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Guida pratica per le imprese alla legislazione di emergenza Covid-19 3 AGOSTO 2020 DIRITTO SOCIETARIO ASSONIME - Riproduzione riservata

DIRITTO SOCIETARIO · 2020. 9. 9. · ii) deroghe al diritto societario per favorire la continuità operativa delle imprese in crisi di liquidità. Tali misure, in particolare riguardano:

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Guida pratica per le imprese alla legislazione di emergenza Covid-19

3 AGOSTO 2020

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INDICE

Introduzione p. 3

1. Le fonti normative p. 4

1.1 I provvedimenti emergenziali p. 4

1.2 L’articolo 2086 c.c. sulla gestione dell’impresa p. 7

1.3 La legge fallimentare e il Codice della crisi e dell’insolvenza p. 9

2. Le azioni in tempo di Covid-19 p. 9

2.1 Analisi della situazione dell’impresa e del mercato in cui opera p. 9

2.2. La pianificazione dei rimedi per la gestione dell’emergenza p.11

2.3 L’organizzazione aziendale e la gestione dei rischi p.12

2.4 Il finanziamento dell’impresa p.17

2.5 La rinegoziazione dei contratti pendenti p.25

2.6 La perdita del capitale e il rafforzamento patrimoniale dell’impresa p.27

2.7 L’accesso alle procedure concorsuali p.35

2.8 Le procedure pendenti p.37

BIBLIOGRAFIA p.40

TABELLA NORMATIVA p.42

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Introduzione

La diffusione del virus Covid-19 ha generato una crisi economica che riguarda le

imprese di quasi tutti i settori, di ogni dimensione e area geografica, i cui effetti, non

ancora pienamente prevedibili, sono destinati a protrarsi per lungo tempo.

La prima fase di emergenza e i provvedimenti varati dal Governo per il contenimento

del virus hanno comportato il blocco di molte attività produttive e la limitazione di

alcune libertà individuali, determinando l’assunzione di misure sull’organizzazione

aziendale (lavoro da remoto e regole di prevenzione per la tutela della salute), nonché

una drastica spinta alla digitalizzazione di tutti i processi. L’attenuazione delle

restrizioni alle attività e alla circolazione delle persone ha dato avvio ad una seconda

fase della crisi, che impegna ancora individui e aziende al monitoraggio della

situazione sanitaria, ma che consente di riprendere le attività pur in condizioni

straordinarie.

In questa fase gli amministratori di società sono tenuti a svolgere valutazioni sul

business, l’organizzazione e le regole societarie che favoriscano la ripresa e siano

attente alle regole emergenziali ancora in atto. Gli strumenti per far fronte

all’emergenza messi a disposizione dai diversi provvedimenti normativi adottati dal

Governo sono adattabili alla specifica situazione di crisi in cui versa l’impresa, nonché

alle dimensioni della stessa. Si tratta di misure che mirano a sostenere il tessuto

produttivo e l’occupazione, neutralizzando temporaneamente gli effetti negativi diretti

della pandemia su imprese che, in precedenza, fossero sane oppure in situazione di

difficoltà acuita dalla crisi pandemica.

Nel nuovo contesto i doveri organizzativi per la prevenzione e gestione del rischio di

crisi e insolvenza assumono un ruolo centrale per garantire la corretta gestione

dell’impresa, volta a bilanciare le esigenze aziendali immediate con l’impatto a lungo

termine delle decisioni assunte. L’incertezza sulla durata degli effetti della pandemia

rende, tuttavia, estremamente complesse le scelte gestorie.

Scopo del presente lavoro è quello di fornire, in un formato di agevole consultazione,

alcune indicazioni utili per programmare e gestire la reazione, ricostruendo tra i tasselli

della decretazione di urgenza e le norme ordinarie, le opzioni a disposizione delle

imprese per affrontare questa straordinaria situazione di difficoltà. Le opzioni indicate

nel documento tengono conto della legislazione d’emergenza e dei primi contributi

dottrinali e giurisprudenziali, nonché delle ordinarie indicazioni di dottrina e delle prassi

che riportano indicazioni utili a fronteggiare eventi critici nell’esercizio dell’attività.

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1. Le fonti normative

1.1 I provvedimenti emergenziali

Il 31 gennaio 2020 segna il momento a partire dal quale il Governo italiano riconosce la

diffusione pandemica del virus e dichiara lo stato di emergenza nazionale. A partire da

questo momento si susseguono numerosi provvedimenti normativi a carattere

straordinario ed emergenziale diretti a tutelare la salute pubblica, l’occupazione, il

tessuto economico-sociale generale.

Tra questi provvedimenti, quattro decreti-legge (c.d. decreti Cura Italia, Liquidità,

Rilancio; Semplificazioni), adottati in una linea di progressione connessa all’andamento

della situazione sanitaria, introducono misure che hanno un impatto diretto sulle

imprese e sulle scelte gestorie degli amministratori.

Il decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (c.d. Cura Italia), convertito con modificazioni

dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, con lo scopo di contenere i primi effetti negativi del

blocco delle attività, è intervenuto prevedendo a favore delle imprese:

i) misure speciali in tema di ammortizzatori sociali per aiutare a sostenere il costo

del lavoro per le imprese che hanno dovuto interrompere o ridurre l’attività

produttiva per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da Covid-19

(Cassa integrazione ordinaria, assegno ordinario, Cassa integrazione ordinaria

per le aziende che si trovano in Cassa integrazione straordinaria, Cassa

integrazione in deroga, v. articoli 19-22 del decreto);

ii) divieti di revoca degli affidamenti bancari goduti dalle imprese e moratorie sui

rimborsi dei prestiti in essere per mantenere le linee di credito necessarie al

sostegno finanziario dell’impresa ed evitare le conseguenze derivanti da

eventuali inadempimenti (v. articolo 56 del decreto);

iii) agevolazioni per l’accesso al credito per le PMI attraverso la previsione di

deroghe alla disciplina ordinaria del Fondo centrale di Garanzia di cui alla legge

n. 662/1996 (gratuità della garanzia, aumento dell’importo massimo garantito per

impresa, valutazione semplificata dei criteri di accesso all’incentivo pubblico, v.

articolo 49 del decreto);

iv) esonero dalla responsabilità per inadempimento contrattuale o per il ritardo

nell’adempimento del debitore, in deroga alle previsioni dell’articolo 1218 del

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Cura

Italia

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Codice civile, quando l’inadempimento o il ritardo siano conseguenza

dell’attuazione delle misure di contenimento del virus (articolo 91 del decreto).

v) deroghe alla disciplina delle assemblee societarie volte a favorirne lo svolgimento

secondo modalità compatibili con le misure di contenimento della diffusione del

contagio adottate dal Governo (articolo 106 del decreto)

Il decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23 (c.d. Liquidità), convertito con modificazioni dalla

legge 5 giugno 2020, n. 40, in continuità con il decreto Cura Italia, per sostenere le

imprese in crisi di liquidità derivante dall’emergenza sanitaria ha introdotto:

i) misure di sostegno per l’accesso al credito in favore di tutte le imprese, a

prescindere dalla dimensione. A tal fine, in particolare, per le PMI è stato

ulteriormente agevolato l’accesso al Fondo centrale di Garanzia attraverso nuove

deroghe alla disciplina ordinaria prevista dalla legge n. 662/1996 (garanzia

automatica e fino al 100% dell’importo per finanziamenti fino a 25.000€; garanzia

fino al 90% per tutti i prestiti fino a 5 milioni €; approvazione delle domande

senza valutazione del merito del credito dell’impresa; ecc.). L’accesso alla

garanzia del Fondo è stato esteso alle imprese con un numero di dipendenti non

superiore a 499 (v. articolo 13 del decreto). Per le imprese di grandi dimensioni è

stato previsto l’intervento di SACE ai fini della concessione di garanzia pubblica

per i finanziamenti concessi dalle banche alle imprese (articolo 1 del decreto);

ii) deroghe al diritto societario per favorire la continuità operativa delle imprese in

crisi di liquidità. Tali misure, in particolare riguardano: i) la sospensione fino al 31

dicembre 2020 della disciplina della riduzione del capitale per perdite rilevante e

della causa di scioglimento della società per perdita del capitale sociale (articolo

6 del decreto); ii) la deroga agli ordinari criteri di redazione del bilancio per

consentire la valutazione delle relative voci secondo la prospettiva di continuità

aziendale, seppur compromessa (articolo 7 del decreto sostituito

successivamente dall’articolo 38 quater del decreto Rilancio); iii) la sospensione

della regola della postergazione dei finanziamenti dei soci effettuati in favore

della società tra il 9 aprile e il 31 dicembre 2020 (articolo 8 del decreto);

iii) deroghe al diritto concorsuale volte ad evitare la crescita esponenziale del

numero dei fallimenti, a causa della situazione di crisi straordinaria ed

eccezionale in atto. Tali deroghe riguardano: i) il blocco dei fallimenti fino al 30

giugno 2020 per tutte le imprese insolventi, salvo alcune eccezioni (articolo 10

del decreto); ii) la rimodulazione dei termini di esecuzione delle procedure

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Liquidità

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negoziali della crisi già pendenti e l’introduzione di una nuova procedura per

beneficiare del blocco delle azioni esecutive e della sospensione dei pagamenti

(articolo 9 del decreto); iii) il rinvio dell’entrata in vigore del Codice della crisi

(articolo 5 del decreto).

Il decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (cd. Rilancio), convertito con modificazioni dalla

legge 17 luglio 2020, n. 77, con lo scopo di sostenere il rilancio del sistema produttivo

dopo l’emergenza, prevede a favore delle imprese:

i) proroghe ad alcune delle misure introdotte nei mesi precedenti, in ragione del

protrarsi della situazione di difficoltà delle imprese (es. ammortizzatori sociali,

articoli 68-70 del decreto)

ii) il rifinanziamento di Fondi già esistenti (articolo 31 del decreto) e l’istituzione di

nuovi Fondi per sostenere il rilancio del sistema produttivo. Tra questi, si segnala

in particolare l’istituzione del Fondo patrimonio PMI per la sottoscrizione di

obbligazioni o titoli di debito emesse da imprese di piccole e medie dimensioni

(articolo 26, comma 12 del decreto)

iii) strumenti per favorire la raccolta di capitali e il rafforzamento patrimoniale delle

imprese. A tal fine: i) è autorizzata l’istituzione da parte di Cassa Depositi e

Prestiti di un Patrimonio destinato per sostenere le imprese di grandi dimensioni,

anche quotate, attraverso la sottoscrizione di prestiti obbligazionari, la

partecipazione ad aumenti di capitale, l’acquisto di azioni quotate sul mercato

secondario in caso di operazioni strategiche, ecc. (articolo 27 del decreto); ii)

sono previsti incentivi fiscali per gli aumenti di capitale (articolo 26 del decreto).

Il decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76 (cd. Semplificazioni), non ancora convertito, con il

quale sono state introdotte alcune importanti misure per favorire gli investimenti

pubblici e la ripartenza dell’economia nella fase successiva all’emergenza sanitaria.

Tra le varie misure il decreto, in particolare, prevede di rilevo per le imprese:

i) semplificazioni in materia di contratti pubblici ed edilizia, dirette ad agevolare e

accelerare l’aggiudicazione e l’esecuzione di appalti di lavori, servizi e forniture

(articoli 1-9 del decreto);

ii) semplificazioni dei procedimenti amministrativi (articoli 12 e ss. del decreto) e

alcune disposizioni temporanee sulla responsabilità della pubblica

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Semplifica-

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Rilancio

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amministrazione per danno erariale, nonché la rimodulazione del reato di abuso

di ufficio (articoli 21-23 del decreto);

iii) misure per agevolare la diffusione e la semplificazione dell’accesso dei cittadini ai

servizi digitali della pubblica amministrazione (articoli 24-37);

iv) la semplificazione delle procedure per gli aumenti di capitale delle società per

azioni quotate e non quotate volte a favorire l’afflusso di nuove risorse alle

imprese agevolando e rendendo più celeri le deliberazioni e le esecuzioni degli

aumenti di capitale (articolo 44 del decreto)

1.2 L’articolo 2086 c.c. sulla gestione dell’impresa

L’articolo 2086, secondo comma del Codice civile, modificato dal decreto legislativo n.

14/2019 e in vigore dal 16 aprile 2019, stabilisce che: “l'imprenditore, che operi in

forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo,

amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa, anche in

funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell'impresa e della perdita della

continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l'adozione e l'attuazione di

uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il superamento della crisi e il recupero

della continuità aziendale”.

Questa disposizione continua ad operare anche nell’attuale contesto di straordinaria

emergenza determinato dalla diffusione del virus. Sebbene la questione sia stata

oggetto di dibattito anche parlamentare, nessuno dei provvedimenti normativi approvati

ha disposto la sospensione temporanea dell’applicazione dell’articolo 2086 c.c. Si tratta

di una chiara scelta di politica legislativa che mira a conservare anche in una fase

delicata per la gestione di imprese in situazioni di perdita straordinaria, gli obblighi che

ordinariamente gravano sugli amministratori all’approssimarsi ed evolversi di una

situazione di crisi dell’impresa. Viene confermata in tal modo l’importanza

dell’organizzazione e del costante monitoraggio del rischio, quale strumento

fondamentale per la gestione efficiente delle situazioni di crisi, a prescindere dalle

origini della stessa.

