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APPUNTI SULLA NORMATIVA IN MATERIA DI AREE PROTETTE A cura del Dott. Marco Grondacci (giurista ambientale) Aggiornamento al 8/10/2013

Disciplina aree protette 2013

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Appunti su disciplina aree protette 2013

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Page 1: Disciplina aree protette 2013

APPUNTI SULLA NORMATIVA

IN MATERIA DI AREE PROTETTE

A cura del Dott. Marco Grondacci (giurista ambientale)

Aggiornamento al 8/10/2013

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Sommario

FINALITÀ DELL’AREA PROTETTA........................ ................................................................... 4

LA DEFINIZIONE DI AREE PROTETTE NAZIONALI NELLA LEG GE 394/1991 ............. 5

LA DEFINIZIONE DI AREE PROTETTE REGIONALI NELLA LEG GE 394/1991 ............. 5

LA CLASSIFICAZIONE DELLE AREE PROTETTE............. .................................................... 6

COMPETENZE STATALI IN MATERIA DI AREE PROTETTE..... ........................................ 8

Corte Costituzionale n.44 del 2011 ................................................................................................. 8

Regolamento di organizzazione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio .............. 10

Impianti energetici in aree protette ................................................................................................ 11

Organismi presso il Ministero dell’Ambiente ............................................................................... 11

VIGILANZA SULLE AREE PROTETTE NAZIONALI E INTERNAZI ONALI ................... 12

Art. 21 Legge 394/1991 : Vigilanza e sorveglianza (6) (integrato dall'art. 2, comma 32, della legge 9 dicembre 1998, n. 426) ...................................................................................................... 12

Ruolo Corpo Forestale dello Stato ................................................................................................. 12

ORGANIZZAZIONE ENTE PARCO: ORGANI DI GESTIONE .... ........................................ 14

L’organigramma degli enti parco ................................................................................................... 14

Presidente ....................................................................................................................................... 14

Consiglio Direttivo ......................................................................................................................... 14

Il Direttore del Parco ...................................................................................................................... 15

La Comunità del parco ................................................................................................................... 16

Collegio dei revisori dei conti ........................................................................................................ 16

Organi di consulenza ...................................................................................................................... 16

Accordi e Patti per la gestione delle aree protette .......................................................................... 17

Fondamento giuridico dell’Ente Parco come organo di governo del territorio del Parco ............. 17

RISERVE NATURALI.................................................................................................................... 18

Art. 17 Legge 394/1991: riserve naturali statali ........................................................................... 18

Art. 18 Legge 394/1991 : Istituzione di aree protette marine ........................................................ 18

Art. 19 Legge 394/1991: Gestione delle aree protette marine ...................................................... 18

STRUMENTI GESTIONE DEL PARCO ..................................................................................... 20

Piano del Parco............................................................................................................................... 20

Contenuti del Piano del Parco .................................................................................................... 20

Aree contigue ............................................................................................................................. 20

Classificazione del territorio da parte del Piano del Parco ........................................................ 21

Efficacia del Piano Parco ........................................................................................................... 21

Procedura di approvazione del Piano del Parco ......................................................................... 22

Esercizio di poteri sostitutivi in caso di mancata approvazione del Piano ................................ 23

Aggiornamento del Piano del Parco approvato in via definitiva ............................................... 23

Il Regolamento del Parco ............................................................................................................... 23

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I divieti di attività nell’Area Protetta ............................................................................................. 23

Conclusioni sugli strumenti di pianificazione del Parco ................................................................ 24

Regolamento provvisorio del Parco approvato dal Consiglio Regionale, nelle more della approvazione del Piano del Parco .................................................................................................. 25

Rapporti Piano del Parco e Pianificazione Paesaggistica .............................................................. 26

Il Nulla Osta dell’Ente Parco ....................................................................................................... 29

A chi spetta rilasciarlo................................................................................................................ 29

La natura giuridica del nulla osta ............................................................................................... 29

Efficacia del Nulla Osta: Legge 134/2012: ............................................................................... 30

Nulla Osta e Piano del Parco ...................................................................................................... 30

Nulla Osta e condono edilizio .................................................................................................... 31

Nulla Osta e Autorizzazione Paesaggistica ................................................................................ 32

Nulla Osta su piani e su progetti edilizi .................................................................................... 32

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FINALITÀ DELL’AREA PROTETTA

Non si può comprende il regime giuridico degli strumenti di gestione di un parco se prima non si analizza la finalità dell’area protetta , che è quella della CONSERVAZIONE E LA VALORIZZAZIONE DEL PATRIMONIO NATURALE. Questa finalità giustifica un ENTE PARCO con natura di soggetto amministrativo ad elevata specializzazione tecnico scientifica, con una rilevante indipendenza dalle strutture di derivazione politico rappresentativa. L’Ente Parco quindi deve perseguire la finalità di conservazione/valorizzazione del patrimonio naturale, non attraverso un processo di mediazione politica ma all’interno di un sistema di procedure e strumenti di gestione il più possibile oggettive e scientifiche attuate attraverso responsabilità tecniche precise e trasparenti. A conferma si veda la variegata composizione del Consiglio di Amministrazione (dove gli enti locali sono ben presenti come Comunità del Parco ma non costituiscono mai da soli la maggioranza in Consiglio) Questa architettura istituzionale dell’Ente Parco, disegnata dalla legge quadro sulle aree protette, non costituisce una assoluta penalizzazione del livello istituzionale locale e tanto meno della comunità locale , ci sono infatti nella legge sui parchi strumenti di gestione e concertazione per evitare questo rischio: la permanenza dei diritti reali e degli usi civici consuetudinari l’intesa obbligatoria con i Comuni per l’approvazione del piano del parco nelle aree di promozione economico sociale la predisposizione da parte della Comunità del Parco del piano pluriennale economico e sociale per la promozione delle attività compatibili. la possibilità di esercitare all’interno del parco attività collegate agli usi locali se previste dal regolamento del parco e , in deroga alla normativa generale sui parchi, ad eccezione della possibilità di modificare norme in materia di divieto di attività venatoria .

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LA DEFINIZIONE DI AREE PROTETTE NAZIONALI NELLA LEG GE 394/1991

L’art. 2 fornisce una definizione generale di Parchi Nazionali, Parchi Regionali , Riserva naturali . La classificazione ex art. 2 non è il massimo della chiarezza. Infatti la distinzione più importante tra Parchi Nazionali e Regionali è a prima vista tautologica, la cosa è ancora più vera per le Riserve che secondo l’art. 2 “possono essere statali o regionali in base alla rilevanza degli interessi in esse rappresentati “. In realtà l’art. 2 da solo la definizione di Parchi Nazionali e Regionali e non effettua una vera e propria classificazione a valenza scientifica. Tale compito è di fatto rinviato al Comitato per le Aree Protette (ora vedi Conferenza Stato Regioni ) che dovrà collegare le definizioni di cui all’art.2 con le classificazioni ricavabili dalle Convenzioni Internazionali a partire dalla Convenzione di Ramsar sulle zone umide (art.2.5 legge 394/1991). Secondo B. Caravita (Riv. Giur. Amb. 1/1994 pag.2): << I parchi nazionali sono zone del territorio nazionale ampie e parzialmente abitate (alterate da interventio antropici (vedi anche art. 12.2 lettera d. in cui si fa riferimento ad aree più estesamente modificate dai processi di antropizzazione) dove sono ricomprese aree più ristrette per le quali esiste uno stringente interesse pubblico alla conservazione : d’altra parte questa è la tradizione dei parchi d’Europa , in cui non sarebbe possibile individuare ampie zone di protezione completamente sottratte a preesistenti interventi umani >> . Secondo P. Maddalena in Riv. Trimestrale di Dir. Pubblico 1992 pag. 657 e seg. : << A seconda che si prenda in considerazione il valore naturalistico (intrinseco alla natura, visione protezionista ndr) o il valore ambientale (inerente al rapporto relazionale uomo natura, visione da sviluppo sostenibile ndr) si possono definire aree protette di interesse nazionale (o internazionale ) quelle da considerare come componenti essenziali del sistema natura o quelle di particolare importanza dal punto di vista estetico, scientifico etc. >> Relativamente alle Riserve naturali dalla lettura dell’art. 2.3 in combinato disposto con l’art. 17.2 della legge 394 sembrerebbe emergere una caratterizzazione della riserva naturale come strumento essenzialmente di conservazione di ecosistemi particolarmente delicati o importanti per la diversità biologica e le risorse genetiche (art.2.3) a differenza del Parco in cui la protezione della natura dovrebbe diventare fattore di sviluppo delle comunità locali. A rafforzare tale visione viene appunto il secondo comma dell’art. 17.2 secondo il quale nelle riserva naturali sono vietati non solo ogni forma di discarica , ma anche l’accesso , se riserve integrali, a persone non autorizzate salvo le modalità stabilite dagli organi di gestione della Riserva. Da ciò si ricava che la Riserva dovrebbe occupare una fascia di territorio limitata con scarsa densità abitativa , come pure la differenza procedura di istituzione della Riserva su cui torneremo in sede di analisi dell’art. 8 sull’istituzione delle aree protette nazionali.

LA DEFINIZIONE DI AREE PROTETTE REGIONALI NELLA LEG GE 394/1991

Relativamente alla classificazione dei Parchi e Riserve regionali il comma 8 dell’art. 2 rinvia la loro classificazione e istituzione alle Regioni. la legge 394 però fornisce alcune

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chiavi di lettura che funzioneranno da indirizzo per le Regioni nell’ambito del più volte citato principio di leale collaborazione. Così il comma 2 dell’art. 2 della 394 parla per i parchi regionali “di un sistema omogeneo individuato dagli assetti naturali dei luoghi , dai valori paesaggistici ed artistici e dalle tradizioni culturali delle popolazioni”. Si riafferma con maggior precisione rispetto alla definizione di parco nazionale (ex comma 1 dell’art.2) quella visione del parco aperto caratterizzato da paesaggi non fortemente urbanizzati ma segnati da diffusa presenza umana, da attività tradizionali, da valori non solo naturalistici ma anche storici, architettonici, antropologici. Aree in cui realizzare un equilibrio fra attività umane di produzione e la conservazione del disegno della natura. Ciò trova ulteriore conferma nell’art. 22.3 della legge 394 in cui si afferma che “le Regioni istituiscono parchi regionali al fine di un utilizzo razionale del territorio e per attività compatibili con la speciale destinazione dell’area”. Ma l’art. 22.3 appare in contraddizione con la definizione “conservazionista” di Riserva naturale nazionale così come delineata dal combinato disposto, sopra esaminato, degli art. 2.3 e 17.2 della legge 394. Infatti la finalità di equilibrio tra ecosistemi e attività umane compatibili viene assegnata anche alle Riserva regionali senza distinzione con i parchi regionali. Anche qui però interpretando dal resto del Titolo III della 394 (Aree Protette Regionali) si evince la Riserva naturale regionale costituisca un’area protetta a struttura amministrativa più semplice che le Regioni possono istituire nei loro territori per conservare ambienti tipici non necessariamente caratterizzati dall’esistenza di attività produttive di tipo tradizionale. Infatti , ad es., per le Riserve non si prevedono strumenti tipici dei Parchi quali i Piani pluriennali Economici e Sociali per la Promozione delle Attività ecocompatibili (art.25.1 legge 394/1991) .

