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Direttore: Daniele Menozzi

Comitato scientifico: Carmine Ampolo, Pier Marco Bertinetto, Luigi Blasucci, Lina Bolzoni, Glen W. Bowersock, Horst Bredekamp, Howard Burns, Giuseppe Cambiano, Ettore Casari, Sabino Cassese, Michele Ciliberto, Claudio Ciociola, Gian Biagio Conte, Roberto Esposito, Massimo Ferretti, Nadia Fusini, Andrea Giardina, Carlo Ginzburg, Luca Giuliani, Anthony Grafton, Serge Gruzinski, Gabriele Lolli, Michele Loporcaro, Glenn W. Most, Massimo Mugnai, Salvatore S. Nigro, Armando Petrucci, Adriano Prosperi, Mario Rosa, Gianpiero Rosati, Salvatore Settis, Alfredo Stussi, Alain Tallon, Paul Zanker

Comitato di redazione: Amos Bertolacci, Luca D’Onghia, Anna Magnetto, Daniele Menozzi, Lucia Simonato, Andrea Torre, Ignazio Veca

Segreteria scientifica di redazione: Ignazio Veca

La quinta serie è pubblicata, con periodicità semestrale, in due fascicoli di circa 300 pagine ciascuno.

Abbonamento:

Annuale: Italia € 90,00 - Estero € 140,00Fascicoli singoli: Italia € 45,00 - Estero € 70,00

Le vendite vengono effettuate previo pagamento anticipato. A distributori e librerie sarà praticato lo sconto del 15%.Per informazioni: [email protected]

Annali della Classe di Lettere e Filosofia Scuola Normale SuperiorePiazza dei Cavalieri, 756126 Pisatel. 0039 050 509220fax 0039 050 [email protected][email protected]/scuola/edizioni/annalilettere/

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Annalidella Scuola NormaleSuperiore di PisaClasse di Lettere e Filosofia

serie 5 2017, 9/1

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Pubblicazione semestraleAutorizzazione del Tribunale di Pisa n. 7 del 1964Direttore responsabile: Daniele Menozzi

ISSN 0392-095x

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Indice

Le raccolte di età barocca: tipologia e storiaa cura di Claudia Tarallo

PremessaDavide Conrieri 3

Novelle spagnole: il caso delle Historias peregrinas y ejemplares di Gonzalo de Céspedes y MenesesGiovanna Fiordaliso 7

Un’antologia militante: le Gemme liriche di Giovan Battista FusconiDavide Conrieri 33

Panorama des recueils collectifs de poésie funèbre en Italie, 1470-1645Paule Desmoulière 59

Un modello di raccolte poetiche per nozze: Nelle felicissime nozze de gli illustrissimi Don Nicolò Ludovisi e Donna Isabella Gesualda principi di VenosaClaudia Tarallo 79

Il Fiore della Granadiglia. Una raccolta poetica del primo Seicento bolognese e il suo contesto europeoAndrea Lazzarini 101

Raccolte di aforismi. Gli Avvertimenti di Alessandro Amidei come plagio e riscrittura di alcune massime di Francesco Guicciardini, Giovan Francesco Lottini e Francesco SansovinoStefano Villani 127

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Studi e ricerche

La produzione ceramica nel territorio di Venafrum (Venafro, IS): ragioni di una scelta e status quaestionisAlessia Guidi 153

Timaeus’ Athens Revisited. Culture and Politics in Early Hellenistic AthensNino Luraghi 179

L’esordio della celebrazione di GiottoDaniele Giorgi 209

Antifascista antisemita gunman. Aristide Raimondi e la «Rivista di Milano», Piero Sraffa e l’avvento del fascismo al potereFrancesco Mores 219

Note e discussioni

An unrecognized Fragment of Metrodorus of Lampsacus’ Against Timocrates? Some reflexions on Philodemus’ De Ira (Coll. 12.22-32, and 45.8-12)Francesco Verde 249

Storia del sindacato e prospettive di indagine sulla CISL degli anni SessantaMarcello Reggiani 257

Alla ricerca di una teoria democratica del ‘merito’Andrea Mariuzzo 269

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Postille

Bibliografia degli scritti di Claudio Cesa (1950-2016). Aggiunte e integrazionia cura di Marco Cesa, Carla De Pascale, Luca Fonnesu e Alessandro Savorelli 279

English Summaries 291

Autrici e autori 296

Illustrazioni 301

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Il Fiore della granadiglia. Una raccolta poetica del primo Seicento bolognese e il suo contesto europeoAndrea Lazzarini

Studiata alle volte come curiosità erudita, o per la sua tutt’altro che tra-scurabile influenza sul Seicento letterario italiano, la raccolta dedicata al Fiore della granadiglia (Bologna, 1609) colpisce per la sua singolare for-tuna europea1. L’interesse per l’esotica passiflora – fiore nel quale si rav-visavano gli arma Christi, gli strumenti della Passione (la corona di spine, la lancia, i chiodi, la colonna, le gocce di sangue) – non trovava in quegli anni motivazioni di natura esclusivamente religiosa: il collezionismo bo-tanico e la bruciante curiosità per i mirabilia provenienti dalle Americhe si univano infatti a un nuovo e diffuso gusto per l’artificio ingegnoso2.

L’opuscolo è fonte diretta dell’elogio della passiflora nell’Adone ma-riniano, e introduce uno dei temi che maggiormente caratterizzano la

Ringrazio Rita De Tata della Biblioteca Universitaria di Bologna per le sue utilissime e generose indicazioni.

1 Cfr. F.S. Quadrio, Della storia e della ragione d’ogni poesia, II, Milano, Agnelli, 1741, libro I, p. 519; C. Colombo, Cultura e tradizione nell’Adone di G. B. Marino, Padova 1967, pp. 44-55; O. Besomi, rec. a Colombo, Cultura e tradizione, «Aevum», 43, 1969, pp. 156-9: 158-9; P. Camporesi, Emblemi vegetali, in Id., Le officine dei sensi, Milano 1985, pp. 35-46; U.B. Kuechen, Das späte Eindringen des Passionsblume in den Mundus Symbolicus, in Festschrift für Herbert Kolb zu seinem 65. Geburstag, unter Mitarbeit von B. Haupt und H. Weddige, hrsg. von K. Matzel und H.-G. Roloff, Bern-Frankfurt am Main-New York-Paris 1989, pp. 361-88; P. Mantovanelli, Il fiore della passione. Sopra una silloge seicentesca di carmi latini in onore della passiflora, in I volti dell’uomo. Scritti in onore di Pietro Giacomo Nonis, a cura di G. Piaia, Trieste 1992, pp. 45-56; M. Stefani Mantovanelli, La passi-flora ed altri fiori simbolici, in I volti dell’uomo, pp. 65-96; G. Pozzi, Tulipani e passiflore, in Id., Sull’orlo del visibile parlare, Milano 1993, pp. 329-48; M. Arnaudo, Il trionfo di Vertun-no. Illusioni ottiche e cultura letteraria nell’età della Controriforma, Lucca 2008, pp. 125-8.

2 Sul collezionismo floreale vedi M. Zalum Cardon, Passione e cultura dei fiori tra Firenze e Roma nel XVI e XVII secolo, Firenze 2008.

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poesia barocca italiana3; successo, quello del fiore della Passione, che non resta confinato al campo letterario, coinvolgendo anche pittura, architet-tura e musica4.

La raccolta bolognese, dedicata al legato pontificio Benedetto Giustinia-ni, si compone di due parti, edite indipendentemente, delle quali fornisco qui una descrizione bibliografica5:

1) IL FIORE  | DELLA GRANADIGLIA,  | OVERO  | DELLA PASSIONE DI NOSTRO  | SIGNORE GIESÙ CHRISTO;  | SPIEGATO, E LODATO  | CON DISCORSI, E VARIE RIME. | All’illuſtriſſimo, e Reverendiſſimo Signore, il Signor | Cardinale Giuſtiniano, Legato di Bologna.  | [xilografia rappresentante il fiore circondato dalla scritta «FLORES MEI | FRUCTUS | HONORIS» (Fig. 1)] | IN BOLOGNA, | [riga] | Appreſſo Bartolomeo Cocchi. M. DC. IX. | Con licenza de’ Superiori. | Ad inſtanza di Simone Parlaſca.Formula collazionale: a4A-C4 Pp. [1-8] 1-22 [2] = 32.Titoli correnti: A1v-A2v, A3v-B2r, B3r-C3v «FIORE DELLA || PASSIONE DI N. SIG.». Errori: B1r «PASSION E DI N. SIG.». Fregi xilografici alle cc. a2r (testatina e iniziale), a2v (finalino con il simbolo della Compagnia di Gesù – il monogramma IHS con una croce aggiunta sopra la lettera H, inscritto in un sole –, due teste d’angelo e due faci accese), a3r (testatina, fregio e iniziale), a3v (finalino), A1r (testatina con testa d’angelo e festone, fregio e iniziale), A3r (testatina, fregio e

3 G.B. Marino, L’Adone, a cura di E. Russo, I, Milano 2013, pp. 694-53. Per un ricco (per quanto inevitabilmente incompleto) catalogo di autori di componimenti barocchi sulla passiflora rimando a C. Sensi, rec. a G. Lubrano, Scintille poetiche, a cura di M. Pieri, Ravenna 1982, «Lettere italiane», 35, 1983, pp. 394-402: 398, nota 14.