Tali obblighi, tuttavia, dovranno necessariamente essere rimodulati alla luce degli

strumenti previsti dalla legislazione emergenziale e della straordinaria situazione di

incertezza sui tempi di ripresa del sistema economico generale, finalizzandoli, ad

esempio, a:

La

rimodulazio-

ne degli

obblighi ex

art. 2086 c.c.

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i) verificare la tenuta degli assetti organizzativi, amministrativi e contabili e se essi

siano adeguati anche nel contesto di crisi da Covid-19, o se richiedano un

ripensamento, anche alla luce del rischio che nuove misure di contenimento

possano essere previste se il numero di contagi aumentasse nuovamente;

ii) monitorare la sostenibilità dell’attività d’impresa nel periodo di emergenza,

analizzando le cause della specifica situazione di difficoltà in atto e valutando le

concrete prospettive di riequilibrio economico finanziario;

iii) pianificare e attuare i rimedi più idonei per ripristinare tale equilibrio ed evitare

l’interruzione dell’attività.

L’analisi della situazione di difficoltà dell’impresa potrebbe evidenziare diversi scenari:

da una situazione di crisi di liquidità temporanea e reversibile sino alle più gravi

situazioni di perdita della continuità aziendale stessa, nonché di crisi/insolvenza

dell’impresa.

Sulla base di tali valutazioni andranno calibrati i diversi rimedi previsti dall’ordinamento,

da un lato quelli diretti a favorire l’afflusso di nuove risorse alla società in crisi per

effetto del Covid-19 e, più in generale, a contenere gli effetti della crisi sulla continuità

operativa delle imprese; dall’altro, tutte le operazioni cui l’impresa ricorre in situazioni di

difficoltà: ridefinizione dell’azione industriale (riposizionamento strategico sul mercato,

riorganizzazione dei canali di vendita, ecc.), pianificazione strategica della struttura

finanziaria dell’impresa (conversione di debito in azioni, emissione di strumenti

finanziari partecipativi, finanziamenti soci, agevolati dalla deroga alla regola della

postergazione) operazioni straordinarie dirette a un rafforzamento patrimoniale, ecc.

Qualora, tuttavia, alla luce della diagnosi della situazione dell’impresa dovesse già

emergere che i flussi di cassa prospettici non consentano il superamento della

situazione di difficoltà in atto e si manifesti una situazione di crisi, gli amministratori

dovrebbero valutare l’opportunità di ricorrere agli strumenti della legge fallimentare,

individuando quello più aderente alla situazione dell’impresa. Anche in tal caso nella

scelta degli strumenti per il risanamento dovranno considerarsi le nuove opportunità

introdotte in via transitoria dal decreto liquidità (v. par 2.7).

In via generale, l’articolo 2086 c.c. impone anche nell’attuale contesto economico un

dovere di monitorare costantemente l’equilibrio economico, finanziario e patrimoniale

dell’impresa e di agire tempestivamente per il recupero dello stesso quando sia

compromesso. A tal fine, potrebbe essere utile la definizione di un programma

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operativo, nel quale documentare i processi decisionali, indicare i possibili scenari

futuri e i relativi rimedi.

1.3 La legge fallimentare e il Codice della crisi e dell’insolvenza

Il 15 agosto 2020 sarebbe dovuto entrare in vigore il d.lgs n. 14/2019 che ha introdotto

nel nostro ordinamento il Codice della crisi e dell’insolvenza. L’entrata in vigore del

Codice avrebbe determinato l’abrogazione dell’attuale legge fallimentare, con la

conseguenza che un numero elevatissimo di casi di crisi d’impresa, di cui una gran

parte conseguenza del Covid-19, sarebbero stati regolati da un corpo normativo del

tutto nuovo. Per evitare che incertezze applicative della disciplina o il funzionamento di

istituti discussi, quali le misure di allerta, potessero aggravare ulteriormente la

situazione di difficoltà delle imprese, l’articolo 5 del decreto Liquidità ha

opportunamente rinviato il termine di entrata in vigore dell’intero complesso normativo,

al 1° settembre 2021.

Per effetto di tale rinvio, la crisi e l’insolvenza delle imprese continuerà ad essere

regolata dalla legge fallimentare attualmente in vigore e gli amministratori dovranno

confrontarsi con gli istituti da questa previsti, adattandoli alle esigenze del caso

concreto. Nel caso, tuttavia, l’impresa sia già in procedura, gli amministratori potranno

avvalersi delle facoltà concesse dal decreto Liquidità per la rimodulazione dei termini di

esecuzione e delle condizioni di adempimento delle obbligazioni assunte nei confronti

dei creditori con i relativi piani di ristrutturazione.

2. Le azioni in tempo di Covid-19

2.1 Analisi della situazione dell’impresa e del mercato in cui opera

La prima azione utile per fronteggiare la situazione di emergenza consiste nell’analisi

delle cause e dello stato di difficoltà in cui si trova l’impresa, che può presentare diversi

scenari:

1) l’impresa si trovava in buona salute prima dello stato di emergenza sanitaria. I

provvedimenti di lockdown hanno determinato un’incapacità di generare

adeguati flussi finanziari a servizio del debito generando una temporanea crisi

di liquidità. La contrazione o l’azzeramento dei ricavi, può aver comportato

anche perdite rilevanti del capitale sociale e una conseguente crisi

patrimoniale dell’impresa;

Il rinvio

dell’entrata

in vigore

del Codice

della crisi

L’analisi

della

situazione

di

difficoltà

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2) alla crisi di liquidità e/o patrimoniale, si è affiancata una situazione di perdita di

continuità aziendale, intesa come capacità dell’impresa di continuare a

operare nei prossimi dodici mesi come entità in funzionamento; oppure la più

grave situazione di crisi, quale situazione di difficoltà economico finanziaria

che rende probabile insolvenza, in ragione della incapacità dei flussi reddituali

attuali e prospettici a fronteggiare l’adempimento delle obbligazioni pianificate,

in un arco temporale più breve generalmente identificato in sei mesi. Il

verificarsi di tali situazioni può essere effetto diretto della diffusione del virus,

oppure conseguenza di una situazione di difficoltà pregressa, acuita dalla

pandemia, e dovuta a cause non riconducibili ad essa (obsolescenza del

prodotto, inefficienze gestionali, squilibri nelle fonti di finanziamento, perdita di

fornitori o clienti strategici, ecc.).

3) l’impresa aveva già avviato una procedura concorsuale per evitare che una

crisi conclamata prima dell’avvento del Covid-19, degenerasse in insolvenza;

4) l’impresa si trova in una situazione di insolvenza irreversibile.

Il secondo passaggio riguarda l’analisi del mercato di riferimento.

L’impatto del Covid-19 sulla situazione economico, patrimoniale e finanziaria

dell’impresa varia in base al settore di provenienza della stessa. Così, ad esempio, le

imprese operanti nei settori del turismo, della ristorazione, dell’intrattenimento e dei

trasporti sono state particolarmente colpite. Quelle afferenti ai beni di consumo non

alimentari hanno registrato un forte calo della domanda. Anche il settore industriale ha

subito pesanti effetti connessi ai cambiamenti della domanda globale e alla fluttuazione

dei prezzi delle materie prime. I provvedimenti di contenimento del virus hanno, inoltre,

prodotto per molte imprese dei settori della chimica, del tessile, dell’hi-tech e della

meccanica, interruzioni o forti ripercussioni sulle proprie supply chain, con particolare

riguardo ai profili della logistica e delle capacità di approvviggionamento.

La pandemia in generale, cambiando radicalmente abitudini e stili di vita delle persone,

è destinata a incidere nel futuro prossimo sui comportamenti e sulle scelte dei

consumatori. Tutto ciò induce a ritenere che per pianificare i rimedi per il superamento

della situazione di difficoltà dell’impresa e per la potenziale ripresa della sua capacità

produttiva occorrerà analizzare l’impatto nel breve e nel lungo termine del Covid-19 sul

mercato di riferimento dell’azienda, al fine di comprendere per tempo le evoluzioni dello

stesso, l’orientamento dei consumi e, in generale, i mutamenti nella domanda di beni e

servizi.

L’analisi

del

mercato

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Appare opportuno, inoltre, mappare i fornitori strategici dell’impresa per valutare la

possibilità di riconvertire i sistemi di produzione e distribuzione, attivare forme di

approvvigionamento alternative e prepararsi a potenziali cambiamenti nei canali di

vendita.

2.2 La pianificazione dei rimedi per la gestione dell’emergenza

All’analisi delle cause della crisi e del mercato in cui opera l’impresa, dovrebbe seguire

la pianificazione dei rimedi per il superamento dell’emergenza e la ridefinizione delle

linee di indirizzo strategico che dovranno guidare l’agire dell’impresa nel medio

periodo. Un accurato action plan potrebbe consentire di documentare le valutazioni, i

processi e le strategie da attuare nei mesi a seguire, anche al fine di corroborarne la

ragionevolezza, e potrebbe, ad esempio:

• dare evidenza degli effetti dell’emergenza sull’impresa e delle prospettive di

riequilibrio economico-finanziario e patrimoniale allo stato attuale delle

conoscenze e nei limiti delle informazioni disponibili, individuando diversi

scenari ragionevolmente plausibili prospettabili nel breve- medio termine;

• quantificare il valore dell’indebitamento complessivo dell’impresa e rivedere le

previsioni di budget per il 2020 con particolare attenzione all’aspetto finanziario

e alla capacità dell’impresa a far fronte alle scadenze di pagamento relative al

2020;

• rivalutare il compimento di operazioni gestorie deliberate prima dell’emergenza

Covid-19 e rivedere eventuali piani di investimento, al fine di valutare quali

possano essere posticipati e quali adottare per un adeguato riposizionamento

sul mercato al superamento della pandemia;

• valutare l’opportunità di proseguire e/o completare le commesse in corso,

anche al fine di avere una consistenza del magazzino che non impatti sulla

continuità;

• identificare e descrivere le azioni di natura strategica e operativa che possono

consentire alla società di risolvere e affrontare l’attuale situazione di difficoltà;

• stimare i flussi di cassa derivanti dalle operazioni pianificate e sviluppare un

piano finanziario per la gestione della liquidità;

Action plan

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• prevedere i tempi necessari al ripristino delle marginalità necessarie alla

copertura dei costi ordinari di gestione e al pagamento dei crediti;

• pianificare operazioni di rafforzamento patrimoniale dell’impresa, anche

attraverso il coinvolgimento dei soci;

• pianificare degli stress test che consentano di verificare quanto i risultati

auspicati si mantengano stabili pur nella variazione degli elementi da cui

dipendono;

• esplicitare obiettivi intermedi per favorire una verifica periodica sull’andamento

del piano e prevedere misure alternative in caso di scostamento da questi;

• in caso di crisi già in atto o prossima, valutare quale tra le procedure

concorsuali risulti più adatta per risanare la situazione dell’impresa.

2.3 L’organizzazione aziendale e la gestione dei rischi

L’esigenza di rispettare i provvedimenti governativi per il contenimento della diffusione

del contagio ha prodotto un impatto rilevante sull’organizzazione aziendale sotto

quattro profili: i) l’attività degli organi sociali; ii) la tutela della sicurezza dei lavoratori; iii)

la valutazione e la gestione dei rischi; iv) la responsabilità amministrativa dell’impresa

ex d.lgs. 231/2001.

Lo svolgimento delle riunioni degli organi sociali

Per assicurare la continuità dell’attività societaria compatibilmente con le restrizioni alla

presenza di più persone in un unico luogo imposte dal DPCM 9 marzo 2020, l’articolo

106 del decreto Cura Italia ha previsto due misure, destinate a trovare applicazione alle

assemblee “convocate entro il 31 luglio 2020 ovvero entro la data, se successiva, fino

alla quale è in vigore lo stato di emergenza” (termine che si dovrebbe ritenere

prorogato al 15 ottobre 2020 in virtù della delibera del Consiglio dei Ministri del 29

luglio 2020 che proroga a tale data lo stato di emergenza):

i) la facoltà per le società di convocare le assemblee ordinarie annuali di

approvazione dei bilanci entro il termine di 180 giorni dalla chiusura

dell’esercizio sociale (anziché di 120 giorni) anche in assenza di previsione

statutaria;

Rinvio delle

assemblee e

partecipazione

a distanza

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ii) la possibilità di utilizzare – anche in deroga allo statuto – le modalità di voto a

distanza (per corrispondenza e in via elettronica) e le modalità di partecipazione

all’assemblea mediante mezzi di telecomunicazione, nonché la possibilità di

nominare un “rappresentante designato” e prevedere che l’intervento in

assemblea si svolga esclusivamente tramite tale soggetto.

In virtù dell’invito previsto dal DPCM 8 marzo 2020 ad adottare modalità di

collegamento da remoto per lo svolgimento di riunioni, si è ritenuto in via interpretativa

che i criteri di svolgimento delle assemblee previste dal decreto Cura Italia, potessero

applicarsi anche alle riunioni di tutti gli organi sociali pur in assenza di una espressa

previsione statuaria in tal senso.

