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DIPARTIMENTO DI FILOLOGIA, LETTERATURA E
LINGUISTICA
Corso di Laurea Magistrale in Filologia e Storia
dell'Antichit
Tesi di Laurea
TESTIMONIANZE EPIGRAFICHE DI
MOBILIT SOCIALE E PEREGRINI DI AQUILEIA
ROMANA
CANDIDATO Tiziana Zannier RELATORE Giovanni Salmeri
Anno Accademico 2014-2015
2
INDICE
INTRODUZIONE p. 4
CAPITOLO I GEOGRAFIA E STORIA DI AQUILEIA
1.1 LA GEOGRAFIA DI AQUILEIA
1.1.1 Caratteristiche geografiche del territorio friulano aquileiese e la
posizione come elemento determinante per la fortuna della citt
p. 8
1.1.2 La ricostruzione del paesaggio antico p.11
1.2. LA STORIA DI AQUILEIA
1.2.1 L'insediamento preistorico p. 13
1.2.2 Verso l'Aquileia romana: il processo di conquista della Gallia p. 15
1.2.3 L'antefatto alla fondazione romana di Aquileia p. 21
1.2.4 La trasformazione in municipium e la creazione della provincia
della Gallia Cisalpina p. 28
1.2.5 Cesare ad Aquileia p. 29
1.2.6 L'epoca di Augusto e i primi due secoli d'impero p. 34
1.2.7 La crisi del III secolo d.C. e il ritorno in auge della citt p. 38
1.2.8 Il IV secolo p. 40
1.2.9 Il V secolo p. 43
CAPITOLO II MOBILIT ORIZZONTALE AD AQUILEIA
2.1 COMPOSIZIONE SOCIALE VARIEGATA DELLA FONDAZIONE
ROMANA p. 46
2.2 IL PRIMO FATTORE DI MOBILIT: LA CARRIERA POLITICA
E MILITARE p. 49
2.3 ECONOMIA DI AQUILEIA E IL SECONDO FATTORE DI MOBILIT
3
2.3.1 Trade network, lo sfruttamento delle risorse e le professioni p. 59
2.3.2 Il commercio: la funzione emporiale di Aquileia e le altre attivit
produttive p. 73
CAPITOLO III DECLINAZIONE DELLA MORTE AD AQUILEIA
3.1 INTRODUZIONE p. 93
3.2 PERCORSO EPIGRAFICO
3.2.1 InscrAq. 710 p. 95
3.2.2 InscrAq. 234 p. 100
3.2.3 InscrAq. 182 p. 105
3.2.4 InscrAq. 2842 p. 108
3.2.5 InscrAq. 495 a-b p. 109
3.2.6 BERTACCHI 1982 p. 114
3.2.7 InscrAq. 3180 p. 116
3.2.8 Inscr Aq. 511 p. 119
3.2.9 ZACCARIA 1996 p. 121
3.2.10 InscrAq. 2984 p. 124
3.3 CONCLUSIONI p. 127
CARTINE p. 131
BIBLIOGRAFIA p. 134
4
INTRODUZIONE
Questo lavoro ha lo scopo di illustrare il fenomeno della mobilit orizzontale
nella citt di Aquileia, nel periodo che va dalla sua fondazione romana, nel 181
a.C., ai secoli del Tardo Impero, avvalendosi dei dati forniti dal grande
patrimonio epigrafico che la citt eredita dal suo passato.
La citt e la sua storia sono il risultato di una complessa congerie di fattori e
aspetti interdipendenti, per cui pu risultare scorretto, a volte, cercare di isolarne
alcuni o pensare che uno fosse pi rilevante rispetto a un altro.
Nel primo capitolo si far una descrizione della geografia del territorio friulano
e in particolare di quello aquileiese, che costitu uno dei motivi pi importanti di
insediamento, popolosit e ricchezza di Aquileia.
Inoltre, se ne traccer una storia, che avr lo scopo di illustrare come la
fondazione romana sia il frutto della politica espansionistica romana del II secolo
a.C., che assegner alla citt una funzione inizialmente militare di baluardo
nell'avanzamento della romanit, successivamente di punto di partenza verso le
terre da conquistare e contemporaneamente di popolamento e difesa, infine di
cerniera fra la penisola italiana e le regioni e province pi a Est.
In parallelo alla funzione militare, si accresce e potenzia anche quella
commerciale, di origine antichissima, che sar oggetto della trattazione del
secondo capitolo, assieme all'analisi dei fattori maggiormente rilevanti per
mobilit orizzontale, di immigrazione ed emigrazione: essa fu alimentata da
motivi politico-militari, commerciali e, in piccolissima misura, di attrazione
turistica e polo religioso.
Infine, il terzo capitolo analizzer, in maniera meno oggettiva, quasi letteraria,
dieci testimonianze epigrafiche rilevanti di peregrini o di personaggi
contraddistinti da percorsi di vita particolari e suggestivi, nel tentativo di ridare
spessore umano a personalit di cui non ci resta nulla se non poche righe.
Le caratteristiche desunte dal lavoro di analisi dimostrano come Aquileia si
inserisca perfettamente nello scacchiere mediterraneo come fondazione
funzionale alla politica espansionistica romana, alla ristrutturazione politica e
culturale delle aree conquistate e, dunque, alla creazione dell'impero.
All'interno del quadro di conquista, il fenomeno della mobilit orizzontale, in
entrambi i suoi aspetti di emigrazione e di immigrazione, si presenta come
5
elemento basilare e strumento efficace di dominio e di inglobamento territoriale
e culturale delle nuove aree all'interno dello stato.
Il governo romano era ben conscio del fatto che lo stato si fondava su
numerosissime situazioni particolari, locali, singolari e che, inglobate, esse
venivano a costituire un quadro variegato, molteplice ed articolatissimo, su cui
bisognava esercitare e mantenere il controllo.
Solitamente, per fidelizzare un nuovo territorio, dopo un approccio di tipo
militare, il governo romano ricorreva allo strumento del dislocamento e
spostamento di risorse umane: da un lato, per imporsi politicamente, inviava
esponenti dell'lite romana; dall'altro, per spezzare le resistenze, rendere sicura,
popolare o fondare una zona dal punto di vista politico, amministrativo,
economico, il governo poteva ricorrere a politiche che causassero lo spostamento
di ingenti gruppi di persone. Come di recente stato studiato da B. Forsn1, che
si interessato degli effetti creati dagli imperi premoderni romano e ottomano
sulle migrazioni di genti nell'area orientale del Mar Mediterraneo, nell'antichit,
potevano avere luogo dei movimenti di popolazione di tipo forzato, stabiliti
dall'autorit centrale e senza possibilit di sottrarvisi, oppure di tipo volontario,
incentivato da disposizioni statati appositamente create o vantaggi economici
dovuti all'apertura di nuovi mercati su cui immettersi. In questa categoria rientra
il fenomeno migratorio che interess la citt di Aquileia, che si manifesta in
parallelo a quello di natura militare.
La prassi di stanziamento accertata per molte colonie romane del Mediterraneo
orientale, prevedeva una prima fase in cui, alla fondazione della colonia,
avveniva lo stanziamento di veterani, risolvendo cos una questione sociale
interna, spesso combinata alla migrazione di elementi greci provenienti dalle
aree prospicienti. Aquileia, immersa nel contesto occidentale e in un periodo
storico precedente a quello del contatto romano con l'Oriente, si discosta dalla
dinamica individuata poich, al momento della sua fondazione, lo stanziamento
di coloni di provenienza italica mista, inserito in un contesto indigeno precedente,
non ha attecchito facilmente e anzi, undici anni pi tardi, il centro ha dovuto
richiedere al Senato un rinforzo coloniario per sopperire alle perdite umane
subite nelle operazioni di difesa dell'impianto della citt, duramente contrastato
dalle popolazioni vicine.
1 FORSN 2008.
6
Per quello che riguarda la seconda fase dello stanziamento, si pu rilevare una
certa coincidenza fra le colonie mediterranee e Aquileia: le citt davano avvio a
un fenomeno di attrazione, legato all'importanza che i centri andavano
assumendo dal punto di vista amministrativo e culturale, cos come commerciale,
grazie alla posizione degli stessi, spesso ubicati lungo importanti vie militari e
commerciali. Il richiamo faceva presa su genti provenienti da molto lontano: se
per le colonie del Mediterraneo Orientale si pu parlare persino di Italici, per
Aquileia vale l'inverso, con l'arrivo di Greci e Siriaci, che importarono le loro
professioni impiantando officine e creando strutture atte all'offerta di servizi, o
stabilendo commerci con la madrepatria. Si pu affermare che si creasse un
circolo virtuoso, in cui lo sviluppo dei centri attraeva poi anche gli esponenti
dell'lite, che impiantavano le loro attivit, e che questi, a loro volta,
richiamavano la presenza di altre attivit, funzioni e persone che fornivano
servizi di alto livello e qualit. A questo proposito, si pu citare, il fatto che, a
partire da Augusto, Aquileia aveva ospitato, prima saltuariamente e poi per
periodi anche lunghi, la corte imperiale, accogliendo poi un luogo di produzione
su ampia scala di tessuti in cui venivano realizzati anche le pregiate stoffe
destinate alle alte cariche imperiali.
Dunque le colonie venivano ad assumere un ruolo funzionale importantissimo,
strategico dal punto di vista militare e commerciale, creando un reticolo diffuso
e organico in tutta la zona mediterranea, che permetteva facilmente la transizione
e il contatto di aree distanti fra loro, garantendo cos il controllo delle province
imperiali. Per esempio, Aquileia era la destinazione di rotte marine che partivano
da Alessandria d'Egitto, come ci testimonia l'Edictum de Pretiis dioclezianeo.
Dall'analisi di Forsn, incentrata sul confronto delle strategie dell'impero romano
e di quello ottomano, collegata al fenomeno delle migrazioni, emerge che la
mobilit anticamente era molto alta, che la creazione di un impero anzi la
facilitava, dato che era assicurata l'unit politica e amministrativa in un vasto
territorio. Inoltre, la struttura imperiale stessa stimolava l'economia, aumentando
la domanda, quindi la produzione di beni, l'offerta di servizi e il potere di
acquisto, alimentando cos il commercio su lunga distanza e lo sviluppo di alcuni
settori della popolazione dediti agli scambi. Risulterebbe cos che il maggiore
fattore di mobilit fosse quello commerciale, mentre avessero un ruolo
marginale quello militare e politico.
