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DISLESSIA IN ETÀ ADULTA: IL QUESTIONARIO DI VINEGRAD IN UNA RICERCA ESPLORATIVA CON STUDENTI UNIVERSITARI Roberta Cursi, Counselor, pedagogista e Presidente dell’Associazione ARIMP (Attività di Ricerca e Intervento Musico-Psicopedagogico) della sezione di Brindisi, esperta dei DSA. Stefania Pinnelli, docente di Didattica e Pedagogia speciale presso l’Università del Salento Abstract Il presente contributo è il risultato di un’indagine statistica avviata presso l’Università del Salento in collaborazione con la prof.ssa Stefania Pinnelli, docente di Didattica Speciale. L’esperienza di screening, che ha visto partecipe un notevole campione di studenti universitari della città di Lecce, è stata finalizzata, da un lato, a rilevare la “possibile” presenza del disturbo della dislessia negli adulti e, da l’altro, a misurare la validità e l’attendibilità dello strumento di screening utilizzato nell’indagine esplorativa, ideato da M. Vinegrad: Adult Dyslexia Checklist/ADCL. L’Indice di Discriminazione, nell’analisi dei singoli item, è servito a misurare validità e attendibilità degli stessi. Abstract dyslexic adults The present contribution is the result of a surveying statistics at the Salento's University, in collaboration with Pinnelli stefania, a professor of Special Education. The experience of Screening, from which was collected from large participant of students of Città di Lecce (Lecce City) University. It was finalized to find the side of "possible" presence of the disorder of dyslexia in adults, from the other measurement of the validity and reliabity of the screening tool used in the exploratory surveying, designed by M. Vinegrad: Adult Dyslexia Checklist (ADCL). In order to measure the validity and the reliability, the index of Discrimination is being used to proceed with the analysis of individual items.

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DISLESSIA IN ETÀ ADULTA: IL QUESTIONARIO DI VINEGRAD IN UNA RICERCA

ESPLORATIVA CON STUDENTI UNIVERSITARI

Roberta Cursi, Counselor, pedagogista e Presidente dell’Associazione ARIMP (Attività di Ricerca

e Intervento Musico-Psicopedagogico) della sezione di Brindisi, esperta dei DSA.

Stefania Pinnelli, docente di Didattica e Pedagogia speciale presso l’Università del Salento

Abstract

Il presente contributo è il risultato di un’indagine statistica avviata presso l’Università del

Salento in collaborazione con la prof.ssa Stefania Pinnelli, docente di Didattica

Speciale. L’esperienza di screening, che ha visto partecipe un notevole campione di

studenti universitari della città di Lecce, è stata finalizzata, da un lato, a rilevare la

“possibile” presenza del disturbo della dislessia negli adulti e, da l’altro, a misurare la

validità e l’attendibilità dello strumento di screening utilizzato nell’indagine esplorativa,

ideato da M. Vinegrad: Adult Dyslexia Checklist/ADCL.

L’Indice di Discriminazione, nell’analisi dei singoli item, è servito a misurare validità e

attendibilità degli stessi.

Abstract dyslexic adults

The present contribution is the result of a surveying statistics at the Salento's University,

in collaboration with Pinnelli stefania, a professor of Special Education.

The experience of Screening, from which was collected from large participant of students

of Città di Lecce (Lecce City) University. It was finalized to find the side of "possible"

presence of the disorder of dyslexia in adults, from the other measurement of the validity

and reliabity of the screening tool used in the exploratory surveying, designed by M.

Vinegrad: Adult Dyslexia Checklist (ADCL).

In order to measure the validity and the reliability, the index of Discrimination is being

used to proceed with the analysis of individual items.

Capitolo 2

La dislessia nell’adulto: un’ esperienza di

screening

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Capitolo Primo

Aspetti clinici della dislessia

1.1 Verso una definizione

La dislessia è un disturbo settoriale della lettura che si manifesta in bambini normalmente

scolarizzati, con normale quoziente intellettivo, in assenza di deficit intellettivi, neurologici o

sensoriali e con adeguate condizioni socioculturali, altrimenti definita in termini neuropsicologici

come difficoltà nell’automatizzazione della identificazione di parole scritte, che si sviluppa con

grande difficoltà ed avviene in modo incompleto (DSM- IV).1

L’International Dyslexia Association nel 2003 ha rielaborato e proposto una definizione univoca

della dislessia evolutiva, circoscrivendo il campo relativamente alla specificità del disturbo:

“La Dislessia Evolutiva è una disabilità specifica dell’apprendimento di origine neurobiologica.

Essa è caratterizzata dalla difficoltà a effettuare una lettura accurata e/o fluente e da scarsa abilità

nella scrittura e nella decodifica. Queste difficoltà derivano tipicamente da un deficit nella

componente fonologica del linguaggio, che è spesso inattesa in rapporto alle altre abilità cognitive e

alle garanzie di un’adeguata istruzione scolastica.

Conseguenze secondarie possono includere i problemi di comprensione nella lettura e una ridotta

pratica della lettura, che può impedire la crescita del vocabolario e della conoscenza generale”.2

La frase d’apertura identifica la Dislessia come una disabilità specifica

dell’apprendimento e non come una disabilità dell’apprendimento generale, altrimenti

si parlerebbe di Ritardo Mentale. Già nella formula definitoria della Dislessia

Evolutiva del 1995 il concetto di specificità era bene evidenziato, mentre era meno

descritto il ruolo della componente “fonologica” del linguaggio.

Il concetto di ”specificità” vuole segnalare che il disturbo non interessa il sistema

cognitivo nella sua globalità, ma è circoscritto ad una porzione più limitata e

1 www.pinguini.net/convegni/2000/disless.htm.

2 D.IANES ET AL. (a cura di), La Dislessia, Erickson, Trento 2007, p. 11.

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identificabile del suo funzionamento. Il difettoso funzionamento del sistema cognitivo va a

pregiudicare severamente la capacità di lettura, lasciando tuttavia indenne l’intelligenza del

soggetto, per questo la difficoltà riguarda una sola funzione e non tutte le capacità.

E’ tuttavia importante riconoscere che molti soggetti dislessici presentano deficit in comorbidità

nelle altre aree cognitive e scolastiche come l’attenzione, la scrittura e l’aritmetica.3

Giacomo Stella - università di Modena e Reggio Emilia, fondatore dell’A.I.D.- in un’intervista

rilasciata a Dario Ianes nella collana “facciamo il punto su…la dislessia”4, afferma che la

comorbidità rappresenta una condizione sufficiente per alcuni aspetti, ma non sempre necessaria: le

attività di lettura, scrittura e far di conto, prevedono processi di transcodifica, ossia di passaggio da

un codice verbale ad un codice scritto, da questo si deduce perché il soggetto che si affatica

nell’apprendimento dei meccanismi di conversione fonema-grafema, talvolta presenterà notevoli

difficoltà nei meccanismi di conversione tra la forma fonologica e la forma scritta di un numero.

Da un punto di vista epidemiologico, più ricercatori concordano nel sostenere che è più frequente

il coesistere di sintomi associati, piuttosto che la presenza di un sintomo isolato.

Tuttavia, queste osservazioni di comorbidità non tolgono nulla alla definizione operativa di

specificità della dislessia, poiché le caratteristiche cognitive dei deficit nell’attenzione e nella

matematica, sono abbastanza diverse dalle caratteristiche cognitive, associate ai deficit nelle abilità

basilari di lettura.

Per la maggior parte delle persone l’acquisizione della lettura avviene una sola volta, per il

dislessico si tratta invece di un apprendimento sempre nuovo perché viene a mancare la fase

dell’automatizzazione. Per esempio: impariamo da piccoli ad andare in bicicletta. I movimenti, che

all’inizio richiedono molta attenzione (mantenere l’equilibrio, pedalare, guardare avanti…), con

l’esercizio diventano automatici e, anche se non dovessimo andare in bici per moltissimo tempo, ci

ritornerebbero comunque naturali.

Ciò non avviene al dislessico nel momento in cui legge: la difficoltà consiste proprio in questo,

anche da adulto per lui sarà come approcciarsi alla lettura per la prima volta.

Quindi possiamo affermare che la dislessia non è una malattia o un handicap ma solo un disturbo o

una problematica che può essere compensata con le giuste misure.

Ma quanti sono i Dislessici? La Società Europea di Dislessia afferma che nella media dei paesi

europei, complessivamente l’8% della popolazione è interessato dal problema.

3G. STELLA, E. SAVELLI. Dislessia. Giornale italiano di ricerca clinica e applicativa.

Ottobre 2004, vol 1, n.3, Erickson, Trento, pp. 265-275.

4 D.IANES ET AL. op. cit., DVD.

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Fortunatamente, in presenza di un’ortografia semplice, in Italia il problema si manifesta in misura

meno rilevante: 2,5% - 3,5% della popolazione. Si stima, secondo i criteri più severi, che in Italia

esistano 1.500.000 dislessici. Seppure da un’indagine epidemiologica risulti una percentuale di

dislessici pari al 7% circa, rimane vero che, nel corso della scolarizzazione, la forma lieve del

disturbo scompare, dunque, al termine della scolarità obbligatoria, la percentuale di soggetti

portatori di questo disturbo è pari al 3% della popolazione.

In particolare, una recente ricerca di Agronmedia, condotta per conto dell’Istituto di

Ortofonologia di Roma stima il 10% di bambini dislessici nelle regioni del Sud5.

Spesso sui giornali o sulle riviste specializzate si leggono cifre nettamente diverse da far pensare

che non si stia parlando dello stesso fenomeno. Questa mancanza di consenso è un elemento

pericoloso in quanto rafforza la tendenza a sottovalutare il problema. Rispondere alla domanda

“quanti sono?” non è sempre così facile, poiché la possibilità di contare la frequenza di un

fenomeno dipende dalla chiarezza della sua definizione. E’ necessario essere concordi circa gli

strumenti da utilizzare per identificare la dislessia, il modo in cui vengono proposte le prove e i

criteri statistici, infine è necessario considerare l’epoca in cui il problema viene rilevato. Tuttavia,

anche quando tutti questi elementi sono utilizzati dallo stesso ricercatore per studiare un gruppo in

anni diversi, si ottengono numeri diversi.