LA CLASSIFICAZIONE DELLE AREE PROTETTE

La classificazione e l'istituzione dei parchi e delle riserve naturali di interesse regionale e locale sono effettuate dalle Regioni. Con delib. del Comitato per le aree naturali protette del 21/12/1993 è stata adottata la seguente classificazione delle aree protette:

• parco nazionale • riserva naturale statale • parco naturale interregionale • parco naturale regionale • riserva naturale regionale • zona umida di importanza internazionale (ex Convenzione di Ramsar di cui al Dpr

448 del 13/3/1976) • altre aree naturali protette

Con successiva delib. 2/12/1996 è stata integrata la suddetta classificazione dalle seguenti due zone:

• zona di protezione speciale (ZPS) : ai sensi della DIR 79/409/CEE relativa alla conservazione degli uccelli selvatici

• zona speciale di conservazione (ZSC) : ai sensi della DIR 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatica (attuata in Italia con Dpr 8/9/1997 n. 357)

Deliberazione 26 marzo 2008 n.119/CSR della Conferenza Permanente Per I Rapporti tra lo Stato le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano “Modifica della

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deliberazione 2 dicembre 1996 del Ministero dell'ambiente, recante: «Classificazione delle Aree protette». (Repertorio n. 119/CSR). GU n. 137 del 13-6-2008 La presente deliberazione aggiunge l’articolo2 bis alla delibera del 1996 stabilendo che alle tipologie di aree protette elencate dall’articolo 2 ( Zone di protezione speciale, zone speciali di conservazione) si dovrà applicare il regime di protezione previsto per la normativa sui siti habitat : Dpr 357/1997 (come modificato dal D.P.R. 12 marzo 2003 n° 120 per un commento in questa voce in data di pubblicazione sulla GURI: 30/5/2003) Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche DM 17/10/2007 «Criteri minimi uniformi per la definizione di misure di conservazione relative a Zone speciali di conservazione (ZSC) e a Zone di protezione speciale (ZPS)” (per un commento in questa voce in data di pubblicazione sulla GURI : 6-11-2007 ) e ai relativi provvedimenti regionali di recepimento ed attuazione DM 3/9/2002 «Linee guida per la gestione dei siti Natura 2000» (per un commento in questa voce in data di pubblicazione sulla GURI: 24-9-2002) L’elenco ufficiale delle Aree Protette Ex articolo 5 legge 394/1991: “ 2. Il Ministro dell'ambiente provvede a tenere aggiornato l'elenco ufficiale delle aree protette e rilascia le relative certificazioni. A tal fine le regioni e gli altri soggetti pubblici o privati che attuano forme di protezione naturalistica di aree sono tenuti ad informare il Ministro dell'ambiente secondo le modalità indicate dal Comitato. 3. L'iscrizione nell'elenco ufficiale delle aree protette è condizione per l'assegnazione di contributi a carico dello Stato”. Decreto Ministero Ambiente 27 aprile 2010 Approvazione dello schema aggiornato relativo al VI Elenco ufficiale delle aree protette, ai sensi del combinato disposto dell'articolo 3, comma 4, lettera c), della legge 6 dicembre 1994, n. 394 e dall'articolo 7, comma 1, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. (10A06507) (GU n. 125 del 31-5-2010 - Suppl. Ordinario n.115) Il presente Decreto aggiorna , nel suo allegato l’Elenco ufficiale delle aree protette. L'iscrizione all'elenco ufficiale ha rilevanti conseguenze di ordine economico-finanziario giacchè costituisce il presupposto necessario sia per l'assegnazione di contributi all'area protetta a carico dello Stato ai sensi dell'art. 5, comma 3, della legge 394/1991, sia per l'applicazione del criterio di priorità nei finanziamenti statali e regionali a soggetti pubblici e privati per attività , impianti ed opere di cui all'art. 7 della legge quadro.

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COMPETENZE STATALI IN MATERIA DI AREE PROTETTE

Corte Costituzionale n.44 del 2011 “ - Nel rispetto dei livelli uniformi, previsti dalla legislazione statale nell'esercizio della competenza esclusiva in materia di tutela dell'ambiente, di cui all'art.117, secondo comma, lettera s), Cost. - e tale e' la materia delle aree protette, in cui la legge n. 394 del 1991 costituisce fonte di principi fondamentali (sentenze n. 20 e n. 315 del 2010; n.366 del 1992) - la Regione esercita la propria potestà legislativa, senza potervi derogare, mentre puo' determinare, sempre nell'ambito delle proprie competenze, livelli maggiori di tutela (sentenze n. 193 del 2010 e n. 61 del 2009) Il territorio dei parchi, siano essi nazionali o regionali, ben puo' essere oggetto di regolamentazione da parte della Regione, in materie riconducibili ai commi terzo e quarto dell'art. 117 Cost., purche' in linea con il nucleo minimo di salvaguardia del patrimonio naturale, da ritenere vincolante per le Regioni (sentenza n. 232 del 2008). La disciplina statale delle aree protette, che inerisce alle finalita' essenziali della tutela della natura attraverso la sottoposizione di porzioni di territorio soggette a speciale protezione, si estrinseca non solo nelle limitazioni all'esercizio della caccia (sentenza n. 315 del 2010), nella quale, indubbiamente, rientra l'addestramento dei cani da caccia (sentenze n. 350 del 1991 e n. 165 del 2009), ma anche nella predisposizione di strumenti programmatici e gestionali per la valutazione di rispondenza delle attivita' svolte nei parchi, alle esigenze di protezione della flora e della fauna (sentenza n. 387 del 2008). L'art. 11 della legge n. 394 del 1991, correttamente individuato nel ricorso quale norma interposta, rimette la disciplina delle attivita' compatibili entro i confini del territorio protetto, al Regolamento del parco, che e' adottato dall'Ente parco, e approvato dal Ministro dell'ambiente, previo parere degli enti locali, e comunque d'intesa con le Regioni. La disciplina contenuta nel Regolamento deve attenersi ai parametri che la stessa legge prevede, tra i quali emerge il divieto non solo di cattura, uccisione, danneggiamento, ma anche di «disturbo delle specie animali» (comma 3, lettera a), in una concezione integrata dell'habitat naturale, oggetto di protezione in ottemperanza agli obblighi comunitari, per cui e' fatto divieto di «perturbare le specie animali protette, in particolare durante tutte le fasi del ciclo riproduttivo o durante l'ibernazione, lo svernamento e la migrazione» (art. 8, lettera d, decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonche' della flora e della fauna selvatiche). Lo svolgimento di attivita' che pur riconducibili alle esigenze di sviluppo economico del territorio, determinano, secondo la previsione della legge impugnata, un particolare afflusso di persone e di animali nel territorio del parco, va rimesso alla regolamentazione tecnica dell'ente preposto all'area protetta (sentenza n. 108 del 2005), secondo un procedimento in cui e' pur richiesta la cooperazione delle Regioni e degli enti locali. La previsione legislativa regionale diretta allo svolgimento di attivita' che estrinsecandosi nell'addestramento di cani, non solo da caccia, ed in prove zootecniche, vanno a interagire con l'habitat naturale, non appare rispettosa dei livelli di tutela dell'ambiente, contenuti nella normativa statale. Il rispetto dei livelli di tutela s'impone anche in riferimento ai parchi regionali - la norma impugnata appare di generalizzata applicazione - il cui regolamento e' adottabile con legge regionale (art. 22, lettera d, della legge n. 394 del 1991), tuttavia in conformita' ai principi di cui all'art. 11: tra questi rientrano i

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divieti che la legge statale enuclea come condizioni essenziali per l'esistenza stessa di aree di particolare conservazione della natura, nonche' la titolarita', nella promozione di iniziative atte a favorire la crescita economica, sociale e culturale delle comunita' residenti, dell'organo di gestione del parco, in coordinamento con quelle delle Regioni e degli enti locali (art. 25, comma 3). La creazione delle aree cinofile e' invece rimessa dall'art. 1, comma 16, della legge regionale della Campania, direttamente ai Comuni, con la cooperazione solo eventuale («anche d'intesa») degli organi del parco (sulla necessita' di intesa, in tema di protezione della natura, sentenze n. 437 del 2008 e n. 378 del 2007). In definitiva, la norma e' illegittima, per contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione limitatamente alla sua applicazione ai territori compresi nei parchi e non anche per quanto riguarda le zone montane. L'accoglimento della questione comporta l'assorbimento della censura formulata con riferimento all'art. 117, secondo comma,lettera e), Cost., peraltro non motivata sul punto.”

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Regolamento di organizzazione del Ministero dell'ambiente e della tutela del

territorio L’articolo 2 del dpr 17/6/2003 n. 261 definisce le funzioni della direzione generale per la protezione della Natura presso il Ministero dell’Ambiente :

1. individuazione, conservazione e valorizzazione delle aree naturali protette; 2. predisposizione della Carta della natura, ai sensi dell'articolo 3 della legge 6

dicembre 1991, n. 394; 3. individuazione delle linee fondamentali di assetto del territorio, di intesa, per

le parti competenza, con la direzione per la difesa del suolo, al fine della tutela degli ecosistemi terrestri e marini;

4. conoscenza e monitoraggio dello stato della biodiversità, terrestre e marina, con la definizione di linee guida di indirizzo e la predisposizione del piano nazionale per la biodiversità , nonché istruttorie relative alla istituzione dei parchi nazionali e delle riserve naturali dello Stato;

5. adempimenti relativi all'immissione deliberata nell'ambiente degli organismi geneticamente modificati;

6. iniziative volte alla salvaguardia delle specie di flora e fauna terrestri e marine; 7. attuazione e gestione della Convenzione sul commercio internazionale di

specie di fauna e di flora selvatiche in pericolo di estinzione (CITES), firmata a Washington il 3 marzo 1973 e ratificata con legge 19 dicembre 1975, n. 874, e dei relativi regolamenti comunitari;

8. monitoraggio dello stato dell'ambiente marino; 9. promozione della sicurezza in mare con riferimento al rischio di incidenti marini; 10. pianificazione e coordinamento degli interventi in caso di inquinamento marino; 11. autorizzazioni agli scarichi in mare da nave o da piattaforma; 12. difesa e gestione integrata della fascia costiera marina; 13. predisposizione della relazione al Parlamento sullo stato di attuazione della legge 6

dicembre 1991, n. 394, e sul funzionamento e i risultati della gestione dei parchi nazionali;

