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Ing. Raffaele Poidomani Viale Maria Zanotti, n. 3/S – 40026 Imola (BO) Tel. 0542 626024 – 051 228927 – 340 5776284 Email: [email protected] [email protected] Nota informativa sulle norme per la sicurezza nelle attività estrattive febbraio 2004 - 1 -

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Nota informativa sulle norme per la sicurezza nelle attività estrattive

febbraio 2004

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Documento informativo sulle norme di sicurezza nelle attività estrattive e sulle responsabilità delle figure preposte alla gestione

della sicurezzaPremessa

Parlare di sicurezza sul lavoro è di fondamentale importanza in quanto è la premessa per:- fare una buona ed efficace prevenzione;- ampliare la cultura della sicurezza che soffre di una carenza ingiustificata e dare una

dimensione culturale e umana al lavoro;- migliorare la società in cui viviamo;- acquisire una consapevolezza più profonda dei valori umani;- rispettare il lavoro svolto.

La sicurezza è motivata da:

- ragioni morali: nessuno deve subire danni o lesioni nello svolgimento del proprio lavoro;- ragioni sociali: il danno del singolo è un danno per la collettività;- ragione economiche: ogni infortunio è un costo sia per l’azienda che per la collettività;- dettato costituzionale: la Costituzione afferma il diritto alla salute e la dignità del lavoro;- Legge: stabiliscono precisi obblighi e responsabilità in tema di sicurezza e salute sul lavoro.

Cenno sulle norme amministrative nel settore estrattivo

Il settore estrattivo in Italia è stato oggetto di notevole interesse da parte del legislatore, sia nazionale che regionale, per il significato economico delle attività minerarie, per l'incidenza delle attività sul territorio e per i particolari problemi di tutela, con riferimento sia ai lavoratori, sia ai terzi eventualmente interessati.

In effetti, le norme generali di prevenzione infortuni del 1955 gli hanno riconosciuto una sua specificità escludendo l’applicazione di dette norme all’attività mineraria e provvedendo ad una regolamentazione specifica.

Le differenti tipologie estrattive, di cava e di miniera, così individuate nel 1927 dal legislatore stesso in funzione dell'importanza economica de minerale estratto, hanno peraltro subito, dal punto di vista amministrativo, attenzioni diverse da parte dello Stato e delle regioni, in funzione del riparto di competenze stabilito dall'art. 117 della Costituzione.art. 117, cost. 117. La Regione emana per le seguenti materie norme legislative nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato, sempreché le norme stesse non siano in contrasto con l'interesse nazionale e con quello di altre Regioni: ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi dipendenti dalla Regione; circoscrizioni comunali; polizia locale urbana e rurale; fiere e mercati; beneficenza pubblica ed assistenza sanitaria ed ospedaliera; istituzione artigiana e professionale e assistenza scolastica; musei e biblioteche di enti locali; urbanistica; turismo ed industria alberghiera;

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tranvie e linee automobilistiche di interesse regionale; viabilità, acquedotti e lavori pubblici di interesse regionale; navigazione e porti lacuali; acque minerali e termali; cave e torbiere; caccia; pesca nelle acque interne; agricoltura e foreste; artigianato. Altre materie indicate da leggi costituzionali. Le leggi della Repubblica possono demandare alla Regione il potere di emanare norme per la loro attuazione.

Le miniere, ai sensi dell'art. 826 del Codice Civile, fanno parte del patrimonio indisponibile dello Stato e le relative competenze, autorizzative e di vigilanza, risultano in parte in capo al Ministero delle Attività Produttive ed in parte, a seguito del D. L.gs 31 marzo 1998 n 112, alle Regioni, mentre le cave sono lasciate in disponibilità del proprietario del suolo e le specifiche competenze sono esercitate dalle regioni.art. 826, c.c. 826. Patrimonio dello Stato, delle province e dei comuni (1). I beni appartenenti allo Stato, alle province e ai comuni, i quali non siano della specie di quelli indicati dagli articoli precedenti, costituiscono il patrimonio dello Stato o, rispettivamente, delle province e dei comuni. Fanno parte del patrimonio indisponibile dello Stato le foreste che a norma delle leggi in materia costituiscono il demanio forestale dello Stato (2), le miniere (3), le cave e torbiere (4) quando la disponibilità ne è sottratta al proprietario del fondo (c. 840), le cose d'interesse storico, archeologico, paletnologico, paleontologico e artistico, da chiunque e in qualunque modo ritrovate nel sottosuolo, i beni costituenti la dotazione della presidenza della Repubblica (cost. 843) , le caserme, gli armamenti, gli aeromobili militari (nav. 745) e le navi da guerra (5). Fanno parte del patrimonio indisponibile dello Stato o, rispettivamente, delle province e dei comuni, secondo la loro appartenenza, gli edifici destinati a sede di uffici pubblici, con i loro arredi, e gli altri beni destinati a un pubblico servizio (6).

La legislazione nazionale in tema di miniere è ancora incentrata sul R.D. 29 luglio 1927, n. 1443, Norme di carattere legislativo per disciplinare la ricerca e la coltivazione delle miniere, che, salvo lievi aggiustamenti nel corso degli anni, è tuttora uno strumento valido di gestione del patrimonio minerario statale. I maggiori aggiornamenti legislativi hanno riguardato l’attività mineraria di ricerca e coltivazione degli idrocarburi liquidi e gassosi e l’attività mineraria di stoccaggio.

Inoltre, sono stati introdotti provvedimenti di natura regolamentare che hanno riordinato i procedimenti amministrativi riguardanti i titoli minerari, concessioni e permessi di ricerca, con l'obiettivo di semplificare e rendere trasparente l'operato dell'Amministrazione statale, senza ledere i principi sostanziali stabiliti dal R.D. n. 1443/1927.

In materia di cave, invece, in assenza di una legge quadro nazionale, ogni regione ha legiferato in maniera indipendente, per cui risultano notevoli differenziazioni di norme relative alla medesima tipologia di attività estrattiva anche in regioni confinanti, con implicazioni di tipo economico sostanzialmente differenti e conseguente distorsione anche di elementari principi di concorrenza.

Per quanto riguarda i problemi di sicurezza la legislazione è rimasta unitaria, per le cave e le miniere. Si è avuta una differenziazione sull’organo di vigilanza preposto alle ispezioni, che nel caso della regione Marche è la Provincia. Ogni provincia, pertanto, ha individuato un ufficio in capo al quale ricade l’obbligo di attuare le norme di sicurezza.

La tutela della sicurezza e dell'igiene dei lavori nelle attività minerarie trova attuazione con il D.P.R. 9 aprile 1959, n. 128 e relativi aggiornamenti e integrazioni, provvedimento speciale rispetto alle norme generali vigenti. L’attuazione del decreto citato deve assicurare il regolare svolgimento dei lavori nel rispetto della sicurezza interna ed esterna e deve garantire il buon governo del giacimento Si tratta di una normativa emanata nel 1959, con alto contenuto tecnico, che può essere considerata ancora

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una buona legge come può dirsi anche della legge generale sulla prevenzione infortuni D.P.R. 547/55; molte indicazioni tecniche e procedurali conservano ancora la sua validità. Entrambe, di recente hanno subito una rivisitazione rispettivamente con i DD.L.gs 624/96 e 626/94 che, soprattutto, hanno introdotto nuove figure e ridefinito le responsabilità in capo alle figure preposte alla gestione della sicurezza con poche integrazioni tecniche.

Gli aggiornamenti sopraccennati nel campo della sicurezza ed igiene del lavoro sono stati messi in atto a seguito della emanazione da parte della Comunità Europea di specifiche direttive.

Le norme di riferimento per la sicurezza

Costituzione della Repubblica Italiana

Nell'articolo 1, oltre al richiamo di come deve essere governato il territorio italiano, viene indicato il lavoro come motore trainante del benessere e dell'avanzamento sociale.art. 1, cost. 1. L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.

All'art. 32 troviamo un altro fattore importantissimo da tutelare: la salute, non a caso si trova pochi articoli prima della tutela del lavoro ribadito all'articolo 35, anche perché un popolo malato ben poco può produrre.art. 32, cost. 32. La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.art. 35, cost. 35. La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni. Cura la formazione e l'elevazione professionale dei lavoratori. Promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad affermare e regolare i diritti del lavoro. Riconosce la libertà di emigrazione, salvo gli obblighi stabiliti dalla legge nell'interesse generale, e tutela il lavoro italiano all'estero.

All'art. 41 troviamo l’indicazione che nessun limite può essere imposto alla fantasia dell'imprenditore, lui è libero di scegliere le modalità produttive e l'organizzazione aziendale, purché le sue scelte non siano in contrasto "con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana", e visto che ormai le norme di legge hanno ben delineato cosa si intende per danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana vedremo che tali concetti sono attuali oggi come allora. Produzione si! Ma con l'impegno di salvaguardare quello che di più prezioso abbiamo.art. 41, cost. 41. L'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.

L'articolo 27 delinea la necessità che l'individuo stesso risponda allo Stato delle sue azioni compiute in contrasto al benessere sociale.art. 27, cost. 27. La responsabilità penale è personale. L'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva.

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Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Non è ammessa la pena di morte, se non nei casi previsti dalle leggi militari di guerra.

Infine l'art. 112 indica l'obbligatorietà dell'intervento del Pubblico Ministero, non la discrezionalità, ma la necessità che il suo intervento avvenga in modo quasi matematico.art. 112, cost. 112. Il pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale.

Spesso si preferisce correre dei rischi pur di mantenere un lavoro, alcuni imprenditori scelgono di contenere i costi di produzione limitando le misure di sicurezza o agendo in modo difforme alle leggi. Il danno più rilevante probabilmente non lo vedranno nemmeno, i lavoratori infortunati tornano al lavoro solo quando sono guariti, se questo è possibile, e il mercato del lavoro fa si che esistano sempre persone disponibili. Per questo motivo lo Stato deve intervenire a chiarire le azioni contro il proprio benessere. Non esistono giustificazioni alle migliaia di morti e ai milioni di infortuni, è una battaglia e, se perdiamo, tutti abbiamo da rimetterci qualche cosa, persino l'imprenditore che, fatta salva la giusta punizione in caso di responsabilità, si vedrà aumentare le spese per coprire la tutela degli invalidi che lui stesso ha generato

Codice civile

Il codice civile, delinea le linee di comportamento degli individui durante il loro vivere sociale, regolando principalmente quelle aree del vivere dove maggiormente c'è un possibile motivo di litigio: le persone e la famiglia, la successione, la proprietà, le obbligazioni, il lavoro e i diritti.

art. 1176, c.c. 1176. Diligenza nell'adempimento. Nell'adempiere l'obbligazione il debitore deve usare la diligenza del buon padre di famiglia. Nell'adempimento delle obbligazioni inerenti all'esercizio di un'attività professionale, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell'attività esercitata.Chiunque si trovi nella condizione di dover fare qualcosa per qualcun altro deve eseguirla nel migliore dei modi possibili, come un padre accudisce alla propria. Nel caso del lavoro, in cui troviamo un obbligo di prestazione da parte del lavoratore e un obbligo di retribuzione e di tutela da parte dell'imprenditore, ci deve essere un aumento di diligenza commisurata alla natura dell'attività esercitata, perché non si può misurare allo stesso modo l'attività svolta da un "calzolaio" con un progettista di strutture in cemento armato, con tutto il rispetto per la professione del calzolaio l'errore di uno o dell'altro possono avere effetti decisamente differenti. Il termine "buon padre di famiglia" può sembrare un po' antiquato, ma è un termine che ha una forte valenza giuridica. Nelle norme più attuali, ad esempio nel D.Lgs. 626/94, i legislatori hanno cercato sempre di più di dare forma a questo concetto come per l'art. 5 - obblighi dei lavoratori - e per l'art. 4 - obblighi del Datore di Lavoro, del Dirigente e del Preposto - che descrivono esattamente cosa deve essere fatto per avere un comportamento diligente.

art. 2050, c.c. 2050. Responsabilità per l'esercizio di attività pericolose. Chiunque cagiona danno ad altri nello svolgimento di un'attività pericolosa, per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, è tenuto al risarcimento, se non prova di avere adottato tutte le misure idonee a evitare il danno.Dato per scontato che qualsiasi attività può essere pericolosa per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati (il foglio di carta può provocare tagli se utilizzato impropriamente), nel caso in cui si è

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incolpati di aver provocato un danno, allora diventa indispensabile dimostrare la diligenza dell’operato con l'adozione di tutte le misure necessarie ad evitare il danno.

art. 2082, c.c. 2082. Imprenditore. È imprenditore chi esercita professionalmente un'attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi.Una definizione molto breve per individuare chi ha le massime responsabilità organizzative in un'azienda. La dizione "professionalmente" non lascia spazio a persone che vogliono fare in modo approssimativo l'attività di gestire altre persone, in particolar modo nella prevenzione degli infortuni. La mancanza di conoscenza delle regole che gestiscono questo ruolo corrisponde già di per sé una negligenza. Nel tempo, per l'aspetto di sicurezza sul lavoro, è stato necessario allargare le interpretazioni a "Datore di Lavoro" comprendendo, successivamente anche i ruoli delle Pubbliche Amministrazioni

art. 2087, c.c. 2087. Tutela delle condizioni di lavoro. L'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro.Questa è la norma fondamentale su cui poi si baserà tutta l’organizzazione del lavoro per la prevenzione degli infortuni. La responsabilità dell’organizzazione dell'azienda e del comportamento dei lavoratori nei confronti della tutela della salute, è dell'imprenditore. Chiaramente questa norma non esclude altre responsabilità in caso di infortuni, ma l'onere di dimostrare la propria estraneità ai fatti in questo caso è principalmente a carico dell'imprenditore, che deve dar prova di aver effettuato tutto quello che poteva essere svolto per prevenire gli infortuni e le malattie professionali.

art. 2104, c.c. 2104. Diligenza del prestatore di lavoro. Il prestatore di lavoro deve usare la diligenza richiesta dalla natura della prestazione dovuta, dall'interesse dell'impresa e da quello superiore della produzione nazionale. Deve inoltre osservare le disposizioni per l'esecuzione e per la disciplina del lavoro impartite dall'imprenditore e dai collaboratori di questo dai quali gerarchicamente dipende.In cambio della retribuzione concordata che l'imprenditore gli elargisce il "prestatore di lavoro" si fa carico di una obbligazione: il rispetto del contratto mediante la diligenza dello svolgimento del suo ruolo, tenendo in dovuto conto l'interesse dell'impresa e l'interesse nazionale. Nel contempo deve rispettare i superiori e agire secondo le loro direttive per la disciplina del lavoro. Spesso si omette di delineare correttamente i ruoli aziendali, creando situazioni di pericolo causati dalla disorganizzazione conseguente. Vi deve essere un giusto equilibrio fra la "nebulosità" dei ruoli e "l'eccessivo dettaglio", non posso dire integralmente ai lavoratori come svolgere la propria attività persino nei minimi particolari, ma non posso nemmeno tacerne i compiti fondamentali. Per la prevenzione degli infortuni sul lavoro procedure e analisi di attività devono essere direttamente proporzionali con il rischio che si affronta.

art. 2043, c.c. 2043. Risarcimento per fatto illecito. Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno.Un vecchio detto cita "chi sbaglia paga", più o meno in questo articolo è contenuta la stessa logica. È necessario delineare però cosa è uno sbaglio, e chi lo commette; l'articolo presente ci aiuta a dirimere questi dubbi. I fatti dolosi e colposi dettagliano cosa è uno sbaglio e sono indicati dalla normativa vigente. Una volta delineata la correlazione tra vittima e l'azione/omissione che ha condotto al danno abbiamo anche "chi" ha commesso lo sbaglio.

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Siccome le azioni dolose o colpose possono essere identificate durante un'inchiesta di tipo penale i responsabili si trovano a dover affrontare le spese di risarcimento del danno provocato oltre che la punizione prevista per il delitto commesso. Fortunatamente esistono delle formule assicurative che possono coprire una parte o tutte le spese di risarcimento, sollevando i previdenti almeno da questo problema. Una volta che una persona è stata condannata con un rito penale viene da pensare che le sue tribolazioni termino con il pagamento del debito nei confronti della società, mentre invece è a quel punto che la o le vittime possono intraprendere le azioni necessarie a ottenere il risarcimento del danno.

Codice penale

Il codice penale indica i comportamenti ritenuti contro la società, che portano un danno al vivere sociale e agli individui e che devono essere vietati per la salvaguardia del resto della popolazione.

art. 40, p. 40. Rapporto di causalità. Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se l'evento dannoso o pericoloso, da cui dipende l'esistenza del reato, non è conseguenza della sua azione od omissione. Non impedire un evento, che si ha l'obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo.Nella nostra disciplina giuridica il legislatore ha voluto tratteggiare con questo articolo la necessità di tre punti fondamentali per poter indicare un colpevole di un reato: l'esistenza di un evento dannoso o pericoloso, l'esistenza di una norma che descriva tale evento come reato e la prova di una correlazione diretta tra i fatti compiuti da un individuo e l'accadimento dell'evento; solo con queste tre caratteristiche possiamo avere un colpevole. Abbiamo già visto che nell'ambito della sicurezza sul lavoro l'imprenditore e i lavoratori sono soggetti a obblighi ben definiti, e ancor meglio definiti dalle norme specifiche, il mancato rispetto di questi obblighi da parte loro può corrispondere già a un reato se produce un evento pericoloso, in caso di danni a cose o, peggio a persone, la responsabilità è ancora più grave.

art. 43, p. 43. Elemento psicologico del reato. Il delitto: è doloso, o secondo l'intenzione, quando l'evento dannoso o pericoloso, che è il risultato dell'azione od omissione e da cui la legge fa dipendere l'esistenza del delitto, è dall'agente preveduto e voluto come conseguenza della propria azione od omissione; è preterintenzionale, o oltre l'intenzione, quando dall'azione od omissione deriva un evento dannoso o pericoloso più grave di quello voluto dall'agente; è colposo, o contro l'intenzione quando l'evento, anche se preveduto, non è voluto dall'agente e si verifica a causa di negligenza o imprudenza o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline. La distinzione tra reato doloso e reato colposo, stabilita da questo articolo per i delitti, si applica altresì alle contravvenzioni, ogni qualvolta per queste la legge penale faccia dipendere da tale distinzione un qualsiasi effetto giuridico.In questo articolo troviamo le caratteristiche "psicologiche" dei reati. Da un lato i reati commessi con azioni, od omissioni di azioni, provvedendo a tutto ciò che è necessario e agendo con volontà; un tipico esempio è una rapina. La seconda definizione invece ci evidenzia la possibilità di commettere un reato senza la volontà di commetterlo. Agendo con negligenza o imprudenza o imperizia una persona diventa responsabile dell'eventuale danno che la sua azione ha compiuto. Lo stesso vale per la non osservazione di leggi, regolamenti, ordini o discipline. Per l'ambito di cui trattiamo è semplice individuare esempi di possibili reati che rientrano nella seconda definizione, a partire dai progettisti che dall'art. 6 del D. Lgs. 626/94 devono conoscere i principi generali della prevenzione dagli infortuni e dalle malattie

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professionali, per finire con i ruoli più complessi previsti per i partecipanti all'attività produttiva di un'azienda.

art. 437, p. 437. Rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro. Chiunque omette di collocare impianti, apparecchi o segnali destinati a prevenire disastri o infortuni sul lavoro, ovvero li rimuove o li danneggia, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni. Se dal fatto deriva un disastro o un infortunio, la pena è della reclusione da tre a dieci anni.In questo articolo è evidente la necessità legislativa di individuare l'azione negativa nei confronti della società, per poi reprimerla con una punizione. Nel caso specifico viene indicata una colpa dei confronti della pubblica incolumità, oltre che del singolo individuo lavorante, e la relativa responsabilità per chiunque compia l'azione di omettere o rimuovere quanto richiesto per evitare infortuni sul lavoro o danni a persone.

Difficilmente riusciamo a proiettarci nelle reali responsabilità rimuovendo una barriera che ci dà fastidio o riducendo l'azione di un sistema di sicurezza per facilitarci il lavoro. Questo articolo ci delinea invece il reale peso che potrebbero avere le nostre azioni.

La sicurezza nelle attività estrattive

Al settore estrattivo è stata riconosciuta, dal legislatore, una sua specificità tanto da ritenere opportuno regolamentare la sicurezza e salute dei lavoratori con una norma specifica; infatti l’art. 2 del D.P.R. 547/55 recita:

“Le norme del presente decreto non si applicano, in quando la materia è regolata o sarà regolata da appositi provvedimenti:

a) all’esercizio delle miniere, cave e torbiere; ………….”Il provvedimento specifico è rappresentato dal D.P.R. n. 128/59 ed il campo di applicazione è

quello definito all’art. 1 del predetto decreto L’applicazione delle norme generali di prevenzione infortuni alle attività minerarie va

effettuata nel rispetto di quanto previsto negli artt. 2 e 3 del D.P.R. 128/59

Con l’adozione del decreto legislativo n. 277/91 in materia di rischi derivanti da esposizione, tra l'altro, al rumore e ad amianto durante il lavoro, del decreto legislativo n. 626/94 riguardante il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro e del D. Lgs. 624/96 riguardante la sicurezza e salute dei lavoratori nelle industrie estrattive a cielo aperto o sotterranee a seguito del recepimento di direttive comunitarie, sono state introdotte nell'ordinamento nazionale norme generali con significativi impatti applicativi anche per il settore estrattivo, innovando anche le tradizionali procedure amministrative fino ad allora adottate dagli organi di vigilanza, nonché introducendo un concetto prevenzionistico di tipo attivo a carico delle aziende.

Le norme, attraverso le quali viene attuata la sicurezza in campo minerario, sono diverse e trattano nel dettaglio tutti gli aspetti dell’attività lavorativa. Si citano le principali:

- D.P.R. 9.4.59, n. 128 Norme di polizia delle miniere e delle cave;- Decreto Legislativo del Governo n° 624 del 25/11/1996 Attuazione della direttiva

92/91/CEE relativa alla sicurezza e salute dei lavoratori nelle industrie estrattive per trivellazione e della direttiva 92/104/CEE relativa alla sicurezza e salute dei lavoratori nelle industrie estrattive a cielo aperto o sotterranee;

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- Decreto del Presidente della Repubblica n° 547 del 27/04/1955 Norme per la prevenzione degli infortuni;

- Decreto del Presidente della Repubblica n° 303 del 19/03/1956 Norme generali per l'igiene del lavoro;

- Decreto Legislativo del Governo n° 277 del 15/08/1991 Attuazione delle direttive n. 80/1107/CEE, n. 82/605/CEE, n. 83/477/CEE, n. 86/188/CEE e n. 88/642/CEE, in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici durante il lavoro, a norma dell'art. 7 legge 30 luglio 1990, n. 212;

- D. Lgs. 19 agosto 2005 n. 187 – Attuazione della direttiva 2002/44/CE sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative all’esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti da vibrazioni meccaniche;

- Decreto Legislativo del Governo n° 626 del 19/09/1994 Attuazione delle direttive 89/391CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE e 90/679/CEE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro;

- Decreto Legislativo del Governo n° 242 del 19/03/1996 Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, recante attuazione di direttive comunitarie riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro;

- Decreto del Presidente della Repubblica n° 886 del 24/05/1979 Integrazione ed adeguamento delle norme di polizia delle miniere e delle cave, contenute nel D.P.R. 9 aprile 1959, n. 128 , al fine di regolare le attività di prospezione, di ricerca e di coltivazione degli idrocarburi nel mare territoriale e nella piattaforma continentale;

- Decreto del Presidente della Repubblica n° 302 del 19/03/1956 Norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro integrative di quelle generali emanate con D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547 (produzione e impiego esplosivi);

- Decreto del Presidente della Repubblica n° 320 del 20/03/1956 Norme per la prevenzione degli infortuni e l'igiene del lavoro in sotterraneo;

- Decreto Legislativo del Governo n° 230 del 17/03/1995 Attuazione delle direttive Euratom 80/836, 84/467, 84/466, 89/618, 90/641 e 92/3 in materia di radiazioni ionizzanti.

Il D.P.R. n. 128/1959, Norme di polizia delle miniere e delle cave, in materia di sicurezza nelle attività minerarie ed il relativo aggiornamento D.L.gs. 624/96, trovano applicazione:

Capo I - Campo di applicazione. (D.P.R. n. 128/1959)Art. 1. Le norme di polizia delle miniere e delle cave provvedono a tutelare la sicurezza e la salute dei lavoratori, ad assicurare il regolare svolgimento delle lavorazioni nel rispetto della sicurezza dei terzi e delle attività di preminente interesse generale ed a garantire il buon governo dei giacimenti minerari in quanto appartenenti al patrimonio dello Stato.Tali norme si applicano: a) ai lavori di prospezione, ricerca e coltivazione delle sostanze minerali; b) ai lavori svolti negli impianti connessi alle attività minerarie, esistenti entro il perimetro dei permessi di ricerca e

delle concessioni; c) ai lavori svolti negli impianti che costituiscono pertinenze della miniera ai sensi dell'art. 23 del regio decreto 29

luglio 1927, n. 1443 , anche se ubicati fuori del perimetro delle concessioni; d) ai lavori di frantumazione, vagliatura, squadratura e lizzatura dei prodotti delle cave ed alle operazioni di

caricamento di tali prodotti dai piazzali.

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Non sono soggetti alle disposizioni del presente decreto: a) i lavori negli stabilimenti non compresi nel ciclo produttivo minerario aventi per oggetto la utilizzazione dei prodotti

minerari; b) le escavazioni di sabbie e ghiaie effettuate in base ad autorizzazione dei competenti organi dello Stato nell'alveo dei

corsi d'acqua e nelle spiagge del mare e dei laghi, sempre che i giacimenti di tali sabbie e ghiaie non formino oggetto di permesso di ricerca o concessione ai sensi del regio decreto 29 luglio 1927, n. 1443, modificato con la legge 7 novembre 1941, n. 1360.

Nulla è innovato circa la competenza del Ministero dell'interno in materia di tutela della pubblica incolumità ai sensi del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e del relativo regolamento di esecuzione 6 maggio 1940, numero 635.

Art. 2. Nei lavori che si svolgono negli impianti di trattamento dei minerali e in quelli connessi con le miniere e con le cave, di cui all'ultimo capoverso dell'art. 1 della legge 4 marzo 1958, n. 198, nonché nei lavori che si svolgono nelle pertinenze delle miniere, di cui al comma c) dell'articolo l del presente decreto, si applicano, ove non diversamente disposto, le norme emanate in esecuzione della legge 12 febbraio 1955, n. 51, contenente delega al potere esecutivo ad emanare norme generali e speciali in materia di prevenzione degli infortuni e di igiene del lavoro e successive aggiunte o modificazioni.L'applicazione delle norme predette è di competenza del Ministero dell'industria e del commercio e le attribuzioni ivi demandate all'Ispettorato del lavoro sono devolute al Corpo delle miniere.

Art. 3. Per gli impianti installati nei sotterranei delle miniere e delle cave, qualora non sia diversamente disposto, si applicano le norme di cui: a) al decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, contenente norme per la prevenzione degli

infortuni sul lavoro, limitatamente ai seguenti titoli, capi o articoli:titolo III, capi I, II, con esclusione dell'articolo 54, e III;titolo IV, capo I, con esclusione degli articoli 84 e 94;capo V, limitatamente agli artt. 107, 108, 109, 110; capo VII e capo XIII, limitatamente all'art. 167;titolo V, capo I, limitatamente agli articoli 168, 169, 170, 171, 172, 173, 174, 175, 176, 177 e 178;titolo VI, capo IV;titolo XI per quanto pertinente;

b) al decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 302, contenente norme integrative di prevenzione degli infortuni sul lavoro, limitatamente al titolo IV e al titolo V, per quest'ultimo per quanto pertinente.

L'applicazione delle norme predette è di competenza del Ministero dell'industria e del commercio e le attribuzioni ivi demandate all'Ispettorato del lavoro sono devolute al Corpo delle miniere.

Si osserva come negli articoli 2 e 3 sopra riportati si asserisce che tutte le attribuzioni che le leggi generali di prevenzioni infortuni assegnano all’Ispettorato del Lavoro, nel settore minerario sono devolute al Corpo delle Miniere (oggi Uffici di Vigilanza mineraria istituiti a seguito del decentramento) e pertanto ad esso competono tutte le azioni obbligatorie e non, per assolvere al mandato istituzionale.

Capo I - CAMPO DI APPLICAZIONE (D.L.gs 624/96)Art. 1 - Attivita' soggette1. Il presente decreto legislativo prescrive misure per la tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il

lavoro nelle attivita' estrattive di sostanze minerali di prima e di seconda categoria, cosi' come definite dall'articolo 2 del regio decreto 29 luglio 1927, n. 1443, e successive modifiche.

2. Le norme del presente decreto si applicano:a) ai lavori di prospezione, ricerca e coltivazione delle sostanze minerali;b) ai lavori svolti negli impianti connessi alle attivita' minerarie, esistenti entro il perimetro dei permessi di ricerca,

delle concessioni o delle autorizzazioni;c) ai lavori svolti negli impianti che costituiscono pertinenze della miniera ai sensi dell'articolo 23 del regio decreto

n. 1443 del 1927, anche se ubicati fuori del perimetro delle concessioni;d) ai lavori di frantumazione, vagliatura, squadratura e lizzatura dei prodotti delle cave ed alle operazioni di

caricamento di tali prodotti dai piazzali;

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e) alle attivita' di prospezione, ricerca, coltivazione e stoccaggio degli idrocarburi liquidi e gassosi nel territorio nazionale, nel mare territoriale e nella piattaforma continentale e nelle altre aree sottomarine comunque soggette ai poteri dello Stato.

3. Per quanto non diversamente disposto, o modificato dal presente decreto, si applicano le norme di cui ai decreti del Presidente della Repubblica 9 aprile 1959, n. 128, e successive modifiche, 24 maggio 1979, n. 886, e successive modifiche, all'articolo 11 della legge 30 luglio 1990, n. 221, al decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, come modificato dal decreto legislativo 19 marzo 1996, n. 242, di seguito complessivamente denominato decreto legislativo n. 626 del 1994.

4. Le disposizioni del presente decreto si applicano, nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e Bolzano, compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione.

Risultano escluse le escavazioni di sabbia e ghiaia effettuate in base ad autorizzazione dei competenti Organi dello Stato o della regione nell'alveo dei corsi d'acqua e nelle spiagge del mare e dei laghi.

Le norme di polizia mineraria si applicano alle attività estrattive presenti su tutto il territorio nazionale, salvo nella regione Sicilia, nella quale è vigente un diverso regolamento di polizia mineraria, il decreto del Presidente della Regione Siciliana 15 luglio 1958, n. 7, che stabilisce obblighi e sanzioni differenti rispetto al restante territorio nazionale.

Il D.P.R. n. 128/1959 al momento dell'emanazione risultava all'avanguardia nella materia trattata, migliorando ed ampliando notevolmente la legislazione di tutela previgente.

Il decreto di cui trattasi ha disciplinato al massimo dei dettagli, ai fini della sicurezza e della prevenzione degli infortuni, tutta l'attività mineraria, in modo che anche persone non fornite di particolare competenza in materia possano, all'occorrenza, accertare le disposizioni alle infrazioni di legge. Pertanto, il decreto è di fatto legge e regolamento insieme, che stabilisce nei minimi particolari gli obblighi dei dirigenti e delle maestranze, le caratteristiche e i requisiti cui debbono rispondere gli esplosivi, i macchinari e gli impianti, le condizioni ambientali di lavoro, le modalità di esecuzione delle opere, le registrazioni delle operazioni di verifica e di controllo, ecc. In conseguenza, il decreto è risultato di ben 693 articoli, ai quali bisogna aggiungere quelli contenuti nelle norme generali e speciali in materia di prevenzione degli infortuni e di igiene del lavoro in esecuzione della legge 12.02.1955 n. 51, in quanto applicabili ai lavori che si svolgono negli impianti di trattamento dei minerali, ai lavori connessi con le miniere e le cave e infine agli impianti minerari installati in sotterraneo, nei limiti, per quest'ultimo caso, specificati nel D.P.R. n. 128/1959.

Le norme di polizia mineraria sono rimaste immutate fino all'anno 1984, senza che si sia potuto procedere fino ad allora ad una revisione ed integrazione della normativa, di pari passo con il progresso tecnico e scientifico, perché non era stato previsto l'adeguamento con provvedimento amministrativo delle norme contenute nel D.P.R. n. 128/1959; pertanto, ogni modifica al decreto doveva essere introdotta con legge ordinaria.

Con legge 15 giugno 1984, n. 246 sono state introdotte alcune modifiche rilevanti al decreto riportate agli artt. 687 bis e ter:

Art. 687-bis. Se ragioni di progresso tecnico lo rendano opportuno, le norme contenute negli articoli 186, 187, 188, 268, 281, 282, 411, 412, 413, 634, 635, 636 e 637 del presente decreto possono essere integrate, modificate o soppresse con decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, emesso di concerto con il Ministro della sanità, [....]..Art. 687-ter. Quando, per l'esercizio di determinati servizi, è prescritta dalle norme del presente decreto l'installazione di un determinato tipo di macchina o di impianto e lo sviluppo della tecnica mette a disposizione degli operatori industriali nuovi differenti tipi di macchine o di impianti che offrano condizioni di sicurezza del lavoro almeno pari a quelle del tipo prescritto, l'ingegnere capo del distretto minerario può autorizzarne l'installazione, ove riscontri che l'installazione dei nuovi differenti tipi di macchine o di impianti possa migliorare l'economicità dello sfruttamento del giacimento senza diminuire le condizioni di sicurezza del lavoro e degli impianti.

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Al settore estrattivo, sia di cava sia di miniera, inoltre, si applicano tutte le norme di carattere generale in materia di igiene e sicurezza dei lavori.

Le normative europee in materia di sicurezza mineraria

Se si da uno sguardo all’elenco delle norme citate all’inizio emerge che l'aggiornamento delle normative di sicurezza per il settore estrattivo ha preso impulso a seguito delle iniziative intraprese in materia da parte della CEE prima e della UE dopo, portando a notevoli cambiamenti nel sistema prevenzionistico italiano, caratterizzato, oltre che da norme di legge vetuste, da elementi di passività La vecchia normativa riportava un articolato complesso e ben studiato, seppure in parte superato, tuttavia rimandava la verifica della sua applicazione ad un successivo controllo da parte degli Organi di vigilanza, tale controllo, se pure effettuato, inevitabilmente aveva le caratteristiche della genericità e della tardività.

La nuova normativa prevede invece una procedura prevenzionistica di tipo attivo, con le aziende protagoniste anche nell'attività di sicurezza. L'intero quadro normativo è infatti basato su una costante correlazione tra attività lavorativa e relative misure di sicurezza, tra innovazione tecnologica e corrispettivi interventi per la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori.

Il trattato istitutivo della CEE ha previsto la possibilità che il consiglio CEE, su proposta della Commissione, emani specifiche direttive in tema di igiene e sicurezza dei lavori, contenenti i requisiti minimi di tutela che debbono essere presenti nelle legislazioni prevenzionistiche degli Stati membri.

L'attuazione delle citate direttive deve essere graduale, e comunque le stesse debbono adeguarsi, per quanto possibile, alle norme e alle legislazioni degli Stati membri.

La problematica dell'igiene e della sicurezza dei lavori è stata affrontata con direttive emanate nell'arco degli ultimi venti anni circa.

In materia di igiene si è cominciato con una direttiva quadro sulla protezione da agenti chimici, fisici e biologici e con direttive particolari in materia di esposizione a piombo, rumore ed amianto, tutte recepite con il decreto legislativo n. 277/1991.

In tema di tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori la CEE ha emanato la direttiva quadro 89/391/CEE (Direttiva CEE/CEEA/CE n° 391 del 12/06/1989 89/391/CEE : Direttiva del Consiglio del 12 giugno 1989 concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro) e tredici direttive particolari, di cui la dodicesima, 92/104/CEE, di specifico interesse minerario, (Direttiva CEE/CEEA/CE n° 104 del 03/12/1992 92/104/CEE : Direttiva del Consiglio del 3 dicembre 1992 relativa a prescrizioni intese al miglioramento della tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori delle industrie estrattive a cielo aperto o sotterranee (dodicesima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/Cee)).

Per industrie estrattive sono da intendere:Art. 2 - Definizioni.Ai fini della presente direttiva:a) per «industrie estrattive a cielo aperto o sotterranee» si intendono tutte le industrie che svolgono le attività:

- di estrazione propriamente detta di minerali a cielo aperto o in sotterraneo, e/o - di prospezione in vista di una tale estrazione, e/o - di preparazione delle materie estratte per la vendita, escluse le attività di trasformazione delle materie estratte, ad esclusione delle industrie estrattive per trivellazione di cui all'articolo 2, lettera a) della direttiva 92/91/CEE ;

b) per luogo di lavoro si intendono tutti i luoghi che sono destinati ai posti di lavoro e che riguardano le attività e gli impianti direttamente o indirettamente connessi alle industrie estrattive a cielo aperto o sotterranee, comprese le discariche e altre aree di deposito nonché, all'occorrenza, gli alloggi, se esistenti, a cui i lavoratori hanno accesso nell'ambito del loro lavoro.

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Le industrie estrattive per trivellazione (petrolio, gas, vapore, anidride carbonica, salgemma da dissoluzione di minerale in giacimenti profondi, etc.), per la loro specificità, sono state oggetto di una direttiva particolare, Direttiva CEE/CEEA/CE n° 91 del 03/11/1992 92/91/CEE : Direttiva del Consiglio del 3 novembre 1992 relativa a prescrizioni minime intese al miglioramento della tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori nelle industrie estrattive per trivellazione (undicesima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/Cee ).

Applicazione del D.L.gs 626/94 alle attività estrattive

Con decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, è stata data attuazione alla direttiva quadro n. 89/391/CEE e alle prime sette direttive particolari, rispettivamente in materia di luoghi di lavoro, uso delle attrezzature di lavoro, uso dei dispositivi di protezione individuale, movimentazione manuale dei carichi, uso di attrezzature munite di videoterminale, protezione da agenti cancerogeni, protezione da agenti biologici e protezione da agenti chimici quest’ultima introdotta con la integrazione del D.Lgs. 2 febbraio 2002, n. 25.

Ognuna delle direttive indica i requisiti minimi da attuare per otto attività considerate a rischio. Al termine le sanzioni che, nel nostro ordinamento giuridico, qualificano come penali i reati commessi con la mancata osservanza. Alcune di queste direttive sono solo integrative a norme vigenti; le quali mantengono in gran parte la loro funzione. E' necessario sottolineare la coesistenza delle norme attuali con le precedenti per non correre il rischio di dimenticarsi delle leggi più vecchie.

Questo aspetto vale in senso generale per tutta la normativa sulla sicurezza sul lavoro; il recente recepimento di molte direttive europee ha lasciato pressoché intatta la validità tecnica della previgente normativa apportando semplicemente i necessari aggiornamenti e integrazioni.

I punti più rilevanti e innovativi del D.L.gs 626/94 sono:

- l'inclusione e la definizione dei ruoli anche per le aziende Pubbliche (art. 1)Art. 1.- Campo di applicazione. 1. Il presente decreto legislativo prescrive misure per la tutela della salute e per la sicurezza dei

lavoratori durante il lavoro, in tutti i settori di attività privati o pubblici.2. Nei riguardi delle Forze armate e di Polizia e dei servizi di protezione civile, nonchè

nell'ambito delle strutture giudiziarie, penitenziarie, di quelle destinate per finalità istituzionali alle attività degli organi con compiti in materia di ordine e sicurezza pubblica, delle università, degli istituti di istruzione universitaria, degli istituti di istruzione ed educazione di ogni ordine e grado, degli archivi, delle biblioteche, dei musei e delle areee archeologiche dello Stato, delle rappresentanze diplomatiche e consolari e dei mezzi di trasporto aerei e marittimi, le norme del presente decreto sono applicate tenendo conto delle particolari esigenze connesse al servizio espletato individuate con decreto del Ministro competente di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale, della sanità e della funzione pubblica.

3. Nei riguardi dei lavoratori di cui alla legge 18 dicembre 1973, n. 877, nonché dei lavoratori con rapporto contrattuale privato di portierato, le norme del presente decreto si applicano nei casi espressamente previsti.

4. Le disposizioni di cui al presente decreto si applicano nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e relative norme di attuazione.

4 bis. Il datore di lavoro che esercita le attività di cui ai commi 1, 2, 3 e 4 e, nell'ambito delle rispettive attribuzioni e competenze, i dirigenti e i preposti che dirigono o sovraintendono le stesse attività, sono tenuti all'osservanza delle disposizioni del presente decreto.

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4 ter. Nell'ambito degli adempimenti previsti dal presente decreto, il datore di lavoro non può delegare quelli previsti dall'art. 4, commi 1, 2, 4 lettera a), e 11, primo periodo.

- la definizione dettagliata del datore di lavoro (art. 2),Art. 2. - Definizioni. 1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente decreto si intendono per:

a) lavoratore: persona che presta il proprio lavoro alle dipendenze di un datore di lavoro, esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari, con rapporto di lavoro subordinato anche speciale. Sono equiparati i soci lavoratori di cooperative o di società, anche di fatto, che prestino la loro attività per conto delle società e degli enti stessi, e gli utenti dei servizi di orientamento o di formazione scolastica, universitaria e professionale avviati presso datori di lavoro per agevolare o per perfezionare le loro scelte professionali. Sono altresì equiparati gli allievi degli istituti di istruzione ed universitari e i partecipanti a corsi di formazione professionale nei quali si faccia uso di laboratori, macchine, apparecchi ed attrezzature di lavoro in genere, agenti chimici, fisici e biologici. I soggetti di cui al precedente periodo non vengono computati ai fini della determinazione del numero di lavoratori dal quale il presente decreto fa discendere particolari obblighi;

b) datore di lavoro: il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l'organizzazione dell' impresa, ha la responsabilità dell'impresa stessa ovvero dell'unità produttiva, quale definita ai sensi della lettera i), in quanto titolare dei poteri decisionali e di spesa. Nelle pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, per datore di lavoro si intende il dirigente al quale spettano i poteri di gestione, ovvero il funzionario non avente qualifica dirigenziale, nei soli casi in cui quest'ultimo sia preposto ad un ufficio avente autonomia gestionale;

c) servizio di prevenzione e protezione dai rischi: insieme delle persone, sistemi e mezzi esterni o interni all'azienda finalizzati all'attività di prevenzione e protezione dai rischi professionali nell'azienda, ovvero unità produttiva;

d) medico competente: medico in possesso di uno dei seguenti titoli: 1) specializzazione in medicina del lavoro o in medicina preventiva dei lavoratori e

psicotecnica o in tossicologia industriale o in igiene industriale o in fisiologia ed igiene del lavoro o in clinica del lavoro ed altre specializzazioni individuate, ove necessario, con decreto del Ministro della sanità di concerto con il Ministro dell'Università e della ricerca scientifica e tecnologica;

2) docenza o libera docenza in medicina del lavoro o in medicina preventiva dei lavoratori e psicotecnica o in tossicologia industriale o in igiene industriale o in fisiologia ed igiene del lavoro;

3) autorizzazione di cui all'art. 55 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277; e) responsabile del servizio di prevenzione e protezione: persona designata dal datore di

lavoro in possesso di attitudini e capacità adeguate; f) rappresentante dei lavoratori per la sicurezza: persona, ovvero persone, eletta o

designata per rappresentare i lavoratori per quanto concerne gli aspetti della salute e della sicurezza durante il lavoro, di seguito denominato rappresentante per la sicurezza;

g) prevenzione: il complesso delle disposizioni o misure adottate o previste in tutte le fasi dell'attività lavorativa per evitare o diminuire i rischi professionali nel rispetto della salute della popolazione e dell'integrità dell'ambiente esterno;

h) agente: l'agente chimico, fisico o biologico, presente durante il lavoro e potenzialmente dannoso per la salute;

i) unità produttiva: stabilimento o struttura finalizzata alla produzione di beni o servizi, dotata di autonomia finanziaria e tecnico-funzionale.

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- le misure generali di tutela, che sono l'indicazione dei criteri da seguire per prevenire gli infortuni sul lavoro (art. 3)Art. 3. - Misure generali di tutela. 1. Le misure generali per la protezione della salute e per la sicurezza dei lavoratori sono:

a) valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza; b) eliminazione dei rischi in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico

e, ove ciò non è possibile, loro riduzione al minimo; c) riduzione dei rischi alla fonte; d) programmazione della prevenzione mirando ad un complesso che integra in modo

coerente nella prevenzione le condizioni tecniche produttive ed organizzative dell'azienda nonché l'influenza dei fattori dell'ambiente di lavoro;

e) sostituzione di ciò che è pericoloso con ciò che non lo è, o è meno pericoloso; f) rispetto dei principi ergonomici nella concezione dei posti di lavoro, nella scelta delle

attrezzature e nella definizione dei metodi di lavoro e produzione, anche per attenuare il lavoro monotono e quello ripetitivo;

g) priorità delle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale; h) limitazione al minimo del numero dei lavoratori che sono, o che possono essere, esposti al

rischio; i) utilizzo limitato degli agenti chimici, fisici e biologici, sui luoghi di lavoro; l) controllo sanitario dei lavoratori in funzione dei rischi specifici; m) allontanamento del lavoratore dall'esposizione a rischio, per motivi sanitari inerenti la sua

persona; n) misure igieniche; o) misure di protezione collettiva ed individuale; p) misure di emergenza da attuare in caso di prono soccorso, di lotta antincendio, di

evacuazione dei lavoratori e di pericolo grave ed immediato; q) uso di segnali di avvertimento e di sicurezza; r) regolare manutenzione di ambienti, attrezzature, macchine ed impianti, con particolare

riguardo ai dispositivi di sicurezza in conformità alla indicazione dei fabbricanti; s) informazione, formazione, consultazione e partecipazione dei lavoratori ovvero dei loro

rappresentanti, sulle questioni riguardanti la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro; t) istruzioni adeguate ai lavoratori.

2. Le misure relative alla sicurezza, all'igiene ed alla salute durante il lavoro non devono in nessun caso comportare oneri finanziari per i lavoratori.

- l'estensione della valutazione dei rischi a tutti i rischi presenti nell'azienda e l'ammodernamento degli obblighi di Datore di Lavoro, Dirigente e Preposto, tra cui l'estensione della "valutazione dei rischi" a tutte le lavorazioni e a tutti gli ambienti dell'azienda (art. 4)si veda l’art. 4 riportato più avanti

- l'ammodernamento degli obblighi dei lavoratori (art. 5)Art. 5. - Obblighi dei lavoratori. 1. Ciascun lavoratore deve prendersi cura della propria sicurezza e della propria salute e di

quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui possono ricadere gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione ed alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro.

2. In particolare i lavoratori: a) osservano le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e dai

preposti, ai fini della protezione collettiva ed individuale; b) utilizzano correttamente i macchinari, le apparecchiature, gli utensili, le sostanze e i

preparati pericolosi, i mezzi di trasporto e le altre attrezzature di lavoro, nonché i dispositivi di sicurezza;

c) utilizzano in modo appropriato i dispositivi di protezione messi a loro disposizione; d) segnalano immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o al preposto le deficienze dei

mezzi e dispositivi di cui alle lettere b) e c), nonché le altre eventuali condizioni di pericolo

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di cui vengono a conoscenza, adoperandosi direttamente, in caso di urgenza, nell'ambito delle loro competenze e possibilità, per eliminare o ridurre tali deficienze o pericoli, dandone notizia al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza;

e) non rimuovono o modificano senza autorizzazione i dispositivi di sicurezza o di segnalazione o di controllo;

f) non compiono di propria iniziativa operazioni o manovre che non sono di loro competenza ovvero che possono compromettere la sicurezza propria o di altri lavoratori;

g) si sottopongono ai controlli sanitari previsti nei loro confronti; h) contribuiscono, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti, all'adempimento di

tutti gli obblighi imposti dall'autorità competente o comunque necessari per tutelare la sicurezza e la salute dei lavoratori durante il lavoro.

- l'estensione delle responsabilità dei progettisti oltre che ai costruttori e installatori (art. 6)Art. 6. - Obblighi dei progettisti, dei fabbricanti, dei fornitori e degli installatori. 1. I progettisti dei luoghi o posti di lavoro e degli impianti rispettano i principi generali di

prevenzione in materia di sicurezza e di salute al momento delle scelte progettuali e tecniche e scelgono macchine nonché dispositivi di protezione rispondenti ai requisiti essenziali di sicurezza previsti nelle disposizioni legislative e regolamentari vigenti;.

2. Sono vietati la fabbricazione, la vendita, il noleggio e la concessione in uso di macchine, di attrezzature di lavoro e di impianti non rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia di sicurezza. Chiunque concede in locazione finanziaria beni assoggettati a forme di certificazione o di omologazione obbligatoria è tenuto a che gli stessi siano accompagnati dalle previste certificazioni o dagli altri documenti previsti dalla legge.

3. Gli installatori e montatori di impianti, macchine o altri mezzi tecnici devono attenersi alle norme di sicurezza e di igiene del lavoro, nonché alle istruzioni fornite dai rispettivi fabbricanti dei macchinari e degli altri mezzi tecnici per la parte di loro competenza.

- la contemplazione dei rischi correlati alla concomitanza di appalti e contratti d'opera (art. 7)Art. 7. - Contratto di appalto o contratto d'opera. 1. Il datore di lavoro, in caso di affidamento dei lavori all'interno dell'azienda, ovvero dell'unità

produttiva, ad imprese appaltatrici o a lavoratori autonomi: a) verifica, anche attraverso l'iscrizione alla camera di commercio, industria e artigianato,

l'idoneità tecnico-professionale delle imprese appaltatrici o dei lavoratori autonomi in relazione ai lavori da affidare in appalto o contratto d'opera;

b) fornisce agli stessi soggetti dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell'ambiente in cui sono destinati ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria attività.

2. Nell'ipotesi di cui al comma 1 i datori di lavoro: a) cooperano all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro

incidenti sull'attività lavorativa oggetto dell'appalto; b) coordinano gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i

lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell'esecuzione dell'opera complessiva.

3. Il datore di lavoro committente promuove la cooperazione ed il coordinamento di cui al comma 2. Tale obbligo non si estende ai rischi specifici propri dell'attività delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi.

- la definizione dei ruoli delle tre nuove figure aziendali (artt. 8, 16 e 18)Art. 8. - Servizio di prevenzione e protezione. 1. Salvo quanto previsto dall'art. 10, il datore di lavoro organizza all'interno dell'azienda, ovvero

dell'unità produttiva, il servizio di prevenzione e protezione, o incarica persone o servizi esterni all'azienda, secondo le regole di cui al presente articolo.

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2. Il datore di lavoro designa all'interno dell'azienda ovvero dell'unità produttiva, una o più persone da lui dipendenti per l'espletamento dei compiti di cui all'articolo 9, tra cui il responsabile del servizio in possesso di attitudini e capacità adeguate, previa consultazione del rappresentante per la sicurezza.

3. I dipendenti di cui al comma 2 devono essere in numero sufficiente, possedere le capacità necessarie e disporre di mezzi e di tempo adeguati per lo svolgimento dei compiti loro assegnati. Essi non possono subire pregiudizio a causa dell'attività svolta nell'espletamento del proprio incarico.

4. Salvo quanto previsto dal comma 2, il datore di lavoro può avvalersi di persone esterne all'azienda in possesso delle conoscenze professionali necessarie per integrare l'azione di prevenzione e protezione.

5. L'organizzazione del servizio di prevenzione e protezione all'interno dell'azienda, ovvero dell'unità produttiva, è comunque obbligatoria nei seguenti casi: a) nelle aziende industriali di cui all'art. 1 del decreto del Presidente della Repubblica 17

maggio 1988, n. 175 e successive modifiche, soggette all'obbligo di dichiarazione o notifica, ai sensi degli articoli 4 e 6 del decreto stesso;

b) nelle centrali termoelettriche; c) negli impianti e laboratori nucleari; d) nelle aziende per la fabbricazione ed il deposito separato di esplosivi, polveri e munizioni; e) nelle aziende industriali con oltre duecento lavoratori dipendenti; f) nelle industrie estrattive con oltre cinquanta lavoratori dipendenti;g) nelle strutture di ricovero e cura sia pubbliche sia private.

6. Salvo quanto previsto dal comma 5, se la capacità dei dipendenti all'interno dell'azienda ovvero dell'unità produttiva, sono insufficienti, il datore di lavoro può far ricorso a persone o servizi esterni all'azienda, previa consultazione del rappresentante per la sicurezza.

7. Il servizio esterno deve essere adeguato alle caratteristiche dell'azienda, ovvero unità produttiva, a favore della quale è chiamato a prestare la propria opera, anche con riferimento al numero degli operatori.

8. Il responsabile del servizio esterno deve possedere attitudini e capacità adeguate. 9. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, con decreto di concerto con i Ministri della

sanità e dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentita la commissione consultiva permanente, può individuare specifici requisiti, modalità e procedure, per la certificazione dei servizi, nonché il numero minimo degli operatori di cui ai commi 3 e 7.

10. Qualora il datore di lavoro ricorra a persone o servizi esterni egli non è per questo liberato dalla propria responsabilità in materia.

11. Il datore di lavoro comunica all'ispettorato del lavoro e alle unità sanitarie locali territorialmente competenti il nominativo della persona designata come responsabile del servizio di prevenzione e protezione interno ovvero esterno all'azienda. Tale comunicazione è corredata da una dichiarazione nella quale si attesti con riferimento alle persone designate: a) i compiti svolti in materia di prevenzione e protezione; b) il periodo nel quale tali compiti sono stati svolti; c) il curriculum professionale.

Art. 16. - Contenuto della sorveglianza sanitaria. 1. La sorveglianza sanitaria è effettuata nei casi previsti dalla normativa vigente. 2. La sorveglianza di cui al comma 1 è effettuata dal medico competente e comprende:

a) accertamenti preventivi intesi a constatare l'assenza di controindicazioni al lavoro cui i lavoratori sono destinati, ai fini della valutazione della loro idoneità alla mansione specifica;

b) accertamenti periodici per controllare lo stato di salute dei lavoratori ed esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica.

3. Gli accertamenti di cui l comma 2 comprendono esami clinici e biologici e indagini diagnostiche mirati al rischio ritenti necessari dal medico competente.

Art. 18. - Rappresentante per la sicurezza. 1. In tutte le aziende, o unità produttive, è eletto o designato il rappresentante per la sicurezza.

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2. Nella aziende, o unità produttive, che occupano sino a 15 dipendenti il rappresentante per la sicurezza è eletto direttamente dai lavoratori al loro interno. Nelle aziende che occupano fino a 15 dipendenti il rappresentante per la sicurezza può essere individuato per più aziende nell'ambito territoriale ovvero del comparto produttivo. Esso può essere designato o eletto dai lavoratori nell'ambito delle rappresentanze sindacali, così come definite dalla contrattazione collettiva di riferimento.

3. Nelle aziende, ovvero unità produttive, con più di 15 dipendenti il rappresentante per la sicurezza è eletto o designato dai lavoratori nell'ambito delle rappresentanze sindacali in azienda. In assenza di tali rappresentanze, è eletto dai lavoratori dell'azienda al loro interno.

4. Il numero, le modalità di designazione o di elezione del rappresentante per la sicurezza, nonché il tempo di lavoro retribuito e gli strumenti per l'espletamento delle funzioni, sono stabiliti in sede di contrattazione collettiva.

5. In caso di mancato accordo nella contrattazione collettiva di cui al comma 4, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentite le parti, stabilisce con proprio decreto, da emanarsi entro tre mesi dalla comunicazione del mancato accordo, gli standards relativi alle materie di cui al comma 4. Per le amministrazioni pubbliche provvede il Ministro per la funzione pubblica sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale.

6. In ogni caso il numero minimo dei rappresentanti di cui al comma 1 è il seguente: a) un rappresentante nelle aziende ovvero unità produttive sino a 200 dipendenti; b) tre rappresentanti nelle aziende ovvero unità produttive da 201 a 1000 dipendenti; c) sei rappresentanti in tutte le altre aziende ovvero unità produttive.

7. Le modalità e i contenuti specifici della formazione del rappresentante per la sicurezza sono stabiliti in sede di contrattazione collettiva nazionale di categoria con il rispetto dei contenuti minimi previsti dal decreto di cui all'art.22, comma 7.

- ed infine la espansione degli obblighi relativi alla informazione alla formazione e all'addestramento che sono il vero punto di forza di questa legge (art. 21 e 22), sarà forse grazie a loro che potremo auspicare ad un aumento della cultura sulla sicurezza del lavoro.

Art. 21. - Informazione dei lavoratori. 1. Il datore di lavoro provvede affinché ciascun lavoratore riceva un'adeguata informazione su:

a) i rischi per la sicurezza e la salute connessi all'attività dell'impresa in generale; b) le misure e le attività di protezione e prevenzione adottate; c) i rischi specifici cui è esposto in relazione all'attività svolta, le normative di sicurezza e le disposizioni aziendali in

materia; d) i pericoli connessi all'uso delle sostanze e dei preparati pericolosi sulla base delle schede dei dati di sicurezza

previste dalla normativa vigente e dalle norme di buona tecnica; e) le procedure che riguardano il pronto soccorso, la lotta antincendio, l'evacuazione dei lavoratori; f) il responsabile del servizio di prevenzione e protezione ed il medico competente; g) i nominativi dei lavoratori incaricati di applicare le misure di cui agli articoli 12 e 15.

2. Il datore di lavoro fornisce le informazioni di cui al comma 1, lettere a), b), c), anche ai lavoratori di cui all'art. 1, comma 3.

Art. 22. - Formazione dei lavoratori. 1. Il datore di lavoro assicura che ciascun lavoratore, ivi compresi i lavoratori di cui all'art. 1, comma 3, riceva una

formazione sufficiente ed adeguata in materia di sicurezza e di salute, con particolare riferimento al proprio posto di lavoro e alle proprie mansioni.

2. La formazione deve avvenire in occasione: a) dell'assunzione; b) del trasferimento o cambiamento di mansioni; c) dell'introduzione di nuove attrezzature di lavoro o di nuove tecnologie, di nuove sostanze e preparati pericolosi.

3. La formazione deve essere periodicamente ripetuta in relazione all'evoluzione dei rischi ovvero all'insorgenza di nuovi rischi.

4. Il rappresentante per la sicurezza ha diritto ad una formazione particolare in materia di salute e sicurezza, concernente la normativa in materia di sicurezza e salute e i rischi specifici esistenti nel proprio ambito di rappresentanza, tale da assicurargli adeguate nozioni sulle principali tecniche di controllo e prevenzione dei rischi stessi.

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5. I lavoratori incaricati dell'attività di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei lavoratori in caso di pericolo grave e immediato, di salvataggio, di pronto soccorso e, comunque di gestione dell'emergenza devono essere adeguatamente formati.

6. La formazione dei lavoratori e quella dei loro rappresentanti di cui al comma 4 deve avvenire, in collaborazione con gli organismi paritetici di cui all'art. 20, durante l'orario di lavoro e non può comportare oneri economici a carico dei lavoratori.

7. I Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, sentita la commissione consultiva permanente, possono stabilire i contenuti minimi della formazione dei lavoratori, dei rappresentanti per la sicurezza e dei datori di lavoro di cui all'art. 10, comma 3, tenendo anche conto delle dimensioni e della tipologia delle imprese.

La corretta osservanza del decreto legislativo citato ha avuto ed ha per le imprese un rilevante impatto economico, gestionale ed organizzativo, con la creazione di nuovi soggetti chiamati a svolgere un ruolo importante in materia di sicurezza in azienda, in collaborazione con il datore di lavoro, che comunque non può delegare molti degli obblighi posti a suo carico.

Il decreto legislativo pone a carico del datore di lavoro la gran parte degli obblighi di tutela, di formazione e di informazione dei lavoratori.

Istituzione del servizio di prevenzione e protezione (SPP)

Sul servizio di prevenzione e protezione è opportuno soffermarci perché rappresenta una novità nella novità. Infatti, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, attraverso la procedura d’infrazione, ha contestato alla Repubblica Italiana, tra l’altro, la mancata definizione nel decreto 626/94 delle capacità ed attitudini minime degli addetti al servizio di prevenzione e protezione.Il Governo Italiano, riconoscendo la correttezza del rilievo, ha provveduto con il D.Lgs 23.06.2003, n. 195, art. 2 che inserisce l’art. 8 bis nel D. Lgs. 626/94:

Art. 8-bis. Capacità e requisiti professionali degli addetti e dei responsabili dei servizi di prevenzione e protezione interni o esterni. 1. Le capacità ed i requisiti professionali dei responsabili e degli addetti ai servizi di prevenzione e protezione interni o esterni devono essere adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e relativi alle attività lavorative.2. Per lo svolgimento delle funzioni da parte dei soggetti di cui al comma 1, è necessario essere in possesso di un titolo di studio non inferiore al diploma di istruzione secondaria superiore ed essere inoltre in possesso di un attestato di frequenza, con verifica dell'apprendimento, a specifici corsi di formazione adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e relativi alle attività lavorative. In sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano sono individuati gli indirizzi ed i requisiti minimi dei corsi. 3. I corsi di formazione di cui al comma 2 sono organizzati dalle regioni e province autonome, dalle università, dall'ISPESL, dall'INAIL, dall'Istituto italiano di medicina sociale, dal Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, dall'amministrazione della Difesa, dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione, dalle associazioni sindacali dei datori di lavoro o dei lavoratori o dagli organismi paritetici. Altri soggetti formatori possono essere individuati in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.4. Per lo svolgimento della funzione di responsabile del servizio prevenzione e protezione, oltre ai requisiti di cui al comma 2, è necessario possedere un attestato di frequenza, con verifica dell'apprendimento, a specifici corsi di formazione in materia di prevenzione e protezione dei rischi, anche di natura ergonomica e psico-sociale, di organizzazione e gestione delle attività tecnico amministrative e di tecniche di comunicazione in azienda e di relazioni sindacali. 5. I responsabili e gli addetti dei servizi di prevenzione e protezione sono tenuti a frequentare corsi di aggiornamento secondo indirizzi definiti in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, con cadenza almeno quinquennale. 6. Coloro che sono in possesso di laurea triennale di «Ingegneria della sicurezza e protezione» o di «Scienze della sicurezza e protezione» o di «Tecnico della prevenzione nell'ambiente e nei luoghi di lavoro» sono esonerati dalla frequenza ai corsi di formazione di cui al comma 2. 7. È fatto salvo l'articolo 10.

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8. Gli organismi statali di formazione pubblici, previsti al comma 3, organizzano i corsi di formazione secondo tariffe, determinate sulla base del costo effettivo del servizio, da stabilire, con le relative modalità di versamento, con decreto del Ministro competente per materia, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. 9. Le amministrazioni pubbliche di cui al presente decreto, organizzano i corsi di formazione nei limiti delle risorse finanziarie proprie o con le maggiori entrate derivanti dall'espletamento di dette attività a carico dei partecipanti. 10. La partecipazione del personale delle pubbliche amministrazioni ai corsi di formazione di cui al presente articolo è disposta nei limiti delle risorse destinate dalla legislazione vigente alla formazione del personale medesimo (12/b).

Si deve osservare che il Servizio di Prevenzione e Protezione non è ancora accettato e integrato in modo completo e funzionale nel meccanismo di gestione aziendale ed è rimasto soltanto una appendice, inserita si in organigramma, ma sostanzialmente avulsa dal contesto gestionale.

Il concreto inserimento di Servizi di Prevenzione e Protezione nel contesto della gestione aziendale è un problema prevalentemente delle imprese medie e piccole: queste, che a malapena conoscevano l'esistenza del D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547 si sono trovate culturalmente impreparate a dover fare fronte a incombenze nuove, quando addirittura sconosciute.

Diversamente, per le grandi aziende l’impatto è stato molto minore poiché, coscienti dell’esistenza della problematica della sicurezza del lavoro da gestire, si erano dotati di servizi sicurezza (spesso integrati con quelli di Protezione ambientale e di medicina del lavoro), con personale dedicato a tempo pieno, erano in sostanza antesignani degli odierni SPP e, infatti, con modeste integrazioni dei compiti, sono divenuti i Servizi di Prevenzione e Protezione delle rispettive aziende.

Nelle aziende di grandi dimensioni, inoltre, è più facile reperire all'interno professionalità adeguate, con figure da dedicare anche a tempo pieno al SPP, sopportando i relativi costi. Diversamente, nelle aziende di minore dimensione, il SPP può essere ridotto ai minimi termini:- generalmente è costituito da un dipendente operativo al quale è stato accollato l'incarico di RSPP a tempo parziale, oppure è appaltato all'esterno.

Si deve ritenere che con le nuove norme introdotte, per non pochi anni le professionalità disponibili, sia quelle all'interno delle aziende che le risorse esterne sul mercato, alle quali ricorrere siano numericamente inadeguate rispetto al numero delle imprese che potrebbero averne bisogno.

Quello delle professionalità da reperire per la costituzione del SPP è quindi un problema che le piccole e medie imprese dovranno affrontare nel breve termine e comporta difficoltà di non poco rilievo sia per il risvolto economico che comporta sia per la carenza di professionalità disponibili sul mercato.

Questo problema si aggiunge all’altro, con il quale molte imprese estrattive di piccole dimensioni oggi si trovano ancora a confrontarsi, della direzione lavori nato a seguito della modifica introdotta dal D.Lgs 624/96 con il quale vengono previste specifiche professionalità per potere assumere l’incarico di direttore responsabile dei lavori in una attività estrattiva.

Prevenzione incendi, evacuazione dei lavoratori, pronto soccorso

In materia di prevenzione incendi il decreto 626/1994, art. 13 impone un'analisi dei rischi ed una valutazione degli stessi, una volta definiti i criteri di valutazione e di analisi.Con D.M. 10.03.1998 si sono definiti:

i criteri diretti ad individuare: 1) misure intese ad evitare l'insorgere di un incendio e a limitarne le conseguenze qualora esso

si verifichi; 2) misure precauzionali di esercizio; 3) metodi di controllo e manutenzione degli impianti e delle attrezzature antincendio; 4) criteri per la gestione delle emergenze;

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le caratteristiche dello specifico servizio di prevenzione e protezione antincendio di cui all'art. 12, compresi i requisiti del personale addetto e la sua formazione.

Il datore di lavoro deve prendere i provvedimenti necessari in materia di pronto soccorso e di assistenza medica: la natura ed il grado dell'assistenza medica di emergenza dovranno essere stabilite in rapporto alle caratteristiche dell'azienda, in considerazione dell'entità dei rischi, della natura dell'attività e del numero di lavoratori interessati.

Attuazione della sorveglianza sanitaria

Si precisa il contenuto della sorveglianza sanitaria, nei casi previsti dalle leggi vigenti, di tipo preventivo e periodico di controllo, inoltre sono delineate le funzioni del medico competente, che potrà gestire la materia di propria competenza in forma autonoma e in forma partecipativa, in relazione alle diverse incombenze previste dal decreto legislativo.

Il medico competente e nominato dal datore di lavoro, il quale deve richiedere al professionista l'osservanza di tutti gli obblighi previsti a suo carico, fornendo al contempo tutte le informazioni riguardanti sia i processi produttivi, sia i rischi ad essi connessi.Con le disposizioni precedenti si estende la sorveglianza sanitaria per il personale esposto a tutti i rischi presenti nell'attività lavorativa, ampliando quanto previsto dal decreto legislativo 277/1991 per il personale esposto i rischi da amianto, piombo e rumore.

ll medico competente, oltre agli obblighi previsti dal decreto 626/1994, è soggetto alle norme di cui agli artt. 365 C.P. e 334 C.P.P.

365. Omissione di referto. Chiunque, avendo nell'esercizio di una professione sanitaria prestato la propria assistenza od opera in casi che possono presentare i caratteri di un delitto pel quale si debba procedere d'ufficio, omette o ritarda di riferirne all'Autorità indicata nell'articolo 361 (p.p. 334) è punito con la multa fino a lire un milione (p. 384) (1).

Questa disposizione non si applica quando il referto esporrebbe la persona assistita a procedimento penale.334. Referto. 1. Chi ha l'obbligo del referto (p. 365) deve farlo pervenire entro quarantotto ore o, se vi è

pericolo nel ritardo, immediatamente al pubblico ministero (p.p. 511a ) o a qualsiasi ufficiale di polizia giudiziaria (p.p. 571 , 3) del luogo in cui ha prestato la propria opera o assistenza ovvero, in loro mancanza, all'ufficiale di polizia giudiziaria più vicino (p.p. 3574) (1).

2. Il referto indica la persona alla quale è stata prestata assistenza e, se è possibile, le sue generalità, il luogo dove si trova attualmente e quanto altro valga a identificarla nonché il luogo, il tempo e le altre circostanze dell'intervento; dà inoltre le notizie che servono a stabilire le circostanze del fatto, i mezzi con i quali è stato commesso e gli effetti che ha causato o può causare.

3. Se più persone hanno prestato la loro assistenza nella medesima occasione, sono tutte obbligate al referto, con facoltà di redigere e sottoscrivere (p.p. 110) un unico atto.

Attuazione della consultazione e partecipazione dei lavoratori

Il decreto legislativo 626/1994 delinea un approccio nuovo al tema sicurezza, nel quale il lavoratore è un soggetto attivo, fonte di conoscenza, titolare della propria salute, che partecipa al processo prevenzionale, e la forma principale di partecipazione è la consultazione.

La figura professionale individuata per dare concretezza ed operatività alla partecipazione dei lavoratori è individuata nel rappresentante dei lavoratori per la sicurezza: si determina un sistema di partecipazione, espresso attraverso l'istituto della consultazione, non conflittuale.L’art. 18 definisce le modalità di nomina del rappresentante:

2. Nella aziende, o unità produttive, che occupano sino a 15 dipendenti il rappresentante per la sicurezza è eletto direttamente dai lavoratori al loro interno. Nelle aziende che occupano fino a 15 dipendenti il rappresentante per la sicurezza può essere individuato per più aziende nell'ambito territoriale ovvero del comparto produttivo. Esso può essere designato o eletto dai lavoratori nell'ambito delle rappresentanze sindacali, così come definite dalla contrattazione collettiva di riferimento.

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3. Nelle aziende, ovvero unità produttive, con più di 15 dipendenti il rappresentante per la sicurezza è eletto o designato dai lavoratori nell'ambito delle rappresentanze sindacali in azienda. In assenza di tali rappresentanze, è eletto dai lavoratori dell'azienda al loro interno.

4. Il numero, le modalità di designazione o di elezione del rappresentante per la sicurezza, nonché il tempo di lavoro retribuito e gli strumenti per l'espletamento delle funzioni, sono stabiliti in sede di contrattazione collettiva.

La formazione del rappresentante per la sicurezza; i cui oneri sono a carico del datore di lavoro, si svolgerà durante permessi retribuiti aggiuntivi rispetto a quelli già previsti per la propria attività.

Il rappresentante per la sicurezza tra l'altro, ha diritto di ricevere informazioni in merito ai provvedimenti specifici dell'Organo di vigilanza, nonché di formulare osservazioni in occasione di visite e verifiche delle autorità competenti.

Informazione e formazione dei lavoratori

Questi sono due aspetti di particolare rilevanza ai fini di attuare buona prevenzione infortunistica. E’ attraverso l’azione di informazione e formazione dei lavoratori che si stabilisce un clima di prevenzione attiva, in cui i lavoratori stessi collaborano per la sicurezza in azienda.

Le norme di legge specifiche non abbisognano di particolari commenti, mentre sono già state approntane numerose pubblicazioni che, nel dettaglio, espongono le varie prescrizioni in materia a carico dei diversi soggetti presenti in azienda.

L’informazione può essere attuata in modo diretto con l’intervento di un informatore ma può essere trasmessa anche mediante documentazione comprensibile all'informato.

La formazione presuppone l'azione di un formatore (datore di lavoro, dipendente dell'azienda, consulente esterno, pubblico funzionario), che personalmente ed attivamente procede alla istruzione e sensibilizzazione del lavoratore in merito alle problematiche di sicurezza oggetto della formazione stessa.

Attraverso la corretta attuazione di questi due aspetti si potrà arrivare in futuro ad ampliare la cultura della sicurezza che soffre una carenza non giustificata.

Uso delle attrezzature di lavoro

Su questo argomento va osservato che bisogna fare riferimento anche alla direttiva macchine.In materia di impiego delle macchine in attività lavorative, si deve distinguere nettamente la

responsabilità del costruttore da quella dell'utilizzatore.L'organo di vigilanza, in sede di verifica ispettiva, accerterà, per le macchine costruite o

commercializzate dopo il 1 gennaio 1993 e, per alcune categorie, dopo il 1 gennaio 1995, l'esistenza del marchio CE, apposto dal costruttore per indicare il rispetto dei principi essenziali di sicurezza; nel caso si accerti la non rispondenza della macchina, pur marcata, con i principi essenziali di sicurezza, dovrà farsi comunicazione al Ministero delle Attività Produttive, quindi verificare che la stessa macchina risponda alle norme prevenzionistiche nazionali.

Nel caso di macchine costruite anteriormente alle precedenti date dovrà essere verificato il rispetto della normativa nazionale, mentre in fase di valutazione dei rischi di cui al1'art. 4 del decreto n. 626/1994 dovrà essere minimizzato, mediante opportuni interventi tecnici, organizzativi e procedurali, il rischio per i lavoratori, eventualmente riservando l’utilizzo della macchina solo a personale specificatamente preparato. Qualora gli interventi organizzativi e procedurali per la minimizzazione del rischio siano di complessa realizzazione, dovrà essere prevista, nell'ambito del programma di attuazione delle misure di prevenzione e protezione in conseguenza della valutazione dei rischi la sostituzione della macchina stessa.

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Per le attrezzature escluse dal campo di applicazione della direttiva macchine, si specifica che tali attrezzature debbono soddisfare i requisiti stabiliti dalle norme nazionali vigenti, indipendentemente dall'epoca di costruzione.

Uso dei dispositivi di protezione individuale

Si intende per dispositivo di protezione individuale (DPI) qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo. (art. 40)

Art. 40. - Definizioni 1. Si intende per dispositivo di protezione individuale (DPI) qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta

dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo.

2. Non sono dispositivi di protezione individuale: a) gli indumenti di lavoro ordinari e le uniformi non specificamente destinati a proteggere la sicurezza e la salute

del lavoratore; b) le attrezzature dei servizi di soccorso e di salvataggio; c) le attrezzature di protezione individuale delle forze armate, delle forze di polizia e del personale del servizio per il

mantenimento dell'ordine pubblico; d) le attrezzature di protezione individuale proprie dei mezzi di trasporto stradali; e) i materiali sportivi; f) i materiali per l'autodifesa o per la dissuasione; g) gli apparecchi portatili per individuare e segnalare rischi e fattori nocivi.

I DPI devono essere impiegati quando i rischi non possono essere evitati o sufficientemente ridotti con misure tecniche di prevenzione, mezzi di protezione collettiva, misure, metodi o procedimenti di riorganizzazione del lavoro.

Quanto sopra presuppone che in sede di valutazione dei rischi sia stato provato che il rischio non può essere evitato o sufficientemente ridotto se non con l'utilizzo di DPI; il termine adoperato dal decreto, "sufficientemente ridotto", può dar adito a problemi interpretativi di non poco conto.

Il decreto 626/1994 prevede un percorso logico a carico del datore di lavoro per arrivare all'utilizzazione dei DPI:

Art. 43. - Obblighi del datore di lavoro. 1. Il datore di lavoro ai fini della scelta dei DPI:

a) effettua l'analisi e la valutazione dei rischi che non possono essere evitati con altri mezzi; b) individua le caratteristiche dei DPI necessarie affinché questi siano adeguati ai rischi di cui alla lettera a),

tenendo conto delle eventuali ulteriori fonti di rischio rappresentate dagli stessi DPI; c) valuta, sulla base delle informazioni a corredo dei DPI fornite dal fabbricante e delle norme d'uso di cui all'art.

45 le caratteristiche dei DPI disponibili sul mercato e le raffronta con quelle individuate alla lettera b); d) aggiorna la scelta ogni qualvolta intervenga una variazione significativa negli elementi di valutazione.

2. Il datore di lavoro, anche sulla base delle norme d'uso di cui all'art. 45, individua le condizioni in cui un DPI deve essere usato, specie per quanto riguarda la durata dell'uso, in funzione di:

a) entità del rischio; b) frequenza dell'esposizione al rischio; c) caratteristiche del posto di lavoro di ciascun lavoratore; d) prestazioni del DPI.

3. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori i DPI conformi ai requisiti previsti dall'art. 42 e dal decreto di cui all'art. 45, comma 2.

4. Il datore di lavoro: a) mantiene in efficienza i DPI e ne assicura le condizioni d'igiene, mediante la manutenzione, le riparazioni e le

sostituzioni necessarie;

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b) provvede a che i DPI siano utilizzati soltanto per gli usi previsti, salvo casi specifici ed eccezionali, conformemente alle informazioni del fabbricante;

c) fornisce istruzioni comprensibili per i lavoratori; d) destina ogni DPI ad un uso personale e, qualora le circostanze richiedano l'uso di uno stesso DPI da parte di più

persone, prende misure adeguate affinché tale uso non ponga alcun problema sanitario e igienico ai vari utilizzatori;

e) informa preliminarmente il lavoratore dei rischi dai quali il DPI lo protegge; f) rende disponibile nell'azienda ovvero unità produttiva informazioni adeguate su ogni DPI; g) assicura una formazione adeguata e organizza, se necessario, uno specifico addestramento circa l'uso corretto e

l'utilizzo pratico dei DPI. 5. In ogni caso l'addestramento è indispensabile:

a) per ogni DPI che, ai sensi del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475, appartenga alla terza categoria; b) per i dispositivi di protezione dell'udito.

Valutazione dei rischi

La valutazione del rischio, che viene formalizzata nella maggior parte dei casi con un documento scritto, rappresenta l’atto di pianificazione e gestione della sicurezza nelle attività lavorative

I termini rischio e pericolo non hanno un significato univoco nelle legislazioni dei singoli Stati comunitari e nemmeno all'interno delle singole discipline scientifiche, pertanto i documenti comunitari, si sono preoccupati di dare una definizione univoca:

- Pericolo: proprietà o qualità intrinseca di una determinata entità (ad es. materiali o attrezzature di lavoro, metodi e pratiche di lavoro) avente il potenziale di provocare danni;

- Rischio: probabilità che sia raggiunto il livello potenziale di danno nelle condizioni di impiego e/o esposizione, nonché dimensioni possibili del danno stesso;

- Valutazione dei rischi: procedimento di valutazione della possibile entità del danno, quale conseguenza del rischio per la sicurezza e la salute dei lavoratori nell'espletamento delle loro mansioni, derivante dal verificarsi di un pericolo sul luogo di lavoro.

Il decreto legislativo 626/1994 principalmente va a ricodificare la strategia prevenzionistica rispetto alla previgente normativa di sicurezza, incentrata sull'applicazione dei D.P.R. 547/1955, e 303/1956, nonché, per il settore estrattivo, del D.P.R. 128/1959, che rimandava la verifica della loro applicazione al momento ispettivo dell'Organo di vigilanza.

La nuova normativa, invece, cerca di rendere le aziende protagoniste anche nell'attività di sicurezza, stabilendo una costante correlazione da ricercare tra attività produttiva e conseguenti adeguate misure di sicurezza stessa, secondo criteri concettuali e di priorità stabiliti dal citato decreto 626/1994.

L’attuazione della pianificazione della gestione della sicurezza avviene attraverso l’attuazione delle previsioni della valutazione dei rischi di cui all’art. 4, comma 1, del decreto legislativo, secondo le misure generali di tutela previste dall’art 3.

La valutazione dei rischi, per le conoscenze specialistiche ed interdisciplinari che necessita, per la complessità ed onerosità delle operazioni da effettuare, deve essere condotta, se pur sotto la responsabilità del datore di lavoro, da parte di personale specializzato ed appositamente formato, in collaborazione tassativa con le professionalità e rappresentanze aziendali indicate dal decreto legislativo 626/1994, la cui nomina compete allo stesso datore di lavoro o ai lavoratori.

Si riporta l’art. 4 vigente:Art. 4. - Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto. 1. Il datore di lavoro in relazione alla natura dell'attività dell'azienda ovvero dell'unità

produttiva, valuta, nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati chimici impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro, i rischi per la sicurezza e

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per la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti i gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari.

2. All'esito della valutazione di cui al comma 1, il datore di lavoro elabora un documento contenente: a) una relazione sulla valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute durante il lavoro, nella

quale sono specificati i criteri adottati per la valutazione stessa; b) l'individuazione delle misure di prevenzione e di protezione e dei dispositivi di protezione

individuale, conseguente alla valutazione di cui alla lettera a);c) il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei

livelli di sicurezza.3. Il documento è custodito presso l'azienda ovvero unità produttiva. 4. Il datore di lavoro:

a) designa il responsabile del servizio di prevenzione e protezione interno o esterno all'azienda secondo le regole di cui all'art. 8;

b) designa gli addetti al servizio di prevenzione e protezione interno o esterno all'azienda secondo le regole di cui all'art. 8;

c) nomina, nei casi previsti dall'articolo 16, il medico competente.5. Il datore di lavoro adotta le misure necessarie per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ed in

particolare: a) designa preventivamente i lavoratori incaricati dell'attuazione delle misure di prevenzione

incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei lavoratori in caso di pericolo grave e immediato, di salvataggio di pronto soccorso e, comunque, di gestione dell'emergenza;

b) aggiorna le misure di prevenzione in relazione ai mutamenti organizzativi e produttivi che hanno rilevanza ai fini della salute e della sicurezza del lavoro, ovvero in relazione al grado di evoluzione della tecnica, della prevenzione e della protezione;

c) nell'affidare i compiti ai lavoratori tiene conto delle capacità e delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute e alla sicurezza;

d) fornisce ai lavoratori i necessari e idonei dispositivi di protezione individuale sentito il responsabile del servizio di prevenzione e protezione ;

e) prende le misure appropriate affinché soltanto i lavoratori che hanno ricevuto adeguate istruzioni accedano alle zone che li espongono ad un rischio grave e specifico;

f) richiede l'osservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme vigenti, nonché delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza e di igiene del lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuale messi a loro disposizione;

g) richiede l'osservanza da parte del medico competente degli obblighi previsti dal presente decreto, informandolo sui processi e sui rischi connessi all'attività produttiva;

h) adotta le misure per il controllo delle situazioni di rischio in caso di emergenza e dà istruzioni affinché i lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato ed inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o la zona pericolosa;

i) informa il più presto possibile i lavoratori esposti al rischio di un pericolo grave ed immediato circa il rischio stesso e le disposizioni prese o da prendere in materia di protezione;

l) si astiene, salvo eccezioni debitamente motivate, dal richiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave ed immediato;

m) permette ai lavoratori di verificare, mediante il rappresentante per la sicurezza, l'applicazione delle misure di sicurezza e di protezione della salute e consente al rappresentante per la sicurezza di accedere alle informazioni ed alla documentazione aziendale di cui all'art. 19 comma 1 lettera e);

n) prende appropriati provvedimenti per evitare che le misure tecniche adottate possano causare rischi per la salute della popolazione o deteriorare l'ambiente esterno;

o) tiene un registro nel quale sono annotati cronologicamente gli infortuni sul lavoro che comportano un'assenza dal lavoro di almeno un giorno. Nel registro sono annotati il nome, il cognome, la qualifica professionale dell'infortunato, le cause e le circostanze dell'infortunio, nonché la data di abbandono e di ripresa del lavoro. Il registro è redatto conformemente al modello approvato con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentita la commissione consultiva permanente, di cui all'art. 394 del

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decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, e successive modifiche ed è conservato sul luogo di lavoro a disposizione dell'organo di vigilanza. Fino all'emanazione di tale decreto il registro è redatto in conformità ai modelli già disciplinati dalle leggi vigenti;

p) consulta il rappresentante per la sicurezza nei casi previsti dall'art. 19, comma 1, lettere b), c) e d) ;

q) adotta le misure necessarie ai fini della prevenzione incendi e dell'evacuazione dei lavoratori, nonché per il caso di pericolo grave ed immediato. Tali misure devono essere adeguate alla natura dell'attività, alle dimensioni dell'azienda ovvero dell'unità produttiva, e al numero delle persone presenti.

6. Il datore di lavoro effettua la valutazione di cui al comma 1 ed elabora il documento di cui al comma 2 in collaborazione con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e con il medico competente, nei casi in cui sia obbligatoria la sorveglianza sanitaria, previa consultazione del rappresentante per la sicurezza.

7. La valutazione di cui al comma 1 ed il documento di cui al comma 2 sono rielaborati in occasione di modifiche del processo produttivo significative ai fini della sicurezza e della salute dei lavoratori.

8. Il datore di lavoro custodisce, presso l'azienda ovvero l'unità produttiva, la cartella sanitaria e di rischio del lavoratore sottoposto a sorveglianza sanitaria, con salvaguardia del segreto professionale, e ne consegna copia al lavoratore stesso al momento della risoluzione del rapporto di lavoro, ovvero quando lo stesso ne faccia richiesta.

9. Per le piccole e medie aziende, con uno o più decreti da emanarsi entro il 31 marzo 1996 da parte dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale, dell'industria, del commercio e dell'artigianato e della sanità, sentita la Commissione consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e per l'igiene del lavoro, in relazione alla natura dei rischi e alle dimensioni dell'azienda, sono definite procedure standardizzate per gli adempimenti documentali di cui al presente articolo. Tali disposizioni non si applicano alle attività industriali di cui all'art.1 del decreto del Presidente della Repubblica del 17 maggio 1988, n. 175, e successive modifiche, soggette all'obbligo di dichiarazione o notifica ai sensi degli articoli 4 e 6 del decreto stesso, alle centrali termoelettriche, agli impianti e laboratori nucleari, alle aziende estrattive ed altre attività minerarie, alle aziende per la fabbricazione e il deposito separato di esplosivi, polveri e munizioni, e alle strutture di ricovero e cura sia pubbliche sia private.

10. Per le medesime aziende di cui al comma 9, primo periodo, con uno o più decreti dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale, dell'industria del commercio e dell'artigianato e della sanità, sentita la Commissione consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e per l'igiene del lavoro, possono essere altresì definiti: a) i casi relativi a ipotesi di scarsa pericolosità, nei quali è possibile lo svolgimento diretto dei

compiti di prevenzione e protezione in aziende ovvero unità produttive che impiegano un numero di addetti superiore a quello indicato nell'Allegato I;

b) i casi in cui è possibile la riduzione a una sola volta all'anno della visita di cui all'art.17, lettera h), degli ambienti di lavoro da parte del medico competente, ferma restando l'obbligatorietà di visite ulteriori, allorchè si modificano le situazioni di rischio.

11. Fatta eccezione per le aziende indicate nella nota (1) dell'Allegato I, il datore di lavoro delle aziende familiari nonchè delle aziende che occupano fino a dieci addetti non è soggetto agli obblighi di cui ai commi 2 e 3, ma è tenuto comunque ad autocertificare per iscritto l'avvenuta effettuazione della valutazione dei rischi e l'adempimento degli obblighi ad essa collegati. L'autocertificazione deve essere inviata al rappresentante per la sicurezza. Sono in ogni caso soggette agli obblighi di cui ai commi 2 e 3 le aziende familiari nonchè le aziende che occupano fino a dieci addetti, soggette a particolari fattori di rischio, individuate nell'ambito di specifici settori produttivi con uno o più decreti del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri della sanità, dell'industria del commercio e dell'artigianato, delle risorse agricole alimentari e forestali e dell'interno, per quanto di rispettiva competenza.

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12. Gli obblighi relativi agli interventi strutturali e di manutenzione necessari per assicurare, ai sensi del presente decreto, la sicurezza dei locali e degli edifici assegnati in uso a pubbliche amministrazioni o a pubblici uffici, ivi comprese le istituzioni scolastiche ed educative, restano a carico dell'amministrazione tenuta, per effetto di norme o convenzioni, alla loro fornitura e manutenzione. In tal caso gli obblighi previsti dal presente decreto, relativamente ai predetti interventi, si intendono assolti, da parte dei dirigenti o funzionari preposti agli uffici interessati, con la richiesta del loro adempimento all'amministrazione competente o al soggetto che ne ha l'obbligo giuridico.

Attuazione delle direttive 92/91 e 92/104 riguardante il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori delle attività estrattive –D.Lgs. 624/96

Con l’emanazione del D.L.gs 624/96 è stata data attuazione alle direttive 92/91 e 92/104 che sono relative alla sicurezza e salute dei lavoratori nelle industrie estrattive per trivellazione e nelle industrie estrattive a cielo aperto o sotterranee.

Il lavoro di formazione della nuova normativa ha dovuto attuare un coordinamento del contenuto con la previgente normativa, rimasta valida nei suoi principi generali, ed anche con i principi generali fissati dal decreto legislativo 626/1994. Per gli argomenti non trattati è stata predisposta una normativa specifica riportata all’interno del D. Lgs. 624/96.

Il D.L.gs 624/96 per molti aspetti ha fatto riferimento a quanto previsto dal D.L.gs 626/94 richiamandone gli obblighi di attuazione.

Il D.L.gs 624/96, pertanto, introduce nel campo minerario tutte le innovazioni del D.L.gs 626/94 ed inoltre da un ruolo di maggiore responsabilità al datore di lavoro che ha l’obbligo di assicurare adeguate misure di sicurezza e salute dei lavoratori.

Un altro aspetto innovativo è la presa d’atto dell’avvenuto passaggio della attività di cava da una situazione di assoluta libertà ad un regime autorizzatorio generalizzato.

La struttura del D.L.gs 624/96TITOLO I – disposizioni generaliTITOLO II – norme specifiche in materia di sicurezza e di salute applicabili alle attività estrattive a cielo aperto o sotterranee, nonché agli impianti pertinenti di superficieTITOLO III - norme specifiche in materia di sicurezza e di salute applicabili alle attività estrattive condotte mediante perforazioneTITOLO IV – norme transitorie e finaliTITOLO V - sanzioni

Al titolo I si segnalano alcune definizione (art. 2) tra cui quelle delle figure professionali che interverranno a vario titolo nella attuazione del decreto che vanno integrate con le figure definite dal D.L.gs 626/94

Luogo di lavoro: ogni luogo destinato ai posti di lavoro ove si svolgono le attività di cui all'articolo 1, compresi gli alloggi a cui i lavoratori hanno accesso nell'ambito del loro lavoro, la viabilità interna a servizio dell'attività stessa, le discariche, nonché le altre aree di deposito, con l'esclusione, per le attività condotte mediante perforazione, delle aree di magazzinaggio e deposito non direttamente connesse alle attività stesse;

Titolare: l'imprenditore di miniera o cava, o il titolare di permesso di prospezione o di ricerca o di concessione di coltivazione o di autorizzazione di cava;Il decreto assegna obblighi sia a carico del titolare che del datore di lavoro. Il titolare, definito all'art. 2, comma 1, lettera b), del decreto è la persona giuridica che detiene il titolo minerario o l'autorizzazione di cava, rilasciato dalla Pubblica Amministrazione, nei confronti della quale è chiamato a rispettare una serie di impegni di tipo amministrativo stabiliti dalle

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pertinenti norme. Pertanto, egli detiene, ai sensi del decreto, notevoli responsabilità anche nel settore della sicurezza e della salute dei lavoratori. Il datore di lavoro, definito all'art. 2 del D.Lgs. 626/94, è invece il responsabile del rapporto di lavoro con i lavoratori da lui dipendenti e, in ogni caso, dell'attività lavorativa da essi svolta. Occorre considerare separatamente il caso di titolare che esegua direttamente i lavori estrattivi con proprio personale e quello di titolare che si avvalga, in tutto o in parte, di imprese appaltatrici o comunque esterne, o di lavoratori autonomi. Nel primo caso il soggetto che detiene il titolo minerario (o l'autorizzazione di cava) svolge direttamente l'attività estrattiva, come avviene nella maggioranza delle miniere e delle cave. Non esiste, allora, distinzione fra "titolare" e "datore di lavoro" e, sull'unico soggetto, si sommano le responsabilità di entrambe le figure. Nel caso invece in cui il titolare non effettui alcuna lavorazione con propri lavoratori, ma affidi completamente le operazioni a ditte esterne, egli sarà tenuto ai soli adempimenti che il decreto assegna alla figura del titolare stesso.Infine, nel caso che il titolare si avvalga dell'opera di altre imprese per condurre solo parte delle attività estrattive, egli ha sia gli obblighi specifici attribuiti dal decreto alla figura del titolare, sia quelli propri del datore di lavoro nei riguardi dei propri dipendenti operanti sul luogo di lavoro. Gli obblighi relativi alla sicurezza e salute dei dipendenti delle imprese appaltatrici operanti sullo stesso luogo di lavoro sono invece attribuiti ai loro rispettivi datori di lavoro. I compiti di tutti i datori di lavoro nei confronti dei propri dipendenti, si sommano sempre ai compiti che il D.Lgs. 626/94 assegna al datore di lavoro. Alla luce di quanto sopra espresso, i compiti che in ogni caso il decreto attribuisce al titolare sono:

- la predisposizione del DSS di cui all'art. 6, comma 2, o del DSS coordinato di cui all'art. 9, comma 2; in tale contesto, il titolare ha anche la responsabilità dell'individuazione del luogo di lavoro e del computo del numero degli addetti;

- gli aggiornamenti del DSS (art. 6, comma 3);- l'attestazione annuale relativa alla sicurezza (art. 6, comma 2);- la trasmissione del DSS all'autorità di vigilanza (art. 6, comma 4; art. 18, comma 1);- la nomina del direttore responsabile (art. 20, comma 1);- l'attestazione del possesso dei requisiti del direttore responsabile (art. 20, comma 8);- la designazione dei sorveglianti sul luogo di lavoro (art. 20, comma 5; art. 2; comma 1, lettera c; art. 7,

comma 1, lettera a);- l'attestazione del possesso dei requisiti dei sorveglianti (art. 20, comma 8);- la denuncia delle variazioni di direttore responsabile e sorveglianti (art. 20, commi 12 e 17);- la presentazione delle denunce di esercizio (art. 20, commi 11, 14, 15 e 18);- la trasmissione all'autorità di vigilanza competente del prospetto riassuntivo degli infortuni (art. 25,

comma 8).

Sorvegliante: persona, in possesso delle capacità e delle competenze necessarie, designato dal titolare per la sorveglianza sul luogo di lavoro occupato da lavoratori.Il sorvegliante rappresenta la persona costantemente presente sul luogo di lavoro, designata dal titolare per garantire la sorveglianza delle operazioni ai fini della sicurezza dei lavoratori. Ai fini dell'univoca individuazione delle responsabilità, si dovrebbe, di norma, nominare un unico sorvegliante per turno e per luogo di lavoro. Tuttavia, in relazione alla complessità o ampiezza del luogo di lavoro, proprio allo scopo di garantire una presenza che sorvegli le operazioni eseguite nei vari posti di lavoro (per esempio nel caso di miniere in sotterraneo che si sviluppano su più livelli), il titolare può designare più sorveglianti per uno stesso luogo di lavoro. In tal caso, ai fini della corretta individuazione delle responsabilità, è necessario che i loro compiti siano univocamente e formalmente definiti dal titolare del DSS. In ogni caso risulta opportuno che venga istituito un sistema di registrazione per le presenze dei sorveglianti nei vari turni di lavoro. Si osserva che la figura del sorvegliante introdotta dal decreto assorbe quei compiti di sorveglianza già attribuiti alle figure di "capo servizio" e "preposto" dal D.P.R. 128/59.Le figure di direttore responsabile e di sorvegliante si aggiungono a quella di responsabile del servizio di prevenzione e protezione (SPP) prevista dal D.Lgs. 626/94 per ogni azienda o unità produttiva.

I principali obblighi del sorvegliante sono:- Sottoscrive il DSS;- Dà ai lavoratori specifico incarico scritto, in caso in cui non provvedesse il Direttore

Responsabile, in cui vengono specificate le precauzioni da adottare per l'esecuzione di

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attività pericolose;- Dà, in caso di infortunio, immediata comunicazione al Datore di Lavoro, al Titolare ed

al Direttore Responsabile.

Direttore responsabile: persona, in possesso della capacità e delle, competenze necessarie, sotto la cui responsabilità ricadono costantemente i luoghi di lavoro.Con la figura del direttore responsabile, prevista dalle direttive comunitarie e recepita con il decreto, viene sostanzialmente confermata la previgente normativa, la quale già stabiliva che nelle miniere e nelle cave fosse nominato, dall'imprenditore, un direttore responsabile, sotto la cui autorità dovevano essere svolti i lavori estrattivi.L'art. 20, comma 2, sostituendo l'art. 27 delD.P.R. 128/59, ha esteso a tutte le attività estrattive i requisiti già previsti (laurea in ingegneria) per il direttore responsabile di miniera, limitando l'utilizzo di periti industriali minerari ai luoghi di lavoro che impiegano complessivamente fino a 15 addetti nel turno più numeroso. Inoltre, ha assimilato ai periti minerari i diplomati universitari in Ingegneria Ambiente-Risorse (o equipollenti) e i geologi e, ad eccezione delle attività condotte mediante perforazione, quelli in possesso di diploma in discipline tecniche industriali, purché abbiano ricevuta formazione specifica, acquisita a seguito della frequenza e del superamento di idonei corsi. L'art. 100 ha disposto infine che chi eserciti, all'atto dell'entrata in vigore del decreto, le funzioni di direttore responsabile da almeno due anni possa continuare ad esercitare tali funzioni nella stessa unità produttiva o in attività similari.Al direttore responsabile spetta l'obbligo di osservare e far osservare le disposizioni normative e regolamentari in materia di tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori, nonché di attuare il DSS o il DSS coordinato (che egli sottoscrive), sia negli obiettivi, sia nelle specifiche disposizioni. Egli dunque, anche in virtù degli specifici titoli culturali richiesti, affianca il titolare sul piano operativo nella responsabilità della sicurezza e della salute nel luogo di lavoro. La sua responsabilità costante non implica tuttavia una sua costante presenza sul luogo di lavoro; l'eventuale designazione di un vice-direttore, pur rappresentando una facoltà del titolare nell'ambito dell'organizzazione aziendale, non implica comunque alcun trasferimento, neppure temporaneo, delle responsabilità del direttore. Le figure di direttore responsabile e di sorvegliante si aggiungono a quella di responsabile del servizio di prevenzione e protezione (SPP) prevista dal D.Lgs. 626/94 per ogni azienda o unità produttiva. Il decreto non esclude la possibilità di far assumere al direttore responsabile la qualifica di responsabile del SPP: il D.Lgs. 626/94 non prescrive infatti requisiti professionali per il responsabile del SPP, anche se spetta comunque al datore di lavoro di valutare l'idoneità di un candidato in base a titoli culturali ed esperienza lavorativa (art 8, comma 2 e comma 11, del D.Lgs. 626/94), tenendo conto dei compiti assegnati dal D.Lgs. 626/94. La coincidenza nella stessa persona delle due funzioni dovrebbe essere evitata per lo meno in attività di dimensioni rilevanti, dato che le due figure hanno responsabilità ed obiettivi diversi. Appare infatti chiaro che il responsabile del SPP, collaborando, ai sensi dell'art. 4, comma 6, del D.Lgs. 626/94, alla valutazione dei rischi e partecipando alla riunione di prevenzione e protezione dai rischi, ha compiti precisi di monitoraggio della sicurezza, finalizzato alla riduzione dei rischi ed al miglioramento delle misure di tutela; il direttore responsabile ha invece sostanzialmente compiti di carattere operativo. Il decreto non esclude neppure che, per uno stesso luogo di lavoro, il direttore responsabile assuma la qualifica di sorvegliante; la compatibilità fra gli impegni delle due funzioni dovrà essere, tuttavia, valutata dal titolare. Premesso che nelle attività estrattive, ai sensi dell'allegato I al D.Lgs. 626/94, è fatto divieto al datore di lavoro di assumere la qualifica di responsabile del SPP, si ritiene che tale divieto debba estendersi in ogni caso al titolare.

I principali obblighi del direttore responsabile sono:- Osserva e fa osservare le disposizioni normative in materia di sicurezza e salute dei

lavoratori;- Sottoscrive il DSS;- Nella pianificazione dell'attività attua quanto previsto dal DSS;- Da ai lavoratori specifico incarico scritto in cui sono dettagliate le precauzioni da

adottare per le esecuzione di attività pericolose;- Denuncia entro 24 ore (telegramma o fax) alla Provincia ogni infortunio che abbia

causato lesioni guaribili in più di 30 gg. (se, contrariamente alla diagnosi iniziale, dopo 30gg. l'infortunato non è ancora guarito, la denuncia deve essere effettuata entro gli 8 giorni successivi);

- Sottoscrive ed allega alla denuncia una relazione sull'infortunio;

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- Comunica entro 24 ore (telegramma o fax) alla Provincia tutti gli infortuni causati da emanazione, accensione o scoppio di gas, nonché da fuochi, incendi, allagamenti;

- Assiste il funzionario della Provincia incaricato dell'accertamento delle cause che hanno provocato infortuni e sottoscrive il verbale di accertamento infortunio;

- Predispone le misure necessarie affinché i mezzi semoventi e di trasporto operanti all'interno della cava siano conformi alle normative vigenti, siano soggetti a manutenzione periodica e vengano utilizzati in modo da garantire la sicurezza dei conducenti e dei lavoratori del cantiere;

- Dispone affinché siano effettuate, periodicamente, esercitazioni di sicurezza;- Si attiene, per quanto riguarda la pianificazione dell'attività lavorativa, a quanto

prescritto nella relazione di stabilità dei fronti di scavo;- Trasmette alla Provincia i dati della produzione trimestrale e aggiorna il relativo registro.

Ingegnere Capo: nel caso di minerali di prima categoria (miniere), ferme restando le attribuzioni e le competenze delle regioni a statuto speciale, l'ingegnere capo è rappresentato dall’Ingegnere capo della Sezione dell'Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e la geotermia (UNMIG) competente per territorio. Nel caso di minerali di prima categoria (minerali secchi e di seconda categoria (cave e torbiere), l’ingegnere capo è il responsabile della struttura individuata dalla regione e incaricata di effettuare la vigilanza sulle attività estrattive; in tale caso per ufficio minerario si intende il corrispondente ufficio regionale.

Obblighi del datore di lavoro

Come già accennato in precedenza, la figura del datore di lavoro era sostanzialmente assente dalla legislazione mineraria di prevenzione, essendo tutte le responsabilità della conduzione dell'attività estrattiva, per quanto concerne la tutela e la sicurezza della salute dei lavoratori, in capo al direttore responsabile dei lavori; il datore di lavoro, già definito imprenditore, aveva solo l'obbligo di denunciare l'esercizio dell'attività estrattiva e di nominare il direttore dei lavori, al quale ultimo soltanto spettava l'obbligo di osservare e far osservare le norme del D.P.R. n. 128/1959 ed i provvedimenti emanati dall'autorità mineraria in esecuzione del decreto stesso.

Con il nuovo decreto sul datore di lavoro ricadono diversi obblighi ampiamente e dettagliatamente richiamati dal decreto stesso.

Il datore di lavoro deve provvedere affinché per ogni luogo di lavoro:- si predisponga una relazione sulla stabilità dei fronti tenendo conto dei macchinari e del

metodo di coltivazione;- Fa aggiornare annualmente la relazione sulla stabilità dei fronti di scavo;- Predispone l'analisi del rumore all'interno del cantiere;- Nomina il medico competente;- Fornisce ai dipendenti i dispositivi di protezione personali previsti dal DSS, sentito il

medico competente;- Per ogni luogo di lavoro, con più di 5 addetti, indice, almeno una volta all'anno, una

riunione di prevenzione dei rischi, con la partecipazione del datore di lavoro o di un suo rappresentante, del R.S.P.P., del medico competente e del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e successivamente, trasmette il relativo verbale alla Provincia.

Il documento di sicurezza e salute deve definire e valutare i rischi cui sono esposti i lavoratori sul posto di lavoro, prevedere le misure idonee per conseguire gli obiettivi di tutela, prevedere l'adeguata progettazione, utilizzo e mantenimento in efficienza dei luoghi di lavoro.

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I contenuti sono definiti dall’art. 10.

Documento di sicurezza e salute

L'obbligo principale ed innovativo, anche rispetto al D.Lgs. 626/94, è la predisposizione di uno specifico "Documento di Sicurezza e Salute" (DSS o DSS coordinato).Questo documento, da predisporre per ogni luogo di lavoro, anche con riferimento a quanto indicato all'art. 10, rappresenta la specializzazione, per il settore estrattivo, del documento di cui all'art. 4, comma 2, del D.Lgs. 626/94. Esso, con i suoi aggiornamenti, deve essere custodito sul luogo di lavoro, inviato all'autorità di vigilanza ed esaminato nella riunione di prevenzione e protezione dai rischi, da tenersi per ogni luogo di lavoro estrattivo con più di 5 addetti (art. 8). Il DSS è un documento programmatico che contiene la valutazione dei rischi e descrive, coerentemente con questa, le misure idonee di tutela, in situazioni sia normali che critiche, dimostrando che i luoghi di lavoro e le relative attrezzature sono stati progettati e vengono utilizzati e mantenuti in efficienza in modo sicuro. Esso è dunque un documento dinamico, che deve essere aggiornato a seguito di modifiche dei luoghi di lavoro rilevanti per la sicurezza, di eventi (infortuni, incidenti, etc.) che abbiano evidenziato la presenza di rischi non previsti o l'inadeguatezza di misure di prevenzione, di possibilità fornite dal progresso tecnico di ridurre o eliminare alcuni rischi, nonché di osservazioni e proposte ricevute nelle riunioni di prevenzione e protezione dai rischi. In generale, la valutazione della necessità di aggiornamento è compito del titolare. Qualora uno stesso luogo di lavoro sia interessato da attività che si svolgono secondo fasi operative temporalmente distinte, il DSS potrà essere predisposto per ogni singola fase. Nel caso di affidamento dei lavori all'interno del luogo di lavoro ad imprese appaltatrici o a lavoratori autonomi, o comunque di presenza, nello stesso luogo di lavoro, di lavoratori di più imprese, ciascun datore di lavoro (appaltatore) ha gli obblighi assegnatigli dall'art. 9, comma 2, lettere a) e c). Il titolare, acquisite le documentazioni predisposte dai singoli appaltatori, comprensive del documento di cui all'art. 4 del D.Lgs. 626/94 e delle informazioni di cui all'art. 10 del decreto, valutati i rischi derivanti dal complesso delle attività ed individuate le relative misure di prevenzione e di protezione, predispone un DSS coordinato. Si osserva che l'eventuale partecipazione alle operazioni di un lavoratore autonomo, per il quale non sussiste, ai sensi della citata circolare n. 172 del Ministero del lavoro, l'obbligo di procedere ad una valutazione dei rischi della propria attività, comporta la necessità che il lavoratore comunichi le proprie modalità di lavoro al titolare, in modo che quest'ultimo possa coordinarle con i rischi specifici del luogo di lavoro. Il lavoratore autonomo deve sottoscrivere il DSS coordinato per accettare i vincoli e le modifiche operative eventualmente imposte dal DSS all'attività che egli conduce nel luogo di lavoro estrattivo. L'obbligo di predisporre un DSS coordinato si determina dunque quando nel luogo di lavoro le attività sono eseguite attraverso l'apporto o la presenza di più imprese. Nell'ambito del DSS dovranno essere valutati anche quei lavori che, pur non avendo carattere di continuità, fanno comunque parte del normale svolgimento dell'attività e sono quindi pienamente prevedibili e programmabili, quali l'effettuazione della manutenzione ordinaria. Nel caso di lavori marginali rispetto all'attività estrattiva, non programmabili nel dettaglio e per i quali possa comunque ritenersi ridotta l'esposizione al rischio dei lavoratori interessati (quali, per esempio, il trasporto del minerale estratto come descritto nel successivo punto 8, o l'accesso al cantiere di mezzi di rifornimento), il titolare dovrà, quanto meno, prevedere nel DSS direttive procedurali di riferimento per il loro svolgimento, in base alle quali il direttore responsabile possa, mediante ordini di servizio, regolamentarne l'esecuzione in armonia con quanto previsto nel DSS. Qualora si renda necessario eseguire operazioni non contemplate nel DSS, il titolare dovrà procedere, di norma, all'aggiornamento dello stesso. Per lavori di breve durata e comunque tali da non modificare il ciclo operativo, l'aggiornamento potrà consistere nella definizione delle direttive specifiche per il direttore responsabile e degli aspetti organizzativi e procedurali, nonché nell'individuazione di opportune misure di sicurezza e nell'acquisizione di una dichiarazione di piena conoscenza ed accettazione da parte sia del direttore responsabile sia delle imprese appaltatrici o lavoratori autonomi eventualmente interessati. Si ricorda che tale aggiornamento dovrà comunque essere tenuto sul luogo di lavoro e trasmesso all'autorità di vigilanza. Per le attività in corso il DSS deve essere predisposto e trasmesso all'autorità di vigilanza entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore del decreto. Per le attività che avranno inizio successivamente al termine di cui sopra, il DSS deve essere predisposto e trasmesso all'autorità di vigilanza prima del loro inizio, ma successivamente all'ottenimento del titolo minerario o dell'autorizzazione di cava

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Con la presentazione del DSS all'autorità di vigilanza il titolare fornisce inizialmente anche l'attestazione di cui all'art. 6, comma 2, del decreto; egli è quindi tenuto, con cadenza almeno annuale, a ripetere tale attestazione. Per semplificare gli adempimenti, la presentazione dell'attestazione può avvenire contestualmente con quella di altra documentazione già prevista dalla normativa vigente (per esempio dall'art. 33 o dell'art. 41 del D.P.R. 128/59) Non si ritiene necessaria, a seguito di aggiornamento del DSS, la trasmissione dell'intero documento all'autorità di vigilanza, essendo sufficiente che a questa siano fornite solo le parti modificate, corredate dalle prescritte sottoscrizioni. Il DSS integra, per le attività estrattive, gli obblighi relativi alla valutazione dei rischi (e relativa redazione del documento di sicurezza) di cui al D.Lgs. 626/94; pertanto il termine di 6 mesi dall'entrata in vigore del decreto per la presentazione del DSS, fissato dall'art. 100, è da considerare esteso a tutti gli obblighi relativi o conseguenti alla sua redazione. Si ricorda che, ai sensi dell'art. 7, comma 2, la predisposizione del DSS o del DSS coordinato da parte del titolare è obbligo non delegabile. Si fa presente che l'obbligo di trasmissione del DSS all'autorità di vigilanza non implica alcuna accettazione o approvazione da parte dell'autorità stessa. Controlli specifici di conformità della conduzione delle operazioni rispetto ai DSS potranno essere effettuati in occasione delle visite ispettive dell'autorità di vigilanza.

Sulla progettazione

Il progetto presuppone una conoscenza dello stato di fatto da ottenere attraverso approfonditi studi geologici, geomorfologici, geomeccanici dei terreni oggetto di progettazione nonché di una dettagliata analisi del territorio.

Le conoscenze acquisite permetteranno di guidare la scelta del metodo di coltivazione e quindi la progettazione.

Per la scelta del metodo di coltivazione non vi sono regole precise che consentano di determinare quale è il metodo più conveniente per coltivare un dato giacimento. Molti fattori entrano in giuoco quali: Sicurezza, prezzo di costo, recupero, produttività, elasticità, il volume dello sterile di ricoprimento, la configurazione geometrica della parte sterile e del giacimento utile, il valore commerciale del minerale utile, le riserve accertate, la durezza delle rocce sterili di copertura, la distanza alla quale è necessario trasportarle, ecc.

Nella scelta del metodo deve tenersi conto in primo luogo della sicurezza e successivamente di tutti gli altri fattori.

La sicurezza del lavoro è l'esigenza fondamentale. La sicurezza per altro va intesa in senso lato, vale a dire che occorre evitare non solo i rischi d'infortuni ma anche quelli inerenti alle malattie professionali ed alle ripercussioni ambientali. La sicurezza così intesa richiede la massima attenzione da parte di chi sceglie il metodo e progetta, come richiederà in seguito la maggiore attenzione del responsabile esecutivo dei lavori.

La sicurezza è uno degli aspetti che incide in maniera preminente sulla scelta del metodo di coltivazione anche alla luce dell’aggiornamento subito dalla normativa sulla sicurezza del lavoro (DD.L.gs 277/91, 626/94, 624/96, ecc.) e dalla normativa sulla sicurezza esterna e sulla salvaguardia dell’ambiente.

Il titolare e le altre figure preposte alla gestione della sicurezza sono chiamati a pianificare, attraverso un intervento attivo, e preventivamente all’avvio dei lavori estrattivi, tutti gli interventi necessari alla salvaguardia della sicurezza interna ed esterna e dell’ambiente. Pertanto è auspicabile una loro attiva partecipazione nella fase progettuale, il progetto, in questo caso, garantisce una corretta organizzazione dell’attività estrattiva, la tutela della sicurezza e salute dei lavoratori e dell’ambiente.

Il progetto quindi deve rappresentare anche un atto di pianificazione di tutta l’attività estrattiva, atto che ha analizzato e coordinato tutti gli aspetti ad essa connessi nelle varie fasi della coltivazione che vanno dall’approntamento del cantiere, alla coltivazione vera e propria, all’eventuale trattamento del minerale estratto, al recupero ambientale ed alla restituzione del sito al futuro utilizzo.

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Si evidenzia che uno degli aspetti che condiziona fortemente le scelte progettuali è la stabilità dei fronti che deve essere assolutamente presa in esame preventivamente alle scelte del metodo e deve far parte della valutazione dei rischi per la sicurezza e salute dei lavoratori art. 10 del D.L.gs 624/96:

Art. 10 - Contenuti del DSS1. Il DSS di cui all'articolo 6, e quello di cui all'articolo 9, devono contenere la valutazione dei rischi per la salute e la

sicurezza dei lavoratori in relazione all'attività svolta e la conseguente individuazione delle misure e modalità operative, indicando in particolare le soluzioni adottate, o l'assenza di rischio, per ciascuno dei seguenti elementi:………………………………………..m) stabilità dei fronti;………………………………………..

Inoltre, sui metodi di coltivazioni interviene anche l’art. 52 del D.L.gs 624/96:

Art. 52 - Coltivazione1. Prima dell'inizio dei lavori di coltivazione, il datore di lavoro predispone una relazione sulla stabilita' dei fronti che

prenda in considerazione i rischi di caduta di massi e di franamento; in tale relazione, in conformità alle vigenti normative tecniche, devono essere definite, in funzione della natura e dello stato del terreno nonché dei macchinari impiegati, l'altezza e la pendenza dei fronti di coltivazione e dei terreni di copertura nonché il metodo di coltivazione impiegato; la relazione è aggiornata annualmente.

2. Ferme restando le disposizioni del Capo II del Titolo IV del decreto del Presidente della Repubblica n. 128 del 1959, il direttore responsabile, nella pianificazione dell'attivita' lavorativa, si attiene ai seguenti criteri:a) i gradoni e le vie di carreggio devono avere larghezza adeguata a consentire la circolazione del personale e

l’operativita' delle macchine ivi utilizzate, nonché stabilita' sufficiente a sopportarne il peso, la loro sistemazione e manutenzione devono permettere il movimento delle macchine in condizioni di assoluta sicurezza;

b) in fase di scavo al piede delle fronti o dei cumuli devono essere evitate situazioni di instabilita'.

Nel procedere alla progettazione si dovrà tenere conto anche del rispetto delle distanze di sicurezza nei confronti di opere e manufatti così come indicato nell’art. 104 del D.P.R. 128/59

Disposizioni tecniche in materia di sicurezza

Il D.L.gs. 624/96 interviene anche nel campo delle disposizioni tecniche introducendo modifiche a numerose norme specifiche in materia di impianti meccanici, elettrici ed elettromeccanici, trasporto degli esplosivi, protezione contro il rischio di esplosione, di incendio, di atmosfera nociva, in tema di trasporti, stabilità dei fronti, attrezzature di salvataggio, esercitazioni di sicurezza, aree di deposito, vie di uscita, armature di sostegno e stabilità dei terreni, ventilazione, etc.

I documenti da tenere in cantiere

- Atto autorizzativo dell’attività di cava;- DSS o DSS coordinato se necessario con relativi allegati;- Registro provvedimenti;- Registro infortuni;- Registro di carico e scarico esplosivi nel caso si usi esplosivo;- Registro della produzione trimestrale.

Sintesi sugli adempimenti e sulle relative sanzioni con particolare riferimento alle attività estrattive di cava

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Premessa

Nella attività di vigilanza svolta dai competenti organi capita di riscontrare infrazioni alle norme di legge, in tale circostanza il funzionario che accerta l’infrazione redige verbale ai sensi dell’art. 670 del D.P.R. 9 aprile 1959, n. 128 e, nel caso il persistere dell’infrazione, anche per tempi brevi, può comportare un potenziale pericolo per la sicurezza degli addetti, impartisce le prime misure di sicurezza ed eventualmente procede alla sospensione cautelare dei lavori pericolosi con ordine di immediata attuazione ai sensi dell’art, 675 del D.P.R. 128/59.

La violazione riscontrata può ricadere su tre fondamentali tipologie di provvedimento:

1) infrazione soggetta a diffida a carico degli inadempienti con la procedura di cui al D.P.R. 128/59, artt. 671, 2° comma (il Dirigente dell’ufficio di vigilanza, sentiti gli interessati, diffida gli inadempienti ad uniformarsi alle norme, fissando un termine di attuazione) e 672 (decorso il termine indicato nell’atto di diffida, si effettua una visita di controllo e quando sia stato accertato l’adempimento se ne dispone l’annotazione nell’atto relativo. Nel caso sia constatata la permanenza dell’infrazione si ordina la eventuale sospensione dei lavori e si inoltra denuncia all’autorità giudiziaria allegando copia dell’atto di diffida.

2) Infrazione soggetta alla sola sanzione amministrativa, in questo caso si provvede alla contestazione della sanzione ed alla eventuale azione di recupero nel caso di mancato pagamento.

3) Infrazione soggetta a contravvenzione secondo la definizione data dal D.Lgs. 19 dicembre 1994, n. 758 (art. 19 - si intende per: contravvenzioni, i reati in materia di sicurezza e di igiene del lavoro puniti con la pena alternativa dell'arresto o dell'ammenda in base alle norme indicate nell'allegato I). In questo caso si applica la procedura di cui al D.Lgs. 758/94 definita agli artt. da 20 a 24art. 20, d.lg. 758/1994 Prescrizione.1. Allo scopo di eliminare la contravvenzione accertata, l'organo di vigilanza, nell'esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria di cui all'art. 55 del codice di procedura penale, impartisce al contravventore un'apposita prescrizione, fissando per la regolarizzazione un termine non eccedente il periodo di tempo tecnicamente necessario. Tale termine è prorogabile a richiesta del contravventore, per la particolare complessità o per l'oggettiva difficoltà dell'adempimento. In nessun caso esso può superare i sei mesi. Tuttavia, quando specifiche circostanze non imputabili al contravventore determinano un ritardo nella regolarizzazione, il termine di sei mesi può essere prorogato per una sola volta, a richiesta del contravventore, per un tempo non superiore ad ulteriori sei mesi, con provvedimento motivato che è comunicato immediatamente al pubblico ministero. 2. Copia della prescrizione è notificata o comunicata anche al rappresentante legale dell'ente nell'ambito o al servizio del quale opera il contravventore. 3. Con la prescrizione l'organo di vigilanza può imporre specifiche misure atte a far cessare il pericolo per la sicurezza o per la salute dei lavoratori durante il lavoro. 4. Resta fermo l'obbligo dell'organo di vigilanza di riferire al pubblico ministero la notizia di reato inerente alla contravvenzione ai sensi dell'art. 347 del codice di procedura penale (1).

art. 21, d.lg. 758/1994 Verifica dell'adempimento.

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1. Entro e non oltre sessanta giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione, l'organo di vigilanza verifica se la violazione è stata eliminata secondo le modalità e nel termine indicati dalla prescrizione. 2. Quando risulta l'adempimento alla prescrizione, l'organo di vigilanza ammette il contravventore a pagare in sede amministrativa, nel termine di trenta giorni, una somma pari al quarto del massimo dell'ammenda stabilita per la contravvenzione commessa. Entro centoventi giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione, l'organo di vigilanza comunica al pubblico ministero l'adempimento alla prescrizione, nonché l'eventuale pagamento della predetta somma. 3. Quando risulta l'inadempimento alla prescrizione, l'organo di vigilanza ne dà comunicazione al pubblico ministero e al contravventore entro novanta giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione.

art. 22, d.lg. 758/1994 Notizie di reato non pervenute dall'organo di vigilanza. 1. Se il pubblico ministero prende notizia di una contravvenzione di propria iniziativa ovvero la riceve da privati o da pubblici ufficiali o incaricati di un pubblico servizio diversi dall'organo di vigilanza, ne dà immediata comunicazione all'organo di vigilanza per le determinazioni inerenti alla prescrizione che si renda necessaria allo scopo di eliminare la contravvenzione. 2. Nel caso previsto dal comma 1, l'organo di vigilanza informa il pubblico ministero delle proprie determinazioni entro sessanta giorni dalla data in cui ha ricevuto comunicazione della notizia di reato dal pubblico ministero.

art. 23, d.lg. 758/1994 Sospensione del procedimento penale. 1. Il procedimento per la contravvenzione è sospeso dal momento dell'iscrizione della notizia di reato nel registro di cui all'art. 335 del codice di procedura penale fino al momento in cui il pubblico ministero riceve una delle comunicazioni di cui all'art. 21, commi 2 e 3. 2. Nel caso previsto dall'art. 22, comma 1, il procedimento riprende il suo (1)corso quando l'organo di vigilanza informa il pubblico ministero che non ritiene di dover impartire una prescrizione, e comunque alla scadenza del termine di cui all'art. 22, comma 2, se l'organo di vigilanza omette di informare il pubblico ministero delle proprie determinazioni inerenti alla prescrizione. Qualora nel predetto termine l'organo di vigilanza informi il pubblico ministero d'aver impartito una prescrizione, il procedimento rimane sospeso fino al termine indicato dal comma 1. 3. La sospensione del procedimento non preclude la richiesta di archiviazione (p.p. 408 ss.). Non impedisce, inoltre, l'assunzione delle prove con incidente probatorio (p.p. 392 ss.), né gli atti urgenti di indagine preliminare, né il sequestro preventivo ai sensi degli articoli 321 e seguenti del codice di procedura penale.

art. 24, d.lg. 758/1994 Estinzione del reato. 1. La contravvenzione si estingue se il contravventore adempie alla prescrizione impartita dall'organo di vigilanza nel termine ivi fissato e provvede al pagamento previsto dall'art. 21, comma 2. 2. Il pubblico ministero richiede l'archiviazione se la contravvenzione è estinta ai sensi del comma 1. 3. L'adempimento in un tempo superiore a quello indicato nella prescrizione, ma che comunque risulta congruo a norma dell'art. 20, comma 1, ovvero l'eliminazione delle

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conseguenze dannose o pericolose della contravvenzione con modalità diverse da quelle indicate dall'organo di vigilanza, sono valutate ai fini dell'applicazione dell'art. 162-bis del codice penale. In tal caso, la somma da versare è ridotta al quarto del massimo dell'ammenda stabilita per la contravvenzione commessa.

In relazione al D.Lgs. 758/94 si osserva che la "prescrizione" si profila come un atto dovuto, compiuto nell'esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria, anche al fine di impedire che i reati vengano portati ad ulteriori conseguenze ed i requisiti che caratterizzano la prescrizione sono:

a) il campo d'applicazione;b) i titolari della potestà;c) i destinatari del provvedimento;d) la sua obbligatorietà;e) il termine di adempimento;f) il contenuto dell'atto;g) l'obbligo di riferire al P.M.;h) la verifica dell'adempimento.

a) Campo d'applicazioneLa prescrizione quale atto finalizzato ad eliminare la contravvenzione accertata, punita con la

pena dell'arresto o dell'ammenda, risulta applicabile alle sole violazioni passibili di regolarizzazione, come avveniva per la diffida.

Non è applicabile alle violazioni di norme di legge non sanzionate o sanzionate in via meramente amministrativa, come è riscontrabile per alcune disposizioni contenute nel d.lgs. 626/1994, di attuazione delle direttive CEE sulla tutela della salute e sicurezza del lavoro e nel D.P.R. 128/59, 624/96, 886/79 di tutela della salute e sicurezza nel lavoro minerario. In questo caso bisogna far riferimento alla potestà di disposizione degli ispettori del lavoro prevista dall’art. 10 del D.P.R. 19 marzo 1955, n520

b) Titolari della potestàLegittimato all'esercizio della prescrizione è l'organo di vigilanza, cioè il personale ispettivo

della ASL, con qualifica di polizia giudiziaria, fatte salve le diverse competenze previste da altre norme in campi specifici (ispettori del lavoro, ufficiali del Corpo nazionale dei vigili del fuoco nella specifica materia di loro competenza, ecc.).

c) Destinatari del provvedimentoDiversamente dalla diffida che si indirizzava al datore di lavoro e/o al direttore dei lavori in

campo minerario, la prescrizione ha per destinatari tutti i soggetti passibili di contravvenzione per inadempienza agli obblighi di sicurezza e d'igiene.

Il datore di lavoro, i dirigenti, i preposti ed i lavoratori sono i destinatari del provvedimento, come pure gli altri soggetti estranei al rapporto di lavoro come i progettisti, i fabbricanti, i com-mercianti, i montatori, gli installatori ed i medici competenti. Per sollecitarne l'adempimento la prescrizione deve essere notificata, oltre che al contravventore, anche al datore di lavoro.

d) ObbligatorietàDiversamente dalla diffida, che era alternativa all'obbligo del rapporto all'A.G., la prescrizione è

obbligatoria.

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e) Termine di adempimentoI margini di discrezionalità, nella valutazione del tempo necessario per adempiere, sono

racchiusi nei criteri guida seguenti:- il termine è commisurato al tempo tecnicamente necessario per la eliminazione della

contravvenzione, prescindendo da considerazioni di carattere economico (le quali considerazioni, invece, costituivano un elemento di valutazione ai fini dell'esercizio della diffida);

- il termine può essere prorogato, a richiesta dell'interessato, a condizione che l'adempimento risulti oggettivamente più difficoltoso o più complesso del previsto.

- Il termine, salvo proroga, non può superare i sei mesi.

f) Contenuto dell'attoI contenuti della prescrizione sono stabiliti dalla fattispecie normativa violata. Con la

prescrizione l'ispettore può imporre specifiche misure atte a far cessare il pericolo.

g) Obbligo di riferire al PM.Con l'intento di evitare abusi, viene sancito l'obbligo per l'ispettore di riferire al pubblico

ministero la notizia di reato inerente alla contravvenzione, secondo le modalità ed i termini stabiliti dall'articolo 347 c.p.p.

h)Verifica dell'adempimentoArt. 21. - Verifica dell'adempimento.

1. Entro e non oltre sessanta giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione, l'organo di vigilanza verifica se la violazione è stata eliminata secondo le modalità e nel termine indicati dalla prescrizione.

2. Quando risulta l'adempimento alla prescrizione, l'organo di vigilanza ammette il contravventore a pagare in sede amministrativa, nel termine di trenta giorni, una somma pari al quarto del massimo dell'ammenda stabilita per la contravvenzione commessa. Entro cento venti giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione, l'organo di vigilanza comunica al pubblico ministero l'adempimento alla prescrizione, nonché l'eventuale pagamento della predetta somma.