Una ricerca svolta da G. Stella su bambini esaminati nel corso dei cinque anni della scuola

elementare, ha evidenziato un andamento variabile nei diversi anni. In prima, i bambini dislessici

sono un numero minore poiché la variabilità è più ampia e dunque, più precoce è il periodo in cui si

cerca di identificare il disturbo, più ampi sono i margini di variabilità e quindi di tolleranza. In

seconda i dislessici aumentano un po’, ma in terza raggiungono il loro picco, che rimane stabile in

quarta per cominciare a calare nell’ultimo anno. Tale diminuzione in quinta elementare esprime il

recupero delle forme lievi. Dunque il numero dei bambini dislessici varia nel corso della scolarità

obbligatoria, il suo andamento traccia una sorta di arco, con un incremento nel corso dei primi anni

e un progressivo decremento negli anni della scuola media, quando l’accumulo di esercizio e di

esperienza porta il massimo dei vantaggi al bambino con disturbo di lettura. Alla luce di quanto

detto, si può concludere che il disturbo di lettura cambia nel corso dello sviluppo, questo permette

di spiegare la diversità dei numeri a misura dello stesso fenomeno.

La percentuale del 2,5%- 3,5%, costituisce una media prudenziale che tuttavia dà una dimensione

di quanto ampio sia il fenomeno della dislessia evolutiva in Italia6.

5 www.aiditalia.org/upload/pdf

6 G.STELLA,La dislessia, Il Mulino, Bologna 2004, pp.48-50.

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E’ in corso una ricerca epidemiologica nazionale, coordinata da Roberta Penge non ancora

pubblicata, ma i cui primi dati confermano il 2,5%-3.5%.

1.2 Comorbidità psichiatrica e DSA

Come sopra indicato, i Disturbi specifici di apprendimento “possono” presentarsi in associazione

a sintomi/disturbi psichiatrici. In alcuni casi, il disturbo psichiatrico “può” mascherare la presenza

di un disturbo specifico di apprendimento.

Sia in età infantile che in età giovane-adulta un disturbo mentale può essere la manifestazione di

un disagio correlato ad un DSA non riconosciuto. Al clinico può essere proposta la valutazione di

un sintomo psichiatrico, anziché la difficoltà sottostante.

Tra le associazioni più frequenti rientrano:

I Disturbi d’ansia (DA). Da uno studio epidemiologico di Carrol e al., condotto nel 2005 su

un campione composto da bambini e adolescenti (9-15 anni), è emerso un alto tasso di

disturbo d’ansia di separazione e disturbo d’ansia generalizzato7.

Il Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività (ADHD) è una delle manifestazioni più

documentata nell’infanzia. Due studi trasversali, svolti da Carrol e al., hanno certificato la

presenza di associazione tra DSA in pre-adolescenti e sintomi co-occorrenti di ADHD8.

Depressione. Associazione scarsamente conosciuta, documentata nell’infanzia.9

Disturbo della condotta10

.

Abuso di sostanze. Goldstan e al. nel 2007 hanno rilevato una associazione statisticamente

significativa di abuso di sostanze nei soggetti con DSA, rispetto ai controlli11

.

Adolescenti e giovani adulti con difficoltà di lettura possono sperimentare difficoltà di

adattamento in diverse aree, da quanto emerso delle osservazioni di Maughan nel 199512

.

Alla luce di quanto detto, vengono di seguito riportati i dati di alcune casistiche raccolte nei

diversi studi, condotti nell’ambito della Psicopatologia dello Sviluppo.

Sono stati esaminati sette casi clinici di soggetti con disturbi psichiatrici, in cui è stata ricostruita

una storia di fallimenti scolastici che ha portato, dopo la valutazione neuropsicologici (scala WAIS,

Matrici di Raven, Reading test, spelling test) alla diagnosi di dislessia.

7 Atti del Convegno “La dislessia negli adolescenti e adulti”, 19 Aprile 2008, Reggio Emilia.

8 Ibid.

9 Ibid.

10 Ibid.

11 Ibid.

12 Ibid.

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W. A Saunders e M.G. Barker, nella rivista scientifica British Medical Journal, affermano:

“Tutte queste persone avevano ricevuto un’educazione convenzionale…presentavano alcune

caratteristiche di personalità in comune: erano tutti estremamente sensibili riguardo alla loro

difficoltà e negli anni, si erano allontanati dai familiari, dagli amici e dai compagni di lavoro,

evitando situazioni in cui emergesse la loro difficoltà”.

“Alcuni pazienti possono essere di normale intelligenza ma avere difficoltà di lettura, scrittura e

spelling, queste difficoltà costituiscono il principale fattore precipitante di un disturbo psichiatrico.

In sette pazienti, queste difficoltà sono emerse solo dopo una valutazione intensiva”13

.

In un'altra casistica sono stati analizzati gli ultimi cento pazienti in cui si rilevava, mediante il

Sistema Boder, un Quoziente di Lettura inferiore a 90, afferenti gli anni 2006-2007. Il campione

comprendeva 36 femmine e 64 maschi, di cui 49 adolescenti. Di questi, trentaquattro avevano

un’età compresa tra gli 11 e i 13 anni, i restanti quindici 14 e 17 anni.

Per ciascun soggetto sono stati raccolti i seguenti dati:

motivo e fonte d’invio della consultazione;

Pattern Dislessia -Test diretto di lettura e scrittura - (TDLS);

Prova n.4 e n.5 della Batteria per la Valutazione della Dislessia e Disortografia in Età

Evolutiva;

valutazione cognitiva mediante la classica scala di Intelligenza per bambini- riveduta

(WISC-R) e attraverso le Matrici di Raven;

dati ricavati dalla somministrazione delle Child Behavior chechlist (CBCL) e dalla Children

Global Assessment Scale (C-GAS) tuttavia non utilizzati in tutti i pazienti.

I risultati sono relativi al motivo della consultazione, che può prendere avvio dalla difficoltà della

letto-scrittura, o da sintomi diversi, come mostra la tabella n. 1.

13

Cfr. W.A. SAUNDERS, M.G. BARKER, Dyslexia as cause of Psychiatric Disorder in Adults,in “British Medical

Journal, 1972, n. 4, pp. 759-761, cit. da C. Ruggerini, Atti del Convegno “La dislessia negli adolescenti e adulti”, 19

Aprile 2008, Reggio Emilia.

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Tab 1- motivo della consultazione: letto- scrittura

Si nota che nell’81% dei casi, il motivo della consultazione, prende avvio dalla difficoltà della letto-

scrittura, e che solo l’11% di soggetti richiede una consultazione per la presenza di altri sintomi.

Tuttavia, la tabella che segue, approfondisce nello specifico quali sono i sintomi, diversi dalla

difficoltà della letto-scrittura, che conducono alla consultazione, tra i quali ritroviamo le balbuzie,

l’iperattività, oppositività, sintomi fisici, tic e disturbo d’ansia.

Questi dati confermano la tesi argomentata inizialmente secondo cui i DSA possono presentarsi

in correlazione a sintomi/disturbi psichiatrici, e che in alcuni casi un disturbo psichiatrico, motivo di

richiesta di aiuto, può manifestare la presenza di un disturbo specifico di apprendimento non

riconosciuto.

Tab 2- Tipo di sintomo (diverso dalla difficoltà della letto-scrittura) che conduce alla

consultazione.

Si noti bene che, relativamente all’ultima tabella, sei soggetti su undici erano preadolescenti-

adolescenti14

.

14

Atti del Convegno “La dislessia negli adolescenti e adulti”, 19 Aprile 2008, Reggio Emilia.

Motivo invio % soggetti

Letto-scrittura 81

Letto-scrittura più altro

(comportamento, attenzione)

8

Altri sintomi 11

Motivo invio N° soggetti

Balbuzie 1

Iperattività 2

Oppositività 1

Sintomi fisici 4

Tics 1

Isolamento/ ansiosi 2

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1.3 Come si manifesta

Nel bambino dislessico, le difficoltà scolastiche compaiono già nei primi anni di scuola e

persistono negli anni seguenti. Le prime difficoltà osservabili riguardano l’incapacità a mantenere la

stabilità delle acquisizioni, come l’associazione fonema e grafema.

La dislessia si riconosce per la presenza di caratteristiche che impediscono o ostacolano il

processo di decodifica come:

L’inversione di lettere nell’ambito di una sillaba (dal/lad, di/id, in/ni, al/la, cra/car,

cavolo/calovo);

L’incapacità di distinguere lettere simili per la forma (m/n, b/d, b/p) o per il suono (d/t, b/p, f/v,

t/d, l/r);

L’omissione di lettere o sillabe (domani-doni, fonte-fote, tavolo-volo, tavolo-talo);

La sostituzione d’intere parole nel corso di una prova (auto al posto di aereo).15

Nei soggetti dislessici vi è inoltre, una maggiore prevalenza della componente intuitiva: il

soggetto privilegia, infatti, l’uso di processi intuitivi a scapito del processo di decodifica della prima

parte della parola, talvolta anche del primo grafema o della prima sillaba, e procede inventando la

restante parte. La parola contenuta nel testo è così trasformata in un’altra, di significato affine o

completamente diverso.

Queste difficoltà favoriscono:

La lentezza e scorrettezza nella lettura;

La perdita della riga e il salto di una parola durante la lettura;

La difficoltà a ricopiare dalla lavagna;

La difficoltà a memorizzare i giorni della settimana, i mesi, le filastrocche e le tabelline;

La difficoltà nella memorizzazione di sequenze e di orientamento spaziale;

La difficoltà nel calcolo mentale e nella conta in senso regressivo16

.