A seguito della riduzione dei casi di contagio i DPCM 8 marzo 2020 e 9 marzo 2020

sono stati abrogati e con il decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33 (convertito con

modificazioni dalla legge 14 luglio 2020, n. 74) è stata riconosciuta la possibilità di

svolgere riunioni con la presenza di più persone nello stesso luogo purché nel rispetto

della regola del distanziamento fisico di almeno un metro (v. art. 1, comma 10 del

decreto). Rimane ferma, tuttavia, fino al 15 ottobre 2020, la facoltà di svolgere le

sedute degli organi collegiali in videoconferenza, anche se tale modalità non sia stata

preventivamente regolamentata (articolo 73 del decreto Cura Italia, prorogato dal d. n.

83/2020).

Il complesso di queste misure, se da un lato ha comportato la necessità di adeguare lo

svolgimento delle riunioni degli organi sociali alle disposizioni dell’Autorità; dall’altro ha

condotto una spinta verso nuove modalità di gestione delle riunioni che potrebbero

permanere oltre la crisi sanitaria.

(Per un esame approfondito di tali misure si rinvia a Assonime, news del 18 marzo

2020)

La tutela della sicurezza dei lavoratori

Per coniugare la prosecuzione delle attività produttive, industriali e commerciali con la

garanzia di condizioni di salubrità e sicurezza degli ambienti di lavoro, l’articolo 2 del

DPCM 11 giugno 2020 e l’articolo 29 bis del decreto Liquidità impongono all’impresa

l’obbligo di rispettare le misure prescritte dal “Protocollo condiviso di regolamentazione

delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli

ambienti di lavoro”, sottoscritto da sindacati e imprese in accordo col Governo il 14

Le

riunioni

degli altri

organi

sociali

Il

Protocollo

anti-

contagio

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marzo 2020 e aggiornato il 24 aprile 2020, nonché dagli altri protocolli settoriali imposti

dalla normativa di riferimento.

Per adeguare l’organizzazione aziendale alle esigenze di tutela dei lavoratori nel

rispetto di tali prescrizioni, tra le varie misure, si segnalano in particolare:

• dare adeguata informazione ai lavoratori e a chiunque entri in azienda sulle

disposizioni delle Autorità (es. rimanere al proprio domicilio con febbre

superiore a 37,5°; comunicare condizioni di pericolo, ecc.), consegnando e/o

affiggendo all’ingresso e nei luoghi maggiormente visibili appositi depliant;

• ove possibile, continuare a favorire modalità di lavoro agile (smart working ex l.

81/2017), in quanto utile strumento di prevenzione. Al riguardo va segnalato

che fino al 31 dicembre 2020 l’impresa ha la facoltà di ricorrere allo smart

working per ogni rapporto di lavoro subordinato, anche in assenza degli accordi

individuali e con la facoltà di assolvere in via telematica gli obblighi informativi

prescritti dalla legge 81/2017 (v. art. 90, comma 4 del decreto Rilancio). Si

deve, infine, ricordare che fino al 14 settembre lo smart working costituisce, a

determinate condizioni, un diritto per il genitori lavoratori con figli minori di

quattordici anni. Lo stesso diritto è riconosciuto fino al 15 ottobre ai lavoratori

maggiormente esposti al rischio di contagio (art. 90 decreto Rilancio prorogato

dal d.l. 83/2020);

• regolare l’accesso in azienda dei dipendenti, fornitori e visitatori, anche

prevedendo la possibilità di sottoporre il lavoratore al controllo della

temperatura corporea (nel rispetto della disciplina privacy sul trattamento dei

dati personali)

• regolare l’accesso agli spazi comuni (mensa, spogliatoi, aree fumatori,

distributori di bevande o snack, ecc.);

• garantire la pulizia giornaliera e la sanificazione periodica dei locali, degli

ambienti, delle postazioni di lavoro e delle aree comuni di svago;

• disporre ove non sia possibile mantenere la distanza di un metro e non siano

possibili altre soluzioni organizzative, l’utilizzo di dispositivi di protezione

individuale;

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• regolare il trattamento di casi sintomatici in azienda e collaborare con le Autorità

sanitarie per la definizione degli eventuali “contatti stretti” della persona positiva

al Covid-19

• assicurare la prosecuzione della sorveglianza sanitaria rafforzando la

collaborazione tra medico competente, datore di lavoro e le RLS la

collaborazione tra il medico;

Per il controllo sul rispetto dei presidi sanitari dovrebbe essere istituito in azienda un

apposito comitato con partecipazione delle rappresentanze sindacali e delle RLS. Ove

ciò non sia possibile per la particolare tipologia di impresa e per il sistema delle

relazioni sindacali potrà essere costituito un comitato territoriale composto dagli

organismi paritetici per la salute e sicurezza con il coinvolgimento delle RLST e dei

rappresentanti delle parti sociali.

Sempre in merito alla necessità di assicurare adeguati livelli di protezione dei lavoratori

va, da ultimo, segnalato come l’articolo 42 del decreto Cura Italia abbia qualificato

l’infezione da Covid-19 contratta «in occasione di lavoro» come infortunio, in modo da

assicurare al lavoratore stesso la tutela dell’infortunato e le relative prestazioni erogate

dall’INAIL.

La valutazione e la gestione del rischio da infezione pandemica

L’incertezza che perdura in merito all’andamento del virus Covid-19 induce a ritenere

opportuno mantenere il monitoraggio del rischio da contagio da Covid-19 e, più in

generale, da infezione pandemica.

Alcune indicazioni utili a tal fine possono essere rinvenute nel documento INAIL il quale

indica tre variabili utili per classificare il rischio di contagio da Covid-19:

i) esposizione: la probabilità di venire in contatto con fonti di contagio nello

svolgimento delle specifiche attività lavorative;

ii) prossimità: le caratteristiche intrinseche di svolgimento del lavoro che non

permettono un sufficiente distanziamento sociale (es. catene di montaggio);

iii) aggregazione: la tipologia di lavoro che prevede il contatto con altri soggetti

oltre ai lavoratori dell’azienda (es. ristorazione, alberghiero, istruzione, ecc.)

La qualifica

dell’infezio-

ne Covid-

19 come

infortunio

sul lavoro

Documento

INAIL sulla

valutazione

del rischio

Covid-19

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Sulla base di tali variabili sono individuate le rispettive classi di rischio per alcuni dei

principali settori lavorativi e viene suggerito un modello di analisi del rischio che

evidenzia tre aspetti valutativi: i) l’analisi di processo lavorativo nell’ottica del

distanziamento sociale fra i lavoratori; ii) il rischio di contagio connesso con la tipologia

di attività specifica; iii) il coinvolgimento di terzi nei processi lavorativi e il rischio di

aggregazione sociale.

Questo processo di valutazione del rischio da Covid-19 dovrebbe inserirsi nel

complesso dei sistemi di prevenzione e gestione dei rischi già istituiti all’interno

dell’azienda, con particolare riguardo alle disposizioni del Testo unico della sicurezza

sul lavoro (d.lgs 81/2008).

L’ottica di un approccio integrato dovrebbe indurre in primo luogo all’adozione di

misure e protocolli atti a integrare il Documento di valutazione dei rischi (DVR) di cui

agli articoli 17 e 28 del d.lgs 81/2008 in funzione della prevenzione del rischio di

contagio da COvid-19, nonché a favorire il coinvolgimento di tutte le figure della

prevenzione aziendale (datore di lavoro, medico competente RLS, RSPP) nel

monitoraggio dell’attuazione delle relative misure di prevenzione.

La responsabilità amministrativa dell’impresa ex d.lgs 231/2001

La qualificazione dell’infezione da Covid-19 quale infortunio sul lavoro ai sensi

dell’articolo 42 del decreto Cura Italia e la necessità per l’impresa di rispettare le regole

del protocollo anti contagio del 24 aprile 2020 determinano riflessi importanti anche

sulla responsabilità penale/amministrativa d’impresa, potendo ad essa essere imputato

il reato di omicidio, lesioni gravi o gravissime in violazione delle norme sulla tutela della

salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro (art. 25 septies d.lgs 231/2001).

Al riguardo occorre ricordare che secondo l’articolo 6 del d.lgs 231/2001, l’impresa

risponde se: i) non ha adottato un modello idoneo a prevenire questo specifico rischio;

ii) l’Organismo di vigilanza (OdV) non si è adoperato per verificare che i modelli

organizzativi fossero adottati, aggiornati e rispettati; iii) vi è stato un interesse o

vantaggio dell’impresa, che nel caso dei reati colposi può anche consistere in un solo

risparmio di spesa.

Per evitare di incorrere in responsabilità conseguente alla diffusione del contagio da

Covid-19 nell’ambiente di lavoro e prevenire il rischio della commissione del reato di

omicidio colposo e lesioni di cui all’articolo 25 septies del d.lgs 231/2001, gli

amministratori dovrebbero valutare se è necessario:

Covid-19 e

prevenzione

del reato ex

art. 25-

septies

d.lgs.

231/2001

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• adeguare i protocolli e le procedure aziendali per contenere il rischio da

contagio Covid-19, implementando in particolare le disposizioni del Protocollo

anticontagio sottoscritto dal Governo e dalle parti sociali;

• intensificare i flussi informativi da e verso l’ODV con le funzioni aziendali

preposte al contenimento della diffusione del virus, con gli organi deputati alla

gestione del rischio, nonché con il comitato eventualmente istituito per

l’applicazione e verifica delle regole del protocollo aziendale;

• aggiornare i modelli organizzativi alla luce del rischio di diffusione pandemica di

malattie e ai riflessi che esso può produrre su altre tipologie di reato che danno

luogo alla responsabilità dell’impresa. La nuova organizzazione dell’attività

d’impresa che si rende necessaria per adottare le misure di contenimento del

contagio, può infatti costituire l’occasione per la commissione di altri reati. Lo

smart working, ad esempio, se non opportunamente presidiato, potrebbe

costituire l’occasione di delitti informatici o di violazione della privacy. Ciò

dovrebbe indurre l’impresa a rafforzare l’investimento in cybersecurity, al fine di

garantire il rispetto dei protocolli di sicurezza in caso di accesso da remoto.

2.4 Il finanziamento dell’impresa

Le misure previste dai provvedimenti normativi emergenziali per far fronte alla crisi di

liquidità delle imprese incidono sia sui finanziamenti in corso, sia sull’erogazione di

nuova finanza e sono previste a favore di imprese di diverse dimensioni. Le principali

misure riguardano, in particolare: i) la sospensione della facoltà di revoca degli

affidamenti e le moratorie sui prestiti in scadenza; ii) i finanziamenti con garanzia di

Cassa depositi e prestiti; iii) i finanziamenti del Fondo centrale di Garanzia; iii)

l’istituzione del Fondo Patrimonio PMI per la sottoscrizione di obbligazioni e titoli di

debito delle PMI; iv) i finanziamenti con garanzia SACE;

Rispetto al complesso di tali misure occorre verificare, in primo luogo, se l’impresa è in

possesso dei requisiti per accedervi (dimensioni, sede legale, esposizione debitoria nei

confronti del sistema bancario, condizioni del finanziamento, ecc.). La maggior parte di

tali misure, peraltro, presuppone che l’impresa abbia subito una carenza di liquidità

quale conseguenza diretta della diffusione del Covid- 19, da attestare con

autocertificazione.

Covid-19 e

prevenzione

di altri reati

La

valutazione

sul livello di

indebitamen-

to e sui flussi

di cassa

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In secondo luogo, occorrerà valutare attentamente la sostenibilità del nuovo

indebitamento, con particolare riguardo alla capacità del suo rimborso in prospettiva.

Se, infatti, le nuove misure possono contribuire al recupero o al mantenimento

dell’equilibrio finanziario dell’impresa, esse accrescono l’indebitamento complessivo

della società. Il costo del finanziamento produce, inoltre, effetti diretti sul conto

economico, con rilevanti riflessi negativi sul piano patrimoniale. Il ricorso a tali

strumenti, dunque, va attentamente ponderato in base all’intensità dello squilibrio

economico-patrimoniale dell’impresa e alla funzionalità degli stessi rispetto alla

capacità di garantirne il recupero, senza ulteriormente aggravare la condizione di

difficoltà dell’impresa.

Ai fini di tale valutazione può essere utile verificare, sulla base di valutazioni

prognostiche, se l’impresa nei prossimi mesi e nel corso del 2021 sarà in grado di

ripristinare flussi a servizio del debito, quantomeno ai livelli del 2019, che

consentiranno di ripagare l’indebitamento. Se l’incertezza circa la possibilità di

recuperare quei flussi e il rischio di determinare un aggravamento della situazione

debitoria, che non possa essere ripianata, appaia eccessivamente elevato, andrebbero

percorse altre strade (ad esempio, accedere a una soluzione negoziale della crisi,

attraverso la quale stralciare le posizioni creditorie e ridurre l’indebitamento, oppure

all’interno della quale richiedere il finanziamento nel rispetto sia delle condizioni

previste dalla legislazione di emergenza, beneficiando in tal modo di un percorso

protetto).

