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LUISA AVITABILE Diritti umani e fenomenologia dello Stato in Edith Stein 1.L‟itinerario per arrivare a discutere di una fenomenologia del diritto nell‟opera di Edith Stein (1891-1942) è tracciato dallo scritto Una ricerca sullo Stato (1925), influenzato dagli studi del filosofo del diritto Adolf Reinach, suo interlocutore speculativo, corredato dalla II parte di Psicologia e scienze dello spirito che rappresenta l‟anello di congiunzione tra lo studio sull‟empatia (Einfühlung) elaborato per la tesi di laurea e la questione dello Stato di diritto. Le tre opere rappresentano una il complemento fenomenologico dell‟altra. Lo studio sull‟empatia prefigura una comunità di persone destinata a trovare una realizzazione storica nello Stato che diventa Stato di diritto, non perché deputato formalisticamente ad essere legislatore, ma perché formalizzazione storica degli a priori del diritto puro. Da parte sua, lo studio Psicologia e scienze dello spirito tratteggia un anello di congiunzione tra le possibilità di costruzione di uno Stato e la comunità giuridica a statuto empatico, dettato dallo spirito della relazione interpersonale. L‟ambiente filosofico steiniano è intriso della cultura di fine Ot tocento 1 , periodo in cui Husserl si circonda di un gruppo di lavoro composto non solo da studiosi quali Reinach e Heidegger, ma anche da alcune studiose, come Stein stessa. In realtà, il circolo fenomenologico è il lascito di Th. Lipps: in origine i componenti del gruppo erano appunto allievi di Lipps, dal quale si allonteranno per le divergenze con Husserl 2 . La filosofia husserliana si emancipa da un concetto di mondo basato soprattutto sulle scienze della natura, cercando di attribuire significato al concetto di intuizione sino a giungere ad un potenziale isolamento della dimensione „ideale‟ e quindi all‟intuizionismo, critica che gli rivolgeranno peraltro alcuni tra i suoi allievi. La fenomenologia husserliana assume lo specifico significato di attribuire «ad ogni tipo di oggetti …, conformemente alla loro natura, il loro modo di essere “presente in persona” per la nostra coscienza, a differenza della mera intenzione e della coscienza riproduttiva più o meno oscura» 3 . Da parte sua, l‟opera di Stein, feconda per una costruzione del concetto fenomenologico di diritto, non diretta certo ad un‟archeologia della ricerca fenomenologica né ad una ricostruzione storica del suo fondamento, non è indifferente a questa atmosfera culturale, vissuta insieme agli studiosi a lei più vicini, permeata dalle dinamiche tra scienze della natura e scienze dello spirito con pretese di primato da parte delle prime. In questa atmosfera culturale attraversata da unimponente attività speculativa, Husserl insieme ai suoi allievi si pone come spartiacque di una sorta di eredità del foro dei saperi, sottolineando l‟autonomia della ricerca filosofica, intesa come itinerario fenomenologico, al quale Stein attinge 1 Tra le letture più strettamente giuridiche di Stein si sottolineano C. F. GERBER, Juristische Abhandlungen, Jena, 1878; E. BERNATZIK, Die juristische Personlichkeit der Behorden: zugleich ein Beitrag zu theorie juristischen Personen, Freiburg i. B., 1890; R. KJELLÈN, Der Staat als Lebensform, Berlin, 1924; G. JELLINEK, Allgemeine Staatslehere, Berlin, 1929. 2 M. THEUNISSEN, Der Andere, p. 4; «Lo sviluppo della fenomenologia di Husserl è connesso con la reazione al naturalismo dominante la fine del secolo XIX», L. LANDGREBE, Itinerari della fenomenologia, p. 201. 3 L. LANDGREBE, Itinerari della fenomenologia, p. 202; W. SCHULZ, Philosophie in der veränderten Welt, Pfullingen, 1972, p. 25; C. FABRO, Linee dell’attività filosofico-teologica della beata Edith Stein, p. 196.

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LUISA AVITABILE

Diritti umani e fenomenologia dello Stato in Edith Stein

1.L‟itinerario per arrivare a discutere di una fenomenologia del diritto nell‟opera di Edith

Stein (1891-1942) è tracciato dallo scritto Una ricerca sullo Stato (1925), influenzato dagli

studi del filosofo del diritto Adolf Reinach, suo interlocutore speculativo, corredato dalla II

parte di Psicologia e scienze dello spirito che rappresenta l‟anello di congiunzione tra lo

studio sull‟empatia (Einfühlung) – elaborato per la tesi di laurea – e la questione dello Stato di

diritto. Le tre opere rappresentano una il complemento fenomenologico dell‟altra. Lo studio

sull‟empatia prefigura una comunità di persone destinata a trovare una realizzazione storica

nello Stato che diventa Stato di diritto, non perché deputato formalisticamente ad essere

legislatore, ma perché formalizzazione storica degli a priori del diritto puro. Da parte sua, lo

studio Psicologia e scienze dello spirito tratteggia un anello di congiunzione tra le possibilità

di costruzione di uno Stato e la comunità giuridica a statuto empatico, dettato dallo spirito

della relazione interpersonale.

L‟ambiente filosofico steiniano è intriso della cultura di fine Ottocento1, periodo in cui

Husserl si circonda di un gruppo di lavoro composto non solo da studiosi quali Reinach e

Heidegger, ma anche da alcune studiose, come Stein stessa. In realtà, il circolo

fenomenologico è il lascito di Th. Lipps: in origine i componenti del gruppo erano appunto

allievi di Lipps, dal quale si allonteranno per le divergenze con Husserl2. La filosofia

husserliana si emancipa da un concetto di mondo basato soprattutto sulle scienze della natura,

cercando di attribuire significato al concetto di intuizione – sino a giungere ad un potenziale

isolamento della dimensione „ideale‟ e quindi all‟intuizionismo, critica che gli rivolgeranno

peraltro alcuni tra i suoi allievi. La fenomenologia husserliana assume lo specifico significato

di attribuire «ad ogni tipo di oggetti …, conformemente alla loro natura, il loro modo di essere

“presente in persona” per la nostra coscienza, a differenza della mera intenzione e della

coscienza riproduttiva più o meno oscura»3.

Da parte sua, l‟opera di Stein, feconda per una costruzione del concetto fenomenologico di

diritto, non diretta certo ad un‟archeologia della ricerca fenomenologica né ad una

ricostruzione storica del suo fondamento, non è indifferente a questa atmosfera culturale,

vissuta insieme agli studiosi a lei più vicini, permeata dalle dinamiche tra scienze della natura

e scienze dello spirito con pretese di primato da parte delle prime. In questa atmosfera

culturale attraversata da un‟imponente attività speculativa, Husserl – insieme ai suoi allievi –

si pone come spartiacque di una sorta di eredità del foro dei saperi, sottolineando l‟autonomia

della ricerca filosofica, intesa come itinerario fenomenologico, al quale Stein attinge

1 Tra le letture più strettamente giuridiche di Stein si sottolineano C. F. GERBER, Juristische Abhandlungen, Jena,

1878; E. BERNATZIK, Die juristische Personlichkeit der Behorden: zugleich ein Beitrag zu theorie juristischen

Personen, Freiburg i. B., 1890; R. KJELLÈN, Der Staat als Lebensform, Berlin, 1924; G. JELLINEK, Allgemeine

Staatslehere, Berlin, 1929. 2 M. THEUNISSEN, Der Andere, p. 4; «Lo sviluppo della fenomenologia di Husserl è connesso con la reazione al

naturalismo dominante la fine del secolo XIX», L. LANDGREBE, Itinerari della fenomenologia, p. 201.

3 L. LANDGREBE, Itinerari della fenomenologia, p. 202; W. SCHULZ, Philosophie in der veränderten Welt,

Pfullingen, 1972, p. 25; C. FABRO, Linee dell’attività filosofico-teologica della beata Edith Stein, p. 196.

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Diritti umani e fenomenologia dello Stato in Edith Stein

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costantemente, con una sua originalità che la farà arrivare alla questione della differenza tra

diritto puro e diritto positivo.

Nello scenario appena descritto matura la sua statura di studiosa impegnata a interpretare,

leggere, elaborare, annotare gli scritti di von Hildebrand, di Ingarden, di Heidegger, di H.

Conrad-Martius, di Hering e di Reinach come emerge dal suo carteggio proprio con R.

Ingarden dal quale si evince peraltro il suo disagio, ma anche la profonda lealtà, nei confronti

del maestro ritenuto un „idealista‟4.

Per la sua vicinanza a Reinach, per l‟opera specifica sul diritto Una ricerca sullo Stato, ma

anche per il senso attribuito al concetto di giuridicità – suscitando tuttavia meno attenzioni di

altre figure come Simone Weil e Hannah Arendt5, nonostante la proficua produzione

scientifica – può essere presentata come un modello nella fenomenologia del diritto. Per

ragioni diverse, e seguendo percorsi differenti, Weil e Arendt hanno attirato l‟attenzione

sull‟attività filosofica intrapresa suscitando così un interesse per i loro scritti. La figura di

Stein solo di recente ha conosciuto invece una qualche fama legata prioritariamente alla sua

vicenda spirituale, mentre è rimasta per lungo tempo inesplorata la mole delle sue opere in cui

ha saputo sapientemente coniugare il livello scientifico dei suoi studi, a volte condizionati

dalla sua incostanza, e la storia tragica del Novecento6.

Discutere dei diritti umani con e attraverso le parole di Edith Stein potrebbe sembrare

un‟impresa anacronistica. Guardare con gli occhi di una donna – seppure da un punto di

osservazione privilegiato come quello della studiosa – degli anni „20 alla condizione

femminile è opera gravosa oltre che impegnativa. Stein, attraverso l‟elaborazione del metodo

fenomenologico e le esperienze della Germania di fine Ottocento, si pone come «fautrice dei

diritti delle donne»7, affermando peraltro una propria autonomia intellettuale marcata senza

dubbio dal lavoro del cosiddetto circolo dei fenomenologi8.

È Stein stessa a chiarire nella sua biografia che negli anni Dieci il suo interesse è diretto

soprattutto alla condizione della donna, è per questo motivo che sceglie di frequentare alcune

associazioni femminili: l‟associazione per la riforma della scuola, un‟associazione studentesca

e l‟associazione prussiana per il diritto di parola alle donne diretta a qualificare innanzitutto

4 Interessante sotto il profilo della ricostruzione della rete di rapporti scientifici il carteggio tra Edith Stein e

Roman Ingarden che va dal 1917 al 1938, Lettere a Roman Ingarden 1917-1938; vd. anche M. MÜLLER,

Erfahrung und Geschichte, Freiburg-München, 1971, p. 510 «Ich erinnere and en Enthusiasmus der Goettinger

Schüler, an die sogennante Frühphänomenologie Adolf Reinachs, Dietrich von Hildebrands, Hedwig Conrad-

Martius‟, Alexander Pfänders, Koyrés, Roman Ingardens und Edith Steins. Diese Begeisterung der Göttinger

Frühphänomenologen lebte aus der Ueberzeugung: wir kommen weg vom Subjektivismus, von der Deduktion,

vom Konstruktivismus, von der Abstraktion – hin zum vollen Schauen und Sehen der Sachen selbst». 5 I loro lavori sono stati tra l‟altro oggetto di studio ampio ed approfondito da parte della filosofia del diritto cfr.

A. CATTANEO, Simone Weil e la critica dell’idolatria sociale, Napoli, 2002; T. SERRA, Virtualità e realtà.

Ermeneutica, diritto e politica in H. Arendt, Torino, 1997. Per completezza cfr. S. WEIL, Riflessioni sulle cause

della libertà e dell’oppressione sociale, Milano, 1983, in part. p. 74 e ss.; H. ARENDT, Antisemitismo e identità

ebraica, Milano, 2002, p. 72 e ss. 6 Tra gli studi filosofici di Edith Stein tradotti in italiano si ricordano Il problema dell’empatia, Roma, 1985; La

donna – Il suo compito secondo la natura e la grazia, Roma, 1987; Introduzione alla filosofia, Roma, 1998;

Essere finito e Essere eterno, Roma, 1988; Una ricerca sullo Stato, Roma, 1999; La struttura della persona

umana, Roma, 2000. Mentre tra le opere non strettamente filosofiche: ‘Scientia crucis’. Studio su San Giovanni

della Croce, Roma, 1996; Natura persona mistica. Per una ricerca cristiana della verità, Roma, 1997; La vita

come totalità. Scritti sull’educazione religiosa, Roma, 1999. Cfr. H. ROMBACH, Edith Stein, christliche

Philosophie unserer Zeit, Anzeiger für Katholische Geistlichkeit, 59, 1950. 7 H.-B. GERL, Edith Stein. Vita filosofia mistica, Brescia, 1998, p. 11. per un‟ampia panoramica sulla questione

vd. anche C. F. EPSTEIN, Women in Law, Chicago, 1993; J. HEIMPEL, Il rapporto tra la persona e la comunità

nella visione cristiana di Edith Stein, Roma, 2005, p. 41. 8 Vd. Supra. Cfr. anche G. VON LE FORT, Die ewige Frau, München, 1963.