4 Cfr. J. Beldon Scott, Guarino Guarini’s Invention of the Passion Capitals in the Chapel of the Holy Shroud, Turin, «The Journal of the Society of Architectural Historians», 54, 1995, pp. 418-45: 430-4. Per la fortuna musicale del tema, cfr. I. Cavallini, Quattro diagnosi sul Florario di Francesco Buti per le Villanelle di Girolamo Kapsperger, in Fran-cesco Buti tra Roma e Parigi: diplomazia, poesia, teatro, Atti del convegno internazionale (Parma, 12-15 dicembre 2007), a cura di F. Luisi, II, Roma 2009, pp. 659-761 (successiva-mente riedito come monografia col titolo di Quattro diagnosi sul florario di Francesco Buti, Parma 2009, poi Roma 2012); Id. Il culto della Croce e la poesia per immagini. Il caso della Granadiglia nel Diciassettesimo secolo, in L’Utopia di Cuccagna tra ’500 e ’700. Il caso della Fratta nel Polesine, a cura di A. Olivieri e M. Rinaldi, Rovigo 2011, pp. 353-70.

5 Sul Giustiniani vedi S. Feci, L. Bortolotti, s.v. Giustiniani, Benedetto, in Dizionario biografico degli Italiani [d’ora in poi DBI], LVII, Roma 2001, pp. 315-25: 319.

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iniziale), B2v (testatina, fregio e iniziale), C4v (marca tipografica di Giovanni Rossi raffigurante Mercurio con il caduceo e un piede poggiato sul globo terrestre).Impronta: a,o- elia u-ei mesi (3) M. DC. IX.a1r] frontespizio. a1v] bianca. a2r-v] «Jlluſtriſſimo, & Reuerendiſſimo Signore | Patrone Colendiſſimo […] Humiliſs. e deuotiſs. Seruitore | Simone Parlasca». a3r-a3v] «A’ BENIGNI | LETTORI […] porrò similmente in luce.». a4v] riproduzione xilografica del fiore e del frutto della Passione (Fig. 2). A1r] PRIMO DISCORSO | NEL QUALE  | SI DESCRIVONO  | IL FIORE, E IL FRVTTO  | DELLA GRANADIGLIA, OVERO, DELLA PASSIONE | DI N. S. GIESV CHRISTO. A3r] Secondo Diſcorſo.  | CHE IL FIORE | DELLA GRANADIGLIA,  | della Paſsione di Nostro Sig. | ſia vero e non finto. B2v] TERZO DISCORSO | NEL QUALE | SI SPIEGANO | alcuni Miſteri del fiore, | e frutto della Gra-|nadiglia, | OVERO | DELLA PASSIONE | DI N. S. GIESV CHRISTO. C3v] IL FINE. C4r] Errori occorſi nel stampare i preceden-|ti Diſcorſi. C4v] [marca tipografica di Giovanni Rossi] IN BOLOGNA | Per gl’Here.di Gio.Roſsi.1609 | Con Licenza de’ Superiori. | Ad’Instanza di Simone Parlaſca. (D’ora in avanti Il Fiore della granadiglia)

Esemplari consultati: Bologna, Biblioteca Universitaria [d’ora in poi BUB], Tab.I.F.II.409/4-6; Milano, Biblioteca Nazionale Braidense, XX. 09. 0037/02.6

2) [testatina xilografica] | RIME | DI DIVERSI | ECCELLENTISSIMI AVTORI | IN LODE DEL FIORE | DELLA GRANADIGLIA. | Altrimenti della Paſſione di Noſtro Sig.Giesù Criſto. | [fregio xilografico] | Dell’Eccellentiſſimo Signor Dottore | Claudio Achilino. | [«Fassi colà ne gl’Indiani Regni, […]» iniziale xilografica]Formula collazionale: A-D4E6 Pp. 1-42[43-44] = 44Titoli correnti: A1v-D3v «FIORE DELLA PASSIONE  || DI N. S. GIESV’ CHRISTO.»; D4v-E5r «FLOS PASSIONIS || D. NOSTRI IESV CHRISTI.»; E5v «FLOS PASSIONIS D.N.I.C.». Errori: E1r, E2r «D. NOSTRI IESV’ CHRISTI.». A1v-A3v (due fregi xilografici per pagina prima di ogni composizione), A4r (testatina e fregio xilografico), B2v (linea e fregio xilografico), B3r (due fregi xilografici), B4r (fregio xilografico), C2r (fregio xilografico), C2v (due fregi xilografici), C3v (finalino xilografico), C4r-D2v (due fregi xilografici per pagina prima di ogni composizione), D3r (fregio e finalino xilografico), D3v (finalino xilografico con mascheroni), D4r (testatina e fregio xilografici)Impronta: i.i, o.o, e.se EPIl (3) M. D. IX (sic).

6 Rimando a una consultazione del catalogo OPAC SBN, per gli esemplari di entrambe le sezioni dell’opera conservate (insieme o separatamente) nelle biblioteche italiane.

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A1r] titolo e primo sonetto dell’Achillini D4r (p. 31)] VARIORVM | POETARVM | CARMINA,  | IN INDICI FLORIS GRANATILIA,  | SIVE CHRISTI PASSIO NVNCVPATI  | LAVDEM COLLECTA. E6r] Jmprim. F. Paulus de Garrexio Inquiſ. Bonon. | D. Tobias Corona Cler. Regul. S. Pauli pro Illuſtriſsimo, & Re-|uerendiſsimo Archiepiſcopo Bonon. | [linea] | IN BOLOGNA, | [linea] ] Appreſſo Bartolomeo Cocchi. M. D. IX. | Con licenza de’ Superiori. | Ad inſtanza di Simone Parlasca. E6v] bianca. (D’ora in avanti Rime in lode del Fiore)

Esemplari consultati: vedi 1.

La prima sezione contiene una dedicatoria di Simone Parlasca al Cardi-nale Benedetto Giustiniani, un’epistola A’ benigni lettori, un ritratto xilo-grafico della granadiglia, e tre Discorsi sulla pianta composti da padre Ca-nali. La seconda è invece costituita dalle Rime di diversi (delle quali fanno parte 32 composizioni italiane di vario metro e un sonetto in spagnolo) e dai Variorum poetarum carmina (che comprendono 19 componimenti latini)7.

L’opera fu stampata, ad istanza di Simone Parlasca, da Bartolomeo Co-chi (o Cocchi), noto soprattutto per la sua collaborazione con Giulio Cesa-re Croce8; il colophon della prima parte dà notizia di una compartecipazio-ne della bottega degli eredi di Giovanni Rossi, presso i quali Cochi aveva svolto il proprio apprendistato9. Parlasca, nativo di Bergamo, è attivo Bo-logna a partire dal 1590; nel periodo immediatamente successivo alla cri-si dell’Interdetto, pubblicò un buon numero di opuscoli antiveneziani10.

7 Sui Variorum carmina si veda Mantovanelli, Il fiore della passione, pp. 45-56.8 Per il Cochi A. Sorbelli, Storia della stampa a Bologna, Bologna 1929, ripr. anast. a

cura di M.G. Tavoni, Bologna 2003, p. 136.9 Sorbelli, Storia della stampa, p. 106. Notizie sul Rossi (attivo a Venezia all’inizio del-

la propria carriera) si trovano anche in P. Bellettini, La stamperia camerale di Bologna. I Alessandro e Vittorio Benacci (1587-1629), «La Bibliofilia», 90, 1988, pp. 21-53: 28-31. Vedi anche R. De Tata, Ancora su Giulio Cesare Croce e la sua biografia, «L’Archiginnasio», 114, 2009, pp. 145-94.

10 Parlasca si trasferisce a Venezia attorno al 1585 e lì comincia la propria attività edi-toriale. Si stabilisce a Bologna nel 1590 dove muore probabilmente nel 1618. Inizialmente collabora con gli stampatori Rossi e Bellagamba, passando poi, nel 1607, a Cochi. Durante la crisi dell’Interdetto, Parlasca (principalmente per i tipi di Bellagamba e Cochi) dà ai

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105 Il Fiore della granadiglia. Una raccolta poetica del primo Seicento bolognese

La sua bottega libraria era un importante luogo di incontro per i letterati bolognesi11.

La stampa del Fiore della granadiglia fu preceduta da quella di un fo-glio volante, impresso dal Cochi, con dedica del 5 giugno 1609 al teologo Bartolomeo Maccanelli (la lettera di Parlasca posta in calce alla raccolta reca data 5 agosto)12. Il foglio, che presenta già il ‘ritratto’ della passiflora poi anteposto alla prima parte del Fiore, propone anche i due sonetti di Achillini che avrebbero aperto le Rime in lode del Fiore. Simili fogli volanti vennero ristampati a Milano e a Venezia (e, come si dirà tra poco, anche in Germania)13.

Un’edizione milanese, per i tipi di Giovanni Ardizzoni, è nota solo per via della sua menzione nei Collectanea chronica del lucernese Renward Cysat14. Nell’edizione veneziana (Fig. 3) Donato Rasciotti firma un breve discorso di dedica a Geronima Malipiero, moglie del patrizio veneto Ot-taviano, in data 20 agosto 1609. Il foglio volante ripropone la xilografia bolognese, a fianco della quale non riporta però i sonetti di Achillini, ma quelli di Giovanni Capponi e del senese Gismondo Santi, entrambi pre-senti nella raccolta.

Autore della xilografia che accompagna sia il foglio volante sia il Fiore della granadiglia è, molto probabilmente, Giovan Luigi Valesio: un suo sonetto (pubblicato col nome accademico di «Invescato Selvaggio») com-pare anche nella raccolta di Rime15. Valesio collaborava da tempo con Par-

torchi le opere antiveneziane di Antonio Possevino, Giovanni Antonio Bovio, Girolamo Del Bene, Bartolomeo Ugolini, Paolo Comitolo e Agesilao Marescotti.