Nella valutazione sul ricorso ad un finanziamento occorre tener conto anche dei vincoli

che derivano dal ricorso a talune soluzioni di finanziamento (ad esempio, limiti alla

distribuzione di dividendi, impegni ad accordi sindacali, ecc.) e avviare un dialogo con i

soci, per valutare l’alternativa di un loro coinvolgimento nel rafforzamento della

struttura finanziaria dell’impresa, anche alla luce delle regole straordinarie connesse al

rimborso del finanziamento dei soci. A tal fine, infatti, il decreto Liquidità ha introdotto

una sospensione della regola della postergazione del rimborso per i finanziamenti

effettuati dai soci nei confronti della società dal 9 aprile al 31 dicembre 2020. (Per un

esame specifico della misura si rinvia a Assonime, Le regole societarie per

salvaguardare la continuità operativa delle imprese nei decreti Liquidità e Rilancio,

Circ. n 16/2020).

Di seguito si riepilogano sinteticamente le principali misure emergenziali disposte per il

finanziamento delle imprese

Sospensione della revoca degli affidamenti e moratoria sui prestiti

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Con riguardo ai finanziamenti in corso, l’articolo 56 del d.l. 18/2020 prevede la

possibilità di richiedere ai soggetti finanziatori (banche e intermediari finanziari): i) di

non esercitare fino al 3 settembre 2020 la revoca delle aperture di credito e dei prestiti

per anticipi su crediti in essere al 29 febbraio 2020; ii) la proroga fino al 30 settembre

2020 degli affidamenti non rateali con scadenza anteriore a tale data; iii) la

sospensione fino al 30 settembre 2020 di rate di finanziamenti e canoni di leasing con

scadenza anteriore a tale data. Questa misura si applica alle microimprese e alle PMI,

come definite dalla Raccomandazione europea n. 2003/361/CE, aventi sede in Italia.

Per ottenere il beneficio l’impresa deve presentare unitamente alla comunicazione con

cui richiede di avvalersene, una autocertificazione con la quale dichiara di aver subito

carenza di liquidità quale conseguenza diretta della diffusione dell’epidemia da Covid-

19. Sono escluse dalla misura le imprese che alla data del 17 marzo 2020

presentavano esposizioni debitorie classificate come deteriorate ai sensi della

disciplina applicabile agli intermediari creditizi, ossia con rate/crediti non scaduti da più

di 90 giorni.

I finanziamenti con garanzia di Cassa Depositi e prestiti

L'articolo 57 del d.l. n. 18/2020 prevede un meccanismo a sostegno della liquidità delle

imprese di grandi dimensioni colpite dall'emergenza COVID-19, che opera attraverso

Cassa Depositi e Prestiti. In particolare, è prevista la possibilità della garanzia dello

Stato per le esposizioni assunte dalla Cassa, anche in forma di garanzie di prima

perdita su portafogli di finanziamenti, in favore di banche e altri soggetti che concedono

finanziamenti a imprese che hanno subito una riduzione di fatturato a causa

dell'emergenza. Deve trattarsi di imprese che operano in specifici settori, da

individuare con decreto ministeriale, e che non hanno accesso alla garanzia del Fondo

PMI. La garanzia dello Stato in favore della Cassa è rilasciata fino a un massimo

dell'80% dell'esposizione assunta, è a prima domanda, orientata a parametri di

mercato, esplicita, incondizionata e irrevocabile, nel rispetto della normativa europea

sugli aiuti di Stato. La dotazione iniziale prevista per il 2020 è pari a 500 milioni di euro.

I finanziamenti garantiti dal Fondo di Garanzia PMI

Il decreto Cura Italia (art. 49) e il decreto Liquidità (art. 13) hanno introdotto alcune

importanti deroghe temporanee alla disciplina del Fondo Centrale di Garanzia per le

PMI previsto dalla legge n. 662/1996, per agevolare l’assunzione di finanziamenti da

parte delle PMI colpite dagli effetti della crisi Covid-19.

In particolare, fino al 31 dicembre 2020:

La revoca

degli

affidamenti

e la

moratoria

sui prestiti

La garanzia

dello Stato

sulle

esposizioni

di CDP

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• la garanzia è concessa dal Fondo a titolo gratuito e l’importo massimo garantito

per singola impresa è elevato a 5 milioni di euro;

• possono accedere alla garanzia oltre alle PMI, le imprese con meno di 499

dipendenti;

• è consentito rilasciare la garanzia su operazioni di rinegoziazione di finanziamenti

esistenti, a condizione che sia prevista la concessione di credito aggiuntivo ai

beneficiari;

• sono previste diverse percentuali (80, 90, 100%) di copertura della garanzia in

base alle caratteristiche dell’operazione e, a condizione, in taluni casi, che

l’impresa autodichiari che l’attività è stata danneggiata dall’emergenza Covid-19;

• in particolare, la garanzia è al 100% per i finanziamenti fino a 30.000 euro, per i

quali è previsto l’inizio del rimborso non prima di 24 mesi, la durata è fino a 120

mesi (l’importo massimo e la durata sono stati innalzati in sede di conversione

del decreto liquidità, con la previsione della possibilità di un adeguamento per i

finanziamenti già concessi prima dell’entrata in vigore della legge di

conversione), purché il finanziamento non superi il 25% dei ricavi del beneficiario

risultanti dall’ultimo bilancio depositato, o il doppio della spesa salariale del 2019.

In tal caso, il richiedente applica un tasso di interesse, nel caso di garanzia

diretta, o un premio di garanzia nel caso della riassicurazione, che copre i soli

costi di istruttoria e di gestione dell’operazione finanziaria. In queste ipotesi

l’intervento del Fondo è concesso automaticamente, gratuitamente e senza

valutazione e il finanziatore eroga il finanziamento coperto dalla garanzia dei

Fondo, previa verifica formale del rispetto dei requisiti, senza attendere l’esito

dell’istruttoria da parte del gestore del Fondo;

• per i finanziamenti di importo superiore a 25.000 euro la garanzia è rilasciata con

la possibilità per le imprese di avvalersi di un preammortamento fino a 24 mesi;

• è rafforzato il regime di garanzia su portafogli di finanziamenti, anche senza

piano di ammortamento, concessi a imprese che dichiarino di essere state

danneggiate dall’emergenza da Covid-19;

• è sospeso il pagamento di commissioni in caso di mancato perfezionamento

delle operazioni finanziarie deliberate;

Le

deroghe

alla

disciplina

del Fondo

di

Garanzia

PMI

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• per beneficiari con ricavi non superiori a 3,2 milioni di euro la cui attività è stata

danneggiata dall’emergenza la garanzia può essere cumulata con ulteriore

garanzia concessa da Confidi o altri soggetti sino alla copertura del 100% del

finanziamento, sino al 25% dei ricavi del beneficiario (che sono al massimo pari a

800 000 euro).

Per un esame più approfondito delle deroghe previste dall’articolo 13 del decreto

Liquidità alla disciplina del Fondo si rinvia alla news Assonime del 15 aprile 2020.

È importante segnalare che il ricorso alla garanzia del Fondo è ammesso non solo per

le imprese che prima della diffusione della pandemia erano sane, ma anche per le

imprese che già versavano in una situazione di difficoltà, presentando esposizioni

verso il sistema bancario classificate prima del 31 gennaio 2020 come inadempienze

probabili e/o sconfinanti deteriorate, oggetto di misure di concessione.

La garanzia è altresì concessa alle imprese che, in data successiva al 31 dicembre

2019, siano state ammesse al concordato preventivo con continuità aziendale o

abbiano stipulato un accordo di ristrutturazione dei debiti o predisposto un piano di

risanamento. In tal caso, tuttavia, è necessario che alla data di entrata in vigore del

decreto liquidità (9 aprile 2020) le loro esposizioni non siano classificabili come

esposizioni deteriorate, non presentino importi in arretrato successivi all’applicazione

delle misure di concessione e il soggetto finanziatore possa ragionevolmente

presumere il rimborso integrale dell’esposizione alla scadenza. Va osservato, tuttavia,

che difficilmente tali condizioni possano essere soddisfatte da imprese in procedura.

Sono in ogni caso sempre escluse dalla garanzia le imprese che presentano

esposizioni classificate come sofferenze.

Il Fondo patrimonio PMI per le imprese con fatturato tra 10 e 50 milioni

Per agevolare l’immissione di liquidità nelle PMI, l'articolo 26 del decreto Rilancio

istituisce presso il Ministero dell'economia e delle finanze il "Fondo patrimonio PMI". Il

Fondo, gestito da Invitalia, può sottoscrivere obbligazioni o titoli di debito emessi dalle

imprese aventi sede legale in Italia con ricavi tra 10 e 50 milioni di euro nel 2019, che

abbiano subito una riduzione di fatturato di oltre un terzo a causa della crisi ed

effettuino aumenti di capitale non inferiori a 250.000 euro entro il 31 dicembre 2020.

L'impresa beneficiaria, inoltre, deve inoltre presentare una situazione di regolarità

fiscale e contributiva e di assenza di altre cause ostative (impresa in difficoltà,

condanna degli amministratori, recupero di aiuti di Stato illegali, ecc.).

L’intervento

del Fondo di

Garanzia

PMI per le

imprese in

procedura

concorsuale

Il Fondo

patrimonio

PMI per la

sottoscrizio-

ne di

obbligazioni o

titoli di debito

nelle PMI

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Il Fondo sottoscrive le obbligazioni o i titoli, entro i limiti della sua dotazione, per un

ammontare massimo pari al minore importo tra tre volte l'ammontare dell'aumento di

capitale dell'impresa e il 12,5% dell'ammontare di ricavi della stessa nel 2019. Qualora

l'impresa abbia ricevuto aiuti di Stato nella forma di finanziamenti assistiti da garanzia

pubblica (ai sensi della sezione 3.2 del Quadro temporaneo in materia di aiuti di Stato

della Commissione europea) o nella forma di tassi di interesse agevolati (ai sensi della

sezione 3.3 del Quadro), la somma degli importi garantiti, dei prestiti agevolati e

dell'ammontare degli strumenti finanziari sottoscritti non deve essere superiore al

maggiore tra il 25% dell'ammontare dei ricavi dell'impresa nel 2019, il doppio dei costi

del personale della società relativi al 2019 e il fabbisogno di liquidità della società per i

diciotto mesi successivi alla concessione della misura di aiuto (come risultante da

autocertificazione del rappresentante legale). Gli strumenti finanziari possono essere

emessi in deroga ai limiti di cui all'art. 2412, primo comma, del Codice civile.

I titoli devono essere rimborsati entro sei anni dalla sottoscrizione, ma la società

emittente può rimborsarli in via anticipata dopo tre anni.

Fino al rimborso dei titoli, l'emittente è soggetto a una serie di vincoli: non può

deliberare distribuzioni di riserve e acquisti di azioni proprie e non può procedere al

rimborso dei finanziamenti dei soci; deve destinare il finanziamento a sostenere costi

del personale, investimenti o capitale circolante impiegati in stabilimenti produttivi e

attività imprenditoriali che siano localizzati in Italia; deve fornire al gestore un

rendiconto periodico e rendere possibile il monitoraggio degli impegni assunti.

La disciplina attuativa è demandata a un decreto del Ministro dell'economia e delle

finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, che indicherà le

caratteristiche, le condizioni e le modalità del finanziamento e dei titoli.

L'istanza deve essere trasmessa a Invitalia utilizzando il modello uniforme disponibile

sul sito internet. Il gestore procede secondo l'ordine cronologico di presentazione delle

istanze.

I finanziamenti garantiti da SACE

Allo stesso fine di assicurare la necessaria liquidità alle imprese colpite dall’emergenza

Covid-19, l’articolo 1 del decreto Liquidità, prevede la concessione da parte di SACE di

garanzie per finanziamenti concessi alle imprese dal sistema bancario e creditizio.

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La concessione delle garanzie è prevista fino al 31 dicembre 2020. L’ammontare

complessivo di prestiti garantiti è di 200 miliardi di euro, di cui almeno 30 miliardi sono

riservati alle PMI che abbiano pienamente utilizzato la capacità di accesso al Fondo di

garanzia per le PMI.

Per accedere al beneficio l’impresa deve rispettare le seguenti condizioni:

• deve avere sede in Italia;

• al 31 dicembre 2019 non doveva trovarsi in “situazione di difficoltà” come definita

dai regolamenti (UE) n. 651/2014, n. 702/2014 e 1388/2014 e al 29 febbraio

2020 non doveva essere classificata tra le esposizioni deteriorate presso il

sistema bancario ai sensi della normativa europea;

• deve assumere l’impegno per sé e per le altre imprese del gruppo con sede in

Italia di non approvare la distribuzione di dividendi o il riacquisto di azioni nel

corso del 2020 (se i dividendi sono stati già distribuiti o le azioni riacquistate al

momento della richiesta del finanziamento, l’impegno è assunto per i 12 mesi

successivi alla data della richiesta);

• deve assumere l’impegno a gestire i livelli occupazionali attraverso accordi

sindacali;

• deve assumere l’impegno a non delocalizzare la produzione fuori dall’Italia;

Sono in ogni caso escluse dalla garanzia le società che controllano direttamente o

indirettamente ai sensi dell’articolo 2359 c.c., una società residente in un Paese o

territorio non cooperativo a fini fiscali secondo l’elenco dell’Unione Europea (Samoa

americane, isole Cayman, Figi, Guam, Oman, Palau, Panama, Samoa, Trinidad e

Tobago, isole Vergini, Vanuatu e Seychelles).

