibile sovraresistenza dell’acciaio, come si è indicato in

precedenza. Per il calcolo di ä�v si considereranno due valori dello sforzo di taglio, massimo äLoy e minimo äLtx, assumendo rispettivamente la presenza e l’assenza dei carichi variabili e momenti di estremità con i due possibili segni, da assumere in ogni caso concordi. Questo è il dimensionamento, ovviamente si deve affrontare anche la fase di verifica. Per la flessione non ci sono problemi di sorta e si procede al solito modo, sia per l’alta duttilità che per la bassa. Mentre per la verifica al taglio si deve prestare maggiore attenzione, infatti per la bassa duttilità CD”B” si procede in modo convenzionale (T.U. – 4.1.2.1.3). Ed in questa sede si opera un piccolo richiamo.

PuntoPuntoPuntoPunto 4.1.2.1.3.2 4.1.2.1.3.2 4.1.2.1.3.2 4.1.2.1.3.2 –––– NTC NTC NTC NTC –––– Elementi con armature trasversali resistenti a taglio.Elementi con armature trasversali resistenti a taglio.Elementi con armature trasversali resistenti a taglio.Elementi con armature trasversali resistenti a taglio.

La resistenza a taglioLa resistenza a taglioLa resistenza a taglioLa resistenza a taglio ärv di elementi strutturali dotati di specifica armatura di elementi strutturali dotati di specifica armatura di elementi strutturali dotati di specifica armatura di elementi strutturali dotati di specifica armatura

a taglio deve esserea taglio deve esserea taglio deve esserea taglio deve essere valutata sulla base di una adeguata schematizzazione a valutata sulla base di una adeguata schematizzazione a valutata sulla base di una adeguata schematizzazione a valutata sulla base di una adeguata schematizzazione a

traliccio. Gli traliccio. Gli traliccio. Gli traliccio. Gli elementi resistenti dell’idealeelementi resistenti dell’idealeelementi resistenti dell’idealeelementi resistenti dell’ideale traliccio sono: le armature traliccio sono: le armature traliccio sono: le armature traliccio sono: le armature

trasversali, le armature longitudinali, il corrente compresso ditrasversali, le armature longitudinali, il corrente compresso ditrasversali, le armature longitudinali, il corrente compresso ditrasversali, le armature longitudinali, il corrente compresso di calcestruzzo e calcestruzzo e calcestruzzo e calcestruzzo e

i puntoni d’anima inclinati. L’inclinazione i puntoni d’anima inclinati. L’inclinazione i puntoni d’anima inclinati. L’inclinazione i puntoni d’anima inclinati. L’inclinazione @ dei puntoni di calcestruzzo dei puntoni di calcestruzzo dei puntoni di calcestruzzo dei puntoni di calcestruzzo

rispettorispettorispettorispetto all’asse della trave deve rispetall’asse della trave deve rispetall’asse della trave deve rispetall’asse della trave deve rispettare i limiti seguenti:tare i limiti seguenti:tare i limiti seguenti:tare i limiti seguenti: 1 ] &!�@ ] 2,5 La verifica di resistenza (SLU) si pone con:La verifica di resistenza (SLU) si pone con:La verifica di resistenza (SLU) si pone con:La verifica di resistenza (SLU) si pone con: ärv < ä�v

Con riferimento all’armatura trasversale, la resistenza di calcolo a “taglio Con riferimento all’armatura trasversale, la resistenza di calcolo a “taglio Con riferimento all’armatura trasversale, la resistenza di calcolo a “taglio Con riferimento all’armatura trasversale, la resistenza di calcolo a “taglio

trazione” si calcola con:trazione” si calcola con:trazione” si calcola con:trazione” si calcola con: ÔmT^ � R,V Þ ^ Þ ÕT�T Þ hÄ^ Þ _]�� � _]�ë Þ TUV�

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Con riferimento al calcestruzzo d’anima, la resistenza di calcolo a “taglio Con riferimento al calcestruzzo d’anima, la resistenza di calcolo a “taglio Con riferimento al calcestruzzo d’anima, la resistenza di calcolo a “taglio Con riferimento al calcestruzzo d’anima, la resistenza di calcolo a “taglio

compressione” si calcola concompressione” si calcola concompressione” si calcola concompressione” si calcola con:::: Ôm_^ � R, V × ^ × �� × �_ Þ h_^, Þ _]�� � _]�ëi � _]�dë

La resistenza al taglio della trave è la minore dLa resistenza al taglio della trave è la minore dLa resistenza al taglio della trave è la minore dLa resistenza al taglio della trave è la minore delle due sopra definite:elle due sopra definite:elle due sopra definite:elle due sopra definite: ärv � minärnv; är¥v Ove il significato dei termini è il seguente.Ove il significato dei termini è il seguente.Ove il significato dei termini è il seguente.Ove il significato dei termini è il seguente.

- ÕT� è l’area dell’armatura trasversale.è l’area dell’armatura trasversale.è l’area dell’armatura trasversale.è l’area dell’armatura trasversale.

- T è l’interasse tra due armature trasversali consecutive.è l’interasse tra due armature trasversali consecutive.è l’interasse tra due armature trasversali consecutive.è l’interasse tra due armature trasversali consecutive.

- a èèèè l’angolo di inclinazione dell’armatura trasversale rispetto all’asse l’angolo di inclinazione dell’armatura trasversale rispetto all’asse l’angolo di inclinazione dell’armatura trasversale rispetto all’asse l’angolo di inclinazione dell’armatura trasversale rispetto all’asse

della trave.della trave.della trave.della trave.

- h_^, � id h_^ è la resistenza a compressione ridotta del calcestruzzo d’anima.è la resistenza a compressione ridotta del calcestruzzo d’anima.è la resistenza a compressione ridotta del calcestruzzo d’anima.è la resistenza a compressione ridotta del calcestruzzo d’anima.

- �_ è un coefficiente maggiorativo pari a è un coefficiente maggiorativo pari a è un coefficiente maggiorativo pari a è un coefficiente maggiorativo pari a

89:9;1�#*�#�/*�"���*#"!"&!��*#%%#1 � ��α�� �#*0 ] æ¥s � 0,25�¥v1,25�#*0,25�¥v ] æ¥s � 0,5�¥v2,5 �1 − ��α��� �#*0,5�¥v ] æ¥s � �¥v

- �� è la larghezza minima della sezione in mm.è la larghezza minima della sezione in mm.è la larghezza minima della sezione in mm.è la larghezza minima della sezione in mm.

- ^ è l’altezza utile della sezione in mm.è l’altezza utile della sezione in mm.è l’altezza utile della sezione in mm.è l’altezza utile della sezione in mm.

- �_{ � tÓ^Õ_ è la è la è la è la tensione media di compressione nella sezione.tensione media di compressione nella sezione.tensione media di compressione nella sezione.tensione media di compressione nella sezione.

Le armature longitudinali, dimensionate in base alle sollecitazioni flessionali, Le armature longitudinali, dimensionate in base alle sollecitazioni flessionali, Le armature longitudinali, dimensionate in base alle sollecitazioni flessionali, Le armature longitudinali, dimensionate in base alle sollecitazioni flessionali,

dovranno essere prolungate di una misura pari adovranno essere prolungate di una misura pari adovranno essere prolungate di una misura pari adovranno essere prolungate di una misura pari a:::: ai � R,V × ^ × _]�ë� _]��d < R Mentre se opero in alta duttilità CD”A” devo assumere delle diverse limitazioni, prima di tutto considero il contributo del calcestruzzo nullo e assumo &!�@ � 1, quindi är¥v � 0. Ed inoltre nelle zone critiche (alle estremità delle travi), se il rapporto tra il taglio massimo e quello minimo, legato all’inversione dei momenti, rispetta la seguente condizione: ä�vjÏ�ä�vjkl � �0,5

In altri termini se nelle zone critiche il taglio minimo (negativo) è pari ad almeno il 50% del massimo (in termini assoluti), ed inoltre il maggiore tra i valori assoluti dei due tagli supera il valore: maxË�ä�vjÏ��; �ä�vjkl�Ì � är1 � Å2 � ½ä�vjÏ�ä�vjkl½Æ Þ �¥Av Þ /� Þ �

Dove �¥Av è la resistenza di calcolo a trazione del calcestruzzo, la quale può essere determinata dalla seguente relazione:

�¥Av � �¥AK¡ù � 0,7 × �¥AL¡ù �89:9; 0,7 × 0,30 × �¥K� ô�1,5 �#*&+�%% � "!* � ~50 − 60

0,7 × 2,12 × ln �1 � �¥K � 810 �1,5 �#*&+�%% ��$$ !* � ~50 − 60

Se sono vere queste due condizioni, che il taglio si inverte per oltre il 50%, e che in valore assoluto uno dei due superare il taglio är1, allora nel piano verticale di inflessione della trave devono essere disposti due ordini di armatura longitudinali, l’uno inclinato di +45° e l’altro di -45°, rispetto

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all’asse della trave. Ed inoltre la resistenza deve essere affidata per metà alle staffe e per metà ai due ordini di armature inclinate, per le quali deve risultare: �ä�vjkl� ] Fn�Àv√2 �!�#Fnè+,�*#�� & �%&�"!�# ��#!*� " � �*����*# "&+ "��#

Quindi si devono mettere i ferri piegati nei due sensi, e questo è uno dei problemi dell’alta duttilità, infatti se ricado in questa condizione significa che ho a che fare con delle travi di scarsa luce (travi tozze), quindi ho delle lesioni che sono sostanzialmente verticali (al contrario del solito), in queste condizioni nessuna staffa è in grado di “cucirla”. Questo comportamento è dovuto al fatto che avendo delle travi operanti nel campo dell’alta duttilità, vado a cercare grandi allungamenti dell’acciaio, quindi ho a che fare con fessure molto ampie, e se abbiamo la presenza di un taglio molto

elevato ho la formazione di un piano di scorrimento, che può essere cucito solamente da armature inclinate, sia in un senso che nell’altro. Vediamo ora di riassumere tutte quelle prescrizioni di normativa che riguardano l’armatura longitudinale delle travi.

1) Almeno due barre di diametro pari a 14mm devono essere presenti sia superiormente che inferiormente per tutta la lunghezza della trave.

2) In ogni sezione della trave, il rapporto geometrico p relativo all’armatura tesa indipendentemente dal fatto che l’armatura tesa sia quella al lembo superiore della sezione o quella al lembo inferiore della sezione, deve essere compreso entro i seguenti limiti: i,HhÄ� � o � o_]�{ � L,KhÄ� %!+ ���#"�#0,31% � p � 0,78% � p¥wLs

Dove:

- p � Òáúeák�� è il rapporto geometrico relativo all’armatura tesa.

- p¥wLs è il rapporto geometrico relativo all’armatura compressa. - �ÀK è la tensione caratteristica dell’acciaio.

3) Nelle zone critiche p¥wLs < 1� p.

4) Per tutte le altre zone p¥wLs < 1à p. 5) L’armatura superiore, disposta per il momento negativo alle estremità delle travi, deve

essere mantenuta per almeno ¼ della sua area per tutta la lunghezza della trave. 6) L’armatura superiore, disposta per il momento negativo alle estremità delle travi, deve

essere contenuta per almeno il 75% entro la larghezza d’anima della trave e comunque, per le sezioni a T o ad L entro una fascia di soletta pari rispettivamente alla larghezza del pilastro, nel caso non ci sia una trave ortogonale nel nodo. Al contrario se abbiamo la presenza della trave ortogonale (l’effetto del confinamento è maggiore), il 75% dell’armatura superiore deve essere compreso nella larghezza del pilastro aumentata di due volte lo spessore della soletta.

7) Le armature longitudinali delle travi, sia superiori che inferiori, devono attraversare, di regola, i nodi senza ancorarsi o giuntarsi per sovrapposizione in essi. Quando ciò non risulti possibile, sono da rispettare le seguenti prescrizioni:

- Le barre vanno ancorate oltre la faccia opposta a quella di intersezione con il nodo, oppure

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rivoltate verticalmente in corrispondenza di tale faccia, a contenimento del nodo. - La lunghezza di ancoraggio delle armature tese va calcolata in modo da sviluppare una

tensione nelle barre pari a 1,25�ÀK, e misurata a partire da una distanza pari a 6 diametri dalla faccia del pilastro verso l’interno.

- La parte dell’armatura longitudinale della trave che si ancora oltre il nodo non può terminare all’interno di una zona critica, ma deve ancorarsi oltre di essa.

- La parte dell’armatura longitudinale della trave che si ancora nel nodo, deve essere collocata all’interno delle staffe del pilastro. Per prevenire lo sfilamento di queste armature il diametro delle barre non inclinate deve essere minore di =�ö volte l’altezza della sezione del pilastro (per la normativa americana ACI ho che =�ö � 1/20):

∅�o¦¦� � =�öâstqonA¦w�!�#=�ö �89:9;7,5�¥AL¡rv�Àv

1 � 0,8��v1 � 0,75(Ð p¥wLsp �#*"!� "�#*" 7,5�¥AL¡rv�Àv 1 � 0,8��v�#*"!� #%�#*"

Dove:

- �Ó^ � tÓ^�^h_^ è la forza assiale di progetto adimensionale per le colonne.

- (Ð vale 1 o 2/3 rispettivamente per CD”A” e per CD”B”. - ¡rv vale 1,2 o 1, rispettivamente per CD”A” e per CD”B”.

Oltre a tutte queste prescrizioni, per le travi abbiamo anche delle prescrizioni di tipo geometrico: 1) La larghezza della trave deve essere maggiore di 20cm, e per le travi a spessore, deve essere

non maggiore della larghezza del pilastro, aumentata dell’altezza della sezione trasversale della trave stessa. E comunque minore di due volte la larghezza del pilastro ortogonale all’asse della trave. 20&� ] / ] È/¥wqwxxo � âA¦o}�2/¥wqwxxo

2) Il rapporto tra / �� della trave deve essere maggiore o uguale a 0,25. 3) Le zone critiche si estendono, per CD”B” e CD”A”, per una lunghezza pari

rispettivamente a 1 e 1,5 volte l’altezza della sezione della trave, misurata a partire dalla faccia del nodo trave-pilastro o da entrambi i lati a partire dalla sezione di prima plasticizzazione.

E vediamo infine quali prescrizioni si devono seguire per le armature trasversali: 1) Nelle zone critiche devono essere previste staffe di contenimento. La prima staffa di

contenimento deve distare non più di 5cm dalla sezione a filo pilastro; le successive devono essere disposte ad un passo non superiore alla minore tra le grandezze seguenti:

T ]89:9; HiJK��\V�µAAAA]ddK��\V�µ��∅â]V´.�\V\V�µÕ]I∅â]V´.�\V\V�µ�dH∅T�ahhU

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2) Per il resto della lunghezza della trave devo prevedere un’area minima di staffaggio F�AjÏ� � 1,5/� �LL�L � con /� espresso in mm. Con le seguenti restrizioni per quanto

concerne il passo:

% ] � 33&�3%����#�+�#�*!0,8�12∅öwx�.Ltx "�*!%% � �à� &�* &� &!"&#"�*�� �#*�"�+�"$�#�����* ��

Come si osserva si è prestato attenzione al dettaglio dei nodi, infatti quando ho un nodo sottoposto ad una azione sismica, ho una distribuzione dei momenti di questo tipo:

A differenza dalla condizione statica, abbiamo i momenti concordi sulle due travi concorrenti al nodo, quindi le nostre barre sono soggette ad azione di sfilamento: l’acciaio da una parte è snervato a trazione e dall’altra è snervato a compressione (l’acciaio si snerva a circa 1,9 per mille, mentre il cls può arrivare al 3,5 per mille). E si deve anche dire che l’azione di sfilamento è favorito anche dalle condizioni di fessurazione della trave, inevitabili durante le sollecitazioni sismiche, quindi ben si può comprendere l’enorme impegno di aderenza richiesto in uno spazio limitato del nodo. Quindi le normative richiedono delle limitazioni sui diametri delle barre (abbiamo un migliore ancoraggio per le barre di diametro inferiore), ed inoltre l’ancoraggio delle barre è favorito dalla presenza dello sforzo normale ortogonale alle barre. Ed è per questo motivo che l’NTC richiede determinate restrizioni nel posizionamento delle barre longitudinali all’interno del nodo, in particolare per le travi a spessore. Come si osserva abbiamo un numero di prescrizioni davvero elevato per i telai, questo ci dovrebbe far comprendere come questi sistemi resistenti siano problematici da un punto di vista sismico, infatti la limitazione dei diametri messi in relazione con l’altezza delle travi, spesso ci costringe ad avere dei pilastri di grosse dimensioni, ecco il motivo per il quale il più delle volte si preferisce ricorrere ai setti. Ed inoltre questa stessa condizione ci costringe ad utilizzare travi ad altezza, e non a spessore, appunto per contenere i

diametri delle armature longitudinali � � %�P,Y��

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4.2 – Pilastri. Questa è la seconda gerarchia, in altri termini dobbiamo proteggere i pilastri dalle travi, cioè il pilastro deve essere più resistente della trave. Quindi in tutti i nodi dobbiamo verificare quanto segue: ¬ é�m^ < µm^ ¬ é�m^ �!�#¡rv � È1,30�#*~®F1,10�#*~®G

Quindi se armiamo molto le travi (ad esempio le travi a spessore), abbiamo la necessità di avere dei pilastri importanti, quindi il concetto è abbastanza semplice, ma definisce delle evidenti difficoltà operative. La relazione precedente può essere usata in ambito di verifica, ma in sede di progetto posso fare le seguenti

considerazioni: i momenti flettenti di calcolo nei pilastri, si ottengono moltiplicando i momenti derivanti dall’analisi (i momenti sollecitanti) per un fattore di amplificazione = (derivante da un semplice equilibrio di nodo). éé^ � �é�Ó^ �!�#� � µm^ ∑é�m^∑ é�Ó^ � �Û~Ú3431

Nel caso in cui i momenti nei pilastri siano di verso discorde, il solo valore maggiore va posto al denominatore della formula mentre il minore va sommato ai momenti resistenti delle travi, in altri termini considero sempre l’equilibrio del nodo. Questo è il caso in cui ho delle travi flessionalmente molto meno rigide rispetto ai pilastri, in questo caso particolare il comportamento dei pilastri è similare a quello di una mensola, con i momenti sempre dalla stessa parte. Quindi a

livello di nodo ho a che fare con dei momenti discordi per le colonne, per cui devo applicare la regola precedente. Certamente questo modo di lavorare di un pilastro non va bene, infatti i pilastri devono lavorare nel loro interpiano, altrimenti avremmo a che fare con dei momenti troppo grandi; la regola definita in precedenza mi protegge da questo, infatti il coefficiente di

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amplificazione = diviene troppo grande per poterlo gestire con un semplice pilastro, quindi dovrò passare a un setto. Allora per fare in modo che tutto funzioni devo avere delle travi alte, sia per avere poca armatura, da una parte, sia per avere una adeguata rigidezza rispetto ai pilastri, dall’altra. Solamente in questo caso lo schema del telaio può essere visto in ambito sismico in modo efficace.

Ultima gerarchia che vediamo è quella a taglio dei pilastri, infatti anche in questo caso si deve evitare la formazione di meccanismi anelastici. Il tutto si riduce a delle semplici considerazioni di equilibrio:

Ôé^ � µm^ é�m^T � é�m^\â{\`aT�[] �!�#¡rv � È1,30�#*~®F1,10�#*~®G Infatti si potrebbero formare delle cerniere accidentali anche sui pilastri (anche se ciò non dovrebbe essere vero), ma è di fondamentale importanza che il pilastro non giunga a rottura per il taglio. Sempre nell’ottica di garantire una rottura duttile anche ai pilastri, si deve prestare attenzione alla lunghezza dei pilastri stessi, quindi si deve evitare elementi di tamponamenti in accosto ai pilastri stessi (ad esempio i parapetti).

Analogamente a quanto fatto per le travi, vediamo i dettagli costruttivi per i pilastri: 1) Per tutta la lunghezza del pilastro l’interasse tra le barre non deve essere superiore a 25cm. 2) Nella sezione corrente del pilastro, la percentuale geometrica p di armatura longitudinale,

deve essere compresa entro i seguenti limiti: 1% ] p � FnFù ] 4%

3) Nelle zone critiche devono essere rispettate le condizioni seguenti: - Le barre disposte sugli angoli della sezione devono essere contenute dalle staffe. - Almeno una barra ogni due, di quelle disposte sui lati, deve essere trattenuta da staffe

interne o da legature. - Le barre non fissate devono trovarsi a meno di 15 cm e 20 cm da una barra fissata,

rispettivamente per CD”A” e CD”B”. 4) La lunghezza critica ¿¥¦ deve rispettare i seguenti limiti (per ¿x si intende la luce netta del

pilastro):

¿¥¦ � ���c â�+�#����#+� +�%�*!¿x6 !���*# ¿x3 �#*� +�%�* %!%��� & 45&� �¿¥¦ � ¿x%#¿x � 3G

5) Il diametro delle staffe di contenimento e legature deve essere non inferiore a 6 mm ed il loro passo deve essere non superiore alla più piccola delle quantità seguenti:

%¥¦~®F ] � "c G375��6∅öwx�,¥wqq��oA� %¥¦~®G ] � "c G2125��8∅öwx�,¥wqq��oA� 6) Si devono disporre staffe in un quantitativo minimo non inferiore a:

FnA% <89:9;0,08 �¥v/nA�Àv �#*~®F�+� ��!* �#++��!"�&* � &�#�#*~®G

0,12 �¥v/nA�Àv �#*~®F "�!"�&* � &�

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In cui FnA è l’area complessiva dei bracci delle staffe, /nA è la distanza tra i bracci più esterni delle staffe, ed % è il passo delle staffe.

7) Le staffe nella parte centrale, al di fuori della zona critica, devono rispettare le seguenti limitazioni (NTC – 4.1.6.1.2):

∅nA < Q6��∅qwx�4 % ] È 25&�12∅qwx�

8) Lungo le armature longitudinali del pilastro che attraversano i nodi non confinati devono essere disposte staffe di contenimento in quantità almeno pari alla maggiore prevista nelle zone del pilastro inferiore e superiore adiacenti al nodo. Questa regola può non essere osservata nel caso di nodi interamente confinati.

9) Per i nodi non confinati (vedi figura), appartenenti a strutture sia in CD”A” che in CD”B”, le staffe orizzontali presenti lungo l’altezza del nodo devono verificare la seguente condizione: "nAFnA/­ < 0,05 �¥K�ÀK

Nella quale "nA ed FnA sono rispettivamente il numero di bracci e l’area della sezione trasversale della barra della singola staffa orizzontale, è l’interasse delle staffe, e /­ è la larghezza utile del nodo determinata come segue.

- Se la trave ha una larghezza /� superiore a quella del pilastro /¥, allora /­ è:

/­ � � " Q /�/¥ � �¥2 �!�#�¥è+�� �#"% !"#�#++�&!+!""���*�++#+��++��*��#

- Se la trave ha una larghezza /� inferiore a quella del pilastro /¥, allora /­ è:

/­ � � " Q /¥/� � �¥2 �!�#�¥è+�� �#"% !"#�#++�&!+!""���*�++#+��++��*��#

Per i pilastri in presenza di tamponamenti ad altezza parziale, si deve prestare attenzione alle seguenti disposizioni di normativa (NTC – 7.4.6.2.2):

1) Nel caso in cui i tamponamenti non si estendano per l’intera altezza dei pilastri adiacenti, l’armatura risultante deve essere estesa per una distanza pari alla profondità del pilastro oltre la zona priva di tamponamento. Nel caso in cui l’altezza della zona priva di tamponamento fosse inferiore a 1,5 volte la profondità del pilastro, debbono essere utilizzate armature bi-diagonali.

2) Nel caso precedente, qualora il tamponamento sia presente su un solo lato di un pilastro, l’armatura trasversale da disporre alle estremità del pilastro ai sensi del § 7.4.5.3. deve essere estesa all’intera altezza del pilastro.

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4.3 – Pareti in calcestruzzo armato (setti). L’uso delle pareti per assorbire le forze orizzontali porta sicuramente dei vantaggi, rispetto all’auso dei telai puri, sia in considerazione della maggiore facilità esecutiva, sia per ragioni di calcolo. I problemi delle pareti di c.a. sono i seguenti.

1) Grande impegno del cls a compressione alle estremità del setto, e grandi allungamenti dell’acciaio dall’altra parte, per effetto leva. Quindi devo prestare attenzione soprattutto al primo problema, quindi devo creare dei confinamenti alle estremità dei setti ed in corrispondenza della base.

2) Il problema dell’allungamento dell’acciaio non è di per se’ importante, ma crea delle fessure sub-orizzontali, quindi si creano dei conci di parete, che sottoposti a compressione nel loro insieme, possono sbandare al di fuori del piano. Fortunatamente con le nostre proporzioni costruttive (altezze di interpiano e spessori costruttivi) questo tipo di problema rimane limitato.

Un setto ha una buona dissipazione energetica, infatti sappiamo che gli elementi strutturali che sono dei buoni dissipatori di energia, sono quelli soggetti a un contenuto sforzo normale specifico, cioè un basso �: Óh][b]V][�a`Ua^\�UVT\]Va`\bba�] → � � tÓ^�¶h_^

Ed ecco che le travi e i setti divengono degli elementi strutturali atti a questo scopo. E invece possono avere dei problemi a taglio, infatti il setto può essere fortemente armato, quindi quello che giunge a rottura è il puntone compresso di calcestruzzo, oppure per insufficienza di armatura orizzontale (staffe). Certamente il puntone compresso per i setti è più delicato, dato le sue dimensioni che vanno con la radice di due, rispetto alle dimensioni in pianta del setto stesso. Questa particolare attenzione per la rottura dei setti (spesso un rottura fragile), viene ribadita anche per la valutazione del fattore di struttura base �P. Fatto salvo tutto quello che abbiamo già detto (pag. 18) per la valutazione del fattore di struttura complessivo: � � �P�r�!�# È �r � 1�#*%�*����*#*#$!+�* "�+�#����r � 0,8�#*%�*����*# **#$!+�* "�+�#���

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Per prevenire il collasso delle strutture a seguito della rottura delle pareti, i valori di �P devono essere ridotti mediante il fattore (�:

(� � Q 1,00�#*%�*����*#��#+� !#� %�##�� ��+#"� ��#+� 0,5 ] 1 � =P3 ] 1�#*%�*����*#���*#� , � %�##�� ��+#"� , �!*% !"�+�#"�#�#�!*��/ + Dove =P è il valore assunto in prevalenza dal rapporto tra altezze e larghezze delle pareti. Nel caso in cui gli =P delle pareti non differiscano significativamente tra di loro, il valore di =P per l’insieme delle pareti può essere calcolato assumendo come altezza la somma delle altezze delle singole pareti e come larghezza la somma delle larghezze. E del tutto evidente che questo coefficiente tiene conto della snellezza o meno dei setti, più il setto è snello più il suo comportamento si avvicina a quello di una trave, e quindi con una elevata capacità di dissipare energia, al contrario dei setti tozzi.

Ciclo isteretico per rottura a flessione di un setto; come si osserva abbiamo un ampio ciclo, che definisce un ottimo comportamento dissipativo. Questo qui affianco è invece un ciclo isteretico per una rottura a taglio di un setto, e quindi per la rottura del puntone compresso

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di calcestruzzo. Si osservi il scarso potere dissipativo, con un comportamento evidentemente fragile. Per i setti tozzi avrò a che fare con un fattore di struttura inferiore, ma questo non è un problema dato che i setti tozzi non avranno problema ad offrire resistenza a sufficienza, in altri termini la duttilità non va cercata ad ogni costo, ma solo dove essa effettivamente serve. Per quanto concerne la determinazione delle sollecitazioni di calcolo (NTC – 7.4.4.5.1), devo solamente fare in modo di proteggere opportunamente la zona inelastica alla base del setto stesso. Si tratta di traslare il diagramma dei momenti, derivante dall’analisi, vero l’alto per un tratto pari a �¥¦ (altezza della zona inelastica alla base). La traslazione crea una sovraresistenza a flessione lungo l’altezza e garantisce la formazione della cerniera plastica alla base. L’inviluppo dei momenti può essere assunto lineare, se la struttura non presenta significative discontinuità in

termini di massa, rigidezza e resistenza lungo l’altezza. L’altezza critica �¥¦ è data dalla seguente definizione:

¶_[ � �a� Q `� � a`�Ubba^U``aTUb\]VU^\�aTU¶�� � ^]|U¶�U,`,a`�Ubba^U``a{a[U�U Con le seguenti limitazioni:

¶_[ ] �Õ`�Ubba^U`{\aV]�U[[a¶T, VU`_aT]^\U^\h\_\_]V�UV]^\�{\aV\µgU|]`�U`,a`�Ubba^U`{\aV]�U[[a{U[U^\h\_\_]V]`�[U�{\aV\µgU|]`�U`,a`�Ubba^U``aTUb\]VU^\�aTU`�

Tutte le disposizioni fin qui esposte per il momento, valgono per tutte e due le classi di duttilità. Ora quello che devo fare per proteggermi da eventuali problematiche derivanti dal taglio è rispettare le seguenti disposizioni di normativa, che si differenziano in ragione dell’alta o della bassa duttilità. Per strutture sia in CD“B” che in CD“A” si deve tener conto del possibile incremento delle forze di taglio a seguito della formazione della cerniera plastica alla base della parete.

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Per le strutture in CD”B” questo requisito si ritiene soddisfatto se il coefficiente di amplificazione = per gli sforzi di taglio dati dall’analisi, rispetta le seguenti limitazioni:

Û�*#� "~®"G" →Ôé^ � �ÔÓ^�!�#= � Q 1,5� � 12 �#*��*#� #%�#%#�#/!+�#"�#�*���#

Nelle strutture miste, il taglio nelle pareti non debolmente armate deve tener conto delle sollecitazioni dovute ai modi di vibrare superiori. A tal fine, il taglio derivante dall’analisi può essere sostituito dal diagramma d’inviluppo riportato in figura, nella quale �� è l’altezza della parete, A è il taglio alla base incrementato, B non deve essere inferiore a 0,5A.

Mentre per le strutture in CD”A” la questione diviene più complessa, e il coefficiente di amplificazione = è dato dalle seguenti:

= →89:9; = � ¡rv ÚrvÚ§v ] � � �#*��*#� �!��# ��+� ] 2

1,5 ] = � �<�¡rv� ÚrvÚ§v � � 0,1Å��Ä¥��Ä1Æ� ] � � �#*��*#� %"#++# ��+� � 2

Indicando rispettivamente:

- Úrv il momento resistente della sezione di base della parete, calcolato considerando le armature effettivamente disposte.

- Ú§v è il momento flettente di calcolo. - ��Ä1 è l’ordinata dello spettro di risposta elastico in

corrispondenza del periodo di vibrazione fondamentale dell’edificio Ä1.

- � è il fattore di struttura. - ¡rv � 1,2 è il coefficiente di sovraresistenza valutato per

la classe di duttilità CD”A”.

Come possiamo osservare, ancora una volta il sovradimensionamento nella sismica non paga, infatti questo poi si ripercuote nella valutazione del taglio; mentre per le pareti snelle si deve tenere conto anche di aspetti dinamici, dati dai modi di vibrare superiore. Altri aspetti che riguardano la verifica delle pareti stesse, sono riconducibili alla loro geometria:

1) Si definiscono pareti semplici gli elementi portanti verticali quando il rapporto tra la minima e la massima dimensione della sezione trasversale è inferiore a 0,25.

2) Nel caso di parete semplice, la verifica di resistenza si effettua con riferimento al rettangolo di base.

3) Si definiscono pareti di forma composta l’insieme di pareti semplici collegate in modo da formare sezioni a L, T, U, I ecc.

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4) Nel caso di pareti di forma composta, la verifica va fatta considerando la parte di sezione costituita dalle anime parallele o approssimativamente parallele alla direzione principale sismica, e dalle ali di dimensioni date dal minimo fra:

¿�±±t¥o¥��oqt � � " � ¿�*$�#���#��#�� ���#++′�+�Ú#�à� %��"���*��" �#�� �&#"� %#�� ��*�++#+ ��25%�#++,�+�#���&!��+#%% ���#++���*#�#

Come si è affermato in precedenza i setti devono avere un rapporto tra le dimensioni trasversali minore di 0,25; questo è fondamentale per garantire che tutti gli effetti flettenti dell’azione sismica siano solamente da una parte, altrimenti avrei a che fare con una normale trave, e come tale la devo considerare. Ed inoltre per tutti i setti composti devo considerare i setti paralleli effettivamente collaboranti, mentre devo considerare una quota collaborante dei setti perpendicolari all’azione sismica. Si nota che questa dimensione collaborante dipende anche dall’altezza del setto

stesso, infatti devo dare lo spazio necessario per garantire la diffusione degli sforzi, cioè la loro ridistribuzione, in modo del tutto analogo a quello che si fa per definire le dimensioni della soletta collaborante nelle travi composte delle solette. Dopo avere determinato gli sforzi, si devono eseguire le verifiche; per la verifica a flessione e a presso-flessione non c’è nessun problema:

1) In ogni sezione il momento resistente Úrv, associato al più sfavorevole valore dello sforzo normale è calcolato come per le situazioni non sismiche, deve risultare superiore od eguale al momento esterno di calcolo Ú§v.