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Diritti umani e fenomenologia dello Stato in Edith Stein

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l‟uguaglianza politica femminile. Queste forme di unione a stampo femminile hanno come

comune denominatore la realtà della donna in un particolare momento storico come quello

tedesco del tempo, considerata in un contesto in cui la sua soggettività non ha ancora

raggiunto la piena titolarità giuridica al pari del soggetto maschile.

Nel quadro di un impegno „a favore‟ della donna, ma in realtà in un‟attività tesa a

difendere anche il ruolo sociale del soggetto femminile attraverso l‟inaugurazione di un

momento storico di svolta per l‟acquisizione di diritti, la donna percepisce l‟inevitabilità del

raggiungimento di uno status giuridico pienamente soddisfacente sotto il profilo

dell‟uguaglianza per la difesa del soggetto di diritto in quanto tale e non motivato dalla

specificità di essere-femminile e/o essere-maschile. In questa prospettiva, Stein rappresenta,

per la sua opera scientifica e per il suo impegno pragmatico, la testimonianza più diretta delle

difficoltà della donna connesse alla pretesa di un pieno riconoscimento giuridico, anche in

virtù della dolorosa circostanza personale che la stessa carriera accademica, come sottolinea

Husserl in una lettera alla stessa del 6 febbraio 1919, non è aperta alle donne; fino agli anni

Trenta vive, soffrendone appunto sotto il profilo della carriera, la sua condizione di donna non

dotata di uno status uguale a quello maschile; mentre dagli anni Trenta è costretta a subire i

rifiuti – nell‟ambito professionale come in quello politico – legati alla sua discendenza

ebraica.

L‟attività di Stein non si rivela inutile: l‟apertura giuridica, sociale e politica nei confronti

del mondo femminile si concretizza con un decreto del 1920 da parte del ministro prussiano

Carl Becker al quale aveva, tra l‟altro, rivolto espressa richiesta in tal senso9.

Per formazione, per cultura e per scelta l‟atteggiamento di Stein non è mai animato da

un‟aggressività distruttiva diretta al mondo maschile. Il metodo fenomenologico, l‟empatia,

l‟apertura incondizionata all‟umanità, in quanto comunità di esseri umani e non in quanto

„maschio‟ o „femmina‟, eliminano ogni equivoco dall‟orizzonte delle possibilità di arrivare

finalmente ad una profonda riflessione su una condizione, come quella femminile, che si è

storicamente presentata subordinata nella differenziazione delle culture, dei popoli e delle

civiltà. Nel suo lungo percorso verso l‟emancipazione, la donna ha assunto – di volta in volta

– ruoli sociali di rafforzamento e di complementarità della struttura familiare, esteriorizzata

anche attraverso un habitus, si dovrebbe definire „impegno‟, che subisce una sorta di

evoluzione nel corso degli ultimi secoli: il ruolo di pedagoga10

. Per alcuni versi si può

affermare che il ruolo della donna si è ridotto ad una condizione pedagogica non riconosciuta,

9 E. BOEDEKER-M. MEYER-PLATH, 50 Jahre Habilitation von Frauen in Deutschland. Eine Dokumentation

ueber den Zeitraum von 1920 bis 1970, Göttingen, 1974: la prima donna abilitata fu Adele Hartmann,

un‟istologa. 10

L‟opera di Edith Stein, La donna, cit. è composta da otto saggi sul tema femminile. Raccoglie, tra l‟altro, le

sue passate esperienze come insegnante nel liceo femminile di Breslavia, nelle magistrali e nell‟Istituto delle

domenicane a Speyer, inoltre nell'Istituto Tedesco per la Pedagogia Scientifica a Münster. L‟ordine che

accompagna la strutturazione dell‟opera non è cronologico, ma sostanziale nel senso che sono scritti diretti a

presentare la reale figura della filosofa nei rapporti con le sue educande. Per completezza si segnala l‟ordine dei

saggi: Ethos della professione femminile, tenuto al raduno annuale dell‟Associazione Accademica Cattolica (30

agosto 1930); Vocazione dell’uomo e della donna secondo l’ordine della natura e della grazia (1931); Vita

muliebre cristiana, tenuto per l‟Organizzazione delle Donne Cattoliche a Zurigo (gennaio 1932); Fondamenti

per l’educazione della donna, tenuto in una conferenza per il Comitato Educativo della Federazione delle donne

cattoliche a Bendorf sul Reno (8 novembre 1930); Problemi dell’educazione della donna, lezioni tenute

all‟Istituto Tedesco per la Pedagogia Scientifica (semestre estivo 1932); Compito della donna di guidare la

gioventù alla Chiesa, relazione tenuta ad una conferenza ad Augusta (1931); Valore particolare della

femminilità nel suo significato per la vita del popolo, relazione tenuta all‟adunanza generale a Ludwigshafen per

la Federazione delle Maestre Cattoliche di Baviera (12 aprile 1928); Compiti delle accademiste cattoliche di

Svizzera, conferenza tenuta a Zurigo (1932).

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per altri bisogna precisare però che proprio la donna è stata oggetto di una formazione poco

approfondita, che per lungo tempo l‟ha vista dedita ad attività e studi non legati per esempio

al mondo scientifico; al contrario, nell‟esercizio di questa sua attività di educatrice, la donna è

chiamata a formare generazioni di uomini e donne pur non avendo ricevuto essa stessa, per

secoli, un‟educazione adeguata e soprattutto completa.

Sollevando il velo su ciò che non si dice della condizione femminile, Stein avvia una

discussione sui reali diritti della donna, senza violare quell‟ethos vocazionale tipico costituito

dalla ricerca di armonia dei diversi elementi che compongono la situazione familiare e

sociale. Così accanto al ruolo di pedagoga diventa rilevante la sua funzione di equilibrio e di

complementarità con l‟uomo, quasi che la società veda nella figura femminile un destino di

educatrice. In questo l‟opera fenomenologica di Stein avverte di dover trascendere la dualità

maschio-femmina per rivolgersi al genere umano, all‟essere-uomo in quanto umanità e non in

quanto coazione da ricondurre alla separazione differenziale e riduttiva dei due generi11

.

In ogni caso, la questione femminile viene affrontata non solo in modo sistematico –

per via della trattazione in una sua opera fondamentale La donna. Il suo compito secondo la

natura e la grazia, raccolta di saggi intensi ed impegnativi diretti ad illustrare lo status ma

anche le possibilità intrinseche al ruolo della donna – ma anche in modo critico, nel momento

in cui la discussione verte sui parametri della natura vocazionale al sacerdozio12

.

Ad una prima lettura sembra di vedere una giustificazione del sacerdozio come

prerogativa maschile, ma si tratta di un modo per porre il problema e discuterlo in modo

analitico e non privo di ragionevolezza. Emerge senza dubbio l‟impegno profuso nelle lezioni

tenute nell‟Istituto di Pedagogia Scientifica nel semestre estivo del 1932 e l‟importanza delle

sue analisi nella psicologia differenziale. Sotto il profilo storico e sul versante della cronaca,

questi saggi rappresentano il risultato dell‟attività didattica alla quale Stein si era dedicata al

di fuori dell‟università; si tratta di lezioni tenute di volta in volta presso l‟istituto Santa Maria

Maddalena delle Domenicane a Speyer, presso l‟Istituto Tedesco per la Pedagogia Scientifica

a Münster e per le Unioni Cattoliche di maestre e accademiste. La raccolta delle lezioni, la

limatura scientifica costituiscono l‟impegno13

in direzione di un‟opera complessa e

problematica che non ha la presunzione di costituire un modello, ma è considerata come una

delle tappe nel suo percorso scientifico-fenomenologico che ripercorre le difficoltà della

condizione della donna attraverso una sorta di armonizzazione – a volte scelta altre volte

imposta – con la condizione dell‟uomo. Il cammino di Stein, nella storia dei diritti delle

donne, non è un percorso solitario; la sua vicinanza ad Helena Lange che aveva combattuto

nel 1896 affinché anche le ragazze conseguissero la maturità nelle scuole di Amburgo, dove

risiedeva, e proprio nella direzione di una riappropriazione dei diritti, la porta ad un tentativo

di rifondazione dell‟immagine femminile, non più aderente alla figura di regina del focolare,

ma autonoma nella sua condizione di equiparazione giuridica all‟uomo, emancipata sia

rispetto a modelli naturalistici che rispetto a paradigmi determinati a priori.

La virata rispetto al quieto sonno di altre donne si ha in modo concreto negli anni

Trenta, viene marcata anche dalle discussioni e dalle frequentazioni di Stein con Gerda

11

Per un approfondimento della questione del „genere‟ nel post-moderno vd. J. LORBER, Sesso e genere, Milano,

1999. 12

Interessante e a tratti ingenuo di E. CADY STANTON, The Women’s Bible, 2 voll. New York, 1895-1897. 13

Il filo(sofare) di Arianna. Percorsi del pensiero femminile nel Novecento, (a cura di A. ALES BELLO F.BREZZI),

Milano, 2001, pp. 31-38; A. ALES BELLO, Sul femminile. Scritti di antropologia e religione, Troina, 2004; AA.

VV., Il diritto tra uguaglianza e differenza di genere, Torino, 2005, pp.143-161.

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Diritti umani e fenomenologia dello Stato in Edith Stein

5

Walther – altra allieva di Edmund Husserl14

– studiosa molto attiva, nella prima parte della

sua vita, nel movimento femminista e soprattutto fenomenologa dai molteplici interessi sia

politici che strettamente personali e religiosi diretti alla mistica15

. Queste frequentazioni

provocano un interesse tale in Stein da sollecitarla ad approfondire la dimensione femminile

sino ad affrontare la questione dei diritti delle donne, in direzione dei limiti dati a questi dalla

stessa o dalla sola condizione di essere-donna. Si muove su un filo che è sempre a metà tra la

sua attività di docente e quella di donna, tra il profilo strettamente scientifico dei suoi testi e

quello divulgativo. Non è inappropriato affermare che la discussione sul mondo femminile

deriva proprio dal suo ruolo e dalla funzione di docente che le impongono di scontrarsi, a un

certo punto, con una dimensione costituita da limiti a cominciare dal suo assistentato presso

Husserl a Friburgo, di fatto Stein viene esclusa dall‟attività di docenza, non vi sono elementi

chiarificatori in merito, ma certo è pesato – come non si è mancato di affermare – negli

ambienti accademici di quegli anni la sua condizione di donna ed ebrea.

2. Riprendendo l‟espressione steiniana del „diritto incentrato sul concetto di persona‟16

, ne

deriva che essa è inizio e fine – nel senso di fonte e rinvio – del diritto vigente, perché l‟atto di

promulgare le leggi rinvia istituzionalmente al soggetto-legislatore in quanto persona che

legifera nei confronti di altre persone. La persona del legislatore concentra su di sé diritti e

doveri che non appartengono alla sua mera funzione ma alla terzietà di legiferare – alla

statalità, radicata nella comunità spirituale.

La struttura dello Stato coinvolge il nucleo costituito dalla comunità di persone ed è

impegnata anche a che non ci siano ragioni per venir meno alla promessa che i soggetti si

sono scambiati. La persona17

– le persone – è la condizione imprescindibile per procedere da

un‟idea di diritto ad una sua reale istituzione e realizzazione attraverso la codificazione dello

ius positum.

Il concetto di persona non è legato a ragioni di nascita, alla fattualità, quindi a semplici

procedure di riproduzione, ma ad un rapporto considerato filiativo, infatti il vivere non si

identifica con l‟esistere della persona; nella sua accezione di persona, l‟uomo trascende la

propria natura biologica e la propria animalità per proporsi diversamente nell‟interpretazione

e nell‟elaborazione della storia esistita, del capitale simbolico e nell‟istituzione del diritto

attraverso la costituzione della comunità nelle sue forme storiche.

L‟idea della persona e della comunità nasce e viene coltivata nell‟opera di Edith Stein

grazie alle sua frequentazioni con gli studiosi del circolo dei fenomenologi e in virtù di sol-

14

Per un approfondimento della figura di G. Walther vd. A. ALES BELLO, Fenomenologia dell’essere umano.

Lineamenti di una filosofia al femminile, Roma, 1992, pp.67-70. pp.133-150. 15

La mistica è stata, per lungo tempo, un terreno fertile per le donne, perlomeno per l‟assimilazione profonda

della Scrittura, tra le mistiche è utile ricordare Teresa d‟Avila che una profonda influenza ebbe su Edith Stein.