Sono, invece ammessi alla garanzia nel rispetto delle condizioni previste dalla legge i

soggetti che sottoscrivono in Italia prestiti obbligazionari o altri titoli di debito emessi

dalle imprese richiedenti a cui sia attribuito un rating almeno pari a BB+ (in caso di

rating inferiore a BBB-, i sottoscrittori si impegnano a mantenere una quota pari almeno

al 30% del valore dell’emissione per l’intera durata della stessa.

Per accedere ai finanziamenti coperti dalla garanzia l’impresa deve presentare

un’autocertificazione nella quale il titolare o il legale rappresentante dichiari: i) che

l'attività d'impresa è stata limitata o interrotta dall'emergenza epidemiologica da

Le

condizioni

per

l’accesso

alla

garanzia

SACE

Esclusioni

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COVID-19 o dagli effetti derivanti dalle misure di prevenzione e contenimento

connesse alla medesima emergenza e che prima di tale emergenza sussisteva una

situazione di continuità aziendale; ii) che i dati aziendali forniti su richiesta

dell'intermediario finanziario sono veritieri e completi; iii) che il finanziamento coperto

dalla garanzia è richiesto per sostenere costi del personale, investimenti o capitale

circolante impiegati in stabilimenti produttivi e attività imprenditoriali che sono

localizzati in Italia; iv) che è consapevole che i finanziamenti saranno accreditati

esclusivamente sul conto corrente dedicato i cui dati sono contestualmente indicati;

v) l’assenza in capo al titolare o al legale rappresentante di condizioni ostative previste

dalla legislazione antimafia; vi) l’assenza per gli stessi soggetti di condanne per reati

commessi in violazione delle norme fiscali in materia di imposte sui redditi e sul valore

aggiunto.

Con riguardo ai finanziamenti che possono essere garantiti essi devono, invece:

• avere una durata non superiore a sei anni (con possibilità per l’impresa di

avvalersi di un preammortamento di durata massima di 36 mesi);

• avere un importo massimo non superiore al maggiore tra il 25% del fatturato del

2019 e il doppio dei costi annuali del personale dell’impresa per il 2019;

• essere finalizzati a sostenere i costi del personale, per canoni di locazione o

affitto di rami d’azienda, investimenti o capitale circolante impiegati in stabilimenti

produttivi e attività imprenditoriali che siano localizzati in Italia;

• essere destinati in misura non superiore al 20% dell’importo erogato al

pagamento di rate di finanziamenti scadute o in scadenza tra il 1° marzo e il 31

dicembre 2020, per le quali il rimborso sia reso oggettivamente impossibile dalla

diffusione del virus;

In merito alla garanzia, essa copre i finanziamenti concessi dopo il 9 aprile, per

capitale, interessi, oneri e accessori fino all’importo massimo garantito. La copertura

varia in base alla dimensione dell’impresa: 90% dell’importo del finanziamento per

imprese sino a 5000 dipendenti e 1,5 miliardi di fatturato in Italia; 80% per imprese con

oltre 5000 dipendenti e fatturato tra 1,5 e 5 miliardi; 70% per imprese con fatturato

superiore a 5 miliardi.

(Per un esame più approfondito della misura si rinvia a news Assonime del 15 aprile

2020).

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2.5 La rinegoziazione dei contratti pendenti

L’interruzione dell’attività di impresa determinata dalla pandemia ha generato riflessi

importanti anche sul piano negoziale, rendendo talvolta impossibile e talvolta difficile

l’adempimento delle obbligazioni contrattuali assunte pre-Covid-19.

La decretazione d’urgenza ha preso parzialmente atto del problema e ha previsto una

disciplina ad hoc per alcuni tipi contrattuali (locazioni, contratti turistici, eventi artistici),

con disposizioni specifiche che intervengono direttamente sul rapporto negoziale con

meccanismi di integrazione legale del contratto, ad esempio come nel caso della

previsione della riduzione temporanea dei canoni di locazione.

Sul piano generale, per contenere gli effetti di eventuali inadempimenti connessi

all’emergenza Covid-19, l’articolo 91 del decreto Cura Italia ha modificato l’articolo 3

del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6 prevedendo che il rispetto delle misure di

contenimento imposte dal decreto stesso è sempre valutato ai fini dell’esclusione ai

sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 del codice civile, della responsabilità del

debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali

connesse a ritardati o omessi pagamenti. Tale disposizione esclude la responsabilità

del debitore inadempiente perché ha rispettato le misure di contenimento, trattandosi di

un’ipotesi di causa di forza maggiore che esonera il debitore. Si tratta di una norma

importante ma eccezionale, legata alla sussistenza dei presupposti previsti dal decreto

23 febbraio 2020, n. 6 (che ha stabilito appunto le prime misure di contenimento).

La stessa norma prevede, inoltre, che nelle controversie in materia di obbligazioni

contrattuali, nelle quali il rispetto delle misure di contenimento disposte durante

l’emergenza da Covid-19 può essere valutato ai fini dell’esonero di responsabilità,

costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale il preventivo

esperimento del tentativo di mediazione. In altri termini, le controversie che sorgano da

inadempimenti contrattuali legati agli effetti patologici del Covid-19, sono ascritte tra

quelle per le quale la legge impone il meccanismo della “mediazione obbligatoria”,

disciplinata dal d.Lgs. 28/2010, in modo da imporre alle parti, comunque, un tentativo

di mediazione prima di ricorrere al tribunale.

Il complesso di tali disposizioni non disciplina l’ipotesi generale, che si verifica quando

la prestazione da adempiere è difficile a causa delle mutate condizioni del mercato. Ciò

implica che, nel valutare la sorte dei contratti pendenti alla luce degli effetti provocati

Esclusione

della

responsabili-

tà da

inadempimen-

to

La

mediazione

obbligatoria

per le

controversie

da

inadempimen

-to per causa

Covid-19

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dalla pandemia, occorrerà innanzitutto far riferimento alle ordinarie regole civilistiche, e

in particolare alle disposizioni in tema di impossibilità sopravvenuta, definitiva e

temporanea (artt. 1256 c.c.), totale e parziale (artt. 1258, 1463 e 1464 c.c.), e alle

disposizioni relative all’eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione (art. 1467

c.c.). Come è noto si tratta di meccanismi che portano alla risoluzione del contratto,

con l’eccezione del caso in cui la parte contro la quale è domandata la risoluzione per

eccessiva onerosità, offra di modificare equamente le condizioni del contratto.

Tuttavia, occorre considerare come nell’attuale contesto di emergenza, in cui l’impresa

ha bisogno di mantenere in vita determinati contratti per garantire la sua continuità

operativa, potrebbe apparire più utile adottare una strategia di conservazione dei

contratti piuttosto che di demolizione degli stessi, anche in linea con il principio di

buona fede contrattuale e di conservazione del contratto che spinge, ove possibile, per

una revisione degli accordi esistenti in modo da salvaguardare al meglio l’interesse dei

contraenti ed evitare il conflitto giudiziale.

La rinegoziazione dei contratti appare, tra le varie misure a disposizione, uno

strumento utile a superare gli squilibri contrattuali che derivano dalla crisi pandemica e

ad adeguare i contratti alla situazione di fatto mutata. Trattandosi, infatti, di una crisi

che produce effetti non solo sul piano della domanda ma anche dell’offerta, è

fondamentale trovare un nuovo assetto nei rapporti contrattuali, avendo presente non

solo la singola relazione contrattuale ma anche l’incidenza dello shock pandemico sul

mercato in cui l’impresa opera.

Un’attenzione particolare andrebbe poi riservata ai contratti che risultano espressione

di filiere produttive: per questa tipologia di situazioni la rinegoziazione potrebbe essere

realmente efficace e avere oggetto più ampio, seguendo la stessa linea contrattuale di

formazione del prodotto. La rinegoziazione potrebbe coinvolgere più contraenti

interessati, configurandosi come accordi di «ristrutturazione della filiera produttiva».

In questa prospettiva gli amministratori dovrebbero considerare l’opportunità di

modificare i contratti conclusi pre-Covid 19, attraverso l’adozione di procedure mirate a

favorire il buon esito della negoziazione. Tutto ciò rende opportuno, ad esempio:

• procedere a una complessiva due diligence dei contratti pendenti per distinguere

quelli in cui si è in presenza di sopravvenienze collegate all’epidemia da quelli in

cui l’inadempimento non è ad essa collegato;

La

rinegoziazione

dei contratti

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• valutare l’incidenza di queste situazioni sull’attività dell’impresa, considerando gli

effetti connessi ai cambiamenti della domanda globale e alla fluttuazione dei

prezzi delle materie prime;

• procedere a un’analisi dei contratti pendenti nella prospettiva di evitare che

l’eventuale risoluzione di un contratto abbia conseguenze sulla sopravvivenza di

altri ad esso collegati. Si pensi, ad esempio, nell’ambito dei contratti dell’impresa

alla subfornitura;

• effettuare una valutazione del rischio del mercato di riferimento, al fine di

comprendere le evoluzioni dello stesso, l’orientamento dei consumi e, in

generale, i mutamenti nella domanda di beni e servizi e, sulla base di questo,

orientare la rinegoziazione, in modo da rendere l’adempimento non solo

possibile, ma anche utile in una prospettiva di continuità aziendale;

• nell’attività di rinegoziazione considerare una serie di elementi: ad esempio, il

valore economico del contratto, la durata della sospensione; la non utilizzabilità

totale o parziale del bene, i tempi di ripresa dell’attività;

• evitare comportamenti abusivi volti a trasferire il rischio economico del contratto

tutto sulle controparti con il rischio di pregiudicare l’equilibrio del mercato.

2.6 La perdita del capitale e il rafforzamento patrimoniale dell’impresa

Alla crisi di liquidità generata dagli effetti della pandemia può accompagnarsi una

situazione di crisi patrimoniale dell’impresa, dovuta al calo della domanda, alla

riduzione/azzeramento dei ricavi e all’aumento dei costi necessari per garantire

l’esercizio dell’attività in condizioni di sicurezza sanitaria. Tali condizioni possono

determinare perdite rilevanti del capitale sociale, a fronte delle quali gli amministratori e

i soci dovrebbero assumere i rimedi necessari previsti dagli articoli 2446 (riduzione

nominale del capitale se la perdita non risulti assorbita alla fine dell’esercizio

successivo) e 2447 c.c. (immediata ricapitalizzazione, trasformazione o liquidazione,

se la perdita riduce il capitale al di sotto del minimo legale) c.c., e dalle corrispondenti

disposizioni in tema di s.r.l.

L’art. 6 del decreto liquidità, tuttavia, ha sospeso dal 9 aprile al 31 dicembre

l’applicazione di tali disposizioni. Conseguentemente, per lo stesso periodo è sospesa

l’operatività della causa di scioglimento della società per perdita del capitale e l’obbligo

ad essa connesso di gestione conservativa dell’integrità del patrimonio sociale (ex

La

sospensione

degli

obblighi ex

artt. 2446 e

2447 c.c.

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articolo 2486 c.c.). Ciò comporta che la società può continuare ad operare pur in

presenza di un patrimonio netto negativo e gli amministratori potranno compiere tutti gli

atti che costituiscono fisiologicamente attuazione dell’oggetto sociale, valutando anche

nuove operazioni strumentali a reintegrare il valore del patrimonio netto. Considerando,

tuttavia, che la perdita di capitale si è verificata, essi dovranno ponderare attentamente

se da tali atti possano discendere conseguenze pregiudizievoli per i creditori ed evitare

quelle condotte che rischiano di aggravare ulteriormente la situazione di squilibrio

economico-patrimoniale dell’impresa.

Per un esame approfondito dell’ambito di applicazione della sospensione e degli effetti

v. Assonime, Le regole societarie per salvaguardare la continuità operativa delle

imprese nei decreti Liquidità e Rilancio, Circ. n. 16/2020.

In caso di perdite rilevanti del capitale sociale le azioni cui sono chiamati gli

amministratori variano in base alla situazione di difficoltà dell’impresa e alla genesi

della stessa. Di seguito si evidenziano tre situazioni possibili: a) la perdita di capitale

quale effetto temporaneo diretto o indiretto del Covid-19; b) la perdita di capitale

sintomo di perdita di continuità aziendale; c) la perdita di capitale sintomo della crisi

d’impresa. In ciascuna di queste situazioni, una volta rilevata e accertata la perdita gli

amministratori devono in ogni caso convocare senza indugio l’assemblea per informare

i soci e valutare con essi le diverse soluzioni da adottare entro il termine del periodo di

sospensione dei rimedi a tutela dell’integrità del capitale sociale.

a) Perdita del capitale per effetto del Covid-19

È preliminare capire se lo squilibrio patrimoniale dell’impresa sia episodico,

direttamente e temporaneamente legato al Covid-19, o se ad esso si associ

un’incapacità intrinseca di generare profitti o un livello di indebitamento insostenibile

generato da una pregressa struttura finanziaria squilibrata verso il debito.

Nel caso di un’impresa sana prima della diffusione del virus, che abbia subito perdite

per effetto diretto o indiretto delle misure di contenimento dello stesso potrebbe essere

sufficiente ridefinire il piano di business adattando l’operatività dell’impresa alla nuova

normalità imposta dalla Fase 2 (riposizionamento strategico sul mercato,

riorganizzazione dei canali di vendita, miglioramento della flessibilità dei costi di

struttura, ecc.).