2) Per tutte le pareti, la forza normale di compressione non deve eccedere rispettivamente il 40% in CD”B” e il 35% in CD”A” della resistenza massima a compressione della sezione di solo calcestruzzo.

3) Se il fattore di struttura è maggiore di due � � 2 si deve tenere conto della forza assiale dinamica aggiuntiva che si genera delle pareti per effetto di apertura e chiusura di fessure orizzontali e del sollevamento del suolo. In assenza di più accurate analisi essa può essere assunta pari al 350% della forza assiale dovute i carichi verticali in condizioni sismiche.

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Prima di passare alla verifica a taglio delle pareti, vediamo di operare un piccolo richiamo sulla verifica e dimensionamento dei pilastri, per alcuni ragioni affini alle pareti.

Lo sforzo normale resistente Lo sforzo normale resistente Lo sforzo normale resistente Lo sforzo normale resistente � 0 in un pilastro è dato dalla seguente relazione:in un pilastro è dato dalla seguente relazione:in un pilastro è dato dalla seguente relazione:in un pilastro è dato dalla seguente relazione: årv � 0,8F¥�¥v � �ÀvFn Il coefficiente riduttivo 0,8 è presente perché il pilastro è una struttura Il coefficiente riduttivo 0,8 è presente perché il pilastro è una struttura Il coefficiente riduttivo 0,8 è presente perché il pilastro è una struttura Il coefficiente riduttivo 0,8 è presente perché il pilastro è una struttura

semplicemente compressa, e questa è una condizione gravosa, e quindi si deve semplicemente compressa, e questa è una condizione gravosa, e quindi si deve semplicemente compressa, e questa è una condizione gravosa, e quindi si deve semplicemente compressa, e questa è una condizione gravosa, e quindi si deve

tenere conto degli eventuali effetti deleteri dovuti all’eccentricità non tenere conto degli eventuali effetti deleteri dovuti all’eccentricità non tenere conto degli eventuali effetti deleteri dovuti all’eccentricità non tenere conto degli eventuali effetti deleteri dovuti all’eccentricità non

intenzionale. L’area del calcintenzionale. L’area del calcintenzionale. L’area del calcintenzionale. L’area del calcestruzzo minima, può essere determinata con la estruzzo minima, può essere determinata con la estruzzo minima, può essere determinata con la estruzzo minima, può essere determinata con la

relazione seguente, tendo conto che l’acciaio deve essere in grado di assorbire relazione seguente, tendo conto che l’acciaio deve essere in grado di assorbire relazione seguente, tendo conto che l’acciaio deve essere in grado di assorbire relazione seguente, tendo conto che l’acciaio deve essere in grado di assorbire

come minimo il 10% dello sforzo normale sollecitante come minimo il 10% dello sforzo normale sollecitante come minimo il 10% dello sforzo normale sollecitante come minimo il 10% dello sforzo normale sollecitante ��0:::: F¥,Ltx � 0,9å�v0,8�¥v

L’armatura longitudinale deve L’armatura longitudinale deve L’armatura longitudinale deve L’armatura longitudinale deve rispettare i seguenti minimi:rispettare i seguenti minimi:rispettare i seguenti minimi:rispettare i seguenti minimi:

Fn < �0,10 å�v�Àv0,3%F¥

Al punto 4.1.6.1.2 si fa riferimento al diametro minimo delle barre Al punto 4.1.6.1.2 si fa riferimento al diametro minimo delle barre Al punto 4.1.6.1.2 si fa riferimento al diametro minimo delle barre Al punto 4.1.6.1.2 si fa riferimento al diametro minimo delle barre

longitudinali che deve essere di 12mm. Con riferimento ad una sezione longitudinali che deve essere di 12mm. Con riferimento ad una sezione longitudinali che deve essere di 12mm. Con riferimento ad una sezione longitudinali che deve essere di 12mm. Con riferimento ad una sezione

pressoinflessa, la verifica agli SLU si esegue controllanpressoinflessa, la verifica agli SLU si esegue controllanpressoinflessa, la verifica agli SLU si esegue controllanpressoinflessa, la verifica agli SLU si esegue controllando che:do che:do che:do che: Úrv � Úrvå§v < Ú§v Richiamando le seguenti definizioni:Richiamando le seguenti definizioni:Richiamando le seguenti definizioni:Richiamando le seguenti definizioni:

89:9; � � �� → Û!% � !"#�%%#"#��*!� � å§v/��¥v → ��!*�!"!*��+#�� �#"% !"�+# 89:

9; I � Fn�Àv/��¥v → %�#&&�" &�� �*����*��#%�I, � Fn, �Àv/��¥v → %�#&&�" &�� �*����*�&!��.

Nelle definizioni precedenti ci si deve ricordare che nel campo 6, al posto Nelle definizioni precedenti ci si deve ricordare che nel campo 6, al posto Nelle definizioni precedenti ci si deve ricordare che nel campo 6, al posto Nelle definizioni precedenti ci si deve ricordare che nel campo 6, al posto

dell’altezza utile dell’altezza utile dell’altezza utile dell’altezza utile 0, si deve mettere l’altezza totale di sezione , si deve mettere l’altezza totale di sezione , si deve mettere l’altezza totale di sezione , si deve mettere l’altezza totale di sezione �.... Per stabilire se Per stabilire se Per stabilire se Per stabilire se la nostra condizione sollecitante ricada all’interno del campo la nostra condizione sollecitante ricada all’interno del campo la nostra condizione sollecitante ricada all’interno del campo la nostra condizione sollecitante ricada all’interno del campo

resistente, è sufficiente imporre questa verifica parziale:resistente, è sufficiente imporre questa verifica parziale:resistente, è sufficiente imporre questa verifica parziale:resistente, è sufficiente imporre questa verifica parziale: Èå§v � årvÚrv < Ú§v

Ricordo che lo sforzo normale sollecitante (considerato uguale a quello Ricordo che lo sforzo normale sollecitante (considerato uguale a quello Ricordo che lo sforzo normale sollecitante (considerato uguale a quello Ricordo che lo sforzo normale sollecitante (considerato uguale a quello

resistete, in questa verifica), è resistete, in questa verifica), è resistete, in questa verifica), è resistete, in questa verifica), è dato dalla seguente relazione:dato dalla seguente relazione:dato dalla seguente relazione:dato dalla seguente relazione: årv � å�v � �¥v/ ��ìy = � �Àv(Fn � �Àv(′Fn,

Dove Dove Dove Dove �� è un coefficiente di totalità che per i campi 3è un coefficiente di totalità che per i campi 3è un coefficiente di totalità che per i campi 3è un coefficiente di totalità che per i campi 3----4444----5 vale 0,81, mentre 5 vale 0,81, mentre 5 vale 0,81, mentre 5 vale 0,81, mentre

i coefficienti i coefficienti i coefficienti i coefficienti � e e e e �′ sono dei coefficienti di efficienza nell’uso del sono dei coefficienti di efficienza nell’uso del sono dei coefficienti di efficienza nell’uso del sono dei coefficienti di efficienza nell’uso del

materiale. Come primo passo nella verifica è quello di portare l’azione assiale materiale. Come primo passo nella verifica è quello di portare l’azione assiale materiale. Come primo passo nella verifica è quello di portare l’azione assiale materiale. Come primo passo nella verifica è quello di portare l’azione assiale

sollecitante in corrispondenza alla posizione di armatura tesa:sollecitante in corrispondenza alla posizione di armatura tesa:sollecitante in corrispondenza alla posizione di armatura tesa:sollecitante in corrispondenza alla posizione di armatura tesa: Ú§v∗ � Ú§v 3 å§v ��2 � & 

Il momento adimensionalizzato è datIl momento adimensionalizzato è datIl momento adimensionalizzato è datIl momento adimensionalizzato è dato dalla seguente relazione:o dalla seguente relazione:o dalla seguente relazione:o dalla seguente relazione: � � Ú§v/���¥v � �=1 � (o� � (,I,1 � ¾,

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�!�#c (o � �� � ��� è +&!#�� & #"�#� �+�#���¾ � &� ; ¾, � &,� è +&!�* �#**! "�#* !*##%��#* !*#�� �#"% !"�+ ����!

Mentre Mentre Mentre Mentre 5 è la distanza dal punto di applicazione della risultante delle è la distanza dal punto di applicazione della risultante delle è la distanza dal punto di applicazione della risultante delle è la distanza dal punto di applicazione della risultante delle

compressioni sul calcestruzzo dal bordo superiore. Per condurre a termine la compressioni sul calcestruzzo dal bordo superiore. Per condurre a termine la compressioni sul calcestruzzo dal bordo superiore. Per condurre a termine la compressioni sul calcestruzzo dal bordo superiore. Per condurre a termine la

verifica si procede per via iterativa, essendo verifica si procede per via iterativa, essendo verifica si procede per via iterativa, essendo verifica si procede per via iterativa, essendo � 0 a sua volta dipendente da a sua volta dipendente da a sua volta dipendente da a sua volta dipendente da �:::: �t � årv � �Àv(Fn � (,Fn, �¥v/�=

Alla fine deve essere verificato quanto segue, in accordo con le premesse Alla fine deve essere verificato quanto segue, in accordo con le premesse Alla fine deve essere verificato quanto segue, in accordo con le premesse Alla fine deve essere verificato quanto segue, in accordo con le premesse

iniziali:iniziali:iniziali:iniziali: �rv∗ < ��v Mentre per la resistenza al taglio sono previste tre verifiche diverse:

1) Verifica dell’anima a compressione. 2) Verifica del meccanismo resistente a trazione. 3) Verifica a scorrimento lungo piani orizzontali.

Per le strutture in CD”B” la verifica a taglio deve essere condotta allo stesso modo dei pilastri (NTC - 4.1.2.1.3), con una ulteriore verifica allo scorrimento. Mentre per le strutture in CD”A” nelle verifiche si deve considerare la possibile rottura a taglio compressione del calcestruzzo dell’anima, la possibile rottura a taglio trazione delle armature dell’anima, la possibile rottura per scorrimento nelle zone critiche (infatti si deve prestare attenzione alle riprese del getto). La verifica a compressione dell’anima (verifica del puntone compresso di calcestruzzo), deve essere eseguita in accordo con il punto 4.1.2.1.3 dell’NTC, assumendo un braccio delle forze interne � pari all’80% dell’altezza della sezione ed un’inclinazione delle diagonali compresse pari a @ � 45°. Nelle zone critiche tale resistenza va moltiplicata per un fattore riduttivo 0,4. Ôm_^ � R, I × `� × �� × �_ Þ h_^, Þ _]�� � _]�ëi � _]�dë

Mentre la verifica del meccanismo resistente a trazione va fatta tendo conto del rapporto di taglio =n, dove: =n � Ú§vä§v+�

Se =n < 2, la determinazione della resistenza è condotta in accordo con il punto 4.1.2.1.3 dell’NTC, assumendo un braccio delle forze interne pari all’80% dell’altezza della sezione, ed una inclinazione delle diagonali compresse @ pari a 45°, quindi fatto salvo quanto già detto a pag. 28, il tutto si traduce nella seguente relazione: ÔmT^ � R, I × `� × ÕT�T Þ hÄ^ Þ _]�� � _]�ë Þ TUV��!�#�#*@ � 45°�!&�#&!�@ � 1 Se =n � 2 la verifica a taglio trazione dell’armatura dell’anima, deve essere eseguita usando le seguenti due espressioni: ÔmT^ � Ôm_^t].Õ[�. � R,JKo¶hÄ^���T`� ~!" +� "&!+!&�#o¶hÄ^��R,I`� ] o|hÄ^��R,I`� �43-té^

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®!�#899:99;

p�p}� *���!*� $#!�#�* & �#++,�*����*�!* ��!"��+##�#*� &�+#.�Àv *#% %�#"��� &�+&!+!�#++,�*����*�./�%�#%%!*#�#+%#��!.+�+�"$�#����#+%#��!.å§v è+��!*���%% �+#� �*!$#��!, �!% � ��%#� &!��*#%% !"#.är¥vw.Ò¦L.è+�*#% %�#"�����$+ !�#$+ #+#�#"� "!"�*��� .

Per il calcolo di är¥vw.Ò¦L. è opportuno fare un breve richiamo, direttamente dal punto 4.1.2.1.3.1 dell’NTC.

PuntoPuntoPuntoPunto 4.1.2.1.3.4.1.2.1.3.4.1.2.1.3.4.1.2.1.3.1111 –––– NTC NTC NTC NTC –––– Elementi Elementi Elementi Elementi senzasenzasenzasenza armature trasversali resistenti a armature trasversali resistenti a armature trasversali resistenti a armature trasversali resistenti a

taglio.taglio.taglio.taglio.

È consentito l’impiego di solai, piastre e membrature a comportamento analogo, È consentito l’impiego di solai, piastre e membrature a comportamento analogo, È consentito l’impiego di solai, piastre e membrature a comportamento analogo, È consentito l’impiego di solai, piastre e membrature a comportamento analogo,

sprovviste disprovviste disprovviste disprovviste di armature trasversali resistenti a taglio. La resistenza a taglio armature trasversali resistenti a taglio. La resistenza a taglio armature trasversali resistenti a taglio. La resistenza a taglio armature trasversali resistenti a taglio. La resistenza a taglio Ôm^ di tali elemedi tali elemedi tali elemedi tali elementi deve esserenti deve esserenti deve esserenti deve essere valutata, utilizzando formule di comprovata valutata, utilizzando formule di comprovata valutata, utilizzando formule di comprovata valutata, utilizzando formule di comprovata

affidabilità, sulla base della resistenza a trazione delaffidabilità, sulla base della resistenza a trazione delaffidabilità, sulla base della resistenza a trazione delaffidabilità, sulla base della resistenza a trazione del calcestruzzo.calcestruzzo.calcestruzzo.calcestruzzo.

La verifica di resistenza (SLU) si pone conLa verifica di resistenza (SLU) si pone conLa verifica di resistenza (SLU) si pone conLa verifica di resistenza (SLU) si pone con:::: ärv ≥ ä§v Con riferimento all’elemento fessurato da momento flettente, la Con riferimento all’elemento fessurato da momento flettente, la Con riferimento all’elemento fessurato da momento flettente, la Con riferimento all’elemento fessurato da momento flettente, la resistenza al resistenza al resistenza al resistenza al

taglio si valuta contaglio si valuta contaglio si valuta contaglio si valuta con::::

Ôm^ � úR, iI� iRRo`h_�iLµ_ � R, iK�_{û��^ ≥ Ë|�\V � R, iK�_{Ì��^

®!�#

89999:9999; ( � 1 � <200� ] 2

�Ltx � 0,035�(ô��¥K�è+,�+�#����� +#�#++�%#� !"# "��.pq � Fnq/�� ] 0,02è +*���!*�!$#!�#�* &!� �*����*�+!"$ ��� "�+#.æ¥s � å§vF¥ ] 0,2�¥v è+��#"% !"#�#� �� &!��*#%% !"#"#++�%#� !"#./�è+�+�*$�#���� " ���#++�%#� !"# "��.

In presenza di significativi sforzi di trazione, la resistenza a taglio del In presenza di significativi sforzi di trazione, la resistenza a taglio del In presenza di significativi sforzi di trazione, la resistenza a taglio del In presenza di significativi sforzi di trazione, la resistenza a taglio del

calcestruzzo è da considerarsicalcestruzzo è da considerarsicalcestruzzo è da considerarsicalcestruzzo è da considerarsi nulla e, in tal caso, non è possibile adottare nulla e, in tal caso, non è possibile adottare nulla e, in tal caso, non è possibile adottare nulla e, in tal caso, non è possibile adottare

elementi sprovvisti di armatura trasversale.elementi sprovvisti di armatura trasversale.elementi sprovvisti di armatura trasversale.elementi sprovvisti di armatura trasversale.

Le armature lLe armature lLe armature lLe armature longitudinali, oltre ad assorbire gli sforzi conseguenti alle ongitudinali, oltre ad assorbire gli sforzi conseguenti alle ongitudinali, oltre ad assorbire gli sforzi conseguenti alle ongitudinali, oltre ad assorbire gli sforzi conseguenti alle

sollecitazioni di flessione,sollecitazioni di flessione,sollecitazioni di flessione,sollecitazioni di flessione, devono assorbire quelli provocati dal taglio dovuti devono assorbire quelli provocati dal taglio dovuti devono assorbire quelli provocati dal taglio dovuti devono assorbire quelli provocati dal taglio dovuti

all’inclinazione delle fessure rispetto all’asseall’inclinazione delle fessure rispetto all’asseall’inclinazione delle fessure rispetto all’asseall’inclinazione delle fessure rispetto all’asse della trave, inclinazione della trave, inclinazione della trave, inclinazione della trave, inclinazione

assunta pari a 45°. In particolare, in assunta pari a 45°. In particolare, in assunta pari a 45°. In particolare, in assunta pari a 45°. In particolare, in corrispondenza degli appoggi, lecorrispondenza degli appoggi, lecorrispondenza degli appoggi, lecorrispondenza degli appoggi, le

armature longitudinali devono assorbire uno sforzo pari al taglio armature longitudinali devono assorbire uno sforzo pari al taglio armature longitudinali devono assorbire uno sforzo pari al taglio armature longitudinali devono assorbire uno sforzo pari al taglio

sull’appoggiosull’appoggiosull’appoggiosull’appoggio. Solo a titolo di richiamo, ho che:. Solo a titolo di richiamo, ho che:. Solo a titolo di richiamo, ho che:. Solo a titolo di richiamo, ho che: h_� � R,ILm_�#� "!+�*#é_ � dd. RRR�h_�iR  R,L � dd. RRR �h_� � IiR  R,L

Dopo aver affrontato la verifica dell'anima a compressione, e la verifica del meccanismo resistente a trazione, ci rimane la verifica a scorrimento nelle zone critiche. Per possibili piani di

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scorrimento, si intendono le riprese del getto, o i giunti costruttivi, che si trovano all'interno delle zone critiche. Deve comunque risultare quanto segue: ä§v ] ärv,n Dove ärv,n è il valore di progetto della resistenza a taglio nei confronti dello scorrimento, e questa è data dalle seguenti componenti:

ärv,n � ävv � ätv � ä±v�!�# � ävv → ~!"�* /��!�#++,#��#��!%� "!��!ätv → ~!"�* /��!�#++#�*����*# "&+ "��#ä±v → ~!"�* /��!�#++�*#% %�#"���++′���* �!

Tutti questi diversi contributi sono dati dalle seguenti espressioni:

ävv � � "89:9;1,3Ŭ Fn­­ ÆJ�¥v�Àv

0,25�Àv ¬ Fn­­ä±v � � " ��± »Å�Àv ¬ Fn­­ � å§vÆ � � Ú§v� ¼0,5_�¥v�+�/�

ätv � �Àv �¬ Fntt   &!%t

Vediamo ora di definire il significato dei vari termini che appaiono nelle espressioni precedenti: _ � =­ �1 � �¥K250  &!" È =­ � 0,60�¥K#%�*#%%! "ÚÛ��!*��+�7.4.9�#++,åÄ~

Il coefficiente _ lo ritroveremmo poi nella verifica dei panelli di nodo. Mentre per tutti gli altri termini ho quanto segue:

899:99;�± � 0,60è +&!#�� & #"�#�,���* �!&+�&#%�*���! � &+�&#%�*���!%!��!�� !" & &+ &�#¬ Fn­­ è+�%!����#++#�*##�#++#/�**#�#*� &�+ "�#*%#&�"� +� �"!� %&!** �#"�!�è+,�+�#����#++���*�#&!��*#%%��� �#"% !"�+ �����&!"+,�+�#����#++�%#� !"#¬ Fntt è+�%!����#++#�*##�#++#/�**# "&+ "��# "�#*%#&�"� +� �"!� %&!** �#"�!tè+,�"$!+!� "&+ "�� !"#�#++,�*����*� "&+ "���

Per le pareti tozze (�q� ]2) deve risultare che ätv � Ñ��� , in altri termini almeno il 50% del taglio

deve essere assorbito dalle armature inclinate. La presenza di armature inclinare comporta un incremento della resistenza a flessione alla base della parete che deve essere considerato quando si determina il taglio di calcolo ä§v. Per quanto concerne i particolari costruttivi si deve fare riferimento ai seguenti punti:

1) Nell’altezza della zona inelastica di base �¥¦, si definisce una zona “confinata” costituita dallo spessore della parete e da una lunghezza “confinata” ¿¥pari al 20% della lunghezza in pianta ¿� della parete stessa e comunque non inferiore a 1,5 volte lo spessore della parete.

2) In tale zona il rapporto geometrico p dell’armatura totale verticale, riferito all’area confinata, deve essere compreso tra i seguenti limiti: 1% ] p ] 4%

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3) Nelle zone confinate l’armatura trasversale deve essere costituita da tondini di diametro non inferiore a 6mm, disposti in modo da fermare una barra verticale ogni 2, con un passo non superiore a 8 volte il diametro della barra longitudinale o a 10 cm. Le barre non fissate devono trovarsi a meno di 15 cm da una barra fissata.

4) Nella rimanente parte della parete, in pianta ed in altezza, vanno seguite le regole delle condizioni non sismiche, con un minimo di armatura minima orizzontale e verticale pari allo 0,2%, per controllare la fessurazione da taglio.

4.4 – Travi di collegamento o accoppiamento. Il problema di queste travi di collegamento è che sono soggette ad elevate forze di taglio, che può

essere definito come la somma dei momenti di testa diviso la luce, e in genere la luce di queste travi è contenuta, quindi ho un comportamento di natura tagliante. Vediamo quali sono i principali meccanismi di rottura:

1) Crisi del puntone compresso, con fessurazioni parallele allo stesso.

2) Meccanismo dello sliding shear, cioè rottura per scorrimento/taglio della sezione resistente.

3) Rottura a trazione dell’armatura a taglio. Prima di tutto la normativa afferma che travi avente una altezza pari allo spessore del solaio, non sono da considerare efficaci al fine del collegamento.

Ed è bene ribadire inoltre che questi elementi strutturali ben mostrano il diverso comportamento che possiamo avere per le condizioni statiche, rispetto a condizioni dinamiche. Infatti questi setti, caratterizzati da elevate altezze, non hanno nessun problema a sopportare i carichi statici, mentre

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è del tutto evidente i problemi che hanno in condizioni operative diverse, la tipologia di rottura alla quale vanno incontro, è dovuta alle elevate sollecitazioni di taglio, essendo un elemento con una luce contenuta. Ma vediamo che cosa ci dice la normativa a tal proposito, prima di tutto se viene ad essere rispettato almeno uno dei seguenti

limiti, si può procedere con il dimensionamento e le verifiche utilizzati per le travi.

1) Il rapporto tra la luce netta ¿x e l’altezza â, deve essere uguale o superiore a 3; ö�d < 3.

2) Lo sforzo di taglio di calcolo deve essere: ä§v ] �¥Av/�. Dove �¥Av è la resistenza di calcolo a trazione del calcestruzzo, la quale può essere determinata dalla seguente relazione:

�¥Av � �¥AK¡ù � 0,7 Þ �¥AL¡ù �89:9; 0,7 Þ 0,30 Þ �¥K� ô�1,5 �#*&+�%% � "!* � ~50 � 60

0,7 Þ 2,12 Þ ln �1 � �¥K � 810 �1,5 �#*&+�%% ��$$ !* � ~50 � 60

Se le condizioni precedenti non sono sodisfatte, lo sforzo di taglio deve essere assorbito da armature ad X staffate.

Le armature così disposte devono rispettare le seguenti condizioni.

1) Deve essere rispettata la seguente disuguaglianza:

Ôé^ ] dÕT\hÄ^TUV� → c ä§v è +��+!*#� �*!$#��!�#++�%!++. ��$+ �"�# �ä§v � 2Ú§v+  Fnt è+,�*#��#++,�*����*�� %�!%��%#&!"�!+#� *#�. � �$!"�+ =è+,�"$!+!�!*���!�*�+#� �$!"�+ #+′!* ��!"��+#

2) Le armature disposte secondo le due direzioni diagonali devono essere organizzate in elementi a forma di colonna, e la loro lunghezza di ancoraggio deve essere maggiorata del 50% rispetto a quanto previsto dall'Eurocodice 2.

3) Si devono disporre staffe attorno a questi elementi-colonna al fine di prevenire fenomeni di instabilità delle barre d'armatura longitudinale. Si applicano le disposizioni di cui in

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2.8.2.3(4) e 2.8.3.3(4) dell’Eurocodice 8; il passo % non deve comunque essere maggiore di 100mm.

4) In ogni caso le disposizioni costruttive per le travi al di fuori della zona critica si applicano anche alle travi di collegamento.

In particolare vediamo le disposizioni da applicare per le staffe, per garantire condizioni adeguate di duttilità, in funzione della classe di duttilità della struttura. Punto EC8 - 2.8.2.3(4) – Classe di duttilità CD”A”.

a) Il diametro delle staffe ��� deve rispettare la seguente condizione:

��� < 0,40��ö,Loy<�Àvö�Àv� �!�# ���ö,Loy +� ��#�*!��%% �!�#++#/�**#+!"$ ��� "�+ �Àvö*#% %�#"��� &�&!+!�#*+#/�**#+!"$ ��� "�+ �Àv�*#% %�#"��� &�+&!+!�#*+#%����#

b) Il passo % delle staffe deve rispettare i seguenti vincoli:

% ] c /P4100��5��ö� �!�# È/Pè+�� �#"% !"#� " ���#+"�&+#!� &�+&#%�*���!��öè +� ��#�*!�#++#/�**#+!"$ ��� "�+

c) Si possono utilizzare staffature multiple, e la distanza tra due barre longitudinali consecutive contenute dalla piegatura di una staffa o da legature non deve superare i 150 mm.

Punto EC8 - 2.8.3.3(4) – Classe di duttilità CD”B”.

a) Il diametro delle staffe ��� deve rispettare la seguente condizione:

��� < 0,35��ö,Loy<�Àvö�Àv� �!�# ���ö,Loy +� ��#�*!��%% �!�#++#/�**#+!"$ ��� "�+ �Àvö*#% %�#"��� &�&!+!�#*+#/�**#+!"$ ��� "�+ �Àv�*#% %�#"��� &�+&!+!�#*+#%����#

b) Il passo % delle staffe deve rispettare i seguenti vincoli:

% ] c /P3150��7��ö� �!�# È/Pè+�� �#"% !"#� " ���#+"�&+#!� &�+&#%�*���!��öè +� ��#�*!�#++#/�**#+!"$ ��� "�+

c) La distanza tra due barre longitudinali consecutive contenute dalla piegatura di una staffa o da legature non deve superare i 200mm.

Per quanto concerne le disposizioni inerenti alla lunghezza di ancoraggio, si rimanda all’applicazione svolta nelle pagine successive. Come si osserva da un punto di vista operativo viene ad essere fatto lavorare solamente l’acciaio, sia a trazione che a compressione (vedi figura 2.23), e questo conferisce una elevata duttilità a tutto il mio sistema, ancora una volta sono i dettagli costruttivi a definire un buon comportamento all’azione sismica.

E questo concetto ben viene ad essere rappresentato nei rispettivi cicli isteretici, ricavati dalle prove di laboratorio. Ben si nota il diverso comportamento dissipativo, che è ottimo per il sistema con i traversi armati, mentre per quello convenzionale si nota delle continue “perdite di rigidezza”, dovute alla progressiva rottura dei traversi stessi.

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Analizzando questi cicli si ricava per i traversi non armati a X un fattore di struttura (rapporto tra la deformazione ultima e quella di snervamento) pari a circa 3, che corrisponde grosso modo al fattore di struttura dei soli setti, quindi la presenza dei setti è pressoché trascurabile. Mentre con i setti armati arriviamo ad avere un fattore di struttura pari a 10, con un comportamento dissipativo nettamente maggiore (l’area sottesa dai cicli), e questo è principalmente dovuto al fatto che con i traversi armati, facciamo lavorare solamente l’acciaio.

Nota → “First wall yield” è il punto di primo snervamento del muro. Solo con l’intento di richiamare alcuni concetti, vediamo di riassumere le prescrizioni concernenti le travi.

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Punto 4.1.6Punto 4.1.6Punto 4.1.6Punto 4.1.6.1..1..1..1.1111 –––– NTC NTC NTC NTC –––– Armatura delle traviArmatura delle traviArmatura delle traviArmatura delle travi....

L’area dellL’area dellL’area dellL’area dell’’’’armatura armatura armatura armatura longitudinale in zona tesa non deve essere inferiore alongitudinale in zona tesa non deve essere inferiore alongitudinale in zona tesa non deve essere inferiore alongitudinale in zona tesa non deve essere inferiore a::::

ÕT.�\V < �R, d�h_��hÄ� ��^R, RRiL��^

ddddoveoveoveove::::

- �� rappresenta la larghezza media della zona tesa; per una trave a T, con rappresenta la larghezza media della zona tesa; per una trave a T, con rappresenta la larghezza media della zona tesa; per una trave a T, con rappresenta la larghezza media della zona tesa; per una trave a T, con

piattabanda compressa, nel calcolare il valore di piattabanda compressa, nel calcolare il valore di piattabanda compressa, nel calcolare il valore di piattabanda compressa, nel calcolare il valore di �� si consi consi consi considera solo la sidera solo la sidera solo la sidera solo la

larghezza dell’anima.larghezza dell’anima.larghezza dell’anima.larghezza dell’anima.

- ^ è l’altezza utile della sezione.è l’altezza utile della sezione.è l’altezza utile della sezione.è l’altezza utile della sezione.

- h_�� è il valore medio della resistenza a trazione assiale definita in è il valore medio della resistenza a trazione assiale definita in è il valore medio della resistenza a trazione assiale definita in è il valore medio della resistenza a trazione assiale definita in

precedenza.precedenza.precedenza.precedenza.

- hÄ� è il valore caratteristico della resistenza a trazione dell’armatura è il valore caratteristico della resistenza a trazione dell’armatura è il valore caratteristico della resistenza a trazione dell’armatura è il valore caratteristico della resistenza a trazione dell’armatura

ordinaria.ordinaria.ordinaria.ordinaria.

Negli Negli Negli Negli appoggi di estremità all’intradosso deve essere disposta un’armatura appoggi di estremità all’intradosso deve essere disposta un’armatura appoggi di estremità all’intradosso deve essere disposta un’armatura appoggi di estremità all’intradosso deve essere disposta un’armatura

efficacemente ancorata,efficacemente ancorata,efficacemente ancorata,efficacemente ancorata, calcolata per uno sforzo di trazione pari al taglio.calcolata per uno sforzo di trazione pari al taglio.calcolata per uno sforzo di trazione pari al taglio.calcolata per uno sforzo di trazione pari al taglio.

Al di fuori delle zone di sovrapposizione, l’area di armatura tesa o compressa Al di fuori delle zone di sovrapposizione, l’area di armatura tesa o compressa Al di fuori delle zone di sovrapposizione, l’area di armatura tesa o compressa Al di fuori delle zone di sovrapposizione, l’area di armatura tesa o compressa

non deve superarenon deve superarenon deve superarenon deve superare individualmenindividualmenindividualmenindividualmente te te te ÕT,�a� � R, RHÕ_, essendo , essendo , essendo , essendo Õ_ l’area della l’area della l’area della l’area della

sezione trasversale di calcestruzzo.sezione trasversale di calcestruzzo.sezione trasversale di calcestruzzo.sezione trasversale di calcestruzzo.

Le travi devono prevedere armatura trasversale costituita da staffe con sezione Le travi devono prevedere armatura trasversale costituita da staffe con sezione Le travi devono prevedere armatura trasversale costituita da staffe con sezione Le travi devono prevedere armatura trasversale costituita da staffe con sezione

complessiva noncomplessiva noncomplessiva noncomplessiva non inferiore ad inferiore ad inferiore ad inferiore ad ÕT�,�\V � i,K� ���d� � essendo essendo essendo essendo � lo spessore milo spessore milo spessore milo spessore minimo nimo nimo nimo

dell’anima in millimetri, con undell’anima in millimetri, con undell’anima in millimetri, con undell’anima in millimetri, con un minimo di tre staffe al metro e comunque passo minimo di tre staffe al metro e comunque passo minimo di tre staffe al metro e comunque passo minimo di tre staffe al metro e comunque passo

non superiore a 0,8 volte l’altezza utile dellanon superiore a 0,8 volte l’altezza utile dellanon superiore a 0,8 volte l’altezza utile dellanon superiore a 0,8 volte l’altezza utile della sezione.sezione.sezione.sezione.