14. divulgazione della conoscenza del patrimonio naturale ed ambientale della relativa tutela e possibilità di sviluppo compatibile, presso gli operatori e i cittadini

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Impianti energetici in aree protette

Legge 23/8/2004 n. 239 “Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia “. (GU n. 215 del 13-9-2004) I commi 36 e 37 articolo 1 della legge in esame prevedono che i proprietari di nuovi impianti ( o esistenti ma soggetti a progetti di potenziamento) di produzione di energia elettrica di potenza termica non inferiore a 300 MW corrispondano alla regione sede degli impianti, un contributo compensativo per il mancato uso alternativo del territorio e per l'impatto logistico dei cantieri. Qualora gli impianti di produzione di energia elettrica, per la loro particolare ubicazione, valutata in termini di area di raggio non superiore a 10 km dal punto baricentrico delle emissioni ivi incluse le opere connesse, interessino o esplichino effetti ed impatti su parchi nazionali, il contributo ad essi relativo è corrisposto agli enti territoriali interessati in base a criteri individuati con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

Organismi presso il Ministero dell’Ambiente

DPR 14/5/2007 n. 90 “ Regolamento per il riordino degli organismi operanti presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, a norma dell'articolo 29 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248” . (GU n. 158 del 10-7-2007 - Suppl. Ordinario n. 157) Segreteria tecnica per la protezione della natura Dalla data di entrata in vigore del presente regolamento (25/7/2007) la Segreteria tecnica per le aree naturali protette di cui all'articolo 3, comma 9, della legge 6 dicembre 1991, n. 394, è ridenominata: "Segreteria tecnica per la protezione della natura" e fornisce supporto al Ministero per quanto concerne l'istituzione e l'aggiornamento delle aree protette terrestri, per l'adozione del programma per le aree naturali protette terrestri di rilievo internazionale e nazionale, per l'approvazione dell'elenco ufficiale delle aree naturali protette, nonché per il supporto alla gestione, al funzionamento ed alla progettazione degli interventi da realizzare, anche con finanziamenti comunitari, nelle predette aree. A tal fine il suddetto comma 9 dell’articolo 3 della legge 394/1991 è abrogato . La Segreteria tecnica dura in carica tre anni decorrenti dalla data di entrata in vigore del presente regolamento : 25/7/2007 .

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VIGILANZA SULLE AREE PROTETTE NAZIONALI E INTERNAZI ONALI

Art. 21 Legge 394/1991 : Vigilanza e sorveglianza (6) (integrato dall'art. 2,

comma 32, della legge 9 dicembre 1998, n. 426) 1. La vigilanza sulla gestione delle aree naturali protette di rilievo internazionale e nazionale è esercitata per le aree terrestri dal Ministro dell'ambiente e per le aree marine congiuntamente dal Ministro dell'ambiente e dal [Ministro della marina mercantile] (2). 2. La sorveglianza sui territori delle aree naturali protette di rilievo internazionale e nazionale è esercitata, ai fini della presente legge, dal Corpo forestale dello Stato senza variazioni alla attuale pianta organica dello stesso. Per l'espletamento di tali servizi e di quant'altro affidato al Corpo medesimo dalla presente legge, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro dell'ambiente e, sino all'emanazione dei provvedimenti di riforma in attuazione dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e del decreto di cui all'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 4 giugno 1997, n. 143, e fermo restando il disposto del medesimo articolo 4, comma 1, di concerto con il Ministro dell'agricoltura e delle foreste, sono individuate le strutture ed il personale del Corpo da dislocare presso il Ministero dell'ambiente e presso gli Enti parco, sotto la dipendenza funzionale degli stessi, secondo modalità stabilite dal decreto medesimo. Il decreto determina altresì sistemi e le modalità di reclutamento e di ripartizione su base regionale, nonchè di formazione professionale del personale forestale di sorveglianza. Ai dipendenti dell'Ente parco possono essere attribuiti poteri di sorveglianza da esercitare in aggiunta o in concomitanza degli ordinari obblighi di servizio. Nell'espletamento dei predetti poteri i dipendenti assumono la qualifica di guardia giurata. Fino alla emanazione del predetto decreto alla sorveglianza provvede il Corpo forestale dello Stato, sulla base di apposite direttive impartite dal Ministro dell'ambiente, d'intesa con il Ministro dell'agricoltura e delle foreste. Nelle aree protette marine la sorveglianza è esercitata ai sensi dell'articolo 19, comma 7.

Ruolo Corpo Forestale dello Stato

DPR 1 agosto 2003, n. 264 Regolamento concernente l'individuazione dell'unita' dirigenziale generale del Corpo forestale dello Stato, ai sensi dell'articolo 7, comma 3, del decreto legislativo n. 155/2001. (Gazzetta Ufficiale n. 217 del 18-9-2003) E' istituito, quale unità dirigenziale di livello generale, l'Ispettorato generale del Corpo forestale dello Stato, di seguito denominato: «Ispettorato generale», che provvede alla direzione ed al coordinamento dei compiti e delle attività attribuiti al Corpo medesimo e presiede alla gestione del personale dipendente. L'Ispettorato generale è articolato in Servizi, Divisioni ed Uffici oltre che nella Scuola del Corpo forestale dello Stato e nei relativi reparti. Dirige, coordina e controlla le strutture territoriali periferiche. Il Ministro delle politiche agricole e forestali, sentito il Ministro dell'economia e delle finanze, nei limiti degli ordinari stanziamenti di bilancio e degli organici previsti dalla normativa vigente, individua con propri provvedimenti, su proposta del Capo del Corpo forestale dello Stato, gli Uffici, centrali e periferici, di livello dirigenziale non generale e ne stabilisce le dipendenze e i rapporti gerarchici, con relativi compiti e funzioni.

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L'Ispettorato generale, quale unità sovraordinata posta al vertice del Corpo forestale dello Stato, svolge, nell'ambito dei compiti istituzionali attribuiti al Corpo medesimo ed ai fini dell'assolvimento degli stessi, le funzioni di direzione, di coordinamento, di controllo e di supporto generale di tutte le strutture centrali e periferiche da esso dipendenti, nonché di tutti i reparti ed i nuclei specializzati. L'Ispettorato generale svolge in particolare :

1. coordinamento interno, analisi, programmazione, controllo e supporto operativo delle attività di polizia ambientale, polizia forestale e polizia agro-alimentare e delle attività di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema di competenza del Corpo medesimo, ai sensi della normativa vigente

2. coordinamento interno, analisi, programmazione, controllo e supporto operativo delle attività di sorveglianza delle aree naturali protette di rilievo nazionale ed internazionale e delle attività di controllo e certificazione del commercio internazionale e della detenzione di esemplari di fauna e flora minacciati di estinzione, in attuazione dei regolamenti comunitari e delle normative nazionali in materia di protezione della flora e della fauna;

3. gestione delle risorse umane, stato giuridico ed economico; formazione, addestramento, aggiornamento

4. attività di studio, statistica e analisi territoriale connesse ai compiti istituzionali, con particolare riguardo alla costituzione dell'inventario forestale nazionale, al monitoraggio degli ecosistemi forestali, al monitoraggio del territorio, finalizzato anche alle attività di polizia idraulica e di controllo

5. amministrazione delle riserve naturali statali, nonché di territori e strutture destinati alla salvaguardia della biodiversità, ivi compresi i Centri nazionali per lo studio e la conservazione della biodiversità forestale ai sensi del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227, o funzionali allo svolgimento di compiti istituzionali del Corpo forestale dello Stato, anche ai fini della formazione del personale, sovrintendendo alla gestione dei beni e delle attività di ricerca, sperimentazione e di conservazione di competenza dell'ex azienda di Stato per le foreste demaniali, non trasferite alle regioni; tutela delle risorse generiche forestali, produzione e commercializzazione dei prodotti forestali di propagazione e certificazione delle attività forestali eco-compatibili;

Dalla data di entrata in vigore del presente decreto (3/10/2003) è soppressa la Direzione generale delle risorse forestali, montane e idriche. Delibera Conferenza Stato Regioni 15/12/2005 “Approvazione, ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera l), del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, dello schema di accordo-quadro nazionale regolante i rapporti convenzionali tra il Corpo forestale dello Stato e le regioni, di cui all'articolo 4, comma 1, della legge 6 febbraio 2004, n. 36. (Accordo rep. n. 2397)”. (GU n. 9 del 12-1-2006) Con il presente accordo vengono individuate le modalità, i criteri generali ed i principi direttivi della collaborazione che il Corpo forestale dello Stato pone in essere con le regioni interessate. In particolare l’articolo 3 dell’accordo elenca gli ambiti di impiego dei CFS tramite apposita singola convenzione tra Regione interessata e CFS stessi secondo le modalità giuridiche di cui all’articolo 2 dell’accordo quadro .

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ORGANIZZAZIONE ENTE PARCO: ORGANI DI GESTIONE

L’organigramma degli enti parco L’Ente Parco (art. 9 Legge 394) è ente di diritto pubblico dotato di personalità giuridica autonoma. Sono organi dell’Ente:

• il Presidente; • il Consiglio Direttivo; • la giunta esecutiva; • il Collegio dei revisori dei conti; • la Comunità del Parco.

Presidente E’ nominato con D.M. Ambiente d’intesa con i Presidenti delle Regioni o Province Autonome territorialmente interessate dal parco nazionale. Il Presidente ha la legale rappresentanza dell’Ente Parco, ne coordina l’attività, esplica le funzioni che gli sono delegate dal Consiglio direttivo, adotta i provvedimenti urgenti ed indifferibili che sottopone alla ratifica del Consiglio direttivo nella seduta successiva.