11 Ferrante Carli vi fa ad esempio la conoscenza di Marino nel 1602, e vi incrocia Preti (C. Delcorno, Un avversario del Marino: Ferrante Carli, «Studi secenteschi», 16, 1975, pp. 69-155: 129, 136).

12 Copia del fiore, e frutto, che nasce nell’Indie Occidentali…, Bologna, Cocchi-Parlasca, 1609. Vedi Fig. 3.

13 Copia del fiore et frutto che nasce nelle Indie Occidentali…, Venezia, Rasciotti, 1609. Vedi Fig. 4.

14 Copia del fior e frutto chiamato Granadilla…, stampata in Bologna e ristampata in Milano, Appresso Giacomo Ardizzoni, 1609, citato in R. Cysat, Collectanea chronica und denkwürdige Sachen pro chronica lucernensi et Helvetiae, hrsg. von J. Schmid, IV, t. 3., Luzern 1972, p. 283. Vedi Kuechen, Das späte Eindringen, p. 367, nota 22.

15 Sul Valesio vedi il recente K. Takahashi, Giovanni Luigi Valesio. Ritratto de «l’Insta-bile academico incaminato», Bologna 2007.

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lasca e altri stampatori bolognesi; tra il 1607 e il 1609, aveva inoltre pub-blicato componimenti in raccolte poetiche per nozze stampate dagli eredi Rossi, spesso contribuendo anche come incisore16. L’effigie che correda il frontespizio del Fiore è più volte reimpiegata da Cochi come materiale decorativo17.

1. I gesuiti e la fortuna europea della passiflora

Tra la fine del 1608 e i primi mesi del 1609, una passiflora, con ogni probabilità essiccata, venne presentata a papa Paolo V; secondo il pitto-re bolognese Tommaso Campana – che scrive una lettera all’animatore dell’Accademia dei Selvaggi, Giovan Filippo Certani –, essa sarebbe stata visibile presso la dimora di Gregorio Petrocchini, cardinale di Montelpa-ro e generale degli Agostiniani18. Anche Giacomo Bosio associa l’arrivo a Roma del primo disegno di una passiflora al teologo agostiniano Manuel de Villegas, di stanza in Messico19.

Parlasca – informa Canali20 – era riuscito a raccogliere le testimonianze di diversi religiosi provenienti dalle Americhe, che avevano confermato la reale esistenza del fiore e avevano sottoscritto dei fogli con la sua effigie. Canali menziona anche la testimonianza di Diego di León Garavito, na-

16 Cfr. D. Boillet, Il testo e l’immagine: a proposito del doppio contributo di Giovanni Lui-gi Valesio a raccolte per nozze (1607-1622), «Line@editoriale», 3, 2011, consultabile online: <http://e-revues.pum.univ-tlse2.fr/sdx2/lineaeditoriale/article.xsp?numero=3&id_article=article_001-1117>, e Ead., Marino, Rinaldi, Campeggi, Capponi e altri in una rac-colta bolognese per nozze (1607), «Studi secenteschi», 55, 2014, pp. 3-62: 4-8, 15.

17 Ad esempio in R. Campeggi, Quattro pianti delle lagrime di Maria Vergine…, Bo-logna, Cocchi, 1609 (la xilografia è nell’ultima carta). Cfr. The Illustrated Bartsch, general editor W.L. Strauss, XL (Commentary, Part 1): Italian Masters of the Sixteenth and Seven-teenth Centuries, ed. by. V. Birke, New York 1987, p. 42. Riusi dell’effigie da parte di Cochi di trovano in P. Giustinelli, Luce del cieco peccatore…, Bologna, Cocchi, 1621 e (senza il frutto) in G. Gessi, Orazione funerale fatta nelle essequie dell’illustrissimo e reverendissimo signor cardinale Spinola arcivescovo di Genova, Bologna, Cocchi, 1616.

18 Della lettera conosciamo il riassunto offerto da Canali (Il fiore, p. 11).19 G. Bosio, La trionfante e gloriosa croce…, Roma, Ciacone, 1610, pp. 162-6: 162. Cfr.

Pozzi, Tulipani e passiflore, pp. 330-1, e Cavallini, Quattro diagnosi, pp. 722-3.20 Il Fiore della Granadiglia, pp. 10-1.

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tivo di Lima, primo allievo dello Studio bolognese a provenire dal Nuovo Mondo. Garavito, autore di un lungo carmen in latino raccolto nella sil-loge, risiedeva presso il Collegio di Spagna, del quale divenne cappellano nel 160921.

Se, come sembra, furono gli Agostiniani a presentare il fiore a Paolo V, la raccolta bolognese si iscrive in una campagna pubblicistica di scala europea che trovò il suo principale promotore nella Compagnia di Gesù. È facile immaginare quale presa dovessero avere i fogli volanti stampati in tutta Europa sulla curiosità popolare, che diveniva così – nei difficili anni successivi alla crisi dell’Interdetto – efficace strumento per la diffusione del messaggio evangelizzatore dei Gesuiti.

Uno dei fogli conservati da Parlasca fu sottoscritto dal procuratore della Compagnia di Gesù nella provincia del Paraguay, Juan Romero, e da un altro gesuita, «Giovanni Martino de Recaldi»22. Il nome di Romero è asso-ciato alla passiflora anche nella Cultura ingeniorum di Antonio Possevino, dalla quale si evince che il religioso aveva potuto osservare il fiore portato a Roma. Il sacerdote era stato inviato in Italia dopo la prima riunione della Congregazione provinciale del Paraguay, tenutasi nel 1608 a Santiago del Cile23. Nello stesso 1608, i Gesuiti erano stati ufficialmente incaricati da

21 Garavito dedicò al cardinale Giustiniani l’affresco recentemente attribuito a Giovan Luigi Valesio, che tuttora campeggia sulla volta d’ingresso dell’Archiginnasio (allora sede dello Studio bolognese). Vedi B. Bohn, Valesio, the Archiginnasio and the first American at the University of Bologna, «L’Archiginnasio», 96, 2001, pp. 3-15: 13. Cfr. anche G. Tonel-li, Una ‘memoria’ nell’Archiginnasio al primo studente venuto dalle Americhe all’Universi-tà di Bologna, «Strenna storica bolognese», 8, 1958, pp. 256-73; G. Mondani Bortolan, Stemmi e iscrizioni di studenti spagnoli nell’Archiginnasio bolognese, in El cardenal Albor-noz y el Colegio de España, edición y prologo de E. Verdera y Tuells, III, Bolonia 1973, pp. 637-701: 672.

22 Il Fiore della Granadiglia, pp. 10-1. Potrebbe trattarsi di un’italianizzazione di Juan Martínez (o Martín) de Recalde (forse omonimo del celebre ammiraglio della Gran Armada morto nel 1588).

23 A. Possevino, Antonii P. Mantuani Societatis Iesu Cultura Ingeniorum…, Coloniae Agrippinae, Ioannes Gymnicus sub Monocerote, 1610, pp. 189-207: 191. Cfr. anche Ca-vallini, Quattro diagnosi, pp. 722-3. Su Romero, vedi A. De Egaña, s.v. Romero, Juan, in New Catholic Encyclopedia, second edition, XII, Farmington Hills 2003, p. 661; P. Loza-no, Historia de la Compañia de Jesus en la Provincia del Paraguay, I, Madrid, Fernandez, 1754, p. 735. Cfr. anche Pozzi, Tulipani e passiflore, p. 331.

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Filippo III della conversione del Guayrá, vedendo per la prima volta rico-nosciuto il proprio ruolo missionario in Sud America.

Il monogramma gesuitico campeggia nel finalino xilografico posto in chiusura della dedicatoria di Parlasca a Giustiniani24. Una composizio-ne certamente attribuibile al gesuita Francesco Scorza apre la silloge di carmina latini; il più lungo componimento della raccolta (pp. 33-5) è il Triumphus crucis di Eugenio Petrelli, giovane sacerdote veneziano che, dal 1601 al 1606, era stato segretario di Possevino25. Petrelli, autore in vita di numerose opere, era rimasto sul territorio veneto anche dopo il 1606, e aveva ottenuto dal Papa una dispensa dall’interdetto; è verosimile che Petrelli continuasse a operare in Veneto come ‘agente’ della Compagnia26. Il Triumphus, definito un «carmen ad socios qui ex Europa missi Indos excolunt», si indirizza proprio ai missionari gesuiti nelle Indie occidentali.

A conferma dello stretto legame tra Petrelli e Possevino, nel 1610 il Triumphus è riedito nella settima edizione della Cultura ingeniorum as-sieme a una riproduzione xilografica della pianta; Petrelli fornisce a Pos-sevino anche una Vera Narratio delle caratteristiche del fiore, nella quale è esplicitamente ripresa la descrizione che Simone Parlasca aveva inserito nel foglio volante bolognese27.

Il Triumphus di Petrelli fu allegato a un dispaccio al doge Francesco Loredan inviato, il 4 ottobre 1609, da Simone Contarini, bailo di Costan-tinopoli. Contarini raccontava a Loredan di essere stato visitato dall’am-basciatore francese, che gli aveva richiesto garanzie sulla non opposizione veneziana all’insediamento in città dei Gesuiti (che il bailo ricordava esse-re «aperti nemici della Serenissima Repubblica»)28. Alla fine della missiva,

24 Il Fiore della Granadiglia, c. a2v.25 Rime in lode del Fiore, pp. 33-5.26 Cfr. la missiva, con lettera di accompagnamento del Possevino, edita in P. Pirri, L’In-

terdetto di Venezia del 1606 e i Gesuiti. Silloge di documenti con introduzione, XIV, Roma 1959, pp.  294-96. Vedi anche J.P. Donnelly, Antonio Possevino and Jesuits of Jewish Ancestry, «Archivium Historicum Societatis Iesu», 55, 1986, pp. 3-31: p. 24 n. 9. Sulla pos-sibilità che Petrelli agisse come ‘infiltrato’ si vedano le parole di Possevino nella lettera di presentazione del Petrelli al Papa (Pirri, L’Interdetto, p. 295).