In ogni caso almeno il 50% dell’armatura necessaria per il taglio deve essere In ogni caso almeno il 50% dell’armatura necessaria per il taglio deve essere In ogni caso almeno il 50% dell’armatura necessaria per il taglio deve essere In ogni caso almeno il 50% dell’armatura necessaria per il taglio deve essere

costituita da staffe.costituita da staffe.costituita da staffe.costituita da staffe.

Calcolo Calcolo Calcolo Calcolo dell’armatura longitudinale di una trave, soggetta a flessione dell’armatura longitudinale di una trave, soggetta a flessione dell’armatura longitudinale di una trave, soggetta a flessione dell’armatura longitudinale di una trave, soggetta a flessione

semplice.semplice.semplice.semplice.

Con riferimento all’analisi elastica lineare con ridistribuzione dei momenti Con riferimento all’analisi elastica lineare con ridistribuzione dei momenti Con riferimento all’analisi elastica lineare con ridistribuzione dei momenti Con riferimento all’analisi elastica lineare con ridistribuzione dei momenti

prevista al §4.1.1.1 delleprevista al §4.1.1.1 delleprevista al §4.1.1.1 delleprevista al §4.1.1.1 delle NTC, nel seguito si forniscono alcune precisazioni NTC, nel seguito si forniscono alcune precisazioni NTC, nel seguito si forniscono alcune precisazioni NTC, nel seguito si forniscono alcune precisazioni

integrative.integrative.integrative.integrative. CautelativamentCautelativamentCautelativamentCautelativamente, e, e, e, le NTC proibiscono la ridistribuzione dei momenti le NTC proibiscono la ridistribuzione dei momenti le NTC proibiscono la ridistribuzione dei momenti le NTC proibiscono la ridistribuzione dei momenti

nei pilastri e nei nodi, consentendola solo nelle travi continue (sia nei pilastri e nei nodi, consentendola solo nelle travi continue (sia nei pilastri e nei nodi, consentendola solo nelle travi continue (sia nei pilastri e nei nodi, consentendola solo nelle travi continue (sia

appartenenti che non appartenenti a telai) e nelle solette, a condizione che le appartenenti che non appartenenti a telai) e nelle solette, a condizione che le appartenenti che non appartenenti a telai) e nelle solette, a condizione che le appartenenti che non appartenenti a telai) e nelle solette, a condizione che le

sollecitazioni di flessione siano prevalenti ed i rapsollecitazioni di flessione siano prevalenti ed i rapsollecitazioni di flessione siano prevalenti ed i rapsollecitazioni di flessione siano prevalenti ed i rapporti tra le luci di porti tra le luci di porti tra le luci di porti tra le luci di

campate contigue siano compresi nell’intervallo 0,5campate contigue siano compresi nell’intervallo 0,5campate contigue siano compresi nell’intervallo 0,5campate contigue siano compresi nell’intervallo 0,5----2,02,02,02,0....

Nel seguito, per semplicità, si farà riferimento alle sole travi, restando Nel seguito, per semplicità, si farà riferimento alle sole travi, restando Nel seguito, per semplicità, si farà riferimento alle sole travi, restando Nel seguito, per semplicità, si farà riferimento alle sole travi, restando

inteso che le relativeinteso che le relativeinteso che le relativeinteso che le relative considerazioni sono immediatamente estendibili alle considerazioni sono immediatamente estendibili alle considerazioni sono immediatamente estendibili alle considerazioni sono immediatamente estendibili alle

solette.solette.solette.solette. La ridistribuzione La ridistribuzione La ridistribuzione La ridistribuzione dei momenti flettenti garantisce l’equilibrio sia dei momenti flettenti garantisce l’equilibrio sia dei momenti flettenti garantisce l’equilibrio sia dei momenti flettenti garantisce l’equilibrio sia

globale che locale della strutturaglobale che locale della strutturaglobale che locale della strutturaglobale che locale della struttura ma prefigura possibili plasticizzazioni nelle ma prefigura possibili plasticizzazioni nelle ma prefigura possibili plasticizzazioni nelle ma prefigura possibili plasticizzazioni nelle

zone di estremità delle travi; occorre dunquezone di estremità delle travi; occorre dunquezone di estremità delle travi; occorre dunquezone di estremità delle travi; occorre dunque accompagnare la ridistribuzione accompagnare la ridistribuzione accompagnare la ridistribuzione accompagnare la ridistribuzione

con una verifica di duttilità. Tale verifica, pcon una verifica di duttilità. Tale verifica, pcon una verifica di duttilità. Tale verifica, pcon una verifica di duttilità. Tale verifica, peraltro, può essereeraltro, può essereeraltro, può essereeraltro, può essere omessa se si omessa se si omessa se si omessa se si

rispettano le limitazioni sulla entità delle ridistribuzioni fornite dalle NTC, rispettano le limitazioni sulla entità delle ridistribuzioni fornite dalle NTC, rispettano le limitazioni sulla entità delle ridistribuzioni fornite dalle NTC, rispettano le limitazioni sulla entità delle ridistribuzioni fornite dalle NTC,

megliomegliomegliomeglio precisate nel seguito.precisate nel seguito.precisate nel seguito.precisate nel seguito. In effetti, la ridistribuzione dei momenti In effetti, la ridistribuzione dei momenti In effetti, la ridistribuzione dei momenti In effetti, la ridistribuzione dei momenti

flettenti può effettuarsi senza esplicite verifiche in meritoflettenti può effettuarsi senza esplicite verifiche in meritoflettenti può effettuarsi senza esplicite verifiche in meritoflettenti può effettuarsi senza esplicite verifiche in merito alla dutalla dutalla dutalla duttilità tilità tilità tilità

delle membrature, purchédelle membrature, purchédelle membrature, purchédelle membrature, purché siano rispettate le relazioni seguenti:siano rispettate le relazioni seguenti:siano rispettate le relazioni seguenti:siano rispettate le relazioni seguenti:

� � � ] 8:;� � R,HHi, dK ] R,HK {U[ h_� ] LKéZa� � R,KHi, dK ] R,LK {U[ h_� � LKéZa

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Questa è una formulazioneQuesta è una formulazioneQuesta è una formulazioneQuesta è una formulazione di comodo, e in favore della sicurezza, mentre di comodo, e in favore della sicurezza, mentre di comodo, e in favore della sicurezza, mentre di comodo, e in favore della sicurezza, mentre

nell’NTC vengono ad essere riportate le seguenti:nell’NTC vengono ad essere riportate le seguenti:nell’NTC vengono ad essere riportate le seguenti:nell’NTC vengono ad essere riportate le seguenti: � < R,HH� i, dKÅR,�� R, RRiH�_,g`�\�]Æ � < R,JR{U[h_� ] KRéZa � < R,KH� i, dKÅR,�� R, RRiH�_,g`�\�]Æ � < R,JR{U[h_� � KRéZa

Dove con Dove con Dove con Dove con �_,g`�\�] viene ad essere indicata la deformazione ultima del viene ad essere indicata la deformazione ultima del viene ad essere indicata la deformazione ultima del viene ad essere indicata la deformazione ultima del

calcestruzzo. Ovviamente il fattore di plasticizzazione calcestruzzo. Ovviamente il fattore di plasticizzazione calcestruzzo. Ovviamente il fattore di plasticizzazione calcestruzzo. Ovviamente il fattore di plasticizzazione � è compreso tra 0,70 e è compreso tra 0,70 e è compreso tra 0,70 e è compreso tra 0,70 e

1,00, il limite inferiore di 0,70 ha lo scopo 1,00, il limite inferiore di 0,70 ha lo scopo 1,00, il limite inferiore di 0,70 ha lo scopo 1,00, il limite inferiore di 0,70 ha lo scopo di evitare chedi evitare chedi evitare chedi evitare che un eccesso diun eccesso diun eccesso diun eccesso di

ridistribuzione possa indurre plasticizzazione allo Stato Limite di Esercizio ridistribuzione possa indurre plasticizzazione allo Stato Limite di Esercizio ridistribuzione possa indurre plasticizzazione allo Stato Limite di Esercizio ridistribuzione possa indurre plasticizzazione allo Stato Limite di Esercizio

nellenellenellenelle sezioni in cui si riduce il momento resistente, contenendo così le sezioni in cui si riduce il momento resistente, contenendo così le sezioni in cui si riduce il momento resistente, contenendo così le sezioni in cui si riduce il momento resistente, contenendo così le

richieste di duttilità nelle situazionirichieste di duttilità nelle situazionirichieste di duttilità nelle situazionirichieste di duttilità nelle situazioni sismiche.sismiche.sismiche.sismiche.

Solitamente per le nostre travi si utilizza un valore tipico di Solitamente per le nostre travi si utilizza un valore tipico di Solitamente per le nostre travi si utilizza un valore tipico di Solitamente per le nostre travi si utilizza un valore tipico di � pari a 0,85, pari a 0,85, pari a 0,85, pari a 0,85,

questo ci consente di far lavorare correttamente l’armatura nella parte questo ci consente di far lavorare correttamente l’armatura nella parte questo ci consente di far lavorare correttamente l’armatura nella parte questo ci consente di far lavorare correttamente l’armatura nella parte

compressa della sezione, evitando che l’asse neutro si avvicini troppo al bordo compressa della sezione, evitando che l’asse neutro si avvicini troppo al bordo compressa della sezione, evitando che l’asse neutro si avvicini troppo al bordo compressa della sezione, evitando che l’asse neutro si avvicini troppo al bordo

compresso. Cerchiamo di compresso. Cerchiamo di compresso. Cerchiamo di compresso. Cerchiamo di riassumere le principali operazioni:riassumere le principali operazioni:riassumere le principali operazioni:riassumere le principali operazioni:

1)1)1)1) In primo acchito si deve fissare per la nostra trave le dimensioni del In primo acchito si deve fissare per la nostra trave le dimensioni del In primo acchito si deve fissare per la nostra trave le dimensioni del In primo acchito si deve fissare per la nostra trave le dimensioni del

copriferro, il quale dipende dalle caratteristiche di esposizione ambientale, copriferro, il quale dipende dalle caratteristiche di esposizione ambientale, copriferro, il quale dipende dalle caratteristiche di esposizione ambientale, copriferro, il quale dipende dalle caratteristiche di esposizione ambientale,

dalla deviazione accidentale nel montaggio dei ferri longitudinali dalla deviazione accidentale nel montaggio dei ferri longitudinali dalla deviazione accidentale nel montaggio dei ferri longitudinali dalla deviazione accidentale nel montaggio dei ferri longitudinali ∆_^U| �iR��, dal diametro delle staffe, e dal semidiametro dei ferri , dal diametro delle staffe, e dal semidiametro dei ferri , dal diametro delle staffe, e dal semidiametro dei ferri , dal diametro delle staffe, e dal semidiametro dei ferri

longitudinali.longitudinali.longitudinali.longitudinali.

2)2)2)2) Si calcola la posizione dell’asse neutro ipotizzando un determinato fattore Si calcola la posizione dell’asse neutro ipotizzando un determinato fattore Si calcola la posizione dell’asse neutro ipotizzando un determinato fattore Si calcola la posizione dell’asse neutro ipotizzando un determinato fattore

di plasticizzazione di plasticizzazione di plasticizzazione di plasticizzazione �. Ed inoltre devono essere ricalcolati i momenti per la . Ed inoltre devono essere ricalcolati i momenti per la . Ed inoltre devono essere ricalcolati i momenti per la . Ed inoltre devono essere ricalcolati i momenti per la

loro ridistrloro ridistrloro ridistrloro ridistribuzione, ovviamente si ipotizza che le cerniere plastiche si ibuzione, ovviamente si ipotizza che le cerniere plastiche si ibuzione, ovviamente si ipotizza che le cerniere plastiche si ibuzione, ovviamente si ipotizza che le cerniere plastiche si

formino in corrispondenza delle sezioni maggiormente sollecitate. Gli altri formino in corrispondenza delle sezioni maggiormente sollecitate. Gli altri formino in corrispondenza delle sezioni maggiormente sollecitate. Gli altri formino in corrispondenza delle sezioni maggiormente sollecitate. Gli altri

momenti poi devono essere ricalcolati, per trovare una situazione di momenti poi devono essere ricalcolati, per trovare una situazione di momenti poi devono essere ricalcolati, per trovare una situazione di momenti poi devono essere ricalcolati, per trovare una situazione di

equilibrio congruente (ovviamente vale anche per equilibrio congruente (ovviamente vale anche per equilibrio congruente (ovviamente vale anche per equilibrio congruente (ovviamente vale anche per il taglio). il taglio). il taglio). il taglio).

3)3)3)3) Avendo preventivamente calcolato l’inviluppo dei momenti flettenti agenti, Avendo preventivamente calcolato l’inviluppo dei momenti flettenti agenti, Avendo preventivamente calcolato l’inviluppo dei momenti flettenti agenti, Avendo preventivamente calcolato l’inviluppo dei momenti flettenti agenti,

in ragione delle varie combinazioni di carico, possiamo ipotizzare in ragione delle varie combinazioni di carico, possiamo ipotizzare in ragione delle varie combinazioni di carico, possiamo ipotizzare in ragione delle varie combinazioni di carico, possiamo ipotizzare

un’armatura longitudinale di base, che vada a “coprire” i momenti di un’armatura longitudinale di base, che vada a “coprire” i momenti di un’armatura longitudinale di base, che vada a “coprire” i momenti di un’armatura longitudinale di base, che vada a “coprire” i momenti di

minimo. Questa armatura sarà preminimo. Questa armatura sarà preminimo. Questa armatura sarà preminimo. Questa armatura sarà presente per tutta la lunghezza della trave, e sente per tutta la lunghezza della trave, e sente per tutta la lunghezza della trave, e sente per tutta la lunghezza della trave, e

avrà il compito anche di reggere le staffe.avrà il compito anche di reggere le staffe.avrà il compito anche di reggere le staffe.avrà il compito anche di reggere le staffe.

4)4)4)4) Si deve prima affrontare una fase di progetto, poi si affronta una fase di Si deve prima affrontare una fase di progetto, poi si affronta una fase di Si deve prima affrontare una fase di progetto, poi si affronta una fase di Si deve prima affrontare una fase di progetto, poi si affronta una fase di

verifica, facendo attenzione che la sezione deve rispettare i limiti di verifica, facendo attenzione che la sezione deve rispettare i limiti di verifica, facendo attenzione che la sezione deve rispettare i limiti di verifica, facendo attenzione che la sezione deve rispettare i limiti di

duttilità imposti. Peduttilità imposti. Peduttilità imposti. Peduttilità imposti. Per meglio comprendere queste fasi, è utile appoggiarci ad r meglio comprendere queste fasi, è utile appoggiarci ad r meglio comprendere queste fasi, è utile appoggiarci ad r meglio comprendere queste fasi, è utile appoggiarci ad

un esempio. un esempio. un esempio. un esempio.

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5 – NODI TRAVE-PILASTRO DI TELAI ANTISISMICI IN C.A. Ora vediamo di definire la meccanica dei nodi in calcestruzzo armato, in particolare vediamo di definire il comportamento degli stessi, per poter adempire a delle scelte progettuali adeguate. Solo a partire dagli anni ’60 si è iniziato a focalizzare e capire l’importanza del comportamento dei nodi. Infatti osservando i colassi avvenuti prima di quella data, questi erano principalmente dovuti alle crisi degli elementi costruttivi colonne e travi. Quindi la prima ricerca che è stata fatta, è stata quella di aumentare la resistenza e la duttilità di questi elementi, soprattutto in riferimento alle sollecitazioni orizzontali. Una volta messi a punto dei dettagli costruttivi validi per i pilastri e le travi, si è cominciato a vedere delle crisi che riguardavano i panelli di nodo. Quindi a partire dagli anni ’70-’80 si e iniziato a cercare una teoria che riguardasse specificatamente la resistenza dei panelli di nodo. Iniziamo a vedere il comportamento dei nodi da un punto di vista generale, e partiamo con il progetto di un telaio in calcestruzzo armato sismoresistente, e per far questo abbiamo quattro possibilità di modellazione diversa:

1) Statica equivalente. 2) L’analisi spettrale o anche detta dinamica lineare. 3) Push over. 4) Dinamica non lineare o di integrazione temporale.

Con la prima noi andiamo ad analizzare la struttura con il suo primo modo di vibrare, quindi andiamo a definire quelle che sono le forze da applicare ai vari solai. In genere sui telai semplici il primo modo di vibrare è caratterizzato da un modo di vibrare lineare, quindi le forze che andiamo ad applicare ai vari piani sono proporzionali all’altezza. Se noi andiamo a fare una analisi modale, metto in conto anche gli altri modi di vibrazione in funzione della massa partecipante. E andremmo a combinare le varie azioni che derivano da questi diversi modi di vibrare con dei metodi probabilistici, ad esempio utilizzando la relazione CQC. In altri termini andiamo a prendere la prima distribuzione di forze del primo modo di vibrare, la moltiplichiamo per un coefficiente minore dell’unità, dopo di che si prende in considerazione una seconda distribuzione di forze riferita a un secondo modo di vibrare, la si moltiplica sempre un coefficiente, che sarà ancora più piccolo di quello precedente (non è altro che un peso che misura la probabilità di accadimento), e via di seguito. Alla fine si somma il tutto, e quello che tiro fuori alla fine non sono altro che dei massimi e minimi sollecitanti, questo è quello che si ottiene da un’analisi modale.

Ora la normativa afferma che dobbiamo rispettare la gerarchia delle resistenze nel nodo, in altri termini usando una delle quattro analisi (in ragione della zona sismica e della tipologia dell’edificio), si determina il momento sollecitante a livello delle travi concorrenti al nodo j-esimo. Dopo di che si dimensionano queste travi con un adeguato momento resistente, che deve essere maggiore di quello sollecitante, fatta questa operazione mi devo preoccupare dei momenti resistenti delle colonne, ove la normativa afferma quanto segue: la somma dei momenti resistenti delle colonne che convergono al nodo j-esimo devono essere 1,3 volte, la somma dei momenti resistenti delle travi concorrenti al nodo stesso. µm^�\V � i,L = ∑ém^�∑ém^c

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Per far questo devo imporre una condizione di equilibrio a livello di nodo, in modo tale che i momenti siano concordi a coppie, ma che tutto il mio nodo sia in equilibrio, quindi i momenti sulle colonne devono essere complessivamente uguali e contrari ai momenti delle travi. Quindi ad esempio dovrò avere solamente la presenza di momenti orari sulle colonne, e di momenti antiorari sulle travi. Questo meccanismo

funziona molto bene quando noi usiamo la statica equivalente, dove seguo il primo modo di vibrare, e non perdo il significato fisico del mio problema. Mentre con una analisi modale potrei avere delle sollecitazioni che mi arrivino sul nodo dovute al secondo modo di vibrare, quindi sulla colonna potrei ritrovarmi con un momento che non rispecchia la mia condizione di equilibrio nodale, peraltro richiesta dalla normativa. In questo caso devo portare il mio momento resistente

sulla colonna non equilibrato, tra quelli ribaltanti agenti a livello delle travi, quindi in questo caso la colonna rimanente dovrà portare via tutti gli altri momenti restanti, tendo conto sempre del fattore di amplificazione ¡rvjÏ�. Quindi si deve sempre fare riferimento all’equilibrio, anche quando abbiamo delle sollecitazioni che arrivano dall’analisi modale, che di per sé ci fornisce solamente una distribuzione statistica dei massimi e dei minimi, ma dei quali noi non sappiamo a priori a quale distribuzione delle sollecitazioni appartengono. Vediamo di prendere il caso più semplice, ove i momenti sollecitanti delle colonne siano antiorari, e i momenti sollecitanti delle

travi siano orari, e che tra di loro siano in equilibrio. E vediamo che cosa accade a livello di panello di nodo, ed inoltre si consideri l’assenza dello sforzo assiale nella colonna, ed inoltre si consideri che non arrivi sforzo di taglio aggiuntivo a livello dei solai; i momenti flettenti inferiore e superiore sulle colonne sono tra di loro eguali. In questo caso ottengo un insieme di sollecitazione semplificate che agiscono sul nodo. Come meccanismo resistente principale ho la formazione di un puntone compresso lungo la diagonale del panello di nodo, questo è il primo meccanismo resistente detto a puntone diagonale. Questo provoca delle forte compressioni lungo la direzione diagonale, e quindi mi devo aspettare delle forti fessurazioni, sempre in posizione centrale rispetto al nodo stesso. Il secondo meccanismo resistente viene definito a traliccio, e questo si può sviluppare solamente se è presente dell’armatura diffusa di confinamento, infatti questa mi permette di distribuire su una più ampia zona i meccanismi resistenti secondari. Andiamo a vedere ora il comportamento della colonna, e

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la consideriamo entro i punti di mezzeria di interpiano, infatti in questi punti il momento flettente è nullo, se considero il classico schema a telaio.

Quindi le forze di taglio che arrivano dai solai le posso schematizzare come un’azione distribuita ä�, mentre i momenti flettenti si compongono in una coppia di forze; ~� come forza di compressione sul calcestruzzo, e Ä� come forza di trazione sull’acciaio. Ed inoltre faccio l’ipotesi semplificativa che l’armatura superiore ed inferiore sia uguale, e questa è una ipotesi accettabile per zone ad elevata sismicità, ho che per le due travi i medesimi valori di coppia agente. Ora facciamo un equilibrio alla rotazione rispetto al centro del panello di nodo: ä¥+¥ � ~��� � Ä��� � ä��¥ Ora il nostro obiettivo è quello di determinare il valore del

taglio di nodo ä­� orizzontale, quindi facciamo un equilibrio alla traslazione delle forze orizzontali della porzione superiore: ä­� � ~� � Ä� � ä¥ Posso affermare che ~� � Ä�, perché sulle travi non ho presenza di forzo normale. Quindi la relazione può essere così semplificata: ä­� � 2Ä� � ä¥

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Ed inoltre posso usare una relazione semplificata per esprimere il taglio che agisce sulla trave, usando delle semplici relazioni di equilibrio, visto e considerato che il taglio non è altro che la derivata della distribuzione dei momenti flettenti, posso affermare quanto segue: ä� � 2Ú�+�

Dato per inteso che +� è la lunghezza delle travi posso affermare che: ä¥+¥ � 2Ä��� � 2Ú�+� �¥ � 2Ä��� � 2Ä����¥+� ���������ä¥ � 2 ���+¥ � ���¥+�+¥   Ä�

Allora il termine uÞq� è pari a circa 0,1, mentre il secondo termine è pari a 0,01, quindi il taglio sulla

colonna è pari a (è messo in relazione con la trazione su di un acciaio che attraversa la colonna): ä¥ ≅ 20,1 � 0,01Ä� � 0,22Ä� A questo punto posso usare la seconda relazione ottenuta in precedenza: ä­� � 2Ä� � ä¥ � 2Ä� � 0,22Ä� � 1,78Ä� ���������Ôþ¶ � dR, dd Ô_ � Ô_ � IÔ_

Quindi il taglio che attraversa il nodo è otto volte quello che attraversa la colonna, ecco che le fessurazioni sono inevitabili, e capiamo anche perché il panello di nodo è una zona critica del telaio. Vediamo ora di cominciare a disquisire sullo sforzo normale nell’armatura della colonna, questo è strettamente legato al diagramma del momento flettente, ma con qualche distinguo. Il primo caso semplice è quando la colonna è dimensionata opportunamente a taglio, e quindi non abbia fessurazioni a taglio ma le abbia solamente a momento flettente, in questo caso particolare posso assumere che lo sforzo normale agente sulla barra di armatura sia proporzionale al momento flettente agente sulla colonna. Ad un certo punto lo sforzo normale sull’armatura si deve invertire, e questo dovrebbe avvenire all’interno del nodo grazie alle tensioni di aderenza, comunque anche qualora avvenga il cambiamento di segno, lo sforzo normale di compressione sull’acciaio rimane contenuto, visto che

questo viene portato via per la maggior parte dal calcestruzzo. Infatti quando sono in trazione, questa viene ad essere assorbita interamente dalle barre di acciaio, mentre quando sono in compressione, è il calcestruzzo a lavorare. Se invece avessi a che fare con una resistenza a taglio della colonna insufficiente, abbiamo lo stesso comportamento delle travi; in questo caso entrano in gioco i meccanismi resistenti secondari (morch), ed ho un incremento delle tensioni di trazione sull’acciaio. Questo perché l’aderenza si sviluppa solamente nei punti di incrocio del meccanismo tirante e puntone, in altri termini ottengo un comportamento “a reticolare”, quindi l’effetto finale è quello di spostare e anticipare le tensioni di trazione sull’acciaio. E questo vale anche per la zona di nodo, dove ho un ritardo della

trasmissione delle tensioni dall’acciaio al calcestruzzo all’interno del panello di nodo, quindi all’interno dello stesso abbiamo la presenza di tensioni di trazione, che andremmo a quantificare. Per far questo prendo una porzione del nodo e scrivo le rispettive

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condizioni di equilibrio, dove Ä¥, sono le trazioni sulle armature all’interno del nodo lungo la colonna, mentre ® sono le tensioni di compressione dovute al puntone compresso (per il primo meccanismo resistente, ma anche per il secondo). Vediamo che cosa possiamo scrivere a proposito: ®%#"= � ¬ Ä¥, ä­���"= � ¬ Ä¥,

Da quello che si può capire si nota che le tensioni di trazione saranno molto elevate, infatti devono equilibrare la componente verticale del puntone compresso, ed è anche evidente che questa condizione sarebbe meno onerosa se ci fosse la presenza di uno sforzo normale sulla colonna. Vediamo ora di fare gli stessi identici ragionamenti per la sezione verticale: ¬ Ä�, � ®&!%=ä­�&!�= � ¬ Ä�, Combinandole tra di loro ottengo tre relazioni notevoli:

/5-� � Ôþ|Ôþ¶ → c¬ c�, � Ôþ¶¬ c_, � Ôþ|

Queste tre condizioni sono di fondamentale importanza, perché mi consentono di capire quali sono le sollecitazioni vanno a finire nelle barre di nodo. Vediamo ora di ragionare sulle barre della trave che attraversano il nodo, sempre nell’ipotesi di armatura simmetrica: ¬ Ä�, � ä­� � 1,78Ä� ��������� 2F�Þ�n � 1,78F�Þ�À1,25

Attenzione che �� è inteso come tensione media delle barre longitudinale della trave nel punto mediano del nodo, mentre per il calcolo di Ä� si deve tenere conto che per l’acciaio in corrispondenza del bordo esterno del nodo, deve raggiungere le condizioni di snervamento (per la formazione della cerniera plastica), ma oltre a questo deve tenere conto del modulo di incrudimento -P dell’acciaio (questo dipende dal tipo di acciaio). E ottengo che la tensione di trazione sulle stesse barre in mezzeria alla colonna vale: hT � i,JI Þ i, dK Þ hÄd � i, iRhÄ

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Quindi se io non metto armatura aggiuntiva all’interno del nodo, quello che osservo è che l’armatura longitudinale è ancora snervata in trazione all’interno del nodo stesso.

Questo significa che lo spazio residuo per il trasferimento delle tensioni dall’acciaio al calcestruzzo è molto limitato, e per sollecitazioni cicliche mi potrei trovare delle barre tese nella zona di calcestruzzo compresso, una situazione ben diversa da quella prevista teoricamente. Questo è il primo effetto negativo, mentre il secondo effetto negativo riguarda il fatto che all’interno del panello di nodo ho delle elevate dilatazioni (perché l’acciaio non sta’ più operando in campo elastico, ma in campo plastico), con delle elevate fessurazioni che non possono più essere recuperate, quindi perdo il confinamento del nodo. Potrei pensare di aumentare il numero delle barre longitudinale di trave che attraversano il nodo, ma questa è una soluzione controproducente, visto e considerato che andrei ad aumentare le sollecitazioni che interessano il panello di nodo. Quindi devo mettere delle barre

orizzontali che vadano ad interessare solamente la zona di nodo, e queste non sono altro che le staffe di confinamento, che devono aiutare le barre passanti delle travi a sopportare le tensioni di trazione. Quindi se considero anche la presenza delle staffe: ä­� � 1,78Ä� � ¬ Ä�, � ¬ Än� ùtwè����nË2F�Þ � Fn�Ì � ä­�

�nË2F�Þ � Fn�Ì � 1,78F�Þ�À1,25 ����������n � 1,78F�Þ�À1,25Ë2F�Þ � Fn�Ì

In questa relazione è sottointeso che il taglio di nodo viene ad essere assorbito sia dalle armature longitudinali passanti, sia dalle staffe; ora noi ipotizziamo che questo compito debba essere affidato solamente alle staffe: �nFn� � 1,78F�Þ�À1,25 ����������n � 1,78F�Þ�À1,25Fn� !wx�w±áO±Ê����������ÕT� � d, dRÕÓ�

Questa relazione è la stessa che troviamo scritta nei dettagli costruttivi della normativa, la quale viene ad essere così espressa (per la classe di duttilità alta): ÕT� < ËÕÓ³ � ÕÓÓ̵m^^]|Uµm^ � i, dR → êÕÓ³ a[Ua�a[[U`]V´\�g^\Va`\\VhU[\][\ÕÓÓ a[Ua�a[[U`]V´\�g^\Va`\Tg{U[\][\ La presenza di ¡rv è necessaria per garantire la gerarchia delle resistenze, questa è una relazione fondamentale, poi viene ad essere modificata con un coefficiente correttivo per tenere conto della presenza dello sforzo normale sulle colonne. Ed inoltre come si nota la quantità di acciaio necessaria per le staffe di confinamento è notevole, essendo questa la somma dell’area di tutte le barre longitudinali delle travi concorrenti al nodo, il tutto aumentato con un coefficiente di sicurezza. Riepilogo….

- I nodi trave-pilastro sono determinanti nel comportamento dei telai sismo-resistenti. - Le sollecitazioni dei nodi sono conseguenti alle massime sollecitazioni trasmesse dalle

sezioni contigue di travi e pilastri. - Le loro prestazioni dipendono fortemente dalla geometria, dalle caratteristiche meccaniche

e dai dettagli costruttivi. - La dimensione reciproca di travi e pilastri convergenti è il primo fattore determinante per

assicurare non solo la gerarchia delle resistenze ma anche l’integrità del pannello di nodo.

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- La staffatura all’interno del nodo è fondamentale per garantire adeguata resistenza e duttilità evitando collassi fragili.

- Le barre delle travi devono essere passanti nei nodi interni o sufficientemente ancorate nei nodi esterni.