Per il periodo risalente vd. Mistici del XIV secolo, (a cura di S. Simoni), Torino, 1972. 16

Vd. anche M. SCHELER, Il formalismo nell’etica e l’etica materiale dei valori, p. 637 «La persona collettiva o

associativa non si compone unicamente di persone singole, come se la loro somma costituisse il presupposto;

non è nemmeno la risultante d‟un mero rapporto d‟interazione tra persone singole, né è, sul pano soggettivo e

gnoseologico, il risultato d‟una sintesi operata grazie ad un‟arbitraria raccolta. Essa è una realtà direttamente

vissuta, non un‟entità artificiosa, pur essendo un punto di riferimento per ogni tipo di entità artificiali». Vd.

anche P. L. LANDSBERG, Persona, verità e agire storico, in ID., Scritti filosofici, Cinisello Balsamo, 2004, p. 387

e ss. 17

Per un approfondimento sull‟attualità del concetto di persona D. PARFIT, Ragioni e persone, Milano, 1989. Per

il concetto di persona in E. Stein vd. C. BETTINELLI, Identità di genere e cultura delle libertà in AA.VV., Vite

attive. Simone Weil, Edith Stein, Hannah Arendt, Roma, 1997, p. 44 e ss. Fondamentale il contributo di M.

THEUNISSEN, Der Andere, p. 431 e ss.

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Diritti umani e fenomenologia dello Stato in Edith Stein

6

lecitazioni speculativamente determinanti come quelle di Max Scheler18

. Alla base dello

sviluppo e dell‟istituzione del diritto e della comunità vi è il rapporto interpersonale

specificato dal riconoscimento degli esseri umani tra di loro in qualità di soggetti, il che

significa distacco ed emancipazione da un rapporto naturale biologico. Nel momento in cui

l‟uomo elabora la dimensione della forza, evidenzia la sua intenzionalità che lo differenzia

nelle caratteristiche di soggetto. È noto che l‟individuazione specifica della persona viene

fatta risalire a Boezio. In questa sede sembra inappropriato arrivare a definire una storia della

persona, però appare opportuno ricordare, ad esempio, la direzione dell‟opera di M. Buber –

la differenza, certo non implicita, tra persona intesa come tu e persona intesa come esso o

come si direbbe, al di fuori de Il principio dialogico, tra qualcosa e qualcuno19

.

Per la questione del giuridico e, quindi, della rappresentazione di esso attraverso le norme e

in linea con il metodo fenomenologico nasce la questione relativa alla fenomenologia della

persona. Le riflessioni di Edith Stein portano a considerare che l‟uomo esercita i propri diritti

proprio nella sua struttura di persona: diventa questo l‟assunto fondamentale nell‟orizzonte di

senso della genesi fenomenologica della comunità intersoggettiva empatica. Persona è dunque

un concetto che non viene usato da Stein in modo formale20

; persona è l‟ente che presuppone

una relazione: essere persona non significa essere unici ed irripetibili da soli, ma essere tali in

un ambito riconoscitivo reciproco (cum), attraverso l‟aspetto dell‟empatia, non lasciato al

sentire emozionale istintivo, ma regolato dalla genesi dell‟empatia che è la relazione di

riconoscimento.

Nella dimensione empatica, riconoscere l‟alterità significa considerarla in quanto

soggettività e quindi in quanto persona. La persona, nella sua struttura, ha tratti inequivocabili

che si differenziano da quelli degli animali o delle piante: l‟uomo può anche scegliere di

essere disumano, applicare la legge della violenza delle stragi ad altri uomini ed in questo

costituirsi come esempio negativo in nome di un‟ideologia, di una visione biologica, di una

politica calcolante. Tuttavia, solo l‟uomo è in grado di attualizzare e realizzare la propria

disumanità, ma anche di colpirla e sanzionarla attraverso la produzione di norme, nei

confronti dei suoi simili. Percepire la negatività come ingiustizia appartiene, infatti, solo

all‟uomo, perché solo questi „concependo‟ la giustizia può rispettarla o violarla; gli animali

non la „concepiscono‟ e dunque non hanno la possibilità di violarla.

La fenomenologia della persona sottolinea allora che l‟uomo non si identifica con nessun

altro fenomeno, così come nessun soggetto si identifica con ciò che è o appare essere. Ogni

uomo, come individuo, è una persona. „Persona‟ è innanzitutto chi vive emancipandosi dalla

condizione naturalistica del nascere, si tratta della persona che ha „coscienza‟, aspira, vuole,

sa, pretende, ha un‟attesa di senso. Questa è una possibilità definitoria che implica alcune

distinzioni. Innanzitutto, la persona non è tale in quanto persona ma, secondo l‟idea della

comunità ascrivibile a Stein, in quanto pluralità di persone, infatti la relazione con l‟altro è

uno degli elementi costitutivi della persona stessa. Nell‟ambito della comunità l‟uomo –

proprio nel suo essere persona – è parte di un tutto, di un idem sentire (che equivale a dire:

guardare nella stessa direzione) definito da Edith Stein „comunità‟ (Gemeinschaft), quindi è

nella libera decisione dell‟uomo, in quanto persona, riconoscere o disconoscere i suoi simili.

18

M. SCHELER, L’eterno nell’uomo, p. 180; E. Husserl, L’idea di Europa, Milano, 1999, p.65. 19

La specificazione è di R. SPAEMANN, Persone, Roma-Bari, 2005, p. 31 e p. 40: «Persona è qualcuno, non

qualcosa, non la pura istantaneizzazione di un‟essenza, indifferente a questa sua istantaneizzazione»; vd. anche

M. BUBER, Il principio dialogico e altri saggi, Cinisello Balsamo, 1993, p. 85 e ss. C. FABRO, L’io e l’esistenza,

p. 111 e ss. 20

Le sue letture di Heidegger portano a ricordare che solo „l‟uomo è formatore di mondo‟.

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Diritti umani e fenomenologia dello Stato in Edith Stein

7

A sua volta, il mondo della persona è costituito da istituzioni, situazioni, decisioni e atti

ascrivibili al diritto, alla morale, all‟empatia, al dolore, al ricordo, al perdono. Quanto al

diritto, solo nella persona l‟ingiustizia può essere equiparata ad una scelta, quindi commettere

un atto ingiusto appartiene alla persona in quanto capace di esteriorizzare la propria interiorità

quindi fare esperienza di sé, trascendendosi, così come la stessa ingiustizia fa parte del vasto

campo delle scelte. La persona ha una vita cosciente che si manifesta attraverso l‟intenzionalità

che rappresenta la struttura21

. Non la memoria biologica, ma il ricordo costituisce la concretiz-

zazione della temporalità22

, esso si riallaccia al passato e lo unisce al presente che rappresenta,

nella sua dinamicità, una delle possibilità dell‟atto empatico e quindi della possibilità del

pentimento.

Ne deriva allora che solo l‟uomo è capace di trascendenza, di riflessione e di

autoriflessione, di prendere posizione rispetto al suo ambiente e quindi di avere coscienza

della propria nascita e della propria morte, di trascendere il diritto positivo (legale) per

impegnarsi in una lotta per il giusto23

. Il che significa ancora una volta riflettere sulla

questione della temporalità che diventa un movimento esistenziale tra dentro e fuori, tra

interiorità ed esteriorità. Il tempo per la persona non è un mero accadimento cronologico, ma

è teso a rendere storico il vissuto dell‟uomo quindi ad attribuire un senso al vivere.

Allora, dire della persona significa esprimersi sulla personalità, sulla libertà, sulla re-

sponsabilità, sul diritto. Questo porta Stein a discutere, nell‟ambito della sua fenomenologia,

della formazione dello Stato, della personalità di uno Stato costituito da una struttura

composita di persone. Le persone in comunità rappresentano l‟astrazione di una personalità in

un determinato spazio e tempo. Ciò che le persone hanno in comune non è solo il fatto di

essere uomini, ma quello di occupare uno spazio condiviso che diventa uno spazio reale e non

generico. La realtà giuridica appartiene al modo di essere della persona che esiste, esercita la

sua libertà e che riconosce gli altri posti su un terreno comune che è quello della

communicatio, in quanto comunità situata in un tempo culturale ed in uno spazio politico. La

personalità ha pertanto una sua struttura che è principalmente una struttura di reciprocità nel

riconoscimento24

e nell‟ascolto attraverso l‟empatia, rinunciando a trattare l‟altro come

coralità senza volto; la comunità implica proprio questo abbandono e il riconoscimento

dell‟alterità come reale e non virtuale o come finzione di una realtà rappresentata dall‟altro. In

essa transitano i contenuti di un linguaggio che, in seno alla comunità, si va facendo

„discorso‟ nello spazio della spiritualità che sorprende sempre in virtù della sua non

calcolabilità, fa palesare nell‟altro una sorta di meraviglia e di stupore dove la persona avverte

di poter esercitare la libertà nel rapporto con l‟altro misurato dalla responsabilità. Allo stesso

tempo il linguaggio plurivoco delle parole si concede all‟altro in uno spazio ermeneutico che

rinvia all‟incondizionatezza del diritto puro.

Le relazioni intersoggettive, in quanto relazioni di riconoscimento, sono dirette a percepire

l‟altro come persona, uomo, soggetto, essere, quindi come portatore di diritti e di doveri, ed è

proprio la circolarità intersoggettiva – ma non la chiusura – del riconoscimento come persone

21

E. HUSSERL, Idee, p. 205 e ss. «La corrente dei vissuti è un‟unità infinita, e la forma della corrente è una

forma che necessariamente abbraccia tutti i vissuti di un io puro – una forma con diversi sistemi di forme». In

seguito enuncia la legge essenziale «secondo cui ogni vissuto fa parte di una connessione di vissuti

essenzialmente in sé conclusa, non soltanto dal punto di vista della successione temporale, ma anche da quello

della simultaneità». 22

E. HUSSERL, Meditazioni cartesiane, p. 100. 23

K. JASPERS, Filosofia, II, in part. le situazioni-limite. 24

In part. cfr. B. ROMANO, Riconoscimento e diritto. Interpretazione della filosofia dello spirito jenese (1805-

1806) di Hegel, Roma, 1975. Per ulteriori ricerche M. THEUNISSEN, Der Andere, p. 209 e ss.

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Diritti umani e fenomenologia dello Stato in Edith Stein

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che costituisce la base per la reciprocità universale ed incondizionata, attraverso l‟istituzione

dell‟ordinamento giuridico.

3. Tra gli elementi costitutivi dello Stato, Stein attribuisce una rilevanza fondamentale al

concetto di cultura che nel diritto prefigura e avvia la ormai nota differenza tra diritto positivo

e diritto puro. Lungo le coordinate dell‟analisi fenomenologica del diritto la nozione di cultura

trova un suo riscontro nel concetto più diffuso di popolo, e di comunità spirituale da non

confondere con il Volksgeist25

; la motivazione differenziale è data proprio dal fatto che lo

statuto di Gemeinschaft muove dall‟a priori derivante dalla coesistenza interpersonale che,

come si sa, è costituita dal riconoscimento a statuto empatico. Lo studio della pluralità delle

forme di associazione serve a Stein proprio per dimostrare come l‟unità spirituale non si

ravvisa nell‟omologazione o nell‟uniformità delle culture, né in particolari forme di ag-

gregazione transitorie; al contrario, la pluralità e la differenziazione culturale sono da

considerare in condizioni di parità, senza nessun bisogno di concretizzare una procedura

gerarchizzante che veda alcune produzioni culturali egemoni rispetto ad altre. Deriva proprio

da questa riflessione, ritagliata sui profili fenomenologici a statuto esistenziale, la necessità di

indagare, da ora in avanti, in modo capillare i concetti di cultura e di Stato di diritto,

collegandoli a quello di spiritualità.

In realtà, discutere di spiritualità equivale a porre in primo piano la questione della

personalità comunitaria di un popolo, per l‟evoluzione creativa dello Stato di diritto, che

risiede nel suo carattere di interpersonalità empatica. Di conseguenza, alcune considerazioni

peculiari che permettono di delimitare l‟ambito di riflessione e offrire una pluralità di

precisazioni e di questioni speculative devono necessariamente avere ad oggetto il fenomeno

diritto, scandagliato attraverso lo strumentario concettuale empatico, poiché disciplina le

relazioni interpersonali e detta la sua indefinibilità attraverso il rinvio alla spiritualità, alla

dimensione del diritto puro, misura del diritto positivo.