3. Quando risulta l'inadempimento alla prescrizione, l'organo di vigilanza ne dà comunicazione al pubblico ministero e al contravventore entro novanta giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione.

Le infrazioni più ricorrenti nelle attività estrattive di cava

Decreto Legislativo 25 novembre 1996, n 624

Disposizioni generali

Art. 5. d.lgs.624/96 Misure generali di tutela. 1. Le misure generali per la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, oltre a quelle previste dall'articolo 3 del decreto legislativo 626/94, sono le seguenti:

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a) i luoghi di lavoro devono essere progettati, realizzati, attrezzati, resi operativi, utilizzati e mantenuti in efficienza in modo da permettere ai lavoratori di espletare le mansioni loro affidate senza compromettere la salute e la sicurezza propria e degli altri lavoratori; b) i posti di lavoro devono essere progettati e costruiti secondo criteri ergonomici, tenendo conto della necessità che i lavoratori abbiano una visione d'insieme delle operazioni che si svolgono sul loro posto di lavoro; c) i lavori comportanti rischi particolari devono essere affidati soltanto a personale competente ed effettuati conformemente alle istruzioni impartite; d) devono essere fornite attrezzature adeguate di pronto soccorso; e) devono essere svolte adeguate esercitazioni di sicurezza ad intervalli regolari; f) i luoghi di lavoro devono essere progettati ed organizzati in modo da impedire l'innesco e la propagazione di incendi e che siano possibili operazioni antincendio rapide ed efficaci; g) i luoghi di lavoro devono essere dotati di adeguati dispositivi per combattere gli incendi e, ove necessario, di rivelatori d'incendio e sistemi d'allarme; h) i dispositivi di lotta contro gli incendi devono essere indicati con segnaletica conforme alla normativa vigente, apposta in modo durevole nei punti appropriati, e quelli non automatici devono essere facilmente accessibili, di semplice impiego e protetti contro i rischi di deterioramento; i) i luoghi di lavoro devono essere dotati di mezzi o sistemi adeguati di estinzione o di intervento per interrompere gli incendi, con riferimento alle specifiche caratteristiche dell'impianto riguardanti il materiale estratto o trattato; gli estintori portatili o carrellati devono essere di tipo approvato ed in numero adeguato, ubicati in luoghi facilmente accessibili, segnalati e collocati in posizioni tali da consentirne l'immediato uso; l) per attività condotte per perforazione, ove necessario, determinate attrezzature devono poter essere azionate per comando a distanza a partire da apposite postazioni; tali attrezzature devono includere i sistemi di isolamento e le valvole di scarico ai pozzi, impianti e condotte; m) ove necessario, occorre indicare i punti sicuri di raduno, tenere un ruolino d'appello e adottare le opportune disposizioni per il suo funzionamento; n) le misure di prevenzione e protezione dai rischi adottate devono essere verificate periodicamente.

Obblighi del datore di lavoro

Art. 6. d.lgs.624/96 Documento di sicurezza e di salute. 2. Il datore di lavoro, nel DSS, oltre a quanto previsto dall'articolo 4 del decreto legislativo 626/94, indica quanto previsto dall'articolo 10 ed attesta annualmente che i luoghi di lavoro, le attrezzature e gli impianti sono progettati, utilizzati e mantenuti in efficienza in modo sicuro. 3. Il datore di lavoro aggiorna il DSS qualora i luoghi di lavoro abbiano subìto modifiche rilevanti, nonché, ove se ne manifesti la necessità, a seguito di incidenti rilevanti. 4. Il datore di lavoro trasmette all'autorità di vigilanza: a) il DSS prima dell'inizio delle attività; b) gli aggiornamenti del DSS.

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:- a carico del datore di lavoro per la violazione ai commi 2 e3, punita con la sanzione dell’arresto da tre a

sei mesi o con l’ammenda da euro 1549,37 a euro 4131,65 ai sensi dell’art. 104 comma 1. - a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al comma 4, punita con la sanzione

dell’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da euro 516,45 a euro 2582,28 ai sensi dell’art. 104 comma 3b.

Art. 7. d.lgs.624/96 Obblighi. 1. II datore di lavoro: a) designa il sorvegliante nei luoghi di lavoro in cui sono presenti lavoratori; b) trasmette la comunicazione di cui all'articolo 8, comma 11, del decreto legislativo 626/94 anche all'autorità di vigilanza di cui all'articolo 3. 2. Nell'ambito degli obblighi previsti dal presente decreto, il titolare non può delegare quelli previsti dall'articolo 9, comma 2, lettera b).

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:

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- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al comma 1a, punita con la sanzione dell’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da euro 516,45 a euro 2582,28 ai sensi dell’art. 104 comma 3b.

- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al comma 1b, punita con la sanzione dell’arresto da uno a sei mesi o con l’ammenda da euro 516,45 a euro 3098,74 ai sensi dell’art. 104 comma 3c.

Per la violazione al comma 2 si applica la procedura di diffida.

Art. 8. d.lgs.624/96 Riunione di prevenzione e protezione dai rischi. 1. La riunione periodica di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 626/94 deve essere tenuta per ogni luogo di lavoro con più di 5 addetti. ………………………4. Il datore di lavoro trasmette all'Autorità di vigilanza il verbale della riunione di cui al comma 1.

Per la violazione ai commi 1 e 4 si applica la procedura di diffida.

Art. 9. d.lgs.624/96 DSS coordinato. 1. In caso di affidamento dei lavori all'interno del luogo di lavoro ad imprese appaltatrici o a lavoratori autonomi, o comunque quando nello stesso luogo di lavoro sono presenti lavoratori di più imprese, l'articolo 7 del decreto legislativo 626/94, si applica limitatamente al comma l, lettera a). 2. Nei casi di cui al comma 1: a) ciascun appaltatore trasmette al titolare la documentazione di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 626/94; b) il titolare valuta le documentazioni di cui alla lettera a), i rischi derivanti dal complesso delle attività e le relative misure di prevenzione e di protezione, e predispone un DSS coordinato, contenente le indicazioni previste dall'articolo 10, nel quale sono specificati l'obiettivo, le misure e le modalità di attuazione del coordinamento; c) gli appaltatori, previa consultazione dei propri rappresentanti per la sicurezza, sottoscrivono il DSS coordinato di cui alla lettera b), divenendone responsabili per l'attuazione della parte di specifica competenza.

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:- a carico del titolare per la violazione al comma 2b, punita con la sanzione dell’arresto da tre a sei mesi

o con l’ammenda da euro 1549,37 a euro 4131,65 ai sensi dell’art. 104 comma 2a.Per la violazione agli altri commi si applica la procedura di diffida.

10. d.lgs.624/96 Contenuti del DSS. 1. Il DSS di cui all'articolo 6, e quello di cui all'articolo 9, devono contenere la valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori in relazione all'attività svolta e la conseguente individuazione delle misure e modalità operative, indicando in particolare le soluzioni adottate, o l'assenza di rischio, per ciascuno dei seguenti elementi: a) protezione contro gli incendi, le esplosioni e le atmosfere esplosive o nocive; b) mezzi di evacuazione e salvataggio; c) sistemi di comunicazione, di avvertimento e di allarme; d) sorveglianza sanitaria; e) programma per l'ispezione sistematica, la manutenzione e la prova di attrezzature, della strumentazione e degli impianti meccanici, elettrici ed elettromeccanici; f) manutenzione del materiale di sicurezza; g) utilizzazione e manutenzione dei recipienti a pressione; h) uso e manutenzione dei mezzi di trasporto; i) esercitazioni di sicurezza; l) aree di deposito; m) stabilità dei fronti; n) armature di sostegno; o) modalità della ventilazione; p) zone a rischio di sprigionamenti istantanei di gas, di colpi di massiccio e di irruzioni di acqua; q) evacuazione del personale; r) organizzazione del servizio di salvataggio; s) impiego di adeguate attrezzature di sicurezza per prevenire rischi di eruzione dei pozzi, misure di controllo del fango di perforazione e misure di emergenza in caso di eruzioni; t) dispositivi di sicurezza e cautele operative in perforazioni con fluidi diversi dal fango;

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u) impiego dell'uso di esplosivo; v) eventuale programma di attività simultanee; z) criteri per l'addestramento in caso di emergenza; aa) misure specifiche per impianti modulari; bb) comandi a distanza in caso di emergenza; cc) indicazione dei punti sicuri di raduno; dd) disponibilità della camera iperbarica; ee) protezione degli alloggi dai rischi di incendio ed esplosione. 2. Il DSS deve altresì contenere indicazioni relative a: a) attività di informazione e formazione dei lavoratori; b) consultazione del rappresentante per la sicurezza.

Per le violazioni a tale articolo si applica la procedura di diffida.

Art. 11. d.lgs.624/96 Protezione contro gli incendi, le esplosioni e le atmosfere nocive. 1. Il datore di lavoro prende le misure e le precauzioni adatte al tipo di attività, al fine di: a) prevenire, rilevare e combattere l'insorgere e il propagarsi di incendi e di esplosioni; b) impedire la formazione, l'accumulo e l'innesco di atmosfere esplosive o nocive alla salute. Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:

- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione dell’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da euro 1539,37 a euro 4131,65 ai sensi dell’art. 104 comma 3a.

- a carico del preposto e sorvegliante per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione dell’arresto sino a due mesi o con l’ammenda da euro 258,22 a euro 1032,91 ai sensi dell’art. 105 comma 1a.

Art. 12. d.lgs.624/96 Mezzi di evacuazione e di salvataggio. 1. Il datore di lavoro fornisce e mantiene in efficienza i mezzi di evacuazione e di salvataggio appropriati affinché in caso di pericolo i lavoratori possano abbandonare il luogo di lavoro in modo rapido e sicuro. Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:

- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione dell’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da euro 1539,37 a euro 4131,65 ai sensi dell’art. 104 comma 3a.

- a carico del preposto e sorvegliante per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione dell’arresto sino a due mesi o con l’ammenda da euro 258,22 a euro 1032,91 ai sensi dell’art. 105 comma 1a.

Art. 13. d.lgs.624/96 Sistemi di comunicazione, di avvertimento e di allarme. 1. Il datore di lavoro fornisce e mantiene in efficienza i sistemi di allarme e di comunicazione necessari che permettano di iniziare immediatamente le operazioni di evacuazione, di soccorso e di salvataggio.

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione

dell’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da euro 1539,37 a euro 4131,65 ai sensi dell’art. 104 comma 3a.

- a carico del preposto e sorvegliante per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione dell’arresto sino a due mesi o con l’ammenda da euro 258,22 a euro 1032,91 ai sensi dell’art. 105 comma 1a.

Art. 15. d.lgs.624/96 Sorveglianza sanitaria. 1. Il datore di lavoro sottopone a sorveglianza sanitaria ai sensi del Titolo I del decreto legislativo 627/94 i lavoratori per i quali la valutazione dei rischi abbia evidenziato un rischio per la salute. 2. Sono fatte salve le disposizioni di cui all'articolo 93 del D.P.R. 128/59 e all'articolo 64 del D.P.R. 886/79 nonché quelle di cui al titolo XVI del citato D.P.R. 128/59. 3. La sorveglianza sanitaria prevista dalle disposizioni di cui al comma 2 è attuata dal medico competente in conformità agli articoli 16 e 17 del D.Lgs. 626/94. Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:

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- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione dell’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da euro 1539,37 a euro 4131,65 ai sensi dell’art. 104 comma 3a.

- a carico del preposto per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione dell’arresto sino a due mesi o con l’ammenda da euro 258,22 a euro 1032,91 ai sensi dell’art. 105 comma 1a.

Art. 22. d.lgs.624/96 Istruzioni scritte. 1. Per ogni luogo di lavoro il datore di lavoro deve curare la predisposizione di istruzioni scritte, opportunamente ubicate e, ove necessario, anche plurilingue, comprensibili a tutti i lavoratori, indicanti le norme da seguire a tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori e a garanzia dell'impiego del materiale in condizioni di sicurezza, nonché sull'uso delle attrezzature di salvataggio e sulle azioni da intraprendere in caso di emergenza sul posto di lavoro o nelle sue vicinanze. Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:

- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione dell’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da euro 516,45 a euro 2582,28 ai sensi dell’art. 104 comma 3b.

- a carico del preposto per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione dell’arresto sino a un mese o con l’ammenda da euro 154,93 a euro 516,45 ai sensi dell’art. 105 comma 1b.

Art. 23. d.lgs.624/96 Incarichi scritti per attività in situazioni pericolose. 1. Per l'esecuzione di attività in situazioni pericolose o di per sé non pericolose ma che, interagendo con altre, possono far insorgere rischi gravi, i lavoratori devono ricevere specifico incarico scritto che deve precisare le condizioni da rispettare e le precauzioni da adottare prima, durante e dopo i lavori. 2. L'incarico è rilasciato dal direttore responsabile o dal sorvegliante prima dell'inizio del lavoro. Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:

- a carico del sorvegliante per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione dell’arresto sino a un mese o con l’ammenda da euro 154,93 a euro 516,45 ai sensi dell’art. 105 comma 2.

Art.25. d.lgs.624/96 Infortuni ed incidenti. 1. I lavoratori sono tenuti a segnalare al più presto al sorvegliante ogni infortunio, anche se di piccola entità, loro occorso in occasione del lavoro. 2. Il sorvegliante comunica immediatamente l'infortunio, di cui sia venuto a conoscenza, al datore di lavoro dell'infortunato, al direttore responsabile ed al titolare, qualora diverso dal datore di lavoro. 3. Il direttore responsabile denuncia entro 24 ore, a mezzo telegramma o telefax, all'autorità di vigilanza ogni infortunio che abbia causato ad una o più persone la morte o lesioni guaribili in un tempo superiore a 30 giorni; se, contrariamente alla prognosi iniziale, un infortunato non sia guarito in 30 giorni, il direttore responsabile fa denuncia all'autorità di vigilanza entro la settimana successiva, allegando la documentazione medica. 4. La denuncia di cui al comma 3 deve essere comprensiva di una relazione sottoscritta dal direttore responsabile sulle cause e circostanze dell'infortunio. 5. Il direttore responsabile comunica altresì all'autorità di vigilanza entro 24 ore, a mezzo telegramma o telefax, tutti gli infortuni causati da emanazione, accensione o scoppio di gas nonché da fuochi, incendi o allagamenti. 6. È facoltà dell'autorità di vigilanza, in relazione agli accertamenti conseguenti, richiedere la assistenza in merito del Comando provinciale dei Vigili del fuoco. 7. Il direttore responsabile dà immediata comunicazione, all'autorità di vigilanza competente, a mezzo telegramma o telefax, di qualsiasi fatto, incidente o manifestazione sospetta che metta in pericolo la sicurezza delle persone e dei giacimenti. 8. Entro i primi 15 giorni di ogni mese il titolare trasmette all'autorità di vigilanza competente un prospetto riassuntivo, anche se negativo, degli infortuni verificatisi nel mese precedente e che abbiano comportato un'assenza dal lavoro di almeno tre giorni.

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:- a carico del direttore responsabile dei lavori per la violazione ai commi 3, 4, 5 e 7 punita con la sanzione

dell’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da euro 516,45 a euro 2582,28 ai sensi dell’art. 104 comma 4b;

- a carico del sorvegliante dei lavori per la violazione al comma 2 punita con la sanzione dell’arresto sino a un mese o con l’ammenda da euro 154,93 a euro 516,45 ai sensi dell’art. 105 comma 2.

Per la violazione ai commi 1 e 8 si applica la procedura di diffida.

Art. 31. d.lgs.624/96 Verifiche periodiche.

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1. Il datore di lavoro, conformemente alle modalità di cui al decreto del Ministro del lavoro 12 settembre 1959, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 299 dell'11 dicembre 1959, e successive modifiche ed integrazioni, deve denunciare all'autorità di vigilanza competente, prima della loro messa in esercizio, le attrezzature e gli impianti per i quali sono previste verifiche periodiche nel citato decreto n. 547 del 1955, nel citato decreto n. 128 del 1959 e nel citato decreto n. 886 del 1979.

Si applica la procedura della sanzione amministrativa:- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al comma 1 punita con la sanzione

amministrativa pecuniaria da euro 516,45 a euro 3098,74 ai sensi dell’art. 104 comma 3c.

Art. 32. d.lgs.624/96 Obblighi di manutenzione. 1. Il datore di lavoro provvede a che l'ispezione, la manutenzione e la prova dei componenti delle attrezzature, degli strumenti di misura e degli impianti siano eseguite da personale competente, a seguito di specifico incarico. 2. Il personale incaricato della manutenzione di cui al comma 1 deve compilare le schede di ispezione e di prova che devono essere opportunamente archiviate e tenute a disposizione dei funzionari dell'autorità di vigilanza.

Per la violazione alle norme del presente articolo si applica la procedura di diffida.

Art. 33. d.lgs.624/96 Misure generali di manutenzione del materiale di sicurezza. 1. I materiali di sicurezza devono essere adeguati alla valutazione dei rischi, tenuti costantemente pronti all'uso e mantenuti in stato d'efficienza. 2. La loro manutenzione deve essere curata tenendo debito conto delle attività svolte.

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al presente articolo punita con la sanzione

dell’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da euro 1549,37 a euro 4131,65 ai sensi dell’art. 104 comma 3a;

- a carico del preposto per la violazione al presente articolo punita con la sanzione dell’arresto sino a due mesi o con l’ammenda da euro 258,22 a euro 1032,91 ai sensi dell’art. 105 comma 1a.

Art. 34. d.lgs.624/96 Recipienti a pressione. 1. I recipienti a pressione devono essere installati, conservati ed utilizzati con le necessarie cautele, secondo le norme ad essi relative. 2. I recipienti a pressione sono soggetti alle verifiche e ai collaudi da parte dell'autorità di vigilanza con le modalità stabilite nel decreto del Ministro dell'Industria, del commercio e dell'artigianato del 22 luglio 1986, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 2 gennaio 1987, n. 1, e successive modifiche ed integrazioni. 3. L'autorità di vigilanza può avvalersi, d'intesa con il datore di lavoro, di Enti e laboratori conformi alle norme tecniche armonizzate di riferimento, previamente individuate dall'autorità stessa; le spese relative sono a carico del datore di lavoro.

Per la violazione alle norme del presente articolo si applica la procedura di diffida.

Art. 46. d.lgs.624/96 Misure generali per la protezione dai rischi di incendio. 1. Sul luogo di lavoro devono essere esposte indicazioni in cui siano specificate le misure previste per prevenire, individuare e combattere l'innesco e la propagazione di incendi. 2. Il decreto di cui all'articolo 13, comma 2, del D.Lgs. 626/94 è esteso al settore estrattivo. Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:

- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al comma 1, punita con la sanzione dell’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da euro 516,45 a euro 2582,28 ai sensi dell’art. 104 comma 3b.

- a carico del preposto per la violazione al comma 1, punita con la sanzione dell’arresto sino a un mese o con l’ammenda da euro 154,93 a euro 516,45 ai sensi dell’art. 105 comma 1b.

Art. 49. d.lgs.624/96 Esercitazioni di sicurezza. 1. Il direttore responsabile dispone affinché in tutti i luoghi di lavoro abitualmente occupati siano effettuate, ad intervalli periodici, esercitazioni di sicurezza; durante tali esercitazioni, fra l'altro, deve essere curato e verificato l'addestramento di tutte le persone cui, in caso di emergenza, siano assegnati compiti richiedenti l'impiego, la manipolazione o la messa in funzione di attrezzature di salvataggio; ove possibile, i lavoratori devono potersi esercitare al corretto uso di dette attrezzature.Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:

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- a carico del direttore responsabile dei lavori per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione dell’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da euro 1549,37 a euro 4131,65 ai sensi dell’art. 104 comma 4a.

Art. 52. d.lgs.624/96 Coltivazione. 1. Prima dell'inizio dei lavori di coltivazione, il datore di lavoro predispone una relazione sulla stabilità dei fronti che prenda in considerazione i rischi di caduta di massi e di franamento; in tale relazione, in conformità alle vigenti normative tecniche, devono essere definite, in funzione della natura e dello stato del terreno nonché dei macchinari impiegati, l'altezza e la pendenza dei fronti di coltivazione e dei terreni di copertura nonché il metodo di coltivazione impiegato; la relazione è aggiornata annualmente. Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:

- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione dell’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da euro 1549,37 a euro 4131,65 ai sensi dell’art. 104 comma 1.

- a carico del preposto per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione dell’arresto sino a un mese o con l’ammenda da euro 154,93 a euro 516,45 ai sensi dell’art. 105 comma 1b.

Decreto del Presidente della Repubblica 9 aprile 1959, n. 128

(Nomina Direttore responsabile lavori)

Art.6 (D.P.R. 128/59). Il titolare deve nominare un direttore responsabile in possesso delle capacità e delle competenze necessarie all'esercizio di tale incarico sotto la cui responsabilità ricadono costantemente i luoghi di lavoro. (ingegnere, perito minerario, geologo, abilitati all’esercizio della professione, oppure qualsiasi persona che alla data di entrata in vigore del D.Leg.vo 624/1996 esercitava tali funzioni da almeno due anni, purché il loro esercizio avvenga nella stessa unità produttiva o in attività estrattive similari per tecniche di coltivazione).Spetta al direttore responsabile l'obbligo di osservare e far osservare le disposizioni normative e regolamentari in materia di tutela della sicurezza e della salute dei lavoratoriSi applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:

- a carico titolare per la violazione al comma1, punita con la sanzione dell’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da euro 1549,37 a euro 10329,14 ai sensi dell’art. 681 comma 1.

Per la violazione al comma 2 si applica la procedura di diffida.

(Denuncia di Esercizio)

Art. 24 (D.P.R. 128/59) – I lavori che hanno luogo nelle attività estrattive devono essere denunciati all'autorità di vigilanza competente almeno otto giorni prima dell'inizio o della ripresa. La denuncia è fatta dal titolare o da un suo procuratore con lettera raccomandata con avviso di ricevimento e deve indicare, per ogni luogo di lavoro: a) gli estremi del titolo minerario o dell'autorizzazione di cava; b) l'ubicazione dei lavori e se questi sono a cielo aperto o in sotterraneo; c) il nome, cognome e domicilio del direttore responsabile; d) il nome, cognome e domicilio dei sorveglianti dei lavori, per ciascun turno. Nel caso di società regolarmente costituite deve essere indicato il legale rappresentante. Il titolare deve comunicare il proprio domicilio o eleggere un domicilio specialeSi applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:

- a carico titolare per la violazione al comma1, punita con la sanzione dell’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da euro 1549,37 a euro 10329,14 ai sensi dell’art. 681 comma 1.

Per la violazione agli altri commi si applica la procedura di diffida.

Art. 25 (D.P.R. 128/59) - Le variazioni che si verificano per il direttore responsabile e per i sorveglianti debbono essere denunciate entro 8 giorni all'autorità di vigilanza competente. Le sostituzioni temporanee dei sorveglianti di durata inferiore a 40 giorni non sono soggette a denuncia ma debbono risultare da un ordine di servizio del titolare o del direttore responsabile

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Per la violazione a tale articolo è prevista la procedura di diffida.

Art. 28 (D.P.R. 128/59) - Per le attività estrattive relative a minerali di seconda categoria la denuncia di esercizio di cui all'articolo 24 e le eventuali variazioni di cui all'articolo 25 sono trasmesse anche al Comune ove i lavori si svolgono mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento. Quando la cava sia tenuta in esercizio da persone non regolarmente costituite in società, deve essere nominato un rappresentante ai fini del presente decreto e di tutti i rapporti in genere con l'autorità mineraria. Qualora gli interessati non vi abbiano provveduto l'Ingegnere capo fissa un termine di tre mesi. In caso di mancato adempimento si applica la procedura prevista dall'articolo 28, comma 3, del regio decreto 29 luglio 1927, n. 1143Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:

- a carico titolare per la violazione al comma1, punita con la sanzione dell’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da euro 1549,37 a euro 10329,14 ai sensi dell’art. 681 comma 1.

All’atto della presentazione della denuncia di esercizio, il titolare allega il DSS relativo all’attività denunciata; il DSS deve essere coerente con il piano ed il programma di coltivazione.Il direttore responsabile ed i sorveglianti devono esplicitamente dichiarare nella denuncia di esercizio di avere piena conoscenza del DSS (art. 18, comma 2 del D.Leg.vo 624/96)

(Accesso ai lavori)

Art. 46 (D.P.R. 128/59) - L'accesso ai lavori ed agli impianti delle miniere e delle cave è vietato al pubblico a mezzo di recinti o di appositi avvisi. Gli estranei ai lavori non possono accedere alle miniere e cave o negli impianti connessi senza autorizzazione della direzione e senza essere accompagnati da persona all'uopo incaricata. Per la violazione a tale articolo è prevista la procedura di diffida.

(Registro delle Prescrizioni)

Art. 52 (D.P.R. 128/59) – Il direttore deve conservare in originale i provvedimenti del prefetto e dell'ingegnere capo curandone la trascrizione in registro da tenersi sul posto di lavoro. Per la violazione a tale articolo è prevista la procedura di diffida.

(Distanza da manufatti)

Art. 104 (D.P.R. 128/59) – Senza autorizzazione del prefetto sono vietati gli scavi a cielo aperto per ricerca o estrazione di sostanze minerali a distanze minori di: a) 10 m.: da strade di uso pubblico non carrozzabili; da luoghi cinti da muro destinati ad uso pubblico; b) 20 m.: da strade di uso pubblico carrozzabili, autostrade e tramvie; da corsi d'acqua senza opere di difesa; da sostegni o da cavi interrati di elettrodotti, di linee telefoniche o telegrafiche o da sostegni di teleferiche che non siano ad uso esclusivo delle escavazioni predette; da edifici pubblici e da edifici privati non disabitati; c) 50 m.: da ferrovie; da opere di difesa dei corsi d'acqua, da sorgenti, acquedotti e relativi serbatoi; da oleodotti e gasdotti; da costruzioni dichiarate monumenti nazionali. Le distanze predette s'intendono misurate in senso orizzontale dal ciglio superiore dell'escavazione. Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:

- a carico direttore responsabile dei lavori per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione dell’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da euro 1032,91 a euro 5164,57 ai sensi dell’art. 682 comma b.

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(Autorizzazione per deroga)

Art. 105 (D.P.R. 128/59) – L'autorizzazione è accordata con decreto, quando le condizioni di sicurezza lo consentano, sentito l'ingegnere capo ed altri organi interessati dello Stato, la Provincia ed i Comuni.

(Cauzione per probabili danni)

Art.113 (D.P.R. 128/59) – Per il risarcimento dei danni che potrebbero derivare dai lavori a cielo aperto o in sotterraneo, il prefetto, sentiti l'ingegnere capo e gli interessati, può imporre una cauzione. Ogni contestazione nella misura della cauzione è decisa dall'autorità giudiziaria. Quando è stata imposta una cauzione, il versamento relativo è condizione necessaria per l'inizio e la ripresa dei lavori sospesi.

(Ripari – recinzioni)

Art. 114 (D.P.R. 128/59) – Gli scavi delle lavorazioni a cielo aperto che presentano pericoli per la sicurezza delle persone o del traffico debbono essere protetti con ripari collocati alla distanza di almeno un metro dal ciglio superiore dello scavo stesso e ciò anche all'atto della sospensione o dell'abbandono dei lavori. Se la zona in cui si trovano gli scavi è molto estesa e poco frequentata è sufficiente disporre nei luoghi che vi adducono cartelli ammonitori. Nel caso di cave, quando l'imprenditore non abbia adempiuto alla norma del precedente comma e la cava sia tornata in disponibilità del proprietario, questi deve provvedere, salvi i diritti di rivalsa. Per la violazione a tale articolo è prevista la procedura di diffida.

(Piazzali)

Art. 115 (D.P.R. 128/59) – Ogni escavazione a cielo aperto deve essere provvista di un adeguato piazzale. Tale obbligo non sussiste durante la fase di apertura della cava, o quando trattasi di coltivazioni ad imbuto. Per la violazione a tale articolo si applica la procedura della diffida.

Art. 116 (D.P.R. 128/59) - Il piazzale deve essere tenuto sgombro da ogni materiale per un'ampiezza tale da consentire l'immediato allontanamento del personale in caso di pericolo.

I treni di vagoncini stazionanti parallelamente alle fronti di abbattimento debbono presentare, a distanza non maggiore di 10 m., passaggi liberi per vie di scampo al personale.

Per la violazione a tale articolo si applica la procedura della diffida.

(Ispezioni alle fronti)

Art. 117 (D.P.R. 128/59) – Prima dell'inizio di ogni turno di lavoro, nonché successivamente allo sparo delle mine o a forte pioggia o a disgelo, le fronti interessate dai lavori devono essere ispezionate dal personale di sorveglianza per accertare che non sussistano pericoli.Per la violazione a tale articolo si applica la procedura della diffida.

(Terreni di copertura)

Art. 118 (D.P.R. 128/59) – La coltivazione dei materiali utili si può effettuare soltanto quando i terreni di copertura che costituiscono motivo di pericolo siano stati asportati per una distanza non inferiore a 1,50 m. dal ciglio della fronte di abbattimento dei materiali utili.

Tale distanza deve essere adeguatamente aumentata se l'altezza e la possibilità di frammenti delle materie di copertura lo rendano necessario.

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L'asportazione delle materie di copertura, qualora non sia eseguita con mezzi meccanici, è fatta con tagli dall'alto in basso, a scarpata o, se occorre, a gradini.

Per la violazione a tale articolo si applica la procedura della diffida.

(Fronte di abbattimento)

Art. 119 (D.P.R. 128/59) – È vietato tenere a strapiombo le fronti di escavazione.

Quando le stratificazioni o le naturali fratture della roccia rendano gli strapiombi inevitabili, o quando la natura della roccia renda comunque malsicuro il fronte di cava, la coltivazione deve essere condotta procedendo dall'alto in basso con gradini di alzata riconosciuta idonea dall'ingegnere capo, oppure con l'impiego di altri mezzi atti ad evitare ogni pericolo e riconosciuti idonei dallo stesso ingegnere capo. Per la violazione a tale articolo si applica la procedura della diffida.Inoltre con ordine di immediata attuazione si vieta l’accesso all’area sottostante la fronte.

(Lavori su fronti ripide)

Art. 120 (D.P.R. 128/59) – Coloro che sono addetti o accedono a lavori sul ciglio di cava o su fronti inclinate più di 40° devono assicurarsi a mezzo di cinture, o bretelle o con altro sistema idoneo, ad una fune a sua volta assicurata saldamente.

Nelle stesse lavorazioni gli addetti devono portare l'elmetto.

Per la violazione a tale articolo si applica la procedura della diffida.

(Escavazioni meccaniche)

Art. 121 (D.P.R. 128/59) – Qualora si impieghino escavatrici meccaniche poste al piede del fronte di scavo, l'altezza del fronte stesso non deve superare il limite a cui possono giungere gli organi dell'escavatrice.

L'ingegnere capo può consentire che il limite suddetto sia superato quando per l'idoneità dei mezzi impiegati, la sicurezza sia ugualmente tutelata.

In tal caso l'imprenditore deve disporre una recinzione in modo che nessuno possa avvicinarsi al ciglio dello scavo.

Prima che l'escavatrice sia messa in moto si deve dare un segnale acustico e gli operai non devono trattenersi entro il raggio d'azione degli organi in movimento.

Per la violazione a tale articolo si applica la procedura della diffida.

(Escavazioni limitrofe)

Art.122 (D.P.R. 128/59) – Nelle escavazioni a cielo aperto i diaframmi eventualmente lasciati fra due lavorazioni contigue, anche se effettuate da imprenditori diversi, devono avere spessore sufficiente a resistere alle spinte del materiale che eventualmente fosse accumulato a ridosso degli stessi diaframmi.

Se due escavazioni condotte da differenti imprenditori avanzano l'una verso l'altra pervenendo ad un diaframma che non offra sufficiente garanzia di stabilità, l'ingegnere capo può ordinare che tale diaframma sia abbattuto mediante lavori disposti in comune.

Per la violazione a tale articolo si applica la procedura della diffida.Ed eventuale ordine di immediata attuazione di cui all’art.675 del D.P.R. 128/59.

(Disgaggio)

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Art. 129 (D.P.R. 128/59) – Dopo ogni volata di mine, il disgaggio e la rimozione dei materiali che presentino pericolo di distacco devono essere eseguiti prima di ogni altro lavoro ed impiegando attrezzi di adeguata lunghezza.Per la violazione a tale articolo si applica la procedura della diffida.Inoltre con ordine di immediata attuazione si vieta l’accesso all’area sottostante la fronte.

(Attestazione di cui all’art.296)

Art. 296 (D.P.R. 128/59) – Nei lavori delle miniere e delle cave l'uso degli esplosivi è consentito con le modalità e le limitazioni del presente decreto. Nei confronti degli imprenditori di miniere o di cave la concessione della licenza per il trasporto o il deposito di esplosivi, di cui agli articoli 46 e 47 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato conR.D. 773/31, è accordata su esibizione di un'attestazione rilasciata dal Distretto minerario comprovante l'avvenuto adempimento dell'obbligo della denuncia di esercizio di cui agli articoli 24 e 28 del presente decreto.

(Ordine di Servizio Sparo mine)

Art. 305 (D.P.R. 128/59) – Le norme di cui al presente titolo sono riportate in ordine di servizio del direttore unitamente alle modalità con le quali sono condotte le singole operazioni. Tale ordine di servizio è sottoposto all'approvazione dell'ingegnere capo. Per la violazione a tale articolo è prevista la procedura di diffida.

(Registro miccia nera)

Art. 308 (D.P.R. 128/59) – Le partite di miccia devono essere fatte controllare a cura della direzione, prima dell'impiego, nella misura di almeno un metro su cento metri al fine di accertare la velocità media di propagazione del fuoco. Il risultato degli accertamenti è annotato in registro. Per la violazione a tale articolo è prevista la procedura di diffida.

(Esploditori)

Art.345 (D.P.R. 128/59) – Gli esploditori portatili devono essere azionabili a mezzo di un dispositivo da inserire nella propria sede solo al momento del brillamento delle mine e che deve essere tenuto in custodia dal responsabile del tiro. Le parti attive degli esploditori sono chiuse in involucro stagno. Gli esploditori sono controllati almeno ogni sei mesi per accertarne la rispondenza delle caratteristiche elettriche essenziali ai requisiti. La verifica ha luogo in laboratori attrezzati. La frequenza e la natura di tali verifiche sono definite nell'ordine di servizio di cui all'articolo 305. Per la violazione a tale articolo è prevista la procedura di diffida.

(Registro carico e scarico degli esplosivi)

Art. 55 (R.D. 773/31-Testo Unico leggi di P.S.) Gli esercenti fabbriche, depositi o rivendite di esplodenti di qualsiasi specie sono obbligati a tenere un registro delle operazioni giornaliere, in cui saranno indicate le generalità delle persone con le quali le operazioni stesse sono compiute. I rivenditori di materie esplodenti devono altresì comunicare mensilmente all'ufficio di polizia competente per territorio le generalità delle persone e delle ditte che hanno acquistato munizioni ed esplosivi, la specie, i contrassegni e la quantità delle munizioni e degli esplosivi venduti e gli estremi dei titoli abilitativi all'acquisto esibiti dagli interessati .

Tale registro deve essere esibito a ogni richiesta degli ufficiali od agenti di pubblica sicurezza e deve essere conservato per un periodo di cinque anni anche dopo la cessazione dell'attività.

È vietato vendere o in qualsiasi altro modo cedere materie esplodenti di qualsiasi genere a privati che non siano muniti di permesso di porto d'armi ovvero di nulla osta rilasciato dal Questore. Il nulla osta non può essere rilasciato a minori; ha la validità di un mese ed è esente da ogni tributo. La domanda è redatta in carta libera.

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Il Questore può subordinare il rilascio del nulla osta di cui al comma precedente, alla presentazione di certificato del medico provinciale, o dell'ufficiale sanitario o di un medico militare, dal quale risulti che il richiedente non è affetto da malattie mentali oppure da vizi che ne diminuiscono, anche temporaneamente, la capacità di intendere e di volere.

Il contravventore è punito con l'arresto da nove mesi a tre anni e con l'ammenda non inferiore a lire 300.000.

L'acquirente o cessionario di materie esplodenti in violazione delle norme del presente articolo è punito con l'arresto sino a diciotto mesi e con l'ammenda sino a lire 300.000

e Art. 25 (Legge 18.4.75, n.110). Chiunque, per l'esercizio della propria attività lavorativa, fa abituale impiego di esplosivi di qualsiasi genere deve tenere il registro delle operazioni giornaliere previsto dal primo comma dell'articolo 55 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza 18 giugno 1931, n. 773.

È punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da lire 400.000 a lire 4.000.000 chi non osserva l'obbligo di cui al comma precedente.

Con la stessa pena sono punite le persone indicate nel primo comma del citato articolo 55 che non osservano l'obbligo di tenuta del registro.

Sono punite con l'arresto da venti giorni a tre mesi e con l'ammenda fino a lire 200.000 le persone obbligate a tenere il predetto registro le quali rifiutano ingiustificatamente di esibire il registro stesso agli ufficiali ed agenti di pubblica sicurezza che ne facciano richiesta.

(misure contro le polveri)

Art. 617 (D.P.R. 128/59) - Nelle lavorazioni in sotterraneo si deve evitare, con appropriati metodi e mezzi di lavoro e con l'adozione di idonei circuiti di ventilazione primaria e secondaria, che possano prodursi, accumularsi e propagarsi in sospensione nell'aria polveri nocive in misura pericolosa alla salute dei lavoratori.

Per gli stessi fini, misure appropriate devono essere adottate, occorrendo, nelle lavorazioni a cielo aperto. Per la violazione a tale articolo si applica la procedura della diffida.

(Polveri nei lavori di perforazione e abbattimento)

Art. 622 (D.P.R. 128/59) – Nei lavori dove si producono polveri nocive, la perforazione meccanica a secco delle rocce deve essere eseguita mediante attrezzi muniti di dispositivo idoneo alla captazione delle polveri prodotte, alla loro raccolta o fissazione. Il funzionamento di tale dispositivo deve avere inizio contemporaneamente alla messa in marcia dell'attrezzo e deve continuare per tutta la durata della perforazione.

Le polveri aspirate attraverso il canale assiale del fioretto o dall'orificio del foro in escavazione devono essere immesse in un separatore che ne impedisca la diffusione nell'aria.

Per la violazione a tale articolo si applica la procedura della diffida.

(Visite mediche)

Art. 648 (D.P.R. 128/59) – I lavoratori delle miniere e delle cave devono essere sottoposti a visita medica: a) prima della loro assunzione in servizio per accertare che abbiano i requisiti di idoneità al lavoro cui sono destinati; b) successivamente, a visite annuali per accertare la persistenza delle predette condizioni di idoneità. Le visite mediche sono effettuate, a spese dell'imprenditore, dal servizio medico aziendale di cui all'art. 652 e seguenti nei casi in cui tale servizio sia costituito, e, in caso diverso, da medici designati dall'Ispettorato medico del lavoro. Gli addetti ai lavori che comportino i rischi di cui alla tabella allegata al D.P.R. 303/56, devono essere sottoposti a visite mediche periodiche con la frequenza prevista nella tabella medesima. Per la violazione a tale articolo è prevista la procedura di diffida.

(Cassetta pronto soccorso)

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Art. 664 del D.P.R. 128/59 – Nelle miniere e nelle cave ove siano occupati fino a 25 lavoratori nel turno più numeroso, deve essere tenuta una cassetta di pronto soccorso conservata in luogo protetto. La cassetta di pronto soccorso deve essere affidata ad uno dei lavoratori di ciascun turno in possesso delle nozioni per l'impiego appropriato del materiale sanitario in essa contenuto. Per la violazione a tale articolo è prevista la procedura di diffida.

Decreto Legislativo 19 settembre 1994, n 626

Art. 4. d.lgs.626/94 Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto. 1. Il datore di lavoro, in relazione alla natura dell'attività dell'azienda ovvero dell'unità produttiva, valuta tutti i rischi per la sicurezza e per la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, anche nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati chimici impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro (6/a). 2. All'esito della valutazione di cui al comma 1, il datore di lavoro elabora un documento contenente:a) una relazione sulla valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute durante il lavoro, nella quale sono specificati i criteri adottati per la valutazione stessa; b) l'individuazione delle misure di prevenzione e di protezione e dei dispositivi di protezione individuale, conseguente alla valutazione di cui alla lettera a); c) il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza. 3. Il documento è custodito presso l'azienda ovvero l'unità produttiva. 4. Il datore di lavoro: a) designa il responsabile del servizio di prevenzione e protezione interno o esterno all'azienda secondo le regole di cui all'art. 8; b) designa gli addetti al servizio di prevenzione e protezione interno o esterno all'azienda secondo le regole di cui all'art. 8; c) nomina, nei casi previsti dall'art. 16, il medico competente.5. Il datore di lavoro adotta le misure necessarie per la sicurezza e la salute dei lavoratori, e in particolare: a) designa preventivamente i lavoratori incaricati dell'attuazione delle misure di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei lavoratori in caso di pericolo grave e immediato, di salvataggio, di pronto soccorso e, comunque, di gestione dell'emergenza; b) aggiorna le misure di prevenzione in relazione ai mutamenti organizzativi e produttivi che hanno rilevanza ai fini della salute e della sicurezza del lavoro, ovvero in relazione al grado di evoluzione della tecnica della prevenzione e della protezione; c) nell'affidare i compiti ai lavoratori tiene conto delle capacità e delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute e alla sicurezza; d) fornisce ai lavoratori i necessari e idonei dispositivi di protezione individuale, sentito il responsabile del servizio di prevenzione e protezione;e) prende le misure appropriate affinché soltanto i lavoratori che hanno ricevuto adeguate istruzioni accedano alle zone che li espongono ad un rischio grave e specifico; f) richiede l'osservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme vigenti, nonché delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza e di igiene del lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuali messi a loro disposizione; g) richiede l'osservanza da parte del medico competente degli obblighi previsti dal presente decreto, informandolo sui processi e sui rischi connessi all'attività produttiva; h) adotta le misure per il controllo delle situazioni di rischio in caso di emergenza e dà istruzioni affinché i lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato ed inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o la zona pericolosa;i) informa il più presto possibile i lavoratori esposti al rischio di un pericolo grave e immediato circa il rischio stesso e le disposizioni prese o da prendere in materia di protezione; l) si astiene, salvo eccezioni debitamente motivate, dal richiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave e immediato; m) permette ai lavoratori di verificare, mediante il rappresentante per la sicurezza, l'applicazione delle misure di sicurezza e di protezione della salute e consente al rappresentante per la sicurezza di accedere alle informazioni ed alla documentazione aziendale di cui all'art. 19, comma 1, lettera e); n) prende appropriati provvedimenti per evitare che le misure tecniche adottate possano causare rischi per la salute della popolazione o deteriorare l'ambiente esterno;

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o) tiene un registro nel quale sono annotati cronologicamente gli infortuni sul lavoro che comportano un'assenza dal lavoro di almeno un giorno. Nel registro sono annotati il nome, il cognome, la qualifica professionale dell'infortunato, le cause e le circostanze dell'infortunio, nonché la data di abbandono e di ripresa del lavoro. Il registro è redatto conformemente al modello approvato con decreto del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, sentita la commissione consultiva permanente, di cui all'art. 393 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, e successive modifiche, ed è conservato sul luogo di lavoro, a disposizione dell'organo di vigilanza. Fino all'emanazione di tale decreto il registro è redatto in conformità ai modelli già disciplinati dalle leggi vigenti; p) consulta il rappresentante per la sicurezza nei casi previsti dall'art. 19, comma 1, lettere b), c) e d);q) adotta le misure necessarie ai fini della prevenzione incendi e dell'evacuazione dei lavoratori, nonché per il caso di pericolo grave e immediato. Tali misure devono essere adeguate alla natura dell'attività, alle dimensioni dell'azienda, ovvero dell'unità produttiva, e al numero delle persone presenti. 6. Il datore di lavoro effettua la valutazione di cui al comma 1 ed elabora il documento di cui al comma 2 in collaborazione con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e con il medico competente nei casi in cui sia obbligatoria la sorveglianza sanitaria, previa consultazione del rappresentante per la sicurezza. 7. La valutazione di cui al comma 1 e il documento di cui al comma 2 sono rielaborati in occasione di modifiche del processo produttivo significative ai fini della sicurezza e della salute dei lavoratori.8. Il datore di lavoro custodisce, presso l'azienda ovvero l'unità produttiva, la cartella sanitaria e di rischio del lavoratore sottoposto a sorveglianza sanitaria, con salvaguardia del segreto professionale, e ne consegna copia al lavoratore stesso al momento della risoluzione del rapporto di lavoro, ovvero quando lo stesso ne fa richiesta.

11. Fatta eccezione per le aziende indicate nella nota [1] dell'allegato I, il datore di lavoro delle aziende familiari, nonché delle aziende che occupano fino a dieci addetti non è soggetto agli obblighi di cui ai commi 2 e 3, ma è tenuto comunque ad autocertificare per iscritto l'avvenuta effettuazione della valutazione dei rischi e l'adempimento degli obblighi ad essa collegati. L'autocertificazione deve essere inviata al rappresentante per la sicurezza. Sono in ogni caso soggette agli obblighi di cui ai commi 2 e 3 le aziende familiari nonché le aziende che occupano fino a dieci addetti, soggette a particolari fattori di rischio, individuate nell'ambito di specifici settori produttivi con uno o più decreti del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri della sanità, dell'industria, del commercio e dell'artigianato, delle risorse agricole alimentari e forestali e dell'interno, per quanto di rispettiva competenza.

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:- a carico del datore di lavoro per la violazione ai commi 2, 4-lettera a), 6, 7 e 11-pripmo periodo punita

con la sanzione dell’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da euro 1549,37 a euro 4131,65 ai sensi dell’art. 89 comma 1;

- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al comma 5-lettere b), d), e), h), l), n) e q) punita con la sanzione dell’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da euro 1549,37 a euro 4131,65 ai sensi dell’art. 89 comma 2a;

- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione ai commi 4-lettere b) e c) e 5-lettere c), f), g), i), m) e p) punita con la sanzione dell’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da euro 516,45 a euro 2582,28 ai sensi dell’art. 89 comma 2b;

- a carico del preposto per la violazione al comma 5-lettere b), d), e), h), l), n) e q) punita con la sanzione dell’arresto sino a due mesi o con l’ammenda da euro 258,22 a euro 1032,91 ai sensi dell’art. 90 comma 1a;

- a carico del preposto per la violazione al comma 5-lettere c), f), g), i) e m) punita con la sanzione dell’arresto sino a un mese o con l’ammenda da euro 154,93 a euro 516,45 ai sensi dell’art. 90 comma 1b.

Si applica la procedura della sanzione amministrativa:- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al comma 5-lettera o e 8 punita con la sanzione

amministrativa pecuniaria da euro 516,45 a euro 3098,74 ai sensi dell’art. 89 comma 3.Per la violazione ai commi 1, 5-lettere a) e 11-secondo e terzo periodo si applica la procedura di diffida.

Art. 5 d.lgs.626/94 obblighi dei lavoratori1. Ciascun lavoratore deve prendersi cura della propria sicurezza e della propria salute e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui possono ricadere gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione ed alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro. 2. In particolare i lavoratori: a) osservano le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai fini della protezione collettiva ed individuale;

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b) utilizzano correttamente i macchinari, le apparecchiature, gli utensili, le sostanze e i preparati pericolosi, i mezzi di trasporto e le altre attrezzature di lavoro, nonché i dispositivi di sicurezza; c) utilizzano in modo appropriato i dispositivi di protezione messi a loro disposizione;d) segnalano immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o al preposto le deficienze dei mezzi e dispositivi di cui alle lettere b) e c), nonché le altre eventuali condizioni di pericolo di cui vengono a conoscenza, adoperandosi direttamente, in caso di urgenza, nell'ambito delle loro competenze e possibilità, per eliminare o ridurre tali deficienze o pericoli, dandone notizia al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza; e) non rimuovono o modificano senza autorizzazione i dispositivi di sicurezza o di segnalazione o di controllo; f) non compiono di propria iniziativa operazioni o manovre che non sono di loro competenza ovvero che possono compromettere la sicurezza propria o di altri lavoratori; g) si sottopongono ai controlli sanitari previsti nei loro confronti;h) contribuiscono, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti, all'adempimento di tutti gli obblighi imposti dall'autorità competente o comunque necessari per tutelare la sicurezza e la salute dei lavoratori durante il lavoro. Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:

- a carico del lavoratore per la violazione al comma 2 punita con la sanzione dell’arresto fino a un mese o con l’ammenda da euro 206,58 a euro 619,74 ai sensi dell’art. 93 comma 1a;

Art. 8. d.lgs.626/94 Servizio di prevenzione e protezione. 1. Salvo quanto previsto dall'art. 10, il datore di lavoro organizza all'interno dell'azienda, ovvero dell'unità produttiva, il servizio di prevenzione e protezione, o incarica persone o servizi esterni all'azienda, secondo le regole di cui al presente articolo. 2. Il datore di lavoro designa all'interno dell'azienda ovvero dell'unità produttiva, una o più persone da lui dipendenti per l'espletamento dei compiti di cui all'articolo 9, tra cui il responsabile del servizio in possesso delle capacità e dei requisiti professionali di cui all'articolo 8-bis, previa consultazione del rappresentante per la sicurezza (10/a).……………………………………11. Il datore di lavoro comunica all'ispettorato del lavoro e alle unità sanitarie locali territorialmente competenti il nominativo della persona designata come responsabile del servizio di prevenzione e protezione interno ovvero esterno all'azienda. Tale comunicazione è corredata da una dichiarazione nella quale si attesti con riferimento alle persone designate: a) i compiti svolti in materia di prevenzione e protezione; b) il periodo nel quale tali compiti sono stati svolti; c) il curriculum professionale.

Si applica la procedura della sanzione amministrativa:- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al comma 11 punita con la sanzione

amministrativa pecuniaria da euro 516,45 a euro 3098,74 ai sensi dell’art. 89 comma 3.Per la violazione agli altri commi si applica la procedura di diffida.

Art. 11 d.lgs.626/94 riunione periodica di prevenzione e protezione dai rischi1. Nelle aziende, ovvero unità produttive, che occupano più di 15 dipendenti, il datore di lavoro, direttamente o tramite il servizio di prevenzione e protezione dai rischi, indice almeno una volta all'anno una riunione cui partecipano: a) il datore di lavoro o un suo rappresentante; b) il responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi; c) il medico competente ove previsto; d) il rappresentante per la sicurezza. 2. Nel corso della riunione il datore di lavoro sottopone all'esame dei partecipanti: a) il documento, di cui all'art. 4, commi 2 e 3; b) l'idoneità dei mezzi di protezione individuale;c) i programmi di informazione e formazione dei lavoratori ai fini della sicurezza e della protezione della loro salute. 3. La riunione ha altresì luogo in occasione di eventuali significative variazioni delle condizioni di esposizione al rischio, compresa la programmazione e l'introduzione di nuove tecnologie che hanno riflessi sulla sicurezza e salute dei lavoratori. 4. Nelle aziende, ovvero unità produttive, che occupano fino a 15 dipendenti, nelle ipotesi di cui al comma 3, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza può chiedere la convocazione di una apposita riunione. 5. Il datore di lavoro, anche tramite il servizio di prevenzione e protezione dai rischi, provvede alla redazione del verbale della riunione che è tenuto a disposizione dei partecipanti per la sua consultazione. Si applica la procedura della sanzione amministrativa:

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- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al presente articolo punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 516,45 a euro 3098,74 ai sensi dell’art. 89 comma 3.

Prevenzione incendi, evacuazione dei lavoratori, pronto soccorso

Art. 12. d.lgs.626/94 Disposizioni generali. 1. Ai fini degli adempimenti di cui all'art. 4, comma 5, lettera q), il datore di lavoro: a) organizza i necessari rapporti con i servizi pubblici competenti in materia di pronto soccorso, salvataggio, lotta antincendio e gestione dell'emergenza; b) designa preventivamente i lavoratori incaricati di attuare le misure di cui all'art. 4, comma 5, lettera a) (13); c) informa tutti i lavoratori che possono essere esposti ad un pericolo grave ed immediato circa le misure predisposte ed i comportamenti da adottare;d) programma gli interventi, prende i provvedimenti e dà istruzioni affinché i lavoratori possano, in caso di pericolo grave ed immediato che non può essere evitato, cessare la loro attività, ovvero mettersi al sicuro, abbandonando immediatamente il luogo di lavoro; e) prende i provvedimenti necessari affinché qualsiasi lavoratore, in caso di pericolo grave ed immediato per la propria sicurezza ovvero per quella di altre persone e nell'impossibilità di contattare il competente superiore gerarchico, possa prendere le misure adeguate per evitare le conseguenze di tale pericolo, tenendo conto delle sue conoscenze e dei mezzi tecnici disponibili. 2. Ai fini delle designazioni di cui al comma 1, lettera b), il datore di lavoro tiene conto delle dimensioni dell'azienda ovvero dei rischi specifici dell'azienda ovvero dell'unità produttiva.3. I lavoratori non possono, se non per giustificato motivo, rifiutare la designazione. Essi devono essere formati, essere in numero sufficiente e disporre di attrezzature adeguate, tenendo conto delle dimensioni ovvero dei rischi specifici dell'azienda ovvero dell'unità produttiva. 4. Il datore di lavoro deve, salvo eccezioni debitamente motivate, astenersi dal chiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave ed immediato.

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione ai commi 1-lettere d) ed e) e 4 punita con la

sanzione dell’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da euro 1549,37 a euro 4131,65 ai sensi dell’art. 89 comma 2a;

- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione ai commi 1-lettere a), b) e c) punita con la sanzione dell’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da euro 516,45 a euro 2582,28 ai sensi dell’art. 89 comma 2b;

- a carico del preposto per la violazione al comma 1-lettere d) ed e) punita con la sanzione dell’arresto sino a due mesi o con l’ammenda da euro 258,22 a euro 1032,91 ai sensi dell’art. 90 comma 1a;

- a carico del preposto per la violazione al comma 1-lettere a) e c) punita con la sanzione dell’arresto sino a un mese o con l’ammenda da euro 154,93 a euro 516,45 ai sensi dell’art. 90 comma 1b;

- a carico del lavoratore per la violazione al comma 3-primo periodo punita con la sanzione dell’arresto fino a un mese o con l’ammenda da euro 206,58 a euro 619,74 ai sensi dell’art. 93 comma 1°.

Consultazione e partecipazione dei lavoratori

Art. 18. d.lgs.626/94 Rappresentante per la sicurezza. 1. In tutte le aziende, o unità produttive, è eletto o designato il rappresentante per la sicurezza. 2. Nella aziende, o unità produttive, che occupano sino a 15 dipendenti il rappresentante per la sicurezza è eletto direttamente dai lavoratori al loro interno. Nelle aziende che occupano fino a 15 dipendenti il rappresentante per la sicurezza può essere individuato per più aziende nell'ambito territoriale ovvero del comparto produttivo. Esso può essere designato o eletto dai lavoratori nell'ambito delle rappresentanze sindacali, così come definite dalla contrattazione collettiva di riferimento.3. Nelle aziende, ovvero unità produttive, con più di 15 dipendenti il rappresentante per la sicurezza è eletto o designato dai lavoratori nell'ambito delle rappresentanze sindacali in azienda. In assenza di tali rappresentanze, è eletto dai lavoratori dell'azienda al loro interno. 4. Il numero, le modalità di designazione o di elezione del rappresentante per la sicurezza, nonché il tempo di lavoro retribuito e gli strumenti per l'espletamento delle funzioni, sono stabiliti in sede di contrattazione collettiva. 5. In caso di mancato accordo nella contrattazione collettiva di cui al comma 4, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentite le parti, stabilisce con proprio decreto, da emanarsi entro tre mesi dalla comunicazione del mancato accordo,

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gli standards relativi alle materie di cui al comma 4. Per le amministrazioni pubbliche provvede il Ministro per la funzione pubblica sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale.6. In ogni caso il numero minimo dei rappresentanti di cui al comma 1 è il seguente: a) un rappresentante nelle aziende ovvero unità produttive sino a 200 dipendenti; b) tre rappresentanti nelle aziende ovvero unità produttive da 201 a 1000 dipendenti; c) sei rappresentanti in tutte le altre aziende ovvero unità produttive. 7. Le modalità e i contenuti specifici della formazione del rappresentante per la sicurezza sono stabiliti in sede di contrattazione collettiva nazionale di categoria con il rispetto dei contenuti minimi previsti dal decreto di cui all'art. 22, comma 7.

Informazione e formazione dei lavoratori

Art.21. d.lgs.626/94 Informazione dei lavoratori. 1. Il datore di lavoro provvede affinché ciascun lavoratore riceva un'adeguata informazione su: a) i rischi per la sicurezza e la salute connessi all'attività dell'impresa in generale; b) le misure e le attività di protezione e prevenzione adottate; c) i rischi specifici cui è esposto in relazione all'attività svolta, le normative di sicurezza e le disposizioni aziendali in materia; d) i pericoli connessi all'uso delle sostanze e dei preparati pericolosi sulla base delle schede dei dati di sicurezza previste dalla normativa vigente e dalle norme di buona tecnica; e) le procedure che riguardano il pronto soccorso, la lotta antincendio, l'evacuazione dei lavoratori;f) il responsabile del servizio di prevenzione e protezione ed il medico competente; g) i nominativi dei lavoratori incaricati di applicare le misure di cui agli articoli 12 e 15. 2. Il datore di lavoro fornisce le informazioni di cui al comma 1, lettere a), b), c), anche ai lavoratori di cui all'art. 1, comma 3.

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al presente articolo punita con la sanzione

dell’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da euro 516,45 a euro 2582,28 ai sensi dell’art. 89 comma 2b;

- a carico del preposto per la violazione al presente articolo punita con la sanzione dell’arresto sino a un mese o con l’ammenda da euro 154,93 a euro 516,45 ai sensi dell’art. 90 comma 1b;

Art.22. d.lgs.626/94 Formazione dei lavoratori. 1. Il datore di lavoro assicura che ciascun lavoratore, ivi compresi i lavoratori di cui all'art. 1, comma 3, riceva una formazione sufficiente ed adeguata in materia di sicurezza e di salute, con particolare riferimento al proprio posto di lavoro ed alle proprie mansioni (17). 2. La formazione deve avvenire in occasione: a) dell'assunzione; b) del trasferimento o cambiamento di mansioni; c) dell'introduzione di nuove attrezzature di lavoro o di nuove tecnologie, di nuove sostanze e preparati pericolosi. 3. La formazione deve essere periodicamente ripetuta in relazione all'evoluzione dei rischi ovvero all'insorgenza di nuovi rischi.4. Il rappresentante per la sicurezza ha diritto ad una formazione particolare in materia di salute e sicurezza, concernente la normativa in materia di sicurezza e salute e i rischi specifici esistenti nel proprio ambito di rappresentanza, tale da assicurargli adeguate nozioni sulle principali tecniche di controllo e prevenzione dei rischi stessi. 5. I lavoratori incaricati dell'attività di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei lavoratori in caso di pericolo grave ed immediato, di salvataggio, di pronto soccorso e, comunque, di gestione dell'emergenza devono essere adeguatamente formati (17). 6. La formazione dei lavoratori e quella dei loro rappresentanti di cui al comma 4 deve avvenire, in collaborazione con gli organismi paritetici di cui all'art. 20, durante l'orario di lavoro e non può comportare oneri economici a carico dei lavoratori.7. I Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, sentita la commissione consultiva permanente, possono stabilire i contenuti minimi della formazione dei lavoratori, dei rappresentanti per la sicurezza e dei datori di lavoro di cui all'art. 10, comma 3, tenendo anche conto delle dimensioni e della tipologia delle imprese (17/a).

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione ai commi da 1 a 5, punita con la sanzione

dell’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da euro 1549,37 a euro 4131,65 ai sensi dell’art. 89 comma 2a;

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Uso delle attrezzature di lavoro

Art.35. d.lgs.626/94 Obblighi del datore di lavoro. 1. Il datore di lavoro mette a disposizione dei lavoratori attrezzature adeguate al lavoro da svolgere ovvero adattate a tali scopi ed idonee ai fini della sicurezza e della salute. 2. Il datore di lavoro attua le misure tecniche ed organizzative adeguate per ridurre al minimo i rischi connessi all'uso delle attrezzature di lavoro da parte dei lavoratori e per impedire che dette attrezzature possano essere utilizzate per operazioni e secondo condizioni per le quali non sono adatte. Inoltre, il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché durante l'uso delle attrezzature di lavoro siano rispettate le disposizioni di cui ai commi 4-bis e 4-ter (38/a). 3. All'atto della scelta delle attrezzature di lavoro il datore di lavoro prende in considerazione:a) le condizioni e le caratteristiche specifiche del lavoro da svolgere; b) i rischi presenti nell'ambiente di lavoro; c) i rischi derivanti dall'impiego delle attrezzature stesse; c-bis) i sistemi di comando, che devono essere sicuri anche tenuto conto dei guasti, dei disturbi e delle sollecitazioni prevedibili in relazione all'uso progettato dell'attrezzatura (38/b). 4. Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché le attrezzature di lavoro siano: a) installate in conformità alle istruzioni del fabbricante; b) utilizzate correttamente; c) oggetto di idonea manutenzione al fine di garantire nel tempo la rispondenza ai requisiti di cui all'art. 36 e siano corredate, ove necessario, da apposite istruzioni d'uso.c-bis) disposte in maniera tale da ridurre i rischi per gli utilizzatori e per le altre persone, assicurando in particolare sufficiente spazio disponibile tra gli elementi mobili e gli elementi fissi o mobili circostanti e che tutte le energie e sostanze utilizzate o prodotte possano essere addotte o estratte in modo sicuro (38/b). 4-bis. Il datore di lavoro provvede affinché nell'uso di attrezzature di lavoro mobili, semoventi o non semoventi sia assicurato che: a) vengano disposte e fatte rispettare regole di circolazione per attrezzature di lavoro che manovrano in una zona di lavoro; b) vengano adottate misure organizzative atte a evitare che i lavoratori a piedi si trovino nella zona di attività di attrezzature di lavoro semoventi e comunque misure appropriate per evitare che, qualora la presenza di lavoratori a piedi sia necessaria per la buona esecuzione dei lavori, essi subiscano danno da tali attrezzature; c) il trasporto di lavoratori su attrezzature di lavoro mobili mosse meccanicamente avvenga esclusivamente su posti sicuri, predisposti a tale fine, e che, se si devono effettuare lavori durante lo spostamento, la velocità dell'attrezzatura sia adeguata; d) le attrezzature di lavoro mobili, dotate di motore a combustione, siano utilizzate nelle zone di lavoro soltanto qualora sia assicurata una quantità sufficiente di aria senza rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori (38/c). 4-ter. Il datore di lavoro provvede affinché nell'uso di attrezzature di lavoro destinate a sollevare carichi sia assicurato che: a) gli accessori di sollevamento siano scelti in funzione dei carichi da movimentare, dei punti di presa, del dispositivo di aggancio, delle condizioni atmosferiche, nonché tenendo conto del modo e della configurazione dell'imbracatura; le combinazioni di più accessori di sollevamento siano contrassegnate in modo chiaro per consentire all'utilizzatore di conoscerne le caratteristiche qualora esse non siano scomposte dopo l'uso; gli accessori di sollevamento siano depositati in modo tale da non essere danneggiati o deteriorati; b) allorché due o più attrezzature di lavoro che servono al sollevamento di carichi non guidati sono installate o montate in un luogo di lavoro in modo che i loro raggi di azione si intersecano, siano prese misure appropriate per evitare la collisione tra i carichi e gli elementi delle attrezzature di lavoro stesse; c) i lavori siano organizzati in modo tale che, quando un lavoratore aggancia o sgancia manualmente un carico, tali operazioni possano svolgersi con la massima sicurezza e, in particolare, in modo che il lavoratore ne conservi il controllo diretto o indiretto; d) tutte le operazioni di sollevamento siano correttamente progettate nonché adeguatamente controllate ed eseguite al fine di tutelare la sicurezza dei lavoratori; in particolare, per un carico da sollevare simultaneamente da due o più attrezzature di lavoro che servono al sollevamento di carichi non guidati, sia stabilita e applicata una procedura d'uso per garantire il buon coordinamento degli operatori; e) qualora attrezzature di lavoro che servono al sollevamento di carichi non guidati non possano trattenere i carichi in caso di interruzione parziale o totale dell'alimentazione di energia, siano prese misure appropriate per evitare di esporre i lavoratori ai rischi relativi; i carichi sospesi non devono rimanere senza sorveglianza salvo il caso in cui l'accesso alla zona di pericolo sia precluso e il carico sia stato agganciato e sistemato con la massima sicurezza; f) allorché le condizioni meteorologiche si degradano ad un punto tale da mettere in pericolo la sicurezza di funzionamento, esponendo così i lavoratori a rischi, l'utilizzazione all'aria aperta di attrezzature di lavoro che servono al sollevamento di

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carichi non guidati sia sospesa e siano adottate adeguate misure di protezione per i lavoratori e, in particolare, misure che impediscano il ribaltamento dell'attrezzatura di lavoro (38/c). 4-quater. Il datore di lavoro, sulla base della normativa vigente, provvede affinché le attrezzature di cui all'allegato XIV siano sottoposte a verifiche di prima installazione o di successiva installazione e a verifiche periodiche o eccezionali, di seguito denominate «verifiche», al fine di assicurarne l'installazione corretta e il buon funzionamento (38/c). 4-quinquies. I risultati delle verifiche di cui al comma 4-quater sono tenuti a disposizione dell'autorità di vigilanza competente per un periodo di cinque anni dall'ultima registrazione o fino alla messa fuori esercizio dell'attrezzatura, se avviene prima. Un documento attestante l'esecuzione dell'ultima verifica deve accompagnare le attrezzature di lavoro ovunque queste sono utilizzate (38/c). 5. Qualora le attrezzature richiedano per il loro impiego conoscenze o responsabilità particolari in relazione ai loro rischi specifici, il datore di lavoro si assicura che: a) l'uso dell'attrezzatura di lavoro è riservato a lavoratori all'uopo incaricati; b) in caso di riparazione, di trasformazione o manutenzione, il lavoratore interessato è qualificato in maniera specifica per svolgere tali compiti.

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione ai commi 1, 2, 4, 4-bis, 4-ter, 4-quarter e 5,

punita con la sanzione dell’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da euro 1549,37 a euro 4131,65 ai sensi dell’art. 89 comma 2a;

Per la violazione agli altri commi è prevista la procedura di diffida.

Art.37. d.lgs.626/94 Informazione. 1. Il datore di lavoro provvede affinché per ogni attrezzatura di lavoro a disposizione, i lavoratori incaricati dispongano di ogni informazione e di ogni istruzione d'uso necessaria in rapporto alla sicurezza e relativa: a) alle condizioni di impiego delle attrezzature anche sulla base delle conclusioni eventualmente tratte dalle esperienze acquisite nella fase di utilizzazione delle attrezzature di lavoro; b) alle situazioni anormali prevedibili.1-bis. Il datore di lavoro provvede altresì a informare i lavoratori sui rischi cui sono esposti durante l'uso delle attrezzature di lavoro, sulle attrezzature di lavoro presenti nell'ambiente immediatamente circostante, anche se da essi non usate direttamente, nonché sui cambiamenti di tali attrezzature (42/c). 2. Le informazioni e le istruzioni d'uso devono risultare comprensibili ai lavoratori interessati.

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione

dell’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da euro 516,45 a euro 2582,28 ai sensi dell’art. 89 comma 2b;

- a carico del preposto per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione dell’arresto sino a un mese o con l’ammenda da euro 154,93 a euro 516,45 ai sensi dell’art. 90 comma 1b.

Art.38. d.lgs.626/94 Formazione ed addestramento. 1. Il datore di lavoro si assicura che: a) i lavoratori incaricati di usare le attrezzature di lavoro ricevono una formazione adeguata sull'uso delle attrezzature di lavoro; b) i lavoratori incaricati dell'uso delle attrezzature che richiedono conoscenze e responsabilità particolari di cui all'art. 35, comma 5, ricevono un addestramento adeguato e specifico che li metta in grado di usare tali attrezzature in modo idoneo e sicuro anche in relazione ai rischi causati ad altre persone. Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:

- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione dell’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da euro 1549,37 a euro 4131,65 ai sensi dell’art. 89 comma 2a;

- a carico del preposto per la violazione al comma 5-lettere b), d), e), h), l), n) e q) punita con la sanzione dell’arresto sino a due mesi o con l’ammenda da euro 258,22 a euro 1032,91 ai sensi dell’art. 90 comma 1a;

Uso dei dispositivi di protezione individuale

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Art.43. d.lgs.626/94 Obblighi del datore di lavoro. 1. Il datore di lavoro ai fini della scelta dei DPI: a) effettua l'analisi e la valutazione dei rischi che non possono essere evitati con altri mezzi; b) individua le caratteristiche dei DPI necessarie affinché questi siano adeguati ai rischi di cui alla lettera a), tenendo conto delle eventuali ulteriori fonti di rischio rappresentate dagli stessi DPI; c) valuta, sulla base delle informazioni a corredo dei DPI fornite dal fabbricante e delle norme d'uso di cui all'art. 45 le caratteristiche dei DPI disponibili sul mercato e le raffronta con quelle individuate alla lettera b);d) aggiorna la scelta ogni qualvolta intervenga una variazione significativa negli elementi di valutazione (44). 2. Il datore di lavoro, anche sulla base delle norme d'uso di cui all'art. 45, individua le condizioni in cui un DPI deve essere usato, specie per quanto riguarda la durata dell'uso, in funzione di: a) entità del rischio; b) frequenza dell'esposizione al rischio; c) caratteristiche del posto di lavoro di ciascun lavoratore; d) prestazioni del DPI. 3. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori i DPI conformi ai requisiti previsti dall'art. 42 e dal decreto di cui all'art. 45, comma 2. 4. Il datore di lavoro: a) mantiene in efficienza i DPI e ne assicura le condizioni d'igiene, mediante la manutenzione, le riparazioni e le sostituzioni necessarie;b) provvede a che i DPI siano utilizzati soltanto per gli usi previsti, salvo casi specifici ed eccezionali, conformemente alle informazioni del fabbricante; c) fornisce istruzioni comprensibili per i lavoratori; d) destina ogni DPI ad un uso personale e, qualora le circostanze richiedano l'uso di uno stesso DPI da parte di più persone, prende misure adeguate affinché tale uso non ponga alcun problema sanitario e igienico ai vari utilizzatori; e) informa preliminarmente il lavoratore dei rischi dai quali il DPI lo protegge; f) rende disponibile nell'azienda ovvero unità produttiva informazioni adeguate su ogni DPI; g) assicura una formazione adeguata e organizza, se necessario, uno specifico addestramento circa l'uso corretto e l'utilizzo pratico dei DPI. 5. In ogni caso l'addestramento è indispensabile:a) per ogni DPI che, ai sensi del D.Lgs. 4 dicembre 1992, n. 475 (45), appartenga alla terza categoria; b) per i dispositivi di protezione dell'udito. Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:

- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione ai commi 3, 4-lettere a), b), d) e g) e 5, punita con la sanzione dell’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da euro 1549,37 a euro 4131,65 ai sensi dell’art. 89 comma 2a;

- a carico del preposto per la violazione al comma 4-lettere c), e) ed f) punita con la sanzione dell’arresto sino a un mese o con l’ammenda da euro 154,93 a euro 516,45 ai sensi dell’art. 90 comma 1b.

Per la violazione agli altri commi si applica la procedura di diffida.

Art.48. d.lgs.626/94 Obblighi dei datori di lavoro. 1. Il datore di lavoro adotta le misure organizzative necessarie o ricorre ai mezzi appropriati, in particolare attrezzature meccaniche, per evitare la necessità di una movimentazione manuale dei carichi da parte dei lavoratori. 2. Qualora non sia possibile evitare la movimentazione manuale dei carichi ad opera dei lavoratori, il datore di lavoro adotta le misure organizzative necessarie, ricorre ai mezzi appropriati o fornisce ai lavoratori stessi i mezzi adeguati, allo scopo di ridurre il rischio che comporta la movimentazione manuale di detti carichi, in base all'allegato VI. 3. Nel caso in cui la necessità di una movimentazione manuale di un carico ad opera del lavoratore non può essere evitata, il datore di lavoro organizza i posti di lavoro in modo che detta movimentazione sia quanto più possibile sicura e sana.4. Nei casi di cui al comma 3 il datore di lavoro: a) valuta, se possibile, preliminarmente, le condizioni di sicurezza e di salute connesse al lavoro in questione e tiene conto in particolare delle caratteristiche del carico, in base all'allegato VI; b) adotta le misure atte ad evitare o ridurre tra l'altro i rischi di lesioni dorso-lombari, tenendo conto in particolare dei fattori individuali di rischio, delle caratteristiche dell'ambiente di lavoro e delle esigenze che tale attività comporta, in base all'allegato VI; c) sottopone alla sorveglianza sanitaria di cui all'art. 16 gli addetti alle attività di cui al presente titolo. Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:

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- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione dell’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da euro 1549,37 a euro 4131,65 ai sensi dell’art. 89 comma 2a;

a carico del preposto per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione dell’arresto sino a due mesi o con l’ammenda da euro euro 258,22 a euro 1032,91 ai sensi

Movimentazione manuale dei carichi

Art.49. d.lgs.626/94 Informazione e formazione. 1. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori informazioni, in particolare per quanto riguarda: a) il peso di un carico; b) il centro di gravità o il lato più pesante nel caso in cui il contenuto di un imballaggio abbia una collocazione eccentrica; c) la movimentazione corretta dei carichi e i rischi che i lavoratori corrono se queste attività non vengono eseguite in maniera corretta, tenuto conto degli elementi di cui all'allegato VI. 2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata, in particolare in ordine a quanto indicato al comma 1.

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al comma 2, punita con la sanzione

dell’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da euro 1549,37 a euro 4131,65 ai sensi dell’art. 89 comma 2a;

- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al comma 1, punita con la sanzione dell’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da euro 516,45 a euro 2582,28 ai sensi dell’art. 89 comma 2b;

- a carico del preposto per la violazione al comma 1, punita con la sanzione dell’arresto sino a un mese o con l’ammenda da euro 154,93 a euro 516,45 ai sensi dell’art. 90 comma 1b;

Uso di attrezzature munite di videoterminali

Art.52. d.lgs.626/94 Obblighi del datore di lavoro. 1. Il datore di lavoro, all'atto della valutazione del rischio di cui all'art. 4, comma 1, analizza i posti di lavoro con particolare riguardo: a) ai rischi per la vista e per gli occhi; b) ai problemi legati alla postura ed all'affaticamento fisico o mentale; c) alle condizioni ergonomiche e di igiene ambientale. 2. Il datore di lavoro adotta le misure appropriate per ovviare ai rischi riscontrati in base alle valutazioni di cui al comma 1, tenendo conto della somma ovvero della combinazione della incidenza dei rischi riscontrati.

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al comma 2, punita con la sanzione

dell’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da euro 1549,37 a euro 4131,65 ai sensi dell’art. 89 comma 2a;

- a carico del preposto per la violazione al comma 2, punita con la sanzione dell’arresto sino a due mesi o con l’ammenda da euro 258,22 a euro 1032,91 ai sensi dell’art. 90 comma 1a;

Per la violazione al comma 1 si applica la procedura di diffida.

Art.56. d.lgs.626/94 Informazione e formazione. 1. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori informazioni, in particolare per quanto riguarda: a) le misure applicabili al posto di lavoro, in base all'analisi dello stesso di cui all'art. 52; b) le modalità di svolgimento dell'attività; c) la protezione degli occhi e della vista. 2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata in particolare in ordine a quanto indicato al comma 1. 3. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro della sanità, stabilisce con decreto una guida d'uso dei videoterminali.

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al comma 2, punita con la sanzione

dell’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da euro 1549,37 a euro 4131,65 ai sensi dell’art. 89 comma 2a;

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- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al comma 1, punita con la sanzione dell’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da euro 516,45 a euro 2582,28 ai sensi dell’art. 89 comma 2b;

- a carico del preposto per la violazione al comma 1, punita con la sanzione dell’arresto sino a un mese o con l’ammenda da euro 154,93 a euro 516,45 ai sensi dell’art. 90 comma 1b.

Per la violazione al comma 1 si applica la procedura di diffida.

Art. 57. d.lgs.626/94 Consultazione e partecipazione. 1. Il datore di lavoro informa preventivamente i lavoratori e il rappresentante per la sicurezza dei cambiamenti tecnologici che comportano mutamenti nell'organizzazione del lavoro, in riferimento alle attività di cui al presente titolo.

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione

dell’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da euro 516,45 a euro 2582,28 ai sensi dell’art. 89 comma 2b;

- a carico del preposto per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione dell’arresto sino a un mese o con l’ammenda da euro 154,93 a euro 516,45 ai sensi dell’art. 90 comma 1b.

Decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547Norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro

(Vie di circolazione, zone di pericolo, pavimenti e passaggi.)

Art.8 del D.P.R. 547/55 - 1. Le vie di circolazione, comprese scale, scale fisse e banchine e rampe di carico, devono essere situate e calcolate in modo tale che i pedoni o i veicoli possano utilizzarle facilmente in piena sicurezza e conformemente alla loro destinazione e che i lavoratori operanti nelle vicinanze di queste vie di circolazione non corrano alcun rischio. 2. Il calcolo delle dimensioni delle vie di circolazione per persone ovvero merci dovrà basarsi sul numero potenziale degli utenti e sul tipo di impresa. 3. Qualora sulle vie di circolazione siano utilizzati mezzi di trasporto, dovrà essere prevista per i pedoni una distanza di sicurezza sufficiente. 4. Le vie di circolazione destinate ai veicoli devono passare ad una distanza sufficiente da porte, portoni, passaggi per pedoni, corridoi e scale. 5. Nella misura in cui l'uso e l'attrezzatura dei locali lo esigano per garantire la protezione dei lavoratori, il tracciato delle vie di circolazione deve essere evidenziato. 6. Se i luoghi di lavoro comportano zone di pericolo in funzione della natura del lavoro e presentano rischi di cadute dei lavoratori o rischi di cadute d'oggetti, tali luoghi devono essere dotati di dispositivi per impedire che i lavoratori non autorizzati possano accedere a dette zone. 7. Devono essere prese misure appropriate per proteggere i lavoratori autorizzati ad accedere alle zone di pericolo. 8. Le zone di pericolo devono essere segnalate in modo chiaramente visibile. 9. I pavimenti degli ambienti di lavoro e dei luoghi destinati al passaggio non devono presentare buche o sporgenze pericolose e devono essere in condizioni tali da rendere sicuro il movimento ed il transito delle persone e dei mezzi di trasporto. 10. I pavimenti ed i passaggi non devono essere ingombrati da materiali che ostacolano la normale circolazione. 11. Quando per evidenti ragioni tecniche non si possono completamente eliminare dalle zone di transito ostacoli fissi o mobili che costituiscono un pericolo per i lavoratori o i veicoli che tali zone devono percorrere, gli ostacoli devono essere adeguatamente segnalati

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione

dell’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda da euro 258,22 a euro 1032,91 ai sensi dell’art. 389 comma c;

(Posti di lavoro e di passaggio e luoghi di lavoro esterni.)

Art.11 del D.P.R. 547/55

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1. I posti di lavoro e di passaggio devono essere idoneamente difesi contro la caduta o l'investimento di materiali in dipendenza dell'attività lavorativa. 2. Ove non è possibile la difesa con mezzi tecnici, devono essere adottate altre misure o cautele adeguate. 3. I posti di lavoro, le vie di circolazione e altri luoghi o impianti all'aperto utilizzati od occupati dai lavoratori durante le loro attività devono essere concepiti in modo tale che la circolazione dei pedoni e dei veicoli può avvenire in modo sicuro. 4. Le disposizioni di cui all'art. 8, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 8, sono altresì applicabili alle vie di circolazione principali sul terreno dell'impresa, alle vie di circolazione che portano a posti di lavoro fissi, alle vie di circolazione utilizzate per la regolare manutenzione e sorveglianza degli impianti dell'impresa, nonché alle banchine di carico.5. Le disposizioni sulle vie di circolazione e zone di pericolo di cui all'art. 8, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 8, si applicano per analogia ai luoghi di lavoro esterni.6. I luoghi di lavoro all'aperto devono essere opportunamente illuminati con luce artificiale quando la luce del giorno non è sufficiente. 7. Quando i lavoratori occupano posti di lavoro all'aperto, questi devono essere strutturati, per quanto tecnicamente possibile, in modo tale che i lavoratori: a) sono protetti contro gli agenti atmosferici e, se necessario, contro la caduta di oggetti; b) non sono esposti a livelli sonori nocivi o ad agenti esterni nocivi, quali gas, vapori, polveri; c) possono abbandonare rapidamente il posto di lavoro in caso di pericolo o possono essere soccorsi rapidamente; d) non possono scivolare o cadere.

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione

dell’arresto fino da due a quattro mesi o con l’ammenda da euro 516,45 a euro 2582,28 ai sensi dell’art. 389 comma b.

(Schermi paraschegge)

Art.12 del D.P.R. 547/55Nelle operazioni di scalpellatura, sbavatura, taglio di chiodi e in genere nei lavori eseguiti mediante utensili a mano o a motore, che possono dar luogo alla proiezione pericolosa di schegge o di materiali, si devono predisporre schermi o adottare altre misure atte ad evitare che le materie proiettate abbiano a recare danno alle persone.

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione

dell’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda da euro 258,22 a euro 1032,91 ai sensi dell’art. 389 comma c;

(Scale fisse a gradini)

Art. 16 del D.P.R. 547/55 Le scale fisse a gradini, destinate al normale accesso agli ambienti di lavoro, devono essere costruite e mantenute in modo da resistere ai carichi massimi derivanti da affollamento per situazioni di emergenza. I gradini devono avere pedata e alzata dimensionate a regola d'arte e larghezza adeguata alle esigenze del transito.

Dette scale ed i relativi pianerottoli devono essere provvisti, sui lati aperti, di parapetto normale o di altra difesa equivalente. Le rampe delimitate da due pareti devono essere munite di almeno un corrimano.

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione

dell’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda da euro 258,22 a euro 1032,91 ai sensi dell’art. 389 comma c;

(Scale fisse a pioli)

Art. 17 del D.P.R. 547/55 – Le scale a pioli di altezza superiore a m 5, fissate su pareti o incastellature verticali o aventi una inclinazione superiore a 75 gradi, devono essere provviste, a partire da metri 2,50 dal pavimento o dai ripiani, di una solida gabbia metallica di protezione avente maglie o aperture di ampiezza tale da impedire la caduta accidentale della persona verso l'esterno. La parete della gabbia opposta al piano dei pioli non deve distare da questi più di cm 60. I pioli devono distare almeno 15 centimetri dalla parete alla quale sono applicati o alla quale la scala è fissata. Quando l'applicazione della gabbia alle scale costituisca intralcio all'esercizio o presenti notevoli difficoltà costruttive, devono essere

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adottate, in luogo della gabbia, altre misure di sicurezza atte ad evitare la caduta delle persone per un tratto superiore ad un metro.

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione

dell’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da euro 516,45 a euro 2582,28 ai sensi dell’art. 389 comma b.

(Scale semplici portatili)

Art. 18 del D.P.R. 547/55 – Le scale semplici portatili (a mano) devono essere costruite con materiale adatto alle condizioni di impiego, devono essere sufficientemente resistenti nell'insieme e nei singoli elementi e devono avere dimensioni appropriate al loro uso. Dette scale, se di legno, devono avere i pioli fissati ai montanti mediante incastro. Esse devono inoltre essere provviste di: a) dispositivi antisdrucciolevoli alle estremità inferiori dei due montanti; b) lanci di trattenuta o appoggi antisdrucciolevoli alle estremità superiori, quando sia necessario per assicurare la stabilità della scala. Per le scale provviste alle estremità superiori di dispositivi di trattenuta, anche scorrevoli su guide, non sono richieste le misure di sicurezza indicate nelle lettere a) e b).

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione

dell’arresto a tre mesi o con l’ammenda da euro 258,22 a euro 1032,91 ai sensi dell’art. 389 comma c;

(Parapetto normale)

Art. 26 - del D.P.R. 547/55 – Agli effetti del presente decreto è considerato «normale» un parapetto che soddisfi alle seguenti condizioni: a) sia costruito con materiale rigido e resistente in buono stato di conservazione; b) abbia un'altezza utile di almeno un metro; c) sia costituito da almeno due correnti, di cui quello intermedio posto a circa metà distanza fra quello superiore ed il pavimento; d) sia costruito e fissato in modo da poter resistere, nell'insieme ed in ogni sua parte, al massimo sforzo cui può essere assoggettato, tenuto conto delle condizioni ambientali e della sua specifica funzione. È considerato «parapetto normale con arresto al piede» il parapetto definito al comma precedente, completato con fascia continua poggiante sul piano di calpestio ed alta almeno 15 centimetri. È considerata equivalente ai parapetti definiti ai commi precedenti, qualsiasi protezione, quale muro, balaustra, ringhiera e simili, realizzante condizioni di sicurezza contro la caduta verso i lati aperti, non inferiori a quelle presentate dai parapetti stessi.

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione

dell’arresto a tre mesi o con l’ammenda da euro 258,22 a euro 1032,91 ai sensi dell’art. 389 comma c;

(Protezione delle impalcature, delle passerelle e dei ripiani)

Art. 27 - del D.P.R. 547/55 Le impalcature, le passerelle, i ripiani, le rampe di accesso, i balconi ed i posti di lavoro o di passaggio sopraelevati devono essere provvisti, su tutti i lati aperti, di parapetti normali con arresto al piede o di difesa equivalenti. Tale protezione non è richiesta per i piani di caricamento di altezza inferiore a m 1,50.

Nei parapetti esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, sono ammesse fasce di arresto al piede di altezza inferiore a quella normale, purché siano atte ad evitare cadute di persone o materiali verso l'esterno.

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione

dell’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da euro 1549,37 a euro 4131,66 ai sensi dell’art. 389 comma a.

(Scariche Atmosferiche)

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Art. 39 - del D.P.R. 547/55 – Le strutture metalliche degli edifici e delle opere provvisionali, i recipienti e gli apparecchi metallici, di notevoli dimensioni, situati all'aperto, devono, per se stessi o mediante conduttore e spandenti appositi, risultare collegati elettricamente a terra in modo da garantire la dispersione delle scariche atmosferiche.

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione

dell’arresto sino a tre mesi o con l’ammenda da euro 258,22 a euro 1032,91 ai sensi dell’art. 389 comma c;

(Protezione e sicurezza delle macchine)

Art. 41 - del D.P.R. 547/55 – Gli elementi delle macchine, quando costituiscono un pericolo, devono essere protetti o segregati o provvisti di dispositivi di sicurezza.

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione

dell’arresto sino a tre mesi o con l’ammenda da euro 258,22 a euro 1032,91 ai sensi dell’art. 389 comma c;

(Manovellismi)

Art. 43 - del D.P.R. 547/55 – Gli organi per la trasformazione del movimento rotativo in alternativo o viceversa, quali i corsoi, le bielle, gli eccentrici, le manovelle e simili devono essere adeguatamente protetti. La protezione può omettersi nei telai per il taglio delle pietre, marmo e simili e (9) salvo, che sussistano particolari condizioni di pericolo, quando gli organi di movimento si trovino in posizione inaccessibile o la forza motrice non sia superiore ad un cavallo-vapore o la velocità non sia superiore ai 60 giri al minuto primo.

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione

dell’arresto sino a tre mesi o con l’ammenda da euro 258,22 a euro 1032,91 ai sensi dell’art. 389 comma c;

( Protezione in caso di rottura di macchine)

Art. 45 - del D.P.R. 547/55 – Le macchine che, in relazione alla velocità dei loro organi o alla natura dei materiali di cui questi sono costituiti o in relazione alle particolari condizioni di lavoro, presentano fondati pericoli di rottura, con conseguenti proiezioni violente di parti di macchina o di materiali in lavorazione, devono essere provviste di involucri o di schermi protettivi atti a resistere all'urto o a trattenere gli elementi o i materiali proiettati, a meno che non siano adottate altre idonee misure di sicurezza. Gli involucri e gli schermi protettivi di ghisa comune o di alluminio non sono ammessi.

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione

dell’arresto sino a tre mesi o con l’ammenda da euro 258,22 a euro 1032,91 ai sensi dell’art. 389 comma c;

(Rimozione temporanea delle protezioni e dei dispositivi di sicurezza)

Art. 47 - del D.P.R. 547/55Le protezioni ed i dispositivi di sicurezza delle macchine non devono essere rimossi se non per necessità di lavoro. Qualora essi debbano essere rimossi dovranno essere immediatamente adottate misure atte a mettere in evidenza e a ridurre al limite minimo possibile il pericolo che ne deriva. La rimessa in posto della protezione o del dispositivo di sicurezza deve avvenire non appena siano cessate le ragioni che hanno reso necessaria la loro temporanea rimozione.

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione

dell’arresto sino a tre mesi o con l’ammenda da euro 258,22 a euro 1032,91 ai sensi dell’art. 389 comma c;

- a carico del preposto per la violazione ai commi 2 e 3, punita con la sanzione dell’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda da euro 258,22 a euro 1032,91 ai sensi dell’art. 391 comma a.

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- a carico del lavoratore per la violazione al comma 1, punita con la sanzione dell’arresto fino a un mese o con l’ammenda da euro 154,94 a euro 774,69 ai sensi dell’art. 392 comma a.

- a carico del lavoratore la violazione al comma 3, punita con la sanzione dell’arresto fino a quindici giorni o con l’ammenda da euro 103,29 a euro 413,17 ai sensi dell’art. 392 comma b.

(Divieto di pulire, oliare o ingrassare organi in moto)

Art. 48 - del D.P.R. 547/55 – È vietato pulire, oliare o ingrassare a mano gli organi e gli elementi in moto delle macchine, a meno che ciò non sia richiesto da particolari esigenze tecniche, nel quale caso deve essere fatto uso di mezzi idonei ad evitare ogni pericolo. Del divieto stabilito dal presente articolo devono essere resi edotti i lavoratori mediante avvisi chiaramente visibili.

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione

dell’arresto sino a tre mesi o con l’ammenda da euro 258,22 a euro 1032,91 ai sensi dell’art. 389 comma c;

(Divieto di operazioni di riparazione ed altro su organi in moto)

Art. 49- del D.P.R. 547/55 – È vietato compiere su organi in moto qualsiasi operazione di riparazione o registrazione. Qualora sia necessario eseguire tali operazioni durante il moto, si devono adottare adeguate cautele a difesa della incolumità del lavoratore. Del divieto indicato nel primo comma devono essere resi edotti i lavoratori mediante avvisi chiaramente visibili.

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione

dell’arresto sino a tre mesi o con l’ammenda da euro 258,22 a euro 1032,91 ai sensi dell’art. 389 comma c;

(Organi ed elementi per la trasmissione del moto)

Art. 55 - del D.P.R. 547/55 – Organi ed elementi per la trasmissione del moto. Gli alberi, le pulegge, le cinghie, le funi, le catene di trasmissione, i cilindri e i coni di frizione, gli ingranaggi e tutti gli altri organi o elementi di trasmissione devono essere protetti ogni qualvolta possono costituire un pericolo.

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione

dell’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da euro 516,45 a euro 2582,28 ai sensi dell’art. 389 comma b.

(Alberi, cinghie e funi di trasmissione)

Art. 56 - del D.P.R. 547/55 – Gli alberi, i contralberi, le cinghie e le funi di trasmissione, nonché le relative pulegge motrici e mosse, che si trovano in tutto o in parte ad altezza non superiore a m 2 dal pavimento o dalla piattaforma del posto di lavoro, a meno che non siano già in posizione inaccessibile, devono essere protetti sin a tale altezza. La protezione di tali organi ed elementi può essere anche costituita da una barriera distanziatrice, della altezza di almeno un metro, purché: a) disti, in senso orizzontale, almeno m 0,50 dalle parti più sporgenti degli organi ed elementi di trasmissione, riducibili a m 0,30 se gli organi in movimento da proteggere non superano l'altezza della barriera; b) sia costruita in maniera da rendere impossibile, senza speciali manovre, l'accesso nello spazio compreso fra il riparo e gli organi ed elementi in moto. Per le cinghie di trasmissione azionate da motore di potenza non superiore a 2 cavalli-vapore o che abbiano meno di 8 centimetri di larghezza o una velocità inferiore ai 2 metri al minuto secondo, l'obbligo della protezione sussiste solo quando la cinghia, in relazione alle condizioni di impianto e di uso, può costituire pericolo. Per gli alberi e i contralberi, la protezione può omettersi quando, in relazione alla velocità ed alla loro coppia motrice, sia da escludersi ogni pericolo.

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:

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- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione dell’arresto sino a tre mesi o con l’ammenda da euro 258,22 a euro 1032,91 ai sensi dell’art. 389 comma c;

(cinghie e funi di trasmissione)

Art. 56 - del D.P.R. 547/55Le cinghie e le funi di trasmissione esistenti sopra passaggi o posti di lavoro devono avere, sotto il tratto inferiore, una protezione atta a trattenerle in caso di rottura. Tale protezione può essere omessa quando il prodotto della larghezza della cinghia in centimetri per la sua velocità in metri al minuto secondo sia minore di 80.

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione

dell’arresto sino a tre mesi o con l’ammenda da euro 258,22 a euro 1032,91 ai sensi dell’art. 389 comma c;

(Ingranaggi)

Art. 59 - del D.P.R. 547/55 – Gli ingranaggi, le ruote e gli altri elementi dentati mobili devono essere racchiusi completamente entro involucri metallici, oppure, nel caso di ruote ad anima piena, protetti con schermi ricoprenti le sole dentature sino alla loro base. Possono, tuttavia, essere tollerate protezioni limitate alla sola zona di imbocco, quando, in relazione a particolari caratteristiche della macchina o della installazione, quali la ridottissima velocità degli ingranaggi o la loro ubicazione fuori portata delle persone, dette protezioni offrano sufficiente garanzia di sicurezza. In ogni caso le protezioni di cui al precedente comma devono estendersi, lateralmente, sino alla base della dentatura e devono avere le estremità periferiche libere foggiate in modo da evitare il pericolo di tranciamento fra il riparo e la corona dentata.

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione

dell’arresto sino a tre mesi o con l’ammenda da euro 258,22 a euro 1032,91 ai sensi dell’art. 389 comma c;

(Montaggio e smontaggio delle cinghie)

Art. 62 - del D.P.R. 547/55Le operazioni relative al montaggio ed allo smontaggio delle cinghie devono essere affidate a personale esperto. È consentito eseguire tali operazioni con la trasmissione in moto solo quando si disponga e si faccia uso di idonei attrezzi o dispositivi montacinghie. L'adozione di un dispositivo montacinghie fisso è obbligatoria quando il prodotto della larghezza della cinghia in centimetri per la sua velocità in metri al secondo sia non minore di 80.

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione

dell’arresto sino a tre mesi o con l’ammenda da euro 258,22 a euro 1032,91 ai sensi dell’art. 389 comma c;

(Protezione degli organi lavoratori e delle zone di operazione delle macchine)

Art. 68 - del D.P.R. 547/55Gli organi lavoratori delle macchine e le relative zone di operazione, quando possono costituire un pericolo per i lavoratori, devono, per quanto possibile, essere protetti o segregati oppure provvisti di dispositivo di sicurezza.

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione

dell’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da euro 516,45 a euro 2582,28 ai sensi dell’art. 389 comma b.

(Apertura di alimentazione e di scarico delle macchine )

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Art. 73 - del D.P.R. 547/55 – Le aperture di alimentazione e di scarico delle macchine devono essere provviste di idonei ripari costituiti, a secondo delle varie esigenze tecniche, da parapetti, griglie, tramogge e coperture atti per forma, dimensioni e resistenza, ad evitare che il lavoratore od altre persone possano venire in contatto con tutto o parte del corpo con gli organi lavoratori, introduttori o scaricatori pericolosi. La disposizione del presente articolo deve essere osservata anche quando la macchina è provvista di dispositivi di alimentazione e di scarico automatici ogni qualvolta gli organi lavoratori, introduttori o scaricatori pericolosi risultino ugualmente accessibili durante il lavoro.

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione

dell’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da euro 1549,37 a euro 4131,66 ai sensi dell’art. 389 comma a.

(Protezione contro le proiezioni di materiali)

Art. 75 - del D.P.R. 547/55Le macchine che durante il funzionamento possono dar luogo a proiezioni di materiali o particelle di qualsiasi natura o dimensione devono, per quanto possibile, essere provviste di chiusura, schermi o altri mezzi di intercettazione atti ad evitare che i lavoratori siano colpiti.

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione

dell’arresto sino a tre mesi o con l’ammenda da euro 258,22 a euro 1032,91 ai sensi dell’art. 389 comma c;

( Organi di messa in moto delle macchine )

Art. 76 - del D.P.R. 547/55 – Ogni macchina deve avere gli organi di comando per la messa in moto e l'arresto ben riconoscibili e a facile portata del lavoratore. Qualora, per effettive ragioni tecniche, l'organo di comando della messa in moto sia fuori portata del lavoratore e possa essere manovrato da altri, devono adottarsi le necessarie misure per evitare che gli addetti alla macchina possano essere lesi in seguito ad un tempestivo movimento di questa.

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione

dell’arresto sino a tre mesi o con l’ammenda da euro 258,22 a euro 1032,91 ai sensi dell’art. 389 comma c;

(Mole abrasive – Cuffie di protezione)

Art. 89 del D.P.R. 547/55 – Le mole abrasive artificiali devono essere protette da robuste cuffie metalliche, che circondino la massima parte periferica della mola, lasciando scoperto solo il tratto strettamente necessario per la lavorazione. La cuffia deve estendersi anche sulle due facce laterali della mola ed essere il più vicino possibile alle superfici di questa. Lo spessore della cuffia, in rapporto al materiale di cui è costituita, ed i suoi attacchi alle parti fisse della macchina devono essere tali da resistere all'urto dei frammenti di mola in caso di rottura. In deroga a quanto disposto a secondo comma dell'art. 45, le cuffie di protezione di ghisa possono essere tollerate per mole di diametro non superiore a 25 centimetri, che non abbiano velocità periferica di lavoro superiore a 25 metri al secondo, e purché lo spessore della cuffia stessa non sia inferiore a 12 millimetri.

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione

dell’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da euro 516,45 a euro 2582,28 ai sensi dell’art. 389 comma b.

(Protezione contro le schegge)

Art. 92 del D.P.R. 547/55 – Le mole abrasive artificiali che sono usate promiscuamente da più lavoratori per operazioni di breve durata, devono essere munite di uno schermo trasparente paraschegge infrangibile e regolabile, a meno che tutti i lavoratori che le usano non siano provvisti di adatti occhiali di protezione in dotazione personale.

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Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione

dell’arresto sino a tre mesi o con l’ammenda da euro 258,22 a euro 1032,91 ai sensi dell’art. 389 comma c;

(Macchine di sollevamento – gru, carriponte, ecc.)

Per quanto concerne i mezzi di sollevamento, presenti soprattutto nelle cave di pietra ornamentale, gli articoli a cui fare riferimento quando si effettua una verifica, sono quelli che vanno dall’art. 168 all’art. 193 del D.P.R. 547/55; si riportano di seguito quelli che necessitano di un più approfondito controllo.

(Indicazione della portata)

Art. 171 del D.P.R. 547/55 – Sui mezzi di sollevamento, esclusi quelli a mano, deve essere indicata la portata massima ammissibile. Quando tale portata varia col variare delle condizioni d'uso del mezzo, quali l'inclinazione e lunghezza dei bracci di leva delle gru a volata, lo spostamento dei contrappesi, gli appoggi supplementari e la variazione della velocità, l'entità del carico ammissibile deve essere indicata, con esplicito riferimento alle variazioni delle condizioni di uso, mediante apposita targa. I ganci utilizzati nei mezzi di sollevamento e di trasporto devono portare in rilievo o incisa la chiara indicazione della loro portata massima ammissibile.

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione

dell’arresto sino a tre mesi o con l’ammenda da euro 258,22 a euro 1032,91 ai sensi dell’art. 389 comma c;

(Ganci)

Art. 172 del D.P.R. 547/55 – I ganci per apparecchi di sollevamento devono essere provvisti di dispositivi, di chiusura dell'imbocco o essere conformati, per particolare profilo della superficie interna o limitazione dell'apertura di imbocco, in modo da impedire lo sganciamento delle funi, delle catene e degli altri organi di presa.

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione

dell’arresto sino a tre mesi o con l’ammenda da euro 258,22 a euro 1032,91 ai sensi dell’art. 389 comma c;

(Arresto automatico in caso di improvvisa mancanza della forza motrice)

Art. 174 del D.P.R. 547/55 – Nei casi in cui l'interruzione dell'energia di azionamento può comportare pericoli per le persone, i mezzi di sollevamento devono essere provvisti di dispositivi che provochino l'arresto automatico sia del mezzo che del carico.

In ogni caso l'arresto deve essere graduale onde evitare eccessive sollecitazioni nonché il sorgere di oscillazioni pericolose per la stabilità del carico.

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione

dell’arresto sino a tre mesi o con l’ammenda da euro 258,22 a euro 1032,91 ai sensi dell’art. 389 comma c;

(Dispositivi di segnalazione)

Art. 175 del D.P.R. 547/55 – I mezzi di sollevamento e di trasporto quando ricorrano specifiche condizioni di pericolo devono essere provvisti di appropriati dispositivi acustici e luminosi di segnalazione e di avvertimento, nonché di illuminazione del campo di manovra.

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione

dell’arresto sino a tre mesi o con l’ammenda da euro 258,22 a euro 1032,91 ai sensi dell’art. 389 comma c;

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(Organo di avvolgimento delle funi o catene)

Art. 176 del D.P.R. 547/55 – Gli apparecchi e gli impianti di sollevamento e di trasporto per trazione, provvisti di tamburi di avvolgimento e di pulegge di frizione, come pure di apparecchi di sollevamento a vite, devono essere muniti di dispositivi che impediscano: a) l'avvolgimento e lo svolgimento delle funi o catene o la rotazione della vite, oltre le posizioni limite prestabilite ai fine

della sicurezza in relazione al tipo o alle condizioni d'uso dell'apparecchio (dispositivo di arresto automatico corsa);b) La fuoruscita delle funi o catene dalle sede dei tamburi e delle pulegge durante il normale funzionamento. Sono esclusi

dalla applicazione della disposizione di cui alla lettera a) i piccoli apparecchi per i quali in relazione alle loro dimensioni, potenza velocità e condizioni di uso, la mancanza dei dispositivi di arresto automatico di fine corsa non costituisca causa di pericolo.

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione

dell’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da euro 516,45 a euro 2582,28 ai sensi dell’art. 389 comma b.

(Rapporto tra diametro delle funi e quelli dei tamburi e delle pulegge di avvolgimento)

Art. 178 del D.P.R. 547/55 – I tamburi e le pulegge motrici degli apparecchi ed impianti indicati nell'art. 176 sui quali si avvolgono funi metalliche, salvo quanto previsto da disposizioni speciali, devono avere un diametro non inferiore a 25 volte il diametro delle funi ed a 300 volte il diametro dei fili elementari di queste. Per le pulegge di rinvio il diametro non deve essere inferiore rispettivamente a 20 e a 250 volte.

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione

dell’arresto sino a tre mesi o con l’ammenda da euro 258,22 a euro 1032,91 ai sensi dell’art. 389 comma c;

(Coefficiente di sicurezza per funi e catene)

Art. 179 del D.P.R. 547/55 – Le funi e le catene degli impianti e degli apparecchi di sollevamento e di trazione, salvo quanto previsto al riguardo dai regolamenti speciali, devono avere, in rapporto alla portata e allo sforzo massimo ammissibile, un coefficiente di sicurezza di almeno 6 per le funi metalliche, 10 per le funi composte di fibre e 5 per le catene.

Le funi e le catene debbono essere sottoposte a verifiche trimestraliSi applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione

dell’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da euro 516,45 a euro 2582,28 ai sensi dell’art. 389 comma b.

(Arresto di fine corsa delle gru a ponte ed a portale)

Art. 190 del D.P.R. 547/55 – Le gru a ponte, le gru a portale e gli altri mezzi di sollevamento-trasporto, scorrenti su rotaie devono essere provvisti alle estremità di corsa, sia dei ponti che dei loro carrelli, di tamponi di arresto o respingenti adeguati per resistenza ed azione ammortizzante alla velocità ed alla massa del mezzo mobile ed aventi altezza non inferiore ai 6/10 del diametro delle ruote.

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione

dell’arresto sino a tre mesi o con l’ammenda da euro 258,22 a euro 1032,91 ai sensi dell’art. 389 comma c;

(Arresto automatico del carro)

Art. 191 del D.P.R. 547/55 – Gli apparecchi di sollevamento-trasporto scorrenti su rotaie, oltre ai mezzi di arresto indicati nell'art. 190, devono essere provvisti di dispositivo agente sull'apparato motore per l'arresto automatico del carro alle estremità della sua corsa.

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Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione

dell’arresto sino a tre mesi o con l’ammenda da euro 258,22 a euro 1032,91 ai sensi dell’art. 389 comma c;

(Verifica periodica - gru ed apparecchi di sollevamento)

Art. 194 del D.P.R. 547/55 – Le gru e gli altri apparecchi di sollevamento di portata superiore a 200 chilogrammi, esclusi quelli azionati a mano e quelli, già soggetti a speciali disposizioni di legge, devono essere sottoposti a verifica, una volta all'anno, per accertarne lo stato di funzionamento e di conservazione ai fini della sicurezza dei lavoratori

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione

dell’arresto sino a tre mesi o con l’ammenda da euro 258,22 a euro 1032,91 ai sensi dell’art. 389 comma c;

(Spazio sottostante ai trasportatori – nastri)

Art. 214 - del D.P.R. 547/55 – Lo spazio sottostante ai trasportatori orizzontali o inclinati deve essere reso inaccessibile, quando la natura del materiale trasportato ed il tipo del trasportatore possano costituire pericoli per caduta di materiali o per rottura degli organi di sospensione, a meno che non siano adottate altre misure contro detti pericoli.

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione

dell’arresto sino a tre mesi o con l’ammenda da euro 258,22 a euro 1032,91 ai sensi dell’art. 389 comma c;

(Difese terminali dei binari)

Art. 216 del D.P.R. 547/55 – Al termine delle linee di trasporto su binari, sia in pendenza che orizzontali, devono essere predisposti mezzi o adottate misure per evitare danni alle persone derivanti da eventuali fughe o fuoruscite dei veicoli.

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione

dell’arresto sino a tre mesi o con l’ammenda da euro 258,22 a euro 1032,91 ai sensi dell’art. 389 comma c;

(Collegamenti elettrici a terra)

Art. 271 - del D.P.R. 547/55 – Le parti metalliche degli impianti ad alta tensione, soggette a contatto delle persone e che per difetto di isolamento o per altre cause potrebbero trovarsi sotto tensione, devono essere collegate a terra. Il collegamento a terra deve essere fatto anche per gli impianti a bassa tensione situati in luoghi normalmente bagnati od anche molto umidi o in immediata prossimità di grandi masse metalliche, quando la tensione supera i 25 Volta verso terra per corrente alternata e i 50 Volta verso terra per corrente continua. Devono parimenti essere collegate a terra le parti metalliche dei ripari posti a protezione contro il contatto accidentale delle persone con conduttori od elementi ad alta tensione, od anche a bassa tensione nei casi previsti nel precedente comma.

(Per le caratteristiche che devono avere gli impianti di messa a terra vedi gli art.li da 324 a 327)

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione

dell’arresto sino a tre mesi o con l’ammenda da euro 258,22 a euro 1032,91 ai sensi dell’art. 389 comma c;

(Impianti elettrici di messa a terra e dispositivi contro le scariche atmosferiche )(Messa in esercizio e omologazione dell’impianto)

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Art. 2 (D.P.R. 462/2001) – -comma 1 – La messa in esercizio degli impianti elettrici messa a terra e dei dispositivi di protezione contro le

scariche atmosferiche non può essere effettuata prima della verifica eseguita dall’installatore che rilascia dichiarazione di conformità ai sensi della normativa vigente.La dichiarazione di conformità equivale a tutti gli effetti ad omologazione dell’impianto.

-comma 2- Entro 30 giorni dalla messa in esercizio dell’impianto il datore di lavoro invia la dichiarazione di conformità all’ISPELS ed all’ASL o all’ARPA territorialmente competenti.

(Verifiche a campione)

Art. 3 (D.P.R. 462/2001) – L’ISPELS effettua a campione la prima verifica sulla conformità alla normativa vigente degli impianti di protezione contro le scariche atmosferiche e i dispositivi di messa a terra degli impianti elettrici e trasmette le relative risultanze all’ASL o ARPA.

I due art. sopra riportati, sono stati inseriti in questo contesto in quanto modificano quanto indicato dal D.P.R. 547/55 sull’argomento

(Protezione contro sovratensioni e sovraccarico)

Art. 284 - del D.P.R. 547/55 – Protezione contro le sovratensioni. Allo scopo di impedire che i conduttori e gli apparecchi a bassa tensione subiscano accidentali sopraelevazioni di tensioni pericolose per effetto di conduttori, trasformatori o apparecchi a tensione superiore, devono essere adottate idonee misure, quali il collegamento a terra del neutro, l'applicazione di valvole di tensione o di altri dispositivi equivalenti. Analoghe misure di sicurezza devono essere adottate per evitare contatti fra sistemi di distribuzione a diverse tensioni.

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione

dell’arresto sino a tre mesi o con l’ammenda da euro 258,22 a euro 1032,91 ai sensi dell’art. 389 comma c;

Art. 285 - del D.P.R. 547/55 - Protezione contro i sovraccarichi. I circuiti elettrici devono essere provvisti di valvole fusibili, interruttori automatici o simili, atti ad impedire che nelle condutture e negli apparecchi elettrici abbiano a riscontrarsi correnti di intensità tale da far loro assumere temperature pericolose o eccessive. Qualora in relazione a particolari usi o caratteristiche dell'impianto, l'interruzione automatica della corrente possa determinare condizioni di pericolo, i circuiti devono essere protetti contro i sovraccarichi di corrente mediante altri idonei dispositivi.

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione

dell’arresto sino a tre mesi o con l’ammenda da euro 258,22 a euro 1032,91 ai sensi dell’art. 389 comma c;

(Interruttori generali)

Art. 288 - del D.P.R. 547/55 – Gli impianti elettrici di utilizzazione devono essere provvisti, all'arrivo di ciascuna linea di alimentazione, di un interruttore onnipolare.

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione

dell’arresto sino a tre mesi o con l’ammenda da euro 258,22 a euro 1032,91 ai sensi dell’art. 389 comma c;

(Schema dell’impianto)

Art. 337 - del D.P.R. 547/55 – Nelle officine e cabine elettriche deve essere permanentemente esposto uno schema dell'impianto, con chiare indicazioni relative alle connessioni ed alle apparecchiature essenziali.

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:

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- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione dell’arresto sino a tre mesi o con l’ammenda da euro 258,22 a euro 1032,91 ai sensi dell’art. 389 comma c;

(Manutenzione)

Art. 374 ( D.P.R. 547/55) – Gli edifici, le opere destinate ad ambienti o posti di lavoro, compresi i servizi accessori, devono essere costruiti e mantenuti in buono stato di stabilità, di conservazione e di efficienza in relazione alle condizioni di uso e alle necessità della sicurezza del lavoro. Gli impianti, le macchine, gli apparecchi, le attrezzature, gli utensili, gli strumenti, compresi gli apprestamenti di difesa, devono possedere, in relazione alle necessità della sicurezza del lavoro, i necessari requisiti di resistenza e di idoneità ed essere mantenuti in buono stato di conservazione e di efficienza.

Ove per le apparecchiature di cui al comma 2 è fornito il libretto di manutenzione occorre prevedere l'aggiornamento di questo libretto

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione

dell’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da euro 516,45 a euro 2582,28 ai sensi dell’art. 389 comma b.

Art. 375 ( D.P.R. 547/55) – Per l'esecuzione dei lavori di riparazione e di manutenzione devono essere adottate misure, usate attrezzature e disposte opere provvisionali, tali da consentire l'effettuazione dei lavori in condizioni il più possibile di sicurezza. I lavori di riparazione e manutenzione devono essere eseguiti a macchine e ad impianti fermi. Qualora detti lavori non possano essere eseguiti a macchine e ad impianti fermi a causa delle esigenze tecniche delle lavorazioni o sussistano necessità di esecuzione per evitare pericoli o maggiori danni, devono essere adottate misure e cautele supplementari atte a garantire la incolumità sia dei lavoratori addettivi che delle altre persone.

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione

dell’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da euro 516,45 a euro 2582,28 ai sensi dell’art. 389 comma b.

Decreto Legislativo 15 agosto 1991, n 277

Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro

(Valutazione del rischi rumore)

Art. 40 del D.Leg.vo 277/91 – 1. Il datore di lavoro procede alla valutazione del rumore durante il lavoro, al fine di identificare i lavoratori ed i luoghi di lavoro considerati dai successivi articoli e di attuare le misure preventive e protettive, ivi previste. Si applica l'art. 11, comma 6. 2. Se a seguito della valutazione di cui al comma 1 può fondatamente ritenersi che l'esposizione quotidiana personale ovvero quella media settimanale, se quella quotidiana è variabile nell'arco della settimana, supera il valore di cui all'art. 42, la valutazione comprende una misurazione effettuata nell'osservanza dei criteri riportati nell'allegato VI. 3. La valutazione è programmata ed effettuata ad opportuni intervalli da personale competente, sotto la responsabilità del datore di lavoro. 4. I metodi e le strumentazioni utilizzati devono essere adeguati, considerate in particolare le caratteristiche del rumore da misurare, la durata dell'esposizione, i fattori ambientali e le caratteristiche dell'apparecchio di misura. Essi devono permettere in ogni caso di stabilire se i valori indicati ai successivi articoli sono superati. 5. Fermo restando quanto previsto al comma 3, la valutazione deve essere comunque nuovamente effettuata ogni qualvolta vi è un mutamento nelle lavorazioni che influisce in modo sostanziale sul rumore prodotto ed ogni qualvolta l'organo di vigilanza lo dispone con provvedimento motivato. 6. Il datore di lavoro redige e tiene a disposizione dell'organo di vigilanza un rapporto nel quale sono indicati i criteri e le modalità di effettuazione delle valutazioni e sono in particolare riportati gli elementi di cui ai commi 3 e 4. 7. I lavoratori ovvero i loro rappresentanti sono consultati in ordine a quanto previsto dal comma 3..

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:

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- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione ai commi da 1 a 5, punita con la sanzione dell’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da euro 5164.56 a euro 25822,84 ai sensi dell’art. 50 comma 1a;

- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al comma 6, punita con la sanzione dell’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da euro 1539,27 a euro 7746,85 ai sensi dell’art. 50 comma 1b;

- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al comma 7, punita con la sanzione dell’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda da euro 516,45 a euro 3098,74 ai sensi dell’art. 50 comma 1c;

- a carico del preposto per la violazione ai commi da 1 a 5, punita con la sanzione dell’arresto da uno a tre mesi o con l’ammenda da euro 1032,92 a euro 5164,56 ai sensi dell’art. 51 comma 1a.

- a carico del preposto per la violazione ai commi 6 e 7, punita con la sanzione dell’arresto fino a due mesi o con l’ammenda da euro 258,22 a euro 1549,37 ai sensi dell’art. 51 comma 1b.

(Misure tecniche, organizzative, procedurali)

Art. 41 del D.Leg.vo 277/91 – 1. Il datore di lavoro riduce al minimo, in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico, i rischi derivanti dall'esposizione al rumore mediante misure tecniche, organizzative e procedurali, concretamente attuabili, privilegiando gli interventi alla fonte (7/cost). 2. Nei luoghi di lavoro che possono comportare, per un lavoratore che vi svolga la propria mansione per l'intera giornata lavorativa, un'esposizione quotidiana personale superiore a 90 dBA oppure un valore della pressione acustica istantanea non ponderata superiore a 140 dB (200 Pa) è esposta una segnaletica appropriata. 3. Tali luoghi sono inoltre perimetrati e soggetti ad una limitazione di accesso qualora il rischio di esposizione lo giustifichi e tali provvedimenti siano possibili.

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al comma 1, punita con la sanzione dell’arresto

da tre a sei mesi o con l’ammenda da euro 5164.56 a euro 25822,84 ai sensi dell’art. 50 1a;- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione ai commi 2 e 3, punita con la sanzione

dell’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da euro 1539,27 a euro 7746,85 ai sensi dell’art. 50 comma 1b;

- a carico del preposto per la violazione al comma 1, punita con la sanzione dell’arresto da uno a tre mesi o con l’ammenda da euro 1032,92 a euro 5164,56 ai sensi dell’art. 51 comma 1a.

- a carico del preposto per la violazione ai commi 2 e 3, punita con la sanzione dell’arresto fino a due mesi o con l’ammenda da euro 258,22 a euro 1549,37 ai sensi dell’art. 51 comma 1b.

(Rumori - Informazione e formazione)

Art. 42 del D.Leg.vo 277/91 – 1. Nelle attività che comportano un valore dell'esposizione quotidiana personale di un lavoratore al rumore superiore a 80 dBA, il datore di lavoro provvede a che i lavoratori ovvero i loro rappresentanti vengano informati su: a) i rischi derivanti all'udito dall'esposizione al rumore; b) le misure adottate in applicazione delle presenti norme; c) le misure di protezione cui i lavoratori debbono conformarsi; d) la funzione dei mezzi individuali di protezione, le circostanze in cui ne è previsto l'uso e le modalità di uso a norma dell'art. 43; e) il significato ed il ruolo del controllo sanitario di cui all'art. 44 per mezzo del medico competente; f) i risultati ed il significato della valutazione di cui all'art. 40. 2. Se le suddette attività comportano un valore dell'esposizione quotidiana personale al rumore superiore a 85 dBA, il datore di lavoro provvede a che i lavoratori ricevano altresì un'adeguata formazione su: a) l'uso corretto dei mezzi individuali di protezione dell'udito; b) l'uso corretto, ai fini della riduzione al minimo dei rischi per l'udito, degli utensili, macchine, apparecchiature che, utilizzati in modo continuativo, producono un'esposizione quotidiana personale di un lavoratore al rumore pari o superiore a 85 dBA.

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione

dell’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da euro 1539,27 a euro 7746,85 ai sensi dell’art. 50 comma 1b;

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- a carico del preposto per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione dell’arresto fino a due mesi o con l’ammenda da euro 258,22 a euro 1549,37 ai sensi dell’art. 51 comma 1b.

(Uso dei mezzi individuali di protezione dell’udito)

Art. 43 del D.Leg.vo 277/911. Il datore di lavoro fornisce i mezzi individuali di protezione dell'udito a tutti i lavoratori la cui esposizione quotidiana personale può verosimilmente superare 85 dBA. 2. I mezzi individuali di protezione dell'udito sono adattati al singolo lavoratore ed alle sue condizioni di lavoro, tenendo conto della sicurezza e della salute. 3. I mezzi individuali di protezione dell'udito sono considerati adeguati ai fini delle presenti norme se, correttamente usati, mantengono un livello di rischio uguale od inferiore a quello derivante da un'esposizione quotidiana personale di 90 dBA. 4. Fatto salvo quanto disposto dall'art. 41, comma 1, i lavoratori la cui esposizione quotidiana personale supera 90 dBA devono utilizzare i mezzi individuali di protezione dell'udito fornitigli dal datore di lavoro. 5. Se l'applicazione delle misure di cui al comma 4 comporta rischio di incidente, a questo deve ovviarsi con mezzi appropriati;

6. I lavoratori ovvero i loro rappresentanti sono consultati per la scelta dei modelli dei mezzi di cui al comma 1.Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione ai commi 1, 2, 3 e 5, punita con la sanzione

dell’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da euro 5164.56 a euro 25822,84 ai sensi dell’art. 50 comma 1a;

- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al comma 6, punita con la sanzione dell’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da euro 1539,27 a euro 7746,85 ai sensi dell’art. 50 comma 1b;

- a carico del preposto per la violazione ai commi 1, 2, 3 e 5, punita con la sanzione dell’arresto da uno a tre mesi o con l’ammenda da euro 1032,92 a euro 5164,56 ai sensi dell’art. 51 comma 1a.

- a carico del preposto per la violazione al comma 6, punita con la sanzione dell’arresto fino a due mesi o con l’ammenda da euro 258,22 a euro 1549,37 ai sensi dell’art. 51 comma 1b.

- a carico del lavoratore per la violazione al comma 4, punita con la sanzione dell’arresto fino a un mese o con l’ammenda da euro 20,58 a euro 1032,91 ai sensi dell’art. 52 comma 1a.

(Controllo sanitario- esame audiometrico)

Art. 44 del D.Leg.vo 277/91 – 1. I lavoratori la cui esposizione quotidiana personale al rumore supera 85 dBA, indipendentemente dall'uso di mezzi individuali di protezione, sono sottoposti a controllo sanitario.2. Detto controllo comprende: a) una visita medica preventiva, integrata da un esame della funzione uditiva eseguita nell'osservanza dei criteri riportati nell'allegato VII, per accertare l'assenza di controindicazioni al lavoro specifico ai fini della valutazione dell'idoneità dei lavoratori; b) visite mediche periodiche, integrate dall'esame della funzione uditiva, per controllare lo stato di salute dei lavoratori ed esprimere il giudizio di idoneità. Esse devono tenere conto, oltre che dell'esposizione, anche della sensibilità acustica individuale. La prima di tali visite è effettuata non oltre un anno dopo la visita preventiva. 3. La frequenza delle visite successive è stabilita dal medico competente. Gli intervalli non possono essere comunque superiori a due anni per lavoratori la cui esposizione quotidiana personale non supera 90 dBA e ad un anno nei casi di esposizione quotidiana personale superiore a 90 dBA, di cui agli articoli 47 e 48 (7/b). 4. Il controllo sanitario è esteso ai lavoratori la cui esposizione quotidiana personale sia compresa tra 80 dBA e 85 dBA qualora i lavoratori interessati ne facciano richiesta e il medico competente ne confermi l'opportunità, anche al fine di individuare eventuali effetti extrauditivi. 5. Il datore di lavoro, in conformità al parere del medico competente, adotta misure preventive e protettive per singoli lavoratori, al fine di favorire il recupero audiologico. Tali misure possono comprendere la riduzione dell'esposizione quotidiana personale del lavoratore, conseguita mediante opportune misure organizzative. 6. Contro le misure adottate nei loro riguardi i lavoratori interessati dalle disposizioni di cui al comma 5 possono inoltrare ricorso all'organo di vigilanza entro trenta giorni, informandone per iscritto il datore di lavoro. 7. L'organo di vigilanza provvede a norma dell'art. 8, comma 1.

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:

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- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione dell’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da euro 1539,27 a euro 7746,85 ai sensi dell’art. 50 comma 1b;

- a carico del preposto per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione dell’arresto da uno a tre mesi o con l’ammenda da euro 1032,92 a euro 5164,56 ai sensi dell’art. 51 comma 1a.

- a carico del medico competente per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione dell’arresto fino a due mesi o con l’ammenda da euro 516,45 a euro 3098,74 ai sensi dell’art. 53 comma 1a.

(Superamento dei valori limite di esposizione al rumore)

Art. 45 del D.Leg.vo 277/91 – 1. Se nonostante l'applicazione delle misure di cui all'art. 41, comma 1, l'esposizione quotidiana personale di un lavoratore al rumore risulta superiore a 90 dBA od il valore della pressione acustica istantanea non ponderata risulta superiore a 140 dB (200Pa), il datore di lavoro comunica all'organo di vigilanza, entro trenta giorni dall'accertamento del superamento, le misure tecniche ed organizzative applicate in conformità al comma 1 dell'art. 41, informando i lavoratori ovvero i loro rappresentanti.

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione

dell’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da euro 5164.56 a euro 25822,84 ai sensi dell’art. 50 comma 1a;

- a carico del preposto per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione dell’arresto da uno a tre mesi o con l’ammenda da euro 1032,92 a euro 5164,56 ai sensi dell’art. 51 comma 1a.

(Registrazione dell’esposizione dei lavoratori)

Art. 49 del D.Leg.vo 277/91 – 1. I lavoratori che svolgono le attività di cui all'art. 41 sono iscritti nel registro di cui all'art. 4, comma 1, lettera q). 2. Il registro di cui sopra è istituito ed aggiornato dal datore di lavoro che ne cura la tenuta. 3. Il datore di lavoro: a) consegna copia del registro di cui al comma 1 all'ISPESL e alla USL competente per territorio, cui comunica, ogni tre anni e comunque ogni qualvolta l'ISPESL medesimo ne faccia richiesta, le variazioni intervenute; b) consegna, a richiesta, all'organo di vigilanza ed all'Istituto superiore di sanità copia del predetto registro; c) comunica all'ISPESL e alla USL competente per territorio la cessazione del rapporto di lavoro, con le variazioni sopravvenute dall'ultima comunicazione; d) consegna all'ISPESL e alla USL competente per territorio, in caso di cessazione di attività dell'impresa, il registro di cui al comma 1; e) richiede all'ISPESL e alla USL competente per territorio copia delle annotazioni individuali in caso di assunzione di lavoratori che abbiano in precedenza esercitato attività che comportano le condizioni di esposizione di cui all'art. 41; f) comunica ai lavoratori interessati tramite il medico competente le relative annotazioni individuali contenute nel registro e nella cartella sanitaria e di rischio, di cui all'art. 4, comma 1, lettera q). 4. I dati relativi a ciascun singolo lavoratore sono riservati.

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione

dell’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da euro 1539,27 a euro 7746,85 ai sensi dell’art. 50 comma 1b;

- a carico del preposto per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione dell’arresto fino a due mesi o con l’ammenda da euro 258,22 a euro 1549,37 ai sensi dell’art. 51 comma 1b.

- a carico del medico competente per la violazione al comma 3, punita con la sanzione dell’arresto fino a un mese o con l’ammenda da euro 258,22 a euro 1549,37 ai sensi dell’art. 53 comma 1b.

Decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303

(Difesa contro le polveri)

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Art. 21 del D.P.R. 303/56 – Nei lavori che danno luogo normalmente alla formazione di polveri di qualunque specie, il datore di lavoro è tenuto ad adottare i provvedimenti atti ad impedirne o a ridurne per quanto è possibile, lo sviluppo e la diffusione nell'ambito di lavoro, nell'ambiente di lavoro. Le misure da adottare a tal fine devono tenere conto della natura delle polveri e della loro concentrazione nella atmosfera.Ove non sia possibile sostituire il materiale di lavoro polveroso, si devono adottare procedimenti lavorativi in apparecchi chiusi ovvero muniti di sistemi di aspirazione e di raccolta delle polveri, atti ad impedirne la dispersione. L'aspirazione deve essere effettuata, per quanto è possibile, immediatamente vicino al luogo di produzione delle polveri. Quando non siano attuabili le misure tecniche di prevenzione indicate nel comma precedente, e la natura del materiale polveroso lo consenta, si deve provvedere all'inumidimento del materiale stesso. Qualunque sia il sistema adottato per la raccolta e la eliminazione delle polveri, il datore di lavoro è tenuto ad impedire che esse possano rientrare nell'ambiente di lavoro. Nei lavori all'aperto e nei lavori di breve durata e quando la natura e la concentrazione delle polveri non esigano l'attuazione dei provvedimenti tecnici indicati ai comma precedenti, e non possano essere causa di danno o di incomodo al vicinato, l'Ispettorato del lavoro può esonerare il datore di lavoro dagli obblighi previsti dai comma precedenti, prescrivendo, in sostituzione, ove sia necessario, mezzi personali di protezione.I mezzi personali possono altresì essere prescritti dall'Ispettorato del lavoro, ad integrazione dei provvedimenti previsti al comma terzo e quarto del presente articolo, in quelle operazioni in cui, per particolari difficoltà d'ordine tecnico, i predetti provvedimenti non sono atti a garantire efficacemente la protezione dei lavoratori contro le polveri (6/c).