6 – MURI DI CONTROVENTO IN C.A. Il problema principale delle pareti è la definizione del loro modello numerico. Certamente il

primo metodo è quello di usare degli elementi beeem, questi ci consentono di ottenere già a livello di sezione una valutazione delle sollecitazioni agenti (N, T, M). Questo non accade con gli elementi plate, infatti in questo specifico caso ci dobbiamo integrare quelle che sono le tensioni in una certa sezione dell’elemento, per poi procedere a definire le sollecitazioni. Se abbiamo più setti diversamente collegati fra loro, questi possono essere modellati con dei plate, collegati nel medesimo modo. Questa soluzione presenta lo svantaggio della difficile lettura delle sollecitazioni, ma oltre a questo vi è un problema di efficienza di calcolo agli elementi finiti. Infatti se usiamo gli elementi plate, lo schema materiale implementato nel modello, deve essere tridimensionale; questo rallenta il processo di convergenza verso la soluzione, ed il livello di affidabilità è ancora basso, vista anche la scarsa tradizione in tale ambito. Ed inoltre utilizzando gli elementi plate non posso implementare tutte le analisi possibili, ma solo due: l’analisi spettrale e la lineare semplificata. Allo stato attuale i modelli di calcestruzzo non lineari tridimensionali sono ancora relegati alla ricerca, quindi essi non trovano ancora utilizzo

nella professione. Altra soluzione potrebbe essere di inserire degli elementi beem con una sezione riproducente la configurazione spaziale dei setti. In questo caso si deve prestare attenzione al fatto che i beem non conoscono la differenza tra il baricentro ed il centro di taglio. Infatti, come sappiamo, se si applica una forza eccentrica rispetto al centro di taglio, oltre alla semplice flessione, ho anche la presenza di una torsione che comporta la comparsa di ulteriori sollecitazioni all’interno dei setti. Quindi questa ulteriore possibilità è da escludere, a meno che non usino programmi di calcolo che consentano la distinzione tra il centro di taglio ed il baricentro. Ulteriore possibilità è quella di usare un elemento beem per ogni singolo setto, è evidente che questi beem dovranno essere posti in corrispondenza dei baricentri delle singole lamine. Un primo problema è il collegamento tra i vari elementi beem per garantire la congruenza delle deformazioni, che si ottiene consolidando la continuità della sezione. Per garantire il collegamento tra i setti si devono usare degli elementi di collegamento rigidi (rigid-link) a livello di piano, questo consente di avere la congruenza delle deformazioni e degli spostamenti tra i setti. Con quest ultima soluzione si ottengono dei buoni risultati, e viene

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simulata correttamente anche la posizione del centro di taglio. Ma si deve porre attenzione all’inserimento di elementi ad elevata rigidezza, dato che si ottengono delle matrici di rigidezza disomogenee con possibili problemi di stabilità numerica. Pensiamo ora di aver rappresentato le nostre lamine con dei plate, e di aver ottenuto in output delle sollecitazioni per unità di lunghezza, e vediamo come possono essere assorbite queste

sollecitazioni, andando a vedere quello che è il meccanismo resistente di una lamina in calcestruzzo armato. Nel caso considerato l’azione tagliate è certamente l’azione preponderante, quindi un ipotetico concio quadrato, mostrerà delle tensioni principali di compressione da una parte, e di trazione dall’altra. Data la presenza di un minimo di compressione, portata dal peso proprio e dal peso degli orizzontamenti, le direzioni principali non saranno quelle teoriche a 45° del taglio puro, ma avremmo un angolo maggiormente abbattuto. Per il momento ci poniamo nell’ipotesi semplificata che le tensioni principali di trazione siano uguali, in modulo, alle tensioni principali di compressione. (ipotesi di taglio puro). La resistenza teorica del panello di calcestruzzo con doppia direzione di armatura viene determinata mediante l’imposizione della condizione di equilibrio su due sezioni ideali del panello. Quindi partiamo con l’operare un equilibrio alla traslazione orizzontale della parte superiore. A tal proposito si supponga che l’acciaio reagisca solo a trazione, ed inoltre l’armatura

complessivamente è definita dal suo rapporto geometrico p che è l’area complessiva delle barre, divisa per l’area della sezione di calcestruzzo ortogonale alla loro direzione: pq � FqFù� ; pA � FAFù�

Quindi il risultato nelle due direzioni è pari a: êpA ∙ &!%ÁA ∙ Fù ∙ �Àúpq ∙ &!%Áq ∙ Fù ∙ �ÀÏ Il risultato viene scritto in condizioni di snervamento delle barre, quando il panello è in condizioni fessurate. Vediamo ora di comprendere, in termini vettoriali, quale sia la risultante data dall’acciaio. A livello di equilibrio la risultante R deve essere equilibrata dalle azioni che agiscono sul calcestruzzo. Dall’equilibrio alla traslazione del semi-panello, abbiamo che la compressione di destra e di sinistra si elidono a vicenda, mentre la sollecitazione di trazione T è in combinazione con l’azione R, con la quale costituiscono un trangolo delle forze chiuso la componente sul cls C’.

Quest’ultima componente è a sua volta la risultante delle tensioni normali e tangenziali, che si esplicano lungo l’interfaccia di sezione. Quindi l’equazione di equilibrio alla traslazione orizzontale è: ºyÀ ∙ Fù � �pA ∙ &!%ÁA ∙ Fù ∙ �Àú ∙ %#"ÁA � pq ∙ &!%Áq ∙ Fù ∙ �ÀÏ ∙ %#"Áq Elidendo Fù alla fine si ottiene l’espressione che ci fornisce la tensione tangenziale sul calcestruzzo lungo la sezione di taglio.

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Similmente a quanto fatto in precedenza, qui ottengo quanto segue: êpA ∙ %#"ÁA ∙ Fù ∙ �Àúpq ∙ %#"Áq ∙ Fù ∙ �ÀÏ Ancora una volta la risultante R delle tensioni di trazione sull’acciaio, può essere messa in equilibrio con l’azione di compressione C, agente sul bordo del panello, e a chiudere il triangolo delle forze, con la risultante delle tensioni sul calcestruzzo C’. Quindi operando un equilibrio alla traslazione orizzontale otteniamo quanto segue: æy ∙ Fù � ~ � pA ∙ %#"ÁA ∙ Fù ∙ �Àú ∙ %#"ÁA � pq ∙ %#"Áq ∙ Fù ∙ �ÀÏ∙ %#"Áq

Come si osserva il calcestruzzo risulta essere fortemente compresso, quindi se le resistenza a trazione aumenta con l’acciaio inserito, dall’altra devo prestare attenzione alla resistenza limite delle bielle compresse di calcestruzzo. Da queste espressioni ci possiamo determinare quelle che sono le tensioni sul calcestruzzo lungo la direzione X, mentre dall’altra relazione si può determinare la tensione tangenziale: êæy � ~ � pA ∙ %#"ÁA ∙ �Àú ∙ %#"ÁA � pq ∙ %#"Áq ∙ �ÀÏ ∙ %#"ÁqºyÀ � �pA ∙ &!%ÁA ∙ �Àú ∙ %#"ÁA � pq ∙ &!%Áq ∙ �ÀÏ ∙ %#"Áq

Questo mi consente di definire lo stato di tensione sul calcestruzzo, infatti le tensioni che ho individuato, non sono tensioni principali, ma solo delle tensioni su delle facce ortogonali, che non sono poste lungo direzioni principali, dato che la tensione tangenziale ºyÀ è presente su entrambe le facce. Rappresentando il cerchio di Moohr ho quanto segue:

��"U � ºyÀæy

æ� � æy&!%U ∙ 1&!%U Eæ�* "& ��+#� &!��*#%% !"#H æÀ � æ� � æy � æy&!%�U � æy � æy tan�U � æy �ºyÀæy  �

� ºyÀ�æy

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A questo punto ho tutti gli elementi per determinare la resistenza massima del mio pannello, infatti riferendoci nuovamente alla prima condizione di equilibrio alla traslazione verticale, la resistenza a trazione rimane così determinata: Ä � pA ∙ &!%ÁA ∙ Fù ∙ �Àú ∙ &!%ÁA � pq ∙ &!%Áq ∙ Fù ∙ �ÀÏ ∙ &!%Áq � Fù ∙ æÀ Nel caso in cui la tensione principali di compressione, così calcolata, superi in modulo la resistenza compressione del calcestruzzo, significa la resistenza compressione di tale materiale viene raggiunta prima dello snervamento dell’acciaio in entrambe le direzioni di armatura. Ovviamente la æÀ è stata ricavata in precedenza, ciò evidentemente costituisce una relazione implicita, quindi per ricavare ÄLoy posso costruire una tabella in Excel, ad esempio partendo dalla condizioni taglio puro che è caratterizzato da |ÄLoy| � |~�+Õ|. Questo metodo consente di cogliere alcuni concetti fondamentali:

- comprensione di quello che accade all’interno delle pareti; - controllo dell’limiti di compressione del pannello e quindi la duttilità del pannello

medesimo.

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APPLICAZIONE PROGETTUALE I.APPLICAZIONE PROGETTUALE I.APPLICAZIONE PROGETTUALE I.APPLICAZIONE PROGETTUALE I.

La disposizione dei setti forma un sistema resistente stabile: sono posti lungo le La disposizione dei setti forma un sistema resistente stabile: sono posti lungo le La disposizione dei setti forma un sistema resistente stabile: sono posti lungo le La disposizione dei setti forma un sistema resistente stabile: sono posti lungo le

parti più esterne dell’edificio, quindi i setti sfruttano al massimo quelle parti più esterne dell’edificio, quindi i setti sfruttano al massimo quelle parti più esterne dell’edificio, quindi i setti sfruttano al massimo quelle parti più esterne dell’edificio, quindi i setti sfruttano al massimo quelle che sono che sono che sono che sono

le dimensioni dell’edificio, ed ho due setti per ciascuna delle due direzioni le dimensioni dell’edificio, ed ho due setti per ciascuna delle due direzioni le dimensioni dell’edificio, ed ho due setti per ciascuna delle due direzioni le dimensioni dell’edificio, ed ho due setti per ciascuna delle due direzioni

principali, questo ci consente di avere uno schema stabile dal punto di vista principali, questo ci consente di avere uno schema stabile dal punto di vista principali, questo ci consente di avere uno schema stabile dal punto di vista principali, questo ci consente di avere uno schema stabile dal punto di vista

torsionale. Infatti la rigidezza torsionale è proporzionale alla distanza al quadrato torsionale. Infatti la rigidezza torsionale è proporzionale alla distanza al quadrato torsionale. Infatti la rigidezza torsionale è proporzionale alla distanza al quadrato torsionale. Infatti la rigidezza torsionale è proporzionale alla distanza al quadrato

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operare una veloce analisi dei carichi, ciò costituisce un passaggio fondamentaleoperare una veloce analisi dei carichi, ciò costituisce un passaggio fondamentaleoperare una veloce analisi dei carichi, ciò costituisce un passaggio fondamentaleoperare una veloce analisi dei carichi, ciò costituisce un passaggio fondamentale per per per per

il calcolo delle masse sismiche.il calcolo delle masse sismiche.il calcolo delle masse sismiche.il calcolo delle masse sismiche.

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Ora andremmo a calcolare quella che è la forza peso delle masse Ora andremmo a calcolare quella che è la forza peso delle masse Ora andremmo a calcolare quella che è la forza peso delle masse Ora andremmo a calcolare quella che è la forza peso delle masse

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pilastri:pilastri:pilastri:pilastri: ÓU��\U{\`aT�[\ → ´i � R, dK Þ â�]� Þ·\V�U[{\aV] Þ µ_.a. � R, dK Þ H Þ K� H Þ R,H Þ L,K Þ dK� HJLÁt ca�{]Va�UV�\`a�U[a`\ → ´d � T Þ â�]� Þ·\V�U[{\aV] Þ µ�a�{. �� iHÁt�L� � KIIÁt ZUT]T\T�\_]�]�a`U → VKR � HJL� KII Þ � � id. R��Át Il peso per unità di volume dei tamponamenti, è un peso medio, che tiene conto anche Il peso per unità di volume dei tamponamenti, è un peso medio, che tiene conto anche Il peso per unità di volume dei tamponamenti, è un peso medio, che tiene conto anche Il peso per unità di volume dei tamponamenti, è un peso medio, che tiene conto anche

delle aperture, infatti il peso per unità di volume ddelle aperture, infatti il peso per unità di volume ddelle aperture, infatti il peso per unità di volume ddelle aperture, infatti il peso per unità di volume di un tamponamento in laterizio è i un tamponamento in laterizio è i un tamponamento in laterizio è i un tamponamento in laterizio è

pari a pari a pari a pari a 18 ÍLg.

Page 167: Dinamica delle strutture - Sismica - I fondamenti pdf/Work/Corsi/DINAMICA/DINAMICA DELLE... · 2.3 – Azione normale del vento 54 2.4 – Azione tangenziale del vento 61 2.5 –

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Una volta definita la massa sismica, o meglio suo peso, si deve determinare Una volta definita la massa sismica, o meglio suo peso, si deve determinare Una volta definita la massa sismica, o meglio suo peso, si deve determinare Una volta definita la massa sismica, o meglio suo peso, si deve determinare

l’accelerazione sismica agente, questo valore dipende certamente dal periodo di l’accelerazione sismica agente, questo valore dipende certamente dal periodo di l’accelerazione sismica agente, questo valore dipende certamente dal periodo di l’accelerazione sismica agente, questo valore dipende certamente dal periodo di

vibrazione fondamentale della struttura che, nell’ipotesi di analisi statica lineare, vibrazione fondamentale della struttura che, nell’ipotesi di analisi statica lineare, vibrazione fondamentale della struttura che, nell’ipotesi di analisi statica lineare, vibrazione fondamentale della struttura che, nell’ipotesi di analisi statica lineare,

assume il seguassume il seguassume il seguassume il seguente valore: ente valore: ente valore: ente valore: ci � �i·L/H � R, RKR Þ diLH � R,HVT �i = Q R, RIK {U[ _]T�[gb\]V\ \V a__\a\]R, RJK {U[ _]T�[gb\]V\ \V _a`_UT�[gbb] a[�a�]R, RKR {U[ _]T�[gb\]V\ _]V fga`T\aT\ a`�[] �\{] ^\ T�[g��g[a

Questa relazione può essere utilizzata per Questa relazione può essere utilizzata per Questa relazione può essere utilizzata per Questa relazione può essere utilizzata per costruzioni civili o industriali che non costruzioni civili o industriali che non costruzioni civili o industriali che non costruzioni civili o industriali che non

superino i 40m di altezza e la cui massa sia approssimativamente uniformemente superino i 40m di altezza e la cui massa sia approssimativamente uniformemente superino i 40m di altezza e la cui massa sia approssimativamente uniformemente superino i 40m di altezza e la cui massa sia approssimativamente uniformemente

distribuita lungo l’altezzadistribuita lungo l’altezzadistribuita lungo l’altezzadistribuita lungo l’altezza. Dop. Dop. Dop. Dopo di che si deve valutare quello che lo spettro di o di che si deve valutare quello che lo spettro di o di che si deve valutare quello che lo spettro di o di che si deve valutare quello che lo spettro di

risposta sismico:risposta sismico:risposta sismico:risposta sismico:

·]�U Èâ]V´\�g^\VU ii°,IVH�âa�\�g^\VU HK°,HVR� À µa` T]h��a[U ^U` Z[]h.´U`h\����������������������� ca´ � R, iRJ´ � i, RHV�Td�R � d,KRVc�∗ � R,LdiT

cU�{] ^\ [\hU[\�UV�] Ôm � KRaVV\ cU�{] ^\ [\�][V]�������������� cm � � Ôm`VËi � ZÔmÌ � � KR`Vi � R, i� HJKaVV\

� a´ → Õ__U`U[ab\]VU ][\bb]V�a`U �aTT\�a ^U` �U[[UV]�R → Ôa`][U �aTT\�] ^U` ha��][U ^\ a�{`\h\_ab\]VU ^U``] T{U��[]c�∗ → ZU[\]^] ^\ \V\b\] ^U` �[a��] a |U`]_\�à _]T�aV�U ^U``] T{U��[]

Page 168: Dinamica delle strutture - Sismica - I fondamenti pdf/Work/Corsi/DINAMICA/DINAMICA DELLE... · 2.3 – Azione normale del vento 54 2.4 – Azione tangenziale del vento 61 2.5 –

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Con questi valori miCon questi valori miCon questi valori miCon questi valori mi posso calcolare quelli che sono i tre periodi fondamentali dello posso calcolare quelli che sono i tre periodi fondamentali dello posso calcolare quelli che sono i tre periodi fondamentali dello posso calcolare quelli che sono i tre periodi fondamentali dello

spettro.spettro.spettro.spettro.

- c� è il periodo corrispondente all’inizio del tratto a velocità costante dello è il periodo corrispondente all’inizio del tratto a velocità costante dello è il periodo corrispondente all’inizio del tratto a velocità costante dello è il periodo corrispondente all’inizio del tratto a velocità costante dello

spettro, dato da:spettro, dato da:spettro, dato da:spettro, dato da: c� � ��c�∗ � i, RKc�∗ �R,LL Þ c�∗ � i,RK Þ R,LdidL � R,HVT Dove Dove Dove Dove �� è un coefficiente in funzione della categoria del sottosuolo (vedi è un coefficiente in funzione della categoria del sottosuolo (vedi è un coefficiente in funzione della categoria del sottosuolo (vedi è un coefficiente in funzione della categoria del sottosuolo (vedi

tabellatabellatabellatabella a pag. 40)a pag. 40)a pag. 40)a pag. 40)....

- c� è il periodo corrispondente all’inizio del tratto dello spettro ad è il periodo corrispondente all’inizio del tratto dello spettro ad è il periodo corrispondente all’inizio del tratto dello spettro ad è il periodo corrispondente all’inizio del tratto dello spettro ad

accelerazione costante:accelerazione costante:accelerazione costante:accelerazione costante: c� � c�L � R, iKT - cµ è il periodo corrispondente all’inizio del è il periodo corrispondente all’inizio del è il periodo corrispondente all’inizio del è il periodo corrispondente all’inizio del tratto a spostamento costante tratto a spostamento costante tratto a spostamento costante tratto a spostamento costante

dello spettro, espresso in secondi mediante la relazione:dello spettro, espresso in secondi mediante la relazione:dello spettro, espresso in secondi mediante la relazione:dello spettro, espresso in secondi mediante la relazione: cµ � H, R a´ � i,� � H, R Þ i, RHVV,IRJ� i,� � d, RLT Altro parametro che si deve determinare è S, cioè il coefficiente che tiene conto Altro parametro che si deve determinare è S, cioè il coefficiente che tiene conto Altro parametro che si deve determinare è S, cioè il coefficiente che tiene conto Altro parametro che si deve determinare è S, cioè il coefficiente che tiene conto

della categoria del della categoria del della categoria del della categoria del sottosuolo e delle condizioni topografiche (tabella a pag. 40):sottosuolo e delle condizioni topografiche (tabella a pag. 40):sottosuolo e delle condizioni topografiche (tabella a pag. 40):sottosuolo e delle condizioni topografiche (tabella a pag. 40): Ó � ÓÓÓc � i,K Þ i � i,K cÓÓ �]V^\b\]VU T�[a�\´[ah\_a��������������������� i,JR � R,�R Þ �R Þ a´ � i,JR � R,�R Þ d,KRV Þ i, RHVV,IRJ � i,KH ] i,K

Óc �]V^\b\]VU �]{]´[ah\_a (ci����������������������� i Come smorzamento viscoso Come smorzamento viscoso Come smorzamento viscoso Come smorzamento viscoso � si considera quello classico del 5%, quindi:si considera quello classico del 5%, quindi:si considera quello classico del 5%, quindi:si considera quello classico del 5%, quindi:

^ � < iRK � � � i A questo punto ho tutti gli elementi necessari per definire quello che è il mio A questo punto ho tutti gli elementi necessari per definire quello che è il mio A questo punto ho tutti gli elementi necessari per definire quello che è il mio A questo punto ho tutti gli elementi necessari per definire quello che è il mio

spettro elastico, il quale, ricordspettro elastico, il quale, ricordspettro elastico, il quale, ricordspettro elastico, il quale, ricordo, è fissato dalle seguenti relazioni:o, è fissato dalle seguenti relazioni:o, è fissato dalle seguenti relazioni:o, è fissato dalle seguenti relazioni:

899:99;ZU[ R ] c � c� ¶] _¶U����� ÓÕUc � a´Ó^�R � cc� � i^�R �i � cc� �

ZU[ c� ] c � c� ¶] _¶U����� ÓÕUc � a´Ó^�RZU[ c� ] c � cµ ¶] _¶U����� ÓÕUc � a´Ó^�R �c�c  ZU[ cµ ] c ¶] _¶U����� ÓÕUc � a´Ó^�R �c�cµcd  

Il periodo fondamentale della mia struttura è compreso tra Il periodo fondamentale della mia struttura è compreso tra Il periodo fondamentale della mia struttura è compreso tra Il periodo fondamentale della mia struttura è compreso tra c� e e e e c�:::: ÓÕUci � a´Ó^�R � i, RHV Þ i,K Þ i, R Þ d,KRV � L,VHI�Td Ora possiamo definire il fattore di struttura Ora possiamo definire il fattore di struttura Ora possiamo definire il fattore di struttura Ora possiamo definire il fattore di struttura f = fR ∙Ám, ove , ove , ove , ove fR è il valore massimo è il valore massimo è il valore massimo è il valore massimo

del fattore di struttura che dipende dal livello di duttilità attesa, dalla tipologia del fattore di struttura che dipende dal livello di duttilità attesa, dalla tipologia del fattore di struttura che dipende dal livello di duttilità attesa, dalla tipologia del fattore di struttura che dipende dal livello di duttilità attesa, dalla tipologia

strutturale ed dal rapporto strutturale ed dal rapporto strutturale ed dal rapporto strutturale ed dal rapporto �g/�i, tra il valore dell’azione sismica per il quale si , tra il valore dell’azione sismica per il quale si , tra il valore dell’azione sismica per il quale si , tra il valore dell’azione sismica per il quale si

verifica la formazione di un numero di cerniere plastiche taverifica la formazione di un numero di cerniere plastiche taverifica la formazione di un numero di cerniere plastiche taverifica la formazione di un numero di cerniere plastiche tali da rendere la struttura li da rendere la struttura li da rendere la struttura li da rendere la struttura

labile e quello per il quale il primo elemento strutturale raggiunge la labile e quello per il quale il primo elemento strutturale raggiunge la labile e quello per il quale il primo elemento strutturale raggiunge la labile e quello per il quale il primo elemento strutturale raggiunge la

plasticizzazione a flessione. Mentre plasticizzazione a flessione. Mentre plasticizzazione a flessione. Mentre plasticizzazione a flessione. Mentre Ám è un fattore riduttivo che dipende dalle è un fattore riduttivo che dipende dalle è un fattore riduttivo che dipende dalle è un fattore riduttivo che dipende dalle

caratteristiche di regolarità in altezza della costruzione, con valori parcaratteristiche di regolarità in altezza della costruzione, con valori parcaratteristiche di regolarità in altezza della costruzione, con valori parcaratteristiche di regolarità in altezza della costruzione, con valori pari ad 1 per i ad 1 per i ad 1 per i ad 1 per

costruzioni regolari in altezza, e 0costruzioni regolari in altezza, e 0costruzioni regolari in altezza, e 0costruzioni regolari in altezza, e 0,8 per costruzioni non regolari, si veda a tal ,8 per costruzioni non regolari, si veda a tal ,8 per costruzioni non regolari, si veda a tal ,8 per costruzioni non regolari, si veda a tal

proposito a pag. 72. Dato che la nostra è una struttura a pareti non accoppiate, ed in proposito a pag. 72. Dato che la nostra è una struttura a pareti non accoppiate, ed in proposito a pag. 72. Dato che la nostra è una struttura a pareti non accoppiate, ed in proposito a pag. 72. Dato che la nostra è una struttura a pareti non accoppiate, ed in

classe CD”A” (alta duttilità), ho quanto segue:classe CD”A” (alta duttilità), ho quanto segue:classe CD”A” (alta duttilità), ho quanto segue:classe CD”A” (alta duttilità), ho quanto segue: fR � H, R Þ �g�i � H, R Þ i, R � H, R

Page 169: Dinamica delle strutture - Sismica - I fondamenti pdf/Work/Corsi/DINAMICA/DINAMICA DELLE... · 2.3 – Azione normale del vento 54 2.4 – Azione tangenziale del vento 61 2.5 –

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Come si diceva Come si diceva Come si diceva Come si diceva Ám è un fattore riduttivo che dipende dalle caratteristiche di è un fattore riduttivo che dipende dalle caratteristiche di è un fattore riduttivo che dipende dalle caratteristiche di è un fattore riduttivo che dipende dalle caratteristiche di

regolarità in altezza della costruzione, ed è metodo di analisi utilizzato, quindi nel regolarità in altezza della costruzione, ed è metodo di analisi utilizzato, quindi nel regolarità in altezza della costruzione, ed è metodo di analisi utilizzato, quindi nel regolarità in altezza della costruzione, ed è metodo di analisi utilizzato, quindi nel

nostro caso nostro caso nostro caso nostro caso Ám � i, R. Perciò il nostro fattore di struttura è:. Perciò il nostro fattore di struttura è:. Perciò il nostro fattore di struttura è:. Perciò il nostro fattore di struttura è: f = fR ∙Ám � H, R × i, R = H, R SSSSi ponga attenzione al fatto che le strutture che hanno una bassa rigidezza i ponga attenzione al fatto che le strutture che hanno una bassa rigidezza i ponga attenzione al fatto che le strutture che hanno una bassa rigidezza i ponga attenzione al fatto che le strutture che hanno una bassa rigidezza

torsionale, rispetto alla rigidezza flessionaletorsionale, rispetto alla rigidezza flessionaletorsionale, rispetto alla rigidezza flessionaletorsionale, rispetto alla rigidezza flessionale, presentano , presentano , presentano , presentano un un un un fattori fattori fattori fattori di di di di struttura struttura struttura struttura

ridotto di un fattore ridotto di un fattore ridotto di un fattore ridotto di un fattore �� (si veda pag. 73), ma non è questo il caso.(si veda pag. 73), ma non è questo il caso.(si veda pag. 73), ma non è questo il caso.(si veda pag. 73), ma non è questo il caso.

Ora ciOra ciOra ciOra ci possiamo determinare la forza sismicapossiamo determinare la forza sismicapossiamo determinare la forza sismicapossiamo determinare la forza sismica, che non è altro che il taglio alla base:, che non è altro che il taglio alla base:, che non è altro che il taglio alla base:, che non è altro che il taglio alla base: �¶ � ÓÕ^Óâuci ¹ º → ÈÓÕ^ci è `,][^\Va�a ^U``] T{U��[] ^\ [\T{]T�a ^\ {[]´U��] ¹ è \` {UT] _]�{`UTT\|] ^U``a _]T�[gb\]VU º = ÈR,IK TU `a _]T�[gb\]VU ¶a a`�UV] �[U ][\bb]V�a�UV�\ U TU ci � dc�i, R \V �g��\ ´`\ a`�[\ _aT\

Quindi…Quindi…Quindi…Quindi… �¶ � ÓÕ^Óâuci ¹¾éaTTa T\T�\_aº � L,VHIH, R × id. R��V,IRJ × R,IK = i. RLdÁt

QQQQuesto è il taglio alla base nelle due direzioni che deve uesto è il taglio alla base nelle due direzioni che deve uesto è il taglio alla base nelle due direzioni che deve uesto è il taglio alla base nelle due direzioni che deve

assorbire l’edificio. Il taglio alla base dell’edificio assorbire l’edificio. Il taglio alla base dell’edificio assorbire l’edificio. Il taglio alla base dell’edificio assorbire l’edificio. Il taglio alla base dell’edificio

deve essere distribuito in modo proporzionale al primo deve essere distribuito in modo proporzionale al primo deve essere distribuito in modo proporzionale al primo deve essere distribuito in modo proporzionale al primo

modo di vibraremodo di vibraremodo di vibraremodo di vibrare,,,, quindi ottengo una distribuzione quindi ottengo una distribuzione quindi ottengo una distribuzione quindi ottengo una distribuzione

triangolaretriangolaretriangolaretriangolare,,,, la cui risultante è pari proprio al taglio la cui risultante è pari proprio al taglio la cui risultante è pari proprio al taglio la cui risultante è pari proprio al taglio

alla base, ed è applicata a due terzi alla base, ed è applicata a due terzi alla base, ed è applicata a due terzi alla base, ed è applicata a due terzi dadadadal suolo.l suolo.l suolo.l suolo.

QéÓé � �¶ Þ dL· � i. RLd × dL × di = iH.HKiÁt�ÔÓé � |�¶| � i. RLdÁt

Vediamo ora le verifiche preliminari che si operano in Vediamo ora le verifiche preliminari che si operano in Vediamo ora le verifiche preliminari che si operano in Vediamo ora le verifiche preliminari che si operano in

fase di predimensionamento. Dato che abbiamo una fase di predimensionamento. Dato che abbiamo una fase di predimensionamento. Dato che abbiamo una fase di predimensionamento. Dato che abbiamo una

struttura molto semplice, possiamo considerare due struttura molto semplice, possiamo considerare due struttura molto semplice, possiamo considerare due struttura molto semplice, possiamo considerare due

direzioni principali lungo le quali applicare le direzioni principali lungo le quali applicare le direzioni principali lungo le quali applicare le direzioni principali lungo le quali applicare le

sollecitazioni sismiche. Altra semplificazione notevsollecitazioni sismiche. Altra semplificazione notevsollecitazioni sismiche. Altra semplificazione notevsollecitazioni sismiche. Altra semplificazione notevole è ole è ole è ole è

la presenza di due elementi resistenti per ogni direzione la presenza di due elementi resistenti per ogni direzione la presenza di due elementi resistenti per ogni direzione la presenza di due elementi resistenti per ogni direzione

principale.principale.principale.principale. Come regola generale, e comunque a favore di sicurezza, i pilastri non Come regola generale, e comunque a favore di sicurezza, i pilastri non Come regola generale, e comunque a favore di sicurezza, i pilastri non Come regola generale, e comunque a favore di sicurezza, i pilastri non

prendono parte ai meccanismi resistenti alle forze orizzontali, per la loro bassa prendono parte ai meccanismi resistenti alle forze orizzontali, per la loro bassa prendono parte ai meccanismi resistenti alle forze orizzontali, per la loro bassa prendono parte ai meccanismi resistenti alle forze orizzontali, per la loro bassa

rigidezza (che ricordo esserigidezza (che ricordo esserigidezza (che ricordo esserigidezza (che ricordo essere proporzionale alla dimensione geometrica al cubo). re proporzionale alla dimensione geometrica al cubo). re proporzionale alla dimensione geometrica al cubo). re proporzionale alla dimensione geometrica al cubo).

Mentre per tutti i setti in direzione perpendicolare all’azione sismica considerata, Mentre per tutti i setti in direzione perpendicolare all’azione sismica considerata, Mentre per tutti i setti in direzione perpendicolare all’azione sismica considerata, Mentre per tutti i setti in direzione perpendicolare all’azione sismica considerata,

non intervengono nella redistribuzione degli sforzi, questo nel caso che non siano non intervengono nella redistribuzione degli sforzi, questo nel caso che non siano non intervengono nella redistribuzione degli sforzi, questo nel caso che non siano non intervengono nella redistribuzione degli sforzi, questo nel caso che non siano

collegati ai setti paralleli all’acollegati ai setti paralleli all’acollegati ai setti paralleli all’acollegati ai setti paralleli all’azione sismica. In caso contrario dovrò considerare zione sismica. In caso contrario dovrò considerare zione sismica. In caso contrario dovrò considerare zione sismica. In caso contrario dovrò considerare

una quota parte delle ali resistenti, per tenere conto degli effetti della una quota parte delle ali resistenti, per tenere conto degli effetti della una quota parte delle ali resistenti, per tenere conto degli effetti della una quota parte delle ali resistenti, per tenere conto degli effetti della

redistribuzione, infatti in tale ambito non posso applicare la teoria del De Saint redistribuzione, infatti in tale ambito non posso applicare la teoria del De Saint redistribuzione, infatti in tale ambito non posso applicare la teoria del De Saint redistribuzione, infatti in tale ambito non posso applicare la teoria del De Saint

Venant, dato che le sezioni non rimangono pianeVenant, dato che le sezioni non rimangono pianeVenant, dato che le sezioni non rimangono pianeVenant, dato che le sezioni non rimangono piane. La normativa ci fornisce dei metodi . La normativa ci fornisce dei metodi . La normativa ci fornisce dei metodi . La normativa ci fornisce dei metodi

approssimati, per la valutazione delle lunghezze collaboranti dei setti perpendicolari approssimati, per la valutazione delle lunghezze collaboranti dei setti perpendicolari approssimati, per la valutazione delle lunghezze collaboranti dei setti perpendicolari approssimati, per la valutazione delle lunghezze collaboranti dei setti perpendicolari

all’azione sismica, e saldamente collegati ai setti paralleli.all’azione sismica, e saldamente collegati ai setti paralleli.all’azione sismica, e saldamente collegati ai setti paralleli.all’azione sismica, e saldamente collegati ai setti paralleli.

Nel caso del nostro edificio, nel quale il centro di massa coincide Nel caso del nostro edificio, nel quale il centro di massa coincide Nel caso del nostro edificio, nel quale il centro di massa coincide Nel caso del nostro edificio, nel quale il centro di massa coincide con il baricentro, con il baricentro, con il baricentro, con il baricentro,

lo schema resistente alle sollecitazioni orizzontali, può essere vistolo schema resistente alle sollecitazioni orizzontali, può essere vistolo schema resistente alle sollecitazioni orizzontali, può essere vistolo schema resistente alle sollecitazioni orizzontali, può essere visto come una trave come una trave come una trave come una trave

in semplice appoggio, ove gli appoggi rappresentano i setti. Quindi abbiamo uno schema in semplice appoggio, ove gli appoggi rappresentano i setti. Quindi abbiamo uno schema in semplice appoggio, ove gli appoggi rappresentano i setti. Quindi abbiamo uno schema in semplice appoggio, ove gli appoggi rappresentano i setti. Quindi abbiamo uno schema

isostatico, se gli appoggi fossero di più, dovremmo procedere coisostatico, se gli appoggi fossero di più, dovremmo procedere coisostatico, se gli appoggi fossero di più, dovremmo procedere coisostatico, se gli appoggi fossero di più, dovremmo procedere con gli opportuni metodi n gli opportuni metodi n gli opportuni metodi n gli opportuni metodi

dati dalla scienza delle costruzioni.dati dalla scienza delle costruzioni.dati dalla scienza delle costruzioni.dati dalla scienza delle costruzioni.