Sotto il profilo fenomenologico, marcare l‟importanza dello Stato di diritto significa

approfondire proprio la questione inerente il riconoscimento dei diritti incondizionati risalenti

al diritto puro. Infatti, il riconoscimento a statuto empatico non si riferisce solo alle relazioni

interpersonali; discutere di „riconoscimento‟ significa assumere una posizione critica nei

confronti di certa produzione normativa statale diretta ad affermare il legalismo come rinvio

permanente ed autoreferenziale. Quindi, uno Stato interessato ad operazioni legaliste a stampo

totalitario otterrà, da parte di altri Stati, un riconoscimento meramente costatativo (è il caso ad

esempio delle situazioni di Stati in cui sono negati i cosiddetti diritti elementari: diritto

all‟esistenza, diritto alla salute, diritto alla parola…); in questo modo, uno Stato si limiterà a

recepire e costatare l‟esistenza e l‟apparato di un altro Stato che nega al suo interno i diritti

fondamentali, al contrario di quando uno Stato esercita le sue funzioni „giuridiche‟ ritenendo

che, nell‟area delle relazioni internazionali, l‟altro Stato è costitutivo per la garanzia dei diritti

fondamentali a carattere internazionale. Il „precipitato‟ spirituale di cui qui si discute è il plus

residuale che permette di porre in opera quella lotta portatrice di eccezione – secondo il

lessico jaspersiano – e quindi in linea con la possibilità di ribellarsi ad un regime ingiusto. Il

precipitato spirituale ha, inoltre, valore oggettivo per il diritto positivo solo attraverso il rinvio

al diritto puro, ecco perché correlato al concetto di spiritualità vi è quello di personalità che

indica qualcosa di diverso dalla semplice collaborazione per la produzione della cultura ed

25

Gemeingeist è la definizione di H. HENKEL, Die Einführung in die Rechtsphilosophie, p. 183 «Die

Rechtsbildung hat demgegenüber ihren Quellgrund nicht im personalen Geist eines Einzelnen oder einer

Mehrzahl von Menschen, sondern im Gemeingeist der Sozietät, fuer die das Recht gesetzt wird».

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Diritti umani e fenomenologia dello Stato in Edith Stein

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esige, anzi, un sempre maggiore sviluppo delle capacità in relazione alla differenziazione dei

singoli gruppi di individui, rispetto alla loro partecipazione alla comunità giuridica, quella

comunità che si dà una regola innanzitutto attraverso il logos dal quale discende il nomos e

che è il luogo dello spirito.

Da un lato, l‟individuo non è in una posizione isolata, ma è situato all‟interno di una

comunità (di popolo) nella quale attualizza le sue relazioni intersoggettive, quindi le due

posizioni – isolamento e comunità – influenzano in maniera determinante lo sviluppo del

singolo. Dall‟altro, la figura dello Stato necessita, per dare forma al suo apparato, di una serie

di sostenitori, ma i membri che si trovano a far parte della comunità non sono posti dinanzi ad

essa come se si trattasse di un oggetto estraneo, al contrario, la loro partecipazione non è un

evento occasionale, ma esistenziale. Questo significa che lo Stato di diritto lascia ai suoi

sostenitori (=persone) la libertà, non assorbita o gestita in modo hobbesiano dalla struttura

statale in virtù di una prassi totalitaria26

. È infatti importante per lo Stato che ciascuno dei suoi

individui viva nella qualità di persona, avendo sempre come orizzonte di riferimento la

statualità giuridica, quindi in questo caso diventa considerevole non solo la condotta di coloro

che sono al servizio dello Stato, ma in generale delle persone che si realizzano nel loro „essere

in comunità giuridica‟. Lo Stato di diritto è, secondo la prospettiva fenomenologica di Stein,

quello Stato che fa risiedere la sua genesi nella comunità spirituale formata da relazioni

interpersonali a statuto empatico. Il che indica la non funzionalità della relazione ma il

riferimento costante al „tu‟ della coppia di Buber io-tu. Sotto un profilo puramente formale, la

garanzia che lo Stato esista è proporzionale al numero di individui che lo formano stando

appunto al suo servizio; nella prassi può verificarsi anche l‟ipotesi che alcuni individui siano

al servizio dello Stato, rivestendo così una funzione pubblica, senza peraltro essere sostenitori

dello Stato in senso stretto, ma questa è una configurazione formale con la quale non può

essere identificata l‟ipotesi dello Stato di diritto analizzato e descritto nella ricerca di Stein.

Dalle dottrine platonica ed aristotelica derivano le personalità che incarnano, di volta in

volta, il potere dominante e che trovano possibilità di manifestazione nello Stato, e che

offrono a Stein uno scenario opposto a quello prefigurato dalla sua fenomenologia. La

questione della formazione dell‟uomo risiede innanzitutto in se stesso. Prendendo le distanze

in modo critico da un‟ipotesi di sovranità assoluta, Stein sottolinea come in essa si alimenti la

speciosa indifferenza nei confronti di ogni singola identità e delle sue responsabilità, quindi

ogni uomo sente di potere, in alcuni casi, consegnare la propria responsabilità, e

conseguentemente la libertà, al sovrano; si tratta di una delega pressoché totale, nonché di un

processo di deresponsabilizzazione che lo trasforma in un funzionale centro di imputazione. Il

rapporto che Stein descrive attraverso il metodo fenomenologico è teso a dimostrare, invece,

la connessione esistente tra colui che detiene il potere e la struttura statale che, mediante

questo, viene rappresentata in direzione del diritto puro e del riconoscimento empatico, fulcro

del rapporto interpersonale e attualizzazione della comunità spirituale. Nel rinvio del diritto

positivo al diritto puro, la responsabilità è misurata dal diritto e quindi dall‟imputabilità.

3. Una volta costituitosi per effetto della realizzazione di forme storiche che si originano dalla

comunità spirituale, lo Stato assume la responsabilità pubblica nonché la funzione di governo:

il governo rappresenta oltre all‟organo anche l‟attività più importante dell‟apparato statale,

poiché a questo suo compito di direzione appartiene l‟organizzazione – sia interna che esterna

– dell‟attività statale, la legislazione, intesa come produzione normativa, che avviene sempre

con rinvio al diritto puro, ed esecuzione. La questione del governo è completamente vincolata

26

La discussione sui concetti di sapere totale/sapere parziale è affrontata da B. ROMANO, Filosofia del diritto,

pp. 90-93; C. FABRO, L’io e l’esistenza, p. 79 e ss.

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Diritti umani e fenomenologia dello Stato in Edith Stein

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alla realtà giuridica, espressione che apre la via a numerose interpretazioni: Stein descrive la

differenza tra entità giuridiche «che derivano da aventi efficacia giuridica (come un diritto

soggettivo, una obbligazione, un contratto) e nella “validità” del diritto positivo»27

. Ritiene,

peraltro, che proprio questa “peculiarità” vada differenziata dagli a priori dai quali promana e

dagli atti effettuati sulla base del diritto vigente.

Va da sé che la questione dell‟organizzazione statale pone il problema della realtà giuridica

che si può risolvere soltanto tenendo presente costantemente il rapporto che essa ha con la

persona giuridica28

nel rinvio al diritto puro e quindi ai diritti incondizionati. Si presentano

due poli – realtà giuridica e persona giuridica. Gli interlocutori, di fronte ai quali Stein si pone

in modo critico, sono Gerber e Bernatzik29

. Da questi avvia la critica fenomenologica ad una

realtà giuridica che si potrebbe presentare unicamente come realtà posita.

Alla base dell‟effettivo significato di diritto vigente vi è l‟atto di volontà, in effetti con

l‟espressione «volere determinato giuridicamente» si intendono una serie di atti determinati

giuridicamente – e quindi normativamente – dal diritto positivo30

. L‟argomento introduce e

discute anche la circostanza che la sovranità dello Stato preveda alcune autolimitazioni

derivanti dal diritto puro, che lo Stato si dà in relazione alle legislazioni passate, diversamente

ad esempio dal caso di uno Stato a statuto monarchico.

In linea con le critiche rivolte alle considerazioni di Gerber e Bernatzik, in una parte

dell‟opera sullo Stato titolata L’entità statale concreta nella sua dipendenza da fattori diversi

dalla struttura dello Stato, Stein, a proposito dell‟essenza dello Stato, mette in luce alcune

dottrine su di esso, a partire da una posizione critica che essa stessa assume nei confronti delle

argomentazioni di Jellinek31

. Si tratta di una pars destruens perché illumina la situazione

relativa ad una serie di tesi che, divergendo dalla posizione dell‟autore di Teoria generale

dello Stato, diventa critica soprattutto quando quest‟ultimo afferma: «Lo Stato è una

moltitudine di uomini stanziati su una parte limitata della superficie terrestre, dotati del potere

di esercitare un‟autorità, per mezzo del quale sono vincolati»32

. La contrapposizione è netta e

radicale soprattutto laddove vede esplicitata l‟assenza di differenze tra limitazioni di principio

e rapporti di dipendenza fattuale. Proprio a partire dalla definizione di Stato, l‟analisi è tale da

dover essere sezionata sino ad arrivare alle radici fenomenologiche della questione dello Stato

di diritto e mettere così in discussione le espressioni potere di esercitare l’autorità,

moltitudine di uomini e parte della superficie terrestre:

potere di esercitare l’autorità: si tratta di un elemento costitutivo-formale perché uno Stato

esista, altrimenti è difficile stabilire la sua genesi;

27

Una ricerca sullo Stato, p. 74. 28

Qui con „persona giuridica‟ si intende il soggetto di diritto e non come indica un‟entità. A tal proposito vd.

Dictionnaire de la culture juridique, Paris, 2003 alle voci Personne e Sujet de droit. Incisive le parole di A.

KAUFMANN, Grundprobleme der Rechtsphilosophie, München, 1994, pp. 92-93 «Rechtssubjekte ist, wer Rechte

und Pflichten haben kann. Das ist zum einen a) der Mensch, die « natürliche Person » (§1 BGB). Rechtfähigkeit

haben zum andern auch die sogennanten « juristische Personen ». b) Die Erklärung der Rechtsfähigkeit der

juristischen Person hat der Rechtstheorie schon seit langem Schwierigkeiten bereitet … » ; H. HENKEL, Die

Einführung in die Rechtsphilosophie, p. 263 e ss. « Nur der Mensch als das durch seine Normen ansprechbare

Wesen ist Rechtsubjekt… ». 29

Vd. supra. 30

Idem, p. 75. 31

G. PERRONE, Edith Stein, Una ricerca sullo Stato, “Idee”, 24, 1993, pp.173-176. 32

Una ricerca sullo Stato, citaz. di Stein, p. 103; G. JELLINEK, La dottrina generale del diritto dello Stato, p. 11

e ss.

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moltitudine di uomini: l‟identità tra lo Stato e una moltitudine di uomini è piuttosto ambigua.

Non si tratta di uomini, ma di persone che, secondo Stein, non assolvono ad un processo

identificativo con lo Stato che rappresenta solo una delle forme storiche della comunità

spirituale; lo Stato può nascere, inoltre, anche da associazioni preformate e assumere forme

diverse rispetto alla struttura statale;

la parte di superficie terrestre è, in Jellinek, una parte costitutiva ulteriore che diventa motivo

di discussione per poter cominciare a riflettere sulla fondazione naturale dello Stato33

e che

Stein rifiuta con l‟argomentazione della questione dei popoli nomadi.

La categoria della sovranità non può essere discussa che a partire dai due versanti della

fenomenologia, vale a dire il versante formale e quello sostanziale. L‟applicazione del metodo

fenomenologico-formale induce a considerare la sovranità una specie di evento necessario,

funzionale, calcolato con il fine di organizzare l‟apparato statale in una forma che risponda a

tutti i canoni della legalità. Come dimostra nella sua ricerca, Stein non ritiene sufficiente

soffermarsi ad un aspetto meramente formale, anche se questo versante risulta indubbiamente

necessario e serve peraltro ad applicare la riduzione fenomenologica in direzione

dell‟aspettativa della Wesen, tanto più se la sedimentazione del diritto diventa un pretesto di

rinvio costante al diritto puro. Ne deriva allora che da un punto di vista fenomenologico-

formale, la categoria della sovranità ha un lato esterno ed uno interno. Sotto il profilo del lato

esterno la situazione si concretizza nella relazione con gli altri Stati. Per il profilo interno si

presenta la figura della sovranità, articolata in vari modi e con ripercussioni sul lato esterno.

La questione dei rapporti dello Stato mette in luce alcuni assetti e formazioni diretti a mettere

in crisi il concetto di sovranità, ravvisabili ad esempio nell‟alleanza tra più Stati diretta alla

formazione di un impero. Il percorso fenomenologico tracciato da Stein nella ricerca sulle

componenti essenziali della struttura statale si avvale del contributo di classici del pensiero

giuridico quali Pufendorf al quale ricorre nel momento in cui si ritrova ad analizzare un‟entità

come quella dell‟impero: “incredibile quoddam et monstro simile”, è l‟espressione con la

quale questi declina l‟enormità dell‟impero tedesco. La mostruosità è un input a disdire

l‟accordo metaforico perché solo con la rottura può nascere «un potere statale “normalmente”

formato, cioè l‟impero non più legato a una determinata struttura, oppure potrebbero

ristabilirsi gli Stati originari»34

.