27 Possevino, Cultura Ingeniorum, pp. 189-207: 189. Sulla settima e ultima impressio-ne della Cultura, vedi L. Balsamo, Antonio Possevino S. I. bibliografo della Controriforma, e diffusione della sua opera in area anglicana, Firenze 2006, pp. 107-8.

28 Il testo della missiva e la trascrizione del carmen di Petrelli ad essa allegato si trovano

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Contarini inoltrava al governo, su richiesta degli stessi Gesuiti costanti-nopolitani, una copia del fiore e del frutto della granadiglia, assieme al carmen di Petrelli29: nel dispaccio compariva anche un disegno raffiguran-te il fiore della Passione, titolato come il foglio volante impresso da Cochi. Il questa versione del ‘ritratto’ della pianta non è traccia del trespolo sul quale essa si abbarbica nella xilografia bolognese, né dello sviluppo a croce del vegetale (Fig. 6). La medesima rappresentazione del fiore e frutto della Passione sarebbe di lì a poco stata inclusa da Possevino nella sua Cultura ingeniorum (Fig. 7). L’invio dell’immagine e del carmen di Petrelli si cari-ca dunque di significati politici, e sorprende per la sua potenziale valenza provocatoria: in un periodo in cui per Venezia dovevano circolare i fo-gli impressi da Rasciotti, i Gesuiti ricordavano la presenza sul territorio della Serenissima di personaggi a loro strettamente legati, come Eugenio Petrelli.

Il gesuita Jackob Gretser include nel proprio Hortus Sanctae Crucis (Ingolstadt, Sartorius, 1610) una versione latina di parte dei discorsi di Canali, e ripubblica alcuni tra i carmina già proposti nel florilegio bolo-gnese, oltre a una serie di epigrammi latini composti per l’occasione30. Il volume di Gretser diviene uno dei veicoli di diffusione europea del con-tenuto della raccolta bolognese31. Nello stesso anno, l’alchimista lutera-no Andreas Libavius, avversatore dei Gesuiti e aperto nemico di Gretser, si scagliò contro la rappresentazione emblematica del fiore proposta nell’Hortus:

In America est flos granadillae, in quo ostendunt instrumenta passionis Christi, clavos, scuticam, columnam, coronam, vulnera, etc., ita imaginando, quod

in Stefani Mantovanelli, La passiflora, pp. 85-92.29 Ibid., p. 89. 30 J. Gretser, Hortus S[anctae] Crucis…, Ingolstadii, Sartorius, 1610, pp. 273-95: 274.31 Cfr. le riprese da Gretser in J. Niess, Adolescens Europaeus ab Indo moribus

Christianis informatus, Dilingae, Sutor, 1629, pp. 91-101 (un ritratto della passiflora è an-che nel frontespizio dell’opera); J. De Solórzano Pereira, Disputationem de Indiarum Iure sive De iusta Indiarum Occientalium inquisitione, acquisitione, et retentione, tribus libris comprehensam, Matriti, Martinez, 1629, p. 187; G.S. Menochio, Delle Stuore overo trattenimenti eruditi…, Nelle quali si dichiarano molti passi oscuri della Sacra Scrittura, e si risolvono questioni amene, e si riferiscono riti antichi, ed istorie curiose, e profittevoli. Parte Quinta, Venezia, Baglioni, 1675, pp. 235-6.

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superstitiosi etiam in pomis, aliisque facere solent. Et est alicubi apud amicum nostrum ossiculum cerasii, in quo ostenduntur facies 127, quas facilius agnoscit qui est φανταστικώτερος32.

[In America c’è il fiore della granadiglia, nel quale si mostrano gli strumenti della passione di Cristo, i chiodi, la sferza, la colonna, la corona, le piaghe, ecc., raffigurando così ciò che i superstiziosi sono soliti vedere anche nelle mele e in altro. E, da qualche parte, presso un nostro amico, c’è un nocciolo di ciliegia dove si mostrano 127 facce, le quali più facilmente riconosce chi ha un po’ troppa immaginazione.]

Il coinvolgimento della Compagnia nella diffusione dell’immagine del fiore traspare anche da altre fonti. In una lettera da Augusta indirizzata a Paolo Gualdo il 17 luglio 1609 (un mese dopo la pubblicazione del foglio volante bolognese e uno prima della firma dell’epistola ai lettori del Fiore della granadiglia) il Linceo Mark Welser dice di aver visto un ritratto della passiflora:

Sento che in Italia si fa gran strepito del fior della Passione che nasce in India, come di osservazione molto nuova e rara. È vero che il ritratto è nuovo, almeno a me, che prima non lo viddi mai; ma la descrizione è vecchia di molti e molti anni, trovandosi assai copiosa nel 3. Lib. di Niccolò Monardes, medico sivigliese, trasferito da Carlo Clusio e fatto stampare in latino l’anno 1582. In particolare parlando del Fiore, dice Florem habet albae rosae persimilem, in cuius foliis aliquae veluti passionis Christi figurae delineatae conspiciuntur, quas magna diligentia istic pictas existimes. Eam ob causam elegantissimus est flos33.

32 A. Libavius, De universitate et originibus rerum conditarum contemplatio singularis…, Francofurti ad Moenum Kopffius, 1610, p. 260. Per altri episodi della fortuna della passiflora nel mondo tedesco del Sei e Settecento, rimando al già citato articolo di Kuechen, Das späte Eindringen. Per la polemica con Gretser, vedi B.T. Moran, Andreas Libavius and the Transformation of Alchemy. Separating Chemical Cultures with Polemical Fire, Sagamore Beach 2007 pp. 110-5.

33 L’epistola è leggibile in Lettere di uomini illustri che fiorirono nel principio del seco-lo decimosettimo non più stampate, Venezia, Baglioni, 1744, pp. 350-1. Il riferimento di Welser è a N. Monardes, Simplicium medicamentorum ex novo orbe delatorum… nunc vero primum Latio donatus et notis illustratus a Carolo Clusio, Antverpieae, Plantinus, 1582, pp. 16-7.

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Welser (per tutta la vita legato ai Gesuiti, dei quali fu anche banchiere) non mostra di ricevere con particolare favore il ritratto del fiore, e con-stata a ragione che l’esistenza della passiflora era nota già da decenni. Ad ogni modo, proprio ad Augusta, e verosimilmente attorno al 1609, comparvero ben due fogli volanti, tipologicamente affini a quelli impres-si a Bologna e Venezia34. Il primo venne stampato da Martin Wörle – «Briefmaler und Illuminierer» specializzato in stampe popolari: esso ri-porta una versione del ritratto del fiore del tutto coincidente con quella inviata a Venezia dai gesuiti costantinopolitani. Il secondo fu invece im-presso da Christoph Mang ad istanza di un incisore fiammingo residente ad Augusta, Dominicus Custos, morto nel 1612 (vedi Fig. 5): così come il foglio veneziano, anche quello tedesco allude alla presentazione del fiore a Paolo V35. Il foglio volante edito da Mang propone una riproduzione calcografica, con ogni probabilità realizzata da Custos, dell’illustrazione bolognese.

È da notare che l’‘editrice’ di Welser, Ad insigne pinus, si serviva spes-so dei torchi di Mang36. Fra i titoli impressi da Mang compaiono, peral-tro, molte opere di gesuiti (tra cui Matteo Ricci, Nicolas Trigault, Rober-to Bellarmino, Andreas Schott, Matthaeus Rader, Christoph Scheiner, Gerónimo de Ripalda, Pieter Kanijs).

Nello stesso 1609, anche a Madrid era stato stampato un opuscolo sul fiore della Passione, menzionato da Giacomo Bosio nella sua Trionfante e gloriosa croce; ne ho reperito un esemplare presso la Houghton Library (Fig. 8)37. Esso presenta un ritratto del fiore – riconoscibile come esempla-

34 Wahrhaftes Contrafet eines überaus seltsamen und wunderbarlichen Gewächses, wel-ches in den Indien so gegen Niedergang der Sonnen gelegen und sonst die Spanische Indien genannt werden, gepflanzt wird, Augsburg, bei Martin Wöhrle, Briefmaler und Luminierer, [s.d.] (riprodotto in Pozzi, Sull’orlo del visibile parlare, illustrazione n. 48).

35 Abriss der Blü und Frucht die in den nidergängigen Indien wächst und neulichen übersandt worden ist ihrer Bäbst[liche] Hei[glichkeite] Paulo dem Fünften zu präsentieren, Augsburg, C[hristoph] Mang, [s.d.]. Vedi Atlas historique Drugulin…, Leipzig 1867, p. 103.

36 J. Bellot, «Ad insigne pinus». Kulturgeschichte der Reichsstadt Augsburg im Spiegel eines Verlages an der Wende des 16./17. Jahrhunderts, «Buchhandelsgeschichte», 14, 1978, pp. 697-709.

37 La descrizione bibliografica del Traslado è leggibile in Appendice. Cfr. Bosio, La trionfante e gloriosa croce, p. 166.

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re di Passiflora laurifolia – e tre componimenti in versi (il primo dei quali è una lunga novelletta morale). L’immagine proposta nella stampa madri-lena è senz’altro fonte per la passiflora che, nel Seicento, fu aggiunta alla Madonna di Joos van Cleve, ora all’Art Museum di Cincinnati (Fig. 9)38.