Page 170: Dinamica delle strutture - Sismica - I fondamenti pdf/Work/Corsi/DINAMICA/DINAMICA DELLE... · 2.3 – Azione normale del vento 54 2.4 – Azione tangenziale del vento 61 2.5 –

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L’ipotesi che il centro di massa corrisponde con il baricentro, è certamente L’ipotesi che il centro di massa corrisponde con il baricentro, è certamente L’ipotesi che il centro di massa corrisponde con il baricentro, è certamente L’ipotesi che il centro di massa corrisponde con il baricentro, è certamente

un’ipotesi semplificativa. Infatti la posizione del centro di massa non dipende un’ipotesi semplificativa. Infatti la posizione del centro di massa non dipende un’ipotesi semplificativa. Infatti la posizione del centro di massa non dipende un’ipotesi semplificativa. Infatti la posizione del centro di massa non dipende

solamente dalla regolarità struttursolamente dalla regolarità struttursolamente dalla regolarità struttursolamente dalla regolarità strutturale, ma è influenzata dalla diversa disposizione ale, ma è influenzata dalla diversa disposizione ale, ma è influenzata dalla diversa disposizione ale, ma è influenzata dalla diversa disposizione

dei carichi accidentali. Per tenere conto di questo fattore si può utilizzare una dei carichi accidentali. Per tenere conto di questo fattore si può utilizzare una dei carichi accidentali. Per tenere conto di questo fattore si può utilizzare una dei carichi accidentali. Per tenere conto di questo fattore si può utilizzare una

relazione fornita dal regolamento, che ci consente di determinare un coefficiente di relazione fornita dal regolamento, che ci consente di determinare un coefficiente di relazione fornita dal regolamento, che ci consente di determinare un coefficiente di relazione fornita dal regolamento, che ci consente di determinare un coefficiente di

sicurezza amplificativo:sicurezza amplificativo:sicurezza amplificativo:sicurezza amplificativo:

¾t � 1 � 0,6 �t¿� →89:9; �tè+�� %��"���#++,#+#�#"�!*#% %�#"�#�#*� &�+#��+/�* &#"�*!$#!�#�* &!� � �"!, � %�*����#*�#"� &!+�*�#"�#�++�� *#� !"#�#++,�� !"#% %� &�&!"% �#*���.¿�è+�� %��"���*� ��##+#�#"� *#% %�#"� � ù+!"��" ,� %�*����++�%�#%%!�!�!.

Nell’analisi statica equivalente devo Nell’analisi statica equivalente devo Nell’analisi statica equivalente devo Nell’analisi statica equivalente devo

determinadeterminadeterminadeterminare tantire tantire tantire tanti �\ quanti sono i miei quanti sono i miei quanti sono i miei quanti sono i miei

elementi resistentielementi resistentielementi resistentielementi resistenti, nel nostro caso è , nel nostro caso è , nel nostro caso è , nel nostro caso è

tutto più semplice dato che siamo in tutto più semplice dato che siamo in tutto più semplice dato che siamo in tutto più semplice dato che siamo in

condizioni di perfetta simmetria. Il condizioni di perfetta simmetria. Il condizioni di perfetta simmetria. Il condizioni di perfetta simmetria. Il

coefficiente di amplificazione è massimo coefficiente di amplificazione è massimo coefficiente di amplificazione è massimo coefficiente di amplificazione è massimo

per elementi resistenti periferici, per elementi resistenti periferici, per elementi resistenti periferici, per elementi resistenti periferici,

rispetto al centro di massa:rispetto al centro di massa:rispetto al centro di massa:rispetto al centro di massa: � � i � R,� × id = i,L → ZU[�g��UU^gU`U^\[Ub\]V\. Quindi il momento sollecitante che agisce sulle singole lamine sarà pari a:Quindi il momento sollecitante che agisce sulle singole lamine sarà pari a:Quindi il momento sollecitante che agisce sulle singole lamine sarà pari a:Quindi il momento sollecitante che agisce sulle singole lamine sarà pari a: éé = i,L × éÓéd = V.LVHÁt�Oltre al momento sollecitante dato dall’azione sismica, si deve stimOltre al momento sollecitante dato dall’azione sismica, si deve stimOltre al momento sollecitante dato dall’azione sismica, si deve stimOltre al momento sollecitante dato dall’azione sismica, si deve stimare anche lo are anche lo are anche lo are anche lo

sforzo normalesforzo normalesforzo normalesforzo normale, che sarà quello presente al momento del sisma, e già valutato con la , che sarà quello presente al momento del sisma, e già valutato con la , che sarà quello presente al momento del sisma, e già valutato con la , che sarà quello presente al momento del sisma, e già valutato con la

precedente relazione. precedente relazione. precedente relazione. precedente relazione.

tÓ^ � æ´i � ´d � ¬ýd\n�\V

\Oi è Þ Õ\Vh � id. R��× d,KdK = i. dRJÁtQuesto sforzo normale deve essere modificato per Questo sforzo normale deve essere modificato per Questo sforzo normale deve essere modificato per Questo sforzo normale deve essere modificato per

tenere in considerazione gli effetti portati tenere in considerazione gli effetti portati tenere in considerazione gli effetti portati tenere in considerazione gli effetti portati

dall’apertura e dalla chiusura delle fessuredall’apertura e dalla chiusura delle fessuredall’apertura e dalla chiusura delle fessuredall’apertura e dalla chiusura delle fessure nei nei nei nei

settisettisettisetti sottoposti a momento flettente. Se immaginiamo sottoposti a momento flettente. Se immaginiamo sottoposti a momento flettente. Se immaginiamo sottoposti a momento flettente. Se immaginiamo

il setto come se fosse una mensola incastrata alla il setto come se fosse una mensola incastrata alla il setto come se fosse una mensola incastrata alla il setto come se fosse una mensola incastrata alla

base, avremmo una sollecitazione alternata, che base, avremmo una sollecitazione alternata, che base, avremmo una sollecitazione alternata, che base, avremmo una sollecitazione alternata, che

provoca lprovoca lprovoca lprovoca l’apertura e la chiusura delle fessure, prima ’apertura e la chiusura delle fessure, prima ’apertura e la chiusura delle fessure, prima ’apertura e la chiusura delle fessure, prima

da una parte e poi dall’altra. Nel momento di massimo da una parte e poi dall’altra. Nel momento di massimo da una parte e poi dall’altra. Nel momento di massimo da una parte e poi dall’altra. Nel momento di massimo

sforzo di trazione, le barre d’acciaio saranno in sforzo di trazione, le barre d’acciaio saranno in sforzo di trazione, le barre d’acciaio saranno in sforzo di trazione, le barre d’acciaio saranno in

condizioni di snervamento, subito dopo al cambiamento condizioni di snervamento, subito dopo al cambiamento condizioni di snervamento, subito dopo al cambiamento condizioni di snervamento, subito dopo al cambiamento

di direzione della sollecitazione, le medesime barre di direzione della sollecitazione, le medesime barre di direzione della sollecitazione, le medesime barre di direzione della sollecitazione, le medesime barre

giungono a compressione. Ma queste, hanno subito un giungono a compressione. Ma queste, hanno subito un giungono a compressione. Ma queste, hanno subito un giungono a compressione. Ma queste, hanno subito un

allungamento a tensione costante, per cui la fessura allungamento a tensione costante, per cui la fessura allungamento a tensione costante, per cui la fessura allungamento a tensione costante, per cui la fessura

non si richiude immediatamente, ma avremmo un momento non si richiude immediatamente, ma avremmo un momento non si richiude immediatamente, ma avremmo un momento non si richiude immediatamente, ma avremmo un momento

nel quale le barre d’acciaio risulteranno compresse, nel quale le barre d’acciaio risulteranno compresse, nel quale le barre d’acciaio risulteranno compresse, nel quale le barre d’acciaio risulteranno compresse,

mentre dall’altra parte avremmo trazione. Chmentre dall’altra parte avremmo trazione. Chmentre dall’altra parte avremmo trazione. Chmentre dall’altra parte avremmo trazione. Chiaramente iaramente iaramente iaramente

in questo preciso momento la rigidezza del setto è molto bassa. Per tenere conto di in questo preciso momento la rigidezza del setto è molto bassa. Per tenere conto di in questo preciso momento la rigidezza del setto è molto bassa. Per tenere conto di in questo preciso momento la rigidezza del setto è molto bassa. Per tenere conto di

questo la normativa fissa quanto segue:questo la normativa fissa quanto segue:questo la normativa fissa quanto segue:questo la normativa fissa quanto segue:

- Se il fattore di struttura è maggiore di due Se il fattore di struttura è maggiore di due Se il fattore di struttura è maggiore di due Se il fattore di struttura è maggiore di due f � d si deve tenere conto della si deve tenere conto della si deve tenere conto della si deve tenere conto della

forza assiale dinamica aggiuntivaforza assiale dinamica aggiuntivaforza assiale dinamica aggiuntivaforza assiale dinamica aggiuntiva che si genche si genche si genche si genera nera nera nera nelle pareti per effetto di elle pareti per effetto di elle pareti per effetto di elle pareti per effetto di

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apertura e chiusura di fessure orizzontali e del sollevamento del suolo. In apertura e chiusura di fessure orizzontali e del sollevamento del suolo. In apertura e chiusura di fessure orizzontali e del sollevamento del suolo. In apertura e chiusura di fessure orizzontali e del sollevamento del suolo. In

assenza di più accurate analisi essa può essere assunta pari al assenza di più accurate analisi essa può essere assunta pari al assenza di più accurate analisi essa può essere assunta pari al assenza di più accurate analisi essa può essere assunta pari al 3KR% della della della della

forza assiale dovute forza assiale dovute forza assiale dovute forza assiale dovute aaaai carichi verticali in condizioni sismiche.i carichi verticali in condizioni sismiche.i carichi verticali in condizioni sismiche.i carichi verticali in condizioni sismiche.

È di tutta evidenza che questa quota si sforzo normale dovrà essere posta a favore di È di tutta evidenza che questa quota si sforzo normale dovrà essere posta a favore di È di tutta evidenza che questa quota si sforzo normale dovrà essere posta a favore di È di tutta evidenza che questa quota si sforzo normale dovrà essere posta a favore di

sicurezza. Ma prima di ciò andiamo a vedere se lo sforzo normale adimensionalizzato sicurezza. Ma prima di ciò andiamo a vedere se lo sforzo normale adimensionalizzato sicurezza. Ma prima di ciò andiamo a vedere se lo sforzo normale adimensionalizzato sicurezza. Ma prima di ciò andiamo a vedere se lo sforzo normale adimensionalizzato

rispetta il limite imposto dal regolamentorispetta il limite imposto dal regolamentorispetta il limite imposto dal regolamentorispetta il limite imposto dal regolamento (35%)(35%)(35%)(35%):::: � = tÓ^�¶h_^ � tÓ^�¶ �R,IKR,ILm_�i,K � � i. dRJ. RRRdKR × K. RRR × �R,IK × R,IL × Ld,Ki,K � � R, R�L � R,LK Operando in condizioni ultime, la valutazione Operando in condizioni ultime, la valutazione Operando in condizioni ultime, la valutazione Operando in condizioni ultime, la valutazione

dell’area di armatura longitudinale, viene effettuata dell’area di armatura longitudinale, viene effettuata dell’area di armatura longitudinale, viene effettuata dell’area di armatura longitudinale, viene effettuata

in termini in termini in termini in termini di di di di congruenza. Evidentemente si procederà congruenza. Evidentemente si procederà congruenza. Evidentemente si procederà congruenza. Evidentemente si procederà

secsecsecsecondo le condizioniondo le condizioniondo le condizioniondo le condizioni più gravospiù gravospiù gravospiù gravose, quindi fatto salvo e, quindi fatto salvo e, quindi fatto salvo e, quindi fatto salvo

il fatto che lo sforzo normale è comunque presente, il fatto che lo sforzo normale è comunque presente, il fatto che lo sforzo normale è comunque presente, il fatto che lo sforzo normale è comunque presente,

esso sarà diminuito per tenere in considerazione degli esso sarà diminuito per tenere in considerazione degli esso sarà diminuito per tenere in considerazione degli esso sarà diminuito per tenere in considerazione degli

effetti dinamici, come già affermato:effetti dinamici, come già affermato:effetti dinamici, come già affermato:effetti dinamici, come già affermato: ÕÓ`hÄ � éÓ^R,I¶ � R,KtÓ^d

ÕÓ` = � éÓ^R,I¶ � R,KtÓ^d   ihÄ � ÅV.LVH × iR�R,I × K. RRR � R,Ki. dRJ× iRLd Æi, iKHKR = K. dLi��d → ii � ii∅iI La scelta del diametro dei ferri ha rispettato la seguentLa scelta del diametro dei ferri ha rispettato la seguentLa scelta del diametro dei ferri ha rispettato la seguentLa scelta del diametro dei ferri ha rispettato la seguentiiii condizioncondizioncondizioncondizioniiii, impost, impost, impost, imposteeee dal dal dal dal

regolamento.regolamento.regolamento.regolamento.

- Il passo tra le barre deIl passo tra le barre deIl passo tra le barre deIl passo tra le barre deve essere non ve essere non ve essere non ve essere non maggiore di 30 cm,maggiore di 30 cm,maggiore di 30 cm,maggiore di 30 cm, iiiil diametro delle barre l diametro delle barre l diametro delle barre l diametro delle barre

deve essere non maggiore di un decimo dello spessore della paretedeve essere non maggiore di un decimo dello spessore della paretedeve essere non maggiore di un decimo dello spessore della paretedeve essere non maggiore di un decimo dello spessore della parete....

- Nell’altezza della zona inelastica Nell’altezza della zona inelastica Nell’altezza della zona inelastica Nell’altezza della zona inelastica pari apari apari apari a ¶_[ (per tenere conto della (per tenere conto della (per tenere conto della (per tenere conto della

formazione della cerniera plastica)formazione della cerniera plastica)formazione della cerniera plastica)formazione della cerniera plastica), si definisce una zona “confinata” , si definisce una zona “confinata” , si definisce una zona “confinata” , si definisce una zona “confinata”

costituita dallo spessore della parete e da una lunghezza “confinata” costituita dallo spessore della parete e da una lunghezza “confinata” costituita dallo spessore della parete e da una lunghezza “confinata” costituita dallo spessore della parete e da una lunghezza “confinata” â� pari pari pari pari

al 20% della lunghezza in pianta al 20% della lunghezza in pianta al 20% della lunghezza in pianta al 20% della lunghezza in pianta â della parete stessa e comunque non inferiore della parete stessa e comunque non inferiore della parete stessa e comunque non inferiore della parete stessa e comunque non inferiore

a 1,5 volte lo spessore della parete, in tale zona il rappoa 1,5 volte lo spessore della parete, in tale zona il rappoa 1,5 volte lo spessore della parete, in tale zona il rappoa 1,5 volte lo spessore della parete, in tale zona il rapporto geometrico rto geometrico rto geometrico rto geometrico o dell’armatura totale verticale, riferito all’area confinata, deve essere dell’armatura totale verticale, riferito all’area confinata, deve essere dell’armatura totale verticale, riferito all’area confinata, deve essere dell’armatura totale verticale, riferito all’area confinata, deve essere

compreso tra i seguenti limiti:compreso tra i seguenti limiti:compreso tra i seguenti limiti:compreso tra i seguenti limiti: i% � o � H%

Mentre ricordo che per il resto della lamina il rapporto geometrico Mentre ricordo che per il resto della lamina il rapporto geometrico Mentre ricordo che per il resto della lamina il rapporto geometrico Mentre ricordo che per il resto della lamina il rapporto geometrico

dell’armatura sia longitudinale che trasversale deve dell’armatura sia longitudinale che trasversale deve dell’armatura sia longitudinale che trasversale deve dell’armatura sia longitudinale che trasversale deve essere maggiore dello essere maggiore dello essere maggiore dello essere maggiore dello

0,2%.0,2%.0,2%.0,2%.

Alla luce di quanto scritto possiamo valutare l’area massima di acciaAlla luce di quanto scritto possiamo valutare l’area massima di acciaAlla luce di quanto scritto possiamo valutare l’area massima di acciaAlla luce di quanto scritto possiamo valutare l’area massima di acciaiiiio inseribile o inseribile o inseribile o inseribile

nella zona confinata:nella zona confinata:nella zona confinata:nella zona confinata: ÕÓ`f�a� � R, RH × Õ� = R, RH × �K. RRRK × dKR  � iR. RRR��d < K.KII��d E�ÁH La protezione della zona ineLa protezione della zona ineLa protezione della zona ineLa protezione della zona inelastica del lastica del lastica del lastica del

setto, alla base dello stesso, avviene setto, alla base dello stesso, avviene setto, alla base dello stesso, avviene setto, alla base dello stesso, avviene

operando la traslazione del diagramma dei operando la traslazione del diagramma dei operando la traslazione del diagramma dei operando la traslazione del diagramma dei

momenti, derivante dall’analisi, ver l’alto momenti, derivante dall’analisi, ver l’alto momenti, derivante dall’analisi, ver l’alto momenti, derivante dall’analisi, ver l’alto

per il tratto per il tratto per il tratto per il tratto ¶_[,,,, altezza della zona altezza della zona altezza della zona altezza della zona

inelastica o altezza critica, la cui inelastica o altezza critica, la cui inelastica o altezza critica, la cui inelastica o altezza critica, la cui

definizione avviene con le seguenti definizione avviene con le seguenti definizione avviene con le seguenti definizione avviene con le seguenti

limitazioni:limitazioni:limitazioni:limitazioni:

¶_[ � �a� Q `� � a`�Ubba ^U``a TUb\]VU ^\ �aTU (K�)¶�� � ^]|U ¶� U,`,a`�Ubba ^U``a {a[U�U (L,K� = K�

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Ma per gli edifici fino a sei piani, tale valore non può Ma per gli edifici fino a sei piani, tale valore non può Ma per gli edifici fino a sei piani, tale valore non può Ma per gli edifici fino a sei piani, tale valore non può

eccedere l’altezza di piano, quindi la nostra altezza eccedere l’altezza di piano, quindi la nostra altezza eccedere l’altezza di piano, quindi la nostra altezza eccedere l’altezza di piano, quindi la nostra altezza

critica è pari a 3,5m.critica è pari a 3,5m.critica è pari a 3,5m.critica è pari a 3,5m.

Come si osserva nella zona confinata almeno una armatura Come si osserva nella zona confinata almeno una armatura Come si osserva nella zona confinata almeno una armatura Come si osserva nella zona confinata almeno una armatura

longitudinale sì ed una no, devono essere legate da longitudinale sì ed una no, devono essere legate da longitudinale sì ed una no, devono essere legate da longitudinale sì ed una no, devono essere legate da

staffe e legature (Eurocodice 2).staffe e legature (Eurocodice 2).staffe e legature (Eurocodice 2).staffe e legature (Eurocodice 2). A seguito della A seguito della A seguito della A seguito della

formazione della cerniera plastica, si deve tener conto formazione della cerniera plastica, si deve tener conto formazione della cerniera plastica, si deve tener conto formazione della cerniera plastica, si deve tener conto

del possibile incremento delle forze di taglio agenti. del possibile incremento delle forze di taglio agenti. del possibile incremento delle forze di taglio agenti. del possibile incremento delle forze di taglio agenti.

Per le strutture in CD”A” questo requisito Per le strutture in CD”A” questo requisito Per le strutture in CD”A” questo requisito Per le strutture in CD”A” questo requisito si ritiene si ritiene si ritiene si ritiene

soddisfatto se il coefficiente di amplifsoddisfatto se il coefficiente di amplifsoddisfatto se il coefficiente di amplifsoddisfatto se il coefficiente di amplificazione icazione icazione icazione � per per per per

gli sforzi di taglio dati dall’analisi, rispetta le gli sforzi di taglio dati dall’analisi, rispetta le gli sforzi di taglio dati dall’analisi, rispetta le gli sforzi di taglio dati dall’analisi, rispetta le

seguenti limitazioni:seguenti limitazioni:seguenti limitazioni:seguenti limitazioni:

� →89:9; � � µm^ ém^éÓ^ ] f � {U[{a[U�\�]bbU ¶�`� ] d

i,K ] � � f<�µm^f ém^éÓ^ d � R, iÅÓUc_ÓUciÆd ] f � {U[{a[U�\TVU``U ¶�`� � dIndicando rispettivamente:Indicando rispettivamente:Indicando rispettivamente:Indicando rispettivamente:

- ém^ il momento resistente della sezione di base della parete, calcolato il momento resistente della sezione di base della parete, calcolato il momento resistente della sezione di base della parete, calcolato il momento resistente della sezione di base della parete, calcolato

considerando le armature effettivamente disposte.considerando le armature effettivamente disposte.considerando le armature effettivamente disposte.considerando le armature effettivamente disposte.

- éé^ è il momento flettente di calcolo.è il momento flettente di calcolo.è il momento flettente di calcolo.è il momento flettente di calcolo.

- ÓUci èèèè l’ordinata dello spettro di risposta elastico in corrispondenza del l’ordinata dello spettro di risposta elastico in corrispondenza del l’ordinata dello spettro di risposta elastico in corrispondenza del l’ordinata dello spettro di risposta elastico in corrispondenza del

periodo di vibrazione fondamentale dell’edificio periodo di vibrazione fondamentale dell’edificio periodo di vibrazione fondamentale dell’edificio periodo di vibrazione fondamentale dell’edificio ci.... - f è il fattore di struttura.è il fattore di struttura.è il fattore di struttura.è il fattore di struttura.

- µm^ � i, d è il coefficiente di sovraresistenza valutato per la classe di è il coefficiente di sovraresistenza valutato per la classe di è il coefficiente di sovraresistenza valutato per la classe di è il coefficiente di sovraresistenza valutato per la classe di

duttilità CD”A”.duttilità CD”A”.duttilità CD”A”.duttilità CD”A”.

Quindi Quindi Quindi Quindi � dovrà essere determinato dalla seguente:dovrà essere determinato dalla seguente:dovrà essere determinato dalla seguente:dovrà essere determinato dalla seguente:

� � f<�µm^f ém^éÓ^ d � R, iÅÓUc_ÓUciÆd � f<ŵm^f R,I¶ÕÓhÄéÓ^ Æd � R, iÅÓUc_ÓUciÆd

� H, R<�i, dH Þ R,I Þ K. RRR Þ K.KII Þ HKRi, iK Þ V.LVH Þ iR�  d � R, iid � d,HJ N ] f< i,KIl taIl taIl taIl taglio amplificato agente sulla singola lamina è:glio amplificato agente sulla singola lamina è:glio amplificato agente sulla singola lamina è:glio amplificato agente sulla singola lamina è: Ôé^ � �ÔÓéd � d,HJ Þ i. RLdd � i. dJKÁt Mentre le verifiche a taglio sono le seguenti:Mentre le verifiche a taglio sono le seguenti:Mentre le verifiche a taglio sono le seguenti:Mentre le verifiche a taglio sono le seguenti:

1)1)1)1) Verifica dell’anima a compressione.Verifica dell’anima a compressione.Verifica dell’anima a compressione.Verifica dell’anima a compressione.

2)2)2)2) Verifica del meccanismo resistente a trazione.Verifica del meccanismo resistente a trazione.Verifica del meccanismo resistente a trazione.Verifica del meccanismo resistente a trazione.

3)3)3)3) Verifica a scorrimento Verifica a scorrimento Verifica a scorrimento Verifica a scorrimento lungo piani orizzontali.lungo piani orizzontali.lungo piani orizzontali.lungo piani orizzontali.

Per le strutture in CD”A” dovranno essere eseguite tutte quante. La verifica a Per le strutture in CD”A” dovranno essere eseguite tutte quante. La verifica a Per le strutture in CD”A” dovranno essere eseguite tutte quante. La verifica a Per le strutture in CD”A” dovranno essere eseguite tutte quante. La verifica a

tagliotagliotagliotaglio----trazione trazione trazione trazione va fatta tendo conto del rapporto di taglio va fatta tendo conto del rapporto di taglio va fatta tendo conto del rapporto di taglio va fatta tendo conto del rapporto di taglio �T, dove:, dove:, dove:, dove: �T � éÓ^Ôé^`� � V.LVH Þ iR�i. dJK Þ K. RRR Þ iRL � i,HI � d

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Dato che Dato che Dato che Dato che �T è minore di 2 è minore di 2 è minore di 2 è minore di 2 la verifica a taglio trazione dell’armatura dell’anima, la verifica a taglio trazione dell’armatura dell’anima, la verifica a taglio trazione dell’armatura dell’anima, la verifica a taglio trazione dell’armatura dell’anima,

deve essere eseguita usando le seguenti due espressionideve essere eseguita usando le seguenti due espressionideve essere eseguita usando le seguenti due espressionideve essere eseguita usando le seguenti due espressioni:::: ÔmT^ � Ôm_^t].Õ[�. � R,JKo¶hÄ^���T`� �]V \` |\V_]`] _¶U o¶hÄ^��R,I`� ] o|hÄ^��R,I`� � �\V (té^)

µ]|U 899:99;o¶o|� [a{{][�\ ´U]�U�[\_\ ^U``,a[�a�g[a ][\bb]V�a`U U |U[�\_a`U.hÄ^ [UT\T�UVba ^\ _a`_]`] ^U``,a[�a�g[a.�� T{UTT][U ^U` TU��].`� `gV´¶Ubba ^U` TU��].té^ è `a h][ba aTT\a`U ^\ {[]´U��], {]T\�\|a TU ^\ _]�{[UTT\]VU.Ôm_^t].Õ[�. è `a [UT\T�UVba a �a´`\] ^U´`\ U`U�UV�\ V]V a[�a�\.

Dato che si deve valutare il rapporto geometrico dell’armatura trasversale, essa deve Dato che si deve valutare il rapporto geometrico dell’armatura trasversale, essa deve Dato che si deve valutare il rapporto geometrico dell’armatura trasversale, essa deve Dato che si deve valutare il rapporto geometrico dell’armatura trasversale, essa deve

essereessereessereessere in qualche misura predimensionata, fatte salve le seguenti limitazioni:in qualche misura predimensionata, fatte salve le seguenti limitazioni:in qualche misura predimensionata, fatte salve le seguenti limitazioni:in qualche misura predimensionata, fatte salve le seguenti limitazioni: ∅T� < I�� T ] �\V ÈI∅`]V´ � iHH��dKR��

Possiamo usare la nota relazione data dalle T.A.:Possiamo usare la nota relazione data dalle T.A.:Possiamo usare la nota relazione data dalle T.A.:Possiamo usare la nota relazione data dalle T.A.: ÕÓ�T � Ôé^R,I¶hÄ � i. dJK Þ iRL Þ i, iKR,I Þ K Þ HKR � IiK��d� → i∅iR/iHR��

Ora possiamo procedere alla verifica del meccanismo resistente a trazioneOra possiamo procedere alla verifica del meccanismo resistente a trazioneOra possiamo procedere alla verifica del meccanismo resistente a trazioneOra possiamo procedere alla verifica del meccanismo resistente a trazione, ma prima di , ma prima di , ma prima di , ma prima di

questo questo questo questo ci dobbiamo determinare la resistenza a taglio in assenza di armatura ci dobbiamo determinare la resistenza a taglio in assenza di armatura ci dobbiamo determinare la resistenza a taglio in assenza di armatura ci dobbiamo determinare la resistenza a taglio in assenza di armatura

specifica:specifica:specifica:specifica:

Ôm_^t].Õ[�. � �a�899:99;úR, iIµ_ >i � <dRR^ ? iRRo`h_�iL � R, iK�_{û��^

R, RLK>i � <dRR^ ?Ld �h_���^

Ôm_^t].Õ[�. � �a�899:99;úR, iIµ_ >i � < dRRR,V¶? <iRRÕÓ`R,V�¶ R,ILm_�L � R,iKR,KtÓ^Õ� û��R,V¶

R, RLiK>i � <dRR^ ?Ld �R,ILm_���¶

Come si nota Come si nota Come si nota Come si nota �_{ è la tensione media di compressione nella sezione, data dallo sforzo è la tensione media di compressione nella sezione, data dallo sforzo è la tensione media di compressione nella sezione, data dallo sforzo è la tensione media di compressione nella sezione, data dallo sforzo

normale agente ridotto della metà penormale agente ridotto della metà penormale agente ridotto della metà penormale agente ridotto della metà per tenere conto delle condizioni dinamichr tenere conto delle condizioni dinamichr tenere conto delle condizioni dinamichr tenere conto delle condizioni dinamiche; esso e; esso e; esso e; esso

deve rispettare il seguente limite:deve rispettare il seguente limite:deve rispettare il seguente limite:deve rispettare il seguente limite: æ¥s � 0,5å�vFù � 0,5 Þ 1.207Þ 10ô5.000 Þ 250 � 0,49ÚÛ� ] 0,2 Þ 0,850,83 Þ 32,51,5 � 3,05ÚÛ� E��H Si tenga conto che l’armatura longitudinale Si tenga conto che l’armatura longitudinale Si tenga conto che l’armatura longitudinale Si tenga conto che l’armatura longitudinale per le zone confinate è quella per le zone confinate è quella per le zone confinate è quella per le zone confinate è quella fissata fissata fissata fissata

dal calcolo precedente, mentre nella zona non codal calcolo precedente, mentre nella zona non codal calcolo precedente, mentre nella zona non codal calcolo precedente, mentre nella zona non confinata devo comunque garantire una nfinata devo comunque garantire una nfinata devo comunque garantire una nfinata devo comunque garantire una

interinterinterinter----maglia inferiore a 30cm, ed una percentuale geometrica (sia longitudinale che maglia inferiore a 30cm, ed una percentuale geometrica (sia longitudinale che maglia inferiore a 30cm, ed una percentuale geometrica (sia longitudinale che maglia inferiore a 30cm, ed una percentuale geometrica (sia longitudinale che

trasversale) pari ad almeno il 0,2%:trasversale) pari ad almeno il 0,2%:trasversale) pari ad almeno il 0,2%:trasversale) pari ad almeno il 0,2%: Õ[�a�g[a VU``a b]Va V]V _]Vh\Va�a → ÈT ] LRR��o < R, RRd

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In accordo con quanto già disposto per le zone confinate, nella parte centrale di 3 In accordo con quanto già disposto per le zone confinate, nella parte centrale di 3 In accordo con quanto già disposto per le zone confinate, nella parte centrale di 3 In accordo con quanto già disposto per le zone confinate, nella parte centrale di 3

metri, si dispone quanto segue:metri, si dispone quanto segue:metri, si dispone quanto segue:metri, si dispone quanto segue: Õ[�a�g[a{a[�UV]V_]Vh\Va�a → È�a[[U`]V´\�g^\Va`\ → I� I∅iIo � R, RR�IÓ�ahhU → i∅iR/iHR��o � R, RRH�

Conti…Conti…Conti…Conti…

är¥vw.Ò¦L. � ���899:99;ú0,181,5 >1 � < 2000,9 Þ 5.000? <100 Þ 254 Þ 380,9 Þ 250 Þ 5.0000,83 Þ 32,5g � 0,15 Þ 0,49û 250 Þ 5.000 Þ 0,9 � 547�å

0,0315>1 � < 2000,9 Þ 5.000?ô� �0,83 Þ 32,5 Þ 250 Þ 5.000 � 272�å

A questo A questo A questo A questo punto possiamo eseguire la verifica a tagliopunto possiamo eseguire la verifica a tagliopunto possiamo eseguire la verifica a tagliopunto possiamo eseguire la verifica a taglio----trazionetrazionetrazionetrazione (a favore di sicurezza (a favore di sicurezza (a favore di sicurezza (a favore di sicurezza

si trascura la parte non confinatasi trascura la parte non confinatasi trascura la parte non confinatasi trascura la parte non confinata)))):::: ÔmT^ � Ôm_^t].Õ[�. � R,JKo¶hÄ^���T`�� KHJ. RRR � R,JK Þ H,Kd Þ iR�L Þ HKRi, iK Þ K. RRR Þ dKR Þ i,HI � L.IiIÁt�ÁOra affrontiamo la verifica a compressione dell’anima (verifica del puntoOra affrontiamo la verifica a compressione dell’anima (verifica del puntoOra affrontiamo la verifica a compressione dell’anima (verifica del puntoOra affrontiamo la verifica a compressione dell’anima (verifica del puntonenenene compresso compresso compresso compresso

di calcestruzzodi calcestruzzodi calcestruzzodi calcestruzzo, ove , ove , ove , ove � � VR° e e e e ë � HK°)))) Ôm_^ � R,I Þ `� Þ �� Þ �_ Þ h_^, Þ _]�� � _]�ëi � _]�dë h_^, � R,Kh_^

�_ �899:99; i → �`UTT\]VU{g[ai � �_{h_^ → {U[R ] �_{ ] R, dKh_^i, dK → {U[R, dK ��_{ ] R,Kh_^d,K �i � �_{h_^  → {U[R,K ��_{ ] h_^