Consiglio Direttivo E’ formato dal Presidente e da 8 membri nominati con D.M. Ambiente, sentite le Regioni interessate sentite le Regioni interessate che si esprimono entro e non oltre 30 giorni dalla data della richiesta. Decorso inutilmente detto termine il Ministro procede egualmente alla nomina dei soggetti designati. I componenti del Consiglio direttivo sono individuati tra esperti particolarmente qualificati in materia di aree protette e biodiversità, secondo le seguenti modalità: a) quattro, su designazione della Comunità del parco, con voto limitato; b) uno, su designazione delle associazioni di protezione ambientale individuate ai sensi dell'articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349; c) uno, su designazione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare; d) uno, su designazione del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali; e) uno, su designazione dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) L’unico criterio di nomina stabilito dalla legge è quello della competenza particolarmente qualificata in materia di conservazione della natura, criterio peraltro escluso per i rappresentanti della Comunità del Parco . In altri termini nel Consiglio Direttivo dell’Ente Parco nazionale i rappresentanti degli Enti Locali non devono possedere alcuna particolare qualificazione culturale o professionale, unico titolo di legittimazione è quello della rappresentanza degli interessi locali. La domanda che si pone è: si vuole vedere nel Consiglio direttivo una sorta di organismo consociativo di mediazione tra interessi ambientali e socio-urbanistici locali? In realtà se la gestione del parco deve essere unitaria e a tale gestione è preposto in primo luogo il Consiglio Direttivo, il ruolo dell’Ente locale dovrebbe essere quello di fornire il proprio punto di vista ambientale sul rapporto tra gestione del Parco e gestione del territorio comunale attraverso gli strumenti tradizionali

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di pianificazione territoriale . Tanto è vero che il punto di vista economico degli Enti locali può esprimersi attraverso lo strumento del Piano Pluriennale Economico e sociale che vedremo in seguito. In altri e più precisi termini possiamo dire che per gli Enti locali. Il Consiglio direttivo elegge al proprio interno un vice presidente scelto tra i membri designati dalla Comunità del parco ed una giunta esecutiva formata da tre componenti, compreso il Presidente, secondo le modalità e con le funzioni stabilite nello statuto dell'Ente parco. Il Consiglio Direttivo è legittimamente insediato quando è nominata la maggioranza dei suoi componenti. Il consiglio direttivo delibera sullo statuto dell’ente parco (prima lo elaborava soltanto), sentito il parere della comunità del parco e lo trasmette al Ministero dell'ambiente che ne verifica la legittimità e che può richiederne il riesame entro sessanta giorni dal ricevimento. L'Ente parco deve controdedurre entro sessanta giorni dal ricevimento delle eventuali osservazioni di legittimità del Ministero dell'Ambiente, con deliberazione del consiglio direttivo. Il Ministro dell'Ambiente adotta lo statuto con proprio decreto entro i successivi trenta giorni. Lo statuto dell’Ente definisce in ogni caso l’organizzazione interna, le modalità di partecipazione popolare, le forme di pubblicità degli atti. Il Consiglio direttivo delibera in merito a tutte le questioni generali ed in particolare sui bilanci, che sono approvati dal Ministro dell’ambiente di concerto con il Ministro del tesoro, sui regolamenti e sulla proposta di piano per il parco di cui all’art. 12, esprime parere motivato sul piano pluriennale economico e sociale di cui all’art. 14 TAR Liguria sez. I del 13 marzo 2003, sent. n. 309 “ La Corte Costituzionale ha avuto modo recentemente di ribadire che l’ambiente non può essere ritenuto semplicemente una materia, essendo piuttosto da considerare come un “valore” costituzionalmente protetto rinvenibile all’interno di molteplici settori dell’azione amministrativa, con la conseguenza che la sua tutela ben può e deve esser perseguita con riguardo anche a provvedimenti di varia natura se ed in quanto incisivi di detto valore (cfr. Corte Costituzionale 20 dicembre 2002 n. 5236). Tanto premesso, é appena il caso di rilevare come il provvedimento di nomina degli esperti in materia ambientale, ancorché preordinato sul piano formale alla costituzione del Consiglio del Parco dell’Aveto, assolva altresì, sul piano sostanziale, alla specifica funzione di assicurare la presenza di soggetti in grado di tutelare adeguatamente, per la loro competenza, il “valore ambiente” sia in sede di programmazione che di composizione dei vari interessi perseguiti dall’organo di governo in relazione alle finalità statutarie. Così detto provvedimento, ancor prima di ogni altro di natura materiale, non può non costituire oggettivo pregiudizio per il valore stesso, laddove risulti illegittimo proprio perchè inidoneo ad assicurare la presenza di quelle specifiche competenze, e come tale ben può essere sindacato ai sensi del citato art. 18 della L. 349 del 1986 “

Il Direttore del Parco Il Direttore del parco è nominato con decreto dal Ministro dell’Ambiente, e viene scelto in una rosa di tre candidati proposti dal Consiglio Direttivo: solo tra soggetti iscritti a un albo di idonei all’esercizio dell’attività di Direttore di parco, istituito presso il Ministero dell’Ambiente, al quale si accede mediante procedura concorsuale per titoli. Il presidente del parco provvede a stipulare con il direttore nominato un apposito contratto di diritto privato, per una durata non superiore a cinque anni.

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Con Decreto del Ministro dell’Ambiente, sono determinati i requisiti richiesti per l’iscrizione all’albo, nonché le modalità di svolgimento delle procedure concorsuali. All’Albo sono iscritti i direttori in carica alla data di entrata in vigore della presente legge. Si veda D.M. 10/8/1999 sull’istituzione dell’Albo presso il Servizio Conservazione della Natura (ora direzione generale per la protezione della Natura ), ma anche successivamente il DM 2/11/2000 recante norme relative all’Albo degli idonei all’esercizio dell’attività di Direttore di Parco . Entro il 28/1/2001 il Ministero dell’Ambiente con decreto nominerà una Commissione che dovrà individuare i requisiti ai fini dell’iscrizione all’albo degli idonei all’esercizio dell’attività di direttore di Parco , successivamente sempre con decreto sarà indetto apposito bando di concorso . Con bando pubblicato sulla GU 11/10/2001 (serie concorso) il Ministero dell’Ambiente ha:

1. stabilito nel 10/12/2002 il termine entro il quale presentare le domande per l’iscrizione all’Albo

2. affidato ad apposita Commissione (in coerenza con quanto previsto dal DM 10/8/1999) il giudizio di idoneità sui titoli che saranno presentati dai candidati .

La Comunità del parco La Comunità del parco è costituita dai presidenti delle regioni e delle province, dai sindaci dei comuni e dai presidenti delle comunità montane nei cui territori sono ricomprese le aree del parco. La Comunità deve dare parere obbligatorio sullo statuto , il regolamento , sul bilancio dell’Ente Parco Nazionale nonché sulle questioni a richiesta di un terzo dei componenti del Consiglio direttivo . La Comunità del parco partecipa alla definizione dei criteri riguardanti la predisposizione del Piano del parco indicati dal Consiglio Direttivo del parco, ed esprime il proprio parere sul Piano stesso, si ricorda che nel testo precedente della Legge 394/1991 la Comunità dava solo un parere consultivo sul Piano del parco. La Comunità del parco delibera, previo parere vincolante del Consiglio direttivo, il piano pluriennale economico e sociale di cui all’art. 14 e vigila sulla sua attuazione; adotta altresì il proprio regolamento. La Comunità del parco elegge al suo interno un Presidente e un Vice Presidente. È convocata dal Presidente almeno due volte l’anno e quando venga richiesto dal Presidente dell’Ente parco o da un terzo dei suoi componenti. Inoltre i rappresentanti della Comunità del Parco cessano la loro funzione se viene meno la carica che ne ha consentito la nomina , riconoscendo che l’incarico non è ad personam , ma legato alla funzione pro tempore ( articolo 9 comma 5 legge 394/1991) Gestione riserve all’interno del parco La gestione delle riserve naturali, di qualunque tipologia, istituite su proprietà pubbliche, che ricadano o vengano a ricadere all’interno dei parchi nazionali, è affidata all’Ente parco

Collegio dei revisori dei conti Esegue i riscontri contabili secondo le modalità di cui all’art. 9 comma 10 legge 394/1991.

Organi di consulenza Il Consiglio direttivo può nominare appositi comitati di consulenza o avvalersi di consulenti per problemi specifici nei settori di attività dell’Ente parco.

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Accordi e Patti per la gestione delle aree protette Secondo il comma 5 articoli legge 394/1991 : “ Nella tutela e nella gestione delle aree naturali protette, lo Stato, le regioni e gli enti locali attuano forme di cooperazione e di intesa ai sensi dell’art. 81 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, e dell’art. 27 della L. 8 giugno 1990, n. 142 . Per le medesime finalità lo Stato, le regioni, gli enti locali, altri soggetti pubblici e privati e le Comunità del parco possono altresì promuovere i patti territoriali di cui all’articolo 2, comma 203, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 “ Secondo l’articolo 1bis della legge 394/1991 : “ 1. Il Ministro dell’ambiente promuove, per ciascuno dei sistemi territoriali dei parchi dell’arco alpino, dell’appennino, delle isole e di aree marine protette, accordi di programma per lo sviluppo di azioni economiche sostenibili con particolare riferimento ad attività agro-silvo-pastorali tradizionali, dell’agriturismo e del turismo ambientale con i Ministri per le politiche agricole, dell’industria, del commercio e dell’artigianato, del lavoro e della previdenza sociale e per i beni culturali e ambientali, con le regioni e con altri soggetti pubblici e privati. 2. Il Ministro dell’ambiente, sentito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, degli Enti parco interessati e delle associazioni ambientalistiche maggiormente rappresentative, individua altresì le risorse finanziarie nazionali e comunitarie, impiegabili nell’attuazione degli accordi di programma di cui al comma 1 “.

Fondamento giuridico dell’Ente Parco come organo di governo del territorio del

Parco l’art. 4.1 lettera e) afferma che ogni area naturale protetta deve avere un proprio organismo di gestione. Secondo le indicazioni della giurisprudenza costituzionale ogni area naturale protetta deve essere gestita unitariamente da un specifica autorità titolare della funzione di tutela dell’interesse “protezione ambiente naturale “ Il Piano del parco è uno strumento sovraordinato agli altri Piani territoriali urbanistici; L’art. 13 prevede un nulla osta preventivo su ogni attività all’interno del parco, assegnato all’Ente Parco. Secondo Di Plinio : “ L'ente parco è persona giuridica pubblica, inquadrato, come del resto avveniva anche in precedenza per i parchi nazionali storici, nella tabella IV allegata alla legge 20 marzo 1975, n. 70, le cui disposizioni trovano integrale applicazione (articolo 9, commi 1 e 13, legge n. 394 del 1991). Da ciò deriva all'ente parco la qualificazione di «ente preposto a servizi di pubblico interesse» (ma non di «ente di servizi», perché la caratteristica fondamentale di questo è di essere preposto in via esclusiva o principale alla gestione ed erogazione di servizi amministrativi e/o tecnici mentre la prestazione di servizi da parte dell'ente parco è solo eventuale e comunque funzionalizzata non alla soddisfazione di posizioni soggettive private, bensì alla tutela dei valori naturali e ambientali, che identificano l'interesse naturalistico). Il parco, essendo finalizzato alla protezione dell'interesse naturalistico e dotato di una disciplina di settore, inquadrata in un ordinamento giuridico speciale, fa parte della categoria degli enti di amministrazione (ROSSI), in cui gode della buona compagnia di una autorità tecnica del calibro della Banca d’Italia; non sembra dunque necessario intervenire sui profili soggettivi, se non al fine di modernizzare l'apparato, secondo la legislazione riformatrice di questo ultimo scorcio di millennio “ .