Nel caso dell‟impero la sovranità dei singoli Stati viene demandata ad un‟entità che li

ingloba tutti. A questo proposito Stein porta i suoi argomenti sulla formazione dell‟impero, in

particolare di quello tedesco, e dell‟organizzazione dei suoi Stati membri; se nessuno può

cambiare in modo unilaterale le funzioni stabilite, allora non esiste uno Stato sovrano.

Se ne deduce che la formazione dell‟impero è possibile laddove gli Stati abdichino in parte

alle loro funzioni in favore di una struttura più grande rappresentata dall‟impero. Si può

discutere di rinuncia della sovranità da parte dello Stato nel momento in cui il potere di uno

Stato «è limitato da una volontà diversa da quello dello Stato stesso»35

; formalmente uno

Stato permane nella sua sovranità nel momento in cui non dipende da nessun altra entità,

poiché la fine di alcune funzioni impegnative da parte di uno Stato significa la sua morte

cessando così «di esistere come Stato»36

. D‟altra parte anche in questo caso l‟esercizio del

potere deve realizzarsi con il contributo di una ricerca essenziale, non può costituire un centro

di fuga per se stesso e quindi riferirsi sempre a sé in una condizione autologica e tautologica

33

Una ricerca sullo Stato, p. 119. 34

Id., p. 30. 35

Id., p. 27. 36

Id., p. 28.

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Diritti umani e fenomenologia dello Stato in Edith Stein

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destinata a diventare autopoietica. L‟essenza del potere consiste nel rinvio alla dimensione

empatica del riconoscimento dell‟alterità in quanto persona. Hitler esercitò un tipo di potere

non certo „essenziale‟!

L‟intensità delle riflessioni sul diritto e sullo Stato di diritto, come derivato storico della

comunità spirituale, porta Stein ad una celebrazione del metodo inaugurato dai suoi maestri,

quindi ad approfondire il concetto di sovranità nella direzione specifica della giuridicità e

della comunità alla luce di un concetto di fenomenologia che muove dall‟esistenza, quindi

anche ad un concetto specifico di diritto che, proprio per la vicinanza a Reinach, procede da

un‟ontofenomenologia dello Stato diretta a manifestare la differenza tra una valutazione onto-

fenomenologica del concetto di Stato37

, una fenomenologia38

e una genesi dello Stato radicate

nella differenza tra diritto puro e diritto positivo.

Sia alla base della costituzione dello Stato che dello Stato di diritto è sotteso un atto di

volontà. Questo atto del volere è considerato secondo la modalità psichica, quindi è

considerato in senso più proprio una realtà psichica39

che avvicina alla produzione di atti

liberi diretti a costituire o uno Stato semplicemente legalitario o, al contrario, uno Stato di

diritto che armonizzi la dimensione del diritto positivo con gli a priori del diritto puro.

Il volto opposto al riconoscimento dello Stato è configurato in un suo dissolvimento,

questo significa che possono essere messe in atto alcune procedure per condurlo alla

dissoluzione o al fallimento. Ma anche la rovina di uno Stato e la successiva costituzione di

un altro non sono ancora argomenti sufficienti per discutere di „Stato di diritto‟. Formalmente

i concetti di sovranità e statalità si rincorrono per giustificare se stessi rispetto ad un apparato

pubblico, ma le radici critiche fenomenologiche riemergono nella considerazione sempre

presente sull‟analogia tra persona-personalità-sovranità e nel rinvio ad una sfera non

contingente che nell'opera Una ricerca sullo Stato è definita „diritto puro‟ dal quale

discendono diritti non negoziabili come il diritto primo alla parola.

Nella sintesi della complessa struttura statale e delle sue componenti peculiari, va

considerata la soggettività giuridica come a priori relazionale nell‟ambito dell‟idea di

comunità spirituale; a prescindere dal diritto vigente, il soggetto è capace di atti, l‟uomo, in

quanto tale, è titolare di diritti incondizionati, le forme storiche del diritto – diritto vigente –

sono date dalla legalità, quindi dalla produzione normativa (asse essenziale) che rinvia al

diritto puro. La persona, il soggetto di diritto, proprio attraverso il diritto ha una sua dignità,

37

Cfr. S. COTTA, Il diritto nell’esistenza. Linee di un’ontofenomenologia del diritto, Milano, 1991; La metafora

e lo Stato, p. XLIX. 38

Tra l‟altro bisogna precisare che anche il concetto di causalità e in particolare quello di causalità psichica è

possibile sul terreno fenomenologico ed è ciò che Stein riprende da Husserl, affermando che la legge causale che

si impone non è quella della ricerca scientifica delle scienze esatte, ma quella definita della appercezione.

«Chiamiamo causalità … il fatto che nella natura ogni processo è causato all‟interno di un contesto globale, che

ogni cambiamento ha una “causa” e che non si autoproduca, senza provocare altri “effetti”», Introduzione, p. 59.

«Il compito della fenomenologia pura è quello di esaminare, secondo la loro essenza, l‟io puro, la vita

originaria di coscienza e le unità dei vissuti». Introduzione alla filosofia, p. 150; c‟è da aggiungere che vi è una

definizione abbastanza rilevante di purezza dell‟io Stein stessa scrive «L‟io che non necessita di alcuna

condizione materiale per delimitarsi rispetto agli altri nel suo essere io, è quello che chiamiamo Io puro. Da esso

sgorga continuamente la vita della coscienza attuale che, spostandosi nel passato, diventa “vita vissuta” e si

chiude nell‟unità del flusso di coscienza costituita» Psicologia e scienze dello spirito, p. 162. J.-P. SARTRE,

L’essere e il nulla, Milano, 2002, p. 14 e ss. 39

Bisogna ricordare anche la critica che Stein rivolge al concetto di psichico più volte travisato con il concetto di

coscienza, naturalmente cita anche le opere di Brentano, Psicologia e scienze dello spirito, p. 41. «Il fenomeno

della coscienza che trascende se stessa è il nucleo della disciplina che abbiamo indicato come critica della

ragione… non si può analizzare la coscienza senza prendere in esame gli oggetti ai quali si dirige …».

Introduzione alla filosofia, p. 40-41;

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Diritti umani e fenomenologia dello Stato in Edith Stein

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entrando nella dimensione oggettiva del diritto le si può attribuire quindi una particolare

“realtà giuridica” che acquista una sua precisa configurazione all‟interno dello Stato di diritto

e mette in atto relazioni interpersonali basate sul riconoscimento (giustizia) dell‟alterità.

Le riflessioni proposte sino a questo punto sono tese a riconsiderare il versante

fenomenologico-formale dello Stato nella sua versione di Stato di diritto, il che significa di

uno Stato misurato – nella sua veste legalitaria – dal diritto puro che guadagna una sua

fattualità nella qualità delle relazioni interpersonali. La questione della qualità dei rapporti

investe le relazioni tra Stati e proprio secondo questa analisi va considerato l‟istituto della

rappresentanza. Essa non può andare al di là di atti che non siano di specifica pertinenza dello

Stato quindi di atti che esulino dalla competenza statale. Un esempio chiarificatore già

richiamato è quello del perdono a un criminale in nome dello Stato che Stein considera un atto

insensato, mentre l‟altra versione del perdono e cioè la concessione di amnistie rappresenta in

sé un atto ragionevole.

4. Alla luce di queste analisi è chiaro che non si può omettere la lettura dell‟atto sociale

dell‟empatia in chiave fenomenologica. In una prospettiva fenomenologico-formale l‟atto è

declinabile in modo diverso rispetto ad una qualificazione esistenziale della relazione.

L‟empatia, o entropatia40

, costituisce l‟asse essenziale della struttura statale poiché alla base

vi è il concetto di idem sentire della comunità. Nella prassi reale fenomenologica, empatia

significa entrare in contatto con l‟alterità, in una parola riconoscerla.

Prima di addentrasi nella complessità dell‟atto empatico, occorre precisare che l‟opera di

Edith Stein sull‟empatia è divisa in quattro parti: la prima – un‟analisi storica – non viene

pubblicata; la seconda parte la dedica all‟essenza degli atti empatici; nella terza prende in

analisi l‟egoità pura, la descrizione della fisicità sino al raggiungimento dell‟alterità; infine, la

quarta parte, titolata L’empatia come comprensione delle persone spirituali, comprende, tra

l‟altro, un confronto scientifico tra un‟empatia intesa come premessa biologica e un‟empatia

concepita come atto differenziante tra un mondo ritagliato su un naturalismo scientifico e uno

costituito dalla scelta del soggetto empatico. Essenza, genesi e concretizzazione dell‟atto

empatico costituiscono il materiale per la costruzione di uno Stato di diritto che ha il suo

implicito riferimento al diritto puro. Infatti, il lavoro sulla questione dell‟empatia è elaborato

secondo alcune linee essenziali che organizzano un vero e proprio progetto fenomenologico41

,

in direzione dell‟intersoggettività nell‟ambito della comunità giuridica.

Il soggetto di cui discute Edith Stein è il soggetto spirituale, il nucleo di tale soggetto

risiede nelle scienze dello spirito «gli atti dello spirito sono subordinati alle legalità razionale

generale»42

, affermazione interessante che significa in realtà che la legalità razionale va

distinta da quella eidetica, da questo discende la motivazione dei propri atti, il soggetto

steiniano non vuole qualcosa che non sia un valore positivo, a fronte di questo è necessario

sottolineare come vi siano nel soggetto anche comportamenti irrazionali per cui si parla di

40

A. ALES BELLO, L’universo nella coscienza, Pisa, 2003, p. 115 e ss. Si veda anche la n. 3 a p. 117 a proposito

della scelta del termine entropatia invece di empatia. Vd. soprattutto M. THEUNISSEN, Der Andere, pp. 207-208

«Der Andere kann nicht mein Objekt sein, weil er gleichsam das Forum ist, vor dem ich meiner gewahr werde,

oder das Tribunal, vor das ich mich gezogen fuehle. Er ist das Licht, in dem ich mich sehe, aber gerade darum

keiner, den ich selber sehe». 41

Scienza di fenomeni la definisce E. HUSSERL, Idee, p.3 laddove fenomeno entra come qualcosa di modificato

rispetto alla sua specificazione tradizionale. A proposito dell‟intersoggettività M. THEUNISSEN, Der Andere, p.

79 e ss. 42

Il problema dell’empatia, p. 202

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Diritti umani e fenomenologia dello Stato in Edith Stein

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persone irrazionali. In questo caso le persone adottano comportamenti che vanno fuori dalle

leggi della ragione, il soggetto spirituale è sottoposto alle leggi della ragione.

Per la costituzione del soggetto Stein parte da una tesi sostenuta a lungo nella tradizione

psicologica, ossia che l‟io «si costituisce attraverso i sentimenti» e per argomentare su questo

cita Oesterreich e Natorp43

. Da questo io parte per provare alcune tesi. Sensazioni e sentimenti

è la prima distinzione della psicologia tradizionale. Con i primi si intende una direzione

esterna che arriva alle cose, con i secondi si intende qualcosa di diretto all‟io. Un soggetto

vive di entrambi gli atti: l‟oggettività, ma anche lo sguardo riflettente sulla soggettività,

quindi un conto è il „sentire‟ un altro il sentimento. Il soggetto sente la necessità della

soggettività e dell‟oggettività; è dotato di un carattere, la cui definizione è fondamentale per

comprendere appieno l‟impianto speculativo della persona. «Il carattere di una persona,

tuttavia – benché ognuno si possa annoverare all‟interno di un certo tipo –, non si esaurisce

nell‟essere una parte smembrata del tipo, piuttosto nella sua totalità, mostra una “nota

individuale”, come nella qualità e nei vissuti singoli»44

; la citazione è utile per affermare la

mancanza di un concetto di frammentarizzazione nell‟opera di Edith Stein a proposito della

definizione di soggetto, il che vuol dire che la struttura unitaria del soggetto gli impedisce di

potersi considerare „parte smembrata‟ ma solo „nota individuale‟ determinata dal fatto che

ogni egoità ha una propria ambientazione e realizza alcune sue ambizioni in modo del tutto

differente da ogni altro vissuto.