Aquileia si inserisce perfettamente in questo quadro, pur portando avanti la
7
rilevante funzione militare che le era connaturata, e si configura cos come
antichissimo luogo di incontro di popoli, culture e idee diverse e assai lontane
fra loro, di cui oggi rimangono echi e testimonianze archeologiche notevoli, in
primis quelle provenienti dal patrimonio epigrafico. Esso ci d un importante
apporto nel ricostruire quale fosse la dimensione storica e umana della citt
cantata da Ausonio e diventata simbolo, nella epoca tardoantica, di ricchezza,
resistenza militare e fedelt a Roma.
8
CAPITOLO I
GEOGRAFIA E STORIA DI AQUILEIA.
1.1 LA GEOGRAFIA DI AQUILEIA
1.1.1 Le caratteristiche geografiche del territorio friulano e aquileiese e la
posizione determinante per la fortuna della citt.
Aquileia il punto focale verso il quale, nell'antichit, convergevano tutte le
linee di fuga antropico-geoidromorfologiche dell'area nord-orientale della
penisola italiana, la manifestazione concreta, assai antica, della vocazione di
crocevia internazionale e centro intermodale della regione friulana. Per
comprendere adeguatamente il ruolo che ha avuto la sua ubicazione nella storia
della citt necessario compiere una piccola descrizione dell'area territoriale in
cui sorge, la parte meridionale del Friuli Venezia Giulia.2
La regione ha sempre colpito i visitatori che si trovavano ad attraversarla per la
grande ricchezza d'acqua che la contraddistingue e affascinava per la sua curiosa
e variegata idrografia, espressa tanto grandiosamente dal fiume Tagliamento cos
come violentemente dalle bocche del Timavo, se Boccaccio, nella quinta novella
della X giornata del Decameron, ricorda il Friuli come terra fredda, ricca di belle
montagne e ancor pi di fiumi e limpide fonti. In questa direzione si espressero
altri famosi personaggi della letteratura, come il Goldoni e Casanova, che
notarono il numero e ricchezza dei fiumi attraversati durante i viaggi che li
portavano a percorrere la regione.
In questo contesto, la citt romana sorge a poca distanza dalla linea di costa e
risulta protetta dal mare aperto grazie alla presenza della laguna friulana. Oltre
allo strettissimo rapporto che intrattiene con l'affaccio sul mare, essa possiede
una posizione favorevole anche in relazione alla chiostra montana, facilmente
superabile a Oriente, fatto che ha favorito lo sviluppo dei rapporti con la
Mitteleuropa.3
Bisogna tenere presente un ulteriore elemento di natura geografica che contribu
a caratterizzare le funzioni della citt, vale a dire il fatto di appartenere alla
2 Per la descrizione geografica si veda: CHERICI 2008. 3 TAVANO 1986.
9
cosiddetta Bassa friulana, definita come l'insieme dei Comuni al di sotto della
fascia delle risorgive, fenomeno idrico molto diffuso nella regione. Si tratta cio
di vasta area territoriale che si estende da Sacile a Monfalcone, delimitata a nord
dalla linea di risorgiva, a sud dal mare Adriatico, compresa nelle province di
Pordenone, Udine e Gorizia. Quest'area, nella letteratura divulgativa a scientifica,
viene definita come la parte pi orientale della pianura padana, seppure manchi
il riferimento principale, cio il fiume Po. In realt, la pianura veneto-friulana e
quella padana condividono alcune caratteristiche fondamentali, fra cui la
rilevanza del sistema idrico-fluviale, originato da sorgenti alpine o di risorgiva,
e la tendenza alla formazione di zone umide, paludose o lagunari; infine,
possiedono legami profondi di tipo geoidromorfologici e antropici.
Osservando ancora pi da vicino la conformazione territoriale, bisogna
sottolineare che, nella Bassa friulana, la distanza fra il punto di risorgiva e la
linea di costa va progressivamente diminuendo, da un massimo nella zona di
Sacile-Polcenigo, fino ad azzerarsi in corrispondenza della foce del fiume
Timavo, in area monfalconese, dove coincidono. Aquileia si trova molto vicino
a tale punto.
Tante sono le conseguenze derivanti da questa situazione geografica, fra cui il
diverso tipo di sistema insediativo, rispetto alla parte alta del Friuli, che spiega
le ragioni localizzative, l'identit, il ruolo e le potenzialit dei vari centri, fra cui
spicca Aquileia, in relazione alla posizione assunta nella storia rispetto alle
risorgive.
Infatti, l'acqua elemento che decide la struttura insediativa nel territorio della
Bassa friulana e condiziona a sua volta l'architettura degli insediamenti stessi:
moltissimi centri della dorsale insediativa padana hanno le loro radici nella
costruzione di un porto fluviale, funzione che stata a lungo preservata nelle
cittadine friulane.
In tempi antichissimi, in Friuli si diffuso un sistema di porti fluviali, attorno ai
quali erano conglomerati gli insediamenti, dislocati su quattro diverse linee
parallele alla costa, attraverso cui si effettuava l'interscambio terraferma-mare4:
una linea di porti interni lontani, che oggi si materializza nel percorso della
Strada Statale 13 e che attraversa centri come Treviso, Sacile e Pordenone,
4 CHERICI 2008, p. 40.
10
collocate tutte su fiumi di risorgiva, rispettivamente il Sile, il Livenza e il
Noncello. Una seconda linea era quella che viene definita dei porti intermedi,
seguendo le distinzioni fornite da Amerigo Cherici, corrispondente oggi alla
Strada Statale 14 e all'antico tracciato della via Annia, su cui si presentano centri
come Quarto d'Altino, San Stino di Livenza, PortogruaroConcordia Sagittaria,
Latisana, S. Giorgio di Nogaro, Torviscosa, Cervignano, Aquileia ed infine
Fiumicello. In ciascuno degli insediamenti elencati erano presenti porti o approdi
fluviali. Una terza linea individuabile sulla costa lagunare, rappresentata da
citt come Marano e Grado, ed infine l'ultima linea quella della costa marina,
con centri come Trieste e Monfalcone.
Alla base dell'insediamento di Aquileia dobbiamo quindi considerare le qualit
funzionali del luogo in rapporto allo sfruttamento dell'elemento naturale
acquatico. E proprio di questa relazione fortunatamente possediamo ancora
tracce risalenti al periodo romano, rappresentate dai rinvenimenti di un attracco
fluviale di et repubblicana, poi dismesso a favore del porto fluviale nel settore
orientale della citt, risalente al periodo imperiale, sull'antico corso del Natisone.
Come rende chiaro Paolo Fabbri5, la peculiare ubicazione di Aquileia, eccentrica
rispetto alla pianura friulana, che ne la rispettiva area di popolamento, si lega
alla necessit di collegamento stabile con il mare, grazie a idrovie navigabili
anche su grosse imbarcazioni. I privilegi che ne conseguono rivelano ed esaltano
le sue capacit commerciali e industriali, oltre che di citt terziaria, e sono la
ragione per cui fu nominata capitale della X Regio. Grazie alla sua natura
commerciale, legata alla sua posizione anfibia, si origina la sua funzione
amministrativa, che sopravviver a tutte le altre e allo stesso impero.
Per quanto concerne il declino della citt bisogna rilevare una sorprendente
concomitanza: esso si manifesta di pari passo all'aumentare del dissesto idraulico
della zona, riscontrato a partire dagli ultimi anni dell'impero, quando si registra
il fenomeno della trasgressione marina, concomitante con l'accentuazione
dell'eustasismo e del progressivo spostamento verso Est della foce del fiume
Isonzo. Questo elemento non di certo la ragione per cui la citt inizia il suo
processo di declino, ma si tratta solo di un piccolo tassello utile a spiegare la
climax discendente di una citt tanto ricca e fiorente.
5 FABBRI 1978.
11
1.1.2 La ricostruzione del paesaggio antico.
Proprio per le caratteristiche geoidromorfologiche che abbiamo cercato di
presentare, il quadro ambientale in cui Aquileia si insedia instabile, suscettibile
di numerose variazioni, anche rilevanti. Di fatto, nell'arco dei secoli, si sono
verificati diversi mutamenti di tipo ambientale, per cui risulta importante cercare
di abbozzare un'immagine di ci che doveva essere il paesaggio antico 6 . A
riprova della grande mutabilit del territorio si pu affermare che, se la
formazione della laguna di Marano risale a cinquemila anni fa, quella di Grado
compare in epoca post romana, circa mille anni fa.
Nell'ultimo decennio dello scorso secolo stato riconosciuto, come elemento
fondamentale per la comprensione delle dinamiche della citt, il tentativo di
ricostruzione del paesaggio antico, al fine di definire meglio le diverse fasi
dell'insediamento e delle sue strutture nell'interazione con un ambiente, quello
palustre e lagunare, in continua evoluzione. Coniugando dati di tipo archeologico
a quelli geologici si sono ricavati enormi contributi alle conoscenze precedenti.
A questo proposito, si rivelato molto produttivo il progetto SARA (Subacquea
Archeologia Romana Aquileia), che ha permesso di ricostruire il reticolo
idrografico antico ora scomparso, mettendo in rilievo l'evoluzione del fiume su
cui si costituito il porto-canale della citt. Non c' poi bisogno di ricordare
quanto sia stato utile usufruire, per le ricerche geologiche, di tecnologie
d'avanguardia, quali il rilevamento geomorfologico, quello aerofotogrammetrico
in grado di fornire immagini multispettrali e prospezioni geofisiche.
Si potuta cos ottenere la ricostruzione diacronica delle diverse fasi
paleoambientali e climatiche dell'insediamento antropico, ricavata anche da
esami sul radiocarbonio di resti e archeologici e campioni selezionati.
L'elemento geologico che permette la ricostruzione della situazione territoriale
originale e che ci svela gli interventi infrastrutturali e insediativi dall'antichit
fino all'epoca moderna, la linea di scolo meccanico delle acque, che restituisce
una visione del paesaggio precedente alle imponenti operazioni di bonifica
iniziate durante il regno di Maria Teresa d'Austria, proseguite per tutto
l'Ottocento e terminate nella prima met del Novecento, estese in tutta la fascia
6 Per la ricostruzione del paesaggio antico si veda: MASELLI SCOTTI 2009.
12
delle risorgive fra la laguna di Venezia e il monfalconese.