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RISERVE NATURALI

Art. 17 Legge 394/1991: riserve naturali statali “ 1. Il decreto istitutivo delle riserve naturali statali, di cui all'articolo 8, comma 2, oltre a determinare i confini della riserva ed il relativo organismo di gestione, ne precisa le caratteristiche principali, le finalità istitutive ed i vincoli principali, stabilendo altresì indicazioni e criteri specifici cui devono conformarsi il piano di gestione della riserva ed il relativo regolamento attuativo, emanato secondo i principi contenuti nell'articolo 11 della presente legge. Il piano di gestione della riserva ed il relativo regolamento attuativo sono adottati dal Ministro dell'ambiente entro i termini stabiliti dal decreto istitutivo della riserva stessa, sentite le regioni a statuto ordinario e d'intesa con le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano. 2. Sono vietati in particolare: a) ogni forma di discarica di rifiuti solidi e liquidi; b) l'accesso nelle riserve naturali integrali a persone non autorizzate, salvo le modalità stabilite dagli organi responsabili della gestione della riserva. “

Art. 18 Legge 394/1991 : Istituzione di aree protette marine “ 1. In attuazione del programma il Ministro dell'ambiente, (2 bis) d'intesa con il Ministro del tesoro, istituisce le aree protette marine, autorizzando altresì il finanziamento definito dal programma medesimo. L'istruttoria preliminare è in ogni caso svolta, ai sensi dell'articolo 26 della legge 31 dicembre 1982, n. 979, dalla Consulta per la difesa del mare dagli inquinamenti. 1-bis. L’istituzione delle aree protette marine può essere sottoposta ad accordi generali fra le regioni e il Ministero dell’ambiente. ( comma introdotto dall'art. 8 della L.23 marzo 2001, n. 93) 2. Il decreto istitutivo contiene tra l'altro la denominazione e la delimitazione dell'area, gli obiettivi cui è finalizzata la protezione dell'area e prevede, altresì la concessione d'uso dei beni del demanio marittimo e delle zone di mare di cui all'articolo 19, comma 6. 3. Il decreto di istituzione è pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.“

Art. 19 Legge 394/1991: Gestione delle aree protette marine “ 1. Il raggiungimento delle finalità istitutive di ciascuna area protetta marina è assicurato attraverso l'Ispettorato centrale per la difesa del mare. Per l'eventuale gestione delle aree protette marine, l'Ispettorato centrale si avvale delle competenti Capitanerie di porto. Con apposita convenzione da stipularsi da parte del Ministro dell'ambiente, [di concerto con il Ministro della marina mercantile] (2), la gestione dell'area protetta marina può essere concessa ad enti pubblici, istituzioni scientifiche o associazioni riconosciute. 2. Qualora un'area marina protetta sia istituita in acque confinanti con un'area protetta terrestre, la gestione è attribuita al soggetto competente per quest'ultima. 3. Nelle aree protette marine sono vietate le attività che possono compromettere la tutela delle caratteristiche dell'ambiente oggetto della protezione e delle finalità istitutive dell'area. In particolare sono vietati:

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a) la cattura, la raccolta e il danneggiamento delle specie animali e vegetali nonchè l'asportazione di minerali e di reperti archeologici; b) l'alterazione dell'ambiente geofisico e delle caratteristiche chimiche e idrobiologiche delle acque; c) lo svolgimento di attività pubblicitarie; d) l'introduzione di armi, esplosivi e ogni altro mezzo distruttivo e di cattura; e) la navigazione a motore; f) ogni forma di discarica di rifiuti solidi e liquidi. 4. I divieti di cui all'articolo 11, comma 3, si applicano ai territori inclusi nelle aree protette marine. 5. Con decreto del Ministro dell'ambiente, sentita la Consulta per la difesa del mare dagli inquinamenti, è approvato un regolamento che disciplina i divieti e le eventuali deroghe in funzione del grado di protezione necessario. 6. Beni del demanio marittimo e zone di mare ricomprese nelle aree protette possono essere concessi in uso esclusivo per le finalità della gestione dell'area medesima con decreto del [Ministro della marina mercantile] (2). I beni del demanio marittimo esistenti all'interno dell'area protetta fanno parte della medesima. 7. La sorveglianza nelle aree protette marine è esercitata dalle Capitanerie di porto, nonchè dalle polizie degli enti locali delegati nella gestione delle medesime aree protette.”

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STRUMENTI GESTIONE DEL PARCO

Piano del Parco

Contenuti del Piano del Parco Se andiamo ad esaminare i contenuti del Piano definiti dall’articolo 12 della legge 394/1991 si veda la natura del Piano quale strumento di pianificazione a valenza territoriale ed urbanistica e non solo meramente conservazionista. Si veda un elenco riassuntivo di questi contenuti :

1. organizzazione generale del territorio e sua articolazione in aree o parti caratterizzate da forme differenziate di uso, godimento e tutela;

2. vincoli, destinazioni di uso pubblico o privato e norme di attuazione relative con riferimento alle varie aree o parti del piano;

3. sistemi di accessibilità veicolare e pedonale con particolare riguardo ai percorsi, accessi e strutture riservati ai disabili, ai portatori di handicap e agli anziani;

4. sistemi di attrezzature e servizi per la gestione e la funzione sociale del parco, musei, centri di visite, uffici informativi, aree di campeggio, attività agro-turistiche;

5. indirizzi e criteri per gli interventi sulla flora, sulla fauna e sull’ambiente naturale in genere.

6. Norma attuative con riferimento alle varie aree o parti del piano

Aree contigue Art. 32: “1. Le regioni, d'intesa con gli organismi di gestione delle aree naturali protette e con gli enti locali interessati, stabiliscono piani e programmi e le eventuali misure di disciplina della caccia, della pesca, delle attività estrattive e per la tutela dell'ambiente, relativi alle aree contigue alle aree protette, ove occorra intervenire per assicurare la conservazione dei valori delle aree protette stesse. 2. I confini delle aree contigue di cui al comma 1 sono determinati dalle regioni sul cui territorio si trova l'area naturale protetta, d'intesa con l'organismo di gestione dell'area protetta. 3. All'interno delle aree contigue le regioni possono disciplinare l'esercizio della caccia, in deroga al [terzo comma dell'articolo 15 della legge 27 dicembre 1977, n. 968] (5), soltanto nella forma della caccia controllata, riservata ai soli residenti dei comuni dell'area naturale protetta e dell'area contigua, gestita in base al secondo comma dello stesso articolo 15 della medesima legge. 4. L'organismo di gestione dell'area naturale protetta, per esigenze connesse alla conservazione del patrimonio faunistico dell'area stessa, può disporre, per particolari specie di animali, divieti riguardanti le modalità ed i tempi della caccia. 5. Qualora si tratti di aree contigue interregionali, ciascuna regione provvede per quanto di propria competenza per la parte relativa al proprio territorio, d'intesa con le altre regioni ai sensi degli articoli 8 e 66, ultimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616. L'intesa è promossa dalla regione nel cui territorio è situata la maggior parte dell'area naturale protetta. “

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Classificazione del territorio da parte del Piano del Parco Articolo 12 legge 394/1991: “ 2. Il piano suddivide il territorio in base al diverso grado di protezione, prevedendo: a) riserve integrali nelle quali l'ambiente naturale è conservato nella sua integrità; b) riserve generali orientate, nelle quali è vietato costruire nuove opere edilizie, ampliare le costruzioni esistenti, eseguire opere di trasformazione del territorio. Possono essere tuttavia consentite le utilizzazioni produttive tradizionali, la realizzazione delle infrastrutture strettamente necessarie, nonché interventi di gestione delle risorse naturali a cura dell'Ente parco. Sono altresì ammesse opere di manutenzione delle opere esistenti, ai sensi delle lettere a) e b) del primo comma dell'articolo 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457; c) aree di protezione nelle quali, in armonia con le finalità istitutive ed in conformità ai criteri generali fissati dall'Ente parco, possono continuare, secondo gli usi tradizionali ovvero secondo metodi di agricoltura biologica, le attività agro – silvo - pastorali nonché di pesca e raccolta di prodotti naturali, ed è incoraggiata anche la produzione artigianale di qualità. Sono ammessi gli interventi autorizzati ai sensi delle lettere a), b) e c) del primo comma dell'articolo 31 della citata legge n. 457 del 1978, salvo l'osservanza delle norme di piano sulle destinazioni d'uso; d) aree di promozione economica e sociale facenti parte del medesimo ecosistema, più estesamente modificate dai processi di antropizzazione, nelle quali sono consentite attività compatibili con le finalità istitutive del parco e finalizzate al miglioramento della vita socio-culturale delle collettività locali e al miglior godimento del parco da parte dei visitatori.”

Efficacia del Piano Parco L’importanza del piano del parco deriva dal regime giuridico della sua efficacia rispetto agli strumenti di pianificazione/programmazione a rilevanza territoriale Ex comma 7 articolo 12 legge quadro 394/1991 : “ 7. Il piano ha effetto di dichiarazione di pubblico generale interesse e di urgenza e di indifferibilità per gli interventi in esso previsti e sostituisce ad ogni livello i piani paesistici, i piani territoriali o urbanistici e ogni altro strumento di pianificazione” . Al comma 3 articolo 145 Codice del Paesaggio si precisa che le disposizioni dei piani paesaggistici sono comunque prevalenti sulle disposizioni contenute negli atti di pianificazione “ad incidenza territoriale previsti dalle normative di settore, ivi compresi quelli degli enti gestori delle aree naturali protette”. i giudici della V° Sezione del Consiglio di Stato con le sentenze del 14 giugno 2012, n. 3515, 3516, 3517 e 3518entrano nel merito della questione: l’art. 145, comma 3, del d. lgs. n. 42/2004, come modificato dall’art. 15 del d.lgs. n. 157/2006 e dall'articolo 2, comma 1, lettera r) del d.lgs. n. 63/2008, stabilisce che “Per quanto attiene alla tutela del paesaggio, le disposizioni dei piani paesaggistici sono comunque prevalenti sulle disposizioni contenute negli atti di pianificazione, ad incidenza territoriale previsti dalle normative di settore, ivi compresi quelli degli enti gestori delle aree naturali protette”. Ma altrettanto perentoriamente i Giudici stessi, sgomberano subito il campo da improbabili gerarchie di strumenti di pianificazione del territorio e statuiscono: La prevalenza è quindi attinente solo agli aspetti delle altre disposizioni prima indicate relativi