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione ai commi 1, 2, 3, 4 e 5, punita con la sanzione

dell’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da euro 1549,37 a euro 4131,66 ai sensi dell’art. 58 comma a;

- a carico del preposto per la violazione ai commi 3 e 4, punita con la sanzione dell’arresto da uno a tre mesi o con l’ammenda da euro 516,46 a euro 2065,83 ai sensi dell’art. 59 comma a.

- a carico del lavoratore per la violazione al comma 3, punita con la sanzione dell’arresto fino a un mese o con l’ammenda da euro 154,94 a euro 774,68 ai sensi dell’art. 60 comma a.

(acqua)

Art. 36 del D.P.R. 303/56 – Nei luoghi di lavoro o nelle loro immediate vicinanze deve essere messa a disposizione dei lavoratori acqua in quantità sufficiente, tanto per uso potabile quanto per lavarsi. Per la provvista, la conservazione e la distribuzione dell'acqua devono osservarsi le norme igieniche atte ad evitarne l'inquinamento e ad impedire la diffusione di malattie.

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione

dell’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da euro 516,46 a euro 2582,28 ai sensi dell’art. 58 comma b;

(Docce)

Art. 37 del D.P.R. 303/56 – 1. Docce sufficienti ed appropriate devono essere messe a disposizione dei lavoratori quando il tipo di attività o la salubrità lo esigono. 2. Devono essere previsti locali per docce separati per uomini e donne o un'utilizzazione separata degli stessi. Le docce e gli spogliatoi devono comunque facilmente comunicare tra loro. 3. I locali delle docce devono avere dimensioni sufficienti per permettere a ciascun lavoratore di rivestirsi senza impacci e in condizioni appropriate di igiene. 4. Le docce devono essere dotate di acqua corrente calda e fredda e di mezzi detergenti e per asciugarsi (8/a).

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione

dell’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da euro 516,46 a euro 2582,28 ai sensi dell’art. 58 comma b;

( Gabinetti e Lavabi)

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Art.39 del D.P.R. 303/56 – 1. I lavoratori devono disporre, in prossimità dei loro posti di lavoro, dei locali di riposo, degli spogliatoi e delle docce, di gabinetti e di lavabi con acqua corrente calda, se necessario, e dotati di mezzi detergenti e per asciugarsi. 2. Per uomini e donne devono essere previsti gabinetti separati; quando ciò sia impossibile a causa di vincoli urbanistici o architettonici e nelle aziende che occupano lavoratori di sesso diverso in numero non superiore a 10, è ammessa un'utilizzazione separata degli stessi (8/a).

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione

dell’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da euro 516,46 a euro 2582,28 ai sensi dell’art. 58 comma b;

(Spogliatoi e armadi per vestiario)

Art.40 del D.P.R. 303/56 – 1. Locali appositamente destinati a spogliatoi devono essere messi a disposizione dei lavoratori quando questi devono indossare indumenti di lavoro specifici e quando per ragioni di salute o di decenza non si può loro chiedere di cambiarsi in altri locali. 2. Gli spogliatoi devono essere distinti fra i due sessi e convenientemente arredati. Nelle aziende che occupano fino a cinque dipendenti lo spogliatoio può essere unico per entrambi i sessi; in tal caso i locali a ciò adibiti sono utilizzati dal personale dei due sessi, secondo opportuni turni prestabiliti e concordati nell'ambito dell'orario di lavoro (8/c).3. I locali destinati a spogliatoio devono avere una capacità sufficiente, essere possibilmente vicini ai locali di lavoro aerati, illuminati, ben difesi dalle intemperie, riscaldati durante la stagione fredda e muniti di sedili. 4. Gli spogliatoi devono essere dotati di attrezzature che consentono a ciascun lavoratore di chiudere a chiave i propri indumenti durante il tempo di lavoro. 5. Qualora i lavoratori svolgano attività insudicianti, polverose, con sviluppo di fumi o vapori contenenti in sospensione sostanze untuose od incrostanti, nonché in quelle dove si usano sostanze venefiche, corrosive od infettanti o comunque pericolose, gli armadi per gli indumenti da lavoro devono essere separati da quelli per gli indumenti privati. 6. Qualora non si applichi il comma 1 ciascun lavoratore deve poter disporre delle attrezzature di cui al comma 4 per poter riporre i propri indumenti (8/d).

Si applica la procedura ai sensi del D.Lgs 758/94:- a carico del datore di lavoro e dirigente per la violazione al presente articolo, punita con la sanzione

dell’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da euro 516,46 a euro 2582,28 ai sensi dell’art. 58 comma b;

Bibliografia:

- Luigi Gerbella – Arte Mineraria.- Remo Zucchetti e altri – Manuale di ispezione sulla sicurezza del lavoro.- Francesco Botte e altri – Gestione della sicurezza sul lavoro.- Tiziano Fontana – Strumenti per corsi in salute e sicurezza sul lavoro.- Sergio Zedda e altri – Atti convegno nazionale “Materiali lapidei: la prevenzione dei

rischi per l’ambiente e per i lavoratori.- Raffaele Gigante – Manuale della sicurezza sul lavoro.- Alberto Petitta/Giuseppe Carbone – La sicurezza sul lavoro.- INAIL – Progetto sicurezza lavoro.- Roberto Pais – La nuova sicurezza sul lavoro.- Provincia di Pavia – La sicurezza nelle cave della provincia di Pavia.- Autori vari – Testi sulle norme di sicurezza sul lavoro.

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Indice

paginaPremessa 2Cenno sulle norme amministrative nel settore estrattivo 2Le norme di riferimento per la sicurezza 4Costituzione della Repubblica Italiana 4Codice civile 5Codice penale 7La sicurezza nelle attività estrattive 8Le normative europee in materia di sicurezza mineraria 12Applicazione del D.L.gs 626/94 alle attività estrattive 13I punti più rilevanti e innovativi del D.L.gs 626/94 13Istituzione del servizio di prevenzione e protezione (SPP) 19Prevenzione incendi, evacuazione dei lavoratori, pronto soccorso 20Attuazione della sorveglianza sanitaria 21Attuazione della consultazione e partecipazione dei lavoratori 21Informazione e formazione dei lavoratori 22Uso delle attrezzature di lavoro 22Uso dei dispositivi di protezione individuale 22Valutazione dei rischi 24Attuazione delle direttive 92/91 e 92/104 riguardante il miglioramento dellasicurezza e della salute dei lavoratori delle attività estrattive –D.Lgs. 624/96 26Obblighi del datore di lavoro 30Documento di sicurezza e salute 30Sulla progettazione 31Disposizioni tecniche in materia di sicurezza 33I documenti da tenere in cantiere 33Sintesi sugli adempimenti e sulle relative sanzioni con particolare riferimentoalle attività estrattive di cava D. Lgs. 758/94 33Prescrizione 34Verifica dell'adempimento 34Notizie di reato non pervenute dall'organo di vigilanza 35Sospensione del procedimento penale 35Estinzione del reato 35Campo d'applicazione 36Titolari della potestà 36Destinatari del provvedimento 36Obbligatorietà 36Termine di adempimento 36Contenuto dell'atto 36Obbligo di riferire al PM. 37Verifica dell'adempimento 37Le infrazioni più ricorrenti nelle attività estrattive di cava 37Decreto Legislativo 25 novembre 1996, n 624 37Misure generali di tutela 37Obblighi del datore di lavoro 38Documento di sicurezza e di salute 38

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Obblighi 38Riunione di prevenzione e protezione dai rischi 38DSS coordinato 38Contenuti del DSS 39Protezione contro gli incendi, le esplosioni e le atmosfere nocive 39Mezzi di evacuazione e di salvataggio 40Sistemi di comunicazione, di avvertimento e di allarme 40Sorveglianza sanitaria 40Istruzioni scritte 40Incarichi scritti per attività in situazioni pericolose 40Infortuni ed incidenti 41Verifiche periodiche 41Obblighi di manutenzione 41Misure generali di manutenzione del materiale di sicurezza 41Recipienti a pressione 42Misure generali per la protezione dai rischi di incendio 42Esercitazioni di sicurezza 42Coltivazione 42Decreto del Presidente della Repubblica 9 aprile 1959, n. 128 43Nomina Direttore responsabile lavori 43Denuncia di Esercizio 43Accesso ai lavori 44Registro delle Prescrizioni 44Distanza da manufatti 44Autorizzazione per deroga 44Cauzione per probabili danni 44Ripari – recinzioni 44Piazzali 45Ispezioni alle fronti 45Terreni di copertura 45Fronte di abbattimento 45Lavori su fronti ripide 45Escavazioni meccaniche 46Escavazioni limitrofe 46Disgaggio 46Attestazione di cui all’art.296 46Ordine di Servizio Sparo mine 46Registro miccia nera 46Esploditori 47Registro carico e scarico degli esplosivi 47misure contro le polveri 47Polveri nei lavori di perforazione e abbattimento 48Visite mediche 48Cassetta pronto soccorso 48Decreto Legislativo 19 settembre 1994, n 626 48Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto 48Obblighi dei lavoratori 50Servizio di prevenzione e protezione 50Riunione periodica di prevenzione e protezione dai rischi 51Prevenzione incendi, evacuazione dei lavoratori, pronto soccorso 51Disposizioni generali 51Consultazione e partecipazione dei lavoratori 52Rappresentante per la sicurezza 52Informazione e formazione dei lavoratori 52Informazione dei lavoratori 52Formazione dei lavoratori 53Uso delle attrezzature di lavoro 53

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Obblighi del datore di lavoro 53Informazione 55Formazione ed addestramento 55Uso dei dispositivi di protezione individuale 55Obblighi del datore di lavoro 55Obblighi dei datori di lavoro 56Movimentazione manuale dei carichi 56Informazione e formazione 56Uso di attrezzature munite di videoterminali 57Informazione e formazione 57Consultazione e partecipazione 57Decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547 57Vie di circolazione, zone di pericolo, pavimenti e passaggi 58Posti di lavoro e di passaggio e luoghi di lavoro esterni 58Schermi paraschegge 59Scale fisse a gradini 59Scale fisse a pioli 59Scale semplici portatili 59Parapetto normale 60Protezione delle impalcature, delle passerelle e dei ripiani 60Scariche Atmosferiche 60Protezione e sicurezza delle macchine 60Manovellismi 60Protezione in caso di rottura di macchine 61Rimozione temporanea delle protezioni e dei dispositivi di sicurezza 61Divieto di pulire, oliare o ingrassare organi in moto 61Divieto di operazioni di riparazione ed altro su organi in moto 61Organi ed elementi per la trasmissione del moto 62Alberi, cinghie e funi di trasmissione 62cinghie e funi di trasmissione 62Ingranaggi 62Montaggio e smontaggio delle cinghie 63Protezione degli organi lavoratori e delle zone di operazione delle macchine 63Apertura di alimentazione e di scarico delle macchine 63Protezione contro le proiezioni di materiali 63Organi di messa in moto delle macchine 64Mole abrasive – Cuffie di protezione 64Protezione contro le schegge 64Macchine di sollevamento – gru, carriponte, ecc. 64Indicazione della portata 64Ganci 65Arresto automatico in caso di improvvisa mancanza della forza motrice 65Dispositivi di segnalazione 65Organo di avvolgimento delle funi o catene 65Rapporto tra diametro delle funi e quelli dei tamburi e delle pulegge di avvolgimento 65Coefficiente di sicurezza per funi e catene 66Arresto di fine corsa delle gru a ponte ed a portale 66Arresto automatico del carro 66Verifica periodica - gru ed apparecchi di sollevamento 66Spazio sottostante ai trasportatori – nastri 66Difese terminali dei binari 67Collegamenti elettrici a terra 67Impianti elettrici di messa a terra e dispositivi contro le scariche atmosferiche 67Messa in esercizio e omologazione dell’impianto 67Verifiche a campione 67Protezione contro sovratensioni e sovraccarico 68Protezione contro i sovraccarichi 68

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Interruttori generali 68Schema dell’impianto 68Manutenzione 68Decreto Legislativo 15 agosto 1991, n 277 69Valutazione del rischi rumore 69Misure tecniche, organizzative, procedurali 69Rumori - Informazione e formazione 70Uso dei mezzi individuali di protezione dell’udito 70Controllo sanitario- esame audiometrico 71Superamento dei valori limite di esposizione al rumore 71Registrazione dell’esposizione dei lavoratori 72Decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303 72Difesa contro le polveri 72acqua 73Docce 73Gabinetti e Lavabi 73Spogliatoi e armadi per vestiario 73Bibliografia 74

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Bibliografia:

- Gigante R. (2002). Manuale della sicurezza sul lavoro.- Prof. Francesco Bacchini. La sicurezza e la salute dei lavoratori nelle industrie estrattive.- R. Pais – La nuova normativa – salute e sicurezza sul lavoro.- A. Petita/G. Carbone – la sicurezza sul lavoro.- F. Botte/G. Semeraro – gestione della sicurezza sul lavoro.- M. Sartorio – Miniere e cave tra disciplina nazionale e regionale.- M. Casciello e Altri – Norme e procedure di sicurezza sul lavoro.- Comitato attività estrattive di superficie. Linee guida per la tutela della salute e della sicurezza

dei lavoratori durante la coltivazione delle cave di pietre ornamentali.- D. Savoca – documento sulla ispezione mineraria.- Autori vari – norme sulla sicurezza sul lavoro e sulle attività minerarie.-

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Appendice normativa

Di seguito si riportano le norme fondamentali di sicurezza e salute sul luogo di lavoro con riferimento all’attività estrattiva di cava:

- D.P.R. 9.4.59, n. 128 Norme di polizia delle miniere e delle cave;- Decreto Legislativo del Governo n° 624 del 25/11/1996 Attuazione della direttiva

92/91/CEE relativa alla sicurezza e salute dei lavoratori nelle industrie estrattive per trivellazione e della direttiva 92/104/CEE relativa alla sicurezza e salute dei lavoratori nelle industrie estrattive a cielo aperto o sotterranee;

- Decreto del Presidente della Repubblica n° 547 del 27/04/1955 Norme per la prevenzione degli infortuni;

- Decreto Legislativo del Governo n° 626 del 19/09/1994 Attuazione delle direttive 89/391CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE e 90/679/CEE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro;

- Decreto Legislativo del Governo n° 277 del 15/08/1991 Attuazione delle direttive n. 80/1107/CEE, n. 82/605/CEE, n. 83/477/CEE, n. 86/188/CEE e n. 88/642/CEE, in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici durante il lavoro, a norma dell'art. 7 legge 30 luglio 1990, n. 212;

- Decreto del Presidente della Repubblica n° 303 del 19/03/1956 Norme generali per l'igiene del lavoro;

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Decreto del Presidente della Repubblica n° 128 del 09/04/1959

Norme di polizia delle miniere e delle cave.

pubblicato/a su : Gazz. Uff. Suppl. Ordin. n° 87 del 11/04/1959

SOMMARIO

NOTE

TESTO

TITOLO I - Disposizioni generaliCapo I - Campo di applicazione.Art. 1.; Art. 2.; Art. 3.Capo II - Competenza dell'autorità mineraria.Art. 4.; Art. 5.Capo III - Obblighi degli imprenditori, dei direttori, dei capi servizio e dei sorveglianti - Obblighi dei lavoratori.Art. 6.; Art. 7.; Art. 8.; Art. 9.Capo IV - Delegati alla sicurezza ed all'igiene - Servizio aziendale di sicurezza - Comitato aziendale per la sicurezza e l'igiene dei lavori. da Art. 10. a Art. 19.Capo V - Addestramento. Orario di lavoro - Retribuzione.da Art. 20. a Art. 23.

TITOLO II - Denunce. Piani dei lavori. Programmi. Disciplina interna dei lavoro. InfortuniCapo I - Denunce di esercizio. Disposizioni relative alle miniere.da Art. 24. a Art. 32.Capo II - Piani dei lavori. Obbligo della compilazione dei piani.da Art. 33. a Art. 40.Capo III - Programmi generali dei lavori e delle coltivazioni nelle miniere.Art. 41.; Art. 42.; Art. 43.Capo IV - Disciplina interna del lavoro. Requisiti per l'impiego del personale.da Art. 44. a Art. 52.Capo V - Infortuni. - Denuncia degli infortuni e dei pericoli di danno.da Art. 53. a Art. 59.

TITOLO III - Ricerca e coltivazione mediante perforazioniCapo I - Disposizioni generali. Approvazione dei programmi di perforazione. Denunce.da Art. 60. a Art. 103.TITOLO IV - Escavazioni a cielo aperto e sotterraneeCapo I - Distanze - Autorizzazioni - Cauzione.da Art. 104. a Art. 113.Capo II - Escavazioni a cielo aperto.da Art. 114. a Art. 139.Capo III - Escavazioni sotterranee. Uso dell’elmetto.da Art. 140. a Art. 173.

TITOLO V - Trasporti e circolazione del personaleCapo I - Disposizioni generali. Vagonetti.da Art. 174. a Art. 189.Capo II - Trasporti sotterranei su vie orizzontali o poco inclinate. Inclinazioni consentite - Frenatura.da Art. 190. a Art. 196.Capo III - Trasporti sotterranei su piani inclinati. Stazioni dei piani inclinati.da Art. 197. a Art. 201.Capo IV - Estrazione e circolazione del personale nei pozzi. Guide ed accessi dei pozzi.da Art. 202. a Art. 207.Capo V - Macchine ed altre installazioni per l'estrazione e la circolazione del personale nei pozzi e nei piani inclinati - Funi.da Art. 208. a Art. 225.Capo VI - Trasporti in superficie. Materiale fisso e mobile.da Art. 226. a Art. 230.Capo VII - Disposizioni generali per la circolazione del personale sotterraneo.da Art. 231. a Art. 235.

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Capo VIII - Circolazione a piedi. Circolazione a piedi nelle gallerie orizzontali e nei cantieri.da Art. 236. a Art. 245.Capo IX - Circolazione nei pozzi con mezzi meccanici.da Art. 246. a Art. 256.Capo X - Circolazione del personale con mezzi meccanici sui piani inclinati interni ed esterni.Art. 257.

TITOLO VI - Ventilazione - Requisiti della ventilazione.da Art. 258. a Art. 287.

TITOLO VII - Illuminazione. Illuminazione di lavori in superficie.da Art. 288. a Art. 295.

TITOLO VIII - Esplosivi.Capo I - Disposizioni generali. Uso degli esplosivi nei lavori minerari.da Art. 296. a Art. 308.Capo II - Trasporti e distribuzione degli esplosivi. Trasporto degli esplosivi al deposito sotterraneo.da Art. 309. a Art. 323.Capo III - Depositi di esplosivo nei sotterranei di miniere o cave. Autorizzazione.da Art. 324. a Art. 335.Capo IV - Preparazione e brillamento delle mine. Caricamento delle mine.da Art. 336. a Art. 355.

TITOLO IX - Impianti elettrici Norme applicabili e definizioni.da Art. 356. a Art. 388.

TITOLO X - Grisou e gas tossici o altrimenti nocivi Capo I - Controllo delle miniere sospette. Miniere sospette per caratteristiche di giacimento.da Art. 389. a Art. 397.Capo II - Classifica delle miniere per grisou, gas tossici o altrimenti nocivi. Miniere grisutose.da Art. 398. a Art. 406.Capo III - Ventilazione delle miniere classificate per emanazioni di gas.da Art. 407. a Art. 449.Capo IV - Condotta dei lavori nelle miniere soggette a classifica a termine del presente titolo. Regolamento interno.da Art. 450. a Art. 469.Capo V - Uso degli esplosivi nelle miniere grisutose.da Art. 470. a Art. 477.Capo VI - Lampade portatili nelle miniere grisutose.da Art. 478. a Art. 490.Capo VII - Impianti elettrici nelle miniere grisutose. Macchinari ed apparecchiature di sicurezza.da Art. 491. a Art. 523-bisCapo IX - Disposizioni varie. Espurgo delle condotte per aria compressa.da Art. 524. a Art. 527.Capo X - Squadre di salvataggio. Salvataggio.da Art. 528. a Art. 541.

TITOLO XI - Polveri infiammabiliCapo I - Miniere di combustibili fossili. Applicabilità delle norme.da Art. 542. a Art. 566.

TITOLO XII - Incendi e fuochi sotterraneiCapo I - Disposizioni comuni a tutte le miniere.da Art. 567. a Art. 575.Capo II - Misure per combattere gli incendi. Manifestazioni di un incendio.da Art. 576. a Art. 584.Capo III - Controllo e classifica delle miniere soggette a fuochi sotterranei.da Art. 585. a Art. 605.

TITOLO XIII - Irruzioni d'acquada Art. 606. a Art. 616.

TITOLO XIV - Polveri nocive alla salute dei lavoratori. Misure generali contro le polveri.da Art. 617. a Art. 639.

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TITOLO XV - Minerali radioattivida Art. 640. a Art. 647.

TITOLO XVI - Controlli medici - Servizio medico aziendale Salvataggio e pronto soccorso - Igiene Controlli medici e psicotecnici.da Art. 648. a Art. 669.

TITOLO XVII - Diffide, denunce, interventi amministrativi vari, ricorsida Art. 670. a Art. 680.

TITOLO XVIII - Sanzionida Art. 681. a Art. 686.

TITOLO XIX - Disposizioni finali e transitorieda Art. 687. a Art. 693.

ALLEGATO Tabella dei pesi massimi ammessi nella lizzatura con tre funi espressi in tonnellate in funzione del carico di rottura delle funi e della pendenza della via di lizza.

NOTE

Il presente decreto è stato emanato ai sensi della legge delega 4 marzo 1958, n. 198. Si ricorda che il D.P.R. 24 maggio 1979, n. 886 ha disposto integrazioni ed adeguamenti di questo D.P.R. n. 128 del 1959.

Testo vigente dopo le modifiche apportate da:

1) rettifica pubblicata sulla Gazz. Uff. 24 dicembre 1959, n. 311.

2) Artt. 1 e 2 della L. 15 giugno 1984, n. 246;

3) Art. unico, D.M. 16 ottobre 1986 (Gazz. Uff. 29 novembre 1986, n. 278), poi però abrogato dall'art. 59, D.Lgs. 15 agosto 1991, n. 277;

4) Art. 11, L. 30 luglio 1990, n. 221;

5) Art. 26, commi 34, 35, 36, 37, 38 e 39 del D. Lgs. 19 dicembre 1994, n. 758.

6) D.Lgs. 25 novembre 1996, n. 624.

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Quest'ultimo D.Lgs. ha in particolare apportato le seguenti modifiche:Art. 6: è stato così sostituito dall'art. 20, comma 1 del D.Lgs. 25 novembre 1996, n. 624.

Artt. 10-19: sono stati soppressi dall'art. 103 del D.Lgs. 25 novembre 1996, n. 624.

Art. 24: è stato così sostituito dall'art. 20, comma 11 del D.Lgs. 25 novembre 1996, n. 624.

Art. 25: è stato così sostituito dall'art. 20, comma 12 del D.Lgs. 25 novembre 1996, n. 624.

Art. 26: è stato così sostituito dall'art. 20, comma 13 del D.Lgs. 25 novembre 1996, n. 624.

Art. 27: è stato così sostituito dall'art. 20, comma 2 del D.Lgs. 25 novembre 1996, n. 624.

Art. 28: è stato così sostituito dall'art. 20, comma 14 del D.Lgs. 25 novembre 1996, n. 624.

Titolo II, Capo I: l'intestazione è stata così modificata dall'art. 20, comma 11 del D.Lgs. 25 novembre 1996, n. 624.

Art. 33, comma 1: l'ultimo periodo è stato aggiunto dall'art. 53 del D.Lgs. 25 novembre 1996, n. 624.

Art. 48: è stato soppresso dall'art. 103 del D.Lgs. 25 novembre 1996, n. 624.

Art. 51: è stato soppresso dall'art. 103 del D.Lgs. 25 novembre 1996, n. 624.

Titolo II, Capo V (artt. 53-59): è stato soppresso dall'art. 103 del D.Lgs. 25 novembre 1996, n. 624.

Art. 60, comma 1: è stato così sostituito dall'art. 65 del D.Lgs. 25 novembre 1996, n. 624.

Art. 60, comma 3: è stato soppresso dall'art. 103 del D.Lgs. 25 novembre 1996, n. 624.

Art. 72: è stato così sostituito dall'art. 65 del D.Lgs. 25 novembre 1996, n. 624.

Art. 74: è stato così modificato dall'art. 82 del D.Lgs. 25 novembre 1996, n. 624.

Art. 75: è stato soppresso dall'art. 103 del D.Lgs. 25 novembre 1996, n. 624.

Art. 77, comma 2: è stato soppresso dall'art. 103 del D.Lgs. 25 novembre 1996, n. 624.

Art. 79, comma 2: è stato così sostituito dall'art. 69 del D.Lgs. 25 novembre 1996, n. 624.

Art. 82: è stato così sostituito dall'art. 66 del D.Lgs. 25 novembre 1996, n. 624.

Art. 83: è stato così sostituito dall'art. 66 del D.Lgs. 25 novembre 1996, n. 624.

Art. 85: è stato così sostituito dall'art. 66 del D.Lgs. 25 novembre 1996, n. 624.

Art. 89: è stato così sostituito dall'art. 68 del D.Lgs. 25 novembre 1996, n. 624.

Art. 94, comm1 e 4: sono stati così modificati dall'art. 81 del D.Lgs. 25 novembre 1996, n. 624.

Art. 94, comma 3: è stato soppresso dall'art. 103 del D.Lgs. 25 novembre 1996, n. 624.

Art. 95: è stato soppresso dall'art. 103 del D.Lgs. 25 novembre 1996, n. 624.

Art. 141, comma 1: è stato così sostituito dall'art. 54 del D.Lgs. 25 novembre 1996, n. 624.

Art. 142: è stato soppresso dall'art. 103 del D.Lgs. 25 novembre 1996, n. 624.

Art. 258, comma 1: è stato così sostituito dall'art. 57 del D.Lgs. 25 novembre 1996, n. 624.

Art. 299, comma 1: l'elenco è stato approvato con D.M. 21 aprile 1979.

Art. 411, comma 2 e 3: sono stati soppressi dall'art. 103 del D.Lgs. 25 novembre 1996, n. 624.

Art. 423: i commi dopo il terzo sono stati aggiunti dall'art. 58 del D.Lgs. 25 novembre 1996, n. 624.

Art. 440, comma 1: ha sostituito gli originari primi tre commi in base al l'art. 58 del D.Lgs. 25 novembre 1996, n. 624.

Art. 535, comma 6: è stato soppresso dall'art. 103 del D.Lgs. 25 novembre 1996, n. 624.

Art. 575: è stato così sostituito dall'art. 58 del D.Lgs. 25 novembre 1996, n. 624.

Art. 662: è stato soppresso dall'art. 103 del D.Lgs. 25 novembre 1996, n. 624.

Art. 667: è stato soppresso dall'art. 103 del D.Lgs. 25 novembre 1996, n. 624.

Art. 678, comma ultimo: è stato soppresso dall'art. 103 del D.Lgs. 25 novembre 1996, n. 624.

Negli articoli 8, 282, 349, 644, e 687 bis: l'art. 103 del D.Lgs. 25 novembre 1996, n. 624.ha inoltre soppresso la dizione "Sentito il Consiglio Superiore delle Miniere"

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TESTO

TITOLO I - Disposizioni generali

Capo I - Campo di applicazione.

Art. 1. Le norme di polizia delle miniere e delle cave provvedono a tutelare la sicurezza e la salute dei lavoratori, ad assicurare il regolare svolgimento delle lavorazioni nel rispetto della sicurezza dei terzi e delle attività di preminente interesse generale ed a garantire il buon governo dei giacimenti minerari in quanto appartenenti al patrimonio dello Stato.Tali norme si applicano: a) ai lavori di prospezione, ricerca e coltivazione delle sostanze minerali; b) ai lavori svolti negli impianti connessi alle attività minerarie, esistenti entro il perimetro dei permessi di ricerca e delle concessioni; c) ai lavori svolti negli impianti che costituiscono pertinenze della miniera ai sensi dell'art. 23 del regio decreto 29 luglio 1927, n. 1443 , anche se ubicati fuori del perimetro delle concessioni; d) ai lavori di frantumazione, vagliatura, squadratura e lizzatura dei prodotti delle cave ed alle operazioni di caricamento di tali prodotti dai piazzali.Non sono soggetti alle disposizioni del presente decreto: a) i lavori negli stabilimenti non compresi nel ciclo produttivo minerario aventi per oggetto la utilizzazione dei prodotti minerari; b) le escavazioni di sabbie e ghiaie effettuate in base ad autorizzazione dei competenti organi dello Stato nell'alveo dei corsi d'acqua e nelle spiagge del mare e dei laghi, sempre che i giacimenti di tali sabbie e ghiaie non formino oggetto di permesso di ricerca o concessione ai sensi del regio decreto 29 luglio 1927, n. 1443, modificato con la legge 7 novembre 1941, n. 1360.Nulla è innovato circa la competenza del Ministero dell'interno in materia di tutela della pubblica incolumità ai sensi del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e del relativo regolamento di esecuzione 6 maggio 1940, numero 635.

Art. 2. Nei lavori che si svolgono negli impianti di trattamento dei minerali e in quelli connessi con le miniere e con le cave, di cui all'ultimo capoverso dell'art. 1 della legge 4 marzo 1958, n. 198, nonché nei lavori che si svolgono nelle pertinenze delle miniere, di cui al comma c) dell'articolo l del presente decreto, si applicano, ove non diversamente disposto, le norme emanate in esecuzione della legge 12 febbraio 1955, n. 51, contenente delega al potere esecutivo ad emanare norme generali e speciali in materia di prevenzione degli infortuni e di igiene del lavoro e successive aggiunte o modificazioni.L'applicazione delle norme predette è di competenza del Ministero dell'industria e del commercio e le attribuzioni ivi demandate all'Ispettorato del lavoro sono devolute al Corpo delle miniere.

Art. 3. Per gli impianti installati nei sotterranei delle miniere e delle cave, qualora non sia diversamente disposto, si applicano le norme di cui: a) al decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, contenente norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, limitatamente ai seguenti titoli, capi o articoli:titolo III, capi I, II, con esclusione dell'articolo 54, e III;titolo IV, capo I, con esclusione degli articoli 84 e 94;capo V, limitatamente agli artt. 107, 108, 109, 110; capo VII e capo XIII, limitatamente all'art. 167;titolo V, capo I, limitatamente agli articoli 168, 169, 170, 171, 172, 173, 174, 175, 176, 177 e 178;titolo VI, capo IV;titolo XI per quanto pertinente; b) al decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 302, contenente norme integrative di prevenzione degli infortuni sul lavoro, limitatamente al titolo IV e al titolo V, per quest'ultimo per quanto pertinente.L'applicazione delle norme predette è di competenza del Ministero dell'industria e del commercio e le attribuzioni ivi demandate all'Ispettorato del lavoro sono devolute al Corpo delle miniere.

Capo II - Competenza dell'autorità mineraria.

Art. 4. La vigilanza sull'applicazione delle norme del presente decreto spetta al Ministero dell'industria e del commercio che la esercita a mezzo dei prefetti e del Corpo delle miniere.L'ingegnere capo del distretto minerario e l'ingegnere capo della sezione dell'ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e la geotermia (che nel testo saranno indicati con la denominazione di «ingegnere capo») provvedono alle attività di prevenzione degli infortuni sul lavoro e di tutela dell'igiene del lavoro negli impianti e nella lavorazioni soggetti alle norme di polizia delle miniere, avvalendosi per le incombenze di ordine igienico-sanitario dei medici delle unità sanitarie locali di cui alla legge 23 dicembre 1978, n. 833, e successive modificazioni ed integrazioni .I sanitari suddetti non possono rifiutare la loro opera e gli Enti, da cui i sanitari stessi dipendono, sono tenuti ad agevolare all'ingegnere capo l'esecuzione dei compiti predetti.

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Art. 5. Gli ingegneri ed i periti del Corpo delle miniere, i medici nell'espletamento dei compiti loro affidati ai sensi dell'articolo precedente, e, quando appositamente incaricati dal Ministro per l'industria ed il commercio, i geologi e i chimici del Corpo stesso hanno diritto di visitare le miniere e le cave.I direttori delle miniere e delle cave e il personale dipendente hanno l'obbligo di agevolare tali visite e, quando richiesti, devono fornire ai suddetti funzionari le notizie ed i dati necessari.Gli ingegneri ed i periti del Corpo delle miniere, nei limiti del servizio cui sono destinati e secondo le attribuzioni ad essi conferite dal presente decreto, sono ufficiali di polizia giudiziaria.Nell'esercizio delle loro funzioni gli ingegneri ed i periti del Corpo delle miniere hanno facoltà di richiedere l'assistenza della Forza pubblica.

Capo III - Obblighi degli imprenditori, dei direttori, dei capi servizio e dei sorveglianti - Obblighi dei lavoratori.

Art. 6. 1. Il titolare deve nominare un direttore responsabile in possesso delle capacità e delle competenze necessarie all'esercizio di tale incarico sotto la cui responsabilità ricadono costantemente i luoghi di lavoro.2. Spetta al direttore responsabile l'obbligo di osservare e far osservare le disposizioni normative e regolamentari in materia di tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori.

Art. 7. Gli imprenditori di miniere o di cave in quanto dirigano personalmente i lavori, i direttori, i capi servizio, i sorveglianti, nell'ambito delle rispettive attribuzioni e competenze, oltre ad attuare le misure di sicurezza previste dal presente decreto, devono: a) rendere edotti i lavoratori dei rischi specifici cui sono esposti e portare a loro conoscenza le norme essenziali di polizia mineraria mediante affissione, negli ambienti di lavoro, di estratti delle presenti norme e, quando non sia possibile l'affissione, con altri mezzi; b) fornire, mantenere in buono stato, rinnovare e, quando ciò venga riconosciuto necessario dall'ingegnere capo, aggiornare con i progressi della tecnica i mezzi di protezione individuale previsti dal presente decreto; c) disporre ed esigere che i lavoratori osservino le norme di sicurezza e facciano uso dei mezzi di protezione individuale messi a loro disposizione, adottando, quando ne abbiano i poteri, o proponendo i provvedimenti disciplinari del caso, fino al licenziamento in tronco, nei confronti dei lavoratori inadempienti.Art. 8. La coltivazione delle miniere deve essere eseguita secondo le regole della tecnica in modo da non pregiudicare l'ulteriore sfruttamento del giacimento.Qualora la coltivazione della miniera non venga condotta nei modi di cui al comma precedente, il Ministro per l'industria ed il commercio, su proposta dell'Ingegnere capo e [....]., può imporre le prescrizioni del caso.Ai fini anzidetti è in facoltà dell'Ingegnere capo di prescrivere per determinate miniere la redazione di programmi anche poliennali.

Art. 9. I lavoratori devono: a) osservare, oltre le misure previste dal presente decreto, quelle disposte dai loro superiori ai fini della sicurezza collettiva e individuale; b) in base agli ordini del direttore, usare con cura i dispositivi di sicurezza e gli altri mezzi protettivi e indossare gli indumenti di protezione e di lavoro prescritti; c) segnalare al superiore più vicino le deficienze dei mezzi di sicurezza e di protezione ed ogni eventuale condizione di pericolo rilevata, con l'obbligo, in caso di urgenza e nell'ambito delle loro possibilità, di eliminare o ridurre dette deficienze o pericoli; d) non rimuovere o modificare i dispositivi e gli altri mezzi di sicurezza e di protezione senza autorizzazione; e) non compiere, di propria iniziativa, operazioni o manovre che possano compromettere la sicurezza propria e di altri.

Capo IV - Delegati alla sicurezza ed all'igiene - Servizio aziendale di sicurezza - Comitato aziendale per la sicurezza e l'igiene dei lavori. Da art.10 a 19 ABROGATO

Capo V - Addestramento. Orario di lavoro - Retribuzione.

Art. 20. Gli imprenditori di miniere o di cave devono favorire la formazione professionale delle maestranze come elemento di rilevante importanza ai fini della sicurezza del lavoro.A tal fine essi sono tenuti a collaborare con gli organi dello Stato e con gli appositi Enti pubblici per lo sviluppo dell'istruzione professionale e per l'addestramento dei lavoratori dipendenti.

Art. 21. È fatto obbligo di impiegare in posti che comportino autonomia di determinazione o di esecuzione soltanto lavoratori che abbiano una formazione appropriata, che sappiano correntemente leggere e scrivere e che abbiano pratica sufficiente.

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Orario di lavoro.

Art. 22. I contratti collettivi di lavoro devono informarsi al principio che per le lavorazioni in sotterraneo la distribuzione dell'orario normale di lavoro sia fissato nel modo più appropriato per facilitare il lavoro stesso, diminuire la fatica e migliorare il recupero delle forze durante il riposo.

Retribuzione.

Art. 23. I contratti collettivi di lavoro devono informarsi al principio che i salari ad incentivo per lavori in sotterraneo siano determinati in modo da impedire che lo sforzo per conseguire eventuali maggiorazioni sia tale da indurre il lavoratore a non tenere nel massimo conto le esigenze della sicurezza collettiva ed individuale.

TITOLO II - Denunce. Piani dei lavori. Programmi. Disciplina interna dei lavoro. Infortuni

Capo I - Denunce di esercizio.

Art. 24. 1. I lavori che hanno luogo nelle attività estrattive devono essere denunciati all'autorità di vigilanza competente almeno otto giorni prima dell’inizio o della ripresa.2. La denuncia è fatta dal titolare o da un suo procuratore con lettera raccomandata con avviso di ricevimento e deve indicare, per ogni luogo di lavoro:a) gli estremi del titolo minerario o dell'autorizzazione di cava;b) l’ubicazione dei lavori e se questi sono a cielo aperto o in sotterraneo;c) il nome, cognome e domicilio del direttore responsabile;d) il nome, cognome e domicilio dei sorveglianti dei lavori, per ciascun turno.3. Nel caso di società regolarmente costituite deve essere indicato il legale rappresentante.4. Il titolare deve comunicare il proprio domicilio o eleggere un domicilio speciale.

Art. 25. 1. Le variazioni che si verificano per il direttore responsabile e per i sorveglianti debbono essere denunciate entro 8 giorni all'autorità di vigilanza competente.2. Le sostituzioni temporanee dei sorveglianti di durata inferiore a 40 giorni non sono soggette a denuncia ma debbono risultare da un ordine di servizio del titolare o del direttore responsabile.

Art. 26. 1. Le qualifiche attribuite al direttore responsabile e ai sorveglianti soggetti alla denuncia debbono risultare accettate dai singoli interessati mediante controfirma apposta all'atto di denuncia.

Art. 27. 1. In tutte le attività estrattive il direttore responsabile deve essere laureato in ingegneria ed abilitato all'esercizio della professione.2. Nelle attività estrattive, per luoghi di lavoro che impiegano complessivamente fino a 15 addetti nel turno più numeroso, il direttore responsabile può essere in possesso di diploma universitario in Ingegneria Ambiente-Risorse o equipollente, o di diploma di perito minerario industriale o equipollente.3. Nelle attività di cui al comma 2, con l'esclusione di quelle condotte mediante perforazione, può anche essere nominato direttore responsabile chi disponga di diploma in discipline tecniche industriali, purché in possesso di formazione specifica nel settore di cui è responsabile, acquisita a seguito della frequenza e del superamento di corsi.4. Con decreto del Ministro dell’industria, del commercio e dell'artigianato, di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentita la Commissione consultiva permanente di cui all'articolo 26 del decreto legislativo n. 626 del 1994, sono definiti i contenuti e la durata dei corsi di cui al comma 3.

Disposizioni relative alle cave.

Art. 28. 1. Per le attività estrattive relative a minerali di seconda categoria la denuncia di esercizio di cui all'articolo 24 e le eventuali variazioni di cui all'articolo 25 sono trasmesse anche al Comune ove i lavori si svolgono mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento.2. Quando la cava sia tenuta in esercizio da persone non regolarmente costituite in società, deve essere nominato un rappresentante ai fini del presente decreto e di tutti i rapporti in genere con l'autorità mineraria. Qualora gli interessati non vi abbiano provveduto l'ingegnere capo fissa un termine di tre mesi. In caso di mancato adempimento si applica la procedura prevista dall’articolo 28, comma 3, del regio decreto 29 luglio 1927, n. 1443.

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Art. 29. Le qualifiche attribuite al personale direttivo e sorvegliante delle cave soggetto alla denuncia devono risultare accettate dai singoli interessati mediante controfirma apposta all'atto di denuncia.

Art. 30. Nel caso di variazione del personale dirigente o sorvegliante, ovvero del domicilio dell'imprenditore, se ne deve fare denuncia al Comune nel termine di otto giorni.

Art. 31. Su richiesta dell'ingegnere capo devono essere esibiti i titoli e i documenti comprovanti la capacità tecnica delle persone alle quali è affidata la direzione e la sorveglianza dei lavori della cava.

Art. 32. Il sindaco trasmette al Distretto minerario, annualmente ed entro il primo mese dell'anno, l'elenco delle cave attive nel Comune con l'indicazione del proprietario, dell'imprenditore e della località dei lavori e, per le cave di nuova apertura, della data della denuncia di esercizio.

Capo II - Piani dei lavori. Obbligo della compilazione dei piani.

Art. 33. Per ogni miniera o cava sotterranea devono essere compilati e tenuti aggiornati i piani topografici dei lavori. In tali piani, oltre alle gallerie, ai fornelli e ai cantieri di coltivazione, devono essere riportati tutti gli elementi significativi per la coltivazione e la sicurezza.Tale obbligo è esteso alle lavorazioni a cielo aperto quando ai fini della sicurezza esso sia riconosciuto necessario dall'ingegnere capo.In caso di inadempienza l'ingegnere capo prefigge un termine per la compilazione o l'aggiornamento dei piani. Trascorso inutilmente il termine suddetto, il prefetto su proposta dell'ingegnere capo e sentiti gli interessati, può vietare in tutto o in parte la continuazione dei lavori.

Modalità per la compilazione dei piani.

Art. 34. La rappresentazione dei lavori sui piani deve essere fatta a mezzo di proiezioni orizzontali quotate e di proiezioni e sezioni verticali. Le proiezioni orizzontali debbono avere una quadratura con lati di 10 cm., uno dei quali deve essere orientato al nord astronomico.Sui piani debbono essere rappresentati i pozzi, le discenderie e in generale tutte le vie sotterranee, i lavori di coltivazione in corso e le aree già coltivate le perforazioni con le relative quote. Inoltre debbono essere indicati: a) l'andamento del giacimento e la natura dei terreni nei quali sono eseguiti i lavori; b) l'ubicazione dei depositi interni di esplosivi, di locomotive e di combustibili liquidi; c) i circuiti di ventilazione con la direzione e la portata delle correnti principali e derivate, la posizione dei ventilatori e i dispositivi per la distribuzione e la regolazione dell'aria e gli eventuali sbarramenti di isolamento; d) il tracciato della rete principale di distribuzione dell'energia elettrica, l'ubicazione delle cabine di trasformazione e quella degli impianti fissi più importanti; e) le opere contro gli incendi e le venute d'acqua, la posizione degli impianti di estrazione, degli impianti di educazione e distribuzione dell'acqua e di compressione dell'aria, nonché le relative condotte; f) i depositi in sotterraneo di attrezzature di sicurezza, oltre che di indumenti e mezzi di protezione; g) le costruzioni a giorno sovrastanti ai lavori o prossime ai medesimi, le vie esistenti alla superficie e i corsi d'acqua, nonché i limiti della miniera o della proprietà della cava.Gli elementi di cui all'elencazione precedente sono riportati, ove necessario, in copie del piano topografico generale.

Art. 35. I piani sono redatti in scala di 1: 500. Tuttavia sono consentiti piani d'insieme redatti in scala non inferiore a 1:200 purché accompagnati dai piani speciali dei cantieri di lavoro nella scala di 1:500.

Art. 36. I piani sono conservati in luogo della miniera o della cava accessibile in ogni tempo e, a richiesta, sono esibiti ai funzionari del Corpo delle miniere. Altro esemplare completo di riserva degli stessi piani è conservato in diverso sito della miniera o della cava e deve essere prontamente reperibile.Sui piani medesimi gli avanzamenti sono tenuti al corrente mensilmente. Sono altresì indicate le vie sotterranee abbandonate, i cantieri incendiati nonché le opere eseguite per regolare la ventilazione e per assicurare la protezione dalle acque o dagli incendi.

Art. 37. Entro il mese di marzo di ogni anno, è consegnata al Distretto minerario una copia dei piani topografici aggiornati fino al 31 dicembre precedente con la firma del direttore e del topografo e può essere ritirata la copia depositata l'anno precedente, purché i lavori rappresentati in questa siano riprodotti nel nuovo piano.In caso di nuovo esercizio la copia dei piani deve essere consegnata al Distretto minerario entro sei mesi dall'inizio dei lavori.

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Piani di miniere o cave confinanti.

Art. 38. Quando i lavori sono suscettibili di arrecare pericolo ad una miniera o cava confinante, l'ingegnere capo può prescrivere che venga eseguito un piano unico da un topografo scelto d'accordo tra le parti, fissando un termine per la presentazione del piano.In caso di mancato accordo tra le parti e comunque scaduto inutilmente il termine, l'ingegnere capo con provvedimento definitivo procede alla nomina del topografo ripartendo tra gli interessati l'onere della spesa.

Piani di miniere o cave abbandonate.

Art. 39. Prima della cessazione o della sospensione dell'esercizio di una miniera o cava sotterranea, i piani aggiornati dei lavori devono essere consegnati al Distretto minerario.A cura dell'imprenditore il sotterraneo deve essere tenuto in normale manutenzione e accessibile fino a che il Distretto minerario, nel termine di un mese dal ricevimento dei piani, non ne abbia constatata la rispondenza.

Visione dei piani.

Art. 40. I Distretti minerari lasciano prender copia o visione dei piani soltanto ai proprietari ed esercenti in genere delle cave, ai permissionari e concessionari delle miniere e loro procuratori, ed inoltre a chiunque ne abbia avuto mandato dall'autorità giudiziaria.Quando sia cessata la concessione o scaduto il permesso di ricerca i piani delle miniere possono essere esaminati da chiunque ne faccia motivata richiesta al Distretto minerario.

Capo III - Programmi generali dei lavori e delle coltivazioni nelle miniere.

Art. 41. Devono essere presentati al Distretto minerario i programmi generali dei lavori e delle coltivazioni da eseguire nelle miniere per periodi almeno annuali, con indicazione di tutti gli elementi utili alla loro valutazione da punto di vista della sicurezza.

Art. 42. I piani illustrativi dei programmi devono contenere i riferimenti ai piani topografici e di ventilazione presentati al Distretto minerario e rappresentare la configurazione topografica del sotterraneo conseguente alla esecuzione dei lavori e delle coltivazioni progettate. Essi devono altresì indicare le vie sotterranee, comprese quelle di comunicazione con la superficie, e i circuiti di areazione principali.

Art. 43. Dalla relazione e dai piani allegati al programma deve risultare: a) la produzione annua prevista; b) gli effettivi massimi di impiego nel sotterraneo, previsti per il turno più numeroso; c) le misure preventive contro gli incendi ed il piano di lotta per combatterli; d) l'organizzazione dei vari mezzi e servizi della miniera per la ventilazione, i trasporti, la circolazione del personale e l'impiego degli esplosivi.La presentazione al Distretto minerario dei suddetti programmi deve essere effettuata non oltre il mese di settembre che precede il periodo cui il programma si riferisce.I programmi relativi alla difesa antincendi sono comunicati dal Distretto minerario al comando del Corpo dei vigili del fuoco competente per territorio.Entro il successivo mese di dicembre l'ingegnere capo segnala, quando occorra, le deficienze di sicurezza riscontrate nei programmi ed invita ad apportarvi le modifiche opportune assegnando un termine non superiore a due mesi.Qualora l'ingegnere capo non ravvisi inconvenienti per la sicurezza dalla realizzazione dei programmi di lavoro esibiti, ne dà comunicazione entro lo stesso termine.Trascorso il termine assegnato ogni ulteriore modifica di rilievo al programma deve essere comunicata un mese prima al Distretto minerario.L'ingegnere capo può, nel termine previsto dal comma precedente, vietare tali modifiche, ove lo giudichi necessario ai fini della sicurezza.I programmi di che trattasi sono impegnativi per l'attuazione delle misure, delle opere, dei lavori e per l'organizzazione dei servizi di sicurezza.

Capo IV - Disciplina interna del lavoro. Requisiti per l'impiego del personale.

Art. 44. È vietato impiegare per i lavori in sotterraneo persone che non sappiano correntemente leggere e scrivere. servizio coloro che abbiano già prestato servizio in lavorazioni sotterranee per almeno due anni, all'entrata in vigore del presente decreto. Tale requisito è attestato con documentazione scritta.

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Accesso ai lavori.

Art. 45. È vietato ammettere al lavoro in sotterraneo operai che fino a 50 anni di età non siano stati precedentemente addetti a lavori analoghi.È vietato impiegare in qualità di sorveglianti, di capi squadra, di addetti alla distribuzione degli esplosivi, di addetti alle macchine principali di estrazione e di ricevitori alle stazioni dei pozzi persone di età inferiore ai 25 anni.

Art. 46. L'accesso ai lavori ed agli impianti delle miniere e delle cave è vietato al pubblico a mezzo di recinti o di appositi avvisi.Gli estranei ai lavori non possono accedere alle miniere e cave o negli impianti connessi senza autorizzazione della direzione e senza essere accompagnati da persona all'uopo incaricata.

Art. 47. È vietato trattenersi nei sotterranei di una miniera o cava al personale che ha ultimato il proprio turno di lavoro nonché a persone comunque inoperose, salvo autorizzazione della direzione.

Art. 48. ABROGATO

Sorveglianza.

Art. 49. Avuto riguardo alle caratteristiche del sotterraneo ed al numero degli operai presenti il direttore fissa il numero minimo di sorveglianti che per ogni turno di lavoro devono essere presenti e reperibili nel sotterraneo.

Art. 50. Per ogni turno di lavoro, i cantieri in cui sono occupati operai devono essere ispezionati almeno una volta dal sorvegliante.Al termine di ogni turno il sorvegliante ha l'obbligo di accertare prima di allontanarsi dalla miniera o cava, che nessun suo dipendente sia rimasto in sotterraneo senza autorizzazione.

Art. 51. ABROGATO

Registro delle prescrizioni.

Art. 52. Il direttore deve conservare in originale i provvedimenti del prefetto e dell'ingegnere capo curandone la trascrizione in registro da tenersi sul posto di lavoro.

Capo V - Infortuni. - Denuncia degli infortuni e dei pericoli di danno.Da art.53 a 59 ABROGATO

TITOLO III - Ricerca e coltivazione mediante perforazioni

Capo I - Disposizioni generali. Approvazione dei programmi di perforazione. Denunce.

Art. 60. I titolari di permesso di prospezione, di permesso di ricerca o di concessione di coltivazione per idrocarburi liquidi e gassosi nonché per fluidi geotermici o gas diversi dagli idrocarburi, prima dell'inizio di ogni perforazione superiore a 200 m di profondità sono tenuti ad inviare all'autorità di vigilanza competente, per l'autorizzazione alla perforazione, il relativo programma, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento.Il programma di perforazione contiene le previsioni sulla profondità da raggiungere, l'indicazione dell'impianto di trivellazione da impiegare, della forza motrice prevista, del programma di tubaggio e di ogni altro elemento di rilievo per l'esecuzione dell'opera. Esso è corredato da un piano topografico in scala non minore a 1: 2000 con l'indicazione della denominazione che contraddistingue il pozzo, delle coordinate geografiche relative all'ubicazione e della quota della perforazione.[Analoga istanza è inoltrata all'Ingegnere capo del Distretto minerario nel caso di perforazione per vapori endogeni, gas diversi dagli idrocarburi ed acque termali o minerali, per profondità superiori a 200 m.] ABROGATOTali obblighi non sussistono per le perforazioni per scopi geofisici, salvo il disposto dell'art. 66.La Sezione dell'Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi o il Distretto minerario, nell'ambito delle rispettive competenze, per ragioni di tutela del giacimento o per altri motivi di sicurezza, può prescrivere che sia variata l'ubicazione della perforazione.Trascorsi quindici giorni dalla data di spedizione della istanza senza che gli uffici competenti abbiano comunicato le proprie decisioni, il programma di perforazione si intende approvato.

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Art. 61. Quando si intenda effettuare una perforazione meccanica per sostanze minerali solide a profondità superiore a 200 m. deve esserne fatta preventiva denunzia al Distretto minerario.La denuncia è accompagnata da un piano topografico e da un'esposizione del programma della perforazione.

Distanza delle perforazioni.

Art. 62. Sono subordinate ad autorizzazione del prefetto le perforazioni per ricerca o coltivazione di sostanze minerali diverse dagli idrocarburi liquidi o gassosi, dai vapori endogeni o dai gas non idrocarburi da eseguirsi a distanze, misurate in senso orizzontale, minori di: a) 10 m.: da strade di uso pubblico non carrozzabili; da luoghi cinti da muro destinati ad uso pubblico; b) 20 m.: da strade di uso pubblico carrozzabili, autostrade o tramvie; da elettrodotti, linee telegrafiche e telefoniche e da teleferiche; da edifici pubblici e da edifici privati non disabitati; da ferrovie; da opere di difesa dei corsi d'acqua, da dighe da sorgenti ed acquedotti; da oleodotti e gasdotti; da costruzioni dichiarate monumenti nazionali.

Art. 63. Sono subordinate ad autorizzazione del prefetto le perforazioni per ricerca o coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi, di vapori endogeni e di gas diversi dagli idrocarburi, da effettuarsi a distanze minori di: a) 30 m.: nei casi di cui alla lettera a) del precedente articolo; b) 50 m.: nei casi di cui alla lettera b) del precedente articolo, salvo che per le opere di difesa dei corsi d'acqua; c) 100 m.: dalle opere di difesa dei corsi d'acqua.

Art. 64. Le autorizzazioni di cui agli articoli 62 e 63 sono concesse caso per caso, quando le esigenze della sicurezza lo consentano, con decreto del prefetto, sentito l'Ufficio minerario competente e, quando occorra, gli altri organi interessati dello Stato, la Provincia e i Comuni interessati.L'autorizzazione a perforare a distanza minore di 100 m. dalle opere di difesa dei corsi d'acqua può essere accordata solo quando si tratti di perforazione da eseguire tra l'argine ed il corso d'acqua e comunque per distanze non inferiori a 30 m.La distanza della perforazione dalle opere elencate nell'art. 63 non deve risultare inferiore all'altezza della torre di perforazione.Il decreto di autorizzazione impone il versamento di una cauzione per i danni ai quali la perforazione possa dar luogo.

Art. 65. Il prefetto, su proposta dell'Ufficio minerario competente e sentiti gli interessati, può disporre con decreto, in casi particolari, che le perforazioni siano eseguite a distanze maggiori di quelle previste dagli articoli 62 e 63, quando riconosca che esse siano insufficienti ai fini della sicurezza.

Art. 66. Per le perforazioni a scopo di indagini geosismiche nelle quali sono impiegate cariche di esplosivo superiori a 100 kg., si applicano le disposizioni di cui all'art. 60.Fuori dell'area di un permesso o di una concessione non possono essere eseguite perforazioni senza autorizzazione del prefetto.Il prefetto provvede, in via definitiva, sentito l'Ufficio minerario competente, e, se del caso, altri organi dello Stato, nonché la Provincia ed i Comuni interessati, dando le opportune prescrizioni ai fini della sicurezza.

Giornale di sonda.

Art. 67. Per ogni perforazione di cui agli artt. 60 e 61 è tenuto un giornale di sonda nel quale sono annotati giornalmente il diametro del foro, gli avanzamenti conseguiti, la natura dei terreni attraversati, le tubazioni di rivestimento poste in opera, le chiusure d'acqua e ogni altra operazione eventualmente eseguita e le manifestazioni incontrate, anche se trattasi di sostanze diverse da quelle per le quali è eseguita la perforazione. Nel giornale di sonda deve essere registrato ogni incidente di perforazione occorso.I campioni delle rocce attraversate e delle sostanze minerali incontrate debbono essere conservati fino alla fine della perforazione e non possono essere distrutti o dispersi prima di sei mesi dal termine della trivellazione senza autorizzazione del competente Ufficio minerario.Il giornale di sonda ed una parte di ciascun campione debbono, a richiesta, essere messi a disposizione del predetto Ufficio minerario.

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Chiusura delle falde acquifere.

Art. 68. Nelle perforazioni per ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi, vapori endogeni e gas diversi dagli idrocarburi, acque termali e minerali, i fluidi diversi da quelli ricercati o coltivati devono essere isolati nei loro orizzonti.Almeno 48 ore prima di procedere ad operazioni di chiusura delle acque, il direttore ne dà avviso all'Ufficio minerario competente.

Manifestazioni di idrocarburi o vapori.

Art. 69. Il rinvenimento di idrocarburi o di sostanze minerali e fonti di energia, fra quelle indicate nel secondo comma dell'art. 2 del regio decreto 29 luglio 1927, n. 1443 e successive modificazioni, deve essere denunciato al competente Ufficio minerario entro quindici giorni, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento. L'Ufficio predetto impartisce in via definitiva le prescrizioni dirette a contenere i fluidi nei loro orizzonti prima che venga rimosso l'impianto di perforazione e recuperate anche parzialmente le tubazioni di rivestimento.

Ultimazione delle perforazioni.

Art. 70. Entro trenta giorni dall'ultimazione della perforazione deve essere inviato all'Ufficio minerario competente il profilo geologico del foro corredato da grafici e notizie relative alle operazioni eseguite ed ai risultati ottenuti.

Perforazioni all'interno dei sotterranei.

Art. 71. Le norme del presente capo non si applicano alle perforazioni eseguite all'interno dei sotterranei delle miniere o delle cave.Tuttavia deve essere data notizia al Distretto minerario delle caratteristiche delle perforazioni, dei terreni attraversati e dei risultati ottenuti.Alle perforazioni di lunghezza superiore ai 100 m. si applicano le disposizioni dell'art. 67.

Art. 72. 1. Una tabella indicante la portata nominale della torre di perforazione deve essere apposta sul piano sonda. Nel documento di sicurezza e di salute devono essere indicati i provvedimenti necessari affinché l'operatore all'argano possa conoscere in ogni momento il tiro massimo applicabile.2. Il datore di lavoro determina i sistemi e tipi di protezione dalle cadute dei lavoratori operanti su scale, piani e luoghi strutturalmente particolari della torre di perforazione, che garantiscano una protezione efficace in tutte le condizioni di lavoro.3. In particolare, il piano sonda deve essere protetto con balaustre fisse, tranne sulle aperture che danno sul parco tubi e in corrispondenza degli scivoli di emergenza, dove devono essere apposte protezioni amovibili a seconda delle esigenze di lavoro.4. L'impianto deve essere comunque dotato di dispositivi per la pronta discesa del pontista in condizioni di sicurezza in caso di emergenza, quali un cavo di discesa. In tal caso, non devono essere frapposti ostacoli lungo il percorso del cavo fino al punto d'arrivo, che deve essere tenuto sgombro da materiali o altro.5. Le misure di prevenzione di cui ai commi precedenti sono riportate nel documento di sicurezza e di salute.6. La torre di perforazione deve essere collegata elettricamente a terra.

Motori.

Art. 73. I tubi di scappamento dei motori a combustione interna devono essere prolungati fino a portare lo scarico del gas all'esterno della tettoia di ricovero del macchinario e in ogni caso ad almeno 10 m. dal foro di sonda. Essi devono essere muniti di dispositivo tagliafiamma. Le condotte di aspirazione devono essere munite di dispositivi di sicurezza contro ritorni di fiamma.

Art. 74. I serbatoi per deposito di carburante non devono essere ubicati a meno di 30 m. dal centro del pozzo né a meno di 20 m. dagli scappamenti dei motori e dai gruppi elettrogeni. Distanze minori, su richiesta motivata del titolare, possono essere consentite dall'autorità di vigilanza, purché siano adottate misure di sicurezza equivalenti.

Art. 75. ABROGATO

Art. 76. In ogni cantiere deve trovarsi a conveniente distanza dal foro un interruttore generale che tolga tensione all'intero impianto elettrico al servizio della perforazione.Le linee che alimentano i dispositivi contro le eruzioni libere non devono essere comandate dal suddetto interruttore.

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Art. 77. All'illuminazione deve provvedersi mediante impianto elettrico.[Tuttavia, nel caso di cantieri di produzione, quando lo consenta la sicurezza delle persone e delle cose, la Sezione dell'Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi può con proprio provvedimento consentire l'illuminazione a gas o con altri sistemi.] ABROGATO Devono essere disponibili lampade elettriche portatili di sicurezza in numero almeno pari a quello degli operai presenti nel turno.

Circolazione del fango nelle perforazioni rotary.

Art. 78. Le vasche di circolazione del fango devono essere direttamente accessibili sia dal piazzale sia dal piano di sonda.

Art. 79. L'impianto di circolazione deve disporre di almeno due pompe per il fango.In caso di avarie che comportino la circolazione con l'uso di una sola pompa, le operazioni di perforazione possono proseguire solo per pozzi di sviluppo qualora la conoscenza delle condizioni stratigrafiche e giacimentologiche, in base a quanto specificato nel documento di sicurezza e di salute e nel programma di perforazione, permetta di escludere ogni rischio derivante dall'eventuale arresto accidentale della pompa attiva; in tal caso il datore di lavoro ne dà comunicazione all'autorità di vigilanza competenteLa vasca di circolazione del fango connessa con l'aspirazione delle pompe deve essere munita di indicatore di livello.

Art. 80. Le installazioni devono essere eseguite in modo da consentire la degassazione e la correzione del fango senza interrompere la circolazione.

Art. 81. In cantiere devono essere predisposte riserve di fango in quantità pari almeno al 50 per cento di quella contenuta nel pozzo.Devono altresì essere disponibili acqua e materiali in modo da assicurare l'eventuale sostituzione completa del fango in circolazione.

Art. 82. 1. Il titolare prevede:a) le misure di controllo del fango e a testa pozzo in riferimento alle diverse situazioni operative;b) i provvedimenti di sicurezza in caso di comportamenti anomali del pozzo, con l'indicazione del personale incaricato di attuare le procedure;c) un piano di emergenza per far fronte ad avvenute eruzioni di fluidi di strato indicando modalità di intervento, mezzi da coinvolgere, servizi e personale da utilizzare.2. Il direttore responsabile in caso di avvenuta eruzione ne dà immediata comunicazione all'autorità di protezione civile e all'autorità di vigilanza. L'autorità di protezione civile provvede al coordinamento delle operazioni necessarie a fronteggiare l'evento con riferimento alla tutela della pubblica incolumità, avvalendosi dell'autorità di vigilanza per gli interventi di natura tecnica necessari alla messa in sicurezza del luogo di lavoro interessato ed alla ripresa del controllo del pozzo.

Attrezzature contro le eruzioni libere negli impianti rotary.

Art. 83. 1. Le attrezzature di sicurezza contro le eruzioni libere devono constare di dispositivi atti ad operare la chiusura del pozzo in ogni condizione operativa.2. Per le attività di perforazione per idrocarburi, deve essere previsto in particolare il montaggio di un sistema a ganasce trancianti con dispositivo di comando doppio, nonché le relative modalità di azionamento.3. I comandi, oltre che sul piano sonda, devono essere dislocati lungo una delle vie di fuga o in altro luogo opportuno stabilito dal titolare.4. Ciascun impianto di perforazione deve essere corredato di tali attrezzature, le quali devono essere poste in opera previa cementazione dalla tubazione di ancoraggio. Durante le manovre della batteria di aste, della tubazione di rivestimento, di attrezzi o di altri apparecchi, devono essere disponibili sul piano sonda teste di chiusura per le aste o per le tubazioni di manovra.5. L'eventuale linea elettrica per l'azionamento delle attrezzature contro le eruzioni deve essere collegata anche all’impianto elettrico di emergenza, ove esistente.

Art. 84. Le attrezzature di sicurezza contro le eruzioni libere devono essere munite di dispositivi di azionamento servo-meccanico o, consentendolo il congegno meccanico, di dispositivi per l'azionamento a mano.I comandi devono essere ubicati in punti facilmente accessibili e quelli a mano devono essere rapidamente azionabili.Il quadro dei comandi per l'azionamento servomeccanico deve chiaramente recare la dicitura di «aperto» o «chiuso» di ciascuna leva o valvola di manovra.L'eventuale linea elettrica per l'azionamento delle attrezzature di sicurezza deve essere indipendente da ogni altro circuito.

Art. 85. 1. Le attrezzature di sicurezza contro le eruzioni libere e le relative linee devono essere sottoposte a prove di tenuta dopo la loro installazione secondo modalità stabilite dal titolare. I risultati sono annotati sul giornale di sonda.

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2. Le attrezzature di cui al comma 1 sono sottoposte a periodiche manutenzioni e revisioni per verificarne lo stato di usura e deterioramento.3. In ogni caso tale controllo deve essere eseguito prima della messa in posto in ogni nuovo luogo di lavoro. Gli esiti sono annotati nel giornale di sonda.

Art. 86. Almeno tre persone della squadra di turno devono essere in grado di manovrare i dispositivi per l'azionamento delle attrezzature di sicurezza.

Manovre negli impianti rotary.

Art. 87. Durante le manovre della batteria di aste, della tubazione di rivestimento, di attrezzi o di altri apparecchi, devono essere disponibili sul pianto di sonda teste di chiusura per le aste o per le tubazioni di manovra.

Cementazioni.

Art. 88. La cementazione della tubazione di ancoraggio deve essere effettuata fino alla superficie.

Art. 89. 1. Devono essere eseguite prove o controlli sulla riuscita delle cementazioni delle tubazioni di rivestimento, secondo le modalità stabilite nel documento di sicurezza e di salute; il metodo impiegato ed i risultati ottenuti sono annotati sul giornale di sonda.

Art. 90. Prima di perforare i tappi di cementazione delle tubazioni di rivestimento, deve essere effettuata una prova a pressione dopo il montaggio dell'attrezzatura di sicurezza contro le eruzioni libere.

Protezione individuale.

Art. 91. Il personale in servizio nel cantiere deve sempre fare uso dell'elmetto e, quando occorra, di calzature, guanti, occhiali, maschere e indumenti adatti alle particolari condizioni di lavoro.

Art. 92. Sul piano di sonda devono trovarsi soltanto gli operai addetti alle operazioni in corso.Il pontista, durante il lavoro sul ballatoio, deve fare uso di cintura di sicurezza.All'inizio di un «tipo» per svincolo di aste o tubazioni bloccate deve rimanere sulla sonda soltanto chi effettua la manovra dell'argano ed eventualmente un aiutante.

Art. 93. Il personale di sonda qualificato deve essere sottoposto a visite mediche semestrali per accertarne la particolare idoneità psico-fisica. I referti relativi devono essere esibiti ad ogni richiesta della Sezione dell'Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi.

Provvedimenti contro gli incendi.

Art. 94. Nell'intorno dei pozzi e nei luoghi ove la valutazione dei rischi abbia evidenziato la possibilità di accumulo di gas, ed in ogni caso entro le aree pericolose è vietato accendere fuochi, usare lampade a fiamma libera, fumare e portare fiammiferi o altri mezzi di accensione e tenere accumuli di materiali combustibili.I divieti predetti debbono essere resi manifesti mediante avvisi da affiggere in luoghi ben visibili.[Qualora si tratti di pozzo di produzione munito di gabbia metallica di protezione, la competente Sezione dell'Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi può consentire di ridurre fino alla metà la distanza di cui al primo comma.] ABROGATOLe operazioni indispensabili all'esecuzione ed all'esercizio del pozzo che comportino l'impiego di fiamme quali saldature, tagli e simili, sono consentite con le modalità stabilite per iscritto dal datore di lavoro; durante tali lavori deve essere sempre disponibile sul posto un estintore.

Art. 95. ABROGATO

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Serbatoi di miniera.

Art. 96. Il progetto dell'impianto destinato alla raccolta ed allo smistamento degli idrocarburi direttamente provenienti dai campi di produzione è sottoposto all'approvazione della Sezione dell'Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi.Il progetto è approvato con provvedimento definitivo se riconosciuto adeguato alle esigenze della sicurezza ed a quelle inerenti alla produzione dei pozzi serviti.L'obbligo della presentazione del progetto non sussiste per i serbatoi isolati di capacità non superiore ai 20 cmc per i liquidi e 10 mc per i gas.

Art. 97. È vietato depositare gli idrocarburi liquidi rinvenuti in scavi in terra non rivestiti e in recipienti suscettibili di perdite, fughe ed evaporazioni che possono determinare incendi.

Art. 98. È vietato accedere all'interno dei serbatoi prima che gli stessi siano stati completamente vuotati, isolati dalle condutture e bonificati.Le operazioni predette sono eseguite sotto la sorveglianza di personale responsabile.

Comunicazioni.

Art. 99. Sono tenuti a disposizione della Sezione dell'Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi, ed a richiesta trasmessi in copia, i diagrammi rilevati nei pozzi per idrocarburi, nonché, e fino al termine della perforazione, insieme con i campioni di idrocarburi, anche quelli delle acque di scarico ottenuti durante le prove.I risultati delle analisi sono comunicati alla Sezione dell'Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi.

Art. 100. Deve essere dato avviso immediato alla Sezione dell'Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi delle eruzioni libere o degli incidenti di perforazione che mettano in pericolo i lavori, nonché degli incendi ai pozzi o serbatoi.Analogo obbligo sussiste in caso di incidenti di perforazione e di ogni altro evento che possa provocare sostanziali modifiche nello svolgimento dei lavori.

Art. 101. Quando sia ultimata la perforazione deve esserne data comunicazione entro 30 giorni alla Sezione dell'Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi con la specificazione dei risultati.Dell'inizio della produzione deve essere data preventiva comunicazione alla predetta Sezione.

Coltivazione dei giacimenti.

Art. 102. La coltivazione deve essere condotta secondo i dettami della buona tecnica per quanto riguarda l'ubicazione e lo spaziamento dei pozzi, l'utilizzazione dell'energia del giacimento e la estrazione, eventualmente anche con l'applicazione di metodi di recupero secondario, per conseguire la tutela del giacimento ed il maggiore recupero finale compatibile con l'esigenza economica.

Dispersioni.

Art. 103. Si devono adottare accorgimenti atti ad impedire la dispersione sul terreno di olio, acqua salata, fluido di circolazione, residui e spurghi di serbatoio e lo scarico non necessario dei gas nell'atmosfera.È fatto altresì divieto di scaricare prodotti o residui infiammabili in corsi d'acqua, specchi di acqua e su pubbliche strade.

TITOLO IV - Escavazioni a cielo aperto e sotterranee

Capo I - Distanze - Autorizzazioni - Cauzione.

Art. 104. Senza autorizzazione del prefetto sono vietati gli scavi a cielo aperto per ricerca o estrazione di sostanze minerali a distanze minori di: a 10 m.: da strade di uso pubblico non carrozzabili; da luoghi cinti da muro destinati ad uso pubblico; b) 20 m.: da strade di uso pubblico carrozzabili, autostrade e tramvie; da corsi d'acqua senza opere di difesa;

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da sostegni o da cavi interrati di elettrodotti, di linee telefoniche o telegrafiche o da sostegni di teleferiche che non siano ad uso esclusivo delle escavazioni predette; da edifici pubblici e da edifici privati non disabitati; c) 50 m.: da ferrovie; da opere di difesa dei corsi d'acqua, da sorgenti, acquedotti e relativi serbatoi; da oleodotti e gasdotti; da costruzioni dichiarate monumenti nazionali. Le distanze predette s'intendono misurate in senso orizzontale dal ciglio superiore dell'escavazione.

Art. 105. L'autorizzazione è accordata con decreto, quando le condizioni di sicurezza lo consentano, sentito l'ingegnere capo ed altri organi interessati dello Stato, la Provincia ed i Comuni.

Art. 106. Il prefetto, su proposta dell'ingegnere capo e sentiti gli interessati, può disporre con decreto che gli scavi siano mantenuti a distanze superiori a quelle indicate nell'art. 104, nei limiti riconosciuti appropriati alle esigenze della sicurezza in rapporto alle caratteristiche dei terreni e dei luoghi.Analoga misura può essere adottata dal prefetto su istanza delle pubbliche Amministrazioni o di privati sentito il Distretto minerario e gli interessati.

Art. 107. Le lavorazioni sotterranee devono essere condotte in modo da non compromettere la sicurezza di: ponti e viadotti di strade carrozzabili, di autostrade e tramvie; ferrovie adibite al trasporto di persone; opere di difesa rigide dei corsi d'acqua, dighe di ritenuta; edifici pubblici ed edifici privati non disabitati; costruzioni dichiarate monumenti nazionali; sostegni di elettrodotti a tensione pari o superiore a 10.000 V; acquedotti destinati al servizio pubblico e relative opere di difesa e serbatoi; oleodotti e gasdotti; altre opere di riconosciuto interesse pubblico o il cui danno possa mettere in pericolo l'incolumità delle persone.

Art. 108. Nei confronti delle opere di cui all'articolo precedente non possono eseguirsi senza l'autorizzazione del prefetto coltivazioni minerarie in sotterraneo a distanze inferiori:al doppio della differenza di quota tra i lavori di coltivazione e le opere da tutelare, quando si tratti di terreni sciolti o compressibili, quali argille, sabbie e simili;ai due terzi della suddetta differenza di quota nel caso di terreni costituiti da rocce lapidee.L'autorizzazione è accordata con decreto secondo le modalità e le condizioni citate all'articolo 105.

Art. 109. Il disposto dell'articolo precedente non si applica alle escavazioni per gallerie, pozzi e fornelli singoli né si applica quando si tratti di terreni costituiti da roccia lapidea e lo spessore verticale della parte coltivata sia ovunque inferiore a 1/20 della profondità nel caso di coltivazione senza ripiena o ad 1/4 della profondità nel caso di coltivazione con ripiena.

Art. 110. Il prefetto, su proposta dell'ingegnere capo e sentiti gli interessati, quando abbia fondati motivi di ritenere che le distanze stabilite dall'art. 108 non siano sufficienti a tutelare la sicurezza delle opere di cui all'art. 107, può, in casi particolari, disporre con suo decreto che le distanze stesse siano aumentate nei limiti riconosciuti appropriati alle esigenze della sicurezza in rapporto alle caratteristiche dei terreni e dei luoghi.

Art. 111. Le pubbliche Amministrazioni ed i privati che abbiano fondati motivi di ritenere che gli scavi in sotterraneo per estrazione di sostanze minerali, ancorché eseguiti nel rispetto delle distanze stabilite dal presente decreto, possano arrecare rilevante pregiudizio a luoghi ed opere diversi da quelli di cui all'art. 107, possono chiedere che il prefetto prescriva le necessarie distanze. Il prefetto provvede con decreto sentiti il Distretto minerario e gli interessati.

Art. 112. In caso di inosservanza del disposto degli artt. 104 e 107 l'ingegnere capo può ordinare la sospensione dei lavori.Analogamente l'ingegnere capo dispone in caso di danni arrecati ai luoghi ed alle opere di cui all'art. 104 nonostante l'osservanza delle distanze prescritte dal presente decreto.

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Art. 113. Per il risarcimento dei danni che potrebbero derivare dai lavori a cielo aperto o in sotterraneo, il prefetto, sentiti l'ingegnere capo e gli interessati, può imporre una cauzione.Ogni contestazione nella misura della cauzione è decisa dall'autorità giudiziaria.Quando è stata imposta una cauzione, il versamento relativo è condizione necessaria per l'inizio e la ripresa dei lavori sospesi.

Capo II - Escavazioni a cielo aperto.

Ripari.

Art. 114. Gli scavi delle lavorazioni a cielo aperto che presentano pericoli per la sicurezza delle persone o del traffico debbono essere protetti con ripari collocati alla distanza di almeno un metro dal ciglio superiore dello scavo stesso e ciò anche all'atto della sospensione o dell'abbandono dei lavori.Se la zona in cui si trovano gli scavi è molto estesa e poco frequentata è sufficiente disporre nei luoghi che vi adducono cartelli ammonitori.Nel caso di cave, quando l'imprenditore non abbia adempiuto alla norma del precedente comma e la cava sia tornata in disponibilità del proprietario, questi deve provvedere, salvi i diritti di rivalsa.

Piazzali.

Art. 115. Ogni escavazione a cielo aperto deve essere provvista di un adeguato piazzale. Tale obbligo non sussiste durante la fase di apertura della cava, o quando trattasi di coltivazioni ad imbuto.

Art. 116. Il piazzale deve essere tenuto sgombro da ogni materiale per un'ampiezza tale da consentire l'immediato allontanamento del personale in caso di pericolo. I treni di vagoncini stazionanti parallelamente alle fronti di abbattimento debbono presentare, a distanza non maggiore di 10 m., passaggi liberi per vie di scampo al personale.

Ispezioni alle fronti.

Art. 117. Prima dell'inizio di ogni turno di lavoro, nonché successivamente allo sparo delle mine o a forte pioggia o a disgelo, le fronti interessate dai lavori devono essere ispezionate dal personale di sorveglianza per accertare che non sussistano pericoli.

Terreni di copertura.

Art. 118. La coltivazione dei materiali utili si può effettuare soltanto quando i terreni di copertura che costituiscono motivo di pericolo siano stati asportati per una distanza non inferiore a 1,50 m. dal ciglio della fronte di abbattimento dei materiali utili.Tale distanza deve essere adeguatamente aumentata se l'altezza e la possibilità di frammenti delle materie di copertura lo rendano necessario.L'asportazione delle materie di copertura, qualora non sia eseguita con mezzi meccanici, è fatta con tagli dall'alto in basso, a scarpata o, se occorre, a gradini.

Fronti di abbattimento.

Art. 119. È vietato tenere a strapiombo le fronti di escavazione.Quando le stratificazioni o le naturali fratture della roccia rendano gli strapiombi inevitabili, o quando la natura della roccia renda comunque malsicuro il fronte di cava, la coltivazione deve essere condotta procedendo dall'alto in basso con gradini di alzata riconosciuta idonea dall'ingegnere capo, oppure con l'impiego di altri mezzi atti ad evitare ogni pericolo e riconosciuti idonei dallo stesso ingegnere capo.

Lavori su fronti ripide.

Art. 120. Coloro che sono addetti o accedono a lavori sul ciglio di cava o su fronti inclinate più di 40° devono assicurarsi a mezzo di cinture, o bretelle o con altro sistema idoneo, ad una fune a sua volta assicurata saldamente.Nelle stesse lavorazioni gli addetti devono portare l'elmetto.

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Escavazioni meccaniche.

Art. 121. Qualora si impieghino escavatrici meccaniche poste al piede del fronte di scavo, l'altezza del fronte stesso non deve superare il limite a cui possono giungere gli organi dell'escavatrice.L'ingegnere capo può consentire che il limite suddetto sia superato quando per l'idoneità dei mezzi impiegati, la sicurezza sia ugualmente tutelata.In tal caso l'imprenditore deve disporre una recinzione in modo che nessuno possa avvicinarsi al ciglio dello scavo.Prima che l'escavatrice sia messa in moto si deve dare un segnale acustico e gli operai non devono trattenersi entro il raggio d'azione degli organi in movimento.

Escavazioni limitrofe.

Art. 122. Nelle escavazioni a cielo aperto i diaframmi eventualmente lasciati fra due lavorazioni contigue, anche se effettuate da imprenditori diversi, devono avere spessore sufficiente a resistere alle spinte del materiale che eventualmente fosse accumulato a ridosso degli stessi diaframmi.Se due escavazioni condotte da differenti imprenditori avanzano l'una verso l'altra pervenendo ad un diaframma che non offra sufficiente garanzia di stabilità, l'ingegnere capo può ordinare che tale diaframma sia abbattuto mediante lavori disposti in comune.

Art. 123. Se il piazzale di un'escavazione è sovrastante a quello di un'altra, i lavori debbono essere condotti in modo da impedire la caduta accidentale di materiali nell'escavazione sottostante.Qualora si tratti di imprese diverse debbono essere presi accordi per regolare lo sparo delle mine.Quando le misure adottate non soddisfino alle esigenze della sicurezza, l'ingegnere capo impone, in via definitiva, prescrizioni in proposito.

Sparo delle mine ordinarie.

Art. 124. Lo sparo delle mine deve essere eseguito in modo da non determinare pericoli per le persone o danni alle cose.Quando i lavoro siano prossimi ad abitazioni strade ad intenso traffico o a terreni coltivati devono essere adottate misure per impedire il lancio di materiali a distanza.

Art. 125. Prima dello sparo delle mine debbono essere prese le precauzioni necessarie per la sicurezza degli operai e delle persone che si trovano nei luoghi circostanti.A mezzo di un primo segnale acustico ed attraverso appositi incaricati, prima che si proceda all'accensione delle mine, si devono avvertire gli operai e chiunque si trovi nelle vicinanze di allontanarsi o rifugiarsi in luoghi o dietro ripari predisposti.Il fuochino, trascorso il tempo sufficiente al ricovero delle persone, dà un altro segnale acustico e quindi procede all'accensione delle mine.I ripari non debbono essere abbandonati prima che sia dato il segnale di cessazione di pericolo.Ognuno dei segnali predetti deve avere una caratteristica prestabilita.

Art. 126. Se nonostante le misure di cui all'art. 124 non è possibile impedire la caduta di materiali in luoghi di proprietà altrui, il prefetto su proposta dell'ingegnere capo, valutati i preminenti interessi, può disporre che il tiro delle mine avvenga ugualmente. Il decreto stabilisce altresì le ore e le modalità dello sparo.Durante le operazioni di brillamento è fatto divieto ai terzi di trattenersi fuori riparo nella zona di pericolo.Quando occorra, il decreto dispone che la forza pubblica intervenga per assicurare l'allontanamento temporaneo delle persone dalla zona di pericolo e può imporre cauzione.

Mine in vicinanza di strade.

Art. 127. Se lo sparo delle mine è effettuato in vicinanza di strade che possono essere raggiunte da proiezioni di materiali, debbono essere disposte, a ciascun estremo della zona pericolosa, persone munite di segnale rosso per sospendere il transito. Il tratto di strada interessato deve essere preventivamente fatto sgombrare.

Grandi mine e varate.

Art. 128. Le mine a fornello, quelle a galleria ed anche quelle cilindriche che per dimensioni, disposizione e importanza della carica sono in grado di produrre varate, cioè distaccare una considerevole quantità di roccia non circoscritta da lavori preparatori destinati a regolare l'azione

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delle mine e lo scarico dei materiali, non possono essere effettuate senza autorizzazione del prefetto il quale, sentito l'ingegnere capo, prescrive di volta in volta in via definitiva le opportune cautele.L'autorizzazione non è necessaria quando si tratti di coltivazione ad imbuto.Le stesse norme valgono per qualunque volata di mine suscettibile di distaccare presumibilmente un volume di oltre 5000 mc di roccia in posto.Il brillamento può essere effettuato soltanto dopo tempestivo pubblico avviso con manifesti murali da affiggersi a cura del direttore negli abitati e contenenti gli estremi del decreto prefettizio nonché le cautele prescritte.

Disgaggio.

Art. 129. Dopo ogni volata di mine, il disgaggio e la rimozione dei materiali che presentino pericolo di distacco devono essere eseguiti prima di ogni altro lavoro ed impiegando attrezzi di adeguata lunghezza.

Manovra, taglio e riquadratura dei massi.

Art. 130. La riquadratura dei massi deve essere eseguita in luoghi che abbiano un piano di appoggio stabile.

Art. 131. Durante la manovra, il taglio e la riquadratura dei blocchi è fatto divieto di introdursi negli spazi angusti adiacenti o di approssimarsi alle parti da separarsi mediante tagli a meno che una puntellatura o altra misura garantisca da pericolosi movimenti del masso o di parti di esso.

Discariche.

Art. 132. Quando vengano gettati massi dai piazzali si devono prendere precauzioni affinché i massi stessi non cadano oltre i limiti del terreno destinato alla discarica. I limiti sono resi evidenti con appositi segnali.Quando le precauzioni di cui sopra non siano sufficienti deve essere predisposto dal sorvegliante un servizio di vigilanza.

Denuncia di esercizio delle vie di lizza.

Art. 133. Per ogni via di lizza dei materiali di cava l'imprenditore di lizzatura deve presentare al sindaco una denuncia di esercizio analoga a quella prescritta e regolata, per l'apertura delle cave dall'art. 28 e successivi del presente decreto.

Lizzatura a mano.

Art. 134. La lizzatura a mano deve essere eseguita con almeno tre funi di acciaio in modo che il carico sia sempre assicurato ad almeno due di esse. È ammessa la lizzatura con due funi quando la pendenza non superi il trenta per cento.L'uso di altri tipi di funi che possiedano requisiti di resistenza e flessibilità egualmente soddisfacenti è subordinato a preventiva autorizzazione dell'ingegnere capo il quale ne stabilisce le condizioni di impiego.È vietata la lizzatura dei massi su vie che abbiano pendenza superiore al cento per cento.In casi particolari, per alcuni tratti, l'ingegnere capo può autorizzare la lizzatura con pendenze maggiori, prescrivendo le opportune cautele.

Art. 135. Il peso della «carica» nella lizzatura a mano con tre funi non deve essere superiore al valore indicato nella tabella allegata al presente decreto, in funzione dei carichi di rottura delle funi e delle pendenze delle vie di lizza.I pesi massimi indicati si intendono per funi nuove e devono essere diminuiti, in relazione alla presumibile usura delle funi, per ogni fune in tensione che sia stata impiegata per una percorrenza complessiva superiore ai dieci chilometri, del cinque per cento per ogni dieci chilometri di uso.Le funi devono essere poste fuori servizio quando risultino dai controlli che esse presentano un numero di fili rotti superiore al decimo del totale entro la lunghezza di due metri.Le pendenze sono misurate nel tratto più inclinato delle vie di lizza. Nel caso che la pendenza massima di una via di lizza differisca sensibilmente dalla media e sia limitata a brevissimi tratti (balze) è consentito per essi porre in funzione una quarta fune anziché limitare il peso della carica al valore previsto per la pendenza massima.L'aggiunta di una quarta fune consente di accrescere del 50 per cento i valori indicati nella tabella allegata al presente decreto.Le funi debbono consentire una flessibilità sufficiente per l'avvolgimento sui «pioli» pari a quella di una fune con formazione di 180 fili, 7 anime tessili ed una resistenza del filo elementare di 150 kg/mm².

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Art. 136. Le operazioni di lizzatura devono essere eseguite sotto la diretta sorveglianza del capo lizza o del capo cava.

Lizzatura meccanica.

Art. 137. Per la lizzatura meccanica eseguita con una sola fune a mezzo di argano, i pesi massimi ammissibili per la carica, a parità di resistenza della fune e di pendenza della via, sono la metà di quelli stabiliti per la lizzatura a mano nella tabella allegata.

Organi di attacco.

Art. 138. Le staffe e i ganci metallici che collegano le funi alle braghe della carica debbono avere resistenza non minore di quella globale di tutte le funi che ad essi fanno capo ed essere tali da escludere la possibilità di apertura accidentale. Le braghe devono rispondere agli stessi requisiti.

Manutenzione delle vie di lizza.

Art. 139. Il capo lizza deve curare il buono stato della via di lizza, dei pioli e delle basi e assicurarsi della efficienza del materiale impiegato.Gli operai addetti alle vie di lizza debbono avvertire immediatamente il capo lizza di ogni imperfezione, insufficienza o guasto che riscontrino nel materiale adoperato.

Capo III - Escavazioni sotterranee. Uso dell’elmetto.

Art. 140. Chiunque accede in sotterraneo deve essere provvisto e fare uso di elmetto per il tempo di permanenza.

Vie d'uscita.

Art. 141. Ogni miniera o cava sotterranea deve essere progettata e realizzata in maniera tale che, in caso di inagibilità di una via di comunicazione con l'esterno, i lavoratori possano abbandonare il luogo di lavoro da altra via collegante il sotterraneo con l'esterno; tale disposizione non si applica ai lavori di tracciamento, preparazione e ricerca.Qualora le due vie d'uscita siano costituite da pozzi di transito del personale, devono essere munite anche di scale.I pozzi profondi più di cento metri, attraverso i quali si effettua il normale transito del personale, devono essere muniti di apparecchi di sollevamento atti ai trasporto delle persone.

Art. 142. ABROGATO

Chiusura degli imbocchi.

Art. 143. Le bocche a giorno delle vie sotterranee debbono essere munite di porte o cancelli. Quelle delle vie adibite alla circolazione del personale o ai trasporti debbono tenersi chiuse quando non vi sia personale nel sotterraneo; le altre debbono restare costantemente chiuse, ma in modo da potersi aprire dall'interno verso l'esterno.

Ripari agli imbocchi e sbocchi di pozzi, fornelli e discenderie.

Art. 144. Gli imbocchi dei pozzi e delle vie inclinate più di 30° sull'orizzonte debbono essere muniti di ripari e tenuti sgombri da materiali od oggetti pesanti che possano cadere.Gli imbocchi dei fornelli di gettito debbono avere idonea protezione ed i loro sbocchi nelle vie di carreggio devono essere protetti in modo da evitare pericoli per caduta di materiali.Gli imbocchi di pozzetti o di fornelli debbono avere l'accesso in traverse o sul fianco della galleria, fuori della sezione libera normale.

Abbandono dei lavori.

Art. 145. L'abbandono di una sezione o di un livello del sotterraneo nonché di singoli pozzi, gallerie o altre arterie essenziali al funzionamento della miniera o cava sotterranea, è subordinato all'autorizzazione dell'ingegnere capo il quale l'accorda se riconosce che dall'abbandono stesso non derivi pregiudizio alla sicurezza dei lavori in corso ed al buon governo del giacimento.

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Tuttavia, nei casi in cui l'abbandono dei lavori sia stato esplicitamente previsto nei programmi annuali già approvati dall'ingegnere capo, è sufficiente una comunicazione al Distretto minerario da effettuarsi con almeno 30 giorni di anticipo rispetto alla data dell'abbandono, sempre che le altre condizioni connesse con i programmi siano state soddisfatte.

Ripari agli accessi a cantieri e vie abbandonati.

Art. 146. Le vie sotterranee e i cantieri ove i lavori sono sospesi o abbandonati devono essere sbarrati e muniti di cartello che indichi il divieto di accesso. L'ingresso è consentito soltanto al personale autorizzato dal direttore.

Cessazione dei lavori.

Art. 147. Prima della cessazione definitiva dei lavori in una miniera sotterranea, il direttore deve attuare le misure di sicurezza prescritte dall'ingegnere capo e chiudere stabilmente le aperture dei pozzi e delle gallerie.La chiusura degli imbocchi di una cava sotterranea prima dell'abbandono è eseguita dall'imprenditore e in caso di inosservanza e su invito del Distretto minerario, dal proprietario, salvo il diritto di rivalsa.

Armature e rivestimenti.

Art. 148. È fatto obbligo di armare o rivestire tempestivamente e solidamente le vie sotterranee, i cantieri ed ogni altro scavo quando la natura delle rocce lo richieda.Le caratteristiche degli eventuali sostegni e rivestimento speciali adottati devono essere comunicate al Distretto minerario.Nelle miniere di carbone, l'armatura dei cantieri nei quali ha inizio la coltivazione per lunghi fronti deve essere convenientemente rinforzata per adeguarla alle spinte supplementari che vi si possono verificare, adottando pile in legname, longarine in ferro ed altri mezzi di analoga efficacia.

Art. 149. L'armatura e il rivestimento dei pozzi in esercizio debbono essere sottoposti a verifica almeno ogni mese da parte di personale appositamente incaricato.Nei pozzi dove ha luogo la circolazione del personale, la verifica è fatta almeno ogni quindici giorni ed i risultati devono essere registrati.

Art. 150. Gli organi di sostegno e di ancoraggio dei trasportatori meccanici devono essere indipendenti dai preesistenti sostegni del cantiere o della via a meno che questa ultima sia solidamente murata o che i sostegni siano stati già proporzionati tenendo conto delle sollecitazioni causate dai trasportatori.

Art. 151. Quando debba procedersi alla temporanea rimozione di un sostegno isolato, si deve provvedere preventivamente all'adozione di idoneo sostegno compensativo.

Art. 152. L'armamento deve essere particolarmente curato e controllato quando i lavori si approssimano a faglie importanti di posizione nota o a zone già coltivate.Analoghe cautele devono adottarsi per l'armatura in corrispondenza della comunicazione dei cantieri di coltivazione con le vie di accesso e nelle biforcazioni ed incroci delle gallerie.

Art. 153. È vietato procedere al ricupero di armature senza ordine del sorvegliante e senza che siano state prese adeguate misure di sicurezza.

Lavori nei pozzi.

Art. 154. Gli operai che eseguono lavori nei pozzi, anche inclinati ove manchi un appoggio sicuro debbono preventivamente legarsi con cinture, bretelle o altro sistema di sicurezza ad una fune assicurata a robusto sostegno.L'operaio che per particolari motivi di lavoro si trovi sul tetto della gabbia di estrazione oppure sopra benne deve essere assicurato con funi alle catene o alla fune di estrazione.

Art. 155. Nell'escavazione e nell'approfondimento di un pozzo devono essere installati almeno due solidi impalcati per proteggere il personale da eventuali cadute di materiali.L'impalcato prossimo al fondo deve seguire l'approfondimento del pozzo rimanendone a distanza non superiore a 20 m.

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Le benne non devono essere riempite fino all'orlo. Gli attrezzi ed oggetti ingombranti devono essere legati alla fune di estrazione.

Art. 156. Quando in un pozzo si debba procedere a riparazioni o ad altri lavori che richiedono la costruzione di una impalcatura di servizio, si deve installare più in basso un impalcato di sicurezza.

Art. 157. Gli impalcati mobili debbono essere assicurati alla fune d'estrazione con almeno quattro tiranti indipendenti.

Servizio di sorveglianza.

Art. 158. Dopo il riposo festivo ed ogni altra sospensione del lavoro di durata non inferiore a 24 ore i sorveglianti o altre persone appositamente incaricate debbono accertarsi, prima che il lavoro sia ripreso, delle condizioni di sicurezza dei cantieri.

Art. 159. Il sorvegliante del turno smontante deve riferire a quello del turno montante sulle irregolarità verificatesi nei cantieri durante il suo turno e sulle misure adottate.

Impiego degli operai.

Art. 160. Ad ogni lavoro di abbattimento o di armatura debbono essere addetti almeno due operai. Tuttavia un operaio vi può lavorare isolatamente se vi siano soddisfacenti condizioni di sicurezza o quando possa essere visto o udito da altri.È vietato impiegare in lavori sotterranei operai di prima assunzione o non pratici del cantiere se non in compagnia di altra persona esperta e ciò fino a quando non abbiano acquisito sufficiente pratica.

Art. 161. Gli operai, prima di accingersi al lavoro, debbono accertarsi dello stato di sicurezza del cantiere e delle vie di accesso.Essi hanno l'obbligo di eseguire le piccole riparazioni occorrenti alle scale, ai puntelli, ai tavolati, alle armature dei pozzetti o delle gallerie che servono ai rispettivi cantieri e che avessero subito guasti durante il lavoro.Quando occorrano riparazioni che non possono eseguire essi stessi o che richiedano lungo tempo, ne devono avvertire il sorvegliante. Devono inoltre avvertire il sorvegliante ove constatino l'esistenza di pericoli di qualsiasi genere.

Provvista di legname ed altri materiali.

Art. 162. Nelle lavorazioni sotterranee delle miniere e delle cave il materiale occorrente per l'armatura deve trovarsi in quantità sufficiente in posti prestabiliti e vicino ai luoghi di impiego.È vietato usare per le armature legname impregnato di sostanze incendiabili o nocive alla salute.

Ingombro delle vie sotterranee.

Art. 163. Il materiale da adoperarsi nei cantieri non deve ingombrare le vie sotterranee né costituire pericoli per le persone.È vietato l'accumulo in sotterraneo del materiale abbattuto qualora ciò costituisca pericolo.

Fornelli di gettito.

Art. 164. Gli operai non debbono introdursi senza ordine del sorvegliante, nei fornelli o pozzetti che servono al gettito dei materiali.

Art. 165. È vietato gettare materiale nelle tramogge e nei fornelli di gettito non chiusi alla estremità inferiore, senza aver prima dato avvertimento agli operai che si trovano alla base e senza aver ricevuto risposta.

Art. 166. È consentita la simultaneità dell'operazione di riempimento dei vagonetti all'estremità inferiore dei fornelli di gettito e dell'operazione di versamento dei materiali nei fornelli stessi nel solo caso in cui in questi ultimi si trovi materiale in quantità sufficiente per impedire la caduta immediata nel vagonetto di quanto è stato gettato dalla bocca superiore.In caso diverso gli addetti devono scambiarsi tempestivamente apposito segnale per evitare la simultaneità delle operazioni.

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Disgaggio.

Art. 167. Dopo ogni volata di mine l'operaio di ciò incaricato deve verificare il fronte, le pareti e la volta dello scavo. Qualora noti alcunché di anormale deve avvertire il sorvegliante il quale indica le misure cautelative da seguire.Il disgaggio e la rimozione dei materiali che presentino pericolo di improvviso distacco devono essere eseguiti prima di qualsiasi altro lavoro e impiegando utensili adatti e di adeguata lunghezza.

Coltivazione.

Art. 168. Nello scegliere i metodi di abbattimento e di ripiena e nel determinare la migliore velocità di avanzamento è fatto obbligo di tener conto delle preminenti esigenze di sicurezza in rapporto alla possibilità di distacchi o franamenti, di sviluppo di gas pericolosi, di formazioni di polveri e simili.

Art. 169. Nei cantieri inclinati con pendenza superiore a 30°, coltivati per ripiena, è fatto obbligo di provvedere alla installazione di robuste opere di ritegno della ripiena in corrispondenza della base del cantiere, e di accertarsi che i vuoti siano completamente riempiti.

Art. 170. Quando nelle coltivazioni per vuoti si lasciano in posto pilastri, questi devono avere dimensioni adeguate ad assicurare la stabilità allo schiacciamento.

Art. 171. Nelle coltivazioni per scoscendimento di minerale il lavoro deve procedere in modo che gli operai siano protetti dalle armature o dalla volta della galleria contro la caduta dei materiali ed abbiano una sicura via di scampo.

Art. 172. Il disarmo nei lavori a franamento di tetto deve essere fatto da operai esperti e con apparecchi idonei alla trazione dei legnami manovrati da opportuna distanza.È proibito l'accesso alla zona disarmata. L'ulteriore raccolta di materiale utile può farsi soltanto a distanza di sicurezza.

Motori nelle lavorazioni sotterranee.

Art. 173. Nei sotterranei delle miniere e delle cave è vietato usare motori a vapore.L'uso dei motori fissi a combustione interna è ammesso solo dietro autorizzazione dell'ingegnere capo, il quale l'accorda quando abbia constatata l'avvenuta adozione di adeguate cautele contro l'inquinamento dell'aria del sotterraneo ed il pericolo d'incendio.

TITOLO V - Trasporti e circolazione del personale

Capo I - Disposizioni generali. Vagonetti.

Art. 174. È vietato impiegare vagonetti costruiti in modo che resti uno spazio minore di 6 cm. fra le pareti frontali delle casse quando essi vengono a contatto nei tratti curvilinei a minimo raggio.Per il trasporto a mano è vietato l'uso di vagonetti non muniti di maniglie sulle pareti frontali.

Deragliamento dei vagonetti.

Art. 175. Non devono essere rimessi sul binario da un solo operaio se non a mezzo di leva i vagonetti carichi deragliati.Nel caso di trazione animale o meccanica la operazione deve essere eseguita soltanto dopo che sia stato distaccato il quadrupede dal convoglio o fermata la macchina motrice.I vagonetti, i contrappesi ed i carrelli trasportatori deragliati su piani inclinati possono essere rimessi a mano sui binari o sulle guide soltanto dopo che essi siano stati assicurati contro la fuga, quando possibile, a mezzo di dispositivo indipendente dall'impianto di estrazione e frenatura. Gli operai addetti alla manovra si devono disporre di fianco e mai a livello inferiore sullo stesso binario impegnato.Il trasporto non deve essere ripreso prima che gli operatori della manovra si siano messi al sicuro.

Agganciatura.

Art. 176. È fatto obbligo di agganciare i vagonetti spinti insieme fatta eccezione nei posti di carico, scarico e manovra.

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Gli organi di agganciamento devono essere tali da evitare distacchi accidentali e strisciamenti sulla via di corsa.

Art. 177. L'agganciamento e il distacco devono effettuarsi solo quando i vagonetti sono fermi e i quadrupedi distaccati. I vagonetti fermi su vie inclinate devono essere bloccati.

Illuminazione e segnali acustici.

Art. 178. Gli operai che spingono i vagonetti devono collocare la lampada portatile accesa, in modo che la luce sia visibile da chi procede in senso inverso.Il trasporto con quadrupedi deve essere effettuato al passo.Il guidatore deve procedere con la lampada accesa, vicino all'animale.

Requisiti delle locomotive per l'impiego in sotterraneo.

Art. 179. Il posto di guida delle locomotive deve avere protezione fissa e consentire al conducente la visibilità del percorso nei due sensi di marcia senza bisogno di sporgersi.

Art. 180. Le locomotive devono essere dotate di un sistema frenante da sottoporre a revisione ogni due mesi.Se i vagonetti sono muniti di freni e serviti da idoneo personale, si può ridurre in proporzione la potenza frenante della locomotiva.

Art. 181. Il carico massimo trainabile è stabilito in relazione alla velocità massima del convoglio e alla pendenza della via in modo che il conducente abbia in qualunque circostanza il controllo della marcia del convoglio.La distanza di arresto di un convoglio non deve in ogni caso superare gli 80 m.Il conducente deve essere messo a conoscenza delle distanze di arresto in relazione alle caratteristiche dei convogli ed alle condizioni di marcia.

Art. 182. Le locomotive devono essere dotate di fari elettrici regolabili dal posto di guida e piazzati nei due sensi di marcia, atti a fornire una illuminazione sufficiente su una lunghezza corrispondente almeno alla distanza massima di arresto del convoglio nelle condizioni di impiego, aumentata del 30 per cento.Esse devono essere munite di apparecchio per segnalazioni acustiche udibili alla stessa distanza.

Art. 183. Le locomotive devono essere provviste di spandisabbia per ogni senso di marcia azionabile dal posto di guida.

Art. 184. Le locomotive devono essere provviste di dispositivo di blocco atto ad impedire la messa in moto. Lo sblocco deve essere possibile solo a mezzo di attrezzi speciali da custodirsi dalle persone autorizzate ad usarli.È fatto divieto al conducente di mettere o mantenere in marcia la locomotiva stando fuori dal posto di guida, a meno che non sia provvista di telecomando.Il conducente non deve abbandonare la locomotiva se non dopo aver azionato i dispositivi di blocco ed i freni.

Mezzi da miniera azionati da motori a combustione interna

Art. 185. I mezzi da miniera azionati da motori a combustione interna, ed in genere i motori a combustione interna impiegati in sotterraneo, devono essere di tipo dichiarato idoneo e impiegare combustibile anch'esso dichiarato idoneo .

Art. 186. Prima dell'impiego di un mezzo da miniera azionato da motore a combustione interna in determinate vie del sotterraneo di una miniera e nel caso di successive modifiche, il direttore deve darne comunicazione all'ingegnere capo precisando le caratteristiche del mezzo, i luoghi e le condizioni d'impiego.

Art. 187. I gas di scappamento non diluiti di un mezzo da miniera azionato da motore a combustione interna in servizio in sotterraneo devono essere esaminati, per la loro composizione chimica, con motore in marcia a velocità massima e a pieno carico ed a velocità ridotta e a vuoto, almeno ogni trimestre.

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Quando tali gas rivelano all'analisi o ad un indicatore a lettura diretta percentuali volumetriche di ossido di carbonio superiori all'1,5 per mille, il mezzo deve essere escluso dal servizio in sotterraneo .

[Stazioni di deposito delle locomotive a combustione interna nel sotterraneo] (titolo abrogato).

Art. 188. I locali per la stazione di deposito e manutenzione dei mezzi da miniera azionati da motori a combustione interna nei sotterranei delle miniere devono: a) avere pavimento costituito da materiali che non trattengano e non assorbano oli combustibili; b) essere rivestiti con materiali incombustibili; c) essere provvisti di due porte di uscita di costruzione robusta in materiale incombustibile, atte ad aprirsi verso l'esterno ed a chiudersi automaticamente. Le aperture del deposito devono potersi chiudere ermeticamente dall'esterno; d) essere muniti di recipienti metallici destinati alla conservazione dei residui grassi e degli olii di rifiuto che devono essere evacuati giornalmente; e) essere provvisti all'interno ed all'esterno, nei dintorni immediati della stazione, di estintori in numero e potenzialità adeguata e di altri materiali e mezzi idonei per l'estinzione di un incendio; f) avere le gallerie di accesso armate con materiale incombustibile per almeno 10 m. a monte ed a valle della stazione; g) essere provvisti di un impianto fisso di illuminazione di tipo stagno.

Ferrovie in sotterraneo.

Art. 189. Le vie percorse da convogli a trazione meccanica con velocità superiore a 2,5 m/sec. devono essere corredate con sistemi di segnali ottici all'entrata, all'uscita, ai posti di manovra, di diramazione e agli incroci.La direzione stabilisce con proprio ordine di servizio le modalità di circolazione del personale in rapporto al sistema di segnalazione adottato.Le difficoltà di transito lungo la linea, come lavori in corso e simili, devono essere segnalate con mezzi luminosi.

Capo II - Trasporti sotterranei su vie orizzontali o poco inclinate. Inclinazioni consentite - Frenatura.

Art. 190. L'inclinazione dei piani di stazione e dei posti di carico e scarico deve essere limitata in modo da impedire movimenti spontanei dei vagonetti.È vietata la circolazione di vagonetti isolati spinti a mano su vie aventi pendenza superiore al 10 per mille. Per brevi tratti è consentita la pendenza massima del 15 per mille.Per i treni di vagonetti scorrenti per gravità è fatto obbligo di adottare impianti fissi di frenatura od altri dispositivi automatici atti ad arrestarne o limitarne la corsa.

Distanze.

Art. 191. Nel trasporto a mano, gli operai che spingono i vagonetti devono mantenere fra di loro una distanza non inferiore a quindici metri, salvo nelle stazioni e nei posti di carico, scarico e manovra.Fra i convogli trainati da locomotive si deve mantenere un intervallo di almeno una volta e mezzo la distanza di arresto del convoglio.

Art. 192. Le locomotive in marcia normale devono essere agganciate in testa al convoglio.Si può derogare da tale norma nei tratti percorsi in salita.In coda al convoglio che deve avere i fari accesi deve essere posta una lampada a luce rossa.Devono essere date segnalazioni acustiche prima di mettere in moto il convoglio, agli incroci di vie nelle curve e quando si giunge alle stazioni.Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle locomotive isolate.

Art. 193. Nei traini a catene o a funi continue è vietato a chiunque prendere posto sui vagonetti.Nei trasporti con locomotive gli eventuali addetti all'accompagnamento possono prendere posto su vagonetti purché questi siano appositamente attrezzati.Trasporti con nastri.

Art. 194. Gli impianti di trasporto con nastri devono essere corredati da dispositivi atti ad arrestarne il movimento da vari punti dell'impianto attraverso mezzi capaci di trasmettere il comando alla testa motrice. Tali mezzi devono essere disposti ad intervalli non superiori ai 30 m. In mancanza di tali dispositivi deve potersi trasmettere un segnale di arresto del nastro.

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Art. 195. Le teste motrici dei nastri trasportatori, se non sono vigilate dal personale, devono essere corredate da dispositivo automatico di arresto per lo slittamento del nastro sul tamburo.

Art. 196. Le operazioni relative al trasporto del materiale con nastri trasportatori devono essere disciplinate con ordine di servizio del direttore.

Capo III - Trasporti sotterranei su piani inclinati. Stazioni dei piani inclinati.

Art. 197. Alla sommità ed alle stazioni intermedie dei piani inclinati devono essere installati dispositivi di arresto o di sbarramento da azionarsi dagli operai addetti alla manovra dei vagonetti in modo che sia impedita l'entrata accidentale di questi sul piano inclinato.Alla base di ogni piano inclinato deve essere predisposto un riparo per il personale addetto alla manovra dei vagonetti contro il pericolo di fughe.

Attacchi.

Art. 198. Le funi destinate alla trazione dei vagonetti o dei carrelli trasportatori e quelle in uso per i contrappesi devono presentare, prima dell'installazione, un carico di rottura almeno sestuplo del massimo carico statico.I dispositivi di collegamento della fune di trazione coi vagonetti, col carrello trasportatore o con i contrappesi, e dei vagonetti tra loro, devono essere tali da escludere la possibilità di distacco accidentale.Le funi e gli attacchi devono essere esaminati settimanalmente.

Trazione con funi o con catene continue.

Art. 199. Nella trazione con funi o con catene continue si debbono applicare apparecchi di sicurezza contro la possibilità di fuga dei vagonetti in caso di distacco del mezzo di trazione.

Segnalazioni.

Art. 200. Nei piani inclinati adibiti al servizio di estrazione fra le diverse stazioni interne e quella di testa devono essere installati mezzi permanenti di segnalazione. Apposite istruzioni debbono essere affisse nei luoghi di trasmissione e di ricezione dei segnali.

Art. 201. Durante il trasporto nessuno deve trovarsi lungo i piani inclinati. Prima di dare il via alle operazioni di trasporto il ricevitore della stazione di testa deve essere certo, dalla segnalazione ricevuta, che nessuna persona si trovi lungo il piano inclinato.Le persone che transitano lungo il piano inclinato devono avvertire, a mezzo degli appositi segnali, del loro ingresso e della loro uscita dal piano inclinato.È vietato l'accesso nel locale dell'argano al personale che non vi sia addetto. Tale divieto deve essere segnalato da appositi avvisi.

Capo IV - Estrazione e circolazione del personale nei pozzi. Guide ed accessi dei pozzi.

Art. 202. Il trasporto nei pozzi deve essere eseguito mediante apparecchi guidati.[Se si impiegano guide flessibili, queste devono essere in numero di quattro] .[Solo nel caso di impianti provvisori sono consentite due guide. L'impiego di guide flessibili per impianti non provvisori non è consentito nei pozzi umidi] .Il complesso del guidaggio è sottoposto a controllo almeno una volta al mese ed i risultati sono riportati in registro.Nella fase di approfondimento, o durante la riparazione dei pozzi o in installazioni provvisorie, è consentito l'uso di benne senza guida limitatamente ad una lunghezza di venti metri, purché siano impiegate funi antigiratorie.

Art. 203. Gli accessi ai pozzi nelle stazioni interne ed esterne debbono essere illuminati e muniti di cancelli o di altre chiusure adeguate apribili soltanto in presenza della gabbia.In caso di estrazione con benna libera, che debba essere sganciata e vuotata a bocca aperta del pozzo, deve essere applicata alla stazione di ricevimento una barra alla quale possa appoggiarsi il ricevitore per manovrare la benna. Il ricevitore deve essere assicurato con fune.Le piattaforme di lavoro fisse da installare nei pozzi devono essere previste per la massima sollecitazione con coefficiente di sicurezza non inferiore a 6.

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Segnalazioni.

Art. 204. Debbono installarsi apparecchi di segnalazione idonei a collegare le stazioni interne dei pozzi con la stazione esterna e con la stazione più alta quando l'estrazione si faccia fra i livelli interni.Devono essere altresì collegate la stazione esterna, o quella più alta, con il locale delle macchine.

Art. 205. I movimenti delle gabbie e delle benne nei pozzi debbono essere regolati da segnalazioni convenzionali nettamente percepibili e tali da non dar luogo a confusione fra stazioni diverse.Speciale segnale convenzionale, ottico ed acustico, deve essere riservato e trasmesso quando si tratti di trasporto di persone.Le segnalazioni debbono essere stabilite dalla direzione della miniera e chiaramente riportate su apposite tabelle in ogni stazione.La segnalazione di fermata della gabbia deve essere data con un sol colpo.Nelle stazioni dove prestano servizio ingabbiatori, solo questi debbono trasmettere i segnali.I dispositivi elettrici di segnalazione devono essere tali da impedire la trasmissione simultanea di segnali da più stazioni.

Art. 206. Quando il trasporto delle persone abbia luogo con gabbie a più piani, cui si acceda simultaneamente a mezzo di stazioni all'uopo attrezzate con corrispondenti ripiani, gli apparecchi di segnalazione del ripiano da cui si comandano i movimenti della gabbia devono essere tali da rimanere bloccati fino a quando tutti gli altri ripiani abbiano segnalato di essere pronti.

Art. 207. I ricevitori addetti alle stazioni dei pozzi non debbono abbandonare il loro posto durante il servizio se non dopo avere avvertito la stazione di testa ed essersi fatti sostituire.

Capo V - Macchine ed altre installazioni per l'estrazione e la circolazione del personale nei pozzi e nei piani inclinati - Funi.

Freni per argani a mano e sistemi automotori.

Art. 208. Gli argani a mano debbono essere provvisti di congegni di frenatura nonché di organi di arresto automatico funzionanti con il semplice abbandono della manovella di comando.Le pulegge per i piani inclinati e per i pozzi automotori debbono essere munite di un freno a contrappeso che operi automaticamente quando venga a mancare l'azione del manovratore.

Freni per argani a motore e macchine di estrazione.

Art. 209. Gli argani a motore e le macchine di estrazione adibiti al solo trasporto di materiali debbono essere provvisti di un freno di servizio capace di arrestare il movimento in ogni posizione dell'argano o della macchina e di poter essere azionato anche in caso di mancanza della corrente elettrica o di fluido motore.Detto freno deve essere disposto in modo da restare serrato quando venga a mancare l'azione del manovratore e, qualora non sia accompagnato dal freno di sicurezza di cui ai commi seguenti, deve essere applicato direttamente sul tamburo dell'argano o sull'albero di esso.Gli argani a motore e le macchine di estrazione adibiti anche al trasporto del personale devono essere provvisti, oltre che del freno di servizio di cui al primo comma, anche di un freno di sicurezza che agisca a contrappeso direttamente sui tamburi dell'argano. L'azionamento del freno di sicurezza deve provocare il simultaneo annullamento dello sforzo motore.Il freno di sicurezza deve poter essere azionato dal posto di manovra.È ammesso un unico organo frenante, agente direttamente sui tamburi, che risponda a tutti i requisiti per il freno di servizio e per quello di sicurezza, con due distinti comandi. Il freno di sicurezza è obbligatorio anche per le macchine e gli argani adibiti al solo trasporto di materiale quando la potenza sia superiore a 75 CV.

Art. 210. Il freno applicato alle macchine di estrazione dei pozzi deve essere idoneo a sostenere almeno il triplo della differenza massima di peso tra i due compartimenti nei quali si compie l'estrazione in servizio di circolazione del personale e almeno il doppio in servizio di trasporto del materiale.Nelle macchine adibite alla circolazione del personale devono essere applicati freni tali che ognuno di essi assicuri una decelerazione di almeno 1,5 m/sec², ma non superiore a 5 m/sec²., nelle condizioni di carico e per la posizione delle gabbie che rendono massima la differenza di peso fra il carico discendente e quello ascendente.

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Indicatori di posizione nei pozzi.

Art. 211. Nei pozzi ove si effettua il trasporto delle persone e in quelli nei quali si esegue la estrazione con velocità superiori a 2 m/sec., devono essere installati un indicatore di posizione delle gabbie ed una suoneria che dia tempestivo avviso dell'arrivo alle stazioni estreme.Per l'indicatore non devono applicarsi trasmissioni per attrito.Nei pozzi suddetti deve essere inoltre installato un dispositivo evita molette automatico che liberi il freno di sicurezza se la gabba sorpassi di un'altezza anormale il piano della stazione di arrivo.

Apparecchi di sicurezza per velocità superiori a 5 m/sec.

Art. 212. Nei pozzi ove si effettua il trasporto di personale e materiale con macchine di estrazione che consentano una velocità superiore a 5 m/sec., o solo trasporto di materiale con macchine che consentano velocità superiori a 10 m/sec. oltre agli apparecchi di cui al precedente articolo, devono essere applicati i seguenti apparecchi sussidiari: 1) un indicatore registratore della velocità, disposto in modo da essere visibile dal posto di manovra dell'arganista. I diagrammi giornalieri devono essere conservati per tre mesi; 2) un dispositivo ad azione regolabile che comanda il freno di servizio; 3) un'apparecchiatura automatica per liberare il freno di sicurezza se manchi o diminuisca sensibilmente l'energia alimentatrice della macchina di estrazione, o se la velocità di marcia delle gabbie superi del 20 per cento il valore massimo previsto rispettivamente per il servizio di estrazione o per il trasporto del personale.La velocità massima consentita per il trasporto del personale è di 10 m/sec.

Castelli di estrazione.

Art. 213. L'altezza del castello di estrazione deve essere tale da permettere di arrestare la gabbia prima che l'organo di attacco giunga alle molette anche quando essa arrivi alla stazione superiore con la massima velocità di marcia consentita, tenuto conto dei dispositivi di arresto.

Frenatura delle gabbie nel castello di estrazione.

Art. 214. In tutte le installazioni previste negli articoli 211 e 212, al di sopra della stazione superiore deve essere effettuato un ravvicinamento o un ingrossamento delle guide rigide, o applicato altro dispositivo che produca uno sforzo progressivo di frenatura della gabbia quando questa oltrepassi di un'altezza anormale il piano della stazione.Debbono inoltre essere applicati sopra la stazione superiore tacchetti automatici di sicurezza.

Arganisti e sorveglianza degli apparecchi.

Art. 215. Gli arganisti addetti al trasporto del personale devono essere riconosciuti idonei mediante visite mediche semestrali.

Art. 216. Gli arganisti o altri incaricati dalla direzione devono giornalmente controllare gli apparecchi e le installazioni che servono alla estrazione ed alla circolazione del personale nei piani inclinati e nei pozzi.Una verifica dettagliata degli apparecchi predetti deve essere fatta almeno ogni quindici giorni da personale specificamente designato che è tenuto a farne rapporto alla direzione.Gli apparecchi automatici debbono essere revisionati almeno ogni sei mesi da un tecnico specializzato che è tenuto a farne rapporto alla direzione.

Funi.

Art. 217 Le funi metalliche non devono essere sottoposte a carico statico superiore ad 1/6 della loro resistenza alla rottura nel trasporto di materiali e ad 1/8 nel trasporto di persone o nei trasporti misti.Le funi tessili non devono essere sottoposte a carico superiore ad 1/4 e ad 1/6 della loro resistenza alla rottura nei casi rispettivamente previsti dal primo comma.

Art. 218. Deve essere tenuto un registro per le funi impiegate nel trasporto del personale.Nel registro sono elencati, per ogni fune, le caratteristiche di fabbricazione, le condizioni di impiego, i risultati dei controlli periodici e delle prove eseguite ed ogni altro elemento caratteristico della fune richiesto dall'ingegnere capo.

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Art. 219. Rispetto a ciascuna fune impiegata per apparecchi di trasporto delle persone debbono essere osservate le seguenti cautele: 1) prima dell'installazione deve essere accertata la resistenza a trazione della fune, o mediante certificato d'origine per le funi nuove, oppure, in ogni altro caso, mediante prove appositamente eseguite. Se la fune è metallica, devono essere anche accertate con le stesse modalità la resistenza a trazione dei fili che la compongono e il loro comportamento alla flessione; 2) ogni sei mesi durante il primo anno di uso ed ogni quattro mesi durante gli anni successivi, si deve procedere al taglio del tronco di fune sovrastante l'attacco della gabbia, ad un'altezza tale che comprenda almeno un metro di fune libera al disopra del dispositivo di attacco e consenta l'asportazione di un tratto di fune di lunghezza non inferiore a due metri. La parte tagliata, dopo verifica, deve essere sottoposta a prova di resistenza a trazione e, se trattasi di fune metallica, anche a prova di flessione dei fili. Per le funi metalliche è ammesso determinare la resistenza della parte tagliata mediante prova a trazione sui singoli fili che la compongono, valendosi poi dei dati di proporzionalità tra la resistenza della fune intera e quella dei singoli fili in possesso all'atto della installazione della luce, ai sensi del precedente numero 1). Dal computo dei fili da considerare per il calcolo della resistenza nel modo anzidetto, oltre a quelli rotti devono essere esclusi i fili che, all'atto della prova, hanno rivelato una resistenza a trazione che risulti del 10 per cento o più al di sotto della media riscontrata.Le disposizioni di cui al numero 2) non si applicano alle installazioni con sistema Koepe. Tuttavia i coefficienti di sicurezza delle funi al loro primo impiego devono essere superiori di una unità rispetto a quelli fissati dall'art. 217.Le prove di resistenza a trazione e di flessione suddette devono essere eseguite secondo le norme in vigore.

Art. 220. Ogni fune, prima di essere impiegata nella circolazione del personale, deve essere provata almeno per venti viaggi a pieno carico di materiale e, dopo ogni taglio ed ogni rinnovamento dell'attacco, almeno per dieci viaggi.

Art. 221. Ogni fune impiegata per la circolazione del personale deve essere verificata per l'intera lunghezza ogni 30 giorni. La verifica deve essere eseguita in piena luce, dopo aver asportato il grasso che ricopre la fune e in modo che questa scorra con una velocità non superiore a 0,50 m/sec. Nel caso di funi spiroidali o chiuse, la verifica è eseguita con l'ausilio di idonee apparecchiature.Durante questa verifica è anche misurato in diversi punti il diametro della fune.Se a seguito della verifica lo stato apparente o il numero dei fili rotti della fune risulti tale da far dubitare della sua sicurezza, si deve sospendere immediatamente l'esercizio della fune come trasporto di personale e sottoporla a più frequenti controlli.Per le funi impiegate a solo servizio di estrazione la verifica di cui sopra è obbligatoria per argani aventi potenza superiore a 50 CV.

Art. 222. Le funi metalliche devono essere messe fuori uso quando si verifichi una delle seguenti condizioni: a) se il coefficiente di sicurezza scende al di sotto di sei rispetto al massimo carico statico; b) se la fune presenti in una parte qualsiasi, su una lunghezza di due metri, un numero di fili rotti superiore al decimo del numero totale; c) se, a seguito dei più frequenti controlli disposti ai sensi del penultimo comma dell'articolo precedente, si riscontri un anormale progressivo aumento nel numero dei fili rotti o arrugginiti.

Art. 223. Per ogni impianto adibito normalmente al trasporto del personale deve essere disponibile una fune di riserva.

Art. 224. Al servizio di pozzi interni, di pozzi di riflusso o comunque di pozzi ove si riscontri elevata umidità relativa, devono impiegarsi funi metalliche ad elementi galvanizzati, oppure funi metalliche ordinarie coperte da un rivestimento protettivo di grasso lubrificante.

Verifica delle macchine di estrazione.

Art. 225. Le macchine di estrazione devono essere sottoposte ad esame da parte di un tecnico qualificato prima della loro messa in servizio e successivamente ogni anno per accertarne la rispondenza ai requisiti prescritti dal presente decreto.I regolatori di velocità elettrici devono essere verificati ogni sei mesi.

Le verifiche devono essere registrate.

Capo VI - Trasporti in superficie. Materiale fisso e mobile.

Art. 226. Per i trasporti in superficie valgono, in quanto applicabili le norme per i trasporti interni su vie orizzontali o poco inclinate mediante vagonetti isolati o riuniti in treni.

Art. 227. Se la ferrovia è fiancheggiata in ambo i lati da pareti o da cataste di materiali, tra la sagoma d'ingombro del materiale rotabile ed una delle pareti o delle file di cataste deve intercorrere uno spazio libero di almeno 0,60 m.

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Segnalazioni.

Art. 228. Le locomotive devono essere munite di idoneo apparecchio per segnalazione acustica. Di notte o in caso di nebbia si devono munire i treni di lampade a luce bianca in testa e a luce rossa in coda, e i posti di scambio o di manovra debbono essere illuminati.

Art. 229. Per i piani inclinati esterni valgono le disposizioni relative ai piani inclinati interni, in quanto applicabili. Nei piani inclinati non rettilinei è consentita l'azione di addetti alla guida della fune, purché operino all'esterno delle curve.

Teleferiche.

Art. 230. Per l'installazione e l'esercizio di teleferiche si applicano le norme vigenti in materia.

Capo VII - Disposizioni generali per la circolazione del personale sotterraneo.

Art. 231. La circolazione del personale all'interno delle miniere e delle cave sotterranee deve svolgersi attraverso vie prestabilite.

Art. 232. Nelle miniere e cave sotterranee estese la circolazione del personale deve essere facilitata con tabelle o altri segnali indicanti le vie normali di uscita e quelle di emergenza.

Art. 233. Nel sotterraneo, ove sono presenti nel turno più numeroso settanta o più operai, deve essere installato un impianto telefonico tra le stazioni interne dei pozzi o piani inclinati di estrazione, e quella terminale superiore o esterna.

Divieti di circolazione a mezzo di impianti non appositamente attrezzati.

Art. 234. È vietato impiegare i nastri trasportatori per la circolazione del personale.Gli impianti destinati al trasporto dei materiali nelle gallerie, nei piani inclinati e nei pozzi non possono essere adoperati per la circolazione del personale, se non sono attrezzati a tale scopo, salvo che per esigenze di vigilanza o manutenzione degli impianti predetti, ovvero in caso di emergenza. In tali casi il macchinista deve essere preavvertito nei modi di cui all'art. 205, secondo comma.

Circolazione mediante treni.

Art. 235. Nelle gallerie nelle quali è disposto il trasporto del personale mediante treni, debbono essere adoperati carrelli muniti di sedili e di ripari adatti ad evitare urti del personale contro le pareti e il cielo della galleria o contro linee elettriche.

Capo VIII - Circolazione a piedi. Circolazione a piedi nelle gallerie orizzontali e nei cantieri.

Art. 236. Nelle gallerie ad un binario nelle quali si effettua il trasporto del materiale a mano o con quadrupedi, se la sezione è tale che al passaggio dei vagonetti una persona appoggiandosi alla parete non possa evitare di essere investita, debbono essere predisposte, a distanza non maggiore di 50 m. l'una dall'altra, nicchie di riparo. Nelle curve la suddetta distanza è ridotta a 20 m.Le nicchie devono avere dimensioni per ricovero di almeno due persone, essere mantenute sgombre ed essere indicate con segnalazioni ottiche o tinteggiate in bianco.Il transito del personale in gallerie dove si effettuano trasporti meccanici è consentito subordinatamente al verificarsi congiuntamente delle seguenti condizioni: a) lungo uno dei lati delle gallerie sia sistemato un passaggio avente la larghezza di almeno 0,60 m. fra la sagoma del limite convoglio e la parete e altezza sufficiente oppure siano predisposte a distanza non minore di 40 m. l'una dall'altra nicchie di riparo. Nelle curve tale disposizione deve essere ridotta a 20 m.; b) la velocità del convoglio non sia superiore a 2 m/sec.Nelle gallerie di carreggio ove non si verifichino le condizioni predette la circolazione del personale è consentita solo quando sia sospeso il trasporto del materiale.In ogni caso durante il cambio dei turni il carreggio deve essere sospeso.