L‟uomo, nella sua dimensione sia fisica che psichica, prende atto delle situazioni in cui

vive ma «ogni presa d‟atto è presa d‟atto di qualcosa» poiché si dirige ad un‟oggettività, ogni

uomo dirige il suo sguardo, il suo pensiero, in una parola la sua attenzione all‟oggetto,

incontrandolo come «dotato di un determinato patrimonio di senso»45

, è qui che Stein

manifesta appieno che il metodo fenomenologico applicato è diretto indubbiamente alla

Sache, ma al contempo questa cosa osservata e sottoposta ad un‟attenzione analitica porta a

considerare che l‟uomo muove da se stesso presso un altro se stesso, in quanto Sache. A

questo punto è possibile discutere di un «nucleo della personalità», vale a dire il nocciolo duro

dell‟uomo è «ciò che si dispiega nello sviluppo psicofisico della persona empirica rendendola

una persona unitaria con qualità individuali», facendone un soggetto diverso dall‟alterità che

incontra empaticamente come oggettività pur accomunato dalla medesima struttura che

impone l‟esercizio del principio di uguaglianza. Questo nocciolo duro è costituito dalla fisicità

della corporeità e dalla struttura psichica «physis e psiche, sono patrimonio dell‟io, sono la

sua prima sfera di potere», ma la struttura della persona sembrerebbe proporsi come una serie

di strati per cui si può affermare che «oltre alle qualità e agli stati che emergono dal nucleo

della persona, ne mostrano anche altre che non appartengono allo stato d‟essere che si fonda

nel nucleo, piuttosto si presentano unite concretamente con questo stato ed offrono, sotto un

certo punto di vista, una condizione della sua esistenza»46

.

Si riconoscono le spinte idealistiche: l‟intersoggettività fichtiana nel lavoro di

strutturazione dell‟ego implica la questione dell‟empatia47

che impone un processo di

riconoscimento dell‟altro in una dimensione diversa dalla cosalità e dall‟animalità; l‟Erlebnis

vissuta dall‟altro è pienamente riconosciuta dal soggetto anche se non in modo originario. Nel

43

Il problema dell’empatia, p. 204. 44

Introduzione alla filosofia, p. 179; Potenza e atto, p. 195 e ss. 45

Introduzione, p. 119. 46

Introduzione, p. 191-192; la struttura psicofisica non è presente in modo singolo, ma nella comunità poiché

l‟uomo vive coesistendo nella comunità. 47

Cfr. A. PUNZI, L’intersoggettività originaria. La fondazione filosofica del diritto nel primo Fichte, Torino,

2000.

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Diritti umani e fenomenologia dello Stato in Edith Stein

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discutere dell‟empatia, Stein è legata all‟esempio della gioia, in ogni caso è bene far leva su

una pluralità di atteggiamenti dello spirito che vanno dal dolore alla gioia passando per altri

stati d‟animo e situazioni. Qualunque sia lo stato d„animo – sentimenti di ingiustizia, gioia,

sofferenza, dolore, passione, ansia, paura – il soggetto non entra nel flusso dell‟altro, ma

rimane se stesso pur comprendendo il sentire dell‟altro. Questo idem/cum sentire è lo stesso

moto che si ritrova nel processo di formazione della comunità, anzi è ciò che spinge a

costituirsi in modo comunitario, il tu, l‟altra persona48

, è la spiritualità che si eleva da una

dinamica comunitaria.

In questa prospettiva, l‟empatia diventa la condizione ontofenomenologica del diritto49

,

«un atto che è originario in quanto vissuto presente, mentre è non-originario per il suo

contenuto. E tale contenuto è un vissuto che come tale può attuarsi in molteplici modi, come

avviene nella forma del ricordo, dell‟attesa, della fantasia»50

. Lo stato d‟animo che un

individuo trasmette non è un oggetto in quanto la trasmissione richiede che si stia vicini al

soggetto che quello stato d‟animo vive e non al suo oggetto. Stein individua allora tre gradi di

empatia: “emersione del vissuto”, “sua esplicitazione riempiente”, “oggettivazione

comprensiva del vissuto esplicitato” e tiene a specificare che «nel primo e nel terzo grado

l‟atto di presentificazione corrisponde in modo non-originario alla percezione non-originaria,

mentre nel secondo grado esso corrisponde in modo pure non-originario all‟attuazione del

vissuto»51

. I due soggetti – Soggetto del vissuto empatizzato e soggetto che compie l‟atto di

empatia – sono separati; l‟empatia rappresenta quel movimento per cui il soggetto non vive un

sentimento originario, ma un sentimento non-originario che si annuncia nell‟esperienza del

soggetto: «noi perveniamo per mezzo dell’empatia ad una specie di atti esperenziali sui

generis»52

.

Questa espressione serve a far comprendere meglio l‟empatia da un punto di vista

fenomenologico-esistenziale. La linea empatica crea un discrimine imprescindibile tra l‟io e

l‟alterità, ma anche un legame quindi un riconoscimento nella differenza, per cui si può

affermare che l‟alterità ha dei vissuti originari che vengono esperiti dall‟io in modo indiretto e

quindi in modo non-originario. Il che diventa rilevante nel momento in cui si pensa a

questioni come l‟insieme intersoggettivo diretto a formare le comunità umane.

Nel caso dell‟empatia, dunque, la percezione del sentire dell‟altro non ha la stessa

modulazione del mio sentire, il processo che l‟io compie è di analogia affettivo-esistenziale

tra il sentire dell‟altro e il mio, ma non si tratta di un‟immedesimazione poiché le individualità

dell‟io e dell‟altro rimangono comunque separate. L‟empatia dà la possibilità di costruire

un‟antropologia giuridica rilevante per la trattazione del diritto nell‟ambito del pensiero

steiniano proprio perché l‟atto empatico non si pone come atto originario, anzi nella sua

originarietà va a toccare qualcosa che non è originaria bensì derivata. L‟atto empatico di per

sé è originario, ma ha ad oggetto una situazione che non appartiene al soggetto che estrinseca

tale atto, ma alla sua alterità; acquista un suo senso solo all‟interno della relazionalità e in

particolare all‟interno dei rapporti giuridici. Solo l‟uomo è capace di empatia, in modo diffuso

si può affermare che tutti gli uomini sono soggetti empatici; si tratta dunque di un atto diretto

all‟altro, destinato quindi a scoprire – come direbbe Levinas – il volto dell‟altro con l‟insieme

delle conseguenze che questo atto, che si trasforma gradualmente dalla sua nascita in atto

48

Per un approfondimento soprattutto in direzione sociologica vd. Della Persona, (a cura di M. CARRITHERS S.

COLLINS S. LUKES), Roma, 1996, in part. M. MAUSS Una categoria dello spirito umano, p. 12 ss. 49

S. COTTA, Il diritto nell’esistenza, cit. 50

Il problema dell’empatia, p. 77. 51

Id., p. 78. 52

Id., p. 79.

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sociale53

, implica; presenta inoltre una differenziazione tra i soggetti, gli oggetti, i manufatti

in generale, i vegetali e gli animali. La struttura di atto sociale dell‟empatia è data dal fatto

che la definizione di atto sociale si estende anche a prese di posizione «come l‟amore, il

rispetto, l‟ammirazione»54

, non bisogna dunque dimenticare che la „presa di posizione‟ è una

scelta della persona, quindi l‟empatia steiniana è una scelta liberamente posta in atto

dall‟individuo che si relaziona all‟alterità.

La dimensione del diritto positivo sollecita alcune considerazioni di Stein secondo la quale

all‟interno della categoria degli atti sociali si possono estrapolare tre categorie: la prima

comprende domande, richieste e ordini, vale a dire il modo di rivolgersi del soggetto agli altri;

la seconda ha la struttura delle prese di posizione e comprende – come si è detto – amore,

rispetto e ammirazione e la terza è rappresentata da quella categoria di atti che possiede la

forza di «produrre o annullare determinate realtà oggettive nel mondo sociale»55

quale la

promessa che «produce un diritto a esigerne la realizzazione che viene meno mediante il

soddisfacimento della promessa stessa … Tutto il diritto positivo ha questo carattere»56

. Si

innesta nella configurazione della promessa la metafora del contratto sociale che non è quello

rappresentato da Hobbes ma neanche quello del contrattualismo sociale, ma è l‟istituzione di

un diritto a base comunitaria che scaturisce dagli a priori del diritto puro e dunque dalla

libertà data dalla struttura empatica degli atti comunitari. Questo rivolgersi all‟altro

nell‟ambito della comunità per interagire ha la caratteristica dell‟empatia, il rivolgersi

all‟alterità in una dimensione di ascolto e di attenzione significa progettare la regola comune

sulla quale avviare il processo del riconoscimento dei diritti.

Le osservazioni e le analisi sulla comunità57

non possono avere inizio da una semplice

nozione, al contrario è necessario – per poi arrivare ad una definizione esauriente – una

comparazione critica ed analitica delle forme associative a partire dalla „massa‟, senza

tralasciare altre forme di convivenza, analizzate e osservate attraverso le riflessioni dell‟opera

di Tönnies che Stein stessa cita e discute come punto di riferimento, perché tra i primi ad aver

elaborato il concetto di comunità, ripreso poi da Scheler. Ripercorrendo queste due tappe

53

La struttura della persona umana, p. 188 «Per atti sociali si devono intendere gli atti in cui una persona si

rivolge ad altre persone, vale a dire, domande, richieste, ordini. Tutti questi atti hanno in comune la volontà di

muovere le altre persone ad un determinato comportamento, generano, dunque, un contesto operativo

sovraindividuale». 54

La struttura della persona umana, p. 188. 55

Ibidem. 56

Ibidem. 57

«Il soggetto comunitario di cui parliamo non va inteso come Io puro identico a quello individuale. Il vissuto

comunitario non sorge dal soggetto comunitario come dall‟io individuale sorge il vissuto individuale, che proprio

in quanto tale, nella sua egoità, si caratterizza come luogo originario ultimo. I vissuti della comunità di fondo

hanno, come quelli individuali, la loro origine negli io individuali che appartengono alla comunità». Psicologia e

scienze dello spirito, p. 163. E ancora «sono i singoli vissuti che cooperano alla costituzione di unità superiori»,

Psicologia e scienze dello spirito, p. 182. «Passando dall‟incontro isolato alla convivenza stabile, ciò che è

esteriore e universale, il più delle volte, scompare sempre di più dinanzi a ciò che è interiore e personale.

l'accordo reciproco si realizza più esplicitamente e passa gradualmente allo star l‟un con l‟altro in modo durevole

e consapevole, eventualmente all‟essere con o contro l‟altro nelle diverse forme di comunità; procede pian piano

sempre di più movendo dalla “storia” dell‟essere umano, dal suo “destino” e, in relazione a ciò, nasce la

coscienza della responsabilità reciproca. La vita dell‟essere umano è una vita comunitaria ed è uno sviluppo nel

quale ci si condiziona reciprocamente./ Vivere in comunità con gli esseri umani significa, in buona misura,

vederli agire e agire con loro; vivere nelle azioni dell‟essere umano, vederlo nascere e finire, essere formati da

esse e, attraverso esse, aiutare altri a formarsi: la vita umana è una vita culturale. Il mondo dell‟essere umano è

un mondo spirituale pluriforme fatto di persone individuali e di comunità, di forme sociali e opere spirituali. Egli

sta in esso, vive in esso, guarda dentro esso, in esso gli vengono incontro l‟esistenza e l‟umanità». La struttura

della persona umana, p. 69.

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significative, Stein precisa che con il concetto di comunità «si intende la relazione naturale ed

organica degli individui, per “società” quella razionale e meccanica»58

– espressione elaborata

da Tönnies. L‟intento steiniano non è quello di rappresentare concetti di comunità

storicamente determinati ma quello di sottolineare le caratteristiche positive di essa, quindi

l‟essenza della Sache, attraverso il metodo fenomenologico. Dalla lettura dell‟affermazione si

potrebbe essere portati a credere che alla base della costruzione di una comunità vi è sempre

un principio naturalistico, in realtà, dal punto di vista fenomenologico, il termine natura è

eccessivamente abusato ed equivocato tanto che avvicinare il soggetto – l‟individuo – con

un‟antropologia naturalistica è da ritenersi una speculazione ormai fallita, mentre

l‟antropologia che si basa sulle scienze dello spirito avvicina la questione del soggetto nella

sua interezza per la formazione dell‟umanità ravvisabile nella comunità59

a statuto spirituale.

5. La complessa articolazione della „macchina statale‟, le profonde osservazioni fenome-

nologiche sulla comunità e le questioni riguardanti le due differenti dimensioni del diritto

puro e del diritto positivo portano a porsi alcune domande su realtà che formalmente

costituiscono gli elementi essenziali per la fondazione di uno Stato.