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alla mera tutela del paesaggio. In relazione ai Piani dei Parchi, che tutelano un sistema di valori complesso, identificato, in base all’art. 12, comma 1, della l. n. 394/1991, come modificato dall'art. 2, della l. n. 426/1998, nella “tutela dei valori naturali ed ambientali nonché storici, culturali, antropologici, tradizionali”, detta prevalenza è da ritenersi quindi relativa solo agli aspetti paesaggistici, sicché ben può affermarsi che la disciplina più restrittiva rispetto al Piano paesaggistico stabilita per determinate aree sia volta a tutelare quegli ulteriori valori che il Piano dei Parchi pure tutela e non violi quindi il principio di prevalenza sopra evidenziato. Quindi il piano del parco é strumento sovraordinato in quanto il suo contenuto e’ funzionale a peculiari interessi superiori a quelli locali, quali ad esempio: I piani urbanistici di livello comunale e/o locale . Questi soddisfano esigenze ulteriori o comunque, almeno in parte, diverse da quelle perseguite attraverso il piano del parco. Se ne deve dedurre, coerentemente , la permanenza dell’efficacia di tutte le forme di pianificazione urbanistica comunale non in contrasto con la disciplina del piano del parco . La permanenza della pianificazione urbanistica comunale compatibile consentirebbe , così, un armonico inserimento dell’area protetta nel restante tessuto territoriale (provinciale e regionale), pur nel rispetto del preminente interesse naturalistico . Discorso analogo può farsi per la pianificazione territoriale provinciale . La pianificazione di bacino. Il Piano del parco produce il suddetto effetto sostitutivo anche nei confronti della pianificazione di bacino . Ciò si deduce oltre che dalla lettera dell’articolo 12 comma 7 della legge quadro anche dall’articolo 25 della legge 36/1994 secondo il quale è l’ente gestore delle aree protette , sentita l’Autorità di Bacino a definire ed elencare le acque che, per motivi di protezione naturalistica , non possono essere captate . La Corte Costituzionale (sentenza n. 85/1990) ha chiarito la natura non urbanistica del piano di bacino finalizzato esclusivamente alla difesa del suolo dalle molteplici cause di aggressione, mediante l’imposizione di vincoli e di opere a carattere idraulico , idraulico-agrario e forestale. Quindi il piano di bacino deve risultare piegato alla realizzazione delle finalità di conservazione e valorizzazione del patrimonio naturale , ovviamente sempre secondo il principio della maggior tutela (di derivazione comunitaria) principio della protezione uguale o maggiore, mai minore ), che non necessariamente sarà contenuta nel piano per il parco ( anche se di regola sarà questo il caso), ben potendo essere prevista , in ipotesi, anche dal piano di bacino “ Le finalità del Parco si presentano come un quid pluris rispetto a quelle della tutela delle bellezze naturali e del paesaggio ( si veda Cassazione sez. III pen 19/10/1995 n. 1386 che distingue tra le finalità esclusivamente conservatrice della disciplina paesistica da quelle anche promozionali di mantenimento e di miglioramento del sistema ecologico proprie della normativa sulle aree protette ).

Procedura di approvazione del Piano del Parco Il Piano è predisposto dall’Ente parco entro diciotto mesi dalla costituzione dei suoi organi, in base ai criteri ed alle finalità della presente legge. La Comunità del parco partecipa alla definizione dei criteri riguardanti la predisposizione del piano del parco indicati dal consiglio direttivo del parco La Comunità esprime il proprio parere sul piano stesso. Il piano, approvato dal consiglio direttivo, è adottato dalla regione entro novanta giorni dal suo inoltro da parte dell’Ente parco .

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Il piano adottato è depositato per quaranta giorni presso le sedi dei comuni, delle comunità montane e delle regioni interessate; chiunque può prenderne visione ed estrarne copia. Entro i successivi quaranta giorni chiunque può presentare osservazioni scritte, sulle quali l’Ente parco esprime il proprio parere entro trenta giorni. Entro centoventi giorni dal ricevimento di tale parere la Regione si pronuncia sulle osservazioni presentate e, d’intesa con l’Ente parco per quanto concerne le aree di Riserva Integrale , Riserva Generale Orientata e Aree di Protezione oltre che con l’Ente parco, anche con i comuni interessati per quanto concerne le Aree di Promozione Economica e Sociale , emana il provvedimento d’approvazione.

Esercizio di poteri sostitutivi in caso di mancata approvazione del Piano Qualora il piano non venga approvato entro ventiquattro mesi dalla istituzione dell’Ente parco, alla regione si sostituisce un comitato misto costituito da rappresentanti del Ministero dell’ambiente e da rappresentanti delle regioni e province autonome, il quale esperisce i tentativi necessari per il raggiungimento di dette intese. Se le intese in questione non vengano raggiunte entro i successivi quattro mesi, il Ministro dell’ambiente rimette la questione al Consiglio dei Ministri che decide in via definitiva. Il piano è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e nel Bollettino ufficiale della regione ed è immediatamente vincolante nei confronti delle amministrazioni e dei privati.

Aggiornamento del Piano del Parco approvato in via definitiva Il piano è modificato con la stessa procedura necessaria alla sua approvazione ed è aggiornato con identica modalità almeno ogni dieci anni.

Il Regolamento del Parco Il Piano del Parco individua le attività consentite compatibili con l’interesse naturalistico del’area protetta. Il Regolamento disciplina l’esercizio delle attività consentite nel territorio del Parco, secondo le indicazioni dell’art. 11 Legge 394/1991. Il Regolamento del parco è approvato dal Ministro dell’ambiente, previo parere degli enti locali interessati, da esprimersi entro quaranta giorni dalla richiesta, e comunque d’intesa con la Regione. Il regolamento acquista efficacia novanta giorni dopo la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Entro tale termine i Comuni sono tenuti ad adeguare alle sue previsioni i propri regolamenti. Decorso inutilmente il predetto termine le disposizioni del regolamento del parco prevalgono su quelle del Comune, che è tenuto alla loro applicazione.

I divieti di attività nell’Area Protetta Il comma 3 dell’articolo 11 della legge 394/991 recita : “… nei parchi sono vietate le attività e le opere che possono compromettere la salvaguardia del paesaggio e degli ambienti naturali tutelati con particolare riguardo alla flora e alla fauna protette e ai rispettivi habitat. In particolare sono vietati:

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1. la cattura, l’uccisione, il danneggiamento, il disturbo delle specie animali; la raccolta e il danneggiamento delle specie vegetali, salvo nei territori in cui sono consentite le attività agro-silvo-pastorali, nonché l’introduzione di specie estranee, vegetali o animali, che possano alterare l’equilibrio naturale;

2. l’apertura e l’esercizio di cave, di miniere e di discariche, nonché l’asportazione di minerali;

3. la modificazione del regime delle acque; 4. lo svolgimento di attività pubblicitarie al di fuori dei centri urbani, non autorizzate

dall’Ente parco; 5. l’introduzione e l’impiego di qualsiasi mezzo di distruzione o di alterazione dei cicli

biogeochimici; 6. l’introduzione, da parte di privati, di armi, esplosivi e qualsiasi mezzo distruttivo o

di cattura, se non autorizzati; 7. l’uso di fuochi all’aperto; 8. il sorvolo di velivoli non autorizzato, salvo quanto definito dalle leggi sulla

disciplina del volo “ . Secondo Cassazione sez.3 n.8561 del 27/07/1995 il comma 3 articolo 11 della legge quadro sui parchi é “immediatamente applicabile, pur in mancanza di ulteriori determinazioni nel Regolamento di fatto adottato nel Parco” . Il Regolamento stabilisce le INTEGRAZIONI APPLICATIVE a tali divieti; infatti l’elenco dei divieti contenuto nell’articolo, anche in base ad una sommaria interpretazione letterale, è meramente esemplificativo, e non tassativo , perché ogni area protetta costituisce un sistema unico e irripetibile, e contiene una frazione di patrimonio naturale diversa da ogni altra.

Conclusioni sugli strumenti di pianificazione del Parco Alla luce della analisi sopra svolta possiamo quindi dire che attraverso il rapporto tra legge, piano e regolamento il meccanismo di imposizione di vincoli e limiti viene rovesciato: il sistema dei divieti essendo posto in via generale dalla legge, gli atti fondamentali del parco hanno la funzione di selezionare non le attività vietate, ma le attività permesse, dilatando diritti soggettivi e libertà compressi dalla legge quadro; detti atti fondamentali una volta individuate le attività permesse le regolamenteranno nello specifico al fine di armonizzarne l'esercizio con le finalità naturalistiche. E’ ovvio che se il regolamento non viene approvato tale disciplina delle INTEGRAZIONI APPLICATIVE e della interpretazione non tassativa dell’elenco dei divieti è stata lasciata completamente in mano al livello politico amministrativo che gestisce l’area protetta con buona pace della certezza del diritto e della trasparenza nelle motivazioni delle decisioni, come pure della natura di ente prevalentemente tecnico scientifico che deve avere l’Ente Parco.

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Regolamento provvisorio del Parco approvato dal Consiglio Regionale, nelle

more della approvazione del Piano del Parco “ La legislazione statale - legge n. 394 del 1991 - stabilisce che «Il regolamento del parco disciplina l'esercizio delle attività consentite entro il territorio del parco ed e' adottato dall'Ente parco» (art. 11, comma 1); e che «nei parchi sono vietate le attività e le opere che possono compromettere la salvaguardia del paesaggio e degli ambienti naturali tutelati con particolare riguardo alla flora e alla fauna protette e ai rispettivi habitat» (art. 11, comma 3), mentre il successivo art. 22 della stessa legge dispone che «Costituiscono principi fondamentali per la disciplina delle aree naturali protette regionali», fra gli altri, «d) l'adozione, secondo criteri stabiliti con legge regionale in conformità ai principi di cui all'articolo 11, di regolamenti delle aree protette». In tale contesto normativo la Regione Basilicata ha inserito all'art. 19 della legge regionale n. 28 del 1994, dopo il comma 8, il seguente comma, così formulato: «Gli enti Parco regionali, i cui territori sono ricompresi nei Piani Paesistici di Area Vasta di cui alla L.R. n. 3 del 1990, nel rispetto delle finalità istitutive dei parchi, delle previsioni e dei vincoli stabiliti dalla legislazione vigente, possono approvare provvedimenti specifici fino all'approvazione del Piano del Parco per l'esercizio delle attività consentite, anche in deroga al precedente comma 3, mediante un apposito Regolamento Provvisorio del Parco approvato dal Consiglio Regionale, sentito il parere della Terza Commissione Consiliare Permanente competente in relazione alla congruità delle deroghe previste dal Regolamento Provvisorio rispetto alla legislazione vigente e previo parere del Comitato Scientifico per l'Ambiente di cui all'art. 11 della L.R. n. 28 del 1994 per gli aspetti ambientali». Dal semplice confronto fra la normativa statale e quella regionale emerge che quest'ultima, nell'attribuire al Consiglio Regionale un potere regolamentare in materia di parchi, che la legge statale riserva alla competenza dell'Ente Parco, e nel consentire la deroga ai divieti che l'art. 19, comma 3, della legge regionale n. 28 del 1994, stabilisce in conformità all'art. 11, comma 3, della legge quadro n. 394 del 1991, incide sulla tutela del patrimonio ambientale e paesaggistico, riservato in via esclusiva alla competenza legislativa dello Stato dall'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. Né è accoglibile l'eccezione della Regione Basilicata sulla natura transitoria della disposizione, adottata nell'attesa dei Piani del Parco, ove si consideri l'inesistenza di un vuoto legislativo da colmare. Di conseguenza non può invocarsi la necessità di un intervento di supplenza della Regione (la norma infatti deroga palesemente rispetto alla disciplina statale di cui all'art. 11 della legge n. 394 del 1991). E ciò senza considerare che la giurisprudenza della Corte costituzionale ha affermato che la Regione non puo' legiferare in materia di ambiente quand'anche esista un vuoto di disciplina (sentenza n. 373 del 2010). Non e' condivisibile, infine, la difesa della Regione con la quale si rileva che la legge impugnata e' essa stessa dettata «nel rispetto delle finalità istitutive dei parchi, delle previsioni e dei vincoli stabiliti dalla legislazione vigente»; tale affermazione infatti e' in realtà contraddetta dalla previsione della possibilità di deroghe a leggi che ha appena affermato di voler rispettare. Pertanto, poiché la disposizione impugnata, concernendo la disciplina dei parchi naturali, interviene nella materia della tutela dell'ambiente, essa invade un ambito di competenza riservato in via esclusiva al legislatore statale. Va, pertanto, dichiarata l'illegittimità costituzionale non solo della norma impugnata, per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, ma, ai sensi dell'articolo 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dell'intera legge della Regione Basilicata n. 4 del 2010, composta di due soli articoli e in cui il successivo articolo 2