Art. 237. Nei punti di attraversamento obbligato dei nastri trasportatori devono essere predisposte opportune passerelle.

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Art. 238. Nei cantieri di coltivazione a trasporto meccanico le operazioni devono svolgersi in maniera da lasciare un passaggio a fianco del suddetto mezzo di trasporto.

Circolazione a piedi su vie inclinate.

Art. 239. Nelle vie destinate alla circolazione del personale, aventi inclinazione superiore a 20°, debbono essere praticati scalini oppure collocate trasverse di legno atte a facilitare la salita e deve essere installato un corrimano.Se l'inclinazione supera 45° debbono praticarsi piani di riposo lungo le vie almeno ogni 12 m. di dislivello.

Circolazione nei pozzi mediante scale.

Art. 240. I pozzi che servono all'estrazione del materiale ed alla circolazione del personale debbono essere provvisti di uno scomparto scale, separato da quello di estrazione a mezzo di un diaframma di protezione. Lo scomparto scale può essere eliminato, previo assenso dell'ingegnere capo, se esiste un sistema di gabbia ausiliaria o benna di soccorso azionata da un argano indipendente.Lo scomparto scale deve avere dimensioni tali da rendere agevole il transito anche a persone munite di autorespiratore. Qualora lo scomparto scale sia destinato esclusivamente al servizio di ispezione e manutenzione e non sia separato dal diaframma l'estrazione deve essere sospesa durante il passaggio del personale e durante i lavori.

Art. 241. Nei pozzi in escavazione con scomparto scale questo deve essere costruito fin dall'inizio dell'escavazione stessa e deve seguire a non più di 20 m. il fondo del pozzo.Qualora lo scomparto scale non sia stato attuato sin dall'inizio dell'escavazione si deve installare un impianto di soccorso per il trasporto del personale azionato da sorgente di energia indipendente da quella dell'installazione principale.

Art. 242. I pozzi verticali o inclinati più di 70° provvisti di scomparto scale debbono essere attrezzati con ripiani di riposo distanti l'uno dall'altro non più di 6 m.

Art. 243. Le scale debbono essere assicurate stabilmente e sorpassare di almeno un metro i ripiani, salvo che lungo tale altezza siano applicate staffe d'appoggio.Fra un ripiano e l'altro le scale devono essere sistemate con inclinazione non maggiore di 80°. Se più scale successive sono sovrapposte in pianta esse debbono coprire le aperture dei ripiani sottostanti.L'uso di scale verticali è consentito per profondità non superiore a 25 m., purché ad intervalli non superiori a 3 m. sia possibile appoggiarsi sulla schiena.L'uso di scale non fisse è consentito soltanto negli ultimi dodici metri, dei pozzi in approfondimento.

Art. 244. Nei pozzi principali ove l'entrata e l'uscita per squadre avviene mediante scale, è proibito agli operai di portare con sé gli utensili. Questi debbono invece essere portati con altro mezzo, o prima che si inizi o dopo che sia cessato il transito.

Art. 245. L'efficienza delle scale, dei piani di riposo e delle piattaforme di lavoro deve essere prevista con sufficiente larghezza rispetto al massimo carico sollecitante ed essere controllata periodicamente dal personale di sorveglianza in base a istruzioni del direttore. L'operaio che rilevi qualche anomalia nelle scale, nei piani di riposo ed in genere nelle vie di circolazione deve provvedere, per quanto a lui possibile, e per prestazioni che non richiedono tempo notevole, alla relativa sistemazione, ovvero deve disporre apposita segnalazione, dandone avviso al suo superiore diretto.

Capo IX - Circolazione nei pozzi con mezzi meccanici.

Art. 246. La circolazione del personale nei pozzi attrezzati con mezzi meccanici deve effettuarsi in conformità delle prescrizioni contenute in apposito ordine di servizio del direttore che stabilisce la velocità massima delle gabbie in relazione alle caratteristiche dell'impianto e fissa insieme con le altre eventuali cautele il numero massimo delle persone che possono prendere posto nelle gabbie.Nello stesso ordine di servizio deve essere pure regolata con le modalità, gli orari e le cautele del caso, la circolazione del personale a piedi o con trasporto meccanico nelle vie di carreggio, nei pozzi o piani inclinati interni ed esterni ed in genere in tutto il sotterraneo, anche in occasione dei cambi per il turno di lavoro.

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Gabbie per circolazione del personale.

Art. 247. Le gabbie debbono avere robusta copertura, fondo pieno, pareti di lamiera piena o traforata. Esse devono essere provviste di porte o cancelletti di riparo per i lavoratori, tali da evitare ogni possibilità di apertura accidentale. Devono inoltre essere munite di maniglie o sbarre di sostegno.

Art. 248. Sono vietati i trasporti promiscui di persone e cose.

Art. 249. Ogni mezzo di estrazione destinato al trasporto di personale nei pozzi in normale esercizio deve essere munito di apparecchio paracadute o mosso da sistemi che, a parere dell'ingegnere capo, siano almeno di equivalente affidabilità e sicurezza.Gli apparecchi di cui al comma precedente devono essere provati, a mezzo di estrazione fermo, ogni settimana da un sorvegliante.L'efficienza degli apparecchi deve essere controllata almeno ogni mese da un meccanico e i risultati di tali prove devono essere riportati in registro.Una volta l'anno le molle devono essere smontate e verificate.Per i pozzi in escavazione non si applica la disposizione contenuta nel primo comma del presente articolo.

Impiego di benne.

Art. 250. Nei pozzi di escavazione od in riparazione e nelle lavorazioni temporanee, il personale può discendere o salire con benne limitatamente al tratto lungo il quale le benne sono guidate.In tutti i casi deve adottarsi un gancio di sospensione di sicurezza.È vietato il trasporto del personale con benne piene. Le benne devono essere protette da una copertura contro la caduta di corpi pesanti.

Prolungamento dei pozzi sotto la stazione di fondo.

Art. 251. I pozzi devono essere approfonditi oltre il livello della stazione di fondo in modo che sia impedito il brusco arresto della gabbia. Lungo il prolungamento si debbono ravvicinare le guide o disporre altri mezzi adatti a produrre la frenatura progressiva della gabbia.Quando nel prolungamento dei pozzi si raccoglie l'acqua, questa deve essere contenuta in modo da non superare il livello a cui può giungere la gabbia.

Uso dei tacchetti.

Art. 252. Durante il trasporto di personale è vietato fare uso dei tacchetti di appoggio delle gabbie.

Segnalazioni telefoniche.

Art. 253. Nei pozzi che servono alla circolazione del personale devono essere installati apparecchi telefonici o portavoce che permettano lo scambio di intese fra i ricevitori delle stazioni interne e il ricevitore della stazione esterna, o della stazione terminale superiore nel caso di pozzi interni, qualora i ricevitori non possano comunicare direttamente a voce.Uguali dispositivi devono pur essere installati per lo scambio di intese fra il ricevitore della stazione terminale superiore ed il macchinista.

Art. 254. Quando si effettua il trasporto delle persone, gli operai ricevitori devono dare gli appositi segnali ottici ed acustici, come indicato nell'art. 205. Norme di esercizio.

Art. 255. L'entrata e l'uscita del personale dalla gabbia nel cambio di turno devono effettuarsi esclusivamente sotto gli ordini di appositi incaricati.

Art. 256. Durante la circolazione del personale, è vietato ai ricevitori delle stazioni ed ai macchinisti di lasciare il loro posto.Il freno di servizio deve essere mantenuto chiuso quando le gabbie sono al livello delle stazioni anche se appoggiano sui tacchetti.

Capo X - Circolazione del personale con mezzi meccanici sui piani inclinati interni ed esterni.

Art. 257. Per il trasporto del personale lungo piani inclinati interni si applicano le norme stabilite dall'art. 235 per il trasporto in galleria.

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I carrelli devono essere provvisti di dispositivi per il tempestivo arresto in caso di rottura della fune o del gancio di attacco a meno che il carico statico sia uguale o inferiore ad 1/16 della resistenza a rottura della fune.In nessun caso la velocità massima dei carrelli deve superare 3 m/sec.Per le macchine e le funi si osservano le disposizioni del presente titolo.

TITOLO VI - Ventilazione - Requisiti della ventilazione.

Art. 258. Tutte le vie ed i cantieri sotterranei cui hanno accesso i lavoratori devono essere adeguatamente aerati, tenuto conto dei metodi di lavoro impiegati e degli sforzi fisici imposti ai lavoratori, al fine di garantire, con un margine di sicurezza sufficiente:a) un'atmosfera in cui le condizioni di lavoro si mantengano adeguate durante l'orario di lavoro;b) un'atmosfera in cui si riesca a tenere sotto continuo controllo i rischi d'esplosione.Salvo i luoghi per i quali è ammessa l'areazione per diffusione a termine dell'art. 275 le vie ed i cantieri non ventilati devono essere resi inaccessibili agli operai mediante sbarramenti fissi.

Idoneità dell'atmosfera del sotterraneo.

Art. 259. Con decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, di concerto con il Ministro della sanità, sentito il Consiglio superiore delle miniere, saranno stabiliti i limiti del contenuto in polveri espresso in rapporti ponderali e/o volumetrici e le altre caratteristiche dell'atmosfera ammissibile in sotterraneo.

Attivazione e senso delle correnti di ventilazione.

Art. 260. Le correnti di aria naturale, quando non provvedono efficacemente alle esigenze di cui al presente titolo, devono essere integrate da correnti attivate da ventilatori meccanici.Le correnti d'aria principali, attivate da ventilatori, devono essere dirette nel senso prevalente delle correnti d'aria naturali quando queste non siano trascurabili rispetto a quelle attivate meccanicamente.È ammessa deroga alla norma di cui al comma precedente quando l'ingegnere capo riconosca che difficoltà tecniche si oppongano e le esigenze della sicurezza lo consentano.

Velocità delle correnti d'aria.

Art. 261. La velocità della corrente d'aria, calcolata come media nella sezione più ristretta della via percorsa, non deve superare i 6 m/sec. salvo che nei pozzi sboccanti a giorno, nelle condotte di areazione e nelle gallerie che non servono normalmente al trasporto dei materiali ed alla circolazione del personale.Con ordine di servizio del direttore deve essere stabilita, per l'intero sotterraneo o per singoli scomparti e settori, la velocità minima delle correnti d'aria in base alle caratteristiche del giacimento, alle temperature ed allo stato igrometrico del sotterraneo, al fine di determinare soddisfacenti condizioni ambientali di lavoro.Eccezione fatta per i cantieri per i quali è consentita l'areazione per diffusione, a termini dell'art. 275, la velocità minima delle correnti d'aria non deve essere inferiore a 10 cm/sec.

Via di percorso dell'aria.

Art. 262. I tracciati dei collettori generali di entrata e di uscita d'aria a giorno della miniera e delle gallerie principali di entrata d'aria e di riflusso che se ne dipartono, devono essere distanziati, per tutto il percorso, in modo che fra le correnti d'aria convogliate non possano verificarsi interferenze o corti circuiti.Le stesse vie devono essere tenute in buono stato di manutenzione, ed essere accessibili, in tutte le loro parti, anche a persone munite di apparecchi respiratori autoprotettori.Accertamenti delle caratteristiche delle correnti d'aria e dell'atmosfera del sotterraneo.

Art. 263. Almeno una volta ogni sei mesi devono essere eseguite misure di portata, di temperatura e di umidità delle correnti principali, derivate e secondarie di ventilazione e prelevati campioni dell'atmosfera del sotterraneo da sottoporsi ad analisi per gli accertamenti dell'idoneità di cui all'art. 259.Le misure ed i prelevamenti sono ripetuti quando siano sopravvenute importanti modifiche o perturbazioni in qualcuno dei circuiti principali della corrente d'aria.L'ingegnere capo stabilisce con suo provvedimento i luoghi nei quali devono essere eseguite le misure di portata e i luoghi di prelievo di campioni dell'atmosfera e di controllo della temperatura ed umidità dell'aria, fissando le modalità operative e, quando lo riconosca necessario, può imporre, in casi particolari, una diversa frequenza per tutti o parte degli accertamenti di cui ai commi precedenti.

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Quando l'ingegnere capo decide un intervento di ufficio lo notifica al direttore. In tal caso il prelevamento dei campioni dell'atmosfera è eseguito in presenza di un funzionario tecnico del Distretto minerario. Il Distretto minerario invia i campioni al laboratorio di analisi e comunica al direttore della miniera i risultati. Le analisi e gli accertamenti sono eseguiti a spese dell'imprenditore.L'annotazione dei risultati delle analisi con l'indicazione dei luoghi di raccolta dei campioni e della relativa data deve essere riportata in registro.

Art. 264. Quando a seguito delle analisi e degli accertamenti di cui all'articolo precedente, o di nuove esigenze manifestatesi nell'esercizio della miniera, le condizioni di idoneità dell'atmosfera del sotterraneo non siano o non possano più essere soddisfatte, l'ingegnere capo, sentito il direttore, dispone le misure per il ripristino delle condizioni di idoneità dell'atmosfera, fissa un termine per l'attuazione del provvedimento e prescrive per l'attuazione del provvedimento e prescrive l'adozione di misure cautelative per la sicurezza immediata e la salute dei lavoratori.

Vie di entrata e di uscita degli operai dal sotterraneo.

Art. 265. Le vie per le quali gli operai accedono normalmente al sotterraneo e ne escono devono essere di entrata d'aria.Tale norma non si applica per il personale addetto ai servizi che si svolgono nelle gallerie o nei pozzi di riflusso e negli altri casi autorizzati dall'ingegnere capo.

Ventilazione dei sotterranei in presenza di motori a combustione interna .

Art. 266. La ventilazione dei sotterranei in cui operano mezzi da miniera azionati da motori a combustione interna deve essere attuata in modo da garantire all'atmosfera i limiti e le caratteristiche di cui all'articolo 259 .

Art. 267. Le misure di portata d'aria delle gallerie di carreggio servite da locomotive a combustione interna devono essere eseguite almeno ogni mese ed i risultati con la relativa data e firma del responsabile devono essere annotati in registro.Ventilazione nei depositi per mezzi da miniera azionati da motori a combustione interna, nei locali per la carica delle batterie di accumulatori e nelle riservette per esplosivi.

Art. 268. Le stazioni di deposito e manutenzione dei mezzi da miniera azionati da motori a combustione interna nel sotterraneo, quando siano anche destinate a deposito di combustibili liquidi per il rifornimento degli stessi mezzi nei turni di lavoro, o comunque i depositi di combustibili liquidi devono essere inseriti in un circuito di ventilazione il cui ritorno d'aria deve immettere direttamente nel collettore principale di riflusso, senza aerare altri cantieri.Tale norma non si applica quando il combustibile liquido depositato corrisponde al fabbisogno di un turno di lavoro in uno dei mezzi di cui al precedente comma ed il locale risponde ai requisiti di cui all'articolo 188.

Art. 269. La misura di cui all'articolo precedente è estesa alle riservette di esplosivi autorizzate.Tale norma non si applica alle riservette contenenti non più di 50 kg. di esplosivo, in miniere non soggette alla disciplina di cui ai titoli X, XI e XII.Tuttavia l'ingegnere capo avuto riguardo all'ubicazione della riservetta ed alle caratteristiche della ventilazione e del giacimento può imporne l'applicazione quando le esigenze della sicurezza lo richiedano.

Porte e tende.

Art. 270. Le porte di ventilazione, destinate a dirigere o ripartire la corrente d'aria nel sotterraneo, devono essere di regola chiuse ed installate in modo da aprirsi contro il senso della corrente d'aria o da potersi chiudere automaticamente.L'uso di tende in sostituzione di porte è consentito in quei luoghi nei quali l'installazione di porte non sia tecnicamente conveniente ovvero in caso di momentaneo indispensabile ripiego.Quando, in dipendenza di modifiche del circuito di areazione, una porta di ventilazione deve essere temporaneamente esclusa, essa deve essere distaccata dai cardini. Tale norma non si applica alle porte blindate.

Art. 271. Le porte predisposte per far fronte a particolari evenienze, per il rapido isolamento di scomparti o settori della miniera soggetti a fuochi e quelle di soccorso destinate a preservare da pericoli di invasioni o esplosioni di grisù devono restare normalmente aperte ed essere provviste di dispositivi atti ad impedirne una manovra incontrollata.

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Art. 272. È proibito rimuovere o apportare modifiche alle porte o tende di ventilazione ed alle altre porte predisposte ai fini di cui al precedente articolo, senza ordine della direzione dei lavori.Il personale di sorveglianza, nell'ambito delle zone di rispettiva competenza, o per incarico avuto, deve accertare nel corso delle visite d'ispezione che le porte si trovino nelle condizioni regolari previste.

Art. 273. Quando nelle gallerie di carreggio occorre procedere alla installazione di porte di ventilazione, esse devono essere in numero non inferiore a due, in modo che, durante il passaggio dei convogli, ve ne sia sempre almeno una chiusa. Se attraverso le porte di ventilazione si svolge intenso traffico e l'apertura di una porta può pregiudicare la ventilazione di una parte importante del sotterraneo, si devono installare più porte ed adottare misure o dispositivi tali da consentire che esse non siano tutte aperte contemporaneamente.Nel caso di tende usate in sostituzione di porte, il loro numero e spaziamento deve essere sufficiente per consentire che in qualsiasi circostanza due almeno di esse restino chiuse.Le comunicazioni dirette fra vie principali di entrata e di uscita d'aria, che per esigenze di lavoro non possono essere sbarrate in modo permanente, devono essere munite di doppie porte che, con i relativi telai, devono essere costruite con materiale incombustibile.

Modifica ai circuiti di ventilazione.

Art. 274. È proibito apportare qualsiasi modifica al circuito di ventilazione senza ordine del direttore. In caso di inderogabile necessità ed urgenza, ai fini della sicurezza, il capo servizio presente nel sotterraneo, o chi ne fa le veci, può provvedere alle necessarie variazioni, informandone sollecitamente il direttore.

Areazione per diffusione.

Art. 275. Salve le minori distanze prescritte per le miniere sottoposte alla disciplina di cui ai titoli X, XI e XII, l'areazione per diffusione è vietata per distanze superiori a 50 m. Tuttavia, sempre che le condizioni dell'atmosfera soddisfino ai requisiti di idoneità di cui all'art. 259, quando motivi di sicurezza e le condizioni ambientali lo consentano, l'ingegnere capo può con suo provvedimento autorizzare in casi particolari la ventilazione per diffusione a maggiori distanze.

Ventilazione ausiliaria.

Art. 276. Nei cantieri a fondo cieco, nei quali l'areazione per diffusione non soddisfi alle condizioni volute dall'art. 259 devono essere installati impianti di ventilazione ausiliaria.I suddetti impianti devono essere convenientemente dimensionati ed installati in modo da evitare accidentali inversioni della corrente di ventilazione o dannosa ricircolazione dell'aria.

Abbandono dei lavoro per areazione irregolare o incompleta.

Art. 277. Gli operai che constatino una interruzione prolungata od altra irregolarità notevole nei circuiti di ventilazione devono informarne subito il capo servizio o il sorvegliante che provvede a dare le opportune disposizioni.

Art. 278. Quando gli operai avvertono malessere, causato da deficienza o inquinamento dell'aria, devono abbandonare il lavoro e darne immediato avviso al sorvegliante.

Vie di ventilazione comuni a miniere vicine.

Art. 279. Per miniere vicine, fra loro comunicanti e gestite da imprese diverse l'ingegnere capo può consentire l'adozione di vie di ventilazione comuni, approvando il relativo piano e disponendo, oltre le misure cautelative del caso, il coordinamento dei servizi di ventilazione e di sicurezza in genere. È vietato disporre mutamenti nel circuito di ventilazione di una delle lavorazioni sotterranee suddette, tali da ripercuotersi sulla areazione degli altri sotterranei collegati, senza avere data preventiva comunicazione all'ingegnere capo che provvede, dopo aver sentito i direttori delle lavorazioni interessate.

Art. 280. Nel caso previsto all'articolo precedente le miniere devono essere collegate da un sistema di segnalazione atto a consentire lo scambio immediato di segnali o comunicazioni di allarme quando una situazione di pericolo determinatasi in una delle miniere possa turbare la ventilazione e in genere la sicurezza dell'altra.

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Condizioni ambientali di lavoro.

Art. 281. Nei cantieri del sotterraneo di una miniera sono consentiti lavori per la durata normale di otto ore, soltanto quando la temperatura dell'aria, misurata nel turno più numeroso con termometro a bulbo asciutto, non superi i 32° C.Nei cantieri dove la temperatura dell'aria, misurata nel modo anzidetto, sia compresa fra 32° C e 35° C, la permanenza degli operai deve essere limitata a cinque ore al giorno, salvo che una ulteriore permanenza non si renda necessaria per lavori temporanei ai fini della sicurezza. In tale caso gli operai non possono rifiutare la loro opera.La limitazione di lavoro a cinque ore giornaliere è disposta quando la temperatura è stata riscontrata per due giorni di lavoro consecutivi entro i limiti previsti.Se la temperatura dell'aria misurata nei modi anzidetti supera i 35° C, il personale può essere impiegato soltanto per fronteggiare situazioni di pericolo o per altre gravi ragioni.

Art. 282. È in facoltà del Ministro per l'industria ed il commercio, [....]., di determinare, con proprio decreto, da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale, per singole miniere o gruppi di miniere, diminuzioni ai limiti di temperatura di cui al precedente articolo, in relazione all'umidità e velocità dell'aria ed alle attitudini dei lavoratori in rapporto alla situazione climatica locale.La riduzione di lavoro si applica all'intervallo delle corrispondenti temperature.

Art. 283. La durata normale di lavoro di otto ore viene ripristinata in un cantiere solo quando si sia constatato che per due giorni lavorativi consecutivi la temperatura sia discesa al di sotto di 32° C, o del corrispondente limite stabilito ai sensi dell'art. 282.

Art. 284. L'ingegnere capo può disporre che vengano attuati cicli di avvicendamento nei confronti dei gruppi di operai che prestino la loro opera in cantieri a temperatura elevata, ai sensi dell'art. 281 secondo comma, e che agli stessi lavori venga adibito personale riconosciuto particolarmente idoneo attraverso apposita visita medica.

Art. 285. In due giorni di lavoro consecutivi di ogni settimana deve essere misurata la temperatura dell'aria nei vari cantieri di lavoro facendosi uso di termometro a bulbo asciutto o di altro indicatore riconosciuto idoneo, ed i dati relativi devono essere riportati in registro.Se si constata in un cantiere una temperatura di 30° C, o più, il rilevamento della temperatura nello stesso cantiere deve essere eseguito tutti i giorni di lavoro.Su istanza del direttore, è consentita deroga al disposto di cui al presente articolo, primo comma, per l'intero sotterraneo, o parte di esso, quando l'ingegnere capo abbia riconosciuto che le temperature raggiunte siano costantemente discoste e più basse dei limiti di temperatura considerati all'art. 281, o di quelli eventualmente modificati per il disposto dell'art. 282.

Art. 286. Senza pregiudizio per le prescrizioni speciali relative alle miniere soggette alla disciplina di cui ai titoli X, XI e XII, le attività e i controlli inerenti alla ventilazione devono essere affidati al tecnico responsabile preposto al servizio di sicurezza della miniera.

Relazioni annuali sul servizio di ventilazione.

Art. 287. Nel programma annuale dei lavori di cui all'art. 1, deve essere fatta particolare illustrazione dell'andamento del servizio di ventilazione della miniera, nell'anno precedente a quello cui si riferisce il programma, degli inconvenienti verificatisi e delle misure adottate.

TITOLO VII - Illuminazione. Illuminazione di lavori in superficie.

Art. 288. Durante le ore di lavoro i cantieri e gli impianti in superficie debbono essere illuminati con luce artificiale quando manchi o sia insufficiente la luce naturale.

Illuminazione di locali in superficie.

Art. 289. I locali in superficie destinati a deposito di sostanze esplosive o infiammabili o dove si possono sviluppare gas e vapori infiammabili, devono essere muniti di impianto fisso di illuminazione elettrica antideflagrante.

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Illuminazione individuale.

Art. 290. Chiunque accede ai sotterranei delle miniere deve essere munito di lampada accesa portatile e, quando faccia uso di lampada a fiamma libera, anche del relativo mezzo di accensione.La stessa norma vale per le cave non raggiunte da luce naturale.

Controllo del personale presente nel sotterraneo.

Art. 291. Ogni lampada di sicurezza deve essere munita di un numero di contrassegno. All'atto del ritiro della lampada deve essere segnato il nome del destinatario.La rispondenza fra il destinatario ed il numero della lampada a lui assegnata nell'elenco tenuto dal lampista è accertata, a mezzo di controlli eseguiti da agenti designati dalla direzione, dopo la consegna della lampada e prima della discesa in sotterraneo.

Restituzione delle lampade.

Art. 292. All'uscita dei sotterranei le lampade di sicurezza devono essere restituite al lampista il quale ne rileva e segnala gli eventuali guasti.Chi non riporta al lampista la stessa lampada che da questi ha ricevuto deve informarlo sulle cause della sostituzione.

Illuminazione fissa.

Art. 293. Le stazioni interne dei pozzi e dei piani inclinati di estrazione e gli impianti fissi che necessitano di sorveglianza debbono essere illuminati con lampade elettriche fisse o con lampade a fiamma protetta.Le protezioni di vetro delle lampade fisse debbono essere difese contro rotture accidentali.

Art. 294. In tutti i locali sotterranei dove si trovino materie facilmente infiammabili è vietata l'illuminazione con lampade a fiamma libera non protetta.

Depositi di carburo di calcio.

Art. 295. Sono vietati nei sotterranei delle miniere depositi di carburo di calcio.

TITOLO VIII - Esplosivi.

Capo I - Disposizioni generali. Uso degli esplosivi nei lavori minerari.

Art. 296. Nei lavori delle miniere e delle cave l'uso degli esplosivi è consentito con le modalità e le limitazioni del presente decreto.Nei confronti degli imprenditori di miniere o di cave la concessione della licenza per il trasporto o il deposito di esplosivi, di cui agli articoli 46 e 47 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, è accordata su esibizione di un'attestazione rilasciata dal Distretto minerario comprovante l'avvenuto adempimento dell'obbligo della denuncia di esercizio di cui agli articoli 24 e 28 del presente decreto.

Idoneità all'impiego minerario - Classifica ed elenco degli esplosivi, degli accessori detonanti e dei mezzi di accensione.

Art. 297. Nelle miniere e nelle cave è vietato impiegare esplosivi da mina, accessori detonanti e mezzi di accensione non compresi tra quelli riconosciuti dal Ministero dell'interno ai sensi dell'art. 53 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e riconosciuti idonei per l'impiego minerario dal Ministro per l'industria ed il commercio.

Art. 298. Ai fini delle idoneità di cui al precedente articolo, gli esplosivi da mina, gli accessori detonanti ed i mezzi di accensione sono classificati in comuni o di sicurezza contro il grisù e le polveri infiammabili.Quelli comuni si distinguono in esplosivi da impiegarsi soltanto in lavori a cielo aperto ed esplosivi ammessi anche nei lavori in sotterraneo.Sono considerati mezzi di accensione: a) le micce non detonanti; b) gli accenditori delle micce e gli accenditori elettrici senza capsula detonante;

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c) le macchine di accensione elettrica (esploditori).

Art. 299. È istituito presso il Ministero dell'industria e del commercio l'elenco degli esplosivi, degli accessori detonanti e dei mezzi di accensione riconosciuti idonei per l'impiego minerario dallo stesso Ministero.Nell'elenco sono indicate le denominazioni degli esplosivi, accessori detonanti e mezzi di accensione nonché i nomi delle rispettive ditte produttrici.L'elenco è approvato con decreto da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale.

Art. 300. Le ditte produttrici, nell'avanzare domanda al Ministero dell'industria e del commercio per il riconoscimento dell'idoneità e per la classifica degli esplosivi, degli accessori detonanti e dei mezzi di accensione, devono fornire i seguenti elementi: a) denominazione degli esplosivi, degli accessori detonanti e dei mezzi di accensione; b) stabilimenti di produzione; c) per gli esplosivi da mina, dati sulla natura e sulle caratteristiche particolarmente concernenti lo stato di aggregazione, la densità, la percentuale in peso delle sostanze componenti e relative tolleranze di fabbricazione, il bilancio di ossigeno, il normale volume calcolato dei gas d'esplosione, la temperatura calcolata dei gas d'esplosione, la stabilità chimica, la sensibilità all'urto e all'innescamento, la distanza di colpo, la velocità di detonazione e la potenza.Per gli esplosivi di sicurezza nei riguardi del grisù e delle polveri infiammabili, devono inoltre essere indicate le modalità ed i dati degli accertamenti eseguiti nella galleria di prova.Per gli esplosivi dichiarati antigelo dal fabbricante, devono essere comunicate, oltre ai suddetti elementi, anche la natura e la percentuale delle sostanze anticongelanti; d) per gli accessori detonanti da mina e per i mezzi di accensione, dati sulla struttura e composizione nonché sulle caratteristiche funzionali.Il Ministro per l'industria ed il commercio può disporre che siano eseguiti nella Stazione mineraria statale di prova esperimenti sugli esplosivi, sugli accessori detonanti e sui mezzi di accensione. Le spese relative sono a carico del fabbricante.

Art. 301. Con successivi decreti del Ministro per l'industria ed il commercio sono approvate le aggiunte e variazioni all'elenco.

Art. 302. Gli esplosivi, gli accessori detonanti e i mezzi di accensione riconosciuti idonei possono, anche limitatamente ad un solo fabbricante, essere cancellati dall'elenco di cui all'Art. 299 per i seguenti motivi; a) se durante l'uso in miniera o cava abbiano dato luogo ad inconvenienti; b) se non corrispondano più ai requisiti di idoneità.Alla cancellazione si provvede, previa revoca del riconoscimento di idoneità, con decreto del Ministro per l'industria ed il commercio, valutate le deduzioni del fabbricante interessato.

Art. 303. Gli imprenditori sono tenuti a fornirsi degli esplosivi, degli accessori detonanti e dei mezzi di accensione destinati alle lavorazioni minerarie, eventualmente tramite imprese commerciali, soltanto dalle ditte produttrici comprese nell'elenco di cui all'art. 299.

Modalità d'impiego degli esplosivi.

Art. 304. È vietato impiegare nelle miniere e cave esplosivi, accessori detonanti e mezzi di accensione diversi da quelli distribuiti dal direttore.Gli esplosivi, gli accessori detonanti e i mezzi di accensione non devono essere adoperati per impieghi diversi da quelli consentiti dal presente decreto.È proibito portar fuori dalle miniere e dalle cave esplosivi, accessori detonanti e mezzi di accensione, salvo diversa disposizione della direzione.

Art. 305. Le norme di cui al presente titolo sono riportate in ordine di servizio del direttore unitamente alle modalità con le quali sono condotte le singole operazioni.Tale ordine di servizio è sottoposto all'approvazione dell'ingegnere capo.

Disgelamento e asciugamento degli esplosivi.

Art. 306. Il disgelamento degli esplosivi contenenti nitroglicerina deve farsi di giorno ed all'esterno da operai esperti, sotto la direzione di un sorvegliante e a conveniente distanza dal luogo dove si eseguono altri lavori.Il disgelamento deve operarsi in appositi recipienti scaldati all'esterno con acqua calda, osservando cautele ad evitare il contatto dell'acqua con gli esplosivi.In ogni caso è vietato asciugare o disgelare esplosivi esponendoli al fuoco, o collocandoli su fornelli, o a diretto contatto con la persona.

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Gli esplosivi congelati non devono mai essere manipolati o trattati con corpi duri ed il loro trasporto per procedere al disgelamento deve essere eseguito con particolare precauzione.

Distruzione della dinamite avariata.

Art. 307. Gli esplosivi alla nitroglicerina che trasudano oppure sviluppano odore acre o vapori rutilanti devono essere rimossi con ogni cautela procedendo, appena possibile, alla distruzione di essi.Questa deve effettuarsi bruciando l'esplosivo per piccole quantità, all'aperto ed in luogo non pietroso, seguendo tutte le cautele atte ad evitare danni in caso di esplosione.

Controllo delle micce.

Art. 308. Le partite di miccia devono essere fatte controllare a cura della direzione, prima dell'impiego, nella misura di almeno un metro su cento metri al fine di accertare la velocità media di propagazione del fuoco.Il risultato degli accertamenti è annotato in registro.

Capo II - Trasporti e distribuzione degli esplosivi. Trasporto degli esplosivi al deposito sotterraneo.

Art. 309. Gli esplosivi devono essere trasportati e immessi nel deposito sotterraneo o riservetta e nei locali di distribuzione nell'imballaggio originario. Ove il trasporto avvenga a mezzo di vagonetti, questi devono essere a cassa fissa e muniti di segno di riconoscimento.È vietato trasportare esplosivi insieme con materiale di altro genere, apparecchi od utensili.Le capsule detonanti non devono essere trasportate congiuntamente ad altro esplosivo.Durante il trasporto gli operai addetti devono essere muniti di lampade elettriche a bulbo protetto.

Art. 310. Il trasporto degli esplosivi nei pozzi deve essere effettuato a velocità non superiore a quella consentita per il trasporto delle persone e la circolazione del personale deve essere sospesa.Gli uomini addetti al trasporto degli esplosivi possono viaggiare insieme con essi.Il macchinista ed i ricevitori, sia alla superficie sia in sotterraneo, debbono essere preavvertiti del movimento degli esplosivi.

Art. 311. Nella gallerie di carreggio i vagonetti contenenti gli esplosivi devono procedere a passo d'uomo.Qualora la trazione sia effettuata con mezzi meccanici che non escludano la formazione di scintille o fiamme, il primo vagonetto agganciato al mezzo di trazione deve essere vuoto.In coda al convoglio deve essere sistemata una lampada elettrica a luce rossa con bulbo protetto.

Art. 312. È vietato effettuare il trasporto in convoglio dell'esplosivo durante i periodi di circolazione normale del personale.Il transito del convoglio dell'esplosivo è segnalato con mezzi acustici o luminosi ed è fatto obbligo al personale presente lungo il percorso di mettersi al riparo.

Art. 313. Durante il trasporto gli esplosivi non devono essere lasciati senza sorveglianza.

Distribuzione.

Art. 314. L'esplosivo è distribuito agli operai incaricati del prelevamento soltanto da chi è addetto alla distribuzione e negli appositi locali, dando la precedenza al materiale rimasto immagazzinato da maggior tempo.È vietata la distribuzione di esplosivi avariati, di esplosivi al nitrato di ammonio umidi, di esplosivi congelati contenenti 10 per cento o più di nitroglicerina, o che comunque presentino tracce di trasudamento dei loro componenti liquidi. Quando si impiegano esplosivi di caratteristiche diverse e se il materiale non è distribuito in pacchi con le relative etichette, le cartucce debbono essere contraddistinte in modo da poterne riconoscere le caratteristiche.La quantità di esplosivo che può essere consegnata ad un uomo è limitata per ciascun cantiere al consumo di un turno e comunque non deve eccedere i venticinque chilogrammi, salvo eccezione autorizzata dalla direzione.

Art. 315. L'esplosivo, eventualmente non adoperato, deve essere restituito a fine turno all'addetto alla distribuzione.

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Art. 316. In ogni riservetta o locale di distribuzione è tenuto un registro nel quale sono annotate le operazioni di carico e scarico dell'esplosivo. Una copia aggiornata di tale registro è tenuta all'esterno della miniera.Ogni ventiquattro ore si effettuano i conteggi ed il controllo del materiale esistente.

Personale incaricato del caricamento e sparo delle mine.

Art. 317.Il caricamento e lo sparo delle mine devono essere eseguiti soltanto da minatori, o da operai con formazione almeno equivalente, dopo che abbiano seguito appositi corsi di preparazione.Periodicamente la preparazione del suddetto personale deve essere aggiornata e l'idoneità controllata.Nell'ordine di servizio di cui all'art. 305 sono stabilite le attribuzioni dei lavoratori addetti al servizio degli esplosivi e allo sparo delle mine e quelle del personale appositamente incaricato della sorveglianza di tali operazioni.Nello stesso ordine di servizio è precisata la periodicità degli aggiornamenti e dei controlli di cui al secondo comma.

Trasporto della riservetta ai cantieri.

Art. 318. Gli esplosivi distribuiti sono trasportati ai cantieri soltanto dagli operai incaricati del prelevamento. Se il trasporto è fatto a spalla deve effettuarsi per un quantitativo massimo di quindici chilogrammi per persona in cassette o in borse.I recipienti predetti devono essere chiusi a chiave ed essere portabili a tracolla o a zaino.I detonatori e le micce possono essere trasportati nei recipienti predetti, sempre che siano posti in apposito scomparto rigido separato da quello delle cartucce di esplosivi.

Art. 319. Coloro che trasportano a mano gli esplosivi non possono prendere posto nelle gabbie dei pozzi con altre persone salvo che con gli addetti alla direzione e sorveglianza della miniera.

Conservazione del materiale esplosivo nei cantieri.

Art. 320. Gli operai addetti allo sparo delle mine che esplicano il loro compito in più cantieri devono conservare, durante il turno di lavoro, gli esplosivi, gli accessori detonanti e i mezzi di accensione che non portano con sé in un deposito provvisorio costituito da una camera e munito di porta con chiave. Può essere anche usata, come deposito provvisorio, una cassa di legno munita di chiusura a chiave, che è collocata nel posto indicato dal sorvegliante. Le capsule sono tenute separate in apposito scomparto.Il personale suddetto deve avere un registro di carico e scarico nel quale sono indicati i quantitativi di esplosivo prelevati e quelli consumati nei vari cantieri.

Art. 321. Le chiavi dei depositi provvisori dei cantieri sono tenute esclusivamente dagli addetti allo sparo delle mine.È vietato porre utensili di qualsiasi specie nel deposito provvisorio.

Art. 322. Gli operai addetti allo sparo delle mine non devono dare gli esplosivi avuti in consegna ad altri operai anche se questi ultimi siano pure addetti allo sparo.Gli stessi operai, alla fine del turno, devono riportare e consegnare alla riservetta le cassette anche se vuote, e versare il materiale esplosivo residuato.

Art. 323. Chiunque constati smarrimento o sottrazione di esplosivo deve darne subito notizia al sorvegliante di turno.La direzione è tenuta a darne immediata comunicazione all'autorità locale di pubblica sicurezza.

Capo III - Depositi di esplosivo nei sotterranei di miniere o cave. Autorizzazione.

Art. 324. È vietato depositare esplosivi in quantità superiore a 50 kg. in riservette non autorizzate dall'ingegnere capo.

Quantitativi massimi di esplosivo consentiti.

Art. 325. Le riservette non devono contenere un quantitativo di esplosivi superiore al consumo di una settimana o, comunque, a mille chilogrammi.

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Ubicazione e caratteristiche costruttive delle riservette.

Art. 326. La riservetta deve essere ubicata in modo che una eventuale esplosione non comprometta, per quanto è dato tecnicamente prevedere, i cantieri di coltivazione, le vie principali di accesso, di circolazione o di ventilazione nonché gli organi essenziali della ventilazione.

Sistemazione delle riservette.

Art. 327. Le riservette per quantitativi di esplosivi inferiori a 50 kg. possono essere costituite in un unico locale purché provvisto di nicchie separate per il deposito rispettivamente dell'esplosivo e dei detonatori.Nei depositi per quantitativi compresi tra 50 e 100 kg. la galleria di accesso diramantesi da una via di servizio deve presentare un gomito ad angolo retto. Se la capacità del deposito è maggiore di 100 kg. detta galleria deve presentare un tracciato a due o più gomiti.Ognuno dei gomiti previsti dal comma precedente deve prolungarsi in una nicchia a fondo cieco di almeno quattro metri di profondità nel senso della spinta del gas di una eventuale esplosione proveniente dalla riservetta.

Aperture delle riservette e divieto di accesso.

Art. 328. Le riservette devono essere areate mediante aperture protette con mezzi atti ad impedire il passaggio di fiamma.Una porta robusta, munita di serratura di sicurezza ed apribile verso l'esterno deve essere posta nel punto in cui la galleria di accesso si dirama dalla galleria di servizio ed altra porta, anche essa munita di serratura ed egualmente apribile verso l'esterno, deve chiudere la camera della riservetta.Quando nella galleria di accesso sia ricavato un locale di distribuzione, come previsto dall'art. 332, la prima porta deve essere posta tra tale locale ed il primo gomito della galleria.L'ingresso alle riservette è vietato al personale non autorizzato.

Condizioni di temperatura e di umidità nella riservetta.

Art. 329. La temperatura nella riservetta non deve essere superiore a 40° C e, qualora la riservetta contenga esplosivo col 10 per cento o più di nitroglicerina, non deve scendere al disotto di 8° C.Nella riservetta deve sempre tenersi un termometro a massima e minima.Devono essere adottate misure idonee a preservare gli esplosivi dall'umidità.

Disposizione del materiale esplosivo nella riservetta.

Art. 330.Le casse contenenti esplosivi devono essere collocate in scaffali, o poste l'una sull'altra in forma di pile senza sorpassare in ogni caso un'altezza di 1,80 m. e devono essere disposte in modo che fra esse possa circolare l'aria.Ciascun tipo di esplosivo, raggruppato in pile o in scaffali, deve essere separato da spazi liberi dagli altri esplosivi e contraddistinto da un cartello.

Deposito dei mezzi detonanti.

Art. 331. L'ingegnere capo stabilisce con provvedimento definitivo, sentito il direttore, il quantitativo massimo delle capsule detonanti, delle micce detonanti e degli accenditori con capsula che possono essere depositati nel sotterraneo della miniera e della cava.Nelle riservette per quantitativi di esplosivi superiori a 50 kg. i materiali suddetti sono collocati in apposita nicchia o armadio chiusi da porta con chiave, e posti prima dell'ultimo gomito di accesso alla riservetta a distanza non inferiore a 10 m. da esso.

Locale di distribuzione.

Art. 332. Nelle riservette contenenti più di 100 kg. di materie esplosive sono vietate la manipolazione e la distribuzione degli esplosivi. Queste operazioni devono essere eseguite in appositi locali di distribuzione distinti dalle riservette che devono contenere non più di 50 kg. di esplosivo e soltanto il quantitativo di mezzi di accensione o accessori detonanti strettamente necessario.Tali locali devono trovarsi ad una distanza di almeno 15 m. dalla riservetta o comunque prima dei gomiti da ricavarsi nella galleria di accesso.I locali di distribuzione devono essere muniti di porta.

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Illuminazione.

Art. 333. Nella riservetta e nel locale di distribuzione non provvisti di impianto di illuminazione fissa è vietato l'accesso a chi non è munito di lampada elettrica a bulbo protetto.L'impianto di illuminazione fissa deve essere di tipo antideflagrante con lampade poste in nicchia nelle pareti o nel soffitto, chiuse da vetro protetto e i conduttori anche essi convenientemente protetti.Gli interruttori ed i dispositivi complementari debbono essere installati all'esterno della riservetta.

Divieto dell'uso di utensili di ferro e rimozione degli imballaggi

Art. 334. È vietato introdurre nei depositi di esplosivi oggetti che non siano indispensabili al servizio del deposito stesso.È vietato impiegare o introdurre nella riservetta e nel locale di distribuzione utensili o apparecchi di metalli ferrosi o comunque suscettibili di provocare scintille.I recipienti vuoti, gli involucri ed ogni altro materiale da imballaggio debbono essere giornalmente asportati dalla riservetta e dal locale di distribuzione.Divieto di far fuochi e di depositare materiali combustibili nelle vicinanze delle riservette.

Art. 335. Nel retaggio di 50 m. dalla riservetta e dal locale di distribuzione è vietato depositare materiali combustibili.Nello stesso raggio è vietato fumare e accendere fuochi.È vietato accedere alla riservetta ed al locale di distribuzione recando fiammiferi o altri oggetti atti a far fuoco.Tali divieti devono essere resi noti al personale mediante cartelli.

Capo IV - Preparazione e brillamento delle mine. Caricamento delle mine.

Art. 336. Gli esplosivi allo stato granulare o pulverulento non possono essere versati sciolti nel foro da mina, ma devono essere confezionati con involucro di conveniente resistenza.L'impiego di polvere nera sciolta è consentito solo nelle cave di materiali lapidei per mine con carica estesa in superficie o mine a fendere.Il calcatoio deve essere di legno e può essere guarnito con rame, ottone, zinco o bronzo, ma non con materiali ferrosi o altri che possono provocare scintille.

Art. 337. Per assicurare le micce alla capsula di innesco devono essere usate idonee pinze oppure altri strumenti di sicurezza.Tale operazione è effettuata a distanza, o in condizioni di sicurezza, nei confronti di quantitativi anche minimi di esplosivo.

Art. 338. I fori da mina debbono essere caricati immediatamente prima del brillamento. Le cartucce devono essere innescate all'atto dell'impiego.Da ogni cartuccia innescata e non utilizzata deve essere tolto il detonatore.

Art. 339. Prima del caricamento e dell'intasamento, gli operai non addetti devono allontanarsi a distanza tale da non essere colpiti da esplosioni premature.La miccia deve avere una lunghezza, misurata dalla cartuccia prossima all’orifizio del foro da mina, non inferiore ad un metro e deve sporgere all'infuori del foro non meno di 50 cm.La lunghezza minima della miccia può essere ridotta a 70 cm. nel caso di piccole mine fatte brillare isolatamente.Qualora si faccia uso di micce ritardate o di dispositivi ritardatori, le lunghezze predette possono essere ridotte in relazione al ritardo impiegato.La lunghezza delle micce, nel caso di spari in volata, è regolata in modo che sia possibile contare i colpi delle mine esplose.

Art. 340. Ogni mina deve essere intasata in modo adeguato all'entità, al genere di carica ed alla natura del materiale da abbattere. La lunghezza dell'intasamento non deve essere inferiore a 20 cm.Sono escluse dall'obbligo dell'intasamento le mine di cui all'art. 336, secondo comma.Per l'intasamento si deve adoperare materiale non combustibile e non suscettibile di produrre scintille.

Brillamento delle mine.

Art. 341. Con l'ordine di servizio di cui all'art 305 devono essere stabiliti gli orari e le modalità del brillamento, in modo da rendere minimo il numero delle persone esposte ai rischi del tiro. Lo stesso ordine di servizio stabilisce l'impiego di ripari fissi o mobili nei luoghi che non offrono una sufficiente protezione contro le proiezioni del tiro, dai gas o dai fumi.

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Art. 342. Per l'accensione delle micce nelle volate con più di cinque colpi, deve essere adottato un sistema idoneo a regolare il tempo di accensione.Nei fornelli e nelle rimonte con inclinazione superiore a 45° quando la loro lunghezza superi i 20 m., il brillamento delle mine è eseguito elettricamente.

Art. 343. Per il brillamento elettrico delle mine si deve far uso di esploditore di tipo riconosciuto idoneo, o di corrente derivata da una linea di distribuzione.Nel caso di corrente derivata da una linea di distribuzione, il circuito di accensione deve essere separato dalla linea di alimentazione da due interruttori bipolari, di cui uno addizionale, con i comandi posti all'interno di due distinte cassette chiuse con chiavi da conservarsi dall'incaricato dell'accensione.Il circuito di brillamento delle mine deve essere sempre aperto, salvo al momento dell'accensione. Gli interruttori devono rendere impossibili chiusure accidentali del circuito e in particolare l'interruttore addizionale deve riaprirsi automaticamente appena viene abbandonato.Nel caso di volate con numero di 15 o più mine, la resistenza totale del circuito della volata è verificata mediante ohmetro di tipo riconosciuto idoneo.

Art. 344. Nel tratto del circuito di brillamento prossimo alle mine, fino ad un massimo di 250 metri, si possono usare linee volanti costituite da conduttori isolati purché distanziati fra di loro e da altri circuiti elettrici.È vietato usare per il brillamento delle mine tratti di linee costruite per altri scopi.I conduttori per il brillamento delle mine non devono essere riuniti in uno stesso cavo con altri conduttori.

Art. 345. Gli esploditori portatili devono essere azionabili a mezzo di un dispositivo da inserire nella propria sede solo al momento del brillamento delle mine e che deve essere tenuto in custodia dal responsabile del tiro.Le parti attive degli esploditori sono chiuse in involucro stagno.Gli esploditori sono controllati almeno ogni sei mesi per accertarne la rispondenza delle caratteristiche elettriche essenziali ai requisiti. La verifica ha luogo in laboratori attrezzati.La frequenza e la natura di tali verifiche sono definite nell'ordine di servizio di cui all'articolo 305.

Art. 346. Gli addetti allo sparo delle mine, prima di procedere all'accensione delle micce o al collegamento degli inneschi elettrici alla linea di tiro, debbono curare che gli altri lavoratori, anche di cantieri prossimi, siano al riparo dalla esplosione e dai gas o fumi che si producono.Se i lavori non offrono al personale sufficiente protezione, devono essere predisposti idonei ripari fissi o mobili.A tutti gli accessi dei cantieri dove ha luogo lo sparo devono essere disposti incaricati che vietano l'ingresso.Gli addetti allo sparo non devono procedere all'accensione prima di avere avvertito le persone che siano nelle vicinanze.

Art. 347. Se le lavorazioni di cantieri attigui tendono ad avvicinarsi progressivamente, il sorvegliante deve indicare il termine a partire dal quale gli operai addetti alle stesse lavorazioni devono porsi in posizione di sicurezza ogni qualvolta in uno di quei cantieri si proceda al brillamento delle mine.

Art. 348. Nello scavo e nell'approfondimento dei pozzi e discenderie il tiro è effettuato elettricamente. Inoltre devono essere adottate le seguenti cautele: 1) le cartucce devono essere innescate in locale apposito stabilito dal capo servizio; 2) l'esplosivo deve essere calato nel pozzo, soltanto dopo che il personale non necessario al caricamento delle mine abbia abbandonato il fondo del pozzo stesso; 3) il brillamento deve essere effettuato dal sorvegliante o da giorno o da una galleria di livello; 4) per lo sparo si deve adoperare apposito cavo, la cui continuità deve essere controllata elettricamente dal sorvegliante, prima del brillamento delle mine; 5) prima di collegare i fili per il brillamento si deve togliere tensione all'eventuale impianto di illuminazione di fondo pozzo; 6) dopo lo sparo e prima di riprendere il lavoro il sorvegliante deve rendersi conto degli effetti dello sparo.

Art. 349. Nelle lavorazioni all'aperto è vietato il brillamento elettrico delle mine durante le manifestazioni temporalesche.Per le lavorazioni minerarie all'aperto vicine a stazioni radio emittenti, capaci di determinare correnti indotte nei circuiti elettrici di accensione delle mine, con pericolo di esplosioni intempestive, il Ministro per l'industria ed il commercio, [....]., stabilisce con proprio decreto condizioni, modalità e distanze dalle predette stazioni, per l'uso autorizzato del tiro elettrico, in relazione alla potenza ed alle altre caratteristiche elettriche delle stazioni.

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Misure precauzionali dopo lo sparo.

Art. 350. Effettuato lo sparo delle mine, il minatore incaricato del brillamento non può consentire l'accesso al cantiere prima che i gas prodotti dalla esplosione si siano diradati ed in ogni caso non prima di dieci minuti dall'ultima esplosione.Quando si abbia la certezza dell'avvenuto brillamento di tutte le mine e motivi di sicurezza lo esigano, l'accesso al cantiere dove si è effettuato il tiro può aver luogo in anticipo, purché il personale faccia uso dei mezzi di protezione idonei.Nel caso di brillamento non elettrico, quando sia accertato od esista dubbio che una o più mine non siano esplose, deve essere avvertito subito il sorvegliante. È fatto inoltre divieto a chiunque di accedere alla fronte di lavoro prima che siano trascorsi 60 minuti dall'esplosione, e senza ordine del sorvegliante che deve dare le istruzioni del caso.

Art. 351. Il personale adibito al lavoro in un cantiere dopo lo sparo delle mine, deve provvedere al disgaggio di sicurezza, alla ispezione della fronte di abbattimento per individuare eventuali mine inesplose e assicurarsi che non siano rimasti residui di materie esplosive nel fondo di mina. Tale lavoro è eseguito in presenza del capo squadra.Ultimato il disgaggio di sicurezza il lavoro di avanzamento può essere ripreso soltanto dopo che il capo squadra abbia accertato che non siano rimaste mine inesplose.Quando lo sparo delle mine avviene a termine del turno di lavoro, il carichino o il minatore incaricato del tiro, con le modalità stabilite dall'ordine di servizio di cui all'art. 305, dà a chi lo sostituisce nel turno successivo i ragguagli sul numero dei colpi sparati e sulla posizione dei fori di mina, ed avverte il sorvegliante nel caso di sospetto di mina inesplosa.

Art. 352. È proibito scaricare, sia pure parzialmente, le mine mancate, o vuotare e approfondire i fori o fondi di mina dopo l'esplosione.È vietato lasciare abbandonate mine cariche inesplose. Di queste si deve provocare l'esplosione mediante nuova carica di esplosivo da collocarsi in nuovo foro prossimo a quello della mina mancata, oppure applicando un'altra cartuccia nel foro stesso della mina mancata, purché si possa togliere facilmente parte dell'intasamento senza fare uso di utensili ferrosi o suscettibili di dare scintille.

Art. 353. I nuovi fori da intestare vicino alle mine mancate, o a quelle che hanno fatto cannone, o ad altri fori nei quali non si possa escludere la presenza di esplosivo, devono essere effettuati a distanza non inferiore a 20 cm. da questi e diretti in modo da non avvicinarsi alla carica inesplosa.Lo sgombero del materiale abbattuto dopo il tiro dei nuovi colpi di cui al comma precedente deve essere effettuato con precauzione in relazione alla possibilità che l'esplosivo sia stato proiettato all'esterno.

Art. 354. I fori delle mine non demoliti dalle esplosioni possono essere ricaricati solo dopo un intervallo di almeno mezz'ora e previa introduzione di tampone di argilla.

Art. 355. Le operazioni di cui agli artt. 352, 353 e 354 sono eseguite alla presenza del sorvegliante.

TITOLO IX - Impianti elettrici Norme applicabili e definizioni.

Art. 356. Ai lavori a giorno delle miniere e delle cave sono estese le norme di cui al titolo VII del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547 e successive modificazioni, in materia di impianti, macchine ed apparecchi elettrici.Le norme di cui al comma precedente si applicano anche ai lavori in sotterraneo, in quanto siano compatibili con quelle del presente titolo.

Art. 357. Ai fini del presente decreto sono considerati apparecchi portatili quegli apparecchi mobili che l'operatore deve sostenere, in tutto o in parte, durante il funzionamento.Sono considerati apparecchi trasportabili quegli apparecchi mobili che, pur essendo destinati per l'uso a essere trasferiti da un luogo ad un altro, non richiedono di essere sostenuti dall'operatore durante il funzionamento.

Caratteristiche generali.

Art. 358. Gli impianti elettrici in sotterraneo, indipendentemente dalla durata, anche se destinati a cantieri di avanzamento o di coltivazione, devono rispondere ai requisiti di sicurezza di cui al presente titolo o, quando ne sia il caso, alle maggiori cautele previste in altri titoli.

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Art. 359. All'esterno della miniera o cava deve essere installato un interruttore generale, in modo da potersi togliere la tensione all'intero impianto sotterraneo. All'interno, ogni importante ramo derivato dall'impianto deve essere provvisto di interruttore atto a mettere, in ogni momento, fuori tensione il ramo stesso.Tutti gli interruttori suddetti devono essere onnipolari.Gli apparecchi di interruzione devono essere chiaramente riconoscibili, facilmente accessibili e sistemati in posizione protetta da urti. Ciascuno di essi deve portare in modo evidente l'indicazione della parte di impianto da esso comandata.

Art. 360. Le parti metalliche degli impianti elettrici che per difetto di isolamento possono trovarsi sotto tensione, devono essere messe elettricamente a terra e collegate metallicamente tra loro se si trovano nello stesso locale o recinto.I sistemi di terra possono essere realizzati o in sotterraneo o in superficie.Per i collegamenti a terra si devono usare conduttori di materiale adatto, in relazione alle speciali condizioni ambientali d'esercizio e di sezione elettricamente equivalente ad almeno 16 mm² di rame.Per impianti fissi possono essere tollerati, per i tratti visibili dei conduttori di terra, sezioni elettricamente equivalenti inferiori a 16 mm² di rame, purché non inferiore alla sezione dei conduttori del circuito elettrico, fino ad un minimo di 5 mm².Le connessioni dei conduttori di terra devono essere eseguite in modo che esse abbiano stabilmente minima resistenza.

Macchine ed apparecchi.

Art. 361. Ogni motore di potenza superiore a 15 KW deve essere munito di dispositivo automatico atto a disinserirlo dalla linea quando la tensione di alimentazione venga a mancare anche su una sola fase.

Art. 362. Ogni trasformatore (o gruppo di trasformatori funzionanti in parallelo e posti nello stesso locale o recinto) deve essere munito, tanto sul primario quanto sul secondario, di un interruttore onnipolare automatico a massima corrente.

Art. 363. Nell'installazione di una macchina o apparecchio con quantità di olio superiore a 50 kg. devono essere prese cautele perché in caso di spargimento accidentale d'olio, questo venga prontamente convogliato in pozzetti di estinzione, mediante canali che non permettano il propagarsi del fuoco nel caso di olio infiammato.I trasformatori in olio di potenza nominale superiore a 200 kVA devono essere installati in scompartimenti incombustibili, separati dal resto dell'impianto per mezzo di porte pure incombustibili. Uguale disposizione deve usarsi per gli interruttori a grande massa d'olio, non corazzati né muniti di relè di massima corrente, nel caso di impianti a tensione superiore a 3000 V, se la corrente supera i 200 A.

Art. 364. L'alimentazione degli apparecchi mobili deve essere fatta a bassa tensione. L'alimentazione delle macchine mobili può essere fatta ad una tensione nominale non superiore a 1.000 volts; in tal caso ed in deroga all'articolo 366 i cavi dovranno essere di tipo riconosciuto idoneo.Per gli utensili ed altri apparecchi elettrici portatili la tensione non deve superare 50 V efficaci verso terra. Quando si è assicurato il loro disinserimento automatico in caso di messa in tensione degli involucri metallici o di guasti nel cavo flessibile, è consentita l'alimentazione con tensione fino a 200 V efficaci verso terra.Il disinserimento automatico deve ottenersi mediante il collegamento a terra degli involucri metallici e l'adozione di interruttori a massima corrente sul circuito di alimentazione, oppure con interruttore dello stesso circuito di alimentazione azionato da un circuito ausiliario di sicurezza, o adottando altri mezzi o sistemi di protezione di sicura efficacia.

Quadri.

Art. 365. Il passaggio di servizio dei quadri ad alta tensione deve avere ad entrambe le estremità una porta apribile verso l'esterno. La apertura deve poter avvenire senza chiave dall'interno e solo con chiave dall'esterno.Ove il pericolo di contatto accidentale delle persone con le parti sotto tensione non sia eliminato mediante sufficienti ripari, oppure non sia disponibile per il transito uno spazio commisurato ai valori delle tensioni in atto, deve essere impedito l'accesso al passaggio quando il quadro è sotto tensione.

Conduttori.

Art. 366. I conduttori nudi sono ammessi soltanto nell'interno delle cabine elettriche, per le linee di contatto degli impianti di trazione e nelle linee di messa a terra.Per l'alta tensione sono prescritti cavi sottopiombo o muniti di altro idoneo rivestimento protettivo quando le condizioni d'impiego siano tali che non vi sia da temere deterioramento dell'isolamento per effetto dell'umidità o di azioni chimiche o meccaniche.Per la bassa tensione, nelle stesse condizioni d'impiego, sono ammesse linee a conduttori separati.

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Nei pozzi e discenderie, e dovunque possono temersi deterioramenti per cause meccaniche, si devono usare, tanto per la bassa quanto per l'alta tensione, cavi armati ubicati in modo da non essere esposti ad urti e protetti da idonei ripari.I cavi di nuova installazione nei pozzi devono avere il rivestimento esterno tale da non poter propagare un incendio.Quando vi sia pericolo di azioni chimiche, il rivestimento metallico deve essere protetto con verniciatura o rivestimenti inattaccabili dagli agenti chimici.

Art. 367. Le linee a conduttori separati sono montate su isolatori. I cavi sono sostenuti da supporti adatti, tali da non danneggiare il rivestimento e distanziati in modo da evitare che il cavo sia assoggettato a sforzi dannosi anche per il solo effetto del proprio peso.

Art. 368. Nei cavi muniti di rivestimenti metallici, almeno uno di questi deve essere messo a terra, salvo che non si disponga di altri mezzi di protezione contro i pericoli derivanti da contatti accidentali.Il rivestimento messo a terra deve presentare una buona continuità metallica.Le giunzioni fisse fra cavi o fra singoli spezzoni di essi sono eseguite mediante apposita cassetta o muffola.

Cavi flessibili per il collegamento di apparecchi portatili.

Art. 369. I cavi flessibili per il collegamento degli apparecchi portatili devono avere un rivestimento di spessore e qualità tali che sia assicurata una buona conservazione dell'isolamento, avuto riguardo alle condizioni ambientali e d'esercizio.Qualora non sia attuato il disinserimento automatico di cui all'art. 364, il cavo flessibile di alimentazione deve contenere un conduttore a ciò destinato, facilmente distinguibile dagli altri, che all'atto dell'inserimento deve innestarsi per primo nella parte della presa destinata a messa a terra. In tal caso le prese a spina alla estremità del cavo flessibile devono essere tali da evitare il contatto accidentale con la parte in tensione durante l'inserzione e la disinserzione.L'eventuale rivestimento metallico flessibile deve essere messo a terra.Subito a monte dell'innesto del cavo flessibile al cavo di alimentazione deve essere installato un interruttore onnipolare se la potenza derivata supera un KW.

Limiti di impiego dei cavi.

Art. 370. Nell'impiego dei cavi non devono essere superati i valori della tensione e della corrente indicati dal fabbricante come massimi ammissibili.

Impianti di illuminazione.

Art. 371. Gli impianti fissi di illuminazione devono essere a tensione non superiore a 220 V verso terra. I circuiti devono essere protetti con valvole fusibili di tipo chiuso o con interruttori automatici a massima corrente.

Art. 372. Le lampade elettriche e i relativi portalampade devono essere costruiti in modo che il montaggio e lo smontaggio delle lampade possa effettuarsi senza toccare le parti in tensione e a lampada smontata non vi sia possibilità di contatto con le parti sotto tensione.Se l'apparecchio è installato a portata di mano, la lampada deve essere posta entro globo di vetro protetto da gabbia metallica.

Art. 373. Le lampade elettriche portatili devono essere alimentate a tensione non superiore a 25 V verso terra ed essere provviste di impugnatura isolante e di involucro di vetro. Qualora la corrente di alimentazione sia fornita per il tramite di un trasformatore, questo deve avere gli avvolgimenti primario e secondario adeguatamente isolati fra loro.

Impianti di trazione.

Art. 374. Sono vietati impianti di trazione a terza rotaia. È proibito per gli impianti di trazione l'uso di tensione superiore a 600 V continui o efficaci.

Art. 375. I fili di contatto devono trovarsi a una altezza di almeno 2,20 m. sopra il piano superiore delle rotaie, riducibile a 1,80 m. quando i fili siano efficacemente protetti contro contatti accidentali delle persone. In tal caso, specie negli attraversamenti e biforcazioni, devono essere disposti adatti segnali di pericolo.Durante l'esecuzione dei lavori di manutenzione deve essere tolta tensione alla linea.

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Tale misura deve essere attuata anche durante l'entrata e l'uscita del personale a squadre, a meno che il filo di contatto sia montato esternamente al binario, sul fianco della galleria opposto a quello destinato al passaggio del personale.I fili di contatto devono avere una sezione non inferiore a 50 mm².I ganci di sostegno vanno montati, se in rettilineo, a distanze tali che la freccia del filo fra due ganci consecutivi non sia maggiore di 8 cm. In curva, la distanza deve essere minore e tale che se il filo si stacca da un gancio non sussista pericolo di contatto con la locomotiva né con la parete della galleria.

Art. 376. L'isolamento verso terra dei fili di contatto deve essere proporzionato a una tensione di almeno 2000 V.

Art. 377. Quando le rotaie vengono usate come conduttori di ritorno, il collegamento fra i vari tronchi deve essere tale da realizzare una buona continuità metallica mediante conduttori elettrici aventi una sezione equivalente ad almeno 50 mm² di rame provvisti di capicorda e saldati.Si devono inoltre stabilire fra le rotaie, a distanza non maggiore di 100 m., dei collegamenti trasversali con buoni conduttori.

Art. 378. Le tubazioni, le armature dei cavi ed i fili di segnalazione meccanica, agli incroci con i conduttori di contatto, debbono essere collegati elettricamente alle rotaie.

Art. 379. Non possono essere impiegate locomotive a presa di corrente costruite in modo che il conducente sia esposto a toccare inavvertitamente il filo di contatto o le parti sotto tensione dell'organo di presa.Fra la presa di corrente e gli apparecchi elettrici della locomotiva deve essere installato un interruttore facilmente accessibile che non interrompa il circuito di illuminazione.Inoltre la presa di corrente deve essere munita di un dispositivo mediante il quale possa essere staccata dal filo di contatto e mantenuta staccata.

Carica delle batterie di accumulatori.

Art. 380. I locali adibiti alla carica degli accumulatori devono essere ventilati in modo da consentire una sufficiente diluizione dei gas che si sviluppano. L'impianto di illuminazione deve essere di tipo stagno.

Impianti di segnalazione e di comunicazione.

Art. 381. I conduttori degli impianti di segnalazione e di comunicazione non devono essere riuniti in uno stesso cavo con altri conduttori.

Art. 382. La disposizione dei conduttori e la costruzione dei contatti devono essere tali da impedire la chiusura accidentale del circuito.Si devono prendere precauzioni per prevenire contatti fra i fili di segnalazione e di comunicazione e altre parti dell'impianto.Le linee di segnalazione e di comunicazione, nei tratti in cui incrociano linee elettriche per forza motrice e luce o linee di contatto, sono chiuse in custodie adatte.Se l'impianto elettrico di segnalazione è a servizio della estrazione, deve essere munito di dispositivo che, in caso di mancanza di tensione all'impianto stesso, ne dia avviso all'arganista. Inoltre l'impianto elettrico deve essere corredato di dispositivi e strumenti per il controllo dell'isolamento.

Esercizio degli impianti.

Art. 383. Nelle cabine di trasformazione devono essere esposti cartelli recanti distintamente lo schema dell'impianto, le istruzioni da seguire in caso di incendio e quelle per i soccorsi di urgenza ai colpiti da corrente elettrica.I cartelli devono essere di materiale durevole e collocati in modo ben visibile.Nei locali dove siano apparecchi elettrici in olio e il macchinario abbia una potenza complessiva di 200 kWA o più, devono esservi almeno due estintori d'incendio di adeguata potenzialità, e secchi di sabbia.

Art. 384. L'installazione, la manutenzione e la sorveglianza degli impianti elettrici devono essere affidati a personale idoneo per preparazione tecnico-pratica, numero, capacità e conoscenza del sotterraneo.Ove l'importanza degli impianti lo richieda, a capo di tale personale deve essere preposto un tecnico elettricista esperto della materia.

Art. 385. Gli impianti devono essere mantenuti in buono stato di isolamento.

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L'isolamento, sia verso terra, sia fra conduttori di polarità e di fasi diverse, deve essere verificato almeno ogni tre mesi.La continuità dei conduttori di terra ed i valori delle resistenze di terra devono essere verificati almeno ogni tre mesi. In ogni caso la resistenza di terra non deve superare 5 Ohm.I risultati di tutte le verifiche e misure devono essere trascritti in registro.I cavi flessibili degli apparecchi portatili devono essere esaminati prima di ogni impiego dall'operatore cui l'apparecchio viene affidato. Nel caso che questi riscontri difetti ai cavi, non deve farne uso ma deve chiederne la sostituzione.

Art. 386. Salvo casi di necessità non si debbono eseguire lavori su impianti sotto tensione quando questa superi 25 V efficaci verso terra.Quando la suddetta necessità sia riconosciuta da un capo responsabile, ogni lavoro deve essere eseguito con modalità e mezzi atti a garantire l'incolumità dell'operatore.

Art. 387. Nel caso di intervento in prossimità di parti di impianti ad alta tensione, l'operaio deve disporre di una pedana isolante. Le parti sotto tensione dell'impianto con le quali l'operatore possa venire accidentalmente in contatto devono essere schermate o isolate.Durante i lavori nelle gallerie con trazione elettrica a filo di contatto, questo deve essere posto fuori tensione.

Art. 388. Salvo i casi di cui all'art. 386, prima di eseguire qualunque lavoro sugli impianti elettrici è obbligatorio interrompere la linea a monte e, ove occorra, anche a valle della parte sulla quale si eseguono lavori. In ogni caso deve essere collegata a terra la parte dell'impianto sulla quale si eseguono lavori e devono essere prese cautele atte ad impedire che l'impianto torni sotto tensione durante i lavori.Prima di toccare i conduttori di cavi ad alta tensione, di lunghezza considerevole, si devono disperdere le eventuali cariche elettrostatiche.

TITOLO X - Grisù e gas tossici o altrimenti nocivi

Capo I - Controllo delle miniere sospette. Miniere sospette per caratteristiche di giacimento.

Art. 389. L'ingegnere capo, quando ravvisi che in una lavorazione mineraria, per le caratteristiche genetiche, stratigrafiche e tettoniche del giacimento o per analogie giacimentologiche con altre miniere già esistenti, possano verificarsi emanazioni di grisù o di gas tossici o altrimenti nocivi, sentito il direttore, sottopone con suo provvedimento tale lavorazione a controllo. Il controllo ha la durata di due anni.Col provvedimento sono disposte le seguenti misure: a) prelevamento periodico di campioni dell'atmosfera del sotterraneo in condizioni di normale ventilazione, nel turno più numeroso, e relative analisi; b) ispezioni metodiche a tutte le vie, cantieri e luoghi del sotterraneo, eseguite da sorveglianti con appositi indicatori di gas a lettura diretta; c) eventuali prescrizioni cautelative di sicurezza riconosciute necessarie, specie per quanto ha attinenza alla ventilazione ed all'illuminazione.Nel provvedimento sono indicati i luoghi e le modalità relative al prelevamento dei campioni di atmosfera ed all'espletamento delle ispezioni, precisata la frequenza delle singole operazioni di controllo ed indicate altre eventuali misure da adottare per la sicurezza del personale.Per il prelevamento dei campioni e per le relative analisi, l'addebito delle spese di queste ultime e le annotazioni dei risultati in registro, si provvede a termini dell'art. 263.Nel provvedimento devono inoltre essere precisati i limiti del sotterraneo sottoposto a controllo e la natura e frequenza delle comunicazioni che il direttore deve fare al Distretto minerario, sia in merito al comportamento della miniera per quanto riguarda le manifestazioni di grisù, gas tossici o altrimenti nocivi riscontrate, sia sull'andamento dei vari servizi di controllo.

Miniere con manifestazioni occasionali e deboli di grisù, gas tossici o altrimenti nocivi.

Art. 390. Le miniere nelle quali siano state rilevate manifestazioni, anche deboli, di grisù, gas tossici o altrimenti nocivi sono sottoposte ad un regime di controllo, con provvedimento dell'ingegnere capo. Il regime di controllo ha la durata di due anni. Oltre le misure di cui alle lettere a), b) e c) dell'articolo precedente, il provvedimento dispone periodiche misurazioni di portata delle correnti di aria principali e derivate, da eseguirsi nei modi di cui all'art. 263. I risultati delle misurazioni di portata devono essere registrati.

Art. 391. Quando i tenori volumetrici di grisù rilevati in condizioni di normale ventilazione, risultano inferiori a 0,3 per cento l'ingegnere capo dispone saltuari accertamenti sul regime grisutoso che si determina nel sotterraneo durante periodi di arresto della ventilazione appositamente predisposti, e nei periodi di ripresa della ventilazione normale.Con provvedimento dell'ingegnere capo da emanarsi sentito il direttore sono stabilite: a) la scelta dei tempi per i controlli e le misure cautelative da adottare; b) la durata dei periodi di arresto e di ripresa della ventilazione normale, nei quali sono effettuati gli accertamenti;

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c) la frequenza di rilevazione dei tenori di grisù da effettuare nel corso di tali periodi con l'ausilio di idonei indicatori a lettura diretta, accompagnati da prelievi di campioni dell'atmosfera da sottoporre ad analisi.Nel provvedimento sono indicati altresì i luoghi per il rilevamento dei tenori di grisù, tanto nel riflusso generale che in altre vie o cantieri del sotterraneo.Le operazioni predette sono eseguite nei modi indicati all'art. 263.Degli accertamenti suddetti è fatta annotazione in registro con la data e la firma del direttore.

Art. 392. Il direttore di miniera sottoposta a controllo deve fare comunicazione scritta al Distretto minerario di ogni nuova manifestazione di grisù, gas tossici o altrimenti nocivi, e di ogni rilevante variazione di quelle precedentemente note, verificatesi nella stessa miniera. Deve altresì segnalare il luogo, il tempo, le circostanze, nonché ogni dato alle stesse inerenti, e comunicare le eventuali misure provvisoriamente adottate.

Art. 393. L'ingegnere capo, quando lo ritenga necessario a seguito dei disposti accertamenti, sentito il direttore, stabilisce con suo provvedimento quali delle norme di sicurezza previste dal presente titolo devono essere applicate in tutta o parte della miniera sottoposta a controllo, fissando un termine per l'attuazione.

Art. 394. Le miniere sottoposte a controllo devono essere dotate di almeno quattro indicatori, di cui due di riserva, per il grisù e di almeno due indicatori, di cui uno di riserva, per ciascuno dei gas tossici o altrimenti nocivi la cui presenza sia stata accertata o sia sospetta.L'ingegnere capo può ordinare una maggiore dotazione di indicatori.Gli indicatori, a lettura diretta, devono essere di tipo riconosciuto idoneo.L'efficienza degli indicatori deve essere controllata ogni tre mesi e comunque ogni qualvolta se ne presenti la necessità.

Art. 395. L'ingegnere capo può disporre una sola proroga di un anno al periodo di tempo stabilito per il controllo, quando riconosca che gli elementi acquisiti nel precedente periodo non siano stati risolutivi ai fini della classifica.

Art. 396. Entro il periodo stabilito per il controllo, quando le manifestazioni di grisù, gas tossici o altrimenti nocivi, si siano mantenute o aggravate, l'ingegnere capo procede alla classifica della miniera.Per le miniere non riconosciute classificabili, trascorso il periodo di controllo, l'imprenditore è esonerato dalle misure di sicurezza provvisoriamente disposte.

Art. 397. L'ingegnere capo può disporre che venga instaurata ed affidata a persona tecnicamente preparata e responsabile, una sorveglianza metodica del sotterraneo per svelare l'eventuale presenza di gas sospetti e che vengano fornite al riguardo periodiche comunicazioni al Distretto minerario.Le condizioni che definiscono tale vigilanza sono precisate in apposito ordine di servizio predisposto dal direttore.Il nome della persona responsabile incaricata della vigilanza suddetta deve essere comunicato al Distretto minerario.

Capo II - Classifica delle miniere per grisù, gas tossici o altrimenti nocivi. Miniere grisutose.

Art. 398. Le miniere, o parti di esse, nelle quali siano state accertate emanazioni continue di grisù, sono dichiarate grisutose ed assegnate ad una delle seguenti categorie: 1ª categoria, o debolmente grisutosa, quando, attraverso gli accertamenti condotti nei modi e con i mezzi di cui ai precedenti articoli 389, 390 e 391 non siano mai stati riscontrati, durante il periodo di controllo, nel riflusso generale, in quelli principali, e nei circuiti derivati immediatamente a monte delle loro immissioni nei riflussi principali, tenori di grisù superiori a 0,3 per cento in volume, rilevati in piena corrente d'aria, da indicatori a lettura diretta, di tipo riconosciuto idoneo e da analisi; 2ª categoria, o nettamente grisutosa, quando il tenore di grisù, accertato nei luoghi, con i mezzi e le modalità sopra indicati, sia superiore a 0,3 per cento in volume.Alla stessa categoria è assegnata una miniera, o parte di essa, nella quale, pur essendosi accertati durante il periodo di controllo e nei luoghi indicati nel presente articolo tenori di grisù non superiori a 0,3 per cento, si verifichi anche una sola delle seguenti condizioni: 1° la presenza di accumuli di grisù sia stata riscontrata, non eccezionalmente, in condizioni di normale ventilazione, in cantieri di lavoro; 2° lo sprigionamento di grisù per tonnellata di minerale abbattuto nelle 24 ore, a regime produttivo normale, sia superiore a quattro metri cubi; 3° la presenza nel sotterraneo di accumuli di grisù venga accertata nella prima ora dall'arresto predisposto della ventilazione principale.

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Definizione di accumulo di grisù.

Art. 399. Ai fini del presente titolo si ha accumulo di grisù quando la percentuale volumetrica di quest'ultimo, nell'atmosfera del luogo raggiunga l'uno per cento. Nei confronti dei gas tossici o altrimenti nocivi si ha accumulo di uno di tali gas quando la percentuale volumetrica del gas considerato raggiunge il limite di cui all'art. 413.L'accumulo considerato pericoloso quando la percentuale volumetrica del grisù o degli altri gas tossici o altrimenti nocivi, singolarmente considerati, raggiunga i limiti di cui agli articoli 444, 445 ed occorrendo 446.

Miniere classificate per gas tossici o altrimenti nocivi.

Art. 400. Le miniere, o parti di esse, sono classificate per gas tossici o altrimenti nocivi quando, durante il periodo di controllo, gli accertamenti eseguiti abbiano rivelato emanazioni continue di tali gas, isolatamente considerati o in miscela.

Miniere sospette o classificate per venuta istantanea di grisù, gas tossici o altrimenti nocivi.

Art. 401. Quando l'ingegnere capo, sentito il direttore, riconosca che nei confronti di una miniera, avuto riguardo alle caratteristiche del giacimento o per analogie con altre miniere soggette a venute istantanee di gas, ovvero per altre manifestazioni sospette in essa verificatesi, possa presumersi la presenza nel minerale o nelle rocce incassanti o vicine, di gas sotto pressione, in grado di dar luogo a irruzioni istantanee, dichiara la miniera stessa sospetta per venute istantanee di gas. Lo stesso provvedimento indica le norme di sicurezza del presente titolo la cui adozione si rende necessaria in tutta o parte della miniera, fissa il termine entro il quale le stesse norme devono essere realizzate e stabilisce le prime misure cautelative di adozione immediata.

Art. 402. Le miniere, o parti di esse, nelle quali si siano verificate, almeno una volta, irruzioni istantanee di grisù o di altri gas tossici o altrimenti nocivi, isolatamente considerati o in miscela, sono classificate a sviluppo istantaneo di gas.

Dichiarazione di classifica.

Art. 403. Le classifiche sono disposte dall'ingegnere capo sentito il direttore.L'assegnazione di una lavorazione sotterranea ad una delle classi di cui al presente titolo può essere fatta per l'intero sotterraneo o per scomparti indipendenti ai sensi del successivo art. 428.Nel provvedimento di classifica sono indicate le misure cautelative immediate da adottare e fissato il termine entro il quale le norme di sicurezza prescritte nel presente titolo per le miniere soggette a classifica devono essere attuate.

Art. 404. La classifica di una lavorazione mineraria, o parte di essa, può essere soggetta a revisione dell'ingegnere capo, a seguito di nuovi accertamenti e circostanze emersi nel corso di un successivo periodo di controllo cui essa deve essere assoggettata per la durata di due anni.La revisione di classifica di una miniera o parte di essa a termini del presente capo, può essere promossa con istanza del direttore o d'ufficio.

Art. 405. Il direttore deve fare rapporto al Distretto minerario di ogni manifestazione di gas infiammabili, tossici o nocivi, anche a sviluppo istantaneo, e così pure di ogni altra anormale manifestazione meccanica, come proiezioni di rocce, colpi di tetto e simili, verificatesi in una lavorazione sotterranea sottoposta a controllo o a classifica.

Art. 406. Nei confronti delle miniere che all'entrata in vigore del presente decreto risultino soggette ad emanazioni continue di grisù, gas tossici o altrimenti nocivi, l'ingegnere capo, sentito il direttore, fissa con suo provvedimento la durata del periodo di controllo.Trascorso detto periodo, che può anche essere inferiore a due anni, procede alle operazioni di classifica.La definizione delle classifiche di cui sopra deve aver luogo entro il termine massimo di tre anni dall'entrata in vigore del presente decreto.

Capo III - Ventilazione delle miniere classificate per emanazioni di gas.

Art. 407. Oltre alle norme generali sulla ventilazione delle lavorazioni minerarie di cui al titolo VI, alle miniere soggette a classifica per emanazioni di gas, si applicano le disposizioni di cui al presente capo.

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Piani e registri di ventilazione.

Art. 408. Per le miniere grisutose o ad emanazioni di gas tossici o altrimenti nocivi di cui al presente titolo, il direttore predispone e tiene aggiornati, in locale sempre accessibile nel luogo stesso della miniera: A) un piano generale della ventilazione, nel quale devono essere indicati: 1° i collettori generali di entrata e di uscita d'aria che sboccano a giorno, le vie principali di entrata e di uscita di aria che da essi si dipartono in corrispondenza ad ogni scomparto indipendente, i circuiti di ventilazione derivati dalle vie principali di entrata e di uscita d'aria per l'areazione dei settori e quelli ausiliari di ventilazione secondaria; 2° la direzione, il percorso e la portata della corrente generale di ventilazione e dei singoli circuiti principali, derivati o secondari; 3° l'ubicazione dei ventilatori principali e ausiliari, delle stazioni di misura delle portate, dei luoghi di controllo sistematico della qualità dell'atmosfera, e di tutte le porte, cortine e sbarramenti; 4° i limiti degli eventuali scomparti indipendenti, soggetti a classifiche diverse per gas infiammabili, tossici o altrimenti nocivi, oppure a sviluppo istantaneo dei gas suddetti; 5° ogni altra indicazione chiesta dall'ingegnere capo; B) un registro di ventilazione nel quale devono essere trascritti con la data e la firma dell'operatore, gli accertamenti percentuali volumetrici dei gas presenti nell'atmosfera del sotterraneo, rilevati in condizione di normale ventilazione o di arresto predisposto di questa ultima e relativa ripresa, le misure di portata ed i risultati delle analisi dei campioni prelevati.Il piano ed il registro previsti dal presente articolo devono essere in ogni tempo consultabili dagli ingegneri e periti del Corpo delle miniere e dal personale di sorveglianza al sotterraneo. Essi devono essere vistati ogni mese dal capo del servizio ventilazione.Copia del piano di ventilazione aggiornato, firmato dal tecnico preposto al servizio di ventilazione e dal direttore, deve essere trasmessa all'inizio di ogni semestre al Distretto minerario.

Art. 409. Per le miniere classificate a sviluppo istantaneo di gas, deve essere predisposto un piano in scala non inferiore ad 1: 1000 sul quale devono essere riportati per l'intero sotterraneo o per gli scomparti classificati, i cantieri nei quali si sono prodotti sviluppi istantanei di gas o sono state rilevate manifestazioni sospette.In apposito registro sono trascritti i rapporti redatti a cura del direttore e da lui firmati, per ogni sviluppo istantaneo di gas o manifestazione sospetta che si fosse verificata, con indicazione della situazione topografica del cantiere, delle eventuali accidentalità geologiche vicine, dei volumi di gas sviluppati e del materiale proiettato, della situazione dei luoghi prima e dopo le irruzioni di gas e delle altre manifestazioni sospette verificatesi.Nello stesso registro devono essere riportati e firmati dai rispettivi incaricati i risultati delle ispezioni ordinarie ed occasionali eseguite nei posti di lavoro sospetti per sviluppo istantaneo di gas.Per il piano di cui al primo comma e per quello previsto all'articolo precedente si osservano, in quanto applicabili, le norme di cui al titolo II, capo II.

Continuità della ventilazione.

Art. 410. La quantità d'aria immessa nel sotterraneo e riconosciuta sufficiente per il turno di lavoro più numeroso non deve essere diminuita negli altri turni e nei periodi di tempo durante i quali gli operai non siano presenti al lavoro.

Intensità della corrente d'aria.

Art. 411. La corrente d'aria deve avere intensità tale che nei cantieri e nelle vie l'atmosfera, in piena corrente, non contenga tenori superiori all'uno per cento di anidride carbonica, al cinque per centomila di ossido di carbonio, al due per centomila di idrogeno solforato, all'uno per centomila di anidride solforosa e al 2,5 per centomila di ossidi di azoto.[Gli accertamenti effettuati con l'ausilio di indicatori a lettura diretta, riconosciuti idonei, sono eseguiti nei luoghi e secondo modalità stabilite con ordine di servizio del direttore.][Quando siano presenti in miscela, nell'atmosfera del sotterraneo, più gas tossici o altrimenti nocivi fra quelli sopra indicati, le percentuali volumetriche ammesse per ciascuno di essi in dipendenza di una loro azione sinergica e avuto riguardo anche della temperatura e umidità dell'aria devono essere ridotte in misura stabilita dall'ingegnere capo, sentito il direttore.]

Tenori di gas ammessi nei cantieri e tolleranza nei riflussi.

Art. 412. Nei cantieri di coltivazione delle miniere classificate grisutose la ventilazione e la velocità di abbattimento del minerale devono essere regolate in modo che il tenore di grisù, in piena corrente d'aria, non superi l'uno per cento.In ogni circuito derivato, immediatamente a monte della sua immissione nella via principale di riflusso, il tenore di grisù rilevato in piena corrente d'aria non deve essere superiore all'uno per cento.Nel riflusso generale delle stesse miniere il tenore di grisù, in piena corrente d'aria non deve superare l'uno per cento.È tollerata la presenza dell'1,5 per cento di grisù, immediatamente a monte dell'immissione al riflusso principale, soltanto per l'aria di ritorno da lavori di ricerca o tracciamento nelle miniere suddette.

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Art. 413. Nei sotterranei classificati per gas tossici o altrimenti nocivi, la percentuale volumetrica di ciascuno di essi, isolatamente considerato, rilevata in piena corrente d'aria con indicatori a lettura diretta riconosciuti idonei, o da analisi, tanto nel riflusso generale, che immediatamente a monte dell'immissione di un circuito derivato di ventilazione in una via principale di riflusso, non deve superare l'1,5 per cento di anidride carbonica, il dieci per centomila di ossido di carbonio, il cinque per centomila di idrogeno solforato, il due per centomila di anidride solforosa.Per i gas presenti in miscela che possono esercitare azione sinergica, avuto riguardo anche alla temperatura e umidità dell'aria, le predette percentuali sono modificate in misura stabilita dall'ingegnere capo, sentito il direttore.

Art. 414. Nell'aria di riflusso di lavori di ricerca e di preparazione in miniere classificate per gas tossici o altrimenti nocivi, sono ammessi tenori dei suddetti gas superiori ai limiti di cui all'articolo precedente, quando la stessa aria venga immessa direttamente in una via principale di riflusso, a valle di qualsiasi altra immissione. Il personale addetto a tali lavori deve in tal caso fare uso di idonei mezzi di protezione individuale.Un sorvegliante, con l'ausilio di idonei indicatori a lettura diretta, tiene sotto controllo l'atmosfera dei cantieri.L'ingegnere capo stabilisce con suo provvedimento, sentito il direttore, il tenore massimo dei singoli gas tossici o nocivi, presenti nell'atmosfera, al di sopra del quale non possono essere eseguiti lavori, neppure facendo uso dei mezzi di protezione individuali.

Impianti di ventilazione principali.

Art. 415. Nelle miniere di cui al presente titolo, la corrente di ventilazione deve essere ottenuta per attivazione meccanica.Ogni miniera classificata per grisù o per gas tossici o altrimenti nocivi, servita da un ventilatore principale, deve essere provvista di un ventilatore di riserva, capace di assicurare da solo e senza discontinuità la ventilazione normale della miniera.In luogo di un ventilatore di uguale potenzialità è ammessa l'installazione di un ventilatore di soccorso capace, in caso di arresto del ventilatore principale, di assicurare senza discontinuità una ventilazione tale da consentire almeno lo sgombero di tutti gli operai dal sotterraneo in condizioni di sicurezza.

Art. 416. Quando più ventilatori principali siano al servizio di unica lavorazione sotterranea classificata grisutosa, ovvero per gas tossici o altrimenti nocivi, l'ingegnere capo, sentito il direttore, può con suo provvedimento consentire l'installazione di un numero ridotto di ventilatori di riserva o di soccorso rispetto a quelli principali, in modo da assicurare la continuità della ventilazione in determinate zone della miniera.Nel provvedimento sono precisati la potenzialità di ciascuno dei ventilatori di riserva o di soccorso ed il luogo di installazione.Il direttore stabilisce con ordine di servizio il numero degli operai che in caso di ventilazione ridotta può rimanere nel sotterraneo per assicurare manutenzioni indispensabili o servizi essenziali.

Art. 417. I ventilatori di riserva e di soccorso devono poter essere azionati anche da sorgenti di energia indipendenti da quelle che normalmente alimentano i ventilatori principali.

Art. 418. Nelle miniere grisutose, i ventilatori principali devono essere installati in modo da non poter essere danneggiati, per quanto sia tecnicamente prevedibile, da esplosioni od incidenti.Negli stessi impianti devono essere adottate le misure necessarie ad evitare l'accensione del gas all'uscita del sotterraneo.Nelle miniere classificate per sviluppo istantaneo di gas infiammabili, tossici o altrimenti nocivi, devono essere adottate porte che si chiudano spontaneamente in caso di inversione della corrente d'aria o altri dispositivi di pari efficacia.Nelle miniere di cui al presente titolo l'installazione in sotterraneo di ventilatori principali non è ammessa senza autorizzazione dell'ingegnere capo.

Art. 419. Quando le miniere occupano più di 25 persone nel turno più numeroso, i ventilatori principali devono essere provvisti, oltre che di un manometro di acqua, di un apparecchio registratore della pressione.I fogli di registrazione devono essere datati al momento dell'impiego e conservati per una durata di almeno tre mesi.Nelle miniere nelle quali non si abbia un registratore, la pressione del ventilatore deve essere rilevata al manometro ad acqua almeno una volta per turno, da apposito incaricato.

Art. 420. Ogni impianto di ventilazione principale deve essere sorvegliato con continuità da un operaio. In caso diverso esso deve essere munito di dispositivo automatico capace di trasmettere, in un locale permanentemente occupato della miniera, segnale di allarme per qualsiasi perturbazione o arresto della sua marcia.Quando manchi una sorveglianza continua, i ventilatori principali devono essere ispezionati da personale competente almeno una volta al giorno, secondo apposito ordine di servizio del direttore.

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Almeno ogni quindici giorni la persona preposta al servizio di ventilazione deve procedere ad ispezione di tutti i ventilatori principali della miniera.Annotazioni delle ispezioni e delle relative constatazioni devono essere riportate, a cura e firma della persona incaricata, nel registro della ventilazione.

Art. 421. Con ordine di servizio da portare a conoscenza degli interessati, il direttore dispone i servizi in modo che verificandosi l'arresto accidentale di un ventilatore principale, siano adottate immediatamente le misure necessarie per garantire la sicurezza del personale.Quando entri in opera il solo ventilatore di soccorso deve procedersi allo sgombero del sotterraneo.Il ritorno degli operai al lavoro deve effettuarsi soltanto in seguito ad ordine del direttore o secondo le modalità da lui stabilite, previa ispezione dei lavori.

Art. 422. È vietato fermare i ventilatori principali senza ordine del direttore.

Ventilazione ausiliaria.

Art. 423. Nelle miniere dichiarate grisutose non è consentito areare un posto di lavoro con getto di aria compressa.Gli impianti di ventilazione ausiliaria sono corredati da tubazione sufficientemente stagna, fino a conveniente distanza dalla fronte di lavoro. Il ventilatore è installato sul tratto di condotta che si trova nella corrente di entrata d'aria quando trattasi di ventilazione soffiante, ed in quella di riflusso nel caso di ventilazione aspirante.L'insieme dell'impianto deve corrispondere inoltre alle condizioni previste all'art. 276.La ventilazione ausiliaria deve essere limitata ai lavori di preparazione dei cantieri e ai lavori di smantellamento nonché ai cantieri direttamente collegati al circuito di ventilazione principale.I cantieri di coltivazione potranno essere attrezzati con ventilazione ausiliaria unicamente qualora siano state adottate misure complementari idonee a garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori.

Art. 424. A cura del direttore, con apposito ordine di servizio, devono essere dettate per i ventilatori ausiliari le prescrizioni inerenti alla loro vigilanza, manutenzione ed eventuali arresti, con le misure cautelative da adottare.

Art. 425. È vietato a coloro che non sono autorizzati interrompere la marcia di un ventilatore ausiliario per soddisfare esigenze di lavoro dei cantieri vicini.Nei cantieri a forte sviluppo di grisù, ove si verifichi una interruzione accidentale della ventilazione ausiliaria, gli operai devono dare immediato avviso al sorvegliante.Nel caso di cui al comma precedente gli operai devono abbandonare il cantiere.Quando l'interruzione sia predisposta, la persona incaricata deve preventivamente assicurarsi che tutti gli operai abbiano sgomberato il cantiere.Il ritorno del personale al posto di lavoro può effettuarsi solo quando, ripristinata la ventilazione ausiliaria, l'avvenuta bonifica dell'atmosfera nel cantiere sia stata accertata con indicatore idoneo a lettura diretta.

Areazione per diffusione.

Art. 426. L'areazione per diffusione è consentita per una lunghezza massima di 15 m. nelle miniere classificate grisutose di prima categoria, ovvero per soli gas nocivi, quando, in base all'esperienza locale e ad accertamenti di controllo, si possa ritenere che in tali condizioni non si formino nei cantieri accumuli di grisù o di gas nocivi.L'areazione per diffusione non è consentita quando si tratti di avanzamenti lungo gallerie dirette verso vecchi lavori e per esplorazione di nuove zone del giacimento per le quali sia riconosciuto possibile un aggravamento delle emanazioni di grisù o di altri gas nocivi.Nelle miniere grisutose, l'areazione per diffusione non è consentita quando si tratti di lavori in rimonta.Nelle miniere, o parti di esse, classificate grisutose di 2ª categoria ovvero per gas tossici, l'areazione per diffusione non è del pari consentita, salvo che negli avanzamenti che non si allontanino più dei sei metri da un circuito di ventilazione, sempre che in tali condizioni non sia da temere la formazione di accumuli dei suddetti gas.

Ventilazione ascendente e sue deroghe.

Art. 427. Nelle miniere classificate grisutose la ventilazione, salvo che nei collettori generali di entrata d'aria e nei riflussi a valle di ogni cantiere, deve essere orizzontale o ascendente.Agli effetti del comma precedente sono considerati orizzontali i circuiti di ventilazione, o tratti di essi, aventi meno di 10° di inclinazione ed il cui profilo non si presti alla formazione di accumuli di grisù.La disposizione di cui al primo comma non si applica ai lavori di preparazione e tracciamento condotti in rimonta a fondo cieco.

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Per i lavori di non lunga durata, anche inerenti alla coltivazione di modesti lembi o pannelli di minerale, specie se in corrispondenza a riscontrate irregolarità di giacitura, il circuito di ventilazione può avere tratti in discesa, sempre che i profili dei cantieri possano per la loro regolarità escludere la formazione di accumuli di grisù, la ventilazione sia attiva in ogni punto e se sia stata ottenuta autorizzazione dall'ingegnere capo.

Circuiti indipendenti di ventilazione.

Art. 428. Nelle miniere classificate grisutose, la coltivazione deve essere attuata per scomparti e settori alimentati da circuiti indipendenti di ventilazione.Gli scomparti di miniera sono indipendenti quando essi abbiano in comune ai fini della ventilazione solo vie generali di entrata e di uscita d'aria fra i lavori sotterranei e la superficie.I settori di miniera sono considerati indipendenti quando essi abbiano in comune ai fini della ventilazione soltanto vie principali di entrata e di uscita d'aria.La corrente di ventilazione può attraversare a monte dei cantieri zone già coltivate soltanto attraverso vie efficacemente isolate.

Limitazioni dei cantieri ventilati in serie.

Art. 429. Nelle miniere grisutose, i cantieri alimentati in serie dallo stesso circuito di ventilazione devono essere limitati in modo che il numero complessivo degli operai in essi occupati nel turno più numeroso non superi settanta unità, sempre che siano soddisfatte le prescrizioni di cui agli articoli 411, 412 e 413. Per le miniere a gas tossici o altrimenti nocivi e per quelle a sviluppo istantaneo di grisù e dei gas suddetti, l'ingegnere capo, sentito il direttore, stabilisce caso per caso il numero massimo complessivo di operai che possono essere adibiti al lavoro nel turno più numeroso in uno stesso settore, sempre che siano osservate le norme di cui agli articoli richiamati nel comma precedente.

Ventilazione dei lavori di ricerca e preparazione nelle miniere grisutose.

Art. 430. Nelle miniere grisutose di 2ª categoria, ogni lavoro di ricerca e di preparazione deve essere areato da un circuito indipendente di ventilazione non comprendente cantieri in coltivazione.La norma di cui al comma precedente si applica anche alle miniere grisutose assegnate alla 1ª categoria, quando l'ingegnere capo abbia riconosciuto che in taluni cantieri di ricerca o di preparazione di questa ultima, orientati verso zone nuove del giacimento o diretti verso vecchi lavori, possa verificarsi un aggravamento del regime grisutoso.Nelle miniere grisutose di 1ª categoria, per le quali in base all'esperienza non si abbia motivo di temere la formazione di accumuli di grisù, un cantiere di ricerca o di preparazione può essere inserito a valle di altri cantieri di coltivazione nel circuito di ventilazione di questi ultimi, sempre che il tenore di grisù rilevato in piena corrente d'aria immediatamente a monte della immissione del circuito di areazione suddetto nella via principale di riflusso non superi l'uno per cento.

Ubicazione e ventilazione di particolari impianti di eduzione.

Art. 431. Nelle miniere classificate ad emanazioni di idrogeno solforato le vasche di raccolta delle acque di drenaggio e l'ambiente dove sono installate le pompe per l'eduzione devono ricavarsi in zona distanziata dai collettori generali di entrata e di uscita d'aria.L'aria che ha ventilato tali ambienti deve essere inviata direttamente al collettore principale di riflusso.

Comunicazioni fra i collettori generali e fra le vie principali di entrata e di uscita d'aria.

Art. 432. Nelle comunicazioni di corto circuito fra i collettori generali di entrata e di uscita d'aria, devono adottarsi armature incombustibili. In esse è vietato il carreggio, il transito degli operai ed il deposito di materiali.Quando si tratti di miniere grisutose o a sviluppo istantaneo di grisù, nelle vie di comunicazione di cui al precedente comma devono essere interposte doppie porte di ferro, una almeno delle quali capace di resistere nei due sensi ad una pressione di 10 atmosfere. Almeno alla stessa pressione devono resistere i diaframmi che separano i collettori suddetti.Le comunicazioni stabilite fra le vie principali di entrata e di ritorno d'aria, che non siano più utilizzate, devono essere sollecitamente e solidamente sbarrate.

Personale addetto al servizio di ventilazione.

Art. 433. Nelle miniere soggette a classifica, il controllo del servizio di ventilazione deve essere affidato ad un tecnico specificamente competente e responsabile al quale il direttore deve notificare l'ordine di servizio di cui all'art. 442.Quando si tratti di miniera avente oltre 300 operai all'interno nel turno più numeroso, allo stesso servizio di ventilazione è assegnato anche un sorvegliante alle dipendenze del tecnico responsabile del servizio.

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Gli addetti al servizio di ventilazione e le altre persone alle quali vengono affidati per motivi di controllo ed accertamento, indicatori per gas infiammabili, tossici o altrimenti nocivi, devono essere addestrati all'uso di tali strumenti.

Indicatori di gas in dotazione al personale preposto ai controlli dell'atmosfera.

Art. 434. Nei sotterranei grisutosi, i sorveglianti, il personale addetto al servizio della ventilazione o al brillamento delle mine, e le altre persone incaricate di eseguire controlli dell'atmosfera in cantieri dove possono determinarsi accumuli di grisù, devono essere muniti di lampada di sicurezza a benzina o di altro apparecchio indicatore di grisù, a lettura diretta, di tipo riconosciuto idoneo.Nei sotterranei soggetti ad emanazioni di gas tossici o altrimenti nocivi, il personale suddetto deve essere munito di adatti indicatori riconosciuti idonei.

Art. 435. Nei cantieri in attività, nei quali la direzione dei lavori ha ragione di ritenere che possano determinarsi tenori di grisù e gas tossici o altrimenti nocivi nella misura superiore a quella prevista agli articoli 412 e 413, devono essere messi a disposizione del capo squadra ivi impiegato adatti indicatori.

Maschere ed altri mezzi di protezione per le ispezioni.

Art. 436. Il personale addetto alle ispezioni deve essere munito di maschere e di altri mezzi di protezione, quando si tratti di miniere ad emanazione di gas tossici o altrimenti nocivi.Le maschere e gli altri mezzi di protezione devono essere di tipo riconosciuto idoneo.

Ispezioni ai lavori.

Art. 437. Quando si sia verificata una sospensione di lavoro di almeno otto ore, al massimo tre ore prima dell'inizio della discesa nel sotterraneo degli operai, il personale del servizio di ventilazione, coadiuvato dal personale di sorveglianza ai lavori, deve ispezionare i cantieri, le vie del sotterraneo ed ogni altro luogo accessibile agli operai. Nella ispezione sono rilevate, con idonei indicatori a lettura diretta, le percentuali di grisù o gas tossici o altrimenti nocivi presenti.Nel caso di riscontrate irregolarità il direttore deve esserne informato sollecitamente.I sorveglianti di servizio devono ispezionare durante il turno di lavoro almeno due volte i cantieri, le vie del sotterraneo ed in genere qualsiasi luogo ritenuto pericoloso o sospetto, accertandosi della presenza o meno di grisù, gas tossici o altrimenti nocivi e rilevandone le percentuali volumetriche.Prima della ripresa dei lavori nei cantieri dove si sia verificata una interruzione della ventilazione tale da far temere la formazione di accumuli di gas, o dopo lo sgombero del personale, devono essere eseguite le ispezioni di accertamento della bonifica dell'atmosfera, previste nell'ordine di servizio di cui all'art. 442.

Controllo dell'atmosfera del cantiere.

Art. 438. I capi squadra ai quali sia stato affidato un indicatore idoneo a lettura diretta devono in particolare modo controllare l'atmosfera del cantiere prima dell'inizio e durante il lavoro, nella ripresa dopo le pause e prima del brillamento delle mine.

Accertamenti di portata e qualità delle correnti d'aria.

Art. 439. Nelle miniere classificate a termine del presente titolo, le misure di portata del circuito generale e di quelli principali e derivati di ventilazione della miniera devono essere eseguite almeno una volta al mese e ripetute ogni volta che si verifichino importanti modifiche o inconvenienti nella distribuzione e ripartizione di qualcuna delle diramazioni principali della corrente d'aria.I risultati ottenuti sono annotati nel registro di ventilazione.

Art. 440. Nelle miniere grisutose il tenore di grisù deve essere controllato in modo continuo nelle gallerie di riflusso a valle dei cantieri di coltivazione e di gallerie per lo spillamento del minerale nonché al fronte di abbattimento delle gallerie a fondo cieco e a monte della immissione dei circuiti derivati di ventilazione nelle vie principali di riflusso.I risultati delle misure suddette sono annotati nel registro di ventilazione.Le misure predette e quelle previste dall'articolo precedente sono effettuate durante il turno di lavoro più numeroso.

Art. 441. L'ingegnere capo, sentito il direttore, determina per ogni miniera o parte di essa classificata per gas tossici o altrimenti nocivi la frequenza con la quale devono essere ripetuti nei luoghi di cui all'articolo precedente gli accertamenti a mezzo di idonei indicatori delle percentuali dei gas tossici o altrimenti nocivi presenti nell'atmosfera.

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Art. 442. Per ogni lavorazione sotterranea classificata per grisù o gas tossici o altrimenti nocivi, le modalità e la frequenza dei controlli dell'atmosfera in applicazione delle norme del presente decreto sono stabilite in apposito ordine di servizio che, predisposto dal direttore ed approvato dall'ingegnere capo, deve essere portato a conoscenza del personale addetto a tale servizio, dei sorveglianti ai lavori e dei capi cantieri ai quali sono affidati apparecchi indicatori di gas.

Misure per la sicurezza immediata.

Art. 443. Il lavoratore che riscontri che i tenori limiti di tolleranza del grisù o gas tossici o altrimenti nocivi presenti siano stati superati, deve darne immediato avviso al sorvegliante più vicino, che adotta i primi provvedimenti.

Tenori limiti.

Art. 444. Quando in un punto qualsiasi di un circuito di ventilazione in piena corrente d'aria si riscontrano percentuali di grisù in misura superiore al due per cento, lo scomparto od il settore servito da tale circuito deve essere subito evacuato dal personale.Il sorvegliante ordina lo sgombero del sotterraneo, adotta le misure cautelative e informa la direzione.Uguale misura adotta quando gli accertamenti si riferiscono ad altri luoghi del sotterraneo comunque accessibili agli operai e quando si sia prodotta in qualsiasi punto dello stesso sotterraneo una infiammazione di grisù.

Art. 445. Se in un punto di un circuito di ventilazione, in piena corrente d'aria, per ciascuno dei seguenti gas isolatamente considerati, si riscontrino percentuali volumetriche superiori al 2,5% di anidride carbonica; venti per centomila di ossido di carbonio; dieci per centomila di idrogeno solforato; quattro per centomila di anidride solforosa, i preposti al servizio devono ordinare ai lavoratori di fare uso immediato dei mezzi di protezione o, se sprovvisti, di sgomberare il sotterraneo.Della misura adottata deve essere subito data notizia alla direzione che, quando lo riconosca necessario ai fini della sicurezza, ordina lo sgombero totale o parziale dei lavori.

Art. 446. L'evacuazione dei cantieri non ha luogo quando si tratti di eseguire, in atmosfera sottoposta a stretto controllo di un sorvegliante e con l'ausilio di idonee maschere ed altri mezzi cautelativi per quanto riguarda i gas tossici o altrimenti nocivi, i lavori di cui agli articoli 414 e 456 o altri lavori dichiarati indifferibili, ai fini della sicurezza, dalla direzione dei lavori, oppure nel caso di operazioni di salvataggio.

Art. 447. In caso di evacuazione dei lavori, gli ingressi dello scomparto e del settore, nei quali sono stati raggiunti o superati i tenori limiti dei gas infiammabili, tossici o altrimenti nocivi, devono essere sbarrati per impedirne l'accesso. Tali sbarramenti non possono essere rimossi, né il personale essere riammesso al lavoro se non dietro esplicito ordine del direttore.

Art. 448. Per i gas tossici o altrimenti nocivi in miscela, capaci di esercitare azione sinergica, avuto riguardo anche alla temperatura ed umidità dell'atmosfera, l'ingegnere capo stabilisce le percentuali di ciascuno di essi al di sopra delle quali il personale deve evacuare i lavori se sprovvisto di mezzi di protezione.

Art. 449. Devono essere adottate misure affinché gli accumuli di grisù o di altri gas tossici o altrimenti nocivi la cui presenza sia stata accertata nel sotterraneo di una miniera o parte di essa, vengano eliminati con ogni precauzione, quanto più presto sia possibile, seguendo il percorso più rapido verso l'esterno ed evitando ogni condizione di pericolo lungo il percorso di uscita degli stessi gas.Per l'eliminazione degli accumuli di grisù è vietato il ricorso a getti diretti di aria compressa.Tali operazioni sono eseguite soltanto dopo che siano state sgombrate dagli operai le zone interessate.Quando rivestano rilevante importanza per la consistenza degli accumuli o per l'estensione del sotterraneo interessato, le operazioni sono eseguite con l'intervento del direttore e del preposto al servizio di ventilazione.Delle operazioni suddette è data notizia al Distretto minerario ed apposita annotazione deve essere fatta nel registro di ventilazione.

Capo IV - Condotta dei lavori nelle miniere soggette a classifica a termine del presente titolo. Regolamento interno.

Art. 450. Il regolamento interno di cui all'art. 51 è obbligatorio per le miniere di cui al presente titolo, qualunque sia il numero degli operai in esse occupati.

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Programmi generali di coltivazione, a lunga e breve scadenza.

Art. 451. Per le miniere di cui al presente titolo, i programmi generali di lavoro e di coltivazione, di cui al titolo II, capo III, da sottoporre ogni anno al Distretto minerario devono essere a lunga e breve scadenza estendendosi cioè a periodi non inferiori rispettivamente a cinque anni e ad un anno.Dalla relazione e dai piani allegati ai suddetti programmi deve inoltre risultare: 1° la suddivisione del giacimento in scomparti e settori di coltivazione; 2° gli effettivi massimi previsti nel turno più numeroso in sotterraneo, per ogni scomparto o settore; 3° la meccanizzazione dei tagli e l'elettrificazione del sotterraneo; 4° il piano di difesa contro i gas di cui al presente titolo e contro le polveri infiammabili di cui al titolo successivo.

Tracciamenti, preparazioni e coltivazioni.

Art. 452. Nelle miniere, o loro comparti, classificati per grisù o gas tossici o altrimenti nocivi, anche a sviluppo istantaneo, i lavori di tracciamento, preparazione e coltivazione devono essere condotti nei modi e con le cautele previste in ordine di servizio del direttore.

Art. 453. Nelle miniere grisutose e nei loro scomparti o settori, l'organizzazione dei lavori, la scelta dei metodi di abbattimento, i movimenti del tetto e la velocità di avanzamento devono essere determinati anche in funzione dello sviluppo di grisù e dei pericoli che ne derivano.La coltivazione deve eseguirsi di norma per livelli o strati di minerale presi in ordine discendente con spaziamento dei cantieri di coltivazione tale da rendere minime le influenze reciproche in conseguenza dei movimenti provocati nelle rocce incassanti e vicine, e in relazione al prevedibile apporto di grisù che può derivarne.Ai fini di cui ai commi precedenti sono equiparati a quelli orizzontali gli strati la cui inclinazione non superi i 10°. Nei confronti di giacimenti orizzontali sovrapposti si applica il disposto di cui al secondo comma.

Art. 454. È vietato sviluppare lavori di preparazione o iniziare coltivazioni in un livello, prima che sia stato realizzato un circuito di ventilazione per lo strato da coltivare.In ogni scomparto o settore della miniera il circuito di ventilazione deve essere realizzato prima di dare inizio alla coltivazione.

Acque di drenaggio di miniere soggette ad emanazioni di idrogeno solforato.

Art. 455. Nelle miniere classificate per idrogeno solforato è vietato rimuovere, attingere o comunque servirsi per qualsiasi scopo di masse di acque di drenaggio raccolte in pozzi o cavità o comunque stagnanti in qualsiasi luogo del sotterraneo, senza apposito ordine del capo servizio preposto ai lavori.Le stesse acque di drenaggio devono essere convogliate, a mezzo di apposite tubazioni e non in cunette, lungo le vie della miniera.Opere di ritegno e cancelli, apribili solo per necessità di servizio, devono impedire al personale non autorizzato l'accesso a pozzetti, vasche, cavità o discenderie di preparazione quando vi si trovino o vi si possano accumulare acque di drenaggio.La direzione deve curare che le acque solfidriche di drenaggio, comunque stagnanti nelle vie di transito o carreggio o in altri luoghi della miniera accessibili agli operai, siano eliminate.

Art. 456. Quando si rendono necessari lavori per la rimozione ed il convogliamento di acque solfidriche, adunate nel sotterraneo, essi devono essere condotti con le cautele di cui all'art. 446.

Art. 457. Al fondo dei pozzi o delle discenderie ove si effettua la estrazione ed il transito del personale, è vietata la raccolta di acque solfidriche di drenaggio o l'installazione di impianti di eduzione. I luoghi destinati alla raccolta ed eduzione di acque solfidriche devono essere armati in modo da evitare improvvise frane di materiale nelle stesse acque.Lungo le condotte di eduzione di acque solfidriche installate nel sotterraneo devono essere saltuariamente inserite valvole di non ritorno.Le norme contenute nel presente decreto e relative al drenaggio ed eduzione delle acque solfidriche sono riportate in ordine di servizio del direttore, unitamente alle modalità con le quali sono condotte le singole operazioni.

Riempimento dei vuoti e ripiena.

Art. 458. Nelle miniere grisutose i vuoti a campana in corona e sulle pareti laterali delle gallerie devono essere riempiti o isolati con materiali incombustibili. Quando nelle stesse lavorazioni la coltivazione avvenga per ripiena, quest'ultima deve risultare per quanto possibile serrata contro la corona e, in prossimità delle vie d'aria, deve essere impermeabilizzata.

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Lavori terminati o sospesi - Sbarramenti.

Art. 459. Nei sotterranei delle miniere classificate grisutose o per gas tossici o altrimenti nocivi, le vie ed i cantieri, in corrispondenza dei quali ogni attività o la coltivazione siano già ultimate o temporaneamente sospese, devono essere isolati dagli altri lavori mediante appositi sbarramenti, oppure devono continuare ad essere ventilati. In questo caso il circuito d'aria destinato ad alimentarli non deve rivelare immediatamente a monte della sua immissione nella via principale o generale di riflusso, percentuali di grisù o di altri gas tossici o altrimenti nocivi presenti in misura superiore a quelle previste dagli articoli 412 e 413.

Art. 460. Gli sbarramenti sono costruiti in modo da risultare per quanto possibile stagni e sono corredati da tubi di prelevamento dei campioni dell'atmosfera della zona segregata.Eventuali operazioni di disarmo delle vie e dei cantieri da segregare devono essere condotti con mezzi adeguati e senza interruzione, in modo da ridurre al minimo il ritardo nella costruzione degli sbarramenti.La impermeabilità degli sbarramenti deve essere frequentemente controllata e lo spazio ad essi antistante deve essere mantenuto sgombro.La posizione di ogni sbarramento deve essere portata subito a conoscenza del Distretto minerario.Almeno dieci giorni prima della rimozione di uno sbarramento, analoga comunicazione scritta deve essere fatta pervenire dal direttore al Distretto minerario, precisando, oltre ai motivi, le cautele e le modalità con le quali si prevede di condurre l'operazione.Quando l'ingegnere capo lo riconosca necessario ai fini della sicurezza, può vietare la progettata operazione o chiedere opportune varianti alle modalità di esecuzione.

Sondaggi di spia ed altre misure precauzionali.

Art. 461. I cantieri che si dirigono verso vecchi lavori, cavità o zone in corrispondenza dei quali possa temersi un peggioramento nel regime grisutoso o nell'emanazione di gas tossici o altrimenti nocivi, devono essere preceduti da fori esplorativi di spie di lunghezza appropriata.Deve essere dato avviso immediato al sorvegliante più vicino quando si riscontrino sensibili sviluppi di gas all’orifizio di uno dei fori di spia.

Art. 462. Nelle miniere, o parti di esse, classificate o sospette per venute istantanee di grisù o gas tossici o altrimenti nocivi, le cautele di all'articolo precedente devono essere adottate nei lavori di preparazione e di tracciamento in strato di minerale, specie se questo manifesta dislocazioni.Quando sia stata riconosciuta la presenza di adunamenti di grisù o gas tossici o altrimenti nocivi sotto pressione, capaci di provocare venute istantanee di gas, e spaziati in modo irregolare nello stesso strato di minerale o nelle rocce incassanti o vicine, i fori di spia intesi ad individuarli devono essere orientati in più direzioni.La lunghezza dei fori esplorativi deve essere tale che anche dopo il brillamento dell'ultima volata precedano la fronte di almeno tre metri.

Art. 463. Ai cantieri di miniere classificate per grisù o gas tossici o altrimenti nocivi sono estese le misure di cui all'art. 616 quando, avvicinandosi essi a vecchi lavori eseguiti in una zona limitrofa al perimetro della miniera, siano da prevedere invasioni di gas.

Telefoni.

Art. 464. Nelle miniere grisutose assegnate alla 2ª categoria ed in quelle classificate per gas tossici, che impieghino più di 100 operai all'interno nel turno più numeroso, oltre ai collegamenti telefonici fra le stazioni dei pozzi di estrazione e la superficie, devono essere stabiliti collegamenti telefonici fra i punti più importanti del sotterraneo secondo un piano predisposto dal direttore ed approvato dall'ingegnere capo.Per le miniere classificate a venute istantanee di gas, la norma suddetta deve essere applicata qualunque sia il numero degli operai impiegati nei lavori.L'ingegnere capo può estendere tale obbligo alle miniere di cui al primo comma del presente articolo, qualunque sia il numero degli operai addetti ai lavori del sotterraneo, quando lo riconosca necessario ai fini della sicurezza.

Condotta dei lavori nelle miniere classificate a sviluppi istantanei di grisù o gas tossici o altrimenti nocivi.

Art. 465. Nelle miniere classificate per venute istantanee di grisù o gas tossici o altrimenti nocivi, il ritorno d'aria dai lavori alla via generale di riflusso deve essere il più diretto possibile e l'armamento delle gallerie all'uopo destinate deve essere particolarmente curato.Quando la coltivazione interessi un fascio di strati, i lavori devono essere condotti in modo da favorire la distensione progressiva dei terreni.

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Art. 466. Quando i sondaggi di spia hanno determinato esattamente l'ubicazione di uno strato a sprigionamento istantaneo di gas, le volate di avanzamento devono essere eseguite in modo che dopo ogni tiro sussista fra la fronte di lavoro e lo strato uno spessore sufficiente di roccia da non poter essere demolito sotto gli sforzi ai quali esso è sottoposto.La volata finale destinata a scoprire interamente lo strato deve essere eseguita con tiri di scuotimento la cui carica totale non deve essere inferiore ad un minimo fissato nell'ordine di servizio di cui all'art. 452.

Art. 467. I tracciamenti negli strati classificati o sospetti per sviluppi istantanei di gas, devono essere eseguiti esclusivamente a mezzo di volate di scuotimento, a meno che non possa escludersi il pericolo degli sviluppi suddetti in conseguenza dell'impiego di sondaggi di drenaggio del gas, di riconosciuta efficacia per il degasamento del giacimento.

Art. 468. Nelle lavorazioni soggette a sviluppi istantanei di gas: a) il servizio di vigilanza dell'atmosfera a mezzo di appositi indicatori a lettura diretta per i gas interessati dalle lavorazioni, deve essere effettuato da un sorvegliante appositamente incaricato con la frequenza indicata a tale scopo nell'ordine di servizio di cui all'art. 442; b) devono essere stabilite comunicazioni telefoniche dirette fra la zona interessata, la base del pozzo di estrazione e la superficie; c) devono essere installate porte di soccorso a tenuta per separare la rimanente parte del sotterraneo dallo scomparto e dalla zona classificata o sospetta per venute istantanee di gas; d) devono essere disposte in prossimità del fronte di lavoro bombole di ossigeno compresso, munite di inalatori in numero pari a quello degli operai addetti ai lavori di preparazione e tracciamento; e) gli operai devono avvertire il sorvegliante di qualsiasi anormale manifestazione riscontrata nei rispettivi posti di lavoro; f) il sorvegliante presente ai lavori deve dare notizia immediata al personale degli altri scomparti più vicini della miniera, aventi uguale o diversa classifica od alla direzione dei lavori all'esterno, quando si verifichi una notevole venuta istantanea di gas o altro segno premonitore.Mezzi di protezione degli operai per l'esecuzione di lavori in atmosfera di gas tossici o altrimenti nocivi o di gas infiammabili.

Art. 469. Per l'esecuzione di lavori in gallerie o in cantieri particolarmente soggetti a invasioni di gas tossici o altrimenti nocivi, gli operai devono sempre essere muniti di maschere od altri mezzi di protezione di tipo dichiarato idoneo.Nelle miniere soggette ad emanazioni di gas infiammabili è fatto obbligo ai lavoratori di indossare indumenti che ricoprano almeno il tronco e le gambe.

Capo V - Uso degli esplosivi nelle miniere grisutose.

Art. 470. Nelle miniere grisutose, oltre le norme di cui al precedente titolo VIII sugli esplosivi, si applicano le disposizioni del presente capo.

Esplosivi antigrisutosi.

Art. 471. Nelle miniere grisutose o parti di esse, assegnate alla 2ª categoria, è vietato impiegare esplosivi, accessori detonanti, e mezzi di accensione, che non siano stati classificati di sicurezza contro il grisù dal Ministro per l'industria e il commercio.Lo stesso Ministro determina con suo decreto, per gruppi di miniere, la carica limite di impiego.Nelle miniere di combustibili fossili classificate grisutose della 1ª categoria l'impiego di esplosivi antigrisutosi è obbligatorio per il tiro nello strato di minerale ed anche per il tiro in roccia, quando un tracciamento si avvicina ad uno strato di minerale o a vecchi lavori, la cui posizione deve essere rilevata dai piani di miniera, ovvero da appositi sondaggi di spia.Nelle miniere di altre sostanze minerali classificate grisutose di 1ª categoria, l'ingegnere capo determina con suo provvedimento i cantieri nei quali, ai fini della sicurezza, si impone l'impiego degli esplosivi antigrisutosi, quando riconosca che, per la loro ubicazione, per gli obiettivi perseguiti e per la presenza di disturbi geologici, possa determinarsi, col procedere dei lavori, un aggravamento del regime grisutoso tal da rendere pericoloso l'impiego di esplosivi ordinari, specie se in presenza di polveri infiammabili.Per le miniere sottoposte a controllo per grisù, l'ingegnere capo stabilisce i cantieri nei quali egli riconosca che, ai fini della sicurezza, si debba fare uso di esplosivi antigrisutosi.

Carica limite di impiego ed intasamento delle mine.

Art. 472. La carica limite di impiego deve essere notificata al personale interessato mediante ordine di servizio del direttore.

Art. 473. Prima di procedere al caricamento si deve pulire accuratamente il foro da mina per togliere ogni eventuale residuo di polveri infiammabili.Nelle cariche dei fori da mina è vietato l'innescamento intermedio.

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L'intasamento deve essere fatto accuratamente, con esclusione di carta o di altre materie o polveri infiammabili. Esso deve avere la lunghezza di almeno 50 cm. In caso di impossibilità, l'intasamento deve estendersi ad almeno la metà della profondità del foro praticato, con un minimo di 20 cm.

Accensione.

Art. 474. Nei cantieri, per i quali sia prescritto l'impiego di esplosivi antigrisutosi, l'accensione delle mine deve avvenire elettricamente con l'impiego di detonatori istantanei o ritardati al millesimo di secondo. In questo ultimo caso non è consentito sopprimere più di un ritardo per volta e il numero dei ritardi impiegati deve essere il più basso possibile. Tra due colpi suscettibili di reciproca influenza non deve intercorrere un ritardo superiore a tre intervalli di tempo.Il brillamento delle mine deve essere effettuato esclusivamente con esploditore di tipo antideflagrante il cui impulso di corrente non deve avere durata superiore ad un centesimo di secondo.

Misure precauzionali prima dello sparo.

Art. 475. Immediatamente prima di procedere al caricamento dei fori di mina, i preposti al tiro devono ispezionare accuratamente il cantiere esaminando pure le eventuali cavità in corona, al fine di accertarsi che non vi sia raccolto grisù, rilevabile con la lampada di sicurezza a fiamma o con indicatore a lettura diretta, in proporzione superiore all'uno per cento.Qualora la percentuale di grisù superi in un cantiere il limite predetto, è vietato procedere allo sparo delle mine nello stesso cantiere ed in quelli che si trovano in serie nello stesso circuito di ventilazione a valle del cantiere predetto.Del fatto deve essere dato subito avviso al fuochino.Il caricamento e brillamento delle mine può essere in tal caso eseguito soltanto quando gli accumuli di grisù a tenori superiori all'uno per cento risultino eliminati.

Art. 476. Per le miniere classificate a termini del presente titolo l'ordine di servizio di cui all'articolo 305 deve stabilire gli orari di brillamento delle mine in modo da ridurre al minimo il numero delle persone esposte al rischio di una esplosione di grisù.

Cautele nelle miniere a sviluppo istantaneo di grisù.

Art. 477. Nelle miniere a sviluppo istantaneo di grisù, l'ingegnere capo può autorizzare o imporre per i tiri di scuotimento l'impiego di esplosivi diversi da quelli classificati antigrisutosi.Nelle stesse miniere in ogni caso il brillamento elettrico delle mine deve essere fatto tra un turno e l'altro, in assenza di personale e, di norma, dall'esterno.È ammesso tuttavia effettuare il brillamento dall'interno, purché i fuochini possano ripararsi in camere di rifugio solidamente rivestite, ubicate nelle vie principali di entrata d'aria, collegate telefonicamente con la superficie, dotate di robuste porte di ferro a tenuta, provviste di mezzi di respirazione idonei ad assicurare una lunga permanenza del personale in esso rifugiato.Dopo ogni tiro deve trascorrere mezz'ora prima che gli operai ritornino al fronte di lavoro.

Capo VI - Lampade portatili nelle miniere grisutose.

Art. 478. Nelle miniere grisutose o sottoposte a controllo per il grisù oltre le norme di cui al precedente titolo VII, si applicano per l'illuminazione le disposizioni del presente capo.

Lampade di sicurezza portatili.

Art. 479. Nelle miniere sottoposte a controllo e classifica per grisù devono essere fornite e adoperate per l'illuminazione individuale lampade di sicurezza elettriche portatili di tipo riconosciuto idoneo.Le lampade di sicurezza a fiamma, di tipo riconosciuto idoneo, devono essere impiegate soltanto come indicatori di grisù ed essere affidate esclusivamente a personale appositamente addestrato.

Numero delle lampade di sicurezza.

Art. 480. Il numero delle lampade di sicurezza disponibili per ogni sotterraneo grisutoso deve superare di almeno il dieci per cento il numero totale degli operai che lavorano giornalmente nel sotterraneo.Quando il lavoro si effettua in tre turni, il computo del numero delle lampade è riferito al numero totale degli operai dei due turni più numerosi.Le lampade di riserva di cui all'art. 488 non rientrano nel computo suddetto.

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Lampisteria.

Art. 481. Le lampade di sicurezza devono essere tenute in apposito locale all'esterno (lampisteria), al quale deve essere addetto almeno un operaio appositamente addestrato (lampista).Nel detto locale è vietato introdurre lampade a fiamma libera accese, accendere fuochi e fumare.

Appositi avvisi devono essere affissi agli ingressi.

Art. 482. I locali destinati alla carica delle batterie di accumulatori delle lampade elettriche portatili devono essere permanentemente areati.

Art. 483. La pulizia ed il riempimento delle lampade a benzina devono essere fatti in locali separati e distinti. Tutti gli ambienti devono essere costruiti con materiali incombustibili, non comunicare direttamente con altri locali di servizio ed essere dotati di: a) una conveniente areazione, con aperture permanenti munite di reticelle a maglie strette; b) impianto di illuminazione di sicurezza contro i vapori e gas infiammabili; c) pavimento costituito da materiale che non trattenga od assorba la benzina; d) porte e finestre apribili verso l'esterno; e) vie di uscita in numero sufficiente per consentire al personale di allontanarsi immediatamente in caso di pericolo; f) un congruo numero di estintori di adeguata potenzialità, di tipo riconosciuto idoneo. Quando si tratti di miniere aventi in uso un numero di lampade di sicurezza a fiamma inferiore a cinquanta, non è necessario che i due locali di cui al primo comma del presente articolo siano separati e distinti.