I tre elementi paese, popolo e nazione sono analiticamente scarnificati dal metodo

fenomenologico di Stein. Dire paese equivale ad affermare il numero di abitanti di un paese,

influenzati peraltro dalla sua „natura‟. Secondo una trattazione classica, il paese necessita di

un territorio e il legame con esso è diretto alla formazione di uno Stato. Dalla lettura delle

pagine di Stein si palesa un ripudio di tutto ciò che si presenta in una veste meramente

formale, il binomio inscindibile nazione-Stato non è necessariamente vincolato ad un

territorio, quindi la misura spaziale come uno degli elementi costitutivi essenziali di uno Stato

non può mettere in crisi i valori incondizionati:

In modo più approfondito, per quanto riguarda la costitutività del territorio, cioè lo spazio

come elemento costitutivo di uno Stato, è necessario esplicitare, seguendo l‟itinerario di Una

ricerca sullo Stato, che lo spazio occupato da una specifica comunità non sia già occupato

poiché

«se un popolo organizzato statalmente si installa su un territorio, allora la formazione statale concretamente

costituita porta il marchio del Paese. Se il popolo abbandona il Paese e si insedia in un altro territorio, allora il

carattere di questa formazione concretamente esistente può cambiare in modo che non si possa più parlare di

Stato, piuttosto bisogna dire che il vecchio Stato è scomparso e ne è sorto uno nuovo. Tuttavia il fatto che una

58

Psicologia e scienze dello spirito, p. 159. F. TÖNNIES, Comunità e società, p. 51 «La teoria della comunità

muove … dalla premessa della perfetta unità delle volontà umane come stato originario o naturale, che si è

conservato nonostante e attraverso la separazione empirica, atteggiandosi in forme molteplici secondo la natura

necessaria e data dei rapporti tra individui diversamente condizionati». E ancora p. 66 «La vita comunitaria è

possesso e godimento reciproco, ed è possesso e godimento di beni comuni». Per quanto riguarda la teoria della

società essa si pone in antitesi a quella comunitaria id. p. 83 «La teoria della società muove dalla costruzione di

una cerchia di uomini che, come nella comunità, vivono e abitano pacificamente l‟uno accanto all‟altro, ma che

sono non già essenzialmente legati, bensì essenzialmente separati, rimanendo separati nonostante tutti i legami,

mentre là rimangono legati nonostante tutte le separazioni. Di conseguenza, qui non si svolgono attività che

possano venire derivate da un‟unità a priori esistente necessariamente, e che quindi esprimano anche la volontà e

lo spirito di questa unità nell‟individuo, in quanto compiute per mezzo suo, realizzandosi tanto per gli associati

con l‟individuo quanto per l‟individuo stesso. Piuttosto, in questo ambito ognuno sta per conto proprio e in uno

stato di tensione con tutti gli altri».

59

La struttura della persona umana, p. 61; M. THEUNISSEN, Der Andere, p. 124 e ss.

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determinata formazione statale non possa sopravvivere all‟abbandono del suo territorio non dimostra che allo

Stato come tale appartenga il legame con un determinato territorio»60

.

Stein appare in netta contrapposizione con alcune teorie classiche, infatti attribuisce alla

comunità di popolo alcune peculiarità: innanzitutto non è necessario il legame di sangue; la

comune ascendenza non è una condicio sine qua non per i componenti del popolo. È quanto è

accaduto, ad esempio, nel caso delle stirpi tedesche e delle popolazioni russe. Inoltre, se il

legame di sangue non è necessario, quello spirituale, al contrario, diventa imprescindibile.

Popolo e Stato non hanno la stessa identità; la crescita del popolo può divenire organizzazione

statale, così come il popolo può estinguersi proprio a causa del darsi di un‟organizzazione

statale. Il divario e la netta separazione tra le due entità è talmente evidente che «un popolo …

può sopravvivere al suo Stato. Ed è anche possibile che la fondazione dello Stato preceda la

nascita della popolazione e ne divenga il fondamento come fu in America del Nord»61

. Si

presenta una serie di connessioni e di differenze tra il concetto di Stato e quello di Paese: il

Paese rappresenta una configurazione materiale nella quale ha un suo ruolo l‟economia – che

nel lessico post moderno di Luhmann diventerà un sistema –, quindi i rapporti tra Stato ed

economia acquistano rilevanza soprattutto sotto il profilo economico. L‟economia è ciò che li-

bera l‟uomo dai bisogni, ed è in sua funzione che il Paese e i suoi abitanti si organizzano.

Come è noto, può essere organizzata in economia statale o iniziativa privata, nel secondo caso

allo Stato spetta il compito di regolamentarla attraverso un intervento diretto; la complessa

articolazione economica trova una sua genesi nell‟utilizzo delle materie prime che nel

momento in cui risultano insufficienti vengono organizzate sulla base di una serie di modalità:

reperimento di mezzi per trasformare le materie di un Paese in quelle che servono; acquisto di

nuovi territori che contengono le materie che sono scarse per il Paese; importazione che rende

palese una debolezza dello Stato.

Queste vie possono essere e vengono, a volte, scelte in base ad una selezione ad opera

degli abitanti del Paese e dipendono dalle condizioni anche morfologiche in cui versa il Paese

stesso. Valgono in questo caso le caratteristiche dello stesso Paese. Laddove ci sono

condizioni naturali devono essere analizzate anche quelle diverse come l‟intelligenza, la

laboriosità, la mobilità e la flessibilità. Non bisogna considerare secondarie le influenze che

derivano dalla natura e che si riversano sulle persone (paesaggio, clima, ecc.), così come non

bisogna tralasciare le caratteristiche e la successiva lavorazione del suolo da parte degli

abitanti. Stein conclude che è assai rilevante la commistione di territorio e popolazione, si

tratta di oggettualità miste.

Rimane fuori da questa trattazione il concetto di nazione che l‟autrice cerca imme-

diatamente di chiarire attraverso i collegamenti tra popolo e nazione62

. Le caratteristiche del

popolo possono attribuirsi anche alla nazione, tanto che, richiamando Kjellén, afferma che la

nazione potrebbe essere considerata come un «grande “individuo”»63

che possiede

caratteristiche che vanno viste «nella tipologia delle persone istruite che si trovano tra i suoi

membri, nella lingua nazionale, nelle coloriture specifiche dell‟“opinione pubblica”»64

; invece

il popolo, secondo Kjellén65

, è basato sulla lealtà. Questa affermazione viene ripresa da Stein

sulla base di una divergenza critica: ridurre il popolo ad una comunità di diritti e doveri signifi-

60

Ibidem. 61

La struttura della persona umana, p. 203. 62

Per una prospettiva diversa J. MARITAIN, L’uomo e lo Stato, p. 8 e ss. 63

Una ricerca sullo Stato, p. 37. Il monumentum, il soggetto monumentale a matrice legendriana. 64

Ibidem. 65

Vd. cap. I di questo lavoro.

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cherebbe identificarlo con lo Stato, è lo Stato che impone, attraverso la sua attività

legislatrice, diritti e doveri e in questo modo sancisce l‟identificazione tra diritto puro e diritto

positivo. Dal canto suo, Stein intravede la differenza nella particolare circostanza che la

coscienza comunitaria – elemento del popolo che rappresenta la via per la costituzione dello

Stato – si riflette in modo chiaro solo nella nazione che la coltiva, quindi la dinamizza a

differenza del popolo che la possiede senza renderla dinamica e soprattutto senza chiarificarla

in modo peculiare, ma ciò che è veramente a fondamento dello Stato non è il concetto di

nazione ma quello di popolo – quest‟ultimo, nell‟approfondimento di Stein, è sempre sotteso

ad un concetto di comunità: la „comunità di popolo‟ – il sentimento nazionale può solo

completare questa fattispecie, ma non la può fondare.

La critica di Stein a Kjellén è netta e radicale laddove questi contrappone natura e spirito,

perché presupposto imprescindibile è che ogni comunità abbia un carattere spirituale. Se ne

può concludere che il carattere forte della struttura comunitaria risiede proprio nella sua

spiritualità: «ogni comunità è di tipo spirituale»66

.

Secondo la trattazione classica, gli elementi per giungere alla costituzione di uno Stato

sono la territorialità e la sovranità; la prima designa un‟estensione, per cui qualsiasi comunità

statale ha una sua estensione e l‟estensione della comunità di popolo – elemento fondamentale

dello Stato – riconduce automaticamente a considerare anche l‟estensione dello Stato. Uno

Stato, in linea di principio, può idealmente ambire a rifiutare qualsiasi limitazione alla sua

grandezza, ma questioni pragmatiche impongono una delimitazione dell‟estensione di Stato

universale, di impero, di regno ecc. Per ognuna di queste forme di estensione muta

l‟organizzazione statale e nel minimum estensivo non vi è una rigidità per fissare dei confini o

dei limiti (città-Stato). Sotto il profilo descrittivo, Stein si sofferma senza dubbio sul numero

dei cittadini membri dello Stato affermando peraltro che «il numero dei cittadini deve essere

abbastanza ampio per rendere possibile un‟autonomia e una indipendenza rispetto agli altri

Stati, cosa che garantisce la sovranità»67

. Il minimum di cui parla l‟autrice non si può ridurre

ad un assoluto ma è relativizzato da una serie di questioni che possono dipendere ad esempio

dalla grandezza degli Stati limitrofi, dalla forza militare, dalla sicurezza economica, dalla

natura del Paese, dalle risorse del territorio come dalle condizioni climatiche.

In una geografia statale abbastanza articolata e complessa, l‟esistenza di piccoli Stati è

minacciata dalla pretesa di potenza di Stati più grandi o addirittura di Stati che ambiscono a

diventare potenze assoggettando Stati più piccoli, meno estesi, politicamente deboli o

economicamente indebitati. La situazione assume un carattere fenomenologico-esistenziale

solo nel momento in cui uno Stato non finalizza la propria azione alla distruzione di altri Stati

che al loro interno riconoscano in modo costitutivo i diritti incondizionati, e, in effetti, la

prospettiva muta nel momento in cui si prende come unità di riferimento non lo Stato in

quanto Stato ma il popolo che Stein definisce “Stato nazionale” che, a sua volta, ha la sua

base costitutiva nell‟unità del popolo diretta – sulle fondamenta della comunità spirituale – a

rendere possibile uno Stato di diritto e non solo un semplice Stato. Nella prospettiva della

dimensione fenomenologica non si omette di considerare che il concetto di unità di popolo –

che non può essere numericamente rappresentata da una città-stato, ma deve avere

necessariamente una base numerica più ampia – diventa fragile nel momento in cui l‟aumento

numerico eccessivo della popolazione porta ad una sorta di esplosione dell‟unità di popolo.

Questa situazione si può verificare nel momento in cui si realizzano fenomeni di migrazione o

di emigrazione o di colonizzazione degli Stati più numerosi nei confronti di Stati meno

66

Una ricerca sullo Stato, p. 39. 67

Id., p. 40.

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numerosi. Quindi, nel momento in cui in uno Stato nazionale si inserisce un nuovo popolo

questi perderà le sue caratteristiche legate alla nazione e alla nazionalità, così come nel

momento in cui vi è un‟assimilazione in corso che produce necessariamente nuove forme. A

tal proposito, Stein si sofferma estesamente sulla possibilità che le popolazioni si

frammentino mettendo a repentaglio la vita stessa dello Stato, ossia la sua unità ed il coordi-

namento interno dei singoli gruppi che hanno dato luogo a tale sparpagliamento.

6. Nell‟ambito di una fenomenologia esistenziale, l‟architettura dello Stato di diritto non

può omettere la questione dei valori che trova un rinvio alle opere di Scheler e di von

Hildebrand. Le istituzioni giuridiche hanno la precisa finalità di rendersi super partes nella

garanzia della relazione interpersonale giuridica basata sul diritto puro storicizzato dal diritto

positivo. L‟ordinamento giuridico è strutturato sulla base di valori ma non si pone esso stesso

come un valore; il concetto di giustizia, intrinseco all‟ordinamento, può essere considerato un

valore, ma ancora di più lo è la vita di comunità. Lo Stato, attraverso le sue strutture, non è

produttore di questo valore ma è diretto a contribuirvi per la sua realizzazione. Il „valore‟ è

rappresentato dalla comunità spirituale attuata come «concreta entità statale comprendente la

comunità costituita dal popolo»68

.

Il concetto di valore69

scaturisce, tra l‟altro, dalla relazione interpersonale definita dalla

morale distinta da altri fenomeni come il diritto, la religione, l‟economia ecc. Sulla scia di una

fenomenologia del diritto, quale quella di Stein, si innesta il principio della differenziazione

tra i molteplici fenomeni della vita interpersonale, quindi la differenziazione fenomenologica

che investe i fenomeni del diritto e della morale, cosa che avrebbe preso piede in modo

specifico e determinante per la filosofia del diritto negli scritti di A. Kojève, soprattutto

nell‟opera Linee di una fenomenologia del diritto che potenzia l‟analisi dell‟ingresso nella

terzietà e della terzietà nel diritto e nelle istituzioni giuridiche, caratterizzando e distinguendo

fenomenologicamente il giuridico da altre dimensioni del coesistere.

L‟opera di Stein sullo Stato si presenta quindi, oltre che come materiale fenomenologico-

giuridico, anche come materiale per far risaltare ed analizzare la differenza tra il diritto e la

politica, vale a dire la differenziazione fenomenologica. Infatti, le aspirazioni di Stein sono

per uno Stato di diritto che non si ponga come ideologia – anche moralistica – e la sua critica

si fa forte delle motivazioni e delle conseguenze prodotte dallo Stato nazista con tutti gli

effetti che un simile Stato ha fatto scaturire proprio sotto il profilo fenomenologico del

proprio operato.

