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Appunti di Economia Monetaria. Giancarlo Bertocco Anno accademico 2002-03 Varese L'ipotesi di perfetta sostituibilità e il teorema Modigliani-Miller 1. L'ipotesi di perfetta sostituibilità 2 2.Il teorema Modigliani-Miller 7 2.1 Premessa 7 2.2 L'analisi macroeconomica 10 2.3 Le implicazioni macroeconomiche 20 La teoria neokeynesiana del credito e degli intermediari finanziari 1. La teoria neokeynesiana degli intermediari finanziari 26 1.1 Le asimmetrie informative 'ex-ante' 27 1.1.1 L'approccio di E.Fama e di C.Goodhart 30 1.1.2 Il razionamento azionario 33 2 Le implicazioni macroeconomiche 38 2.1 Il modello Romer-Romer 39 2.2 Il razionamento del credito 42 1

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Appunti di Economia Monetaria. Giancarlo BertoccoAnno accademico 2002-03Varese

L'ipotesi di perfetta sostituibilità e il teorema Modigliani-Miller

1. L'ipotesi di perfetta sostituibilità 2 2.Il teorema Modigliani-Miller 7 2.1 Premessa 72.2 L'analisi macroeconomica 102.3 Le implicazioni macroeconomiche 20

La teoria neokeynesiana del credito e degli intermediari finanziari

1. La teoria neokeynesiana degli intermediari finanziari 26 1.1 Le asimmetrie informative 'ex-ante' 271.1.1 L'approccio di E.Fama e di C.Goodhart 301.1.2 Il razionamento azionario 33 2 Le implicazioni macroeconomiche 382.1 Il modello Romer-Romer 39

2.2 Il razionamento del credito 42

Bibliografia 53

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L'ipotesi di perfetta sostituibilità e il teorema Modigliani-Miller

1) L'Ipotesi di perfetta sostituibilità

Greenwald e Stiglitz, due tra i principali esponenti della Nuova Economia Keynesiana (in seguito: NEK) sostengono che l'approccio tradizionale si fonda sull'assunzione secondo cui titoli e azioni sono sostituti perfetti:

"Un punto debole era l'aggregazione fatta da Keynes fra le obbligazioni a lungo termine e le azioni. .... nel caso di obbligazioni e prestiti, l'impresa è impegnata a rimborsare una certa somma ad una certa data; nel caso delle azioni non esiste nessun impegno di questo genere. Di conseguenza, sia per le imprese che per coloro che investono, questi due titoli non rappresentano neanche lontanamente dei perfetti sostituti."1

Questa critica non è nuova; come abbiamo visto, già Tobin all'inizio degli anni sessanta aveva sottolineato questo limite della Teoria Generale e, abbandonando l'ipotesi di perfetta sostituibilità, aveva elaborato una serie di modelli macroeconomici nei quali venivano considerati esplicitamente gli intermediari finanziari e il mercato del credito. In un saggio che risale al 1961 Tobin affermava:

"Le attività patrimoniali di un modello formalizzato della Teoria Generale di Keynes sembrano essere quattro o, al massimo, cinque: 1) il debito pubblico a vista, usato sia come mezzo di pagamento sia come riserva delle banche; 2) i depositi bancari; 3) i titoli pubblici a lungo termine; 4) il capitale fisico, cioè gli stocks dell'unico bene prodotto sul lato del conto del reddito del modello; ed, eventualmente, 5) debiti privati che, insieme ai titoli (3) e ai debiti a vista (1) fungono da attività detenute dal sistema bancario a fronte delle sue passività monetarie (2).

Sebbene vi siano in questo modello quattro o cinque attività, vi sono soltanto due rendimenti: il tasso di rendimento della moneta, sia essa sottoforma di debito pubblico a vista o di depositi bancari, istituzionalmente fissato uguale a zero e il tasso di interesse, comune alle altre due o tre attività. Per quanto riguarda le attività non monetarie del suo sistema, Keynes seguì semplicemente la teoria

1B.Greenwald, J.Stiglitz 1987, pag. 319. ( Il numero della pagina si riferisce alla traduzione in italiano quando è disponibile)

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classica ... della scelta di portafoglio in mercati perfetti; egli ipotizzò cioè che capitale, obbligazioni e indebitamento privato fossero perfetti sostituti nei portafogli degli investitori."1

L'ipotesi di perfetta sostituibilità delle attività finanziarie ha importanti implicazioni. Sulla base della teoria delle scelte di portafoglio, si può affermare che un possessore di ricchezza è indifferente tra due attività se queste hanno lo stesso rendimento atteso, lo stesso grado di rischio e se esiste perfetta correlazione positiva tra i rendimenti.2 Supponendo che le obbligazioni siano costituite da titoli di stato e quindi garantiscano un flusso certo di interessi, si può rilevare che l'ipotesi di perfetta sostituibilità tra obbligazioni e azioni implica che i flussi futuri di profitto che spettano agli azionisti siano noti con certezza; questa ipotesi si adatta ad un mondo di certezza.

Questa conclusione è sottolineata da Modigliani, Miller nel loro celebre articolo in cui si osserva che la relazione keynesiana tra le decisioni di investimento e il tasso di interesse sui titoli implica l'accettazione dell'ipotesi di certezza circa i profitti generati dagli investimenti. Essi osservano che questa relazione può essere spiegata solo:

"...procedendo come se gli investimenti fisici potessero essere considerati fonte di flussi di reddito noti e sicuri, come quelli prodotti dalle obbligazioni. Data questa ipotesi, il teorico ha concluso che il costo del capitale per i proprietari di un'impresa è semplicemente il tasso di interesse sulle obbligazioni e ne ha dedotto la nota proposizione che l'impresa agendo razionalmente tenderà a spingere l'investimento fino al punto in cui il rendimento marginale proveniente dall'investimento sarà uguale al tasso di interesse di mercato."3

1J.Tobin 1961 p. 162.2Si veda: J.Tobin 1963 (a).3F.Modigliani, M.Miller 1958, p.276. Essi continuano osservando come questa relazione caratterizzi lo schema keynesiano; a p.277 si legge: "... il modello dell'impresa costituito mediante questo approccio in termini di certezza o di equivalente certo è stato sicuramente utile per trattare alcuni aspetti più generali dei processi di accumulazione del capitale e delle fluttuazioni economiche. Ad esempio, un modello simile è alla base della nota funzione di investimento keynesiana, in cui l'investimento aggregato è considerato funzione del tasso di interesse, il medesimo tasso di interesse che compare altrove nel sistema, nell'equazione di preferenza per la liquidità."

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All'interno dello schema tradizionale si può individuare una serie di ipotesi relative al comportamento degli intermediari bancari. Le passività delle banche vengono considerate un perfetto sostituto della moneta legale, quindi si ipotizza che il loro rendimento sia fissato esogenamente. Inoltre si assume che l'ammontare delle passività delle banche sia controllato dalle autorità monetarie, quindi questa grandezza corrisponde a ciò che in uno schema IS-LM viene definito moneta.

Le banche possono impiegare le loro attività acquistando titoli o concedendo prestiti alle imprese che investono, cioè acquistano nuovi beni capitali. Nel primo caso possono contare su un rendimento pari a -rb-. Poichè questo è il rendimento di attività sicure, le banche non presteranno alle imprese a tassi inferiori. Inoltre, se si assume che i rendimenti futuri degli investimenti siano certi, anche il prestito alle imprese diventa un'attività sicura, quindi la concorrenza tra le banche impedirà che il tasso sugli impieghi superi -rb-. Inoltre, in condizioni di certezza, le imprese possono emettere obbligazioni ad un tasso uguale a quello pagato dallo stato, quindi nessuno si indebiterebbe presso le banche se il tasso sugli impieghi fosse superiore al tasso sui titoli. In conclusione, in condizioni di certezza il credito bancario e i titoli sono sostituti perfetti sia per le banche che per le imprese, perciò i tassi sulle due attività coincidono.1 In questo caso si può descrivere la relazione tra settore reale e finanziario specificando soltanto il mercato della moneta poichè ciò che succede sul mercato del credito bancario non ha nessuna rilevanza sulle grandezze reali.

Consideriamo un sistema con i seguenti mercati: beni, moneta (depositi), credito bancario, titoli. Supponiamo che quest'ultimo mercato, data l'assunzione di certezza circa il rendimento degli investimenti, includa anche il mercato delle azioni. Varranno le seguenti relazioni:

1Questa conclusione è equivalente a quella che si ottiene ipotizzando che l'attivo delle banche sia costitutito soltanto da titoli; questa ipotesi è contenuta in: A.Kashyap, J.Stein 1993. Inoltre si può osservare che se il tasso sugli impieghi e quello sui titoli sono uguali, non può esserci una domanda di credito che serva a finanziare l'acquisto di titoli.

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1) S(Y) = I(r)

2) Ms(BM) = Md(r; Y)

3) PFIMP = PFIMPt-1 + I(r)

4)PFIMP = Ld + BIMP

5) Ld = Ls

La prima equazione corrisponde alla tradizionale IS; le decisioni di investimento dipendono da -r- che rappresenta l'unico tasso di interesse del sistema che corrisponde indifferentemente, al tasso sui titoli, sulle azioni e sul credito bancario. Nella seconda equazione, che corrisponde alla LM, compare il tasso sui titoli che rappresenta il rendimento delle attività alternative alla moneta; non è specificato il tasso sui depositi poichè si suppone che sia fissato esogenamente. La terza equazione definisce lo stock delle passività finanziarie delle imprese come somma dello stock del periodo precedente e del flusso delle nuove passività che si suppone corrisponda agli investimenti realizzati nel periodo corrente. L'equazione 4) distingue le passività delle imprese tra debiti verso le banche (Ld), titoli e azioni (BIMP). L'equazione 5) indica la condizione di equilibrio sul mercato del credito bancario. Poichè -r- rappresenta indifferentemente il costo del credito bancario e di un finanziamento ottenuto mediante emissione di titoli o di azioni, la scelta della forma di finanziamento non influenza le decisioni di investimento.

Questa conclusione può essere illustrata descrivendo la soluzione del modello appena descritto. Il sottosistema costituito dalle equazioni 1) e 2) determina le grandezze Y e -r-. L'equazione 3), dato -r- determina PFIMP. Per le imprese è indifferente finanziare gli investimenti emettendo titoli (o azioni) o richiedendo un prestito alle banche. Al fine di risolvere il sistema supponiamo che le imprese fissino arbitrariamente lo stock di titoli da collocare sul mercato, quindi BIMP diventa una grandezza esogena. In questo caso la 4) determina l'ammontare di prestiti che le imprese domandano alle banche, mentre la 5) determina l'offerta di credito; anche per le banche credito e titoli sono perfetti sostituti, quindi esse adeguano la loro offerta alla domanda. Il sistema determina le cinque incognite: Y; r;

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PFIMP; Ld; Ls. In questo modello gli effetti della politica monetaria si trasmettono soltanto attraverso le variazioni dello stock di moneta provocate dalla manovra della base monetaria (BM). Ciò che succede sul mercato del credito non ha rilevanza; qualunque domanda di credito espressa dalle imprese sarà soddisfatta dalle banche.

In conclusione, in condizioni di certezza e di perfetta sostituibilità tra le diverse fonti di finanziamento, si può descrivere il meccanismo di trasmissione della politica monetaria usando il modello IS-LM senza specificare il mercato del credito.1 In questo caso non c'è nessun effetto 'disponibilità di credito' che condiziona le decisioni di investimento delle imprese; in corrispondenza del tasso di interesse determinato sul mercato della moneta la domanda di credito espressa dalle imprese viene completamente soddisfatta. Questo punto è sottolineato dai NK che rilevano che il modello tradizionale si basa sull'ipotesi secondo cui le imprese possono: "... ottenere credito liberamente al tasso di interesse sui titoli pubblici"2

2 Il teorema Modigliani-Miller

2.1 Premessa

1Il sistema di equazioni appena descritto non specifica correttamente la relazione tra stock e flussi in quanto si trascura l'influenza dei flussi sulla ricchezza del settore privato; per questo problema si veda: G.Bertocco 1989.2A.Blinder, J.Stiglitz 1983, p.299; si vedano anche: D.Jaffee, J.Stiglitz 1991; S.Fazzari 1991.