Art. 484. Nei locali destinati al riempimento delle lampade, situati a meno di cinquanta metri dal pozzo, la benzina può essere tenuta soltanto in recipienti metallici chiusi.La capacità totale della benzina ivi immagazzinata non deve superare i venti litri.

Art. 485. Gli stracci ed ogni altro materiale occorrente alla pulizia delle lampade devono essere contenuti in recipienti di lamiera chiusi.Analogamente si provvede per i rifiuti, che devono essere quotidianamente allontanati dai locali.

Ritiro delle lampade.

Art. 486. Prima dell'entrata nel sotterraneo, ogni persona addetta ai lavori deve ritirare la lampada dal lampista. Questi deve consegnare la lampada in buono stato di manutenzione e debitamente chiusa. In caso contrario la lampada deve essere rifiutata.Chiunque riceva una lampada è tenuto ad assicurarsi che essa sia completa in tutte le sue parti, in buono stato di funzionamento, e chiusa.L'operaio è tenuto a fare buon uso della lampada ricevuta in consegna, secondo le norme del presente decreto e le istruzioni della direzione.

Ispezioni alla lampisteria.

Art. 487. Un capo servizio deve eseguire, per periodi non eccedenti la durata di due mesi, una ispezione alle lampade ed agli impianti della lampisteria e redigerne rapporto scritto.Detti rapporti sono conservati dalla direzione della miniera e, su richiesta, devono essere esibiti ai funzionari del Corpo delle miniere.

Lampade di riserva.

Art. 488. In posti idonei del sotterraneo devono essere disponibili lampade di riserva, affidate ad un sorvegliante responsabile della loro efficienza.Il numero di tali lampade deve corrispondere al cinque per cento del personale presente nel turno più numeroso, con un minimo di due ed un massimo di venti.

Uso delle lampade.

Art. 489. È vietato forzare l'apertura o comunque manomettere le lampade di sicurezza nei sotterranei.Se una lampada a benzina si deteriora durante il lavoro deve essere subito spenta.

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Quando una lampada a benzina si spegne deve essere sostituita con altra lampada accesa. La lampada spenta può essere riaccesa solo nei posti sotterranei stabiliti dal direttore, oppure a giorno.In nessun caso le lampade debbono essere abbandonate nei cantieri.Il sorvegliante deve prendere nota di ogni cambio di lampade.

Art. 490. Le persone cui sono affidate per l'impiego lampade di sicurezza a benzina devono essere istruite sul loro uso quali indicatori di grisù.

Capo VII - Impianti elettrici nelle miniere grisutose. Macchinari ed apparecchiature di sicurezza.

Art. 491. Oltre le norme generali sugli impianti elettrici, di cui a titolo IX, nelle miniere soggette a controllo o classifica per grisù si applicano le disposizioni del presente capo.

Art. 492.Nelle miniere classificate grisutose è vietato impiegare macchine ed apparecchiature elettriche che non siano di tipo speciale di sicurezza contro il grisù e le polveri infiammabili.Le macchine e le apparecchiature da impiegarsi devono essere conformi a tipi riconosciuti idonei.

Art. 493. Nei sotterranei grisutosi della seconda categoria, devono essere muniti di involucri a prova di esplosione interna: a) i motori per le macchine e gli apparecchi trasportabili adoperati nei cantieri di coltivazione; b) i motori dei ventilatori applicati alle condotte di ventilazione ausiliaria; c) le macchine ed i trasformatori per corrente nominale non superiore a 1 A, salvo che essi resistano a corti circuiti prolungati, senza che la temperatura oltrepassi 100 °C.

Art. 494. Nelle macchine, nei trasformatori e negli apparecchi elettrici, le parti sotto tensione e quelle per le quali è necessaria la protezione contro le esplosioni non devono essere accessibili se non rimuovendo o allentando chiusure richiedenti attrezzi speciali che debbono essere custoditi solo dalle persone autorizzate ad adoperarli.

Art. 495. Gli interruttori, i commutatori e simili apparecchi che siano muniti di involucri di protezione apribili, devono essere provvisti di dispositivi di blocco atti ad impedire il loro azionamento quando l'involucro è aperto, e l'apertura dell'involucro quando l'apparecchio trovasi in posizione di circuito chiuso.Allorché sia necessario lasciare aperto l'involucro di protezione di una macchina, si deve apporre un cartello di avviso sul relativo interruttore, in modo da escludersi ogni indebita chiusura.

Accumulatori.

Art. 496. Gli accumulatori ed i relativi involucri devono essere del tipo riconosciuto di sicurezza contro il grisù o le polveri infiammabili.I recipienti che contengono le batterie devono essere muniti di chiusure rispondenti al disposto dell'art. 494.Il cambio delle batterie deve essere fatto solo nelle vie di entrata d'aria.

Conduttori.

Art. 497. Per alimentare gli impianti fissi sono consentiti soltanto cavi armati o aventi protezione meccanica di equivalente efficacia.Per l'alimentazione di apparecchi trasportabili e portatili si devono usare cavi semiflessibili e flessibili con protezione particolarmente efficiente, avuto riguardo alle condizioni di impiego.Il rivestimento esterno dei cavi suddetti deve essere costituito da materiali tali da non propagare incendi.

Art. 498. Le cassette di giunzione o derivazione e le prese a spina devono essere di tipo di sicurezza contro il grisù.

Art. 499. Le caratteristiche dei cavi elettrici armati e di quelli flessibili e semiflessibili da impiegarsi in sotterraneo sono determinate dal Ministro per l'industria ed il commercio in relazione all'uso cui essi sono destinati ed alle sollecitazioni meccaniche cui possono essere sottoposti.

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Interruttori.

Art. 500. I trasformatori ad immersione in olio devono essere muniti di interruttori onnipolari automatici a massima corrente, tanto sull'alta che sulla bassa tensione.

Art. 501. Tutte le linee che alimentano gli impianti dei sotterranei classificati grisutosi devono essere provviste di interruttori onnipolari automatici a massima corrente.Gli interruttori di cui all'art. 359 a servizio di linee che alimentano sotterranei grisutosi, devono essere automatici a massima corrente e provvisti di dispositivi atti ad impedire la reinserzione dopo lo scatto, senza l'uso di mezzi speciali.

Art. 502. Gli interruttori automatici devono essere regolati in modo da scattare quando sono attraversati da una corrente che superi del venti per cento quella massima di esercizio e devono essere in grado di interrompere in modo sicuro il più gravoso corto circuito prevedibile.Ogni altra parte dell'impianto deve essere in grado di sopportare la corrente di corto circuito per il tempo necessario a che l'interruttore automatico operi l'interruzione.

Art. 503. È vietato utilizzare apparecchi elettrici in bagno di olio nei cantieri di abbattimento e nelle immediate vicinanze di questi, a meno che non sia impiegato olio non combustibile.

Illuminazione.

Art. 504. Le lampade fisse sia ad ampolla che a tubo devono essere poste sotto globi o lastre di protezione costituite da vetro o altro materiale non infiammabile, di idonea resistenza meccanica. I globi e le lastre devono essere protetti con gabbia metallica.Gli apparecchi di illuminazione devono essere di tipo riconosciuto di sicurezza contro il grisù.

Impianti fissi.

Art. 505. Nelle installazioni fisse possono essere impiegati macchinari ed apparecchiature elettriche non conformi ai tipi speciali di sicurezza contro il grisù, quando concorrano le seguenti condizioni riconosciute dall'ingegnere capo: a) l'impianto sia lambito da una corrente di aria avente velocità non inferiore ad un m/sec., immediatamente derivata da una via principale di entrata d'aria; b) non esistano vecchi lavori, imperfettamente costipati da ripiena o scoscendimento di tetto, e non areati, la cui atmosfera possa venire in comunicazione con il circuito di ventilazione, di cui alla precedente lettera a), a monte dell'impianto elettrico; c) siano sottoposte a metodici controlli giornalieri le vie seguite, a monte dell'impianto, tanto dal circuito derivato di ventilazione nel quale quest'ultimo è ubicato, che dal circuito principale di areazione che alimenta il primo, per accertare, con indicatore a lettura diretta, che il grisù non raggiunga tenori superiori a 0,3 per cento; d) possa escludersi ogni pericolo di inversione di corrente di aria o di invasioni improvvise di grisù; e) l'impianto fisso di illuminazione sia almeno di tipo stagno.I controlli giornalieri di cui alla lettera c), da eseguire nei luoghi e con le modalità previsti in apposito ordine di servizio del direttore ed approvato dall'ingegnere capo, devono essere integrati, almeno una volta al mese, da analisi di campioni dell'atmosfera prelevati negli stessi luoghi.I risultati dei controlli e delle analisi suddette devono essere annotati, con la relativa data e firma della persona responsabile, nel registro della ventilazione.

Trazione elettrica - Idoneità delle locomotive.

Art. 506. Salvo quanto disposto negli artt. 507 e 508, possono essere impiegate in sotterraneo soltanto le locomotive elettriche di tipo protetto contro il grisù, riconosciute idonee.

Trazione a filo.

Art. 507. Con limitazione alle sole vie principali di entrata d'aria è consentita l'installazione della trazione elettrica a filo nelle miniere grisutose, quando concorrano le seguenti condizioni riconosciute dall'ingegnere capo: a) la galleria sia abbondantemente ventilata ed in qualsiasi tronco di essa la velocità media della corrente d'aria, calcolata per la più grande sezione esistente, sia di almeno 1,5 m/sec.; b) non esistano lungo tutta la via servita dalla trazione elettrica ed a monte di essa vecchi lavori imperfettamente costipati da ripiena o franamento di tetto, e non areati, la cui atmosfera possa venire in comunicazione con il circuito di ventilazione al servizio della via stessa;

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c) il rilevamento metodico del grisù, lungo la via percorsa dalla locomotiva elettrica, le sue immediate dipendenze e, a monte di essa, lungo le vie seguite dal circuito generale di ventilazione, sia eseguito giornalmente, con indicatore a lettura diretta, da persona responsabile designata dal direttore, al fine di accertare che il grisù non raggiunga tenori superiori a 0,3 per cento; d) possa escludersi, attraverso le misure adottate ed in relazione alle caratteristiche della miniera o alla disposizione dei lavori e degli impianti, ogni pericolo di inversione della corrente di aria o di invasione della via di carreggio elettrificata, da accumuli di grisù a tenori pericolosi, in qualsiasi tratto della stessa via; e) l'impianto fisso di illuminazione elettrica sia almeno di tipo stagno; f) la trazione elettrica sia arrestata ad una distanza non inferiore a 5 m, a monte dell'ultimo circuito di ventilazione derivato dalla via principale di entrata d'aria nella quale è installata la trazione elettrica; g) sia stabilita attorno alla suddetta via una adeguata zona di protezione nei confronti di coltivazioni già eseguite o di nuovi scavi da effettuare dai quali possa derivare in essa un afflusso di gas.L'ingegnere capo stabilisce i luoghi, le modalità e le frequenze giornaliere dei controlli grisumetrici di cui alla lettera c) e la periodicità dei prelievi, in luoghi prescelti, di campioni di atmosfera da sottoporre ad analisi.I controlli grisumetrici, da eseguirsi mediante indicatori a lettura diretta, sono affidati a sorveglianti responsabili nei turni di servizio rispettivi.I risultati degli accertamenti grisumetrici giornalieri e delle analisi periodiche dei campioni di atmosfera sono annotati nel registro della ventilazione.Agli interventi disposti d'ufficio dall'ingegnere capo ai fini del presente articolo si applicano le disposizioni stabilite nell'art. 263.Il servizio di trazione elettrica a filo deve essere sospeso quando venga meno una qualsiasi delle condizioni sopra elencate.La direzione deve dare sollecita comunicazione al Distretto minerario di ogni variazione determinatasi nelle suddette condizioni.

Trazione ad accumulatori.

Art. 508. La trazione con locomotive ad accumulatori non protette contro il grisù è consentita nelle miniere grisutose quando concorrano le condizioni e limitazioni previste nell'articolo precedente.Quando le stesse locomotive siano invece del tipo speciale di sicurezza contro il grisù, è ammesso l'impiego anche negli scomparti e settori di coltivazione, sempre che le vie percorse siano intensamente ventilate per tutta la loro lunghezza ed il tenore in grisù, metodicamente rilevato con indicatori a lettura diretta, non superi lungo le vie suddette e nei cantieri serviti l'uno per cento.

Impiego dell'elettricità nelle miniere a sviluppo istantaneo di grisù.

Art. 509. Nelle miniere, o loro parti classificate per sviluppo istantaneo di grisù, l'impiego dell'elettricità, salvo che per le lampade elettriche portatili di sicurezza e per l'accensione elettrica delle mine, è soggetto, caso per caso, ad autorizzazione dell'ingegnere capo, alle condizioni di cui all'art. 492 con l'obbligo di attenersi ad ogni altra misura, cautela e limitazione necessaria che l'ingegnere capo impone nel provvedimento di autorizzazione.

Art. 510. Le installazioni elettriche di cui all'articolo precedente devono essere ubicate sempre in corrispondenza delle vie principali di entrata di aria, in punti che siano, per quanto tecnicamente prevedibili, al riparo da invasioni di grisù conseguenti a venute istantanee.Nelle vie principali di ritorno d'aria, l'ingegnere capo può consentire l'installazione di cavi elettrici armati, telefoni ed altri mezzi di segnalazione di sicurezza contro il grisù.Il provvedimento col quale sono autorizzate le installazioni suddette precisa ogni altra condizione e cautela cui esse sono assoggettate.

Sorveglianza e manutenzione.

Art. 511. Nelle miniere grisutose con servizi elettrificati, un tecnico elettricista di sperimentata capacità deve essere preposto ai servizi elettrici del sotterraneo.

Art. 512. Il personale che ha in consegna macchine e apparecchiature di tipo di sicurezza deve accertarsi, prima dell'inizio del lavoro, che gli involucri siano chiusi ed in buono stato e che i cavi non presentino lesioni.Il responsabile del servizio elettrico in sotterraneo è tenuto ad effettuare, almeno ogni sei mesi, una verifica generale degli impianti, ai fini della sicurezza specifica e riportare i risultati in registro.

Art. 513. Gli operai che constatino un guasto nelle macchine e nelle apparecchiature elettriche, oppure difetti di isolamento o di messa a terra, devono darne subito avviso al sorvegliante che impartisce le istruzioni atte ad evitare pericoli ed avvertire il responsabile del servizio elettrico o il direttore.

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Misure per la sicurezza immediata.

Art. 514. Qualora in un cantiere si constati un tenore in grisù superiore all'1 per cento si deve togliere tensione alle macchine elettriche ivi impiegate, fatta eccezione per i ventilatori ausiliari.La tensione deve essere pure tolta negli impianti di cui agli artt. 505 e 507 quando venga meno una qualsiasi delle condizioni alle quali è subordinata la loro installazione.Uguale misura deve essere adottata nei confronti degli impianti di cui all'art. 509 e per i cavi elettrici armati, quando il tenore di grisù raggiunga l'uno per cento.Nell'ipotesi prevista dal comma precedente la tensione può essere mantenuta nel cavo armato che alimenta ventilatori ausiliari, quando ogni altro impianto servito dallo stesso cavo sia stato distaccato.La tensione ai ventilatori ausiliari deve essere tolta quando si constatino nel punto di loro installazione tenori limiti di grisù pari al 2 per cento.Qualora si constati un guasto o un difetto di isolamento nelle apparecchiature, nelle linee o nelle messe a terra, deve esser tolta la tensione alla parte di impianto interessata.La tensione deve essere distaccata da ogni installazione o canalizzazione quando a seguito di una frana può verificarsi emanazione di grisù o guasto agli isolamenti.La tensione deve essere tolta da tutte le apparecchiature ed installazioni elettriche del sotterraneo nelle miniere, o parti di esse, soggette o sospette per sviluppi istantanei di grisù, durante il brillamento delle mine e per il periodo di tolleranza previsto per l'accertamento di conseguenti sviluppi istantanei di gas.Analoga misura deve adottarsi quando si rilevino indizi premonitori di una venuta istantanea di gas infiammabili, come nei casi di sensibili sprigionamenti degli stessi gas a debole pressione nei cantieri ed in particolare dai fori di spia.La direzione deve stabilire, con ordine di servizio, le misure da adottarsi, con particolare riguardo all'impianto elettrico, nel caso di arresto della ventilazione principale o nei casi di distacco della tensione, indicando inoltre le persone incaricate del distacco e della reinserzione della tensione.

Lavori sugli impianti elettrici.

Art. 515. Per tutti gli impianti elettrici in sotterraneo devono essere eseguite periodiche misure di isolamento, resistenza e controlli di efficienza, con le modalità e frequenze previste in ordine di servizio predisposto dal direttore e notificato al capo dei servizi del sotterraneo.

Art. 516. È fatto divieto di eseguire qualsiasi lavoro sugli impianti, compreso il ricambio delle lampade quando essi si trovino sotto tensione. Negli impianti di segnalazione è consentita la apertura degli involucri di protezione, nonché il lavoro sotto tensione, soltanto quando sia stata constatata da parte di un sorvegliante l'assenza di grisù. Durante il lavoro l'atmosfera deve essere tenuta sotto controllo e si deve togliere la tensione non appena sia avvertita presenza di grisù. Art. 517. Le prove ed i controlli su parti degli impianti elettrici, quali misure di isolamento, di resistenza, di tensione, di corrente e simili, possono essere eseguiti solo dopo che sia stata constatata l'assenza di grisù nell'ambiente ove le prove stesse si effettuano.Durante le prove e le misure l'atmosfera deve essere tenuta sotto controllo.

Capo VIII - Trasporti e circolazione del personale.

Art. 518. Oltre le norme generali sui trasporti e circolazione del personale contenute nel titolo V, nelle miniere grisutose o a gas tossici o altrimenti nocivi si applicano le disposizioni del presente capo.

Circolazione e trasporto meccanico del personale nei pozzi principali.

Art. 519. A parziale modifica dell'art. 141, ultimo comma, nelle miniere soggette a classifica di cui al presente titolo i pozzi principali, profondi oltre cinquanta metri, che servono normalmente per il transito del personale fra la superficie e le lavorazioni sotterranee, e quelli destinati quale seconda via di sicurezza di uscita a giorno devono essere muniti di apparecchi di estrazione meccanica, atti al trasporto delle persone e mantenuti sempre in condizioni di efficienza e di pronta utilizzazione.Ai fini della disposizione del comma precedente sono considerati «pozzi principali» quelli che conducono alla superficie e gli altri pozzi interni utilizzati per la circolazione normale del personale.La disposizione del primo comma non si applica alle miniere soggette a classifica per gas infiammabili, tossici o altrimenti nocivi, il cui personale addetto ai lavori del sotterraneo non superi cinquanta unità nel turno più numeroso. Nei confronti di queste ultime miniere gli impianti di trasporto meccanico del personale di cui ai commi precedenti, sono obbligatori per pozzi aventi profondità superiori a cento metri.

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Art. 520. Nei pozzi principali deve essere installato un impianto di segnalazione elettrica integrato da impianto di segnalazione telefonica. Gli impianti elettrici di segnalazione, nei pozzi provvisti di stazioni intermedie, devono essere muniti di dispositivo speciale che permetta, in qualunque momento, di fare comunicazioni dirette agli arganisti in caso di allarme.Impiego di mezzi da miniera azionati da motori a combustione interna .

Art. 521. Nei sotterranei classificati grisutosi è vietato l'impiego dei motori a combustione interna, salvo che per quelli a ciclo Diesel.Nei sotterranei grisutosi, quando concorrono congiuntamente le condizioni previste all'art. 507, lettere b), c), d), e), f) per la trazione elettrica a filo e dell'art. 266 per la ventilazione, è consentito l'impiego di locomotive Diesel destinate al carreggio e sprovviste di dispositivo antideflagrante, qualora tale impiego sia rigorosamente limitato alle sole vie di entrata d'aria a monte di ogni cantiere.Spetta all'ingegnere capo di riconoscere l'esistenza delle concorrenti condizioni di cui al comma precedente.Si applicano, in tal caso, le disposizioni di cui ai commi secondo, terzo, quarto, quinto, sesto e settimo dell'art. 507.Con ordine di servizio il direttore precisa: 1) le caratteristiche ed i limiti della via di carreggio entro i quali si svolge il servizio di trazione; 2) le prescrizioni relative all'esercizio, alle ispezioni normali ed alle verifiche di efficienza delle suddette locomotive; 3) le modalità e la frequenza degli accertamenti dei tenori di ossido di carbonio contenuti nei gas di scappamento non diluiti dalle stesse locomotive; 4) la potenza e la velocità massima della locomotiva; 5) i luoghi, le modalità e la frequenza degli accertamenti di ossido di carbonio nei vari tronchi della via di carreggio percorsa dalla locomotiva.I dati ed ogni altro elemento emersi dall'applicazione delle istruzioni di cui ai precedenti numeri 2), 3) e 5) devono essere riportati, con la relativa data e firma della persona responsabile, in registro.L'ordine di servizio suddetto deve essere comunicato al Distretto minerario almeno un mese prima della sua entrata in vigore ed è soggetto ad approvazione dell'ingegnere capo.Il direttore notifica al personale preposto ai servizi di ventilazione e trasporto tale ordine di servizio.

Art. 522. Per condizioni di impiego e vie diverse da quelle previste all'art. 521 le locomotive Diesel destinate al carreggio nei sotterranei devono essere munite di dispositivo antideflagrante di tipo riconosciuto idoneo e provviste di certificato rilasciato dal costruttore.In ogni caso il servizio di trazione con locomotive a ciclo Diesel munite di dispositivo antideflagrante deve essere sospeso quando in un punto qualsiasi del percorso venga accertata la presenza di concentrazioni di grisù superiori all'uno per cento.

Art. 523. È vietato nei sotterranei grisutosi il deposito di combustibili liquidi, anche se destinati all'alimentazione delle locomotive, in quantità superiori al fabbisogno di un turno di lavoro.Per l'ammissione nel sotterraneo delle suddette miniere dei combustibili liquidi ed il loro travaso nei serbatoi delle locomotive, vale il disposto dell'art. 571.Gli impianti elettrici installati nelle stazioni di deposito e manutenzione delle locomotive nei sotterranei grisutosi devono essere di tipo antideflagrante.Alle suddette stazioni o depositi si applicano in ogni caso le disposizioni di cui agli artt. 188 e 268.

Art. 523-bis. Le disposizioni contenute negli articoli 521, 522 e 523 sono estese a qualsiasi tipo di mezzo da miniera azionato da motori a combustione interna .

Capo IX - Disposizioni varie. Espurgo delle condotte per aria compressa.

Art. 524. Quando si procede all'espurgo delle condotte per aria compressa installate nei sotterranei classificati grisutosi, l'apertura della saracinesca di comando deve essere effettuata con gradualità e deve evitarsi di dirigere il getto di aria verso zone di probabile concentrazione di grisù.Prima dell'operazione di espurgo l'atmosfera del cantiere deve essere controllata per assicurarsi dell'assenza di grisù in prossimità della condotta.

Cautele in corrispondenza degli sbarramenti.

Art. 525. La direzione è tenuta ad adottare misure idonee per evitare che aria contenente grisù in proporzioni pericolose possa venire a contatto con la fronte degli sbarramenti stabiliti per isolare una zona dove sia in attività un incendio.

Divieto di fumo e di accesso al sotterraneo con mezzi di accensione.

Art. 526. Nei sotterranei grisutosi è proibito fumare, portare tabacco, fiammiferi e qualunque oggetto atto a dar fuoco.

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Controlli sulla persona degli operai addetti ai lavori sotterranei in ragione del 10 per cento delle unità partecipanti allo stesso turno di lavoro devono essere eseguiti ai fini predetti, prima dell'entrata degli operai nel sotterraneo, da apposito personale incaricato dalla direzione.Per i turni di lavoro nei quali siano addetti al sotterraneo della miniera più di duecento operai i controlli suddetti possono essere limitati a venti operai.

Impianti elettrici nelle stazioni di eduzione di acque solfidriche.

Art. 527. L'impianto elettrico per la eduzione delle acque cariche di idrogeno solforato deve essere di tipo antideflagrante. Agli stessi requisiti deve soddisfare l'impianto fisso di illuminazione delle vasche di raccolta delle suddette acque di drenaggio e dell'ambiente dove sono installate le pompe per l'eduzione.

Capo X - Squadre di salvataggio. Salvataggio.

Art. 528. In ogni miniera classificata per gas infiammabili, tossici o altrimenti nocivi, deve essere costituita una squadra di salvataggio, salvo il disposto dell'art. 539.

Art. 529. Gli uomini destinati alla squadra di salvataggio devono essere volontari, di età non inferiore a 24 anni e non superiore a 50, riconosciuti fisicamente idonei mediante visita medica da ripetersi ogni anno, di provata padronanza di sé e particolarmente adatti a compiere i lavori che occorrono nelle operazioni di salvataggio. Essi devono avere buona conoscenza del sotterraneo.In caso di mancanza o di insufficienza numerica di personale volontario, i componenti della squadra sono scelti dal direttore, sentito il Collegio dei delegati alla sicurezza.I lavoratori che fanno parte delle squadre di salvataggio devono partecipare alle esercitazioni e alle operazioni di soccorso.Alla squadra è preposto un capo servizio e deve essere designata persona idonea che lo sostituisca in caso di assenza.

Art. 530. I componenti la squadra di salvataggio devono essere reperibili ed abitare preferibilmente in vicinanza della miniera.Quando ciò non sia possibile la direzione della miniera deve disporre di mezzi idonei per adunare in breve tempo i componenti della squadra.

Art. 531. Il numero minimo degli uomini che fanno parte di una squadra di salvataggio è stabilito in ragione di uno per ogni venticinque operai addetti nel turno più numeroso ai lavori interni ed esso non può essere comunque inferiore a cinque.Il gruppo di impiego degli addetti al salvataggio deve comprendere almeno due uomini.

Art. 532. La direzione è tenuta ad aggiornare l'elenco dei componenti la squadra di salvataggio ed a farlo affiggere in luogo esterno della miniera, facilmente visibile e frequentato dai lavoratori.

Art. 533. Gli uomini che fanno parte della squadra di salvataggio debbono essere convenientemente ripartiti nei diversi turni di lavoro.

Posti di salvataggio.

Art. 534. Nelle miniere singole o associate di cui agli artt. 528 e 539, devono essere allestiti appositi locali per la custodia e manutenzione del materiale in dotazione alla squadra di salvataggio, rispondenti ai requisiti essenziali per il loro uso.Detti locali, che non possono essere adibiti ad altra destinazione, devono essere protetti contro gli incendi e ubicati nelle vicinanze dell'imbocco a giorno della via per la quale gli operai accedono ed escono normalmente dal sotterraneo.

Art. 535. Nei locali per la squadra di salvataggio debbono essere tenuti in costante e perfetto stato di manutenzione e funzionamento: a) apparecchi respiratori autoprotettori, con autonomia non minore di un'ora, in numero almeno pari a quello dei componenti la squadra di salvataggio; b) apparecchi per respirazione artificiale; c) maschere a filtro contro i gas nocivi dei quali è da temere lo sviluppo, in numero almeno doppio di quello dei componenti la squadra; d) lampade di sicurezza elettriche in numero almeno pari a quello dei componenti la squadra, aumentato del 50 per cento quando non esista la lampisteria, nonché lampade grisuscopiche e apparecchi indicatori in numero di almeno una unità per ogni gas presente o sospetto e per ogni gruppo di impiego; e) cortine e tubazioni flessibili per sbarramenti di fortuna e per attivare i circuiti di ventilazione; f) attrezzi, cordami e quanto altro possa occorrere in operazioni di salvataggio;

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g) indumenti protettivi ed incombustibili.Gli apparecchi respiratori e le maschere devono essere corredati da idonea scorta di ricambi degli elementi esauribili. Il numero degli apparecchi e degli attrezzi di salvataggio, ove non sia tassativamente stabilito dalle presenti norme, deve essere determinato con provvedimento dall'ingegnere capo, sentito il direttore ed avuto riguardo alle caratteristiche della miniera.Gli apparecchi e gli attrezzi di salvataggio di cui alle lettere a), b), c) ed e) devono essere del tipo riconosciuto idoneo.A cura del Distretto minerario si deve procedere una volta l'anno alla verifica degli apparecchi e delle attrezzature di salvataggio, controllandone la consistenza e lo stato di manutenzione.[Alla manutenzione degli apparecchi autoprotettori deve essere adibito un operaio appositamente incaricato.] ABROGATO

Art. 536. I componenti delle squadre di salvataggio devono essere resi edotti del funzionamento degli apparecchi respiratori e degli indicatori destinati al controllo dell'atmosfera del sotterraneo ed allenati ad eseguire, portando indosso gli apparecchi medesimi, le operazioni che possono necessitare in miniera in caso di accidente.

Art. 537. I componenti la squadra di salvataggio devono compiere periodi di istruzione e di esercitazione nei luoghi e nei modi indicati dal direttore.Le squadre di salvataggio devono, almeno una volta al mese, eseguire esercitazioni in sotterraneo.In apposito registro deve essere presa nota, con data e firma del capo servizio preposto alla squadra di salvataggio, delle esercitazioni eseguite, dei nomi delle persone che vi hanno preso parte e dei rilievi fatti durante le esercitazioni stesse.

Prova degli apparecchi.

Art. 538. Il funzionamento degli apparecchi respiratori autoprotettori e di altri apparecchi e indumenti di salvataggio deve essere verificato a cura della direzione almeno ogni mese.Dei risultati è presa nota nel registro.

Associazione fra miniere vicine.

Art. 539. Gli imprenditori delle miniere che abbiano meno di 100 operai all'interno nel turno più numeroso possono essere autorizzati, con provvedimento dell'ingegnere capo, ad associarsi con gli imprenditori delle miniere vicine per la formazione di una comune squadra di salvataggio.Gli ordini di servizio relativi all'istruzione ed alle esercitazioni dei componenti la squadra comune devono essere approvati dall'ingegnere capo.

Stazione centrale di salvataggio.

Art. 540. Nei confronti delle miniere di cui all'articolo precedente, il Ministro per l'industria ed il commercio può, su proposta dell'ingegnere capo, stabilire l'istituzione di una stazione centrale comune di salvataggio.

Operazioni di salvataggio.

Art. 541. Quando all'atto dell'impiego l'efficienza della squadra di salvataggio si riveli inadeguata, il direttore richiede l'intervento delle squadre di altre miniere.

I direttori cui è rivolta la richiesta devono mettere a disposizione le dipendenti squadre di salvataggio.

TITOLO XI - Polveri infiammabili

Capo I - Miniere di combustibili fossili. Applicabilità delle norme.

Art. 542. Le disposizioni del presente capo si applicano alle miniere di combustibili fossili ove si formano polveri che per quantità, stato di finezza, tenore di materie volatili, di umidità e di ceneri, sono suscettibili di formare in aria sospensioni atte a provocare un'esplosione.

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Classifica delle miniere a polveri infiammabili.

Art. 543. Alla classifica si perviene dopo un periodo di controllo della durata di sei mesi, al quale la miniera viene sottoposta con la procedura prevista nel capo I del titolo X.Nel provvedimento che istituisce il controllo l'ingegnere capo indica i cantieri, le vie e gli altri luoghi del sotterraneo nei quali deve essere fatto il prelevamento sistematico dei campioni delle polveri da sottoporre ad analisi.Nello stesso provvedimento sono pure indicati gli accertamenti ritenuti necessari per riconoscere l'eventuale regime grisutoso del sotterraneo e le caratteristiche della ventilazione. Sono precisate inoltre le misure cautelative provvisorie per la condotta dei lavori ai fini della sicurezza.Per gli interventi d'ufficio che l'ingegnere capo riconosca necessari ai fini del controllo, si segue la procedura prevista dall'art. 263.La disposizione di cui all'art. 395 è estesa alle miniere sottoposte al controllo limitatamente alla durata di sei mesi.

Art. 544. Alle miniere sottoposte a controllo per polveri infiammabili sono estese le disposizioni di cui agli artt. 393 e 397 secondo comma e quando ne ricorrano gli estremi, quelle di cui al capo I del titolo X.Per le miniere di combustibili fossili, anche se non sottoposte al controllo ed alla classifica, il direttore deve dare comunicazione al Distretto minerario di qualsiasi infiammazione ed esplosione di polveri in esse verificatesi.

Art. 545. Sono classificate pericolose per polveri infiammabili le miniere di combustibili fossili per le quali le polveri abbiano rivelato durante il periodo di controllo di possedere, allo stato fresco, un tenore in materie volatili infiammabili superiore al 14 per cento, riferito al peso del combustibile, fatta deduzione delle ceneri ed umidità, nonché di essere facilmente infiammabili e suscettibili di formare in aria sospensioni atte a propagare un'esplosione.La classifica di una miniera di combustibili fossili per polveri infiammabili può aver luogo riducendo o eliminando il periodo di controllo, quando in essa si siano già verificate infiammazioni ed esplosioni delle polveri stesse.

Art. 546. Quando la miniera a polveri infiammabili sia anche grisutosa, i tenori tollerabili e quelli limite per il grisù sono ridotti in relazione alla percentuale in materie volatili delle polveri ed alla loro finezza e quantità. L'ingegnere capo fissa tali limiti nel provvedimento di classifica.

Art. 547. La dichiarazione di classifica è fatta con l'osservanza delle disposizioni di cui all'articolo 403 e può essere limitata anche ad un solo strato di combustibile.Alle miniere soggette a classifica per polveri infiammabili si applica il disposto dell'art. 404.Alle miniere di cui al comma precedente anche se non grisutose sono estese le prescrizioni di cui all'art. 397, secondo comma, qualora l'ingegnere capo ne ravvisi la necessità ai fini della sicurezza.

Regolamento interno. Programmi e condotta dei lavori.

Art. 548. Alle miniere, o parti di esse, classificate a polveri infiammabili, si applicano le norme di cui agli artt. 450, 451, 452.

Ventilazione.

Art. 549. Oltre le norme generali di ventilazione di cui al titolo VI, alle miniere non grisutose soggette alla classifica di cui al presente capo si applicano anche le disposizioni sulla ventilazione contenute negli artt. 408, 415 primo comma, 418 primo comma, 419, 421, 422, 432 secondo e terzo comma e 433.

Illuminazione in atmosfera polverosa.

Art. 550. Nei sotterranei dichiarati polverosi devono adottarsi per l'illuminazione esclusivamente lampade elettriche di sicurezza.Le lampade degli impianti di illuminazione fissi devono essere poste sotto globo o sotto altra idonea protezione.

Eliminazione delle polveri.

Art. 551. Durante la coltivazione, i trasporti e la esecuzione di ogni altro lavoro sotterraneo, devono essere adottati accorgimenti per eliminare o ridurre al minimo possibile la formazione e la dispersione nell'aria delle polveri infiammabili.I vagonetti destinati al trasporto del carbone devono avere pareti stagne.

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La polvere di carbone depositatasi lungo le vie di carreggio deve essere asportata almeno una volta al mese; quella accumulata lungo i trasportatori meccanici deve essere asportata ogni giorno.

Mezzi per combattere le polveri infiammabili.

Art. 552. Per opporsi alla formazione di sospensioni nell'aria di polveri infiammabili, capaci di propagare una esplosione, si deve far ricorso all'azione di polveri inerti (scistificazione) sia per spandimento nei cantieri e nelle vie del sotterraneo, che per deposito ed accumuli su piattaforme (barriere) collocate lungo le gallerie, oppure ad innaffiamenti con acqua e soluzioni idonee.

Scistificazione.

Art. 553. La polvere inerte per la scistificazione non deve contenere più del cinque per cento di sostanze combustibili ed il tenore di silice libera non deve essere superiore al 10 per cento.Essa deve inoltre passare tutta allo staccio a 144 maglie per cm² e dare un rifiuto inferiore al 50 per cento allo staccio da 6400 maglie per cm².La stessa polvere deve avere una grande capacità di dispersione nell'aria ed al semplice soffio deve formare nube.

Art. 554. Un campione di polveri di scistificazione pronte per l'impiego deve essere prelevato trimestralmente ed analizzato.

Art. 555. Per tenori di materie volatili infiammabili delle polveri fino al 20 per cento in peso del combustibile, deduzione fatta delle ceneri ed umidità, la scistificazione deve essere effettuata in quantità e frequenza tali che il miscuglio della polvere inerte con la polvere di combustibile depositata non contenga mai una percentuale in peso di materie combustibili superiore al 50 per cento.Quando il tenore in materie volatili delle polveri riferito in peso sul carbone puro e secco sia superiore al 35 per cento, la percentuale di materie combustibili di cui al precedente comma non deve superare il 25 per cento.Per tenori in materie volatili intermedi, la percentuale di materie combustibili del miscuglio è interpolata in proporzione.Oltreché in relazione con l'aumento del tenore delle materie volatili presenti nelle polveri infiammabili, l'ingegnere capo può imporre che la percentuale di polveri inerti nei miscugli scistificati di cui ai commi precedenti sia aumentata in relazione alla presenza di grisù nel sotterraneo.Devono essere eseguite periodiche analisi per determinare la percentuale di sostanze combustibili presenti nei miscugli scistificati, in vari luoghi della miniera, prelevando in ciascuno di essi il materiale dal quale deve essere tratto il campione da sottoporre ad analisi da varie sezioni continue trasversali intercalate su un tratto di galleria lungo almeno 10 m. La frequenza delle analisi è stabilita con ordine di servizio dal direttore.Le analisi devono essere eseguite su campioni medi, essiccati all'aria e passati attraverso lo staccio di 144 maglie per cm².Nel registro di scistificazione deve essere riportata, con la relativa data e luogo di prelievo, annotazione delle analisi suddette e di quelle previste all'articolo precedente.

Spargimento delle polveri inerti.

Art. 556. Lo spargimento delle polveri inerti deve essere praticato nei turni con minor numero di operai presenti in sotterraneo.Quando si effettua la scistificazione meccanica devono essere sgombrati i cantieri ai quali la polvere inerte può essere condotta dalla corrente d'aria.Lo spargimento delle polveri deve essere eseguito in tutte le vie che servono al trasporto, alla circolazione del personale ed alla ventilazione.Gli addetti alla scistificazione devono essere muniti di maschere antipolvere.Non si effettua lo spargimento delle polveri quando le condizioni di umidità dell'atmosfera siano tali che le polveri infiammabili non siano suscettibili di rapida dispersione nell'aria.

Barriere.

Art. 557. Le barriere devono essere poste in opera nella sezione libera della galleria al terzo superiore della sua altezza.Il cumulo di polvere deve distare dall'armatura del tetto almeno 10 cm.Le barriere devono essere costruite in modo che una eventuale esplosione sia in grado di portare in dispersione nell'aria la polvere inerte accumulata sulle barriere stesse.Queste devono essere ubicate nelle vie principali di entrata e di uscita dell'aria, ai limiti dei singoli scomparti di ventilazione, in altri nodi importanti e nei punti di diramazione dei lavori di tracciamento.Ogni miniera, o scomparto indipendente, classificata a polveri infiammabili, deve rimanere divisa dalle barriere in sezioni isolate tali che una esplosione di polveri che si produca in una qualsiasi di esse trovi efficace ostacolo a propagarsi nelle altre.

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Il numero degli operai che possono essere impiegati in uno stesso turno di lavoro, in ognuna delle sezioni isolate di cui al comma precedente, non deve essere superiore a 70.

Art. 558. Le barriere principali, destinate ad isolare i pozzi principali, nelle vie che sboccano alle stazioni, ad almeno 100 m. di distanza da queste ultime, ovvero quelle destinate ad isolare gli scomparti lungo le vie principali di entrata ed uscita dell'aria, nonché le altre di isolamento dei lavori di tracciamento e preparazione devono contenere almeno 400 kg. di polvere per m² di sezione della galleria dove esse sono collocate ed essere disposte in tratti rettilinei di gallerie di lunghezza, per quanto possibile non minore di 150 m.Le barriere secondarie destinate ad isolare i cantieri di coltivazione di uno stesso settore, distanziati almeno trenta metri, devono contenere almeno 400 kg. di polvere inerte per m² di sezione media della galleria dove esse sono ubicate.La polvere di combustibile che si deposita sulle barriere deve essere rimossa.Se le barriere presentano deficienze che non possono essere subito eliminate, il sorvegliante deve sospendere il brillamento delle mine.

Innaffiamento.

Art. 559. Alle miniere di cui al presente capo si applica la norma di cui all'art. 600.L'innaffiamento dei cantieri con acqua e soluzioni deve essere effettuato bagnando il fronte, la corona, le pareti, le armature ed il combustibile abbattuto, in modo da assicurare la formazione di un miscuglio di polvere di carbone ed acqua.La percentuale di acqua nel miscuglio deve essere indicata e controllata secondo le disposizioni contenute nell'ordine di servizio previsto all'art. 562. I risultati dei controlli sono registrati.

Misure di protezione contro le polveri infiammabili nei cantieri.

Art. 560. Lo spandimento della polvere inerte deve essere spinto fino a 10 m. di distanza almeno dalla fronte da abbattere mediante esplosivo. Con particolare cura esso deve essere effettuato sul minerale abbattuto e sui luoghi verso i quali sono orientate le proiezioni delle mine.Per ogni volata devono essere impiegati 5 kg. di polvere inerte per il primo colpo ed almeno 2 kg. per ciascuno dei colpi successivi.Quando le misure per combattere le polveri infiammabili prevedono l'innaffiamento invece della scistificazione, esso deve essere eseguito entro un raggio di almeno 15 m. dal luogo dove si effettua lo sparo delle mine.

Cautele nel tiro delle mine.

Art. 561. Nei sotterranei o parti di essi dichiarati pericolosi per polveri infiammabili è vietato adoperare esplosivi che non siano stati classificati di sicurezza contro il grisù e le polveri infiammabili.Condotta delle operazioni contro le polveri.

Personale addetto.

Art. 562. Con ordine di servizio predisposto dal direttore da sottoporre all'approvazione dell'ingegnere capo devono essere indicati, alla stregua delle presenti norme, le prescrizioni, le modalità operative, i mezzi da adottare, i luoghi e le frequenze delle operazioni inerenti alla protezione contro le polveri infiammabili nel sotterraneo, precisando le cautele previste.Gli operai addetti alle operazioni di cui sopra devono essere appositamente addestrati.Al servizio ed al personale addetto alla protezione contro le polveri infiammabili, deve essere preposto un sorvegliante per la scistificazione e l'innaffiamento, avente formazione adeguata, al quale il direttore deve notificare l'ordine di servizio di cui al primo comma.

Estensione di altre misure di sicurezza.

Art. 563. Alle miniere, e parti di esse, classificate pericolose per polveri infiammabili, sono applicabili le norme previste per i sotterranei dichiarati grisutosi a termini degli artt. 454, 469 secondo comma, 476, 480 e 526, quelle del capo VII e del capo X del titolo X, nonché quelle del capo VIII dello stesso titolo, di cui l'ingegnere capo riconosca necessaria l'applicazione, ai fini della sicurezza, avuto riguardo alle caratteristiche della miniera.

Art. 564. Quando il sistema di lotta adottato contro le polveri non sia riconosciuto sufficiente a prevenire i pericoli, è in facoltà dell'ingegnere capo di prescrivere l'adozione del sistema di scistificazione e alternativamente di innaffiamento ritenuto più appropriato.

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Registro della scistificazione.

Art. 565. Per ogni miniera o sezione indipendente si deve tenere il registro della scistificazione nel quale debbono essere segnati la data e il luogo della installazione delle barriere, la data dello spargimento di polvere inerte nelle gallerie di carreggio e del prelevamento dei campioni, nonché i risultati delle analisi.

Capo II - Miniere di zolfo.

Art. 566. Le miniere di zolfo che per basso grado igrometrico, temperatura di sotterraneo, caratteristiche di mineralizzazione e friabilità di prodotto, diano luogo a formazioni di polveri suscettibili di formare in aria sospensioni atte a provocare un'esplosione, sono classificate pericolose per polveri infiammabili. A tale dichiarazione si perviene con procedura analoga a quella prevista per le miniere di combustibili fossili, sottoponendo le polveri a prove nella Stazione mineraria statale.Nel provvedimento di classifica l'ingegnere capo, avuto riguardo alle caratteristiche della miniera, all'abbondanza delle polveri e al loro grado di dispersione, determina quali misure di sicurezza previste nel precedente capo per le miniere di combustibili debbano essere applicate fissando un termine per l'attuazione ed indicando le misure e cautele da adottare.La dichiarazione di classifica può riguardare l'intero sotterraneo o essere limitata ad uno o più scomparti o strati della miniera o a uno o più strati in essa coltivati.

TITOLO XII - Incendi e fuochi sotterranei

Capo I - Disposizioni comuni a tutte le miniere.

Art. 567. Entro il raggio di 20 m. dall'imbocco delle vie di entrata d'aria è vietato eseguire costruzioni ed incastellature in legname.Le costruzioni ed incastellature predette, esistenti all'entrata in vigore del presente decreto, sono mantenute purché siano protette con vernice ignifuga.Entro il raggio di cui al primo comma è vietato l'installazione o il mantenimento di depositi di materiali infiammabili.

Art. 568. Negli imbocchi a giorno delle vie di entrata d'aria deve essere installato, e tenuto pronto per il funzionamento, un dispositivo per la loro rapida chiusura in caso di incendio in superficie.In vicinanza delle stazioni dei pozzi di entrata d'aria devono essere installate porte di incendio incombustibili, a tenuta e manovrabili da ambo le parti.Il funzionamento dei dispositivi di chiusura di cui ai commi precedenti deve essere provato almeno ogni tre mesi.

Art. 569. Fra i lavori del sotterraneo attraversati dal pozzo di entrata d'aria deve esistere una comunicazione di collegamento con la superficie, tenuta in buone condizioni di manutenzione e sempre percorribile dagli operai, anche quando le porte di incendio di cui all'articolo precedente siano chiuse. Detta comunicazione può essere costituita da una via di riflusso.

Art. 570. È vietato depositare nei sotterranei materiali facilmente infiammabili quali olii, prodotti petroliferi, sostanze lubrificanti, fieno o simili in quantità superiore al fabbisogno di due giornate lavorative.I locali di deposito in sotterraneo dei materiali suddetti devono essere collegati direttamente alle vie di riflusso in modo che l'aria da essi proveniente non attraversi alcun cantiere.Quando non sia possibile il collegamento, i depositi devono potersi chiudere ermeticamente con porte incombustibili.Gli stessi locali devono essere rivestiti ed armati con materiali incombustibili.Anche le vie che adducono o se ne dipartono devono essere armate con materiali incombustibili per un raggio di almeno 10 m.Quando i locali di deposito non siano costantemente sorvegliati devono essere provvisti di rivelatore d'incendio e di dispositivo automatico di difesa.

Art. 571. Il rifornimento in sotterraneo di combustibili liquidi e di lubrificanti deve essere fatto con fusti chiusi di metallo o con vagoni cisterna.Il travaso dell'olio combustibile destinato alle locomotive deve essere fatto per mezzo di una pompa o di un sifone in apposito locale o nella stazione di deposito e manutenzione della stessa locomotiva.Se la stazione è contemporaneamente adibita a deposito dell'olio combustibile che alimenta la locomotiva, si applicano ad essa le norme di cui all'articolo precedente.Con ordine di servizio la direzione deve regolare la disciplina del trasporto, del deposito e dell'impiego dell'olio combustibile in sotterraneo.

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Mezzi di estinzione e prevenzione.

Art. 572. In ogni miniera devono trovarsi sempre disponibili a giorno, nelle stazioni dei pozzi di entrata d'aria, in punti convenientemente scelti delle vie principali sprovvisti di condotte d'acqua, nelle scuderie, nei depositi di fieno, di combustibili liquidi e di locomotive, ed a meno di 150 m. da qualsiasi punto dei nastri trasportatori, apparecchi e mezzi per combattere gli incendi come estintori, secchi di sabbia asciutta, serbatoi di acqua e simili.È vietato l'uso di estintori suscettibili di produrre emanazioni tossiche.Le locomotive, sia a combustione interna che elettriche, devono essere munite di estintore a mano di adeguata potenzialità.Le locomotive a combustione interna impiegate in sotterraneo devono essere provviste di un impianto di estinzione a gas inerte, idoneo ad iniettare a comando tale gas nelle tubazioni di aspirazione e di scappamento e di diffonderlo sotto il cofano del motore.Gli operai devono essere addestrati sull'uso degli apparecchi di estinzione. Questi debbono essere mantenuti in perfetta efficienza e periodicamente controllati.

Art. 573. Per gli impianti di trasporto a nastro devono impiegarsi teste motrici, rulli portanti, tamburi di rinvio e nastri di tipo tale che sia evitato il surriscaldamento dei nastri stessi, degli oggetti vicini e delle polveri combustibili eventualmente giacenti su di essi.Agli stessi fini deve essere curata l'installazione, la manutenzione o la vigilanza di dette apparecchiature.

Art. 574. I nastri dei freni e le guarnizioni dei tamburi o pulegge devono essere incombustibili e largamente dimensionati per evitare pericolosi surriscaldamenti.

Art. 575. 1. I lavori al cannello, alla saldatrice e con altri apparecchi analoghi possono essere eseguiti unicamente in via eccezionale, previa autorizzazione da parte dell'autorità di vigilanza, sulla base della valutazione delle esigenze tecniche e delle condizioni di sicurezza.

Capo II - Misure per combattere gli incendi. Manifestazioni di un incendio.

Art. 576. Ove si manifesti un incendio in sotterraneo, gli operai che lo constatino e tutti coloro che sono nelle vicinanze devono intervenire per l'estinzione con i mezzi a disposizione e, in caso di impossibilità, devono subito avvertire il sorvegliante più vicino.Il sorvegliante adotta i provvedimenti del caso ricorrendo, se necessario, alla squadra di pronto intervento antincendio, dandone immediata comunicazione alla direzione.In attesa dell'arrivo del sorvegliante, qualora si verifichi forte sviluppo di gas e di fumo, gli operai insufficientemente attrezzati devono portarsi subito a monte dell'incendio, rispetto al circuito di ventilazione, e porre un segnale di interdizione di accesso al cantiere.Di ogni manifestazione di incendio deve essere comunque data comunicazione al sorvegliante.

Art. 577. Il personale non necessario alla lotta contro l'incendio deve essere subito allontanato dai cantieri minacciati dal fuoco o dai fumi di incendio e le corrispondenti vie di accesso devono essere sbarrate. I cantieri possono essere rioccupati solo dopo autorizzazione del direttore.

Attacco diretto degli incendi.

Art. 578. Durante le operazioni per l'estinzione di un incendio devono essere costantemente controllati i tenori di ossido di carbonio, di anidride solforosa e di altri gas tossici e nocivi sviluppati. Il personale deve far uso delle maschere o degli altri mezzi di protezione.Il controllo deve essere effettuato tanto sulle vie di entrata d'aria che sui riflussi normali, avuto riguardo alle possibili inversioni della ventilazione.

Isolamento dell'incendio mediante sbarramenti.

Art. 579. La costruzione di sbarramenti per l'isolamento di incendi deve essere effettuata sotto la vigilanza di un sorvegliante.Durante l'operazione di cui sopra devono tenersi pronti mezzi di protezione contro i gas.Per l'esecuzione dei suddetti lavori, nelle miniere di combustibili fossili, il personale impiegato deve essere munito di lampada di sicurezza.Si devono adottare precauzioni affinché i gas eventualmente sviluppati non possano infiammarsi nel percorso della corrente d'aria.

Art. 580. Se, a seguito di incendio, o di fuochi, una zona della miniera sia stata segregata, la tenuta della chiusura e la temperatura degli sbarramenti devono essere controllate almeno una volta al giorno da appositi incaricati anche quando non si esplica attività nel sotterraneo.

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Si devono inoltre prelevare e analizzare i campioni dell'atmosfera dei cantieri isolati, finché non sia accertata l'estinzione dell'incendio o del fuoco. All'uopo gli sbarramenti devono essere provvisti di tubi passanti.

Le relative osservazioni sono registrate.

Art. 581. Per il controllo dei fuochi spontanei e delle zone di incendio segregate della miniera, il direttore deve predisporre apposito ordine di servizio da notificarsi al preposto al servizio antincendio ed agli incaricati alle ispezioni.

Art. 582. L'apertura degli sbarramenti può avere luogo soltanto con ordine della direzione sotto la continua sorveglianza di un capo servizio.Quando si procede all'apertura devono essere disponibili, presso lo sbarramento, materiali occorrenti per una eventuale nuova chiusura.Nel caso di incendi che interessino vaste zone della miniera, l'apertura degli sbarramenti e le operazioni di ripresa delle zone segregate possono effettuarsi soltanto dopo autorizzazione dell'ingegnere capo, su istanza del direttore, nella quale devono essere indicati i mezzi impiegati, le modalità operative e le cautele previste.

Art. 583. Nei cantieri ove si sia verificato un incendio è fatto obbligo di stabilire la ventilazione in modo tale che, a sbarramenti rimossi e sino a che non sia scomparso ogni segno di possibile ripresa dell'incendio, l'aria di riflusso non passi attraverso cantieri in attività o vie aperte al transito.

Art. 584. Nelle miniere di combustibili fossili, ancorché non grisutose, quando si eseguano lavori nelle vicinanze di fuochi o cantieri incendiati, o si proceda all'ispezione ed all'apertura di sbarramenti, oppure si acceda a cantieri precedentemente isolati, devono adoperarsi per l'illuminazione soltanto lampade di sicurezza.Il capo della squadra al lavoro deve essere inoltre munito di indicatori idonei a lettura diretta per ossido di carbonio, grisù o altri gas nocivi, ed il personale addetto deve essere munito delle corrispondenti maschere ed altri mezzi di protezione.Nelle miniere dove si sviluppa grisù devono essere adottate le misure necessarie affinché accumuli di tale gas non vengano a contatto con gli sbarramenti.

Capo III - Controllo e classifica delle miniere soggette a fuochi sotterranei.

Art. 585. Le miniere sospette per autocombustione od ossidazioni spontanee devono essere sottoposte a controllo con procedura analoga a quella prevista al titolo X, capo I.

Art. 586. Quando si riscontri un anormale innalzamento della temperatura devono essere eseguite ricerche sistematiche per accertare le percentuali volumetriche di ossido di carbonio o di altro prodotto gassoso della combustione presente e devono essere controllate le temperature.Gli accertamenti sono condotti con frequenza giornaliera a mezzo di indicatori idonei a lettura diretta. Campioni di atmosfera da sottoporre ad analisi completa devono essere prelevati ogni settimana nei luoghi previsti per il controllo.Quando si tratti di combustibili fossili gli accertamenti vengono condotti nei modi di cui all'art. 589.Per gli accertamenti di ufficio, disposti durante il periodo di controllo dall'ingegnere capo, si segue la procedura stabilita all'art. 263.Alle miniere sottoposte al controllo di cui sopra si applica il disposto dell'art. 392.Di ogni manifestazione di fuochi spontanei verificatisi in una lavorazione mineraria sottoposta o meno a controllo e classifica deve essere fatto sollecito rapporto dal direttore al Distretto minerario.

Art. 587. Quando a seguito dei risultati emersi dal periodo di controllo la miniera ha rivelato caratteristiche favorevoli alla formazione di fuochi per ossidazioni spontanee e si dimostra quindi particolarmente suscettibile di incendi, l'ingegnere capo la classifica soggetta a fuochi e incendi sotterranei.Lo stesso provvedimento è adottato per le miniere che per le loro caratteristiche si sono rivelate particolarmente suscettibili di incendi e quelle nelle quali sussistono vecchi fuochi o incendi segregati.Per le dichiarazioni di classifica di cui al presente capo si applica la procedura di cui agli articoli 403 e 404.

Misure cautelative.

Art. 588. Alle miniere classificate ai sensi dell'articolo precedente si applicano le norme di cui agli artt. 408, 451, 454 e norme analoghe a quelle di cui agli artt. 452 e 526 per quanto attiene ai fuochi sotterranei, nonché quelle di cui ai capi VIII e X del titolo X.Alle miniere soggette a fuochi sotterranei si applicano le norme di cui agli artt. 415 primo e terzo comma, 416, 417, 418 primo comma, 420 e 42l anche quando le stesse miniere non siano sottoposte alla disciplina delle miniere grisutose.

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L'ingegnere capo, avuto riguardo alle caratteristiche del giacimento, determina con suo provvedimento le altre norme speciali di ventilazione contenute nel capo III del titolo X di cui sia necessaria l'applicazione nei confronti di singole miniere soggette a fuochi sotterranei.

Art. 589. Nelle miniere di combustibili fossili, soggette a classifica a termini del presente capo, si devono: a) effettuare misure quotidiane del tenore di ossido di carbonio nella corrente di riflusso di ogni cantiere, usando indicatori di tipo dichiarato idoneo, a lettura diretta, atti a rivelare tenori di ossido di carbonio a partire da 0,001 per cento in volume, per accertare attraverso i dati registrati l'inizio ed il progredire di un fuoco; b) effettuare settimanalmente analisi sulla atmosfera dei riflussi di ciascun settore indipendente di ventilazione, per il calcolo del rapporto tra l'ossido di carbonio formatosi e l'ossigeno consumato, e della sua variazione rispetto al rapporto base dedotto per gli stessi settori in condizioni normali, in assenza di un fuoco. In luogo delle misure di cui sopra è consentita l'effettuazione di altri controlli la cui efficacia, in relazione alle caratteristiche del giacimento, sia riconosciuta ugualmente idonea ai fini suddetti.

Art. 590. Nelle miniere soggette ad ossidazioni spontanee, ma di sostanze diverse dai combustibili fossili, l'ingegnere capo dispone i controlli dell'atmosfera del sotterraneo, con criteri analoghi a quelli previsti nell'articolo precedente e ne determina la frequenza.

Art. 591. Nelle miniere classificate a termini dell'art. 587 non è consentita la deroga di cui all'art. 567, secondo comma.È vietato l'impiego di fascine come guarnizione delle armature.Inoltre nelle stesse miniere, in tutti i pozzi con priorità per quelli di entrata d'aria, devono essere osservate le seguenti misure: 1° impiegare materiale incombustibile per le attrezzature accessorie quali calendaggi, scale, tettoie e simili; 2° impiegare liquidi incombustibili nei dispositivi ad azionamento idraulico; 3° per le attrezzature accessorie in materiale combustibile esistenti all'entrata in vigore del presente decreto e fino alla loro sostituzione nei tempi accordati dalla norma transitoria si deve installare un dispositivo per l'innaffiamento immediato delle attrezzature stesse, con comando dall'esterno e dalle stazioni intermedie.Nei nuovi pozzi e per quanto possibile in quelli in corso di rifacimento, si devono inoltre osservare le seguenti misure: a) utilizzare materiale incombustibile per i supporti delle guide; b) impiegare grasso incombustibile per la lubrificazione delle guide e delle funi; c) adottare cavi elettrici il cui rivestimento esterno non sia atto a propagare la combustione.Nelle stesse miniere le gallerie d'accesso ai pozzi devono essere rese incombustibili su una distanza di almeno 75 m. dall'asse del pozzo. La stessa cautela deve adottarsi nei confronti delle gallerie di collegamento diretto tra pozzi gemelli ivi comprese le porte installatevi.

Art. 592. Nelle miniere di combustibili fossili classificate ai sensi del presente capo, si devono adottare, per quanto possibile, armature incombustibili nel tracciamento, nel rifacimento o nella riparazione delle vie principali in roccia che servono alla ventilazione, con precedenza per quelle di entrata d'aria. Quando le stesse vie sono armate in legname per tratti di notevole sviluppo, devono essere stabilite zone tagliafuoco incombustibili di lunghezza adeguata.

Art. 593. Alle miniere classificate a termini del presente capo, oltre alle norme di cui all'art. 268, si applica il disposto di cui all'art. 523. Quando i locali destinati al deposito dei materiali di cui all'art. 570 e così pure quelli dove sono installati trasformatori o interruttori a bagno d'olio, non siano collegati direttamente con vie di riflusso, oltre che attrezzati nei modi di cui all'art. 570, devono essere provvisti di rivelatori di incendio o di dispositivi automatici di lotta contro quest'ultimo.

Art. 594. Nell'ordine di servizio di cui all'art. 452 devono essere in particolare previste porte di isolamento convenientemente ubicate per la rapida segregazione di scomparti o settori sotto incendio.

Art. 595. Devono essere effettuate periodiche rimozioni del minerale minuto e delle polveri infiammabili depositatisi nei cantieri, nelle vie sotterranee e nei pozzi. La frequenza di tali rimozioni deve essere indicata nell'ordine di servizio di cui all'articolo precedente.Nei cantieri di coltivazione prima di dar luogo alle operazioni di scoscendimento o di ripiena devono essere asportati i minerali minuti o le polveri.

Art. 596. Nelle coltivazioni per ripiena o per scoscendimento di tetto si deve procedere al ricupero del legname nella massima quantità possibile.Il materiale di ripiena non deve essere suscettibile di combustione spontanea.

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Art. 597. Anche nel caso di prolungata sospensione delle lavorazioni è fatto obbligo di mantenere condizioni normali di ventilazione nei cantieri.Nel caso di abbandono di cantieri o di gallerie la zona interessata deve essere isolata dal circuito di aria mediante sbarramenti stagni. Ove si proceda al disarmo l'operazione deve essere condotta nel modo più rapido e senza interruzioni.

Art. 598. I lavori debbono essere condotti in modo da ridurre al minimo la dispersione d'aria attraverso la ripiena o la frana, nonché la formazione di correnti d'aria vaganti.Quando sussista la possibilità che le zone già coltivate siano interessate da dispersioni d'aria o da correnti d'aria vaganti, si deve evitare, per quanto possibile, l'abbandono di lembi mineralizzati suscettibili di fessurarsi sotto l'azione della pressione.

Art. 599. Nelle coltivazioni per ripiena quest'ultima deve essere costipata al massimo.Se il riempimento dei vuoti di coltivazione è effettuato per frana di tetto, oppure per ripiena non completa, lungo le vie di ventilazione che attraversano zone già coltivate si devono sistemare diaframmi di ripiena poco permeabili, mediante l'impiego di materiali fini e costipati, ovvero le pareti di dette vie debbono essere impermeabilizzate con mezzi adatti.

Art. 600. Nelle miniere di cui al presente capo deve essere installata in sotterraneo una rete forzata di distribuzione di acqua, permanentemente alimentata e corredata con prese unificate, opportunamente ubicate.Nel sotterraneo devono essere disponibili scorte di idranti, tubi flessibili ed altri mezzi necessari per combattere l'incendio.Debbono altresì essere disponibili in sotterraneo depositi opportunamente ubicati di materiali idonei alla rapida costruzione di sbarramenti antincendi.Debbono altresì essere disponibili in sotterraneo depositi opportunamente ubicati di materiali idonei alla rapida costruzione di sbarramenti antincendi.

Art. 601. È fatto obbligo di stabilire collegamenti telefonici tra i punti più importanti del sotterraneo ed un centro di guardia permanente, collegato a sua volta telefonicamente con l'esterno.

Art. 602. Il personale addetto ai lavori in sotterraneo deve essere dotato di maschere ed altri mezzi di protezione, di tipo riconosciuto idoneo, contro le esalazioni di ossido di carbonio, anidride solforosa, o eventuali altri gas tossici o nocivi, di cui è prevedibile lo sviluppo in caso di incendio.

Il personale deve essere addestrato all'uso delle maschere.

Art. 603. In ogni turno deve essere prevista la presenza al lavoro di un adeguato numero di operai appositamente istruiti e già esercitati per costituire, in caso di necessità, una squadra di pronto intervento antincendio.

Art. 604. A cura della direzione deve essere predisposto un piano generale per la lotta contro gli incendi.Tale piano deve essere sottoposto all'approvazione dell'ingegnere capo.

Art. 605. Il servizio antincendio e l'addestramento del personale nella lotta contro gli incendi devono essere affidati a persona specificatamente competente, con qualifica non inferiore a quella di sorvegliante.Nelle miniere classificate a termini del presente capo ed aventi oltre duecento operai in sotterraneo nel turno più numeroso, le suddette mansioni devono essere affidate ad un capo servizio.

TITOLO XIII - Irruzioni d'acqua

Art. 606. I lavori in sotterraneo devono essere protetti contro le irruzioni di acque.

Art. 607. Il direttore deve curare la raccolta di ogni dato inerente agli adunamenti o venute di acque già riscontrate nel sotterraneo o eventualmente contenute in cantieri abbandonati o in serbatoi naturali prossimi alle lavorazioni in corso o in progetto. Tali dati debbono essere riportati sui piani della miniera o cava.

Art. 608. Se in superficie esistano o possano formarsi raccolte di acqua, devono adottarsi le misure necessarie per prevenire qualsiasi irruzione delle stesse acque nei cantieri minerari aperti in zona ad esse sottostante o vicina.

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Art. 609. Nei cantieri e nelle gallerie che si spingono verso lavori abbandonati e altri luoghi ove sia accertata o presunta l'esistenza di raccolte di acque e di terreni acquiferi, devono essere adottate le seguenti misure di sicurezza: 1° guidare rigorosamente gli avanzamenti con rilievi topografici diretti; 2° praticare fori di spia, il cui numero, ubicazione, lunghezza ed orientamento sono stabiliti dalla direzione. In ogni caso la lunghezza dei fori deve essere tale che a brillamento avvenuto essi precedano di almeno 4 m. la fronte di avanzamento. Il numero, l'ubicazione e la lunghezza dei fori devono essere annotati nel registro dei sondaggi di spia di cui all'art. 614 ed accompagnati da schizzo dimostrativo; 3° una via di scampo, sicura e bene illuminata, deve essere disponibile e preventivamente resa nota agli operai addetti all'avanzamento e a quelli che operano nei cantieri in pericolo.Quando si abbia ragione di ritenere che l'avanzamento sia vicino alla zona acquifera, nei cantieri in pericolo, diversi dalla galleria in avanzamento, il lavoro deve essere sospeso; 4° apprestare sul posto i materiali idonei per consentire, in caso di necessità, l'efficace tamponamento dei fori di spia; 5° eseguire il brillamento delle mine nei cantieri sotto pericolo, dopo che gli operai si siano messi al sicuro contro eventuali irruzioni di acqua; 6° dotare ogni squadra di almeno due lampade elettriche portatili anche quando esista un impianto di illuminazione elettrica; 7° eseguire i lavori di rottura dell'ultimo diaframma alla presenza e sotto la guida di un sorvegliante; 8° eseguire il lavoro di coltivazione soltanto dove non siano da temersi irruzioni d'acqua.È vietato spillare acqua attraverso strati di combustibile fossile o di altri minerali di insufficiente compattezza.

Art. 610. Prima del brillamento delle mine il capo squadra deve accertarsi dell'avvenuta esecuzione dei fori di spia, della loro lunghezza e dei risultati della loro esplorazione.

Art. 611. Quando siano in pericolo interi scomparti o settori si devono predisporre opere e sbarramenti atti ad impedirne l'inondazione.

Art. 612. Le bocche a giorno dei lavori sotterranei devono essere ubicate e protette in modo da evitare irruzioni di acque superficiali.

Art. 613. Prima di procedere allo scarico di un accumulo di acque il direttore deve adottare le misure necessarie per mettere al riparo gli operai contro i pericoli derivanti dall'operazione.Di tali misure deve essere fatta annotazione, con data e firma del direttore, in registro.

Art. 614. Deve essere istituito e tenuto aggiornato un registro per le annotazioni relative alla esecuzione, lunghezza e risultati conseguiti dai sondaggi di spia, spinti in esplorazione dalle gallerie o dai cantieri per prevenire eventuali irruzioni di acque. Il registro deve essere reperibile in apposito locale al personale direttivo e di sorveglianza ai lavori e consultabile in ogni momento ai funzionari tecnici del Corpo delle miniere.

Art. 615. Se per lo scarico delle acque sono previste pressioni uguali o superiori a 30 m. di colonna d'acqua, deve essere dato avviso all'ingegnere capo almeno dieci giorni prima che siano intraprese le operazioni di drenaggio. Devono altresì essere segnalate le modalità e le cautele con le quali le operazioni sono previste.

Art. 616. Qualora il direttore sia venuto a conoscenza o abbia elementi per presumere che in una zona limitrofa esistano lavori sotterranei invasi dalle acque a distanza minore di 50 m. dal perimetro della concessione o del permesso di ricerca, oppure dal confine di proprietà nel caso di cava deve sospendere i lavori nelle zone sotto pericolo della propria area, prima di raggiungere una distanza di 50 m. dal perimetro o dal confine suddetto, e darne immediata notizia al Distretto minerario. Oltre tale limite i lavori devono essere condotti con le misure e cautele previste in apposito ordine di servizio da sottoporsi all'approvazione dell'ingegnere capo.

TITOLO XIV - Polveri nocive alla salute dei lavoratori. Misure generali contro le polveri.

Art. 617. Nelle lavorazioni in sotterraneo si deve evitare, con appropriati metodi e mezzi di lavoro e con l'adozione di idonei circuiti di ventilazione primaria e secondaria, che possano prodursi, accumularsi e propagarsi in sospensione nell'aria polveri nocive in misura pericolosa alla salute dei lavoratori.Per gli stessi fini, misure appropriate devono essere adottate, occorrendo, nelle lavorazioni a cielo aperto.

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Art. 618. Per i sotterranei ove per lo stato igrometrico e per la natura dei materiali tendano a prodursi e propagarsi in sospensione nell'aria polveri nocive alla salute dei lavoratori, le norme di cui al presente titolo sono riportate in apposito ordine di servizio del direttore unitamente alle modalità con le quali sono condotte le relative operazioni.L'ordine di servizio è sottoposto ad approvazione dell'ingegnere capo e portato a conoscenza del personale interessato.

Art. 619. L'attitudine fisica del personale già addetto o da destinare ai lavori nei sotterranei con formazione di polveri nocive in misura pericolosa alla salute deve essere accertata da un medico di specifica competenza.Controlli periodici sull'attitudine fisica di cui sopra devono essere eseguiti sul personale anzidetto con la frequenza prescritta dallo stesso medico, ed in ogni caso almeno una volta l'anno accertata da un medico designato dall'Ispettorato medico del lavoro.

Art. 620. Quando per la lotta contro le polveri si impiega l'acqua, questa deve essere condotta ai posti di utilizzazione mediante impianto di distribuzione capace di assicurarne un rifornimento sufficiente.L'irrorazione delle rocce in posto o in cumuli deve essere eseguita facendo uso di idonei spruzzatori, evitando getti violenti di acqua.

Art. 621. Le sostanze usate in soluzione nell'acqua per ridurre la tensione superficiale, o comunque per impedire la dispersione delle polveri nell'atmosfera, non devono essere nocive alla salute dei lavoratori.Perforazione e abbattimento delle rocce con mezzi meccanici.

Art. 622. Nei lavori dove si producono polveri nocive, la perforazione meccanica a secco delle rocce deve essere eseguita mediante attrezzi muniti di dispositivo idoneo alla captazione delle polveri prodotte, alla loro raccolta o fissazione. Il funzionamento di tale dispositivo deve avere inizio contemporaneamente alla messa in marcia dell'attrezzo e deve continuare per tutta la durata della perforazione.Le polveri aspirate attraverso il canale assiale del fioretto o dall’orifizio del foro in escavazione devono essere immesse in un separatore che ne impedisca la diffusione nell'aria.

Art. 623. Nelle lavorazioni di cui al presente titolo si devono impiegare perforatrici e martelli perforatori o demolitori che rispondano ai seguenti requisiti: a) lo scappamento deve essere provvisto di un deflettore oppure essere disposto in modo che l'aria non possa sollevare la polvere depositatasi sulle pareti degli scavi, né investire il lavoratore; b) le parti della macchina funzionanti ad aspirazione e specialmente il porta-utensile devono essere tali da assicurare una sufficiente tenuta delle polveri. L'ingegnere capo in relazione ad esigenze igieniche, può imporre che gli apparecchi di perforazione siano impiegati su sostegni.

Art. 624. Gli apparecchi ad azionamento pneumatico provvisti di dispositivo per l'iniezione dell'acqua devono essere costruiti in modo che l'aria compressa non possa penetrare nel canale assiale del fioretto. Misure di prevenzione in relazione allo sparo delle mine.

Art. 625. Salva l'osservanza delle disposizioni di cui all'art. 350 quando, per le particolari caratteristiche del materiale da demolire, lo sparo delle mine possa dar luogo a produzione e sospensione di polveri nocive in misura pericolosa, il ritorno del personale al posto di lavoro dopo lo sparo deve avvenire quando la polvere prodotta dall'esplosione sia stata sufficientemente diluita dalla corrente di ventilazione, ovvero dopo che siano trascorsi almeno 15 minuti da una efficace e prolungata irrorazione di acqua del fronte di lavoro, delle pareti e del minerale abbattuto su una lunghezza non inferiore ai 15 m. dal fronte in avanzamento. La disposizione delle mine, la natura e la quantità di esplosivo devono essere adatte al tipo di roccia o di minerale da abbattere, al fine di contenere la quantità di polvere prodotta.

Circolazione del personale.

Art. 626. Nelle gallerie e negli scavi sotterranei in genere, aperti in rocce asciutte, ove si svolgono le operazioni di trasporto dei materiali ed il transito del personale, le polveri depositatesi al suolo devono essere giornalmente rimosse o consolidate mediante sostanze idonee.L'ingegnere capo può prescrivere che le squadre di lavoratori che devono percorrere lunghi tratti di galleria siano trasportate mediante mezzi meccanici per evitare il sollevamento delle polveri.

Art. 627. Nelle vie normalmente percorse dal personale, la velocità dell'aria deve essere contenuta entro limiti atti a non sollevare la polvere depositata, e comunque non deve superare i 6 m/sec.

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Inumidimento del materiale di scavo da rimuovere e da trasportare.

Art. 628. Prima della rimozione e del trasporto, specie se questo ultimo comporta scivolamento o cadute libere, il materiale polverulento o capace di dar polvere deve essere inumidito.Se il materiale destinato alle ripiene è suscettibile a sua volta di dar luogo a polveri nocive, deve essere convenientemente inumidito prima del suo trasporto e della sua messa a dimora.

Trasporto del materiale polverulento.

Art. 629. Durante il trasporto di materiale polverulento, specie nei punti di trasbordo dai mezzi di trasporto, l'umidificazione deve essere, ove occorra, ripetuta.Le attrezzature di caricamento, trasbordo e scarico devono essere progettate e impiegate in modo da rendere minima la disgregazione del materiale.Le operazioni di trasporto devono ridurre al minimo salti o cadute libere dei materiali dai trasportatori.

Art. 630. Le locomotive e gli automezzi con motori a combustione interna o ad aria compressa in circolazione nelle gallerie devono essere muniti di scappamento rivolto verso l'alto.

Frantumazione meccanica dei materiali.

Art. 631. Qualora siano impiegate in sotterraneo macchine per la frantumazione dei materiali, queste debbono essere munite di dispositivi per la captazione e raccolta o fissazione delle polveri.

Manutenzione.

Art. 632. La pulizia dei filtri impiegati nella perforazione a secco con aspirazione delle polveri deve essere eseguita all'esterno.I lavoratori incaricati del ricambio e pulizia dei filtri devono essere muniti e fare uso di maschera antipolvere.

Art. 633. La manutenzione delle installazioni antipolvere deve essere affidata a personale all'uopo addestrato e nelle lavorazioni molto polverose deve essere preposto al servizio di manutenzione un sorvegliante, avente adeguata formazione.

Controlli dell'atmosfera.

Art. 634. L'aria ambiente dei cantieri e delle vie deve essere sottoposta ai controlli di cui ai seguenti articoli 635 e 636, almeno ogni sei mesi nei posti ove si riscontri il maggior grado di polverosità. Tali controlli debbono pure essere effettuati ogni qualvolta, nel procedere dei lavori, siano mutate le condizioni tecniche ambientali o la costituzione delle rocce incassanti e dei giacimenti.L'ingegnere capo può prescrivere più frequenti controlli in seguito ad un constatato aumento di rischio.

Art. 635. Campioni di polvere devono essere prelevati nei luoghi e con la frequenza stabilita nell'ordine di servizio di cui all'art. 618.Su tali campioni deve essere determinata la percentuale in peso della silice libera.Negli stessi luoghi devono essere inoltre prelevati campioni di atmosfera per determinare la concentrazione delle polveri.

Art. 636. Le polveri con percentuale in silice superiore al 10 per cento ed in misura superiore a 2 mmg per mc d'aria sono considerate dannose.Il numero delle particelle per cmc d'aria, di diametro comprese fra 0,5 e 5 micron, deve essere inferiore a 650.Tale concentrazione è determinata come media delle misure effettuate su otto campioni prelevati, ad intervalli di tre minuti, in prossimità del fronte di lavoro, durante le operazioni di perforazione delle mine e di carico del materiale abbattuto, in condizioni normali di lavoro.Quando nei cantieri in coltivazione o nei lavori di preparazione gli accertamenti fatti abbiano rilevato concentrazioni di polveri nell'aria che si avvicinano a meno di 1/5 al limite indicato nei precedenti commi, le misure ed i controlli di cui all'art. 634 devono essere eseguiti almeno ogni trimestre.

Art. 637. I risultati degli accertamenti disposti dai precedenti articoli 634 e 635 con le indicazioni relative alla sede ed al processo di lavoro, al metodo di rilevamento impiegato, nonché alle condizioni di ventilazione, devono essere registrati.

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Art. 637-bis. L'aria ambiente nelle attività estrattive dell'amianto ed impianti connessi deve essere sottoposta ad un controllo periodico almeno trimestrale, secondo le modalità indicate nell'allegato al presente decreto.Il controllo è effettuato attraverso la misurazione della concentrazione delle fibre di amianto nell'aria, espressa come media ponderata in rapporto ad un periodo di riferimento di otto ore. Ai fini della misurazione si prendono in considerazione unicamente le fibre che abbiano una lunghezza superiore a 5 micrometri e una larghezza inferiore a 3 micrometri ed il cui rapporto lunghezza/larghezza sia superiore a 3 : 1.Sono stabiliti i seguenti valori limite: a) 1,0 fibra per cmc, nel caso in cui l'amianto non contenga né crocidolite, né amosite; b) 0,2 fibre per cmc, nel caso in cui l'amianto sia costituito esclusivamente da crocidolite; c) 0,5 fibre per cmc, nel caso in cui l'amianto sia costituito esclusivamente da amosite; d) nel caso di miscuglio di crocidolite, amosite e di altre fibre di amianto, il valore limite si situa ad un livello calcolato in base ai valori di cui alle lettere a), b), c) ed in proporzione della crocidolite, dell'amosite e delle altre varietà di amianto contenute nel miscuglio.I risultati dei controlli devono essere registrati secondo quanto disposto dal precedente art. 637, integrati dalle generalità dei lavoratori addetti agli ambienti di lavoro in cui sono stati effettuati i controlli stessi.Tale registro deve essere conservato per un periodo di trenta anni a partire dalla fine dell'esposizione all'amianto dei singoli lavoratori.

Mezzi individuali di protezione.

Art. 638. Quando se ne riconosca la necessità, in aggiunta agli altri mezzi di protezione messi in opera, può essere imposto l'uso di maschere antipolvere di tipo riconosciuto idoneo delle quali il personale deve essere munito ed al cui impiego deve essere addestrato.

Art. 639. La dotazione delle maschere è strettamente individuale ed esse devono essere provviste di una piastrina col contrassegno delle persone che le usano.Le maschere devono essere consegnate, alla fine di ogni turno di lavoro, ad apposito incaricato per la pulizia ed il controllo di efficienza e per la loro custodia.Le maschere devono essere disinfettate periodicamente e comunque quando si verifichi l'allontanamento dalla miniera o cava del personale cui esse erano state prima affidate in dotazione.

TITOLO XV - Minerali radioattivi

Art. 640. Nelle lavorazioni in sotterraneo per sostanze minerali radioattive, oltre curare la regolarità e l'intensità della ventilazione, l'allontanamento delle acque e la lotta contro le polveri, si deve provvedere alla protezione dei lavoratori contro le radiazioni ionizzanti.In particolare si provvede: 1) a delimitare le zone che sono sottoposte al controllo fisico, contrassegnandole con opportuni cartelli; 2) a definire il campo di radiazione (dose assorbita in aria, dose di esposizione), mediante l'uso di apparecchi riconosciuti idonei; 3) a determinare le contaminazioni radioattive ambientali (concentrazione volumetrica; densità areale), mediante l'uso di apparecchi riconosciuti idonei; 4) a stimare per mezzo di personale specializzato le dosi assorbite dai singoli lavoratori; 5) a controllare i dispositivi di protezione contro le radiazioni e gli strumenti di misura.I risultati nei controlli di cui ai numeri 2), 3) e 4) sono registrati.

Art. 641. Il personale da adibire alle lavorazioni di cui al presente titolo deve essere sottoposto all'atto dell'assunzione a visita sanitaria da parte di un Collegio medico costituito dal medico provinciale, da un internista e da un radiologo o radiobiologo. Il controllo della integrità fisica deve essere ripetuto periodicamente e comunque ogni volta che i lavoratori accusino segni patologici sospetti.

Art. 642. La frequenza dei controlli fisici e sanitari deve essere tale da assicurare il rispetto delle norme sulle dosi e concentrazioni massime ammissibili ai sensi degli articoli 643 e 644.Le dosi assorbite dai singoli lavoratori per irradiazione esterna devono essere determinate mediante dispositivo individuale portato in permanenza durante il lavoro, quali film sensibile, camera di ionizzazione a condensatore e simili.Le dosi assorbite dai singoli lavoratori per irradiazione interna devono essere determinate con opportuni metodi fisici e sanitari.

Art. 643. Come dosi massime ammissibili per esposizione alle radiazioni si applicano i valori fissati con le norme fondamentali stabilite dal Consiglio della Comunità Economica Europea in esecuzione dell'art. 30 del Trattato 25 marzo 1957 ratificato e reso esecutivo con legge 14 ottobre 1957, n. 1203. I valori di cui al comma precedente sono pubblicati con decreto del Ministro per l'industria ed il commercio, da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale, che stabilisce anche la data di entrata in vigore delle norme stesse.

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Quando i risultati della stima della dose assorbita da un singolo lavoratore superano i valori delle dosi massime ammissibili, il lavoratore cui le determinazioni si riferiscono deve essere allontanato dal posto di lavoro e sottoposto a controllo medico.Del fatto deve essere data sollecita notizia all'ingegnere capo per i provvedimenti di competenza.

Art. 644. Le concentrazioni massime ammissibili di materiali radioattivi nell'atmosfera dei lavori sotterranei sono stabilite con decreto del Ministro per l'industria ed il commercio, [....]., in relazione alle raccomandazioni di cui all'art. 38 del Trattato citato all'articolo precedente.Le modalità, i luoghi e la frequenza del prelievo dei campioni sono stabiliti da apposito ordine di servizio del direttore.Quando si riscontrino valori di concentrazione superiori ai limiti ammissibili, si devono adottare le misure necessarie per riportare le contaminazioni entro i limiti previsti. Quando non si riesca a contenere nei limiti massimi ammissibili le concentrazioni suddette, i lavori devono essere sospesi e deve esserne dato immediato avviso all'ingegnere capo per i provvedimenti di competenza.

Art. 645. Le acque di miniera devono essere convogliate all'esterno per la via più breve ed in condotta chiusa, e scaricate in posti nei quali non diano luogo a pericolo di contaminazione.È vietato impiegare l'acqua di miniera per la perforazione ad umido, per l'irrorazione del minerale e per qualsiasi altra operazione che favorisca la diffusione nell'atmosfera sotterranea delle sostanze radioattive contenute nelle acque stesse.

Art. 646. I direttori di miniere di sostanze radioattive sono tenuti ad attuare le misure igienico-sanitarie atte a preservare i lavoratori da irradiazioni interne che superino i valori delle dosi massime ammesse.In particolare: a) la perforazione deve essere eseguita ad umido; b) i lavoratori non devono consumare i pasti o fumare nel sotterraneo; c) il personale deve essere munito di guanti, maschere o indumenti contro il rischio di contaminazione; d) gli indumenti di lavoro del personale devono essere sottoposti a processi di lavatura e bonifica; e) sul luogo della miniera devono essere predisposti locali adeguatamente attrezzati per la decontaminazione dei lavoratori all'uscita del sotterraneo.

Art. 647. Al servizio di controllo e prevenzione contro i pericoli derivanti dalle radiazioni nel sotterraneo deve essere preposto un tecnico responsabile specificamente competente coadiuvato da personale che abbia ricevuto adeguata formazione.

TITOLO XVI - Controlli medici - Servizio medico aziendale Salvataggio e pronto soccorso - Igiene Controlli medici e psicotecnici.

Art. 648. I lavoratori delle miniere e delle cave devono essere sottoposti a visita medica: a) prima della loro assunzione in servizio per accertare che abbiano i requisiti di idoneità al lavoro cui sono destinati; b) successivamente, a visite annuali per accertare la persistenza delle predette condizioni di idoneità.Le visite mediche sono effettuate, a spese dell'imprenditore, dal servizio medico aziendale di cui all'art. 652 e seguenti nei casi in cui tale servizio sia costituito, e, in caso diverso, da medici designati dall'Ispettorato medico del lavoro.Gli addetti ai lavori che comportino i rischi di cui alla tabella allegata al decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303 , devono essere sottoposti a visite mediche periodiche con la frequenza prevista nella tabella medesima.

Art. 649. L'ingegnere capo, su conforme parere dell'ispettore medico del lavoro, può prescrivere particolari esami medici integrativi della visita di cui all'articolo precedente.

Art. 650. Per il personale da adibire a mansioni che richiedano qualità fisiche e psichiche particolari in determinate categorie di miniere o cave, il Ministro per l'industria e il commercio può con suo decreto stabilire che le visite mediche di cui all'art. 648 siano integrate da un esame psicotecnico.Alla determinazione delle suddette attività ed alla specificazione degli esami psicotecnici si provvede sentito il Ministero del lavoro e della previdenza sociale (Ispettorato medico centrale del lavoro).

Art. 651. Nei confronti dei lavoratori soggetti alla disciplina della legge 12 aprile 1943, n. 455 [ora D.P.R. n. 1124 del 1965], e del decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1956, n. 648, le visite mediche preventive ivi previste sostituiscono le visite di cui al precedente art. 648, lettera a).

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Servizio medico aziendale.

Art. 652. Nelle miniere e nelle cave che occupano almeno cento lavoratori nel turno più numeroso deve essere costituito un servizio medico avente il compito: a) di eseguire le visite mediche di cui all'articolo 648; b) di prestare opera di pronto soccorso; c) di prestare le cure agli infortunati in grado di continuare il lavoro; d) di segnalare i rischi igienici cui sono esposti i lavoratori ed eventualmente le misure atte a prevenirli; e) di curare l'educazione igienica e prevenzionale dei lavoratori.Per più miniere o cave vicine gestite dallo stesso imprenditore è consentito costituire un servizio medico unico in sostituzione dei singoli servizi medici.Tra più miniere o cave non gestite dallo stesso imprenditore possono essere costituiti consorzi volontari per la istituzione di un servizio medico comune.

Art. 653. Il nominativo dei medici incaricati del servizio medico di cui all'articolo precedente deve essere notificato al Distretto minerario.

Art. 654. In ogni miniera o cava priva di servizio medico si deve provvedere a che un pronto intervento sanitario sia disponibile in caso di gravi infortuni.

Art. 655. In ogni miniera o cava ove il numero dei lavoratori impiegati nel turno più numeroso sia superiore a 200 ed in quelle ove più di 500 lavoratori risiedono sul posto in alloggi di pertinenza della miniera o cava, l'ingegnere capo, sentito l'ispettore medico del lavoro, può richiedere che l'autorizzazione dei servizi sia disposta in modo che un medico risieda nella località.

Operazioni di salvataggio.

Art. 656. Nelle miniere o nelle cave devono essere eseguite a cura del direttore le operazioni di salvataggio e i lavori necessari a prevenire pericoli imminenti.In caso di grave accidente i direttori delle miniere o cave vicine sono tenuti a mettere a disposizione mezzi e personale di cui dispongono e, quando occorra, ad effettuare nell'ambito delle rispettive miniere o cave le misure necessarie, restante salvo il diritto ai competenti rimborsi.Gli adempimenti previsti dai precedenti commi sono attuati sotto il controllo e con l'approvazione dell'ingegnere capo o di un suo dipendente incaricato, quando siano presenti.

Art. 657. Nei casi di cui all'articolo precedente il sindaco del Comune e l'autorità di pubblica sicurezza adottano i provvedimenti indispensabili di loro competenza d'intesa con l'ingegnere ed il perito del Corpo delle miniere e, fino all'arrivo di questi, sentita la direzione della miniera o della cava ove si effettuano i lavori di cui all'articolo precedente.

Art. 658. Le spese necessarie ai soccorsi immediati da apprestarsi agli infortunati e per l'esecuzione dei lavori di salvataggio, come pure la indennità per le requisizioni di utensili, autovetture ed altri mezzi di soccorso, sono a carico dell'imprenditore della miniera o cava.Le note relative, su proposta dell'ingegnere capo, sono rese esecutorie dal Prefetto, sentiti gli interessati, e quindi rimesse all'esattoria delle imposte dirette per la riscossione con la procedura privilegiata fiscale.

Obbligo dell'assistenza agli infortunati.

Art. 659. Devono essere predisposti personale, medicamenti e mezzi adeguati per prestare pronto soccorso agli operai infortunati o colpiti da malore e provvedere al loro trasporto al più vicino ospedale o altro luogo di cura, sempre che tale compito non sia assolto direttamente dall'Istituto assicuratore.Detti mezzi devono essere in relazione all'entità delle maestranze impiegate ed alla distanza dall'ospedale o dal luogo di cura.

Organizzazione del pronto soccorso.

Art. 660. In ogni miniera o cava che occupi almeno 100 lavoratori nel turno più numeroso, deve essere installata una infermeria per il pronto soccorso.I locali dell'infermeria debbono trovarsi in prossimità del luogo di lavoro e rispondere ai requisiti igienici richiesti dalla loro destinazione.

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Per più miniere o cave gestite dallo stesso imprenditore l'ingegnere capo, sentito l'ispettore medico del lavoro, può consentire di installare una unica infermeria centrale per il pronto soccorso.Analogamente l'ingegnere capo può provvedere nei riguardi di miniere o cave vicine quando sia costituito un consorzio per un servizio medico comune.

Art. 661. L'infermeria deve essere dotata dei presidi farmaceutici e degli oggetti di medicazione necessari per cure mediche e chirurgiche, e deve essere affidata all'opera del sanitario del servizio medico ed a quella di uno o più infermieri.Gli infermieri debbono permanere sul luogo della miniera o cava durante le ore di lavoro. Essi debbono tenere un giornale di servizio in cui debbono essere segnati i dati relativi ai casi di infortunio per i quali si è reso necessario l'intervento dell'infermeria.

Art. 662. ABROGATO

Art. 663. Nelle miniere o cave ove il numero totale dei lavoratori impiegati nel turno più numeroso sia superiore a 25, ma inferiore a 100, deve essere allestito all'esterno un apposito locale in cui le persone infortunate possano ricevere i primi soccorsi.Nel locale suddetto deve trovarsi una cassetta o adeguato presidio di pronto soccorso, in custodia a persona incaricata, prontamente reperibile durante le ore di lavoro e in grado di prestare le prime cure agli infortunati.

Art. 664. Nelle miniere e nelle cave ove siano occupati fino a 25 lavoratori nel turno più numeroso, deve essere tenuta una cassetta di pronto soccorso conservata in luogo protetto.La cassetta di pronto soccorso deve essere affidata ad uno dei lavoratori di ciascun turno in possesso delle nozioni per l'impiego appropriato del materiale sanitario in essa contenuto.

Art. 665. Per ogni gruppo di miniere o cave di cui all'articolo precedente, l'ingegnere capo può con suo provvedimento ordinare l'istituzione di un posto di pronto soccorso comune. Le spese per l'allestimento ed il funzionamento del posto di pronto soccorso debbono essere ripartite fra gli imprenditori.Lo stesso provvedimento contiene il piano di riparto delle spese tra gli imprenditori, avuto riguardo alle caratteristiche delle varie miniere o cave ed al numero degli operai.

Organizzazione del pronto soccorso all'interno.

Art. 666. Nei sotterranei delle miniere e delle cave debbono essere tenute cassette di pronto soccorso opportunamente dislocate la cui custodia è affidata a persone edotte dell'uso del materiale in esse contenuto.I nomi di tali persone debbono essere resi noti ai lavoratori mediante avviso.

Art. 667. ABROGATO

Acqua potabile.

Art. 668. Nei luoghi di lavoro in sotterraneo deve essere messa a disposizione dei lavoratori acqua in quantità sufficiente per uso potabile.La norma di cui al comma precedente è estesa alle lavorazioni a cielo aperto quando, avuto riguardo alla natura delle lavorazioni ed alla distanza del più vicino posto di approvvigionamento di acqua potabile, l'ingegnere capo ne riconosca la necessità.

Latrine.

Art. 669. L'ingegnere capo può prescrivere l'installazione di latrine in sotterraneo, fissandone le caratteristiche, ove ne riconosca la necessità in relazione alla natura ed importanza dei lavori, al numero dei lavoratori occupati ed al rischio di trasmissione di malattie.

TITOLO XVII - Diffide, denunce, interventi amministrativi vari, ricorsi

Art. 670. Gli ingegneri ed i periti del Corpo delle miniere, quando accertano infrazioni alle norme del presente decreto, provvedono a redigerne verbale.Il verbale deve descrivere i fatti e le relative circostanze, indicare le norme alle quali si è contravvenuto e riportare le dichiarazioni dell'interessato e le informazioni raccolte.Deve inoltre elencare gli oggetti eventualmente sequestrati.

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Il verbale è compilato in doppio esemplare e sottoscritto dal funzionario che lo ha redatto e dalle persone intervenute all'atto. In caso di rifiuto a sottoscrivere, se ne fa menzione.Nel caso di violazione commessa da lavoratori, una copia dell'atto è notificata anche all'imprenditore.

Art. 671. Per le infrazioni alle norme di cui agli articoli 6 primo comma, 9 lettera d) ed e), 24 primo comma, 28 primo comma, 54, 66 secondo comma, 94 primo comma, 104, 108 primo comma, 125 primo comma, 128 primo, terzo e quarto comma, 133, 140, 155 primo comma, 207, 233, 241, 248, 251 secondo comma, 253, 256 primo comma, 262 primo comma, 265 primo comma, 266, 272, 274 primo comma, 276, 277, 279 secondo comma, 280, 294, 297, 306, 324, 332 primo comma, 333 primo, secondo e terzo comma, 335 primo, secondo e terzo comma, 337, 374, 408 primo comma lettera A), 409 primo comma, 410, 414 secondo comma, 415, 417, 421 secondo comma, 422, 425 primo e secondo comma, 429 primo comma, 430 primo comma, 432, 437, 444 secondo comma, 445 primo comma, 447, 454, 455 primo e secondo comma, 457 primo e secondo comma, 471 primo e terzo comma, 479 primo comma, 492, 506, 507 primo e sesto comma, 508, 513, 514 escluso ultimo comma, 516, 517, 520, 521 primo comma, 523 primo comma, 526 primo comma 528, 534, 541, 561, 576 primo e secondo comma, 589 primo comma, 602, 656 primo e secondo comma, l'ingegnere capo inoltra rapporto all'autorità giudiziaria dandone avviso al Prefetto ed all'interessato.Negli altri casi l'ingegnere capo, sentiti gli interessati, diffida gli inadempienti ad uniformarsi alle norme del presente decreto, fissando all'uopo un termine di attuazione.L'atto di diffida deve contenere l'indicazione delle norme cui si riferisce l'inosservanza.

Art. 672. Decorso il termine indicato nell'atto di diffida, l'ingegnere capo può ordinare una visita di controllo e quando sia stato accertato l'adempimento della diffida, ne dispone annotazione nell'atto relativo. Nel caso in cui sia constatata la permanenza dell'infrazione, l'ingegnere capo può ordinare la sospensione dei lavori ai quali l'infrazione stessa si riferisce, per cantieri e sezioni singole della miniera o cava.Nell'ipotesi prevista dal comma precedente l'ingegnere capo inoltra denuncia all'autorità giudiziaria allegando copia dell'atto di diffida.La ripresa dei lavori sospesi può avvenire su autorizzazione dell'ingegnere capo quando sia stata accertata l'ottemperanza all'atto di diffida.

Art. 673. Qualora l'ingegnere capo ritenga necessaria la chiusura della miniera o cava in dipendenza della persistente infrazione alle norme del presente decreto per la quale sia stata inoltrata denuncia all'autorità giudiziaria, ne fa rapporto al Prefetto che provvede con suo decreto e prescrive le misure e i tempi di attuazione per il ripristino delle condizioni di sicurezza.La riapertura della miniera o cava è autorizzata dal Prefetto con proprio decreto, su proposta motivata dall'ingegnere capo, quando questi abbia constatato il ripristino delle condizioni di sicurezza nella miniera o cava.

Art. 674. Nel caso in cui sia riconosciuta una situazione di pericolo, sia pure non immediato, anche per cause che non costituiscono infrazione alle norme del presente decreto, o comunque ivi non previste, l'ingegnere capo, sentito il direttore, impone un termine per ovviare a tale situazione.Quando le circostanze lo richiedano, l'ingegnere capo invita il direttore a redigere e presentare entro un termine stabilito un piano nel quale siano descritti i lavori occorrenti, le misure ed il tempo previsto per l'attuazione.Il direttore è tenuto all'esecuzione del piano qualora, entro venti giorni dall'inoltro, l'ingegnere capo non gli abbia comunicato rilievi.Quando l'ingegnere capo non riconosca idonei, in tutto o in parte, i lavori e le misure di sicurezza progettati, ne dà avviso al direttore e ordina le misure necessarie, stabilendo anche il termine di esecuzione. In modo analogo provvede in caso di mancata presentazione del piano entro il termine stabilito.È in facoltà dell'ingegnere capo di prescrivere in via cautelare al direttore le misure di contingenza atte a salvaguardare la sicurezza, compresa la sospensione dei lavori ritenuti insicuri e pericolosi.

Art. 675. Nei casi di imminente pericolo alle persone o alle cose, gli ingegneri e i periti del Corpo delle miniere devono, con ordine di immediata attuazione, impartire le prime misure di sicurezza, compresa l'eventuale sospensione cautelare dei lavori pericolosi.L'ingegnere capo entro otto giorni conferma, revoca o modifica il suddetto provvedimento.

Art. 676. Quando l'ingegnere capo riconosca numericamente insufficiente il personale dirigente o sorvegliante preposto ai lavori della miniera o della cava, invita il direttore a provvedere.In caso di inottemperanza l'ingegnere capo fissa il numero e le qualifiche del personale occorrente.

Art. 677. I provvedimenti emanati dal Prefetto a norma del presente decreto sono comunicati agli interessati a mezzo del sindaco del Comune nel quale essi hanno il domicilio o la residenza.

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Art. 678. Contro i provvedimenti emanati dal Prefetto è ammesso ricorso al Ministro per l'industria ed il commercio entro venti giorni dalla comunicazione.Il ricorso è inoltrato al Ministro dall'ingegnere capo, che lo trasmette entro il termine massimo di trenta giorni dalla presentazione, con le proprie osservazioni e deduzioni. Del ricorso è data immediata comunicazione al Ministro ed al Prefetto.Il Ministro decide in ogni caso nel termine di sei mesi dalla comunicazione.Il ricorso non ha effetto sospensivo salvo che il Ministro non disponga diversamente.[In tal caso il Ministro, prima di decidere sul ricorso gerarchico, può sentire il Consiglio superiore delle miniere.] ABROGATO

Art. 679. I poteri conferiti dal presente decreto all'ingegnere capo sono esercitati con provvedimenti scritti e motivati, notificati agli interessati mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento e comunicati per conoscenza al Ministro per l'industria ed il commercio ed al Prefetto.Qualora il provvedimento non sia esplicitamente dichiarato definitivo dal presente decreto, è ammesso ricorso al Ministro per l'industria ed il commercio entro venti giorni dal ricevimento. Si osservano le norme stabilite nel precedente art. 678.

Art. 680. Quando trattasi di lavori per ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi le attribuzioni demandate all'ingegnere capo e ai funzionari del Distretto minerario, sono conferite all'ingegnere capo preposto alla Sezione dell'Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi competente per territorio e ai funzionari dipendenti.

TITOLO XVIII - Sanzioni

Art. 681. È punita con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da lire tre milioni a lire venti milioni la violazione delle norme di cui agli articoli 6 primo comma, 24 primo comma, 28 primo comma e 133.

Art. 682. I direttori sono puniti: a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da lire cinque milioni a lire trenta milioni, qualora il fatto non costituisca reato più grave, per la violazione delle norme di cui agli articoli 128 primo, terzo e quarto comma, 374, 415, 417, 421 secondo comma, 479 primo comma, 656 primo e secondo comma; b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da lire due milioni a lire dieci milioni per la violazione delle norme di cui agli articoli 104, 108 primo comma, 125 primo comma, 155 primo comma, 262 primo comma, 276, 279 secondo comma, 280, 294, 297, 324, 333 secondo e terzo comma, 429 primo comma, 430 primo comma, 432, 454, 457 primo e secondo comma, 471 primo comma, 492, 507 primo e sesto comma, 508, 521 primo comma, 528, 541, 561, 589 primo comma; c) con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda da lire cinquecentomila a lire tre milioni per la violazione delle norme di cui agli articoli 54, 66 secondo comma, 233, 241, 253, 265 primo comma, 266, 408 primo comma lettera A), 409 primo comma, 506, 520 534, 602 primo e secondo comma.

Art. 683. I capi servizio, i sorveglianti e gli altri preposti sono puniti: a) con l'arresto da due a sei mesi o con l'ammenda da lire tre milioni a lire otto milioni, qualora il fatto non costituisca reato più grave, per la violazione delle norme di cui agli articoli 421 secondo comma, 479 primo comma e 576 secondo comma, nonché per non aver esercitato la dovuta vigilanza sui lavoratori dipendenti per l'osservanza da parte di questi ultimi delle norme indicate nella lettera a) dell'articolo seguente; b) con l'arresto da uno a tre mesi o con l'ammenda da lire un milione a lire quattro milioni per la violazione delle norme di cui agli articoli 125 primo comma, 155 primo comma, 251 secondo comma, 276, 333 secondo e terzo comma, 410, 414 secondo comma, 422, 429 primo comma, 430 primo comma, 444 secondo comma, 445 primo comma, 454, 471 terzo comma, 514 esclusa la disposizione dell'ultimo comma, 521 primo comma, 561, 589 primo comma, nonché per non avere esercitato la dovuta vigilanza sui lavoratori dipendenti per l'osservanza da parte di questi ultimi delle norme indicate nella lettera b) dell'articolo seguente; c) con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da lire cinquecentomila a lire due milioni per la violazione delle norme di cui agli articoli 241 primo comma, 248, 272, 274 primo comma, 306, 332 primo comma, 335 primo, secondo e terzo comma, 437, 447, 455 primo e secondo comma, 417, 523 primo comma, nonché per non avere esercitato la dovuta vigilanza sui lavoratori dipendenti per l'osservanza da parte di questi ultimi delle norme indicate nella lettera c) dell'articolo seguente.

Art. 684. I lavoratori sono puniti: a) con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da lire cinquecentomila a lire due milioni, qualora il fatto non costituisca reato più grave, per la violazione delle norme di cui agli articoli 479 primo comma e 576 primo comma; b) con l'arresto fino ad un mese o con l'ammenda da lire trecentomila a lire un milionecinquecentomila per la violazione delle norme di cui agli articoli 9 lettere d) ed e), 207, 256 primo comma, 422 e 425 primo e secondo comma; c) con l'arresto fino a quindici giorni o con l'ammenda da lire duecentomila a lire ottocentomila per la violazione delle norme di cui agli articoli 248, 272 primo comma, 277, 306, 332 primo comma, 335 primo, secondo e terzo comma, 337, 443, 455 primo comma, 513, 516.

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Art. 685. Fuori delle ipotesi previste dagli articoli precedenti, chiunque violi le norme di cui agli articoli 94 primo comma, 140, 333 primo comma, 335 secondo e terzo comma, 526 primo comma, è punito con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da lire trecentomila a lire due milioni.

Art. 686. I direttori, i capi servizio, i sorveglianti e gli altri preposti, nonché i lavoratori che non ottemperino alla diffida o ad altro provvedimento dell'ingegnere capo del Distretto minerario o del capo della Sezione dell'Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi, emanato in applicazione del presente decreto, sono puniti con l'arresto da uno a sei mesi o con l'ammenda da lire tre milioni a lire venti milioni.La stessa pena si applica nel caso di inosservanza dei provvedimenti emanati dal Prefetto in applicazione del presente decreto.

TITOLO XIX - Disposizioni finali e transitorie

Art. 687. Quando per gli strumenti, apparecchi, dispositivi, macchinari, esplosivi o materiali vari è richiesta dalle norme del presente decreto una specifica idoneità, il Ministro per l'industria e per il commercio stabilisce i requisiti per il riconoscimento di tale idoneità e, accertata attraverso prove di controllo la rispondenza dei tipi ai requisiti previsti, li ammette all'impiego fissando il termine per l'adozione.Fino a quando non siano stati stabiliti i requisiti per il riconoscimento di idoneità previsto dal precedente comma, l'ingegnere capo prescrive le misure di sicurezza eventualmente necessarie.I controlli sono eseguiti a spese degli interessati presso la Stazione mineraria statale di prova del Corpo delle miniere e, se questa non sia costituita o non sia ancora attrezzata per particolari incombenze, presso laboratori, istituti, e servizi tecnici di riconosciuta competenza.

Art. 687-bis. Se ragioni di progresso tecnico lo rendano opportuno, le norme contenute negli articoli 186, 187, 188, 268, 281, 282, 411, 412, 413, 634, 635, 636 e 637 del presente decreto possono essere integrate, modificate o soppresse con decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, emesso di concerto con il Ministro della sanità, [....]..

Art. 687-ter. Quando, per l'esercizio di determinati servizi, è prescritta dalle norme del presente decreto l'installazione di un determinato tipo di macchina o di impianto e lo sviluppo della tecnica mette a disposizione degli operatori industriali nuovi differenti tipi di macchine o di impianti che offrano condizioni di sicurezza del lavoro almeno pari a quelle del tipo prescritto, l'ingegnere capo del distretto minerario può autorizzarne l'installazione, ove riscontri che l'installazione dei nuovi differenti tipi di macchine o di impianti possa migliorare l'economicità dello sfruttamento del giacimento senza diminuire le condizioni di sicurezza del lavoro e degli impianti.

Art. 688. Alle cave in sotterraneo si applicano le norme stabilite per le miniere, qualora l'ingegnere capo, sentito l'imprenditore, riconosca con suo provvedimento che sussistano caratteristiche di pericolo, per le quali può assimilarsi la situazione delle dette cave a quella delle miniere.

Art. 689. Il Ministro per l'industria e per il commercio, può concedere, su istanza degli interessati, un termine non superiore a cinque anni dall'entrata in vigore del presente decreto, per l'adeguamento delle lavorazioni, opere, mezzi, impianti ed attrezzature varie alle norme del decreto stesso, prescrivendo le misure di sicurezza eventualmente necessarie.

Art. 690. Gli ordini di servizio per i quali non sia prescritta l'approvazione da parte dell'ingegnere capo devono essere comunicati al Distretto minerario almeno trenta giorni prima della loro attuazione, salvi diversi termini stabiliti dalle altre disposizioni del presente decreto.La comunicazione è fatta mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento.

Art. 691. Senza pregiudizio dell'applicazione delle norme stabilite nel presente decreto, per le miniere che al momento della relativa entrata in vigore risultino in regolare esercizio, la trasmissione degli ordini di servizio già emanati deve essere effettuata entro il termine massimo di un anno dalla pubblicazione del decreto stesso.Quando sia prevista l'approvazione dell'ingegnere capo, questi provvede non oltre il termine di sei mesi dal ricevimento.

Art. 692. Possono continuare nelle funzioni di direttore o di capo servizio coloro che all'entrata in vigore del presente decreto esercitano già tali mansioni da due anni, anche se non posseggono i titoli indicati nel precedente art. 27.

Art. 693.Il presente decreto entra in vigore il 1° gennaio 1960.

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Allegato

Tabella dei pesi massimi ammessi nella lizzatura con tre funi espressi in tonnellate in funzione del carico di rotturadelle funi e della pendenza della via di lizza

------------------------------------------------------------------------------------| Carico di¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ || rottura ¦ 24° ¦ 27° ¦ 30° ¦ 33° ¦ 36° ¦ 39° ¦ 42° ¦ 45° || di ogni ¦ 44% ¦ 50% ¦ 57% ¦ 65% ¦ 73% ¦ 81% ¦ 90% ¦ 100% || fune ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ¦ ||----------+--------+--------+--------+--------+--------+--------+--------+--------|| 20 ¦ 27,8 ¦ 23,6 ¦ 20,6 ¦ 18,4 ¦ 16,6 ¦ 15,1 ¦ 14,0 ¦ 13,0 || 22 ¦ 30,6 ¦ 26,0 ¦ 22,7 ¦ 20,2 ¦ 18,2 ¦ 16,7 ¦ 15,4 ¦ 14,3 || 24 ¦ 33,4 ¦ 28,4 ¦ 24,8 ¦ 22,0 ¦ 19,9 ¦ 18,2 ¦ 16,8 ¦ 15,6 || 26 ¦ 36,1 ¦ 30,7 ¦ 26,8 ¦ 23,8 ¦ 21,5 ¦ 19,7 ¦ 18,2 ¦ 16,9 || 28 ¦ 38,9 ¦ 33,1 ¦ 28,9 ¦ 25,7 ¦ 23,2 ¦ 21,2 ¦ 19,6 ¦ 18,2 || 30 ¦ 41,7 ¦ 35,4 ¦ 31,0 ¦ 27,5 ¦ 24,9 ¦ 22,7 ¦ 21,0 ¦ 19,5 |--------------------------------------------------------------------------------

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DECRETO LEGISLATIVO 25 novembre 1996, n. 624. – Attuazione della direttiva 92/91/CEE relativa alla sicurezza e salute dei lavoratori nelle industrie estrattive per trivellazione e della direttiva 92/104/CEE relativa alla sicurezza e salute dei lavoratori nelle industrie estrattive a cielo aperto o sotterranee

TITOLO I - DISPOSIZIONI GENERALI

Capo I - CAMPO DI APPLICAZIONE

Art. 1 - Attivita' soggetteArt. 2 - DefinizioniArt. 3 - VigilanzaArt. 4 - Esercizio della vigilanzaArt. 5 - Misure generali di tutela

Capo II - OBBLIGHI DEL DATORE DI LAVORO

Art. 6 - Documento di sicurezza e di saluteArt. 7 - ObblighiArt. 8 - Riunione di prevenzione e protezione dai rischiArt. 9 - DSS coordinatoArt. 10 - Contenuti del DSSArt. 11 - Protezione contro gli incendi, le esplosioni e le atmosfere nociveArt. 12 - Mezzi di evacuazione e di salvataggioArt. 13 - Sistemi di comunicazione, di avvertimento e di allarmeArt. 14 - Informazione dei lavoratoriArt. 15 - Sorveglianza sanitaria

Capo III - NORME GENERALI

Art. 16 - Commissione Consultiva Permanente per la prevenzione degli infortuni e l'igiene del lavoroArt. 17 - Modifiche all'articolo 83 del decreto del Presidente della Repubblica n. 886 del 1979Art. 18 - Trasmissione documentazioneArt. 19 - Sistemazione dei luoghi di lavoroArt. 20 - Direttore responsabile e sorvegliante - Denunce di esercizioArt. 21 - Lavoratori competentiArt. 22 - Istruzioni scritteArt. 23 - Incarichi scritti per attivita' in situazioni pericoloseArt. 24 - Lavoratori portatori di handicapArt. 25 - Infortuni ed incidentiArt. 26 - Inchieste sugli infortuniArt. 27 - Infortuni in mareArt. 28 - Statistiche degli infortuni

Capo IV - ATTREZZATURE ED IMPIANTI MECCANICI, ELETTRICI ED ELETTROMECCANICI

Art. 29 - Misure di carattere generaleArt. 30 - Disposizioni specificheArt. 31 - Verifiche periodiche

Capo V - MANUTENZIONE

Art. 32 - Obblighi di manutenzioneArt. 33 - Misure generali di manutenzione del materiale di sicurezzaArt. 34 - Recipienti a pressione

Capo VI - DISPOSIZIONI TECNICHE

Art. 35 - Sosta e trasporto degli esplosivi nel cantiereArt. 36 - Impiego di automezzi per il caricamento dei fori da minaArt. 37 - Vie ed uscite di emergenzaArt. 38 - Illuminazione naturale ed artificialeArt. 39 - Vie di circolazione ed aree con pericoloArt. 40 - Luoghi di lavoro esterniArt. 41 - Attrezzature igienico-sanitarie

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Art. 42 - Norme applicabili

TITOLO II - NORME SPECIFICHE IN MATERIA DI SICUREZZA E DI SALUTE APPLICABILI ALLE ATTIVITA' ESTRATTIVE A CIELO APERTO O SOTTERRANEE, NONCHE' AGLI IMPIANTI PERTINENTI DI SUPERFICIE

Capo I - NORME COMUNI

Art. 43 - Disposizioni sui rischi di esplosione, di incendio e da atmosfere nociveArt. 44 - Protezione contro il rischio di esplosioneArt. 45 - Protezione dalle atmosfere nociveArt. 46 - Misure generali per la protezione dai rischi di incendioArt. 47 - TrasportiArt. 48 - Attrezzature di salvataggioArt. 49 - Esercitazioni di sicurezzaArt. 50 - Misure generali per le aree di depositoArt. 51 - Disposizioni particolari per gli impianti di superficie

Capo II - NORME APPLICABILI ALLE ATTIVITA' A CIELO APERTO

Art. 52 - Coltivazione

Capo III - NORME APPLICABILI ALLE ATTIVITA' IN SOTTERRANEO

Art. 53 - Piani topografici dei lavoriArt. 54 - Vie di uscitaArt. 55 - Misure generali di tutela per gli impianti in sotterraneoArt. 56 - Armature di sostegno e stabilita' dei terreniArt. 57 - VentilazioneArt. 58 - Cantieri grisutosiArt. 59 - Misure generali di tutela per le attività in sotterraneoArt. 60 - Obblighi specifici per le attività in sotterraneoArt. 61 - Misure preventive per l'evacuazione del personaleArt. 62 - Controllo della presenza in sotterraneoArt. 63 - Organizzazione del salvataggio

TITOLO III - NORME SPECIFICHE IN MATERIA DI SICUREZZA E DI SALUTE APPLICABILI ALLE ATTIVITA' ESTRATTIVE CONDOTTE MEDIANTE PERFORAZIONE

Capo I - NORME COMUNI APPLICABILI ALLE ATTIVITA' DI TERRAFERMA ED IN MARE

Art. 64 - Campo di applicazioneArt. 65 - Autorizzazione alla perforazione e sistemi di protezioneArt. 66 - Controllo dei pozziArt. 67 - Personale addettoArt. 68 - CementazioniArt. 69 - Circolazione del fangoArt. 70 - Perforazioni con fluidi diversi dal fangoArt. 71 - Perforazioni per minerali saliniArt. 72 - Rivelazione delle atmosfere nocive o potenzialmente esplosiveArt. 73 - Uso di esplosivo nelle operazioni di prospezione e di perforazioneArt. 74 - Porte e portoniArt. 75 - Misure generali per la libertà di movimento nel posto di lavoroArt. 76 - Operazioni simultaneeArt. 77 - Intervento ai pozziArt. 78 - Comunicazioni in condizioni normali e in caso di emergenzaArt. 79 - Esercitazioni di sicurezza

Capo II - NORME APPLICABILI ALLE ATTIVITA' DI TERRAFERMA

Art. 80 - Sicurezza e lotta antincendioArt. 81 - Norme antincendio per i pozziArt. 82 - Distanze di sicurezzaArt. 83 - Servizio antincendio e piano di emergenzaArt. 84 - Presentazione dei progetti

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Art. 85 - Verifica e collaudo degli impiantiArt. 86 - Impianti elettriciArt. 87 - Attrezzature di salvataggio

Capo III - NORME APPLICABILI ALLE ATTIVITA' A MARE

Art. 88 - Capo piattaforma e ComandanteArt. 89 - Misure generali di prevenzione degli incendiArt. 90 - Prevenzione incendi sulle unità fisse o assimilabiliArt. 91 - Norme antincendioArt. 92 - Impianti modulariArt. 93 - Prescrizioni per gli impianti di superficie e sottomariniArt. 94 - Comandi a distanza in caso di emergenzaArt. 95 - Punti sicuri di raduno e liste d'appelloArt. 96 - Evacuazione e salvataggioArt. 97 - Camera iperbaricaArt. 98 - AlloggiArt. 99 - Movimento degli elicotteri

TITOLO IV - NORME TRANSITORIE E FINALI

Art. 100 - Norma finaleArt. 101 - Adeguamento tecnicoArt. 102 - Disposizioni finanziarieArt. 103 - Norme soppresse

TITOLO V - SANZIONI

Art. 104 - Contravvenzioni commesse dai datori di lavoro, dai titolari, dai dirigenti e dai direttori responsabiliArt. 105 - Contravvenzioni commesse dai preposti e dai sorvegliantiArt. 106 - Violazioni amministrativeArt. 107 - Estinzione delle contravvenzioni

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IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 9 aprile 1959, n. 128, e successive modifiche;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, e successive modifiche;

Vista la legge 17 aprile 1989, n. 150, e successive modifiche;

Visto il decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, come modificato dal decreto legislativo 19 marzo 1996, n. 242;

Vista la legge 22 febbraio 1994, n. 146, ed in particolare gli articoli 1 e 34 e gli allegati A e B;

Vista la legge 6 febbraio 1996, n. 52, ed in particolare l'articolo 6, comma 3;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1979, n. 886, e successive modifiche;

Vista la direttiva n. 92/91 /CEE del Consiglio del 3 novembre 1992, relativa a prescrizioni minime intese al miglioramento della tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori nelle industrie estrattive per trivellazione (undicesima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE);

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio del Ministri, adottata nella riunione dell'11 ottobre 1996;

Acquisiti i pareri delle competenti commissioni permanenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 21 novembre 1996;

Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri dell'industria, del commercio e dell'artigianato e del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri degli affari esteri, di grazia e giustizia, del tesoro, dell'interno, della sanità, per la funzione pubblica e gli affari regionali;

E M A N Ail seguente decreto legislativo:

TITOLO I - DISPOSIZIONI GENERALI

Capo I - CAMPO DI APPLICAZIONE

Art. 1 - Attivita' soggette1. Il presente decreto legislativo prescrive misure per la tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori

durante il lavoro nelle attivita' estrattive di sostanze minerali di prima e di seconda categoria, cosi' come definite dall'articolo 2 del regio decreto 29 luglio 1927, n. 1443, e successive modifiche.

2. Le norme del presente decreto si applicano:a) ai lavori di prospezione, ricerca e coltivazione delle sostanze minerali;b) ai lavori svolti negli impianti connessi alle attivita' minerarie, esistenti entro il perimetro dei permessi di

ricerca, delle concessioni o delle autorizzazioni;c) ai lavori svolti negli impianti che costituiscono pertinenze della miniera ai sensi dell'articolo 23 del regio

decreto n. 1443 del 1927, anche se ubicati fuori del perimetro delle concessioni;d) ai lavori di frantumazione, vagliatura, squadratura e lizzatura dei prodotti delle cave ed alle operazioni

di caricamento di tali prodotti dai piazzali;e) alle attivita' di prospezione, ricerca, coltivazione e stoccaggio degli idrocarburi liquidi e gassosi nel

territorio nazionale, nel mare territoriale e nella piattaforma continentale e nelle altre aree sottomarine comunque soggette ai poteri dello Stato.

3. Per quanto non diversamente disposto, o modificato dal presente decreto, si applicano le norme di cui ai decreti del Presidente della Repubblica 9 aprile 1959, n. 128, e successive modifiche, 24 maggio 1979, n. 886, e successive modifiche, all'articolo 11 della legge 30 luglio 1990, n. 221, al decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, come modificato dal decreto legislativo 19 marzo 1996, n. 242, di seguito complessivamente denominato decreto legislativo n. 626 del 1994.

4. Le disposizioni del presente decreto si applicano, nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e Bolzano, compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione.

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Art. 2 - Definizioni1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente decreto si intendono per:a) luogo di lavoro: ogni luogo destinato ai posti di lavoro ove si svolgono le attività di cui all'articolo 1,

compresi gli alloggi a cui i lavoratori hanno accesso nell'ambito del loro lavoro, la viabilita' interna a servizio dell'attivita' stessa, le discariche, nonché le altre aree di deposito, con l'esclusione, per le attività condotte mediante perforazione, delle aree di magazzinaggio e deposito non direttamente connesse alle attivita' stesse;

b) titolare: l'imprenditore di miniera o cava, o il titolare di permesso di prospezione o di ricerca o di concessione di coltivazione o di autorizzazione di cava;

c) sorvegliante: persona, in possesso delle capacità e delle competenze necessarie, designato dal titolare per la sorveglianza sul luogo di lavoro occupato da lavoratori.

Art. 3 - Vigilanza1. Ai sensi delle norme vigenti:

a) la vigilanza sull'applicazione delle norme in tema di sicurezza e di salute dei lavoratori nelle attivita' minerarie relative a sostanze minerali di prima categoria spetta al Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato che la esercita a mezzo della Direzione generale delle miniere e dei suoi uffici periferici ferme restando le attribuzioni e le competenze delle regioni a statuto speciale e delle Provincie autonome di Trento e Bolzano;

b) per le attivita' estrattive relative a sostanze minerali di seconda categoria, ad acque minerali e termali, alle piccole utilizzazioni locali di fluidi geotermici di cui all'articolo 9 della legge 9 dicembre 1986, n. 896, nonché alla coltivazione delle risorse geotermiche classificate di interesse locale di cui all'articolo 8 della stessa legge n. 896 del 1986, la vigilanza sull’applicazione delle norme in tema di sicurezza e di salute dei lavoratori spetta alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano;

2. Quando l'autorità di vigilanza si avvale delle strutture del Servizio Sanitario Nazionale ai sensi dell'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica n. 128 del 1959, i relativi oneri finanziari sono a carico del datore di lavoro.

Art. 4 - Esercizio della vigilanza1. I funzionari incaricati dell’espletamento dei compiti di vigilanza hanno diritto a visitare le attivita' estrattive.2. I datori di lavoro, i direttori responsabili, i sorveglianti e gli altri dirigenti e preposti hanno l'obbligo di

agevolare i sopralluoghi ispettivi e, quando richiesti, di mettere a disposizione le notizie, i dati nonché, per le attivita' in mare, i mezzi di trasporto necessari per poter effettuare ispezioni nei luoghi di lavoro.

3. Nell'esercizio dei loro compiti, i funzionari incaricati dei controlli ispettivi hanno facolta' di richiedere l'assistenza della forza pubblica e delle Capitanerie di Porto.

Art. 5 - Misure generali di tutela1. Le misure generali per la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, oltre a quelle previste

dall'articolo 3 del decreto legislativo n. 626 del 1994, sono le seguenti:a) i luoghi di lavoro devono essere progettati, realizzati, attrezzati, resi operativi, utilizzati e mantenuti in

efficienza in modo da permettere ai lavoratori di espletare le mansioni loro affidate senza compromettere la salute e la sicurezza propria e degli altri lavoratori;

b) i posti di lavoro devono essere progettati e costruiti secondo criteri ergonomici, tenendo conto della necessita' che i lavoratori abbiano una visione d'insieme delle operazioni che si svolgono sul loro posto di lavoro;

c) i lavori comportanti rischi particolari devono essere affidati soltanto a personale competente ed effettuati conformemente alle istruzioni impartite;

d) devono essere fornite attrezzature adeguate di pronto soccorso;e) devono essere svolte adeguate esercitazioni di sicurezza ad intervalli regolari;f) i luoghi di lavoro devono essere progettati ed organizzati in modo da impedire l'innesco e la

propagazione di incendi e che siano possibili operazioni antincendio rapide ed efficaci;g) i luoghi di lavoro devono essere dotati di adeguati dispositivi per combattere gli incendi e, ove

necessario, di rivelatori d'incendio e sistemi d'allarme;h) i dispositivi di lotta contro gli incendi devono essere indicati con segnaletica conforme alla normativa

vigente, apposta in modo durevole nei punti appropriati, e quelli non automatici devono essere facilmente accessibili, di semplice impiego e protetti contro i rischi di deterioramento;

i) i luoghi di lavoro devono essere dotati di mezzi o sistemi adeguati di estinzione o di intervento per interrompere gli incendi, con riferimento alle specifiche caratteristiche dell'impianto riguardanti il materiale estratto o trattato; gli estintori portatili o carrellati devono essere di tipo approvato ed in numero adeguato, ubicati in luoghi facilmente accessibili, segnalati e collocati in posizioni tali da consentirne l'immediato uso;

l) per attività condotte per perforazione, ove necessario, determinate attrezzature devono poter essere azionate per comando a distanza a partire da apposite postazioni; tali attrezzature devono includere i sistemi di isolamento e le valvole di scarico di pozzi, impianti e condotte;

m) ove necessario, occorre indicare i punti sicuri di raduno, tenere un ruolino d'appello e adottare le opportune disposizioni per il suo funzionamento;

n) Le misure di prevenzione e protezione dai rischi adottate devono essere verificate periodicamente.

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Capo II - OBBLIGHI DEL DATORE DI LAVORO

Art. 6 - Documento di sicurezza e di salute1. Per il settore estrattivo il documento di cui all'articolo 4, comma 2, del decreto legislativo n. 626 del 1994

prende il nome di Documento di Sicurezza e Salute in appresso denominato "DSS".2. Il datore di lavoro, nel DSS, oltre a quanto previsto dall'articolo 4 del decreto legislativo n. 626 del 1994,

indica quanto previsto dall'articolo 10 ed attesta annualmente che i luoghi di lavoro, le attrezzature e gli impianti sono progettati, utilizzati e mantenuti in efficienza in modo sicuro.

3. Il datore di lavoro aggiorna il DSS qualora i luoghi di lavoro abbiano subito modifiche rilevanti, nonché, ove se ne manifesti la necessità, a seguito di incidenti rilevanti.

4. Il datore di lavoro trasmette all'autorità di vigilanza:a) il DSS prima dell'inizio delle attivita';b) gli aggiornamenti del DSS.

Art. 7 - Obblighi1. Il datore di lavoro:

a) designa il sorvegliante nei luoghi di lavoro in cui sono presenti lavoratori;b) trasmette la comunicazione di cui all'articolo 8, comma 11, del decreto legislativo n. 626 del 1994

anche all'autorità di vigilanza di cui all’articolo 3.2. Nell'ambito degli obblighi previsti dal presente decreto, il titolare non può delegare quelli previsti

dall'articolo 9, comma 2, lettera b).

Art. 8 - Riunione di prevenzione e protezione dai rischi1. La riunione periodica di cui all’articolo 11 del decreto legislativo n. 626 del 1994 deve essere tenuta per

ogni luogo di lavoro con piu' di 5 addetti.2. Nel corso della riunione deve essere esaminato il documento di sicurezza di cui all'articolo 6 o all'articolo

9, comprensivo dei suoi aggiornamenti.3. I rappresentanti per la sicurezza hanno accesso, per l’espletamento delle loro funzioni, ai documenti di cui

agli articoli 6 e 9.4. Il datore di lavoro trasmette all'Autorità di vigilanza il verbale della riunione di cui al comma 1.