Al momento della lettura una parola o una non parola viene analizzata visivamente nelle sue

componenti strutturali che comprendono:

l’identificazione della forma complessiva della parola o del suo parametro esterno,

la segmentazione grafemica della stringa che avviene a più livelli e che riguarda

15

R. MILITERNI, Neuropsichiatria infantile, Idelson-Gnocchi, Napoli 1999, pp. 344-345. 16

http://www.aiditalia.org/upload/pesaro_gozio_1.pdf

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1. l’identificazione delle singole lettere, ossia la conversione grafema-fonema che come già

affermato per i bambini dislessici risulta difficoltoso;

2. la categorizzazione delle lettere;

3. la codifica della posizione relativa ad ogni lettera all’interno della stringa, ad esempio la

parola RAGNO può essere scomposta con l’anagramma grano, oppure con raggio.

Tra gli errori più frequenti nei dislessici adulti con Dislessia Acquisita si ricorda la sostituzione

della consonante “r” con la consonante “b”, ossia bagno al posto di ragno o addirittura con un

qualsiasi insetto che ne ricorda l’aspetto semantico.

Anche al termine della scuola primaria, nel bambino persistono lentezza ed errori nella lettura che

ostacolano la comprensione del significato del testo. I compiti e gli esercizi scritti richiedono un

dispendio di tempo e di energie e di risorse attentive, che rendono il bambino disorganizzato nelle

sue attività, non concentrato e distratto. Spesso il bambino dislessico perde la fiducia in se stesso e

può avere alterazioni del comportamento.

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1.4 Ipotesi Eziopatogenetiche

Le cause della dislessia non sono ancora chiare e il dibattito fra specialisti del settore è ancora

aperto. Tuttavia, le basi neurologiche della dislessia sono oggi universalmente riconosciute.

Gli studi condotti con l’ausilio della RMF (Risonanza Magnetica Funzionale) hanno rilevato un

disfunzionamento di alcune aree cerebrali. Evidenze convergenti, ottenute con le neuroimmagini

funzionali in lettori adulti dislessici, mostrano il mancato funzionamento di alcune zone

posteriori dell’emisfero sinistro durante la lettura e il coinvolgimento del giro frontale inferiore.17

Si ritiene che le differenze nell’architettura neuronale siano di natura eredo-familiare. Gli studi

condotti sui gemelli, dimostrano che nelle coppie di monozigoti la percentuale del disturbo di

lettura è maggiore rispetto alle coppie di gemelli dizigoti. Questi dati confermano il ruolo del fattore

genetico nella dislessia evolutiva.18

Già Herman nel 1959, in una ricerca svolta su 20 coppie di gemelli aveva trovato un’incidenza

per i monozigoti del 100% e per i dizigoti il 33%.

Un altro dato a sostegno di un’ipotesi genetica riguarda la differente incidenza del disturbo in

soggetti maschi rispetto alle femmine, per un rapporto di 4 a 1.19

Vi sarebbe, infatti, una sorta di

“dimorfismo sessuale” tale per cui i maschi sarebbero più vulnerabili a questo genere di disagio20

,

anche se non tutti gli studiosi sono concordi con questa ipotesi.

Da quanto enunciato si può affermare che la corteccia cerebrale dei dislessici non presenta

lesioni in senso lato, ma una variante individuale dello sviluppo, all’interno di un sistema

complesso quale è il cervello. Nella figura n. 3 sono rappresentate le immagini ottenute mediante

l’utilizzo della RMF, la quale permette di evidenziare nei dislessici un ritardo ed una minore

attivazione delle aree temporali sinistre. In questi soggetti, alcuni compiti di elaborazione

fonologica non sono svolti dallo stesso circuito utilizzati dai normolettori, ma utilizzano vie

alternative con tempi e modalità di attivazione differenti.

Tra le diverse ipotesi, alcuni autori, spiegano l’origine della dislessia, attraverso teorie basate sul

sistema visivo, le quali evidenziano la difficoltà, da parte del soggetto, di inibire gli stimoli visivi e

di orientare l’attenzione in modo selettivo da sinistra a destra. Secondo gli studiosi, il ragazzo

dislessico presenterebbe un campo visivo attentivo troppo ampio per il quale gli stimoli periferici

17

G. REID LYON ET. AL., Una definizione di dislessia, in “ Dislessia”, Ottobre 2004, vol 1, n.3, Erickson, Trento, p.

267.

18

G. STELLA (a cura di) La Dislessia. Aspetti clinici,psicologici e riabilitativi, Franco Angeli, Milano 1996, p. 10. 19

G. STELLA, Le origini biologiche della dislessia, in “Dislessia”, Marzo 2004, vol 1,n. 1, Erickson, Trento p. 11.

20

www.airipa.it

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andrebbero ad interferire con la discriminazione visiva, creando un problema di affollamento di

stimoli.

Bekker, dal canto suo, ipotizza una mielinizzazione (ricopertura delle cellule nervose)

incompleta, che non permetterebbe un’attenzione focalizzata verso gli stimoli visivi con

conseguente difficoltà di discriminazione e decodifica degli stimoli visivi che sono alla base della

lettura.21

L’ipotesi della dislessia come disturbo prevalentemente visuospaziale, è oggetto di discussione da

parte di quegli studiosi che spiegano l’eziopatogenesi del disturbo mediante i fattori fonologici.

Diverse ricerche empiriche hanno rilevato una relazione tra la DE e il disturbo del linguaggio. Il

linguaggio permette di creare un numero pressoché indefinito di parole, attraverso la combinazione

di segmenti fonologici (consonanti e vocali). La trascrizione alfabetica (la lettura) richiede la

connessione di caratteri arbitrari (le lettere) ai rispettivi segmenti. La consapevolezza che tutte le

parole possono essere scomposte in fonemi, consente al lettore di decifrare il codice di lettura. Ne

segue che, la difficoltà ad effettuare una lettura fluente, e la scarsa abilità nel processo di decodifica,

ravvisabili nei soggetti dislessici, derivano tipicamente da un deficit nella componente fonologica

del linguaggio.22

I ricercatori dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù, in collaborazione con l’Istituto Santa Lucia

di Roma, sono invece concordi nel riconoscere all’origine della dislessia una disfunzione del

cervelletto, secondo quanto è emerso da una recente ricerca. Il risultato dello studio è stato

pubblicato col titolo " Implicit learning deficits in dyslexic adults: an f MRI study " sulla prestigiosa

rivista scientifica NEUROIMAGE.

Lo studio è stato condotto su pazienti adulti con accertata dislessia, e su un gruppo di controllo.

Grazie all’utilizzo della RMF, è stato possibile analizzare il comportamento dei pazienti di fronte

ad una sequenza motoria che appariva su di un monitor. La sequenza inizialmente procedeva in

maniera del tutto casuale, successivamente secondo un ordine prestabilito. Nei soggetti senza

dislessia il cervelletto si “accendeva” solo durante la fase di apprendimento, nel gruppo dei

dislessici restava sempre acceso. Come ha rilevato il Dottor S.Vicari - responsabile dell’ Unità

Operativa di Neuropsichiatria Infantile del Bambino Gesù, Roma - questo indica che nel primo

gruppo di persone il cervelletto lavorava soltanto nel tempo necessario ad apprendere, quindi le

informazioni venivano trasferite e immagazzinate in un’area del cervello chiamata “nucleo

21

www.iprase.tn.it/prodotti/materiali_di_lavoro/dislessia/p3.asp

22

G. REID LYON ET. AL., Una definizione di dislessia, in “ Dislessia ”, Ottobre 2004, vol 1, n.3, Erickson, Trento, pp.

268-269.

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caudato”. Nel gruppo dei dislessici, invece, il cervelletto continuava a lavorare senza sosta, senza

mai “spegnersi”, impedendo alle nuove informazioni di essere immagazzinate. Questi risultati,

come ha osservato il Dottor Vicari, promettono di modificare la diagnosi della dislessia, tenendo

conto dei problemi legati alla “memoria inconsapevole”, oltre che a quelli di linguaggio e visivi23

.

Come risulta evidente, la dislessia evolutiva è un disturbo molto complesso, determinato da cause

concatenate fra loro. Questo ipotizza che nel patrimonio genetico del bambino dislessico siano

presenti molto spesso alcuni cromosomi, geni e marcatori genetici che possono essere considerati

portatori di dislessia e che causano la formazione di anomalie e il malfunzionamento di alcune aree

del cervello che, a loro volta, sono responsabili dei deficit fonologici, uditivi e di memoria a lungo

termine. Inoltre, l’ambiente familiare e non, in cui il soggetto vive determinate situazioni o realtà,

può influire positivamente o negativamente da un punto di vista psicologico, su problemi che

caratterizzano la vita del dislessico.

23

www.orizzontescuola.it/orizzonte/article12788.htm

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Fig. n. 3- alcune aree del funzionamento del cervello sono organizzate in modo diverso dal solito,

creando difficoltà nell’elaborazione del linguaggio, in particolare dei fonemi.

1.5 I modelli di lettura

Il modello “a due vie” per la lettura, detto anche modello a doppio accesso, è stato proposto per la

prima volta da Coltheart nel 1978 e successivamente confermato da un gran numero di ricerche

condotte da autori diversi, che lo hanno definito come "modello standard".

Secondo questi modelli le parole possono essere lette attraverso due vie, una lessicale ed una

fonologica, che operano in maniera indipendente. I primi due stadi di elaborazione, comuni alle due

vie, sono costituiti dall'Analisi Visiva e dal Riconoscimento delle Lettere.

La via fonologica, dall’identificazione astratta delle lettere passa alla conversione grafema-

fonema (il grafema è il simbolo, la lettera scritta, mentre il fonema è il suono corrispondente alla

lettera) e raggiunge il sistema articolatorio. Attraverso questa via vengono lette le non parole e le

parole non familiari secondo le regole di pronuncia.