Certamente la nostra lamina è caratterizzata da una compressione media del Certamente la nostra lamina è caratterizzata da una compressione media del Certamente la nostra lamina è caratterizzata da una compressione media del Certamente la nostra lamina è caratterizzata da una compressione media del

calcestruzzo minore a calcestruzzo minore a calcestruzzo minore a calcestruzzo minore a R, dKh_^:::: Ôm_^ � R,I Þ K. RRR Þ dKR Þ Åi � i. dRJ Þ iRL Þ R,KK. RRR Þ dKR Þ i,KR,IK Þ R,IL Þ Ld,KÆÞ R,K Þ R,IK Þ R,IL Þ Ld,Ki,K Þ id � L.HHdÁt�ÁDopo aver affrontato la verifica dell'anima a compressione, e la verifica del Dopo aver affrontato la verifica dell'anima a compressione, e la verifica del Dopo aver affrontato la verifica dell'anima a compressione, e la verifica del Dopo aver affrontato la verifica dell'anima a compressione, e la verifica del

meccanismo resistente a trazione, ci rimane la verifica a scorrimento nelle zone meccanismo resistente a trazione, ci rimane la verifica a scorrimento nelle zone meccanismo resistente a trazione, ci rimane la verifica a scorrimento nelle zone meccanismo resistente a trazione, ci rimane la verifica a scorrimento nelle zone

critiche. Per possibili piani di scorrimento, si intendono le riprese del critiche. Per possibili piani di scorrimento, si intendono le riprese del critiche. Per possibili piani di scorrimento, si intendono le riprese del critiche. Per possibili piani di scorrimento, si intendono le riprese del getto, o i getto, o i getto, o i getto, o i

giunti costruttivi, che si trovano all'interno delle zone critichegiunti costruttivi, che si trovano all'interno delle zone critichegiunti costruttivi, che si trovano all'interno delle zone critichegiunti costruttivi, che si trovano all'interno delle zone critiche.... Il valore di Il valore di Il valore di Il valore di

progetto della resistenza a taglio nei confronti dello scorrimento, e questa è data progetto della resistenza a taglio nei confronti dello scorrimento, e questa è data progetto della resistenza a taglio nei confronti dello scorrimento, e questa è data progetto della resistenza a taglio nei confronti dello scorrimento, e questa è data

dalle seguenti componenti:dalle seguenti componenti:dalle seguenti componenti:dalle seguenti componenti:

Ôm^,T � Ô^^ � Ô\^ � Ôh^^]|U � Ô^^ → �]V�[\�g�]^U``,UhhU��]T{\V]��]Ô\^ → �]V�[\�g�]^U``Ua[�a�g[U\V_`\Va�UÔh^ → �]V�[\�g�]^U``a[UT\T�UVbaa``′a��[\�]Andiamo ora a determinare le varie Andiamo ora a determinare le varie Andiamo ora a determinare le varie Andiamo ora a determinare le varie componenti, secondo normativa:componenti, secondo normativa:componenti, secondo normativa:componenti, secondo normativa:

Ô^^ � �\V89:9;i,LŬ ÕTþþ ÆJh_^hÄ^

R, dKhÄ^ ¬ ÕTþþ� �\V êi,L Þ iK. dHR Þ �iK, dL Þ LVi,L � i.KdVÁtR, dK Þ LVi,L Þ iK. dHR � i.HVRÁt Ô^^ � i.HVRÁt

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Ôh^ � �\V �qh »ÅhÄ^ ¬ ÕTþþ �té^Æ� � éé^b ¼R,K^h_^�`���� �\V

89:9;R,�R Þ »ËLVi,L Þ iK. dHR � �RL,K Þ iRLÌ Þ R,K � V.LVH Þ iR�R,I Þ K. RRR¼ � LLJVÁt

R,K Þ R,�R Þ �i � d�,VJdKR   Þ iK, dL Þ R,K Þ K. RRR Þ dKR � d.KHJÁt Ôh^ � d.KHJÁt Solo per chiarezza:Solo per chiarezza:Solo per chiarezza:Solo per chiarezza: ^ = �þ �i � h_�dKR  _]V È �þ � R, �Rh_� UT{[UTT] \V éZa (�][�g`a J. H. V ^U``,tc�

899:99; qh � R,�R è \` _]Uhh\_\UV�U ^,a��[\�] _`a_UT�[gbb] � _`a_UT�[gbb] T]��] ab\]V\ _\_`\_¶U¬ ÕTþþ è `a T]��a ^U``U a[UU ^U``U �a[[U |U[�\_a`\ \V�U[TU_aV�\ \` {\aV] ^\ T_][[\�UV�]� è `,a`�Ubba ^U``a {a[�U _]�{[UTTa a^\�UVT\]Va`\bba�a _]V `,a`�Ubba ^U``a TUb\]VU¬ ÕT\\ è `a T]��a ^U``U a[UU ^U``U �a[[U \V_`\Va�U \V�U[TU_aV�\ \` {\aV] ^\ T_][[\�UV�]

Quindi in totale abbiamo che:Quindi in totale abbiamo che:Quindi in totale abbiamo che:Quindi in totale abbiamo che: Ôm^,T � Ô^^ � Ô\^ � Ôh^ � i.HVR � d.KHJ � H. RLJÁt (�Á

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APPLICAZIONE PROGETTUALE IAPPLICAZIONE PROGETTUALE IAPPLICAZIONE PROGETTUALE IAPPLICAZIONE PROGETTUALE IIIII....

Il seguente esempio seguirà la Il seguente esempio seguirà la Il seguente esempio seguirà la Il seguente esempio seguirà la circolare ministeriale circolare ministeriale circolare ministeriale circolare ministeriale

OPCM3274 del 2.003. In realtà questo comporterà un OPCM3274 del 2.003. In realtà questo comporterà un OPCM3274 del 2.003. In realtà questo comporterà un OPCM3274 del 2.003. In realtà questo comporterà un

diverso approccio nella definizione dell’azione diverso approccio nella definizione dell’azione diverso approccio nella definizione dell’azione diverso approccio nella definizione dell’azione

sismica, mentre le altre metodologie non sismica, mentre le altre metodologie non sismica, mentre le altre metodologie non sismica, mentre le altre metodologie non

presenteranno sostanziali differenze.presenteranno sostanziali differenze.presenteranno sostanziali differenze.presenteranno sostanziali differenze. L’L’L’L’edificio sedificio sedificio sedificio si i i i

compone di quattro piani fuori terra, piùcompone di quattro piani fuori terra, piùcompone di quattro piani fuori terra, piùcompone di quattro piani fuori terra, più un piano un piano un piano un piano

interinterinterinterrrrrato, e sarà interessante osservare la sua ato, e sarà interessante osservare la sua ato, e sarà interessante osservare la sua ato, e sarà interessante osservare la sua

interazione in presenza di azione sismica agente.interazione in presenza di azione sismica agente.interazione in presenza di azione sismica agente.interazione in presenza di azione sismica agente.

I setti adibiti al contrasto delle sollecitazioni I setti adibiti al contrasto delle sollecitazioni I setti adibiti al contrasto delle sollecitazioni I setti adibiti al contrasto delle sollecitazioni

sismiche sono quelli previsti per il vano ascensore e sismiche sono quelli previsti per il vano ascensore e sismiche sono quelli previsti per il vano ascensore e sismiche sono quelli previsti per il vano ascensore e

per il vano scala. per il vano scala. per il vano scala. per il vano scala. Come abbiamo già visto pCome abbiamo già visto pCome abbiamo già visto pCome abbiamo già visto per vedere er vedere er vedere er vedere

se questi setti sono sufficienti, si deve determinare se questi setti sono sufficienti, si deve determinare se questi setti sono sufficienti, si deve determinare se questi setti sono sufficienti, si deve determinare

la massa sismica, che è proporzionale ai carichi la massa sismica, che è proporzionale ai carichi la massa sismica, che è proporzionale ai carichi la massa sismica, che è proporzionale ai carichi

permanenti e ad una piccola aliquota di quelli permanenti e ad una piccola aliquota di quelli permanenti e ad una piccola aliquota di quelli permanenti e ad una piccola aliquota di quelli

accidentali. Certamente in prima analisi posso accidentali. Certamente in prima analisi posso accidentali. Certamente in prima analisi posso accidentali. Certamente in prima analisi posso

supporre che le forze sismiche vengano completamesupporre che le forze sismiche vengano completamesupporre che le forze sismiche vengano completamesupporre che le forze sismiche vengano completamente nte nte nte

assorbite dei soli setti. assorbite dei soli setti. assorbite dei soli setti. assorbite dei soli setti.

Solitamente un solaio tipo in laterocemento presenta Solitamente un solaio tipo in laterocemento presenta Solitamente un solaio tipo in laterocemento presenta Solitamente un solaio tipo in laterocemento presenta

un peso specifico pari a circa un peso specifico pari a circa un peso specifico pari a circa un peso specifico pari a circa IÁt�d,,,, ora per tenere ora per tenere ora per tenere ora per tenere

in considerazione il peso dei tamponamenti in considerazione il peso dei tamponamenti in considerazione il peso dei tamponamenti in considerazione il peso dei tamponamenti

perimetrali e dei divisori, si può considerare un perimetrali e dei divisori, si può considerare un perimetrali e dei divisori, si può considerare un perimetrali e dei divisori, si può considerare un

ulteriore carico distribuito pari a ulteriore carico distribuito pari a ulteriore carico distribuito pari a ulteriore carico distribuito pari a d Át�d, per un , per un , per un , per un

totale di totale di totale di totale di ´i � iR Át�d. Quindi il peso sismico è pari . Quindi il peso sismico è pari . Quindi il peso sismico è pari . Quindi il peso sismico è pari

a:a:a:a: ¹Ó\T�\_] � dd Þ id Þ iR Þ H � iR.K�RÁt Una volta trovato questo, si deve determinare il Una volta trovato questo, si deve determinare il Una volta trovato questo, si deve determinare il Una volta trovato questo, si deve determinare il

periodo principale della struttura, che per un periodo principale della struttura, che per un periodo principale della struttura, che per un periodo principale della struttura, che per un

edificio a setti può essere valutato con la seguente edificio a setti può essere valutato con la seguente edificio a setti può essere valutato con la seguente edificio a setti può essere valutato con la seguente

relazione approssimata:relazione approssimata:relazione approssimata:relazione approssimata: ci � �i·LH � R, RK Þ L, d Þ HLH � R,LHT Con le indicaziCon le indicaziCon le indicaziCon le indicazioni contenute nella facciata seguente oni contenute nella facciata seguente oni contenute nella facciata seguente oni contenute nella facciata seguente

possiamo ottenere facilmente lo spettro di risposta possiamo ottenere facilmente lo spettro di risposta possiamo ottenere facilmente lo spettro di risposta possiamo ottenere facilmente lo spettro di risposta

elastico. Dato che il sisma chiama la struttura ad elastico. Dato che il sisma chiama la struttura ad elastico. Dato che il sisma chiama la struttura ad elastico. Dato che il sisma chiama la struttura ad

operare in campo non lineare, dobbiamo definire operare in campo non lineare, dobbiamo definire operare in campo non lineare, dobbiamo definire operare in campo non lineare, dobbiamo definire

quello che il quello che il quello che il quello che il fattore di strutturafattore di strutturafattore di strutturafattore di struttura q, legato alla q, legato alla q, legato alla q, legato alla

tipologia strutturale, alla classe di duttilità e tipologia strutturale, alla classe di duttilità e tipologia strutturale, alla classe di duttilità e tipologia strutturale, alla classe di duttilità e

alla regolarità dell’edificio.alla regolarità dell’edificio.alla regolarità dell’edificio.alla regolarità dell’edificio. f � fRÁµÁm Ove Ove Ove Ove fR è legato alla tipologia strutturale, è legato alla tipologia strutturale, è legato alla tipologia strutturale, è legato alla tipologia strutturale, Áµ è un è un è un è un

fattore che dipende dalla classe di duttilità, fattore che dipende dalla classe di duttilità, fattore che dipende dalla classe di duttilità, fattore che dipende dalla classe di duttilità, Ám è un fattore che dipende dalle è un fattore che dipende dalle è un fattore che dipende dalle è un fattore che dipende dalle

caracaracaracaratteristiche di regolarità dell’edificio:tteristiche di regolarità dell’edificio:tteristiche di regolarità dell’edificio:tteristiche di regolarità dell’edificio: Áµ Èi, R → �µ"Õ"R,J → �µ"�" ; Ám È i, R → é^\h\_\[U´]`a[\R,I → é^\h\_\V]V[U´]`a[\ Per motivi legati alla semplificazione del calcolo, si impone Per motivi legati alla semplificazione del calcolo, si impone Per motivi legati alla semplificazione del calcolo, si impone Per motivi legati alla semplificazione del calcolo, si impone Áµ e e e e Ám pari pari pari pari

all’unitall’unitall’unitall’unità:à:à:à: f � fRÁµÁm � L, R Þ i, R Þ i, R � L, R

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- Valori di Valori di Valori di Valori di fR....

- Classificazione Classificazione Classificazione Classificazione sismicasismicasismicasismica secondo OPCM3274.secondo OPCM3274.secondo OPCM3274.secondo OPCM3274.

- Valori dei parametri nelle espressioni per il calcolo dello spettro di risposta Valori dei parametri nelle espressioni per il calcolo dello spettro di risposta Valori dei parametri nelle espressioni per il calcolo dello spettro di risposta Valori dei parametri nelle espressioni per il calcolo dello spettro di risposta

elastico delle componenti orizzontalielastico delle componenti orizzontalielastico delle componenti orizzontalielastico delle componenti orizzontali, ricordo che S è il , ricordo che S è il , ricordo che S è il , ricordo che S è il fattore di suolofattore di suolofattore di suolofattore di suolo....

�Z�éLdJH →899:99;ZU[R ] c � c� ¶]_¶U�����ÓÕUc � a´Ó �i � cc� d,K^� i�

ZU[c� ] c � c� ¶]_¶U�����ÓÕUc � d,Ka´Ó^ZU[c� ] c � cµ ¶]_¶U�����ÓÕUc � a´Ó^d,K �c�c  ZU[cµ ] c ¶]_¶U�����ÓÕUc � a´Ó^d,K �c�cµcd  

Rispetto alle relazioni del Testo Unico cambia la prima espressione, ed il fattore di Rispetto alle relazioni del Testo Unico cambia la prima espressione, ed il fattore di Rispetto alle relazioni del Testo Unico cambia la prima espressione, ed il fattore di Rispetto alle relazioni del Testo Unico cambia la prima espressione, ed il fattore di

amplificazione dello spettro amplificazione dello spettro amplificazione dello spettro amplificazione dello spettro �R che che che che viene assunto pari a 2,5.viene assunto pari a 2,5.viene assunto pari a 2,5.viene assunto pari a 2,5.

Riportiamo qui di seguito lo screen del programma del Prof.GelfiRiportiamo qui di seguito lo screen del programma del Prof.GelfiRiportiamo qui di seguito lo screen del programma del Prof.GelfiRiportiamo qui di seguito lo screen del programma del Prof.Gelfi ove vengono ad essere ove vengono ad essere ove vengono ad essere ove vengono ad essere

fissate le grandezze fissate le grandezze fissate le grandezze fissate le grandezze fondanti dell’andamento dello spettro elastico, secondo fondanti dell’andamento dello spettro elastico, secondo fondanti dell’andamento dello spettro elastico, secondo fondanti dell’andamento dello spettro elastico, secondo

OPCM3274. Si osservi che il periodo principale della nostra struttura ricade nel OPCM3274. Si osservi che il periodo principale della nostra struttura ricade nel OPCM3274. Si osservi che il periodo principale della nostra struttura ricade nel OPCM3274. Si osservi che il periodo principale della nostra struttura ricade nel

tratto ad accelerazione costante. Quindi l’accelerazione massima che subisctratto ad accelerazione costante. Quindi l’accelerazione massima che subisctratto ad accelerazione costante. Quindi l’accelerazione massima che subisctratto ad accelerazione costante. Quindi l’accelerazione massima che subisce la e la e la e la

struttura in campo plastico è pari a:struttura in campo plastico è pari a:struttura in campo plastico è pari a:struttura in campo plastico è pari a: ÓÕ^Óâuci � d,Kf a´Ó^ ^Oi;ÓOi,dK��������� d,KL Þ R, iK´ Þ i, dK Þ i, R � R, iK�´

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Certamente la forza sismica a cui è sottoposto l’edificio è data da massa per Certamente la forza sismica a cui è sottoposto l’edificio è data da massa per Certamente la forza sismica a cui è sottoposto l’edificio è data da massa per Certamente la forza sismica a cui è sottoposto l’edificio è data da massa per

accelerazione, ma se abbiamo un edificiaccelerazione, ma se abbiamo un edificiaccelerazione, ma se abbiamo un edificiaccelerazione, ma se abbiamo un edificio con più di tre orizzontamenti, c’è la o con più di tre orizzontamenti, c’è la o con più di tre orizzontamenti, c’è la o con più di tre orizzontamenti, c’è la

possibilità di definire un coefficiente riduttivo che ci consente di diminuire la possibilità di definire un coefficiente riduttivo che ci consente di diminuire la possibilità di definire un coefficiente riduttivo che ci consente di diminuire la possibilità di definire un coefficiente riduttivo che ci consente di diminuire la

forza sismica agente. Dato che per gli edifici alti è poco probabile che il moto sia forza sismica agente. Dato che per gli edifici alti è poco probabile che il moto sia forza sismica agente. Dato che per gli edifici alti è poco probabile che il moto sia forza sismica agente. Dato che per gli edifici alti è poco probabile che il moto sia

totalmente afferibile al primo modo di vibrare, qtotalmente afferibile al primo modo di vibrare, qtotalmente afferibile al primo modo di vibrare, qtotalmente afferibile al primo modo di vibrare, quindi per tenere conto dei modi di uindi per tenere conto dei modi di uindi per tenere conto dei modi di uindi per tenere conto dei modi di

vibrare superiori, non più trascurabili, si definisce un coefficiente riduttivo vibrare superiori, non più trascurabili, si definisce un coefficiente riduttivo vibrare superiori, non più trascurabili, si definisce un coefficiente riduttivo vibrare superiori, non più trascurabili, si definisce un coefficiente riduttivo º pari pari pari pari

a 0,85.a 0,85.a 0,85.a 0,85. �¶ � ÓÕ^Óâu Þ ¹T\T�\_]´ Þ º � R, iK�´ Þ iR.K�R´ Þ R,IK = i.HRRÁt Il momento ribaltante Il momento ribaltante Il momento ribaltante Il momento ribaltante éÓé,,,, sempre nell’ipotesi di distribuzione lineare delle forze sempre nell’ipotesi di distribuzione lineare delle forze sempre nell’ipotesi di distribuzione lineare delle forze sempre nell’ipotesi di distribuzione lineare delle forze

per piano, è pari a:per piano, è pari a:per piano, è pari a:per piano, è pari a: éÓé � �¶ �dL·  � i.HRR × �dL Þ L, d × H  � ii.VHJÁt�

Che cosa devo vedere per valutare, in sede di predimensionamentoChe cosa devo vedere per valutare, in sede di predimensionamentoChe cosa devo vedere per valutare, in sede di predimensionamentoChe cosa devo vedere per valutare, in sede di predimensionamento, se la configurazione , se la configurazione , se la configurazione , se la configurazione

scelta dei setti è sufficiente ad assorbire le sollecitazioni sismiche scelta dei setti è sufficiente ad assorbire le sollecitazioni sismiche scelta dei setti è sufficiente ad assorbire le sollecitazioni sismiche scelta dei setti è sufficiente ad assorbire le sollecitazioni sismiche previste. In previste. In previste. In previste. In

questo caso si deve guardare al taglio, infatti questo non può essere assorbito dalla questo caso si deve guardare al taglio, infatti questo non può essere assorbito dalla questo caso si deve guardare al taglio, infatti questo non può essere assorbito dalla questo caso si deve guardare al taglio, infatti questo non può essere assorbito dalla

sola armatura, ma è legato alla resistenza massima del puntone sola armatura, ma è legato alla resistenza massima del puntone sola armatura, ma è legato alla resistenza massima del puntone sola armatura, ma è legato alla resistenza massima del puntone compressocompressocompressocompresso Ôm_^. Quindi . Quindi . Quindi . Quindi

il primo controllo che devo fare è comprendere se il taglio agente sui miei setti è il primo controllo che devo fare è comprendere se il taglio agente sui miei setti è il primo controllo che devo fare è comprendere se il taglio agente sui miei setti è il primo controllo che devo fare è comprendere se il taglio agente sui miei setti è

compatibile:compatibile:compatibile:compatibile: Ôm_^ � R,V × ^ × �� × �_ Þ h_^, Þ _]�� � _]�ëi � _]�dë

- � → Angolo delle staffe rispetto all’asse della trave (90°)Angolo delle staffe rispetto all’asse della trave (90°)Angolo delle staffe rispetto all’asse della trave (90°)Angolo delle staffe rispetto all’asse della trave (90°);;;;

- ë → Inclinazione del puntone compresso (45°);Inclinazione del puntone compresso (45°);Inclinazione del puntone compresso (45°);Inclinazione del puntone compresso (45°);

- �_ � i → Flessione pura, a favore di sicurezza;Flessione pura, a favore di sicurezza;Flessione pura, a favore di sicurezza;Flessione pura, a favore di sicurezza;

- R,V^ ≅ R,I`�, ove , ove , ove , ove `� è la lunghezza del setto.è la lunghezza del setto.è la lunghezza del setto.è la lunghezza del setto.

Page 179: Dinamica delle strutture - Sismica - I fondamenti pdf/Work/Corsi/DINAMICA/DINAMICA DELLE... · 2.3 – Azione normale del vento 54 2.4 – Azione tangenziale del vento 61 2.5 –

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Considerando quanto fissato, l’espressione è in definitiva la seguente:Considerando quanto fissato, l’espressione è in definitiva la seguente:Considerando quanto fissato, l’espressione è in definitiva la seguente:Considerando quanto fissato, l’espressione è in definitiva la seguente: Ôm_^ � R,I × `� × �� × h_^d Þ id ÓU´gU����� Ôm_^`� Þ �� � R,I × id × h_^d ÓU´gU�����²m_^ � R, dh_^ Quindi devo controllare che il mio puntone compresso non presenti delle Quindi devo controllare che il mio puntone compresso non presenti delle Quindi devo controllare che il mio puntone compresso non presenti delle Quindi devo controllare che il mio puntone compresso non presenti delle ² superiori al superiori al superiori al superiori al

20% della resistenza a compressione del calcestruzzo 20% della resistenza a compressione del calcestruzzo 20% della resistenza a compressione del calcestruzzo 20% della resistenza a compressione del calcestruzzo h_^....

8:;m�Á � LRéZa →h_^ � R,IKm�Á Þ R,ILi,K = iH, iéZa →²m_^ � d,IdéZam�Á � LKéZa →h_^ � R,IKm�Á Þ R,ILi,K = i�,HéZa →²m_^ � L, dVéZa67

8

In direzione y si supponga che a resistere siano solo le due lamine del vano scala (a In direzione y si supponga che a resistere siano solo le due lamine del vano scala (a In direzione y si supponga che a resistere siano solo le due lamine del vano scala (a In direzione y si supponga che a resistere siano solo le due lamine del vano scala (a

favore di favore di favore di favore di sicurezza), quindi le tensioni tangenziali sollecitanti sono pari a:sicurezza), quindi le tensioni tangenziali sollecitanti sono pari a:sicurezza), quindi le tensioni tangenziali sollecitanti sono pari a:sicurezza), quindi le tensioni tangenziali sollecitanti sono pari a: µ\[Ub\]VUÄ →²Ó^ � �¶ÕméÓÄ � i.HRR × iRLd × dRR × H. KRR = R,JIéZa Sia per le strutture in CD”A” che CD”B”si deve considerare il possibile incremento Sia per le strutture in CD”A” che CD”B”si deve considerare il possibile incremento Sia per le strutture in CD”A” che CD”B”si deve considerare il possibile incremento Sia per le strutture in CD”A” che CD”B”si deve considerare il possibile incremento

delle fordelle fordelle fordelle forze di taglio a seguito della formazione delle cerniere plastiche alla base ze di taglio a seguito della formazione delle cerniere plastiche alla base ze di taglio a seguito della formazione delle cerniere plastiche alla base ze di taglio a seguito della formazione delle cerniere plastiche alla base

delle pareti. Per le strutture in CD”B”questi requisiti si ritengono soddisfatti se delle pareti. Per le strutture in CD”B”questi requisiti si ritengono soddisfatti se delle pareti. Per le strutture in CD”B”questi requisiti si ritengono soddisfatti se delle pareti. Per le strutture in CD”B”questi requisiti si ritengono soddisfatti se

il coefficiente di amplificazione il coefficiente di amplificazione il coefficiente di amplificazione il coefficiente di amplificazione � per lo sforzo (tensioni) di taglio, dati per lo sforzo (tensioni) di taglio, dati per lo sforzo (tensioni) di taglio, dati per lo sforzo (tensioni) di taglio, dati

dall’analisi, rispedall’analisi, rispedall’analisi, rispedall’analisi, rispettano i seguenti limiti:ttano i seguenti limiti:ttano i seguenti limiti:ttano i seguenti limiti:

Û�*#� "~®"G" →Ôé^ � �ÔÓ^�!�#= � Q 1,5� � 12 �#*��*#� #%�#%#�#/!+�#"�#�*���#

Allora…Allora…Allora…Allora… µ\[Ub\]VUÄ →²é^ � i, K²Ó^ � i, K × R, JI = i, iJéZa µ\[Ub\]VU� →�²Ó^ � �¶ÕméÓ� � i. HRR × iRLdKR × L. RRR = i, IJéZa²é^ � i, K²Ó^ � i, IJ × i, K = d, IRéZa

Solo al limite, e quindi devo porre attenzione, dato che questo è l’unico setto Solo al limite, e quindi devo porre attenzione, dato che questo è l’unico setto Solo al limite, e quindi devo porre attenzione, dato che questo è l’unico setto Solo al limite, e quindi devo porre attenzione, dato che questo è l’unico setto

resistente in direzione xresistente in direzione xresistente in direzione xresistente in direzione x----x. Ma devo fx. Ma devo fx. Ma devo fx. Ma devo fare attenzione anche ad un altro fattore, un are attenzione anche ad un altro fattore, un are attenzione anche ad un altro fattore, un are attenzione anche ad un altro fattore, un

questione che potrei definire sfuggente. Infatti il mio edificio è dotato di un piano questione che potrei definire sfuggente. Infatti il mio edificio è dotato di un piano questione che potrei definire sfuggente. Infatti il mio edificio è dotato di un piano questione che potrei definire sfuggente. Infatti il mio edificio è dotato di un piano

interrato, quindi il mio setto presenta il seguente schema di vincolo:interrato, quindi il mio setto presenta il seguente schema di vincolo:interrato, quindi il mio setto presenta il seguente schema di vincolo:interrato, quindi il mio setto presenta il seguente schema di vincolo:

CertamenteCertamenteCertamenteCertamente avendo la presenza dell’interrato mi permette di incastrare iavendo la presenza dell’interrato mi permette di incastrare iavendo la presenza dell’interrato mi permette di incastrare iavendo la presenza dell’interrato mi permette di incastrare i setti setti setti setti

facilmentefacilmentefacilmentefacilmente alla base, altrimenti dovrei curare in modo particolare l’aspetto della alla base, altrimenti dovrei curare in modo particolare l’aspetto della alla base, altrimenti dovrei curare in modo particolare l’aspetto della alla base, altrimenti dovrei curare in modo particolare l’aspetto della

loro fondamenta. A fronte di questo ho dei valori di taglio molto elevatiloro fondamenta. A fronte di questo ho dei valori di taglio molto elevatiloro fondamenta. A fronte di questo ho dei valori di taglio molto elevatiloro fondamenta. A fronte di questo ho dei valori di taglio molto elevati, infatti mi , infatti mi , infatti mi , infatti mi

trovo ad avere tretrovo ad avere tretrovo ad avere tretrovo ad avere tre volte il taglio sismico, e questa condizione peggiora con volte il taglio sismico, e questa condizione peggiora con volte il taglio sismico, e questa condizione peggiora con volte il taglio sismico, e questa condizione peggiora con

l’aumentare del numero di piani fuori terra. Si può evitare questo problema facendo l’aumentare del numero di piani fuori terra. Si può evitare questo problema facendo l’aumentare del numero di piani fuori terra. Si può evitare questo problema facendo l’aumentare del numero di piani fuori terra. Si può evitare questo problema facendo

in modo che i setti perimetrali siano al di sopra dei murazzi del piano interrato, in modo che i setti perimetrali siano al di sopra dei murazzi del piano interrato, in modo che i setti perimetrali siano al di sopra dei murazzi del piano interrato, in modo che i setti perimetrali siano al di sopra dei murazzi del piano interrato,

Page 180: Dinamica delle strutture - Sismica - I fondamenti pdf/Work/Corsi/DINAMICA/DINAMICA DELLE... · 2.3 – Azione normale del vento 54 2.4 – Azione tangenziale del vento 61 2.5 –

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quindi alla base la sezione quindi alla base la sezione quindi alla base la sezione quindi alla base la sezione

rrrresistente al taglio aumenta esistente al taglio aumenta esistente al taglio aumenta esistente al taglio aumenta

enormemente, coincidendo con la enormemente, coincidendo con la enormemente, coincidendo con la enormemente, coincidendo con la

sezione trasversale del murazzo sezione trasversale del murazzo sezione trasversale del murazzo sezione trasversale del murazzo

medesimo. Certamente tutto questo medesimo. Certamente tutto questo medesimo. Certamente tutto questo medesimo. Certamente tutto questo

trova applicazione per i setti trova applicazione per i setti trova applicazione per i setti trova applicazione per i setti

perimetrali, mentre per quelli perimetrali, mentre per quelli perimetrali, mentre per quelli perimetrali, mentre per quelli

interni dovranno essere posti in interni dovranno essere posti in interni dovranno essere posti in interni dovranno essere posti in

essere degli allargamenti alla baseessere degli allargamenti alla baseessere degli allargamenti alla baseessere degli allargamenti alla base, , , ,

anche pensando di aumentarne lo anche pensando di aumentarne lo anche pensando di aumentarne lo anche pensando di aumentarne lo

spessore. Ad ogni modo alla luce di spessore. Ad ogni modo alla luce di spessore. Ad ogni modo alla luce di spessore. Ad ogni modo alla luce di

quanto visto, questi setti non sono quanto visto, questi setti non sono quanto visto, questi setti non sono quanto visto, questi setti non sono

più sufficienti.più sufficienti.più sufficienti.più sufficienti.

Quindi da che parte aggiungo altri setti? Se moltiplico 1,16MPa per un fattore tre, Quindi da che parte aggiungo altri setti? Se moltiplico 1,16MPa per un fattore tre, Quindi da che parte aggiungo altri setti? Se moltiplico 1,16MPa per un fattore tre, Quindi da che parte aggiungo altri setti? Se moltiplico 1,16MPa per un fattore tre,

posso dire che in direzione yposso dire che in direzione yposso dire che in direzione yposso dire che in direzione y----y sono apposto, meny sono apposto, meny sono apposto, meny sono apposto, mentre lo stesso non lo posso affermare tre lo stesso non lo posso affermare tre lo stesso non lo posso affermare tre lo stesso non lo posso affermare

in direzione xin direzione xin direzione xin direzione x----x.x.x.x.

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Per Per Per Per vedere se questa soluzionevedere se questa soluzionevedere se questa soluzionevedere se questa soluzione mi è sufficientemi è sufficientemi è sufficientemi è sufficiente, devo dapprima valutarne la , devo dapprima valutarne la , devo dapprima valutarne la , devo dapprima valutarne la

configurazione spaziale. Infatti mentre in yconfigurazione spaziale. Infatti mentre in yconfigurazione spaziale. Infatti mentre in yconfigurazione spaziale. Infatti mentre in y----y nulla cambia, in xy nulla cambia, in xy nulla cambia, in xy nulla cambia, in x----x le cose sono x le cose sono x le cose sono x le cose sono

diverse; diverse; diverse; diverse; intanto non ho più una configurazione simmetrica, quindi dato che gli intanto non ho più una configurazione simmetrica, quindi dato che gli intanto non ho più una configurazione simmetrica, quindi dato che gli intanto non ho più una configurazione simmetrica, quindi dato che gli

spostamenti sono i medesimi, ogni una delle lamine si prende una aliquota dello sforzo spostamenti sono i medesimi, ogni una delle lamine si prende una aliquota dello sforzo spostamenti sono i medesimi, ogni una delle lamine si prende una aliquota dello sforzo spostamenti sono i medesimi, ogni una delle lamine si prende una aliquota dello sforzo

in ragione alla propria rigidezza.in ragione alla propria rigidezza.in ragione alla propria rigidezza.in ragione alla propria rigidezza.