Contestualmente andranno valutate tutte le opportunità concesse dalla legislazione

ordinaria (aumenti di capitale a pagamento, apporti spontanei dei soci, emissione di

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strumenti finanziari, conversione del debito in azioni, ecc.) e dalla legislazione di

emergenza per reintegrare il patrimonio entro il 31 dicembre 2020.

b) Perdita del capitale e perdita di continuità aziendale

Se alla crisi patrimoniale si affianchi una situazione di perdita di continuità aziendale

(per effetto diretto del Covid-19, o quale aggravamento di una situazione di difficoltà

preesistente) le valutazioni degli amministratori vanno distinte sotto un duplice profilo:

quello contabile e quello operativo.

Sotto il profilo contabile, con la deroga agli ordinari criteri di redazione del bilancio

introdotta dall’articolo 7 del decreto Liquidità e rimodulata dall’articolo 38 quater del

decreto Rilancio, gli amministratori sono esonerati dalla necessità di effettuare – per i

bilanci relativi ad esercizi chiusi prima del 23 febbraio e non ancora approvati, fino a

quelli relativi a esercizi in corso al 31 dicembre 2020 – la valutazione prospettica sulla

sussistenza del presupposto della continuità aziendale, e cioè della capacità

dell’azienda di continuare a costituire un complesso economico funzionante destinato

alla produzione di reddito per un periodo di almeno dodici mesi dalla data di riferimento

del bilancio. L’articolo 38 quater del decreto Rilancio prevede, infatti, che nella

predisposizione del bilancio d’esercizio in corso al 31 dicembre 2020, la valutazione

delle voci e della prospettiva della continuazione dell’attività di cui all’articolo 2423-bis,

comma primo, n.1) del codice civile, può comunque essere effettuata sulla base delle

risultanze dell’ultimo bilancio di esercizio chiuso entro il 23 febbraio 2020. Nella

predisposizione dei bilanci relativi ad esercizi chiusi entro il 23 febbraio 2020 e non

ancora approvati, la valutazione è effettuata non tenendo conto delle incertezze e degli

effetti derivanti dai fati successivi alla data di chiusura del bilancio. Tali presunzioni

consentono di valutare le voci di bilancio secondo i criteri di funzionamento, anziché di

liquidazione a prescindere da un’analisi specifica delle informazioni disponibili alla data

di preparazione del bilancio.

Per un esame approfondito della deroga prevista dalla norma si rinvia a Assonime, Le

regole societarie per salvaguardare la continuità operativa delle imprese nei decreti

Liquidità e Rilancio, Circ. n. 16/2020.

La deroga prevista dall’articolo 7 del decreto Liquidità, rimodulata nei termini indicati

dall’articolo 38 quater del decreto Rilancio, esaurisce i suoi effetti soltanto sul piano

contabile, ai fini della redazione del bilancio. Sul piano sostanziale, infatti, gli

amministratori non appaiono esonerati dal monitoraggio costante sulla sussistenza

della continuità aziendale e neppure dall’adozione dei rimedi necessari per il suo

La

presunzione

di

continuità

aziendale

nei bilanci

2020

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recupero qualora si verifichi una situazione di perdita della stessa. Tali obblighi

permangono, infatti, in capo agli amministratori in forza del principio di corretta

gestione imprenditoriale e dei più specifici doveri previsti dall’articolo 2086 c.c.

A questo proposito occorre precisare come la nozione di continuità aziendale in ambito

contabile sembra assumere un significato diverso da quello inerente alla gestione

dell’impresa. In ambito contabile, infatti, la mancanza di continuità aziendale si

identifica con quella situazione in cui la valutazione prospettica della capacità

dell’azienda di continuare a costituire un complesso economico funzionante porti a

concludere che, nell’arco temporale futuro di riferimento, non vi sono ragionevoli

alternative alla cessazione dell’attività. Si tratta di una situazione di carattere definitivo.

La continuità aziendale di natura sostanziale, in assenza di uno stato di crisi, riguarda

invece una situazione in cui il pregiudizio alla capacità dell’impresa di continuare a

operare come entità in funzionamento è di natura potenzialmente reversibile. Questo è

ciò che giustifica l’obbligo per gli amministratori di attivarsi per il suo superamento.

Con riguardo ai rimedi per il recupero della continuità aziendale, anche in questo caso,

gli amministratori potranno riferirsi a istituti previsti dalla legislazione ordinaria ed

emergenziale. I piani adottati per affrontare tale circostanza dovranno, tuttavia, essere

potenzialmente idonei – sulla base delle informazioni disponibili allo stato attuale – a

recuperare la capacità dell’impresa di continuare ad operare nei dodici mesi successivi

come un’entità in funzionamento.

c) Perdita di capitale e crisi

In presenza di una situazione di crisi conclamata, in cui gli strumenti dell’emergenza

previsti dai diversi decreti non consentono di recuperare in un ragionevole futuro

l’equilibrio economico, finanziario e patrimoniale dell’impresa, o persino rischiamo di

aggravarne la situazione, gli amministratori devono avviare un percorso di risanamento

concorsuale. Le valutazioni degli amministratori in questo caso riguarderanno la scelta

dello strumento concorsuale a cui accedere.

Va ricordato che si verifica una situazione di crisi quando l’impresa versa in una

situazione di sistematica incapacità dei flussi di cassa reddituali attuali e prospettici di

far fronte alle obbligazioni pianificate, e dunque quando l’impresa non è in grado di

generare prospetticamente cassa sufficiente per il pagamento dei debiti. Si tratta,

tuttavia, di una situazione reversibile che può essere superata con i rimedi ordinari ed

emergenziali, ivi compresi se ne ricorrono le condizioni i finanziamenti garantiti, purché

Il ricorso

alle

procedure

concorsuali

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tutti collocati all’interno di una procedura concorsuale, secondo le regole per esse

previsti (es. autorizzazione del Tribunale per nuovi finanziamenti).

Qualora, invece, gli amministratori accertino una situazione di insolvenza, in cui

l’incapacità di adempiere le obbligazioni pianificate è divenuta irreversibile, essi

dovranno tempestivamente attivarsi per la presentazione dell’istanza di fallimento,

essendo ormai terminato il periodo di improcedibilità dei relativi ricorsi previsto dal

decreto Liquidità (30 giugno 2020).

Gli strumenti per il rafforzamento patrimoniale previsti dal decreto Rilancio e dal

decreto Semplificazioni

Per favorire il rafforzamento patrimoniale di tutte le imprese, e in particolare di quelle

che si trovino nelle situazioni indicate nel paragrafo precedente, il decreto Rilancio

prevede due misure con presupposti di applicazione che variano in base alle

dimensioni dell’impresa: i) un credito d’imposta per soci e società di medie dimensioni

diretto a incentivare le ricapitalizzazioni; ii) l’istituzione di un Patrimonio Destinato

presso Cassa depositi e prestiti destinato ad affiancare temporaneamente le imprese di

grandi dimensioni attraverso la sottoscrizione di prestiti obbligazionari convertibili,

partecipazione ad aumenti di capitale, acquisto di azioni quotate sul mercato

secondario in caso di operazioni strategiche, ecc. Allo stesso scopo di favorire

l’afflusso di nuovi capitali nelle imprese colpite direttamente o indirettamente dagli

effetti dell’emergenza sanitaria, da ultimo, il decreto Semplificazioni ha introdotto una

disciplina temporanea per le operazioni di aumento di capitale delle società per azioni

quotate e non quotate.

Anche in questo caso la prima azione degli amministratori è quella di valutare la

sussistenza delle condizioni per accedere alle varie misure.

Il credito d’imposta per le società di medie dimensioni

L’articolo 26 del decreto Rilancio istituisce un credito di imposta volto ad incentivare gli

interventi di ricapitalizzazione per le società di capitali - diverse dagli intermediari

finanziari e dalle società assicurative - che soddisfino i seguenti requisiti:

• volume di ricavi superiore a 5 milioni di euro e fino a 50 milioni di euro;

• riduzione complessiva nei mesi di marzo e aprile 2020 dei ricavi in misura non

inferiore al 33% rispetto ai mesi corrispondenti dell'anno precedente;

Le

condizioni

del

beneficio

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• regolarità fiscale e contributiva e assenza di altre cause ostative (impresa in

difficoltà, condanna degli amministratori, recupero di aiuti di Stato illegali, ecc.).

Nel caso di società appartenenti a gruppi si fa riferimento al volume dei ricavi (e alle

riduzioni subite) desumibili dal bilancio consolidato senza tener conto delle transazioni

infragruppo.

Il presupposto dell'incentivo è che le società in questione abbiano deliberato ed

eseguito un aumento di capitale a pagamento dopo l'entrata in vigore del decreto ed

entro il 31 dicembre 2020.

Il credito di imposta ha una duplice valenza e viene riconosciuto sia in favore del socio

che nei confronti della società ricapitalizzata.

Al socio viene attribuito un credito di imposta pari al 20% del conferimento in denaro

fermo restando che non si tiene conto dei conferimenti eccedenti i 2 milioni di euro

(quindi un tetto complessivo di 400.00 euro). Il credito in questione viene riconosciuto

anche in assenza dei requisiti di regolarità contributiva e fiscale purché la società

beneficiaria rilasci una certificazione dalla quale risulti di non aver superato i limiti di

fruizione degli aiuti di stato previsti dal "Quadro temporaneo per le misure di aiuto di

Stato a sostegno dell'economia nell'attuale emergenza del COVID-19" della

Commissione UE.

Il credito non spetta in favore delle società che controllano direttamente o

indirettamente la società conferitaria, che sono soggette a comune controllo o che

sono collegate con la stessa. In questo modo, nell'ambito di un gruppo societario,

rilevano solo i conferimenti provenienti dai soci di controllo in veste di enti non societari

o persone fisiche posti al vertice della catena societaria, nonché quelli effettuati da soci

terzi rispetto al gruppo di appartenenza.

Il socio può far valere il credito in questione nella dichiarazione dei redditi relativa al

periodo di imposta 2020 e utilizzarlo anche in compensazione senza limiti dopo il

decorso di dieci giorni dalla presentazione. La partecipazione rinveniente dal

conferimento deve essere detenuta fino al 31.12.2023 e vi è l'obbligo di non distribuire

riserve fino a tale data, pena la decadenza dall'agevolazione con effetto retroattivo.

Alla società beneficiaria del conferimento viene attribuito un credito di imposta pari al

50% delle perdite eccedenti il 10% del patrimonio netto e, comunque, non oltre il 30%

dell'aumento di capitale effettuato. Il credito non dà luogo a proventi tassabili ai fini

Il credito

d’imposta

per il

socio…

…e per la

società

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dell'IRES e dell'IRAP ed è utilizzabile in compensazione senza limiti a partire dal

decimo giorno successivo alla presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al

periodo di imposta 2020. Anche in questo caso, l'eventuale distribuzione di riserve

prima del 1° gennaio 2024 comporta la decadenza dal beneficio con effetto retroattivo.

(Per un esame più approfondito della misura e degli altri crediti d’imposta in favore

delle imprese v. news Assonime, del 22 maggio 2020)

Il Patrimonio destinato di Cassa depositi e Prestiti per imprese con fatturato superiore a

50 milioni

L'articolo 27 del decreto Rilancio prevede che Cassa Depositi e Prestiti istituisca un

Patrimonio destinato, denominato "Patrimonio Rilancio", con durata di dodici anni, per

interventi di sostegno delle imprese con fatturato superiore a 50 milioni di euro.

Le risorse del Patrimonio destinato sono impiegate per il sostegno e il rilancio del

sistema economico produttivo italiano a condizioni di mercato, oppure nelle forme e

alle condizioni previste dal quadro normativo europeo sugli aiuti di Stato

nell'emergenza Covid-19 (da ultimo modificato l'8 maggio). Gli interventi, comunque di

carattere temporaneo, possono avere varie forme: in via preferenziale, sottoscrizione di

prestiti obbligazionari convertibili, partecipazione ad aumenti di capitale e acquisto di

azioni quotate sul mercato secondario in caso di operazioni strategiche.

Gli interventi di sostegno del Patrimonio Rilancio sono destinati a società per azioni,

anche con azioni quotate in mercati regolamentati, comprese quelle costituite in forma

cooperativa, che abbiano un fatturato annuo superiore cinquanta milioni di euro, la

sede legale in Italia e non operino nel settore bancario, finanziario o assicurativo. Sono

ammessi interventi relativi a operazioni di ristrutturazione di società che, nonostante

temporanei squilibri patrimoniali o finanziari, siano caratterizzate da adeguate

prospettive di redditività. Qualora necessario, gli interventi del Patrimonio Rilancio sono

subordinati all'approvazione della Commissione europea ai sensi dell'articolo 108

TFUE. Le operazioni di impiego e di investimento effettuate da CDP a valere sul

Patrimonio Destinato e tutti gli atti ad esse funzionalmente collegati non attivano

eventuali clausole contrattuali e/o statutarie di cambio di controllo o previsioni

equipollenti che dovessero altrimenti operare.

Le modalità di intervento, le condizioni e i requisiti di accesso saranno definiti con

decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro dello sviluppo

economico.

I beneficiari

dell’intervento

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(Per un esame approfondito degli strumenti del Patrimonio destinato e del Fondo

Patrimonio PMI v. news Assonime del 29 maggio 2020).