Occorsero circa dieci anni perché in Europa potessero vedersi raffi-gurazioni ‘dal naturale’ della passiflora. Circolano notizie di una prima fioritura francese, osservata dal botanico reale Jean Robin nell’agosto e settembre del 1613 e del 161439. La più celebre, tuttavia, fu senz’altro quel-la avvenuta nell’agosto del 1619 presso gli Orti Farnesiani: grazie al par-ticolare rapporto dei Farnese coi gesuiti, gli Orti potevano arricchirsi di semi provenienti dalle missioni di tutto il mondo. Un disegno della passi-flora appena fiorita venne offerto dal Linceo Giovanni Faber (responsabile dell’orto pontificio e professore di botanica nello Studio romano) a Do-nato d’Eremita, che nel dicembre del 1619 lo fece riprodurre a stampa40.

Di poco successivo (1620), anche se di qualità nettamente superiore, è il ritratto che Pietro Castelli pubblica a Roma a nome di Tobia Aldini41.

38 Per la Madonna con Bambino, Cincinnati, Cincinnati Art Museum, Centennial Gift of the Cincinnati Institute of Arts (n. cat. 92) vedi J.O. Hand, Joos van Cleve. The Complete Paintings, New Heaven-London 2004, p. 105, fig. 113. Vedi anche Michael E. Abrams, Passion flower in famous Madonna painting was added after artist died (<http://www.flwildflowers.com/vancleve/>).

39 Notizia di un «single plate in Sir Joseph Bank’s Library» dal titolo Vera et ad vivum expressa effigies folii et flos planae Maraco vulgo nominatae Flos Passionis, qualis floruit horto Joannis Robini botanici regii mensibus Augusto et Septembri 1612 & 1613 si trova-no in «The Botanical Register», 2, 1816, n.  152. Non sono riuscito a rintracciare copia del foglio. Degli anni trenta è il foglio volante francese titolato Coppie de la Fleur de la Passion qui croist dans les Indes Occidentales. Cette fleur présentée a Nostre Sainct Père, a esté apportée de Rome par Monsieur Lecharron, Doyen de Saint Germain de l’Auxerois…, Paris, Havart, 1637.

40 D. D’Eremita, Vera effigie della granadiglia detta fior della passione. All’Ill. ed ecc. Signor Giovan Fabri Linceo. Di Napoli a 20 di Decembre 1619, s.n.t., e Id., Ganadiglia overo fior della Passione, Napoli 30 di ottobre 1622, s.n.t. Vedi G. Gabrieli, Fra Donato d’Eremi-ta, converso domenicano…, in Id. Contributi alla storia dell’Accademia dei Lincei, II, Roma 1989, pp. 1487-95, e tavv. XXXVIII e XXXIX.

41 T. Aldini [P. Castelli], Vera e natural effigie della pianta indiana chiamata Maraco, Grandilla e fiore della Passione D. N. S, Venezia, s.n.t., 1620; Id., Exactissima descriptio rariorum quarundarum plantarum quae continentur Romae in Horto Farnesiano Tobia

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113 Il Fiore della granadiglia. Una raccolta poetica del primo Seicento bolognese

Fornendo a stampa la vera effigie della passiflora, l’Aldini/Castelli espri-meva le proprie perplessità sulla versione ‘emblematica’ del fiore sino a quel momento circolante, notando che i segni della passione non vi erano riconoscibili se non forzatamente («nisi per vim»)42.

La fioritura negli Orti Farnesiani ebbe una grande risonanza, tanto che nel 1622 Francesco Pona la ricordò nel suo Paradiso dei fiori («la granadiglia, o fior della passione, il quale pur comincia a dimesticarsi in questi paesi, […] s’è già veduta col fiore in Roma ne’ giardini di Farnese»)43. Se è da escludere che la pianta avesse attecchito altrove in Italia prima del 1619, nel 1633 il gesuita Giovan Battista Ferrari poteva affermare nella sua Flora (cap. XVI, libro III) che la granadiglia, «si è assuefatta a questo nostro terreno e clima in maniera che omai per tutto con fecondità ine-stirpabile nasce e s’avanza»44.

2. Il Fiore della granadiglia

È ragionevole credere che il ritratto della passiflora incisa a Bologna (con ogni probabilità da Valesio) derivasse da quello, più semplice, in-viato a Venezia dai Gesuiti di Costantinopoli, coincidente peraltro con l’illustrazione fornita da Possevino nella Cultura ingeniorum, e da Martin Wörle nel foglio volante edito ad Augusta.

La xilografia bolognese aumenta, rispetto al probabile antecedente, le possibilità di lettura simbolica: la pianta è posta infatti su un palo di soste-

Aldino Cesenate auctore…, Romae, Mascardi, 1625, pp. 49-59: 53. Vedi anche P.B. Noc-chi, E. Pellegrini, La collezione botanica del cardinale Odoardo, in Gli orti farnesiani sul Palatino, Atti del convegno internazionale (Roma, novembre 1985), a cura di G. Morganti, Roma 1990, pp. 413-29: 415.

42 Aldini, Exactissima descriptio, p.  56. L’Exactissima descriptio è fonte per J. Par-kinson, Paradisi in sole Paradisus terrestris, … by J.P. Apothecary of London, [London?], Lownes-Young, 1629, p. 396 (illustrazioni alle pp. 394-5), opera molto critica rispetto alla rappresentazione ‘gesuitica’ della passiflora: vedi Pozzi, Tulipani e Passiflore, p. 335.

43 F. Pona, Il paradiso de’ fiori overo l’archetipo de’ giardini, Verona, Tamo, 1622: cito dall’edizione moderna con presentazione di F. Giorgetta, Milano 2006, p. 39.

44 Cito dalla versione italiana G.B. Ferrari, Flora overo Cultura di fiori… trasportata dalla lingua latina nell’italiana da Lodovico Aureli Perugino, Roma, Facciotti, 1638, p. 349 (la princeps si titola invece Flora seu de florum cultura…, Romae, Paulinus, 1633).

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gno molto simile ai trespoli dei vitigni e si apre in una calcolata struttura a croce (Fig. 2)45. È, in questo senso, da notare che la piccola xilografia posta sul frontespizio dell’opera combina l’‘emblema’ floreale al motto «Flores mei fructus honoris»: si tratta di una citazione da Ecclesiastico 24, 23 («ego quasi vitis fructificavi suavitatem odori et flores mei fructus honoris et honestatis») perfettamente compatibile con le innovazioni simboliche che contraddistinguono la raffigurazione bolognese del fiore. Il tema della vite è ripreso anche in alcune Rime in lode del Fiore, come ad esempio nel sonetto di Cesare Abelli: «Questa bella, Signor, pianta e fattura, / come la vite, che dal ciel mandasti, / vien da tue mani […]»46.

I tre Discorsi di padre Canali, che occupano quasi tutto il primo vo-lume della raccolta, si propongono, nell’ordine, di descrivere la pianta, dimostrarne l’effettiva esistenza, spiegarne i «misteri»; Fantuzzi identifica il loro autore nell’olivetano Antonio Canali, del monastero di S. Michele in Bosco, probabilmente autore della canzonetta chiabreresca attribuita a «D.A.C.B.» («D[on] A[ntonio] C[anali] B[olognese]»?)47.

Nel primo Discorso –  fors’anche ricorrendo alle testimonianze dirette raccolte da Parlasca – il religioso offre la più ampia descrizione del fiore sino a quel momento edita in Europa, superando le proprie fonti biblio-grafiche: l’Historia generalis plantarum del francese Jacques Daléchamps (1586) e l’Historia natural y moral de las Indias del gesuita José de Acosta (1590)48. Seguendo una singolare tendenza sincretica, Canali combina i rimandi alla Bibbia o alla letteratura di pietà con citazioni da opere paga-ne, come le Metamorfosi di Ovidio (p. 16); spicca inoltre il riferimento alla Sepmaine di Du Bartas, probabilmente letta nella traduzione di Ferrante Guisone (p. 6)49. Il terzo e ultimo Discorso è dedicato all’illustrazione dei

45 Cfr. Stefani Mantovanelli, La passiflora, p.  81; Pozzi, Tulipani e passiflore, pp. 331-2.

46 Rime in lode del Fiore, p. 4 (vv. 1-3).47 Cfr. G. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, IX, Bologna, Stamperia San Tom-

maso d’Aquino, 1794, pp. 80-2.48 Le fonti sono citate da Canali alle pp. 9-10. J. De Acosta, Historia natural y moral de

las Indias…, Sevilla, Juán de Leon, 1590, pp. 262-3. Cfr. anche la traduzione di Giovan Pao-lo Gallucci, titolata Historia naturale e morale delle Indie…, Venezia, Basa, 1596, c. 83r-v. J. Daléchamps, Historiae generalis plantarum pars altera, Lugduni, Rovillius, 1586, p. 1918 (XVIII, 147).