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Il teorema MM viene generalmente considerato come il fondamento teorico del paradigma tradizionale che concentra l'attenzione sul mercato della moneta. Secondo M.Gertler:

"... Modigliani-Miller derived the formal proposition that real economic decisions were independent of financial structure. ... the M-M theorem was attractive because it provided researchers, with a rigorous justification for abstracting from the complications induced by financial considerations"1

Spesso si identifica il teorema MM con l'ipotesi di perfetta sostituibilità tra gli strumenti finanziari. A.Kashyap, J.Stein sostengono che è possibile dar rilevanza al credito solo eliminando l'ipotesi di perfetta sostituibilità e che ciò implica l'abbandono del teorema MM. Essi osservano che la condizione necessaria per evidenziare un 'lending channel' è che:

"... intermediated loans and open-market bonds must not be perfect substitutes for some firms on the liability side of their balance sheet. In other words, the Modigliani-Miller capital structure invariance proposition must break down in a particular way, so that these firms are unable to offset a decline in the supply of loans simply by borrowing more directly from the household sector in public markets."2

D.Delli Gatti, M.Gallegati affermano:

"La letteratura macroeconomica tradizionale, fondata sullo schema di equilibrio generale di Arrow-Debreu, ignora l'influenza dei fattori finanziari sul funzionamento dell'economia reale. Questo modo di procedere si basa implicitamente sul teorema Modigliani-Miller, che dimostra la perfetta sostituibilità tra fonti esterne ed interne nel finanziamento dell'attività di investimento."3

L'identificazione del teorema MM con l'ipotesi di perfetta sostituibilità degli strumenti finanziari è sorprendente per due ragioni. 1M.Gertler 1988, p.565. Si vedano anche: D.Jaffee, J.Stiglitz 1991, S.Fazzari 1991.2A.Kashyap, J.Stein 1993, p.8.3D.Delli Gatti, M.Gallegati 1991, p.119. Si veda anche: P.Ardeni, M.Gallegati 1992, p.190. Anche C.Gnesutta dopo aver osservato che il modello IS-LM si basa sull'ipotesi di perfetta sostituibilità dei vari strumenti finanziari, cita il teorema MM come dimostrazione dell'irrilevanza della struttura finanziaria per le decisioni di investimento

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In primo luogo la perfetta sostituibilità è una caratteristica del sistema finanziario che si realizza se esistono particolari condizioni; abbiamo visto che essa richiede la presenza di certezza circa i rendimenti futuri degli investimenti. Se questa condizione è soddisfatta non c'è bisogno di nessun teorema per dimostrare l'esistenza di perfetta sostituibilità tra gli strumenti finanziari e quindi l'irrilevanza del mercato del credito. In secondo luogo si deve sottolineare che l'analisi di MM si sviluppa partendo dall'eliminazione dell'ipotesi di certezza su cui si fonda l'assunzione di perfetta sostituibilità. In altri termini, il teorema MM si riferisce ad un mondo in cui il rendimento degli investimenti è incerto e conseguentemente, gli strumenti finanziari non sono perfetti sostituti.

Il problema affrontato da MM consiste nel definire il costo del capitale, cioè il tasso di rendimento, che condiziona le decisioni di investimento delle imprese in un mondo in cui esiste incertezza sui rendimenti futuri dei progetti di investimento. Il loro saggio si apre con questo interrogativo:

"Qual è il costo del capitale per l'impresa in un mondo nel quale i fondi sono usati per l'acquisto di attività a rendimento incerto, e nel quale il capitale si può ottenere tramite molti mezzi diversi, che vanno da strumenti di puro indebitamento, che rappresenta il diritto (per l'investitore), ad una somma prefissata in termini monetari, alla pura emissione di azioni, che danno a chi le detiene solo il diritto a una quota parte nell'impresa incerta?"1

Questo problema ha una soluzione immediata se si elimina l'incertezza; in questo caso, come si è visto, le attività finanziarie sono perfettamente omogenee.2 L'obiettivo di MM è definire il costo del capitale che influenza le decisioni di investimento in un mondo con incertezza, e precisamente:"... stabilire i principi che governano l'investimento razionale e la politica finanziaria in un mondo di incertezza..."3

E' importante rilevare che l'oggetto dell'indagine di MM è il comportamento di una singola impresa, quindi il loro approccio è

1F.Modigliani, M.Miller 1958, p.2752MM affermano a p.276: "... in un mondo di rendimenti certi, la distinzione tra fondi ottenuti ricorrendo all'indebitamento e fondi ottenuti ricorrendo all'emissione di azioni è puramente terminologica"3F.Modigliani, M.Miller 1958, p.278.

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microeconomico. I tassi di rendimento di mercato vengono assunti come dati:

"... l'approccio è essenzialmente di equilibrio parziale, centrato sulla singola impresa e sull'industria. Di conseguenza i prezzi di certi flussi di reddito saranno trattati come costanti e dati esogenamente, proprio come nella usuale analisi marshalliana dell'impresa e dell'industria, dove i prezzi di tutti i fattori e di tutti gli altri prodotti sono considerati dati."1

MM giungono a due conclusioni: 1) Posto che in condizioni di incertezza il tasso di interesse sui prestiti bancari e il tasso di rendimento delle azioni non coincidono, MM dimostrano che il costo del capitale che influenza le decisioni di investimento di un'impresa corrisponde ad un tasso -z- pari alla media ponderata del tasso sui prestiti e di quello delle azioni; 2) il valore di questo tasso è indipendente dalla forma di finanziamento scelta dall'impresa: autofinanziamento, indebitamento, emissione di nuove azioni.

Si possono fare due osservazioni su queste proposizioni. La prima è che l'analisi di MM non implica la conclusione secondo cui per un'impresa è indifferente finanziarsi con capitale proprio o mediante indebitamento. MM riconoscono che ci possono essere vari elementi che spingono un'impresa a preferire una particolare forma di finanziamento. La loro fondamentale conclusione è che si possa separare la decisione di investimento di un'impresa in due fasi: in primo luogo l'impresa decide se investire o meno, in secondo luogo, essa sceglie la forma di finanziamento che ritiene più opportuna. Le due decisioni possono essere separate in quanto i fattori che influenzano la scelta della forma di finanziamento non condizionano la decisione se investire o meno poichè il livello del costo del capitale non dipende dallo strumento di finanziamento scelto. MM sintetizzano le loro conclusioni affermando:

"E' chiaro che i problemi connessi alla pianificazione della strategia finanziaria ottimale e alle valutazioni necessarie per questo non sono affatto di poco conto, anche se non dovrebbero avere nessuna importanza nella decisione se investire o meno"2

1F.Modigliani, M.Miller 1958, p.280.2F.Modigliani, M.Miller 1958, PP.317/8.

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La seconda osservazione riguarda la natura microeconomica dell'analisi di MM. Le loro conclusioni non sono immediatamente traducibili in uno schema macroeconomico dal quale si possa dedurre, come avviene per il modello IS-LM, che le grandezze reali non sono influenzate da ciò che succede sul mercato del credito. Infatti i diversi tassi di rendimento sono assunti come dati; non c'è nessuna teoria che spieghi i livelli del tasso sui prestiti, del tasso di rendimento delle azioni e del costo medio del capitale che influenza le decisioni di investimento delle imprese.

Nel paragrafo 2.2 si descrivono dettagliatamente le conclusioni microeconomiche dell'analisi di MM, in quello successivo si presentano le implicazioni macroeconomiche del loro teorema.

2.2 L'analisi microeconomica

Il teorema MM è costituito da tre proposizioni che descrivono le decisioni di investimento di un'impresa. MM spiegano che il criterio che governa le scelte di investimento è quello della massimizzazione del valore di mercato dell'impresa; essi ritengono che l'approccio:

"... basato sulla massimizzazione del valore di mercato dell'impresa, può fornire la base per una definizione operativa del costo del capitale e per una teoria operativa dell'investimento. Secondo questo approccio qualsiasi progetto di investimento , con il corrispondente piano di finanziamento, deve superare solo questo test: il progetto, così com'è finanziato, farà aumentare il valore di mercato delle azioni dell'impresa? Se sì, conviene intraprenderlo, se no, il suo rendimento è minore del costo marginale del capitale per l'impresa."1

La prima proposizione del teorema MM afferma che: "Il valore di mercato di qualsiasi impresa è indipendente dalla sua struttura del capitale...".2 Il valore di mercato di un'impresa V è dato dalla somma di due componenti: il valore di mercato del capitale di debito D, e quello del capitale proprio S:

1F.Modigliani, M.Miller 1958, p.279.2F.Modigliani, M.Miller 1958, p.285.

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1) V = D + S

MM suppongono che le imprese si possano indebitare emettendo obbligazioni e che i flussi di reddito prodotti da questi titoli siano considerati certi1. Le obbligazioni emesse dalle imprese possono essere considerate un perfetto sostituto dei titoli pubblici, ed -r- indica il tasso di capitalizzazione di flussi certi. Posto pari a X il flusso di profitto atteso per una successione infinita di periodi, varrà le seguente relazione:

2) z = X/V

dove -z- indica il tasso di rendimento atteso dell'impresa. Il flusso di profitti viene ripartito tra i due gruppi di finanziatori dell'impresa, gli obbligazionisti e gli azionisti; quindi vale:

3) X = rD + DIV

L'espressione rD indica il flusso di interessi pagato agli obbligazionisti, mentre DIV corrisponde alla quota dei profitti che spetta agli azionisti. Posto pari a R il tasso di rendimento atteso delle azioni, possiamo scrivere:

4) R = DIV/S

Sostituendo le espressioni 1), 3) e 4) nella 2) si ottiene: 5) z = r(D/(D+S)) + R(S/(D+S)) Il rendimento atteso dell'impresa -z-, corrisponde alla media

ponderata dei tassi di rendimento delle due forme di finanziamento o, come affermano MM, al 'costo medio del capitale'. Poichè il valore di mercato di un'impresa è pari al rapporto tra il flusso atteso di profitto e il costo medio del capitale, la prima proposizione del teorema MM equivale ad affermare che -z- è indipendente dalla struttura finanziaria:1"... tutte le obbligazioni... forniscono un reddito costante per unità di tempo, e questo reddito è considerato certo da tutti i partecipanti al mercato, indipendentemente da chi le emetta." , F.Modigliani, M.Miller 1958, p.284

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"... il costo medio del capitale per qualsiasi impresa è completamente indipendente dalla sua struttura del capitale ed è uguale al tasso di capitalizzazione di un puro flusso di rendimenti azionari della sua classe"1

Questa proposizione è evidente se r=R, cioè nel caso di perfetta sostituibilità tra azioni e obbligazioni che, come abbiamo visto implica condizioni di certezza. In presenza di incertezza i due tassi di rendimento non sono uguali; poichè abbiamo assunto che le obbligazioni offrano un rendimento sicuro, ipotizzando che gli operatori siano avversi al rischio, dovrà risultare: r<R. MM affermano che l'impresa non può ridurre il costo medio del capitale e quindi incrementare il suo valore di mercato, aumentando l'indebitamento anche se il costo del debito è inferiore a quello delle azioni:

"La nostra proposizione 1) afferma che un'impresa non può ridurre il costo del capitale -cioè aumentare il valore di mercato del flusso di reddito che essa genera- procurandosi parte del capitale con la vendita di obbligazioni, anche se il finanziamento mediante indebitamento sembra più a buon mercato."2

Per spiegare il significato di questa proposizione si può utilizzare un sistema di equazioni in cui compaiono le relazioni appena descritte:

_a) V = X/z b) z = r(D/(D+S)) + R(S/(D+S)) c) S = V - D Dato il flusso atteso di profitto X, e il tasso sui prestiti bancari -r,

ci chiediamo cosa succede a V e quindi a -z-, quando varia D. Il sistema è composto da tre equazioni e quattro endogene: V, z, R, S. 3

1F.Modigliani, M.Miller 1958, p.285. MM usano l'espressione 'classe' per indicare l'insieme di imprese i cui flussi attesi di profitto hanno la stessa variabilità.2F.Modigliani, M.Miller 1958, p.301.3La soluzione che corrisponde al caso di certezza consiste nell'aggiungere l'equazione: r=R

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La prima proposizione del teorema MM afferma che il modo corretto di chiudere il sistema consiste nel considerare -z- come una grandezza indipendente da D. In questo modo il sistema viene chiuso mediante la relazione:

_d) z = z

MM dimostrano la loro prima proposizione mettendo in evidenza che se al variare della struttura finanziaria cambiasse il valore di mercato dell'impresa, si creerebbe una situazione in cui due attività che producono lo stesso flusso di reddito atteso e con lo stesso grado di rischio, avrebbero prezzi differenti. Questo in un mercato efficiente non può succedere; si metterebbe in moto un processo di arbitraggio che renderebbe uguali i prezzi delle due attività. MM descrivono il processo di arbitraggio in questo modo:

"Usiamo a proposito il termine arbitraggio, in quanto se la proposizione 1 non fosse valida, un investitore potrebbe comprare e vendere azioni e obbligazioni in modo da scambiare un flusso di reddito con un altro, identico sotto tutti gli aspetti, ma di prezzo più basso. Lo scambio sarebbe perciò vantaggioso per l'investitore indipendentemente dal suo atteggiamento verso il rischio. Man mano che gli investitori sfruttano queste opportunità di arbitraggio, il valore delle azioni sopravvalutate diminuisce e quello delle azioni sottovalutate aumenta, tendendo così ad eliminare la differenza tra i valori di mercato delle imprese."1

Consideriamo due imprese che appartengano alla stessa classe di rischio ed abbiano le stesso flusso di profitti atteso X. Supponiamo che la prima impresa non sia indebitata mentre la seconda lo sia. La prima proposizione del teorema MM afferma che il valore di queste due imprese deve essere uguale: V1 = V2. Analizziamo le conseguenze di una divergenza tra questi valori; supponiamo ad esempio, che V2 > V1. In questo caso il rendimento atteso da un operatore che possiede l'1% delle azioni della seconda impresa sarà:

e) Y2 = 0,01(X - rD2)

a fronte di un investimento pari a:

1F.Modigliani, M.Miller 1958, p.286.