La via lessicale denominata anche “via diretta” permette il recupero della pronuncia della parola

attraverso il lessico mentale. La via diretta passa direttamente dal riconoscimento delle lettere ad un

sistema di riconoscimento delle parole recuperando il sistema semantico.

La via lessicale, non passando attraverso il livello di conversione grafema-fonema, garantisce una

migliore velocità permettendo di leggere correttamente le parole con eccezione di pronuncia, ed è

quella generalmente utilizzata dai lettori adulti, anche nelle lingue in cui le irregolarità di pronuncia

non ci sono o sono rare. Infatti, le parole familiari sarebbero immagazzinate in un lessico dell’input

visivo che permette ai lettori esperti di riconoscere la parola e di comprenderla senza doverla

pronunciare.

Talvolta le “non parole” pur passando dall’Analisi Visiva non hanno sempre un riconoscimento

equivocando un “falso riconoscimento”, come nel caso della non parola TENTE che potrebbe

essere letta erroneamente TENDE se riconosciuta come una parola semantica.

E’ dunque possibile arrivare al Sistema Semantico attraverso due vie alternative:

La prima via utilizza il Lessico Visivo di Input che consiste nel registrare e accumulare

informazioni sulle caratteristiche ortografiche delle parole stampate. Ad esempio per la parola

TAVOLO verranno prima identificate solo le lettere T A V O LO o le sillabe TA-VO-LO

identificando le parti in comune con altre parole come TA di TASCA o LO di VELO, aggiungendo

nell’impianto lessicale sempre più informazioni, fino a quando non si raggiunge la soglia di

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attivazione della parola TAVOLO. Nel Sistema Semantico viene così attivato il codice

corrispondente e la comprensione del significato della parola.

L'accesso tramite la via visiva, più veloce ed automatizzato, è comunemente utilizzato dal lettore

fluente, poiché permette di leggere una parola collegando immediatamente la sua rappresentazione

grafica con la corrispondente entrata lessicale, attraverso l’utilizzo della memoria visiva, senza

nessuna mediazione del suono del fonema. La via diretta consente un accesso più rapido alle parole

conosciute.

La seconda via, più propriamente denominata "via fonologica prelessicale"o “via indiretta”

permette di leggere le parole utilizzando le regole di conversione grafema-fonema. Infatti, dopo la

fase di Riconoscimento delle Lettere e la loro successiva Identificazione, la parola viene scomposta

nelle sue componenti sublessicali (singoli grafemi, sillabe o gruppi consonantici o vocalici) e,

mediante la Conversione Grafema-Fonema, viene attribuito ad ogni componente il suono

corrispondente. I diversi suoni vengono quindi assemblati per ottenere il suono finale della parola

che accede al Sistema Semantico ed attiva il significato corrispondente. L'accesso tramite la via

fonologica è più frequentemente utilizzato dal lettore adulto nel caso di parole poco ricorrenti

oppure da bambini che non hanno ancora imparato a leggere fluentemente. I primi due stadi di

elaborazione, comuni alle due vie, sono quelli dell'Analisi Visiva e del Riconoscimento delle

Lettere. Relativamente alla via fonologica, dallo stadio di Conversione Grafema-Fonema è possibile

accedere al Sistema Semantico, ma l’articolazione fonologica può essere ottenuta anche senza la

comprensione del significato.

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Lessico

Ortografico

Di input

Conversione

Grafema/Fonema

Lessico

Fonologico

Di output

Buffer

Fonemico

Analisi

Visiva (parola

scritta)

Sistema

semantico

Parola letta

VIA DIRETTA

VIA INDIRETTA

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1.6 Individuazione precoce e diagnosi

Durante la scuola dell’infanzia, già in età prescolare, è possibile effettuare una diagnosi precoce

orientata al trattamento individualizzato. Gli insegnanti e i genitori possono svolgere un ruolo

fondamentale nell'individuazione e nella gestione dei DSA.

Benché la diagnosi può essere effettuata solo a partire dalla classe terza, età in cui l’automatismo

si ritiene già consolidato, è possibile, tuttavia, svolgere anche un’attività di screening precoce

durante l’ultimo anno della scuola dell’infanzia e i primi due anni della scuola primaria.

Lo screening non è uno strumento diagnostico ma solo d’indagine e valutazione, che permette di

evidenziare alcuni segnali di rischio, indicatori di una possibile dislessia o di altri disturbi specifici

di apprendimento.

già durante la scuola dell’infanzia si possono riscontrare difficoltà di linguaggio, inadeguatezza

nei giochi fonologici, difficoltà nella copia da modello e disordine nello spazio del foglio, difficoltà

nell’utilizzo della memoria a breve termine, difficoltà ad imparare le filastrocche.

All’atto sono presenti diversi strumenti di screening da somministrare a bambini a partire dai

cinque anni sino ai sette, per la rilevazione di difficoltà nella competenza metafonologica e delle

difficoltà di lettura e scrittura. Tali strumenti indagano la discriminazione visiva, il lavoro seriale da

sinistra a destra, la memoria sequenziale e la discriminazione uditiva e il ritmo.

Alcuni ricercatori hanno proposto un nuovo test costruito e standardizzato sulla popolazione

italiana per effettuare una valutazione più accurata non solo nei bambini a sviluppo tipico, ma

anche in quelli a sviluppo “atipico”, valutando i punti di forza e di debolezza dell’impianto lessicale

in bambini tra i 2 anni e mezzo di età e i 6. Il Test fono-lessicale (TFL) può essere impiegato in

diversi contesti e dalle rispettive figure professionali: educatori, pedagogisti, pediatri, psicologi.24

La letteratura internazionale, è concorde nel riconoscere le abilità matafonologiche come requisiti

necessari per l’apprendimento della lettura e scrittura. La competenza metafonologica infatti è stata

descritta come la “capacità di percepire e riconoscere per via uditiva i fonemi che compongono le

parole del linguaggio parlato”25

.

24

S. VICARI, L. MAROTTA, A, LUCI, TFC.Test fono-lessicale,Erickson , Trento 2007,

pp. 13-14.

25

U. BORTOLINI, Lo sviluppo fonologico, in “Manuale di Neuropsicologia dell’età evolutiva”, Zanichelli, Bologna

1995.

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A riguardo, è stato elaborato un test volto a valutare lo sviluppo delle competenze

matafonologiche (CMF), promuovendo nel bambino la consapevolezza della discriminazione di

suoni, il riconoscimento di rime, la sintesi sillabica e il riconoscimento di fonemi. 26

Tuttavia la valutazione della prima infanzia pone particolari difficoltà metodologiche sia perché i

bambini nei primi anni di vita sono poco collaborativi, sia perché ragioni pratiche ed etiche

impediscono una valutazione accurata delle loro competenze.

Anche l’Associazione Italiana Dislessia ha messo in campo uno screening che è possibile

adottare in prima elementare per individuare, con un buon grado di affidabilità, bambini con

difficoltà significative dell’apprendimento della letto-scrittura. L’equipe coinvolta nella valutazione

è costituita da Neuropsichiatra per la visita neurologica e per la valutazione dell’efficienza

intellettiva; psicologo; logopedista e psicopedagogista per gli apprendimenti specifici.

Il protocollo diagnostico dell’AID dispone di alcune prove standardizzate per valutare:

la lettura nelle componenti di correttezza e rapidità di un brano;

la correttezza e la rapidità nella lettura di liste di parole e non parole;

la scrittura nella componente di dettato ortografico;

il calcolo nella componente del calcolo scritto e del calcolo a mente, lettura di numeri e

scrittura di numeri.27

Una precoce rilevazione suggerisce e permette di progettare una metodologia di insegnamento e

apprendimento maggiormente rispondente alle richieste del bambino, limitandone i danni rilevanti

dalla frustrazione per l’insuccesso, con conseguente perdita di motivazione ad apprendere, basso

livello di autostima, problemi emotivi e relazionali.

26

C. MAROTTA ET AL.,CMF.Valutazione delle componenti matafonologiche, Erikson, Trento 2004, pp. 13-14.

27

www.aiditalia.org

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1.6.1 Sillabe al secondo o secondo per sillaba? I parametri tempo e velocità.

Secondo i criteri stabiliti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, può essere diagnosticata una

dislessia evolutiva se le abilità di lettura di un soggetto, misurate con test standardizzati, si

collocano almeno due deviazioni standard al di sotto della media di riferimento ( ICD-10;

WHO,1992).

Tuttavia, la scelta del test e del parametro adottato, può variare in relazione al contesto clinico. In

primo luogo è cruciale la scelta della prova di lettura; per esempio la lettura di un brano offre

maggiori possibilità di applicare strategie cognitive compensative, rispetto alla lettura di liste di

parole semanticamente slegate.

La rapidità di lettura può essere misurata attraverso due metodi differenti. Tra i più comuni, il

primo metodo è quello di specificare la “velocità”, cioè il numero di sillaba letta al secondo

(sill/sec). Un secondo metodo è invece quello di misurare il “tempo” espresso in secondi, impiegato

per leggere una singola sillaba (sec/sill).

Gli autori Lorusso, Taraldo e Cattaneo, che hanno approfondito la questione metodologica circa

la misura che meglio descrive la rapidità di lettura, affermano che l’uso di una misura o dell’altra,

per scopi diagnostici, può condurre a risultati differenti. Difatti, le analisi condotte, risultano

incongruenti a causa della non linearità che lega le due misure. Tale fenomeno è dovuto al fatto che

la scala della velocità è “chiusa” nella direzione della patologia (non si può essere meno veloci di

zero) mentre la scala del tempo è illimitata nella stessa direzione.28

P. Tressoldi e C. Vio, alla luce di questa considerazione, sostengono che il problema non si

presenterebbe qualora tutti gli esaminatori applicassero la misura indicata dal test. Si eviterebbero

così quelle situazioni in cui per alcuni la prestazione risulti deficitaria e per altri no. Finché non si

giungerà ad un accordo univoco sulla scelta degli strumenti da adottare per effettuare la valutazione,

il dibattito sarà ancora aperto.29

28

M. LORUSSO ET AL., Parametri “tempo e velocità” per la misurazione della rapidità di lettura, in “Dislessia”,

Ottobre 2006, vol. 3 n 3, Erickson, Trento pp. 263-265.