49 Il rimando a «Bertaz. | In divi. | sott.» (sic) parrebbe in effetti compatibile con il titolo

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‘misteri’ del fiore; il suo esordio è una virtuosistica accumulazione di tra-slati, citabile come significativo esempio di prosa barocca:

Non di bellezza, né d’odor solo, ma di misterio ancora e di nobili e segrete intelligenze dottò l’Onnipotente Iddio i fiori che con tanta vaghezza adornano i giardini di questo nostro mondo, e dove per se stessi si possono meritamente addimandare occhi della terra, leggiadria delle piante, decoro degli orti, ghirlande de’ prati, ornamento de’ colli, gemme de’ giardini, stelle terrene, monili della gioventù, pompa delle bellezze umane, corone delle Muse e di pudico Amore esche gradite e vezzose. Per li misteri poi che rachiudono e per li secreti morali e celesti che nascondono, si possono ben anco dire caratteri divini, geroglifici terrestri, lettere sacre, libri di natura, note simboliche e misteriosi emblemi, che con invisibil penna scrisse e stampò onnipotente mano nella spaziosa terra come in un grande e aperto foglio, sì che dove i fiori sono belli agli occhi, cari all’odorato, piacevoli al tatto, salutiferi al corpo, sono pur anche grati all’intelletto, e dilettevoli all’anima, ché in essi legge profonde scienze e da essi impara altissime dottrine, essendo i fiori come tutte l’altre creature scala al fattore, a chi ben gli intende50.

L’afflato metaforico della prosa di Canali può trovare forti consonanze nella sperimentazione poetica bolognese, che stava definendo in quegli anni la linea forse più schiettamente concettista del primo Seicento ita-liano51.

Le Rime… in lode del fiore della granadiglia non sono le prime compo-sizioni poetiche dedicate alla passiflora. Già nel 1602 Martín del Barco Centenera aveva incluso una menzione del fiore nel canto III della sua Argentina y la conquista del Río de la Plata52. In ambito italiano, il primato

della traduzione italiana: G. De Saluste Du Bartas, La divina settimana, cioè i sette gior-ni della Creazione del Mondo… tradotta di rima francese in verso sciolto italiano dal Sig. Ferrante Guisone…, Venezia, Ciotti, 1593 (si veda in particolare c. 105r).

50 Il Fiore della Granadiglia, pp. 12-3.51 Vedi E. Raimondi, La letteratura a Bologna nell’età del Reni, in Guido Reni e l’Euro-

pa. Fama e fortuna, Catalogo della mostra (Frankfurt am Main, dicembre 1988-febbraio 1989), a cura di S. Ebert-Schifferer, A. Emiliani e E. Schleier, Frankfurt am Main-Bologna 1988, pp. 71-86.

52 M. Del Barco Centenera, Argentina y la conquista del Río de la Plata, Li-sboa, Crasbeeck, 1602, c. 17r (canto III, ott. 2): «La flor de la granada o granadilla / de Indias, y misterios encerrados / a quien no causará gran maravilla? / Figuranse los doze

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sembra spettare a Giovanni Botero che, nel 1607, pose il fiore al centro di una lunga digressione nella sua Primavera (II, 54-71)53. L’anno successivo anche il napoletano Felice Passero dedica alcuni versi del suo Essamerone (III giornata, libro 8) alla descrizione della granadiglia54. Se Colombano Spissia – autore, nella raccolta, di un’ecloga e di un epigramma –  fosse realmente un nobile di Bobbio vissuto tra il 1532 e il 1606, contenderebbe a Botero la palma di primo encomiasta italiano del fiore55. Parrebbe tut-tavia più semplice supporre che i due componimenti siano opera di un omonimo (forse un parente) morto nel 165256.

La raccolta bolognese segna tuttavia uno scarto rispetto ai precedenti elogi ‘isolati’ della passiflora perché, rispondendo al gusto secentesco per la variazione sul tema, fornisce – attraverso le prose di Canali, le compo-sizioni italiane e i carmina latini – un repertorio ingegnoso e facilmente reimpiegabile di concetti poetici.

Presento qui una lista degli autori delle Rime in lode del Fiore con gli incipit dei rispettivi componimenti (segue il numero di pagina; laddove non altrimenti specificato, si tratta di sonetti o epigrammi):

consagrados / de una color verde y amarilla; / la corona y los clavos tresmorados, / tan natural estan y casi al vivo, / que yo me admiro agora que lo escrivo».

53 G. Botero, La Primavera…, Torino, Tessauro, 1609, pp. 91-7 (ma prima ed. 1607). Canali cita le prime due ottave della descrizione di Botero nel secondo Discorso (Il Fiore della Granadiglia, pp. 9-10). Per l’inclusione di un elogio della Passiflora nella seconda edizione della Creazione del mondo di Gasparo Murtola (1618) vedi Arnaudo, Il trionfo di Vertunno, p. 126, nota 49.

54 F. Passero, L’Essamerone overo l’opra de’ sei giorni, Napoli, Sottile-Bonino, 1608, p. 155. Anche Giovan Battista Maurizio, nelle ottave pubblicate nelle Rime in lode del Fiore (p. 7, v. 3), dice il fiore creato da Dio «il terzo dì de’ giorni».

55 Mantovanelli, Il fiore della passione, p. 55, nota 43. Mantovanelli pubblica e tradu-ce ampi stralci del componimento.

56 Sul più giovane abate Colombano Spissia, negli anni Quaranta consultore del Senato di Bologna, vedi S. Muzzi, Annali della città di Bologna dalla sua origine al 1796, VIII, Bologna 1846, p. 235; S. Spanò Martinelli, Il processo di canonizzazione di Caterina Vigri (1586-1712), Firenze 2003, pp.  115, 149, 151, 279; G. Angelozzi, C. Casanova, La giustizia criminale in una città di antico regime. Il tribunale del Torrone di Bologna (secc. XVI-XVII), Bologna 2008, pp. 177-8. Spissia si addottorò in diritto civile e canonico nel 1619, vedi M.T. Guerrini, «Qui voluerint in iure promoveri…». I dottori in diritto dello Studio di Bologna (1501-1796), Bologna 2005, p. 452.

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117 Il Fiore della granadiglia. Una raccolta poetica del primo Seicento bolognese

1. Claudio Achillini: Fassi colà ne gl’Indiani Regni, p. 1; Intorno al Fiore, ov’ ha Natura accolto, p. 2.

2. Ridolfo Campeggi: In questo vago fiore alma smarrita, p. 2.3. Bernardino Marescotti: Quando per troppo amor Gesù languia; Qual man

cultrice il tuo vital verace, p. 3.4. Giovanni Capponi (l’Animoso accademico Selvaggio): Questo fior, che tu

vedi, Anima pura, p. 4. 5. Cesare Abelli (il Solingo accademico Selvaggio): Questa bella, Signor,

Pianta e fattura, p. 4. 6. [Marcantonio Arlotti] (Lo Strepitoso accademico Selvaggio): Non rosa, o

giglio, od altro fior diletto, p. 5. 7. Giacomo Filippo Calvi (Il Flebile accademico Selvaggio): Se da la man, che

da l’eterno giro, p. 5. 8. [Giovan Luigi Valesio] (l’Invescato Selvaggio): Quel dì, che su’l Calvario il

Redentore, p. 6. 9. Giovan Battista Maurizio, Fra i dui poli a cui l’asse intorno gira, p. 6; Del

più bel fior che Primavera adorni 7-12 (ottave); Lite pendea tra’ fiori, p. 12 (madrigale).

10. Paolo Emilio Balzani: Da questo fior che la spinosa fronte, p. 12.11. D.A.C.B. (Don Antonio Canali Bolognese?): O bell’, o sacro fiore, p. 13

(canzone chiabreresca).12. Basilio Pandolfi: O germe aventurato, pp. 15-9 (canzone).13. Alessandro Paganini: Spiritosa d’amor leggiadra imago, p. 19; Spiega l’indo

terren fra l’altre piante, p. 20; Mirate ed ammirate, pp. 20-2 (canzone). 14. Signor G.O. (?) Se ’l purpureo colore onde i dipinti, p.  23; Che veggio, ahi

lasso? un insensibil fiore, p. 23.15. Gismondo Santi: Là ne l’occidentale indico lito, p. 24.16. Licinio Pio: Ecco manca la fé, crescono i segni, p. 24.17. Signor F.B. (?): Negl’orti là de l’indico occidente, p. 25.18. Costantino Prosperi: Questi d’ogn’altro più mirabil fiore, p. 25.19. Incerto 1: Nuova figlia del sol, col sol vien fuori, p. 26.20. Incerto 2: Se tanto Febo già se stesso afflisse, p. 26.21. Incerto 3: O dorato d’april figlio e di Flora, p. 27.22. Incerto 4: Non son questi gl’avori aventurati, p. 27.23. Incerto 5: Spunta fin là nel cor de gli indi regni, p. 28.24. Incerto 6: Se chi pose in non cal d’empi furori, p. 28.25. Felice Passero: Ma dove, o mio Signor, dove tralascio (estratto in endecasillabi

sciolti dall’Essamerone), p. 29.

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26. Incerto 7: Esta es la flor divina y milaorosa (sic – da correggere in milagrosa), p. 30.

27. F.S. [Francesco Scorza]: Sic inculta Dei meminit natura dolores, p. 31; Cum vigil avertit radiantia lumina Titan, p. 31.

28. Giulio Segni: Abdita flore tuo fulgent mysteria, sanguis, p. 32. 29. Christophorus Wichestan: Valesi, hunc florem Christi urna aut sanguine

natum, p. 32.30. Virgilio Malvezzi: Obtexit rapidus Titan sua lumina Christum, p. 32. 31. Francesco Maria Mastellari: En mel felque tibi flore hoc qui nuper ab

Indis, p. 32. 32. Giovan Domenico Lappi: Quam bene picta, Itali, flore hoc stant signa salutis,

p. 33. 33. F[ra] Augus[tinus] Plac[entinus] Cap[ucinus] Arma quibus mortem

vicisti Daemona culpam, p. 33. 34. Eugenio Petrelli: Crimen erit caelare alti magnalia regis, pp.  33-35

(esametri). 35. Francesco Crescimbeni: Quem cernis florem distinctum stigmate quino,

p. 36. 36. Francesco Dalla Noce: Provida pingebat vario Natura colore, p. 36. 37. Diego de León Garavito: Cingite Pierides viridi mea tempora lauro, pp. 36-

37 (esametri). 38. Colombano Spissia (Bobiensis civis): Iam canis exoritur, vomitatque

canicula flammas, pp. 37-41 (ecloga); Quid florem mirare, hospes, stupidusque teneris, p. 42.