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f) 0,01S2 = 0,01(V2 - D2)

D2 indica il valore di mercato del debito della seconda impresa. Il nostro operatore potrebbe ottenere lo stesso rendimento atteso se acquistasse l'1% delle azioni della prima impresa , indebitandosi per un importo pari all'1% dei debiti della seconda impresa; quindi impiegherebbe un capitale pari a: 0,01(V1 - D2). In un mercato efficiente il prezzo di due attività che producono lo stesso flusso atteso di profitto, ed hanno lo stesso grado di rischio, non può essere diverso; dovrà risultare:

g) 0,01(V1 - D2) = 0,01(V2 - D2)

Se fosse V2 > V1 gli azionisti della seconda impresa avrebbero convenienza a vendere le loro azioni e ad acquistare quelle della prima impresa; questa operazione eliminerà ogni divergenza tra V1 e V2.1 Possiamo quindi concludere, in base alla prima proposizione, che la decisione di un'impresa di modificare la propria struttura finanziaria sostituendo il capitale proprio con l'indebitamento non ne modifica il valore di mercato, ma provocherà una riduzione di S equivalente all'aumento di D. Poichè r < R, e quindi r < z, la costanza di z implica che al crescere di D dovrà aumentare R, il rendimento atteso delle azioni. Infatti considerando il sistema a/d, si ricava la relazione:

h) R = z + (z - r)D/S

Questa espressione mostra che R è una funzione lineare crescente dell'indebitamento di un'impresa, e costituisce la seconda proposizione del teorema MM:

"... il tasso di rendimento atteso di una quota azionaria è uguale al tasso di capitalizzazione -z- appropriato per un puro flusso di rendimenti azionari nella

1Il processo di arbitraggio che garantisce l'eguaglianza tra i valori delle due imprese si basa sull'ipotesi secondo cui i singoli operatori possono indebitarsi alle stesse condizioni delle imprese. A questo proposito MM affermano:"Se ... le società prese come classe potessero prendere a prestito a tassi più bassi di singole persone le quali avessero un leverage personale equivalente, allora il costo medio del capitale per le società potrebbe diminuire leggermente, all'aumentare del leverage per un certo intervallo, in conseguenza di questo differenziale."(F.Modigliani, M.Miller 1958, p.293)

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sua classe, più un premio correlato al rischio finanziario e uguale al rapporto indebitamento/capitale di rischio moltiplicato per il divario tra -z- e -r-."1

L'aumento di R conseguente alla crescita dell'indebitamento si accompagna ad un incremento del rischio relativo al rendimento delle azioni. Infatti dato il grado di rischio del flusso complessivo dei profitti dell'impresa, la variabilità dei dividendi cresce all'aumentare dell'indebitamento poichè aumenta la quota di profitto che andrà ai creditori. Questo implica che le azioni di imprese che appartengono alla stessa classe di rischio e che hanno una diversa struttura finanziaria non sono perfetti sostituti poichè presentano un rischio differente.

Possiamo illustrare il significato di questa proposizione mediante il seguente esempio. Consideriamo due imprese che hanno lo stesso flusso atteso di reddito pari a 10.000 dollari; supponiamo che il capitale di entrambe sia composto soltanto da capitale proprio: ogni impresa ha emesso 10.000 azioni il cui valore unitario di mercato è pari a 6,667 dollari. Risulterà quindi:

V1 = S1 = 66.667 dollariV2 = S2 = 66.667 dollariIn assenza di indebitamento il tasso di rendimento atteso sulle

azioni R, coincide con il costo medio del capitale -z-; si avrà quindi:R1 = z1 = X/V1 = 15%R2 = z2 = X/V2 = 15%Supponiamo che la seconda impresa decida di modificare la

propria struttura finanziaria indebitandosi per un importo di 30.000 dollari ad un tasso del 12%, riacquistando dai propri azionisti 4.500 azioni al prezzo di mercato di 6,667 dollari. Secondo il teorema MM questa operazione non modifica V2; il valore di mercato della seconda impresa resterà pari a 66.667 dollari e sarà costituito da debiti D per 30.000 e da capitale proprio per 36.667 (5.500 azioni il cui valore unitario è pari a 6,667 dollari). Il costo medio del capitale rimarrà pari al 15% mentre varierà il rendimento atteso delle azioni R2; risulterà infatti:

DIV2 = 10.000 - Interessi = 10.000 - 0,12(30.000) = 6.400R2 = DIV2/S2 = 6.400/36.667 = 17,45%Per dimostrare questo risultato analizziamo cosa succederebbe nel

caso in cui l'indebitamento provocasse un incremento del valore di 1F.Modigliani, M.Miller 1958 p.288.

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mercato dell'impresa. Supponiamo ad esempio, che il valore dell'impresa salga a 70.000 dollari; il costo medio del capitale scenderà quindi, al 14,3% (10.000/70.000). MM affermano che in questo caso si metterebbe in moto un processo di arbitraggio che eliminerebbe le differenze tra i valori delle due imprese, in quanto due attività che producono lo stesso reddito (con lo stesso rischio) non possono avere prezzi differenti. Sulla base del nostro esempio consideriamo la situazione di un operatore che possiede l'1% delle azioni della seconda impresa, e quindi un capitale di 400 dollari (0,01(70.000 - 30.000)). Da questo capitale egli ottiene un rendimento pari all'1% dei dividendi della seconda società:

0,01(X - rD) = 0,01(10.000 - 3.600) = 64 dollariIl nostro operatore potrebbe ottenere lo stesso flusso di profitti se

acquistasse l'1% delle azioni della prima impresa indebitandosi per un importo pari all'1% di D. In questo caso però il capitale investito sarebbe inferiore a 400 dollari poichè il valore di mercato della prima impresa è pari a 66.667 dollari; quindi egli dovrà investire 367 dollari (667 - 300 dollari ottenuti a credito). L'operatore avrà convenienza a cedere azioni della seconda impresa e ad acquistare quelle della prima; questo processo eliminerà ogni differenza tra V1 e V2.

Si potrebbe essere indotti a concludere che il processo di arbitraggio fissi il valore delle due imprese ad un livello intermedio tra 66.667 e 70.000 dollari, poichè esso determina la riduzione del valore di mercato della seconda e l'aumento di quello della prima. In realtà bisogna considerare che nel sistema esistono infinite imprese il cui costo medio del capitale è pari a z=15% perciò il valore di mercato delle due nostre imprese non può essere diverso da 66.667 dollari.

Le prime due proposizioni costituiscono la necessaria premessa alla soluzione del problema posto da MM che consiste nel definire il costo del capitale che influenza le decisioni di investimento in un mondo nel quale i rendimenti delle imprese sono incerti, ed in cui esistono tassi di rendimento diversi: -r- il costo del credito; R, il tasso atteso di rendimento delle azioni e -z- il costo medio del capitale. MM dimostrano che il tasso di rendimento che influenza le decisioni di investimento è -z- indipendentemente dalla forma di finanziamento scelta. Questa è la terza proposizione del teorema MM:

"Se un'impresa ... agisce nell'interesse degli azionisti al momento della decisione, sfrutterà un'opportunità di investimento se e solo se il tasso di

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rendimento dell'investimento z*, è uguale o più alto di -z-. Cioè, il tasso di rendimento minimo per l'investimento dell'impresa sarà in ogni caso -z- e non sarà per nulla influenzato dal tipo di strumento usato per finanziare l'investimento."1

Poichè il criterio che guida le decisioni di investimento è costituito dalla massimizzazione del valore di mercato di un'impresa, un determinato progetto verrà realizzato solo se ciò provocherà un incremento del valore dell'impresa maggiore del costo dell'investimento. Quindi per identificare gli elementi che condizionano le decisioni di investimento di un'impresa si deve stabilire: 1) di quanto varia il valore dell'impresa in seguito alla realizzazione di un determinato progetto di investimento; 2) se questa variazione dipende dal modo in cui è finanziato l'investimento.

La risposta a questi interrogativi discende dalle due proposizioni appena descritte. Poichè il valore di mercato di un'impresa non dipende dalla sua struttura finanziaria, anche la variazione di questa grandezza provocata dalla realizzazione di un dato progetto di investimento non sarà influenzata dal modo in cui esso verrà finanziato. Possiamo verificare questa affermazione considerando prima il caso di un'impresa che scelga di finanziare l'investimento con debito e successivamente quello di un'impresa che decida di emettere azioni. Il valore dell'impresa prima dell'investimento, in base alla proposizione 1, sarà:

V° = X°/z

e il valore del capitale proprio:

S° = V° - D°

Un investimento finanziato con credito ad un tasso -r- provoca un incremento del flusso atteso di profitti che diventerà:

X1 = X° + z*I

dove z* indica il tasso di rendimento atteso dell'investimento, e I il costo dell'investimento che corrisponde alla variazione

1F.Modigliani, M.Miller 1958 p.312.

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dell'indebitamento dell'impresa. Il valore dell'impresa una volta realizzato l'investimento sarà:

V1 = (X° + z*I)/z = X°/z + z*I/z = V° + z*I/z

L'incremento del valore dell'impresa sarà maggiore del costo degli investimenti se z* > z. In questo caso si avrà anche un incremento del valore di mercato delle azioni:

S1 = V1 - (D° + I) = V° + z*I/z - D° - I = S° + z*I/z - I

E' importante osservare che al fine di decidere se realizzare o meno l'investimento, non è rilevante il valore di -r-. Questa affermazione è efficacemente illustrata dall'esempio presentato da MM.

Consideriamo un'impresa il cui flusso atteso di profitto è pari a 1.000, mentre il costo medio del capitale è pari al 10%; il suo valore di mercato sarà quindi 10.000. L'impresa deve decidere se realizzare un progetto di investimento finanziato mediante indebitamento al tasso del 4%, il cui rendimento atteso è pari all'8%. Può sembrare conveniente realizzare questo progetto poichè il tasso di rendimento atteso è superiore al costo del debito; in realtà l'impresa non ha convenienza a realizzare l'investimento poichè z* < z e questo comporta che l'incremento di valore dell'impresa sia inferiore al costo del'investimento. Infatti il flusso atteso di profitto dopo l'investimento diventerà: 1.000 + 0,08x100 = 1008, quindi il valore dell'impresa sarà: 1.008/0,10 = 10080; a fronte di un investimento di 100 e di un corrispondente aumento del debito, si ha un incremento di valore dell'impresa di 80, ciò comporta una riduzione del valore di mercato delle azioni pari a 20.

Le stesse conclusioni valgono nel caso in cui l'impresa decida di finanziare l'investimento mediante l'emissione di nuove azioni. Sia N il numero delle azioni dell'impresa prima dell'investimento, quindi P°=S°/N indica il prezzo di un'azione. Se l'impresa intende finanziare l'investimento I mediante emissione di nuove azioni dovrà emettere M=I/P° nuove azioni.1 Il valore di mercato delle azioni dopo 1Si ipotizza che il prezzo corrente di mercato non rifletta gli utili attesi dall'investimento che sta per essere realizzato; si veda: F.Modigliani, M.Miller 1958, p.315.

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l'investimento sarà: P1 = S1/N+M. Questo valore sarà superiore a P°, e quindi l'investimento sarà conveniente per l'impresa, se z* > z. Infatti vale la seguente relazione:

S1 = V1 - D° = (X° + z*I)/z - D° = S° + z*I/z

P1 sarà maggiore di P° se (S1 - S°) sarà maggiore di I; ciò implica che z* > z.1

La stessa conclusione vale nel caso in cui l'impresa scelga l'autofinanziamento; questa decisione equivale all'emissione di nuove azioni sottoscritta dai vecchi azionisti.

2.3 Le implicazioni macroeconomiche del teoremaModigliani-Miller

Il teorema MM viene generalmente considerato come il fondamento teorico dei modelli macroeconomici in cui si descrive il meccanismo di trasmissione della politica monetaria specificando soltanto il mercato della moneta, e senza dare nessun rilievo al mercato del credito e agli intermediari finanziari.

L'analisi delle proposizioni che compongono il teorema MM sembra giustificare questa valutazione; si potrebbe addirittura affermare che questo teorema dimostra che le imprese non hanno nessuna ragione di indebitarsi. Posto che l'obiettivo di un'impresa è la massimizzazione del proprio valore di mercato, dimostrando che la variazione di questo valore conseguente alla realizzazione di un determinato progetto di investimento non dipende dallo strumento di finanziamento scelto, si giustifica la conclusione che le imprese non hanno nessun motivo per indebitarsi, e che per descrivere gli effetti 1In questo caso non si deve confrontare z* con R, il tasso di rendimento atteso delle vecchie azioni; l'investimento potrà essere realizzato anche se z*<R, purchè sia: z*>z.

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della politica monetaria è sufficiente considerare il mercato della moneta.

Coerentemente con questo valutazione si conclude che per dare rilevanza al credito e agli intermediari finanziari è necessario eliminare le condizioni su cui si fonda il teorema MM, ad esempio l'ipotesi di parità di condizioni di indebitamento per le imprese e i singoli operatori, oppure introdurre elementi trascurati quali le imposte sui redditi delle società o i costi di fallimento.

Questa interpretazione non sembra condivisibile per due ragioni. In primo luogo si deve sottolineare che MM riconoscono la rilevanza del problema della scelta della struttura finanziaria; essi completano la loro analisi avvertendo il lettore di non concludere che la questione della scelte della struttura finanziaria sia irrilevante per le imprese:

"Se letta frettolosamente, la proposizione 3 sembra implicare che la struttura del capitale di un'impresa è indifferente e che di conseguenza uno dei problemi centrali del finanziamento dell'impresa - il problema della struttura ottima del capitale - non è affatto un problema.