Art. 9 - DSS coordinato1. In caso di affidamento dei lavori all'interno del luogo di lavoro ad imprese appaltatrici o a lavoratori

autonomi, o comunque quando nello stesso luogo di lavoro sono presenti lavoratori di più imprese, l'articolo 7 del decreto legislativo n. 626 del 1994, si applica limitatamente al comma 1, lettera a).

2. Nei casi di cui al comma 1:a) ciascun appaltatore trasmette al titolare la documentazione di cui all'articolo 4 del decreto legislativo n.

626 del 1994;b) il titolare valuta le documentazioni di cui alla lettera a), i rischi derivanti dal complesso delle attività e le

relative misure di prevenzione e di protezione, e predispone un DSS coordinato, contenente le indicazioni previste dall'articolo 10, nel quale sono specificati l'obiettivo, le misure e le modalità di attuazione del coordinamento;

c) gli appaltatori, previa consultazione dei propri rappresentanti per la sicurezza, sottoscrivono il DSS coordinato di cui alla lettera b), divenendone responsabili per l'attuazione della parte di specifica competenza.

Art. 10 - Contenuti del DSS1. Il DSS di cui all'articolo 6, e quello di cui all'articolo 9, devono contenere la valutazione dei rischi per la

salute e la sicurezza dei lavoratori in relazione all'attività svolta e la conseguente individuazione delle misure e modalità operative, indicando in particolare le soluzioni adottate, o l'assenza di rischio, per ciascuno dei seguenti elementi:a) protezione contro gli incendi, le esplosioni e le atmosfere esplosive o nocive;b) mezzi di evacuazione e salvataggio;c) sistemi di comunicazione, di avvertimento e di allarme;d) sorveglianza sanitaria;e) programma per l'ispezione sistematica, la manutenzione e la prova di attrezzature, della

strumentazione e degli impianti meccanici, elettrici ed elettromeccanici;f) manutenzione del materiale di sicurezza;g) utilizzazione e manutenzione dei recipienti a pressione;h) uso e manutenzione dei mezzi di trasporto;i) esercitazioni di sicurezza;l) aree di deposito;m) stabilità dei fronti;n) armature di sostegno;

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o) modalità della ventilazione;p) zone a rischio di sprigionamenti istantanei di gas, di colpi di massiccio e di irruzioni di acqua;q) evacuazione del personale;r) organizzazione del servizio di salvataggio;s) impiego di adeguate attrezzature di sicurezza per prevenire rischi di eruzione dei pozzi, misure di

controllo del fango di perforazione e misure di emergenza in caso di eruzioni;t) dispositivi di sicurezza e cautele operative in perforazioni con fluidi diversi dal fango;u) impiego dell'uso di esplosivo;v) eventuale programma di attivita' simultanee;z) criteri per l'addestramento in caso di emergenza;aa) misure specifiche per impianti modulari;bb) comandi a distanza in caso di emergenza;cc) indicazione dei punti sicuri di raduno;dd) disponibilità della camera iperbarica;ee) protezione degli alloggi dai rischi di incendio ed esplosione.

2. Il DSS deve altresì contenere indicazioni relative a:a) attività di informazione e formazione dei lavoratori;b) consultazione del rappresentante per la sicurezza.

Art. 11 - Protezione contro gli incendi, le esplosioni e le atmosfere nocive1. Il datore di lavoro prende le misure e le precauzioni adatte al tipo di attivita, al fine di:

a) prevenire, rilevare e combattere l'insorgere e il propagarsi di incendi e di esplosioni;b) impedire la formazione, l'accumulo e l'innesco di atmosfere esplosive o nocive alla salute.

Art. 12 - Mezzi di evacuazione e di salvataggio1. Il datore di lavoro fornisce e mantiene in efficienza i mezzi di evacuazione e di salvataggio appropriati

affinché in caso di pericolo i lavoratori possano abbandonare il luogo di lavoro in modo rapido e sicuro.

Art. 13 - Sistemi di comunicazione, di avvertimento e di allarme1. Il datore di lavoro fornisce e mantiene in efficienza i sistemi di allarme e di comunicazione necessari che

permettano di iniziare immediatamente le operazioni di evacuazione, di soccorso e di salvataggio.

Art. 14 - Informazione dei lavoratori1. Fermo restando quanto previsto dal titolo I, capi V e VI, del decreto legislativo n. 626 del 1994, il datore di

lavoro provvede affinché i lavoratori e i rappresentanti per la sicurezza vengano informati delle misure da prendere in materia di sicurezza e di salute nei luoghi di lavoro; le informazioni devono essere comprensibili per i lavoratori interessati.

2. Ove su uno stesso luogo di lavoro siano presenti due o più rappresentanti per la sicurezza appartenenti a diverse aziende, essi possono costituire una struttura di coordinamento.

Art. 15 - Sorveglianza sanitaria1. Il datore di lavoro sottopone a sorveglianza sanitaria ai sensi del Titolo I del decreto legislativo n. 626 del

1994 i lavoratori per i quali la valutazione dei rischi abbia evidenziato un rischio per la salute.2. Sono fatte salve le disposizioni di cui all'articolo 93 del decreto del Presidente della Repubblica n. 128 del

1959 e all'articolo 64 del decreto del Presidente della Repubblica n. 886 del 1979 nonché quelle di cui al titolo XVI del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 128 del 1959.

3. La sorveglianza sanitaria prevista dalle disposizioni di cui al comma 2 e' attuata dal medico competente in conformita' agli articoli 16 e 17 del decreto legislativo n. 626 del 1994.

Capo III - NORME GENERALI

Art. 16 - Commissione Consultiva Permanente per la prevenzione degli infortuni e l'igiene del lavoro1. La Commissione di cui all’articolo 393 del decreto del Presidente della Repubblica 27/4/55, n. 547, come

sostituito dall'articolo 26 del decreto legislativo n. 626 del 1994, è integrata, per le questioni riguardanti le attività estrattive, da:a) il direttore del Servizio per la sicurezza mineraria della Direzione generale delle miniere;b) due Ingegneri Capi degli uffici periferici della Direzione generale delle miniere designati dal Direttore

generale delle miniere.2. Alla copertura degli oneri relativi alle spese di missione per il personale di cui al comma 1, lettere a) e b), si

fa fronte con le maggiori entrate derivanti dall'applicazione dell'articolo 102.

Art. 17 - Modifiche all'articolo 83 del decreto del Presidente della Repubblica n. 886 del 19791. All'articolo 83, comma 1, del decreto n. 886 del 1979, dopo il numero 12) e' aggiunto il seguente:

[....].2. Al sesto comma dell'articolo 83 del decreto n. 886 del 1979 è aggiunto il seguente periodo: [....]..

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3. Alla copertura degli oneri relativi al personale di cui al comma 1 si fa fronte con le maggiori entrate derivanti dall'applicazione dell'articolo 102.

Art. 18 - Trasmissione documentazione1. All'atto della presentazione della denuncia di esercizio, il titolare allega il DSS relativo all'attivita'

denunciata; il DSS deve essere coerente con il piano ed il programma di coltivazione.2. Il direttore responsabile ed i sorveglianti devono esplicitamente dichiarare nella denuncia di esercizio di

avere piena conoscenza del DSS.3. I piani di emergenza, nei casi di possibile coinvolgimento della popolazione, devono essere trasmessi

all'autorità di protezione civile.

Art. 19 - Sistemazione dei luoghi di lavoro1. Nei luoghi di lavoro le sostanze o i depositi pericolosi devono essere asportati o tenuti sotto controllo per il

tempo necessario in modo che non costituiscano un rischio per la salute e la sicurezza dei lavoratori.2. Fermo restando quanto stabilito dall'articolo 50 del decreto del Presidente della Repubblica n. 128 del

1959, per i posti di lavoro occupati da lavoratori isolati dagli altri occorre prevedere un'idonea sorveglianza o un collegamento con adeguati mezzi di comunicazione.

Art. 20 - Direttore responsabile e sorvegliante - Denunce di esercizio1. L'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica n. 128 del 1959 è sostituito dal seguente:

[....].2. L'articolo 27 del decreto del Presidente della Repubblica n. 128 del 1959 è sostituito dal seguente:

[....].3. Il direttore responsabile sottoscrive il DSS.4. Il direttore responsabile, nella pianificazione dell'attività lavorativa deve attuare quanto previsto dal DSS.5. Per tutti i luoghi di lavoro occupati dai lavoratori il titolare designa, all'atto della denuncia di esercizio, i

sorveglianti in possesso delle capacità e delle competenze necessarie.6. I sorveglianti sottoscrivono il DSS.7. Il comma 1 dell'articolo 50 del decreto del Presidente della Repubblica n. 128 del 1959 si applica a tutte le

attività estrattive di cui al titolo III.8. Il titolare attesta e specifica, all'atto della denuncia di esercizio, il possesso dei requisiti da parte del

direttore responsabile e dei sorveglianti.9. Il titolare puo' assumere egli stesso i compiti di direttore responsabile qualora sia in possesso dei requisiti.10. Il titolare puo' assumere egli stesso i compiti di sorvegliante qualora sia in possesso delle capacita' e

delle competenze necessarie.11. Nell'intestazione del Titolo II del Capo I del decreto del Presidente della Repubblica n. 128 del 1959, le

parole "DISPOSIZIONI RELATIVE ALLE MINIERE" sono soppresse e l'articolo 24 dello stesso decreto e' sostituito dal seguente:[....].

12. L'articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica n. 128 del 1959 è sostituito dal seguente:[....].

13. L'articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica n. 128 del 1959 è sostituito dal seguente:[....].

14. L'articolo 28 del decreto del Presidente della Repubblica n. 128 del 1959 è sostituito dal seguente:[....].

15. I commi primo e secondo dell'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica n. 886 del 1979 sono sostituiti dai seguenti:[....].

16. I commi terzo, quarto e quinto dell'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica n. 886 del 1979 sono soppressi.

17. I commi settimo e ottavo dell’articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica n. 886 del 1979 sono sostituiti dai seguenti:[....].

18. Il comma primo dell'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica n. 886 del 1979 è sostituito dal seguente:[....].

Art. 21 - Lavoratori competenti1. Fermo restando, per i lavori in sotterraneo, il disposto dell'articolo 160 del decreto del Presidente della

Repubblica n. 128 del 1959, il datore di lavoro stabilisce, per ciascun posto di lavoro occupato da lavoratori, il numero di lavoratori necessari, tenuto conto anche dei turni per i lavori piu' gravosi, in possesso della capacita', dell'esperienza e della formazione specifiche per l'esercizio delle funzioni loro affidate.

Art. 22 - Istruzioni scritte

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1. Per ogni luogo di lavoro il datore di lavoro deve curare la predisposizione di istruzioni scritte, opportunamente ubicate e, ove necessario, anche plurilingue, comprensibili a tutti i lavoratori, indicanti le norme da seguire a tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori e a garanzia dell'impiego del materiale in condizioni di sicurezza, nonché sull'uso delle attrezzature di salvataggio e sulle azioni da intraprendere in caso di emergenza sul posto di lavoro o nelle sue vicinanze.

Art. 23 - Incarichi scritti per attivita' in situazioni pericolose1. Per l'esecuzione di attività in situazioni pericolose o di per se non pericolose ma che, interagendo con

altre, possono far insorgere rischi gravi, i lavoratori devono ricevere specifico incarico scritto che deve precisare le condizioni da rispettare e le precauzioni da adottare prima, durante e dopo i lavori.

2. L'incarico è rilasciato dal direttore responsabile o dal sorvegliante prima dell'inizio del lavoro.

Art. 24 - Lavoratori portatori di handicap1. Ove necessario, i posti di lavoro devono essere strutturati tenendo conto delle esigenze dei lavoratori

portatori di handicap; tale obbligo vige in particolare per le porte, i passaggi, le scale, le docce, i lavabi, i gabinetti ed i posti di lavoro da essi utilizzati o occupati direttamente.

2. L'obbligo di cui al comma 1 non si applica a luoghi di lavoro gia' utilizzati prima del 1° gennaio 1995; in tale caso devono comunque essere adottate misure idonee a consentire la mobilità e l'utilizzazione dei servizi sanitari e di igiene personale.

Art. 25 - Infortuni ed incidenti1. I lavoratori sono tenuti a segnalare al piu' presto al sorvegliante ogni infortunio, anche se di piccola entita',

loro occorso in occasione del lavoro.2. Il sorvegliante comunica immediatamente l'infortunio, di cui sia venuto a conoscenza, al datore di lavoro

dell'infortunato, al direttore responsabile ed al titolare, qualora diverso dal datore di lavoro.3. Il direttore responsabile denuncia entro 24 ore, a mezzo telegramma o telefax, all'autorità di vigilanza ogni

infortunio che abbia causato ad una o piu' persone la morte o lesioni guaribili in un tempo superiore a 30 giorni; se, contrariamente alla prognosi iniziale, un infortunato non sia guarito in 30 giorni, il direttore responsabile fa denuncia all'autorità di vigilanza entro la settimana successiva, allegando la documentazione medica.

4. La denuncia di cui al comma 3 deve essere comprensiva di una relazione sottoscritta dal direttore responsabile sulle cause e circostanze dell'infortunio.

5. Il direttore responsabile comunica altresi' all'autorità di vigilanza entro 24 ore, a mezzo telegramma o telefax, tutti gli infortuni causati da emanazione, accensione o scoppio di gas nonché da fuochi, incendi o allagamenti.

6. E' facolta' dell'autorità di vigilanza, in relazione agli accertamenti conseguenti, richiedere la assistenza in merito del Comando provinciale dei Vigili del fuoco.

7. Il direttore responsabile dà immediata comunicazione, all'autorità di vigilanza competente, a mezzo telegramma o telefax, di qualsiasi fatto, incidente o manifestazione sospetta che metta in pericolo la sicurezza delle persone e dei giacimenti.

8. Entro i primi 15 giorni di ogni mese il titolare trasmette all'autorità di vigilanza competente un prospetto riassuntivo, anche se negativo, degli infortuni verificatisi nel mese precedente e che abbiano comportato un'assenza dal lavoro di almeno tre giorni.

Art. 26 - Inchieste sugli infortuni1. Il funzionario dell'autorità di vigilanza competente incaricato della constatazione di un infortunio, assistito

dal direttore responsabile e, ove necessario, da un funzionario dei Vigili del fuoco designato dal Comando provinciale competente, e da un funzionario della Capitaneria di porto per le attivita' in mare, accerta le circostanze che lo hanno determinato, redige verbale di constatazione raccogliendo le dichiarazioni del sorvegliante, dei testimoni e dell'infortunato.

2. Il verbale e le dichiarazioni, completati con una relazione sulle cause dell'infortunio redatta dallo stesso funzionario verbalizzante, vengono trasmessi dall'autorità di vigilanza all'autorità giudiziaria; copia della documentazione deve essere inviata anche al Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato - Direzione generale delle miniere nel caso di minerali di prima categoria e alla regione nel caso di sostanze minerali di seconda categoria e di risorse geotermiche di interesse locale.

3. In caso di infortunio che richieda la denuncia di cui al comma 3, primo periodo dell'articolo 25 a meno che non provvedano altrimenti l'autorità giudiziaria o l'autorità di pubblica sicurezza per motivi di pubblica incolumità, lo stato delle cose non puo' essere mutato fino all'arrivo del funzionario dell'autorità di vigilanza competente che decide in merito; solo in caso di pericolo grave ed immediato per la sicurezza delle persone o delle lavorazioni, è fatta salva la possibilità per il direttore responsabile ed il sorvegliante di modificare, sotto la propria responsabilità, lo stato delle cose nei luoghi di un infortunio, riferendo immediatamente all'autorità di vigilanza competente le modifiche apportate.

Art. 27 - Infortuni in mare1. Per le attivita' estrattive che si svolgono in mare, qualora l'infortunio riguardi personale imbarcato con

contratto di arruolamento sulle navi e sui mezzi nautici impiegati nei lavori, deve essere presentata

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denuncia di infortunio anche all'autorità marittima competente, nei termini, nei modi e per gli effetti di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, fermo restando l'obbligo di denuncia di cui all'articolo 54 dello stesso decreto.

2. Ove l'infortunio si verifichi durante la navigazione, la denuncia deve essere fatta dal Comandante; deve essere altresi' fatta dal Comandante la denuncia degli infortuni riguardanti i componenti dell'equipaggio marittimo avvenuti durante il corso delle operazioni minerarie, ma non a causa di queste.

3. Gli infortuni sono altresi' annotati sul registro di piattaforma.4. Restano ferme le norme riguardanti le inchieste sugli infortuni della gente di mare di cui al Titolo V del

regio decreto 25 gennaio 1937, n. 200, e sui sinistri marittimi di cui alla Parte I, Libro IV, Titoli I e II del Codice della navigazione.

Art. 28 - Statistiche degli infortuni1. Il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato provvede alla rilevazione, all'elaborazione ed alla

pubblicazione di statistiche degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali dei lavoratori nell’industria estrattiva.

Capo IV - ATTREZZATURE ED IMPIANTI MECCANICI, ELETTRICI ED ELETTROMECCANICI

Art. 29 - Misure di carattere generale1. Le attrezzature meccaniche, elettriche ed elettromeccaniche devono essere scelte, installate, messe in

funzione, gestite e sottoposte a manutenzione tenendo in debito conto la sicurezza e la salute dei lavoratori e nel rispetto delle pertinenti normative tecniche.

2. Se le attrezzature di cui al comma 1 sono poste in una zona che presenta o puo' presentare rischi d'incendio o di esplosione, esse devono essere idonee all'impiego in una zona di questo tipo.

3. Ove necessario, le attrezzature devono essere dotate di dispositivi di protezione adeguati e di sistemi di sicurezza intrinseca.

4. Le attrezzature e gli impianti meccanici devono avere resistenza adeguata, essere esenti da difetti manifesti e rispondenti all'uso cui sono destinati.

Art. 30 - Disposizioni specifiche1. Le attrezzature e gli impianti elettrici ed elettromeccanici devono essere di caratteristiche adeguate e

potenza sufficiente all'uso cui sono destinati.2. Le attrezzature e gli impianti meccanici, elettrici ed elettromeccanici devono essere progettati, installati e

protetti in modo da prevenire ogni pericolo; essi devono altresi' essere rispondenti alle norme vigenti o, in assenza, alle raccomandazioni tecniche.

3. Le attrezzature e gli impianti meccanici, elettrici ed elettromeccanici devono essere adatti al tipo di impiego e alla classe di rischio dell'area, nonché rispondere in particolare alle norme per l'utilizzo di apparecchiature elettriche in atmosfera esplosiva di cui ai decreti del Presidente della Repubblica 21 luglio 1982, nn. 675 e 727, nonché alla legge 17 aprile 1989, n. 150, inerente il materiale elettrico destinato ad essere utilizzato in atmosfera esplosiva.

4. Gli impianti di tipo speciale in quanto incorporati in macchine operatrici, quali quelli di sollevamento inseriti nell'impianto di perforazione, devono rispondere a requisiti di sicurezza e di sicuro impiego in funzione del loro utilizzo, secondo le norme vigenti o, in assenza, secondo raccomandazioni tecniche italiane o norme o raccomandazioni tecniche di altri Paesi riconosciute idonee sentita la Commissione di cui all’articolo 83 del decreto del Presidente della Repubblica n. 886 del 1979.

Art. 31 - Verifiche periodiche1. Il datore di lavoro, conformemente alle modalita' di cui al decreto del Ministro del lavoro in data 12

settembre 1959, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 299 dell'11 dicembre 1959, e successive modifiche ed integrazioni, deve denunciare all'autorità di vigilanza competente, prima della loro messa in esercizio, le attrezzature e gli impianti per i quali sono previste verifiche periodiche nei citati decreti n. 547 del 1955, n. 128 del 1959 e n. 886 del 1979.

2. I collaudi degli impianti e le verifiche di attrezzature e di impianti, di competenza dell'autorità di vigilanza sono eseguiti con oneri a carico del datore di lavoro.

3. Per le attività estrattive di minerali di seconda categoria di cui al comma 3 dell'articolo 2 del regio decreto n. 1443 del 1927, le regioni hanno facoltà di incaricare, per le verifiche di cui al comma 2, gli uffici minerari del Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato - Direzione generale delle miniere, ai sensi dell'articolo 62 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616.

4. Le verifiche periodiche degli impianti di messa a terra, delle installazioni e dei dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche omologati ai sensi dell'articolo 1 del decreto interministeriale 15 ottobre 1993, n. 519, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 294 del 16 dicembre 1993, sono condotte dall'autorità di vigilanza competente ad intervalli non superiori a 2 anni.

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5. L'autorità di vigilanza può avvalersi, d'intesa con il datore di lavoro, di Enti e laboratori conformi alle norme tecniche armonizzate, previamente individuate dall'autorità stessa; le spese relative sono a carico del datore di lavoro.

Capo V - MANUTENZIONE

Art. 32 - Obblighi di manutenzione1. Il datore di lavoro provvede a che l'ispezione, la manutenzione e la prova dei componenti delle

attrezzature, degli strumenti di misura e degli impianti siano eseguite da personale competente, a seguito di specifico incarico.

2. Il personale incaricato della manutenzione di cui al comma 1 deve compilare le schede di ispezione e di prova che devono essere opportunamente archiviate e tenute a disposizione dei funzionari dell'autorità di vigilanza.

Art. 33 - Misure generali di manutenzione del materiale di sicurezza1. I materiali di sicurezza devono essere adeguati alla valutazione dei rischi, tenuti costantemente pronti

all'uso e mantenuti in stato d'efficienza.2. La loro manutenzione deve essere curata tenendo debito conto delle attivita' svolte.

Art. 34 - Recipienti a pressione1. I recipienti a pressione devono essere installati, conservati ed utilizzati con le necessarie cautele, secondo

le norme ad essi relative.2. I recipienti a pressione sono soggetti alle verifiche e ai collaudi da parte dell'autorità di vigilanza con le

modalita' stabilite nel decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato del 22 luglio 1986, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 2 gennaio 1987, n. 1, e successive modifiche ed integrazioni.

3. L'autorità di vigilanza può avvalersi, d'intesa con il datore di lavoro, di Enti e laboratori conformi alle norme tecniche armonizzate di riferimento, previamente individuate dall'autorità stessa; le spese relative sono a carico del datore di lavoro.

Capo VI - DISPOSIZIONI TECNICHE

Art. 35 - Sosta e trasporto degli esplosivi nel cantiere1. In caso di assenza di deposito di esplosivo specificamente asservito all'attività estrattiva, il direttore

responsabile deve assicurare che l'esplosivo sia fornito, per quanto possibile, in prossimità dei punti di utilizzo ed in tempi immediatamente precedenti l'impiego dello stesso.

2. Ferme restando le disposizioni di cui al Titolo VIII del decreto del Presidente della Repubblica n. 128 del 1959, la sosta degli esplosivi all'interno dei cantieri di cui al comma 1, in attesa del loro impiego, è consentita solo se effettuata in ambienti idonei alla loro conservazione e sotto la custodia di personale appositamente designato, con dichiarazione scritta, dal datore di lavoro, allo scopo di preservare gli stessi da uso improprio o da sottrazione.

3. Fatte salve le specifiche disposizioni dell'articolo 73, comma 2, il trasporto degli esplosivi nell'ambito del cantiere puo' essere effettuato solo con mezzi e con modalita' approvati dall'autorità di vigilanza.

Art. 36 - Impiego di automezzi per il caricamento dei fori da mina1. Fermo restando il disposto dell'articolo 46 del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e in deroga al primo

comma dell'articolo 336 del decreto del Presidente della Repubblica 9 aprile 1959 n. 128, la miscelazione dei prodotti utilizzati per il caricamento dei fori da mina, nonché il caricamento stesso, possono essere effettuati con automezzi riconosciuti idonei dal Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato ai sensi dell'articolo 297 del decreto del Presidente della Repubblica n. 128 del 1959, e conformemente alle prescrizioni stabilite, caso per caso, dall'autorità di vigilanza.

2. I prodotti miscelati dai mezzi di cui al comma 1 debbono essere utilizzati solo nei fori da mina in prossimità dell'automezzo e non possono essere incartucciati o alienati.

Art. 37 - Vie ed uscite di emergenza1. Ai luoghi di lavoro ubicati in superficie si applicano le disposizioni dei commi 3, 4, 6, 7, 9, 10 e 11

dell'articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica n. 547 del 1955, come sostituito dall'articolo 33, comma 1, del decreto legislativo n. 626 del 1994.

2. Le vie e uscite di emergenza devono rimanere sgombre e sboccare il piu' rapidamente possibile all'aperto o in una zona di sicurezza, in un punto di raduno o in area di sgombero sicuri.

3. Nelle attivita' estrattive condotte mediante perforazione, i luoghi di lavoro delimitati da recinzione, i locali di alloggio e i locali di soggiorno devono avere almeno due uscite di emergenza distinte, poste alla massima distanza possibile l'una dall'altra e che sboccano in una zona sicura, in un punto di raduno o in un'area di sgombero sicuri.

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Art. 38 - Illuminazione naturale ed artificiale1. Le disposizioni dell'articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, come

sostituito dall'articolo 33, comma 8, del decreto legislativo n. 626 del 1994 si applicano ai luoghi di lavoro del settore estrattivo.

2. Restano ferme, per le attività in sotterraneo, le disposizioni dell'articolo 290 del decreto del Presidente della Repubblica n. 128 del 1959.

3. Nelle attività condotte mediante perforazione, le zone operative di controllo, le vie di emergenza, i punti di imbarco, le zone soggette a rischio devono essere illuminate costantemente; se i locali di lavoro sono occupati solo occasionalmente, tale obbligo è limitato al tempo in cui i lavoratori sono presenti.

Art. 39 - Vie di circolazione ed aree con pericolo1. Alle miniere e alle cave si applicano le disposizioni dell'articolo 8 del decreto del Presidente della

Repubblica n. 547 del 1955, come sostituito dall'articolo 33, comma 3, del decreto legislativo n. 626 del 1994, limitatamente ai commi 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 8 per le attività condotte in sotterraneo.

2. Ove al luogo di lavoro abbiano accesso veicoli o macchinari, devono essere fissate specifiche regole di traffico.

Art. 40 - Luoghi di lavoro esterni1. Ai luoghi di lavoro esterni si applicano le disposizioni di cui all'articolo 11, commi 3 e 7, del decreto del

Presidente della Repubblica n. 547 del 1955 e successive modifiche.

Art. 41 - Attrezzature igienico-sanitarie1. Alle attrezzature igienico sanitarie si applicano le disposizioni degli articoli 37, 39 e 40 del decreto del

Presidente della Repubblica n. 303 del 1956, come sostituiti dall'articolo 33 del decreto legislativo n. 626 del 1994.

2. Ad ogni lavoratore deve essere consentita la possibilita' di far asciugare i propri indumenti da lavoro.3. Ferme restando le disposizioni dell'articolo 669 del decreto del Presidente della Repubblica n. 128 del

1959, per i posti di lavoro ubicati in sotterraneo, i locali per i gabinetti e i lavabi di cui all'articolo 39 del decreto del Presidente della Repubblica n. 303 del 1956, come sostituito dall'articolo 33, comma 12, del decreto legislativo n. 626 del 1994, possono essere ubicati in superficie.

Art. 42 - Norme applicabili1. Alle attivita' estrattive si applicano gli articoli 7, 9, 11 e 14 del decreto del Presidente della Repubblica n.

303 del 1956, come sostituiti dall'articolo 33 del decreto legislativo n. 626 del 1994.

TITOLO II - NORME SPECIFICHE IN MATERIA DI SICUREZZA E DI SALUTE APPLICABILI ALLE ATTIVITA' ESTRATTIVE A CIELO APERTO O SOTTERRANEE, NONCHE' AGLI IMPIANTI PERTINENTI DI SUPERFICIE

Capo I - NORME COMUNI

Art. 43 - Disposizioni sui rischi di esplosione, di incendio e da atmosfere nocive1. Il datore di lavoro, ove abbia previsto la possibile presenza di sostanze nocive o potenzialmente esplosive

nell'atmosfera, fornisce strumenti per misurarne la concentrazione definendone le modalità di misurazione e, qualora preveda misurazioni automatiche o manuali, le modalita' di registrazione e conservazione dei valori misurati

2. Il direttore responsabile provvede all'impiego delle apparecchiature di cui al comma 1, ai fini della misurazione automatica e continua delle concentrazioni di gas in luoghi specifici, nonché dei sistemi automatici di allarme e dei dispositivi per l'arresto automatico degli impianti elettrici e dei motori a combustione interna.

3. Ferme restando le piu' specifiche disposizioni contenute nel decreto del Presidente della Repubblica n. 128 del 1959, nelle zone esposte a rischi specifici d'incendio o d'esplosione è vietato fumare; è altresì vietato utilizzare in tali zone fiamme non protette, nonché effettuarvi lavori che comportino un rischio d'incendio o di esplosione, a meno che siano state adottate precauzioni sufficienti per prevenire lo sviluppo di tali fenomeni.

Art. 44 - Protezione contro il rischio di esplosione1. Ferme restando le disposizioni di cui ai Titoli X e XI del decreto del Presidente della Repubblica n. 128 del

1959, il datore di lavoro prende tutti i provvedimenti necessari per prevenire la formazione, l'accumulo e l'innesco di miscele esplosive.

Art. 45 - Protezione dalle atmosfere nocive

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1. Ferme restando le disposizioni di cui al Titolo XIV del decreto del Presidente della Repubblica n. 128 del 1959, in caso di accumuli o di possibili accumuli di sostanze nocive nell'atmosfera, il datore di lavoro prevede misure adeguate per garantirne la soppressione alla fonte, oppure per estrarli o eliminarli in prossimita' della fonte, oppure per diluire gli accumuli delle stesse; il sistema adottato deve essere in grado di evitare rischi per i lavoratori.

2. Ferme restando le disposizioni contenute nel Titolo IV del decreto legislativo n. 626 del 1994, nelle zone ove i lavoratori possono essere esposti ad atmosfere nocive per la loro salute, il datore di lavoro fornisce, in numero sufficiente, adeguati apparecchi di respirazione e, ove necessario, di rianimazione; in tali casi il datore di lavoro fa sì che sul luogo di lavoro sia presente un numero sufficiente di lavoratori in grado di utilizzare tali apparecchi e che il materiale sia conservato in modo adeguato.

3. All'articolo 634 del decreto del Presidente della Repubblica n. 128 del 1959, dopo le parole; "di cui ai seguenti articoli 635 e 636" sono aggiunte le parole: "e dell'atmosfera".

Art. 46 - Misure generali per la protezione dai rischi di incendio1. Sul luogo di lavoro devono essere esposte indicazioni in cui siano specificate le misure previste per

prevenire, individuare e combattere l'innesco e la propagazione di incendi.2. Il decreto di cui all'articolo 13, comma 2, del decreto legislativo n.626 del 1994 è esteso al settore

estrattivo.

Art. 47 - Trasporti1. Ferme restando le disposizioni di cui al Titolo V del decreto del Presidente della Repubblica n. 128 del

1959, il direttore responsabile predispone le misure necessarie affinché i mezzi semoventi e gli impianti di trasporto siano posti in opera, utilizzati e soggetti a manutenzione in modo tale da garantire la sicurezza e la salute dei conducenti, dei lavoratori che ne fanno uso o che si trovano in loro prossimità.

2. I mezzi meccanici di trasporto dei lavoratori devono essere messi in opera in maniera corretta ed utilizzati secondo istruzioni scritte del direttore responsabile.

Art. 48 - Attrezzature di salvataggio1. Ferme restando le disposizioni di cui all'articolo 535 del decreto del Presidente della Repubblica n. 128 del

1959, il datore di lavoro mette a disposizione attrezzature di salvataggio pronte all'uso e collocate in appositi locali, facilmente accessibili.

2. I lavoratori devono ricevere un addestramento adeguato sulle azioni da intraprendere in caso di emergenza.

3. Le attrezzature di cui al comma 1, devono essere oggetto di segnaletica conforme alla normativa vigente.

Art. 49 - Esercitazioni di sicurezza1. Il direttore responsabile dispone affinché in tutti i luoghi di lavoro abitualmente occupati siano effettuate, ad

intervalli periodici, esercitazioni di sicurezza; durante tali esercitazioni, fra l'altro, deve essere curato e verificato l'addestramento di tutte le persone cui, in caso di emergenza, siano assegnati compiti richiedenti l’impiego, la manipolazione o la messa in funzione di attrezzature di salvataggio; ove possibile, i lavoratori devono potersi esercitare al corretto uso di dette attrezzature.

Art. 50 - Misure generali per le aree di deposito1. I depositi di sterili, i cumuli, ì terreni e altre aree di deposito nonché i bacini di decantazione devono,

conformemente alle normative tecniche vigenti, essere progettati, costruiti, organizzati e gestiti in modo da garantirne la stabilità e da salvaguardare la sicurezza e la salute dei lavoratori.

Art. 51 - Disposizioni particolari per gli impianti di superficie1. Agli impianti di superficie si applicano le disposizioni di cui agli articoli 8, 11 e 14 del decreto del

Presidente della Repubblica n. 547 del 1955 e all'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica n. 303 del 1956, come sostituite dall'articolo 33 del decreto legislativo n. 626 del 1994.

2. I luoghi di lavoro devono essere progettati, costruiti, installati, gestiti e sottoposti a controlli e a manutenzione in modo tale da avere struttura e solidita' confacenti al tipo d'impiego e resistere alle sollecitazioni di intensità prevedibile.

3. I locali di lavoro devono avere una superficie, un'altezza ed un volume tali da consentire ai lavoratori di svolgere la loro attivita' senza pregiudizio per la sicurezza, la salute o il benessere.

4. Le dimensioni della superficie libera sul posto di lavoro devono essere tali da consentire ai lavoratori liberta' di movimento sufficiente per la loro attivita' nonché per l'esecuzione del proprio lavoro in condizioni di sicurezza.

Capo II - NORME APPLICABILI ALLE ATTIVITA' A CIELO APERTO

Art. 52 - Coltivazione1. Prima dell'inizio dei lavori di coltivazione, il datore di lavoro predispone una relazione sulla stabilita' dei

fronti che prenda in considerazione i rischi di caduta di massi e di franamento; in tale relazione, in

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conformità alle vigenti normative tecniche, devono essere definite, in funzione della natura e dello stato del terreno nonché dei macchinari impiegati, l'altezza e la pendenza dei fronti di coltivazione e dei terreni di copertura nonché il metodo di coltivazione impiegato; la relazione è aggiornata annualmente.

2. Ferme restando le disposizioni del Capo II del Titolo IV del decreto del Presidente della Repubblica n. 128 del 1959, il direttore responsabile, nella pianificazione dell'attivita' lavorativa, si attiene ai seguenti criteri:a) i gradoni e le vie di carreggio devono avere larghezza adeguata a consentire la circolazione del

personale e l’operativita' delle macchine ivi utilizzate, nonché stabilita' sufficiente a sopportarne il peso, la loro sistemazione e manutenzione devono permettere il movimento delle macchine in condizioni di assoluta sicurezza;

b) in fase di scavo al piede delle fronti o dei cumuli devono essere evitate situazioni di instabilita'.

Capo III - NORME APPLICABILI ALLE ATTIVITA' IN SOTTERRANEO

Art. 53 - Piani topografici dei lavori1. All'articolo 33, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 128 del 1959 è aggiunto il

seguente periodo:[....].

Art. 54 - Vie di uscita1. Il primo comma dell'articolo 141 del decreto del Presidente della Repubblica n. 128 del 1959 è sostituito

dal seguente:[....].

Art. 55 - Misure generali di tutela per gli impianti in sotterraneo1. Gli impianti in cui si eseguono lavori sotterranei devono essere predisposti, utilizzati, attrezzati e sottoposti

a manutenzione in modo tale che il personale possa lavorare e circolare all'interno con il minimo rischio.2. Le gallerie devono essere munite di segnaletica in modo da facilitare l'orientamento dei lavoratori.

Art. 56 - Armature di sostegno e stabilita' dei terreni1. Fatte salve le disposizioni dell’articolo 148 del decreto del Presidente della Repubblica n. 128 del 1959, le

armature per il sostegno delle gallerie, dei cantieri e di ogni altro scavo, devono essere realizzate in conformità a specifiche istruzioni scritte del direttore responsabile.

2. I luoghi di lavoro e le vie di transito cui hanno accesso i lavoratori devono essere regolarmente ispezionati per verificare la stabilita' dei terreni e l'efficacia dell'armatura, che deve essere conseguentemente sottoposta a regolare manutenzione.

Art. 57 - Ventilazione1. Il primo comma dell'articolo 258 del decreto del Presidente della Repubblica n. 128 del 1959 è sostituito

dal seguente:[....].

2. Il direttore responsabile attua i provvedimenti necessari per assicurare la stabilità e la continuita' della ventilazione e per il controllo continuo della depressione dei ventilatori principali; a tal fine un allarme automatico deve segnalare anomalie impreviste.

Art. 58 - Cantieri grisutosi1. Le disposizioni del Titolo X del decreto del Presidente della Repubblica n. 128 del 1959 come modificato

dal presente decreto sono applicabili a tutte le attività estrattive condotte in sotterraneo.2. All'articolo 423 del decreto del Presidente della Repubblica n. 128 del 1959, dopo il terzo comma, sono

aggiunti i seguenti:[....].

3. I primi tre commi dell'articolo 440 del decreto del Presidente della Repubblica n. 128 del 1959 sono sostituiti dal seguente:[....].

4. L’articolo 575 del decreto del Presidente della Repubblica n. 128 del 1959 è sostituito dal seguente:[....].

Art. 59 - Misure generali di tutela per le attività in sotterraneo1. Ferme restando le disposizioni di cui ai Titoli X e XIII del decreto del Presidente della Repubblica n. 128

del 1959, nelle zone esposte a sprigionamenti istantanei di gas, con o senza proiezioni di roccia, a colpi di massiccio o ad irruzioni d'acqua, l'attivita' lavorativa deve essere pianificata e condotta in modo da garantire per quanto possibile un metodo di lavoro sicuro e la sicurezza dei lavoratori.

2. Le disposizioni del Titolo XIIdel decreto del Presidente della Repubblica n. 128 del 1959 sono applicabili a tutte le attività estrattive condotte in sotterraneo.

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3. L'impiego di materiali combustibili nei cantieri in sotterraneo deve essere limitato alla quantita' strettamente necessaria.

4. Nelle attivita' estrattive di cui all'articolo 587 del decreto del Presidente della Repubblica n. 128 del 1959, qualora sia necessario utilizzare fluidi per la trasmissione di energia meccanica, idrostatica ed idrocinetica, devono essere utilizzati, per quanto possibile, fluidi idraulici difficilmente infiammabili, per evitare il rischio di incendio e della sua propagazione, nonché il rischio dello sviluppo di gas nocivi; i fluidi idraulici devono essere conformi a specifiche condizioni di prova relative alla resistenza al fuoco nonché a criteri di sicurezza e di igiene; quando vengono utilizzati fluidi idraulici non conformi alle specifiche condizioni ed ai criteri di cui sopra, devono essere prese precauzioni supplementari per evitare il maggior rischio di incendio e di propagazione dell'incendio.

Art. 60 - Obblighi specifici per le attività in sotterraneo1. Il datore di lavoro prende i provvedimenti idonei ad individuare le zone a rischio di sprigionamento

istantaneo di gas, con o senza proiezioni di roccia, colpi di massiccio o irruzione d'acqua, a proteggere i lavoratori nei cantieri che procedono verso o attraversano queste zone, a tenere sotto controllo detti rischi ed a prevenire ed individuare tempestivamente i fenomeni di surriscaldamento.

Art. 61 - Misure preventive per l'evacuazione del personale1. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori apparecchi autorespiratori, da conservare in appositi locali vicino al

posto di lavoro, e ne controlla l'efficienza.2. I lavoratori devono essere addestrati all'uso degli apparecchi di cui al comma 1.

Art. 62 - Controllo della presenza in sotterraneo1. Il direttore responsabile provvede affinché in ogni momento siano noti il numero ed i nomi delle persone

presenti in una miniera o in una cava sotterranee; l'elenco di tali persone deve essere esibito ad ogni richiesta dei funzionari dell'autorità di vigilanza competente.

Art. 63 - Organizzazione del salvataggio1. Ferme restando le piu' specifiche disposizioni di cui al Capo X del Titolo X nonché agli articoli 656, 657 e

658 del decreto del Presidente della Repubblica n. 128 del 1959, in ogni miniera o cava sotterranea, il datore di lavoro organizza un servizio di salvataggio appropriato per poter condurre rapidamente ed efficacemente un'azione adeguata in caso di gravi incidenti; tale organizzazione deve poter disporre, per intervenire in qualsiasi cantiere di coltivazione o di ricerca in sotterraneo, di un numero sufficiente di soccorritori addestrati e di materiale di salvataggio adeguato.

TITOLO III - NORME SPECIFICHE IN MATERIA DI SICUREZZA E DI SALUTE APPLICABILI ALLE ATTIVITA' ESTRATTIVE CONDOTTE MEDIANTE PERFORAZIONE

Capo I - NORME COMUNI APPLICABILI ALLE ATTIVITA' DI TERRAFERMA ED IN MARE

Art. 64 - Campo di applicazione1. Il presente titolo prescrive misure per la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori durante il lavoro

nelle attivita' estrattive condotte mediante perforazione, intendendosi per tali:a) le attivita' di coltivazione di sostanze minerali e delle energie del sottosuolo, industrialmente utilizzabili,

sotto qualsiasi forma o condizione fisica, attuata mediante perforazione;b) le attivita' di prospezione e di ricerca finalizzate a tale coltivazione;c) le attivita' di lavorazione e di stoccaggio delle materie estratte per renderle idonee alla

commercializzazione, escluse le successive attivita' di trasformazione delle materie stesse, relativamente ai lavori svolti negli impianti che costituiscono pertinenze minerarie ai sensi dell'articolo 23 del regio decreto n. 1443 del 1927, anche se ubicati al di fuori del perimetro delle concessioni;

d) le attivita' di stoccaggio in giacimento attuate mediante perforazione.2. Le norme del presente titolo non si applicano alle perforazioni eseguite all'interno

dei sotterranei delle miniere e delle cave.

Art. 65 - Autorizzazione alla perforazione e sistemi di protezione1. Il primo comma dell'articolo 60 del decreto del Presidente della Repubblica n. 128 del 1959 è sostituito dal

seguente:[....].

2. L'articolo 72 del decreto del Presidente della Repubblica n. 128 del 1959 e' sostituito dal seguente:[....].

Art. 66 - Controllo dei pozzi

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1. Il titolare valuta la possibilità del verificarsi di eruzioni durante la perforazione e adotta le adeguate attrezzature di sicurezza per prevenire tale rischio, stabilendo le misure di controllo del fango, nonché le misure di emergenza in caso di eruzione; tali attrezzature devono consentire la chiusura del pozzo in ogni condizione operativa. Il titolare può prevedere nel DSS l'uso parziale o il non impiego delle attrezzature di sicurezza nei soli casi di perforazioni intese allo sviluppo e alla coltivazione di giacimenti di caratteristiche già note quando egli esclude la possibilità di eruzioni.

2. L'articolo 82 del decreto del Presidente della Repubblica n. 128 del 1959 è sostituito dal seguente:[....].

3. L'articolo 83 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 128 del 1959 è sostituito dal seguente:[....].

4. L'articolo 85 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 128 del 1959 è sostituito dal seguente[....].

Art. 67 - Personale addetto1. Il personale addetto alla manovra dei dispositivi per l'azionamento delle attrezzature di sicurezza deve

essere sottoposto da parte del datore di lavoro, ogni due anni, ad un corso di aggiornamento sulle tecniche operative di controllo delle eruzioni.

2. Al termine del corso di cui al comma 1 devono essere rilasciati i relativi attestati.

Art. 68 - Cementazioni1. L'articolo 89 del decreto del Presidente della Repubblica n. 128 del 1959 è sostituito dal seguente:

[....].

Art. 69 - Circolazione del fango1. Il secondo comma dell'articolo 79 del decreto del Presidente della Repubblica n. 128 del 1959 è sostituito

dal seguente:[....].

Art. 70 - Perforazioni con fluidi diversi dal fango1. Quando la situazione geologica e giacimentologica lo imponga, l'autorità di vigilanza puo' autorizzare la

perforazione di pozzi o di parte di essi con circolazione a fanghi aerati o ad aria.2. Sono comunque obbligatori un dispositivo rotante di protezione contro le eruzioni, una pompa collegabile

al foro e vasche con riserve di fango o acqua pari ad almeno il 150% del volume del foro previsto.

Art. 71 - Perforazioni per minerali salini1. Alle attivita' di ricerca, sviluppo e coltivazione di minerali salini per dissoluzione non si applicano gli articoli

73, 74, 75, 83, 84, 85, 86 e 90 del decreto del Presidente della Repubblica n. 128 del 1959, come modificati dal presente decreto, nonche' l'articolo 66, comma 1.

Art. 72 - Rivelazione delle atmosfere nocive o potenzialmente esplosive1. Durante le operazioni di perforazione, nonché in quelle di coltivazione di idrocarburi, il datore di lavoro, in

relazione alla valutazione dei rischi, provvede a che siano installati sistemi per valutare la presenza e misurare la concentrazione di sostanze nocive o potenzialmente esplosive, con particolare riguardo agli idrocarburi gassosi e all'idrogeno solforato, entro le zone definite pericolose nonché nei locali chiusi in cui possa verificarsi la formazione, anche accidentale, di concentrazioni di tali sostanze.

2. I sistemi di cui al comma 1 devono essere in grado di fornire, a livelli di concentrazione prefissati, un allarme generale luminoso ed uno acustico, udibile in tutti i punti del luogo di lavoro, e devono contenere, ove necessario, dispositivi per l'arresto automatico delle attrezzature elettriche e dei motori a combustione interna.

3. In caso di fuori servizio del sistema di monitoraggio, le operazioni di perforazione o di coltivazione possono essere proseguite per la sola messa in sicurezza dell'impianto, o per il tempo strettamente necessario alla riattivazione del sistema, a condizione che un adeguato controllo venga assicurato mediante apparecchiature portatili a rilevazione continua.

4. Il datore di lavoro prevede il collegamento dei dispositivi di monitoraggio ad un sistema di registrazione dei valori, ove esistente, per i controlli dell'autorità di vigilanza.

5. Il datore di lavoro, ove abbia previsto la possibile presenza di sostanze nocive o potenzialmente esplosive nell'atmosfera, prevede sistemi per l’aspirazione o per la diluizione in modo da non creare rischi per i lavoratori, nonché un numero sufficiente di mezzi individuali di protezione quali autorespiratori e mezzi di rianimazione da conservare in modo adeguato.

6. La dislocazione e il numero di sensori, il livello di allarme, gli interventi da compiere e le misure da adottare, e i sistemi e i mezzi di cui al comma 5 devono essere indicati in un ordine di servizio, trasmesso all'autorità di vigilanza dal direttore responsabile.

7. Nei luoghi di cui al comma 6 deve essere presente un numero sufficiente di lavoratori in grado di azionare i sistemi di aspirazione.

8. Le parti del luogo di lavoro interessate da possibile presenza di idrogeno solforato devono essere individuate con apposita segnaletica conforme alla normativa vigente.

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Art. 73 - Uso di esplosivo nelle operazioni di prospezione e di perforazione1. Per le operazioni di prospezione che avvengano mediante l'uso di esplosivo, il DSS deve essere redatto

tenendo presenti gli articoli 296, 297, 305, 317, 318, 320, 321, 322, 323, 336, 337, 338, 339, 340, 342, 343, 345, 346, 349, 350, 352, 353, 354 e 355 del decreto del Presidente della Repubblica n. 128 del 1959.

2. Ferme restando le disposizioni di cui al Titolo VIII del decreto del Presidente della Repubblica n. 128 del 1959, l'impiego di esplosivi per le operazioni di perforazione e taglio delle colonne, di prelievo delle carote di parete e di svincolo delle batterie, non è soggetto all'autorizzazione dell’autorità di vigilanza.

3 Nelle operazioni di cui al comma 2 l'incaricato delle operazioni in possesso di patente di fochino, avvertito il sorvegliante, da' esecuzione ai lavori relativi, in conformità alle disposizioni e cautele stabilite dal direttore responsabile, in particolare per quanto riguarda il trasporto degli esplosivi all'interno del luogo di lavoro, la detenzione delle attrezzature di innesco e le operazioni preparatorie.

Art. 74 - Porte e portoni1. La posizione, il numero, i materiali da utilizzare per la loro costruzione e le dimensioni di porte e portoni

devono essere determinati in funzione della natura e della destinazione dei locali o delle aree interessate.2. Ove, per impedire l'accesso ad un'area, si usino catene o dispositivi analoghi, questi devono essere

chiaramente visibili ed opportunamente indicati con segnali di divieto o di avvertimento.3. Alle attività di cui al presente capo si applica l'articolo 14, commi 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15 e 16 del

decreto del Presidente della Repubblica n. 547 del 1955 come sostituito dall'articolo 33 del decreto legislativo n. 626 del 1994.

Art. 75 - Misure generali per la libertà di movimento nel posto di lavoro1. Nei luoghi di lavoro di cui al presente capo si applicano le disposizioni di cui all'articolo 51, commi 2, 3 e 4.

Art. 76 - Operazioni simultanee1. Si intendono per operazioni simultanee tutte quelle operazioni, da effettuarsi in contemporanea da uno

stesso cantiere o piattaforma per lo sviluppo e la coltivazione di un giacimento, che, oltre alla perforazione, prevedono produzione, work-over, lavori di saldatura e taglio, o comunque uso di fiamme libere, nonche' movimentazione di carichi suscettibile di arrecare danni ad apparecchiature ed impianti.

2. Il titolare che intenda eseguire operazioni simultanee è tenuto a chiedere autorizzazione all'autorità di vigilanza presentando un piano dei lavori comprensivo:a) del programma di perforazione dei pozzi;b) del programma di intervento ai pozzi;c) delle operazioni speciali da eseguire.

3. Il piano di cui al comma 2, deve essere modificato o aggiornato ogni qualvolta vengano programmate operazioni simultanee che differiscano in modo significativo da quelle indicate nel piano operativo generale.

4. Il titolare deve prevedere nel DSS un programma generale delle attivita' simultanee da condurre e deve in particolare dimostrare che dallo svolgimento delle attività simultanee non deriva un aggravio dei rischi per il personale, le strutture, l'ambiente ed il buon governo del giacimento.

5. Durante lo svolgimento delle operazioni simultanee il direttore responsabile deve essere presente sul luogo di lavoro.

6. Nel caso di operazioni in mare il direttore responsabile assume anche le funzioni di Capo piattaforma e si deve avvalere di un sorvegliante per l'attivita' di perforazione o di work-over e di un sorvegliante per le attivita' di produzione.

7. L'autorità di vigilanza richiede il parere del competente Comando provinciale dei VV.F. sulle misure previste per la protezione antincendio.

Art. 77 - Intervento ai pozzi1. Il titolare, prima dell'inizio delle operazioni di intervento ai pozzi, presenta alla autorità di vigilanza il

programma dei lavori che deve contenere il motivo dell'intervento, tutti i dati significativi del pozzo, l'impianto impiegato, le apparecchiature di sicurezza previste, la sequenza delle operazioni con le eventuali alternative, la metodologia di controlli di eventuali pozzi adiacenti, la durata stimata delle operazioni.

2. Trascorsi 30 giorni dalla data di ricevimento del programma lavori senza che l'autorità di vigilanza abbia comunicate le proprie decisioni, il programma si intende approvato.

3. L'autorità di vigilanza puo' impartire eventuali disposizioni in merito all'esecuzione delle operazioni di intervento.

4. Interventi di emergenza ai pozzi possono essere effettuati in qualsiasi momento dandone successiva comunicazione alla autorità di vigilanza.

Art. 78 - Comunicazioni in condizioni normali e in caso di emergenza1. Il datore di lavoro, in relazione alla valutazione dei rischi, fornisce per ogni luogo di lavoro occupato da

lavoratori:

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a) un sistema capace di dare l'allarme con segnali visivi ed acustici in ogni posto di lavoro occupato da lavoratori;

b) un sistema di comunicazione udibile distintamente in tutti i punti dell'impianto;c) per le attivita' che si svolgono in mare, un sistema in grado di mantenere le comunicazioni con la

terraferma e i sensori di emergenza.2. I dispositivi di attivazione dell'allarme di cui al comma 1, lettera a), devono essere collocati in apposite

postazioni.3. Il datore di lavoro, in caso di presenza di lavoratori in luoghi di lavoro non abitualmente presidiati, deve

mettere a loro disposizione sistemi di comunicazione adeguati alle circostanze.4. Per le attivita' che si svolgono in mare, i sistemi di cui al comma 1 devono poter rimanere operativi anche

in caso di emergenza; il sistema acustico deve essere integrato da sistemi alimentati da fonti energetiche non vulnerabili.

Art. 79 - Esercitazioni di sicurezza1. Ad intervalli regolari, in tutti i luoghi di lavoro abitualmente occupati devono essere effettuate esercitazioni

di sicurezza nel corso delle quali:a) si cura e si verifica l'addestramento dei lavoratori incaricati, in caso di emergenza, di compiti specifici

per i quali sia necessario usare, maneggiare o mettere in funzione attrezzature di soccorso, nonché la loro attitudine ad eseguire i compiti loro affidati; ove possibile, i lavoratori devono potersi esercitare ad usare, maneggiare o mettere in funzione dette attrezzature;

b) tutte le attrezzature di soccorso usate durante l’esercitazione sono esaminate, pulite ed eventualmente ricaricate o sostituite e tutte le attrezzature portatili rimesse nel luogo nel quale abitualmente sono riposte;

c) viene verificato, per le attivita' che si svolgono in mare, il funzionamento delle imbarcazioni di sopravvivenza.

Capo II - NORME APPLICABILI ALLE ATTIVITA' DI TERRAFERMA

Art. 80 - Sicurezza e lotta antincendio1. Sul luogo di lavoro devono essere esposte le istruzioni antincendio, in cui siano specificate le misure

previste per prevenire, individuare e combattere l'innesco e la propagazione di incendi.2. I luoghi di lavoro devono essere dotati di rivelatori di incendio collegati a un sistema di allarme, da

collocare in idonee postazioni, capace di dare l'allarme con segnali visivi ed acustici; il segnale acustico deve esser udibile in tutti i punti del luogo di lavoro.

3. Le reti antincendio devono avere un numero adeguato di idranti, razionalmente distribuiti e devono disporre di una alimentazione alternativa; l'avviamento delle pompe della rete antincendio deve essere automatico, comandato dalla pressione di rete.

Art. 81 - Norme antincendio per i pozzi1. Al primo comma dell'articolo 94 del decreto del Presidente della Repubblica n. 128 del 1959, le parole

"Entro 30 m dall'asse del pozzo" sono sostituite da: "Nell'intorno dei pozzi e nei luoghi ove la valutazione dei rischi abbia evidenziato la possibilita' di accumulo di gas, ed in ogni caso entro le aree pericolose"

2. Al quarto comma dell'articolo 94 del decreto del Presidente della Repubblica n. 128 del 1959, le parole "con le cautele che per ogni singolo pozzo o gruppo di pozzi sono stabilite con ordine di servizio predisposto dalla direzione del cantiere." sono sostituite da: "con le modalità stabilite per iscritto dal datore di lavoro; durante tali lavori deve essere sempre disponibile sul posto un estintore."

Art. 82 - Distanze di sicurezza1. All'articolo 74 del decreto del Presidente della Repubblica n. 128 del 1959, le parole "Distanze minori, fino

a 20 m e 10 m rispettivamente, possono essere consentite dal capo della Sezione dell'Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi al servizio di impianto per profondita' inferiore ai 1000 m" sono sostituite dalle seguenti: "Distanze minori, su richiesta motivata del titolare, possono essere consentite dall'autorità di vigilanza, purche' siano adottate misure di sicurezza equivalenti".

Art. 83 - Servizio antincendio e piano di emergenza1. Nei luoghi di lavoro presidiati permanentemente dai lavoratori il datore di lavoro deve organizzare un

servizio antincendio costituito da un capo responsabile e da una squadra di emergenza.

Art. 84 - Presentazione dei progetti1. I progetti degli impianti destinati alla produzione, alla raccolta, al trasporto, al trattamento, alla prima

trasformazione del minerale estratto ove questo debba necessariamente essere utilizzato in loco, direttamente connessi ai giacimenti in produzione, sono depositati dal titolare, in duplice copia per la parte relativa alle misure antincendio, presso la competente autorità di vigilanza corredati da una dichiarazione esplicita del progettista circa il rispetto delle norme inerenti i criteri di progettazione e di sicurezza,

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debitamente elencate, delle norme dei citati decreti n. 128 del 1959 e n. 886 del 1979, e di quelle del presente decreto, nonché di quanto in particolare previsto dallo specifico DSS.

2. L'autorità di vigilanza trasmette copia dei progetti, per la parte relativa alle misure di prevenzione e protezione antincendio, al competente Comando provinciale dei Vigili del fuoco per un parere sulle stesse, con particolare riferimento alle norme del presente decreto e ai decreti del Ministero dell'Interno 31 luglio 1934, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica del 28 settembre 1934, n. 228, e 24 novembre 1984, pubblicato nel Supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 12 del 15 gennaio 1985, e successive modifiche ed integrazioni.

3. Il parere di cui al comma 2 deve essere rilasciato entro 90 giorni dal ricevimento.4. L'esame del progetto di cui al comma 2 da parte del Comando provinciale dei Vigili del fuoco ricade tra i

servizi di cui alla legge 26 luglio 1965, n. 966, con oneri a carico del titolare.5. L'autorità di vigilanza puo' impartire prescrizioni o chiedere modifiche al progetto, ove questo non risulti

adeguato al piano di sviluppo e coltivazione approvato.6. Acquisito il parere di cui al comma 2, l'autorità di vigilanza autorizza l'inizio dei lavori di costruzione.

Art. 85 - Verifica e collaudo degli impianti1. La verifica della rispondenza delle misure di prevenzione e di protezione antincendio realizzate con quanto

previsto in progetto nonché con quanto stabilito dal presente decreto, ed in particolare dallo specifico DSS, e, ove necessario, il relativo collaudo, e' effettuato dal responsabile o da un funzionario dell'autorità di vigilanza e dal Comandante provinciale dei Vigili del fuoco o da un funzionario tecnico da lui designato.

2. Il favorevole esito della verifica di rispondenza delle misure realizzate e del collaudo dei sistemi antincendio, documentato da apposito verbale, vale ai fini del rilascio da parte del Comando provinciale dei Vigili del fuoco del certificato di prevenzione incendi, ove previsto dalla vigente normativa.

3. La procedura di cui ai commi 1 e 2 trova applicazione in caso di modifiche rilevanti degli impianti, a giudizio dell'autorità di vigilanza.

4. L'autorizzazione all'inizio della produzione ed all'esercizio degli impianti è accordata dall'autorità di vigilanza dopo l'effettuazione della verifica di rispondenza ed il collaudo, che devono essere eseguiti entro 60 giorni dalla richiesta del titolare ad ultimazione dei lavori.

5. Decorso tale termine, è facolta' dell'autorità di vigilanza, ravvisatane l'opportunità e l'urgenza, di accordare una autorizzazione provvisoria di esercizio degli impianti, subordinatamente alla presentazione, da parte del titolare, di una esplicita dichiarazione che l'opera e le relative dotazioni di sicurezza sono state realizzate conformemente al progetto, corredata delle dichiarazioni di conformità per gli impianti di cui ai punti a, b, c, d, e, f, g, dell'articolo 1 della legge 5 marzo 1990, n. 46.

Art. 86 - Impianti elettrici1. Alle installazioni elettriche e di illuminazione utilizzate nelle attività estrattive condotte mediante

perforazione che si svolgono in terraferma si applicano le norme di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 547 del 1955 e successive modifiche.

Art. 87 - Attrezzature di salvataggio1. Il datore di lavoro mette a disposizione attrezzature di salvataggio, pronte all'uso e collocate in apposite

postazioni facilmente accessibili.2. Ove le vie di emergenza siano difficilmente percorribili e in caso di presenza o di possibile presenza di

atmosfere irrespirabili, il datore di lavoro fornisce ai lavoratori un'apparecchiatura autonoma di salvataggio per uso immediato.

Capo III - NORME APPLICABILI ALLE ATTIVITA' A MARE

Art. 88 - Capo piattaforma e Comandante1. Nel caso di attività di perforazione e di intervento ai pozzi eseguite da una piattaforma fissa o mobile o da

un mezzo galleggiante assimilabile, nonché nel caso di piattaforme e strutture di produzione abitualmente presidiate, il titolare deve nominare anche il Capo piattaforma di cui all'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 886 del 1979.

2. Restano ferme le responsabilita' e i compiti attribuiti al Capo piattaforma ed al Comandante dal decreto del Presidente della Repubblica n. 886 del 1979.

Art. 89 - Misure generali di prevenzione degli incendi1. Devono essere prese precauzioni appropriate per la protezione, la rivelazione e la lotta contro l'innesco e

la diffusione degli incendi.2. I luoghi di lavoro devono essere dotati di sistemi adeguati di rivelazione, di protezione, di allarme e di lotta

antincendio, quali in particolare:a) sistemi di rivelazione di incendi;b) allarmi antincendio;c) condutture principali acqua antincendio;d) manichette e idranti antincendio;

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e) sistemi di allagamento e lance antincendio brandeggiabili;f) impianti a pioggia;g) sistemi di estintori a gas;h) sistemi di estintori a schiuma;i) estintori portatili;l) sistemi tagliafuoco per segregare le zone a rischio d'incendio.

3. A bordo dell'impianto deve essere tenuto a disposizione il piano antincendio, in cui siano specificate in dettaglio le precauzioni opportune di protezione, rivelazione e lotta contro l'innesco e la diffusione degli incendi.

4. I sistemi di emergenza devono essere isolati e protetti da eventi accidentali, nella misura e nel modo ritenuto adeguato per poter rimanere operativi in caso di emergenza; ove risulti necessario a seguito della valutazione dei rischi, il numero di tali sistemi deve essere raddoppiato.

Art. 90 - Prevenzione incendi sulle unità fisse o assimilabili1. Ai fini della prevenzione, individuazione ed estinzione degli incendi sulle piattaforme fisse o strutture fisse

assimilabili, il titolare presenta alla Sezione UNMIG del Ministero dell'industria una relazione tecnica in triplice copia, sulle misure di sicurezza antincendio, tenute presenti le norme del decreto di cui all'articolo 49 del decreto del Presidente della Repubblica n. 886 del 1979 e, in quanto applicabili, le norme del decreto del Ministro dell'Interno 31 luglio 1934, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica del 28 settembre 1934, n. 228, e successive modifiche ed integrazioni, nel caso di piattaforme di produzione di idrocarburi liquidi, e le norme del decreto del Ministro dell'Interno 24 novembre 1984, pubblicato nel Supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 12 del 15 gennaio 1985, e successive modifiche ed integrazioni, nel caso di produzione di idrocarburi gassosi.

2. La Sezione UNMIG trasmette copia della relazione al competente Comando provinciale dei Vigili del fuoco per un parere sui sistemi e mezzi di prevenzione ed estinzione previsti; copia della stessa relazione è trasmessa alla Capitaneria di porto competente.

3. L'esame del progetto di cui al comma 2 da parte del Comando provinciale dei Vigili del fuoco ricade tra i servizi di cui alla legge 26 luglio 1965, n. 966, con oneri a carico del titolare.

4. Il parere di cui al comma 2 deve essere reso entro 90 giorni.5. Ferme restando le responsabilita' del titolare in merito alla valutazione dei rischi per la sicurezza, l'autorità

di vigilanza puo' impartire prescrizioni o chiedere modifiche al progetto, ove questo non risulti adeguato al piano di sviluppo e coltivazione approvato o al contenuto del documento di sicurezza e salute.

6. Acquisito il parere di cui al comma 2, l'autorità di vigilanza autorizza l'inizio dei lavori di installazione.7. Il riscontro delle opere antincendio sulla piattaforma e struttura fissa assimilabile è effettuato dal

responsabile dell'autorità di vigilanza o da un funzionario da lui designato, dal Comandante provinciale dei Vigili del fuoco o da un funzionano tecnico da lui designato e dal Comandante della Capitaneria di porto o da un ufficiale superiore da lui designato.

8. Il favorevole esito della verifica di rispondenza delle misure antincendio realizzate, documentato da apposito verbale, vale ai fini del rilascio del certificato di prevenzione incendi di cui alla vigente normativa.

9. La procedura di cui al comma 1, trova applicazione in caso di modifiche rilevanti degli impianti, a giudizio dell'autorità di vigilanza.

Art. 91 - Norme antincendio1. Al primo comma dell'articolo 42 del decreto del Presidente della Repubblica n. 886 del 1979, le parole:

"deve essere organizzato" sono sostituite da: "il datore di lavoro organizza".2. Al secondo comma dell'articolo 42 del decreto del Presidente della Repubblica n. 886 del 1979, le parole:

"secondo le procedure e le competenze di cui agli articoli 40 e 41 del presente decreto." sono sostituite da: "dal datore di lavoro."

3. Al terzo comma dell'articolo 42 del decreto del Presidente della Repubblica n. 886 del 1979, le parole: "A cura del capo piattaforma o del comandante, per le unità semoventi o navi di perforazione, deve essere predisposto" sono sostituite da: "Il datore di lavoro, per le unità semoventi o navi di perforazione, predispone".

Art. 92 - Impianti modulari1. Ai fini della prevenzione, della individuazione e della estinzione incendi per gli impianti modulari per i quali

sia prevista l'installazione temporanea su più piattaforme fisse o strutture assimilabili, il titolare puo' presentare, in alternativa a quanto previsto dall'articolo 90, con congruo anticipo rispetto al loro primo impiego, alle Sezioni interessate, ed in triplice copia al Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato - Direzione generale delle miniere - UNMIG, una relazione tecnica sulle misure di sicurezza antincendio, tenute presenti le misure di cui all'articolo 89 e quelle del decreto di cui all'articolo 49 del decreto del Presidente della Repubblica n. 886 del 1979, e, in quanto applicabili, le norme dei decreti del Ministro dell'Interno 31 luglio 1934, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana del 28 settembre 1934, n. 228, e 24 novembre 1984, pubblicato nel Supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 12 del 15 gennaio 1985, e successive modifiche ed integrazioni.

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2. Nella relazione di cui al comma 1 sono descritte le misure di prevenzione e protezione antincendio in funzione delle diverse tipologie di piattaforme fisse o strutture fisse assimilabili sulle quali si prevede di installare l'impianto modulare, le eventuali interferenze con le misure di sicurezza antincendio delle stesse, ed i provvedimenti da adottare.

3. L'UNMIG trasmette copia della relazione al Ministero dell'Interno - Direzione generale protezione civile e servizio antincendio - per un parere sui mezzi di prevenzione e protezione previsti; copia della stessa relazione è trasmessa anche al Ministero dei trasporti e della navigazione.

4. Il parere di cui al comma 3 è reso entro 90 giorni dal ricevimento.5. L'UNMIG trasmette il proprio parere e quello di cui al comma 3 alle Sezioni interessate, specificando le

tipologie di piattaforme fisse o strutture assimilabili, sulle quali è compatibile, ai fini della sicurezza antincendio, l'installazione dell'impianto modulare.

6. Il titolare, all'atto della richiesta alla Sezione competente della autorizzazione ad effettuare la perforazione o l'intervento, specifica la tipologia della piattaforma fissa o struttura assimilabile sulla quale intende installare l'impianto modulare, con riferimento alla relazione di cui al comma 1.

7. Il riscontro delle misure antincendio dell'impianto modulare e degli eventuali provvedimenti adottati per garantire la sicurezza della piattaforma fissa o struttura assimilabile sulla quale l'impianto è stato installato è effettuato secondo le modalità di cui ai commi 7 e 9 dell'articolo 90.

Art. 93 - Prescrizioni per gli impianti di superficie e sottomarini1. I progetti delle piattaforme di produzione e strutture assimilabili rigidamente collegate al fondo marino, di

cui all'articolo 75 del decreto del Presidente della Repubblica n. 886 del 1979, devono essere depositati presso la competente autorità di vigilanza e la Capitaneria di porto competente prima dell'inizio della costruzione, corredati da una dichiarazione esplicita del progettista circa il rispetto dei criteri di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 75 del decreto del Presidente della Repubblica n. 886 del 1979.

2. Le piattaforme galleggianti e strutture analoghe, quali le unità galleggianti per lo stoccaggio e il trattamento di idrocarburi, di cui all'articolo 75 del decreto del Presidente della Repubblica n. 886 del 1979, devono essere in possesso di valido certificato di classe rilasciato da un ente di classificazione riconosciuto dal Ministero dei trasporti e della navigazione.

3. Ai fini della prevenzione incendi si applicano l'articolo 40 del decreto del Presidente della Repubblica n. 886 del 1979 per le unità galleggianti, l'articolo 90 per le piattaforme fisse e strutture fisse assimilabili rigidamente collegate al fondo marino, e gli articoli 84 e 85 per le centrali di trattamento a terra direttamente collegate mediante tubazioni alle piattaforme e alle strutture di cui al comma 1.

4. L'autorizzazione all'inizio della produzione e all'esercizio degli impianti è accordata dall'autorità di vigilanza una volta effettuate le verifiche di cui agli articoli richiamati al comma 3, che devono essere effettuate entro 60 giorni dalla richiesta.

5. Decorso tale termine l'autorità di vigilanza, ravvisatane l'opportunita' o l'urgenza, puo' accordare autorizzazione provvisoria all'esercizio, subordinatamente ad esplicita dichiarazione del concessionario che l'opera e le relative dotazioni sono state eseguite conformemente al progetto.

6. L'autorizzazione all'esercizio di impianti di produzione e condotte sottomarini è accordata secondo le procedure di cui ai commi 4 e 5.

Art. 94 - Comandi a distanza in caso di emergenza1. Il datore di lavoro istituisce un sistema di comandi a distanza in caso di emergenza, munito nei punti

appropriati di stazioni di controllo idonee ad essere utilizzate in caso di emergenza, comprese stazioni di controllo nei punti sicuri di raduno e nei posti di evacuazione.

2. L'obbligo di cui al comma 1 riguarda in particolare i sistemi di ventilazione, i dispositivi di arresto di emergenza delle apparecchiature atte ad innescare incendi, i dispositivi di sicurezza contro la fuga di liquidi e di gas infiammabili, nonché i sistemi di protezione antincendio e di controllo dei pozzi.

Art. 95 - Punti sicuri di raduno e liste d'appello1. Il datore di lavoro prende le necessarie precauzioni per la protezione dei posti di abbandono e dei punti

sicuri di raduno dal calore radiante, dal fumo e, per quanto tecnicamente possibile, dagli effetti delle esplosioni, e per assicurare che le vie di emergenza a destinazione dei o in provenienza dai posti di abbandono e punti sicuri di raduno restino accessibili; queste misure devono essere tali da offrire ai lavoratori una protezione di durata sufficiente da permettere l'organizzazione e l’esecuzione in tutta sicurezza di un'operazione d'evacuazione e di salvataggio.

2. Il datore di lavoro prevede che i luoghi protetti di cui al comma 1 siano muniti di impianti di comunicazione con la terraferma e con i servizi di soccorso.

3. I punti sicuri di raduno e i posti di abbandono devono essere facilmente accessibili dagli alloggi e dalle zone di lavoro.

4. Il datore di lavoro provvede a tenere aggiornato e ad affiggere in ogni punto sicuro di raduno l'elenco dei nominativi dei lavoratori assegnati a detto punto di raduno e l'elenco dei lavoratori incaricati di mansioni specifiche in caso di emergenza, da affiggere in diversi punti idonei del luogo di lavoro

5. Il nominativo dei lavoratori di cui al comma 4 deve figurare nelle istruzioni scritte di cui all'articolo 22.

Art. 96 - Evacuazione e salvataggio

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1. Il datore di lavoro provvede affinché i lavoratori seguano un corso di addestramento pratico sulle tecniche di sopravvivenza.

2. Il datore di lavoro provvede a dotare ogni luogo di lavoro di mezzi e attrezzature appropriati che, in caso di emergenza, consentano l'evacuazione e la fuga diretta verso il mare.

3. Il datore di lavoro predispone un piano di soccorso per il salvataggio in mare e l'evacuazione del luogo di lavoro; il piano deve prevedere l'impiego di navi appoggio e di elicotteri adeguati in relazione alla loro capacità e al tempo d'intervento per ogni impianto di perforazione o produzione.

4. Il datore di lavoro mette a disposizione dei lavoratori imbarcazioni di salvataggio, zattere, boe e giubbotti di salvataggio, di tipo approvato, rispondenti ai seguenti criteri:a) essere adatti ed eventualmente attrezzati per assicurare la sopravvivenza per un tempo sufficiente;b) essere disponibili in numero sufficiente;c) essere adeguati al luogo di lavoro;d) essere muniti di dispositivi che consentano all'utilizzatore di richiamare l'attenzione delle squadre di

salvataggio.

Art. 97 - Camera iperbarica1. All’articolo 53 del decreto del Presidente della Repubblica n. 886 del 1979, dopo il terzo comma, è

aggiunto il seguente:[....].

Art. 98 - Alloggi1. Ove lo richiedano la natura, l'entita' o la durata delle operazioni, il datore di lavoro fornisce ai lavoratori un

alloggio che, oltre a rispettare i requisiti di cui all'articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica n. 886 del 1979, deve essere progettato e costruito in modo che sia:a) adeguatamente protetto contro le conseguenze di una esplosione oltre che contro le infiltrazioni di

fumo e di gas, contro gli incendi e il loro propagarsi;b) dotato ad ogni livello di almeno due uscite indipendenti che conducano a vie di emergenza;c) protetto contro gli odori e contro i fumi provenienti da altre zone, che possano essere pericolosi,

nonché contro le intemperie;d) situato quanto piu' possibile distante dalle zone di pericolo.

2. Gli alloggi devono contenere un numero sufficiente di letti o di cuccette per i lavoratori che devono dormire sul posto; i locali dormitorio devono avere uno spazio adeguato dove gli occupanti possano riporre i loro abiti; devono essere previsti dormitori separati per gli uomini e per le donne.

3. Gli alloggi devono avere gabinetti, docce e lavabi in numero sufficiente, con acqua corrente calda e fredda; devono essere previsti per docce e gabinetti locali separati per gli uomini e per le donne o l'uso alternato dei medesimi; i locali per le docce devono essere sufficientemente ampi affinché ciascun lavoratore possa lavarsi senza difficoltà e in condizioni igieniche adeguate.

Art. 99 - Movimento degli elicotteri1. Gli eliporti devono essere progettati e costruiti in modo da garantire facilità di accesso e in modo che gli

elicotteri dei quali è previsto l'impiego possano eseguirvi manovre anche nelle condizioni piu' difficili.2. Il datore di lavoro provvede affinché l'attrezzatura necessaria al trasporto in elicottero delle persone

infortunate sia pronta all'uso nelle immediate vicinanze dell'area di atterraggio.3. Il datore di lavoro provvede affinché, negli impianti presidiati, la squadra incaricata degli interventi di

emergenza sia presente durante le fasi di atterraggio e decollo degli elicotteri secondo le modalità previste dalle disposizioni vigenti.

TITOLO IV - NORME TRANSITORIE E FINALI

Art. 100 - Norma finale1. I luoghi di lavoro per le attività estrattive, con esclusione di quelle condotte mediante perforazione, in

esercizio alla data di entrata in vigore del presente decreto, devono soddisfare le norme di cui al Titolo I, capi IV e VI e il Titolo II entro il 3 dicembre 2003.

2. I luoghi di lavoro per le attività estrattive condotte mediante perforazione, in esercizio alla data di entrata in vigore del presente decreto, devono soddisfare le norme di cui al Titolo I, capi IV e VI, e al Titolo III comunque entro il 3 novembre 1999.

3. Qualora i luoghi di lavoro subiscano modifiche o trasformazioni rilevanti dopo la data di entrata in vigore del presente decreto il datore di lavoro adotta i provvedimenti necessari per rendere i luoghi di lavoro conformi alle norme del presente decreto.

4. Gli adempimenti di cui agli articoli 6, commi 2, 3 e 4, e di cui agli articoli 9 e 10, devono essere attuati entro il termine di 6 mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

5. Possono continuare nelle funzioni di direttore responsabile di cui all'articolo 27 del decreto del Presidente della Repubblica n. 128 del 1959 e all'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica n. 886 del 1979 coloro che alla data di entrata in vigore del presente decreto esercitano tali funzioni da almeno due

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anni purché il loro esercizio avvenga nella stessa unità produttiva o in attività estrattive similari per tecniche di coltivazione.

Art. 101 - Adeguamento tecnico1. Per il settore estrattivo il decreto di cui all'articolo 28 del decreto legislativo n. 626 del 1994 è adottato dai

Ministri del lavoro e della previdenza sociale, dell’industria e del commercio e dell'artigianato, di concerto con ì Ministri dell'interno e della sanità.

Art. 102 - Disposizioni finanziarie1. Gli oneri derivanti ai Ministeri dell'industria, del commercio e dell'artigianato, dell’interno e dei trasporti e

della navigazione, dalla partecipazione alle Commissioni di cui agli articoli 16 e 17, dalle istruttorie preordinate al rilascio delle autorizzazioni, dalle verifiche, dai collaudi e dal riconoscimento di equivalenza di cui agli articoli 31, 84, 85, 90 e 92 e di cui all'articolo 81 del decreto del Presidente della Repubblica n. 886 del 1979, e di cui all'articolo 687 ter del decreto del Presidente della Repubblica n. 128 del 1959 sono posti a carico dei richiedenti secondo tariffe e modalità da stabilirsi, entro 90 gg. dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con uno o più decreti dei Ministri interessati di concerto con il Ministro del Tesoro, sentita la Conferenza permanente Stato Regioni; le somme corrispondenti sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere successivamente riassegnate con decreto del Ministro del Tesoro, agli stati di previsione dei suddetti ministeri, escluse le fattispecie per le quali, in base alla legislazione vigente, è previsto il versamento al bilancio dello Stato, senza che possa aver luogo la riassegnazione.

2. Nelle more dell'emanazione del decreto di cui al comma 1 continuano ad applicarsi le tariffe vigenti.

Art. 103 - Norme soppresse1. Sono soppresse le seguenti disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica n. 128 del 1959:

a) gli articoli da 10 a 19; il Capo V del Titolo II;b) la dizione "Capo II - Disposizioni particolari per la ricerca e la coltivazione degli idrocarburi liquidi e

gassosi" che figura nel Titolo III;c) gli articoli 48 e 51; l'articolo 60, comma 3, l'articolo 75, l'articolo 77, comma 2; gli articoli 94, comma 3,

95 e 142;d) il secondo e terzo comma dell’articolo 411;e) il comma 6 dell'articolo 535; gli articoli 662 e 667;f) la dizione "sentito il Consiglio Superiore delle Miniere" agli articoli 8, 282, 349, 644 e 687 bis;g) l'articolo 678, ultimo comma.

2. Sono soppresse le seguenti disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica n. 886 del 1979:a) articoli 10, 11, 41, 50 e 51;b) i commi terzo, quarto, quinto e sesto dell'articolo 75.

TITOLO V - SANZIONI

Art. 104 - Contravvenzioni commesse dai datori di lavoro, dai titolari, dai dirigenti e dai direttori responsabili

1. Il datore di lavoro è punito con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da lire tre milioni a lire otto milioni per la violazione degli articoli: 6 commi 2 e 3; 52 comma 1.

2. Il titolare è punito:a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da lire tre milioni a lire otto milioni per la violazione

degli articoli: 9 comma 2 lettera b); 66 comma 1; 76 commi 2, 3 e 4;b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da lire un milione a lire cinque milioni per la

violazione degli articoli: 20 comma 5; 88 comma 1.3. Il datore di lavoro ed il dirigente sono puniti:

a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da lire tre milioni a lire otto milioni per la violazione degli articoli: 11; 12; 13; 15 comma 1; 19; 24; 33; 35 comma 2; 36; 37 commi 2 e 3; 38 comma 3; 43 comma 1; 44; 45 commi 1 e 2; 48 commi 1 e 2; 55 comma 1; 56 comma 2; 60; 61; 63; 67 comma 1; 70 comma 2; 72 commi 1, 2, 3, 4, 5 e 7; 78; 79; 80 commi 2 e 3; 83; 87; 89; 94; 95 commi 1, 2 e 3; 96;

b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da lire un milione a lire cinque milioni per la violazione degli articoli: 6 comma 4; 7 comma 1 lettera a); 22; 46 comma 1; 55 comma 2; 80 comma 1; 95 comma 4; 98 commi 2 e 3;

c) con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire un milione a lire sei milioni per la violazione degli articoli: 7 comma 1 lettera b); 31 comma 1.

4. Il direttore responsabile è punito:a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da lire tre milioni a lire otto milioni per la violazione

degli articoli: 35 commi 1 e 3; 43 comma 2; 47 comma 1; 49; 57 comma 2; 76 comma 5;b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da lire un milione a lire cinque milioni per la

violazione degli articoli: 23; 25 commi 3, 4, 5 e 7.

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Art. 105 - Contravvenzioni commesse dai preposti e dai sorveglianti1. I preposti sono puniti:

a) con l'arresto sino a due mesi o con l'ammenda da lire cinquecentomila a lire due milioni per la violazione degli articoli: 11; 12; 13; 15 comma 1; 19; 24; 33; 35 comma 2; 36; 37 commi 2 e 3; 38 comma 3; 43 comma 1; 44; 45 commi 1 e 2; 48 comma 1; 55 comma 1; 56 comma 2; 60; 61 comma 1; 70 comma 2; 72 commi 1, 2, 3, 4, 5 e 7; 78; 79 comma 1 lettere b) e c); 80 commi 2 e 3; 87; 89; 94; 95 commi 1, 2 e 3; 96 commi 2, 3 e 4;

b) con l'arresto sino ad un mese o con l'ammenda da lire trecentomila a lire un milione per la violazione degli articoli: 22; 46 comma 1; 55 comma 2; 80 comma 1; 95 comma 4; 98 commi 2 e 3.

2. I sorveglianti sono puniti con l'arresto sino ad un mese o con l'ammenda da lire trecentomila a lire un milione per la violazione degli articoli: 23; 25 comma 2.

Art. 106 - Violazioni amministrative1. Chiunque viola le disposizioni di cui all'articolo 43 comma 3 è punito con la sanzione amministrativa

pecuniaria da lire un milione a lire sei milioni.

Art. 107 - Estinzione delle contravvenzioni1. Si applica il Capo II del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, alle contravvenzioni di cui all'articolo

104, commi 1, 2, 3 lettere a) e b) e 4 e all'articolo 105.

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

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DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 27 aprile 1955, n. 547 Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro

GU n. 158 del 12-7-1955

TITOLO I Disposizioni generali

Capo I - Campo di applicazione

1. Attività soggette.

Le norme del presente decreto si applicano a tutte le attività alle quali siano addetti lavoratori subordinati o ad essi equiparati ai sensi dell'art. 3, comprese quelle esercitate dallo Stato, dalle Regioni, dalle Province, dai Comuni, da altri Enti pubblici e dagli Istituti di istruzione e di beneficenza.

2. Attività escluse.

Le norme del presente decreto non si applicano, in quanto la materia è regolata o sarà regolata da opposti provvedimenti: a) all'esercizio delle miniere, cave e torbiere ; b) ai servizi ed impianti gestiti dalle Ferrovie dello Stato; c) ai servizi ed impianti gestiti dal Ministero delle poste e delle telecomunicazioni; d) all'esercizio dei trasporti terrestri pubblici; e) all'esercizio della navigazione marittima, aerea ed interna.

3. Definizione di lavoratore subordinato.

Agli effetti dell'art. 1, per lavoratore subordinato si intende colui che fuori del proprio domicilio presta il proprio lavoro alle dipendenze e sotto la direzione altrui, con o senza retribuzione, anche al solo scopo di apprendere un mestiere, un'arte o una professione. Sempre agli effetti dell'art. 1 sono equiparati ai lavoratori subordinati: a) i soci di società e di enti in genere cooperativi, anche di fatto, che prestino la loro attività per conto delle società e degli enti stessi; b) gli allievi degli istituti di istruzione e di laboratori-scuola nei quali si faccia uso di macchine, attrezzature, utensili ed apparecchi in genere.

Capo II - Obblighi dei datori di lavoro e dei lavoratori

4. Obblighi dei datori di lavoro, dei dirigenti e dei preposti.

I datori di lavoro, i dirigenti ed i preposti che eserciscono, dirigono o sovraintendono alle attività indicate all'art. 1, devono, nell'ambito delle rispettive attribuzioni e competenze: a) attuare le misure di sicurezza previste dal presente decreto; b) rendere edotti i lavoratori dei rischi specifici cui sono esposti e portare a loro conoscenza le norme essenziali di prevenzione mediante affissione, negli ambienti di lavoro, di estratti delle presenti norme o, nei casi in cui non sia possibile l'affissione, con altri mezzi; c) disporre ed esigere che i singoli lavoratori osservino le norme di sicurezza ed usino i mezzi di protezione messi a loro disposizione.

5. I datori di lavoro, i dirigenti e i preposti sono tenuti a rendere edotti i lavoratori autonomi dei rischi specifici esistenti nell'ambiente di lavoro in cui siano chiamati a prestare la loro opera. L'obbligo di cui al precedente comma non si estende ai rischi dell'attività professionale o del mestiere che il lavoratore autonomo è incaricato di prestare. Nel caso in cui dal datore di lavoro siano concessi in uso macchine o attrezzi di sua proprietà per l'esecuzione dei lavori di cui al precedente comma, dette macchine o attrezzi devono essere muniti dei dispositivi di sicurezza previsti dal presente decreto.

6. Doveri dei lavoratori.

I lavoratori devono: a) osservare, oltre le norme del presente decreto, le misure disposte dal datore di lavoro ai fini della sicurezza individuale e collettiva; b) usare con cura i dispositivi di sicurezza e gli altri mezzi di protezione predisposti o forniti dal datore di lavoro; c) segnalare immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o ai preposti le deficienze dei dispositivi e dei mezzi di sicurezza e di protezione, nonché le altre eventuali condizioni di pericolo di cui venissero a conoscenza, adoperandosi direttamente, in caso di urgenza e nell'ambito delle loro competenze e possibilità, per eliminare o ridurre dette deficienze o pericoli; d) non rimuovere o modificare i dispositivi e gli altri mezzi di sicurezza e di protezione senza averne ottenuta l'autorizzazione; e) non compiere, di propria iniziativa, operazioni o manovre che non siano di loro competenza e che possano compromettere la sicurezza propria o di altre persone.

Capo III - Obblighi dei costruttori e dei commercianti

7. Produzione, vendita e noleggio per il mercato interno.

Sono vietate dalla data di entrata in vigore del presente decreto la costruzione, la vendita, il noleggio e la concessione in uso di macchine, di parti di macchine, di attrezzature, di utensili e di apparecchi in genere,

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destinati al mercato interno, nonché la installazione di impianti, che non siano rispondenti alle norme del decreto stesso. Ai fini del comma precedente il contratto di locazione finanziaria avente ad oggetto i beni ivi indicati non costituisce vendita, noleggio o concessione in uso . Chiunque concede in locazione finanziaria beni assoggettati a qualsiasi forma di omologazione obbligatoria è tenuto a che detti beni siano accompagnati dalle previste certificazioni o dagli altri documenti richiesti dalla legge. La inosservanza dell'obbligo è punita ai sensi del successivo articolo 390 .

TITOLO II Ambienti, posti di lavoro e di passaggio

Capo I - Disposizioni di carattere generale

8. Vie di circolazione, zone di pericolo, pavimenti e passaggi.

1. Le vie di circolazione, comprese scale, scale fisse e banchine e rampe di carico, devono essere situate e calcolate in modo tale che i pedoni o i veicoli possano utilizzarle facilmente in piena sicurezza e conformemente alla loro destinazione e che i lavoratori operanti nelle vicinanze di queste vie di circolazione non corrano alcun rischio. 2. Il calcolo delle dimensioni delle vie di circolazione per persone ovvero merci dovrà basarsi sul numero potenziale degli utenti e sul tipo di impresa. 3. Qualora sulle vie di circolazione siano utilizzati mezzi di trasporto, dovrà essere prevista per i pedoni una distanza di sicurezza sufficiente. 4. Le vie di circolazione destinate ai veicoli devono passare ad una distanza sufficiente da porte, portoni, passaggi per pedoni, corridoi e scale. 5. Nella misura in cui l'uso e l'attrezzatura dei locali lo esigano per garantire la protezione dei lavoratori, il tracciato delle vie di circolazione deve essere evidenziato. 6. Se i luoghi di lavoro comportano zone di pericolo in funzione della natura del lavoro e presentano rischi di cadute dei lavoratori o rischi di cadute d'oggetti, tali luoghi devono essere dotati di dispositivi per impedire che i lavoratori non autorizzati possano accedere a dette zone. 7. Devono essere prese misure appropriate per proteggere i lavoratori autorizzati ad accedere alle zone di pericolo. 8. Le zone di pericolo devono essere segnalate in modo chiaramente visibile. 9. I pavimenti degli ambienti di lavoro e dei luoghi destinati al passaggio non devono presentare buche o sporgenze pericolose e devono essere in condizioni tali da rendere sicuro il movimento ed il transito delle persone e dei mezzi di trasporto. 10. I pavimenti ed i passaggi non devono essere ingombrati da materiali che ostacolano la normale circolazione. 11. Quando per evidenti ragioni tecniche non si possono completamente eliminare dalle zone di transito ostacoli fissi o mobili che costituiscono un pericolo per i lavoratori o i veicoli che tali zone devono percorrere, gli ostacoli devono essere adeguatamente segnalati .

9. Solai.

I locali destinati a deposito devono avere, su una parete o in altro punto ben visibile, la chiara indicazione del carico massimo del solaio espresso in chilogrammi per metro quadrato di superficie. I carichi non devono superare tale massimo e devono essere distribuiti razionalmente ai fini della stabilità del solaio.

10. Aperture nel suolo e nelle pareti.

Le aperture esistenti nel suolo o nel pavimento dei luoghi o degli ambienti di lavoro o di passaggio, comprese le fosse ed i pozzi, devono essere provviste di solide coperture o di parapetti normali, atti ad impedire la caduta di persone. Quando dette misure non siano attuabili, le aperture devono essere munite di apposite segnalazioni di pericolo. Le aperture nelle pareti, che permettono il passaggio di una persona e che presentano pericolo di caduta per dislivelli superiori ad un metro, devono essere provviste di solida barriera o munite di parapetto normale. Per le finestre sono consentiti parapetti di altezza non minore di cm 90 quando, in relazione al lavoro eseguito nel locale, non vi siano condizioni di pericolo.

11. Posti di lavoro e di passaggio e luoghi di lavoro esterni.

1. I posti di lavoro e di passaggio devono essere idoneamente difesi contro la caduta o l'investimento di materiali in dipendenza dell'attività lavorativa. 2. Ove non è possibile la difesa con mezzi tecnici, devono essere adottate altre misure o cautele adeguate. 3. I posti di lavoro, le vie di circolazione e altri luoghi o impianti all'aperto utilizzati od occupati dai lavoratori durante le loro attività devono essere concepiti in modo tale che la circolazione dei pedoni e dei veicoli può avvenire in modo sicuro. 4. Le disposizioni di cui all'art. 8, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 8, sono altresì applicabili alle vie di circolazione principali sul terreno dell'impresa, alle vie di circolazione che portano a posti di lavoro fissi, alle vie di circolazione utilizzate per la regolare manutenzione e sorveglianza degli impianti dell'impresa, nonché alle banchine di carico . 5. Le disposizioni sulle vie di circolazione e zone di pericolo di cui all'art. 8, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 8, si applicano per analogia ai luoghi di lavoro esterni . 6. I luoghi di lavoro all'aperto devono essere opportunamente illuminati con luce artificiale quando la luce del giorno non è sufficiente. 7. Quando i lavoratori occupano posti di lavoro all'aperto, questi devono essere strutturati, per quanto tecnicamente possibile, in modo tale che i lavoratori: a) sono protetti contro gli agenti atmosferici e, se necessario, contro la caduta di oggetti; b) non sono esposti a livelli sonori nocivi o ad agenti esterni nocivi, quali gas, vapori, polveri; c) possono abbandonare rapidamente il posto di lavoro in caso di pericolo o possono essere soccorsi rapidamente; d) non possono scivolare o cadere .

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12. Schermi paraschegge.

Nelle operazioni di scalpellatura, sbavatura, taglio di chiodi e in genere nei lavori eseguiti mediante utensili a mano o a motore, che possono dar luogo alla proiezione pericolosa di schegge o di materiali, si devono predisporre schermi o adottare altre misure atte ad evitare che le materie proiettate abbiano a recare danno alle persone.

13. Vie e uscite di emergenza.

1. Ai fini del presente decreto si intende per: a) via di emergenza: percorso senza ostacoli al deflusso che consente alle persone che occupano un edificio o un locale di raggiungere un luogo sicuro; b) uscita di emergenza: passaggio che immette in un luogo sicuro; c) luogo sicuro: luogo nel quale le persone sono da considerarsi al sicuro dagli effetti determinati dall'incendio o altre situazioni di emergenza; c-bis) larghezza di una porta o luce netta di una porta: larghezza di passaggio al netto dell'ingombro dell'anta mobile in posizione di massima apertura se scorrevole, in posizione di apertura a 90 gradi se incernierata (larghezza utile di passaggio) . 2. Le vie e le uscite di emergenza devono rimanere sgombre e consentire di raggiungere il più rapidamente possibile un luogo sicuro. 3. In caso di pericolo tutti i posti di lavoro devono poter essere evacuati rapidamente e in piena sicurezza da parte dei lavoratori. 4. Il numero, la distribuzione e le dimensioni delle vie e delle uscite di emergenza devono essere adeguate alle dimensioni dei luoghi di lavoro, alla loro ubicazione, alla loro destinazione d'uso, alle attrezzature in essi installate, nonché al numero massimo di persone che possono essere presenti in detti luoghi. 5. Le vie e le uscite di emergenza devono avere altezza minima di m 2,0 e larghezza minima conforme alla normativa vigente in materia antincendio. 6. Qualora le uscite di emergenza siano dotate di porte, queste devono essere apribili nel verso dell'esodo e, qualora siano chiuse, devono poter essere aperte facilmente ed immediatamente da parte di qualsiasi persona che abbia bisogno di utilizzarle in caso di emergenza. L'apertura delle porte delle uscite di emergenza nel verso dell'esodo non è richiesta quando possa determinare pericoli per passaggio di mezzi o per altre cause, fatta salva l'adozione di altri accorgimenti adeguati specificamente autorizzati dal Comando provinciale dei vigili del fuoco competente per territorio . 7. Le porte delle uscite di emergenza non devono essere chiuse a chiave, se non in casi specificamente autorizzati dall'autorità competente. 8. Nei locali di lavoro e in quelli destinati a deposito è vietato adibire, quali porte delle uscite di emergenza, le saracinesche a rullo, le porte scorrevoli verticalmente e quelle girevoli su asse centrale. 9. Le vie e le uscite di emergenza, nonché le vie di circolazione e le porte che vi danno accesso non devono essere ostruite da oggetti in modo da poter essere utilizzate in ogni momento senza impedimenti. 10. Le vie e le uscite di emergenza devono essere evidenziate da apposita segnaletica, conforme alle disposizioni vigenti, durevole e collocata in luoghi appropriati. 11. Le vie e le uscite di emergenza che richiedono un'illuminazione devono essere dotate di un'illuminazione di sicurezza di intensità sufficiente, che entri in funzione in caso di guasto dell'impianto elettrico. 12. Gli edifici che sono costruiti o adattati interamente per le lavorazioni che presentano pericoli di esplosioni o specifici rischi di incendio alle quali sono adibiti più di cinque lavoratori devono avere almeno due scale distinte di facile accesso o rispondere a quanto prescritto dalla specifica normativa antincendio. Per gli edifici già costruiti si dovrà provvedere in conformità, quando non ne esista la impossibilità accertata dall'organo di vigilanza: in quest'ultimo caso sono disposte le misure e cautele ritenute più efficienti. Le deroghe già concesse mantengono la loro validità salvo diverso provvedimento dell'organo di vigilanza . 13. Per i luoghi di lavoro già utilizzati prima del 1° gennaio 1993 non si applica la disposizione contenuta nel comma 4, ma gli stessi debbono avere un numero sufficiente di vie ed uscite di emergenza .

14. Porte e portoni.

1. Le porte dei locali di lavoro devono, per numero, dimensioni, posizione, e materiali di realizzazione, consentire una rapida uscita delle persone ed essere agevolmente apribili dall'interno durante il lavoro. 2. Quando in un locale le lavorazioni ed i materiali comportino pericoli di esplosione o specifici rischi di incendio e siano adibiti alle attività che si svolgono nel locale stesso più di 5 lavoratori, almeno una porta ogni 5 lavoratori deve essere apribile nel verso dell'esodo ed avere larghezza minima di m 1,20 . 3. Quando in un locale si svolgono lavorazioni diverse da quelle previste al comma 2, la larghezza minima delle porte è la seguente: a) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano fino a 25, il locale deve essere dotato di una porta avente larghezza minima di m 0,80 ; b) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano in numero compreso tra 26 e 50, il locale deve essere dotato di una porta avente larghezza minima di m 1,20 che si apra nel verso dell'esodo; c) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano in numero compreso tra 51 e 100, il locale deve essere dotato di una porta avente larghezza minima di m 1,20 e di una porta avente larghezza minima di m 0,80, che si aprano entrambe nel verso dell'esodo ; d) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano in numero superiore a 100, in aggiunta alle porte previste alla lettera c) il locale deve essere dotato di almeno 1 porta che si apra nel verso dell'esodo avente larghezza minima di m 1,20 per ogni 50 lavoratori normalmente ivi occupati o frazione compresa tra 10 e 50, calcolati limitatamente all'eccedenza rispetto a 100. 4. Il numero complessivo delle porte di cui al comma 3 può anche essere minore, purché la loro larghezza complessiva non risulti inferiore. 5. Alle porte per le quali è prevista una larghezza minima di m 1,20 è applicabile una tolleranza in meno del 5% (cinque per cento). Alle porte per le quali è prevista una larghezza minima di m 0,80 è applicabile una tolleranza in meno del 2% (due per cento) . 6. Quando in un locale di lavoro le uscite di emergenza di cui all'art. 13, comma 5, coincidono con le porte di cui al

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comma 1, si applicano le disposizioni di cui all'art. 13, comma 5. 7. Nei locali di lavoro ed in quelli adibiti a magazzino non sono ammesse le porte scorrevoli, le saracinesche a rullo, le porte girevoli su asse centrale, quando non esistano altre porte apribili verso l'esterno del locale. 8. Immediatamente accanto ai portoni destinati essenzialmente alla circolazione dei veicoli devono esistere, a meno che il passaggio dei pedoni sia sicuro, porte per la circolazione dei pedoni che devono essere segnalate in modo visibile ed essere sgombre in permanenza. 9. Le porte e i portoni apribili nei due versi devono essere trasparenti o essere muniti di pannelli trasparenti. 10. Sulle porte trasparenti deve essere apposto un segno indicativo all'altezza degli occhi. 11. Se le superfici trasparenti o traslucide delle porte e dei portoni non sono costituite da materiali di sicurezza e c'è il rischio che i lavoratori possano rimanere feriti in caso di rottura di dette superfici, queste devono essere protette contro lo sfondamento. 12. Le porte scorrevoli devono disporre di un sistema di sicurezza che impedisca loro di uscire dalle guide o di cadere. 13. Le porte ed i portoni che si aprono verso l'alto devono disporre di un sistema di sicurezza che impedisca loro di ricadere. 14. Le porte ed i portoni ad azionamento meccanico devono funzionare senza rischi di infortuni per i lavoratori. Essi devono essere muniti di dispositivi di arresto di emergenza facilmente identificabili ed accessibili e poter essere aperti anche manualmente, salvo che la loro apertura possa avvenire automaticamente in caso di mancanza di energia elettrica. 15. Le porte situate sul percorso delle vie di emergenza devono essere contrassegnate in maniera appropriata con segnaletica durevole conformemente alla normativa vigente. Esse devono poter essere aperte, in ogni momento, dall'interno senza aiuto speciale. 16. Quando i luoghi di lavoro sono occupati le porte devono poter essere aperte. 17. I luoghi di lavoro già utilizzati prima del 1° gennaio 1993 devono essere provvisti di porte di uscita che, per numero ed ubicazione, consentono la rapida uscita delle persone e che sono agevolmente apribili dall'interno durante il lavoro. Comunque, detti luoghi devono essere adeguati quanto meno alle disposizioni di cui ai precedenti commi 9 e 10. Per i luoghi di lavoro costruiti o utilizzati prima del 27 novembre 1994 non si applicano le disposizioni dei commi 2, 3, 4, 5 e 6 concernenti la larghezza delle porte. In ogni caso la larghezza delle porte di uscita di detti luoghi di lavoro deve essere conforme a quanto previsto dalla concessione edilizia ovvero dalla licenza di abitabilità .

15. Spazio destinato al lavoratore.

Lo spazio destinato al lavoratore nel posto di lavoro deve essere tale da consentire il normale movimento della persona in relazione al lavoro da compiere.

Capo II - Scale fisse

16. Scale fisse a gradini.

Le scale fisse a gradini, destinate al normale accesso agli ambienti di lavoro, devono essere costruite e mantenute in modo da resistere ai carichi massimi derivanti da affollamento per situazioni di emergenza. I gradini devono avere pedata e alzata dimensionate a regola d'arte e larghezza adeguata alle esigenze del transito. Dette scale ed i relativi pianerottoli devono essere provvisti, sui lati aperti, di parapetto normale o di altra difesa equivalente. Le rampe delimitate da due pareti devono essere munite di almeno un corrimano.

17. Scale fisse a pioli.

Le scale a pioli di altezza superiore a m 5, fissate su pareti o incastellature verticali o aventi una inclinazione superiore a 75 gradi, devono essere provviste, a partire da metri 2,50 dal pavimento o dai ripiani, di una solida gabbia metallica di protezione avente maglie o aperture di ampiezza tale da impedire la caduta accidentale della persona verso l'esterno. La parete della gabbia opposta al piano dei pioli non deve distare da questi più di cm 60. I pioli devono distare almeno 15 centimetri dalla parete alla quale sono applicati o alla quale la scala è fissata. Quando l'applicazione della gabbia alle scale costituisca intralcio all'esercizio o presenti notevoli difficoltà costruttive, devono essere adottate, in luogo della gabbia, altre misure di sicurezza atte ad evitare la caduta delle persone per un tratto superiore ad un metro.

Capo III - Scale e ponti sospesi

18. Scale semplici portatili.

Le scale semplici portatili (a mano) devono essere costruite con materiale adatto alle condizioni di impiego, devono essere sufficientemente resistenti nell'insieme e nei singoli elementi e devono avere dimensioni appropriate al loro uso. Dette scale, se di legno, devono avere i pioli fissati ai montanti mediante incastro. Esse devono inoltre essere provviste di: a) dispositivi antisdrucciolevoli alle estremità inferiori dei due montanti; b) lanci di trattenuta o appoggi antisdrucciolevoli alle estremità superiori, quando sia necessario per assicurare la stabilità della scala. Per le scale provviste alle estremità superiori di dispositivi di trattenuta, anche scorrevoli su guide, non sono richieste le misure di sicurezza indicate nelle lettere a) e b).

19. Quando l'uso delle scale, per la loro altezza o per altre cause, comporti pericolo di sbandamento, esse devono essere adeguatamente assicurate o trattenute al piede da altra persona.

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20. Scala ad elementi innestati.

Per l'uso delle scale portatili composte di due o più elementi innestati (tipo all'italiana o simili), oltre quanto è prescritto nel punto a) dell'art. 18, si devono osservare le seguenti disposizioni: a) la lunghezza della scala in opera non deve superare i 15 metri, salvo particolari esigenze, nel quale caso le estremità superiori dei montanti devono essere assicurate a parti fisse; b) le scale in opera lunghe più di 8 metri devono essere munite di rompitratta per ridurre la freccia di inflessione; c) nessun lavoratore deve trovarsi sulla scala quando se ne effettua lo spostamento laterale; d) durante l'esecuzione dei lavori, una persona deve esercitare da terra una continua vigilanza della scala.

21. Scale doppie.

Le scale doppie non devono superare l'altezza di m 5 e devono essere provviste di catena di adeguata resistenza o di altro dispositivo che impedisca la apertura della scala oltre il limite prestabilito di sicurezza.

22. Scale aeree e ponti mobili sviluppabili.

Le scale aeree ad inclinazione variabile, montate su carro e comunque azionate, devono essere munite di dispositivi indicatori per la messa a livello del carro e per la elevazione massima e minima della volata, nonché di calzatoie o di altri dispositivi per assicurare in ogni caso la stabilità del carro. Dette scale devono essere provviste di targa indicante il nome del costruttore, il luogo e l'anno di costruzione e la portata massima.

23. Ponti e sedie sospesi.

I ponti sospesi ed i sostegni a sedia devono, sia per le caratteristiche costruttive che per le modalità di montaggio e di uso, presentare sufficienti garanzie di resistenza. Qualora trattisi di ponti e sedie mobili meccanici, il movimento verticale deve essere effettuato esclusivamente mediante argani a discesa autofrenante. I ponti devono essere provvisti di parapetto normale completo di fermo al piede, ed i sostegni a sedia devono essere sospesi in modo che ne sia assicurata la stabilità ed essere provvisti di cinghie o di altri mezzi di trattenuta che impediscano la caduta del lavoratore.

24. Utensili a mano.

Durante il lavoro su scale o in luoghi sopraelevati, gli utensili, nel tempo in cui non sono adoperati, devono essere tenuti entro apposite guaine o assicurati in modo da impedirne la caduta.

25. Verifiche.

Le scale aeree ad inclinazione variabile, i ponti sviluppabili su carro e i ponti sospesi muniti di argano devono essere collaudati e sottoposti a verifiche annuali per accertarne lo stato di efficienza in relazione alla sicurezza .

Capo IV - Parapetti

26. Parapetto normale.

Agli effetti del presente decreto è considerato «normale» un parapetto che soddisfi alle seguenti condizioni: a) sia costruito con materiale rigido e resistente in buono stato di conservazione; b) abbia un'altezza utile di almeno un metro; c) sia costituito da almeno due correnti, di cui quello intermedio posto a circa metà distanza fra quello superiore ed il pavimento; d) sia costruito e fissato in modo da poter resistere, nell'insieme ed in ogni sua parte, al massimo sforzo cui può essere assoggettato, tenuto conto delle condizioni ambientali e della sua specifica funzione. È considerato «parapetto normale con arresto al piede» il parapetto definito al comma precedente, completato con fascia continua poggiante sul piano di calpestio ed alta almeno 15 centimetri. È considerata equivalente ai parapetti definiti ai commi precedenti, qualsiasi protezione, quale muro, balaustra, ringhiera e simili, realizzante condizioni di sicurezza contro la caduta verso i lati aperti, non inferiori a quelle presentate dai parapetti stessi.

27. Protezione delle impalcature, delle passerelle e dei ripiani.

Le impalcature, le passerelle, i ripiani, le rampe di accesso, i balconi ed i posti di lavoro o di passaggio sopraelevati devono essere provvisti, su tutti i lati aperti, di parapetti normali con arresto al piede o di difesa equivalenti. Tale protezione non è richiesta per i piani di caricamento di altezza inferiore a m 1, 50. Nei parapetti esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, sono ammesse fasce di arresto al piede di altezza inferiore a quella normale, purché siano atte ad evitare cadute di persone o materiali verso l'esterno.

Capo V - Illuminazione

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28. Illuminazione generale.

Gli ambienti, i posti di lavoro ed i passaggi devono essere illuminati con luce naturale o artificiale in modo da assicurare una sufficiente visibilità.

29. Illuminazione particolare.

Le zone di azione delle macchine operatrici e quelle dei lavori manuali, i campi di lettura o di osservazione degli organi e degli strumenti di controllo, di misure o indicatori in genere e ogni luogo od elemento che presenti un particolare pericolo di infortunio o che necessiti di una speciale sorveglianza, devono essere illuminati in modo diretto con mezzi particolari.

30. Deroghe per esigenze tecniche.

Nei casi in cui, per le esigenze tecniche di particolari lavorazioni o procedimenti, non sia possibile illuminare adeguatamente gli ambienti, i luoghi ed i posti indicati negli articoli 28 e 29, si devono adottare adeguate misure dirette ad eliminare i rischi derivanti dalla mancanza o dalla insufficienza della illuminazione.

31. Illuminazione sussidiaria.

Negli stabilimenti e negli altri luoghi di lavoro devono esistere mezzi di illuminazione sussidiaria da impiegare in caso di necessità. Detti mezzi devono essere tenuti in posti noti al personale, conservati in costante efficienza ed essere adeguati alle condizioni ed alle necessità del loro impiego. Quando siano presenti più di 100 lavoratori e la loro uscita all'aperto in condizioni di oscurità non sia sicura ed agevole; quando l'abbandono imprevedibile ed immediato del governo delle macchine o degli apparecchi sia di pregiudizio per la sicurezza delle persone o degli impianti; quando si lavorino o siano depositate materie esplodenti o infiammabili, la illuminazione sussidiaria deve essere fornita con mezzi di sicurezza atti ad entrare immediatamente in funzione in caso di necessità e a garantire una illuminazione sufficiente per intensità, durata, per numero e distribuzione delle sorgenti luminose, nei luoghi nei quali la mancanza di illuminazione costituirebbe pericolo. Se detti mezzi non sono costruiti in modo da entrare automaticamente in funzione, i dispositivi di accensione devono essere a facile portata di mano e le istruzioni sull'uso dei mezzi stessi devono essere rese manifeste al personale mediante appositi avvisi. L'abbandono dei posti di lavoro e l'uscita all'aperto del personale deve, qualora sia necessario ai fini della sicurezza, essere disposto prima dell'esaurimento delle fonti della illuminazione sussidiaria.

32. Ove sia prestabilita la continuazione del lavoro anche in mancanza della illuminazione artificiale normale, quella sussidiaria deve essere fornita da un impianto fisso atto a consentire la prosecuzione del lavoro in condizioni di sufficiente visibilità.

Capo VI - Difesa contro gli incendi e le scariche atmosferiche

33. Difesa contro gli incendi.

In tutte le aziende o lavorazioni soggette al presente decreto devono essere adottate idonee misure per prevenire gli incendi e per tutelare la incolumità dei lavoratori in caso di incendio.

34. Divieti - Mezzi di estinzione - Allontanamento dei lavoratori.

Nelle aziende o lavorazioni in cui esistono pericoli specifici di incendio: a) è vietato fumare; b) è vietato usare apparecchi a fiamma libera e manipolare materiali incandescenti, a meno che non siano adottate idonee misure di sicurezza; c) devono essere predisposti mezzi di estinzione idonei in rapporto alle particolari condizioni in cui possono essere usati, in essi compresi gli apparecchi estintori portatili di primo intervento. Detti mezzi devono essere mantenuti in efficienza e controllati almeno una volta ogni sei mesi da personale esperto; d) deve essere assicurato, in caso di necessità, l'agevole e rapido allontanamento dei lavoratori dai luoghi pericolosi.

35. L'acqua non deve essere usata per lo spegnimento di incendi, quando le materie con le quali verrebbe a contatto possono reagire in modo da aumentare notevolmente di temperatura o da svolgere gas infiammabili o nocivi. Parimenti l'acqua, a meno che non si tratti di acqua nebulizzata, e le altre sostanze conduttrici non devono essere usate in prossimità di conduttori, macchine e apparecchi elettrici sotto tensione. I divieti di cui al presente articolo devono essere resi noti al personale mediante avvisi.

36. Lavorazioni pericolose e controllo dei Vigili del fuoco.

Le aziende e le lavorazioni: a) nelle quali si producono, si impiegano, si sviluppano o si detengono prodotti infiammabili, incendiabili o esplodenti; b) che, per dimensioni, ubicazione ed altre ragioni presentano in caso di incendio gravi pericoli per la incolumità dei lavoratori; sono soggette, ai fini della prevenzione degli incendi, al controllo del Comando del Corpo dei vigili del fuoco competente per territorio. La determinazione delle aziende e

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lavorazioni di cui al precedente comma è fatta con decreto presidenziale, su proposta del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, di concerto con i Ministri per l'industria e commercio e per l'interno .

37. I progetti di nuovi impianti o costruzioni di cui al precedente articolo o di modifiche di quelli esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, devono essere sottoposti al preventivo esame del Comando del Corpo dei vigili del fuoco, al quale dovrà essere richiesta la visita di collaudo ad impianto o costruzione, ultimati, prima dell'inizio delle lavorazioni. Per gli impianti e le costruzioni esistenti, la visita del Comando dei vigili del fuoco deve essere richiesta dal datore di lavoro non oltre sei mesi dalla pubblicazione del decreto presidenziale di cui al secondo comma dell'articolo precedente.

38. Scariche atmosferiche.

Devono essere protetti contro le scariche atmosferiche con mezzi idonei: a) gli edifici e gli impianti relativi alle aziende ed alle lavorazioni, di cui all'art. 36; b) i camini industriali, che, in relazione all'ubicazione e all'altezza, possano costituire pericolo.

39. Le strutture metalliche degli edifici e delle opere provvisionali, i recipienti e gli apparecchi metallici, di notevoli dimensioni, situati all'aperto, devono, per se stessi o mediante conduttore e spandenti appositi, risultare collegati elettricamente a terra in modo da garantire la dispersione delle scariche atmosferiche.

40. Le installazioni ed i dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche devono essere periodicamente controllati e comunque almeno una volta ogni due anni, per accertarne lo stato di efficienza .

TITOLO III Norme generali di protezione delle macchine

Capo I - Disposizioni di carattere generale

41. Protezione e sicurezza delle macchine.

Gli elementi delle macchine, quando costituiscono un pericolo, devono essere protetti o segregati o provvisti di dispositivi di sicurezza.

42. Parti salienti degli organi delle macchine.

Gli organi di collegamento, di fissaggio o di altro genere, come viti, bulloni, biette e simili esistenti sugli alberi, sulle pulegge, sui mozzi, sui giunti, sugli innesti o su altri elementi in movimento delle macchine non devono presentare parti salienti dalle superfici esterne degli elementi sui quali sono applicati, ma essere limitati in corrispondenza a dette superfici o allogati in apposite convenienti incavature oppure coperti con manicotti aventi superfici esterne perfettamente lisce.

43. Manovellismi.

Gli organi per la trasformazione del movimento rotativo in alternativo o viceversa, quali i corsoi, le bielle, gli eccentrici, le manovelle e simili devono essere adeguatamente protetti. La protezione può omettersi nei telai per il taglio delle pietre, marmo e simili e salvo, che sussistano particolari condizioni di pericolo, quando gli organi di movimento si trovino in posizione inaccessibile o la forza motrice non sia superiore ad un cavallo-vapore o la velocità non sia superiore ai 60 giri al minuto primo.

44. Tratti terminali sporgenti degli alberi.

I tratti degli alberi sporgenti dalle macchine o dai supporti per più di un quarto del loro diametro devono essere ridotti sino a tale limite oppure protetti con custodia fissata a parti non soggette a movimento.

45. Protezione in caso di rottura di macchine.

Le macchine che, in relazione alla velocità dei loro organi o alla natura dei materiali di cui questi sono costituiti o in relazione alle particolari condizioni di lavoro, presentano fondati pericoli di rottura, con conseguenti proiezioni violente di parti di macchina o di materiali in lavorazione, devono essere provviste di involucri o di schermi protettivi atti a resistere all'urto o a trattenere gli elementi o i materiali proiettati, a meno che non siano adottate altre idonee misure di sicurezza. Gli involucri e gli schermi protettivi di ghisa comune o di alluminio non sono ammessi.

46. Scuotimenti e vibrazioni delle macchine.

Le macchine devono essere costruite, installate e mantenute in modo da evitare scuotimenti o vibrazioni che possano pregiudicare la loro stabilità, la resistenza dei loro elementi e la stabilità degli edifici. Qualora lo

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scuotimento o la vibrazione siano inerenti ad una specifica funzione tecnologica della macchina, devono adottarsi le necessarie misure o cautele affinché ciò non sia di pregiudizio alla stabilità degli edifici od arrechi danno alle persone.

47. Rimozione temporanea delle protezioni e dei dispositivi di sicurezza.

Le protezioni ed i dispositivi di sicurezza delle macchine non devono essere rimossi se non per necessità di lavoro. Qualora essi debbano essere rimossi dovranno essere immediatamente adottate misure atte a mettere in evidenza e a ridurre al limite minimo possibile il pericolo che ne deriva. La rimessa in posto della protezione o del dispositivo di sicurezza deve avvenire non appena siano cessate le ragioni che hanno reso necessaria la loro temporanea rimozione.

48. Divieto di pulire, oliare o ingrassare organi in moto.

È vietato pulire, oliare o ingrassare a mano gli organi e gli elementi in moto delle macchine, a meno che ciò non sia richiesto da particolari esigenze tecniche, nel quale caso deve essere fatto uso di mezzi idonei ad evitare ogni pericolo. Del divieto stabilito dal presente articolo devono essere resi edotti i lavoratori mediante avvisi chiaramente visibili.

49. Divieto di operazioni di riparazione o registrazione su organi in moto.

È vietato compiere su organi in moto qualsiasi operazione di riparazione o registrazione. Qualora sia necessario eseguire tali operazioni durante il moto, si devono adottare adeguate cautele a difesa della incolumità del lavoratore. Del divieto indicato nel primo comma devono essere resi edotti i lavoratori mediante avvisi chiaramente visibili.

Capo II - Motori

50. Segregazione dei motori.

Quando un motore, per le sue caratteristiche di costruzione, costituisce un pericolo per chi lo avvicina, deve essere o installato in apposito locale o recintato o comunque protetto. Anche quando i motori siano installati in appositi locali o recinti, i relativi organi di trasmissione, quali alberi, pulegge, cinghie e simili devono essere protetti in conformità delle disposizioni del Capo III del presente Titolo. L'accesso ai locali o ai recinti dei motori deve essere vietato a coloro che non vi sono addetti ed il divieto deve essere richiamato mediante apposito avviso.

51. Regolatore automatico di velocità.

I motori soggetti a variazioni di velocità le quali possono costituire un pericolo devono essere provvisti di regolatore automatico di velocità, tale da impedire che questa superi i limiti prestabiliti. Il regolatore deve essere munito di un dispositivo che ne segnali il mancato funzionamento.

52. Messa in moto e arresto dei motori.

Gli organi o apparecchi di messa in moto e di arresto dei motori debbono essere facilmente manovrabili dal personale addetto alle manovre e disposti in modo da non poter essere azionati accidentalmente. Per l'avviamento dei motori a combustione interna devono adottarsi dispositivi che impediscano al lavoratore di agire direttamente sul volano. Le manovelle di avviamento diretto devono essere costruite in maniera da potersi disinnestare automaticamente per evitare il contraccolpo. Se ciò è appropriato e funzionale rispetto ai pericoli dell'attrezzatura di lavoro e del tempo di arresto normale, un'attrezzatura di lavoro deve essere munita di un dispositivo di arresto di emergenza (9/a).

53. Quando un motore aziona un sistema esteso e complesso di trasmissioni o di macchine e vi siano particolari condizioni di pericolosità, devono essere predisposti dispositivi supplementari, facilmente accessibili per poterne conseguire l'arresto. Possono essere impiegati mezzi acustici, associati, se necessario, a mezzi ottici, per la trasmissione, al personale addetto alla manovra, di segnalazioni convenute di arresto dei motori non azionati da energia elettrica. In ogni caso, gli organi di comando dell'arresto o della segnalazione devono essere chiaramente individuabili mediante avvisi indicatori. Qualora i mezzi di cui al secondo comma svolgano anche la funzione di allarme essi devono essere ben visibili ovvero comprensibili senza possibilità di errore (9/a).

54. Ogni inizio ed ogni ripresa di movimento dei motori devono essere preceduti da un segnale acustico convenuto, distintamente percettibile nei luoghi dove vi sono trasmissioni e macchine dipendenti, associato, se necessario, ad un segnale ottico. Un cartello indicatore richiamante l'obbligo stabilito dal presente articolo e le relative modalità, deve essere esposto presso gli organi di comando della messa in moto del motore.

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Capo III - Trasmissioni e ingranaggi

55. Organi ed elementi per la trasmissione del moto.

Gli alberi, le pulegge, le cinghie, le funi, le catene di trasmissione, i cilindri e i coni di frizione, gli ingranaggi e tutti gli altri organi o elementi di trasmissione devono essere protetti ogni qualvolta possono costituire un pericolo.

56. Alberi, cinghie e funi di trasmissione.

Gli alberi, i contralberi, le cinghie e le funi di trasmissione, nonché le relative pulegge motrici e mosse, che si trovano in tutto o in parte ad altezza non superiore a m 2 dal pavimento o dalla piattaforma del posto di lavoro, a meno che non siano già in posizione inaccessibile, devono essere protetti sin a tale altezza. La protezione di tali organi ed elementi può essere anche costituita da una barriera distanziatrice, della altezza di almeno un metro, purché: a) disti, in senso orizzontale, almeno m 0,50 dalle parti più sporgenti degli organi ed elementi di trasmissione, riducibili a m 0,30 se gli organi in movimento da proteggere non superano l'altezza della barriera; b) sia costruita in maniera da rendere impossibile, senza speciali manovre, l'accesso nello spazio compreso fra il riparo e gli organi ed elementi in moto. Per le cinghie di trasmissione azionate da motore di potenza non superiore a 2 cavalli-vapore o che abbiano meno di 8 centimetri di larghezza o una velocità inferiore ai 2 metri al minuto secondo, l'obbligo della protezione sussiste solo quando la cinghia, in relazione alle condizioni di impianto e di uso, può costituire pericolo. Per gli alberi e i contralberi, la protezione può omettersi quando, in relazione alla velocità ed alla loro coppia motrice, sia da escludersi ogni pericolo.

57. Le cinghie e le funi di trasmissione esistenti sopra passaggi o posti di lavoro devono avere, sotto il tratto inferiore, una protezione atta a trattenerle in caso di rottura. Tale protezione può essere omessa quando il prodotto della larghezza della cinghia in centimetri per la sua velocità in metri al minuto secondo sia minore di 80.

58. Quando le cinghie o le funi di trasmissione aventi notevoli dimensioni o velocità, sovrastino o sono prossime o adiacenti a posti di lavoro o passaggi, le protezioni di cui agli articoli 56 e 57 devono essere costruite in modo da resistere alla violenta proiezione della cinghia o della fune in caso di rottura, oppure essere integrate da schermi aventi forma, dimensioni e resistenza tali da conseguire lo stesso scopo.

59. Ingranaggi.

Gli ingranaggi, le ruote e gli altri elementi dentati mobili devono essere racchiusi completamente entro involucri metallici, oppure, nel caso di ruote ad anima piena, protetti con schermi ricoprenti le sole dentature sino alla loro base. Possono, tuttavia, essere tollerate protezioni limitate alla sola zona di imbocco, quando, in relazione a particolari caratteristiche della macchina o della installazione, quali la ridottissima velocità degli ingranaggi o la loro ubicazione fuori portata delle persone, dette protezioni offrano sufficiente garanzia di sicurezza. In ogni caso le protezioni di cui al precedente comma devono estendersi, lateralmente, sino alla base della dentatura e devono avere le estremità periferiche libere foggiate in modo da evitare il pericolo di tranciamento fra il riparo e la corona dentata.

60. Coni e cilindri di frizione.

Le coppie di coni e cilindri di frizione che si trovano ad altezza non superiore a m 2 dal pavimento o dalla piattaforma del posto di lavoro devono avere la zona di imbocco protetta, a meno che non siano in posizione inaccessibile.

61. Catene di trasmissione.

Le catene di trasmissione e le relative ruote dentate devono, quando non si trovino in posizione inaccessibile, essere protette mediante custodia completa. Qualora trattisi di catene molto lunghe, la custodia può essere limitata alle ruote dentate con appendice adeguatamente estesa oltre le zone di avvolgimento, fermo restando l'obbligo di proteggere i tratti di catena scoperta nei casi e con le modalità stabilite dall'art. 56 nei riguardi delle cinghie e delle funi di trasmissione.

62. Montaggio e smontaggio delle cinghie.

Le operazioni relative al montaggio ed allo smontaggio delle cinghie devono essere affidate a personale esperto. È consentito eseguire tali operazioni con la trasmissione in moto solo quando si disponga e si faccia uso di idonei attrezzi o dispositivi montacinghie. L'adozione di un dispositivo montacinghie fisso è obbligatoria quando il prodotto della larghezza della cinghia in centimetri per la sua velocità in metri al secondo sia non minore di 80.

63. Ganci portacinghie.

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Le cinghie tenute anche momentaneamente inattive e quelle fuori servizio per riparazioni, giunzioni o altri motivi, non devono appoggiare sugli alberi di trasmissione, né trovarsi a contatto con elementi in moto, ma devono essere appese a ganci portacinghie predisposti in prossimità delle pulegge.

64. Giunzione delle cinghie.

Le giunzioni delle cinghie di trasmissione devono essere fatte in modo da non presentare sporgenze o elementi salienti, a meno che questi non siano raccordati alla cinghia con smussi a lievissima inclinazione o che la cinghia non sia completamente protetta.

65. Coppie di pulegge fissa e folle.

Le coppie di pulegge fissa e folle devono essere costruite e mantenute in modo che: a) la puleggia folle non possa, per attrito o per contatto o per altra causa, trasmettere il movimento a quella fissa o trascinare in moto l'albero su cui è montata; b) il passaggio della cinghia dalla puleggia folle a quella fissa e viceversa sia eseguito per mezzo di apposito spostacinghia meccanico, munito di dispositivo di fermo, che assicuri la posizione di disinnesto del sistema contro spostamenti accidentali della cinghia. Tale dispositivo deve sempre trovarsi nella posizione di folle quando la trasmissione o la macchina comandata sono ferme.

66. Disinnesti di sezionamento delle trasmissioni estese.

Non sono ammesse trasmissioni di forza motrice mediante un unico albero esteso a più ambienti, a meno che l'albero non sia sezionabile in tronchi corrispondenti a ciascun ambiente per mezzo di giunti di disinnesto di facile e rapida manovra, provvisti di dispositivo di fermo, per impedire l'accidentale trasmissione del moto dall'uno all'altro tronco. Analoghi giunti di disinnesto devono predisporsi per il sezionamento degli alberi che, anche nell'ambito di uno stesso locale, muovono masse rotanti di entità tale da rendere difficile il loro rapido arresto.

67. Preavviso di avviamento di trasmissioni.

Ogni inizio ed ogni ripresa di movimento di trasmissioni inseribili senza arrestare il motore che comanda la trasmissione principale devono essere preceduti da un segnale acustico convenuto.

Capo IV - Macchine operatrici e varie

68. Protezione degli organi lavoratori e delle zone di operazione delle macchine.

Gli organi lavoratori delle macchine e le relative zone di operazione, quando possono costituire un pericolo per i lavoratori, devono, per quanto possibile, essere protetti o segregati oppure provvisti di dispositivo di sicurezza.

69. Quando per effettive ragioni tecniche o di lavorazione, non sia possibile conseguire una efficace protezione o segregazione degli organi lavoratori e delle zone di operazione pericolose delle macchine, si devono adottare altre misure per eliminare o ridurre il pericolo, quali idonei attrezzi, alimentatori automatici, dispositivi supplementari per l'arresto della macchina e congegni di messa in marcia a comando multiplo simultaneo.

70. Quando per effettive esigenze della lavorazione non sia possibile proteggere o segregare in modo completo gli organi lavoratori e le zone di operazione pericolose delle macchine, la parte di organo lavoratore o di zona di operazione non protetti deve essere limitata al minimo indispensabile richiesto da tali esigenze e devono adottarsi misure per ridurre al minimo il pericolo.