Ãi � d, JKL Þ R, dKid � d, dK Þ R, dK Þ �d, JKd  d Þ d � d, K��HÃd � L,IRL Þ R, dKid � i, iH�H 697

98L,JR�H ÈJR% � iLR% � d Come possiamo osservare il nucleo resistente (1) si prende circa il 70% degli sforzi, Come possiamo osservare il nucleo resistente (1) si prende circa il 70% degli sforzi, Come possiamo osservare il nucleo resistente (1) si prende circa il 70% degli sforzi, Come possiamo osservare il nucleo resistente (1) si prende circa il 70% degli sforzi,

mentre il restante rimane a capo della lamina (2). A questo punto la forza che va mentre il restante rimane a capo della lamina (2). A questo punto la forza che va mentre il restante rimane a capo della lamina (2). A questo punto la forza che va mentre il restante rimane a capo della lamina (2). A questo punto la forza che va

sull’elementosull’elementosull’elementosull’elemento (1) sarà pari a:(1) sarà pari a:(1) sarà pari a:(1) sarà pari a: �¶i � i.HRR Þ R,JR Þ L, RK � d.VIVÁt → ÈR,JR �ng]�a{a[�U_\{aV�UL, RK� éhhU��]`U|a

Facciamo l’ipotesi di ingrossare la parte del setto compresa al piano interrato, Facciamo l’ipotesi di ingrossare la parte del setto compresa al piano interrato, Facciamo l’ipotesi di ingrossare la parte del setto compresa al piano interrato, Facciamo l’ipotesi di ingrossare la parte del setto compresa al piano interrato,

quindi considero un suo quindi considero un suo quindi considero un suo quindi considero un suo ispessimento pari a 30cm, ed ottengo quanto segue:ispessimento pari a 30cm, ed ottengo quanto segue:ispessimento pari a 30cm, ed ottengo quanto segue:ispessimento pari a 30cm, ed ottengo quanto segue: µ\[Ub\]�VU� →²Ó^i � �¶ÕméÓ� � d.VIV Þ iRLLRR Þ L. RRR � L,LdéZa ≅ ²é^i � L, dVéZa IIIIn questo caso non si usa il fattore amplificativo pari a 1,5, dato che il taglio n questo caso non si usa il fattore amplificativo pari a 1,5, dato che il taglio n questo caso non si usa il fattore amplificativo pari a 1,5, dato che il taglio n questo caso non si usa il fattore amplificativo pari a 1,5, dato che il taglio

aaaagente nella parte interrata della lamina è dovuto al momento e non al taglio. Si deve gente nella parte interrata della lamina è dovuto al momento e non al taglio. Si deve gente nella parte interrata della lamina è dovuto al momento e non al taglio. Si deve gente nella parte interrata della lamina è dovuto al momento e non al taglio. Si deve

tenere in considerazione che questo coefficiente di amplificazione si applica il tenere in considerazione che questo coefficiente di amplificazione si applica il tenere in considerazione che questo coefficiente di amplificazione si applica il tenere in considerazione che questo coefficiente di amplificazione si applica il

taglio e non al momento. Ma forse più di questo si dovrebbe considerare il significato taglio e non al momento. Ma forse più di questo si dovrebbe considerare il significato taglio e non al momento. Ma forse più di questo si dovrebbe considerare il significato taglio e non al momento. Ma forse più di questo si dovrebbe considerare il significato

fifififisico del coefficiente di amplificazione, posto per tenere conto del possibile sico del coefficiente di amplificazione, posto per tenere conto del possibile sico del coefficiente di amplificazione, posto per tenere conto del possibile sico del coefficiente di amplificazione, posto per tenere conto del possibile

incremento della forza di taglio a seguito della formazione della cerniera plastica incremento della forza di taglio a seguito della formazione della cerniera plastica incremento della forza di taglio a seguito della formazione della cerniera plastica incremento della forza di taglio a seguito della formazione della cerniera plastica

alla base della parete. Ora date le particolari condizioni di vincolo,alla base della parete. Ora date le particolari condizioni di vincolo,alla base della parete. Ora date le particolari condizioni di vincolo,alla base della parete. Ora date le particolari condizioni di vincolo, certamente certamente certamente certamente

questa cerniquesta cerniquesta cerniquesta cerniera plastica si formerà alla base della lamina libera, e non lungo il era plastica si formerà alla base della lamina libera, e non lungo il era plastica si formerà alla base della lamina libera, e non lungo il era plastica si formerà alla base della lamina libera, e non lungo il

tratto compreso nel piano interrato.tratto compreso nel piano interrato.tratto compreso nel piano interrato.tratto compreso nel piano interrato.

Altro controllo che si deve operare se il fattore di struttura Altro controllo che si deve operare se il fattore di struttura Altro controllo che si deve operare se il fattore di struttura Altro controllo che si deve operare se il fattore di struttura f � L assunto sia assunto sia assunto sia assunto sia

ancora accettabile (edifici a setti distribuiti), dato che se ho un ancora accettabile (edifici a setti distribuiti), dato che se ho un ancora accettabile (edifici a setti distribuiti), dato che se ho un ancora accettabile (edifici a setti distribuiti), dato che se ho un edificio che edificio che edificio che edificio che

lavora nucleo (comportamento torsionale preponderante), il nostro fattore di struttura lavora nucleo (comportamento torsionale preponderante), il nostro fattore di struttura lavora nucleo (comportamento torsionale preponderante), il nostro fattore di struttura lavora nucleo (comportamento torsionale preponderante), il nostro fattore di struttura

diviene pari a 2.diviene pari a 2.diviene pari a 2.diviene pari a 2.

Le strutture torsionalmenteLe strutture torsionalmenteLe strutture torsionalmenteLe strutture torsionalmente deformabili sono tali se per ogni piano della struttura e deformabili sono tali se per ogni piano della struttura e deformabili sono tali se per ogni piano della struttura e deformabili sono tali se per ogni piano della struttura e

per ogni direzione si verifica la seguente condizione:per ogni direzione si verifica la seguente condizione:per ogni direzione si verifica la seguente condizione:per ogni direzione si verifica la seguente condizione: [âÓ ] R,I È ZU[]´V\{\aV]ZU[]´V\^\[Ub\]VU - [d

è il rapporto tra la rigidezza torsionale e laterale di piano.è il rapporto tra la rigidezza torsionale e laterale di piano.è il rapporto tra la rigidezza torsionale e laterale di piano.è il rapporto tra la rigidezza torsionale e laterale di piano.

- âÓ è il raggio giratore del piano in pianta (è un indice di dispersione è il raggio giratore del piano in pianta (è un indice di dispersione è il raggio giratore del piano in pianta (è un indice di dispersione è il raggio giratore del piano in pianta (è un indice di dispersione

geometrica del nostro fabbricato), dato come radice quadrata del rapporto tra il geometrica del nostro fabbricato), dato come radice quadrata del rapporto tra il geometrica del nostro fabbricato), dato come radice quadrata del rapporto tra il geometrica del nostro fabbricato), dato come radice quadrata del rapporto tra il

momento polare d’inerzia del piano, calcolato rispetto al centro di massa, e momento polare d’inerzia del piano, calcolato rispetto al centro di massa, e momento polare d’inerzia del piano, calcolato rispetto al centro di massa, e momento polare d’inerzia del piano, calcolato rispetto al centro di massa, e

l’area del piano stesso.l’area del piano stesso.l’area del piano stesso.l’area del piano stesso.

Partendo dal presupposto (principio del minimo energetico), che lo spostamento si Partendo dal presupposto (principio del minimo energetico), che lo spostamento si Partendo dal presupposto (principio del minimo energetico), che lo spostamento si Partendo dal presupposto (principio del minimo energetico), che lo spostamento si

svolge nella direzione della minima rigidezza, è del tutto evidente che il precedente svolge nella direzione della minima rigidezza, è del tutto evidente che il precedente svolge nella direzione della minima rigidezza, è del tutto evidente che il precedente svolge nella direzione della minima rigidezza, è del tutto evidente che il precedente

rapporto descrive proprio questo principio. È del tutto evidente che si richiede una rapporto descrive proprio questo principio. È del tutto evidente che si richiede una rapporto descrive proprio questo principio. È del tutto evidente che si richiede una rapporto descrive proprio questo principio. È del tutto evidente che si richiede una

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elelelelevata rigidezza torsionale, oppure una bassa rigidezza di piano, perché evata rigidezza torsionale, oppure una bassa rigidezza di piano, perché evata rigidezza torsionale, oppure una bassa rigidezza di piano, perché evata rigidezza torsionale, oppure una bassa rigidezza di piano, perché [d ne ne ne ne

rappresenta il rapporto, questo al di la di rappresenta il rapporto, questo al di la di rappresenta il rapporto, questo al di la di rappresenta il rapporto, questo al di la di âÓ che non è altro che una caratteristica che non è altro che una caratteristica che non è altro che una caratteristica che non è altro che una caratteristica

geometrica. Ma geometrica. Ma geometrica. Ma geometrica. Ma âÓ ci aiuta se l’edificio è compatto, quindi posso avere una rigidezza ci aiuta se l’edificio è compatto, quindi posso avere una rigidezza ci aiuta se l’edificio è compatto, quindi posso avere una rigidezza ci aiuta se l’edificio è compatto, quindi posso avere una rigidezza

torsionale più limitata (sempre in rapporto a quella laterale), mentre se ho un torsionale più limitata (sempre in rapporto a quella laterale), mentre se ho un torsionale più limitata (sempre in rapporto a quella laterale), mentre se ho un torsionale più limitata (sempre in rapporto a quella laterale), mentre se ho un

fabbricato molto esteso in pianta, devo prestare attenzione, infatti ci dobbiamo fabbricato molto esteso in pianta, devo prestare attenzione, infatti ci dobbiamo fabbricato molto esteso in pianta, devo prestare attenzione, infatti ci dobbiamo fabbricato molto esteso in pianta, devo prestare attenzione, infatti ci dobbiamo

ricordare che la rotazione provoca dei gradi spostamenti per gli elementi periferici.ricordare che la rotazione provoca dei gradi spostamenti per gli elementi periferici.ricordare che la rotazione provoca dei gradi spostamenti per gli elementi periferici.ricordare che la rotazione provoca dei gradi spostamenti per gli elementi periferici.

Il raggiIl raggiIl raggiIl raggio giratore può essere ottenuto con l’uso di una espressione semplificata, o giratore può essere ottenuto con l’uso di una espressione semplificata, o giratore può essere ottenuto con l’uso di una espressione semplificata, o giratore può essere ottenuto con l’uso di una espressione semplificata,

ricavata per un piano di sezione rettangolare, con il centro di massa coincidente con ricavata per un piano di sezione rettangolare, con il centro di massa coincidente con ricavata per un piano di sezione rettangolare, con il centro di massa coincidente con ricavata per un piano di sezione rettangolare, con il centro di massa coincidente con

il baricentro geometrico.il baricentro geometrico.il baricentro geometrico.il baricentro geometrico.

âÓ � <Ã{]`a[U,{\aV]Õ{\aV] � <Õd � �did � <ddd � iddid � J, dLH� OOOOra si deve valutare il rapportora si deve valutare il rapportora si deve valutare il rapportora si deve valutare il rapporto [d

, dato dal rapporto tra la rigidezza torsionale e , dato dal rapporto tra la rigidezza torsionale e , dato dal rapporto tra la rigidezza torsionale e , dato dal rapporto tra la rigidezza torsionale e

laterale del piano:laterale del piano:laterale del piano:laterale del piano: [d = m�][T\]Va`Um{\aV] È ZU[ ]´V\ {\aV]ZU[ ]´V\ ^\[Ub\]VU Dato che i setti si deformano Dato che i setti si deformano Dato che i setti si deformano Dato che i setti si deformano flessionalmente tutti nel medesimo modo, che il modulo flessionalmente tutti nel medesimo modo, che il modulo flessionalmente tutti nel medesimo modo, che il modulo flessionalmente tutti nel medesimo modo, che il modulo

del calcestruzzo del calcestruzzo del calcestruzzo del calcestruzzo é_ sia lo stesso, quindi posso affermare che la rigidezza è sia lo stesso, quindi posso affermare che la rigidezza è sia lo stesso, quindi posso affermare che la rigidezza è sia lo stesso, quindi posso affermare che la rigidezza è

proporzionale al momento d’inerzia della sezione resistente. A questo punto devo proporzionale al momento d’inerzia della sezione resistente. A questo punto devo proporzionale al momento d’inerzia della sezione resistente. A questo punto devo proporzionale al momento d’inerzia della sezione resistente. A questo punto devo

determinare il baricentro della sezione rdeterminare il baricentro della sezione rdeterminare il baricentro della sezione rdeterminare il baricentro della sezione resistente: in direzione yesistente: in direzione yesistente: in direzione yesistente: in direzione y----y ho le due lamine y ho le due lamine y ho le due lamine y ho le due lamine

del vano scala come lamine resistenti, mentre in direzione xdel vano scala come lamine resistenti, mentre in direzione xdel vano scala come lamine resistenti, mentre in direzione xdel vano scala come lamine resistenti, mentre in direzione x----x ho il sistema x ho il sistema x ho il sistema x ho il sistema

resistente costituito dall’insieme (1) e (2). In direzione yresistente costituito dall’insieme (1) e (2). In direzione yresistente costituito dall’insieme (1) e (2). In direzione yresistente costituito dall’insieme (1) e (2). In direzione y----y non ho nessun y non ho nessun y non ho nessun y non ho nessun

contributo torsionale, dato che sistema resistente costitcontributo torsionale, dato che sistema resistente costitcontributo torsionale, dato che sistema resistente costitcontributo torsionale, dato che sistema resistente costituito dalle due lamine è uito dalle due lamine è uito dalle due lamine è uito dalle due lamine è

perfettamente simmetrico, e il suo baricentro e allineato al baricentro del piano, per perfettamente simmetrico, e il suo baricentro e allineato al baricentro del piano, per perfettamente simmetrico, e il suo baricentro e allineato al baricentro del piano, per perfettamente simmetrico, e il suo baricentro e allineato al baricentro del piano, per

cui l’azione sismica agente non genera fenomeni torsionale in questa direzione.cui l’azione sismica agente non genera fenomeni torsionale in questa direzione.cui l’azione sismica agente non genera fenomeni torsionale in questa direzione.cui l’azione sismica agente non genera fenomeni torsionale in questa direzione.

Mentre in direzione xMentre in direzione xMentre in direzione xMentre in direzione x----x il sistema resistente presenta un baricenx il sistema resistente presenta un baricenx il sistema resistente presenta un baricenx il sistema resistente presenta un baricentro proprio e non tro proprio e non tro proprio e non tro proprio e non

coincidente, in direzione, al baricentro geometrico di piano. Avendo determinato il coincidente, in direzione, al baricentro geometrico di piano. Avendo determinato il coincidente, in direzione, al baricentro geometrico di piano. Avendo determinato il coincidente, in direzione, al baricentro geometrico di piano. Avendo determinato il

valore di valore di valore di valore di Ãi e e e e Ãd, posso affermare che la posizione del baricentro, posso affermare che la posizione del baricentro, posso affermare che la posizione del baricentro, posso affermare che la posizione del baricentro è legata è legata è legata è legata

univocamente questi valori:univocamente questi valori:univocamente questi valori:univocamente questi valori:

La rigidezza torsionale La rigidezza torsionale La rigidezza torsionale La rigidezza torsionale dell’edificio è pari a:dell’edificio è pari a:dell’edificio è pari a:dell’edificio è pari a: m �][T\]Va`U � ¬ EÃ\,h`UT,�\ ∙ Ä\d � Ã\,h`UT,Ä ∙ �\dH � Ãd Þ L,L�d � Ãi Þ i,HVd � d Þ ÃL Þ �d,JKd  d

� i, iH × L,L�d � d,K� × i,HVd � d Þ ÅR, dK × H,KLid Æ× �d,JKd  d � dK,JL��

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Banalmente…Banalmente…Banalmente…Banalmente… m`a�U[a`U� � Ãi � Ãd � d,K�� i, iH = L,JR�H m`a�U[a`UÄ � dÃL � d Þ R, dK × H,KLid = L,IR�H

A questo punto possiamo fare rapporto tra la rigidezza torsionale e laterale di piano:A questo punto possiamo fare rapporto tra la rigidezza torsionale e laterale di piano:A questo punto possiamo fare rapporto tra la rigidezza torsionale e laterale di piano:A questo punto possiamo fare rapporto tra la rigidezza torsionale e laterale di piano:

899:99;[� � <m�][T\]Va`Um`a�U[a`U� � <dK,JLL,JR = d,�LJ�

[Ä = <m�][T\]Va`Um`a�U[a`UÄ � <dK,JLL,IR = d,�Rd�

Il rapporto funzionale al comportamento normale, o meno, è pari a:Il rapporto funzionale al comportamento normale, o meno, è pari a:Il rapporto funzionale al comportamento normale, o meno, è pari a:Il rapporto funzionale al comportamento normale, o meno, è pari a: [�âÓ � d,�LJJ, dLH = R,L�H[ÄâÓ = d,�RdJ, dLH = R,L�R678 → é^\h\_\]�][T\]Va`�UV�U^Uh][�a�\`U

come area di resistenza al taglio ci siamo, anche tenendo conto dell’effetto leva, ma come area di resistenza al taglio ci siamo, anche tenendo conto dell’effetto leva, ma come area di resistenza al taglio ci siamo, anche tenendo conto dell’effetto leva, ma come area di resistenza al taglio ci siamo, anche tenendo conto dell’effetto leva, ma

questa disposizione dei setti, ci restituisce un edificio torsionalmentequesta disposizione dei setti, ci restituisce un edificio torsionalmentequesta disposizione dei setti, ci restituisce un edificio torsionalmentequesta disposizione dei setti, ci restituisce un edificio torsionalmente flessibile, flessibile, flessibile, flessibile,

quindi il nostro fattore di struttura è pari a 2. A questo punto quindi il nostro fattore di struttura è pari a 2. A questo punto quindi il nostro fattore di struttura è pari a 2. A questo punto quindi il nostro fattore di struttura è pari a 2. A questo punto dovrei rifare tutti dovrei rifare tutti dovrei rifare tutti dovrei rifare tutti

i conti, ma ad ogni modo conviene sempre togliersi dalle condizioni di comportamento i conti, ma ad ogni modo conviene sempre togliersi dalle condizioni di comportamento i conti, ma ad ogni modo conviene sempre togliersi dalle condizioni di comportamento i conti, ma ad ogni modo conviene sempre togliersi dalle condizioni di comportamento

torsionale prevalente. Ad esempio, potrei pensare di aggiungere due settorsionale prevalente. Ad esempio, potrei pensare di aggiungere due settorsionale prevalente. Ad esempio, potrei pensare di aggiungere due settorsionale prevalente. Ad esempio, potrei pensare di aggiungere due setti in direzione ti in direzione ti in direzione ti in direzione

yyyy----y, sfruttando le ampie dimensioni dell’edificio in quella direzione.y, sfruttando le ampie dimensioni dell’edificio in quella direzione.y, sfruttando le ampie dimensioni dell’edificio in quella direzione.y, sfruttando le ampie dimensioni dell’edificio in quella direzione.

I setti inseriti per rispondere alla torsione devono essere posti alla maggiore I setti inseriti per rispondere alla torsione devono essere posti alla maggiore I setti inseriti per rispondere alla torsione devono essere posti alla maggiore I setti inseriti per rispondere alla torsione devono essere posti alla maggiore

distanza possibile dal baricentro di piano, o meglio dal centro di distanza possibile dal baricentro di piano, o meglio dal centro di distanza possibile dal baricentro di piano, o meglio dal centro di distanza possibile dal baricentro di piano, o meglio dal centro di massa. Vediamo ora massa. Vediamo ora massa. Vediamo ora massa. Vediamo ora

quale sia il loro contributo:quale sia il loro contributo:quale sia il loro contributo:quale sia il loro contributo: ÃH � R, dK × KLid = d,�R�H� � � La nuova rigidezza torsionale è pari a:La nuova rigidezza torsionale è pari a:La nuova rigidezza torsionale è pari a:La nuova rigidezza torsionale è pari a: m�][T\]Va`U � dK,JL� d,�R × �ddd  d Þ d � �KH,VL��

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Le rigidezze laterali di piano…Le rigidezze laterali di piano…Le rigidezze laterali di piano…Le rigidezze laterali di piano…

êm`a�U[a`U� � L, JR�H[\�aVU\V|a[\a�am`a�U[a`UÄ � L,IR � d,�R × d = V, RR�H Quindi il rapporto di confidenza al mancato comportamento torsionale è pari a:Quindi il rapporto di confidenza al mancato comportamento torsionale è pari a:Quindi il rapporto di confidenza al mancato comportamento torsionale è pari a:Quindi il rapporto di confidenza al mancato comportamento torsionale è pari a:

[�âÓ � <m�][T\]Va`Um`a�U[a`U�âÓ � J�KH,VL L,JR�J, dLH = i,ILV < R,I[ÄâÓ = <m�][T\]Va`Um`a�U[a`UÄâÓ � J�KH,VL V, RR�J, dLH = i, iJV < R,I699

979998

→ é^\h\_\]�][T\]Va`�UV�U[\´\^]

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7 – APPENDICE – L’EQUAZIONE DIFFERENZIALE DELLA LINEA ELASTICA. 7.1 – Brevi richiami sulla teoria delle travi inflesse.

Osservando il concio di trave qui riportato (tratto da una mia vecchia dispensa), si operi un primo equilibrio alla traslazione verticale: Ä � �Ä � Ä � ��� � 0 ���������^c^b � �f Si ottiene una delle equazioni fondamentali della statica. Il concio di trave qui a fianco riprodotto non sarebbe adeguato alla nostra finalità, dato che viene presentato in rotazione per una successiva analisi; dato che in quel dato frangente (pag. 74 della Dispensa Tecnica delle Costruzioni, vecchia versione) si

procedeva a ricavare la funzione della linea elastica per l’analisi dell’instabilità dell’equilibrio. Mentre ora immaginiamo che il nostro concio di trave infinitesimo sia orizzontale, e quindi lo sforzo normale sia complanare, questo ci consente di definire l’equilibrio alla rotazione, nell’ipotesi di semplice flessione: Ú � Ú � �Ú � Ä�� � � ���2 � 0 �¦on¥�¦wqrtx±txtA�ntLwvtw¦vtx�n�s�¦tw¦������������������������������������ c � ^éb Ã� "� ^dé^bd � �f

- La derivata dello sforzo di taglio cambiata di segno è uguale al carico agente. - La derivata del momento flettente è uguale allo sforzo di taglio. - La derivata seconda del momento flettente cambiata di segno è uguale al carico agente.

Dalle relazioni precedenti derivano le seguenti considerazioni. 1) Nei tratti di trave scarichi – cioè per � � 0 – lo sforzo di taglio è costante Ä � &!%�. ed il

momento flettente è variabile con legge lineare. 2) Nei tratti di trave caricati con carico ripartito – cioè per � ≠ 0 – lo sforzo di taglio Ä ed il

momento flettente Ú sono variabili con continuità. In particolare, se il carico � è ripartito con legge uniforme, lo sforzo di taglio è variabile con legge lineare ed il momento flettente è variabile con legge parabolica del 2° grado; se il carico � è linearmente variabile (carichi triangolari o trapezoidali), lo sforzo di taglio è variabile con legge parabolica del 2° grado ed il momento flettente è variabile con legge parabolica del 3° grado.

3) Dalla relazione c � ^éb si deduce che: - nei tratti di trave dove Ä � 0, il momento flettente è costante; - nei tratti di trave dove Ú � &!%�, lo sforzo di taglio è nullo; - nei tratti di trave dove Ä ≠ 0, il momento flettente è variabile. Ciò significa che la

sollecitazione tagliante è sempre compresente con la sollecitazione flettente e che la sollecitazione di solo taglio si verifica solo in alcune sezioni isolate (ad esempio in corrispondenza degli appoggi nelle travi appoggiate-appoggiate);

- nelle sezioni in cui si annulla lo sforzo di taglio, il momento flettente è massimo. Si evidenzia che l’estremo relativo della funzione Ú� è massimo e non minimo in quanto la derivata seconda del momento flettente è negativa.

4) Nei tratti di trave compresi tra due carichi concentrati, lo sforzo di taglio Ä ed il momento flettente Ú si determinano con le relazioni: Ä � � ° ��� � ~1; Ú � ° Ä�� � ~�

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7.2 – La deformazione delle travi soggette a flessione. Si consideri una trave ad asse rettilineo ed a sezione costante soggetta alle estremità a due coppie uguali e contrarie di intensità Ú agenti lungo il piano di sollecitazione contenente l’asse geometrico della trave. Si supponga che la sezione trasversale della trave sia simmetrica rispetto all’asse di sollecitazione s-s (si ricorda che l’asse di sollecitazione è dato dall’intersezione del piano di sollecitazione con il piano della sezione trasversale). Considerato lo schema di carico, ogni sezione della trave è sollecitata soltanto da momento flettente di valore costante M. In queste condizioni posso affermare quanto segue.

1) La trave si inflette e la deformazione di ciascun tratto di trave è costante essendo costante Ú.

2) L’asse geometrico della trave si trasforma in arco circolare di centro O contenuto in un piano detto piano di flessione coincidente con il piano di sollecitazione.

3) Le fibre che stanno nella parte superiore si accorciano (fibre compresse), mentre quelle che stanno nella parte inferiore si allungano (fibre tese).

4) Altre fibre conservano la lunghezza originaria. Esse giacciono su un piano, detto piano neutro. Esso si definisce come il luogo delle fibre che non sono né tese né compresse e sono caratterizzate da una stato tensionale nullo. L’intersezione del piano neutro con il piano della sezione trasversale determina l’asse neutro.

Consideriamo una generica sezione trasversale retta, ed Indichiamo con æy la tensione relativa all’elemento di area �F distante  dall’asse neutro.

°��^Õ � R ; °��Ä^Õ � é

Come è noto, la teoria della flessione si regge su un insieme di ipotesi, fra cui: - la legge di conservazione delle sezioni piane di Bernoulli-Navier; - validità della legge di Hooke Eæy � �çyH.

Si nota che le tensioni æy seguono una legge lineare in Â, quindi le possiamo esprimere in questo modo:

æy � æyÀO1 �wnAtA��xvw���������8:; æyÀO1 °Â�F � 0 ��&� ° Â�F � 0æyÀO1 °Â��F � Ú ��&� æyÀO1 � ÚÜ

La quantità ¸Â�F rappresenta il memento statico dell’area rispetto all’asse neutro: Pertanto resta dimostrato che l’asse neutro è asse baricentrico. Mentre ¸Â��F è il momento d’inerzia

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rispetto all’asse neutro. Operando le opportune sostituzioni si ottiene la legge di Navier che regge il problema della flessione retta: æy � æyÀO1ÂæyÀO1 � ÚÜ 7ùtwè����� � éÃ Ä Vediamo ora il concetto di curvatura, quindi partiamo dalla figura precedente, per la quale possiamo dire che: 1 � çy1 � * � Â* ��Lsqt±t¥oxvw������������çy � Â* Sostituendo il tutto nella legge di Hooke: æy � �çyçy � Â* � ùtwè����� � éÄ[ Usando la relazione di Navier, e quella appena ottenuta, possiamo definire il concetto di curvatura, che rappresenta la rotazione U di due sezioni consecutive poste a distanza unitaria. æy � ÚÜ Âæy � � Â*� ùtwè���i[ � ééà � W La quantità �Ü che figura al denominatore della frazione si chiama modulo di rigidezza a flessione. Moltiplicando la rotazione U per la luce della trave si ottiene la rotazione totale della sezione iniziale � � 0) della trave rispetto alla sezione finale (� = +): Φ = U+ = Ú+�Ü Se il memento Ú(�) è variabile lungo la lunghezza della trave, l’angolo �U di rotazione di un tratto di lunghezza �� della trave sarà: �U = Ú���Ü

Quindi la rotazione totale sarò data dalla seguente relazione: Φ = ° MxEJ dx(P

7.3 – L’equazione differenziale della linea elastica.

Consideriamo due punti A e B situati sulla linea elastica posti a distanza �%. Indicando con U l’angolo formato dalla tangente in A alla curva con l’asse delle �; �U l’angolo al centro dell’arco AB. Si ha quanto segue: �% � *�U m�txvt����� 1* = ��U�% � Il secondo membro è riportato in valore assoluto perché il segno dipende dal sistema di riferimento assunto. Nel caso in cui il sistema di riferimento viene assunto facendo coincidere l’origine con l’inizio della trave, l’asse delle ascisse coincidente con l’asse geometrico nella configurazione indeformata e l’asse delle ordinate positivo verso il basso, l’equazione che esprime la

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curvatura della trave si scriverà: 1* � −�U�% ÐoA�q�vtL�xntwxttx±txtA�ntL�èq�q�¥tAw¥wx±wxv�¦�vn¥wxvy����������������������������������������������������i[ � � ^W^� Sempre per la stessa motivazione posso confondere l’angolo con la sua tangente: �U ≅ �$�U = �Â�� m�txvt����� i[ = − ^dÄ^�d = ê Confrontando le due seguenti relazioni ottengo l’equazione differenziale della linea elastica: 1* = Ú�Ü = U1* = − ��Â��� 67

8 ùtwè��� é = −éÃ^dÄ^�d Nel caso di travi molto snelle l’inflessione può essere molto grande e le semplificazioni precedenti non sono ammissibili. In tal caso è necessario ricorrere all’espressione esatta:

U = �*&�$ ��Â��  �� "� 1* � −�U�% � � � ��*&�$ ��Â�� ��� ���% %� +����"�! 1* � − ��Â���»1 � ��Â�� �¼ô�

Derivando la relazione Ú � ��Ü v�Àvy�, una prima volta, ed una seconda volta, possiamo definire quanto segue:

®��#+#*#+�� !" c Ä � �Ú���Ä�� � ��� ���������8:;éÃ^LÄ^�L � �céÃ^HÄ^�H � f

7.4 – Trave appoggiata con carico uniformemente ripartito.

Il momento flettente e il taglio nella generica sezione � sono: Ú� � �+�2 � ���2 ; Ä� = �+2 � �� A questo punto si procede all’integrazione, partendo

dall’equazione differenziale Ú � ��Ü v�Àvy�. �Ü ��Â��� � ���2 � �+�2

Procediamo alle integrazioni… 1°¯"�#$*�� !"# →�Ü�Â�� � ��ô6 � �+��4 � ~1 2°¯"�#$*�� !"# → �Ü � ��à24 � �+�ô12 + ~1� + ~� Per determinar le costanti di integrazione, vediamo di porre

due condizioni al contorno, la prima nel punto di inizio trave, mentre la seconda in mezzeria, ove la rotazione U è nulla per simmetria.

U = �Â�� = 0 !�¦yOq��������6 �+2 ô � �+4 �+2 � � ~1 � 0 →~1 = �+ô8 � �+ô12 = �+ô24 Quindi l’equazione che governa la rotazione è la seguente: W(�) = ^Ä^� = fdéà Å�LL � `�dd � `LidÆ

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Mentre la seconda condizione al contorno viene fornita dall’appoggio della trave, ove l’abbassamento è nullo:  � 0 !�¦yOP������~� � 0 Quindi l’equazione che governa l’abbassamento della trave è la seguente: Ä(�) = fidéÃÅ�Hd � `�L � `L�d Æ Calcolo dei valori di spostamento e rotazione nei punti notevoli: ��!%���#"�! "�#��#* �� � +2 �!�# = �12�Ü Å +à32 � +à8 � +à4Æ = �12�Ü 5+à32 = 5�+à384�Ü �!��� !"#�$+ ���!$$ � � 0�!�#U � �2�Ü +ô12 = �+ô24�Ü 7.5 – Trave a sbalzo con carico ripartito.