.... questa proposizione ci dice solo che il tipo di strumento usato per finanziare un investimento non ha importanza per decidere se l'investimento è conveniente o meno. Questo non vuol dire che i proprietari o i manager non abbiano niente su cui basarsi per scegliere un piano d'investimento piuttosto che un altro, o che a livello di impresa non ci siano altri problemi di tecnica o di politica finanziaria."1

MM indicano alcuni elementi che danno rilievo al problema della scelta della struttura finanziaria. In primo luogo essi osservano che può esistere una discrepanza tra le aspettative degli azionisti da una parte e del mercato dall'altra, circa i rendimenti futuri di un dato progetto di investimento. Può darsi, ad esempio, che gli azionisti siano convinti che l'investimento darà un rendimento molto più elevato rispetto al costo medio del capitale, mentre il mercato valuta la profittabilità del nuovo progetto di investimento in base ai rendimenti correnti o del recente passato. In questo caso gli azionisti non hanno convenienza a finanziare il nuovo investimento mediante emissione di nuove azioni poichè il mercato, sottostimando i rendimenti futuri dell'impresa, sottovaluta le azioni della società. I vecchi azionisti avranno convenienza ad indebitarsi; in questo modo quando il progetto di investimento darà effettivamente i maggiori profitti attesi,

1F.Modigliani, M.Miller 1958, p.317.

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si avrà un incremento del valore di mercato dell'impresa che non dovrà essere diviso con nessun nuovo socio.1

Possiamo illustrare questa affermazione con il seguente esempio. Supponiamo che valgano: Xo = 1000; z= 10%; Vo = 1000/0,10 = 10.000 Assumiamo che il capitale dell'impresa sia costituito da 1000 azioni il cui valore di mercato è pari a 10 dollari; ipotizziamo inoltre, che gli azionisti siano convinti che un nuovo progetto di investimento il cui costo è pari a 10.000 dollari, possa offrire un flusso aggiuntivo di profitto pari a 2.000 dollari, quindi z*, il tasso di rendimento atteso del nuovo investimento sarà pari al 20%. In questo caso è conveniente realizzare l'investimento poichè z*> z.

La scelta del modo in cui finanziare l'investimento diventa rilevante soltanto nel caso in cui il mercato non valuti immediatamente la redditività del nuovo progetto di investimento; in caso contrario questa scelta sarebbe irrilevante. In questo caso infatti, il nuovo valore di mercato dell'impresa sarà:V1 = (Xo + z*I)/z = (1.000 + 0,20x1.000)/0,10 = 30.000. Per i vecchi azionisti sarebbe indifferente la scelta tra l'emissione di nuove azioni da collocare sul mercato, l'autofinanziamento o l'indebitamento. Nel caso in cui decidessero di emettere nuove azioni ne dovrebbero emettere un numero sufficiente a raccogliere un capitale pari a 10.000 dollari. Questo capitale corrisponde ad un terzo del valore dell'impresa; poichè le azioni già in circolazione sono 1.000, dovranno essere emesse 500 nuove azioni il cui valore unitario di mercato sarà quindi pari a 20 dollari. Dopo l'emissione saranno in circolazione 1.500 azioni il cui valore unitario è pari a 20; in questo caso i vecchi azionisti godranno di tutti i vantaggi derivanti dalla realizzazione dell'investimento; otterranno infatti, un guadagno complessivo in conto capitale pari a 10.000 dollari.

Essi otterrebbero lo stesso guadagno se decidessero di fornire direttamente il capitale necessario alla realizzazione dell'investimento, sottoscrivendo un'azione nuova ogni due vecchie. L'impresa 1"In generale, eccetto casi speciali come quello di una scoperta di un giacimento petrolifero, ampiamente pubblicizzata, ci aspetteremmo che il mercato si basi molto sui rendimenti correnti o del passato recente nel formarsi le aspettative sui rendimenti futuri. Quindi se i proprietari di un'impresa scoprissero un'importante opportunità di investimento che ritenessero potesse rendere molto di più di -z-, potrebbero benissimo preferire di non finanziarla mediante l'emissione di azioni ordinarie al prezzo corrente, perchè questo prezzo può non riflettere la capitalizzazione della nuova attività." (F.Modigliani, M.Miller 1958, p.318)

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raccoglierebbe 10.000 dollari realizzando un investimento che determina un incremento del valore di mercato pari a 20.000 dollari. Anche in questo caso i vecchi azionisti otterranno un guadagno in conto capitale pari a 10.000 dollari. Possiamo osservare infine, che il risultato per i vecchi azionisti sarebbe identico se decidessero di finanziare l'investimento indebitandosi. Supponiamo che il tasso sui prestiti sia pari all'8%. Anche in questo caso risulterà: V1 = (Xo + z*I)/z = 30.000. Poichè l'impresa si è indebitata, avremo: V1 = D1 + S1 = 10.000 + 20.000. I vecchi azionisti realizzeranno sempre un guadagno in conto capitale pari a 10.000 dollari. Rispetto ai due casi precedenti cambierà il rendimento atteso delle azioni R, poichè si è modificata la struttura finanziaria dell'impresa; dalla seconda proposizione del teorema MM risulta: R = z + (z - r)D/S = 0,10 + (0,10 - 0,08)10.000/20.000 = 11%

La scelta della forma di finanziamento diventa rilevante nel caso in cui il mercato valuti la profittabilità dell'impresa in modo diverso rispetto agli azionisti; supponiamo ad esempio, che il mercato ritenga che il rendimento del nuovo progetto di investimento non sarà diverso da quello prodotto in passato dall'impresa e quindi ritenga che z* sia pari al 10%. Il valore che il mercato attribuisce all'impresa dopo la realizzazione dell'investimento sarà allora: V1 = (Xo + z*I)/z = (1.000 + 0,10x1000)/0,10 = 20.000

Per il mercato, il capitale necessario a finanziare il nuovo investimento corrisponde alla metà del valore dell'impresa, quindi gli operatori esterni all'impresa saranno disposti a sottoscrivere 1000 nuove azioni al prezzo di 10 dollari l'una. In queste condizioni sarà più conveniente per gli azionisti finanziare l'investimento con capitale proprio o mediante indebitamento, piuttosto che con l'emissione di nuove azioni da collocare sul mercato. Quando sarà evidente che il flusso aggiuntivo di profitto è pari a 2.000 dollari, il valore dell'impresa salirà a 30.000 dollari, quindi il valore di mercato delle 2.000 azioni salirà a 15 dollari. In questo caso i benefici dovuti all'incremento del valore dell'impresa saranno ripartiti tra i nuovi e i vecchi azionisti. Se i vecchi azionisti avessero deciso di sottoscrivere direttamente le nuove azioni, o di indebitarsi, avrebbero ottenuto l'intero incremento di valore dell'impresa.

In secondo luogo MM ricordano le ripercussioni che la scelta di una particolare struttura finanziaria ha sul controllo di una società.

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Può darsi che un'impresa decida di non ricorrere all'indebitamento nel caso in cui:

"... i creditori sono in grado di imporre dei termini che i manager possono considerare restrittivi delle loro prerogative o delle loro libertà di manovra. I creditori potrebbero persino ottenere di avere voce in capitolo sulle decisioni aziendali."1

Al contrario, in altre condizioni, l'impresa potrebbe decidere di

indebitarsi piuttosto che emettere nuove azioni da collocare sul mercato, al fine di evitare che l'ingresso di nuovi soci ponga in discussione il controllo della società da parte dei vecchi azionisti.

La seconda ragione per la quale non sembra possibile accettare la valutazione corrente del teorema MM consiste nel fatto che, come si è visto, esso considera il comportamento della singola impresa ed è quindi, il risultato di un'analisi microeconomica. MM si erano proposti di completare lo studio con un'analisi di equilibrio generale che non è mai stata pubblicata.2 L'assenza di una analisi macroeconomica porta a considerare esogene sia -z- che -r-. Il teorema MM dimostra soltanto che variazioni della struttura finanziaria di un'impresa non influenzano il suo costo medio del capitale -z-, ma non spiega da cosa dipenda il valore di questa grandezza.

1F.Modigliani, M.Miller 1958, p.319.2Recentemente M.Miller è tornato su questo punto:"A general equilibrium macroeconomic model of the determination of aggregate real investment and the aggregate debt/equity ratio did appear as an appendix to the original working paper version of the article. But we found problems with one of the equations and removed the appendix from the version submitted for publication, intending to 'get back to it someday'. That day, alas, has yet to come ..."(M.Miller 1988, p.102)

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La teoria Neokeynesiana del credito e degli intermediari finanziari

Premessa

La risposta di Keynes a Ohlin rivaluta la funzione di mezzo di pagamento della moneta e costituisce il fondamento di un approccio che sottolinea come la caratteristica distintiva di un'economia monetaria sia costituita dal fatto che la disponibilità di mezzi di pagamento costituisce la condizione necessaria per realizzare decisioni di spesa. I sostenitori di questo approccio si preoccupano di descrivere i meccanismi attraverso i quali la moneta viene creata e diventa disponibile per le imprese che realizzano gli investimenti.

L'elemento comune che caratterizza le diverse versioni di questo approccio è costituito dall'importanza attribuita alle banche.1 I Postkeynesiani osservano che in un mondo in cui la liquidità è costituita dalle passività delle banche, la quantità di moneta coincide con la quantità di credito che le imprese ottengono dalle banche. 2 Essi considerano inoltre la moneta come una grandezza endogena poichè ritengono che il sistema bancario sia in grado di soddisfare la domanda di credito espressa dalle imprese, anche in presenza di un vincolo di riserva.3 1Questo è coerente con quanto sostenuto da Keynes nella sua risposta a Ohlin; si veda: J.M.K. 1937 c); CW,XIV, p. 222)2Come afferma N.Kaldor: "... la moneta creditizia viene creata in seguito all'indebitamento (da parte di imprese, individui, enti pubblici) verso le banche"(N.Kaldor 1982, p. 136)3Secondo N.Kaldor: "... una teoria del valore della moneta che fa riferimento a un'economia che utilizza una moneta-merce, non è applicabile a un'economia ove la moneta ha natura creditizia. Nel primo caso la moneta ha una sua funzione di offerta indipendente, basata sui costi di produzione; nell'altro invece, la nuova moneta si forma in conseguenza , o come un aspetto, dell'estensione del credito

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I Nuovi keynesiani giustificano la centralità del rapporto banche-imprese con argomentazioni differenti. Essi trascurano la funzione monetaria delle banche e si concentrano su quella creditizia; il loro obiettivo consiste nello spiegare le ragioni per le quali le imprese si finanziano attraverso di esse invece di utilizzare strumenti diretti di credito.

1. La teoria neokeynesiana degli intermediari finanziari

Una teoria degli intermediari finanziari deve spiegare: a) qual è la funzione degli intermediari finanziari; b) se esiste una specificità delle banche rispetto agli altri intermediari; c) come la presenza degli intermediari finanziari influenza le caratteristiche del meccanismo di trasmissione della politica monetaria.

Il punto di partenza della teoria elaborata dai NK sembra ovvio: la presenza di intermediari finanziari presuppone l'esistenza di due gruppi di individui: coloro che desiderano indebitarsi per realizzare attività produttive e coloro che sono disposti a sottoscrivere attività finanziarie. Partendo da questa situazione si deve necessariamente concordare con Hellwig (1991, p.130) che osserva:

"... teoricamente il finanziamento da parte di intermediari presenta uno svantaggio: la catena di transazioni tra l'impresa e l'investitore è più lunga e, ceteris paribus, questo può richiedere un aumento dei costi di transazione".

Quindi una teoria degli intermediari finanziari deve spiegare quali sono i vantaggi connessi alla presenza degli intermediari. I NK sostengono che gli intermediari consentono di minimizzare i costi

bancario."(N.Kaldor 1982, p. 65) Si vedano anche: B.Moore 1988; M.Lavoie 1992. L'accettazione della teoria dell'endogenità della moneta ha portato alcuni postkeynesiani ad abbandonare la teoria della preferenza per la liquidità: se l'offerta di moneta si adegua alla domanda, non sembra possibile affermare che il livello del tasso di interesse è determinato dall'equilibrio tra domanda e offerta di moneta. Esso diventa piuttosto, una grandezza esogena, fissata dalla banca centrale. Sulla possibilità di conciliare la teoria dell'endogenità della moneta e la teoria della prefenza per la liquidità si è aperto un dibattito tra i postkeynesiani; per una sintesi si vedano: A.Cottrell 1994, G.Hewitson 1995, P.Arestis, P.Howells 1996.

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necessari per superare quelle imperfezioni dei mercati dei capitali che rendono difficile il finanziamento diretto delle imprese da parte dei finanziatori; l'imperfezione più rilevante è costituita dalla presenza di asimmetrie informative. Il ruolo degli intermediari consiste nel ridurre i costi di informazione; in assenza di asimmetrie informative i mercati dei capitali funzionerebbero senza intermediari grazie al meccanismo equilibratore costituito dal tasso di interesse. Come osservano Stiglitz, Weiss (1990, p. 101):

"What ensures that the number of individuals certified to be credit worthy, combined with those with cash resources, generates a demand for current resources equal to current supplies? ... The answer provided by traditional micro-analysis is simple: if there is an excess demand for current resources, the real rate of interest will rise.