29

P. TRESSOLDI, C. VIO, Sillabe al secondo o secondo per sillaba: Qual è il problema., in “Dislessia”, Gennaio

2007, vol. 4, n 1, Erickson, Trento, pp. 7-8.

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1.7 La comprensione del testo

La comprensione del testo può essere considerata come criterio diagnostico? Questa una delle

domande alla quale ha risposto il Prof.re Cesare Cornoldi - Università di Padova - nell’ intervista

rilasciata a Dario Ianes, direttore del Centro Studi Erickson, nella collana “facciamo il punto su…la

dislessia”30

.

La capacità di comprendere un testo costituisce probabilmente l’abilità trasversale fondamentale

per il processo di apprendimento, dal momento che offre gli elementi necessari per l’interpretazione

e l’utilizzazione di qualsiasi forma di messaggio. Essa è inoltre in relazione con la comprensione del

linguaggio orale e con il ragionamento, con cui costituisce un nucleo significativo del processo

intellettivo. Il rapporto fra comprensione e intelligenza non significa però che quest’ultima sia

scarsamente modificabile e che quindi sia inutile un lavoro educativo e rieducativo su di essa. Si è

anzi osservato che, fra le abilità implicate negli apprendimenti scolastici, la capacità di comprendere

un testo scritto è una di quelle più sensibili al trattamento, soprattutto nei casi in cui essa sia stata

precedentemente trascurata.

È ormai sempre più condivisa l’idea che i problemi di apprendimento della lettura possono essere

suddivisi in due categorie distinte:

1) disturbi della decodifica,

2) disturbi della comprensione.

La comprensione e la lettura tecnica o decifrata sono aspetti sostanzialmente dissociati, si tratta

semplicemente di una questione terminologica. Tradizionalmente, dinnanzi ai due differenti

profili, il disturbo di lettura è associato all’aspetto della decodifica, da qui la proposta di utilizzare il

termine dislessia per gli aspetti più tecnici della lettura, mentre per le altre problematiche si fa

riferimento ai disturbi della comprensione del testo scritto.

Sono molto frequenti i casi di bambini e studenti che, pur possedendo sufficienti capacità

decifrative e discreta intelligenza, incontrano difficoltà nella comprensione del testo e in un lavoro

organizzato di analisi su di esso. Questi studenti vengono identificati attraverso la proposta di prove

di comprensione che mettono a disposizione un testo e richiedono di analizzarlo al fine di

rispondere a domande su di esso. In questo ambito sono state effettuate numerose ricerche che

hanno evidenziato gli aspetti che tipicamente caratterizzano questi studenti, fra cui problemi di

memoria di lavoro, basso livello metacognitivo, difficoltà di inferenza, processi carenti di

organizzazione del proprio lavoro personale e di pianificazione.

30

D. IANES, op.cit.DVD.

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Sono stati proposti numerosi programmi volti a promuovere le abilità di comprensione del testo

ed è stato evidenziato come essi possano ottenere discreti successi, superiori a quelli ottenibili con il

trattamento di altre difficoltà scolastiche, con un esito tipico di miglioramento comparabile a poco

meno di una deviazione standard stimata sulla popolazione. In Italia, in particolare, sono stati

predisposti un programma fondamentalmente focalizzato sulle abilità metacognitive e un altro

programma, di carattere più generale, finalizzato a promuovere le componenti fondamentali del

processo di comprensione, fra cui l’abilità di individuare gli elementi importanti del testo31

. Un

punto basilare di questi trattamenti è rappresentato dalla focalizzazione del lavoro educativo, volta

per volta, solo su una componente, evitando che obiettivi e processi richiesti siano confusi,

sovrapposti, talora addirittura in contraddizione fra di loro.

Gran parte dei modelli di comprensione del testo assumono che il lettore operi un monitoraggio

continuo del testo, riconoscendo la diversa importanza delle informazioni contenute e individuando

i passaggi più ostici o non ben compresi. Questo monitoraggio è in gran parte automatico, ma,

prima della sua automatizzazione e nei casi di maggiore complessità, richiede operazioni controllate

di vario livello. Si assume che il lettore tenga disponibili, in un sistema ad alta accessibilità della

memoria di lavoro, solo l’insieme delle informazioni più rilevanti, che gli offrono il contesto per

interpretare le parti successive del testo. Questo insieme potrà essere successivamente aggiornato,

se altre informazioni risultano essere di maggiore peso.

È stato più volte osservato che i normali esercizi su testi scritti possono demotivare studenti che

hanno accumulato esperienze di frustrazioni con la carta stampata.

La presentazione di esercizi via computer può sicuramente alleggerire l’esperienza e offrire una

sua attrattiva. Il programma “Highlighter” è volto a promuovere le abilità di comprensione del testo

esercitando lo studente in un lavoro attento di monitoraggio del testo. Al di là di questa operazione

generale di analisi fine che induce il lettore ad un lavoro più sistematico e approfondito sul testo, il

programma è più specificamente mirato a sviluppare:

a) la propensione a monitorare l’importanza degli elementi forniti dal testo,

b) la capacità di riconoscere l’effettiva diversa importanza di questi elementi.

Grazie ad un attento lavoro di programmazione è stato possibile creare un programma molto

flessibile che simula situazioni e modalità differenti in cui il processo di monitoraggio può avvenire.

Per esempio, è possibile mettere a disposizione poco o molto testo, simulando il caso in cui il

soggetto deve anticipare possibili seguiti (come può avvenire nella comprensione orale o nella

presentazione sequenziale) e il caso in cui ha a disposizione anche parti successive di testo. Anche il

criterio in base al quale si deve valutare l’importanza delle informazioni può essere modificato,

31

Ibid.

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rendendo esplicito il principio che non esiste una rilevanza assoluta dell’informazione, ma che essa

è in relazione con le finalità del lettore. Un’altra opzione è rappresentata dalla comparsa del

feedback che avverte lo studente sugli esiti della prova e lo allerta nel caso in cui egli non stia

procedendo bene. Sono infatti previsti non solo una chiara tavola finale sintetica, ma anche

feedback che possono comparire, durante l’esecuzione del compito, secondo modalità diverse, da

scegliersi a seconda delle caratteristiche dello studente. Si consiglia comunque di proporre più

opzioni a tutti gli studenti, in modo da far loro apprezzare le implicazioni differenti ad esse

associate. Questa maniera di procedere renderà sicuramente lo studente più consapevole e flessibile

e, quindi, in ultima analisi, più competente32

.

È stato documentato che un lavoro specificamente volto a promuovere il monitoraggio della

importanza può avere effetti benefici sia specifici a questo aspetto, sia più generalmente interessanti

l’intero processo della comprensione, non solo per singoli allievi in difficoltà, ma anche per l’intera

classe . Il programma può quindi essere utilmente proposto anche ad intere classi. L’adattamento ai

singoli contesti è reso possibile anche dal fatto che ogni utilizzatore può introdurre i testi e i criteri

di importanza che più corrispondono alla sua finalità. Questo è utile, ma può aggravare il lavoro

dell’insegnante e dell’operatore e, per questa ragione, verrà costruita progressivamente una banca

testi da mettere a disposizione degli utilizzatori del programma (e cui potranno contribuire gli

utilizzatori stessi). Una modalità didattica valida e curiosa può essere quella del riscontro di

importanza per cui potrà essere uno stesso studente ad immettere un testo con le sue attribuzioni di

importanza e un altro studente, lavorando su di esso, potrà vedere se vi è un riscontro nelle

attribuzioni: per procedere in questo modo si consiglia tuttavia di scegliere testi, ove la

differenziazione dell’importanza (non sempre facile ed esente da discussione) risulti più chiara33

.

32

Ibid. 33

Ibid.

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Capitolo Secondo

Un’esperienza di Screening con studenti universitari

Introduzione34

Il presente contributo è il risultato di un’indagine esplorativa attivata presso la cattedra di

Didattica Speciale dell’Università del Salento, finalizzata a valutare l’attendibilità di uno strumento

di screening per la rilevazione di problemi relativi alla dislessia negli adulti: il questionario di M.

Vinegrad. La ricerca, al contempo, intende rilevare la potenziale presenza del disturbo della

dislessia in un campione di studenti dell’Università del Salento.

L’attendibilità e la validità sono le due caratteristiche che permettono di contraddistinguere gli

strumenti di rilevazione e misurazione. L’attendibilità si riferisce alla stabilità con cui uno

strumento funziona: uno strumento di misura è attendibile se applicato al fenomeno produce

sempre gli stessi risultati. Tuttavia non basta dimostrare l’accuratezza e la precisione con cui uno

strumento misura qualcosa, poiché occorre verificare che quel “qualcosa” che abbiamo misurato

rappresenti un valido indicatore di ciò che vogliamo misurare.35

Possiamo pertanto affermare che uno strumento è valido nel momento in cui rileva

effettivamente la proprietà o gli aspetti funzionali che si vogliono testare, e lo fa in maniera

accurata.

Lo strumento utilizzato per lo screening è il Test di valutazione della dislessia in età adulta

(Adult Dyslexia Checklist/ADCL) - formulato da M. Vinegrad, esponente del gruppo

<<Educational Psycologist>> del Regno Unito, il quale ha pubblicato per la prima volta la sua

“lista di controllo” nel 1994 sulla rivista <<Educare>>.36

34 Parte di questo lavoro è stata pubblicata in S. Pinnelli e R. Cursi, Dislessia in età adulta: il questionario di Vinegrad in

una ricerca esplorativa con studenti universitari, in E. Genovese et al. (a cura di), Dislessia e università, Trento,

Erickson, 2010.