Le misure per favorire gli aumenti di capitale delle s.p.a. quotate e non quotate

L’articolo 44 del decreto Semplificazioni ha introdotto alcune deroghe temporanee alla

disciplina ordinaria degli aumenti di capitale previste dal codice civile, stabilendo in

primo luogo che fino al 30 aprile 2021 non si applica la regola della maggioranza

rafforzata dei due terzi del capitale rappresentato in assemblea straordinaria. La

decisione potrà essere assunta con il voto favorevole della maggioranza del capitale

rappresentato in assemblea, anche qualora lo statuto preveda maggioranze più

elevate, a condizione che sia rappresentata almeno la metà del capitale sociale.

La deroga si applica alle deliberazioni assunte in prima convocazione, in seconda e

nelle convocazioni successive alla seconda, aventi ad oggetto: i) aumenti del capitale

sociale con nuovi conferimenti, ai sensi degli articoli 2440 e 2441 del codice civile; ii)

l'introduzione nello statuto sociale della clausola che consente di escludere il diritto di

opzione ai sensi dell'articolo 2441, quarto comma, c.c. per come modificato a regime

dalla medesima disposizione in esame; iii) l'attribuzione agli amministratori della facoltà

di aumentare il capitale sociale, ai sensi dell'articolo 2443 del codice civile.

Un’altra deroga significativa di carattere temporaneo riguarda la disciplina dell'aumento

di capitale con esclusione del diritto di opzione prevista per le società con azioni

quotate in mercati regolamentati, di cui all'articolo 2441, quarto comma del codice

civile. In particolare, il terzo comma dell'articolo 44 decreto prevede che fino al 30

aprile 2021 tali società possono deliberare un aumento di capitale con nuovi

conferimenti, con esclusione del diritto di opzione: i) anche in mancanza di espressa

previsione statutaria; ii) nei limiti del venti per cento del capitale sociale preesistente

(anziché del 10%) ovvero, in caso di mancata indicazione del valore nominale, nei limiti

del venti per cento del numero delle azioni preesistenti, a condizione che il prezzo di

emissione corrisponda al valore di mercato delle azioni come attestato da un revisore

legale o da una società di revisione; iii) con una riduzione alla metà dei termini per la

convocazione dell'assemblea chiamata a discutere e deliberare su tale argomento.

Per lo stesso periodo, alle medesime condizioni, tale facoltà è estesa anche alle

società con azioni quotate su sistemi multilaterali di negoziazione.

Accanto alle deroghe temporanee alla disciplina civilistica degli aumenti di capitale, lo

stesso articolo 44 del decreto Semplificazioni ha modificato in via definitiva la disciplina

La deroga

alla

maggioranza

rafforzata per

le delibere di

aumento di

capitale

L’aumento

di capitale

nelle

società

quotate

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del diritto di opzione prevista dall'art. 2441 del codice civile. (Per un esame delle

principali novità si rinvia a news Assonime del 21 luglio 2020).

2.7 L’accesso alle procedure concorsuali

Nel caso in cui – sia per effetto diretto del Covid-19, sia per l’aggravarsi di una

situazione di difficoltà precedente – gli amministratori accertino una situazione di crisi,

occorrerà accedere a una procedura concorsuale prevista dalla legge fallimentare.

Nella scelta della procedura, oltre ai criteri che prima della diffusione del virus

dovevano essere seguiti (ad. esempio, numero e tipologia dei creditori, cause e gravità

della crisi, necessità di nuova finanza, ecc.), è necessario tenere conto anche degli

effetti che la pandemia ha provocato sull’intero sistema della delle procedure

concorsuali stesse, generando una situazione di obiettiva incertezza sulla possibilità di

predisporre piani di risanamento/ristrutturazione che possano superare il vaglio di

fattibilità dell’autorità giudiziaria e ottenere l’attestazione positiva di un professionista a

ciò incaricato. Tutto ciò comporta che gli amministratori possono seguire due strade:

adattare i vecchi istituti al nuovo contesto, oppure prediligere i nuovi strumenti previsti

dalla legislazione d’emergenza.

Nel caso in cui gli amministratori scelgano di ricorrere agli istituti ordinari del piano di

risanamento attestato (art. 67, terzo comma, lett, d) l.f), dell’accordo di ristrutturazione

dei debiti (art. 182 bis l.f.) o del concordato preventivo (art. 160 l.f.), nella

predisposizione dei piani – soprattutto nel caso in cui questi prevedano la continuità

aziendale – essi dovrebbero:

• formulare soltanto ipotesi concretamente ancorate a soluzioni plausibili;

• prevedere più scenari con obiettivi intermedi, e soluzioni alternative in caso di

possibili scostamenti dalle previsioni originarie;

• sottoporre le assunzioni ipotetiche del piano ad analisi di sensitività che

tengano conto dei diversi scenari e presuppongano l’individuazione e la

misurazione dei fattori di rischio ai quali sono soggetti l’impresa e il piano;

• prevedere un orizzonte temporale di pianificazione più ampio. Su questo

aspetto in particolare si segnala come una prima giurisprudenza abbia ritenuto

opportuna una rimodulazione dell’arco temporale del piano di concordato,

(originariamente 5 anni), spostando di un anno in avanti le previsioni sui flussi

attesi (Tribunale Rovigo, 27 marzo 2020).

Il ricorso

agli

strumenti

della legge

fallimentare

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Nella scelta tra i diversi strumenti, se lo stato della crisi lo consente, appare

ragionevole preferire gli strumenti più flessibili dei piani attestati e degli accordi di

ristrutturazione dei debiti che consentono di attivare una tempestiva interlocuzione dei

creditori, senza le rigide sequenze procedimentali scandite dalla procedura giudiziaria

di concordato preventivo.

Con riguardo ai piani attestati va, peraltro, segnalata la possibilità di un più agevole

utilizzo dello strumento per le PMI se combinato: i) con la moratoria straordinaria dei

prestiti e delle linee di credito concesse da banche e intermediari finanziari prevista

dall’articolo 56 del decreto Cura Italia, ii) con la spinta alla rinegoziazione dei contratti

prevista dall’articolo 91 dello stesso decreto; iii) con il ricorso alla garanzia del Fondo

PMI per i nuovi finanziamenti. Gli amministratori potranno, infatti, predisporre un piano

di risanamento beneficiando: di linee di credito operative, della possibilità di prevenire –

attraverso le rinegoziazioni dei contratti – almeno in parte, le tipiche azioni che

possono ostacolare le trattative con i creditori (iscrizioni ipotecarie, sequestri, sfratti,

ecc.), nonché della possibilità di conseguire finanziamenti a garanzia pubblica (purché

ricorrano le condizioni relative alle esposizioni deteriorate verso il sistema bancario e le

altre condizioni previste dalla legge).

Nel caso di scelta dello strumento del concordato preventivo, gli amministratori

potranno, invece, optare per la presentazione di una domanda di concordato “in

bianco”, chiedendo al giudice un termine compreso tra sessanta e centoventi giorni,

prorogabile di altri sessanta giorni, per depositare successivamente il piano di

concordato e la relazione del professionista indipendente che ne attesti la fattibilità.

Attraverso la domanda incompleta il debitore può beneficiare tempestivamente del

blocco delle azioni esecutive dei creditori individuali nel tempo necessario per la

predisposizione del piano e della proposta ai creditori. Nel termine fissato dal giudice, il

debitore può presentare alternativamente un accordo di ristrutturazione dei debiti.

Questo strumento si arricchisce oggi di una nuova opzione pensata per rendere più

flessibile la disciplina concorsuale nell’attuale contesto di crisi generato dalla

pandemia. Il decreto Liquidità ha introdotto, infatti, la possibilità di presentare una

domanda di concordato in bianco finalizzata alla predisposizione di un piano attestato

di risanamento (ex art. 67, terzo comma, lett. d), conciliando in tal modo i vantaggi del

concordato in bianco con quelli dello strumento stragiudiziale.

In particolare, in base alla previsione del comma 5 bis dell’articolo 9 del decreto

Liquidità, gli amministratori potranno presentare una domanda di concordato

incompleta chiedendo al giudice il consueto termine compreso tra sessanta centoventi

I piani

attestati di

risanamento

per le PMI

La rinuncia

al

concordato

in bianco

con piano

attestato

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giorni (prorogabile non oltre sessanta giorni). Entro tale termine, anziché presentare il

piano e la relativa documentazione al fine dell’apertura della procedura concordataria,

potranno rinunciare alla domanda in bianco dichiarando di aver predisposto un piano

attestato di risanamento, pubblicato nel registro delle imprese. In tal caso il Tribunale,

verificata la completezza e la regolarità della documentazione, dichiara l’improcedibilità

della domanda in bianco.

In questo modo vengono estesi al piano attestato gli effetti della domanda di

concordato, con particolare riguardo al blocco delle azioni esecutive e alla sospensione

dei pagamenti pregressi. Ciò può consentire agli amministratori:

• di beneficiare del tempo necessario per perfezionare gli accordi con i principali

creditori al riparo da quelle azioni che possono pregiudicare le trattative e il buon

esito del tentativo di risanamento;

• di evitare l’apertura di una procedura giudiziale onerosa e complessa, che

richiede un vaglio di ammissibilità da parte del Tribunale, difficilmente superabile

alla luce delle incertezze e difficoltà dello scenario macroeconomico attuale.

Nella scelta di ricorrere a questa soluzione, andranno, tuttavia tenuti conto gli oneri che

ne derivano. In particolare, dalla data del deposito della domanda e sino alla

dichiarazione della sua improcedibilità, la gestione dell’impresa viene esercitata sotto il

controllo dell’autorità giudiziaria, essendo necessaria l’autorizzazione del Tribunale per

il compimento degli atti di straordinaria amministrazione. Può essere nominato un

commissario giudiziale che vigili sull’impresa e inoltre, dovranno essere adempiuti

rigorosi obblighi informativi periodici relativi alla gestione finanziaria dell’impresa e

all’attività compiuta per il perfezionamento delle misure di ristrutturazione.

Va segnalato, infine, che il ricorso al concordato in bianco finalizzato all’adozione di un

piano di risanamento è possibile soltanto per le domande di concordato incomplete per

le quali il giudice abbia concesso i relativi termini entro il 31 dicembre 2021.

2.8 Le procedure pendenti

Gli effetti del Covid-19 si ripercuotono anche sulle imprese che avevano avviato una

procedura concorsuale negoziale prima della sua diffusione. Per evitare che tali

procedure possano essere compromesse da questo evento straordinario, il decreto

Liquidità ha introdotto alcune deroghe alla disciplina concorsuale ordinaria per

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consentire all’impresa di riallineare i piani di concordato preventivo e gli accordi di

ristrutturazione già pendenti o definiti al peculiare scenario macroeconomico attuale.

A tal fine, il decreto delinea diverse misure applicabili in base allo stato in cui si trova la

procedura.

Concordati preventivi e accordi di ristrutturazione già omologati

Per i concordati preventivi e gli accordi di ristrutturazione già omologati opera una

proroga di sei mesi dei termini di adempimento degli obblighi derivanti dalla procedura

che scadono dopo il 23 febbraio. Tale misura si applica anche agli accordi di

composizione della crisi e ai piani del consumatore omologati.

La proroga opera ex lege e non occorre nessuna istanza né provvedimento del

Tribunale al riguardo.

Concordati preventivi e accordi di ristrutturazione pendenti al 23 febbraio 2020

Per i concordati preventivi e gli accordi di ristrutturazione dei debiti non ancora

omologati alla data del 23 febbraio 2020 gli amministratori possono optare per due

soluzioni:

• depositare un nuovo piano e una nuova proposta di concordato o un nuovo

accordo di ristrutturazione, che tenga conto dei fattori economici sopravvenuti per

effetto della crisi epidemiologica;

• modificare soltanto i termini di adempimento originariamente previsti nella

proposta o nell’accordo.

Nel primo caso, dovrà essere presentata un’istanza al Tribunale con la richiesta di un

termine non superiore a 90 giorni per la presentazione del nuovo piano o del nuovo

accordo. L’istanza può essere presentata fino all’udienza per l’omologa. Il termine non

è prorogabile e non può essere concesso – in caso di concordato preventivo – se è

stata già svolta la votazione dei creditori e non sono state raggiunte le maggioranze

richieste dalla legge per l’approvazione del piano.

Nel secondo caso andrà, invece, depositata in Tribunale – anche in questo caso fino

all’udienza per l’omologa – una memoria contenente l’indicazione dei nuovi termini e la

documentazione comprovante la necessità della proroga. Acquisito il parere del

commissario giudiziale, il tribunale può omologare il piano dando espressamente atto

La proroga

dei termini di

adempimento

La

modifica

e il

deposito

di un

nuovo

piano

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delle nuove scadenze se sussistono i requisiti normalmente richiesti dalla legge per

l’omologazione. La proroga dei termini originari non può essere superiore a sei mesi.

Concordato in bianco e pre-accordo di ristrutturazione dei debiti

Nei procedimenti di concordato in bianco o nei procedimenti volti a ottenere il blocco

delle azioni esecutive nella fase delle trattative per il perfezionamento di un accordo di

ristrutturazione dei debiti (cd. pre-accordo di ristrutturazione dei debiti) per i quali il

Tribunale ha già prorogato i termini di presentazione del piano o dell’accordo

originariamente concessi, gli amministratori possono presentare istanza per una

ulteriore proroga di 90 giorni.