Il momento flettente nella generica sezione � è: Ú(�) = � ���2

A questo punto si procede all’integrazione, partendo

dall’equazione differenziale Ú = ��Ü v�Àvy�: �Ü ��Â��� � ���2

Procediamo alle integrazioni… 1°¯"�#$*�� !"# →�Ü�Â�� � ��ô6 � ~1 2°¯"�#$*�� !"# → �Ü � ��à24 � ~1� � ~� Per determinare le costanti di integrazione imponiamo le condizioni al contorno. Osserviamo che in corrispondenza dell’incastro B � � + devono essere nulli tanto l’abbassamento quanto la rotazione. U � �Â�� � 0 !�¦yOq�������+ô6 � ~1 � 0 →~1 = � �+ô6

Quindi l’equazione che governa la rotazione è la seguente: W� � ^Ä^� � f�éà �L � `L Mentre per la seconda condizione al contorno abbiamo che: Â� � 0 !�¦yOq�������+à24 � �+à6 � ~� � 0 →~� = �+à8

Quindi l’equazione che governa l’abbassamento della trave è la seguente: Ä� � fdéà Å�Hid � `L�L � `HH Æ Calcolo dei valori di spostamento e rotazione nei punti notevoli: ��!%���#"�!�++,#%�*#� �à� � 0�!�# � �2�Ü Å+à4Æ = �+à8�Ü �!��� !"#�++,#%�#*�!+ /#*!� � 0�!�#U � � �+ô6�Ü

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7.6 – Trave a sbalzo con carico concentrato all’estremità. Il momento flettente nella generica sezione � è: Ú� � �Û� A questo punto si procede all’integrazione, partendo

dall’equazione differenziale Ú � ��Ü v�Àvy�: �Ü ��Â��� � Û� Procediamo alle integrazioni… 1°¯"�#$*�� !"# → �Ü�Â�� � Û��2 � ~1

2°¯"�#$*�� !"# → �Ü � Û�ô6 � ~1� � ~�

Per determinare le costanti di integrazione imponiamo le condizioni al contorno. Osserviamo che in corrispondenza dell’incastro B � � + devono essere nulli tanto l’abbassamento quanto la rotazione. U � �Â�� � 0 !�¦yOq������Û+�2 � ~1 � 0 →~1 � � Û+�2

Quindi l’equazione che governa la rotazione è la seguente: W� � ^Ä^� � Zdéà �d � `d

Mentre per la seconda condizione al contorno abbiamo che: Â� � 0 !�¦yOq������Û+ô6 � Û+ô2 � ~� � 0 →~� � Û+ô3

Quindi l’equazione che governa l’abbassamento della trave è la seguente: Ä� � ZéÃÅ�L� � `d�d � `LLÆ

Calcolo dei valori di spostamento e rotazione nei punti notevoli: ��!%���#"�!�++,#%�*#� �à� = 0�!�# = Û+ô3�Ü

�!��� !"#�++,#%�#*�!+ /#*!� � 0�!�#U � � Û+�2�Ü

7.7 – Trave a sbalzo con coppia applicata all’estremo libero.

Il momento flettente nella generica sezione � è: Ú� � �Ú A questo punto si procede all’integrazione, partendo

dall’equazione differenziale Ú � ��Ü v�Àvy�: �Ü ��Â��� � Ú

Procediamo alle integrazioni… 1°¯"�#$*�� !"# →�Ü�Â�� � Ú� � ~1 2°¯"�#$*�� !"# → �Ü � Ú��2 � ~1� � ~�

Per determinare le costanti di integrazione imponiamo le condizioni al contorno. Osserviamo che in corrispondenza dell’incastro B � � + devono essere nulli tanto l’abbassamento quanto la rotazione.

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U � �Â�� � 0 !�¦yOq������ Ú+ � ~1 � 0 →~1 � �Ú+ Quindi l’equazione che governa la rotazione è la seguente: W� � ^Ä^� � ééà � � ` Mentre per la seconda condizione al contorno abbiamo che: Â� � 0 !�¦yOq������Ú+�2 � Ú+� � ~� � 0 →~� � Ú+�2

Quindi l’equazione che governa l’abbassamento della trave è la seguente: Ä� � ééà Å�dd � `� � `ddÆ Calcolo dei valori di spostamento e rotazione nei punti notevoli: ��!%���#"�!�++,#%�*#� �à� = 0�!�# = Ú+�2�Ü �!��� !"#�++,#%�#*�!+ /#*!� � 0�!�#U � � Ú+�Ü 7.8 – Trave semplicemente appoggiata con carico concentrato in posizione arbitraria.

In questo caso l’espressione del momento flettente è diversa nei due tratti AC e CB: Ú�o � Û/+ �; Ú�� � Û/+ � � Û� � � A questo punto si procede all’integrazione, partendo

dall’equazione differenziale Ú � ��Ü v�Àvy�, chiaramente differenziando per i due tratti:

- Tratto �. 1°¯"�#$*�� !"# → �Ü�Â�� � � Û/��2+ � ~1 2°¯"�#$*�� !"# → �Ü � � Û/�ô6+ � ~1� � ~�

- Tratto /. 1°¯"�#$*�� !"# → �Ü�Â�� � � Û/��2+ � Û� � ��2 � ~ô 2°¯"�#$*�� !"# → �Ü � � Û/�ô6+ � Û� � �ô6 � ~ô� � ~à

Vediamo ora le condizioni al contorno: å#+��"�!~�#�!��#*#+�%�#%%���"$#"�# → � Û/��2+ � ~1 � � Û/��2+ � Û� � ��2 � ~ô ~1 � ~ô � ~ å#+��"�!~�#�!��#*#+�%�#%%��*#&& � → � Û/�ô6+ � ~� � ~�� � Û/�ô6+ � Û� � �ô6 � ~� � ~à →~� � ~à � �

Quindi alla fin dei conti devo trovare solamente due costanti di integrazione, per far questo pongo le condizioni sugli appoggi. Û#*� � 0�!&�# → � � 0

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Û#*� � +�!&�# → � Û/+�6 � Û+ � �ô6 � ~+ � 0 → ~ � Û/+6 � Û+ � �ô6+ � Û/+6 � Û/ô6+� Û/+� � /�6+

Quindi le espressioni finali sono le seguenti: - Tratto �. W�a � ^Ä^� � Z�déÃÅ� �d` � `d � �dL` Æ

Ä�a � Z���éà Å� �d` � `d � �d` Æ - Tratto /. W�a � ^Ä^� � ZdéÃÅ���d` � � � ad � �`d � �dL` Æ

Ä�� � Z�éÃÅ���L` � � � aL � �`d � �d` �Æ Vediamo di porre in essere alcune verifiche: å#+��"�!~�!+�%�#%%���"$#"�# → Û/2�Ü Å� ��+ � +� � /�3+ Æ � Û2�Ü Å� /��+ � /+� � /�3+ Æ å#+��"�!~�!+�%�#%%��*#&& � → Û/�6�Ü Å� ��+ � +� � /�+ Æ � Û6�Ü Å� /�ô+ � /+� � /�+ �Æ E’ arrivato il momento di definire alcuni valori notevoli ad iniziare dalle rotazioni negli appoggi: �!��� !"# "F → U� � 0o � Û/2�Ü +� � /�3+ � Û/+� � /�6�Ü+

�!��� !"# "G → U� � +� � Û2�Ü Å� /+�+ � /� � /+� � /�3+ Æ � Û/2�Ü Å�� � /+� � /�3+ Æ L’abbassamento massimo si ha nel punto in cui la tangente alla linea elastica è orizzontale. Se � �/ – come nel caso in figura – l’abbassamento massimo si ha nel tratto di sinistra AC, pertanto è sufficiente porre uguale a zero la derivata della prima equazione. �Â�o�� � Û/6�Ü Å� ��+ � +� � /�+ Æ � Û/�6�Ü �� 2�+   � Û/6�Ü+ �3�� � /� � +� � 0

�3�� � /� � +� � 0 → � � <+� � /�3

Pertanto l’abbassamento massimo lo si ottiene sostituendo questo valore di � nella nostra equazione che governa l’andamento della flessione:

Â�Loyo � Û/6�Ü+ <+� � /�3 æ� Å+� � /�3 Æ � +� � /�è � Û/9�Ü+ <+� � /�ô3

Se il carico è applicato in mezzeria, l’abbassamento massimo sarà proprio in mezzeria, in questa

ipotesi devo fissare / � q�:

Â�LoyoO� � Û+29�Ü+ É�+� � +�4 ô3 � Û+18�Ü+ <2764 +ß3 � Û18�Ü < 964 +ß � Û+ô48�Ü

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7.9 – Trave a sbalzo con carico concentrato in un punto generico. Per quest’altro caso si utilizza la sovrapposizione degli effetti, partendo dal caso della trave a sbalzo con carico concentrato all’estremità. Quindi la rotazione nel punto C è fornita dalla seguente: U~ � �Â�� � � Û/�2�Ü � UF

Per cui l’abbassamento nell’estremo libero è la somma di due funzioni: ÂLoy � Âù � U~� Sempre facendo riferimento al caso già affrontato in

precedenza, ho che: ÂLoy � Û/ô3�Ü � Û/�2�Ü � � Û/��Ü �/3 � �2  7.10 – Trave semplicemente appoggiata con coppia all’estremità.

Il momento flettente nella generica sezione � è: Ú� � Ú+ � A questo punto si procede all’integrazione, partendo

dall’equazione differenziale Ú � ��Ü v�Àvy�: �Ü ��Â��� � � Ú+ � Procediamo alle integrazioni: 1°¯"�#$*�� !"# →�Ü�Â�� � � Ú��2+ � ~1

2°¯"�#$*�� !"# → �Ü � � Ú�ô6+ � ~1� � ~� Per determinare le costanti di integrazione imponiamo le condizioni al contorno, difatti negli appoggi abbiamo abbassamenti nulli. Â� � 0 !�¦yOP������~� � 0 Â� � 0 !�¦yOq������ � Ú+ô6+ � ~1+ � 0 →~1 � Ú+6

Quindi l’equazione che governa la rotazione è la seguente: W� � ^Ä^� � � Ú��2+�Ü � Ú+6�Ü � édéÃÅ� �d` � LÆ Quindi l’equazione che governa l’abbassamento è la seguente: Ä� � � Ú�ô6+�Ü � Ú+�6�Ü � é��éÃÅ�d` � `Æ Vediamo di determinare la rotazione in corrispondenza degli appoggi: W� � R � é`�éà � W� � ` � Ú2�Ü ��+ � +3  � � é`Léà Mentre per determinare l’abbassamento massimo di deve definire il punto di massimo della funzione che governa la linea elastica, cioè il punto di tangenza orizzontale. �Â��� � ��� Å� Ú�ô6+�Ü � Ú+�6�ÜÆ � � Ú��2+�Ü � Ú+6�Ü � 0

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� ��+ � +3 = 0 → � = <+�3 = +√3 Operiamo la sostituzione… Ä �� � √L  � Ú6�Ü +√3 �� +3 � +  � é`d√dHLéà 8 – APPENDICE – INSTABILITA’ DELL’EQUILIBRIO NEL CALCESTRUZZO ARMATO. L’importanza di eseguire la verifica della stabilità dell’equilibrio di aste compresse in calcestruzzo armato, e la messa punto di metodi sempre più raffinati per rappresentare tale fenomeno, è un problema relativamente recente nel calcolo delle strutture. In passato infatti tale fenomeno, se pur studiato dal punto di vista teorico, non aveva particolare rilevanza nelle opere in calcestruzzo armato ordinario. A causa dei valori modesti delle tensioni ammissibili di compressione con i quali si predimensionavano i pilastri, si ottenevano quasi sempre sezioni sufficientemente grandi in rapporto alla loro altezza, e l’elemento nella maggioranza dei casi risultava di scarsa snellezza. Oggi per l’evoluzione dei materiali e l’aggiornamento dei metodi di calcolo, si assiste ad un incremento delle tensioni di esercizio, e a un generale snellimento delle strutture. La trattazione di questo fenomeno e la messa a punto di metodi approssimati di calcolo per opere di calcestruzzo armato è più complessa rispetto al caso dell’acciaio, perché alla non linearità geometrica che caratterizza la teoria del secondo ordine si aggiungono altre cause di non linearità, tra cui si

ricordano: - la non linearità conseguente alla fessurazione del calcestruzzo teso, che

comporta la perdita di omogeneità della sezione, e quindi Ü non può più essere considerato costante;

- la non linearità conseguente allo scorrimento viscoso del calcestruzzo sotto carichi di lunga durata, quindi la deformazione non è più indipendente dal tempo;

- comportamento plastico del materiale. L’instabilità dell’equilibrio porta ad uno spostamento trasversale ∆ non più trascurabile, questo comporta una eccentricità aggiuntiva #P � ∆, e quindi alla nascita di un momento del secondo ordine, quindi l’equilibrio deve essere fatto nella

configurazione deformata. Quella che viene persa è la relazione lineare tra azioni e sollecitazioni, è per questo che si parla di non linearità geometrica. Vediamo ora di considerare un’asta sottoposta ad un carico Û, e proviamo a definire gli effetti del secondo ordine: ¯!*� "# → È å� � ÛÚ� � Û#P ¯¯!*� "# →ê å� � ÛÚ� � ÛË#P � �Loy � Â�Ì

Se suppongo che il materiale sia elastico lineare posso esprimere Ú� in funzione della curvatura, e la soluzione di questo problema è la classica integrazione dell’equazione differenziale, ottenuta eguagliando il momento esterno al momento interno: ÛË#P � �Loy � Â�Ì � �Üè � �ÜÂ,,�

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Ho ottenuto una equazione lineare differenziale del secondo ordine, la cui soluzione, fissate le opportune condizioni al contorno, è:

� Â0) = 0Â,0) = 0Â(+) = �Loy öonwq�utwx�oqqr�¨�outwx�vt±±�¦�utoq�è��������������������������������� Ä� � URWXY�` Ei � WXY��H&!"� � < Zéà Da questa ottengo che: �Loy � Â+ � #Pcos=+ � #P

Ú� � Û Å#P � #Pcos=+ � #P � #Pcos=+ � #P cos=�cos=+Æ = Û#P cos=�cos=+ Quindi come possiamo osservare l’azione Ú� non dipende più linearmente dalla sollecitazione Û. Ora andiamo a osservare che cosa accade alla base al legame tra momento e sforzo normale, e quindi per � = 0. Ú(� = 0) = å#Pcos=+ = å#PcosÅJå�Ü +Æ Questa funzione presenta un asintoto per J§í + � ��: å � Ö��Ü4+� = Ö��F-� � å§�q�¦toxw

Ove - indica la snellezza - � qz� � qzJ� , mentre +P è la lunghezza libera d’inflessione e p il raggio d’inerzia. Al variare di - possiamo definire una famiglia di curve sul piano Ú � å. Ed inoltre il momento Ú può essere valutato come la somma di due contributi: Ú� � Û#P cos=�cos=+ = Û#Pç%!

� Û#P Åcos=�cos=+ � 1Æj�����k�����l%!!

Come si osserva Ú« è un momento del primo ordine, calcolato con riferimento alla condizione indeformata, mentre Ú«« è il momento del secondo ordine dato dalla non linearità geometrica del nostro problema. Questo Ú«« presenta un asintoto quando cos=+ → 0, cioè =+ � ��, che corrisponde alla condizione Û � å§.

Tutto questo vale per materiali a comportamento elastico lineare e infinitamente resistenti. Per il calcestruzzo questo non può essere considerato accettabile per due motivi:

1) la sezione di base dell’elemento ha resistenza limitata;

2) il comportamento del materiale non è lineare, infatti già in fase di esercizio si possono manifestare fessurazioni che diminuiscono la rigidezza del materiale. Allo stato ultimo, inoltre, la presenza di deformazioni plastiche dei materiali fa si che il comportamento sia decisamente non lineare.

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Quindi assegnata all’asta una determinata - posso definire å§ ; maggiore è l’å sollecitante, maggiore è la presenza della componente del secondo ordine. Ora rimuovendo la prima ipotesi, cioè di sezione di base infinitamente resistente, e consideriamo il dominio di iterazione (di resistenza) della sezione di base. Se ho un comportamento elastico lineare del materiale (EJ costante), si osserva che å§ non costituisce il limite superiore della capacità portante, infatti la crisi viene ad essere raggiunta in B, per Û1∗ � å§ , quindi la crisi avviene per la crisi del materiale alla presso-flessione, e non per

instabilità (ovvero il raggiungimento del carico euleriano). Vediamo ora di rimuovere anche la seconda ipotesi, quindi considero il materiale non più lineare (viscosità, fessurazioni, ecc.). Quindi il momento interno è dato dalla seguente relazione: Út� � ��ËÂ,,�Ìj��k��l

rt�tv�uuo��¥oxA� ∙ Â,,�

Come si osserva abbiamo introdotto una rigidezza secante che dipende dalla curvatura, ed essa sostituisce �Ü, quindi l’equilibrio tra momento interno e quello esterno permette di scrivere: ÁÓËÄ,,�ÌÄ,,� � ZÄ� � ZUR � |�a� Questa è una equazione differenziale non lineare (�� dipende da Â,,�), scritta nello stato deformato, e pertanto la sua risoluzione richiede l’utilizzo di metodi numerici, una volta noto il

legame �� � Â,,� ovvero il legame Út � Â,,�, essendo �nËÂ,,�Ì � %ÏyÀrry.

La costruzione dei diagrammi Út � 1¦ per un assegnato sforzo normale, da luogo ai grafici rappresentanti in figura. In questa trilatera possono essere definite tre condizioni operative.

- I → Stadio non fessurato. - II →Stadio fessurato, tra il campo II e III, ove avviene

lo snervamento. - III → Campo plastico.

Al variare di å posso costruire delle curve diverse, per å elevati ho delle curve molto rigide, dalle quali tende a

scomparire il comportamento duttile (lo stadio III). Quindi avrò una rottura fragile per bassi valori di å. Vediamo ora come possiamo costruire una curva momento/curvatura per un certo valore di sforzo normale.

Allora per ipotesi potrei pensare ad un valore di deformazione ç , il quale deve essere ammissibile (deve essere inferiore a quello di rottura), da questo mi ricavo il mio stato deformativo della

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sezione che deve essere possibile, cioè compatibile, sia con l’acciaio che con il calcestruzzo. Poi tramite una relazione costitutiva (ad esempio lo stress block) posso anche definire l’andamento delle tensioni, e dalla loro integrazione mi calcolo le forze interne ��, �ù , ��,. ��� + /* !�++��*�%+�� !"# → �ù � ��, � �� � å ≅ å¿�!++#& ��"�# Se lo sforzo normale å che trovo è vicino al mio å¿ sollecitante, sono fortunato, in altri termini ho trovato un punto della mia curava che voglio costruire. �#åt � å¿ Òqqw¦o�wA¦w}oAw�xs�xAwv�qqoLto¥�¦}ovttA�¦outwx������������������������������������������������ÚtxA; 1*  Se questo non accade devo procedere per tentativi in modo iterativo, fino a convergere al risultato cercato; ovviamente questo può essere fatto più celermente tramite un programma automatico. Una volta definita questa curva, posso risolvere numericamente la mia equazione differenziale non lineare ���ËÂ,,�ÌÂ,,� � ÛÂ� � Û#P � �Loy�, e da qui tracciare la curva Û � �Loy (massimo spostamento in sommità) per snellezze diverse, cioè per diversi valori di lunghezza. All’aumentare della snellezza si osserva:

- aumento degli spostamenti massimi allo stato ultimo (ascisse di estremità delle curve); - diminuzione dei valori della forza normale; - una diminuzione della pendenza della curva allo stato limite ultimo, fintantoché, per un certo

valore limite della snellezza -∗ la pendenza si annulla e la curva presenta un massimo. La curva -1 si interrompe quando viene ad essere raggiunta la deformazione ultima nell’acciaio o nel calcestruzzo; ed inoltre, come si osserva, all’aumentare della snellezza diminuisce il carico assiale Û e aumenta �Loy conseguente. Per - � -∗, la deformazione ultima viene ad essere raggiunta con tangente orizzontale. Per valori di snellezza - � -∗, il valore massimo del carico viene raggiunto prima del raggiungimento della deformazione ultima dei materiali e, quindi, la crisi avviene per instabilità: è il campo degli elementi snelli. Invece per - � -∗ la crisi avviene per rottura della sezione: è il campo degli elementi tozzi. Vediamo ora di riassumere il tutto nei seguenti grafici.

Diagramma Út � 1¦ per un assegnato sforzo normale. Diagramma Carico Assile – Spostamento massimo.

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Come possiamo osservare ho un “rovesciamento” del grafico precedente; basti osservare che per - � -∗ ho che Û � Û�∗, la cui tangente è verticale, quindi nel punto �∗ la rottura avviene sia per instabilità, sia per la crisi del materiale. Si osservi che il punto di crisi per instabilità è contraddistinto dalla tangente verticale della curva Ú � å. Il ramo che segue , nel quale aumenta il momento pur diminuendo N, è un ramo di equilibrio instabile. Diagramma M-N al variare del valore di -.

Fino ad or a non si è considerato il contributo della viscosità del materiale. Essa aumenta notevolmente la deformazione elastica iniziale, ove la sollecitazione agisca per un lungo periodo. Nelle strutture snelle, per effetto della non linearità geometrica, anche a carico costante, ho che lo stato di sollecitazione interna non è più costante nel tempo, perché esso dipende da quello di deformazione, che a sua volta è dipendente dal tempo, dato la presenza della viscosità. Un primo modo di trattare la viscosità è quello di costruire uno schema del materiale per affinità, usando come punto di partenza lo schema di breve durata. çAwA� � ç�PE1 � U�, �PH çÑtn¥wno � çAwA� � ç�P � ç�PU�, �P Osservando il grafico qui affianco possiamo notare che per Û � ÛLoy ho che la crisi viene ad essere raggiunta per instabilità dell’equilibrio immediatamente per � � 0. Ora se metto un carico Û1 ≪ ÛLoy costante nel tempo, ho uno spostamento �1�P immediato, e uno procrastinato nel tempo, fino ad arrivare a

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�1∞; ovviamente se il carico Û1 è molto piccolo non accade nulla. Ora costruendo la curva delle deformazioni per � � ∞, ricavo la curva Û/� a tempo infinito, con associato un corrispondente Ûù , cioè il carico critico a tempo infinito. Se la struttura viene ad essere sollecitata per carichi Û � Ûù , questa raggiungerà comunque la crisi per instabilità, con tempi che diverranno sempre più brevi all’aumentare del carico Û, fino ad annullarsi per il caso limite Û � ÛLoy . Quindi posso definire una curva che rappresenta le situazioni di instabilità per tutti i tempi compresi tra � � 0 e � � ∞. Tutti i carichi Û � Ûù sono tutti quei carichi che possono essere applicati per un tempo indefinito, senza che questo porti in crisi la struttura, e questi sono tutti i carichi permanenti. Mentre per i carichi Û � Ûù la struttura raggiunge la crisi per instabilità per tempi finiti. 8.1 – Linee guida per il calcolo delle curvature e diagrammi momento-curvatura. A partire dalle leggi costitutive dei materiali si possono dedurre le rigidezze da assegnare a ciascun tronco, o sub-elemento dell'elemento considerato, in funzione delle sollecitazioni Ú�, å� agenti nella sezione trasversale media, nella situazione o passo di carico considerati. Le ipotesi che si assumono sono sempre le stesse:

1) conservazione delle sezioni piane; 2) sezioni interamente reagenti fino al raggiungimento della resistenza a trazione del

conglomerato al lembo della sezione; 3) superato il punto di fessurazione, si considera la sezione parzializzata con rigidezza

corretta per effetto della presenza del conglomerato teso, ancora reagente, tra una fessura e l'altra. Questo fenomeno (tension stiffening) può dare un contributo sensibile alla rigidezza dei tronchi fessurati, pur trattandosi di un fenomeno secondario. In pratica è possibile schematizzarlo considerando una tensione costante pari a 0,05f#, applicata a tutta la zona tesa.

Con le ipotesi sopra introdotte si possono tracciare i diagrammi momento-curvatura, da utilizzare per il calcolo degli effetti del secondo ordine. Per bassi valori dello sforzo normale N, tali diagrammi sono trilineari essendo i tre stati cosi schematizzati:

I. sezione interamente reagente; II. sezione fessurata (viene esclusa la parte della stabilizzazione delle fessure); III. acciaio oltre il limite elastico.

Per valori più elevati dello sforzo di compressione, il momento ultimo può crescere, ma il valore della duttilità può sia crescere sia diminuire. Per valori molto elevati di N il momento ultimo cala nuovamente (Figura affianco). Il diagramma assume una forma nettamente curva, a causa delle deformazioni plastiche del calcestruzzo, tuttavia, non raggiungendo il limite elastico dell'acciaio, il comportamento a rottura risulta alquanto fragile. I diagrammi momento - curvatura vengono spesso rappresentati in forma adimensionalizzata, introducendo le seguenti quantità:

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Ú!�#"�!�+#��#"�#�� �#"% !"�+# → q = é�^dh_^ ��!*�!"!*��+#�� �#"% !"�+# → � = t�^h_^ Û#*&#"���+#�#&&�" &�� �*����*� → S � ÕÓhÄ^�^h_^ ~�*����*� → ë = i[ = �Ó � ��^

8.2 – Verifica dei telai a nodi fissi e a nodi spostabili. Il metodo di verifica dell’instabilità dell’equilibrio si differenzia sostanzialmente per strutture a nodi fissi e strutture a nodi spostabili. Le prime sono quelle che, essendo sufficiente rigide, qualora soggette a carichi esterni, subiscono deformazioni di entità limitata, tali da non comportare aumenti di rilievo delle sollecitazioni. Essendo la deformazione globale trascurabile, nelle strutture a nodi fissi, la scrittura delle equazioni di equilibrio può essere riferita alla configurazione iniziale indeformata. Per tali strutture sarà sufficiente verificare le condizioni di equilibrio dei singoli componenti; e per far questo si ricorre a metodi semplificati che vedremmo successivamente, senza preoccuparsi della deformazione strutturale complessiva, ma tendo conto soltanto delle sollecitazioni del primo ordine agenti e degli effetti del secondo ordine locali dell’elemento considerato. Tipico esempio di effetti del II° ordine è l’aumento delle sollecitazioni flettenti sui pilastri per effetto dello spostamento della sommità, innescato dai carichi orizzontali applicati o dall’inclinazione non intenzionale del pilastro stesso. Al contrario, nelle strutture a nodi spostabili, gli spostamenti globali non sono più di entità trascurabile, e devono essere considerati nella verifica strutturale. Per la verifica di tali strutture si deve controllare che non si verifichi:

- una divergenza dell’equilibrio d’insieme; - una divergenza dell’equilibrio locale (instabilità dei singoli elementi costituenti).

Ed inoltre nella verifica dei singoli elementi si deve tenere conto delle sollecitazioni supplementari indotte dagli effetti della deformazione globale della struttura. Nei telai a nodi fissi la rigidità trasversale dev’essere molto elevata, quindi abbiamo la necessità di un controvento, in altri termini le azioni orizzontali devono essere portate a terra. Negli edifici a telaio in calcestruzzo armato, gli elementi di controvento sono le pareti o i setti. 8.2.1 – Prescrizioni di normativa per elementi strutturali singoli.

Il parametro utilizzato per valutare la snellezza di un elemento strutturale singolo è il seguente, come abbiamo già visto: - � +PpLtx � >+pLtx Ove +P è la lunghezza libera d’inflessione e pLtx è il raggio d’inerzia minimo, nella direzione considerata. Il parametro > fornisce, attraverso la luce +, la lunghezza libera d’inflessione. La valutazione del parametro > può essere effettuata richiamando concetti che abbiamo già visto in altre dispense. Ma vale la pena richiamare alcune considerazioni importanti, a partire dalla relazione di Newmark; questa è una relazione approssimata, che fornisce il valore di > con un errore medio del 4%. Ed inoltre questa relazione può essere usata solamente sugli elementi componenti strutture a nodi fissi. L’effetto delle aste concorrenti nei nodi A e B può essere rappresentato tramite l’inserimento di una molla rotazionale, la cui rigidezza K è la somma di tutte le

l

A

B

KA

KB

P

EJl

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rigidezze delle aste concorrenti. Quindi in generale posso scrivere che: �� � ¬ ø �Üt+tt �!�#øè +�#%!�%%#$"��!�++,�%���#*+#%�#&!"� � !" � � "&!+!Ora possiamo scrivere la relazione di Newmark:

> � <0,2 � -Ò0,2 � -`0,4 � -Ò0,4 � -`-Ò � �Ü�Ò+ ; -` = �Ü�`+ Ã�#%� %!"! *���!*� �*�+�* $ �#����#++,�%��#��#++��# "!� .

Ora affrontiamo il caso di un portale a nodi fissi, l’analisi di questo problema viene semplicemente risolta applicando la relazione di Newmark e assumendo che il traverso si comporti come un’asta semplicemente appoggiata sottoposta a una coppia simmetrica.

Bϕ =Ml

3EJ K =3EJlB B

Bϕ =Ml

4EJ K =4EJlB B

Bϕ =Ml

2EJ K =2EJlB B

Asse di simmetria

Fig. 1-122

l

K =0 => b

N

λ =b

8

K =0 => a λ =a

8

β=1

K = => b

N

λ =0b

K =0 => a λ =a

8

β= =0,707

8

0,20,4

K = => b

N

λ =0b

β=0,5

8

K = => a λ =0a

8

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In generale per gli elementi facenti parte di strutture a nodi spostabili, la valutazione di >, può essere ricercata mediante l’uso di un abaco, per celerità la normativa (EC2 – 4.3.5.3.5) ne fornisce uno anche per le strutture a nodi fissi, che non è altro che la riproduzione della formula di Newmark. Prima di tutto si deve valutare le rigidezze relative di vincolo della nostra colonna:

ÁÕ]Á� � ∑^U``U[\´\^UbbU^U``U_]`]VVU_]V_][[UV�\∑^U``U[\´\^UbbU^U``U�[a|\ _]V_][[UV�\ � ∑é�³_]`]VVa`_]`]VVa∑�é�³�[a|U`�[a|U

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Dove = è il fattore che considera le condizioni di vincolo della trave all’estremità opposta: - = � 1,0 estremità opposta vincolata rigidamente o elasticamente; - = � 0,5 estremità opposta libera di ruotare; - = � 0 mensola libera.

Sempre nell’eurocodice viene ad essere riportato un esempio esplicativo della relazione precedente (�ù � &!%�):

�Ò � ¥wq�1+¥wq�1 � ¥wq��+¥wq��¯��1+��1 � 0,5 ¯���+���

Vediamo ora di definire i limiti di snellezza secondo le normative vigenti. Secondo il testo unico, al punto 4.1.2.1.7.2, gli effetti del secondo ordine nei pilastri singoli possono essere trascurati se la snellezza non supera il seguente limite:

º`\� � iK,H �√� �!�#89:9;� � å§vFù�¥v è+,�� !"#�%% �+#�� �#"% !"�+#~ � 1,7� *L*L � ÚP1ÚP�

Ove ~ dipende dalla distribuzione dei momenti del primo ordine (0,7 ] ~ ] 2,7), ed *L ne è il rapporto con |ÚP�| � |ÚP1|. Questo per quanto riguarda il DM2008, ma vediamo che cosa afferma l’EC2, nel quale un pilastro è considerato snello se il parametro - soddisfa la seguente disegualianza:

- � +P < º`\� � �a� QdKiK√� �!�#� � å§vFù�¥v 8.2.2 – Strutture a nodi fissi e a nodi spostabili: prescrizioni di normativa. Vediamo ora quali sono le prescrizioni di normativa per quanto concerne le strutture nel loro insieme; si è in genere abituati a classificare a nodi fissi le strutture dotate di opportuni sistemi di controventamento verticale, atti ad assorbire le azioni orizzontali, ma non sempre questa regola ha validità generale. Per operare la distinzione tra strutture a nodi fissi e strutture a nodi spostabili è necessario valutare la rigidezza strutturale rispetto agli spostamenti orizzontali. Vediamo che cosa afferma a proposito il D.M.2008, ove gli edifici possono essere considerati a nodi fissi se è verificata la seguente condizione: Zé^ ] R,Li VV � i,�∑é�^³�·d

- Û§v è il carico verticale totale su elementi controventanti e di controvento;

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- " è il numero di piani; - â è l’altezza complessiva dell’edificio al di sopra del vincolo d’incastro di base; - �ùv � §%&%� � ��.PPP�'�û()�z �z,g

1,� è modulo elastico di calcolo del calcestruzzo;

- ¯ù è il momento d’inerzia della sezione di calcestruzzo degli elementi di controvento, ipotizzata interamente reagente.

Per l’Eurocodice 2 un telaio non controventato può essere considerato a nodi fissi, se si verifica che ogni elemento verticale del telaio che resiste a più del 70% della forza assiale media å�v,L � &*·+x , ha una snellezza minore a quella limite definita in precedenza Å-qtL � ��� ê251O√,Æ. Dove " è il numero degli elementi verticali di ogni piano, �Ñ è la somma di tutti i carichi verticali agenti sugli elementi di controvento e controventati in condizioni di esercizio (¡· � 1).

Sempre secondo l’Eurocodice 2 un telaio controventato può essere considerato a nodi fissi, se la rigidezza flessionale degli elementi di controvento soddisfa il criterio seguente:

·< té�à ] ÈR, d � R, iV � {U[V ] LR,� � {U[V < H

Dove â è l’altezza totale dell’edificio, �ùÜ è la somma delle rigidezze flessionali in stato I degli elementi controventanti nella direzione considerata, å è la somma di tutti i carichi verticali di esercizio: å � vK � ∑ÃtK, ed " è il numero totale dei piani dell’edificio. Finito di editare il dì 11/12/2014.