35

A. Fonzi, Manuale di Psicologia dello sviluppo, Firenze, Giunti, 2001, p. 117. 36 Cfr. M. Vinegrad, A revised Adult Dyslexia Checklist, <<Educare>>, n. 48, Luglio 1994, pp. 21-23.

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Per citare alcune delle sperimentazioni estere, l’Institute Dyslexia ha somministrato il Test di

Vinegrad a un campione di 679 adulti, di cui 32 soggetti diagnosticati come dislessici. I risultati

della ricerca hanno mostrato che il 10% della popolazione di riferimento ha risposto a 9 e più

risposte affermative, indicatore di <<difficoltà>>.37

Il Test di valutazione della dislessia di M. Vinegrad è stato inoltre somministrato, nell’anno

accademico 2004/2005, a un gruppo di 1.182 studenti frequentanti i corsi di Psicologia presso

l’University of Central Lancashine, la Northumbria University, l’University of Teesside e

l’University of Westminister, con il proposito di fornire supporto e servizi di assistenza agli studenti

dislessici, facilitando possibili situazioni di successo scolastico. Su un campione di 1.182 studenti,

il 12% ha presentato 9 o più risposte positive nel totale degli item; tra questi, 3 sono stati

individuati come dislessici certificati.38

Dal 1994 numerosi ricercatori del Regno Unito hanno divulgato on-line il test di valutazione

della dislessia, proponendo un servizio di autodiagnosi per tutti coloro che sospettano di essere

interessati da tale disturbo, per poi richiedere, in presenza di un’autovalutazione positiva, una

diagnosi specifica, attraverso un’apposita batteria da parte di specialisti referenti per la dislessia.

Tra le principali associazioni del Regno Unito che conducono on line lo studio di ricerca occorre

menzionare la British Dylexia Association/BDA), la Being Dyslexic, l’Essential Learning Institute e

la Xtraordianry People.39

Si tratta di un’iniziativa di beneficenza sostenuta dai più importanti centri

come la BDA e la PATOSS (Professional Association of teachers of student with Specific Learning

Difficulties), nata con l’intento di accrescere la consapevolezza di una dislessia nascosta, non

riconosciuta, che senza strategie educative e didattiche idonee può causare ansia da fallimento e

blocchi di apprendimento anche irreversibili.

Il Test di Vinegrad è uno strumento non diagnostico, ma di valutazione della problematica

legata alla dislessia, attraverso il quale è possibile misurare un’eventuale difficoltà nella lettura

negli adulti con dati sufficientemente attendibili. Il presente lavoro, pertanto, intende in primis

verificare tale proprietà del questionario divulgandolo nel contesto italiano.

37

Vedi http://www.dace-dyslexia.org.uk/A%20Revised%Adult%20Dyslexia%20checklist%201.pdf . 38

Vedi http://www.psychology.heacademy.ac.uk/docs/pdf/p20080225_62_Pope_et_al.pdf. 39

Vedi http://www.xtraordyinarypeople.com/x-factor/.

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2. Caratteristiche dello strumento

Il questionario presentato in appendice è composto da 20 domande, con item precodificati, alle

quali bisogna dare risposte negative o positive, finalizzate a riscontrare le difficoltà più comuni per

persone dislessiche, circoscrivibili nelle normali attività in cui è richiesto l’automatismo della

lettura.

Per la valutazione dei risultati, sono stati adottati i criteri disposti da M. Vinegrad, che possono

essere riassunti in due fasi:40

- Nella prima fase occorre selezionare i questionari che contengono almeno 8 risposte

affermative, tra le 20, come indice di una <<difficoltà>> o di un <<disagio>>. Questo

criterio, nelle numerose indagini condotte, ha presentato una percentuale di soggetti a

“rischio” pari a circa l’11% dei casi della popolazione esaminata.

La sistematicità con la quale questo dato si presenta costituisce uno degli elementi di valutazione

dell’efficacia allo strumento adottato.

- La seconda fase consiste nel confrontare i questionari selezionati, ossia quelli che

includono 8 o più positività, rispetto alle 20 domande. Secondo Vinegrad e altri ricercatori

che hanno applicato il test, tra le venti domande le più significative sono 12 (item 1; 4; 7;

10; 11; 13; 14; 16; 17; 18; 19; 20); l’indicatore di una possibile dislessia è dato dalla

presenza di 6 o più risposte affermative ai dodici item riconosciuti più discriminanti

(Vinegrad, 1994).

40

M. Turner, Psichological assessment of dyslexia, London, Whurr, 1997.

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2.1 L’indagine condotta presso l’Università del Salento

In ragione di quanto esposto e a fronte del notevole uso del Test di valutazione di Vinegrad da

parte di numerosi ricercatori e associazioni, è stata avviata nell’anno accademico 2007-2008

un’indagine presso alcuni gruppi di studenti dell’Università del Salento, per valutarne un possibile

<<rischio dislessia>>.

Una delle ragioni che ha sollecitato questa attività è rappresentata dalla consapevolezza di quanto

l’abilità di lettura sia, oggi più che in passato, competenza fondamentale nel curricolo universitario,

non tanto per il percorso di studio previsto per l’esame, quanto per i momenti di verifica a livello

didattico. Oramai, in tutti i corsi di studio, sia nelle facoltà umanistiche che scientifiche, le lezioni

sono integrate con l’ausilio di slide ed altri supporti visivi che richiedono capacità di lettura veloce

a integrazione dell’ascolto e, pertanto, una capacità di gestione differenziata dell’attenzione per la

comprensione semantica e una capacità di concentrazione prolungata del tempo; tutto ciò rimanda

a un sicuro ed efficace automatismo della lettura.

Inoltre, molti degli esami universitari prevedono come sistema di verifica dell’apprendimento la

produzione di prove scritte. Sovente esse sono l’unica modalità di esame e prevedono dei limiti

temporali pensati per soggetti che non presentano difficoltà di lettura. Conoscere le caratteristiche

dell’utenza universitaria è essenziale per ottimizzare l’attività didattica e per differenziare per lo

meno i tempi previsti per lo svolgimento dell’esame scritto, migliorando la qualità della vita dello

studente e offrendo a tutti pari opportunità.

L’indagine qui presentata ha visto coinvolti 4 gruppi di studenti, per un totale di 278 universitari

iscritti nell’area umanistica e scientifica. Nella prima indagine il test è stato somministrato in modo

del tutto anonimo; le uniche caratteristiche socio-demografiche richieste sono state: sesso, età e

corso di laurea.

Il campione è risultato così composto da cinquanta adulti, tutti di nazionalità italiana, iscritti ai

Corsi di Laurea socio-psicopedagogica. L’età del campione preso in esame varia tra i 20 e i 40 anni

(come è ovvio attendersi, considerato che si tratta prevalentemente di una popolazione

universitaria); in particolare, l’86% ha un’età compresa tra i 20 e i 26 anni, il restante 14%

appartiene alla classe 30 anni e oltre. L’universo di riferimento è caratterizzato dal 90% di donne e

dal 10% di uomini.

I risultati di questa prima somministrazione mostrano il numero di risposte affermative agli item

per ogni soggetto ( vedi tabella 1).

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TABELLA 1. Risultati relativi al primo campione di studenti

I 6 questionari che hanno ottenuto 8 o più risposte esatte sono stati confrontati con l’elenco degli

item discriminanti ordinanti nella scala gerarchica (vedi tabella 2).

Studente positività Studente positività

1 8 26 7

2 8 27 7

3 4 28 7

4 3 29 7

5 1 30 7

6 0 31 7

7 2 32 8

8 1 33 9

9 1 34 13

10 1 35 16

11 1 36 2

12 1 37 2

13 1 38 2

14 1 39 3

15 2 40 4

16 2 41 3

17 2 42 4

18 2 43 4

19 2 44 4

20 2 45 4

21 4 46 4

22 5 47 4

23 5 48 4

24 5 49 4

25 6 50 5

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TABELLA 2. Risposte affermative agli item discriminanti

I dati che emergono dal primo campione confermano che il 12% della popolazione di riferimento

presenta una <<difficoltà>>, avendo risposto a otto o più risposte affermative; all’interno di questi

6 casi, 3 in particolare, ossia il 6% dei soggetti, risultano essere <<possibili dislessici>> avendo

risposto positivamente a 6 o più item discriminanti. Alla fine, pur nella consapevolezza della

ristrettezza dei dati si necessita, infatti, di un’ulteriore valutazione, attraverso una batteria di

diagnosi da parte di specialisti della dislessia.

Un secondo gruppo di studenti è stato oggetto di sperimentazione. Nella seconda

somministrazione sono stati ampliati i dati anagrafici del test di valutazione, inserendo oltre al

sesso, l’età e il corso di laurea, altre variabili quali il numero degli esami sostenuti, il numero degli

esami previsti dal piano di studio, l’anno di corso e la media degli esami, con l’intento di valutare

una possibile relazione tra i dati forniti dai soggetti e i risultati dello screening.

Il secondo campione di riferimento è costituito da 78 studenti della Facoltà di Scienze della

Formazione iscritti ai Corsi di laurea in area umanistica. Le unità facenti parte del campione hanno

un età comprendente i 21 e i 30 anni. Anche in questo caso è notevole l’incidenza del sesso per un

rapporto del 98,7% di donne verso l’1,3% di uomini.

I dati rilevati dall’analisi del secondo campione hanno permesso di identificare, in questa

somministrazione, un numero massimo di 3 soggetti che hanno presentato almeno 8 positività nel

totale degli item (vedi tabella 3).

Soggetto 1 Soggetto 2 Soggetto 32 Soggetto 33 Soggetto 34 Soggetto 35

Item 17 x

Item 13 x x

Item 7 X X x x

Item 16 X x x x x

Item 18 x x x

Item 10 X x

Item 19 x x x

Item 14

Item 20 x x x

Item 4 x x x

Item 1 X X x x

Item 11 x x x

Totale 2 4 6 4 7 10

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TABELLA 3. Risultati relativi al secondo campione di studenti.