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disciplina solo l'entrata in vigore dell'art.1, per illegittimità costituzionale conseguenziale.”

Rapporti Piano del Parco e Pianificazione Paesaggistica Premessa Le finalità del Parco si presentano come un quid pluris rispetto a quelle della tutela delle bellezze naturali e del paesaggio ( si veda Cassazione sez. III pen 19/10/1995 n. 1386 che distingue tra le finalità esclusivamente conservatrice della disciplina paesistica da quelle anche promozionali di mantenimento e di miglioramento del sistema ecologico proprie della normativa sulle aree protette ). La giurisprudenza della Corte Costituzionale sulla prevalenza della pianificazione paesaggistica sulla pianificazione dei Parchi nazionali e regionali. Sentenza Corte Costituzionale 367/2007 “ 7. - La Regione Toscana impugna l'art. 12 del decreto legislativo n. 157 del 2006, che sostituisce l'art. 142 del decreto legislativo n. 42 del 2004, "nella parte in cui reintroduce l'illimitata vigenza del vincolo paesaggistico per le categorie di beni tutelate ai sensi della legge n. 431 del 1985, nonché, con particolare riferimento al comma 3 dello stesso art. 142, nella parte in cui preclude alle Regioni di individuare con il piano paesaggistico i corsi d'acqua irrilevanti dal punto di vista del paesaggio". Si prospetta il contrasto della predetta disposizione con: 1) l'art. 117, terzo comma, della Costituzione, giacché essa incide "sullo svolgimento delle funzioni, attinenti al governo del territorio ed alla valorizzazione dei beni culturali ed ambientali, riservate alla potestà concorrente delle Regioni"; 2) l'art. 118 della Costituzione ed il principio di leale collaborazione, poiché l'individuazione dei beni da tutelare ed il regime di tutela, in quanto incidenti su competenze regionali, "dovrebbero essere statuiti d'intesa con le Regioni". 7.1. - La questione non e' fondata. Come si e' venuto progressivamente chiarendo già prima della riforma del Titolo V della parte seconda della Costituzione, il concetto di paesaggio indica, innanzitutto, la morfologia del territorio, riguarda cioè l'ambiente nel suo aspetto visivo. Ed è per questo che l'art. 9 della Costituzione ha sancito il principio fondamentale della "tutela del paesaggio" senza alcun'altra specificazione. In sostanza, è lo stesso aspetto del territorio, per i contenuti ambientali e culturali che contiene, che è di per sé un valore costituzionale. Si tratta peraltro di un valore "primario", come ha già da tempo precisato questa Corte (sentenza n. 151 del 1986; ma vedi anche sentenze n. 182 e n. 183 del 2006), ed anche "assoluto", se si tiene presente che il paesaggio indica essenzialmente l'ambiente (sentenza n. 641 del 1987). L'oggetto tutelato non è il concetto astratto delle "bellezze naturali", ma l'insieme delle cose, beni materiali, o le loro composizioni, che presentano valore paesaggistico. Sul territorio gravano più interessi pubblici: quelli concernenti la conservazione ambientale e paesaggistica, la cui cura spetta in via esclusiva allo Stato, e quelli concernenti il governo del territorio e la valorizzazione dei beni culturali ed ambientali (fruizione del territorio), che sono affidati alla competenza concorrente dello Stato e delle Regioni. La tutela ambientale e paesaggistica, gravando su un bene complesso ed unitario, considerato dalla giurisprudenza costituzionale un valore primario ed assoluto, e rientrando nella competenza esclusiva dello Stato, precede e comunque

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costituisce un limite alla tutela degli altri interessi pubblici assegnati alla competenza concorrente delle Regioni in materia di governo del territorio e di valorizzazione dei beni culturali e ambientali. In sostanza, vengono a trovarsi di fronte due tipi di interessi pubblici diversi: quello alla conservazione del paesaggio, affidato allo Stato, e quello alla fruizione del territorio, affidato anche alle Regioni. Si tratta di due tipi di tutela, che ben possono essere coordinati fra loro, ma che debbono necessariamente restare distinti. E in proposito la legislazione statale ha fatto ricorso, ai sensi dell'art. 118 della Costituzione, proprio a forme di coordinamento e di intesa in questa materia, ed ha affidato alle Regioni il compito di redigere i piani paesaggistici, ovvero i piani territoriali aventi valenza di tutela ambientale, con l'osservanza delle norme di tutela paesaggistica poste dallo Stato. In particolare, l'art. 143 del d.lgs. n. 42 del 2004, novellato dall'art. 13 del d.lgs. n. 157 del 2006, ha previsto la possibilità, per le Regioni, di stipulare intese con il Ministero per i beni culturali ed ambientali e con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio per "l'elaborazione congiunta dei piani paesaggistici", precisando che il contenuto del piano elaborato congiuntamente forma oggetto di apposito accordo preliminare e che lo stesso e' poi "approvato con provvedimento regionale". In buona sostanza, la tutela del paesaggio, che e' dettata dalle leggi dello Stato, trova poi la sua espressione nei piani territoriali, a valenza ambientale, o nei piani paesaggistici, redatti dalle Regioni. In questo stato di cose, la Regione Toscana non può certo lamentarsi di non poter statuire d'intesa l'individuazione dei beni da tutelare ed il regime di tutela, in quanto incidenti su competenze regionali. Come sopra si e' chiarito, le competenze regionali non concernono le specifiche modalità della tutela dei beni paesaggistici (rimessa alla competenza esclusiva dello Stato), ma la concreta individuazione e la collocazione di questi ultimi nei piani territoriali o paesaggistici. Quanto alla reintroduzione nel Codice dei beni culturali e del paesaggio della tipologia dei beni paesaggistici previsti dal decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431, si deve inoltre sottolineare che detta legge ha dato attuazione al disposto del citato articolo 9 della Costituzione, poiché la prima disciplina che esige il principio fondamentale della tutela del paesaggio e' quella che concerne la conservazione della morfologia del territorio e dei suoi essenziali contenuti ambientali. Alla luce di quanto detto cade anche l'altra censura della Regione Toscana, secondo la quale non le dovrebbe essere preclusa la possibilità di "individuare con il piano paesaggistico i corsi d'acqua irrilevanti dal punto di vista paesaggistico".” Sentenza n. 180 del 2008 della Corte Costituzionale con la quale la Suprema Corte statuiva la prevalenza del piano paesaggistico sul piano del parco. “ Il medesimo art.145 contempla, al comma 3, il principio di «prevalenza dei piani paesaggistici» sugli altri strumenti urbanistici, precisando, segnatamente, che: «Per quanto attiene alla tutela del paesaggio, le disposizioni dei piani paesaggistici sono comunque prevalenti sulle disposizioni contenute negli atti di pianificazione ad incidenza territoriale previsti dalle normative di settore, ivi compresi quelli degli enti gestori delle aree naturali protette». Non può non rilevarsi, altresì, che, successivamente al deposito del ricorso, sono state apportate, tramite il d.lgs. 26 marzo 2008, n. 63, talune modificazioni a varie disposizioni del d.lgs. n. 42 del 2004, già modificato dal d.lgs. n.157 del 2006 e, tra queste, anche al comma 3 dell'art.145, con l'inserimento, nella prima parte della norma, dell'inciso, da riferirsi alle previsioni dei piani paesaggistici di cui agli artt.143 e 156, «non sono derogabili da parte di piani, programmi e progetti nazionali o regionali di

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sviluppo economico» (art. 2, comma 1, lettera r, numero 4). E' evidente, tuttavia, che la parte della disposizione che riguarda il principio di prevalenza dei piani paesaggistici, sulla quale il ricorrente impernia l'impugnazione, non e' stata incisa da alcuna modificazione e, anzi, il più recente intervento del legislatore risulta nel segno di un rafforzamento del principio medesimo. 3. - Come questa Corte ha avuto modo di affermare anche di recente con la sentenza n. 367 del 2007, sul territorio vengono a gravare più interessi pubblici: da un lato, quelli concernenti la conservazione ambientale e paesaggistica, la cui cura spetta in via esclusiva allo Stato, in base all'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.; dall'altro, quelli riguardanti il governo del territorio e la valorizzazione dei beni culturali ed ambientali (fruizione del territorio), che sono affidati, in virtù del terzo comma dello stesso art. 117, alla competenza concorrente dello Stato e delle Regioni. In definitiva, si «tratta di due tipi di tutela, che ben possono essere coordinati fra loro, ma che debbono necessariamente restare distinti» (cosi' la citata sentenza n. 367 del 2007). Ne consegue, sul piano del riparto di competenze tra Stato e Regione in materia di paesaggio, la «separatezza tra pianificazione territoriale ed urbanistica, da un lato, e tutela paesaggistica dall'altro», prevalendo, comunque, «l'impronta unitaria della pianificazione paesaggistica» (sentenza n. 182 del 2006). E' in siffatta piu' ampia prospettiva che, dunque, si colloca il principio della «gerarchia» degli strumenti di pianificazione dei diversi livelli territoriali, espresso dall'art. 145 del d.lgs. n. 42 del 2004.”