Essa mostra quale fosse il limite di risalita di marea e rivela un territorio
complesso, fatto di specchi lagunari e di aree di terraferma intersecate da corsi
fluviali e impaludate in maniera permanente o temporanea a causa delle
esondazioni. Le acque, inizialmente dulcicole, divennero successivamente
salmastre poich nella zona arrivavano quelle salate del mare Adriatico, in
innalzamento per effetto del fenomeno della marea.
Per quanto riguarda il reticolo idrografico della zona, il corso dei fiumi era molto
diverso da quello attuale e si osservata la presenza di tre paleoalvei, di cui due
attivi in epoca romana. Nel periodo protostorico, ad est dell'abitato si trovava un
fiume che sconvolse diverse volte l'abitato stesso, ma questa via d'acqua ha
progressivamente perso importanza, deviando poco pi a est. L'alveo venne
sigillato, nella sua parte superiore, da riempimenti antropici, ma successivamente
venne inciso parzialmente da un altro fiume in cui si riconosce quello di et
romana dove fu poi costruito il porto.
In riferimento all'insediamento in epoca romana, Aquileia doveva dunque
sorgere su un innalzamento del terreno piuttosto rilevato ed esteso, una specie di
promontorio, e la via Annia, che la raggiungeva, doveva essere una strada
costiera o comunque posta ai bordi di terreni depressi lungo il tracciato orientale
dell'attuale linea di scolo meccanico.
Si svilupp col tempo anche una rete viaria ricalcante il dettaglio orografico e
che si mantenne funzionale nei secoli, continuando ad essere utilizzata anche
nell'epoca moderna. Oltre alla gi citata via Annia, che costituiva la dorsale est-
ovest di collegamento dei centri portuali sorti sui fiumi, venne costruita anche la
via Iulia Augusta, che a sua volta ricalcava l'antica strada per il Norico.
Dopo il tentativo di descrizione geografica e ricostruzione storica del territorio
in cui sorgeva Aquileia, forse pi chiaro il motivo per cui la citt abbia una
continuit insediativa di millenni.
In conclusione, il sito prescelto da et antichissime per le sue qualit, fu una
piana alluvionale i cui confini possono essere considerati a Est il fiume Isonzo,
a Ovest le risorgive del fiume Aussa, a Nord i dossi generati dalle divagazioni
dei corsi d'acqua del sistema fluviale Isonzo, Natisone e Torre, a Sud, infine,
dalle cosiddette dune di Belvedere e S. Marco che contornano l'attuale laguna
13
di Grado.
1.2 LA STORIA DI AQUILEIA7.
1.2.1 L'insediamento preistorico.
Come stato precedentemente illustrato, le caratteristiche del territorio creavano
una situazione propizia alla presenza umana, che difatti si installa gi nel
Mesolitico (7700-7000 a.C.) nella zona Belvedere, a sud di Aquileia, nelle
vicinanze di Grado.
Allo stesso modo, molto presto si manifesta la vocazione del territorio friulano a
zona di collegamento fra vie marittime e itinerari terrestri, in particolare lungo
gli assi fluviali che dall'arco alpino discendevano verso la costa. Gi l'Eneolitico
(fine 3 millennio-inizio 2 millennio a.C.) e il Bronzo Antico (2300-1700 a.C.)
ci restituiscono reperti metallici di origine alpina e addirittura transalpina. Per
quanto riguarda la zona oggetto del nostro interesse, bisogna supporre che
ospitasse pi nuclei abitati, data la concentrazione di rinvenimenti fra Aquileia e
la Beligna, localit posta poco pi a sud. Il primo ampio insediamento, collocato
in una localit a occidente di Aquileia, a Ca' Baredi, lungo il canale Anfora, risale
al Bronzo Recente (1350-1200 a.C.) ed era cinto da una palizzata e impiantato
in area umida.
Durante la prima et del Ferro (c. 1000 a.C.) il Veneto Orientale, il Friuli e la
regione giulia caratterizzata da un processo di intenso insediamento che
raggiunge anche Aquileia dove, nella zona immediatamente a nord del Foro,
sorge il centro abitato di questo periodo, sempre su pali, ma con chiari elementi
di pianificazione, come il preciso orientamento nord-sud/est-ovest, che lo
assimilano ai contemporanei insediamenti del Veneto orientale, quali Concordia
e Oderzo. L'abitato ebbe due fasi, determinate da altrettante alluvioni, la prima
databile fra i IX-VIII secoli a.C. e l'inizio del VII mentre la seconda, collocabile
nel V secolo a.C., distrusse definitivamente l'insediamento. Alcune attivit
praticate nel periodo, come la produzione e lavorazione di cereali (in particolare
dell'orzo e del farro) e la raccolta di frutti spontanei o coltivati (uva, zucca, fichi,
7 Per la storia di Aquileia si veda: GUERRA 2008, pp. 61-80; GHEDINI, BUENO, NOVELLO 2009;
PUGLIESE CARRATELLI 1986; GUERRA 1999; BANDELLI 1988; ROSSI 2008; QUAI 1988.
14
mele, corniole, prugnoli e more), avvicinano la cultura degli abitanti alle
popolazioni coeve del Friuli settentrionale, appartenenti a una facies culturale
ben diffuso nella zona che si estendeva dall'Istria settentrionale, al Carso triestino
e al Veneto orientale.
Dopo la seconda disastrosa alluvione non sono documentate strutture abitative
ma elementi ceramici, rinvenuti a Nord del foro e nei vespai sotto le strutture
repubblicane, dimostrano, per i secoli IV-II a.C., importazioni dall'area veneta,
etrusco-padana e centroitalica, a conferma della vocazione commerciale di
antichissima data dell'insediamento, come mercato e nodo di scambi tra l'area
italico-adriatica e quella nord-balcanica e alpina. Un particolare che richiama
l'attenzione la totale mancanza di materiali coevi di ambito celtico o celtizzato,
che compariranno solamente alla met del II secolo a.C. e quindi a fondazione
romana gi compiuta, fatto testimoniato dal ritrovamento di monete noriche.
Questo elemento solo un tassello che va a comporre il quadro etnico e culturale
di Aquileia preromana, che rimane sfuggente ed enigmatico: da un lato ci sono
dati concreti che fanno pensare ad Aquileia come un centro veneto, come le
strutture insediative e i materiali ritrovati, supportati dalla menzione, molto pi
tarda, di Silio Italico8, che cita la citt fra le comunit ausiliarie venete presenti
nell'elenco dei Romani in occasione della battaglia di Canne del 216 a.C.;
dall'altro lato, forti indizi spingono a ritenere che il centro fosse di origine celtica,
come dicono alcune fonti antiche, che affermano che il Friuli era popolato da un
ceppo di Galli chiamato Carni, dato confermato dal toponimo stesso della citt.
Respinta l'etimologia latina che fa derivare Aquileia da aquila, simbolo di Roma,
e data la refrattariet dei Romani all'assegnare nuovi nomi a luoghi gi definiti,
si preferisce oggi considerare il toponimo derivante da un nome celtico simile a
Akyles o Aquiles, dal significato di citt di fiume.
Rimane dunque misteriosa l'origine culturale dell'insediamento, ma con buona
approssimazione si pu ricostruire che si trattasse di un insediamento di Carni,
spostatisi dalla loro sede originaria, che vennero molto presto in contatto con la
cultura veneta, la quale esercitava, oltre ai commerci, anche una notevole
influenza culturale.
8 SIL. 8, 604.
15
1.2.2 Verso l'Aquileia romana: il processo di conquista della Gallia.
La fondazione della colonia di Aquileia da parte dei Romani costituisce la tappa
conclusiva del lungo e complicato processo di ampliamento della Res Publica
nel Nord Italia, cio della conquista della Gallia Cisalpina, condotta con
differenti strategie e metodi fra il III e il II secolo a.C.; essa segna il passaggio
dell'insediamento da abitato protostorico a ricca e fiorente citt che raggiunger
il suo culmine durante il periodo imperiale.
Agli albori del II e I secolo a.C., Aquileia rappresenta l'estremo baluardo della
romanit, politica e culturale, nelle inospitali terre nord-orientali della penisola,
e suggella il definitivo ingresso e controllo dello stato romano in quest'area
geografica.
La Gallia Cisalpina, come ci attesta Polibio9, comprendeva tutto il territorio che
si estende dalle Alpi fino all'immaginaria linea che congiunge Ariminum (Rimini)
a Pisae (Pisa), ma acquista questo nome ufficialmente solo nell' 81 a.C., quando
diventer una provincia. Il fiume Po inoltre la divideva in due parti, la
Transpadana a Nord del fiume, e la Cispadana a Sud.
Il quadro etnico della Gallia Cisalpina ricostruibile al momento dell'espansione
romana variegato e prevede, nella massa di genti affini, la presenza di qualche
elemento eterogeneo.
A un sostrato di popolazioni preistoriche si erano sovrapposte quelle di origine
indoeuropea, che si erano differenziate e caratterizzate. Se la parte occidentale
era in prevalenza occupata dai popoli liguri e la zona centrale dalle trib cozie e
dai Reti, il Venetorum Angulus, come lo definisce Tito Livio nel quinto libro della
sua opera10, risultava occupato da popoli quali gli Euganei, popolazione indigena
preistorica che sub una notevole riduzione della propria estensione territoriale a
causa dell'arrivo, nel IX a.C., di un altro popolo di origine indoeuropea, i Veneti,
a cui unanimemente le fonti antiche attribuiscono origini orientali e che Omero
cita in relazione all'allevamento di splendidi cavalli11. Essi si stanziarono nel
territorio compreso fra l'Adige e il Livenza e risulta molto interessante il fatto
che questa popolazione si schier sempre come alleata dei Romani.
9 POLYB. II, 15, 9. 10 LIV. V, 33, 10. 11 HOM. Il. II, 852.
16
Inoltre, a partire dal XIII secolo a.C., tutta l'Europa fu soggetta agli spostamenti
e alle invasioni di un altro gruppo di genti indoeuropee, quello dei Celti. Durante
la lunga storia dei popoli che lo costituivano, si erano diffusi dall'estrema regione
occidentale della Spagna, quella che i Romani soprannominarono Galizia, alla
regione centrale dell'odierna Turchia, l'antica provincia della Galazia. Oggi
usiamo il termine Galli per definire tutte le popolazioni che si erano stanziate
nel centro del continente, dalla Francia, al Nord e Centro Italia, alla Germania, e
che, in epoca storica, erano state protagoniste dell'invasione dell'Italia e delle
lotte che erano scaturite dal contatto con lo stato romano.