Soggetto n. positività Soggetto n. positività

1 7 40 2

2 7 41 5

3 6 42 4

4 7 43 0

5 7 44 3

6 7 45 4

7 8 46 3

8 7 47 1

9 7 48 0

10 7 49 1

11 10 50 2

12 8 51 0

13 2 52 3

14 4 53 3

15 2 54 5

16 3 55 4

17 2 56 2

18 5 57 1

19 0 58 1

20 0 59 2

21 4 60 4

22 5 61 2

23 3 62 2

24 6 63 2

25 4 64 3

26 4 65 2

27 5 66 5

28 1 67 4

29 5 68 6

30 2 69 4

31 3 70 1

32 2 71 4

33 0 72 3

34 2 73 1

35 1 74 1

36 2 75 4

37 2 76 3

38 6 77 2

39 2 78 3

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I 3 casi sono stati ulteriormente analizzati mettendoli a confronto con le domande discriminanti di

M. Vinegrad (vedi tabella 4).

TABELLA 4. Risposte affermative agli item discriminanti

Dalla rappresentazione delle risposte dei 3 soggetti a <<rischio>> di questo secondo campione in

relazione agli item discriminanti, è possibile vedere come questo rischio scompaia o quanto meno

si è assestato su un livello al di sotto del valore ritenuto sufficiente, ossia massimo 4 item su 12 (si

ricorda che il valore indicatore di difficoltà è 6).

Tuttavia, se si controllano per quei 3 soggetti i dettagli relativi al loro curriculum universitario

(vedi tabella5), si può notare che il soggetto 11, ossia la persona che presenta un più alto valore nel

questionario, sembrerebbe quello più problematico, essendo iscritto al IV anno fuori corso, e

avendo la media più bassa (20/30).

TABELLA 5. Variabili studente

Soggetto 7 Soggetto 11 Soggetto 12

Item 17

Item 13 x

Item 7

Item 16 X x x

Item 18

Item 10 X

Item 19

Item 14

Item 20 X x

Item 4 x

Item 1 x

Item 11

Totale 3 4 2

Studente Anno di corso Media

Soggetto n. 7 Secondo 28/30

Soggetto n. 11 Quarto fuori corso 20/30

Soggetto n. 12 Primo fuori corso 29/30

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Pur non avendo risposto a 6 o più domande discriminanti, indice di una possibile dislessia,

potremmo avanzare un’ipotesi di <<disagio>>, che viene confermata dal fatto di aver fornito 8 e

più risposte positive nel totale degli item.

La terza somministrazione è stata condotta su un gruppo di studenti dell’area scientifica per

vagliare il diverso tipo di risultati emersi e confrontarli poi con quelli dell’area umanistica.

In questa somministrazione, il campione ha visto partecipe un gruppo di 144 studenti della

Facoltà di Ingegneria, iscritti al primo anno del Corso di Laurea in Ingegneria dell’Informazione. In

tal caso l’età del campione comprendeva i 19 e i 21, trattandosi di matricole (vedi tabella 6).

L’universo scolastico risulta costituito dall’84% di uomini e da circa il 16% di donne. Anche nel

terzo campione sono stati selezionati i questionari comprendenti almeno 8 positività tra le 20

domande.

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TABELLA 6. Risultati relativi al terzo campione di studenti

Soggetto n.

positività

Soggetto n.

positività

Soggetto n.

positività

Soggetto n. positività

1 5 48 5 95 1 142 3

2 4 49 3 96 5 143 4

3 3 50 0 97 0 144 4

4 9 51 5 98 4

5 7 52 2 99 2

6 4 53 4 100 3

7 2 54 2 101 1

8 7 55 3 102 2

9 2 56 5 103 4

10 4 57 4 104 7

11 5 58 4 105 3

12 4 59 3 106 2

13 3 60 6 107 6

14 2 61 1 108 8

15 2 62 2 109 1

16 3 63 1 110 1

17 1 64 0 111 4

18 3 65 4 112 2

19 2 66 3 113 5

20 0 67 4 114 5

21 1 68 2 115 6

22 1 69 5 116 4

23 1 70 5 117 4

24 1 71 4 118 5

25 4 72 5 119 2

26 3 73 2 120 4

27 3 74 8 121 5

28 0 75 1 122 2

29 1 76 1 123 0

30 4 77 1 124 3

31 1 78 2 125 8

32 6 79 2 126 1

33 2 80 1 127 3

34 1 81 2 128 0

35 5 82 2 129 1

36 2 83 2 130 5

37 4 84 3 131 2

38 5 85 2 132 4

39 4 86 4 133 1

40 6 87 2 134 5

41 7 88 3 135 2

45 5 89 3 136 2

43 4 90 4 137 5

44 0 91 3 138 2

45 0 92 4 139 0

46 3 93 3 140 2

47 7 94 4 141 0

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Da questa prima osservazione sono stati rilevati 4 soggetti con una possibile <<difficoltà>>. I

soggetti selezionati sono stati messi a confronto con gli item discriminanti per valutare, un

possibile <<rischio>> di dislessia.

I dati rappresentati mettono in evidenza che, dei 4 casi, solo uno ha presentato 6 risposte positive,

indice di una possibile dislessia, secondo quanto enunciato nei criteri di Vinegrad. Inoltre,

analizzando nello specifico il soggetto n. 108, si può notare che ha dato 5 risposte positive agli item

discriminanti, di cui 2 sono in posizione molto alta nella scala gerarchica di Vinegrad. Di

conseguenza, anche in questi due casi potrebbe risultare utile un’indagine diagnostica specifica. La

media degli esami sostenuta da questo campione non costituisce un dato significativo, essendo

formato da studenti appena immatricolati( vedi tabella 7).

TABELLA 7. Risposte affermative agli item discriminanti

Nel quarto campione non è stato più presentato il questionario anonimo, ma è stato chiesto agli

allievi di specificare i propri dati anagrafici. Ciò è stato fatto con l’intento di recuperare quei

soggetti con riposte maggiori e procedere con un’indagine diagnostica specifica.

Il campione di quest’ultima somministrazione ha visto il coinvolgimento di 58 studenti iscritti ai

Corsi di Laurea socio-psicopedagogica.

Soggetto 4 Soggetto 74 Soggetto 108 Soggetto 125

Item 17 x

Item 13 x x

Item 7 x x x

Item 16 x

Item 18

Item 10 x x

Item 19 x x

Item 14 x

Item 20 x

Item 4 x

Item 1 x

Item 11 x x

Totale 3 6 5 3

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Il campione risulta composto per il 99% da persone di sesso femminile. L’età è compresa tra i 19

e i 21 anni, trattandosi di studenti iscritti al primo e al secondo anno del corso di laurea. La tabella

che segue riassume le risposte positive( vedi tabella 8).

TABELLA 8. Risultati relativi al quarto campione di studenti

Da una prima scrematura è possibile notare che 4 soggetti presentano più di 8 risposte positive:

ciò rappresenta un indicatore di una probabile <<difficoltà>> (vedi tabella 9). La valutazione, come

per gli altri campioni, prosegue andando a vedere, per i 4 questionari selezionati, la quantità delle

risposte date agli item discriminanti.

Soggetto n. positività Soggetto

n.positività Soggetto n. positività

1 3 22 2 43 3

2 11 23 3 44 5

3 0 24 2 45 4

4 0 25 4 46 1

5 0 26 3 47 5

6 2 27 2 48 2

7 10 28 6 49 2

8 4 29 2 50 3

9 1 30 7 51 4

10 8 31 2 52 3

11 3 32 2 53 4

12 1 33 3 54 1

13 5 34 1 55 5

14 3 35 3 56 2

15 5 36 1 57 2

16 6 37 0 58 0

17 5 38 1

18 6 39 3

19 6 40 4

20 3 41 11

21 2 42 1

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TABELLA 9. Risposte affermative agli item discriminanti.

Questo passaggio mette in luce che lo studente nella posizione 41 ha fornito 6 risposte positive

agli item discriminanti, livello ritenuto sufficiente per una <<sospetta dislessia>>. Gli altri 3 casi

presentano comunque punteggi globali molto alti.

Soggeto 2 Soggetto 7 Soggetto 10 Soggetto 41

Item 17 x

Item 13 x

Item 7

Item 16 x x

Item 18 x x

Item 10 x

Item 19 x

Item 14

Item 20 x x x

Item 4 x

Item 1 x

Item 11 x x x

Totale 4 4 2 6

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2.2 Le indagini successive

Le indagini relative all’anno accademico 2009-2010 sono state svolte con il proposito di

recuperare i questionari problematici e di effettuare un’indagine diagnostica dello strumento.

Nell’indagine eseguita nell’ottobre 2009, il test ADCL è stato somministrato a una classe di 241

studenti, di cui si rileva una percentuale di donne pari al 96,27%, vs una percentuale di uomini pari

al 2,49% (l’1,24% di soggetti si è astenuto).

Nel presente universo scolastico il 94,19% degli studenti è iscritto al Corso di Laurea in

Pedagogia dell’Infanzia, mentre il restante 5,81% frequenta il Corso di Laurea in Pedagogia dei

Processi Formativi. I dati rilevati dall’analisi del campione hanno permesso di identificare un

numero massimo di 19 soggetti che hanno presentato almeno 8 positività nel totale degli item, pari

al 7,8% del totale (vedi tabella 10).