A cominciare da un‟analisi assiologia, Stein si propone la fenomenologia dello Stato «dal

punto di vista dei valori»70

. La prima cosa che si impone è indubbiamente quella di analizzare

il valore in termini progressivi e certamente più estesi. «In linea di principio – scrive Stein –

tutto ciò che esiste può avere in sé un valore e l‟indagine non è stata esauriente se si è lasciata

fuori la questione del valore»71

. Nel caso della genesi dello Stato di diritto diventa rilevante

richiamare a sé la questione dei valori anche se difficile la prosecuzione e la dimostrazione

fenomenologiche. Infatti, giustificare un‟entità significa in buona sostanza che essa è «in

nostro potere ed è il fine possibile di un atto volontario la sua esistenza o il suo essere in un

determinato modo»72

.

68

Id., p. 141. 69

Psicologia e scienze dello spirito, p. 184 70

Una ricerca sullo Stato, p. 136 e ss. 71

Id., p. 136. 72

Ibidem.

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Diritti umani e fenomenologia dello Stato in Edith Stein

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Qui Stein non discute certamente di Stati futuri, ma di Stati che si sono già realizzati e

concretizzati. La costituzione e il mantenimento di un apparato statale non dipende da un

singolo individuo o da una pluralità di essi, ma, secondo le considerazioni fatte, esso

indirettamente dipende proprio dagli individui, che nell‟opera di Stein sono le persone. Alla

base della formazione o del dissolvimento di uno Stato vi è la formazione della volontà delle

persone. La questione del valore dello Stato è sì importante, ma è direttamente correlato al

senso che va chiarito anche per quanto riguarda il fondamento o i fondamenti stessi dello

Stato. In questa direzione va la domanda che Stein si pone riguardo al rapporto tra valori e

Stato. Ma prima ancora che il rapporto va analizzata una certa differenza sostanziale tra Stato

inteso quale portatore di valori e Stato come valore: «spetta allo Stato come tale … un

valore?»73

.

Detto in termini diversi Stein si chiede se lo Stato nella sua struttura ontica abbia un valore

da proporre.

Coerentemente con l‟intero strumentario fenomenologico, risponde in modo tale da

condurre all‟argomentazione della differenziazione fenomenologica tra i molteplici fenomeni

della via interpersonale dell‟uomo. Se rispetto alla domanda proposta vi è una risposta

affermativa, allora bisogna ridefinire la questione degli a priori che sono gli elementi

costitutivi degli Stati. Di conseguenza giustizia e ingiustizia saranno determinanti in base

all‟esistenza di un valore positivo o negativo da attribuire allo Stato, sono – secondo l‟analisi

fenomenologica sino a qui condotta – rispettivamente un „valore‟ e un „dis-valore‟.

Si può continuare la riflessione a partire da queste dichiarazioni per rimettere in

discussione, in modo del tutto positivo, la struttura ontica dello Stato. Poiché lo Stato acquista

senso e significato per gli individui/persone che concorrono a formarlo.

Stein si avvia dalla teoria della formatività dello Stato attraverso i suoi individui e sono

proprio questi individui ad essere la genesi e la destinazione dello Stato, poiché esso, secondo

un‟espressione di Stein, favorisce lo sviluppo delle persone e promana dalle persone stesse.

Naturalmente la realizzazione dell‟ingiustizia avviene in modo più incisivo se gli individui

non prendono parte allo Stato ma sono isolati oppure se si costituiscono in una comunità non

finalizzata all‟organizzazione statale.

Le argomentazioni che sostengono questo lavoro sono dirette ad una giustificazione

fenomenologica dello Stato di diritto sotto vari profili. Uno di questo è quello che porta

appunto all‟espressione che esso nasce per favorire lo sviluppo della persona nella sua

dimensione spirituale: si tratta di un‟espressione da valutare con una certa urgenza poiché il

sostegno dato allo sviluppo potrebbe essere considerato un valore. Ma cosa si intende

effettivamente con favorire lo sviluppo degli individui che appartengono allo Stato? I livelli di

discussione potrebbero essere molteplici. Considerando il termine „sviluppo‟ sotto due diversi

profili: innanzitutto, inteso come soddisfazione dei bisogni vitali degli individui, in questo

caso nell‟organizzazione dello Stato è predisposta per necessità unala divisione del lavoro. Lo

Stato si trasforma quindi in un‟istituzione utile, ente al servizio dei bisogni vitali degli

individui.

Queste linee sono importanti per l‟affermazione di un quadro assiologico che nella

trattazione del diritto potrebbe alterare i contenuti della discussione. Nel caso appena

delineato lo Stato si fa portatore di un valore come quello dell‟utilità. Allora, quali sono le

prospettive giuridiche di uno Stato che basa completamente la sua esistenza su un valore

come quello dell‟utilità? Nel caso di una giustificazione pratica dello Stato, che però non

riuscirebbe sotto un profilo fenomenologico-esistenziale, lo Stato, nella sua declinazione di

73

Id., p. 137.

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Diritti umani e fenomenologia dello Stato in Edith Stein

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Stato di diritto, non può prescrivere l‟utilità, altrimenti cadrebbe in contraddizione con le sue

premesse, ma Stein non «esclude che in entità statali concrete si realizzi questo valore»74

, in

questo caso un non-valore diventa valore nell‟estremizzazione del pragmatismo economico.

Un momento principale nella concezione del valore è rappresentato dalla sua con-

cretizzazione nella dimensione spirituale: i valori si attuano attraverso uno sviluppo inteso

quale crescita spirituale delle persone che concorrono a costruire uno Stato di diritto. Il punto

discriminante tra un valore che assume una qualsivoglia forma e il valore inteso quale

sviluppo spirituale della persona è la realizzazione di un livello superiore, estrinsecato nelle

forme storiche e concrete dalla comunità di popolo capace di coordinare l‟estrinsecazione di

forze spirituali dirette a beni spirituali che si oppongono ad uno sviluppo semplicemente

economicistico dello Stato. Questo aspetto produce una situazione specifica perché non è

detto che non esistano Stati che non pongano tra i loro obiettivi la distruzione di beni spirituali

e non è detto che una vita spirituale possa organizzarsi anche senza la presenza statale. Questo

è il punto centrale della discussione assiologica presentata da Stein, il valore è da considerare

insito nello sviluppo spirituale. La comunità spirituale realizza, nelle prassi della comunità

storica, lo sviluppo spirituale delle persone da incanalare nella struttura dello Stato di diritto.

La presenza di norme etiche pone una questione rilevante. Fino a che punto lo Stato deve

prendere in considerazione la dimensione etica?

Drastica Stein: «i valori etici sono valori personali»75

. È un‟affermazione che diventa il

vessillo di una fenomenologia che si trasforma gradualmente in ricerca della differenziazione

tra fenomeni. Discutere di valori etici come valori personali equivale a dire che essi attengono

sì alla persona, ma anche che «la rettitudine e i valori etici personali non stanno l‟una accanto

agli altri senza rapporto: sono sempre persone o comportamenti personali che costituiscono il

materiale oggettivo degli stati-di-cose che pretendono di essere considerati moralmente giusti.

La rettitudine morale non ha niente a che fare con il diritto nel senso finora inteso. Se nego a

chi ha bisogno l‟aiuto che potrei dargli, ciò è “ingiusto” dal punto di vista morale e non da

quello legale. La realizzazione di stati-di-cose riconosciuti come moralmente giusti è affidata

alle persone come dovere morale»76

.

L‟argomentazione conduce a considerare la differenza tra norme giuridiche e norme etiche:

i punti in comune sono la qualità del rapporto interpersonale e la condotta degli individui. Nel

diritto non manca ciò che è rilevante sotto il profilo morale, cioè la caratteristica spirituale

della persona, i sentimenti, le emozioni. Stein ripercorre i tratti binomici di amore e odio,

ammirazione e disprezzo; queste coppie non sono rilevanti per il diritto per il quale sono

invece importanti altri elementi quali la libertà, la responsabilità e soprattutto gli atti liberi

rappresentati come momenti dello spirito77

come peraltro discussi da Hegel attraverso

l‟affermazione „il diritto è spirito e tratta l‟uomo come spirito‟. Solo in questa direzione è

possibile parlare di diritto positivo che viene realizzato attraverso l‟atto del legiferare.

Categorie come pretesa, proprietà78

e colpa: pretesa da promettere, proprietà per esempio

74

Id., p. 138. 75

Id., p. 142; vd. anche W. SCHULZ, Philosophie in der veraenderten Welt, p. 752 e ss. 76

Id., p. 143. Cfr. anche AA. VV., Edith Stein e il nazismo, Roma, 2005, p. 76 ss. 77

«Efficacia legale significa che qualche cosa promana dagli atti della persona e che qualche cosa, che possiede

un‟esistenza separatamente da lei, è eliminata per mezzo di quegli atti…» Una ricerca sullo Stato, p. 144. Per un

approfondimento H. ROMBACH, Strukturontologie. Eine Phaenomenologie der Freiheit, München, 1971; C.

FABRO, Linee dell’attività filosofico-teologica della beata Edith Stein, p. 197. 78

Reinach discute del diritto di proprietà, concetto rilevante per la dottrina a priori del diritto I fondamenti a

priori del diritto civile, p. 78 ss.

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Diritti umani e fenomenologia dello Stato in Edith Stein

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tramite alienazione e colpa nell‟ambito del crimine, sono elementi che alimentano la

dimensione delle fattispecie astratte.

Non c‟è in ambito morale o etico qualcosa che possa paragonarsi a quanto avvicinato

fenomenologicamente nella dimensione del diritto.

Dall‟ambito etico proviene una spinta a che norme etiche diventino norme giuridiche. È

opportuno distinguere anche tra norme etiche e morale dominante.

Le prime sono a priori, la seconda è delimitata da confini spazio-temporali. Parlare di

morale dominante – quindi di dominio di una certa morale – è quanto più si avvicina alla

validità del diritto poiché il tratto in comune secondo Stein è “l‟essere in vigore”, ma le cose

sono diverse: il diritto è istituito mentre la morale non può essere istituita: «La morale non

può essere istituita come il diritto»79

. Questo è il nodo fondamentale della differenza tra

morale e diritto. Il diritto è ciò che viene istituito – a differenza di quanto avviene nella

morale – ci si sentirebbe quasi di richiamare quanto discusso attraverso l‟interpretazione del

vitam instituere80

.

Pur differenziato fenomenologicamente, lo Stato conserva un suo rapporto con le norme

etiche: è soggetto di atti liberi, ma nei termini della fenomenologia della soggettività81

non è

né soggetto etico né soggetto di diritto. In effetti, la sua esistenza non viene minata nel

momento in cui non si occupa di norme etiche. Nella prassi statale, agli atti dello Stato può

attribuirsi un valore etico positivo oppure negativo. Inoltre, in nome dell‟etica è possibile che

lo Stato compia alcuni atti con la finalità di realizzare o contribuire a realizzare anche dei

valori.

Non bisogna tralasciare però che lo Stato di diritto è strutturato secondo degli a priori che

risiedono nella dimensione del diritto puro per cui si può affermare che uno dei valori

rilevanti è costituito dalla giustizia; lo Stato non è direttamente portatore di valori, anzi latrice

ne è la comunità, mentre lo Stato «può servire allo “sviluppo della personalità” o attraverso le

istituzioni che esso crea, oppure anche eventualmente lasciando liberi alcuni ambiti del

controllo statale e affidandosi all‟iniziativa degli individui o delle associazioni private»82

. La

delineazione della struttura statale conduce alla considerazione che la base costitutiva dello

Stato di diritto è configurata nel riconoscimento che confluisce, poi, nella dinamica dell‟atto

empatico.

79

Una ricerca sullo Stato, p. 150. In Reinach si legge proprio all‟inizio «Per l‟evoluzione del diritto sono

determinanti le concezioni etiche del momento ed ancor di più le condizioni e i bisogni economici in continuo

cambiamento», I fondamenti a priori del diritto civile, p. 1. 80

Cfr. P. LEGENDRE, Il giurista artista della ragione, Torino, 2000. 81

«… dobbiamo renderci conto di che cosa può intendersi con “soggettività”. … si tratta in modo particolare del

soggetto e dunque della coscienza come correlato del mondo oggettivo. Tuttavia, questo è un significato

relativamente lontano dall‟atteggiamento naturale. Quando nei discorsi quotidiani parliamo di “soggetti” o

meglio di “persone”, indichiamo usualmente con queste espressioni gli esseri umani nel mondo (noi stessi o gli

altri, che sono “nostri simili”)», Introduzione alla filosofia, p. 146. 82

Una ricerca sullo Stato, p. 153; H. HENKEL, Die Einführung in die Rechtsphilosophie, p. 269-296; p.309 e ss.