L’istanza deve essere presentata prima della scadenza della proroga dei termini

originari ed è ammessa anche se risulta già pendente un ricorso per la dichiarazione di

fallimento. Essa deve indicare gli elementi che ne rendono necessaria la concessione

con specifico riferimento ai fatti sopravvenuti per effetto dell’emergenza epidemiologica

COVID-19.

Il tribunale, nel concordato in bianco, acquisito il parere del commissario giudiziale se

nominato, concede la proroga quando ritiene che l’istanza si basi su concreti e

giustificati motivi.

Nei procedimenti di pre-accordo, provvede in camera di consiglio e concede la proroga

quando, oltre ai concreti e giustificati motivi per la proroga, ritiene sussistenti i

presupposti per pervenire a un accordo di ristrutturazione dei debiti con i creditori che

rappresentano almeno il 60% dei crediti.

(Per un primo esame delle altre novità in materia concorsuale introdotte dal Decreto

Liquidità si rinvia a Assonime, Decreto liquidità: Misure per la crisi d’impresa e la

continuità aziendale nell’emergenza Covid-19, Scheda del 10 aprile 2020).

La proroga

dei termini

del

concordato

in bianco

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BIBLIOGRAFIA:

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Quaderni di RES, a cura di M.Irrera, Torino, 2020, consultabile sul sito

https://www.centrores.org/wordpress/i-quaderni-di-res-volume-3-2/; G. DI CECCO, Spunti

per una riflessione collettiva sulle misure adottate ed adottabili per il contrasto alla crisi

economica “da pandemia”, in www.ilcaso.it, 3 maggio 2020; D. GALLETTI, I doveri

reattivi dell’imprenditore, sotto l’impero Covid-19 e l’obbligo di non arrendersi, in

www.ilfallimentarista.it, 15 maggio 2020; M. IRRERA-E. FREGONARA La crisi d’impresa e

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ASSONIME, Le nuove regole societarie sull’emersione anticipata della crisi d’impresa e

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FAUCEGLIA, Il nuovo diritto della crisi e dell’insolvenza, Torino, 2019, 227 e ss.;

M.IRRERA, La collocazione degli assetti organizzativi e l’intestazione del relativo obbligo

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ORGANIZZAZIONE AZIENDALE E GESTIONE DEI RISCHI:

PROTOCOLLO CONDIVISO di regolazione delle misure per il contrasto e il contenimento

della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro, 24 aprile 2020 disponibile

sul sito: https://www.lavoro.gov.it/notizie/Documents/Protocollo-24-aprile-2020-

condiviso-misure-di-contrasto%20Covid-19.pdf; INAIL, Documento tecnico sulla

possibile rimodulazione delle misure di contenimento del contagio da SARS-Co-2 nei

luoghi di lavoro e strategie di prevenzione, aprile 2020, disponibile sul sito:

https://www.inail.it/cs/internet/comunicazione/pubblicazioni/catalogo-generale/pubbl-

rimodulazione-contenimento-covid19-sicurezza-lavoro.html; INAIL, Circolare n. 22 del

20 maggio 2020 sulla Tutela infortunistica nei casi accertati di infezione da corona

virus, disponibile sul sito https://www.inail.it/cs/internet/atti-e-documenti/note-e-

provvedimenti/circolari/circolare-inail-n-22-del-20-05-2020.html; ASSONIME, Covid e

compliance al d.lgs 231/01 Prime indicazioni, Caso 4/2020.

CONTRATTI:

A.M. BENEDETTI - R. NATOLI, Coronavirus, emergenza sanitaria e diritto dei contratti:

spunti per un dibattito, in dirittobancario.it, 25 marzo 2020; 4 e ss.; A.A.

DOLMETTA, «Misure di contenimento» della pandemia e disciplina

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41

dell'obbligazione, in Banca borsa tit. cred., 2020, I, 151 ss; ID Il problema della

rinegoziazione ai tempi del coronavirus, in Giustiziacivile.com, 4 giugno 2020; L.

PANZANI, Covid, crisi e rinegoziazione, in www.dirittobancario.it, 29 giugno 2020.

FINANZIAMENTI:

A.A. DOLMETTA, Prospettive e problemi del credito pandemico coperto da garanzia

statale, in Riv. Dir. Bancario, II, 2020; G. GARESIO, Alla ricerca della liquidità perduta.

Prime considerazioni sulle misure di sostegno alle imprese e sui loro possibili impatti

sui Ratios patrimoniali delle banche; in AA.VV., Il diritto dell’emergenza: profili societari,

concorsuali, bancari e contrattuali, in I Quaderni di RES, a cura di M.Irrera, Torino,

2020; M. IRRERA-G.A. POLICARO, Il sostegno alla liquidità delle PMI da parte del sistema

bancario ai tempi del coronavirus, in., Il diritto dell’emergenza: profili societari,

concorsuali, bancari e contrattuali, in AA.VV. Quaderni di RES, a cura di M.Irrera,

Torino, 2020;

CONTINUITÀ OPERATIVA DELL’IMPRESA:

ASSONIME, Decreto Liquidità: le misure societarie per la continuità operativa

dell’impresa, Circ. n. /2020 G. D’ATTORRE, Disposizioni temporanee in materia di

riduzione del capitale ed obblighi degli amministratori di società in crisi, in Fall. 2020,

601; M. MUSARDO, La gestione delle società di capitali con patrimonio netto negativo ai

tempi del Covid-19, in Il Caso.it, 19 maggio 2020, 15; G. STRAMPELLI, Il sostegno (?)

della continuità aziendale nella crisi da Covid-19: Capitale sociale e bilanci nel “Decreto

Liquidità”, cit.11 e ss.; M. VENTORUZZO, Continuità aziendale, perdite sul capitale e

finanziamenti soci nella legislazione emergenziale da Covid-19, in Le Società, 5, 2020.

PROCEDURE CONCORSUALI:

G. CORNO- L. PANZANI, La disciplina dell’insolvenza durante la pandemia da Covid-19.

Spunti di diritto comparato, con qualche riflessione sulla possibile evoluzione della

normativa italiana, in www.ilcaso.it, 27 aprile 2020; iD, Proposta di legge per una

moratoria straordinaria volta a gestire l’emergenza, tramite l’istituzione della procedura

di “amministrazione vigilata”, in www.ilcaso.it, 07 maggio 2020; G. COVINO, A.

AURICCHIO, L. JEANTET, P.VALLINO, La ristrutturazione al tempo del Covid, in

www.ilfallimentarista.it , 24 aprile 2020; F. LAMANNA, Le misure temporanee previste dal

decreto liquidità per i concordati preventivi e gli accordi di ristrutturazione, in

www.ilfallimentarista.it, 14 aprile 2020; P.RIVA, Redigere e attestare un piano in tempo

di Covid-19. Alcune proposte di rideclinazione dei principi, in www.ilfallimentarista.it, 8

giugno 2020; UNIVERSITÀ DI FIRENZE, ASSONIME, CNDCEC, Linee guida per il

finanziamento alle imprese in crisi, sec. ed. 2015; CNDCEC, Principi di redazione dei

piani di risanamento, 2017.

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TABELLA NORMATIVA

RIFERIMENTO

LEGISLATIVO

TIPO DI MISURA

DESTINATARI

DL Cura Italia

18/2020 artt. 19 -22 e

DL Rilancio artt.68-70

Ammortizzatori sociali per

sostenere il costo del lavoro delle

imprese che hanno dovuto

interrompere o ridurre l’attività

produttiva per eventi riconducibili

all’emergenza epidemiologica da

Covid-19.

Tutte le imprese

DL Cura Italia

18/2020 art. 49 e DL

Liquidità 23/2020 art.

13

Agevolazioni per l’accesso al

credito attraverso la previsione di

deroghe alla disciplina ordinaria

del Fondo centrale di Garanzia di

cui alla legge n. 662/1996.

Imprese con numero di

dipendenti non superiore

a 499

DL Cura Italia

18/2020 Art. 56

Divieti di revoca fino al 30

settembre 2020 degli affidamenti

bancari goduti dalle imprese e

moratorie sui rimborsi dei prestiti in

essere per mantenere le linee di

credito necessarie al sostegno

finanziario dell’impresa ed evitare

le conseguenze derivanti da

eventuali inadempimenti.

Microimprese e PMI

aventi sede in Italia

DL Cura Italia

18/2020 Art. 57

Meccanismi di sostegno alla

liquidità delle imprese attraverso

Cassa Depositi e Prestiti in favore

della quale può essere concessa

la garanzia di Stato sulle

esposizioni assunte nei confronti di

banche ed altri soggetti che

concedono finanziamenti alle

Imprese operanti nei

settori individuati con un

decreto del Ministro

dell'economia e delle

finanze, di concerto con

il Ministro dello sviluppo

economico individuate,

che non abbiano

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imprese

accesso alle garanzie

concesse dal Fondo PMI

DL Cura Italia

18/2020 art. 91 e art.

3 DL 6/2020

Esonero da responsabilità per

inadempimento contrattuale o per

il ritardo nell’adempimento del

debitore, in deroga alle previsioni

dell’articolo 1218 del codice civile,

quando l’inadempimento o il

ritardo siano conseguenza

dell’attuazione delle misure di

contenimento del virus, e

previsione della mediazione come

condizione di procedibilità nelle

controversie per inadempimento

contrattuale a causa Covid-19

Tutte le imprese

DL Cura Italia art. 106

Facoltà per le società fino al 31

luglio 2020 (salvo eventuali

proroghe dello stato di emergenza)

di: i) convocare le assemblee di

approvazione dei bilanci entro il

termine di 180 giorni dalla chiusura

dell’esercizio sociale; ii) di

utilizzare – anche in deroga allo

statuto – le modalità di

partecipazione a distanza

Società per azioni,

società in accomandita

per azioni, società a

responsabilità limitata,

società cooperative e

mutue assicuratrici

DL Liquidità 23/2020

art. 1

Concessione di garanzie pubbliche

attraverso l’intervento di SACE sui

finanziamenti concessi dalle

banche alle imprese

Grandi imprese e PMI ce

abbiano già utilizzato la

capacità di accesso al

Fondo di Garanzia PMI

DL Liquidità 23/2020

art. 6

Sospensione fino al 31 dicembre

2020 della disciplina della

riduzione del capitale per perdite

rilevante e della causa di

scioglimento della società per

Tutte le imprese

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perdita del capitale sociale

DL Liquidità 23/2020

art. 7 e art. 38 quater

DL Rilancio 34/2020

Deroga agli ordinari criteri di

redazione del bilancio per

consentire la valutazione delle voci

secondo la prospettiva della

continuità aziendale

Tutte le imprese

DL Liquidità 23/2020

art. 8

Sospensione della regola della

postergazione dei finanziamenti

dei soci effettuati in favore della

società tra il 9 aprile e il 31

dicembre 2020

Società di capitali

DL Liquidità 23/2020

artt. 5, 9 e 10

Deroghe al diritto concorsuale: i)

blocco dei fallimenti fino al 30

giugno 2020 per tutte le imprese

insolventi, salvo alcune eccezioni;

ii) rimodulazione dei termini di

esecuzione delle procedure

negoziali della crisi già pendenti e

l’introduzione di una nuova

procedura per beneficiare del

blocco delle azioni esecutive e

della sospensione dei pagamenti

iii) rinvio dell’entrata in vigore del

Codice della crisi

Tutte le imprese

DL Liquidità 23/2020

art. 29 bis e art. 2

DPCM 11 giugno

2020

Obbligo di rispettare le misure

prescritte dal Protocollo condiviso

di regolamentazione delle misure

per il contrasto e il contenimento

della diffusione del virus Covid-19

negli ambienti di lavoro del 24

aprile 2020

Tutte le imprese

DL Rilancio 34/2020

art. 26

Credito di imposta per gli aumenti

di capitale sottoscritti e

integralmente versati entro il 31

Società di capitali,

società cooperative,

società europee e

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dicembre 2020

società cooperative

europee aventi sede

legale in Italia, con ricavi

nel 2019 superiori a 5

mln di euro e fino a 50

mln di euro

DL Rilancio 34/2020

art. 26 comma 12

Istituzione del Fondo patrimonio

PMI per la sottoscrizione di

obbligazioni o titoli di debito

emessi dalle imprese

Società di capitali,

società cooperative,

società europee e

società cooperative

europee aventi sede

legale in Italia, con ricavi

2019 superiori a 10 mln

di euro e fino a 50 mln di

euro

DL Rilancio 34/2020

art. 27

Istituzione da parte di Cassa

Depositi e Prestiti di un Patrimonio

destinato per sostenere le imprese

attraverso la sottoscrizione di

prestiti obbligazionari, la

partecipazione ad aumenti di

capitale, l’acquisto di azioni

quotate sul mercato secondario in

caso di operazioni strategiche,

ecc.

Società per azioni e

società cooperative per

azioni, anche quotate,

con sede in Italia, non

operanti nel settore

finanziario e assicurativo

che presentino un

fatturato annuo superiore

a 50 mln di euro

DL Semplificazioni

76/2020 art. 44

Misure di semplificazione delle

operazioni di aumento di capitale

deliberate entro il 30 aprile 2021

Società per azioni

quotate e non quotate

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