E' certa la presenza di popolazioni di lingua celtica in Transpadania prima del IV
secolo a.C. e del loro violento arrivo in Italia. Verso il 400 a. C., i Celti si
stabilirono nelle regioni alpine orientali e fondarono alcuni insediamenti che
diventeranno poi importanti citt italiane, quali Taurinum (Torino), Bergomum
(Bergamo), Brixia (Brescia), Comum (Como), e Mediolanum (Milano). Essi
giunsero fino alla fascia medio adriatica e la trib dei Senoni fu quella che si
stanzi pi a meridione di tutte le altre, fermandosi nel Piceno, ben oltre il
cosiddetto Ager Gallicus.
Secondo quanto si pu leggere in Livio12 e in Plinio13, l'arrivo dei Galli nella
nostra penisola era dovuto all'attrazione che essi nutrivano nei confronti dei beni
offerti dalla terra, in particolare delle messi e del vino, a loro prima sconosciuto.
Anche se la cronologia dell'evento difficile da stabilire e d vita a lunghe
disquisizioni, la calata di questo popolo sarebbe da collocare fra l'inizio del IV
secolo a.C. e il 390 a.C., anno del sacco di Roma. E' pi credibile l'ipotesi per
cui l'invasione dei Galli non sia stato un evento unico ma si sia realizzato in
diverse ondate, come pare di poter evincere da diversi punti della narrazione di
Livio14. E dopo una prima invasione, nel 391 a.C., diretta alla citt di Chiusi,
seguirono numerose infiltrazioni di trib o di confederazioni di trib. I dati
archeologici dimostrano che, nella maggior parte dei casi, nasceva
un'integrazione fra gli invasori e le comunit indigene e prendevano vita
comunit e culture miste, fino allo sviluppo, nel IV a.C. e massima fioritura agli
inizi del III, di un'omogeneit culturale celtico-italica.
12 LIV. V, 33, 2-4. 13 PLIN. , N. H., XII, 5. 14 LIV., V, 33, 1; 33, 4; 34, 3.
17
Fra le genti celtiche che ebbero a confrontarsi con la nascente potenza romana,
vanno ricordate quella degli Insubri, originari della Gallia Transalpina e che si
stanziarono, alla met del V secolo a.C. in Lombardia, raccolti intorno al centro
di Mediolanum; i Cenomani, stanziatisi alla fine del V secolo a.C. nella pianura
Padana attorno ai due insediamenti maggiori, Bergamo e Brescia; i Taurisci, che
occupavano l'odierna Slovenia centro-orientale e la parte nord-occidentale della
Croazia. Molto pi tardi, nel porto della loro citt principale, Nauportus,
confluivano le merci che partivano da Aquileia e che raggiungevano la Pannonia;
i Boi, originari della Boemia e diffusisi in Pannonia e Baviera nord-orientale,
nella seconda met del V secolo a.C., avevano partecipato all'invasione dell'Italia,
stabilendosi nel territorio a sud del Po e occupando la zona di Modena e
dell'etrusca Felsine, che presero e rifondarono lasciando poi una traccia nel
toponimo romano di Bononia; i Senoni, stanziatisi nel V secolo a.C. nelle
Marche, da cui avevano accesso alle vie strategiche che permettevano loro di
raggiungere Puglia, Campania e Lazio. Infatti, fu proprio questa gente che,
calandosi nella valle del Tevere, riusc a compiere il sacco di Roma all'incirca
nel 390 a.C..
Infine, per quanto riguarda il Friuli, regione sconosciuta ai Romani fino al III
secolo a.C., era presente un popolo di origine celtica, i Carni, popolazione affine
ai Galli della pianura padana, con cui per avevano perso i rapporti. Non facile
dire quando essi si siano stanziati nella regione e le ipotesi avanzate portano a
individuare un lasso di tempo che oscilla dal IV alla fine del III secolo a.C.. Pi
probabilmente essi provenivano non dall'Occidente, come si a lungo ipotizzato,
bens dall'arco alpino orientale, secondo la tesi avanzata da Bandelli15. Infatti,
risaputo che i Veneti bloccarono l'avanzata delle trib celtiche provenienti da
Occidente. Ci sono elementi, di natura linguistica, a sostegno di quest'idea, e cio
la grande diffusione dei toponimi di origine celtica tutt'ora in uso, che diminuisce
gradualmente procedendo da Est verso Ovest della regione, e la progressiva
evoluzione dei suffissi che li compongono. I Carni intrattenevano contatti con i
Celti transalpini e commerci con i Veneti e i Norici e, alla fine del II secolo a.C.,
un gruppo, di cui non nota la provenienza, si spost dalle sedi interne per
stabilirsi sulla costa. Nel 186 a.C. costruirono anche un piccolo villaggio
fortificato non molto distante dall'insediamento preromano di Aquileia, fatto che
15 BANDELLI 1988, pp. 21-34.
18
costituisce l'occasione per iniziare ad avanzare pretese sulla zona da parte dei
Romani.
Per comprendere le dinamiche che portarono alla fondazione romana della
colonia e al ruolo che essa ebbe nella storia locale e nel mondo latino,
necessario fare una panoramica dei fatti che coinvolsero Romani e Galli. La
conquista della Gallia Cisalpina riassumibile in quattro fasi, come schematizza
Ruggero Fauro Rossi16, che seguiremo nell'esposizione delle vicende storiche.
La prima fase comprende una serie di guerre sul territorio del centro-Italia,
quando la contrapposizione fra i Galli e i Romani diventa diretta. Il momento pi
importante rappresentato dalla battaglia di Sentino, nelle Marche, del 295 a.C.,
culmine della terza guerra sannitica, che vede la coalizione di Etruschi, Italici e
Galli sconfitta. Seguirono poi azioni di ribellione gallica a cui i Romani
prontamente risposero. Parliamo dell'assedio, ad opera dei Senoni, di Arezzo,
alleata dei Romani, del 284 a.C., quando l'esercito romano fu sconfitto e vide
ucciso uno dei due consoli, L. Cecilio Metello. Come immediata reazione, i
Romani sconfissero i Galli e fondarono la colonia di Sena Gallica, l'anno
seguente.
Poi furono i Boi, alleatisi con gli Etruschi, a contrapporsi all'espansione romana,
venendo sconfitti due volte consecutivamente, nel 283 a.C. dal console P.
Cornelio Dolabella sul lago Vadimone, e nell'anno successivo.
Con il trattato di pace che i Boi furono costretti a firmare nel 282 a.C., si
inaugura la seconda fase di conquista della Gallia, caratterizzata dall'assenza di
scontri per ben quarantacinque anni. In questo periodo Roma approfitta per
ampliare i propri confini fondando la colonia di Ariminum, del 268 a.C. e
confiscando, suddividendo in lotti e assegnando ai cittadini romani il territorio
prima appartenuto ai Senoni, l' ager Gallicus, con la lex agraria de agro gallico
et Piceno viritim dividundo del 232 a.C..
Le ostilit ripresero nel 236 a.C. con il fallito attacco gallico alla nuova colonia,
scoppiarono poi nel 225 a.C., inaugurando la terza fase del processo di
espansione romana: l'esercito dell'Urbe, guidato dai consoli L. Emilio Papo e C.
Attilio Regolo, che perse la vita, sconfisse al Talamone una coalizione di Boi,
Insubri, mercenari Gesati e alleati italici, di cui eccezionalmente facevano parte
16 ROSSI 2008, pp. 21-35.
19
i Veneti. I Boi vennero successivamente sconfitti nel 224 a.C, gli Insubri persero
il loro centro pi importante, Mediolanum, e furono definitivamente assoggettati
con la battaglia di Clastidium del 222 a.C.. Nel 219 a.C., per rendere tangibile la
presenza romana nel territorio di recente acquisizione e dare cos avvio al
processo di appropriazione dell'area, vennero fondate le colonie di Placentia e
Cremona, a sud e nord del Po. Per quanto riguarda questa fase del processo di
occupazione, le fonti mettono in risalto la particolare aggressivit dei Galli che
avrebbero portato i Romani a difendersi rispondendo alle provocazioni.
Compiendo un'analisi pi profonda, si pu in parte concordare con le fonti
ipotizzando che la fine della Prima Guerra Punica, durante la quale molti Galli
erano stati assoldati come mercenari al servizio della potenza cartaginese, avesse
comportato una sovrabbondanza della popolazione celtica. Ma innegabile che
anche Roma avesse intrapreso una politica di tipo espansionistico, supportata da
motivazioni economiche che si vanno delineando durante le guerre puniche.
Nel 218 a.C., la calata di Annibale segna un'interruzione delle lotte fra Romani,
impegnati contro Cartagine, e i Galli, sebbene Boi e Insubri si fossero uniti alla
parte cartaginese. Di fatto, i Boi approfittarono dell'occasione per invadere e
distruggere Piacenza, annientando inoltre due legioni nella foresta a sud del Po,
fra Modena e Piacenza, durante la quale il console L. Postumio Albino fu preso
e decapitato, secondo l'usanza gallica.
Dopo che i Romani riuscirono a sconfiggere Annibale a Zama, nel 202 a.C., si
volsero ad azioni punitive nei confronti di chi si era schierato a favore
dell'invasore, cio dei Boi, Insubri e Liguri, dividendosi su tre fronti e dando cos
avvio all'ultima fase, la quarta, della conquista, o riconquista, della Gallia
Cisalpina.