39. Tommaso Papazzoni: Cur sanctum coeli numen, mundique redemptor, p. 41; 40. Giovan Battista Guicciardi: Iure canit regem te florum prisca vetustas,

p. 41.41. Giovan Battista Pasini: Hybla parit florum varios si laeta colores, p. 42.

Gli autori dei componimenti sono per lo più bolognesi o residenti a Bo-logna, con poche eccezioni (è il caso del leccese Basilio Pandolfi, del ge-novese Francesco Scorza e del già citato Petrelli)57. Una breve scorsa all’e-

57 Per lo Scorza, vedi infra, nota 67. Su Pandolfi, cfr. N. Toppi, Biblioteca Napoletana, ed apparato agli uomini illustri in lettere di Napoli e del Regno…, Napoli, Bulifon, 1678, p. 41, e G. Scrimieri, Annali di Pietro Micheli tipografo in Puglia nel 1600, Galatina 1976, pp. 18, 41, 45. Il componimento sulla passiflora è riedito in B. Pandolfi, Rime sacre, … dedicate alla Serenis[si]ma Reina del Cielo Maria Vergine madre di Dio, Lecce, Michele, 1634.

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lenco rivela la partecipazione alla raccolta di una sola accademia letteraria cittadina, quella dei Selvaggi: i cinque sonetti pubblicati da suoi membri costituiscono un nucleo compatto. I Selvaggi, nati nel 1606 per volontà di Giovanni Capponi, si riunivano nella casa di Giovan Filippo Certani (de-stinatario, come abbiamo visto, anche della lettera di Tommaso Campana sul fiore donato al Papa). Oltre al fondatore Capponi, prendono parte alla raccolta Cesare Abelli (‘Il Solingo’), il reggiano Marcantonio Arlotti (‘Lo Strepitoso’), Giacomo Filippo Calvi (‘Il Flebile’) e il già più volte citato Giovan Luigi Valesio (‘L’Invescato’)58. Il componimento di Valesio, che trascrivo di seguito, si segnala per l’allusione all’episodio evangelico in cui la Maddalena scambia Gesù risorto per un ortolano (Gv., 20, 14-15 – il tema è comune ad altre poesie sulla passiflora, anche estranee alla raccolta bolognese)59:

Quel dì che sul Calvario il redentoreper dar salute a noi morte soffersedal vivo sangue ond’ei la terra aspersenacque, pens’io, questo mirabil fiore.

O come suol talor fervido umore 5

produr fra dure selci erbe diversedal sepolcro ond’uscì, poi che s’aperse,spuntò (cred’io) dal suo mortal sudore;

o da piante del Ciel, dagli orti suoicadde il seme divino, o Cristo istesso 10

quando apparve ortolan piantollo a noi.

58 Negli anni precedenti al 1609, i Selvaggi avevano promosso diverse raccolte di rime: Boillet, Il testo e l’immagine. Per i Selvaggi cfr. Fantuzzi, Notizie, I, p. 22. Arlotti, reg-giano, pubblica in molte delle raccolte trattate in Boillet, Il testo e l’immagine. Il Calvi, bolognese, si era laureato in utroque il 26 aprile 1606, vedi Guerrini, I dottori in diritto nello Studio di Bologna, p. 393 (numero 4423). Il componimento di Valesio è riedito in G.L. Valesio, La Cicala, Roma, Mascardi, 1622, con il titolo di Sopra il fiore indiano (il testo è leggibile in C.C. Malvasia, Felsina pittrice. Vite di pittori bolognesi, II, Bologna, per l’Erede di Domenico Barbieri, 1678, p. 147).

59 Vedi Mantovanelli, Il fiore della passione, p. 50, nota 22, e anche il Traslado de una carta, c. A4r: «Dios es ortelano / de las flores santas».

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E qual si mira di sue pene impressotal da sé lo ritrasse afinché poila sua pietà si rimirasse in esso.

I Gelati, la più importante accademia felsinea, non collaborano ufficial-mente all’iniziativa editoriale di Parlasca. Vi partecipano tuttavia alcuni loro membri, come Ridolfo Campeggi, Bernardino Marescotti, Paolo Emilio Balzani e Giovan Battista Maurizio, il rettore del Seminario di Bo-logna (il quale fu, peraltro, uno dei fondatori del sodalizio). Anche i Sel-vaggi Abelli e Capponi potevano vantare un’affiliazione ai Gelati60.

La sezione delle Rime esordisce con i due sonetti di Achillini già editi nel foglio volante bolognese (poi riproposti, con notevoli varianti, nella prima raccolta poetica achilliniana del 1632)61.

Fassi colà negli indiani regni,mercé d’un fior, religioso Aprile.Mira che spiega su la foglia umìledei tormenti di Dio scolpiti i segni.

Bel libro di Natura, ai sacri ingegni 5

de’ sacri libri emulator gentile,tu ne’ tuoi fogli in odorato stilele pene altrui, la mia salute insegni.

Se fia giamai che degli odor su l’alida’ tuoi sanguigni e tormentosi innesti 10

dolor mi giunga de’ passati mali

o me felice allor, che da funesticaratteri trarrò sensi vitalie da terreno fior frutti celesti.

Intorno al fiore ov’ha Natura accoltoin compendio odorato alti martiri,ove quasi di Dio sento i sospirie con questi occhi le querele ascolto,

come famelic’ape a cui sia tolto 5

l’usato cibo ogni anima si aggirie procuri quest’esca a’ suoi desirionde i beati il lor digiuno han sciolto.

Che, posta ogni altra pena in dolce oblio,verrà che voli al sempiterno riso 10

calda d’un beatissimo desio;

e lieta poi d’un sì felice avisofabricherassi al fine, ape di Dio,i favi di salute in Paradiso.

60 Su Balzani e Maurizio, Fantuzzi, Notizie, I, pp. 334-5; V, pp. 371-2. Maurizio com-pare anche nelle Memorie… de’ signori Accademici Gelati di Bologna, Bologna, Manolessi, 1672, pp. 199-202.

61 Vedi C. Achillini, Poesie… dedicate al Grande Odoardo Farnese…, Bologna, Ferro-ni, 1632, pp. 69-70, ora in Id. Poesie , a cura di A. Colombo, Parma 1991, pp. 63-4 e, per le varianti, p. 295.

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121 Il Fiore della granadiglia. Una raccolta poetica del primo Seicento bolognese

Esasperato dalle polemiche scoppiate in seguito all’ottenimento della cattedra di pandette presso lo Studio bolognese (1606), Achillini stava pas-sando in quei mesi all’insegnamento di diritto civile a Ferrara62. Il rilievo dato nella raccolta ai componimenti di Achillini è leggibile come un preco-ce riconoscimento della sua eccellenza letteraria. Le poesie sulla passiflora sono tra le prime mai edite da Achillini, e la loro ricomparsa nelle Rime del 1632 ha un valore anche in ragione del dedicatario, il duca di Manto-va Odoardo Farnese, nei cui Orti romani la pianta era per la prima volta fiorita.

Seguono ai sonetti dell’Achillini quelli del giovane Bernardino Mare-scotti (morto nel 1649); Marescotti, qui in una delle sue prime prove let-terarie, si sarebbe segnalato tra il 1621 e il 1648 come autore di numerose opere poetiche e drammatiche63. In terza posizione compare un sonetto di Ridolfo Campeggi, che non fu mai riedito dall’autore64. Campeggi stampa, nello stesso 1609 e presso il Cochi, anche i Quattro pianti delle lagrime di Maria Vergine; Parlasca aveva invece edito a Parma le sue Rime (1608), con frontespizio di Valesio – che del resto aveva intagliato anche quelli del Filarmindo (1605)65.

Si segnala anche la partecipazione di Licinio Pio, poi fondatore dell’O-ratorio di Bologna nel 161566.

La sezione latina è inaugurata da due epigrammi attribuiti a «F.S.»: si tratta di Francesco Scorza, gesuita genovese, poi autore di un’orazione la-tina per la morte di Sforza degli Oddi edita a Parma (1612), nonché di compendi in volgare delle vite di Sant’Ignazio di Loyola, San Francesco Saverio e San Francesco Borgia pubblicati a Bologna67.

62 Vedi A. Colombo, I «Riposi di Pindo». Studi su Claudio Achillini (1574-1640), Firen-ze 1987, pp. 23-5.

63 Fantuzzi, Notizie, V, pp. 245-7.64 L. Giachino, «Aurea catena che le menti annoda». La poesia lirica di Ridolfo Cam-

peggi, «Giornale storico della letteratura italiana», 177, 2000, pp. 361-84: 383 (ora in Ead., «Amore è Maggio che non corre a verno». Cinque studi su lirici barocchi, Alessandria 2003, pp. 49-78: 77).

65 Giachino, «Aurea catena che le menti annoda», p. 362 (ora p. 50).66 G. Marciano, Memorie istoriche della Congregazione dell’Oratorio, nelle quali si

dà ragguaglio della fondazione di ciascuna delle congregazioni sinora erette…, Napoli, De Bonis, 1699, pp. 31-53; V. Crowther, The Oratorio in Bologna (1650-1730), Oxford 1999, pp. 19-34.