... in economies characterized by information imperfections with which we have been concerned here, the price system may well not serve the information-equilibrating role assigned to it by conventional theory..."

In presenza di imperfetta informazione gli intermediari sostituiscono i meccanismi che agiscono nei mercati perfetti, consentendo ai mercati di funzionare.1

Possiamo classificare i lavori dei NK in due gruppi; il primo giustifica la presenza degli intermediari sulla base di asimmetrie informative 'ex ante', il secondo dà rilievo alle asimmetrie informative 'ex post'.

1.1 Le asimmetrie informative 'ex ante'

In questo primo gruppo di lavori si sottolinea un aspetto particolare del mercato del credito: in questo mercato non si ha uno scambio contestuale di moneta contro beni, ma piuttosto lo scambio di moneta contro la promessa di ricevere in futuro, il capitale prestato aumentato di un premio. Questa promessa, evidentemente, può non essere

1 T.Campbell, W.Cracaw (1980, p. 165) affermano: "Il problema cruciale è che, in un mercato perfetto, i servizi finanziari degli intermediari potrebbero essere effettuati altrettanto facilmente dagli investitori." Considerazioni analoghe si trovano in B.Bernanke (1993), C.James, C.Smith e in K. Lewis (1995).

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mantenuta.1 Naturalmente sarebbe eccessivo attribuire al NK il merito di aver riconosciuto che il debitore può non essere in grado di restituire il prestito; essi sottolineano che il rischio di fallimento non è uguale per tutti i debitori, e che le informazioni necessarie per selezionare le domande di prestiti, non sono perfettamente disponibili. I potenziali creditori hanno meno informazioni sulla redditività e sul rischio dei progetti di investimento, rispetto alle imprese che domandano credito. L'analisi tradizionale al contrario, ritiene che esistano condizioni di perfetta informazione che consentono ai potenziali creditori di separare i debitori in relazione al loro grado di rischio, e di controllare i risultati dell'azione delle imprese indebitate.2

Si assume che sul mercato del credito si possono riscontrare quelle condizioni di imperfetta informazione descritte da Akerlof (1970). Al pari dei compratori di auto usate che non hanno informazioni sufficienti per distinguere le auto di buona qualità dai 'bidoni', i potenziali creditori non dispongono di informazioni che permettano loro di valutare la rischiosità dei vari progetti di investimento. Questa situazione penalizza le imprese che hanno i progetti di migliore qualità poichè i potenziali creditori, non essendo in grado di distinguere la rischiosità dei vari progetti, finanzieranno tutte le imprese alle stesse condizioni, determinate tenendo conto del rischio medio di fallimento. Queste condizioni saranno particolarmente onerose per le imprese migliori le quali potrebbero sostenere costi di finanziamento inferiori se riuscissero a segnalare la loro qualità. I costi sopportati dalle imprese di qualità più elevata e la convenienza a

1Come affermano Stiglitz, Weiss (1990, p.96): "... credit is fundamentally different from goods such as peanuts. When individuals exchange commodities contemporaneously, the price has a tangible meaning; it denote the ratio of the number of units of one good that are given up in exchange for the number of units of the other goods that are received. The interest rate, however, is nothing more than a promise, an agreement that a certain amount will be repaid, if possible, at some date in future." 2Stiglitz, Weiss (1990, p. ) osservano: "In the traditional economic theory, as represented by the Arrow-Debreu model... promises may, of course, be contingent, i.e. the individual may borrow with an understanding that in a particular state of nature (not under his control) the loan will not repaid... (in the traditional economic theory) ... there is no incentive problem, the individual cannot affect the likelihood of the events under which he does not repay. Nor is there an adverse selection problem; whether the individual repays or not is not dependent on who the individual is."

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segnalare la loro posizione costituiscono secondo i NK, le condizioni che giustificano la presenza degli intermediari finanziari. Queste imprese infatti, non possono segnalare la qualità dei loro progetti fornendo direttamente informazioni ai loro finanziatori poichè non sarebbero credibili.

Leland, Pyle (1977; p. 148) ritengono che sia possibile dedurre informazioni sulla qualità dei progetti di investimento osservando il comportanto delle imprese, ed in particolare:

"... la propensione del soggetto (o dei soggetti) in possesso di informazioni riservate ad investire nel progetto o nell'impresa. ... la disponibilità degli imprenditori ad investire risorse proprie può essere interpretata come segnale della bontà del progetto."

Essi concludono che il valore che il mercato attribuisce al progetto di investimento varierà in funzione della quota dell'investimento finanziato dall'imprenditore con capitale proprio. Questo meccanismo di segnalazione permette ai due autori di spiegare la presenza degli intermediari finanziari. Essi osservano infatti, che in presenza di asimmetrie informative difficilmente possono nascere operatori che si limitino a raccogliere e a cedere informazioni sulla rischiosità dei progetti di investimento in quanto: a) le informazioni hanno le caratteristiche di un bene pubblico, e ciò rende difficile per le imprese che le hanno raccolte, appropriarsi di tutto il reddito che gli acquirenti sarebbero disposti a pagare; b) anche nel caso degli intermediari, come per le imprese, si pone un problema di credibilità dell'informazione.1

Secondo Leland, Pyle (1977, p. 160) questi problemi vengono superati se l'intermediario si assume direttamente il rischio dell'investimento impiegando capitali propri per finanziare le imprese in quanto:

"La propensione dei proprietari a investire nel capitale della propria società

costituirà un segnale forte sulla qualità delle informazioni dell'impresa e sulle attività selezionate in base a quelle informazioni."

1"Per il pubblico, per i potenziali utenti è sempre difficile, se non addirittura impossibile, distinguere una buona informazione da una cattiva."(Leland, Pyle 1977, p.159)

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Questa analisi solleva diverse obiezioni. In primo luogo si deve rilevare che se fosse possibile individuare un indicatore che permette di valutare la qualità di un progetto di investimento, la funzione degli intermediari sarebbe ridimensionata poichè i potenziali creditori potrebbero stabilire da soli la qualità degli investimenti senza ricorrere agli intermediari.1

In secondo luogo si può osservare che la capacità informativa di un determinato indicatore può essere vanificata dal comportamento delle imprese che risultano penalizzate dall'uso di questo indicatore. Se il modo in cui un'impresa finanzia gli investimenti costituisse un segnale relativo alla sua qualità, le imprese meno redditizie potrebbero replicare la struttura finanziaria di quelle più redditizie per non essere individuate.2

L'ultima obiezione riguarda la spiegazione del ruolo degli intermediari finanziari: la tesi secondo cui i problemi di credibilità delle informazioni possono essere superati solo se gli intermediari segnalano la qualità delle informazioni d loro raccolte assumendosi il rischio del finanziamento, non sembra convincente poichè tutti gli intermediari hanno una struttura finanziaria simile. diventa quindi difficile dedurre informazioni sulla qualità degli intermediari sulla base della loro struttura finanziaria.

1.1.1 L'approccio di E.Fama e di C.Goodhart Gli sviluppi teorici successivi seguono una impostazione diversa;

sottolineano che la funzione degli intermediari consiste nel valutare la redditività dei progetti di investimento sulla base di informazioni non pubblicamente disponibili, senza specificare quali siano gli indicatori capaci di riflettere la qualità degli investimenti. E.Fama (1985, p. 227)) distingue due forme di finanziamento: il contratto di debito interno e il contratto di debito esterno. Il primo tipo di contratto prevede che il creditore possa:

1Questa critica è contenuta in: Campbell, Cracaw 1980.2Questo punto è considerato in: Myers, Majluf 1984; Greenwald, Stiglitz, Weiss 1984; Greenwald, Stiglitz 1990, 1992, 1993; Stiglitz 1993.

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"...accedere ad informazioni provenienti dal processo decisionale interno all'organizzazione, informazioni non altrimenti disponibili.

In alcuni casi i creditori possono anche partecipare al processo di formazione delle decisioni, come ad esempio nel caso in cui propri esponenti facciano parte dei consigli di amministrazione delle società finanziate."

Un contratto di debito esterno:

"... è un contratto negoziato pubblicamente in cui il creditore si affida a informazioni pubblicamente disponibili provenienti dalla medesima organizzazione o da altri operatori specializzati in questa attività (per esempio, società di auditing e di rating)."

Gli intermediari si specilizzano nell'erogare contratti di debito interno, ciò implica che le attività degli intermediari non siano negoziabili poichè il mercato non dispone delle informazioni necessarie per valutare la qualità.

I NK identificano gli intermediari con le banche; la loro teoria degli intermediari coincide con la spiegazione delle peculiarità delle banche. La specificità delle banche non deriva dal fatto che le loro passività vengono utilizzate come moneta in quanto, secondo i NK, non ci sono ragioni teoriche nè pratiche che impediscono l'emissione di mezzi di pagamento da parte dei fondi comuni.1 Piuttosto, la particolarità delle banche deve essere ricercata nelle caratteristiche del loro attivo; Goodhart (1987, p. 198) afferma:

".... consideriamo in primo luogo perchè vi è la necessità che le banche agiscano come intermediari. Perchè la gente non può acquisire lo stesso insieme di attività diversificate come fanno le banche? Vi sono naturalmente, vantaggi che originano dalle economie di scala...., ma questi stessi benefici possono essere ottenuti investendo in quote emesse da fondi comuni di investimento. La differenza fondamentale tra un fondo comune e una banca è che il primo investe interamente o in misura prevalente, in attività negoziabili sul mercato, mentre la seconda investe per lo più in attività che non possono essere vendute ... sul mercato."

Le banche finanziano le imprese per le quali l'accesso diretto sul mercato sarebbe estremamente oneroso; come osserva Goodhart (1987, p. 198):

1Secondo Goodhart (1987), un sistema in cui si usassero come mezzi di pagamento le passività emesse dai fondi comuni sarebbe addirittura più stabile.

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"Per quali ragioni i mutuatari preferiscono ottenere prestiti dalle banche piuttosto che emettere titoli da collocare sul mercato? I costi di impianto richiesti per creare un mercato in senso proprio hanno di fatto rappresentato un ostacolo formidabile per il collocamento di titoli di debito o azionari da parte di singoli soggetti o di piccole imprese... il compito specifico delle banche è quello di specializzarsi nella selezione dei richiedenti di credito e nel controllo del loro comportamento."

Fama rileva che le banche concedendo finanziamenti a breve termine, sottopongono a verifica continua le imprese; in questo modo le imprese sono indotte a crearsi una reputazione poichè in caso contrario, non otterrebbero credito in futuro. Inoltre egli osserva che anche le imprese che possono ottenere finanziamenti rivolgendosi direttamente al mercato hanno convenienza a chiedere un'apertura di credito alle banche poichè una loro risposta positiva costituisce un segnale per il mercato:

"Gli affidamenti bancari sono di solito a breve scadenza e il processo di revisione cui sono sottoposti comporta periodiche valutazioni circa la capacità dell'impresa di far fronte ai finanziamenti contratti... secondo i piani di rimborso prefissati. Una revisione positiva si traduce in un segnale inviato dalla banca ad altri agenti. Il valore dei segnali provenienti dalla banca sul merito del credito di un'impresa basato sulla capacità di soddisfare le obbligazioni contratte è dimostrato dal fatto che molte organizzazioni sostengono spese di monitoraggio per linee di credito che spesso non utilizzano.

In verità, le aziende di dimensioni maggiori spesso negoziano linee di credito al solo scopo di inviare un segnale di fiducia al mercato per agevolare il collocamento di contratti di debito esterno... da collocare presso il pubblico, anzichè presso le banche."1

1E.Fama (1985, p.228). Questa spiegazione contrasta con quella diffusa tra i keynesiani e legata ai lavori di Tobin e alla 'new view', secondo cui la funzione degli intermediari consiste nel conciliare le preferenze di portafoglio di chi si indebita per incrementare la disponibilità di beni capitali e di chi accumula attività finanziarie. Tobin sostiene che gli intermediari riescono a realizzare questo obiettivo diversificando le caratteristiche di rischio e di liquidità delle loro attività e delle loro passività; questa funzione accomuna le banche agli altri intermediari. Non esiste quindi, ragione per attribuire ad esse una funzione speciale. Si vedano: J.Tobin 1963; J.Tobin, W.Brainard 1963.

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1.1.2. Il razionamento azionario

Le conclusioni di Fama e Goodhart sono coerenti con quelle di una serie di studi che mostrano come la presenza di asimmetrie informative renda più costoso per le imprese, il finanziamento mediante emissione di azioni rispetto al credito bancario. Per illustrare questo risultato si prenderà come riferimento il lavoro di Myers e Mayluf (1984).

Supponiamo che l'economia sia composta da imprese guidate da managers il cui obiettivo è di massimizzare il valore di mercato delle azioni dei vecchi azionisti. Consideriamo tre successivi istanti temporali: t-1, t°, t+1. In t-1 mercato e manager hanno le stese informazioni circa il valore che assumerà l'impresa in t+1. Supponiamo che si possano verificare due differenti situazioni con probabilità 0,5 e che nel primo caso il valore dell'impresa sarà pari a 150, mentre nel secondo caso a 50. In t-1 il mercato attribuisce all'impresa un valore pari al suo valore atteso: 150xO,5 + 50x0,5 = 100; assumiamo inoltre che il capitale di ogni impresa sia costituito da 100 azioni.