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Soggetto n. positività Soggetto n. positività Soggetto n. positività Soggetto n. positività

1 5 37 4 73 4 109 3

2 4 38 4 74 5 110 8

3 3 39 4 75 5 111 3

4 5 40 5 76 6 112 7

5 3 41 8 77 5 113 5

6 5 42 7 78 6 114 4

7 8 43 4 79 5 115 4

8 9 44 3 80 6 116 3

9 7 45 5 81 3 117 9

10 1 46 7 82 3 118 4

11 1 47 4 83 2 119 6

12 3 48 4 84 4 120 5

13 0 49 6 85 7 121 1

14 3 50 2 86 3 122 1

15 5 51 5 87 2 123 9

16 7 52 4 88 4 124 5

17 1 53 7 89 2 125 6

18 6 54 3 90 5 126 6

19 18 55 4 91 2 127 4

20 5 56 2 92 4 128 3

21 4 57 4 93 7 129 5

22 5 58 9 94 1 130 7

23 4 59 4 95 4 131 2

24 6 60 1 96 3 132 2

25 0 61 3 97 3 133 2

26 6 62 5 98 5 134 3

27 6 63 6 99 7 135 5

28 3 64 5 100 3 136 2

29 3 65 10 101 4 137 6

30 2 66 4 102 3 138 5

31 3 67 8 103 3 139 5

32 1 68 3 104 8 140 4

33 4 69 5 105 3 141 2

34 2 70 2 106 2 142 3

35 4 71 5 107 5 143 6

36 6 72 7 108 2 144 7

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TABELLA 10. Risultati relativi al primo campione di studenti

Soggetto n. positività Soggetto n. positività Soggetto n. positività Soggetto n. positività

145 0 170 4 195 2 220 7

146 2 171 10 196 2 221 4

147 2 172 7 197 1 222 5

148 2 173 6 198 4 223 6

149 5 174 4 199 4 224 2

150 2 175 3 200 4 225 5

151 7 176 9 201 8 226 7

152 7 177 4 202 7 227 8

153 6 178 5 203 4 228 6

154 8 179 3 204 7 229 5

155 4 180 6 205 5 230 5

156 7 181 5 206 7 231 6

157 8 182 3 207 4 232 2

158 7 183 6 208 6 233 4

159 3 184 9 209 3 234 2

160 7 185 8 210 0 235 5

161 6 186 3 211 0 236 1

162 2 187 7 212 2 237 5

163 3 188 6 213 6 238 7

164 2 189 1 214 6 239 5

165 7 190 6 215 4 240 7

166 12 191 4 216 3 241 7

167 3 192 1 217 3

168 7 193 1 218 5

169 4 194 2 219 3

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19 casi sono stati nuovamente analizzati mettendoli a confronto con le domande discriminanti di

M. Vinegrad. (vedi tabella 11).

TABELLA 11. Risposte affermative agli item discriminanti

Sulla base della quantità di risposte agli item discriminanti, si può affermare che 3 soggetti fra i

19 già ritenuti a rischio nel nostro campione manifestano una maggiore percentuale di <<rischio>>

dislessia, per il fatto che presentano 6 e più positività negli item discriminanti, indicatore di una

probabile <<difficoltà>>.

Item

17

Item

13

Item

7

Item

16

Item

18

Item

10

Item

19

Item

14

Item

20

Item

4

Item

1

Item

11

Totale

Sog.

7

x x x 3

Sog.

8

X X x x x 5

Sog.

19

X X X x x x x x x x x 11

Sog.

41

x x x 3

Sog.

58

X X x 3

Sog.

65

x x x x x 5

Sog.

67

X x x x x 5

Sog.

110

x X x 3

Sog.

117

x X x x 4

Sog.

123

X X x x x 5

Sog.

154

x x 2

Sog.

157

X X x x x 5

Sog.

166

X x x x x x 6

Sog.

171

X x x 3

Sog.

176

X x x x 4

Sog.

184

X X x x x x 6

Sog.

185

x x x x 4

Sog.

201

X x x x 4

Sog.

227

x x x 3

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Un secondo gruppo di studenti è stato oggetto di sperimentazione nel mese di novembre 2009. La

totalità del campione è costituita da 58 donne, di cui il 98,3% iscritte al Corso di Laurea in

Pedagogia dell’Infanzia e il restante 1,7% al Corso di Laurea in Pedagogia dei Processi formativi.

Nella presente indagine, questo rischio si evidenzia solo nel caso dello studente nella posizione n. 4

il quale ha presentato 12 domande positive, (vedi tabella 12).

TABELLA 12. Risultati relativi al secondo campione di studenti

Il questionario selezionato è stato confrontato con le 12 domande discriminanti (vedi tabella 13).

Studente Positività Studente Positività Studente Positività

1 5 21 2 41 3

2 4 22 3 42 2

3 7 23 6 43 1

4 12 24 4 44 5

5 7 25 4 45 3

6 0 26 5 46 3

7 0 27 2 47 2

8 3 28 2 48 5

9 3 29 4 49 4

10 3 30 3 50 4

11 5 31 3 51 4

12 2 32 5 52 3

13 5 33 7 53 4

14 3 34 4 54 4

15 6 35 6 55 3

16 3 36 6 56 3

17 0 37 1 57 3

18 4 38 5 58 2

19 2 39 1

20 1 40 3

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TABELLA 13. Risposte affermative agli item discriminanti

I risultati mettono in luce che la studentessa ha fornito 6 risposte positive agli item discriminanti,

livello ritenuto sufficiente per una <<sospetta dislessia>>. Questo passaggio consente di confermare

la validità degli item discriminanti. Tuttavia, per proseguire anche questo percorso volto ad

accertare la bontà dello strumento di Vinegrad, si è proceduto con l’analisi dei singoli item

utilizzando l'Indice di Discriminazione.

Item

17

Item

13

Item

7

Item

16

Item

18

Item

10

Item

19

Item

14

Item

20

Item

4

Item

1

Item

11

Totale

Sog. 4 X X X X X X 6

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2.3 L’Indice D

Per calcolare questo valore è stato suddiviso il campione totale in due gruppi. Il primo gruppo

raccoglie i soggetti che si collocano al di sotto del primo quartile, con un punteggio compreso fra 0

e 2. Il secondo gruppo include, invece, i soggetti che si collocano sopra al terzo quartile, in

corrispondenza del punteggio da 5 a 18.

Per ogni gruppo è stata calcolata la percentuale di coloro che nell’item hanno indicato il punteggio

0. In particolare, per ciascuno dei due gruppi, tale percentuale è stata calcolata rapportando, per

ciascun item, la frequenza delle risposte 0 con il totale dei soggetti presenti nel sottogruppo.

L'Indice D è stato calcolato sottraendo, per ciascun item, la proporzione di 0 rilevati nel primo

gruppo (punteggi inferiori) dalla proporzione di 0 rilevata nel secondo gruppo. Sono considerati

discriminanti gli item che riportano un valore uguale o superiore a 0.35.

Il grafico rappresentato (fig.1) riassume i valori emersi dal calcolo dell’Indice D e, com’è possibile

notare, gli unici valori al di sotto dello 0.35 corrispondono agli item 6 e 9, che non rientrano tra i 12

item considerati significativi per il gruppo di lavoro di M. Vinegrad.

Considerando le domande significative, il valore di discriminazione più basso raggiunge il

punteggio 0.51 e quello più alto il punteggio 0.94. Valori ritenuti soddisfacenti che conferiscono

allo strumento di screening una buona capacità discriminativa, una buona capacità di indagine

rispetto a ciò che si vuole analizzare e una buona attendibilità.

Figura 1 – Indice di Discriminazione

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Conclusioni

Il lavoro descritto è ancora in corso e, come detto in precedenza, ha l’obiettivo di verificare

l’attendibilità dello strumento presentato. Allo stato attuale, e con le piccole esplorazioni operative,

si può sostenere che l’ADCL ha una buona capacità di discriminazione che andrebbe ulteriormente

raffinata con maggiori dati sperimentali.

Lo strumento di Vinegrad è solo un primo passo per indagare possibili bisogni e ha il vantaggio

di essere poco invasivo e di fornire agli insegnanti una prima possibilità di valutazione facilmente

spendibile in un contesto classe; inoltre esso consente di operare una prima scrematura per poi

procedere a un’indagine specifica.

Tale strumento può essere migliorato e perfezionato anche in relazione alle differenze culturali e

linguistiche. In tal senso un primo passo è stato operato da Tim Miles e il suo gruppo di ricerca i

quali, partendo dal questionario di M.Vinegrad, ne hanno prodotto uno nuovo.41

Dott.ssa Roberta Cursi

Contatti: [email protected]

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41

Vedi http.//www.city.ac.uk/studentcentre/learning-success/dps/screening_checklist_2008pdf .

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APPENDICE

Test di valutazione della dislessia negli adulti (ADCL)42

42

vedi http://digilander.libero.it/ProntoSoccorsoScuola/Dislessia/test_adulti.htm

1. Hai difficoltà a distinguere la destra dalla sinistra?

2. Ti confonde la lettura di una mappa o l’orientarti in un posto nuovo?

3. Detesti leggere a voce alta?

4. Ci metti più tempo del dovuto a leggere una pagina di un libro?

5. Trovi difficile ricordare il significato di ciò che hai letto?

6. Detesti leggere libri lunghi?

7. La tua ortografia è scadente?

8. La tua calligrafia è difficile da leggere?

9. Ti confondi se devi parlare in pubblico?

10. Hai difficoltà a prendere un messaggio telefonico e

trasmetterlo correttamente?

11. Quando pronunci una parola lunga, ti capita di avere difficoltà a ordinare i vari suoni nell’ordine

corretto?

12. Hai difficoltà a sommare mentalmente, senza usare le dita o un pezzo di carta?

13. Quando usi il telefono, ti capita di confondere le diverse cifre mentre marchi il numero?

14. Hai difficoltà a ripetere i mesi dell’anno uno dopo l’altro in modo scorrevole?

15. Hai difficoltà a ripetere i mesi dell’anno a ritroso?

16. Confondi date e orari e dimentichi appuntamenti?

17. Quando scrivi degli assegni ti capita spesso di fare degli errori?

18. Trovi che i formulari siano difficili e confondano?

19. Confondi i numeri dell’autobus come 95 e il 59?

20. Hai avuto difficoltà a imparare le tabelline a scuola?

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