Solitamente si reputa che il motivo che spinse i Romani a muoversi nuovamente
contro i Galli dopo aver sconfitto il pericolo cartaginese fosse semplicemente la
volont di rivincita e di riconquistare i territori che i Galli erano riusciti a
strappare con la calata di Annibale17. In realt, come lucidamente evidenzia
Ruggero Fauro Rossi, le cause della politica espansionistica adottata dall'Urbe
avevano radici ben pi profonde nella politica interna ed erano costituite da
problemi di natura economica e sociale che si stavano concretamente
manifestando in seno alla capitale. Secondo lo studioso, l'idea tradizionale,
17 ROSSI 2008, pp. 21-35.
20
dipinta e ricavata dalle fonti, dell'economia devastata a causa della guerra, della
fuga generale dalle campagne dei piccoli proprietari terrieri che andavano a
riversarsi nella citt creando il fenomeno del proletariato urbano e infine della
concorrenza dei prodotti e della manodopera servile provenienti dalle province,
non sufficiente a descrivere l'intera situazione. Al fattore di crisi costituito dalla
smobilitazione, che venne riassorbito con la politica espansionistica e quindi con
la conquista di nuove terre assegnate ai veterani, e a quello costituito dalla crisi
di disoccupazione, dovuta al fatto che, verso il 140 a.C., l'afflusso di ricchezze
provenienti dai bottini di guerra termin e finirono anche i lavori, finanziati dallo
stato o dai privati, che avevano impiegato parte del proletariato urbano dell'Urbe,
va associata infine anche una crisi di carattere tecnico, legata alla riconversione
delle colture agricole verso altre pi redditizie, come la viticoltura e
l'olivocultura, richiesta dall'arrivo in quantit notevoli di prodotti a buon mercato
dalle altre province, in particolare i cereali. Il modello di azienda agricola a
regime familiare o di piccole dimensioni, era ormai entrato in crisi perch
insufficiente e superato, come si pu cogliere dagli sforzi per rianimarlo profusi
da M. Porcio Catone nel De agri cultura, manuale didattico in cui vengono
fornite le prescrizioni atte a rendere pi produttiva l'azienda.
considerando questo elemento che si risolvono i dubbi, concernenti
l'assegnazione (ad Aquileia cos come a Bologna) di terreni incredibilmente
grandi rispetto alla norma: gli studiosi solitamente rimanevano poco convinti
dalla tradizionale spiegazione secondo cui la possibilit di un guadagno
economico, legata alla vastit e produttivit del terreno, costituisse un
incoraggiamento per i cittadini romani ad emigrare, in tempi cos difficili e in
terre lontane e poco civilizzate, perdendo i diritti legati alla cittadinanza
romana18.
Quindi, si pu affermare con certezza che a fondamento della futura spartizione
e assegnazione dell'agro aquileiese ci sono motivazioni economiche e una
lungimirante volont di organizzarla secondo modelli agricoli evoluti.
Riprendendo la narrazione storica dell'ultima fase dell'acquisizione della regione
settentrionale da parte dei Romani, i Liguri rimasero soli nel contrapporsi alla
Res Publica, mentre nel 196 a.C. il console M. Claudio Marcello sconfisse gli
Insubri, che si sottomisero definitivamente per solo nel 194 a.C.; i Romani
18 ROSSI 2008, pp. 21-35.
21
conquistarono Como e infine, nel 191 a.C. piegarono definitivamente i Boi,
rifondando nel 189 a.C. la cittadina etrusca Felsine, che a sua volta era caduta in
mano ai Galli, con il nome di Bononia. A questo punto l'area che si estendeva
dall'Emilia al Veneto fino a Milano era stata sottomessa e pacificata, e i Romani
era giunti ad affacciarsi ai territori pi settentrionali della penisola. Si collocano
a questo punto gli episodi che costituiscono l'antefatto alla fondazione romana di
Aquileia.
1.2.3 L'antefatto alla fondazione romana di Aquileia.
Come ci racconta Livio19, l'evento che innesca la conquista del territorio friulano
l'insediamento pacifico, nel 186 a.C., di dodicimila Galli armati, giunti in Italia
tramite una via prima ignota, nel territorio limitrofo a quello che fu poi di
Aquileia, e la costruzione di un loro accampamento o insediamento fortificato.
Si ipotizza che furono i Veneti a interpellare il Senato romano, poich temevano
che la presenza del nuovo gruppo di Galli potesse ledere i notevoli interessi
economici che fruttavano i commerci nella zona, fin dalla preistoria capolinea di
piste commerciali provenienti dal Nord Europa. Questa idea potrebbe essere
supportata dal fatto che le successive guerre mosse da Roma nei confronti degli
Istri furono intraprese dagli esponenti della famiglia dei Claudii Marcelli, gens
con cui i Veneti avevano stabilito rapporti di clientela dai tempi della guerra
gallica, svoltasi negli anni 225-222 a.C., in cui avevano militato come truppe
ausiliarie sotto il comando di Claudio Marcello vincitore a Clastidium. La
reazione immediata dei Romani fu l'invio di un'ambasceria presso la popolazione
da cui si era staccato il gruppo insediatosi in Friuli, in un luogo imprecisato ma
collocabile probabilmente ad est delle Alpi. La contestazione mossa alla
comunit originaria non sort alcun effetto, dato che i maggiorenti negarono ogni
tipo di coinvolgimento asserendo che il gruppo armato aveva agito
indipendentemente, spostandosi di propria iniziativa, senza richiedere permessi
n avere pareri. Dalle fonti risulta che Roma non prese alcun provvedimento
dopo la spedizione e seguirono tre anni di silenzio che rimangono senza
spiegazione. Solamente nel 183 a.C. ci fu un mutamento di atteggiamento e il
senato dispose nuove direttive: giudicando intollerabile la permanenza del
19 LIV., XXXIX, 22, 6.
22
gruppo di Galli fino ad allora tollerata, ordin al console Marco Claudio
Marcello di provvedere alla distruzione dell'oppidum e di riportare il gruppo di
Galli alla comunit originaria oltre le Alpi, a cui specificarono che da quel
momento le Alpi rappresentavano un confine che non avrebbero pi dovuto
valicare. Il divieto venne disatteso nello stesso anno e quindi il console M.
Claudio Marcello, impegnato con gli Istri, mand un'ambasciata al pretore L.
Porcio Licinio affinch muovesse le legioni contro il nuovo accampamento dei
Galli, che si arresero, pur essendo nuovamente in dodicimila armati. Essendo
stati depredati dai Romani, si rivolsero al Senato, introdotti dal pretore C. Valerio,
dichiarando che avevano dovuto nuovamente superare il confine a causa di un
eccesso demografico che aveva creato una situazione di indigenza della
popolazione; inoltre si erano insediati in territori incolti e disabitati senza
commettere alcun danno, richiedendo infine che non si infierisse su di loro.
Secondo quanto racconta Livio nel paragrafo 29 del quinto libro, il Senato, che
non aveva preso bene il rientro in Italia del gruppo di Galli, li rimprover con
veemenza di aver agito senza chiedere il permesso al magistrato romano preposto
in zona, ma offr la possibilit di ottenere la restituzione di quanto era stato tolto
loro in cambio del ritiro al di l del confine, trattativa che si realizz senza
l'effettiva resa dei beni dei Galli da parte dei Romani. Inoltre, in questo momento
viene decisa la deduzione di una colonia, Aquileia, che il Senato romano
considerava l'unica soluzione adatta a controllare il quadro problematico
presentato dall'estremit orientale della Gallia Cisalpina, investendola di un
duplice ruolo militare: da un lato sarebbe stato un centro di difesa e impedimento
della discesa di popoli che abitavano oltre le Alpi. Dall'altro, come Degrassi20
nota per primo, sarebbe stata il punto di partenza per la conquista delle regioni
orientali, le cui fierissime genti si spingevano fino al Timavo. Il Senato decise
anche quale fosse la commissione triumvirale che avrebbe fondato la citt, e
nomin dunque una terna particolarmente prestigiosa, a dimostrazione
dell'importante interesse riposto nell'espansione nella Gallia Orientale. Si
trattava di due ex consoli, Publio Cornelio Scipione Nasica e Gaio Flaminio, e
l'ex pretore Lucio Manlio Acidino Fulviano, che aveva partecipato all'ultima
ambasciata presso il popolo ad est delle Alpi con Lucio Furio Purpurione e
Quinto Minucio Rufo. La fondazione venne per a effettiva realizzazione solo
20 DEGRASSI 1963.
23
due anni pi tardi, nel 181 a.C., anni durante i quali il Senato discusse a lungo in
merito allo status giuridico da dare alla nuova citt, che poi fu quello di colonia
latina. Essa prevedeva uno status che, da un lato, manteneva uno stretto legame
di tipo sociale, amministrativo e militare con la colonia fondatrice; dall'altro
garantiva una discreta autonomia: i coloni di diritto latino possedevano una
propria cittadinanza, proprie leggi, magistrature, censo e monetazione (fino ad
un certo periodo), propri eserciti, arruolabili e mobilitabili in situ. Da alleati
privilegiati dei Romani, possedevano, nei confronti di quest'ultimi, il diritto di
commercium e quello di conubium; inoltre, se si fossero trovati nella capitale nel
giorno della convocazione dei comizi tributi, essi potevano esercitare il voto in
una trib estratta a sorte; infine, possedevano il diritto di acquisire la cittadinanza
romana nel caso di trasferimento a Roma o in una colonia romana. Per quanto
riguarda invece le restrizioni e gli obblighi a cui la colonia doveva attenersi, si
pu ricordare l'impossibilit di condurre una politica estera indipendente; inoltre,
ad esse veniva impartito il modello romano di organizzazione sociale e politica,
con la precisa volont di perpetuare e rafforzare la calcolata struttura classista
della capitale. Allo stesso modo, erano imposti gli organi di governo cittadino,
composti dalle magistrature (che includevano due magistrati supremi con poteri
giurisdizionali, i praetores; gli edili curuli e della plebe, i questori e i censori),
dal Senato e dall'assemblea. Certo che in questo momento storico, la
concessione del diritto latino alle colonie non era pi attuale poich, con la
pacificazione generale della penisola, erano venute meno le esigenze di carattere
strategico-militare che ne avevano decretato la grande diffusione. Un dato
rilevante da segnalare a questo proposito il fatto che Aquileia fu l'ultima o la
penultima colonia a ricevere il diritto latino 21 . Oltre a motivi di carattere
amministrativo, Livio, riguardo alle cause della procrastinazione, accenna
velocemente al fatto che in quel periodo le legioni, guidate dal pretore Quinto
Fabio Buteone, erano impegnate in una guerra contro gli Istri, che cercavano di
impedire l'impianto della colonia. Pare che si trattasse di un impegno bellico non
indifferente dato che poi lo storico precisa che non era possibile spostare le
legioni impegnate con gli Istri sul fronte ligure, che ugualmente aveva bisogno
di rinforzi. Il territorio prescelto fu quello dove si erano precedentemente fermati
i Galli transgressi in Venetiam22 nel 186 a.C., e vi furono impiantati tremila
21 LAFFI, 1987. 22 LIV. XXXIX, 22, 6-7.
24
soldati con le famiglie, un numero imprecisato di centurioni e di cavalieri.