In t° i manager devono decidere di realizzare un investimento il cui costo è pari a 100; assumiamo che la variazione del valore dell'impresa conseguente alla realizzazione dell'investimento dipenda dallo stato che si verificherà in t+1; in corrispondenza dello stato 1 sarà 120, e in corrispondenza dello stato 2 sarà 110. Supponiamo che in t° i manager, a differenza del mercato, abbiano informazioni che permettano loro di sapere con certezza se l'impresa si troverà, in t+1, nello stato 1 o 2; quindi in t° i manager devono prendere una decisione relativa alla realizzazione dell'investimento in condizioni di asimmetria informativa.

In prima approssimazione assumiamo che le imprese possano finanziare l'investimento soltanto mediante emissione di azioni; in questo caso in t° si determina una condizione di asimmetria informativa tra chi emette azioni, che conosce quale sarà il valore dell'impresa in t+1, e il mercato che è chiamato a sottoscrivere queste azioni senza conoscere quale sarà il valore dell'impresa in t+1.

I manager realizzeranno l'investimento soltanto se ciò determinerà, in t+1 un valore delle azioni dei vecchi azionisti maggiore di quello che si avrebbe se non si realizzasse l'investimento.

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Consideriamo la situazione delle imprese che in t° sanno che nel periodo successivo si verificherà lo stato 1. I manager di queste imprese sanno che se non investono il valore dell'impresa in t+1 salirà a 150 e quindi i vecchi azionisti realizzeranno un guadagno in conto capitale pari a 50; le imprese che si trovano nello stato 1 realizzeranno l'investimento soltanto se ciò farà salire il valore delle vecchie azioni al di sopra di 150. Per definire la quota di capitale che spetterà ai vecchi azionisti in t+1, è necessario determinare quante nuove azioni dovranno essere emesse in t° per raccogliere un capitale di 100. Il prezzo al quale saranno collocate le nuove azioni dipende dal valore che il mercato attribuisce all'impresa dopo la realizzazione dell'investimento. Poichè il mercato in t° non è in grado di distinguere le imprese che si troveranno nel 1° o nel 2° stato, il prezzo delle nuove azioni sarà definito in base al valore atteso in t+1 dell'impresa dopo l'investimento: 270x0,5 + 160x0,5 = 215 Il mercato sarà disposto a sottoscrivere una quota di capitale pari a: 100/215 = 46,51%, quindi la quota di capitale spettante ai vecchi azionisti sarà: 53,49%. Per realizzare l'investimento l'impresa dovrà emettere 87 nuove azioni (46,51/53,49x100) al prezzo unitrario di 1,15 (100/87). In questo caso il valore delle vecchie azioni in t+1 sarà pari a 270x0,5349=144,4. I vecchi azionisti non hanno convenienza a realizzare l'investimento mediante emissione di nuove azioni poichè dovrebbero dividere con i nuovi azionisti il guadagno in conto capitale derivante dalla rivalutazione delle impresa (il valore dell'impresa al netto dell'investimento passa da 100 a 150).

Analizziamo le decisioni delle imprese che in t° sanno che si troveranno nello stato 2. I manager decideranno di investire se in questo modo riusciranno ad incrementare il valore dell'impresa. Se non investissero il valore dell'impresa in t+1 sarà pari a 50 e quindi i vecchi azionisti subirebbero una perdita pari a 50. Se investono dovranno emettere azioni ad un prezzo che riflette il valore che il mercato si attende avrà l'impresa in t+1. Il mercato in base alle informazioni disponibili in t-1 può dedurre che le imprese che si trovano nello stato 1 non hanno convenienza ad investire, quindi sa che le imprese che investono possono essere soltanto quelle che si trovano nello stato 2. Perciò il mercato attribuisce a queste imprese, nel caso in cui si realizzi l'investimento, un valore in t+1 pari a 160; la quota delle nuove azioni sarà: 100/160 = 62,5%

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Verranno quindi emesse 167 nuove azioni (62,5/37,5x100) al prezzo di 0,60 (100/167) l'una. In t+1 il valore delle vecchie azioni sarà:160x0,375 = 60. Le imprese che si trovano nello stato 2 hanno quindi, convenienza ad investire poichè i vecchi azionisti ottengono un guadagno in conto capitale pari a 10, grazie alla realizzazione dell'investimento, che compensa parzialmente la perdita derivante dalla svalutazione dell'impresa.

In questo caso solo le imprese che si trovano nello stato 2 investono e quindi offrono azioni, le altre imprese rinunciano a realizzare un investimento che è più produttivo di quello realizzato dalle imprese che si trovano nello stato 2. (Infatti l'investimento delle imprese che si trovano nello stato 1 produce un guadagno in conto capitale pari a 20 poichè determina un incremento del valore dell'impresa pari a 120).1 Questo esempio è simile al primo descritto da Akerlof nel quale si mostra che sul mercato delle auto usate, può determinarsi una posizione di equilibrio in corrispondenza della quale vengono offerte solo le auto di cattiva qualità.

Le caratteristiche della posizione di equilibrio possono cambiare; supponiamo che, invariate le altre condizioni dell'esempio, la variazione del valore dell'impresa conseguente alla realizzazione dell'investimento nel caso in cui si verifichi lo stato 1, sia pari a 200 e non a 120. Si può mostrare che in questo caso hanno convenienza ad investire anche le imprese che si trovano nello stato 1.

In assenza di investimento il valore dell'impresa in t+1 sarà sempre 150; se l'impresa investe dovrà emettere azioni ad un prezzo che riflette la valutazione attesa dal mercato che sarà: (Valore stato 1) x 0,5 + (Valore stato 2) x 0,5 = 350 x 0,5 + 160 x 0,5 = 255.

La quota delle nuove azioni sarà: 100/255 = 39,22%, quindi quella delle vecchie azioni sarà: 60,78%. Saranno emesse 65 nuove azioni (39,22/60,78x100) al prezzo di 1,55. In t+1 il valore delle vecchie azioni salirà a 350x0,6078 = 212,73 quindi le imprese che si trovano nello stato 1 avranno convenienza ad investire. In questo 1Questo risultato è diverso da quello visto descrivendo il teorema MM. In quell'esempio si era osservato che in presenza di asimmetria informativa circa il rendimento dell'investimento, i vecchi azionisti avevano convenienza ad indebitarsi. Se non fosse stato possibile indebitarsi l' impresa avrebbe comunque realizzato l'investimento mediante emissione di azioni. Nell'esempio di Myers, Majluf l'impresa può rinunciare ad investire poichè deve dividere con i nuovi azionisti non solo il guadagno in conto capitale derivante dall'investimento, ma anche quello derivante dalla rivalutazione dell'impresa.

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caso, a differenza dell'esempio precedente, anche le imprese che si trovano nello stato 1 investono, perciò il mercato non è in grado di distinguere i due gruppi di imprese. Le imprese che si trovano nello stato 2 emetteranno azioni alle stesse condizioni di quelle che si trovano nello stato 1; anche ad esse il mercato attribuisce un valore atteso pari a 255. Tutte le imprese realizzeranno l'investimento emettendo 65 nuove azioni ad un prezzo unitario di 1,55; in ogni impresa la quota delle nuove azioni sarà pari al 39,22% (65/165).

In t+1 coloro che avranno acquistato azioni delle imprese che si trovano nello stato 1 otterranno un guadagno in conto capitale, infatti il valore delle loro azioni sarà: 350x0,3922 = 137,27

Questo guadagno dei nuovi azionisti corrisponde ad un 'lemon premium' a carico dei vecchi azionisti che a causa della presenza di imperfetta informazione devono cedere una parte dei guadagni in conto capitale ai nuovi soci. Chi ha acquistato azioni delle imprese che si trovano nello stato 2 subirà una perdita in conto capitale poichè il valore delle azioni scenderà a:160x0,3922 = 62,75. In questo caso i vecchi azionisti riescono a scaricare la maggior parte delle perdite in conto capitale sui nuovi soci, infatti il valore delle vecchie azioni sarà: 160x0,6078 = 97,25.

In entrambi questi esempi i vecchi azionisti delle imprese che si trovano nello stato 1 subiscono dei costi; nel primo caso devono rinunciare a realizzare un investimento redditizio, nel secondo invece, realizzano l'investimento ma devono dividere con i nuovi soci una parte dei guadagni in conto capitale. Questi costi sarebbero evitati se le imprese potessero finanziarsi mediante autofinanziamento o indebitamento.

Rivediamo i due esempi supponendo che le imprese dispongano di contante pari a 100, sufficiente a finanziare l'investimento; in entrambi i casi le imprese che si trovano nello stato 1 realizzeranno l'investimento. Se valgono i valori del primo esempio, un'impresa che si trova nello stato 1 e che non realizza l'investimento varrà in t+1, 250 (150 che corrisponde al valore dell'impresa in t+1, più il valore del contante pari a 100); se invece realizzasse l'investimento varrebbe in t+1, 270 (150 più 120 che corrisponde all'incremento di valore dell'impresa dovuto all'investimento). In questo caso non avendo emesso nuove azioni, tutto il guadagno in conto capitale viene assorbito dai vecchi azionisti.

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In corrispondenza dei valori del secondo esempio, un'impresa che si trova nello stato 1 avrà convenienza a finanziare l'investimento con autofinanziamento, piuttosto che con emissione di nuove azioni. Infatti il valore delle vecchie azioni in t+1 sarà 350 (pari a 150 più 200 che corrisponde all'incremento di valore dell'impresa dovuto alla realizzazione dell'investimento), contro un valore di 250 se non si fosse realizzato l'investimento (150 più 100 pari al contante).

Se l'impresa non disponesse di fondi propri, avrebbe convenienza ad indebitarsi. In base ai dati del primo esempio, se l'impresa potesse indebitarsi, il valore delle vecchie azioni in t+1 sarebbe pari a 170 (270 che corrisponde al valore dell'impresa in t+1 meno il valore del debito che è pari a 100), mentre se non realizzasse l'investimento questo valore sarebbe pari a 150. Se valessero i dati del secondo esempio, in t+1 il valore delle vecchie azioni, nel caso in cui l'impresa che si trova nello stato 1 investa indebitandosi, sarà pari a 250 (Il valore dell'impresa 350 meno quello del debito che è pari a 100).

Questi esempi mostrano che, se esiste la possibilità di indebitarsi, le imprese non hanno nessuna convenienza ad emettere azioni. In entrambi gli esempi è più conveniente per le imprese che si trovano nello stato 1 indebitarsi. Le imprese che si trovano nello stato 2 potrebbero emettere azioni per finanziare l'investimento, ma non riuscirebbero ad ottenere nessun vantaggio poichè il mercato le identificherebbe immediatamente e quindi attribuirebbe loro il valore corretto. In base ai nostri esempi il mercato attribuirebbe immediatamente a queste imprese un valore pari a 160; i vecchi azionisti di queste imprese riuscirebbero ad ottenere un vantaggio dall'emissione di azioni solo se il mercato sopravvalutasse il valore dell'impresa.

Myers e Majluf concludono, che l'emissione di azioni segnala il cattivo stato dell'impresa. Per questa ragione anche le imprese in difficoltà evitano di emettere azioni perchè questa decisione potrebbe provocare una caduta del valore di mercato delle azioni. I NK hanno dato molta rilevanza a questa conclusione che permette loro di sottolineare la forte dipendenza delle imprese dai finanziamenti bancari1

1Si vedano: B.Greenwald, J.Stiglitz, A.Weiss, 1984; B.Greenwald, J.Stiglitz 1990, 1993;J.Stiglitz, B.Greenwald 1992; J.Stiglitz 1993.

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2. Le implicazioni macroeconomiche Le considerazioni sviluppate nei paragrafi precedenti hanno

implicazioni rilevanti per quanto riguarda la descrizione degli effetti della politica monetaria. Se il credito bancario diventa la fonte prevalente di finanziamento delle imprese, la disponibilità di credito costituisce una condizione necessaria per la realizzazione degli investimenti. In questo caso gli effetti della politica monetaria potrebbero trasmettersi attraverso il controllo del credito piuttosto che mediante la manovra del tasso di interesse.1 Generalmente per definire un 'lending channel' si considera necessario eliminare, non soltanto la condizione di perfetta sostituibilità, ma anche quella di endogenità dell'offerta di credito. Un 'lending channel' potrebbe essere definito soltanto se si suppone che le autorità monetarie controllino l'offerta di credito. Ad esempio A.Kashyap, J.Stein sostengono:

"The Federal Reserve must be able, by changing the quantity of reserve available to the banking system, to affect the supply of intermediated loans. That is, the intermediary sector as a whole must not be able to completely insulate its lending activities from shocks to reserves either by swithching from deposits to less reserve-intensive forms of finance (e.g. commercial paper, equity, ecc.) or by paring its net holdings of bonds."2

2.1 Il modello Romer-Romer

1B.Greenwald, J.Stiglitz affermano: "Keynes sosteneva che la determinante principale del livello degli investimenti, con un dato insieme delle aspettative, era il tasso di interesse. Nella nostra teoria è la disponibilità di credito in certi periodi ciò che determina principalmente il livello degli investimenti." (B.Greenwald, J.Stiglitz 1992, pp. 39-402A.Kashyap, J.Stein 1993, p.8

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La caratteristica che distingue questo modello consiste nel mostrare che i due meccanismi di trasmissione sono alternativi e non possono funzionare insieme come succede, invece, nel modello Bernanke-blinder.