67 L’acronimo è sciolto in A. Mariani, Ruinarum Romae Epigrammata…, Bononiae,

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Testo inserito
Parma
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Giulio Segni, parroco di S. Isaia e professore di grammatica nello Studio, fu amico e corrispondente del Tasso (a lui dobbiamo la stampa presso il Cochi delle Lettere tassiane, nel 1616). Un suo epigramma latino è leggibi-le a p. 32 delle Rime in lode del Fiore. Fu inoltre curatore di un’importante raccolta poetica, Il Tempio, dedicato a Cinzio Aldobrandini (1600)68.

Tra gli autori di componimenti latini spicca senza dubbio il giovane Virgilio Malvezzi, che compare qui, assieme a Christophorus Wichestan e Francesco Maria Mastellari, nella veste di Accademico Ardente («A.A.»). Gli Ardenti non erano un vero sodalizio accademico, ma piuttosto un col-legio per giovani nobili: Giovan Domenico Lappi, che vede pubblicato un proprio carmen nella silloge, figurava tra i loro istitutori69. Al momento dell’uscita della raccolta, Malvezzi, nato l’8 settembre 1595, non aveva an-cora compiuto quattordici anni.

L’epigramma di Christophorus Wichestan – che evidentemente rispon-de al sonetto di Valesio, confermando il sospetto che l’incisore fosse coin-volto nel progetto editoriale sin dal suo inizio – è di particolare interesse perché critico nei confronti dell’arrivo del fiore in Europa e dunque non ascrivibile alla tendenza eulogica delle altre poesie70:

Montius & Zenerus, 1641, pp. 255-6. Sullo Scorza, cfr. M. Giustiniani, Gli scrittori ligu-ri …, I, Roma, Tinassi, 1667, p. 247.

68 Tempio all’Illustrissimo e Reverendissimo signor Cinzio Aldobrandini…, Bologna, Rossi, 1600. L. Giachino, Tra celebrazioni e mito. Il Tempio di Cinzio Aldobrandini, «Giornale storico della letteratura italiana», 178, 2001, pp. 404-19, ripreso e ampliato in Ead., «Al carbon vivo del desio di gloria». Retorica e poesia celebrativa nel Cinquecento, Alessandria 2008, pp. 139 sgg.

69 Vedi Fantuzzi, Notizie, I, pp. 6-7. Sugli Ardenti, vedi C. Sirk, L’Accademia degli Ar-denti detta anche del Porto. L’educazione dei nobili tra teatro musica e danza, «Il Carrobbio», 18, 1992, pp. 309-23; G.P. Brizzi, La formazione della classe dirigente nel Sei-Settecento. I seminaria nobilium nell’Italia centro-settentrionale, Bologna 1976, pp. 71-130: 116-8. La raccolta contiene probabilmente anche altri contributi di ‘giovani’, è il caso di Francesco Dalla Noce (per cui vedi Mantovanelli, Il fiore della passione, p. 53). Dalla Noce si lau-reò nel 1618 e dal 1619 al 1625-26 fu lettore di Diritto civile nello Studio (S. Mazzetti, Repertorio di tutti i professori antichi e moderni della famosa Università e del celebre Istituto delle Scienze di Bologna, Bologna 1847, p. 107). Per Lappi, vedi P.A. Orlandi, Notizie degli scrittori bolognesi e dell’opere loro stampate e manoscritte…, Bologna, Pisarri, 1714, p. 162.

70 Per la probabile origine anglosassone del cognome Wichestan, cfr. W.W. Skeat, The Place-names of Bedfordshire, Cambridge 1906, pp. 60-1 (sul suo componimento vedi Mantovanelli, Il fiore della passione, p. 50, nota 24).

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Valesi, hunc florem Christi urna aut sanguine natum,plantatum aut ipso Christo olitore putas?Fallere: pomum Adam veritum dum manderet, oreexcidi heu semen, protenus unde satus.Quis tulit huc Indis nostrae monimenta salutis?Firma erat Italiae sat sine flore fides.

[Valesio, ritieni che questo fiore sia nato dall’urna o dal sangue di Cristo oppure che sia stato piantato dallo stesso Cristo, fattosi ortolano? Ti sbagli: mentre Adamo mangiava la fatale mela, dalla bocca, oh!, gli cadde un seme, che subito attecchì. Chi mai ha portato qui dalle Indie ammonimenti per la nostra salvezza? La fede in Italia era già abbastanza salda senza il fiore].

Il giovane conte Mastellari, originario di Pieve di Cento e particolarmen-te legato all’ordine dei Padri Scolopi, conferma invece in modo indiretto la rilevanza assunta dalla ‘nuova’ missione gesuitica in Sud America ai fini della diffusione dell’effigie del fiore e dell’allestimento della raccolta71:

En mel felque tibi flore hoc qui nuper ab Indisper tot magna Italis aequora vestus adest.Signa salutis habet. Quale est mel? corripit Indos.Fel quale? in verum pectora dura Deum,India sed Iesu Patribus fit mota fidelis:iam solum diro mel sine felle fluit.

[Ecco, in questo fiore che è di recente stato portato agli italiani attraverso così grandi oceani, ti si presentano miele e fiele. Mostra i segni della salvezza. Qual è il miele? Ha conquistato gli Indiani. Quale il fiele? I petti sono duri ad accogliere il vero Dio. Ma l’India, mossa dai Padri gesuiti, è resa fedele: già solo il miele scorre senza il crudo fiele].

71 Mastellari, conte di Pieve di Cento, compare come corrispondente in J. de Cala-sanz, Epistolario di San Giuseppe Calasanzio, VII, edito e commentato da L. Picanyol, Roma 1954, p. 411, n. 3693, p. 423, n. 3713, p. 432, n. 3731, p. 446, n. 3755 – tutte lettere degli anni 1640-41. Cfr. anche G. Landi, Santa Maria maggiore della terra di Pieve, in Le chiese parrocchiali della diocesi di Bologna ritratte e descritte, I, Bologna 1844, n. 75 (pp. non numerate).

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3. Conclusioni

Il Fiore della granadiglia diede un contributo fondamentale all’afferma-zione della passiflora come tema tipico della poesia barocca. Pur coinvol-gendo pochi autori di sicura e non locale rilevanza (novero forse riduci-bile ai soli Achillini e Campeggi), la raccolta bolognese si inseriva in una strategia propagandistica di scala europea, concertata dalla Compagnia di Gesù. Rispetto a un vegetale noto da decenni e inizialmente negletto, la cultura del Seicento si dimostrava finalmente ricettiva, cogliendo nella Natura i segni più artificiosi e ingegnosi della Creazione divina. Su questa nuova e condivisa percezione della realtà i Gesuiti scommisero, con suc-cesso, per diffondere un messaggio a un tempo religioso e politico.

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125 Il Fiore della granadiglia. Una raccolta poetica del primo Seicento bolognese

Appendice. Descrizione dell’opuscolo impresso a Madrid

[Fleuron xilografico] Traslado de una carta, que fue em-  | biada delas yslas de Camboja, y de Sian tierra del rey Gallinato, dando decla-  | racion de como a interceſsion de ciertos religioſos q[ue] fueron a predicar a aque  | llos Reynos, le fue reuelado por Chriſto al Rey Gallinato, de como hallaria | en vnos arboles tiernos que jamas avian lleuado fruto ni flor, vnas flores las | quales tenian todas las inſignias de la Passiõ de Christo, la qual flor es la | ſiguiente, y traſlado que aqui va: fue escrita esta relation a la Corte, | juntamente con la relacion un Romance nueuo y unas segui- | dillas en alabança de la flor, todo visto y exa- | minado, y con licencia Impreſſo en  | la Corte, eſte Año 1609.  | [Riproduzione xilografica simbolica di una Passiflora laurifolia, mm 90 x 65 ca.] | [Su due colonne] [Iniziale in corpo maggiore] Para poder entonar  | de mi lira los acentos  | al Cielo pido fauor || y alos oyentes ſilencio. | Solo la ſuſtancia canto | de vn memoriable suceſſoFormula collazionale: A4 = pp. [1-8] = 8Titoli correnti: Nessuno.Impronta: oros n.s, tos, osia (C) 1609

A1r] Titolo e prima composizione («Para poder entonar»). A4r] Seguidillas en alabança de las | flores àparecidas. A4v] [Piede di mosca] Romance nueuo buelto sobre | pendiēte de las almenas.

Esemplari: Cambridge (Massachussets), Houghton Library, *49-709.

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303 Il Fiore della granadiglia. Una raccolta poetica del primo Seicento bolognese

1. Il fiore, c. Ir (xilografia di Giovan Luigi Valesio)

2. Il fiore, c. Iv (xilografia di Giovan Luigi Valesio)

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304 Andrea Lazzarini

3. Copia del fiore…, Bologna, Cocchi-Parlasca, 1609 (BUB, Tab. I. F. II. 409/3)

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305 Il Fiore della granadiglia. Una raccolta poetica del primo Seicento bolognese

4. Copia del fiore…, Venezia, Rasciotti, 1609 (Londra, Natural History Museum, Special Books 582.4P74)

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306 Andrea Lazzarini

5. Abriss der Blu und Frucht…, Augsburg [1609?], impresso da C. Mang

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6. Raffigurazione allegata al dispaccio dei Gesuiti di Costantinopoli (da Stefani Mantovanelli, La passiflora, p. 70)

7. Possevino, Cultura ingeniorum, p. 16

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308 Andrea Lazzarini

8. Traslado de una carta …, [Madrid 1609?] (Harvard Library, coll. Houghton *49-709)

9. J. van Cleeve, Madonna, Cincinnati Art Museum, Centennial Gift of the Cincinnati Institute of Arts (n. cat. 92, dettaglio)

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