Furono distribuiti lotti di terreno molto pi ampli della norma, e cio cinquanta
iugeri di terra a soldato semplice, cento iugeri ai centurioni e centoquaranta ai
cavalieri. Dalla considerazione delle cifre sopra indicate, emerge il fatto che
l'agro considerato pertinente alla citt di Aquileia si estendeva per buona parte
della provincia udinese, fino a raggiungere le colline a nord di Udine, il fiume
Timavo a est, la linea di costa a sud e il fiume Tagliamento a ovest .
Come precedentemente accennato, la divisione dell'agro aquileiese in lotti cos
estesi dimostra come la fondazione di Aquileia era stata effettuata tenendo ben
presente motivi economici, oltre che militari: essa era stata concepita non solo
come baluardo di difesa e centro di partenza delle spedizioni verso l'area
orientale, ma era stata anche immaginata come centro commerciale, portando
avanti l'antica vocazione che sembra aver avuto in ambito veneto e celtico. Come
afferma Ruggero Fauro Rossi nel suo articolo23, chi presiedette alla fondazione
della citt era ben conscio della situazione agricola dell'Italia post guerra
annibalica e della nuova concezione su cui basare la produzione agricola,
caratterizzata da aziende di grandi dimensioni dedite a colture specializzate
destinate al commercio e all'esportazione. Nella colonia di Aquileia si opt per
una serie di nuclei di produzione vinicola in grande stile e le caratteristiche della
sua ubicazione ne hanno permesso il successo a livello commerciale.
Concludendo, come prospetta Fauro Rossi 24 , la fondazione di Aquileia si
inserisce nel pi ampio contesto della trasformazione dell'economia della
regione dell'alto Adriatico e questo fu un fattore, oltre a quello politico-militare,
che determin la pacificazione, la messa in sicurezza e la romanizzazione dello
spazio fra Roma e le Alpi orientali.
Gli anni immediatamente successivi furono decisamente difficili per la
neocolonia, che stentava ad affermare il suo impianto, poich suscitava l'ostilit
dei popoli limitrofi che non si rassegnavano all'ingresso della potenza romana
nella zona, richiedendo dunque la presenza pressoch costante di legioni
nell'insediamento. Per questo periodo possiamo usufruire delle notizie, peraltro
scarse, di Livio: Roma intraprese una serie di campagne, denominate guerre
istriche, che riusciamo solo parzialmente a ricostruire.
23 ROSSI 2008. 24 IBID.
25
Nel 179 a.C. un gruppo di tre mila Galli, dopo aver varcato le Alpi venete, si
insedia nella pianura friulana, a causa probabilmente del terrore provocato dalle
migrazioni dei Cimbri e Teutoni nel Nord Europa, ma vengono presto ricacciati
oltralpe.
Nel 178 a.C. viene intrapresa una prima campagna contro gli Istri, al cui
comando fu posto il console Aulo Manlio Vulsone e di cui si ricorda un episodio
pittoresco, la conquista dell'accampamento romano, posto oltre le foce del
Timavo, da parte degli Istri, i quali per non seppero contenersi e finirono per
ubriacarsi. A questo punto la riconquista dell'accampamento fu molto semplice
per i Romani, che uccisero ben ottomila uomini lasciandosi per sfuggire il re
nemico, Epulo, caricato a cavallo dai suoi ancora ubriaco.
Durante questo anno si registra anche l'assedio e la caduta di Nesazio, capitale
di questa popolazione ostile, avvenuta solamente quando i Romani tagliarono
l'acquedotto.
Il secondo anno di guerra raccontato dal nostro storico in maniera ancora pi
sommaria rispetto all'anno precedente e le informazioni che riusciamo a cogliere
sono molto sfumate. Sappiamo che il console del 177 a.C., C. Claudio Pulcher,
non volendo perdere l'occasione di vincere una campagna vantaggiosa, part per
la regione senza effettuare le cerimonie normalmente richieste. Fu costretto a
fermarsi e a ritornare a Roma, per adempierle, e ne ripart con l'incarico di
provvedere all'Istria. Port con s un'ulteriore legione ad Aquileia, dove avevano
svernato i consoli dell'anno precedente con l'esercito. In seguito, gli Istri, non
tollerando le devastazioni subite, organizzano un esercito improvvisato che si
scontr con quello Romano ma che si sciolse poco dopo aver sopportato un
primo assalto.
Superando la scarsa chiarezza degli eventi, possiamo per concludere che la
sottomissione romana di questo territorio non fu immediata e molte cittadine che
avevano accettato la supremazia romana pacificamente vennero lasciate
indipendenti.
La seconda guerra istrica da collocarsi negli anni 171-170 a.C. ed da
ascriversi al contesto della terza guerra macedonica: il casus belli questa volta
la scorreria ordinata dal console C. Cassio Longino tra i popoli vicini, cio Carni,
Giapidi e Istri, che comporter l'offerta di grandi doni da parte dei Romani a
seguito dell'ambasceria di questi popoli, capeggiata dal re dei Galli Transalpini
26
Cincibilo. Si tratta di un momento di forte crisi per la giovane Aquileia, che si
vede costretta a mandare un'ambasceria al Senato per richiedere rinforzi. La citt
era debole a causa della progressiva diminuzione della popolazione,
continuamente implicata in atti di difesa nei confronti delle popolazioni illiriche
e istriche adiacenti, definite nefaste. La richiesta inizialmente non fu accolta
poich ritenuta un'esagerazione. Venne considerata solamente alla luce della
notizia, appresa quasi per caso dal Senato, che il console L. Cassio Longino, che
aveva ricevuto l'incarico, di sua iniziativa era partito da Aquileia per recarsi in
Macedonia per via di terra. Il console venne richiamato a Roma e, finito il
consolato, venne mandato in Macedonia come tribuno militare mentre, nello
stesso periodo, a Roma giunsero ambasciatori da parte degli Istri, Carni, Giapidi
e altri Galli.
Nel 169 a.C., a seguito di un'altra ambasceria, finalmente Aquileia ricevette un
rinforzo coloniario costituito da millecinquecento famiglie, a cui venne
promesso un numero maggiore di iugeri di terreno, inviate assieme ai triumviri
T. Annio Lusco, P. Decio Subulone e M. Cornelio Cetego. Alle famiglie
provenienti dall' Urbe vengono ad aggiungersi coloni provenienti, per la maggior
parte, dalle regioni centro-italiche, secondo le conclusioni tratte da M. Chiab25.
Si trattava di famiglie di condizione giuridica romana, latina e italica, sia di
provenienza peninsulare che cisalpina. Fra questi, il gruppo pi numeroso era
composto dai Socii italici giunti ad Aquileia da diverse comunit dell'Italia
centro-meridionale. Inoltre la colonia provvide a rimpinguare la sua popolazione
arruolando indigeni e, fra questi, gli esponenti dell'lite delle famiglie locali
entrarono presto a far parte della classe dirigente municipale, fino ad essere
promossi poi al rango equestre e senatorio.
Si inaugur cos un periodo pacifico, di sviluppo della citt, favorito da una
tregua delle guerre con le popolazioni galliche durata ben quarant'anni,
nonostante la potenza romana fosse impegnata in numerosi scontri, durante i
quali venne abbattuto il regno degli Illiri del re Genzio.
La penetrazione romana viene supportata e favorita grazie alla costruzione della
via Annia, approntata forse per il 160 a.C. per volere di Tito Annio Lusco e che
metteva in comunicazione Adria ed Aquileia; e della via Postumia, approntata
nel 148 a.C., voluta dal console Spurio Postumio Albino affinch Genua fosse
25 CHIAB, 2003.
27
collegata ad Aquileia.
Contemporaneamente, per, in seno all' Urbe, stava maturando la crisi a cui i
Gracchi cercarono di opporsi e la risoluzione permette di intravvedere, come gi
in precedenza, il legame fra politica interna e politica estera: in questo
momento che nascono i progetti di valicare nuovamente le Alpi, verso il Norico,
la Dalmazia e l'Illirico, e viene decisa una nuova campagna militare nell'Alto
Adriatico, condotta dal console del 129 a.C., C. Sempronio Tuditano, il quale si
scontr con i Giapidi. Come si deduce dall'epitomatore di Livio, una prima fase
degli scontri and male ma le sorti del conflitto vennero risollevate dalla vittoria
colta dal legato Decimo Giunio Bruto Callaico. Da Plinio il Vecchio26 veniamo
a sapere che egli aveva raggiunto il fiume Tizio, l'attuale Cherca, vicino a
Sebenico, in Croazia, e questa impresa costituiva motivo di vanto delle sue gesta.
Come invece segnalano i Fasti Trionfali capitolini, Tuditano celebr il trionfo il
I ottobre 129 a.C.. La campagna fu rielaborata storiograficamente in senso
mitizzante, e ci che Tuditano si trov a fronteggiare, quando si parla di scontri
con le popolazioni galliche del Friuli e dell'area a sud-est delle Alpi,
probabilmente non furono battaglie contro coalizzazioni organizzate di nemici
agguerriti, ma pi verosimilmente scontri e scaramucce occasionali contro
eserciti raccolti dai villaggi marginali di trib istriche. Di questi avvenimenti
abbiamo una testimonianza pregevole in un'iscrizione27, spezzata in due blocchi,
rinvenuta ad Aquileia, che faceva parte di un complesso elogio a Tuditano: dopo
aver ricordato il trionfo sui Giapidi, viene menzionato un dono al Timavo e la
vittoria sui Taurisci (di cui si occup il suo legato), Istri e forse Carni.
Per il 124 a.C. si ha notizia della concentrazione dell'esercito ad Aquileia da parte
del console C. Cassio Longino allo scopo di realizzare una ricognizione in forze
dell'Istria, che per termin con una repentina retrocessione e caus indignazione
nello storico patavino.