Il modello elaborato da C.Romer, D.Romer (1990) assume che le banche possano emettere oltre ai depositi (D), certificati di deposito (CD) sui quali non grava alcun obbligo di riserva. Si ipotizza inoltre che l'unica attività delle banche, al netto delle riserve, sia costituita dal credito alle imprese che non hanno altri mezzi di finanziamento. I possessori di ricchezza possono accumulare oltre ai depositi, i titoli emessi dal settore pubblico e i CD che vengono considerati perfetti sostituti dei titoli pubblico; rb indica indifferentemente il tasso sui titoli e quello sui CD. Il modello è caratterizzato dalle seguenti equazioni:

1) M = (1/qk)BM

2) M = M(Y; rb)

3) I = I(rL)

4) rL = r(rb)

5) Y =f(I)

6) L = L(I)

7) L + BM = CD + M Le prime due equazioni descrivono il mercato della moneta: la 1)

definisce la quantità di moneta in funzione dello stock di base monetaria controllato dalla banca centrale; la 2) definisce l'equilibrio tra domanda e offerta di moneta. Gli investimenti dipendono dal tasso sui prestiti bancari (rL) poichè il credito bancario costituisce l'unica fonte di finanziamento delle imprese (eq. 3). La 4) riflette il comportamento delle banche: si assume che esse fissino il tasso sui prestiti in funzione del costo dei certificati di deposito pari a rb. Le equazioni 6) e 7) descrivono il mercato del credito; la 6) definisce la

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domanda di credito in funzione degli investimenti e la 7) specifica l'offerta di credito partendo dal vincolo di bilancio delle banche. Dato lo stock di base monetaria il sistema determina le seguenti incognite: M, rL, rb, Y, I, L, CD.

Le grandezze reali sono determinate dal sottosistema costituito dalle prime cinque equazioni che descrive i mercati della moneta e dei beni; il mercato del credito non ha alcuna influenza sulle grandezze reali, il sistema bancario adegua l'offerta di credito alla domanda mediante la variazione dei certificati di deposito. In questo sistema la non neutralità della moneta è legata alla sua funzione di fondo di valore; una variazione della propensione alla liquidità modifica il tasso sui titoli, e quindi quello sui prestiti, influenzando le decisioni di investimento. In questo modello che ha una struttura analoga allo schema IS-LM, moneta e credito non sono grandezze coincidenti; la moneta è una grandezza esogena, controllata dalla banca centrale, mentre il credito è una grandezza endogena poichè le banche possono adeguarne l'offerta alla domanda mediante l'emissione di certificati di deposito.

Le caratteristiche di questo modello cambiano in modo radicale se si assume che il vincolo di riserva si estenda anche ai certificati di deposito. In questo caso lo stock di base monetaria determina l'ammontare del credito bancario, infatti risulta:

a) BM = qk(M + CD)

Considerando il vincolo di bilancio delle banche, si ottiene:

b) L = (1/qk - 1)BM

Avremo quindi, il seguente modello:

1) L = (1/qk - 1)BM

2) L = I(rL)

3) Y = f(I(rL))

4) rb = rb(rL )

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5) M = M(Y; rb)

6) M + CD = L + BM

Le prime tre equazioni mettono in rilievo la relazione tra disponibilità di credito e reddito; lo stock di credito, definito in funzione della base monetaria (eq. 1) condiziona il livello degli investimenti e del reddito (eq. 2, 3). La 4) definisce la relazione tra tassi bancari attivi e passivi; la 5) determina la domanda di moneta che viene soddisfatta dal sistema bancario grazie alla variazione dell'offerta di CD (eq. 6). Questo modello riproduce i risultati dell'analisi di Modigliani, Papademos: gli effetti della presenza della moneta sulle grandezze reali non sono legati alla sua funzione di fondo di valore, ma a quella di mezzo di pagamento.

Questi esempi mostrano che l'endogenità del credito può togliere rilevanza al problema del finanziamento degli investimenti; in un mondo in cui l'offerta di credito si adegua alla domanda, le decisioni di investimento non sono vincolate dalla disponibilità di liquidità.

Questa conclusione, apparentemente ineccepibile, solleva alcune obiezioni. Diversi postkeynesiani riconoscono che le banche pur non avendo vincoli quantitativi all'offerta di credito, potrebbero razionare i finanziamenti allle imprese che non rispettano i vincoli di solvibilità da esse definiti.1 Recentemente i Nuovi Keynesiani hanno sottolineato che variazioni del tasso di interesse possono modificare la quantità di credito offerta dalle banche. Essi osservano che le banche possono vincolare l'ammontare del credito concesso alle imprese in base al

1M.Lavoie, sostiene: "In general, there will exist a fringe of unsatisfied borrowers, who cannot get bank advances although they consider their projected activities to be profitable at the market rate of interest. What matters, however, is the opinion of their banker. ... A banker may refuse to finance a firm for, basically, two reasons. First, he may not believe the projects of the firm to be profitable at the administrated rate of interest on loans. The projects will thus not appear more profitable at a higher borrowing rate. Secondly, the potential customer may not fulfil the norms established for borrowing. In both of these cases the demand for loans is not effective. In contrast, if a firm is recognised as a credit-worthy borrower, the line of credit, granted to the firm usually covers much more than its normal needs. Credit becomes demand-determined. "(M.Lavoie 1992, p. 178)

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valore di determinate garanzie, del capitale netto o del cash-flow.1 In questo caso un aumento dei tassi ridurrà il credito offerto dalle banche poichè esso provoca una diminuzione del valore reale delle garanzie, e del cash flow.2

Anche l'analisi di H.Minsky , i cui aspetti più rilevanti verrano descritti nel capitolo successivo, costituisce un esempio significativo di come l'endogenità del credito non renda irrilevante l'analisi del rapporto tra banca e impresa.

2.2 Un modello con razionamento del credito

Il secondo esempio di analisi in cui si assume che il credito bancario sia l'unica fonte di finanziamento delle imprese, è costituito dai modelli che indicano la possibilità di equilibrio con razionamento sul mercato del credito. In questi modelli si configura una posizione di equilibrio in corrispondenza della quale una parte della domanda di credito non viene soddisfatta.

Queso risultato è incompatibile con la rappresentazione tradizionale del mercato del credito basata sulla costruzione di una funzione di domanda monotòna decrescente rispetto al tasso di interesse e di una funzione di offerta monotòna crescente. Com'è noto3, l'analisi tradizionale si basa sull'ipotesi secondo cui la qualità del bene scambiato (la rischiosità del prestito), non varia al mutare del prezzo (del tasso di interesse). Akerlof ha mostrato, prendendo come riferimento il mercato delle auto usate, che in presenza di imperfetta informazione vengono scambiate sullo stesso mercato beni di differente qualità, e che la loro qualità media varia direttamente 1si vedano: M.Gertler 1993; 1994; R.Hubbard 1994; M.Gertler, S.Gilchrist 1993; A.Kashyap, J.Stein 1994; B.Bernanke, M.Gertler 1995; B.Bernanke, M.Gertler, S.Gilchrist 1994.2"Suppose that monetary policy raises short-term interest rates and that this produces an initial decline in demand. Both the rise in interest rates and the decline in demand weaken borrower balance sheet. Both asset values and cash-flow after interest payments decline. For ... those borrowers for whom collateral is most likely a key factor in access to credit, the term of external finance tighten."(M.Gertler 1994, p.133); si veda anche: B.Bernanke, M.Gertler, 1995. 3Si vedano, ad esempio: G.Akerlof 1970, J.Stiglitz 1987.

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rispetto al prezzo. In questo caso, la funzione di domanda di auto usate non sarà necessariamente monotòna decrescente.

Stiglitz e i suoi collaboratori hanno applicato la stessa analisi al mercato del credito. J.Stiglitz, A.Weiss (1990) sottolineano che in un mondo in cui esiste perfetta informazione il prezzo diventa l'elemento che garantisce l'equilibrio tra domanda e offerta. Se invece, a causa di imperfetta informazione le banche non sono in grado di distinguere i debitori in relazione alla loro rischiosità, il prezzo perde la sua capacità di fungere da meccanismo di equilibrio,1 in quanto la qualità del prestito varia al variare del prezzo.2 In questa situazione il prezzo non garantisce, in generale, l'equilibrio tra domanda e offerta poichè le banche, di fronte ad un eccesso di domanda di credito possono non aver convenienza ad incrementare il tasso di interesse poichè ciò potrebbe provocare una caduta dei profitti attesi, a causa dell'incremento della rischiosità.3 Questo può portare ad un equilibrio con razionamento.4 In questo caso variazioni dell'offerta di credito provocherebbero modificazioni nella stessa direzione, del flusso degli investimenti a parità del tasso di interesse.5 Questo risultato costituisce 1"... in economies characterized by the information imperfections with which we have been concerned here, the price system, may well not serve the information-equilibrating role assigned to it by conventional theory.."J.Stiglitz, A.Weiss (1990), p. 102.2"... there may be systematic reasons for suspecting that those who are willing to offer to pay the highest interest rate are not among the best credit risks.... among those who are most likely to bid high interest rates are risk lowers (who are willing to undertake very risky projects, with a small probability of success, but high returns if successful), optimists (who overstimate the probability of projects succeeding and the return if succesful); and crooks (who, because they do not plan to pay back the money anyway, are virtually indifferent to the interest rate which they 'promise')."J.Stiglitz, A.Weiss (1990), p. 96.3"As a consequence, as the bank raises the rate of interest, there is an adverse selection effect; the mix of loan changes adversely, so much so that the expected return from those receiving loans may actually decrease as the interest rate charged increased. And there may be an adverse incentive effect: borrowers take riskier actions, which increases the probability of default. The relation between the interest rate charged and the expected return per dollar loaned may not be monotonic."(J.Stiglitz, A.Weiss 1990, p. 97)4Si vedano: J.Stiglitz, A.Weiss 1981, 1990, 1992; A.Blinder, J.Stiglitz 1983; A.Blinder 1987; J.Stiglitz 1987; 1991; B.Greenwald, J.Stiglitz 1987; 1990; 1992. D.Jaffee, J.Stiglitz 1991. 5"... in a rationing equilibrium, to the extent that monetary policy succeds in shifting the supply of funds, it will affect the level of investment, not through the

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una significativa illustrazione di quanto affermato da Keynes nella replica ad Ohlin circa la possibilità che gli investimenti vengano condizionati dalla disponibilità di liquidità.

Supponiamo, per semplicità, che il sistema bancario sia composto da un'unica banca la quale può fissare il tasso di interesse al quale concedere credito. I NK dimostrano che in presenza di asimmetrie informative la banca può non avere convenienza a fissare il tasso di interesse al livello al quale domanda ed offerta coincidono. Questa conclusione si spiega con il fatto che l'aumento del tasso di interesse provoca un processo di 'selezione avversa' delle imprese; solo quelle con i progetti più rischiosi sono disposte a pagare tassi di interesse più elevati. Al crescere del tasso di interesse peggiora la 'qualità' dei crediti in quanto aumenta la probabilità di fallimento delle imprese. Può quindi succedere, che per valori più elevati del tasso di interesse diminuisca il rendimento atteso della banca poichè gli effetti dell'aumento del tasso sono più che compensati dall'incremento della probabilità di fallimento delle imprese.

La figura 10 descrive l'equilibrio sul mercato del credito in presenza di asimmetrie informative. Sulle ordinate è indicato il tasso sui prestiti -rL-, nel quadrante di destra è riportata la funzione di domanda di credito inclinata negativamente rispetto al tasso di interesse. Sul quadrante di sinistra è indicata la relazione tra -rL- e il tasso di profitto atteso dalle banche; per valori molto bassi di -rL- un incremento del tasso provoca un aumento del tasso di profitto atteso poichè il peggioramento della qualità dei crediti è piuttosto contenuto. Al crescere di -rL- però, prevarranno gli effetti della selezione avversa, e il rendimento atteso si riduce. La banca, assumendo che sia indifferente al rischio, fisserà il tasso di interesse al livello -rL*-.