71. Nei casi previsti negli articoli 69 e 70, quando gli organi lavoratori non protetti o non completamente protetti possono afferrare, trascinare o schiacciare e sono dotati di notevole inerzia, il dispositivo di arresto della macchina, oltre ad avere l'organo di comando a immediata portata delle mani o di altre parti del corpo del lavoratore deve comprendere anche un efficace sistema di frenatura che consenta l'arresto nel più breve tempo possibile.

72. Blocco degli apparecchi di protezione.

Gli apparecchi di protezione amovibili degli organi lavoratori, delle zone di operazione e degli altri organi pericolosi delle macchine, quando sia tecnicamente possibile e si tratti di eliminare un rischio grave e specifico, devono essere provvisti di un dispositivo di blocco collegato con gli organi di messa in moto e di movimento della macchina tale che: a) impedisca di rimuovere o di aprire il riparo quando la macchina è in moto, o provochi l'arresto della macchina all'atto della rimozione o dell'apertura del riparo; b) non consenta l'avviamento della macchina se il riparo non è nella posizione di chiusura.

73. Aperture di alimentazione e di scarico delle macchine.

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Le aperture di alimentazione e di scarico delle macchine devono essere provviste di idonei ripari costituiti, a secondo delle varie esigenze tecniche, da parapetti, griglie, tramoggie e coperture atti per forma, dimensioni e resistenza, ad evitare che il lavoratore od altre persone possano venire in contatto con tutto o parte del corpo con gli organi lavoratori, introduttori o scaricatori pericolosi. La disposizione del presente articolo deve essere osservata anche quando la macchina è provvista di dispositivi di alimentazione e di scarico automatici ogni qualvolta gli organi lavoratori, introduttori o scaricatori pericolosi risultino ugualmente accessibili durante il lavoro.

74. Fissaggio degli organi lavoratori a velocità elevate.

Gli organi lavoratori che operano a velocità elevate devono essere fissati agli alberi o altri elementi da cui ricevono il movimento, in modo o con dispositivi tali da evitare l'allentamento dei loro mezzi il fissaggio e, in ogni caso, la loro proiezione o la loro fuoruscita.

75. Protezione contro le proiezioni di materiali.

Le macchine che durante il funzionamento possono dar luogo a proiezioni di materiali o particelle di qualsiasi natura o dimensione devono, per quanto possibile, essere provviste di chiusura, schermi o altri mezzi di intercettazione atti ad evitare che i lavoratori siano colpiti.

76. Organi di comando per la messa in moto delle macchine.

Ogni macchina deve avere gli organi di comando per la messa in moto e l'arresto ben riconoscibili e a facile portata del lavoratore. Qualora, per effettive ragioni tecniche, l'organo di comando della messa in moto sia fuori portata del lavoratore e possa essere manovrato da altri, devono adottarsi le necessarie misure per evitare che gli addetti alla macchina possano essere lesi in seguito ad un tempestivo movimento di questa.

77. I comandi di messa in moto delle macchine devono essere collocati in modo da evitare avviamenti o innesti accidentali o essere provvisti di dispositivi atti a conseguire lo stesso scopo.

78. Comando a pedale delle macchine.

I pedali di comando generale o particolare delle macchine, esclusi quelli di solo arresto, devono essere protetti, al di sopra ed ai lati, da una custodia, oppure essere muniti di altro dispositivo, che, pur consentendo una agevole manovra, eviti ogni possibilità di azionamento accidentale del pedale.

79. Innesto e disinnesto delle macchine comandate da trasmissione.

Le macchine che non sono azionate da propri motori, ma da trasmissioni principali o secondarie, devono essere provviste di dispositivi di innesto, spostacinghie o simili, che consentano di azionare e di arrestare la macchina indipendentemente dalla trasmissione e dalle altre macchine da questa azionate. Può derogarsi dalla osservanza della disposizione di cui al comma precedente per i gruppi di macchine situate in uno stesso locale, purché l'arresto dell'intero gruppo possa effettuarsi dal posto di lavoro di ciascuna macchina e la messa in moto del medesimo sia eseguibile da un punto situato in posizione tale che chi compie la manovra possa vedere distintamente tutte le macchine.

80. Preavviso di avviamento di macchine complesse.

Ogni avviamento di macchine complesse, alle quali sono addetti più lavoratori dislocati in posti diversi e non perfettamente visibili da colui che ha il compito di mettere in moto la macchina, deve essere preceduto da un segnale acustico convenuto.

81. Comando con dispositivo di blocco multiplo.

Quando la condotta delle macchine comprese fra quelle indicate nell'articolo precedente richieda o implichi, anche saltuariamente, che i lavoratori introducano le mani o altre parti del corpo fra organi che con l'avviamento della macchina entrano in movimento, le macchine stesse devono essere provviste di un sistema di comando con dispositivo di blocco multiplo, che ne consenta la messa in moto solo dopo che ciascun lavoratore addetto alla macchina abbia disinserito il proprio dispositivo di blocco particolare.

82. Blocco della posizione di fermo della macchina.

Le macchine che per le operazioni di caricamento, registrazione, cambio di pezzi, pulizia, riparazione e manutenzione, richiedono che il lavoratore si introduca in esse o sporga qualche parte del corpo fra organi che possono entrare in movimento, devono essere provviste di dispositivi, che assicurino in modo assoluto la posizione di fermo della macchina e dei suoi organi durante la esecuzione di dette operazioni. Devono altresì adottarsi le necessarie misure e cautele affinché la macchina o le sue parti non siano messe in moto da altri.

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83. Spazio libero oltre i limiti di corsa degli organi a movimento alternativo.

Le macchine operatrici e le macchine varie aventi parti od organi a movimento alternativo devono essere installate in modo che fra l'estremità di corsa delle stesse parti od organi mobili, tenuto conto anche della eventuale sporgenza del materiale su di essi esistente, e le pareti o altri ostacoli, esista uno spazio libero di almeno cm 50 nel senso del movimento alternativo. Qualora sia minore di cm 50, esso deve essere reso inaccessibile mediante chiusura.

TITOLO I Norme particolari di protezione per determinate macchine

Capo I - Mole abrasive

84. .

85. [Le mole abrasive artificiali non devono essere usate ad una velocità superiore a quella garantita dal costruttore e indicata sulla etichetta di cui all'articolo precedente . Qualora, per smarrimento o deterioramento della etichetta, non sia possibile rilevare i dati in essa indicati, la velocità d'uso per minuto secondo non deve superare: a) per le mole a disco normale: m 20 se ad impasto magnesiaco o silicato, m 25 se ad impasto ceramico, m 30 se ad impasto con resine sintetiche o con gomma vulcanizzata o con gommalacca; b) per le mole ad anello, a tazza, a scodella, a coltello ed a sagome speciali in genere: m 15, 20, 25 rispettivamente per le mole ad impasto magnesiaco o silicato, ceramico ed organico o con resine sintetiche] (12/a).

86. Sulla incastellatura o in prossimità delle macchine molatrici deve essere esposto, a cura dell'utente della macchina, un cartello indicante il diametro massimo della mola che può essere montata in relazione al tipo di impasto ed al numero dei giri del relativo albero.

87. Molatrici a più velocità.

Le macchine molatrici a velocità variabile devono essere provviste di un dispositivo, che impedisca l'azionamento della macchina ad una velocità superiore a quella prestabilita in rapporto al diametro della mola montata.

88. Flange ed altri mezzi di fissaggio delle mole.

Le mole a disco normale devono essere montate sul mandrino per mezzo di fiange di fissaggio, di acciaio o di altro materiale metallico uguale fra loro e non inferiore ad 1/3 del diametro della mola, salvo quanto disposto dall'art. 90. L'aggiustaggio tra dette fiange e la mola deve avvenire secondo una zona anulare periferica di adeguata larghezza e mediante interposizione di una guarnizione di materiale comprimibile quale cuoio, cartone, feltro. Le mole ad anello, a tazza, a scodella, a coltello ed a sagome speciali in genere, devono essere montate mediante fiange, piastre, ghiere o altri idonei mezzi, in modo da conseguire la maggiore possibile sicurezza contro i pericoli di spostamento e di rottura della mola in moto.

89. Cuffie di protezione.

Le mole abrasive artificiali devono essere protette da robuste cuffie metalliche, che circondino la massima parte periferica della mola, lasciando scoperto solo il tratto strettamente necessario per la lavorazione. La cuffia deve estendersi anche sulle due facce laterali della mola ed essere il più vicino possibile alle superfici di questa. Lo spessore della cuffia, in rapporto al materiale di cui è costituita, ed i suoi attacchi alle parti fisse della macchina devono essere tali da resistere all'urto dei frammenti di mola in caso di rottura. In deroga a quanto disposto a secondo comma dell'art. 45, le cuffie di protezione di ghisa possono essere tollerate per mole di diametro non superiore a 25 centimetri, che non abbiano velocità periferica di lavoro superiore a 25 metri al secondo, e purché lo spessore della cuffia stessa non sia inferiore a 12 millimetri.

90. La cuffia di protezione delle mole abrasive artificiali, prescritta nell'articolo precedente, può, per particolari esigenze di carattere tecnico, essere limitata alla sola parte periferica oppure essere omessa, a condizione che la mola sia fissata con fiange di diametro tale che essa non ne sporga più di 3 centimetri, misurati radialmente, per mole fino al diametro di 30 centimetri; di centimetri 5 per mole fino al diametro di 50 centimetri; di 8 centimetri per mole di diametro maggiore. Nel caso di mole a sagoma speciale o di lavorazioni speciali gli «sporti» della mola dai dischi possono superare i limiti previsti dal comma precedente, purché siano adottate altre idonee misure di sicurezza contro i pericoli derivanti dalla rottura della mola.

91. Poggiapezzi.

Le macchine molatrici devono essere munite di adatto poggiapezzi. Questo deve avere superficie di appoggio piana di dimensione appropriata al genere di lavoro da eseguire, deve essere registrabile ed il suo lato interno

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deve distare non più di 2 millimetri dalla mola, a meno che la natura del materiale in lavorazione (materiali sfaldabili) e la particolarità di questa non richiedano, ai fini della sicurezza, una maggiore distanza.

92. Protezione contro le schegge.

Le mole abrasive artificiali che sono usate promiscuamente da più lavoratori per operazioni di breve durata, devono essere munite di uno schermo trasparente paraschegge infrangibile e regolabile, a meno che tutti i lavoratori che le usano non siano provvisti di adatti occhiali di protezione in dotazione personale.

93. Mole naturali.

Le mole naturali azionate meccanicamente devono essere montate tra fiange di fissaggio aventi un diametro non inferiore ai 5/10 di quello della mola fino ad un massimo di m 1, e non devono funzionare ad una velocità periferica superiore a 13 metri al minuto secondo. Quando dette mole sono montate con fiange di diametro inferiore ai 5/10 di quello della mola e quando la velocità periferica supera i 10 metri al minuto secondo, esse devono essere provviste di solide protezioni metalliche, esclusa la ghisa comune, atte a trattenere i pezzi della mola in caso di rottura.

94. Pulitrici e levigatrici.

Le macchine pulitrici o levigatrici a nastro, a tamburo, a rulli a disco, operanti con smeriglio o altre polveri abrasive, devono avere la parte abrasiva non utilizzata nella operazione, protetta contro il contatto accidentale.

Capo II - Bottali, impastatrici, gramolatrici e macchine simili

95. Bottali e macchine simili.

Le macchine rotanti costituite da botti, cilindri o recipienti di altra forma che, in relazione alla esistenza di elementi sporgenti delle parti in movimento o per altre cause, presentino pericoli per i lavoratori, devono essere segregate, durante il funzionamento, mediante barriere atte ad evitare il contatto accidentale con dette parti in movimento.

96. I bottali da concia e le altre macchine che possono ruotare accidentalmente durante le operazioni di carico e scarico, debbono essere provviste di un dispositivo che ne assicuri la posizione di fermo.

97. Impastatrici, gramolatrici e simili.

Le macchine impastatrici devono essere munite di coperchio totale o parziale atto ad evitare che il lavoratore possa comunque venire in contatto con gli organi lavoratori in moto. Le protezioni di cui al comma precedente devono essere provviste del dispositivo di blocco previsto nell'art. 72. Quando per ragioni tecnologiche non sia possibile applicare le protezioni e i dispositivi di cui ai commi precedenti, si devono adottare altre idonee misure per eliminare o ridurre il pericolo.

98. Nelle gramolatrici e macchine simili devono essere protetti: a) la zona di imbocco tra il cono scanalato e la sottostante vasca girevole, mediante una griglia disposta anteriormente al cono stesso, a meno che questo non sia preceduto da dispositivo volta pasta; b) il tratto compreso tra la testata del cono ed il bordo superiore della vasca contro il pericolo di trascinamento e cesoiamento delle mani; c) lo spazio compreso tra il cono e la traversa superiore posteriormente all'imbocco, quando la distanza tra la parte mobile e quella fissa è inferiore a 6 centimetri.

Capo III - Macchine di fucinatura e stampaggio per urto

99. Blocco della testa portastampo.

Le macchine di fucinatura e di stampaggio per urto, quali magli, berte e simili, devono essere provviste di un dispositivo di blocco atto ad assicurare la posizione di fermo della testa portastampo, durante il cambio e la sistemazione degli stampi e dei controstampi.

100. Schermi di difesa.

Gli schermi di difesa contro le proiezioni di materiali devono, per le macchine di fucinatura e di stampaggio, essere applicati almeno posteriormente alla macchina e quando non ostino esigenze di lavoro, anche sul davanti ed ai lati. possibilità che i lavoratori siano colpiti da dette proiezioni.

Capo IV - macchine utensili per metalli

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101. Torni.

Nei torni, le viti di fissaggio del pezzo al mandrino devono risultare incassate oppure protette con apposito manicotto contornante il mandrino, onde non abbiano ad impigliare gli indumenti del lavoratore durante la rotazione. Analoga protezione deve essere adottata quando il pezzo da lavorare è montato mediante briglia che presenta gli stessi pericoli. Nei torni per la lavorazione dei pezzi dalla barra, la parte sporgente di questa deve essere protetta mediante sostegno tubolare.

102. I grandi torni e gli alesatori a piattaforma orizzontale girevole, sulla quale i lavoratori possono salire per sorvegliare lo svolgimento della lavorazione, devono essere provvisti di un dispositivo di arresto della macchina, azionabile anche dal posto di osservazione sulla piattaforma.

103. Piallatrici.

I vani esistenti nella parte superiore del bancale fisso delle piallatrici debbono essere chiusi allo scopo di evitare possibili cesoiamenti di parti del corpo del lavoratore tra le traverse del bancale e le estremità della piattaforma scorrevole portapezzi.

104. Trapani.

I pezzi da forare al trapano, che possono essere trascinati in rotazione dalla punta dell'utensile, devono essere trattenuti mediante morsetti od altri mezzi appropriati.

105. Seghe per metalli.

Le seghe a nastro per metalli devono essere protette conformemente a quanto disposto nell'art. 108.

106. Le seghe circolari a caldo devono essere munite di cuffia di protezione in lamiera dello spessore di almeno 3 millimetri per arrestare le proiezioni di parti incandescenti.

Capo V - Macchine utensili per legno e materiali affini

107. Seghe alternative.

Le seghe alternative a movimento orizzontale devono essere munite di una solida protezione della biella atta a trattenerne i pezzi in caso di rottura, nonché di un robusto paracolpi verticale per trattenere, dalla parte opposta, il telaio sfuggente. Le seghe alternative a movimento verticale devono essere munite di un dispositivo che assicuri in modo assoluto il cilindro superiore di avanzamento nella sua posizione più alta.

108. Seghe a nastro.

Le seghe a nastro devono avere i volani di rinvio del nastro completamente protetti. La protezione deve estendersi anche alle corone dei volani in modo da trattenere il nastro in caso di rottura. Il nastro deve essere protetto contro il contatto accidentale in tutto il suo percorso che non risulta compreso nelle protezioni di cui al primo comma, ad eccezione del tratto strettamente necessario per la lavorazione.

109. Seghe circolari.

Le seghe circolari fisse devono essere provviste: a) di una solida cuffia registrabile atta a evitare il contatto accidentale del lavoratore con la lama e ad intercettare le schegge; b) di coltello divisore in acciaio, quando la macchina è usata per segare tavolame in lungo, applicato posteriormente alla lama a distanza di non più di 3 millimetri dalla dentatura per mantenere aperto il taglio; c) di schermi messi ai due lati della lama nella parte sporgente sotto la tavola di lavoro in modo da impedirne il contatto. Qualora per esigenze tecniche non sia possibile l'adozione del dispositivo di cui alla lettera a), si deve applicare uno schermo paraschegge di dimensioni appropriate.

110. Le seghe circolari a pendolo, a bilanciere e simili devono essere provviste di cuffie di protezione conformate in modo che durante orazione rimanga scoperto il solo tratto attivo del disco. Le seghe circolari a pendolo e simili devono essere inoltre provviste di un dispositivo di sicurezza atto ad impedire che la lama possa uscire fuori dal banco dalla parte del lavoratore in caso di rottura dell'organo tirante.

111. Pialle a filo.

Le pialle a filo devono avere il portalame di forma cilindrica e provvisto di scanalature di larghezza non superiore a 12 millimetri per la eliminazione dei trucioli. La distanza fra i bordi dell'apertura del banco di lavoro e il filo tagliente delle lame deve essere limitata al minimo indispensabile rispetto alle esigenze della lavorazione. Le

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pialle a filo devono inoltre essere provviste di un riparo registrabile a mano o di altro idoneo dispositivo per la copertura del portalame o almeno del tratto di questo eccedente la zona di lavorazione in relazione alle dimensioni ed alla forma del materiale da piallare.

112. Pialle a spessore.

Le pialle a spessore devono essere munite di un dispositivo atto ad impedire il rifiuto del pezzo o dei pezzi in lavorazione.

113. Fresatrici da legno.

Le fresatrici da legno devono essere provviste di mezzi di protezione atti ad evitare che le mani del lavoratore possano venire accidentalmente in contatto con l'utensile. Tali mezzi debbono essere adatti alle singole lavorazioni ed applicati sia nei lavori con guida che in quelli senza guida.

114. Lavorazioni di piccoli pezzi.

La lavorazione di pezzi di piccole dimensioni alle macchine da legno, ancorché queste siano provviste dei prescritti mezzi di protezione, deve essere effettuata facendo uso di idonee attrezzature quali portapezzi, spingitoi e simili.

Capo VI - Presse e cesoie

115. Dispositivi per le presse in genere.

Le presse, le trance e le macchine simili debbono essere munite di ripari o dispositivi atti ad evitare che le mani o altre parti del corpo dei lavoratori siano offese dal punzone o da altri organi mobili lavoratori. Tali ripari o dispositivi, a seconda del tipo della macchina o delle esigenze della lavorazione, possono essere costituiti da: a) schermi fissi che permettono il passaggio dei materiali nella zona di lavoro pericolosa, ma non quello delle mani del lavoratore; b) schermi mobili di completa protezione della zona pericolosa, che non consentano il movimento del punzone se non quando sono nella posizione di chiusura; c) apparecchi scansamano comandati automaticamente dagli organi mobili della macchina; d) dispositivi che impediscano la discesa del punzone quando le mani o altre parti del corpo dei lavoratori si trovino in posizione di pericolo. I dispositivi di sicurezza consistenti nel comando obbligato della macchina per mezzo di due organi da manovrarsi contemporaneamente con ambo le mani, possono essere ritenuti sufficienti soltanto nel caso che alla macchina sia addetto un solo lavoratore. I suddetti ripari e dispositivi di sicurezza possono essere omessi quando la macchina sia provvista di apparecchi automatici o semi-automatici di alimentazione.

116. Nei lavori di meccanica minuta con macchine di piccole dimensioni, qualora l'applicazione di uno dei dispositivi indicati nell'articolo precedente o di altri dispositivi di sicurezza non risulti praticamente possibile, i lavoratori, per le operazioni di collocamento e ritiro dei pezzi in lavorazione, debbono essere forniti e fare uso di adatti attrezzi di lunghezza sufficiente a mantenere le mani fuori della zona di pericolo.

117. L'applicazione di ripari o dispositivi di sicurezza, in conformità a quanto stabilisce l'articolo 115, può essere omessa per le presse o macchine simili mosse direttamente dalla persona che le usa, senza intervento diretto o indiretto di motori nonché per le presse comunque azionate a movimento lento, purché le eventuali condizioni di pericolo siano eliminate mediante altri dispositivi o accorgimenti.

118. Le presse meccaniche alimentate a mano debbono essere munite di dispositivo antiripetitore del colpo.

119. Presse a bilanciere azionate a mano.

Le presse a bilanciere azionate a mano, quando il volano in movimento rappresenti un pericolo per il lavoratore, debbono avere le masse rotanti protette mediante schermo circolare fisso o anello di guardia solidale con le masse stesse.

120. Cesoie a ghigliottina.

Le cesoie a ghigliottina mosse da motore debbono essere provviste di dispositivo atto ad impedire che le mani o altre parti del corpo dei lavoratori addetti possano comunque essere offesi dalla lama, a meno che non siano munite di alimentatore automatico o meccanico che non richieda l'introduzione delle mani o altre parti del corpo nella zona di pericolo.

121. Grandi cesoie a ghigliottina.

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Le grandi cesoie a ghigliottina cui sono addetti contemporaneamente due o più lavoratori debbono essere provviste di dispositivi di comando che impegnino ambo le mani degli stessi per tutta la durata della discesa della lama, a meno che non siano adottati altri efficaci mezzi di sicurezza.

122. Cesoie a coltelli circolari.

Le cesoie a coltelli circolari, quando questi ultimi sono accessibili e pericolosi, debbono essere provviste di cuffia o di schermi o di altri mezzi idonei di protezione applicati alla parte di coltello soprastante il banco di lavoro ed estendentesi quanto più vicino possibile alla superficie del materiale in lavorazione. Anche le parti dei coltelli sottostanti il banco debbono essere protette.

123. Cesoie a tamburo portacoltelli e simili.

Le cesoie a tamburo portacoltelli e simili debbono essere provviste di mezzi di protezione, che impediscano ai lavoratori di raggiungere con le mani i coltelli in moto.

Capo VII - Frantoi, disintegratori, molazze e polverizzatori

124. Protezione degli organi lavoratori.

Gli organi lavoratori dei frantoi, dei disintegratori, dei polverizzatori e delle macchine simili, i quali non siano completamente chiusi nell'involucro esterno fisso della macchina e che presentino pericolo, debbono essere protetti mediante idonei ripari, che possono essere costituiti anche da robusti parapetti collocati a sufficiente distanza dagli organi da proteggere.

125. Molini a palle e macchine simili.

I molini a palle e le macchine simili debbono essere segregati mediante barriere o parapetti posti a conveniente distanza, ogni qualvolta i loro elementi sporgenti vengano a trovarsi, durante la rotazione a meno di metri due di altezza dal pavimento.

126. Frantoi, disintegratori e macchine simili.

Qualora per esigenze tecniche le aperture di alimentazione dei frantoi, dei disintegratori e delle macchine simili, non possano essere provviste di protezioni fisse complete in conformità a quanto stabilito nell'art. 73, possono essere adottate protezioni rimovibili o spostabili, le quali debbono essere rimesse al loro posto o in posizione di difesa non appena sia cessata la esigenza che ne ha richiesto la rimozione. In ogni caso il posto di lavoro o di manovra dei lavoratori deve essere sistemato o protetto in modo da evitare cadute entro l'apertura di alimentazione o offese da parte degli organi in moto.

127. Molazze.

Le molazze e le macchine simili debbono essere circondate da un riparo atto ad evitare possibili offese dagli organi lavoratori in moto. Le aperture di scarico della vasca debbono essere costruite o protette in modo da impedire che le mani dei lavoratori possano venire in contatto con gli organi mobili della macchina.

128. Berte a caduta libera.

Le berte a caduta libera per la frantumazione della ghisa, dei rottami metallici o di altri materiali debbono essere completamente circondate da robuste pareti atte ad impedire la proiezione all'esterno di frammenti di materiale. Anche l'accesso a tale recinto deve essere sistemato in modo da rispondere allo stesso scopo. La manovra di sganciamento della mazza deve eseguirsi dall'esterno del recinto o comunque da posto idoneamente protetto.

Capo VIII - Macchine per centrifugare e simili

129. Limiti di velocità e di carico.

Le macchine per centrifugare e simili debbono essere usate entro i limiti di velocità e di carico stabiliti dal costruttore. Tali limiti debbono risultare da apposita targa ben visibile applicata sulla macchina e debbono essere riportati su cartello con le istruzioni per l'uso, affisso presso la macchina.

130. Coperchio e freno.

Le macchine per centrifugare in genere, quali gli idroestrattori e i separatori a forza centrifuga, debbono essere munite di solido coperchio dotato del dispositivo di blocco previsto nell'art. 72 e di freno adatto ed efficace.

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Qualora, in relazione al particolare uso della macchina, non sia tecnicamente possibile applicare il coperchio, il bordo dell'involucro esterno deve sporgere di almeno tre centimetri verso l'interno rispetto a quello del paniere.

131. Verifiche periodiche.

Gli idroestrattori a forza centrifuga debbono essere sottoposti a verifica almeno una volta all'anno per accertarne lo stato di conservazione e di funzionamento, quando il diametro esterno del paniere sia superiore a 5 centimetri .

Capo IX - Laminatoi, rullatrici, calandre e cilindri

132. Laminatoi, rullatrici, calandre e cilindri in genere.

Nelle macchine con cilindri lavoratori e alimentatori accoppiati e sovrapposti, o a cilindro contrapposto a superficie piana fissa o mobile, quali laminatoi, rullatrici, calandre, molini a cilindri, raffinatrici, macchine tipografiche a cilindri e simili, la zona di imbocco, qualora non sia inaccessibile, deve essere efficacemente protetta per tutta la sua estensione, con riparo per impedire la presa e il trascinamento delle mani o di altre parti del corpo del lavoratore. Qualora per esigenze della lavorazione non sia possibile proteggere la zona di imbocco, le macchine di cui al primo comma debbono essere provviste di un dispositivo che, in caso di pericolo, permetta, mediante agevole manovra, di conseguire il rapido arresto dei cilindri. Inoltre, per quanto necessario ai fini della sicurezza e tecnicamente possibile, il lavoratore deve essere fornito e fare uso di appropriati attrezzi che gli consentano di eseguire le operazioni senza avvicinare le mani alla zona pericolosa. Le disposizioni del presente articolo non si applicano nei casi in cui, in relazione alla potenza, alla velocità, alle caratteristiche ed alle dimensioni delle macchine, sia da escludersi il pericolo previsto dal primo comma.

133. Disposizioni speciali per laminatoi e calandre molto pericolosi.

I laminatoi e le calandre che, in relazione alle loro dimensioni, potenza, velocità o altre condizioni, presentano pericoli specifici particolarmente gravi, quali i laminatoi (mescolatori) per gomma, le calandre per foglie di gomma e simili, debbono essere provvisti di un dispositivo per l'arresto immediato dei cilindri avente l'organo di comando conformato e disposto in modo che l'arresto possa essere conseguito anche mediante semplice e leggera pressione di una qualche parte del corpo del lavoratore nel caso che questi venga preso con le mani dai cilindri in moto. Il dispositivo di arresto di cui al comma precedente oltre al freno deve comprendere anche un sistema per la contemporanea inversione del moto dei cilindri prima del loro arresto definitivo.

134. Laminatoi siderurgici e simili.

Negli impianti di laminazione in cui si ha uscita violenta del materiale in lavorazione, quali i laminatoi siderurgici e simili, devono essere predisposte difese per evitare che il materiale investa i lavoratori. Quando per esigenze tecnologiche o per particolari condizioni di impianto non sia possibile predisporre una efficiente difesa diretta, dovranno essere adottate altre idonee misure per la sicurezza del lavoro.

Capo X - Apritoi, battitoi, carde, sfilacciatrici, pettinatrici e macchine simili

135. Protezione degli organi lavoratori dal contatto accidentale.

Gli organi lavoratori degli apritoi, dei battitoi, delle carde, delle sfilacciatrici, delle pettinatrici e delle altre macchine pericolose usate per la prima lavorazione delle fibre e delle materie tessili, quali catene a punta, aspi, rulli, tamburi a denti o con guarnizioni a punta e coppie di cilindri, devono essere protetti mediante custodie conformate e disposte in modo da rendere impossibile il contatto con essi delle mani e delle altre del parti del corpo dei lavoratori. Tali custodie, qualora non siano costituite dallo stesso involucro esterno fisso della macchina, devono, salvo quanto è disposto nell'articolo seguente, essere fissate mediante viti, bulloni o altro idoneo mezzo.

136. Le custodie degli organi lavoratori delle macchine indicate all'articolo precedente e le loro parti, che, durante il lavoro, richiedono di essere aperte o spostate, devono essere provviste del dispositivo di blocco previsto nell'art. 72. Lo stesso dispositivo deve essere applicato anche ai portelli delle aperture di visita, di pulitura e di estrazione dei rifiuti di lavorazione, qualora gli organi lavoratori interni possano essere inavvertitamente raggiunti dai lavoratori.

137. Aperture di carico e scarico.

Le aperture di carico e scarico delle macchine indicate al primo comma dell'art. 135 devono avere una forma tale ed essere disposte in modo che i lavoratori non possano, anche accidentalmente, venire in contatto con le mani o con altre parti del corpo con gli organi lavoratori o di movimento interni della macchina.

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138. Zona di imbocco dei cilindri alimentatori.

La zona di imbocco dei cilindri alimentatori delle macchine indicate al primo comma dell'art. 135, escluse le carde e le pettinatrici, deve essere resa inaccessibile mediante griglia o custodia chiusa anche lateralmente, estendentesi fino a metri uno di distanza dall'imbocco dei cilindri, o protetta con rullo folle che eviti il pericolo di presa delle mani o di altre parti del corpo fra i cilindri, o munita di altro idoneo dispositivo di sicurezza. Se la griglia o custodia non è fissa, essa deve essere provvista del dispositivo di blocco previsto nell'art. 72.

Capo XI - Macchine per filare e simili

139. Ingranaggi delle macchine per filare in genere.

Le custodie mobili degli ingranaggi, delle cremagliere e degli altri organi di movimento pericolosi degli stiratoi dei banchi a fusi, dei filatoi, dei binatoi, dei ritorcitoi e delle altre macchine tessili simili, nonché gli sportelli delle aperture di accesso agli stessi organi eventualmente ricavate nell'involucro esterno della macchina, devono essere provviste del dispositivo di blocco previsto nell'art. 72, qualora debbano essere aperte o rimosse durante il lavoro e gli organi pericolosi possano essere inavvertitamente raggiunti dal lavoratore.

140. Imbocco dei tamburi di comando dei fusi.

L'imbocco della coppia di tamburi longitudinali di comando di fusi dei filatoi e dei ritorcitoi continui ad anello ad aletta ed a campana, deve essere protetto, alle due estremità, mediante schermo, e, longitudinalmente, con sbarre sulle due fronti della macchina o con un riparo disposto nella zona angolare formata dai due cilindri oppure con altro mezzo idoneo.

141. Montaggio delle funicelle sui tamburi di comando dei fusi.

Il montaggio sui tamburi delle macchine indicate nell'articolo precedente delle funicelle di comando dei fusi deve essere fatto a macchina ferma. È tuttavia consentito il montaggio a macchina in moto, ferma restando l'osservanza delle disposizioni di cui al predetto articolo, a condizione che all'operazione sia adibito personale esperto fornito di appositi attrezzi, quali anello o asticciola con gancio.

142. Filatoi automatici intermittenti.

I filatoi automatici intermittenti devono essere provvisti di: a) staffe fisse alle ruote del carro distanti non più di 6 millimetri dalle rotaie, allo scopo di evitare lo schiacciamento dei piedi fra la ruota e la rotaia; b) dispositivi, quali tamponi retrattili o altri equivalenti, atti ad evitare lo schiacciamento degli arti inferiori tra il carro ed il tampone di arresto, salvo il caso in cui questi siano disposti al disotto del banco dei cilindri alimentatori ed in posizione tale per cui non risultino facilmente accessibili; c) custodie complete delle varie pulegge a gola dei comandi che non risultino già inaccessibili, atte a impedire ogni contatto con i punti di avvolgimento delle funi; d) custodia cilindrica al nasello di arresto della bacchetta, allo scopo di evitare lo schiacciamento delle mani fra lo stesso nasello e l'albero della controbacchetta.

143. Il lavoratore che ha la responsabilità del funzionamento del filatoio automatico intermittente, prima di mettere in moto la macchina deve assicurarsi che nessuna persona si trovi tra il carro mobile e il banco fisso dei cilindri alimentatori. È vietato a chiunque di introdursi nello spazio fra il carro mobile e il banco fisso dei cilindri alimentatori durante il funzionamento del filatoio. È altresì vietato introdursi nello stesso spazio a macchina ferma senza l'autorizzazione del lavoratore addetto o di altro capo responsabile. Le disposizioni del presente articolo, integrate con il richiamo all'obbligo di assicurare la posizione di fermo della macchina prima di introdursi tra il carro mobile e il banco fisso, devono essere rese note al personale mediante avviso esposto presso la macchina.

Capo XII - Telai meccanici di tessitura

144. Difesa contro il salto della navetta.

I telai meccanici di tessitura devono essere provvisti di apparecchio guidanavetta applicato alla cassa battente, atto ad impedire la fuoruscita della navetta dalla sua sede di corsa. Quando l'applicazione del quidanavetta può riuscire dannosa per il prodotto, come nei casi di fabbricazione dei tessuti molto leggeri e con l'ordito molto debole, o quanto la velocità della navetta è molto limitata, l'apparecchio guidanavetta può essere sostituito da reti intelaiate, poste sui fianchi del telaio, atte ad arrestare la navetta in caso di fuoruscita.

145. Apparecchi guidanavetta.

L'apparecchio guidanavetta di cui al primo comma dell'articolo precedente deve essere applicato: a) ai telai da cotone, lino, canapa e juta, che battono più di 80 colpi al minuto primo o aventi una luce-pettine maggiore di m

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1,60, anche se usati per la fabbricazione di tessuti di altre fibre o misti, ad eccezione dei telai adibiti alla fabbricazione dei tessuti leggeri di fantasia, per i quali l'applicazione del guidanavetta è facoltativa; b) ai telai da lana che battono più di 100 colpi al minuto primo o aventi luce-pettine maggiore di m 2, anche se adibiti alla fabbricazione di tessuti di altre fibre o misti.

146. L'apparecchio guidanavetta di cui al primo comma dell'articolo 144, deve essere tale che: a) se mobile, assuma automaticamente la posizione di lavoro (posizione attiva di protezione) non appena il telaio è messo in moto; b) le due estremità laterali non distino dalla scatola delle navette più di mezza lunghezza di navetta. L'efficienza del suddetto apparecchio deve essere assicurata mediante una costante ed accurata manutenzione.

147. Non sono ammessi apparecchi guidanavette costituiti da una unica barra avente un diametro inferiore a: a) 12 millimetri se i tratti liberi della barra non hanno una lunghezza superiore a 75 centimetri; b) 14 millimetri se i tratti liberi della barra hanno una lunghezza compresa tra i 75 centimetri e un metro; c) 20 millimetri se i tratti liberi della barra hanno una lunghezza superiore a un metro. Ove la sezione della barra sia diversa dalla circolare, le sue dimensioni devono essere tali da offrire resistenza e rigidità corrispondenti.

148. Reti paranavetta.

Le reti paranavetta, di cui al secondo comma dell'art. 144, devono avere le seguenti dimensioni minime: a) cm 50 x 50 per telai fino a m 120 di luce-pettine; b) cm 40 x 60 per telai con luce-pettine da m 1,21, a m 1,60; c) cm 70 x 70 per telai con luce-pettine superiore a m 1,60. Dette reti devono essere disposte il più vicino possibile alle due testate del telaio, immediatamente al di sopra della costola inferiore del pettine e davanti a questo quando si trovi nella sua posizione estrema posteriore. Le reti paranavetta possono essere omesse alle testate dei telai prospicenti pareti cieche, purché non vi sia possibilità di passaggio.

149. Trattenuta dei pesi del subbio.

I pesi delle leve di pressione del subbio del tessuto ed i pesi del freno del subbio dell'ordito devono essere assicurati con mezzi idonei ad evitarne la caduta.

150. Montaggio e smontaggio dei subbi.

Gli impianti di tessitura devono essere attrezzati con mezzi che permettano di eseguire in modo sicuro il montaggio e lo smontaggio sia del subbio del tessuto, che del subbio dell'ordito.

151. Telai per tele e tessuti metallici o di materie diverse.

Le disposizioni del presente Capo si applicano anche ai telai meccanici per la fabbricazione di tele o tessuti metallici o di altre materie.

Capo XIII - Macchine diverse

152. Ammorbidatrici e distenditrici.

Nelle ammorbidatrici per canapa e nelle distenditrici per juta, l'imbocco dei cilindri deve essere protetto lateralmente con ripari fissi alti m 1,30 da terra, estesi fino a cm 70 dall'imbocco stesso. Lo scarico delle stesse macchine deve essere protetto con un riparo fisso atto ad impedire che, nel movimento retrogrado, le mani del lavoratore possano essere prese dai cilindri.

153. Macchine per la rottura delle mannelle di canapa e juta.

Le macchine di rottura per strappamento delle mannelle di canapa e juta, alimentate a mano devono avere la caviglia fissa e l'albero a sezione quadrata di avvolgimento disposti a sbalzo, con gli assi normali al fronte di lavoro. Le stesse macchine devono avere un dispositivo di rapido arresto e di facile azionamento.

154. Macchine cordatrici.

Le bobine delle macchine automatiche per la fabbricazione di corde di fibre tessili o di corde metalliche, devono essere provviste di coperchio o cuffia di protezione che impediscano la fuoruscita delle bobine e siano muniti del dispositivo di blocco previsto nell'art. 72. Quando le dimensioni della parte rotante della macchina sono rilevanti, la protezione può essere costituita da schermi o reti metalliche di altezza, forma e resistenza atti ad impedire il contatto dei lavoratori con le parti rotanti e a trattenere le bobine in caso di sfuggita.

155. Macchine per cucire con filo.

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Le macchine a motore per cucire con filo devono essere provviste, compatibilmente con le esigenze tecniche della lavorazione, di una protezione dell'ago per evitare lesioni alle dita del lavoratore.

156. Macchine per cucire con graffe.

Le macchine a motore per cucire con graffe, quando non siano ad alimentazione automatica, devono essere provviste di un riparo che impedisca alle dita del lavoratore di trovarsi nella zona pericolosa.

157. Macchine per trafilare fili metallici.

Le bobine delle macchine per trafilare fili metallici devono essere provviste di un dispositivo, azionabile direttamente dal lavoratore, che consenta l'arresto immediato della macchina in caso di necessità.

158. Macchine con cilindro a lame elicoidali.

Le macchine con cilindro a lame elicoidali, quali le rasatrici, le depilatrici, le scarnitrici e le distenditrici, devono essere provviste di cuffia di protezione al di sopra del cilindro portalame, la quale lasci scoperto il tratto strettamente necessario per la lavorazione. Quando la cuffia non sia fissa, deve essere munita del dispositivo di blocco previsto nell'art. 72.

159. Trebbiatrici.

Nelle trebbiatrici sprovviste di alimentatore automatico dei covoni, il vano d'imbocco del battitore deve essere munito di tavolette fermapiedi alte almeno 15 centimetri e di un coperchio cernierato che abbia nella parte posteriore un dispositivo di arresto che limiti l'ampiezza necessaria per la normale introduzione del covone.

160. Sulle trebbiatrici, la parete anteriore della fossetta ove prende posto l'imboccatore, deve essere completata da un robusto parapetto provvisto di un dispositivo di blocco, che permetta di spostare la traversa orizzontale nei limiti di altezza, a partire dal fondo, compresi fra un minimo di 70 centimetri ed un massimo di 90 centimetri.

161. Il piano superiore di servizio nella trebbiatrice deve essere munito ai bordi di sponde alte almeno 50 centimetri. L'accesso a detto piano deve effettuarsi mediante scale a mano munite di ganci di trattenuta e aventi un montante prolungato di almeno m 0,80 oltre il piano stesso.

162. Le trebbiatrici su ruote devono essere corredate di freni efficienti e di calzatoie di legno per assicurarne la stabilità durante il lavoro.

163. Il datore di lavoro deve fornire occhiali di protezione all'operaio imboccatore e ai suoi aiutanti e adatto copricapo a tutto il personale addetto alla trebbiatrice.

164. Macchine per imbottigliare liquidi sotto pressione.

Le macchine per riempire bottiglie di vetro con liquidi sotto pressione devono essere provvisti di schermi atti a trattenere i frammenti di vetro in caso di scoppio della bottiglia. Detti schermi devono essere adottati anche per le operazioni di chiusura delle bottiglie quando per queste operazioni esistono fondati pericoli di scoppio.

165. Macchine tipografiche a platina e macchine simili.

Le macchine tipografiche a platina e le macchine simili che non siano munite di alimentatore automatico devono essere provviste di un dispositivo atto a determinare l'arresto automatico della macchina per semplice urto della mano del lavoratore, quando questa venga a trovarsi in posizione di pericolo fra la tavola fissa e il piano mobile, ovvero devono essere munite di altro idoneo dispositivo di sicurezza di riconosciuta efficacia.

166. Fustelle.

Le presse fustellatrici che richiedono il collocamento a mano delle fustelle fra le due piastre devono essere attrezzate con fustelle di altezza non inferiore a 50 millimetri munite di bordo sporgente, allo scopo di consentirne l'uso senza pericolo per le mani. La disposizione di cui al primo comma non è obbligatoria quando l'applicazione delle fustelle sul materiale in lavorazione è effettuata a piastre di pressione spostate e quindi in condizioni non pericolose.

167. Compressori.

I compressori devono essere provvisti di una valvola di sicurezza tarata per la pressione massima di esercizio e di dispositivo che arresti automaticamente il lavoro di compressione al raggiungimento della pressione massima d'esercizio.

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TITOLO V Mezzi ed apparecchi di sollevamento, di trasporto e di immagazzinamento

Capo I - Disposizioni di carattere generale

168. Mezzi ed apparecchi di sollevamento e di trasporto.

I mezzi di sollevamento e di trasporto devono risultare appropriati per quanto riguarda la sicurezza, alla natura, alla forma e al volume dei carichi al cui sollevamento e trasporto sono destinati, nonché alle condizioni d'impiego con particolare riguardo alle fasi di avviamento e di arresto. Gli stessi mezzi devono essere usati in modo rispondente alle loro caratteristiche.

169. Stabilità del mezzo e del carico.

Nell'esercizio dei mezzi di sollevamento e di trasporto si devono adottare le necessarie misure per assicurare la stabilità del mezzo e del suo carico, in relazione al tipo del mezzo stesso, alla sua velocità, alle accelerazioni in fase di avviamento e di arresto ed alle caratteristiche del percorso.

170. Operazioni di carico e scarico.

Le operazioni di carico e di scarico dei mezzi di sollevamento e di trasporto quando non possono essere eseguite a braccia o a mano devono essere effettuate con l'ausilio di attrezzature o dispositivi idonei.

171. Indicazione della portata.

Sui mezzi di sollevamento, esclusi quelli a mano, deve essere indicata la portata massima ammissibile. Quando tale portata varia col variare delle condizioni d'uso del mezzo, quali l'inclinazione e lunghezza dei bracci di leva delle grue a volata, lo spostamento dei contrappesi, gli appoggi supplementari e la variazione della velocità, l'entità del carico ammissibile deve essere indicata, con esplicito riferimento alle variazioni delle condizioni di uso, mediante apposita targa. I ganci utilizzati nei mezzi di sollevamento e di trasporto devono portare in rilievo o incisa la chiara indicazione della loro portata massima ammissibile.

172. Ganci.

I ganci per apparecchi di sollevamento devono essere provvisti di dispositivi, di chiusura dell'imbocco o essere conformati, per particolare profilo della superficie interna o limitazione dell'apertura di imbocco, in modo da impedire lo sganciamento delle funi, delle catene e degli altri organi di presa.

173. Freno.

I mezzi di sollevamento e di trasporto devono essere provvisti di dispositivi di frenatura atti ad assicurare il pronto arresto e la posizione di fermo del carico e del mezzo e, quando è necessario ai fini della sicurezza, a consentire la gradualità dell'arresto. Il presente articolo non si applica ai mezzi azionati a mano per i quali, in relazione alle dimensioni, struttura, portata, velocità e condizioni di uso, la mancanza del freno non costituisca causa di pericolo.

174. Arresto automatico in caso di improvvisa mancanza della forza motrice.

Nei casi in cui l'interruzione dell'energia di azionamento può comportare pericoli per le persone, i mezzi di sollevamento devono essere provvisti di dispositivi che provochino l'arresto automatico sia del mezzo che del carico. In ogni caso l'arresto deve essere graduale onde evitare eccessive sollecitazioni nonché il sorgere di oscillazioni pericolose per la stabilità del carico.

175. Dispositivi di segnalazione.

I mezzi di sollevamento e di trasporto quando ricorrano specifiche condizioni di pericolo devono essere provvisti di appropriati dispositivi acustici e luminosi di segnalazione e di avvertimento, nonché di illuminazione del campo di manovra.

176. Organo di avvolgimento delle funi o catene.

Gli apparecchi e gli impianti di sollevamento e di trasporto per trazione, provvisti di tamburi di avvolgimento e di pulegge di frizione, come pure di apparecchi di sollevamento a vite, devono essere muniti di dispositivi che impediscano: a) l'avvolgimento e lo svolgimento delle funi o catene o la rotazione della vite, oltre le posizioni limite prestabilite ai fine della sicurezza in relazione al tipo o alle condizioni d'uso dell'apparecchio (dispositivo di arresto automatico corsa); b) la fuoruscita delle funi o catene dalle sede dei tamburi e delle pulegge durante il normale funzionamento. Sono esclusi dalla applicazione della disposizione di cui alla lettera a) i piccoli

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apparecchi per i quali in relazione alle loro dimensioni, potenza velocità e condizioni di uso, la mancanza dei dispositivi di arresto automatico di fine corsa non costituisca causa di pericolo .

177. Sedi di avvolgimento delle funi o catene.

I tamburi e le pulegge degli apparecchi ed impianti indicati nell'articolo 176 devono avere le sedi delle funi e delle catene atte, per dimensioni e profilo, a permettere il libero e normale avvolgimento delle stesse funi o catene in modo da evitare accavallamenti o sollecitazioni anormali. Quando per particolari esigenze vengono usati tamburi o pulegge in condizioni diverse da quelle previste dal comma precedente devono essere impiegate funi o catene aventi dimensioni e resistenza adeguate alla maggiore sollecitazione a cui possono essere sottoposte.

178. Rapporto tra i diametri delle funi e quelle dei tamburi e delle pulegge di avvolgimento.

I tamburi e le pulegge motrici degli apparecchi ed impianti indicati nell'art. 176 sui quali si avvolgono funi metalliche, salvo quanto previsto da disposizioni speciali, devono avere un diametro non inferiore a 25 volte il diametro delle funi ed a 300 volte il diametro dei fili elementari di queste. Per le pulegge di rinvio il diametro non deve essere inferiore rispettivamente a 20 e a 250 volte .

179. Coefficienti di sicurezza per funi e catene.

Le funi e le catene degli impianti e degli apparecchi di sollevamento e di trazione, salvo quanto previsto al riguardo dai regolamenti speciali, devono avere, in rapporto alla portata e allo sforzo massimo ammissibile, un coefficiente di sicurezza di almeno 6 per le funi metalliche, 10 per le funi composte di fibre e 5 per le catene. Le funi e le catene debbono essere sottoposte a verifiche trimestrali .

180. Attacchi ed estremità libere delle funi.

Gli attacchi delle funi e delle catene devono essere eseguiti in modo da evitare sollecitazioni pericolose, nonché impigliamenti o accavallamenti. Le estremità libere delle funi, sia metalliche, sia composte di fibre, devono essere provviste di piombatura o legatura o morsettatura, allo scopo di impedire lo scioglimento dei trefoli e dei fili elementari.

181. Imbracatura dei carichi.

L'imbracatura dei carichi deve essere effettuata usando mezzi idonei per evitare la caduta del carico o il suo spostamento dalla primitiva posizione di ammarraggio.

182. Posti di manovra.

I posti di manovra dei mezzi ed apparecchi di sollevamento e di trasporto devono: a) potersi raggiungere senza pericolo; b) essere costruiti o difesi in modo da consentire l'esecuzione delle manovre, i movimenti e la sosta, in condizioni di sicurezza; c) permettere la perfetta visibilità di tutta la zona di azione del mezzo. Qualora per particolari condizioni di impianto o di ambiente, non sia possibile controllare dal posto di manovra tutta la zona di azione del mezzo, deve essere predisposto un servizio di segnalazioni svolto con lavoratori incaricati.

183. Organi di comando.

Gli organi di comando dei mezzi di sollevamento e di trasporto devono essere collocati in posizione tale che il loro azionamento risulti agevole e portare la chiara indicazione delle manovre a cui servono. Gli stessi organi devono essere conformati o protetti in modo da impedire la messa in moto accidentale.

184. Sollevamento e trasporto persone.

1. Il sollevamento di persone è effettuato soltanto con attrezzature di lavoro e accessori previsti a tal fine. 2. In casi eccezionali, possono essere utilizzate per il sollevamento di persone attrezzature non previste a tal fine a condizione che siano state prese adeguate misure in materia di sicurezza, conformemente a disposizioni di buona tecnica che prevedono il controllo appropriato dei mezzi impiegati e la registrazione di tale controllo. Qualora siano presenti lavoratori a bordo dell'attrezzatura di lavoro adibita al sollevamento di carichi, il posto di comando deve essere occupato in permanenza. I lavoratori sollevati devono disporre di un mezzo di comunicazione sicuro con il posto di comando. Devono essere prese le opportune misure per assicurare la loro evacuazione in caso di pericolo .

185. Avvisi per le modalità delle manovre.

Le modalità di impiego degli apparecchi di sollevamento e di trasporto ed i segnali prestabiliti per l'esecuzione delle manovre devono essere richiamati mediante avvisi chiaramente leggibili.

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Capo II - Gru, argani, paranchi e simili

186. Passaggi e posti di lavoro sottoposti a carichi sospesi.

Le manovre per il sollevamento ed il sollevamento-trasporto dei carichi devono essere disposte in modo da evitare il passaggio dei carichi sospesi sopra i lavoratori e sopra i luoghi per i quali la eventuale caduta del carico può costituire pericolo. Qualora tale passaggio non si possa evitare, le manovre per il sollevamento ed il sollevamento- trasporto dei carichi devono essere tempestivamente preannunciate con apposite segnalazioni in modo da consentire, ove sia praticamente possibile, l'allontanamento delle persone che si trovino esposte al pericolo dell'eventuale caduta del carico.

187. Il campo di azione degli apparecchi di sollevamento e di sollevamento-trasporto, provvisti di elettromagneti per la presa del carico, deve essere delimitato con barrire e ove ciò, per ragioni di spazio non sia possibile, devono essere adottati i provvedimenti di cui al secondo comma dell'articolo precedente.

188. Piani di scorrimento delle gru a ponte.

I piani di posa delle rotaie di scorrimento delle gru a ponte utilizzabili per l'accesso al carro ponte e per altre esigenze di carattere straordinario relative all'esercizio delle gru medesime devono essere agevolmente percorribili e provvisti di solido corrimano posto ad altezza di circa un metro dagli stessi piani, e ad una distanza orizzontale non minore di 50 centimetri dalla sagoma di ingombro del carro ponte. Detti piani devono avere una larghezza di almeno 60 centimetri oltre la sagoma di ingombro della gru .

189. Stabilità e ancoraggio delle gru.

La stabilità e l'ancoraggio delle gru a torre, a portale e simili situate all'aperto devono essere assicurati con mezzi adeguati, tenuto conto sia delle sollecitazioni derivanti dalle manovre dei carichi che da quelle derivanti dalla massima presumibile azione del vento.

190. Arresto di fine corsa delle gru a ponte ed a portale.

Le gru a ponte, le gru a portale e gli altri mezzi di sollevamento-trasporto, scorrenti su rotaie devono essere provvisti alle estremità di corsa, sia dei ponti che dei loro carrelli, di tamponi di arresto o respingenti adeguati per resistenza ed azione ammortizzante alla velocità ed alla massa del mezzo mobile ed aventi altezza non inferiore ai 6/10 del diametro delle ruote.

191. Gli apparecchi di sollevamento-trasporto scorrenti su rotaie, oltre ai mezzi di arresto indicati nell'art. 190, devono essere provvisti di dispositivo agente sull'apparato motore per l'arresto automatico del carro alle estremità della sua corsa.

192. Divieto della discesa libera dei carichi.

Gli elevatori azionati a motore devono essere costruiti in modo da funzionare a motore innestato anche nella discesa .

193. Difesa delle aperture per il passaggio dei carichi.

Quando argani, paranchi e apparecchi simili sono usati per il sollevamento o la discesa dei carichi tra piani diversi di un edificio attraverso aperture nei solai o nelle pareti, le aperture per il passaggio del carico ai singoli piani, nonché il sottostante spazio di arrivo o di sganciamento del carico stesso devono essere protetti, su tutti i lati, mediante parapetti normali provvisti, ad eccezione di quello del piano terreno, di arresto al piede. I parapetti devono essere disposti in modo da garantire i lavoratori anche contro i pericoli derivanti da urti o da eventuale caduta del carico di manovra. Gli stessi parapetti devono essere applicati anche sui lati delle aperture dove si effettua il carico e lo scarico, a meno che per le caratteristiche dei materiali in manovra ciò non sia possibile. In quest'ultimo caso, in luogo del parapetto normale deve essere applicata una solida barriera mobile, inasportabile e fissabile nella posizione di chiusura mediante chiavistello o altro dispositivo. Detta barriera deve essere tenuta chiusa quando non siano eseguite manovre di carico o scarico al piano corrispondente.

194. Le gru e gli altri apparecchi di sollevamento di portata superiore a 200 chilogrammi, esclusi quelli azionati a mano e quelli, già soggetti a speciali disposizioni di legge, devono essere sottoposti a verifica, una volta all'anno, per accertarne lo stato di funzionamento e di conservazione ai fini della sicurezza dei lavoratori .

Capo III - Ascensori e montacarichi

195. Campo di applicazione.

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Le disposizioni del presente Capo si applicano agli ascensori e montacarichi comunque azionati non soggetti a disposizioni speciali.

196. Difesa del vano.

Gli spazi ed i vani nei quali si muovono le cabine o le piattaforme degli ascensori e dei montacarichi devono essere segregati mediante solide difese per tutte le parti che distano dagli organi mobili meno di 70 centimetri. Dette difese devono avere un'altezza minima di m 1,70 a partire dal piano di calpestio dei ripiani e rispettivamente dal ciglio dei gradini ed essere costituite da pareti cieche o da traforati metallici, le cui maglie non abbiano ampiezza superiore ad un centimetro, quando le parti mobili distino meno di 4 centimetri, e non superiore a 3 centimetri quando le parti mobili distino 4 o più centimetri. Se il contrappeso non è sistemato nello stesso vano nel quale si muove la cabina, il vano o lo spazio in cui esso si muove deve essere protetto in conformità alle disposizioni dei commi precedenti.

197. Accessi al vano.

Gli accessi al vano degli ascensori e dei montacarichi devono essere provvisti di porte apribili verso l'esterno o a scorrimento lungo le pareti, di altezza minima di m 1,80 quando la cabina è accessibile alle persone, e comunque eguale all'altezza dell'apertura del vano quando questa è inferiore a m 1,80. Dette porte devono essere costituite da pareti cieche o da griglie o traforati metallici con maglie di larghezza non superiore ad un centimetro se la cabina è sprovvista di porta, non superiore a 3 centimetri se la cabina è munita di una propria porta e la distanza della soglia della cabina dalla porta al vano non è inferiore a 5 centimetri. Sono ammesse porte del tipo flessibile, purché tra le aste costituenti le porte stesse non si abbiano luci di larghezza superiore a 12 millimetri.

198. Porte di accesso al vano.

Le porte di accesso al vano di cui all'articolo precedente devono essere munite di un dispositivo che ne impedisca l'apertura, quando la cabina non si trova al piano corrispondente, e che non consenta il movimento della cabina se tutte le porte non sono chiuse. Il dispositivo di cui al precedente comma non è richiesto per i montacarichi azionati a mano, a condizione che siano adottate altre idonee misure di sicurezza.

199. Installazioni particolari.

Le protezioni ed i dispositivi di cui agli artt. 196, 197 e 198, non sono richiesti quando la corsa della cabina o della piattaforma non supera i m 2 e l'insieme dell'impianto non presenta pericoli di schiacciamento, di cesoiamento o di caduta nel vano.

200. Pareti e porte della cabina.

Le cabine degli ascensori e dei montacarichi per trasporto di cose accompagnate da persone devono avere pareti di altezza non minore di m 1,80 e porte apribili verso l'interno od a scorrimento lungo le pareti di altezza non minore a m 1,80. Le pareti e le porte della cabina devono essere cieche o avere aperture di larghezza non superiore a 10 millimetri. Le porte possono essere del tipo flessibile ed in tal caso non devono presentare fra le aste costituenti le porte stesse luci di larghezza superiore a 12 millimetri. Le porte o le chiusure di cui ai comma precedenti possono essere omesse quando il vano entro il quale si muove la cabina o la piattaforma è limitato per tutta la corsa da difese continue, costituite da pareti cieche o da reti o da traforati metallici le cui maglie non abbiano una apertura superiore a un centimetro, purché queste difese non presentino sporgenze pericolose e non siano distanti più di 4 centimetri dalla soglia della cabina o della piattaforma. In tal caso deve essere assicurata la stabilità del carico. Per i montacarichi per il trasporto di sole cose è sufficiente che le cabine o piattaforme abbiano chiusure o dispositivi atti ad impedire la fuoriuscita o la sporgenza del carico.

201. Spazi liberi al fondo ed alla sommità del vano.

Quando il vano di corsa degli ascensori e dei montacarichi supera m2 0,25 di sezione deve esistere uno spazio libero di almeno 50 centimetri di altezza tra il fondo del vano stesso e la parte più sporgente sottostante alla cabina. Arresti fissi devono essere predisposti al fine di garantire che, in ogni caso, la cabina non scenda al di sotto di tale limite. Uno spazio libero minimo pure dell'altezza di cm 50, deve essere garantito, con mezzi analoghi, al di sopra del tetto della cabina nel suo più alto livello di corsa.

202. Posizione dei comandi.

I montacarichi per trasporto di sole merci devono avere i comandi di manovra posti all'esterno del vano di corsa ed in posizione tale da non poter essere azionati da persona che si trovi in cabina.

203. Apparecchi paracadute.

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Gli ascensori ed i montacarichi per trasporto cose accompagnate da persone ed i montacarichi per trasporto di sole cose con cabina accessibile per le operazioni di carico e scarico, nonché i montacarichi con cabina non accessibile per le operazioni di carico e scarico purché di portata non inferiore ai 100 chilogrammi, quando la cabina sia sospesa a funi od a catene e quando la corsa della stessa sia superiore a m 4, devono essere provvisti di un apparecchio paracadute atto ad impedire la caduta della cabina in caso di rottura delle funi o delle catene di sospensione. Per montacarichi con cabina non accessibile l'apparecchio paracadute non è richiesto quando, in relazione alle condizioni dell'impianto, l'eventuale caduta della cabina non presenta pericoli per le persone.

204. Arresti automatici di fine corsa.

Gli ascensori e montacarichi di qualsiasi tipo, esclusi quelli azionati a mano, devono essere provvisti di un dispositivo per l'arresto automatico dell'apparato motore o del movimento agli estremi inferiore e superiore della corsa.

205. Divieto di discesa libera per apparecchi azionati a motore.

Negli ascensori e montacarichi azionati a motore anche il movimento di discesa deve avvenire a motore inserito.

206. Carico e scarico dei montacarichi a gravità.

Le cabine o piattaforme dei montacarichi a gravità accessibili ai piani devono essere munite di dispositivi che ne assicurino il bloccaggio durante le operazioni di carico.

207. Regolazione della velocità dei montacarichi.

I montacarichi azionati a mano e quelli a gravità devono essere provvisti di un dispositivo di frenatura o di regolazione che impedisca che la cabina o piattaforma possa assumere velocità pericolosa.

Capo IV - Elevatori e trasportatori a piani mobili a tazze, a coclea, a nastro e simili

208. Vani di corsa.

I trasportatori verticali a piani mobili e quelli a tazza e simili devono essere sistemati entro vani o condotti chiusi, muniti delle sole aperture necessarie per il carico e lo scarico.

209. Dispositivi di arresto.

Presso ogni posto di carico e scarico dei trasportatori verticali a piani mobili deve essere predisposto un dispositivo per il rapido arresto dell'apparecchio.

210. Arresto per improvvisa mancanza di forza motrice.

I trasportatori verticali a piani mobili, quelli a tazza e simili, ed i trasportatori a nastro e simili aventi tratti del percorso in pendenza, devono essere provvisti di un dispositivo automatico per l'arresto dell'apparecchio quando per l'interruzione improvvisa della forza motrice si possa verificare la marcia in senso inverso al normale funzionamento.

211. Condotti dei trasportatori a coclea.

I condotti dei trasportatori a coclea devono essere provvisti di copertura e le loro aperture di carico e scarico devono essere efficacemente protette.

212. Aperture di carico e scarico dei trasportatori.

Le aperture per il carico e lo scarico dei trasportatori in genere devono essere protette contro la caduta delle persone o contro il contatto con organi pericolosi in moto.

213. Apertura di carico e percorso dei piani inclinati (sciolti).

Le aperture di carico dei piani inclinati (scivoli) devono essere circondate da parapetti alti almeno un metro, ad eccezione del tratto strettamente necessario per l'introduzione del carico, purché il ciglio superiore di inizio del piano inclinato si trovi ad una altezza di almeno cm 50 dal piano del pavimento. Gli stessi piani devono essere provvisti di difese laterali per evitare la fuoruscita del carico in movimento e di difese frontali terminali per evitare la caduta del carico.

214. Spazio sottostante ai trasportatori.

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Lo spazio sottostante ai trasportatori orizzontali o inclinati deve essere reso inaccessibile, quando la natura del materiale trasportato ed il tipo del trasportatore possano costituire pericoli per caduta di materiali o per rottura degli organi di sospensione, a meno che non siano adottate altre misure contro detti pericoli.

Capo V - Mezzi ed apparecchi di trasporto meccanici

215. Velocità e percorso.

La velocità dei mezzi meccanici di trasporto deve essere regolata secondo le caratteristiche del percorso, la natura del carico e le possibilità di arresto del mezzo. Il percorso nell'interno delle aziende deve essere predisposto al fine di ridurre i rischi derivanti dal traffico, in relazione al tipo dei veicoli, allo spazio disponibile ed all'ubicazione delle altre vie di transito e loro attraversamenti. Le piattaforme girevoli devono essere provviste di dispositivo di blocco.

216. Difese terminali dei binari.

Al termine delle linee di trasporto su binari, sia in pendenza che orizzontali, devono essere predisposti mezzi o adottate misure per evitare danni alle persone derivanti da eventuali fughe o fuoruscite dei veicoli.

217. Attacco e distacco dei mezzi di trasporto.

I dispositivi che collegano fra loro i mezzi di trasporto devono essere costruiti in modo da rendere possibile di effettuare con sicurezza le manovre di attacco e di distacco e da garantire la stabilità del collegamento. È vietato procedere durante il moto, all'attacco e al distacco dei mezzi di trasporto, a meno che questi non siano provvisti di dispositivi che rendano la manovra non pericolosa e che il personale addetto sia esperto.

218. Blocco degli organi di comando dei motori elettrici azionanti i mezzi di trasporto.

I mezzi di trasporto azionati da motori elettrici devono avere la maniglia dell'interruttore principale asportabile o bloccabile, oppure gli apparati di comando sistemati in cabina o armadio chiudibili a chiave. I conducenti di detti mezzi, alla cessazione del servizio, devono asportare o bloccare la maniglia dell'interruttore o chiudere a chiave la cabina.

219. Difese nei piani inclinati.

I piani inclinati con rotaie devono essere provvisti, all'inizio del percorso in pendenza alla stazione superiore, di dispositivi automatici di sbarramento per impedire la fuga di vagonetti o di convogli liberi. Alla stazione o al limite inferiore e lungo lo stesso percorso del piano inclinato, in relazione alle condizioni di impianto devono essere predisposte nicchie di rifugio per il personale. Deve essere vietato alle persone di percorrere i piani inclinati durante il funzionamento, a meno che il piano stesso non comprenda ai lati dei binari, passaggi aventi larghezza e sistemazioni tali da permettere il transito pedonale senza pericolo.

220. I piani inclinati devono essere provvisti di dispositivo di sicurezza atto a provocare il pronto arresto dei carrelli o dei convogli in caso di rottura o di allentamento degli organi di trazione, quando ciò sia necessario in relazione alla lunghezza, alla pendenza del percorso, alla velocità di esercizio o ad altre particolari condizioni di impianto, e comunque quando siano usati, anche saltuariamente, per il trasporto delle persone . Quando per ragioni tecniche connesse con le particolarità dell'impianto o del suo esercizio, non sia possibile adottare il dispositivo di cui al primo comma, gli organi di trazione e di attacco dei carrelli devono presentare un coefficiente di sicurezza, almeno uguale a otto; in tal caso è vietato l'uso dei piani inclinati per il trasporto delle persone. In ogni caso, gli organi di trazione e di attacco, come pure i dispositivi di sicurezza devono essere sottoposti a verifica mensile .

221. Sistemazione dei recipienti dei combustibili sui mezzi di trasporto.

I serbatoi del carburante liquido e le bombole dei gas compressi destinati all'azionamento dei veicoli devono essere sistemati in modo sicuro o protetti contro le sorgenti di calore e contro gli urti.

222. Maniglie per mezzi di trasporto meccanici.

I mezzi di trasporto meccanici, se per determinati tratti di percorso sono mossi direttamente dai lavoratori devono essere provvisti di adatti elementi di presa che rendano la manovra sicura.

223. Scarico mediante ribaltamento dei veicoli.

I veicoli nei quali lo scarico si effettua mediante ribaltamento devono essere provvisti di dispositivi che impediscano il ribaltamento accidentale e che consentano di eseguire la manovra in modo sicuro.

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224. Barriere e segnalazioni nelle vie di transito.

Davanti alle uscite dei locali e alle vie che immettono direttamente ed immediatamente in una via di transito dei mezzi meccanici devono essere disposte barriere atte ad evitare investimenti e, quando ciò non sia possibile, adeguate segnalazioni.

225. Illuminazione dei segnali.

I segnali indicanti condizioni di pericolo nelle zone di transito e quelli regolanti il traffico dei trasporti meccanici su strada o su rotaia devono essere convenientemente illuminati durante il servizio notturno.

226. Lavori di riparazione e manutenzione nelle vie di transito.

Le vie di transito che, per lavoro di riparazione o manutenzione in corso o per guasti intervenuti, non sono percorribili senza pericolo, devono essere sbarrate. Apposito cartello deve essere posto ad indicare il divieto di transito.

227. Durante l'esecuzione di lavoro di riparazione o manutenzione su linee di transito su rotaie percorse da mezzi meccanici, quando il traffico non è sospeso o la linea non è sbarrata, una o più persone devono essere esclusivamente incaricate di segnalare ai lavoratori l'avvicinarsi dei convogli ai posti di lavoro.

228. Cautele per spostamenti non controllabili.

Quando uno o più veicoli sono mossi da un mezzo meccanico il cui conducente non può, direttamente o a mezzo di altra persona sistemata su uno di essi, controllarne il percorso, i veicoli devono essere preceduti o affiancati da un incaricato che provveda alle necessarie segnalazioni per assicurare l'incolumità delle persone.

229. Teleferiche.

È vietato il trasporto delle persone su carrelli di teleferiche o di altri sistemi di funicolari aeree costruiti per il trasporto di sole cose, salvo che per le operazioni di ispezione, manutenzione e riparazione e sempre che siano adottate idonee misure precauzionali, quali l'uso di cintura di sicurezza, l'adozione di attacchi supplementari del carrello alla fune traente, la predisposizione di adeguati mezzi di segnalazione.

230. All'esterno delle fronti di partenza e di arrivo dei vagonetti alle stazioni delle teleferiche devono essere applicati solidi ripari a grigliato metallico atti a trattenere una persona in caso di caduta. Tali ripari devono essere disposti a non oltre m 0,50 sotto il margine del piano di manovra e sporgere da questo per almeno m 2.

231. Impianti funicolari a lungo percorso.

Le teleferiche dai cui posti di manovra non sia possibile controllare tutto il percorso devono avere in ogni stazione o posto di carico e scarico, un dispositivo che consenta la trasmissione dei segnali per le manovre dalla stazione principale.

232. L'ingrassatura delle funi portanti delle teleferiche e degli impianti simili deve essere effettuata automaticamente mediante apparecchio applicato ad apposito carrello.

TITOLO VI Impianti ed apparecchi vari

Capo I - Disposizioni di carattere generale

233. Organi di comando e di manovra.

Gli organi ed i dispositivi di comando o di manovra degli impianti ed apparecchi in genere, come pure i relativi dispositivi accessori, devono essere disposti in modo che: a) riesca sicuro il loro azionamento; b) siano accessibili senza pericolo e difficoltà; c) il personale addetto possa controllare per visione diretta il funzionamento dell'impianto o della parte di esso comandato, a meno che ciò non sia possibile in relazione alle particolari condizioni dell'impianto, nel qual caso devono però adottarsi altre misure di sicurezza. Gli stessi organi e dispositivi devono essere bloccabili e portare l'indicazione relativa al loro funzionamento, quali chiusura e apertura, direzione della manovra, comando graduale rispetto alle varie posizioni.

234. Strumenti indicatori.

Gli strumenti indicatori, quali manometri, termometri, pirometri, indicatori di livello devono essere collocati e mantenuti in modo che le loro indicazioni siano chiaramente visibili al personale addetto all'impianto o all'apparecchio.

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235. Aperture di entrata nei recipienti.

Le tubazioni, le canalizzazioni e i recipienti, quali vasche, serbatoi e simili, in cui debbano entrare lavoratori per operazioni di controllo, riparazione, manutenzione o per altri motivi dipendenti dall'esercizio dell'impianto o dell'apparecchio, devono essere provvisti di aperture di accesso aventi dimensioni non inferiori a cm 30 per 40 o diametro non inferiore a cm 40.

236. Lavori entro tubazioni, canalizzazioni, recipienti e simili nei quali possono esservi gas e vapori tossici od asfissianti.

Prima di disporre l'entrata di lavoratori nei luoghi di cui all'art. 235, chi sovraintende ai lavori deve assicurarsi che nell'interno non esistano gas o vapori nocivi o una temperatura dannosa e deve, qualora vi sia pericolo, disporre efficienti lavaggi ventilazione o altre misure idonee. Colui che sovraintende deve, inoltre, provvedere a far chiudere e bloccare le valvole e gli altri dispositivi dei condotti di comunicazione col recipiente, e a fare intercettare i tratti di tubazione mediante flange cieche o con altri mezzi equivalenti ed a far applicare, sui dispositivi di chiusura o di isolamento, un avviso con l'indicazione del divieto di manovrarli. I lavoratori che prestano la loro opera all'interno dei luoghi predetti devono essere assistiti da altro lavoratore, situato nell'esterno presso l'apertura di accesso. Quando la presenza di gas o vapori nocivi non possa escludersi in modo assoluto o quando l'accesso al fondo dei luoghi predetti è disagevole, i lavoratori che vi entrano devono essere muniti di cintura di sicurezza con corda di adeguata lunghezza e, se necessario, di apparecchi idonei a consentire la normale respirazione.

237. Lavori entro tubazioni, canalizzazioni e simili nei quali possono esservi gas, vapori, polveri infiammabili od esplosivi.

Qualora nei luoghi di cui all'art. 235 non possa escludersi la presenza anche di gas, vapori o polveri infiammabili od esplosivi, oltre alle misure indicate nell'articolo precedente, si devono adottare cautele atte ad evitare il pericolo di incendio o di esplosione, quali la esclusione di fiamme libere, di corpi incandescenti, di attrezzi di materiale ferroso e di calzature con chiodi. Se necessario l'impiego di lampade, queste devono essere di sicurezza.

238. Accensione dei focolari e dei forni.

Prima di accendere il fuoco nei focolari delle caldaie o nelle camere di combustione dei forni riscaldati con carburanti liquidi, con oli o gas combustibili o con carbone polverizzato, il lavoratore addetto alla operazione deve: a) provvedere ad una efficace ventilazione del focolare o della camera di combustione e, in ogni caso, ad assicurarsi, con mezzi idonei, che in essi e nelle loro immediate vicinanze non vi siano vapori, gas o miscele capaci di provocare esplosioni; b) accertare che il registro del fumo sia aperto; c) accertare che non vi sia spandimento di carburante o di olio nel focolare o nella camera di combustione attorno ai bruciatori o sul pavimento antistante; d) usare, per l'accensione, una torcia o altro mezzo con una impugnatura sufficientemente lunga per impedire ustioni o altre offese da fiamma, salvo il caso che il bruciatore sia munito di un dispositivo di accensione. Le misure di sicurezza sopra indicate, eventualmente integrate da altre istruzioni sulla condotta degli apparecchi, devono essere richiamate mediante avviso collocato in prossimità dei posti di accensione.

239. Porte dei forni, delle stufe, delle tramogge e simili.

Le porte dei forni, delle stufe, delle tramogge e simili devono essere disposte in modo che le manovre di chiusura ed apertura risultino agevoli e sicure. In particolare deve essere assicurata la stabilità della posizione di apertura.

240. Protezione delle pareti esterne a temperatura elevata.

Le pareti e le parti esterne dei recipienti, serbatoi, vasche, tubazioni, forni e porte, che possono assumere temperature pericolose per effetto del calore delle materie contenute o di quello dell'ambiente interno, devono essere efficacemente rivestite di materiale termicamente isolante o protette contro il contatto accidentale. I lavoratori, se sono esposti al rischio di ustioni, devono essere provvisti e fare uso di idonei mezzi di protezione individuale.

Capo II - Impianti, apparecchi e recipienti soggetti a pressione

241. Requisiti di resistenza e di idoneità.

Gli impianti, le parti di impianto, gli apparecchi, i recipienti e le tubazioni soggetti a pressione di liquidi, gas o vapori, i quali siano comunque esclusi o esonerati dalla applicazione delle norme di sicurezza previste dalle leggi e dai regolamenti speciali concernenti gli impianti ed i recipienti soggetti a pressione, devono possedere i necessari requisiti di resistenza e di idoneità all'uso cui sono destinati.

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Capo III - Vasche, canalizzazioni, tubazioni, serbatoi, recipienti, silos

242. Disposizioni comuni.

Le vasche, i serbatoi ed i recipienti aperti con i bordi a li vello o ad altezza inferiore a cm 90 dal pavimento o dalla piattaforma di lavoro devono, qualunque sia il liquido o le materie contenute, essere difese, su tutti i lati mediante parapetto di altezza non minore di cm 90, a parete piena o con almeno due correnti. Il parapetto non è richiesto quando sui bordi delle vasche sia applicata una difesa fino a cm 90 dal pavimento. Quando per esigenze della lavorazione o per condizioni di impianto non sia possibile applicare il parapetto di cui al comma precedente, le aperture superiori dei recipienti devono essere provviste di solide coperture o di altre difese atte ad evitare il pericolo di caduta dei lavoratori entro di essi. Per le canalizzazioni nell'interno degli stabilimenti e dei cantieri e per quelle esterne limitatamente ai tratti che servono da piazzali di lavoro non adibiti ad operazioni di carico e scarico, la difesa di cui al primo comma deve avere altezza non minore di un metro. Il presente articolo non si applica quando le vasche, le canalizzazioni, i serbatoi ed i recipienti, hanno una profondità non superiore a metri uno e non contengono liquidi o materie dannose e sempre che siano adottate altre cautele.

243. Nei serbatoi, tini, vasche e simili che abbiano una profondità di oltre 2 metri e che non siano provvisti di apertura di accesso al fondo, qualora non sia possibile predisporre la scala fissa per l'accesso al fondo dei suddetti recipienti devono essere usate scale trasportabili, purché provviste di ganoi di trattenuta.

244. Disposizioni generali di sicurezza per tubazioni e canalizzazioni.

Le tubazioni e le canalizzazioni e le relative apparecchiature accessorie ed ausiliarie devono essere costruite e collocate in modo che: a) in caso di perdite di liquidi o fughe di gas, o di rotture di elementi dell'impianto, non ne derivi danno ai lavoratori; b) in caso di necessità sia attuabile il massimo e più rapido svuotamento delle loro parti. Quando esistono più tubazioni o canalizzazioni contenenti liquidi o gas nocivi o pericolosi di diversa natura, esse e le relative apparecchiature devono essere contrassegnate, anche ad opportuni intervalli se si tratta di reti estese, con distinta colorazione, il cui significato deve essere reso noto ai lavoratori mediante tabella esplicativa.

245. Le tubazioni e le canalizzazioni chiuse, quando costituiscono una rete estesa o comprendono ramificazioni secondarie, devono essere provviste di dispositivi, quali valvole, rubinetti, saracinesche e paratoie, atti ad effettuare l'isolamento di determinati tratti in caso di necessità.

246. Disposizioni speciali per serbatoi tipo silos contenenti materie capaci di sviluppare gas o vapori infiammabili o nocivi.

I serbatoi tipo silos per materie capaci di sviluppare gas o vapori, esplosivi o nocivi, devono, per garantire la sicurezza dei lavoratori, essere provvisti di appropriati dispositivi o impianti accessori, quali chiusure, impianti di ventilazione, valvole di esplosione.

247. Recipienti, serbatoi, vasche e canalizzazioni per liquidi e materie tossiche, corrosive o comunque dannose.

I serbatoi e le vasche contenenti liquidi o materie tossiche, corrosive o altrimenti pericolose, compresa l'acqua a temperatura ustionante, devono essere provvisti: a) di chiusure che per i liquidi e materie tossiche devono essere a tenuta ermetica e per gli altri liquidi e materie dannose essere tali da impedire che i lavoratori possano venire a contatto con il contenuto; b) di tubazioni di scarico di troppo pieno per impedire il rigurgito o traboccamento. Qualora per esigenze tecniche le disposizioni di cui alla lettera a) non siano attuabili, devono adottarsi altre idonee misure di sicurezza.

248. Recipienti per il trasporto di liquidi o materie infiammabili, corrosive, tossiche e comunque dannose.

I recipienti adibiti al trasporto dei liquidi o materie infiammabili, corrosive, tossiche o comunque dannose devono essere provvisti: a) di idonee chiusure per impedire la fuoruscita del contenuto; b) di accessori o dispositivi atti a rendere sicure ed agevoli le operazioni di riempimento e svuotamento; c) di accessori di presa, quali maniglie, anelli, impugnature, atti a rendere sicuro ed agevole il loro impiego, in relazione al loro uso particolare; d) di involucro protettivo adeguato alla natura del contenuto.

249. I recipienti di cui all'art. 248, compresi quelli vuoti già usati, devono essere conservati in posti appositi e separati, con l'indicazione di pieno o vuoto se queste condizioni non sono evidenti. Quelli vuoti, non destinati ad essere reimpiegati per le stesse materie già contenute, devono, subito dopo l'uso, essere resi innocui mediante appropriati lavaggi a fondo, oppure distrutti adottando le necessarie cautele. In ogni caso è vietato usare recipienti che abbiano già contenuto liquidi infiammabili o suscettibili di produrre gas o vapori infiammabili, o materie corrosive o tossiche, per usi diversi da quelli originari, senza che si sia provveduto ad una preventiva completa bonifica del loro interno, con la eliminazione di ogni traccia del primitivo contenuto o dei suoi residui o prodotti secondari di trasformazione.

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Capo IV - Impianti ed operazioni di saldatura o taglio ossiacetilenica, ossidrica, elettrica e simili

250. Lavori di saldatura in condizioni di pericolo.

È vietato effettuare operazioni di saldatura o taglio, al cannello od elettricamente, nelle seguenti condizioni: a) su recipienti o tubi chiusi; b) su recipienti o tubi aperti che contengono materie le quali sotto l'azione del calore possono dar luogo a esplosioni o altre reazioni pericolose; c) su recipienti o tubi anche aperti che abbiano contenuto materie che evaporando o gassificandosi sotto l'azione del calore possono dar luogo a esplosioni o altre reazioni pericolose. È altresì vietato di eseguire le operazioni di saldatura nell'interno dei locali, recipienti o fosse che non siano efficacemente ventilati. Quando le condizioni di pericolo previste dal primo comma del presente articolo si possono eliminare con l'apertura del recipiente chiuso, con l'asportazione delle materie pericolose e dei loro residui, con l'uso di gas inerti o con altri mezzi o misure, le operazioni di saldatura e taglio possono essere eseguite anche sui recipienti o tubazioni indicati allo stesso primo comma, purché le misure di sicurezza siano disposte da un esperto ed effettuate sotto la sua diretta sorveglianza.

251. Saldatura ossiacetilenica, ossidrica e simili.

Nei luoghi sotterranei è vietato installare o usare generatori e gasometri di acetilene o costruire depositi di recipienti contenenti gas combustibili.

252. Fra gli impianti di combustione o gli apparecchi a fiamma ed i generatori o gasometri di acetilene deve intercorrere una distanza di almeno 10 metri, riducibili a 5 metri, nei casi in cui i generatori o gasometri siano protetti contro le scintille e l'irradiamento del calore o usati per lavori all'esterno. Non devono eseguirsi lavorazioni ed operazioni con fiamme libere o con corpi incandescenti a meno di 5 metri di distanza dai generatori o gasometri di acetilene.

253. Sulle derivazioni di gas acetilene o di altri gas combustibili di alimentazione nel cannello di saldatura deve essere inserita una valvola idraulica o altro dispositivo di sicurezza che risponda ai seguenti requisiti: a) impedisca il ritorno di fiamma e l'afflusso dell'ossigeno o dell'aria nelle tubazioni del gas combustibile; b) permetta un sicuro controllo, in ogni momento, del suo stato di efficienza; c) sia costruito in modo da non costituire pericolo in caso di eventuale scoppio per ritorno di fiamma.

254. Il trasporto nell'interno delle aziende e dei locali di lavoro degli apparecchi mobili di saldatura al cannello deve essere effettuato mediante mezzi atti ad assicurare la stabilità dei gassogeni e dei recipienti dei gas compressi o disciolti e ad evitare urti pericolosi. I recipienti dei gas compressi o sciolti, ad uso di impianti fissi di saldatura, devono essere efficacemente ancorati, al fine di evitarne la caduta accidentale.

255. Saldatura elettrica ed operazioni simili.

Gli apparecchi per saldatura elettrica e per operazioni simili devono essere provvisti di interruttore onnipolare sul circuito primario di derivazione della corrente elettrica.

256. Quando la saldatura od altra operazione simile non è effettuata con saldatrice azionata da macchina rotante di conversione, è vietato effettuare operazioni di saldatura elettrica con derivazione diretta della corrente dalla normale linea di distribuzione senza l'impiego di un trasformatore avente l'avvolgimento secondario isolato dal primario.

257. Nelle operazioni di saldatura elettrica e simili nell'interno di recipienti metallici, ferma restando l'osservanza delle disposizioni di cui all'art. 250, devono essere predisposti mezzi isolati e usate pinze porta elettrodi completamente protette in modo che il lavoratore sia difeso dai pericoli derivanti da contatti accidentali con parti in tensione. Le stesse operazioni devono inoltre essere effettuate sotto la sorveglianza continua di un esperto che assista il lavoratore dall'esterno del recipiente.

258. Nelle installazioni elettriche per saldatura e taglio dei metalli devono essere osservate, per ciò che non è contemplato specificatamente nel presente Capo, le disposizioni del Titolo VII.

259. Mezzi di protezione individuali e collettivi.

I lavoratori addetti alle operazioni di saldatura elettrica e simili devono essere forniti di guanti isolanti, di schermi di protezione per il viso e, quando sia necessario ai fini della sicurezza, di pedane o calzature isolanti. La zona di operazione ogni qualvolta sia possibile deve essere protetta con schermi di intercettazione di radiazioni dirette o riflesse, quando queste costituiscono pericolo per gli altri lavoratori.

Capo V - Forni e stufe di essiccamento o di maturazione

260. Pavimenti, piattaforme, passerelle e scale dei forni.

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Le parti di pavimento contornanti i forni di qualsiasi specie devono essere costituite di materiali incombustibili. Sono, tuttavia, ammessi pavimenti di legno duro e stagionato nei casi in cui ciò, in relazione al tipo di forno ed alle condizioni di impianto, non costituisca pericolo. Le piattaforme sopraelevate dei posti di lavoro e di manovra dei forni, nonché le relative scale e passerelle di accesso, devono essere costruite con materiali incombustibili.

261. Eccesso di temperatura dei posti di lavoro e di manovra dei forni.

I posti di lavoro e di manovra degli operai addetti ai forni, quando la temperatura può raggiungere limiti tali da costituire un pericolo, devono essere protetti con mezzi idonei contro le irradiazioni di calore. Ove il processo tecnologico non lo permetta i lavoratori devono essere provvisti di mezzi di protezione individuale.

262. Bocche e aperture dei forni.

Le bocche di carico e le altre aperture esistenti nelle pareti dei forni, quando, per le loro posizioni e dimensioni, costituiscono pericolo nell'interno, devono essere provviste di solide difese.

263. Spruzzi ed investimenti di materiali incandescenti.

I lavoratori addetti alle operazioni di colata e quelli che possono essere investiti da spruzzi di metallo fuso o di materiali incandescenti devono essere protetti mediante adatti schermi o con altri mezzi.

264. Nelle installazioni in cui la colata avviene entro canali o fosse o spazi comunque delimitati del pavimento devono essere predisposte idonee difese o altre misure per evitare che i lavoratori vengano a contatto con il materiale fuso nonché per permettere il loro rapido allontanamento dalla zona di pericolo nel caso di spandimento dello stesso materiale sul pavimento.

265. Stufe di essiccamento o di maturazione.

Le stufe di essiccamento o di maturazione, accessibili per le operazioni connesse con il loro esercizio, devono essere provviste di porte apribili anche dall'interno.

266. Le stufe di essiccamento o di maturazione, nelle quali, in relazione al procedimento adottato o alla natura dei materiali o prodotti in lavorazione, possono svilupparsi gas, vapori o polveri esplosivi o nocivi, devono essere provviste di un efficace impianto o di mezzi per la aspirazione di tali gas, vapori o polveri e per il loro convogliamento in un luogo in cui non possono costituire danno.

TITOLO VII Impianti macchine ed apparecchi vari

Capo I - Disposizioni di carattere generale

267. Requisiti generali degli impianti elettrici.

Gli impianti elettrici, in tutte le loro parti costitutive, devono essere costruiti, installati e mantenuti in modo da prevenire i pericoli derivanti da contatti accidentali con gli elementi o tensione ed i rischi di incendio e di scoppio derivanti da eventuali anormalità che si verifichino nel loro esercizio.

268. Definizione di «alta» e «bassa» tensione.

Agli effetti del presente decreto, un impianto elettrico è ritenuto a bassa tensione quando la tensione, del sistema è uguale o minore a 400 Volta efficaci per corrente alternata e a 600 Volta per corrente continua. Quando tali limiti sono superati, l'impianto elettrico è ritenuto ad alta tensione .

269. Indicazione delle caratteristiche delle macchine e degli apparecchi elettrici.

Le macchine e gli apparecchi elettrici devono portare l'indicazione della tensione, dell'intensità e del tipo di corrente e delle altre eventuali caratteristiche costruttive necessarie per l'uso.

270. Isolamento elettrico.

In ogni impianto elettrico i conduttori devono presentare, tanto fra di loro quanto verso terra, un isolamento adeguato alla tensione dell'impianto.

271. Collegamenti elettrici a terra .

Le parti metalliche degli impianti ad alta tensione, soggette a contatto delle persone e che per difetto di isolamento o per altre cause potrebbero trovarsi sotto tensione, devono essere collegate a terra. Il collegamento a terra deve essere fatto anche per gli impianti a bassa tensione situati in luoghi normalmente bagnati od anche

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molto umidi o in immediata prossimità di grandi masse metalliche, quando la tensione supera i 25 Volta verso terra per corrente alternata e i 50 Volta verso terra per corrente continua. Devono parimenti essere collegate a terra le parti metalliche dei ripari posti a protezione contro il contatto accidentale delle persone con conduttori od elementi ad alta tensione, od anche a bassa tensione nei casi previsti nel precedente comma.

272. Quando il collegamento elettrico a terra non sia attuabile o non offra, in relazione a particolari condizioni ambientali, le necessarie garanzie di efficienza oppure quando non sia consigliabile in relazione alla particolarità dell'impianto, devono adottarsi altri mezzi o sistemi di protezione di sicura efficacia.

273. Tappeti e pedane isolanti.

Ferma restando l'osservanza delle norme relative alla protezione dei conduttori contro il contatto accidentale, all'isolamento dei conduttori e ai collegamenti elettrici a terra, qualora sia necessario ai fini della sicurezza del personale, in relazione a particolari caratteristiche dell'impianto o ambientali, i quadri di distribuzione e di manovra e le apparecchiature e le macchine elettriche accessibili devono essere provvisti di tappeti o pedane che abbiano un isolamento adeguato. I tappeti e le pedane isolanti devono avere dimensioni tali da consentire la sicura esecuzione delle manovre e da evitare i ribaltamenti.

274. Linee elettriche aeree esterne.

Le norme approvate con R.D. 25 novembre 1940, n. 1969, per l'esecuzione delle linee elettriche aeree esterne, e successive modifiche, sono estese agli impianti posti negli stabilimenti od aziende soggette al presente decreto.

Capo II - Protezione contro il contatto accidentale con conduttori ed elementi in tensione

275. Impiego dei conduttori nudi ad «alta» tensione.

I conduttori nudi nei circuiti ad alta tensione sono ammessi soltanto nelle officine e cabine elettriche, nelle sale di prova e per le linee esterne. I conduttori nudi nei circuiti ad alta tensione sono altresì ammessi in ogni altro locale, purché siano completamente racchiusi, singolarmente od assieme alle relative apparecchiature in cuniculi in armatura, in armadi o custodie metalliche collegate a terra. Sono altresì ammessi i conduttori nudi per tensione di esercizio sino a 1000 Volta per i sistemi di sbarre per elettrolisi, per le linee di contatto per gru a ponte scorrevole ed impianti simili e per i raccordi ferroviari, purché siano adottate adeguate ed efficaci misure di sicurezza; per i raccordi ferroviari sono ammesse tensioni anche superiori.

276. Difese.

I conduttori e gli elementi nudi dei circuiti ad alta tensione devono essere protetti contro il contatto accidentale mediante idonei ripari rigidi di materiale isolante non igroscopico, o metallici collegati a terra, solidamente fissati a parti stabili anche se smontabili. Detti ripari devono essere collocati ad una distanza dai coriduttori in tensione di almeno cm 7 più cm 0,7 per ogni migliaia di Volta, con un minimo, in ogni caso, di cm 15.

277. Per la difesa frontale e laterale i ripari di cui all'articolo precedente devono essere estesi, verso l'alto, sino ad almeno m 2 dal pavimento e, verso il basso sino al pavimento o sino ad una distanza da questo per cui non sia possibile, in relazione alle condizioni dell'impianto, il contatto accidentale con i conduttori o con gli elementi in tensione. Qualora detti ripari non siano costituiti da schermi a parete piena, le maglie o aperture devono avere dimensioni tali da non permettere il passaggio della mano. Nelle officine e cabine elettriche la difesa frontale e laterale dei conduttori può anche essere costituita da un parapetto di altezza non inferiore a m 1,20 e formato da almeno due robusti correnti rigidi e solidamente fissati alle parti stabili, posto ad una distanza in senso orizzontale dai conduttori non inferiore a m 0,60 più cm 1 ogni migliaia di Volta con un minimo, in ogni caso, di m 1. Il parapetto di cui al presente articolo deve portare bene in vista un avviso indicante il divieto di accedere allo spazio compreso fra il parapetto ed i conduttori prima di avere tolto la tensione.

278. Quando i conduttori e gli elementi nudi dei circuiti ad alta tensione corrono al di sopra del pavimento o di una piattaforma di lavoro o di passaggio ad una altezza inferiore a m 3 più un centimetro ogni migliaia di Volta di tensione, si devono applicare al di sotto di essi i ripari di cui all'articolo precedente costituiti da schermi pieni o con maglie di piccola dimensione.

279. Le norme di cui agli artt. 276, 277 e 278 relative alla protezione dei conduttori e degli elementi nudi dei circuiti ad alta tensione devono essere osservate anche nei riguardi dei cavi e dei conduttori rivestiti con isolanti in genere, fatta eccezione per quelli provvisti di armatura metallica continua collegata a terra.

280. Nelle cabine elettriche non presidiate che, ai sensi del successivo art. 340, sono tenute chiuse a chiave e sono esclusivamente adibite al servizio di distribuzione di energia elettrica, ove non sia possibile adottare le misure di cui agli artt. 276 a 279, le distanze e le altezze ivi indicate potranno essere congruamente ridotte,

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sempreché la difesa del personale addetto contro il pericolo di contatti accidentali con gli elementi in tensione sia comunque assicurata.

281. Rivestimento e protezione dei conduttori ed elementi nudi a bassa tensione.

In ogni locale che non sia una officina o cabina elettrica, i conduttori e gli elementi a bassa tensione superiore a 25 Volta verso terra, se a corrente alternata, e a 50 Volta verso terra, se a corrente continua, devono essere provvisti di rivestimento isolante continuo adeguato alla tensione ed appropriato, ai fini della sua conservazione ed efficacia, alle condizioni di temperatura, umidità ed acidità dell'ambiente, oppure essere protetti contro il contatto delle persone ancorché siano fuori della portata di mano, ma in posizione accessibile. Per le centrali telefoniche il limite della tensione della corrente continua di cui al primo comma è elevato a 70 Volta, purché siano adottate idonee misure di sicurezza. Qualora tale contatto non sia evitabile per esigenze di lavorazione, le persone devono essere convenientemente isolate.

282. I conduttori fissi o mobili muniti di rivestimento isolante in genere, quando per la loro posizione o per il loro particolare impiego, siano soggetti a danneggiamento per causa meccanica, devono essere protetti nei tratti soggetti al danneggiamento.

283. Prescrizioni speciali per i conduttori flessibili.

I conduttori elettrici flessibili impiegati per derivazioni provvisorie o per l'alimentazione di apparecchi o macchine portatili o mobili devono avere anche un idoneo rivestimento isolante atto a resistere anche alla usura meccanica. Nell'impiego degli stessi conduttori si deve avere cura che essi non intralcino i passaggi.

Capo III - Protezione contro le sovratensioni, i sovraccarichi di corrente e le scariche atmosferiche

284. Protezione contro le sovratensioni.

Allo scopo di impedire che i conduttori e gli apparecchi a bassa tensione subiscano accidentali sopraelevazioni di tensioni pericolose per effetto di conduttori, trasformatori o apparecchi a tensione superiore, devono essere adottate idonee misure, quali il collegamento a terra del neutro, l'applicazione di valvole di tensione o di altri dispositivi equivalenti. Analoghe misure di sicurezza devono essere adottate per evitare contatti fra sistemi di distribuzione a diverse tensioni.

285. Protezione contro i sovraccarichi.

I circuiti elettrici devono essere provvisti di valvole fusibili, interruttori automatici o simili, atti ad impedire che nelle condutture e negli apparecchi elettrici abbiano a riscontrarsi correnti di intensità tale da far loro assumere temperature pericolose o eccessive. Qualora in relazione a particolari usi o caratteristiche dell'impianto, l'interruzione automatica della corrente possa determinare condizioni di pericolo, i circuiti devono essere protetti contro i sovraccarichi di corrente mediante altri idonei dispositivi.

286. Gli impianti elettrici devono, in quanto necessario ai fini della sicurezza ed in quanto tecnicamente possibile, essere provvisti di idonei dispositivi di protezione contro gli effetti delle scariche atmosferiche.

Capo IV - Apparecchiature elettriche ed attrezzature relative

287. Quadri di distribuzione e di manovra.

Le disposizioni relative alla protezione contro il contatto accidentale si applicano anche ai conduttori ed elementi in tensione nei quadri di distribuzione e di manovra, compresi quelli esistenti nella parte posteriore dei quadri stessi. Può derogarsi alla disposizione di cui al comma precedente per i quadri a bassa tensione delle officine e delle cabine elettriche, salvo nei casi in cui essa sia ritenuta necessaria in relazione a particolari condizioni di impianto e sempreché siano adottate altre idonee misure e cautele. Gli organi di comando, i dispositivi e gli strumenti montati sui quadri devono portare una chiara indicazione dei circuiti ai quali si riferiscono.

288. Interruttore generale.

Gli impianti elettrici di utilizzazione devono essere provvisti, all'arrivo di ciascuna linea di alimentazione, di un interruttore onnipolare.

289. Sezionamento delle parti degli impianti elettrici.

Quando sia necessario sezionare singole parti di un impianto, per ciascuna delle relative derivazioni deve essere inserito un separatore.

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290. Interruttore elettrici e simili.

Gli interruttori elettrici e simili devono soddisfare alle seguenti condizioni: a) raggiungere le posizioni definitive di aperto e chiuso senza arresto di posizione intermedia; b) interrompere la corrente massima per la quale sono previsti, senza dar luogo ad arco permanente, né a corto circuito o messa a terra dell'impianto; c) operare con azione simultanea su tutti i conduttori del circuito controllato, esclusi gli eventuali conduttori di messa a terra ed eventualmente il neutro. È fatta eccezione per gli interruttori ad apertura cosidetta «fase per fase» al servizio degli impianti di trasmissione e di distribuzione di energia elettrica; d) essere costruiti o protetti, quando non siano installati in centrali o cabine elettriche chiuse e fermo restando quanto è disposto dall'ultimo comma dell'art. 287, in modo da rendere impossibili contatti accidentali con le parti in tensione, quando questa è superiore a 25 Volta verso terra se alternata, ed a 50 Volta verso terra se continua; e) essere costruiti ed installati in modo da assicurare la stabilità della posizione di apertura e chiusura; f) portare chiaramente, se di tipo chiuso, le indicazioni di distacco e di inserimento. È fatta eccezione per i piccoli interruttori e simili sino a 6 Ampère.

291. Gli interruttori unipolari, sui circuiti a corrente alternata, sono ammessi solo su circuiti bipolari a bassa tensione per impianti di illuminazione installati in locali asciutti e per potenze non superiori a 1000 Watt.

292. Pulsanti.

I pulsanti di comando degli interruttori degli impianti elettrici devono essere costruiti ed installati in modo che non sia possibile l'accidentale azionamento degli stessi. Essi devono portare chiaramente le indicazioni di inserimento e di distacco. Anche per i comandi degli interruttori e dei teleruttori, a mezzo di pulsanti, deve essere provveduto alla indicazione del distacco e dell'inserimento.

293. Separatori per alta tensione.

Nei circuiti ad alta tensione delle officine e cabine elettriche, la continuità metallica di tutti i conduttori che fanno capo alla officina o cabina, esclusi i conduttori di terra, deve poter essere interrotta in modo evidente in corrispondenza agli arrivi o partenze dei conduttori stessi mediante l'uso di separatori. I separatori devono inoltre essere installati per consentire la messa fuori circuito di macchinario ed apparecchiature. In modo particolare gli interruttori devono potersi isolare mediante separatori posti a monte o a valle, o da entrambe le parti e visibili da un luogo di facile accesso. Per gli interruttori, muniti di dispositivi di innesto e disinnesto nel circuito, azionabili ad interruttore disinserito tali dispositivi tengono luogo del separatore, purché ne sia palese l'avvenuta manovra.

294. I separatori devono essere costruiti e disposti in modo da potersi manovrare agevolmente senza pericolo mediante adatto fioretto isolante o comando meccanico. I separatori devono essere: a) installati, per quanto tecnicamente possibile, in modo che i coltelli non siano in tensione a separatore aperto; b) costruiti ed installati in modo che non possano chiudersi ed aprirsi casualmente da loro stessi. Quando in relazione alle caratteristiche dell'impianto sia ritenuto necessario, i separatori devono essere di tipo a comando simultaneo per tutte le fasi del circuito.

295. Valvole fusibili.

Le valvole fusibili devono essere costruite ed installate in modo da soddisfare oltre che ai requisiti indicati nell'art. 285, anche alle seguenti condizioni: a) permettere, per circuiti ad alta tensione, il ricambio dei fusibili sotto tensione senza pericolo per i lavoratori; b) essere disposte, negli impianti a bassa tensione, a valle degli interruttori; c) essere inserite su tutti i poli o le fasi delle linee protette, ad eccezione del conduttore neutro.

296. Interruttori automatici.

Gli interruttori automatici inseriti a protezione dei circuiti devono soddisfare alle condizioni stabilite dagli artt. 290 e 291. In deroga a quanto stabilito al comma c) del predetto art. 290, gli interruttori automatici devono poter funzionare anche per scatti limitati a singoli conduttori.

Capo V - Macchine, trasformatori, condensatori, accumulatori elettrici

297. Copertura delle parti nude in tensione.

Le macchine, i trasformatori, i condensatori elettrici e simili, a tensione superiore a 25 Volta verso terra se a corrente alternata, ed a 50 Volta verso terra se a corrente continua, ove non abbiano le parti nude in tensione in posizione inaccessibile o non siano protette a norma degli articoli 276 e 281 devono avere le stesse parti nude, chiuse nell'involucro esterno o protette mediante copertura o ripari solidamente fissati. Sono esclusi dalla applicazione della presente norma i collettori ad enelli e le relative spazzole delle macchine elettriche.

298. Segregazione delle macchine, dei trasformatori e delle apparecchiature elettriche a tensione elevata.

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Le macchine elettriche, i trasformatori, i condensatori e le apparecchiature elettriche in genere funzionanti a tensione superiore a 1000 Volta, devono essere installati in locali appositi od in recinti che possono essere anche a ciclo aperto, muniti di porte di accesso chiudibili a chiave, a meno che non si tratti di motori accoppiati a macchine operatrici. Quando le porte di detti locali immettono in ambienti o luoghi dove sono o possono transitare persone diverse da quelle addette alle stesse macchine ed apparecchi, esse devono tenersi chiuse a chiave. Le pareti dei locali dove sono installati macchine ed apparecchi indicati nel presente articolo devono essere costruite con materiale incombustibile; può tuttavia derogarsi per le cabine elettriche provvisorie non annesse ad altri edifici.

299. La segregazione in locale apposito non è obbligatoria per i trasformatori, i reattori ed apparecchi simili a tensione non superiore a 15.000 Volta e di potenza non superiore a 1500 Watt, utilizzati per usi speciali compresa l'illuminazione mediante tubi a catodo freddo, purché collocati fuori della portata di mano, chiusi entro armadi o custodie o protetti in conformità delle disposizioni del presente Titolo.

300. Pozzetto per raccolta olio dei trasformatori.

I trasformatori elettrici in olio contenenti una quantità di olio superiore ai 500 chilogrammi, quando non siano installati in cabine isolate, devono essere provvisti di pozzetti o vasche o di altre opere atte ad impedire il dilagare dell'olio infiammato all'esterno delle cabine o dei recinti.

301. Protezione dei condensatori.

I condensatori di potenza superiore a 1 kVA devono essere provvisti di dispositivi atti ad eliminare la carica residua, quando il condensatore è disinserito; tali dispositivi non sono richiesti quando il condensatore rimane stabilmente collegato elettricamente alla macchina rifasata, anche dopo che il complesso è disinserito dalla rete.

302. Accumulatori elettrici.

Le batterie di accumulatori che comportano tensioni nominali superiori ai 220 Volta devono essere: a) disposte in modo che non sia possibile per lo stesso lavoratore un contatto accidentale con elementi aventi una differenza di potenziale superiore a tale limite; b) contornate da una pedana isolante, se fisse.

303. I locali contenenti accumulatori, i quali, in relazione alla loro cubatura ed alla capacità e tipo delle batterie in essi esistenti, possono presentare pericoli di esplosione delle miscele gassose, devono: a) essere ben ventilati; b) non contenere macchine di alcun genere né apparecchi elettrici o termici; c) essere illuminati secondo le disposizioni dell'art. 332; d) tenere esposto, sulla porta di ingresso, un avviso richiamante il divieto di fumare e di introdurre lampade od altri oggetti a fiamma libera.

Capo VI - Impianti di illuminazione elettrica

304. Limitazione della tensione per gli impianti di illuminazione elettrica.

È vietato l'uso di tensione superiore a 220 Volta per gli impianti di illuminazione a incandescenza. È tuttavia consentito l'uso di tensione sino a 380 Volta per l'illuminazione all'esterno dei fabbricati e nelle officine elettriche. Per gli impianti in serie ed a luminescenza all'esterno sono ammesse tensioni sino a 6000 Volta. Tali impianti in serie ed a luminescenza sono ammessi anche all'interno purché i conduttori di alimentazione siano adeguatamente isolati e protetti a norma dell'art. 279 ed il ricambio delle lampade sia effettuato a circuito disinserito, oppure usando apposita apparecchiatura isolata da terra.

305. Lampade e portalampade elettrici.

Le lampade elettriche ad incandescenza ed i relativi portalampade devono essere costruiti in modo che il montaggio e lo smontaggio delle lampade possa effettuarsi senza toccare parti in tensione e, a lampade montate, non vi sia possibilità di contatto con le dette parti.

306. Le lampade elettriche esistenti o che comunque possono essere collocate: a) in locali bagnati o molto umidi; b) presso tubazioni o grandi masse metalliche; c) a facile portata di mano presso macchina e posti di lavoro in genere devono, oltre che soddisfare al requisito dell'articolo precedente, avere il portalampade con le parti esterne di materiale isolante non igroscopico.

307. Impianti di illuminazione a tubi luminescenti o fluorescenti.

Negli impianti di illuminazione a tubi luminescenti o fluorescenti, i conduttori, compresi i tratti di collegamento fra i vari tubi, devono essere provvisti di rivestimento isolante adeguato alla tensione del circuito o collocati fuori della portata di mano. I terminali metallici nudi sotto tensione, o che possono essere messi in tensione devono essere completamente protetti mediante custodia di materiale isolante.

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308. Gli impianti di illuminazione a tubi fluorescenti o luminescenti a catodo freddo devono essere provvisti di interruttore onnipolare sulla linea primaria di alimentazione del trasformatore.

Capo VII - Macchine ed apparecchi elettrici mobili e portatili

309. Derivazione a spina.

Le derivazioni a spina, compresi i tratti di conduttori mobili intermedi, devono essere costruite ed utilizzate in modo che, per nessuna ragione, una spina (maschio) che non sia inserita nella propria sede (femmina) possa risultare sotto tensione.

310. Le prese per spina devono soddisfare alle seguenti condizioni: a) non sia possibile, senza l'uso di mezzi speciali, venire in contatto con le parti in tensione della sede (femmina) della presa; b) sia evitato il contatto accidentale con la parte in tensione della spina (maschio) durante l'inserzione e la disinserzione.

311. Le derivazioni a spina per l'alimentazione di macchine e di apparecchi di potenza superiore ai 1000 Watt devono essere provviste, a monte della presa, di interruttore, nonché di valvole onnipolari, escluso il neutro, per permettere l'inserimento ed il disinserimento della spina a circuito aperto.

312. Esclusione della corrente ad alta tensione.

Le macchine ed apparecchi elettrici mobili o portatili devono essere alimentati solo da circuiti a bassa tensione. Può derogarsi per gli apparecchi di sollevamento, per i mezzi di trazione, per le cabine mobili di trasformazione e per quelle macchine ed apparecchi che, in relazione al loro specifico impiego, debbono necessariamente essere alimentati ad alta tensione.

313. Limitazione della tensione per l'alimentazione.

Per i lavori all'aperto, ferma restando l'osservanza di tutte le altre disposizioni del presente decreto relativo agli utensili elettrici portatili, è vietato l'uso di utensili a tensione superiore a 220 Volta verso terra. Nei lavori in luoghi bagnati o molto umidi, e nei lavori a contatto od entro grandi masse metalliche, è vietato l'uso di utensili elettrici portatili a tensione superiore a 50 Volta verso terra. Se l'alimentazione degli utensili nelle condizioni previste dal presente articolo e fornita da una rete a bassa tensione attraverso un trasformatore, questo deve avere avvolgimenti, primario e secondario, separati ed isolati tra loro, e deve funzionare col punto mediano dell'avvolgimento secondario collegato a terra.

314. Collegamento elettrico a terra.

Gli utensili elettrici portatili e le macchine e gli apparecchi mobili con motore elettrico incorporato, alimentati a tensione superiore a 25 Volta verso terra se alternata, ed a 50 Volta verso terra se continua, devono avere l'involucro metallico collegato a terra. L'attacco del conduttore di terra deve essere realizzato con spinotto ed alveolo supplementari facenti parte della presa di corrente o con altro idoneo sistema di collegamento .

315. Isolamento degli utensili.

Gli utensili elettrici portatili e gli apparecchi elettrici mobili devono avere un isolamento supplementare di sicurezza fra le parti interne in tensione e l'involucro metallico esterno.

316. Interruttori di comando incorporato.

Gli utensili elettrici portatili devono essere muniti di un interruttore incorporato nella incastellatura, che consenta di eseguire con facilità e sicurezza la messa in moto e l'arresto.

317. Lampade elettriche portatili.

Le lampade elettriche portatili devono soddisfare ai seguenti requisiti: a) avere l'impugnatura di materiale isolante non igroscopico; b) avere le parti in tensione, o che possono essere messe in tensione in seguito a guasti, completamente protette in modo da evitare ogni possibilità di contatto accidentale; c) essere munite di gabbia di protezione della lampadina, fissata mediante collare esterno alla impugnatura isolante; d) garantire il perfetto isolamento delle parti in tensione dalle parti metalliche eventualmente fissate all'impugnatura.

318. Le lampade elettriche portatili usate in luoghi bagnati o molto umidi ed entro o a contatto di grandi masse metalliche, oltre o soddisfare alle condizioni dell'articolo precedente, devono essere alimentate a tensione non superiore a 25 Volta verso terra ed essere provviste di un involucro di vetro. Se la corrente di alimentazione di dette lampade è fornita attraverso un trasformatore, questo deve avere avvolgimenti, primario e secondario, separati ed isolati tra di loro.

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Capo VIII - Linee di contatto per trazione elettrica

319. Divieto dei sistemi di trazione con terza rotaia.

Nell'ambito delle aziende e delle attività soggette al presente decreto sono vietati sistemi di trazione elettrica con presa da terza rotaia.

320. Altezza minima delle linee elettriche.

Le linee di contatto per trazione elettrica nell'ambito delle aziende e delle attività soggette al presente decreto, salvo disposizioni più restrittive delle altre leggi o regolamenti speciali, devono essere poste ad altezza dal suolo o dal piano del ferro non inferiore ai seguenti limiti: a) m 5 per le linee all'aperto e per quelle non protette all'interno di edifici, salvo quanto è disposto dalla successiva lettera b); b) m 3,50 per le linee nell'interno di edifici, quando le linee siano efficacemente protette contro i contatti accidentali mediante ripari a canale o simili di materiale isolante non igroscopico o metallici collegati a terra; c) m 2,50 o m 3 nell'interno delle gallerie e negli adiacenti piazzali a seconda che le linee siano o meno protette contro il contatto accidentale in conformità a quanto è stabilito dalla precedente lettera b).

321. Sostegni di sospensione dei conduttori.

I sostegni di sospensione dei conduttori delle linee di contatto per trazione elettrica devono essere disposti in modo ed a distanza tale tra di loro e dai loro attacchi alle parti stabili che, in caso di rottura di una sospensione, i conduttori o altri elementi di collegamento in tensione non possano abbassarsi a meno di m 3 dal pavimento o dal piano del ferro nelle condizioni di impianto di cui alle lettere a) e b) dell'articolo precedente, ed a meno di m 2,50 nelle condizioni di impianto di cui alla lettera c) dello stesso articolo.

322. Cautele contro il contatto delle linee aeree con mezzi di trasporto ordinari.

Allo scopo di impedire contatti accidentali dei veicoli ordinari o dei loro carichi con le linee aeree elettriche di contatto, devono essere adottati appropriati provvedimenti e cautele, quali l'applicazione di barriere, la delimitazione di attraversamenti protetti e di banchine di transito per i mezzi ordinari.

323. Interruzione del circuito di alimentazione.

I circuiti elettrici di alimentazione delle linee aeree di contatto per trazione elettrica devono essere provvisti di interruttori automatici per massima corrente, atti ad interrompere l'alimentazione della linea qualora si stabilisca una intensità di corrente pericolosa.

Capo IX - Collegamenti elettrici, a terra

324. Sezione, connessione e protezione dei conduttori di terra.

Per i collegamenti elettrici a terra delle parti metalliche previsti nell'art. 271 e negli altri articoli del presente decreto devono essere usati conduttori di sezione adeguata alla intensità della corrente verso terra e comunque non inferiore a 16 millimetri quadrati, se di rame, ed a 50 millimetri quadrati, se di ferro o acciaio zincato. Possono essere tollerate per i tratti visibili dei conduttori di terra in rame, sezioni inferiori a 16 millimetri quadrati purché non inferiori alla sezione dei conduttori del circuito elettrico, sino ad un minimo in ogni caso di 5 millimetri quadrati.

325. I conduttori di terra devono essere protetti contro il danneggiamento e il deterioramento. Le loro connessioni alle parti metalliche da collegare a terra ed al dispersore devono essere eseguite mediante saldatura o serraggio con bulloni o con altri sistemi egualmente efficienti.

326. Dispersore per la presa di terra.

Il dispersore per la presa di terra deve essere, per materiale di costruzione, forma, dimensione e collocazione, appropriato alla natura ed alle condizioni del terreno, in modo da garantire, per il complesso delle derivazioni a terra una resistenza non superiore a 20 Ohm per gli impianti utilizzatori a tensione sino a 1000 Volta. Per tensioni superiori e per le cabine ed officine elettriche il dispersore deve presentare quella minor resistenza di sicurezza adeguata alle caratteristiche e alle particolarità degli impianti. Non sono ammesse come dispersori per le prese di terra, le tubazioni di gas, di aria compressa e simili. Sono invece ammesse, per impianti a tensione non superiori a 1000 Volta, le tubazioni di acqua, purché facciano parte di reti estese e l'attacco del conduttore di terra sia riportato o monte delle eventuali derivazioni. Ove tale risultato non sia conseguibile, dovrà farsi ricorso ad accorgimenti atti a garantire le necessarie condizioni di sicurezza.

327. Prese di terra degli scaricatori.

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Per le prese di terra degli scaricatori si applicano le disposizioni degli artt. 324 a 326 relative alla comune messa a terra delle masse metalliche. Inoltre i conduttori di terra degli scaricatori devono avere la minor lunghezza possibile, percorsi senza brusche svolte, ed essere protetti contro il contatto accidentale. La loro sezione non deve essere inferiore a 25 millimetri quadrati. Devono essere adottati, nella posa dei conduttori e dei dispersori, particolari accorgimenti in relazione alle varie condizioni ambientali e di impianto, per evitare danni e pericoli derivanti dal passaggio della corrente massima prevista dal funzionamento degli scaricatori.

328. Verifiche periodiche.

Gli impianti di messa a terra devono essere verificati prima della messa in servizio e periodicamente ad intervalli non superiori a due anni, allo scopo di accertarne la stato di efficienza. Per le officine e cabine elettriche, le verifiche periodiche di cui al primo comma devono essere eseguite almeno ogni cinque anni, tranne nei casi di impianti di messa a terra artificiali per i quali rimane fermo l'intervallo di due anni .

Capo X - Installazioni elettriche in luoghi dove esistono pericoli di esplosione o di incendio

329. Divieto di installazioni elettriche.

Non sono ammesse installazioni elettriche, salvo quanto è disposto negli artt. 330 e 331, nei luoghi ove esistono pericoli di esplosione o di incendio in dipendenza: a) della presenza o sviluppo di gas o miscele esplosive o infiammabili; b) della fabbricazione, manipolazione o deposito di materie esplosive. Il presente articolo non si applica nei riguardi delle installazioni elettriche costituenti parti integranti ed essenziali dei processi chimici di produzione sempre che siano adottate le necessarie misure di sicurezza .

330. Installazioni elettriche «antideflagranti» e di tipo stagno.

Nei luoghi di cui al primo comma dell'articolo precedente, quando sia necessario, in relazione alle esigenze del processo di lavorazione o dell'esercizio o delle particolari condizioni dell'impianto, possono essere installati motori elettrici, purché questi, le relative apparecchiature ed i relativi conduttori di alimentazione siano, singolarmente e per tutto l'insieme della installazione, di tipo «antideflagrante», dichiarati come tali dal costruttore .

331. Nei luoghi ove vengono eseguite lavorazioni che sviluppino polveri comportanti pericoli di esplosione o di incendio, sono ammesse soltanto installazioni elettriche per forza motrice di tipo «antideflagrante» o di tipo stagno o chiuso, tali da impedire l'accensione dei miscugli esplosivi, ed installazioni per illuminazione rispondenti alle prescrizioni dell'articolo seguente .

332. Impianti di illuminazione elettrica di luoghi pericolosi.

Nei luoghi indicati negli articoli 329 e 331 l'illuminazione elettrica può essere effettuata solo dall'esterno per mezzo di lampade collocate in nicchie munite, verso l'interno del luogo da illuminare, di robuste lastre di vetro a chiusura ermetica. Nei casi in cui non sia tecnicamente possibile effettuare una conveniente illuminazione elettrica con lampade collocate in nicchie chiuse e nei luoghi indicati nell'art. 331 è ammesso l'impiego di lampade protette da un robusto involucro di vetro a chiusura ermetica, comprendente anche il portalampade e le relative connessioni con i conduttori di alimentazione. In questi impianti i conduttori elettrici devono essere adeguatamente isolati e protetti con guaine resistenti. Gli interruttori per il comando delle lampade e le eventuali valvole fusibili devono essere di tipo antideflagrante per i luoghi indicati dal primo comma dell'art. 329 o anche di tipo stagno o chiuso per i luoghi indicati nell'art. 331.

333. Interruttore generale.

Le linee che alimentano gli impianti elettrici installati nei luoghi contemplati negli articoli 329 e 331 devono essere provviste all'esterno dei locali pericolosi o prima dell'entrata nella zona pericolosa, di interruttori onnipolari.

334. Lavori sulle installazioni elettriche dei luoghi pericolosi.

È vietato togliere le custodie di sicurezza ed eseguire lavori sulle installazioni elettriche contemplate nel presente Capo, prima di avere aperto gli interruttori onnipolari esterni di alimentazione del circuito ed averne assicurata la posizione di apertura con mezzi idonei.

335. Scariche elettrostatiche.

Nei luoghi contemplati dagli articoli 329 e 331, qualora vi sia la possibilità di scariche elettrostatiche, si devono adottare le seguenti misure di sicurezza: a) collegamento elettrico a terra delle parti metalliche delle pareti, dei tetti, delle incastellature, delle macchine e delle trasmissioni: b) installazioni di mezzi o dispositivi aventi lo scopo di disperdere le cariche elettrostatiche che si possono produrre nelle cinghie di cuoio delle trasmissioni. Essi

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debbono però essere tali da non dare luogo alla produzione di scintille; c) collegamento elettrico fra di loro, senza soluzione di continuità e per tutta l'estensione della rete degli elementi delle tubazioni metalliche per il trasporto o la circolazione delle polveri e delle fibre, e collegamento elettrico a terra dell'intera rete di tubazioni; d) collegamento elettrico delle strutture metalliche dei serbatoi di liquidi infiammabili con le strutture metalliche dei mezzi di trasporto degli stessi liquidi, durante le operazioni di carico e scarico, e collegamento elettrico a terra di tutto il sistema, qualora il veicolo sia provvisto di pneumatici.

336. Verifiche.

Le installazioni elettriche previste dagli articoli 330 e 332 devono essere sottoposte a verifica almeno una volta ogni due anni .

Capo XI - Schemi dell'impianto

337. Esposizione schema dell'impianto.

Nelle officine e cabine elettriche deve essere permanentemente esposto uno schema dell'impianto, con chiare indicazioni relative alle connessioni ed alle apparecchiature essenziali.

338. Colorazione dei conduttori e indicazione delle loro tensioni.

Nei locali nei quali si trovano conduttori ad alta tensione a valori diversi o conduttori sia ad alta che a bassa tensione, essi devono essere contraddistinti con particolari colorazioni, il cui significato (valore della tensione) deve essere reso evidente mediante apposita tabella. Qualora la tensione sia unica, questa deve essere chiaramente indicata in prossimità dei conduttori.

339. Divieto di ingresso e avviso di pericolo.

Nei luoghi ove esistano impianti ad alta tensione deve essere indicata con apposita targa la esistenza del pericolo di morte con il contrassegno del teschio. Sulla porta di ingresso delle officine e cabine elettriche deve essere esposto un avviso indicante il divieto di ingresso per le persone non autorizzate.

340. Chiusura delle officine e delle cabine non presidiate.

Le porte di accesso alle officine e cabine elettriche non presidiate, oltre ad avere le indicazioni di cui all'articolo precedente, devono essere tenute chiuse a chiave.

341. Illuminazione sussidiaria.

Nei locali delle officine o cabine elettriche deve essere predisposto un mezzo di illuminazione sussidiaria indipendente. Detto mezzo e i dispositivi che lo azionano devono essere collocati in luoghi prontamente reperibili in caso di bisogno e noti al personale.

342. Deposito di materiali nei locali destinati alle macchine ed apparecchiature elettriche.

È vietato depositare nei locali delle officine e cabine elettriche ove esistano elementi dell'impianto, materiali, indumenti ed attrezzi che non siano attinenti all'esercizio dell'impianto stesso.

343. Istruzioni sui soccorsi ai colpiti da corrente elettrica.

Nei locali delle officine e delle cabine elettriche deve essere esposta in modo visibile una tabella con le istruzioni sui soccorsi da prestarsi ai colpiti da corrente elettrica. Analogo provvedimento deve essere adottato negli stabilimenti e luoghi di lavoro in genere dove è utilizzata corrente ad alta tensione o dove la corrente, in relazione al suo uso ed alle condizioni locali, può costituire pericolo.

344. Lavori su parti in tensione.

È vietato eseguire lavori su elementi in tensione e nelle loro immediate vicinanze, quando la tensione è superiore a 25 Volta verso terra, se alternata, od a 50 Volta verso terra, se continua. Può derogarsi dal suddetto divieto per tensioni non superiori a 1000 Volta, purché: a) l'ordine di eseguire il lavoro su parti in tensione sia dato dal capo responsabile; b) siano adottate le necessarie misure atte a garantire la incolumità dei lavoratori .

345. Lavori su macchine, apparecchi e condutture elettrici ad alta tensione.

È vietato eseguire lavori su macchine apparecchi e condutture elettrici ad alta tensione e nelle loro immediate vicinanze, salvo quanto stabilito nel secondo comma dell'articolo precedente senza avere prima: a) tolta la tensione; b) interrotto visibilmente il circuito nei punti di possibile alimentazione dell'impianto su cui vengono

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eseguiti i lavori; c) esposto un avviso su tutti i posti di manovra e di comando con l'indicazione «lavori in corso, non effettuare manovre»; d) isolata e messa a terra, in tutte le fasi la parte dell'impianto sulla quale o nelle cui immediate vicinanze sono eseguiti i lavori .

346. Quando i lavori su macchine, apparecchi e condutture elettrici ad alta tensione sono eseguiti in luoghi dai quali le misure di sicurezza previste nei comma b) e c) dell'articolo precedente, non sono direttamente controllabili dai lavoratori addettivi, questi, prima di intraprendere i lavori, devono aver chiesto e ricevuto conferma della avvenuta esecuzione delle misure di sicurezza sopra indicate. In ogni caso i lavori non devono essere iniziati se i lavoratori addettivi non abbiano ottemperato alle disposizioni di cui al comma d) dello stesso articolo. La tensione non deve essere rimessa nei tratti già sezionati per la esecuzione dei lavori, se non dopo che i lavoratori che devono eseguire le relative manovre non abbiano ricevuto dal capo della squadra che ha eseguito i lavori o da chi ne fa le veci, avviso che i lavori sono stati ultimati e che la tensione può essere applicata.

347. Nei lavori in condizioni di particolare pericolo su macchine, apparecchi o conduttori elettrici la cui esecuzione sia affidata ad un solo lavoratore, deve essere presente anche un'altra persona.

348. Esecuzione delle manovre o particolari operazioni.

I lavoratori addetti all'esercizio di installazioni elettriche, o che comunque possono eseguire lavori, operazioni o manovre su impianti, macchine o apparecchiature elettrici, devono avere a disposizione o essere individualmente forniti di appropriati mezzi ed attrezzi, quali fioretti o tenaglie isolanti, pinze con impugnatura isolata, guanti e calzature isolanti, scale, cinture e ramponi.

349. I fioretti costruiti con materiale non sufficientemente isolante devono essere muniti di un isolatore intermedio, collocato in posizione tale che il lavoratore possa eseguire le manovre senza dover afferrare il fioretto con una o con entrambe le mani sul tratto oltre l'isolatore opposto alla impugnatura. I fioretti di cui sopra non devono essere appoggiati alle pareti, ma appesi ad appositi ganci.

350. Al governo delle officine e cabine elettriche presidiate devono essere adibiti almeno due lavoratori ogni qualvolta la presenza di uno solo sia insufficiente o pregiudizievole per la sicurezza personale in relazione alla ubicazione speciali condizioni delle installazioni o alla particolare pericolosità delle manovre od operazioni di esercizio.

TITOLO VIII Materie e prodotti pericolosi o nocivi

Capo I - Disposizioni di carattere generale

351. Campo di applicazione.

Agli effetti dell'applicazione delle norme del presente Titolo, si intendono pericolosi o nocivi i prodotti o materie: infiammabili, esplodenti, corrosivi, a temperature dannose, asfissianti, irritanti, tossici o infettanti, taglienti o pungenti.

352. Affissioni di norme di sicurezza.

Nell'ingresso di ogni stabilimento o luogo dove, in relazione alla fabbricazione, manipolazione, utilizzazione o conservazione di materie o prodotti di cui all'articolo precedente, sussistano specifici pericoli, deve essere esposto un estratto delle norme di sicurezza contenute nel presente decreto e nelle leggi e regolamenti speciali riferentisi alle lavorazioni che sono eseguite. Nei reparti e presso le macchine e gli apparecchi dove sono effettuate operazioni che presentano particolari pericoli, devono essere esposte le disposizioni e le istruzioni concernenti la sicurezza delle specifiche lavorazioni.

353. Isolamento delle operazioni.

Le operazioni che presentano pericoli di esplosioni, di incendi, di sviluppo di gas asfissianti o tossici e di irradiazioni nocive devono effettuarsi in locali o luoghi isolati, adeguatamente difesi contro la propagazione dell'elemento nocivo.

354. Concentrazioni pericolose - Segnalatori automatici.

Nei locali o luoghi di lavoro, o di passaggio deve essere per quanto tecnicamente possibile impedito o ridotto al minimo il formarsi di concentrazioni pericolose o nocive di gas vapori o polveri esplodenti, infiammabili, asfissianti o tossici; in quanto necessario, deve essere provveduto ad una adeguata ventilazione al fine di evitare dette concentrazioni. Nei locali o luoghi indicati nel primo comma, quando i vapori ed i gas che possono svilupparsi costituiscono pericolo, devono essere installati apparecchi indicatori e avvisatori automatici atti a

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segnalare il raggiungimento delle concentrazioni o delle condizioni pericolose. Ove ciò non sia possibile, devono essere eseguiti frequenti controlli o misurazioni .