Il successo tanto decantato dell'impresa di Tuditano fu ritrovato nel 115 a.C. da
M. Emilio Scauro, che sottopose ufficialmente all'alleanza con i Romani i popoli
dei Carni senza combattimenti e si merit il trionfo l'8 dicembre dello stesso anno,
come testimoniato dai Fasti Trionfali del Campidoglio. Da questo momento in
poi anche la zona montana del Friuli inizia il processo di romanizzazione e viene
26 PLIN., N.H. 3, 129. 27 InscrAq., 28 = CIL I, 652.
28
considerata come parte integrante dal punto di vista amministrativo.
1.2.4 La trasformazione in municipium e la creazione della provincia della Gallia
Cisalpina.
Segu per Aquileia un periodo molto fortunato e pacifico, al contrario di quanto
accadeva nel resto dell'Italia, squassata dalla guerra sociale. Per riconoscere la
diligenza e la fedelt che la Pianura Padana aveva dimostrato nel corso di quei
eventi, fu elaborata nel 90 a.C. la Lex Iulia municipalis che, per proposta di Gneo
Pompeo Strabone, attribuiva la cittadinanza latina alle comunit peregrine e
quella romana di pieno diritto alle colonie che precedentemente avevano ricevuto
il diritto latino, trasformandole di fatto in Municipia di cittadini romani a tutti gli
effetti28. Poich questa legge era estesa anche alla Gallia Cisalpina, numerose
colonie traspadane come Ariminum, Placentia, Bononia, e cispadane come
Cremona ed Aquileia, entrarono di fatto nello stato romano a partire dall'89 a.C..
L'ingresso nello stato romano comportava un mutamento dello status giuridico
dei cittadini e l'introduzione dell'ordinamento magistratuale basato su un collegio
costituito da quattro magistrati, i quattuorviri, suddivisi in quattuorviri iure
dicundo, che amministravano la giustizia, e in quattuorviri aedilicia potestate,
con funzioni edili29.
Gli aquileiesi vennero cos a possedere uno status di cittadini optimo iure e
vennero iscritti alla trib rustica Velina, creata nel 241 a.C. e con centro nelle
colonie di Interamna e Castrum Novum, lungo la costa adriatica a nord del fiume
Aterno, in Abruzzo. Nella citt vennero introdotti gli organi di governo del
Municipio, secondo il modello fornito dall'Urbe diffuso anche nelle colonie
latine mediorepubblicane, con l'istituzione delle magistrature della questura,
dell'edilit, del duovirato e della censura. Tutti i magistrati, dopo l'anno di carica,
venivano a far parte del consiglio cittadino, il senatus, come attestano diverse
iscrizioni. Non si hanno attestazioni epigrafiche che ricordino l'attivit
dell'assemblea popolare, che doveva comunque essere presente, n per quanto
riguarda l'elezione dei magistrati, ma di questo esercizio forse rimane traccia
nell'edificio collocato al limite nord-occidentale del foro, individuato
28 GHEDINI, BUENO, NOVELLO 2009, pp 13-15. 29 IBID.
29
archeologicamente come comitium, il luogo dove si svolgevano le votazioni. Per
quanto riguarda una delle magistrature pi importanti, il duovirato, a partire
dall'89 a.C. testimoniata la sostituzione dei duoviri coloniari con due
quattuorviri iure dicundo, magistrati supremi con competenze giurisdizionali che
ogni cinque anni assumevano competenze censorie e la qualifica di
quinquennales, affiancati da due quattuoviri aedilicia potestate, con compiti
assimilabili a quelli degli edili. Come evidenza Fauro Rossi30, la concessione del
diritto latino alle citt della Cisalpina fu fattore di romanizzazione importante,
poich si trattava di un diritto diventato necessario per le comunit che
gravitavano ormai da molto tempo nell'orbita di Roma e non si trattava di un
dono a trib semibarbare di cui si auspicava una veloce assimilazione. In questo
contesto, Aquileia ebbe un ruolo primario nella romanizzazione delle genti
venete: fu a lungo l'unico centro di cultura romana di tutta la zona orientale della
Cisalpina, dove arrivavano i rappresentanti delle cariche pi alte della repubblica
romana che la utilizzavano come base per le campagne militari in cui erano
impegnati. Solamente nel periodo fra il 100 a.C. e l'81 a.C. viene dichiarata
ufficialmente provincia Cisalpina il territorio che si estendeva a nord del Po, da
Aquileia fino al Mar Ligure; il successivo passo per la totale integrazione del
territorio nello stato romano avvenne nel 49 a.C. con la Lex de civitate,
ampiamente caldeggiata da Cesare, per cui anche il resto delle comunit
transpadane venivano trasformate in municipi romani. Sempre per opera di
Giulio Cesare, la Gallia Cisalpina viene a fondersi con il resto dell'Italia
peninsulare e solamente nell'ultimo decennio del I secolo a.C. Ottaviano
provveder al riordino amministrativo del territorio suddividendolo in Regiones,
nel quale prospetto Aquileia sar inclusa con tutto il territorio prospiciente
l'Adriatico nella X Regio Venetia et Histria.
1.2.5 Cesare ad Aquileia.
Sono molte le testimonianze che documentano la presenza e l'operato di G.
Giulio Cesare nella citt di Aquileia e nel Friuli. Il centro friulano fu un punto di
riferimento di primaria importanza nelle imprese belliche legate alla conquista
della Gallia poich, da questo momento, inizi a svolgere la funzione di base di
30 ROSSI 2008.
30
alloggio delle truppe di ritorno o in attesa di partire per aree straniere, che si
consolider durante l'impero. Il console del 59 a.C., come sappiamo, utilizz la
campagna militare di conquista della Gallia per consacrare il proprio ruolo e
potere politico, accrescendo i confini dell'impero Romano a discapito delle
popolazioni confinanti in crisi e in lotta fra di loro, e consolidando la propria
facolt militare grazie al fedele appoggio delle truppe. In via del tutto eccezionale,
grazie alla legge Vatinia del 1 marzo, ottenne per il quinquennio successivo il
governo proconsolare della Gallia Cisalpina, a cui fu aggiunto l'Illirico e, alla
fine dello stesso anno, anche la provincia della Gallia Narbonese, dove il
governatore Q. Cecilio Metello era deceduto. Le fonti in nostro possesso, fra cui
i commentari della guerra scritti dallo stesso Cesare e un'importantissima
epigrafe in lingua greca31, ci forniscono un considerevole aiuto nel tentativo di
ricostruire i passaggi e le permanenze del dittatore nella citt friulana. Il De Bello
Gallico cita un'unica volta32 Aquileia per quanto riguarda i fatti del primo anno
della campagna, nell'inverno 59-58 a.C., quando Cesare, in risposta ai movimenti
migratori degli Elvezi, raggiunge la Gallia Ulteriore, fornisce le prime
predisposizioni, e successivamente torna in Italia per arruolare soldati, portando
con s tre legioni a svernare nei pressi di Aquileia. Sappiamo poi che nell'inverno
57-56 a.C egli, prima di risolvere i conflitti inaspettati sollevati dai Veneti,
intraprese una spedizione ricognitiva nell'Illirico, per studiarne i luoghi e le
popolazioni che li abitavano. Un'eco di questi avvenimenti ci vengono dalla
testimonianza di un'epigrafe in lingua greca di recente ritrovamento a Salona, in
Dalmazia: essa ricorda che il futuro dictator ricevette in questa citt
un'ambasceria proveniente da Tragurion (Tra) il 7 febbraio. Il secondo
soggiorno ad Aquileia viene confermato in maniera sicura da Cicerone33 in un
passo dell'orazione contro Vatinio, dove si fa riferimento al fatto che Cesare da
Aquileia aveva espresso un'opinione sull'accusato. Nell'inverno del 55-54 a.C.
Cesare fu nuovamente nell'Illirico dove si ferm per brevissimo tempo, senza
truppe portate dall'Italia o dalla Gallia ma con forze locali, fornite a suo ordine
dalle citt interessate, per bloccare e dirimere le questioni sorte a causa delle
scorrerie dei Pirusti, popolazione stanziata sul litorale presso le Bocche di
Cattaro.34
31 ABRAMI 1923-1924. 32 CAES., B.G., I, 10, 3. 33 CIC., Vatin, 38. 34 ROSSI 2008, pp.99-111.
31
Nel 51 a.C, Cesare, impegnato lontano dall'Italia contro i Belgi, invi una legione
per proteggere Trieste, che aveva subito l'invasione dei Giapidi l'anno precedente,
e le altre citt che si trovavano in pericolo, in particolare Aquileia.35
Infine, Cesare nel 50 a.C. percorse tutta la Cisalpina e soggiorn ad Aquileia una
terza volta, per una serie di viaggi di controllo, ispezioni, visite alle colonie e ai
municipi transalpini allo scopo di sostenere la candidatura di Marco Antonio
all'augurato e di procacciarsi a sua volta l'appoggio della classe dirigente locale,
restituendo il favore con la promozione di esponenti dell'lite nella carriera
politica a Roma. Questo il caso forse fornito dalla gens Fruticia, di cui un
esponente, Marco Fruticio, aquileiese di famiglia venetica, era entrato
precocemente a pieno titolo nella classe politica municipale e che, grazie all'aiuto
di Cesare, spicc il salto verso l'Urbe, dove ricopr le cariche di edile e pretore.36
E' nel soggiorno del 50 a.C. che bisogna ascrivere l'inquadramento
nell'organizzazione amministrativa romana, da parte di Cesare stesso, di due
importanti centri friulani, cio Forum Iuli, l'attuale Cividale, e Iulium Carnicum,
Zuglio, precedentemente centro dei Carni. Generalmente, la presenza di Cesare
nella regione friulana viene collegata alla fondazione di colonie militari di
popolamento e opere di difesa del territorio, minacciato dalle genti illiriche che
in quel momento erano in pericolosa attivit bellica: i Giapidi erano riusciti a
entrare a Tergeste e distruggerla, nel 52 a.C. ed del periodo la notizia della
fortificazione di un terzo centro, Tricesimo. In realt, lo status originario di
forum di Cividale, che divent municipium l'anno successivo, e di vicus di Zuglio,
che sub nello stesso anno lo stesso mutamento di status di Cividale, suggerisce
che i piccoli centri di cittadini romani non avessero natura prettamente militare,
ma che avessero funzioni commerciali e amministrazione autonoma.
Questo ed altri indizi hanno portato Ruggero Fauro Rossi ad esprimersi
sull'argomento della presenza e dell'operato di Cesare nel settore estremo della
Gallia Cisalpina, e a fornire un'esegesi degli eventi alquanto convincente,
alternativa alla tradizionale lettura storica, favorendo cos una rivalutazione delle
posizioni generalmente espresse a questo proposito.