L'esistenza o meno di un fenomeno di razionamento in corrispondenza di -rL*- dipende dalle ipotesi relative all'offerta di credito. Se si assume che l'offerta di credito sia vincolata dalle decisioni delle autorità monetarie, si avrà razionamento se al tasso -rL*- l'offerta sarà inferiore alla domanda. Questa è la situazione rappresentata nella figura 10; la banca non ha convenienza ad aumentare il tasso di interesse portandolo a -rL1- poichè ciò provocherebbe una riduzione del tasso di profitto atteso.

interest rate mechanism, but rather through the availability of credit. (J.Stiglitz, A.Weiss 1981, p. 49; si veda anche: B.Greenwald, J.Stiglitz 1990)

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E' facile dedurre le implicazioni riguardanti gli effetti della politica monetaria; in presenza di razionamento la manovra della base monetaria influenza l'offerta di credito, e corrispondentemente le decisioni di investimento delle imprese, a parità di tasso sui prestiti. Una politica espansiva sposta a destra la funzione di offerta di credito; la banca al tasso -rL*- soddisferà un maggior numero di richieste di finanziamento. Al contrario, una politica restrittiva accentua il razionamento del credito. Gli effetti della politica monetaria si trasmettono mediante un meccanismo fondato sulla 'disponibilità di credito' piuttosto che sui tassi di interesse; questo punto è sottolineato con forza dai NK. In J.Stiglitz, A.Weiss si legge:

"... in a rationing equilibrium, to the extent that monetary policy succeeds in shifting the supply of funds, it will affect the level of investment, not through the interest rate mechanism, but rather through the availability of credit."1

1J.Stiglitz, A.Weiss 1981, p.409. Questa conclusione è ribadita in numerosi lavori successivi; si vedano ad esempio: A.Blinder, J.Stiglitz 1983; A.Blinder 1987; J.Stiglitz 1987, 1991; B.Greenwald, J.Stiglitz 1987, 1990, 1992; D.Jaffee, J.Stiglitz 1991; J.Stiglitz, A.Weiss 1992. Questa conclusione è messa in rilievo anche da autori italiani; ad esempio: G.Pittaluga 1987, 1991. Secondo M.Franzini, M.Messori l'analisi dei NK costituisce un miglioramento della teoria keynesiana: "... sostituendo al tasso di interesse il razionamento della domanda sul mercato del credito la 'nuova economia keynesiana' perviene ad una giustificazione più robusta dei nessi causali fra aspetti monetari e aspetti 'reali'..."(M.Franzini, M.Messori 1991, p.54). Il miglioramento consiste nell'eliminazione dell'interdipendenza tra settore monetario e settore reale che caratterizza lo schema IS-LM e che ha permesso, come è stato sottolineato in L.Pasinetti 1974, l'assorbimento della teoria di Keynes in una visione neoclassica del funzionamento del sistema economico.

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E(PB) L

rL

rL1

rL*

FIGURA 10

Per spiegare queste conclusioni consideriamo il seguente esempio tratto da Stiglitz 1987. Supponiamo che esistano due gruppi di imprese che si differenziano per il diverso grado di rischio dei progetti di investimento. Le imprese che appartengono al primo gruppo intendono realizzare un progetto di investimento che produce due risultati:

SUCCESSO Rs1 = 122,22 p1 = 0,9INSUCCESSO Rf2 = 0 1-p1 = 0,1

Le imprese che appartengono al secondo gruppo si propongono di realizzare investimenti più rischiosi, cioè progetti che presentano una maggior probabilità di fallimento e che in caso di successo, permettono di ottenere un maggiore risultato:

SUCCESSO Rs2 = 130 p2 = 0,8INSUCCESSO Rf2 = 0 1-p2 = 0,2

Supponiamo inoltre che la realizzazione degli investimenti di entrambi i gruppi richieda un finanziamento B pari a 100. Si deve spiegare: 1) a quali condizioni le imprese decidono di realizzare l'investimento e quindi di domandare un finanziamento pari a 100; 2) a quali condizioni la banca concede credito alle imprese. Cominciamo

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a descrivere il comportamento delle imprese. L'impresa che chiede un finanziamento pari a B si impegna a restituire alla banca alla scadenza fissata, lo stesso importo aumentato dell'interesse: (1 + r)B. Supponiamo che la durata del contratto sia pari ad una unità di tempo e che in questo periodo l'investimento produca i suoi risultati. Alla scadenza del contratto l'impresa sarà in grado di restituire il prestito soltanto in caso di successo; nel caso di insuccesso il risultato dell'investimento sarà pari a zero e quindi la banca perderà tutto il capitale investito.

Il profitto dell'impresa avrà due risultati possibili; per un'impresa del primo gruppo risulterà:

SUCCESSO P = Rs1 - (1+r)B p = p1INSUCCESSO P = 0 p = 1- p1

Il valore atteso del profitto di un'impresa del primo gruppo sarà:

E(P) = p1(Rs1 - (1+ r)B) + (1 - p1)0 = p1(R1 - (1+ r)B)

All'impresa converrà investire se il valore atteso dei profitti è maggiore di zero. Dati Rs1 e B, E(P) dipende da -r-. Il valore di -r- in corrispondenza del quale il profitto atteso è pari a zero sarà: Rs1 - (1 + r)B = 0; quindi: r = Rs1/B - 1. Per le imprese del primo gruppo risulterà: r = 122,22/100 - 1 = 22,22%. Le imprese del primo gruppo effettueranno l'investimento solo se la banca chiederà loro un tasso di interesse inferiore al 22,22%. Per le imprese del secondo gruppo il tasso di interesse che corrisponde ad un valore atteso dei profitti pari a zero sarà: r = Rs2/B - 1 = 130/100 - 1 = 30%

Queste imprese effettueranno gli investimenti se otterranno tassi di interesse inferiori al 30%. Possiamo osservare che per tassi di interesse compresi tra il 22,22% e il 30% solo le imprese del secondo gruppo sono disposte a domandare credito; solo le imprese più rischiose sono disposte a pagare tassi di interesse più elevati. La ragione di questa conclusione sta nel fatto che l'impresa paga l'interesse alla banca solo in caso di successo.

Questo esempio ci permette di ottenere due risultati: 1) il credito domandato dalle imprese è una funzione inversa rispetto al tasso di interesse; per -r- inferiore al 22,22% domandano credito le imprese di entrambi i gruppi; per -r- compreso tra il 22,22% e il 30% si

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indebitano soltanto le imprese del secondo gruppo. 2) la 'qualità' dei crediti cambia al variare del tasso di interesse; al crescere di -r- aumenta la rischiosità dei prestiti. Per valori di -r- superiori al 22,22% domandano credito solo le imprese del secondo gruppo che hanno una maggior probabilità di fallimento.

Descriviamo il comportamento della banca distinguendo due casi: 1) nel primo caso si suppone che la banca sia in grado di riconoscere se un'impresa appartiene al primo gruppo o al secondo. In questo caso esiste perfetta informazione poichè la banca e le imprese hanno uguali informazioni sul grado di rischio del progetto di investimento; 2) nel secondo caso la banca non è in grado di riconoscere la rischiosità delle imprese; esiste asimmetria informativa, banca e imprese non hanno le stesse informazioni.

Si può dimostrare che nel caso di perfetta informazione alla banca conviene applicare due tassi diversi ai due gruppi di imprese. La banca sa che quando presta a imprese del primo gruppo potrà ottenere due risultati:

SUCCESSO RBs = rB p = p1INSUCCESSO RBf = - B p = (1- p1)

Quindi il profitto atteso della banca sarà:

E(PB) = p1rB + (1- p1)(- B) = (p1(1+ r) - 1)B

Il tasso atteso di profitto sarà: E(PB)/B = p1(1+ r) - 1Il tasso atteso di profitto è una funzione crescente di -r-; si avrà un

tasso atteso di profitto pari a zero in corrispondenza di: r = 1/p1 - 1. Considerando i valori dell'esempio risulterà: r = 1/0,9 - 1 = 11,11%. La banca non presterà alle imprese del primo gruppo a tassi inferiori all'11,11%. Sappiamo inoltre, che il tasso massimo che la banca potrà applicare a queste imprese è pari al 22,22%; essa avrà convenienza ad applicare il tasso massimo ottenendo un valore del tasso di profitto atteso pari a:

E(PB)/B = p1(1 + r) - 1 = 0,9(1 + 0,2222) - 1 = 10%

Il tasso minimo che la banca applicherà alle imprese del secondo gruppo sarà: r = 1/p2 - 1 = 1/0,8 - 1 = 25%

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Mentre il tasso massimo sarà pari al 30%; a questo tasso il profitto atteso sarà:

E(PB)/B = p2(1 + r) - 1 = 0,8(1 + 0,3) - 1 = 4%

Possiamo concludere che in caso di perfetta informazione:1) la banca applicherà tassi differenti in relazione al rischio; 2) dati i valori dell'esempio, la banca soddisferà prima la domanda di credito del primo gruppo di imprese e poi quella del secondo gruppo.

Consideriamo le conseguenze dell'asimmetria informativa. In questo caso la banca non è in grado di riconoscere la rischiosità dei progetti di investimento, quindi non può applicare tassi differenziati. In base al nostro esempio possiamo osservare: a) che la banca non applicherà tassi inferiori all'11,11% poichè per valori così bassi il tasso di profitto atteso è inferiore a zero anche per i prestiti più sicuri; b) che il tasso massimo che potrà essere applicato è pari al 30%; in corrrispondenza di valori più elevati nessuna impresa domanderà credito.

Per definire la scelta della banca supponiamo che essa sia indifferente al rischio e quindi scelga in base al solo valore del rendimento atteso. Non è detto che alla banca convenga applicare il tasso più elevato; ad un tasso del 30% domandano credito solo le imprese del secondo gruppo ed il profitto atteso dalla banca sarà pari al 4%. Potrebbe essere più conveniente per la banca applicare un tasso inferiore.

Ad un tasso del 22,22% la banca presta alle imprese del primo gruppo, con un profitto atteso del 10% e a quelle del secondo gruppo, rispetto alle quali il rendimento atteso è negativo poichè, come si è visto, il tasso atteso di profitto su questi prestiti sarà maggiore di zero solo per tassi di interesse superiori al 25%.

Può darsi che alla banca convenga scegliere questo tasso se è maggiore il peso delle imprese del primo gruppo rispetto a quelle del secondo. Per risolvere questo problema dobbiamo definire l'espressione del profitto atteso delle banche; per tassi superiori al 22,22% questa espressione coincide con quella già vista nel caso di perfetta informazione poichè solo le imprese del secondo gruppo domandano credito. Per r minore o uguale al 22,22% invece, il profitto atteso delle banche sarà una media ponderata dei profitti attesi sui prestiti accordati ai due gruppi.

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Indichiamo con -v- il saggio di profitto atteso dalla banca; -v1- indica il saggio di profitto relativo ai prestiti alle imprese del primo gruppo, -v2- quello relativo alle imprese del secondo gruppo. Sappiamo che per valori di -r- compresi tra 22,22% e 30%, risulta: v=v2

Per -r- uguale o inferiore al 22,22% risulterà:v = v1Q1 + v2Q2Q1 e Q2 indicano rispettivamente la quota delle imprese del

primo gruppo e del secondo. Possiamo scrivere:

v = Q1(p1(1 + r) - 1) + Q2(p2(1 + r) - 1) = (Q1p1 + Q2p2)(1+ r) - (Q1 + Q2)

Poichè risulta: Q1 + Q2 = 1, avremo:

v = (Q1p1 + Q2p2)(1 + r) - 1

Possiamo definire il valore di -r- in corrispondenza del quale v=0; è il valore che soddisfa: (Q1p1 + Q2p2)(1+r) - 1 = O. Sarà quindi:

r = 1/(Q1p1 + Q2p2) - 1.

Considerando il nostro esempio, aggiungiamo ai valori già noti quelli delle quote Q1 e Q2; supponiamo siano: Q1 = 0,8; Q2 = 0,2.

Possiamo quindi ottenere: r = 1/(0,8x0,9 + 0,2x0,8) - 1 = 13,6%La banca non concede crediti a tassi inferiori al 13,6%Consideriamo come varia il saggio di profitto atteso dalle banche

al variare di -r-. Per r=22,22% domandano prestiti le imprese del primo e del secondo gruppo, quindi risulterà: v = (0,8x0,9 + 0,2x0,8)(1 + 0,2222) - 1 = 7,55% Per valori di -r- più elevati le imprese del primo gruppo non domanderanno più credito; il valore massimo del profitto atteso quando la banca presta al secondo gruppo di imprese è quello corrispondente ad un tasso del 30%. In questo caso sappiamo che risulta: v = 0,8(1+0,3) - 1 = 4%

I valori di questo esempio mostrano che in presenza di asimmetria informativa il saggio di profitto atteso dalla banca non è una funzione monotòna crescente del tasso di interesse. La figura 11 rappresenta la relazione tra -v- e -r- che corrisponde ai valori del nostro esempio. Per r<13,6% il saggio atteso di profitto è minore di zero. Per valori di -r- compresi tra il 13,6% e il 22,22% -v- è una funzione lineare crescente

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di -r-. Per valori di -r- superiori al 22,22% solo le imprese del secondo gruppo domandano credito; sappiamo che per r<25% il saggio di profitto atteso sarà inferiore a zero, mentre per r =30% avremo: v=4%.

Da questo esempio si rileva che la banca non ha convenienza ad applicare il tasso di interesse più elevato. La figura 12 mostra come in questo caso, si possa arrivare ad una situazione di razionamento del credito.

Sulle ordinate è indicato il tasso di interesse applicato dalla banca, sul quadrante di sinistra il saggio di profitto atteso e su quello di destra, la domanda di credito.

Sappiamo che la banca applicherà tassi compresi tra il 13,6% e il 30%. Per r =22,22% domandano credito sia le imprese di entrambi i gruppi; Ld = LdA; per r=30% soltanto le imprese del secondo gruppo, quindi LdB<LdA. Si determinerà una situazione di razionamento del credito se al tasso di interesse che massimizza il saggio di profitto atteso delle banche, l'offerta di credito sarà inferiore alla domanda. In presenza di un vincolo di riserva, l'offerta di credito della banca dipende dallo stock di base monetaria. Se al tasso del 22,22% l'offerta di credito fosse inferiore alla domanda la banca razionerà il credito. Non le converrà aumentare il tasso di interesse poichè essa sa che questo provocherà una riduzione del saggio di profitto atteso e del rischio.

FIGURA 11

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E(PB) 7,5 4 13,6

22,22

30r Ls

LdALdB

FIGURA 12

BIBLIOGRAFIA

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