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Il Nulla Osta dell’Ente Parco

A chi spetta rilasciarlo E’ rilasciato dall’Ente Parco quindi lo statuto ne disciplina compiutamente la titolarità delle funzioni ( Lo statuto del Parco 5 Terre lo assegna al direttore). La legge (comma 3 articolo 13 legge 394/1991) comunque prevede che l’esame delle richieste di nulla osta possa essere affidato con deliberazione del Consiglio direttivo ad un apposito comitato la cui composizione e la cui attività sono disciplinate dal regolamento del parco.

La natura giuridica del nulla osta La legge quadro sulle aree naturali protette configura un modello di nullaosta del tutto originale, e precisamente individuabile. In condizioni normali con un piano e regolamento approvati ed efficaci si tratta di un atto a discrezionalità zero (Di Plinio, Fonderico). Infatti il nulla osta :

1. "verifica la conformità" del progetto di attività al piano e al regolamento 2. certifica la esistenza o meno di un interesse primario a realizzare intervento/attività

riconosciuto dal piano/regolamento 3. non legittima la realizzazione dell’intervento o attività ma solo la prosecuzione

dell’iter autorizzatorio dovendosi verificare a questo fine altri eventi (autorizzazioni comunali, altri atti di assenso di altre amministrazioni etc.).

Proprio per questo il rilascio del nulla osta ha un grado di discrezionalità che è inversamente proporzionale al dettaglio degli atti fondamentali (piano e regolamento), e che il parco è in grado di rendere data la qualificazione specifica delle sue strutture amministrative, o la possibilità di creare un apposito comitato tecnico.

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Efficacia del Nulla Osta: Legge 134/2012: “Ai fini del rilascio del permesso di costruire, lo sportello unico per l’edilizia acquisisce direttamente o tramite conferenza di servizi ai sensi degli articoli 14, 14-bis, 14-ter, 14-quater e 14-quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, gli atti di assenso, comunque denominati, necessari ai fini della realizzazione dell’intervento edilizio. Nel novero di tali assensi rientrano, in particolare: ……..m) il nulla osta dell’autorità competente ai sensi dell’articolo 13 della legge 6 dicembre 1991, n. 394, in materia di aree naturali protette”. Quindi il rilascio del nulla osta è condizione per la validità del rilascio del permesso di costruire che non può essere rilasciato preventivamente.

Nulla Osta e Piano del Parco Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 1673, del 26 marzo 2013 “ Necessità nulla-osta Ente parco su singolo intervento. La pianificazione compiuta, ai sensi dell’art. dell’art. 12 l. 6 dicembre 1991, n. 394 da un Piano per il Parco non assorbe né esaurisce ogni giudizio sul singolo, puntuale intervento, e che questo giudizio va riservato al nulla osta dell’art. 13. Analogamente a quanto avviene in materia paesaggistica, invero, un tale piano non può mai derogare, per categorie di opere, alla necessità dell’autorizzazione (nulla osta); il piano può semmai individuare, in negativo, gli interventi che, per inconciliabilità con il contesto, si pongono in posizione di incompatibilità assoluta con i valori salvaguardati e per questi il giudizio di compatibilità viene effettuato, e in senso negativo, una volta per tutte, sì che poi non può esservi più nemmeno luogo al nulla osta. Invece, per le restanti zone, come per le restanti opere, dove la compatibilità continua a dover essere valutata in concreto, rimane necessario il giudizio rispetto alla conservazione dei valori espressi da quelle località, da compiersi con il singolo nulla osta.” ( vedi anche Cons. Stato, II, n. 548/98 del 20 maggio 1998; da ultimo: Cons. Stato, VI, 15 gennaio 2013, n. 220).

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Nulla Osta e condono edilizio Consiglio di Stato, Sez. IV n. 6082 del 29 novembre 2012 “ Insanabilità abuso eseguito prima dell’istituzione del Parco E’ legittimo il parere favorevole alla domanda di sanatoria limitatamente a quanto previsto dall’art. 6, lettera c), delle N.T.A. del Piano d’area del Parco regionale “La Mandria” istituito con l. r. 21 agosto 1978, n. 54, successivamente all’abuso avvenuto nel 1972. In sede di rilascio della concessione edilizia in sanatoria per opere ricadenti in zone sottoposte a vincolo, previsto dall'art. 32 della citata legge n. 47 del 1985, l'esistenza del vincolo stesso va valutata al momento in cui deve essere presa in considerazione la domanda di condono, a prescindere dall'epoca della sua introduzione e, quindi, anche per le opere eseguite anteriormente all'apposizione del vincolo in questione. Infatti, la disposizione di portata generale di cui all'art. 32, comma 1, relativa ai vincoli che appongono limiti all'edificazione, non reca alcuna deroga ai principi generali sull'azione amministrativa, sempre improntati all'art. 97 Cost.. Pertanto essa deve essere interpretata nel senso che l'obbligo di pronuncia da parte dell'autorità preposta alla tutela sussiste in relazione alla esistenza del vincolo al momento in cui deve essere valutata la domanda di sanatoria, rimanendo irrilevante il tempo in cui il vincolo è stato introdotto. Tale valutazione corrisponde all’esigenza di vagliare l'attuale compatibilità, con il vincolo, dei manufatti realizzati abusivamente”. Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 1874, del 5 aprile 2013 “ Richiesta di condono edilizio di un box auto e nulla osta dell’Ente Parco. Nel caso in cui i provvedimenti del Parco si inseriscono nell’ambito di un procedimento di condono edilizio, la norma da assumere a riferimento è costituita dall’art. 32 delle legge n. 47 del 1985, che prevede specifici termini procedimentali e un dispositivo di silenzio rifiuto, non l’art. 13 della legge n. 394 del 1991 che contempla un’ipotesi di nulla osta preventivo da richiedere prima che sia stata realizzata qualsiasi costruzione ed è inapplicabile in caso di procedura di sanatoria. Le concessioni edilizie in sanatoria, alla data di istituzione del parco non erano ancora state emesse e, una volta istituito il parco stesso, il rilascio del titolo edilizio non poteva avvenire senza il preventivo nulla osta dell’Ente Parco Nazionale delle Cinque Terre. Nemmeno rileva la circostanza che le opere fossero state realizzate antecedentemente a tale istituzione (avvenuta, come detto, con , d.P.R. 6 ottobre 1999), atteso il consolidato orientamento (cfr., per tutte, Cons. Stato, VI, 23 febbraio 2011, n. 1127 e 15 giugno 2009, n. 3806) secondo cui in sede di rilascio di concessione edilizia in sanatoria deve tenersi conto dei vincoli esistenti al momento dell’adozione del provvedimento, a prescindere dall’epoca di introduzione del vincolo stesso e, quindi, della sua vigenza al momento della realizzazione del manufatto. Come riconosce la stessa appellante, del resto, l’area delle Cinque Terre già in precedenza era stata individuata come area protetta con la legge della Regione Liguria 18 marzo 1985, n. 12.” Consiglio di Stato, Sez. IV n. 6662, del 21 dicembre 2012. “ Legittimità diniego sanatoria opere abusive nel Parco Nazionale del Circeo. In sede di rilascio della concessione edilizia in sanatoria per opere ricadenti in zona sottoposta a vincolo previsto dall'art. 32, l. n. 47 del 1985 nella fattispecie all’interno del Parco Nazionale del Circeo, l’obbligo di acquisire il parere dell'autorità preposta alla tutela del vincolo sussiste in relazione alla esistenza del vincolo stesso al momento in cui deve essere valutata la domanda di condono, e che, in applicazione degli art. 33 l. n. 47 del 1985 e 32, comma 27 del d.l. n. 269 del 2003, sussiste l’assoluta inedificabilità alle condizioni ivi previste degli interventi abusivi realizzati su immobili sottoposti a vincolo paesaggistico, deve ritenersi corretto l’operato dell'autorità preposta alla tutela del

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vincolo, nella specie l’Ente parco nazionale del Circeo (nella specie si verte sul diniego comunale), che non abbia svolto accertamenti sulle caratteristiche dell'immobile oggetto dell'istanza di condono che insiste in area sottoposta a vincolo idrogeologico, al fine di valutare la sua eventuale compatibilità con le ragioni del vincolo stesso, non disponendo l'Amministrazione di alcun potere discrezionale in merito al rilascio del nulla osta, stante l'assoluta preclusione normativa.”

Nulla Osta e Autorizzazione Paesaggistica Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 2410, del 6 maggio 2013 “ 4.- Quanto all’autorizzazione rilasciata dall’ente Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano e al suo asserito carattere assorbente rispetto alle valutazioni della competente autorità paesaggistica, il Collegio non condivide quanto osservato sul punto dalla parte appellante. In disparte la laconicità di questo parere, appare comunque dirimente che le distinte autorità (ente Parco e Soprintendenza diverse per oggettività giuridica pubblica e perciò non sovrapponibili) sono chiamate a compiere autonome valutazioni: mentre l’ente parco deve valutare la compatibilità dell’intervento limitatamente alle esigenze di salvaguardia, fruizione e valorizzazione del Parco e con le sue specifiche destinazioni di zona, l’autorità paesaggistica è chiamata a svolgere una diversa disamina della compatibilità dell’intervento proposto, che ha come parametro i valori paesaggistici riconosciuti dei luoghi, in funzione della tutela del bene paesaggistico.”

Nulla Osta su piani e su progetti edilizi Consiglio di Stato, Sez. VI n. 5630 del 7 novembre 2012 “ L’Ente gestore del Parco può esprimere parere favorevole sul piano di lottizzazione e successivamente negare il nulla-osta al permesso di costruire. L’Ente gestore del Parco può, dapprima, esprimere parere favorevole sul piano di lottizzazione concernente la realizzazione dell’insediamento residenziale, turistico e commerciale in questione e, successivamente, negare il nulla-osta sull’istanza del permesso di costruire relativa all’intervento edificatorio meramente attuativo di tale strumento urbanistico. Infatti, l’oggetto della valutazione propria del nulla-osta di cui all’art. 13 della legge n. 394/1991 “Legge quadro sulle aree protette” è costituito, oltreché dall’impatto dell’opera sul contesto ambientale oggetto di tutela, da tutti gli aspetti di protezione del territorio, anche relativi alla disciplina di natura urbanistica ed edilizia recepita dal Piano del Parco e dal regolamento. I particolari dell’intervento edificatorio sono apprezzabili nella loro effettiva entità e consistenza solo alla luce del maggior grado di dettaglio e livello di approfondimento connotanti gli elaborati progettuali e plani-volumetrici allegati alla richiesta del permesso di costruire, mentre il parere espresso sul piano di lottizzazione si basa su una valutazione di principio attorno alla compatibilità dell’intervento col contesto vincolato in cui viene a collocarsi, e attorno all’incidenza della sua percezione visiva sulle caratteristiche del sito, resa possibile sulla base degli elaborati di massima da allegare a corredo del piano di lottizzazione”.