Solitamente si ritiene che nel 59 a.C., venisse scelto di affidare a Cesare il
governo dell'Illirico, in unione con la Cisalpina, a causa della preoccupazione
35 ROSSI 2008, pp.99-111. 36 CIL V, 989.
32
dovuta all'attivit bellica del re dei Daci, Burebista, che inizialmente aveva
mosso il suo popolo in direzione dei confini romani a Ovest ma che
successivamente aveva cambiato obiettivo, dirigendosi a Est contro i Bastarni,
vincitori del proconsole della Macedonia C. Antonio. La notizia del cessato
pericolo legato a questa popolazione giunse contemporaneamente a quelle della
morte del governatore della Narbonese e dell'accentuarsi del pericolo costituito
dalle migrazioni degli Elvezi, per cui si decise di affidare a Cesare anche questo
territorio.
Si considera dunque che abbia ricevuto con favore l'incarico di partire per la
Gallia, da dove avrebbe potuto riportare gloria e ricchezze per lo stato Romano
e che prediligesse appunto questo fronte piuttosto che quello orientale ritenuto,
senza ragioni specifiche, meno urgente e meno interessante, ancora troppo
barbaro e chiuso ad una possibile penetrazione romana.
Il Rossi sostiene invece che la conquista dell'Illirico non fosse solamente un
progetto a cui Cesare ambiva genericamente e che non pot portare a termine
perch venne prematuramente ucciso, o di fantasie delle fonti antiche, ma che
egli nutrisse un'attenzione certa e una possibile propensione nei confronti dello
scenario orientale, e apporta numerose prove a favore di questa tesi. Compiendo
un'analisi della situazione della popolazione d'Oltralpe, Rossi mette in evidenza
che le regioni Balcaniche erano oggetto di attenzione romana dal II secolo a.C e
si presentavano un campo di attivit concreta e ghiotta per chi volesse
approfittarne. A met del I secolo a.C., i Romani erano gi presenti e radicati in
alcune zone come la Dalmazia e la Macedonia, mentre in altre, come l'entroterra
balcanico, avevano tentato la penetrazione per mezzo di ispezioni e veloci
campagne belliche, che avevano notevolmente accresciuto il patrimonio di
conoscenze dell'area. Inoltre, le popolazioni dell'area balcanica erano in
particolare fermento: i Daci stavano vivendo un periodo di crisi poich, dopo il
momento di unificazione ed espansione sotto il comando di Burebista, essi si
ritrovarono a scindersi e a guerreggiare fra loro. Questi eventi ricordavano le
recenti guerre mitridatiche, che avevano insegnato quanto fossero ricchissime di
cereali e feconde le terre che si estendevano a Oriente e Occidente del Mar Nero,
attraversate da vie commerciali di rilevante interesse.
Oltre a ci, da Appiano37 sappiamo anche del fatto che circolava la notizia di un
37 APP., Mithr., 109, 119 cfr 102, 110.
33
piano, attribuito a Mitridate, secondo cui il re del Ponto, respinto da Pompeo nei
suoi domini del regno sul Bosforo, aveva ricostruito un esercito di trentamila
uomini con il quale attaccare l'Italia attraverso la Scitia e la Pannonia.
Come ultimo elemento a supporto della tesi del Rossi, si pu citare il fatto che
Cesare conoscesse da vicino i popoli e le imprese che li coinvolgevano grazie
all'esperienza diretta di un membro della sua famiglia, C. Ottavio, pretore nel 61
a.C. e governatore della Macedonia negli anni 60-59 a.C. che ebbe a scontrarsi
con i Bessi. Egli era sposato con la nipote di Cesare, da cui ebbe due figli che
lascio in tenera et a causa della morte prematura, cio Ottaviano, il futuro
Augusto, e Ottavia. Quindi, si pu concludere che non fossero puramente casuali
le frasi relative al suo viaggio nell'Illirico del 56 a.C., con il fine di conoscere i
luoghi e le popolazioni che lo abitavano, ai suoi soggiorni prolungati ad Aquileia
e alla fondazione di centri come Iulium Carnicum e Forum Iuli. L'aggiunta del
proconsolato nell'Illirico, usualmente aggregato alla provincia di Macedonia o
governato indipendentemente, si spiega meglio considerando che due anni prima
governatore C. Antonio venne sconfitto diverse volte in Macedonia. Gi nei
decenni precedenti al consolato di Cesare, l'interesse per l'area balcanica era
sempre stato vivo poich essa era abitata da popolazioni che pi volte erano state
in grado di minacciare seriamente la sicurezza dei domini romani, e per questo
era considerato necessario renderle innocue. Inoltre, rappresentavano una buona
opportunit di espansione, facilitata dalle continue lotte che li dividevano e
contrapponevano, che rendevano facili pretesti di intervento e collaborazione da
parte dei Romani. Senza calcolare che da secoli esistevano contatti commerciali
che legavano quelle terre alle regioni gi dominate dai Romani. A questo
proposito interessante far presente un particolare: Burebista38, re dei Daci, nel
momento in cui era riuscito ad unire le diverse popolazione daciche, aveva preso
una serie di provvedimenti per rafforzare il proprio potere, compresi alcuni di
natura religiosa, nel cui ambito veniva aiutato da un capo religioso di nome
Deceneo. Fra tali disposizioni ve n'era una che introduceva il divieto di bere vino.
Se esisteva, presso questo popolo, l'importazione del vino, probabilmente il
divieto andava a ledere interessi economici che gravitavano attorno al suo
commercio, finendo per colpire con ogni probabilit gli interessi dei Romani39.
38 IORDAN., Get., 11,67. 39 ROSSI 2008, p. 210.
34
Al momento del consolato, Cesare si trovava di fronte a due scenari in egual
misura promettenti e, in un momento iniziale, segu con interesse gli sviluppi sul
fronte orientale legati alle dinamiche della popolazione dacica, attento a nuove
possibilit di guerra e conquista.
Il Rossi40 collega la notizia della presenza del futuro dittatore nella Dalmazia
meridionale dell'inverno 55-54 a.C. con la costruzione, nell'estate precedente,
del ponte sul Reno41 e la prima spedizione in Britannia42: prima di decidere un
aumento dell'impegno in Occidente e azzardare una seconda spedizione in
Britannia, Cesare aveva voluto assicurarsi che la parte orientale fosse sicura o,
pi probabilmente, che non ci fossero occasioni migliori rispetto all'invasione di
un'isola lontana. Vedendo negata questa possibilit, punt le sue mire verso
l'Occidente, conservando comunque l'obiettivo di tenere protetta la parte
orientale. L'episodio dei Pirusti43 mostra come ormai l'attenzione fosse stata
dedicata a Occidente e Cesare si trovasse nell'impossibilit materiale o volontaria
di mandare rinforzi ad Est. Del resto, in quest'occasione, dimostra di non voler
affaticare le truppe spostandole dalla Gallia Transalpina; inoltre, profonde le sue
energie nel concedere status giuridici onorari a piccole comunit di cittadine gi
romanizzate al fine di spronarle all'autodifesa.
1.2.6 L'epoca di Augusto e i primi due secoli d'impero.
Il giovane Ottaviano trasse le fila dell'operato del predecessore facendo propria
la politica cesariana di missioni diplomatiche, viaggi esplorativi e spedizioni
militari, e port a compimento il suo disegno di conquista dell'Oriente. Ancora
adulescens, nel 35-34 a.C., intraprese una campagna militare nel regno illirico
che port alla sottomissione definitiva di Giapidi, Pannoni e Dalmati.
Il periodo augusteo caratterizzato, anche per la citt friulana, da un periodo di
sviluppo e arricchimento legato al ruolo preminente di centro di scambi
commerciali diretti oltralpe, che aumentano e migliorano grazie alla conquista
della regione illirica e alla messa in sicurezza dei valichi e delle vie di
comunicazione. Lo sviluppo fu consolidato, per la terza volta, con l'ulteriore
40 ROSSI 2008, p. 210. 41 CAES., B. G., 4, 16. 42 CAES., B. G., 4, 20. 43 CAES. B. G., 5,1.
35
cambio di status giuridico a colonia di diritto romano. A questo proposito, per la
citt si attesta il mantenimento della magistratura composta da quattro membri,
fatto insolito che ha destato numerose discussioni fra gli studiosi, ma anche il
progressivo tramonto della questura.
Le fonti44 attestano la presenza della famiglia imperiale nella citt friulana, come
base di operazioni, in diverse occasioni a partire dalla prima guerra Pannonica,
nel 12-10 a.C., condotta per la maggior parte dei generali di Augusto che gli
riportarono grandi vittorie, mentre Augusto stesso, quando non era presente sul
campo, rimaneva comunque in prossimit dei fronti, in citt come Ravenna,
Milano ed Aquileia45.
Del periodo la notizia46 del parto ad Aquileia della figlia di Augusto, Giulia,
moglie di Tiberio, la quale nell'11 a.C. diede alla luce un figlio, morto poco dopo
la nascita. Di particolare interesse anche la notizia che, nel 10 a.C., la famiglia
imperiale ricevette ad Aquileia Erode il Grande, re della Giudea, e i suoi due figli
Aristobulo e Alessandro, cercando di dirimere i conflitti che li
contrapponevano. 47 E sempre in questo momento probabilmente prendono
forma nella mente dell'imperatore i grandi provvedimenti concernenti il
comparto nord-orientale dei domini romani, e cio la ridefinizione dei confini e
delle province: l'Istria entr a far parte dell'Italia Romana, Aquileia e questo
territorio vennero incluse nella Decima Regio, la pi orientale del sistema in cui
viene suddivisa l'Italia, l'Illirico infine divenne una provincia imperiale.
Per quanto riguarda il futuro imperatore Tiberio, sappiamo che contribu, nel 10
a.C., alla campagna militare contro i Pannoni e i Dalmati e che nel periodo della
sua permanenza in zona, finanzi la costruzione di templi, portici e giardini a
favore di un municipio che molto probabilmente fu Aquileia. Si potrebbe pensare
di trovare conferma della munificenza di Tiberio in un frammento di architrave,
di discussa pertinenza, riutilizzato per la costruzione del battistero di Torcello,
l'isola della lagun