355. Indicazioni per i recipienti.

I recipienti nei quali sono conservati prodotti o materie pericolosi o nocivi devono, allo scopo di rendere nota la natura e la pericolosità del loro contenuto, portare le indicazioni e i contrassegni prescritti per ciascuno di essi dalla normativa che li disciplina .

356. Scarti e rifiuti.

Gli scarti di lavorazione e i rifiuti di materie infiammabili, esplodenti, corrosive, tossiche, infettanti o comunque nocive devono essere raccolti durante la lavorazione ed asportati frequentemente con mezzi appropriati, collocandoli in posti nei quali non possano costituire pericolo.

357. Pavimenti e pareti.

I pavimenti e le pareti dei locali destinati alla lavorazione, alla manipolazione, all'utilizzazione ed alla conservazione di materie infiammabili, esplodenti, corrosive o infettanti, devono essere in condizioni tali da consentire una facile e completa asportazione delle materie pericolose o nocive, che possano eventualmente depositarsi.

Capo II - Materie e prodotti infiammabili o esplodenti

358. Riscaldamenti pericolosi e scintille.

Nella fabbricazione, manipolazione, deposito e trasporto di materie infiammabili od esplodenti e nei luoghi ove vi sia pericolo di esplosione o di incendio per la presenza di gas, vapori o polveri, esplosivi o infiammabili, gli impianti, le macchine, gli attrezzi, gli utensili ed i meccanismi in genere non devono nel loro uso dar luogo a riscaldamenti pericolosi o a produzione di scintille. Idonee misure contro i riscaldamenti pericolosi o la produzione di scintille devono adottarsi nella scelta ed ubicazione dei locali e dei posti di lavoro e relativo arredamento, rispetto alla distanza dalle sorgenti di calore. Analoghe misure devono essere adottate nell'abbigliamento dei lavoratori.

359. Lubrificazione.

Per la lubrificazione delle macchine o parti di macchine o apparecchi in contatto con materie esplodenti o infiammabili, devono essere usati lubrificanti di natura tale che non diano luogo a reazioni pericolose in rapporto alla costituzione ed alle caratteristiche delle materie stesse.

360. Riscaldamento dei locali e difesa contro i raggi solari.

Il riscaldamento dei locali nei quali si compiono le operazioni o esistono i rischi indicati nell'art. 358 deve essere ottenuto con mezzi e sistemi tali da evitare che gli elementi generatori o trasmittenti del calore possano raggiungere temperature capaci di accendere le materie pericolose ivi esistenti. Nei casi indicati al primo comma le finestre e le altre aperture esistenti negli stessi locali devono essere protette contro la penetrazione dei raggi solari.

361. Valvole di esplosione nei locali pericolosi.

Nei locali di cui all'articolo precedente devono essere predisposte nelle pareti o nei solai adeguate valvole di esplosione atte a limitare gli effetti esplosivi. Dette valvole possono essere anche costituite da normali finestre o da intelaiature a vetri cieche fissate a cerniera ed apribili verso l'esterno sotto l'azione di una limitata pressione. In ogni caso le valvole di esplosione devono essere disposte in modo che il loro eventuale funzionamento non possa arrecare danno alle persone.

362. Produzione di diverse qualità di gas pericolosi.

Negli stabilimenti dove si producono differenti qualità di gas non esplosivi né infiammabili di per se stessi, ma le cui miscele possono dar luogo a reazioni pericolose, le installazioni che servono alla preparazione di ciascuna qualità di gas devono essere sistemate in locali isolati, sufficientemente distanziati fra loro. La disposizione di cui al comma precedente non si applica quando i diversi gas sono prodotti contemporaneamente dallo stesso processo, sempreché siano adottate idonee misure per evitare la formazione di miscele pericolose.

363. Depositi di diverse qualità di materie o prodotti pericolosi.

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Le materie ed i prodotti suscettibili di reagire fra di loro dando luogo alla formazione di gas o miscele esplosive o infiammabili devono essere immagazzinati e conservati in luoghi o locali sufficientemente distanziati ed adeguatamente isolati gli uni dagli altri.

364. I dispositivi di aspirazione per gas, vapori e polveri esplosivi o infiammabili, tanto se predisposti in applicazione dell'art. 354, quanto se costituenti elementi degli impianti di produzione o di lavorazione, devono rispondere ai seguenti requisiti: a) essere provvisti di valvole di esplosione, collocate all'esterno dei locali in posizione tale da non arrecare danno alle persone in caso di funzionamento; b) avere tutte le parti metalliche collegate fra loro ed il relativo complesso collegato elettricamente a terra; c) essere provvisti, in quanto necessario, di mezzi per la separazione e la raccolta delle polveri esplosive o infiammabili; d) avere lo scarico in luogo dove i gas, i vapori e le polveri non possono essere causa di pericolo.

365. Nelle installazioni in cui possono svilupparsi gas, vapori o polveri suscettibili di dar luogo a miscele esplosive, devono essere adottati impianti distinti di aspirazione per ogni qualità di gas, vapore o polvere, oppure adottate altre misure idonee ad evitare i pericoli di esplosione.

Capo III - Materie e prodotti corrosivi o aventi temperature dannose

366. Trasporto ed impiego.

Il trasporto e l'impiego delle materie e dei prodotti corrosivi o aventi temperature dannose devono effettuarsi con mezzi o sistemi tali da impedire che i lavoratori ne vengano a diretto contatto. Quando esigenze tecniche o di lavorazione non consentano la attuazione della norma di cui al comma precedente, devono essere messi a disposizione dei lavoratori mezzi individuali di protezione, in conformità a quanto è stabilito nel Titolo X.

367. Investimenti da liquidi corrosivi.

Negli stabilimenti o luoghi in cui si producono o si manipolano liquidi corrosivi devono essere predisposte, a portata di mano dei lavoratori, adeguate prese di acqua corrente o recipienti contenenti adatte soluzioni neutralizzanti. Nei casi in cui esista rischio di investimento da liquidi corrosivi, devono essere installati, nei locali di lavorazione o nelle immediate vicinanze, bagni o doccie con acqua a temperatura adeguata.

368. Spandimenti di liquidi corrosivi.

In caso di spandimento di liquidi corrosivi, questi non devono essere assorbiti con stracci, segatura o con altre materie organiche, ma eliminati con lavaggi di acqua o neutralizzati con materie idonee.

Capo IV - Materie e prodotti asfissianti, irritanti, tossici e infettanti

369. Maschere ed apparecchi respiratori.

Nei luoghi dove si compiono le operazioni di produzione, impiego, manipolazione e trasporto delle materie o prodotti tossici, asfissianti, irritanti ed infettanti, nonché nei depositi o luoghi in cui possono svilupparsi e diffondersi gas, vapori o altre emanazioni tossiche od asfissianti, deve essere tenuto in luogo adatto e noto al personale un numero adeguato di maschere respiratorie o di altri apparecchi protettori da usarsi in caso di emergenza.

370. Isolamento locali.

I locali ed i luoghi nei quali sono eseguite le operazioni indicate nell'articolo precedente devono essere normalmente separati e isolati dagli altri locali o luoghi di lavoro o di passaggio.

371. Pulizia locali ed attrezzature.

I locali o luoghi nei quali si fabbricano, si manipolano o si utilizzano le materie o i prodotti indicati nell'art. 269, nonché, i tavoli di lavoro, le macchine e le attrezzature in genere impiegati per dette operazioni, devono essere frequentemente ed accuratamente puliti.

372. Accesso ai luoghi con presenza di gas, fumi o vapori asfissianti o tossici.

Le disposizioni e le precauzioni prescritte nell'articolo 236 devono essere osservate, nella parte applicabile, per l'accesso agli ambienti o luoghi, specie sotterranei, ai cunicoli, fogne, pozzi, sottotetti, nei quali esista o sia da temersi la presenza di gas o vapori tossici o asfissianti.

Capo V - Materie o prodotti taglienti o pungenti

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373. Fabbricazione, manipolazione o impiego.

Nella fabbricazione manipolazione o impiego di materie o prodotti taglienti o pungenti quali lamiere sottili, trucioli metallici, vetri, aghi, devono essere adottati mezzi, sistemi meccanici o attrezzature, atti ad evitare il contatto diretto delle stesse materie o prodotti con le mani od altre parti scoperte del corpo o comunque a ridurre al minimo la pericolosità della manipolazione.

TITOLO IX Manutenzione e riparazione

Capo unico

374. Edifici, opere, impianti, macchine ed attrezzature

Gli edifici, le opere destinate ad ambienti o posti di lavoro, compresi i servizi accessori, devono essere costruiti e mantenuti in buono stato di stabilità, di conservazione e di efficienza in relazione alle condizioni di uso e alle necessità della sicurezza del lavoro. Gli impianti, le macchine, gli apparecchi, le attrezzature, gli utensili, gli strumenti, compresi gli apprestamenti di difesa, devono possedere, in relazione alle necessità della sicurezza del lavoro, i necessari requisiti di resistenza e di idoneità ed essere mantenuti in buono stato di conservazione e di efficienza. Ove per le apparecchiature di cui al comma 2 è fornito il libretto di manutenzione occorre prevedere l'aggiornamento di questo libretto .

375. Lavori di riparazione e manutenzione.

Per l'esecuzione dei lavori di riparazione e di manutenzione devono essere adottate misure, usate attrezzature e disposte opere provvisionali, tali da consentire l'effettuazione dei lavori in condizioni il più possibile di sicurezza. I lavori di riparazione e manutenzione devono essere eseguiti a macchine e ad impianti fermi. Qualora detti lavori non possano essere eseguiti a macchine e ad impianti fermi a causa delle esigenze tecniche delle lavorazioni o sussistano necessità di esecuzione per evitare pericoli o maggiori danni, devono essere adottate misure e cautele supplementari atte a garantire la incolumità sia dei lavoratori addettivi che delle altre persone.

376. Accesso per i lavori di riparazione e manutenzione a punti pericolosi.

L'accesso per i normali lavori di manutenzione e riparazione ai posti elevati di edifici, parti di impianti, apparecchi, macchine, pali e simili deve essere reso sicuro ed agevole mediante l'impiego di mezzi appropriati quali andatoie, passerelle, scale, staffe o ramponi montapali o altri idonei dispositivi.

TITOLO X Mezzi personali di protezione e soccorsi d'urgenza

Capo I - Disposizioni di carattere generale

377. Mezzi personali di protezione.

Il datore di lavoro fermo restando quanto specificatamente previsto in altri articoli del presente decreto, deve mettere a disposizione dei lavoratori mezzi personali di protezione appropriati ai rischi inerenti alle lavorazioni ed operazioni effettuate, qualora manchino o siano insufficienti i mezzi tecnici di protezione. I detti mezzi personali di protezione devono possedere i necessari requisiti di resistenza e di idoneità nonché essere mantenuti in buono stato di conservazione.

Capo II - Abbigliamento e indumenti di protezione

378. Abbigliamento.

I lavoratori non devono usare sul luogo di lavoro indumenti personali o abbigliamenti che, in relazione alla natura delle operazioni od alle caratteristiche dell'impianto, costituiscano pericolo per la incolumità personale.

379. Indumenti di protezione.

Il datore di lavoro deve, quando si è in presenza di lavorazioni, o di operazioni o di condizioni ambientali che presentano pericoli particolari non previsti dalle disposizioni del Capo III del presente Titolo, mettere a disposizione dei lavoratori idonei indumenti di protezione.

Capo III - Protezioni particolari

380. Protezione dei capelli.

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Le lavoratrici che operano o che transitano presso organi in rotazione presentanti pericoli di impigliamento dei capelli, o presso fiamme o materiali incandescenti, devono essere provviste di appropriata cuffia di protezione, resistente e lavabile e che racchiuda i capelli in modo completo.

381. Protezione del capo.

I lavoratori esposti a specifici pericoli di offesa al capo per caduta di materiali dall'alto o per contatti con elementi comunque pericolosi devono essere provvisti di copricapo appropriato. Parimenti devono essere provvisti di adatti copricapo i lavoratori che devono permanere, senza altra protezione, sotto l'azione prolungata dei raggi del sole.

382. Protezione degli occhi.

I lavoratori esposti al pericolo di offesa agli occhi per proiezioni di schegge o di materiali roventi, caustici, corrosivi o comunque dannosi, devono essere muniti di occhiali, visiere o schermi appropriati.

383. Protezione delle mani.

Nelle lavorazioni che presentano specifici pericoli di punture, tagli, abrasioni, ustioni, causticazioni alle mani, i lavoratori devono essere forniti di manopole, guanti o altri appropriati mezzi di protezione.

384. Protezione dei piedi.

Per la protezione dei piedi nelle lavorazioni in cui esistono specifici pericoli di ustioni, di causticazione, di punture o di schiacciamento, i lavoratori devono essere provvisti di calzature resistenti ed adatte alla particolare natura del rischio. Tali calzature devono potersi sfilare rapidamente.

385. Protezione delle altre parti del corpo.

Qualora sia necessario proteggere talune parti del corpo contro rischi particolari, i lavoratori devono avere a disposizione idonei mezzi di difesa, quali schermi adeguati, grembiuli, pettorali, gambali o uose.

386. Cinture di sicurezza.

I lavoratori che sono esposti a pericolo di caduta dall'alto o entro vani o che devono prestare la loro opera entro pozzi, cisterne e simili in condizioni di pericolo, devono essere provvisti di adatta cintura di sicurezza.

387. Maschere respiratorie.

I lavoratori esposti a specifici rischi di inalazioni pericolose di gas, polveri o fumi nocivi devono avere a disposizione maschere respiratorie o altri dispositivi idonei, da conservarsi in luogo adatto facilmente accessibile e noto al personale.

Capo IV - Soccorsi d'urgenza

388. Denuncia dell'infortunio e soccorsi d'urgenza.

I lavoratori, salvo impedimento per causa di forza maggiore sono tenuti a segnalare subito al proprio datore di lavoro od ai propri capi gli infortuni, comprese le lesioni di piccola entità, loro occorsi in occasione di lavoro. Il datore di lavoro deve disporre che per gli infortuni, comprese le lesioni di piccola entità, siano immediatamente prestati all'infortunato i soccorsi d'urgenza.

TITOLO XI Norme penali

Capo unico

389. Contravvenzioni commesse dai datori di lavoro e dai dirigenti.

I datori di lavoro e i dirigenti sono puniti: a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da lire tre milioni a lire otto milioni per la inosservanza delle norme di cui agli articoli 27, 73, 115, 120, 121, 132, 133, 159, 160, 188, 193, 276 primo comma, 319 ; b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da lire un milione a lire cinque milioni per la inosservanza delle norme di cui agli articoli 11, 17, 34, 37, 52, 55, 68, 81, 89, 90, 109, 113, 124, 126, 144, 176, 179, 184, 187, 197, 198, 204, 206, 219, 224, 229, 236, 237, 246, 247, 248, 257, 262, 276 secondo comma, 281, 312, 313, 315, 316, 329, 330, 331, 332, 345, 346, 354, 358, 362, 365, 369, 374, 375, 387 ; c) con l'arresto sino a tre mesi o con l'ammenda da lire cinquecentomila a lire due milioni per la inosservanza di tutte le altre norme .

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390. Contravvenzioni commesse dai costruttori e dai commercianti.

I costruttori, i commercianti ed i noleggiatori di macchine, di parti di macchine, di attrezzature, di utensili, di apparecchi in genere, nonché gli installatori di impianti, che non osservano le disposizioni di cui all'art. 7, sono puniti con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da lire un milione a lire sei milioni .

391. Contravvenzioni commesse dai preposti.

I preposti sono puniti: a) con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda da lire cinquecentomila a lire due milioni per la inosservanza delle norme di cui agli articoli 47 secondo e terzo comma, 345, 346, ultimo comma, nonché per non avere esercitato ai sensi dell'art. 4, la dovuta vigilanza sui lavoratori per la osservanza da parte di questi delle norme indicate alla lettera a) dell'articolo seguente ; b) con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da lire trecentomila a lire un milione per l'inosservanza della norma di cui all'art. 5, primo comma, nonché per non avere esercitato, ai sensi dell'art. 4, la dovuta vigilanza sui lavoratori per la osservanza da parte di questi delle norme indicate alla lettera b) dell'articolo seguente.

392. Contravvenzioni commesse dai lavoratori.

I lavoratori sono puniti: a) con l'arresto fino ad un mese o con l'ammenda da lire trecentomila a lire unmilionecinquecentomila per l'inosservanza delle norme di cui agli articoli 6, lettere d) ed e), 34, lettere a) e b), 47, primo comma, 218, secondo comma, 238, 334 e 346, primo e secondo comma ; b) con l'arresto fino a quindici giorni o con l'ammenda da lire duecentomila a lire ottocentomila per l'inosservanza delle norme di cui agli articoli 6, lettere a), b) e c), 19, 20, lettere a), b) e c), 24, 47, ultimo comma, 217, ultimo comma e 388 primo comma .

TITOLO XII Disposizioni transitorie e finali

Capo I - Commissione consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e per l'igiene del lavoro

393. Costituzione della commissione.

1. Presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale è istituita una commissione consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e per l'igiene del lavoro. Essa è presieduta dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale o dal direttore generale della Direzione generale dei rapporti di lavoro da lui delegato, ed è composta da: a) cinque funzionari esperti designati dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di cui tre ispettori del lavoro, laureati uno in ingegneria, uno in medicina e chirurgia e uno in chimica o fisica; b) il direttore e tre funzionari dell'Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza del lavoro; c) un funzionario dell'Istituto superiore di sanità; d) il direttore generale competente del Ministero della sanità ed un funzionario per ciascuno dei seguenti Ministeri: industria, commercio ed artigianato; interno; difesa; trasporti; risorse agricole alimentari e forestali; ambiente e della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica e degli affari regionali ; e) sei rappresentanti delle regioni e province autonome designati dalla Conferenza Stato-regioni; f) un rappresentante dei seguenti organismi: Istituto nazionale assicurazioni e infortuni sul lavoro; Corpo nazionale dei vigili del fuoco; Consiglio nazionale delle ricerche; UNI; CEI; Agenzia nazionale protezione ambiente; Istituto italiano di medicina sociale ; g) otto esperti nominati dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale su designazione delle organizzazioni sindacali dei lavoratori maggiormente rappresentative a livello nazionale ; h) otto esperti nominati dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale su designazione delle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro, anche dell'artigianato e della piccola e media impresa, maggiormente rappresentative a livello nazionale ; i) un esperto nominato dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale su designazione delle organizzazioni sindacali dei dirigenti d'azienda maggiormente rappresentative a livello nazionale. Ai predetti componenti, per le riunioni o giornate di lavoro, non spetta il gettone di presenza di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 gennaio 1956, n. 5, e successive modificazioni . 2. Per ogni rappresentante effettivo è designato un membro supplente. 3. All'inizio di ogni mandato la commissione può istituire comitati speciali permanenti dei quali determina la composizione e la funzione. 4. La commissione può chiamare a far parte dei comitati di cui al comma 3 persone particolarmente esperte, anche su designazione delle associazioni professionali, dell'università e degli enti di ricerca, in relazione alle materie trattate. 5. Le funzioni inerenti alla segreteria della commissione sono disimpegnate da due funzionari del Ministero del lavoro e della previdenza sociale. 6. I componenti della commissione consultiva permanente ed i segretari sono nominati con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale su designazione degli organismi competenti e durano in carica tre anni .

394. Compiti della commissione.

1. La commissione consultiva permanente ha il compito di: a) esaminare i problemi applicativi della normativa in materia di sicurezza e salute sul posto di lavoro e predisporre una relazione annuale al riguardo; b) formulare proposte per lo sviluppo e il perfezionamento della legislazione vigente e per il suo coordinamento con altre disposizioni concernenti la sicurezza e la protezione della salute dei lavoratori, nonché per il coordinamento degli

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organi preposti alla vigilanza; c) esaminare le problematiche evidenziate dai comitati regionali sulle misure preventive e di controllo dei rischi adottate nei luoghi di lavoro; d) proporre linee guida applicative della normativa di sicurezza; e) esprimere parere sugli adeguamenti di natura strettamente tecnica relativi alla normativa CEE da attuare a livello nazionale; f) esprimere parere sulle richieste di deroga previste dall'art. 48 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277; g) esprimere parere sulle richieste di deroga previste dall'art. 8 del decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 77; h) esprimere parere sul riconoscimento della conformità alle vigenti norme per la sicurezza e la salute dei lavoratori sul luogo di lavoro di mezzi e sistemi di sicurezza ; i) esprimere il parere sui ricorsi avverso le disposizioni impartite dagli ispettori del lavoro nell'esercizio della vigilanza, sulle attività comportanti rischi particolarmente elevati, individuate ai sensi dell'art. 43, comma 1, lettera g), n. 4, della legge 19 febbraio 1992, n. 142, secondo le modalità di cui all'art. 402; l) esprimere parere, su richiesta del Ministero del lavoro e della previdenza sociale o del Ministero della sanità o delle regioni, su qualsiasi questione relativa alla sicurezza del lavoro e alla protezione della salute dei lavoratori. 2. La relazione di cui al comma precedente, lettera a), è resa pubblica ed è trasmessa alle commissioni parlamentari competenti ed ai presidenti delle regioni. 3. La commissione, per l'espletamento dei suoi compiti, può chiedere dati o promuovere indagini e, su richiesta o autorizzazione del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, effettuare sopralluoghi .

Capo II - Deroghe

395. Deroghe di carattere generale.

[Le disposizioni del presente decreto non si applicano per il periodo di tempo da stabilirsi con decreto del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, sentita la Commissione consultiva permanente di cui all'art. 393, per gli edifici locali, macchine, impianti e loro parti, preesistenti o in corso di costruzione alla data di entrata in vigore del decreto medesimo relativamente alle attività produttive ed ai settori industriali per i quali ricorrono esigenze tecniche o di esercizio o altri motivi eccezionali, sempre che sussistano o vengano adottate idonee misure di sicurezza. Il predetto Ministro, col decreto, col quale stabilisce la durata della suddetta deroga, determina le attività produttive ed i settori industriali per i quali si applica la deroga medesima e riconosce l'idoneità delle misure di sicurezza necessarie e ne prescrive l'adozione. Le disposizioni del presente decreto non si applicano, altresì, per le macchine, impianti e loro parti, costruiti o installati dopo l'entrata in vigore del presente decreto, quando si tratti di adottare nuovi mezzi o sistemi di sicurezza, di riconosciuta efficacia, diversi da quelli prescritti dal decreto stesso. Il riconoscimento dell'efficacia dei nuovi mezzi o sistemi è effettuato con decreto del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, sentita la Commissione consultiva permanente di cui all'art. 393.]

396. Deroghe particolari.

Gli Ispettorati del lavoro competenti per territorio hanno facoltà di concedere alle singole ditte che ne facciano apposita richiesta deroghe temporanee per l'attuazione di determinate norme del presente decreto, quando non sia possibile in impianti o in macchine preesistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, l'applicazione delle norme stesse, per riconosciute esigenze tecniche o di esercizio o per altri motivi eccezionali, e sempre che siano adottate opportune misure di prevenzione o idonei dispositivi di sicurezza.

397. Tolleranze.

Negli edifici, ed impianti preesistenti e nelle macchine e loro parti già installate alla data di entrata in vigore del presente decreto sono consentiti piccoli scostamenti rispetto ai valori numerici minimi o massimi indicati dal decreto stesso, che, in relazione a particolari circostanze di fatto, siano ritenuti compatibili con la sicurezza.

Capo III - Verifiche e controlli

398. Attribuzione dei compiti.

Il Ministro per il lavoro e la previdenza sociale ha facoltà, con proprio decreto, sentita la Commissione consultiva permanente di cui all'art. 393, di affidare le verifiche e i controlli prescritti per l'accertamento dello stato di sicurezza degli impianti, delle installazioni, delle attrezzature e dei dispositivi di cui agli articoli 25, 40, 131, 179, 194, 220, 328 e 336 del presente decreto, all'Ispettorato del lavoro o all'Ente nazionale per la prevenzione degli infortuni, in relazione, alla natura particolare delle verifiche e dei controlli stessi. Qualora la natura delle verifiche e dei controlli lo consentano, il Ministro ha facoltà, sentita la Commissione consultiva permanente sopra indicata, di disporre con proprio decreto, che i controlli e le verifiche siano esercitate da personale specializzato dipendente o scelto dagli stessi datori di lavoro. I decreti indicati ai comma precedenti fisseranno altresì le modalità per l'esercizio delle verifiche e dei controlli .

399. Documentazione delle verifiche e dei controlli.

Dei risultati delle verifiche e dei controlli eseguiti ai sensi del precedente articolo debbono essere redatti verbali su fogli o libretti conformi a modelli approvati dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale. I verbali predetti

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debbono essere trattenuti sul luogo dove le verifiche o i controlli sono stati effettuati e devono essere esibiti ad ogni richiesta degli ispettori del lavoro.

400. Determinazione dei luoghi di lavoro.

I luoghi di lavoro per i quali sono prescritte le particolari norme di cui agli articoli 329 e 331 del presente decreto saranno determinati con decreto del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, sentita la Commissione consultiva permanente di cui all'art. 393 .

Capo IV - Applicazione delle norme

401. Vigilanza.

La vigilanza sull'applicazione del presente decreto è affidata al Ministero del lavoro e della previdenza sociale, che la esercita a mezzo dell'Ispettorato del lavoro. I fogli di prescrizione dell'Ispettorato del lavoro devono essere tenuti sul luogo di lavoro ed esibiti su richiesta nelle successive visite di ispezione.

402. Ricorsi.

Le disposizioni impartite dagli ispettori del lavoro in materia di prevenzione infortuni sono esecutive. Contro le disposizioni di cui al comma precedente è ammesso ricorso al Ministero del lavoro e della previdenza sociale entro il termine di giorni 30 dalla data di comunicazione delle disposizioni medesime. Il ricorso deve essere inoltrato al Ministero predetto tramite l'Ispettorato del lavoro competente per territorio. Il ricorso non ha effetto sospensivo, salvo i casi in cui la sospensione sia disposta dal capo dell'Ispettorato del lavoro di cui al comma precedente o dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale. È altresì ammesso ricorso al Ministero del lavoro e della previdenza sociale entro il termine e con le modalità di cui al secondo comma avverso le determinazioni adottate dagli Ispettorati del lavoro in materia di deroghe temporanee ai sensi dell'art. 396.

403. Registro infortuni.

Le aziende soggette al presente decreto devono tenere un registro, nel quale siano annotati cronologicamente tutti gli infortuni occorsi ai lavoratori dipendenti, che comportino un'assenza dal lavoro superiore ai tre giorni compreso quello dell'evento. Su detto registro, che deve essere conforme al modello stabilito con decreto del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, sentita la Commissione di cui all'art. 393, devono essere indicati, oltre al nome, cognome e qualifica professionale dell'infortunato, la causa e le circostanze dell'infortunio, nonché la data di abbandono e di ripresa del lavoro. Il registro infortuni deve essere tenuto a disposizione degli ispettori del lavoro sul luogo di lavoro .

404. Statistica degli infortuni.

L'Ispettorato del lavoro provvede alla rilevazione, elaborazione e pubblicazione di statistiche sugli infortuni del lavoro e sulle malattie professionali, secondo i criteri che saranno fissati dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale. I datori di lavoro sono tenuti a comunicare agli Ispettorati del lavoro, nei termini e con le modalità stabilite dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale, gli infortuni e le malattie professionali verificatisi, nonché a fornire dati sulle ore di lavoro effettuate, sui salari corrisposti ed ogni altro elemento necessario allo studio del fenomeno infortunistico.

Capo V - Disposizioni finali

405. Coordinamento con le disposizioni speciali vigenti in materia.

Le disposizioni di prevenzione degli infortuni sul lavoro contenute nelle vigenti leggi e regolamenti speciali restano ferme in quanto non incompatibili con le norme del presente decreto, o riguardanti settori o materie da questo non espressamente disciplinati.

406. Decorrenza.

Il presente decreto entra in vigore il 1° gennaio 1956.

A decorrere da tale data il R.D 18 giugno 1899, n. 230, è abrogato.

Tabella A

CONTRASSEGNI TIPICI AVVISANTI PERICOLO ADOTTATI DALL'UFFICIO INTERNAZIONALE DEL LAVORO

Omissis

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D.Lgs. 19 Settembre 1994, n. 626Attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE, 90/679/CEE, 93/88/CEE, 95/63/CE, 97/42/CE, 98/24/CE, 99/38/CE, 2001/45/CE e 99/92/CE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro (1).(1) Titolo così modificato dal D.Lgs. 12 giugno 2003, n. 233, art. 1 e dal D.Lgs. 8 luglio 2003, n. 235, art. 2 (in vigore dal 19 luglio 2005) Data Emanazione: 19/09/1994 Data Pubblicazione: 12/11/1994 G.U. n. 265 del 12 Novembre 1994, s.o.

Titolo I

Capo IDISPOSIZIONI GENERALI

Art.1. Campo di applicazione

1. Il presente decreto legislativo prescrive misure per la tutela della salute e per la sicurezza dei lavoratori durante il lavoro, in tutti i settori di attività privati o pubblici.

2. Nei riguardi delle Forze armate e di Polizia, dei servizi di protezione civile, nonchè nell'ambito delle strutture giudiziarie, penitenziarie, di quelle destinate per finalità istituzionali alle attività degli organi con compiti in materia di ordine e sicurezza pubblica, delle università, degli istituti di istruzione universitaria, degli istituti di istruzione ed educazione di ogni ordine e grado, degli archivi, delle biblioteche, dei musei e delle aree archeologiche dello Stato, delle rappresentanze diplomatiche e consolari, e dei mezzi di trasporto aerei e marittimi, le norme del presente decreto sono applicate tenendo conto delle particolari esigenze connesse al servizio espletato, individuate con decreto del Ministro competente di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale, della sanità e della funzione pubblica (1).

3. Nei riguardi dei lavoratori di cui alla legge 18 dicembre 1973, n. 877, nonchè dei lavoratori con rapporto contrattuale privato di portierato, le norme del presente decreto si applicano nei casi espressamente previsti.

4. Le disposizioni di cui al presente decreto, si applicano nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e relative norme di attuazione.

4-bis. Il datore di lavoro che esercita le attività di cui ai commi 1, 2, 3 e 4 e, nell'ambito delle rispettive attribuzioni e competenze, i dirigenti e i preposti che dirigono o sovraintendono le stesse attività, sono tenuti all'osservanza delle disposizioni del presente decreto (2).

4-ter. Nell'ambito degli adempimenti previsti dal presente decreto, il datore di lavoro non può delegare quelli previsti dall'art. 4, commi 1, 2, 4, lettera a), e 11 primo periodo (2).

(1) Comma sostituito dall’art. 1, comma 2, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242 e poi così modificato dall'art. 9, comma 22, del D.L. 1° ottobre 1996, n. 510, conv. in L. 28 novembre 1996, n. 608.(2) Comma aggiunto dall’art. 1, comma 2, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242. Art.2. Definizioni

1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente decreto si intendono per:a) lavoratore: persona che presta il proprio lavoro alle dipendenze di un datore di lavoro, esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari, con rapporto di lavoro subordinato anche speciale. Sono equiparati i soci lavoratori di cooperative o di società, anche di fatto, che prestino la loro attività per conto delle società e degli enti stessi, e gli utenti dei servizi di orientamento o di formazione scolastica, universitaria e professionale avviati presso datori di lavoro per agevolare o per perfezionare le loro scelte professionali. Sono altresì equiparati gli allievi degli istituti di istruzione ed universitari e i partecipanti a corsi di formazione professionale nei quali si faccia uso di laboratori, macchine, apparecchi ed attrezzature di lavoro in genere, agenti chimici, fisici e biologici. I soggetti di cui al precedente periodo non vengono computati ai fini della determinazione del numero di lavoratori dal quale il presente decreto fa discendere particolari obblighi;

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b) datore di lavoro: il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l'organizzazione dell'impresa, ha la responsabilità dell'impresa stessa ovvero dell'unità produttiva, quale definita ai sensi della lettera i), in quanto titolare dei poteri decisionali e di spesa. Nelle pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, per datore di lavoro si intende il dirigente al quale spettano i poteri di gestione, ovvero il funzionario non avente qualifica dirigenziale, nei soli casi in cui quest'ultimo sia preposto ad un ufficio avente autonomia gestionale;c) servizio di prevenzione e protezione dai rischi: insieme delle persone, sistemi e mezzi esterni o interni all'azienda finalizzati all'attività di prevenzione e protezione dai rischi professionali nell'azienda, ovvero unità produttiva;d) medico competente: medico in possesso di uno dei seguenti titoli:1) specializzazione in medicina del lavoro o in medicina preventiva dei lavoratori e psicotecnica o in tossicologia industriale o in igiene industriale o in fisiologia ed igiene del lavoro o in clinica del lavoro o in igiene e medicina preventiva o in medicina legale e delle assicurazioni ed altre specializzazioni individuate, ove necessario, con decreto del Ministro della sanità di concerto con il Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica; (2)2) docenza o libera docenza, in medicina del lavoro o in medicina preventiva dei lavoratori e psicotecnica o in tossicologia industriale o in igiene industriale o in fisiologia ed igiene del lavoro;3) autorizzazione di cui all'art. 55 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277;e) responsabile del servizio di prevenzione e protezione: persona designata dal datore di lavoro in possesso delle capacita' e dei requisiti professionali di cui all'articolo 8-bis; (3)f) rappresentante dei lavoratori per la sicurezza: persona, ovvero persone, eletta o designata per rappresentare i lavoratori per quanto concerne gli aspetti della salute e della sicurezza durante il lavoro, di seguito denominato rappresentante per la sicurezza;g) prevenzione: il complesso delle disposizioni o misure adottate o previste in tutte le fasi dell'attività lavorativa per evitare o diminuire i rischi professionali nel rispetto della salute della popolazione e dell'integrità dell'ambiente esterno;h) agente: l'agente chimico, fisico o biologico, presente durante il lavoro e potenzialmente dannoso per la salute;i) unità produttiva: stabilimento o struttura finalizzata alla produzione di beni o servizi, dotata di autonomia finanziaria e tecnico funzionale.

(1) Articolo così sostituito dall’art. 2, comma 1, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.(2) Punto così modificato dalla Legge 8 gennaio 2002, n. 1 (3) Comma così modificato dall'art. 1, D.Lgs. 23 giugno 2003, n. 195. Art.3. Misure generali di tutela

1. Le misure generali per la protezione della salute e per la sicurezza dei lavoratori sono:a) valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza;b) eliminazione dei rischi in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico e, ove ciò non è possibile, loro riduzione al minimo;c) riduzione dei rischi alla fonte;d) programmazione della prevenzione mirando ad un complesso che integra in modo coerente nella prevenzione le condizioni tecniche produttive ed organizzative dell'azienda nonchè l'influenza dei fattori dell'ambiente di lavoro;e) sostituzione di ciò che è pericoloso con ciò che non lo è, o è meno pericoloso;f) rispetto dei principi ergonomici nella concezione dei posti di lavoro, nella scelta delle attrezzature e nella definizione dei metodi di lavoro e produzione, anche per attenuare il lavoro monotono e quello ripetitivo;g) priorità delle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale;h) limitazione al minimo del numero dei lavoratori che sono, o che possono essere, esposti al rischio;i) utilizzo limitato degli agenti chimici, fisici e biologici, sui luoghi di lavoro;l) controllo sanitario dei lavoratori in funzione dei rischi specifici;m) allontanamento del lavoratore dall'esposizione a rischio, per motivi sanitari inerenti la sua persona;n) misure igieniche;o) misure di protezione collettiva ed individuale;p) misure di emergenza da attuare in caso di pronto soccorso, di lotta antincendio, di evacuazione dei lavoratori e di pericolo grave ed immediato;q) uso di segnali di avvertimento e di sicurezza;

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r) regolare manutenzione di ambienti, attrezzature, macchine ed impianti, con particolare riguardo ai dispositivi di sicurezza in conformità alla indicazione dei fabbricanti;s) informazione, formazione, consultazione e partecipazione dei lavoratori ovvero dei loro rappresentanti, sulle questioni riguardanti la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro;t) istruzioni adeguate ai lavoratori.

2. Le misure relative alla sicurezza, all'igiene ed alla salute durante il lavoro non devono in nessun caso comportare oneri finanziari per i lavoratori. Art.4. Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto

1. Il datore di lavoro, in relazione alla natura dell'attività dell'azienda ovvero dell'unità produttiva, valuta tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, anche nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati chimici impiegati, nonchè nella sistemazione dei luoghi di lavoro. (2)

2. All'esito della valutazione di cui al comma 1, il datore di lavoro elabora un documento contenente:a) una relazione sulla valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute durante il lavoro, nella quale sono specificati i criteri adottati per la valutazione stessa;b) l'individuazione delle misure di prevenzione e di protezione e dei dispositivi di protezione individuale, conseguente alla valutazione di cui alla lettera a);c) il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza.

3. Il documento è custodito presso l'azienda ovvero l'unità produttiva.

4. Il datore di lavoro:a) designa il responsabile del servizio di prevenzione e protezione interno o esterno all'azienda secondo le regole di cui all'art. 8;b) designa gli addetti al servizio di prevenzione e protezione interno o esterno all'azienda secondo le regole di cui all'art. 8;c) nomina, nei casi previsti dall'art. 16, il medico competente.

5. Il datore di lavoro adotta le misure necessarie per la sicurezza e la salute dei lavoratori, e in particolare:a) designa preventivamente i lavoratori incaricati dell'attuazione delle misure di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei lavoratori in caso di pericolo grave e immediato, di salvataggio, di pronto soccorso e, comunque, di gestione dell'emergenza;b) aggiorna le misure di prevenzione in relazione ai mutamenti organizzativi e produttivi che hanno rilevanza ai fini della salute e della sicurezza del lavoro, ovvero in relazione al grado di evoluzione della tecnica della prevenzione e della protezione;

c) nell'affidare i compiti ai lavoratori tiene conto delle capacità e delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute e alla sicurezza;d) fornisce ai lavoratori i necessari e idonei dispostivi di protezione individuale, sentito il responsabile del servizio di prevenzione e protezione;e) prende le misure appropriate affinchè soltanto i lavoratori che hanno ricevuto adeguate istruzioni accedano alle zone che li espongono ad un rischio grave e specifico;f) richiede l'osservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme vigenti, nonchè delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza e di igiene del lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuale messi a loro disposizione;g) richiede l'osservanza da parte del medico competente degli obblighi previsti dal presente decreto, informandolo sui processi e sui rischi connessi all'attività produttiva;h) adotta le misure per il controllo delle situazioni di rischio in caso di emergenza e dà istruzioni affinchè i lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato ed inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o la zona pericolosa;i) informa il più presto possibile i lavoratori esposti al rischio di un pericolo grave e immediato circa il rischio stesso e le disposizioni prese o da prendere in materia di protezione;l) si astiene, salvo eccezioni debitamente motivate, dal richiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave e immediato;

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m) permette ai lavoratori di verificare, mediante il rappresentante per la sicurezza, l'applicazione delle misure di sicurezza e di protezione della salute e consente al rappresentante per la sicurezza di accedere alle informazioni ed alla documentazione aziendale di cui all'art. 19, comma 1, lettera e);n) prende appropriati provvedimenti per evitare che le misure tecniche adottate possano causare rischi per la salute della popolazione o deteriorare l'ambiente esterno;o) tiene un registro nel quale sono annotati cronologicamente gli infortuni sul lavoro che comportano un'assenza dal lavoro di almeno un giorno. Nel registro sono annotati il nome, il cognome, la qualifica professionale dell'infortunato, le cause e le circostanze dell'infortunio, nonchè la data di abbandono e di ripresa del lavoro. Il registro è redatto conformemente al modello approvato con decreto dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale, sentita la Commissione consultiva permanente, di cui all'art. 393 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, e successive modifiche, ed è conservato sul luogo di lavoro, a disposizione dell'organo di vigilanza. Fino all'emanazione di tale decreto il registro è redatto in conformità ai modelli già disciplinati dalle leggi vigenti;p) consulta il rappresentante per la sicurezza nei casi previsti dall'art. 19, comma 1, lettere b), c) e d);q) adotta le misure necessarie ai fini della prevenzione incendi e dell'evacuazione dei lavoratori, nonchè per il caso di pericolo grave e immediato. Tali misure devono essere adeguate alla natura dell'attività, alle dimensioni dell'azienda, ovvero dell'unità produttiva, e al numero delle persone presenti.

6. Il datore di lavoro effettua la valutazione di cui al comma 1 ed elabora il documento di cui al comma 2 in collaborazione con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e con il medico competente, nei casi in cui sia obbligatoria la sorveglianza sanitaria, previa consultazione del rappresentante per la sicurezza.

7. La valutazione di cui al comma 1 e il documento di cui al comma 2 sono rielaborati in occasione di modifiche del processo produttivo significative ai fini della sicurezza e della salute dei lavoratori.

8. Il datore di lavoro custodisce, presso l'azienda ovvero l'unità produttiva, la cartella sanitaria e di rischio del lavoratore sottoposto a sorveglianza sanitaria, con salvaguardia del segreto professionale, e ne consegna copia al lavoratore stesso al momento della risoluzione del rapporto di lavoro, ovvero quando lo stesso ne fa richiesta.

9. Per le piccole e medie aziende, con uno o più decreti da emanarsi entro il 31 marzo 1996 da parte dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale, dell'industria, del commercio e dell'artigianato e della sanità, sentita la commissione consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e per l'igiene del lavoro, in relazione alla natura dei rischi e alle dimensioni dell'azienda, sono definite procedure standardizzate per gli adempimenti documentali di cui al presente articolo. Tali disposizioni non si applicano alle attività industriali di cui all'art. 1 del decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 1988, n. 175, e successive modifiche, soggette all'obbligo di dichiarazione o notifica ai sensi degli articoli 4 e 6 del decreto stesso, alle centrali termoelettriche, agli impianti e laboratori nucleari, alle aziende estrattive ed altre attività minerarie, alle aziende per la fabbricazione e il deposito separato di esplosivi, polveri e munizioni, e alle strutture di ricovero e cura sia pubbliche sia private.

10. Per le medesime aziende di cui al comma 9, primo periodo, con uno o più decreti dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale, dell'industria, del commercio e dell'artigianato e della sanità, sentita la commissione consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e per l'igiene del lavoro, possono essere altresì definiti:a) i casi relativi a ipotesi di scarsa pericolosità, nei quali è possibile lo svolgimento diretto dei compiti di prevenzione e protezione in aziende ovvero unità produttive che impiegano un numero di addetti superiore a quello indicato nell'allegato I;b) i casi in cui è possibile la riduzione a una sola volta all'anno della visita di cui all'art. 17, lettera h), degli ambienti di lavoro da parte del medico competente, ferma restando l'obbligatorietà di visite ulteriori, allorchè si modificano le situazioni di rischio.

11. Fatta eccezione per le aziende indicate nella nota (1) dell'allegato I, il datore di lavoro delle aziende familiari nonchè delle aziende che occupano fino a dieci addetti non è soggetto agli obblighi di cui ai commi 2 e 3, ma è tenuto comunque ad autocertificare per iscritto l'avvenuta effettuazione della valutazione dei rischi e l'adempimento degli obblighi ad essa collegati. L'autocertificazione deve essere inviata al rappresentante per la sicurezza. Sono in ogni caso soggette agli obblighi di cui ai commi 2 e 3 le aziende familiari nonchè le aziende che occupano fino a dieci addetti, soggette a particolari fattori di rischio, individuate nell'ambito di specifici settori produttivi con uno o più decreti del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri della sanità, dell'industria, del commercio e dell'artigianato, delle risorse agricole alimentari e forestali e dell'interno, per quanto di rispettiva competenza.

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12. Gli obblighi relativi agli interventi strutturali e di manutenzione necessari per assicurare, ai sensi del presente decreto, la sicurezza dei locali e degli edifici assegnati in uso a pubbliche amministrazioni o a pubblici uffici, ivi comprese le istituzioni scolastiche ed educative, restano a carico dell'amministrazione tenuta, per effetto di norme o convenzioni, alla loro fornitura e manutenzione. In tal caso gli obblighi previsti dal presente decreto, relativamente ai predetti interventi, si intendono assolti, da parte dei dirigenti o funzionari preposti agli uffici interessati, con la richiesta del loro adempimento all'amministrazione competente o al soggetto che ne ha l'obbligo giuridico.

(1) Articolo così sostituito dall’art. 3, comma 1, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.(2) Comma così sostituito dall'art. 21 comma 2, della Legge 1 marzo 2002, n.39 Art.5. Obblighi dei lavoratori

1. Ciascun lavoratore deve prendersi cura della propria sicurezza e della propria salute e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui possono ricadere gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione ed alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro.

2. In particolare i lavoratori:a) osservano le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai fini della protezione collettiva ed individuale;b) utilizzano correttamente i macchinari, le apparecchiature, gli utensili, le sostanze e i preparati pericolosi, i mezzi di trasporto e le altre attrezzature di lavoro, nonchè i dispositivi di sicurezza;c) utilizzano in modo appropriato i dispositivi di protezione messi a loro disposizione;d) segnalano immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o al preposto le deficienze dei mezzi e dispositivi di cui alle lettere b) e c), nonchè le altre eventuali condizioni di pericolo di cui vengono a conoscenza, adoperandosi direttamente, in caso di urgenza, nell'ambito delle loro competenze e possibilità, per eliminare o ridurre tali deficienze o pericoli, dandone notizia al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza;e) non rimuovono o modificano senza autorizzazione i dispositivi di sicurezza o di segnalazione o di controllo;f) non compiono di propria iniziativa operazioni o manovre che non sono di loro competenza ovvero che possono compromettere la sicurezza propria o di altri lavoratori;g) si sottopongono ai controlli sanitari previsti nei loro confronti;h) contribuiscono, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti, all'adempimento di tutti gli obblighi imposti dall'autorità competente o comunque necessari per tutelare la sicurezza e la salute dei lavoratori durante il lavoro. Art.6. Obblighi dei progettisti, dei fabbricanti, dei fornitori e degli installatori

1. I progettisti dei luoghi o posti di lavoro e degli impianti rispettano i principi generali di prevenzione in materia di sicurezza e di salute al momento delle scelte progettuali e tecniche e scelgono macchine nonchè dispositivi di protezione rispondenti ai requisiti essenziali di sicurezza previsti nelle disposizioni legislative e regolamentari vigenti (1).

2. Sono vietati la fabbricazione, la vendita, il noleggio e la concessione in uso di macchine, di attrezzature di lavoro e di impianti non rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia di sicurezza. Chiunque concede in locazione finanziaria beni assoggettati a forme di certificazione o di omologazione obbligatoria è tenuto a che gli stessi siano accompagnati dalle previste certificazioni o dagli altri documenti previsti dalla legge (2).

3. Gli installatori e montatori di impianti, macchine o altri mezzi tecnici devono attenersi alle norme di sicurezza e di igiene del lavoro, nonchè alle istruzioni fornite dai rispettivi fabbricanti dei macchinari e degli altri mezzi tecnici per la parte di loro competenza.

(1) Comma così modificato dall’art. 4, comma 1, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.(2) Comma così sostituito dall’art. 4, comma 2, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.

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Art.7. Contratto di appalto o contratto d'opera

1. Il datore di lavoro, in caso di affidamento dei lavori all'interno dell'azienda, ovvero dell'unità produttiva, ad imprese appaltatrici o a lavoratori autonomi:a) verifica, anche attraverso l'iscrizione alla camera di commercio, industria e artigianato, l'idoneità tecnico-professionale delle imprese appaltatrici o dei lavoratori autonomi in relazione ai lavori da affidare in appalto o contratto d'opera;b) fornisce agli stessi soggetti dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell'ambiente in cui sono destinati ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria attività.

2. Nell'ipotesi di cui al comma 1 i datori di lavoro:a) cooperano all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull'attività lavorativa oggetto dell'appalto;b) coordinano gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell'esecuzione dell'opera complessiva.

3. Il datore di lavoro committente promuove la cooperazione e il coordinamento di cui al comma 2. Tale obbligo non si estende ai rischi specifici propri dell'attività delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi (1).

(1) Comma così sostituito dall’art. 5 del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242. Capo IISERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE

Art.8. Servizio di prevenzione e protezione

1. Salvo quanto previsto dall'art. 10, il datore di lavoro organizza all'interno dell'azienda, ovvero dell'unità produttiva, il servizio di prevenzione e protezione, o incarica persone o servizi esterni all'azienda, secondo le regole di cui al presente articolo.

2. Il datore di lavoro designa all'interno dell'azienda ovvero dell'unità produttiva, una o più persone da lui dipendenti per l'espletamento dei compiti di cui all'articolo 9, tra cui il responsabile del servizio in possesso delle capacita' e dei requisiti professionali di cui all'articolo 8-bis, previa consultazione del rappresentante per la sicurezza. (1)

3. I dipendenti di cui al comma 2 devono essere in numero sufficiente, possedere le capacità necessarie e disporre di mezzi e di tempo adeguati per lo svolgimento dei compiti loro assegnati. Essi non possono subire pregiudizio a causa dell'attività svolta nell'espletamento del proprio incarico.

4. Salvo quanto previsto dal comma 2, il datore di lavoro può avvalersi di persone esterne all'azienda in possesso delle conoscenze professionali necessarie per integrare l'azione di prevenzione o protezione (2).

5. L'organizzazione del servizio di prevenzione e protezione all'interno dell'azienda, ovvero dell'unità produttiva, è comunque obbligatoria nei seguenti casi: a) nelle aziende industriali di cui all'art. 1 del decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 1988, n. 175 e successive modifiche, soggette all'obbligo di dichiarazione o notifica, ai sensi degli articoli 4 e 6 del decreto stesso; b) nelle centrali termoelettriche;c) negli impianti e laboratori nucleari;d) nelle aziende per la fabbricazione e il deposito separato di esplosivi, polveri e munizioni; e) nelle aziende industriali con oltre duecento dipendenti; f) nelle industrie estrattive con oltre cinquanta lavoratori dipendenti;g) nelle strutture di ricovero e cura sia pubbliche sia private (2).

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6. Salvo quanto previsto dal comma 5, se le capacità dei dipendenti all'interno dell'azienda ovvero dell'unità produttiva sono insufficienti, il datore di lavoro deve far ricorso a persone o servizi esterni all'azienda, previa consultazione del rappresentante per la sicurezza (2).

7. Il servizio esterno deve essere adeguato alle caratteristiche dell'azienda, ovvero unità produttiva, a favore della quale è chiamato a prestare la propria opera, anche con riferimento al numero degli operatori.

8. Il responsabile del servizio esterno deve possedere le capacita' e dei requisiti professionali di cui all'articolo 8-bis.(1)

9. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, con decreto di concerto con i Ministri della sanità e dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentita la commissione consultiva permanente, può individuare specifici requisiti, modalità e procedure, per la certificazione dei servizi, nonché il numero minimo degli operatori di cui ai commi 3 e 7.

10. Qualora il datore di lavoro ricorra a persone o servizi esterni egli non è per questo liberato dalla propria responsabilità in materia.

11. Il datore di lavoro comunica all'ispettorato del lavoro e alle unità sanitarie locali territorialmente competenti il nominativo della persona designata come responsabile del servizio di prevenzione e protezione interno ovvero esterno all'azienda. Tale comunicazione è corredata da una dichiarazione nella quale si attesti con riferimento alle persone designate:a) i compiti svolti in materia di prevenzione e protezione; b) il periodo nel quale tali compiti sono stati svolti;c) il curriculum professionale.

(1) Comma così modificato dall'art. 1, D.Lgs. 23 giugno 2003, n.195(2) Comma così sostituito dall'art. 6, d.lg. 19 marzo 1996, n. 242, e succ. modificato dall'art. 21 Legge 1 marzo 2002, n. 39. Art. 8-bis. Capacita' e requisiti professionali degli addetti e dei responsabili dei servizi di prevenzione e protezione interni o esterni

1. Le capacita' ed i requisiti professionali dei responsabili e degli addetti ai servizi di prevenzione e protezione interni o esterni devono essere adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e relativi alle attivita' lavorative.

2. Per lo svolgimento delle funzioni da parte dei soggetti di cui al comma 1, e' necessario essere in possesso di un titolo di studio non inferiore al diploma di istruzione secondaria superiore ed essere inoltre in possesso di un attestato di frequenza, con verifica dell'apprendimento, a specifici corsi di formazione adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e relativi alle attivita' lavorative. In sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano sono individuati gli indirizzi ed i requisiti minimi dei corsi.

3. I corsi di formazione di cui al comma 2 sono organizzati dalle regioni e province autonome, dalle universita', dall'ISPESL, dall'INAIL, dall'Istituto italiano di medicina sociale, dal Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, dall'amministrazione della Difesa, dalla Scuolasuperiore della pubblica amministrazione, dalle associazioni sindacali dei datori di lavoro o dei lavoratori o dagli organismi paritetici. Altri soggetti formatori possono essere individuati in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

4. Per lo svolgimento della funzione di responsabile del servizio prevenzione e protezione, oltre ai requisiti di cui al comma 2, e' necessario possedere un attestato di frequenza, con verifica dell'apprendimento, a specifici corsi di formazione in materia di prevenzione e protezione dei rischi, anche di natura ergonomica e psico-sociale, di organizzazione e gestione delle attivita' tecnico amministrative e di tecniche di comunicazione in azienda e di relazioni sindacali.

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5. I responsabili e gli addetti dei servizi di prevenzione e protezione sono tenuti a frequentare corsi di aggiornamento secondo indirizzi definiti in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, con cadenza almeno quinquennale.

6. Coloro che sono in possesso di laurea triennale di "Ingegneria della sicurezza e protezione" o di "Scienze della sicurezza e protezione" o di "Tecnico della prevenzione nell'ambiente e nei luoghi di lavoro" sono esonerati dalla frequenza ai corsi di formazione di cui al comma 2.

7. E' fatto salvo l'articolo 10.

8. Gli organismi statali di formazione pubblici, previsti al comma 3, organizzano i corsi di formazione secondo tariffe, determinate sulla base del costo effettivo del servizio, da stabilire, con le relative modalita' di versamento, con decreto del Ministro competente per materia, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

9. Le amministrazioni pubbliche di cui al presente decreto, organizzano i corsi di formazione nei limiti delle risorse finanziarie proprie o con le maggiori entrate derivanti dall'espletamento di dette attivita' a carico dei partecipanti.

10. La partecipazione del personale delle pubbliche amministrazioni ai corsi di formazione di cui al presente articolo e' disposta nei limiti delle risorse destinate dalla legislazione vigente alla formazione del personale medesimo. Art.9. Compiti del servizio di prevenzione e protezione

1. Il servizio di prevenzione e protezione dai rischi professionali provvede:a) all'individuazione dei fattori di rischio, alla valutazione dei rischi e all'individuazione delle misure per la sicurezza e la salubrità degli ambienti di lavoro, nel rispetto della normativa vigente sulla base della specifica conoscenza dell'organizzazione aziendale;b) ad elaborare, per quanto di competenza, le misure preventive e protettive e i sistemi di cui all'art. 4, comma 2, lettera b) e i sistemi di controllo di tali misure;c) ad elaborare le procedure di sicurezza per le varie attività aziendali;d) a proporre i programmi di informazione e formazione dei lavoratori;e) a partecipare alle consultazioni in materia di tutela della salute e di sicurezza di cui all'art. 11;f) a fornire ai lavoratori le informazioni di cui all'art. 21.

2. Il datore di lavoro fornisce ai servizi di prevenzione e protezione informazioni in merito a:a) la natura dei rischi; b) l'organizzazione del lavoro, la programmazione e l'attuazione delle misure preventive e protettive;c) la descrizione degli impianti e dei processi produttivi;d) i dati del registro degli infortuni e delle malattie professionali;e) le prescrizioni degli organi di vigilanza.

3. I componenti del servizio di prevenzione e protezione e i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza sono tenuti al segreto in ordine ai processi lavorativi di cui vengono a conoscenza nell'esercizio delle funzioni di cui al presente decreto.

4. Il servizio di prevenzione e protezione è utilizzato dal datore di lavoro. Art.10. Svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti di prevenzione e protezione dai rischi

1. Il datore di lavoro può svolgere direttamente i compiti propri del servizio di prevenzione e protezione dai rischi nonchè di prevenzione incendi e di evacuazione, nei casi previsti nell'allegato I, dandone preventiva informazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ed alle condizioni di cui ai commi successivi. Esso può avvalersi della facoltà di cui all'art. 8, comma 4.

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2. Il datore di lavoro che intende svolgere i compiti di cui al comma 1, deve frequentare apposito corso di formazione in materia di sicurezza e salute sul luogo di lavoro, promosso anche dalle associazioni dei datori di lavoro e trasmettere all'organo di vigilanza competente per territorio:a) una dichiarazione attestante la capacità di svolgimento dei compiti di prevenzione e protezione dai rischi;b) una dichiarazione attestante gli adempimenti di cui all'art. 4, commi 1, 2, 3 e 11 (1);c) una relazione sull'andamento degli infortuni e delle malattie professionali della propria azienda elaborata in base ai dati degli ultimi tre anni del registro infortuni o, in mancanza dello stesso, di analoga documentazione prevista dalla legislazione vigente;d) l'attestazione di frequenza del corso di formazione in materia di sicurezza e salute sul luogo di lavoro.

(1) Lettera così sostituita dall’art. 7, comma 1, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242. Art.11. Riunione periodica di prevenzione e protezione dai rischi

1. Nelle aziende, ovvero unità produttive, che occupano più di 15 dipendenti, il datore di lavoro, direttamente o tramite il servizio di prevenzione e protezione dai rischi, indice almeno una volta all'anno una riunione cui partecipano:a) il datore di lavoro o un suo rappresentante;b) il responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi;c) il medico competente ove previsto;d) il rappresentante per la sicurezza.

2. Nel corso della riunione il datore di lavoro sottopone all'esame dei partecipanti:a) il documento, di cui all'art. 4, commi 2 e 3;b) l'idoneità dei mezzi di protezione individuale;c) i programmi di informazione e formazione dei lavoratori ai fini della sicurezza e della protezione della loro salute.

3. La riunione ha altresì luogo in occasione di eventuali significative variazioni delle condizioni di esposizione al rischio, compresa la programmazione e l'introduzione di nuove tecnologie che hanno riflessi sulla sicurezza e salute dei lavoratori.

4. Nelle aziende, ovvero unità produttive, che occupano fino a 15 dipendenti, nelle ipotesi di cui al comma 3, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza può chiedere la convocazione di una apposita riunione.

5. Il datore di lavoro, anche tramite il servizio di prevenzione e protezione dai rischi, provvede alla redazione del verbale della riunione che è tenuto a disposizione dei partecipanti per la sua consultazione. Capo IIIPREVENZIONE INCENDI, EVACUAZIONE DEI LAVORATORI, PRONTO SOCCORSO

Art.12. Disposizioni generali

1. Ai fini degli adempimenti di cui all'art. 4, comma 5, lettera q), il datore di lavoro:a) organizza i necessari rapporti con i servizi pubblici competenti in materia di pronto soccorso, salvataggio, lotta antincendio e gestione dell'emergenza;b) designa preventivamente i lavoratori incaricati di attuare le misure di cui all'art. 4, comma 5, lettera a) (1);c) informa tutti i lavoratori che possono essere esposti ad un pericolo grave ed immediato circa le misure predisposte ed i comportamenti da adottare;d) programma gli interventi, prende i provvedimenti e dà istruzioni affinchè i lavoratori possano, in caso di pericolo grave ed immediato che non può essere evitato, cessare la loro attività, ovvero mettersi al sicuro, abbandonando immediatamente il luogo di lavoro;e) prende i provvedimenti necessari affinchè qualsiasi lavoratore, in caso di pericolo grave ed immediato per la propria sicurezza ovvero per quella di altre persone e nell'impossibilità di contattare il competente superiore gerarchico, possa prendere le misure adeguate per evitare le conseguenze di tale pericolo, tenendo conto delle sue conoscenze e dei mezzi tecnici disponibili.

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2. Ai fini delle designazioni di cui al comma 1, lettera b), il datore di lavoro tiene conto delle dimensioni dell'azienda ovvero dei rischi specifici dell'azienda ovvero dell'unità produttiva.

3. I lavoratori non possono, se non per giustificato motivo, rifiutare la designazione. Essi devono essere formati, essere in numero sufficiente e disporre di attrezzature adeguate, tenendo conto delle dimensioni ovvero dei rischi specifici dell'azienda ovvero dell'unità produttiva.

4. Il datore di lavoro deve, salvo eccezioni debitamente motivate, astenersi dal chiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave ed immediato.

(1) Lettera così sostituita dall’art. 7, comma 2, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242. Art.13. Prevenzione incendi

1. Fermo restando quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 29 luglio 1982, n. 577, i Ministri dell'interno, del lavoro e della previdenza sociale, in relazione al tipo di attività, al numero dei lavoratori occupati ed ai fattori di rischio, adottano uno o più decreti nei quali sono definiti:a) i criteri diretti ad individuare:1) misure intese ad evitare l'insorgere di un incendio e a limitarne le conseguenze qualora esso si verifichi;2) misure precauzionali di esercizio;3) metodi di controllo e manutenzione degli impianti e delle attrezzature antincendio;4) criteri per la gestione delle emergenze;b) le caratteristiche dello specifico servizio di prevenzione e protezione antincendio di cui all'art. 12, compresi i requisiti del personale addetto e la sua formazione.

2. Per il settore minerario il decreto di cui al comma 1 è adottato dai Ministri dell'interno, del lavoro e della previdenza sociale e dell'industria, del commercio e dell'artigianato. Art.14. Diritti dei lavoratori in caso di pericolo grave ed immediato

1. Il lavoratore che, in caso di pericolo grave, immediato e che non può essere evitato, si allontana dal posto di lavoro ovvero da una zona pericolosa, non può subire pregiudizio alcuno e deve essere protetto da qualsiasi conseguenza dannosa.

2. Il lavoratore che, in caso di pericolo grave e immediato e nell'impossibilità di contattare il competente superiore gerarchico, prende misure per evitare le conseguenze di tale pericolo, non può subire pregiudizio per tale azione, a meno che non abbia commesso una grave negligenza. Art.15. Pronto soccorso

1. Il datore di lavoro, tenendo conto della natura dell'attività e delle dimensioni dell'azienda ovvero dell'unità produttiva, sentito il medico competente ove previsto, prende i provvedimenti necessari in materia di pronto soccorso e di assistenza medica di emergenza, tenendo conto delle altre eventuali persone presenti sui luoghi di lavoro e stabilendo i necessari rapporti con i servizi esterni, anche per il trasporto dei lavoratori infortunati.2. Il datore di lavoro, qualora non vi provveda direttamente, designa uno o più lavoratori incaricati dell'attuazione dei provvedimenti di cui al comma 1.

3. Le caratteristiche minime delle attrezzature di pronto soccorso, i requisiti del personale addetto e la sua formazione sono individuati in relazione alla natura dell'attività, al numero dei lavoratori occupati e ai fattori di rischio, con decreto dei Ministri della sanità, del lavoro e della previdenza sociale, della funzione pubblica e dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentita la commissione consultiva permanente e il Consiglio superiore di sanità.

4. Fino all'emanazione del decreto di cui al comma 3 si applicano le disposizioni vigenti in materia. Capo IV

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SORVEGLIANZA SANITARIA

Art.16. Contenuto della sorveglianza sanitaria

1. La sorveglianza sanitaria è effettuata nei casi previsti dalla normativa vigente.

2. La sorveglianza di cui al comma 1 è effettuata dal medico competente e comprende:a) accertamenti preventivi intesi a constatare l'assenza di controindicazioni al lavoro cui i lavoratori sono destinati, ai fini della valutazione della loro idoneità alla mansione specifica;b) accertamenti periodici per controllare lo stato di salute dei lavoratori ed esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica.

3. Gli accertamenti di cui al comma 2 comprendono esami clinici e biologici e indagini diagnostiche mirati al rischio ritenuti necessari dal medico competente. Art.17. Il medico competente

1. Il medico competente:a) collabora con il datore di lavoro e con il servizio di prevenzione e protezione di cui all'art. 8, sulla base della specifica conoscenza dell'organizzazione dell'azienda ovvero dell'unità produttiva e delle situazioni di rischio, alla predisposizione dell'attuazione delle misure per la tutela della salute e dell'integrità psico-fisica dei lavoratori;b) effettua gli accertamenti sanitari di cui all'art. 16;c) esprime i giudizi di idoneità alla mansione specifica al lavoro, di cui all'art. 16;d) istituisce ed aggiorna, sotto la propria responsabilità, per ogni lavoratore sottoposto a sorveglianza sanitaria, una cartella sanitaria e di rischio da custodire presso il datore di lavoro con salvaguardia del segreto professionale;e) fornisce informazioni ai lavoratori sul significato degli accertamenti sanitari cui sono sottoposti e, nel caso di esposizione ad agenti con effetti a lungo termine, sulla necessità di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell'attività che comporta l'esposizione a tali agenti. Fornisce altresì, a richiesta, informazioni analoghe ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;f) informa ogni lavoratore interessato dei risultati degli accertamenti sanitari di cui alla lettera B) e, a richiesta dello stesso, gli rilascia copia della documentazione sanitaria;g) comunica, in occasione delle riunioni di cui all'art. 11, ai rappresentanti per la sicurezza, i risultati anonimi collettivi degli accertamenti clinici e strumentali effettuati e fornisce indicazioni sul significato di detti risultati;h) congiuntamente al responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi, visita gli ambienti di lavoro almeno due volte all'anno e partecipa alla programmazione del controllo dell'esposizione dei lavoratori i cui risultati gli sono forniti con tempestività ai fini delle valutazioni e dei pareri di competenza;i) fatti salvi i controlli sanitari di cui alla lettera b), effettua le visite mediche richieste dal lavoratore qualora tale richiesta sia correlata ai rischi professionali;l) collabora con il datore di lavoro alla predisposizione del servizio di pronto soccorso di cui all'art. 15; m) collabora all'attività di formazione e informazione di cui al capo VI.

2. Il medico competente può avvalersi, per motivate ragioni, della collaborazione di medici specialisti scelti dal datore di lavoro che ne sopporta gli oneri.

3. Qualora il medico competente, a seguito degli accertamenti di cui all'art. 16, comma 2, esprima un giudizio sull'inidoneità parziale o temporanea o totale del lavoratore, ne informa per iscritto il datore di lavoro e il lavoratore (1).

4. Avverso il giudizio di cui al comma 3 è ammesso ricorso, entro trenta giorni dalla data di comunicazione del giudizio medesimo, all'organo di vigilanza territorialmente competente che dispone, dopo eventuali ulteriori accertamenti, la conferma, la modifica o la revoca del giudizio stesso.

5. Il medico competente svolge la propria opera in qualità di:a) dipendente da una struttura esterna pubblica o privata convenzionata con l'imprenditore per lo svolgimento dei compiti di cui al presente capo; b) libero professionista;

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c) dipendente del datore di lavoro.

6. Qualora il medico competente sia dipendente del datore di lavoro, questi gli fornisce i mezzi e gli assicura le condizioni necessarie per lo svolgimento dei suoi compiti.

7. Il dipendente di una struttura pubblica non può svolgere l'attività di medico competente qualora esplichi attività di vigilanza (1).

(1) Comma così modificato dall’art. 8 del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242. Capo VCONSULTAZIONE E PARTECIPAZIONE DEI LAVORATORI

Art.18. Rappresentante per la sicurezza

1. In tutte le aziende, o unità produttive, è eletto o designato il rappresentante per la sicurezza.

2. Nelle aziende, o unità produttive, che occupano sino a 15 dipendenti il rappresentante per la sicurezza è eletto direttamente dai lavoratori al loro interno. Nelle aziende che occupano fino a 15 dipendenti il rappresentante per la sicurezza può essere individuato per più aziende nell'ambito territoriale ovvero del comparto produttivo. Esso può essere designato o eletto dai lavoratori nell'ambito delle rappresentanze sindacali, così come definite dalla contrattazione collettiva di riferimento.

3. Nelle aziende, ovvero unità produttive, con più di 15 dipendenti il rappresentante per la sicurezza è eletto o designato dai lavoratori nell'ambito delle rappresentanze sindacali in azienda. In assenza di tali rappresentanze, è eletto dai lavoratori dell'azienda al loro interno.

4. Il numero, le modalità di designazione o di elezione del rappresentante per la sicurezza, nonchè il tempo di lavoro retribuito e gli strumenti per l'espletamento delle funzioni, sono stabiliti in sede di contrattazione collettiva.

5. In caso di mancato accordo nella contrattazione collettiva di cui al comma 4, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentite le parti, stabilisce con proprio decreto, da emanarsi entro tre mesi dalla comunicazione del mancato accordo, gli standards relativi alle materie di cui al comma 4. Per le amministrazioni pubbliche provvede il Ministro per la funzione pubblica sentite la organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale.

6. In ogni caso il numero minimo dei rappresentanti di cui al comma 1 è il seguente:a) un rappresentante nelle aziende ovvero unità produttive sino a 200 dipendenti;b) tre rappresentanti nelle aziende ovvero unità produttive da 201 a 1.000 dipendenti;c) sei rappresentanti in tutte le altre aziende ovvero unità produttive.

7. Le modalità e i contenuti specifici della formazione del rappresentante per la sicurezza sono stabiliti in sede di contrattazione collettiva nazionale di categoria con il rispetto dei contenuti minimi previsti dal decreto di cui all'art. 22, comma 7.

Art.19. Attribuzioni del rappresentante per la sicurezza

1. Il rappresentante per la sicurezza:a) accede ai luoghi di lavoro in cui si svolgono le lavorazioni;b) è consultato preventivamente e tempestivamente in ordine alla valutazione dei rischi, alla individuazione, programmazione, realizzazione e verifica della prevenzione nell'azienda ovvero unità produttiva;c) è consultato sulla designazione degli addetti al servizio di prevenzione, all'attività di prevenzione incendi, al pronto soccorso, alla evacuazione dei lavoratori;d) è consultato in merito all'organizzazione della formazione di cui all'art. 22, comma 5;

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e) riceve le informazioni e la documentazione aziendale inerente la valutazione dei rischi e le misure di prevenzione relative, nonchè quelle inerenti le sostanze e i preparati pericolosi, le macchine, gli impianti, l'organizzazione e gli ambienti di lavoro, gli infortuni e le malattie professionali;f) riceve le informazioni provenienti dai servizi di vigilanza;g) riceve una formazione adeguata, comunque non inferiore a quella prevista dall'art. 22;h) promuove l'elaborazione, l'individuazione e l'attuazione delle misure di prevenzione idonee a tutelare la salute e l'integrità fisica dei lavoratori;i) formula osservazioni in occasione di visite e verifiche effettuate dalle autorità competenti;l) partecipa alla riunione periodica di cui all'art. 11;m) fa proposte in merito all'attività di prevenzione;n) avverte il responsabile dell'azienda dei rischi individuati nel corso della sua attività;o) può fare ricorso alle autorità competenti qualora ritenga che le misure di prevenzione e protezione dai rischi adottate dal datore di lavoro e i mezzi impiegati per attuarle non sono idonei a garantire la sicurezza e la salute durante il lavoro.

2. Il rappresentante per la sicurezza deve disporre del tempo necessario allo svolgimento dell'incarico senza perdita di retribuzione, nonchè dei mezzi necessari per l'esercizio delle funzioni e delle facoltà riconosciutegli.

3. Le modalità per l'esercizio delle funzioni di cui al comma 1 sono stabilite in sede di contrattazione collettiva nazionale.

4. Il rappresentante per la sicurezza non può subire pregiudizio alcuno a causa delle svolgimento della propria attività e nei suoi confronti si applicano le stesse tutele previste dalla legge per le rappresentanze sindacali.

5. Il rappresentante per la sicurezza ha accesso, per l'espletamento della sua funzione, al documento di cui all'art. 4, commi 2 e 3, nonchè al registro degli infortuni sul lavoro di cui all'art. 4, comma 5, lettera o). Art.20. Organismi paritetici

1. A livello territoriale sono costituiti organismi paritetici tra le organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori, con funzioni di orientamento e di promozione di iniziative formative nei confronti dei lavoratori. Tali organismi sono inoltre prima istanza di riferimento in merito a controversie sorte sull'applicazione dei diritti di rappresentanza, informazione e formazione, previsti dalle norme vigenti.

2. Sono fatti salvi, ai fini del comma 1, gli organismi bilaterali o partecipativi previsti da accordi interconfederali, di categoria, nazionali, territoriali o aziendali.

3. Agli effetti dell'art. 10 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, gli organismi di cui al comma 1 sono parificati alla rappresentanza indicata nel medesimo articolo. Capo VIINFORMAZIONE E FORMAZIONE DEI LAVORATORI

Art.21. Informazione dei lavoratori

1. Il datore di lavoro provvede affinchè ciascun lavoratore riceva un'adeguata informazione su:a) i rischi per la sicurezza e la salute connessi all'attività dell'impresa in generale;b) le misure e le attività di protezione e prevenzione adottate;c) i rischi specifici cui è esposto in relazione all'attività svolta, le normative di sicurezza e le disposizioni aziendali in materia;d) i pericoli connessi all'uso delle sostanze e dei preparati pericolosi sulla base delle schede dei dati di sicurezza previste dalla normativa vigente e dalle norme di buona tecnica;e) le procedure che riguardano il pronto soccorso, la lotta antincendio, l'evacuazione dei lavoratori;f) il responsabile del servizio di prevenzione e protezione ed il medico competente;g) i nominativi dei lavoratori incaricati di applicare le misure di cui agli articoli 12 e 15.

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2. Il datore di lavoro fornisce le informazioni di cui al comma 1, lettere a), b), c), anche ai lavoratori di cui all'art. 1, comma 3. Art.22. Formazione dei lavoratori

1. Il datore di lavoro assicura che ciascun lavoratore, ivi compresi i lavoratori di cui all'art. 1, comma 3, riceva una formazione sufficiente ed adeguata in materia di sicurezza e di salute, con particolare riferimento al proprio posto di lavoro ed alle proprie mansioni (1).

2. La formazione deve avvenire in occasione:a) dell'assunzione;b) del trasferimento o cambiamento di mansioni;c) dell'introduzione di nuove attrezzature di lavoro o di nuove tecnologie, di nuove sostanze e preparati pericolosi.

3. La formazione deve essere periodicamente ripetuta in relazione all'evoluzione dei rischi ovvero all'insorgenza di nuovi rischi.

4. Il rappresentante per la sicurezza ha diritto ad una formazione particolare in materia di salute e sicurezza, concernente la normativa in materia di sicurezza e salute e i rischi specifici esistenti nel proprio ambito di rappresentanza, tale da assicurargli adeguate nozioni sulle principali tecniche di controllo e prevenzione dei rischi stessi.

5. I lavoratori incaricati dell'attività di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei lavoratori in caso di pericolo grave ed immediato, di salvataggio, di pronto soccorso e, comunque, di gestione dell'emergenza devono essere adeguatamente formati (2).

6. La formazione dei lavoratori e quella dei loro rappresentanti di cui al comma 4 deve avvenire, in collaborazione con gli organismi paritetici di cui all'art. 20, durante l'orario di lavoro e non può comportare oneri economici a carico dei lavoratori.

7. I Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, sentita la commissione consultiva permanente, possono stabilire i contenuti minimi della formazione dei lavoratori, dei rappresentanti per la sicurezza e dei datori di lavoro di cui all'art. 10, comma 3, tenendo anche conto delle dimensioni e della tipologia delle imprese.

(1) Comma così sostituito dall’art. 9, comma 1, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.(2) Comma così sostituito dall’art. 9, comma 2, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.. Capo VIIDISPOSIZIONI CONCERNENTI LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Art.23. Vigilanza (1)

1. La vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro è svolta dall'Unità sanitaria locale e, per quanto di specifica competenza, dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonchè, per il settore minerario, dal Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato, e per le industrie estrattive di seconda categoria e le acque minerali e termali dalle regioni e province autonome di Trento e di Bolzano.

2. Ferme restando le competenze in materia di vigilanza attribuite dalla legislazione vigente all'Ispettorato del lavoro, per attività lavorative comportanti rischi particolarmente elevati, da individuare con decreto del Presidente del consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, sentita la commissione consultiva permanente, l'attività di vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia di sicurezza può essere esercitata anche dall'Ispettorato del lavoro che ne informa preventivamente il servizio di prevenzione e sicurezza dell'Unità sanitaria locale competente per territorio.

3. Il decreto di cui al comma 2 è emanato entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

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4. Restano ferme le competenze in materia di sicurezza e salute dei lavoratori attribuite dalle disposizioni vigenti agli uffici di sanità aerea e marittima e alle autorità marittime, portuali ed aeroportuali, per quanto riguarda la sicurezza dei lavoratori a bordo di navi e di aeromobili ed in ambito portuale ed aeroportuale, ed ai servizi sanitari e tecnici istituiti per le Forze armate e per le forze di polizia; i predetti servizi sono competenti altresì per le aree riservate o operative e per quelle che presentano analoghe esigenze da individuarsi, anche per quel che riguarda le modalità di attuazione, con decreto del Ministro competente di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità. L'amministrazione della giustizia può avvalersi dei servizi istituiti per le Forze armate e di polizia, anche mediante convenzione con i rispettivi Ministeri, nonchè dei servizi istituiti con riferimento alle strutture penitenziarie

. (1) Articolo così sostituito dall’art. 10 del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242. Art.24. Informazione, consulenza, assistenza

1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, il Ministero dell'interno tramite le strutture del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, l'Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro, anche mediante i propri dipartimenti periferici, il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, per mezzo degli Ispettorati del lavoro, il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato, per il settore estrattivo, tramite gli uffici della direzione generale delle miniere, l'Istituto italiano di medicina sociale, l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e gli enti di patronato svolgono attività di informazione, consulenza e assistenza in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, in particolare nei confronti delle imprese artigiane e delle piccole e medie imprese delle rispettive associazioni dei datori di lavoro (1).

2. L'attività di consulenza non può essere prestata dai soggetti che svolgono attività di controllo e di vigilanza.

(1) Comma così sostituito dall’art. 11 del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242. Art.25. Coordinamento

1. Con atto di indirizzo e coordinamento, da emanarsi, su proposta dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono individuati criteri al fine di assicurare unità ed omogeneità di comportamenti in tutto il territorio nazionale nell'applicazione delle disposizioni in materia di sicurezza e salute dei lavoratori e di radioprotezione (1).

(1) Comma così modificato dall’art. 12 del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242. Art.26. Commissione consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e l'igiene del lavoro

1. L'art. 393 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, è sostituito dal seguente: "Art. 393. (Costituzione della commissione). 1. Presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale è istituita una commissione consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e per l'igiene del lavoro. Essa è presieduta dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale o dal direttore generale della Direzione generale dei rapporti di lavoro da lui delegato, ed è composta da:a) cinque funzionari esperti designati dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di cui tre ispettori del lavoro, laureati uno in ingegneria, uno in medicina e chirurgia e uno in chimica o fisica;b) il direttore e tre funzionari dell'Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza del lavoro;c) un funzionario dell'Istituto superiore di sanità;d) il direttore generale competente del Ministero della sanità ed un funzionario per ciascuno dei seguenti Ministeri: industria; commercio ed artigianato; interno; difesa; trasporti; risorse agricole, alimentari e forestali; ambiente e della Presidenza del consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica e degli affari regionali (1);e) sei rappresentanti delle regioni e province autonome designati dalla Conferenza Stato-regioni;

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f) un rappresentante dei seguenti organismi: Istituto nazionale assicurazioni e infortuni sul lavoro; Corpo nazionale dei vigili del fuoco; Consiglio nazionale delle ricerche; UNI; CEI; Agenzia nazionale protezione ambiente; Istituto italiano di medicina sociale (2);g) otto esperti nominati dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale su designazione delle organizzazioni sindacali dei lavoratori maggiormente rappresentative a livello nazionale (2);h) otto esperti nominati dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale su designazione delle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro, anche dell'artigianato e della piccola e media impresa maggiormente rappresentative a livello nazionale (3);i) un esperto nominato dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale su designazione delle organizzazioni sindacali dei dirigenti d'azienda maggiormente rappresentative a livello nazionale. Ai predetti componenti, per le riunioni o giornate di lavoro, non spetta il gettone di presenza di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 gennaio 1956, n. 5, e successive modificazioni (4).

2. Per ogni rappresentante effettivo è designato un membro supplente.

3. All'inizio di ogni mandato la commissione può istituire comitati speciali permanenti dei quali determina la composizione e la funzione.

4. La commissione può chiamare a far parte dei comitati di cui al comma 3 persone particolarmente esperte, anche su designazione delle associazioni professionali, dell'università e degli enti di ricerca, in relazione alle materie trattate.

5. Le funzioni inerenti alla segreteria della commissione sono disimpegnate da due funzionari del Ministero del lavoro e della previdenza sociale.

6. I componenti della commissione consultiva permanente ed i segretari sono nominati con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale su designazione degli organismi competenti e durano in carica tre anni.".

2. L'art. 394 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, è sostituito dal seguente: "Art. 394. (Compiti della commissione). 1. La commissione consultiva permanente ha il compito di:a) esaminare i problemi applicativi della normativa in materia di sicurezza e salute sul posto di lavoro e predisporre una relazione annuale al riguardo;b) formulare proposte per lo sviluppo e il perfezionamento della legislazione vigente e per il suo coordinamento con altre disposizioni concernenti la sicurezza e la protezione della salute dei lavoratori, nonchè per il coordinamento degli organi preposti alla vigilanza;c) esaminare le problematiche evidenziate dai comitati regionali sulle misure preventive e di controllo dei rischi adottate nei luoghi di lavoro;d) proporre linee guida applicative della normativa di sicurezza;e) esprimere parere sugli adeguamenti di natura strettamente tecnica relativi alla normativa CEE da attuare a livello nazionale;f) esprimere parere sulle richieste di deroga previste dall'art. 48 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277;g) esprimere parere sulle richieste di deroga previste dall'art. 8 del decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 77;h) esprimere parere sul riconoscimento della conformità alle vigenti norme per la sicurezza e la salute dei lavoratori sul luogo di lavoro di mezzi e sistemi di sicurezza (5);i) esprimere il parere sui ricorsi avverso le disposizioni impartite dagli ispettori del lavoro nell'esercizio della vigilanza, sulle attività comportanti rischi particolarmente elevati, individuate ai sensi dell'art. 43, comma 1, lettera g), n. 4, della legge 19 febbraio 1991, n. 142, secondo le modalità di cui all'art. 402;l) esprimere parere, su richiesta del Ministero del lavoro e della previdenza sociale o del Ministero della sanità o delle regioni, su qualsiasi questione relativa alla sicurezza del lavoro e alla protezione della salute dei lavoratori.

2. La relazione di cui al comma precedente, lettera a), è resa pubblica ed è trasmessa alle commissioni parlamentari competenti ed ai presidenti delle regioni.

3. La commissione, per l'espletamento dei suoi compiti, può chiedere dati o promuovere indagini e, su richiesta o autorizzazione del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, effettuare sopralluoghi.".

3. L'art. 395 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, è soppresso.

(1) Lettera così modificata dall'art. 13, comma 1, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.

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(2) Lettera così modificata dall'art. 13, comma 2, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.(3) Lettera così sostituita dall'art. 13, comma 3, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.(4) Comma così modificato dall'art. 13, comma 4, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.(5) Lettera così sostituita dall'art. 13, comma 5, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242. Art.27. Comitati regionali di coordinamento

1. Con atto di indirizzo e coordinamento, da emanarsi entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sentita la Conferenza Stato-regioni, su proposta dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, sono individuati criteri generali relativi all'individuazione di organi operanti nella materia della sicurezza e della salute sul luogo di lavoro al fine di realizzare uniformità di interventi ed il necessario raccordo con la commissione consultiva permanente.

2. Alle riunioni della Conferenza Stato-regioni, convocate per i pareri di cui al comma 1, partecipano i rappresentanti dell'ANCI, dell'UPI e dell'UNICEM. Art.28. Adeguamenti al progresso tecnico

1. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri della sanità e dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentita la commissione consultiva permanente:a) è riconosciuta la conformità alle vigenti norme per la sicurezza e la salute dei lavoratori sul luogo di lavoro di mezzi e sistemi di sicurezza (1);b) si dà attuazione alle direttive in materia di sicurezza e salute dei lavoratori sul luogo di lavoro della Comunità europea per le parti in cui modificano modalità esecutive e caratteristiche di ordine tecnico di altre direttive già recepite nell'ordinamento nazionale;c) si provvede all'adeguamento della normativa di natura strettamente tecnica e degli allegati al presente decreto in relazione al progresso tecnologico.

(1) Lettera così sostituita dall’art. 14 del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.. Capo VIIISTATISTICHE DEGLI INFORTUNI E DELLE MALATTIE PROFESSIONALI

Art.29. Statistiche degli infortuni e delle malattie professionali

1. L'INAIL e l'ISPESL si forniscono reciprocamente i dati relativi agli infortuni ed alle malattie professionali anche con strumenti telematici.

2. L'ISPESL e l'INAIL indicono una conferenza permanente di servizio per assicurare il necessario coordinamento in relazione a quanto previsto dall'art. 8, comma 3, del decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, nonchè per verificare l'adeguatezza dei sistemi di prevenzione ed assicurativi, e per studiare e proporre soluzioni normative e tecniche atte a ridurre il fenomeno degli infortuni e delle malattie professionali.

3. I criteri per la raccolta ed elaborazione delle informazioni relative ai rischi e ai danni derivanti da infortunio durante l'attività lavorativa sono individuati nelle norme UNI, riguardanti i parametri per la classificazione dei casi di infortunio, ed i criteri per il calcolo degli indici di frequenza e gravità e loro successivi aggiornamenti.

4. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale e del Ministro della sanità, sentita la commissione consultiva permanente, possono essere individuati criteri integrativi di quelli di cui al comma 3 in relazione a particolari rischi.

5. I criteri per la raccolta e l'elaborazione delle informazioni relative ai rischi e ai danni derivanti dalle malattie professionali, nonchè ad altre malattie e forme patologiche eziologicamente collegate al lavoro, sono individuati con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale e del Ministro della sanità, sentita la commissione consultiva permanente, sulla base delle norme di buona tecnica.

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Titolo IILUOGHI DI LAVORO

Art.30. Definizioni

1. Ai fini dell'applicazione delle disposizioni di cui al presente titolo si intendono per luoghi di lavoro:a) i luoghi destinati a contenere i posti di lavoro, ubicati all'interno dell'azienda ovvero dell'unità produttiva, nonchè ogni altro luogo nell'area della medesima azienda ovvero unità produttiva comunque accessibile per il lavoro.

2. Le disposizioni del presente titolo non si applicano:a) ai mezzi di trasporto;b) ai cantieri temporanei o mobili;c) alle industrie estrattive;d) ai pescherecci;e) ai campi, boschi e altri terreni facenti parte di una impresa agricola o forestale, ma situati fuori dall'area edificata dell'azienda.

3. Ferme restando le disposizioni di legge vigenti, le prescrizioni di sicurezza e di salute per i luoghi di lavoro sono specificate nell'allegato II.

4. I luoghi di lavoro devono essere strutturati tenendo conto, se del caso, di eventuali lavoratori portatori di handicap.

5. L'obbligo di cui al comma 4 vige, in particolare, per le porte, le vie di circolazione, le scale, le docce, i gabinetti e i posti di lavoro utilizzati od occupati direttamente da lavoratori portatori di handicap.

6. La disposizione di cui al comma 4 non si applica ai luoghi di lavoro già utilizzati prima del 1° gennaio 1993, ma debbono essere adottate misure idonee a consentire la mobilità e l'utilizzazione dei servizi sanitari e di igiene personale. Art.31. Requisiti di sicurezza e di salute

1. Ferme restando le disposizioni legislative e regolamentari vigenti e fatte salve le disposizioni di cui all'art. 8, comma 4, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, come modificato dal decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, i luoghi di lavoro costruiti o utilizzati anteriormente all'entrata in vigore del presente decreto devono essere adeguati alle prescrizioni di sicurezza e salute di cui al presente titolo entro il 1° gennaio 1997.

2. Se gli adeguamenti di cui al comma 1 richiedono un provvedimento concessorio o autorizzatorio il datore di lavoro deve immediatamente iniziare il procedimento diretto al rilascio dell'atto ed ottemperare agli obblighi entro sei mesi dalla data del provvedimento stesso.

3. Sino a che i luoghi di lavoro non vengano adeguati, il datore di lavoro, previa consultazione del rappresentante per la sicurezza, adotta misure alternative che garantiscono un livello di sicurezza equivalente.

4. Ove vincoli urbanistici o architettonici ostino agli adeguamenti di cui al comma 1, il datore di lavoro, previa consultazione del rappresentante per la sicurezza, adotta le misure alternative di cui al comma 3. Le misure, nel caso di cui al presente comma, sono autorizzate dall'organo di vigilanza competente per territorio.

(1) Articolo così sostituito dall’art. 15 del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242. Art.32. Obblighi del datore di lavoro

1. Il datore di lavoro provvede affinchè:

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a) le vie di circolazione interne o all'aperto che conducono a uscite o ad uscite di emergenza e le uscite di emergenza siano sgombre allo scopo di consentirne l'utilizzazione in ogni evenienza;b) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti a regolare manutenzione tecnica e vengano eliminati, quanto più rapidamente possibile, i difetti rilevati che possano pregiudicare la sicurezza e la salute dei lavoratori;c) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti a regolare pulitura, onde assicurare condizioni igieniche adeguate;d) gli impianti e i dispositivi di sicurezza, destinati alla prevenzione o all'eliminazione dei pericoli, vengano sottoposti a regolare manutenzione e al controllo del loro funzionamento. Art.33. Adeguamenti di norme

1. L'art. 13 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, è sostituito dal seguente:

"Art. 13. (Vie e uscite di emergenza).1. Ai fini del presente decreto si intende per:a) via di emergenza: percorso senza ostacoli al deflusso che consente alle persone che occupano un edificio o un locale di raggiungere un luogo sicuro;b) uscita di emergenza: passaggio che immette in un luogo sicuro;c) luogo sicuro: luogo nel quale le persone sono da considerarsi al sicuro dagli effetti determinati dall'incendio o altre situazioni di emergenza;c-bis) larghezza di una porta o luce netta di una porta: larghezza di passaggio al netto dell'ingombro dell'anta mobile in posizione di massima apertura se scorrevole, in posizione di apertura a 90 gradi se incernierata (larghezza utile di passaggio) (1).

2. Le vie e le uscite di emergenza devono rimanere sgombre e consentire di raggiungere il più rapidamente possibile un luogo sicuro.3. In caso di pericolo tutti i posti di lavoro devono poter essere evacuati rapidamente e in piena sicurezza da parte dei lavoratori.4. Il numero, la distribuzione e le dimensioni delle vie e delle uscite di emergenza devono essere adeguate alle dimensioni dei luoghi di lavoro, alla loro ubicazione, alla loro destinazione d'uso, alle attrezzature in essi installate, nonchè al numero massimo di persone che possono essere presenti in detti luoghi.5. Le vie e le uscite di emergenza devono avere altezza minima di m 2,0 e larghezza minima conforme alla normativa vigente in materia antincendio.6. Qualora le uscite di emergenza siano dotate di porte, queste devono essere apribili nel verso dell'esodo e, qualora siano chiuse, devono poter essere aperte facilmente ed immediatamente da parte di qualsiasi persona che abbia bisogno di utilizzarle in caso di emergenza. L'apertura delle porte delle uscite di emergenza nel verso dell'esodo non è richiesta quando possa determinare pericoli per passaggio di mezzi o per altre cause, fatta salva l'adozione di altri accorgimenti adeguati specificamente autorizzati dal Comando provinciale dei vigili del fuoco competente per territorio (2).7. Le porte delle uscite di emergenza non devono essere chiuse a chiave, se non in casi specificamente autorizzati dall'autorità competente.8. Nei locali di lavoro e in quelli destinati a deposito è vietato adibire, quali porte delle uscite di emergenza, le saracinesche a rullo, le porte scorrevoli verticalmente e quelle girevoli su asse centrale.9. Le vie e le uscite di emergenza, nonchè le vie di circolazione e le porte che vi danno accesso non devono essere ostruite da oggetti in modo da poter essere utilizzate in ogni momento senza impedimenti.10. Le vie e le uscite di emergenza devono essere evidenziate da apposita segnaletica, conforme alle disposizioni vigenti, durevole e collocata in luoghi appropriati.11. Le vie e le uscite di emergenza che richiedono un'illuminazione devono essere dotate di un'illuminazione di sicurezza di intensità sufficiente, che entri in funzione in caso di guasto dell'impianto elettrico.12. Gli edifici che sono costruiti o adattati interamente per le lavorazioni che presentano pericoli di esplosioni o specifici rischi di incendio alle quali sono adibiti più di cinque lavoratori devono avere almeno due scale distinte di facile accesso o rispondere a quanto prescritto dalla specifica normativa antincendio. Per gli edifici già costruiti si dovrà provvedere in conformità, quando non ne esista l'impossibilità accertata dall'organo di vigilanza: in quest'ultimo caso sono disposte le misure e cautele ritenute più efficienti. Le deroghe già concesse mantengono la loro validità salvo diverso provvedimento dell'organo di vigilanza (3).13. Per i luoghi di lavoro già utilizzati prima del 1° gennaio 1993 non si applica la disposizione contenuta nel comma 4, ma gli stessi debbono avere un numero sufficiente di vie ed uscite di emergenza."

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2. L'art. 14 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1995, n. 547, è sostituito dal seguente:"Art. 14. (Porte e portoni). 1. Le porte dei locali di lavoro devono, per numero, dimensioni, posizione, e materiali di realizzazione, consentire una rapida uscita delle persone ed essere agevolmente apribili dall'interno durante il lavoro.2. Quando in un locale le lavorazioni ed i materiali comportino pericoli di esplosione o specifici rischi di incendio e siano adibiti alle attività che si svolgono nel locale stesso più di 5 lavoratori, almeno una porta ogni 5 lavoratori deve essere apribile nel verso dell'esodo ed avere larghezza minima di m 1,20 (4).3. Quando in un locale si svolgono lavorazioni diverse da quelle previste al comma 2, la larghezza minima delle porte è la seguente:a) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano fino a 25, il locale deve essere dotato di una porta avente larghezza minima di m 0,80 (5);b) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano in numero compreso tra 26 e 50, il locale deve essere dotato di una porta avente larghezza minima di m 1,20 che si apra nel verso dell'esodo;c) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano in numero compreso tra 51 e 100, il locale deve essere dotato di una porta avente larghezza minima di m 1,20 e di una porta avente larghezza minima di m 0,80, che si aprano entrambe nel verso dell'esodo (5);d) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano in numero superiore a 100, in aggiunta alle porte previste alla lettera c) il locale deve essere dotato di almeno 1 porta che si apra nel verso dell'esodo avente larghezza minima di m 1,20 per ogni 50 lavoratori normalmente ivi occupati o frazione compresa tra 10 e 50, calcolati limitatamente all'eccedenza rispetto a 100.4. Il numero complessivo delle porte di cui al comma 3 può anche essere minore, purchè la loro larghezza complessiva non risulti inferiore.5. Alle porte per le quali è prevista una larghezza minima di m 1,20 è applicabile una tolleranza in meno del 5% (cinque per cento). Alle porte per le quali è prevista una larghezza minima di m 0,80 è applicabile una tolleranza in meno del 2% (due per cento) (6).6. Quando in un locale di lavoro le uscite di emergenza di cui all'art. 13, comma 5, coincidono con le porte di cui al comma 1, si applicano le disposizioni di cui all'art. 13, comma 5.7. Nei locali di lavoro ed in quelli adibiti a magazzino non sono ammesse le porte scorrevoli, le saracinesche a rullo, le porte girevoli su asse centrale, quando non esistano altre porte apribili verso l'esterno del locale.8. Immediatamente accanto ai portoni destinati essenzialmente alla circolazione dei veicoli devono esistere, a meno che il passaggio dei pedoni sia sicuro, porte per la circolazione dei pedoni che devono essere segnalate in modo visibile ed essere sgombre in permanenza.9. Le porte e i portoni apribili nei due versi devono essere trasparenti o essere muniti di pannelli trasparenti.10. Sulle porte trasparenti deve essere apposto un segno indicativo all'altezza degli occhi.11. Se le superfici trasparenti o traslucide delle porte e dei portoni non sono costituite da materiali di sicurezza e c'è il rischio che i lavoratori possano rimanere feriti in caso di rottura di dette superfici, queste devono essere protette contro lo sfondamento.12. Le porte scorrevoli devono disporre di un sistema di sicurezza che impedisca loro di uscire dalle guide o di cadere.13. Le porte ed i portoni che si aprono verso l'alto devono disporre di un sistema di sicurezza che impedisca loro di ricadere.14. Le porte ed i portoni ad azionamento meccanico devono funzionare senza rischi di infortuni per i lavoratori. Essi devono essere muniti di dispositivi di arresto di emergenza facilmente identificabili ed accessibili e poter essere aperti anche manualmente, salvo che la loro apertura possa avvenire automaticamente in caso di mancanza di energia elettrica.15. Le porte situate sul percorso delle vie di emergenza devono essere contrassegnate in maniera appropriata con segnaletica durevole conformemente alla normativa vigente. Esse devono poter essere aperte, in ogni momento, dall'interno senza aiuto speciale.16. Quando i luoghi di lavoro sono occupati le porte devono poter essere aperte.17. I luoghi di lavoro già utilizzati prima del 1° gennaio 1993 devono essere provvisti di porte di uscita che, per numero ed ubicazione, consentono la rapida uscita delle persone e che sono agevolmente apribili dall'interno durante il lavoro. Comunque, detti luoghi devono essere adeguati quanto meno alle disposizioni di cui ai precedenti commi 9 e 10. Per i luoghi di lavoro costruiti o utilizzati prima del 27 novembre 1994 non si applicano le disposizioni dei commi 2, 3, 4, 5 e 6 concernenti la larghezza delle porte. In ogni caso la larghezza delle porte di uscita di detti luoghi di lavoro deve essere conforme a quanto previsto dalla concessione edilizia ovvero dalla licenza di abitabilità (7).»

3. L'art. 8 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, è sostituito dal seguente:

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"Art. 8. (Vie di circolazione, zone di pericolo, pavimenti e passaggi). 1. Le vie di circolazione, comprese scale, scale fisse e banchine e rampe di carico, devono essere situate e calcolate in modo tale che i pedoni o i veicoli possano utilizzarle facilmente in piena sicurezza e conformemente alla loro destinazione e che i lavoratori operanti nelle vicinanze di queste vie di circolazione non corrano alcun rischio.2. Il calcolo delle dimensioni delle vie di circolazione per persone ovvero merci dovrà basarsi sul numero potenziale degli utenti e sul tipo di impresa.3. Qualora sulle vie di circolazione siano utilizzati mezzi di trasporto, dovrà essere prevista per i pedoni una distanza di sicurezza sufficiente.4. Le vie di circolazione destinate ai veicoli devono passare ad una distanza sufficiente da porte, portoni, passaggi per pedoni, corridoi e scale.5. Nella misura in cui l'uso e l'attrezzatura dei locali lo esigano per garantire la protezione dei lavoratori, il tracciato delle vie di circolazione deve essere evidenziato.6. Se i luoghi di lavoro comportano zone di pericolo in funzione della natura del lavoro e presentano rischi di cadute dei lavoratori o rischi di cadute d'oggetti, tali luoghi devono essere dotati di dispositivi per impedire che i lavoratori non autorizzati possano accedere a dette zone.7. Devono essere prese misure appropriate per proteggere i lavoratori autorizzati ad accedere alle zone di pericolo.8. Le zone di pericolo devono essere segnalate in modo chiaramente visibile.9. I pavimenti degli ambienti di lavoro e dei luoghi destinati al passaggio non devono presentare buche o sporgenze pericolose e devono essere in condizioni tali da rendere sicuro il movimento ed il transito delle persone e dei mezzi di trasporto.10. I pavimenti ed i passaggi non devono essere ingombrati da materiali che ostacolano la normale circolazione.11. Quando per evidenti ragioni tecniche non si possono completamente eliminare dalle zone di transito ostacoli fissi o mobili che costituiscono un pericolo per i lavoratori o i veicoli che tali zone devono percorrere, gli ostacoli devono essere adeguatamente segnalati."

4. L'intestazione del titolo II del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è sostituita dalla seguente:"Titolo IIDisposizioni particolari".

5. L'art. 6, del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è sostituito dal seguente:"Art. 6. (Altezza, cubatura e superficie).1. I limiti minimi per altezza, cubatura e superficie dei locali chiusi destinati o da destinarsi al lavoro nelle aziende industriali che occupano più di cinque lavoratori, ed in ogni caso in quelle che eseguono le lavorazioni indicate nell'articolo 33, sono i seguenti:a) altezza netta non inferiore a m 3;b) cubatura non inferiore a mc 10 per lavoratore;c) ogni lavoratore occupato in ciascun ambiente deve disporre di una superficie di almeno mq 2.2. I valori relativi alla cubatura e alla superficie si intendono lordi cioè senza deduzione dei mobili, macchine ed impianti fissi.3. L'altezza netta dei locali è misurata dal pavimento all'altezza media della copertura dei soffitti o delle volte.4. Quando necessità tecniche aziendali lo richiedono, l'organo di vigilanza competente per territorio può consentire altezze minime inferiori a quelle sopra indicate e prescrivere che siano adottati adeguati mezzi di ventilazione dell'ambiente. L'osservanza dei limiti stabiliti dal presente articolo circa l'altezza, la cubatura e la superficie dei locali chiusi di lavoro è estesa anche alle aziende industriali che occupano meno di cinque lavoratori quando le lavorazioni che in esse si svolgono siano ritenute, a giudizio dell'organo di vigilanza, pregiudizievoli alla salute dei lavoratori occupati.5. Per i locali destinati o da destinarsi a uffici, indipendentemente dal tipo di azienda, e per quelli delle aziende commerciali, i limiti di altezza sono quelli individuati dalla normativa urbanistica vigente." (8).

6. L'art. 9 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è sostituito dal seguente:"Art. 9. (Aerazione dei luoghi di lavoro chiusi).1. Nei luoghi di lavoro chiusi, è necessario far sì che tenendo conto dei metodi di lavoro e degli sforzi fisici ai quali sono sottoposti i lavoratori, essi dispongano di aria salubre in quantità sufficiente anche ottenuta con impianti di areazione (9).

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2. Se viene utilizzato un impianto di aerazione, esso deve essere sempre mantenuto funzionante. Ogni eventuale guasto deve essere segnalato da un sistema di controllo, quando ciò è necessario per salvaguardare la salute dei lavoratori.3. Se sono utilizzati impianti di condizionamento dell'aria o di ventilazione meccanica, essi devono funzionare in modo che i lavoratori non siano esposti a correnti d'aria fastidiosa.4. Qualsiasi sedimento o sporcizia che potrebbe comportare un pericolo immediato per la salute dei lavoratori dovuto all'inquinamento dell'aria respirata deve essere eliminato rapidamente.".

7. L'art. 11 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è sostituito dal seguente:"Art. 11. (Temperatura dei locali).1. La temperatura nei locali di lavoro deve essere adeguata all'organismo umano durante il tempo di lavoro, tenuto conto dei metodi di lavoro applicati e degli sforzi fisici imposti ai lavoratori.2. Nel giudizio sulla temperatura adeguata per i lavoratori si deve tener conto della influenza che possono esercitare sopra di essa il grado di umidità ed il movimento dell'aria concomitanti.3. La temperatura dei locali di riposo, dei locali per il personale di sorveglianza, dei servizi igienici, delle mense e dei locali di pronto soccorso deve essere conforme alla destinazione specifica di questi locali.4. Le finestre, i lucernari e le pareti vetrate devono essere tali da evitare un soleggiamento eccessivo dei luoghi di lavoro, tenendo conto del tipo di attività e della natura del luogo di lavoro.5. Quando non è conveniente modificare la temperatura di tutto l'ambiente, si deve provvedere alla difesa dei lavoratori contro le temperature troppo alte o troppo basse mediante misure tecniche localizzate o mezzi personali di protezione.".

8. L'art. 10 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è sostituito dal seguente:"Art. 10. (Illuminazione naturale ed artificiale dei luoghi di lavoro).1. A meno che non sia richisto diversamente dalle necessità delle lavorazioni e salvo che non si tratti di locali sotterranei, i luoghi di lavoro devono disporre di sufficiente luce naturale. In ogni caso, tutti i predetti locali e luoghi di lavoro devono essere dotati di dispositivi che consentono un'illuminazione artificiale adeguata per salvaguardare la sicurezza, la salute e il benessere di lavoratori (10).2. Gli impianti di illuminazione dei locali di lavoro e delle vie di circolazione devono essere installati in modo che il tipo d'illuminazione previsto non rappresenta un rischio di infortunio per i lavoratori.3. I luoghi di lavoro nei quali i lavoratori sono particolarmente esposti a rischi in caso di guasto dell'illuminazione artificiale, devono disporre di un'illuminazione di sicurezza di sufficiente intensità.4. Le superfici vetrate illuminanti ed i mezzi di illuminazione artificiale devono essere tenuti costantemente in buone condizioni di pulizia e di efficienza.".

9. L'art. 7 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è sostituito dal seguente:"Art. 7. (Pavimenti, muri, soffitti, finestre e lucernari dei locali scale e marciapiedi mobili, banchina e rampe di carico).1. A meno che non sia richiesto diversamente dalle necessità della lavorazione, è vietato adibire a lavori continuativi locali chiusi che non rispondono alle seguenti condizioni:a) essere ben difesi contro gli agenti atmosferici, e provvisti di un isolamento termico sufficiente, tenuto conto del tipo di impresa e dell'attività fisica dei lavoratori;b) avere aperture sufficienti per un rapido ricambio d'aria;c) essere ben asciutti e ben difesi contro l'umidità;d) avere le superfici dei pavimenti, delle pareti, dei soffitti tali da poter essere pulite e deterse per ottenere condizioni adeguate di igiene (11).2. I pavimenti dei locali devono essere esenti da protuberanze, cavità o piani inclinati pericolosi, devono essere fissi, stabili ed antisdrucciolevoli.3. Nelle parti dei locali dove abitualmente si versano sul pavimento sostanze putrescibili o liquidi, il pavimento deve avere superficie unita ed impermeabile e pendenza sufficiente per avviare rapidamente i liquidi verso i punti di raccolta e scarico.4. Quando il pavimento dei posti di lavoro e di quelli di passaggio si mantiene bagnato, esso deve essere munito in permanenza di palchetti o di graticolato, se i lavoratori non sono forniti di idonee calzature impermeabili.5. Qualora non ostino particolari condizioni tecniche, le pareti dei locali di lavoro devono essere a tinta chiara.6. La pareti trasparenti o traslucide, in particolare le pareti completamente vetrate, nei locali o nelle vicinanze dei posti di lavoro e delle vie di circolazione, devono essere chiaramente segnalate e costituite da materiali di sicurezza fino all'altezza di 1 metro dal pavimento, ovvero essere separate dai posti di lavoro e dalle vie di circolazione succitati in modo tale che i lavoratori non possono entrare in contatto con le pareti, nè rimanere feriti qualora esse vadano in frantumi. Nel caso in cui vengono utilizzati materiali di sicurezza fino all'altezza di

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1 metro dal pavimento, tale altezza è elevata quando ciò è necessario in relazione al rischio che i lavoratori rimangano feriti qualora esse vadano in frantumi (12).7. Le finestre, i lucernari e i dispositivi di ventilazione devono poter essere aperti, chiusi, regolati e fissati dai lavoratori in tutta sicurezza. Quando sono aperti essi devono essere posizionati in modo da non costituire un pericolo per i lavoratori.

8. Le finestre e i lucernari devono essere concepiti congiuntamente con l'attrezzatura o dotati di dispositivi che consentono la loro pulitura senza rischi per i lavoratori che effettuano tale lavoro nonchè per i lavoratori presenti nell'edificio ed intorno ad esso.9. L'accesso ai tetti costituiti da materiali non sufficientemente resistenti può essere autorizzato soltanto se sono fornite attrezzature che permettono di eseguire il lavoro in tutta sicurezza.10. Le scale ed i marciapiedi mobili devono funzionare in piena sicurezza, devono essere muniti dei necessari dispositivi di sicurezza e devono possedere dispositivi di arresto di emergenza facilmente identificabili ed accessibili.11. Le banchine e rampe di carico devono essere adeguate alle dimensioni dei carichi trasportati.12. Le banchine di carico devono disporre di almeno un'uscita. Ove è tecnicamente possibile, le banchine di carico che superano m 25,0 di lunghezza devono disporre di un'uscita a ciascuna estremità.13. Le rampe di carico devono offrire una sicurezza tale da evitare che i lavoratori possono cadere.13-bis. Le disposizioni di cui ai commi 10, 11, 12 e 13 sono altresì applicabili alle vie di circolazione principali sul terreno dell'impresa, alle vie di circolazione che portano a posti di lavoro fissi, alle vie di circolazione utilizzate per la regolare manutenzione e sorveglianza degli impianti dell'impresa, nonchè alle banchine di carico (13).».

10. L'art. 14 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è sostituito dal seguente:"Art. 14. (Locali di riposo).1. Quando la sicurezza e la salute dei lavoratori, segnatamente a causa del tipo di attività, lo richiedono, i lavoratori devono poter disporre di un locale di riposo facilmente accessibile.2. La disposizione di cui al comma 1 non si applica quando il personale lavora in uffici o in analoghi locali di lavoro che offrono equivalenti possibilità di riposo durante la pausa.3. I locali di riposo devono avere dimensioni sufficienti ed essere dotati di un numero di tavoli e sedili con schienale in funzione del numero dei lavoratori.4. Nei locali di riposo si devono adottare misure adeguate per la protezione dei non fumatori contro gli inconvenienti del fumo.5. Quando il tempo di lavoro è interrotto regolarmente e frequentemente e non esistono locali di riposo, devono essere messi a disposizione del personale altri locali affinchè questi possa soggiornarvi durante l'interruzione del lavoro nel caso in cui la sicurezza o la salute dei lavoratori lo esige. In detti locali è opportuno prevedere misure adeguate per la protezione dei non fumatori contro gli inconvenienti del fumo.6. L'organo di vigilanza può prescrivere che, anche nei lavori continuativi, il datore di lavoro dia modo ai dipendenti di lavorare stando a sedere ogni qualvolta ciò non pregiudica la normale esecuzione del lavoro.7. Le donne incinte e le madri che allattano devono avere la possibilità di riposarsi in posizione distesa e in condizioni appropriate.".

11. L'art. 40 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è sostituito dal seguente:"Art. 40. (Spogliatoi e armadi per il vestiario).1. Locali appositamente destinati a spogliatoi devono essere messi a disposizione dei lavoratori quando questi devono indossare indumenti di lavoro specifici e quando per ragioni di salute o di decenza non si può loro chiedere di cambiarsi in altri locali.2. Gli spogliatoi devono essere distinti fra i due sessi e convenientemente arredati. Nelle aziende che occupano fino a cinque dipendenti lo spogliatoio può essere unico per entrambi i sessi; in tal caso i locali a ciò adibiti sono utilizzati dal personale dei due sessi, secondo oppotuni turni prestabiliti e concordati nell'ambito dell'orario di lavoro (14).3. I locali destinati a spogliatoio devono avere una capacità sufficiente, essere possibilmente vicini ai locali di lavoro aerati, illuminati, ben difesi dalle intemperie, riscaldati durante la stagione fredda e muniti di sedili.4. Gli spogliatoi devono essere dotati di attrezzature che consentono a ciascun lavoratore di chiudere a chiave i propri indumenti durante il tempo di lavoro.5. Qualora i lavoratori svolgano attività insudicianti, polverose, con sviluppo di fumi o vapori contenenti in sospensione sostanze untuose od incrostanti, nonchè in quelle dove si usano sostanze venefiche, corrosive od infettanti o comunque pericolose, gli armadi per gli indumenti da lavoro devono essere separati da quelli per gli indumenti privati.

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6. Qualora non si applichi il comma 1 ciascun lavoratore deve poter disporre delle attrezzature di cui al comma 4 per poter riporre i propri indumenti.".

12. Gli articoli 37 e 39 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, sono sostituiti dai seguenti:"Art. 37. (Docce).1. Docce sufficienti ed appropriate devono essere messe a disposizione dei lavoratori quando il tipo di attività o la salubrità lo esigono.2. Devono essere previsti locali per docce separati per uomini e donne o un'utilizzazione separata degli stessi. Le docce e gli spogliatoi devono comunque facilmente comunicare tra loro.3. I locali delle docce devono avere dimensioni sufficienti per permettere a ciascun lavoratore di rivestirsi senza impacci e in condizioni appropriate di igiene.4. Le docce devono essere dotate di acqua corrente calda e fredda e di mezzi detergenti e per asciugarsi (15).

Art. 39. (Gabinetti e lavabi).1. I lavoratori devono disporre, in prossimità dei loro posti di lavoro, dei locali di riposo, degli spogliatoi e delle docce, di gabinetti e di lavabi con acqua corrente calda, se necessario, e dotati di mezzi detergenti e per asciugarsi.2. Per uomini e donne devono essere previsti gabinetti separati; quando ciò sia impossibile a causa di vincoli urbanistici o architettonici e nelle aziende che occupano lavoratori di sesso diverso in numero non superiore a dieci, è ammessa un'utilizzazione separata degli stessi (16).».

13. L'art. 11 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, è sostituito dal seguente:"Art. 11. (Posti di lavoro e di passaggio e luoghi di lavoro esterni).1. I posti di lavoro e di passaggio devono essere idoneamente difesi contro la caduta o l'investimento di materiali in dipendenza dell'attività lavorativa.2. Ove non è possibile la difesa con mezzi tecnici, devono essere adottate altre misure o cautele adeguate.3. I posti di lavoro, le vie di circolazione e altri luoghi o impianti all'aperto utilizzati od occupati dai lavoratori durante le loro attività devono essere concepiti in modo tale che la circolazione dei pedoni e dei veicoli può avvenire in modo sicuro.

4. Le disposizioni di cui all'art. 8, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 8, sono altresì applicabili alle vie di circolazione principali sul terreno dell'impresa, alle vie di circolazione che portano a posti di lavoro fissi, alle vie di circolazione utilizzate per la regolare manutenzione e sorveglianza degli impianti dell'impresa, nonchè alle banchine di carico (17).5. Le disposizioni sulle vie di circolazione e zone di pericolo di cui all'art. 8, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 8, si applicano per analogia ai luoghi di lavoro esterni (17).6. I luoghi di lavoro all'aperto devono essere opportunamente illuminati con luce artificiale quando la luce del giorno non è sufficiente.7. Quando i lavoratori occupano posti di lavoro all'aperto, questi devono essere strutturati, per quanto tecnicamente possibile, in modo tale che i lavoratori:a) sono protetti contro gli agenti atmosferici e, se necessario, contro la caduta di oggetti;b) non sono esposti a livelli sonori nocivi o ad agenti esterni nocivi, quali gas, vapori, polveri;c) possono abbandonare rapidamente il posto di lavoro in caso di pericolo o possono essere soccorsi rapidamente;d) non possono scivolare o cadere.".

14. Le disposizioni di cui al presente articolo entrano in vigore tre mesi dopo la pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

(1) Lettera aggiunta dall'art. 16, comma 2, lett. a), del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.(2) Comma così modificato dall'art. 16, comma 2, lett. b), del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.(3) Comma così sostituito dall'art. 16, comma 2, lett. c), del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.(4) Comma così modificato dall'art. 16, comma 3, lett. a), del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.(5) Comma così modificato dall'art. 16, comma 3, lett. b), del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.(6) Comma così sostituito dall'art. 16, comma 3, lett. c), del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.(7) Comma così sostituito dall'art. 16, comma 3, lett. d), del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.(8) Comma così sostituito dall'art. 16, comma 4, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.(9) Comma così modificato dall'art. 16, comma 6, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.

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(10) Comma così sostituito dall'art. 16, comma 7, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.(11) Comma così modificato dall'art. 16, comma 5, lett. a), del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.(12) Comma così sostituito dall'art. 16, comma 5, lett. b), del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.(13) Comma aggiunto dall'art. 16, comma 5, lett. c), del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.(14) Comma così modificato dall'art. 16, comma 11, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.(15) Articolo così sostituito dall'art. 16, comma 8, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.(16) Articolo così sostituito dall'art. 16, comma 10, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.(17) Comma così sostituito dall'art. 16, comma 1, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242. Titolo IIIUSO DELLE ATTREZZATURE DI LAVORO

Art.34. Definizioni

1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente titolo si intendono per:a) attrezzatura di lavoro: qualsiasi macchina, apparecchio, utensile od impianto destinato ad essere usato durante il lavoro;b) uso di una attrezzatura di lavoro: qualsiasi operazione lavorativa connessa ad una attrezzatura di lavoro, quale la messa in servizio o fuori servizio, l'impiego, il trasporto, la riparazione, la trasformazione, la manutenzione, la pulizia, lo smontaggio;c) zona pericolosa: qualsiasi zona all'interno ovvero in prossimità di una attrezzatura di lavoro nella quale la presenza di un lavoratore costituisce un rischio per la salute o la sicurezza dello stesso.c-bis) lavoro in quota: attivita' lavorativa che espone il lavoratore al rischio di caduta da una quota posta ad altezza superiore a 2 m rispetto ad un piano stabile (1).

Lettera aggiunta dall'art. 4 del D.Lgs. 8 luglio 2003, n. 235 (in vigore dal 19 luglio 2005). Art.35. Obblighi del datore di lavoro (1)

1. Il datore di lavoro mette a disposizione dei lavoratori attrezzature adeguate al lavoro da svolgere ovvero adattate a tali scopi ed idonee ai fini della sicurezza e della salute.2. Il datore di lavoro attua le misure tecniche ed organizzative adeguate per ridurre al minimo i rischi connessi all'uso delle attrezzature di lavoro da parte dei lavoratori e per impedire che dette attrezzature possano essere utilizzate per operazioni e secondo condizioni per le quali non sono adatte. Inoltre il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché durante l'uso delle attrezzature di lavoro siano rispettate le disposizioni di cui ai commi 4-bis e 4-ter.

3. All'atto della scelta delle attrezzature di lavoro il datore di lavoro prende in considerazione:a) le condizioni e le caratteristiche specifiche del lavoro da svolgere;b) i rischi presenti nell'ambiente di lavoro;c) i rischi derivanti dall'impiego delle attrezzature stesse. cbis) i sistemi di comando, che devono essere sicuri anche tenuto conto dei guasti, dei disturbi e delle sollecitazioni prevedibili in relazione all'uso progettato dell'attrezzatura.

4. Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché le attrezzature di lavoro siano:a) installate in conformità alle istruzioni del fabbricante;b) utilizzate correttamente;c) oggetto di idonea manutenzione al fine di garantire nel tempo la rispondenza ai requisiti di cui all'art. 36 e siano corredate, ove necessario, da apposite istruzioni d'uso;c-bis) disposte in maniera tale da ridurre i rischi per gli utilizzatori e per le altre persone, assicurando in particolare sufficiente spazio disponibile tra gli elementi mobili e gli elementi fissi o mobili circostanti e che tutte le energie e sostanze utilizzate o prodotte possano essere addotte o estratte in modo sicuro.

4-bis. Il datore di lavoro provvede affinché nell'uso di attrezzature di lavoro mobili, semoventi o non semoventi sia assicurato che:a) vengano disposte e fatte rispettare regole di circolazione per attrezzature di lavoro che manovrano in una zona di lavoro;

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b) vengano adottate misure organizzative atte a evitare che i lavoratori a piedi si trovino nella zona di attività di attrezzature di lavoro semoventi e comunque misure appropriate per evitare che, qualora la presenza di lavoratori a piedi sia necessaria per la buona esecuzione dei lavori, essi subiscano danno da tali attrezzature;c) il trasporto di lavoratori su attrezzature di lavoro mobili mosse meccanicamente avvenga esclusivamente su posti sicuri, predisposti a tale fine, e che, se si devono effettuare lavori durante lo spostamento, la velocità dell'attrezzatura sia adeguata;d) le attrezzature di lavoro mobili, dotate di motore a combustione, siano utilizzate nelle zone di lavoro soltanto qualora sia assicurata una quantità sufficiente di aria senza rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori.

4-ter. Il datore di lavoro provvede affinché nell'uso di attrezzature di lavoro destinate a sollevare carichi sia assicurato che:a) gli accessori di sollevamento siano scelti in funzione dei carichi da movimentare, dei punti di presa, del dispositivo di aggancio, delle condizioni atmosferiche, nonché tenendo conto del modo e della configurazione dell'imbracatura; le combinazioni di più accessori di sollevamento siano contrassegnate in modo chiaro per consentire all'utilizzatore di conoscerne le caratteristiche qualora esse non siano scomposte dopo l'uso; gli accessori di sollevamento siano depositati in modo tale da non essere danneggiati o deteriorati;b) allorché due o più attrezzature di lavoro che servono al sollevamento di carichi non guidati sono installate o montate in un luogo di lavoro in modo che i loro raggi di azione si intersecano, siano prese misure appropriate per evitare la collisione tra i carichi e gli elementi delle attrezzature di lavoro stesse;c) i lavori siano organizzati in modo tale che, quando un lavoratore aggancia o sgancia manualmente un carico, tali operazioni possano svolgersi con la massima sicurezza e, in particolare, in modo che il lavoratore ne conservi il controllo diretto o indiretto;d) tutte le operazioni di sollevamento siano correttamente progettate nonché adeguatamente controllate ed eseguite al fine di tutelare la sicurezza dei lavoratori; in particolare, per un carico da sollevare simultaneanente da due o più attrezzature di lavoro che servono al sollevamento di carichi non guidati, sia stabilita e applicata una procedura d'uso per garantire il buon coordinamento degli operatori;e) qualora attrezzature di lavoro che servono al sollevamento di carichi non guidati non possano trattenere i carichi in caso di interruzione parziale o totale dell'alimentazione di energia, siano prese misure appropriate per evitare di esporre i lavoratori ai rischi relativi; i carichi sospesi non devono rimanere senza sorveglianza salvo il caso in cui l'accesso alla zona di pericolo sia precluso e il carico sia stato agganciato e sistemato con la massima sicurezza;f) allorché le condizioni meteorologiche si degradano ad un punto tale da mettere in pericolo la sicurezza di funzionamento, esponendo così i lavoratori a rischi, l'utilizzazione all'aria aperta di attrezzature di lavoro che servono al sollevamento di carichi non guidati sia sospesa e siano adottate adeguate misure di protezione per i lavoratori e, in particolare, misure che impediscano il ribaltamento dell'attrezzatura di lavoro.

4-quater. Il datore di lavoro, sulla base della normativa vigente, provvede affinché le attrezzature di cui all'allegato XIV siano sottoposte a verifiche di prima installazione o di successiva installazione e a verifiche periodiche o eccezionali, di seguito denominate "verifiche", al fine di assicurarne l'installazione corretta e il buon funzionamento.

4-quinquies. I risultati delle verifiche di cui al comma 4-quater sono tenuti a disposizione dell'autorità di vigilanza competente per un periodo di cinque anni dall'ultima registrazione o fino alla messa fuori esercizio dell'attrezzatura, se avviene prima. Un documento attestante l'esecuzione dell'ultima verifica deve accompagnare le attrezzature di lavoro ovunque queste sono utilizzate".

5. Qualora le attrezzature richiedano per il loro impiego conoscenze o responsabilità particolari in relazione ai loro rischi specifici, il datore di lavoro si assicura che:a) l'uso dell'attrezzatura di lavoro é riservato a lavoratori all'uopo incaricati;b) in caso di riparazione, di trasformazione o manutenzione, il lavoratore interessato é qualificato in maniera specifica per svolgere tali compiti.

(1) Come modificato dall’articolo 2 del D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 359. Art.36. Disposizioni concernenti le attrezzature di lavoro (1)

1. Le attrezzature di lavoro messe a disposizione dei lavoratori devono soddisfare alle disposizioni legislative e regolamentari in materia di tutela della sicurezza e salute dei lavoratori stessi ad esse applicabili.

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2. Le modalità e le procedure tecniche delle verifiche seguono il regime giuridico corrispondente a quello in base al quale l'attrezzatura é stata costruita e messa in servizio.

3. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri dell'industria, del commercio e dell'artigianato e della sanità, sentita la commissione consultiva permanente stabilisce modalità e procedure per l'effettuazione delle verifiche di cui al comma 2.

4. Nell'art. 52 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, dopo il comma 2 é aggiunto, in fine, il seguente comma: "Se ciò é appropriato e funzionale rispetto ai pericoli dell'attrezzatura di lavoro e del tempo di arresto normale, un'attrezzatura di lavoro deve essere munita di un dispositivo di arresto di emergenza.".

5. Nell'art. 53 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, dopo il comma 3 é aggiunto, in fine, il seguente comma:"Qualora i mezzi di cui al comma 1 svolgano anche la funzione di allarme essi devono essere ben visibili ovvero comprensibili senza possibilità di errore.". (2)

6. Nell'art. 374 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, dopo il comma 2 é aggiunto, in fine, il seguente comma:"Ove per le apparecchiature di cui al comma 2 é fornito il libretto di manutenzione occorre prevedere l'aggiornamento di questo libretto.".

7. Nell'art. 20 del decreto del Presidente della Repubblica 18 marzo 1956, n. 303, dopo il comma 2 sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:"Un'attrezzatura che presenta pericoli causati da cadute o da proiezione di oggetti deve essere munita di dispositivi appropriati di sicurezza corrispondenti a tali pericoli. Un'attrezzatura di lavoro che comporta pericoli dovuti ad emanazione di gas, vapori o liquidi ovvero ad emissioni di polvere, deve essere munita di appropriati dispositivi di ritenuta ovvero di estrazione vicino alla fonte corrispondente a tali pericoli.". (3)

8. Le disposizioni del presente articolo entrano in vigore tre mesi dopo la pubblicazione del D.Lgs.359/99 nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

8-bis. Il datore di lavoro adegua ai requisiti di cui all'allegato XV, entro il 30 giugno 2001, le attrezzature di lavoro indicate nel predetto allegato, già messe a disposizione dei lavoratori alla data del 5 dicembre 1998 e non soggette a norme nazionali di attuazione di direttive comunitarie concernenti disposizioni di carattere costruttivo, allorché esiste per l'attrezzatura di lavoro considerata un rischio corrispondente. (4)

8-ter. Fino a che le attrezzature di lavoro di cui al comma 8-bis non vengono adeguate il datore di lavoro adotta misure alternative che garantiscano un livello di sicurezza equivalente.

8-quater. Le modifiche apportate alle macchine definite all'art. 1, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1996, n. 459, a seguito dell'applicazione delle disposizioni del comma 8- bis, e quelle effettuate per migliorare le condizioni di sicurezza sempre che non comportino modifiche delle modalità di utilizzo e delle prestazioni previste dal costruttore, non configurano immissione sul mercato ai sensi dell'art. 1, comma 3, secondo periodo, del predetto decreto.

(1) Come modificato dall’articolo 3 del D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 359.(2) Comma così modificato dall'art. 17, comma 2, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.(3) Comma abrogato dall'art. 17, comma 1, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.(4) Termine differito al 5 dicembre 2002 (limitatamente alle attrezzature individuate ai punti 1.3 e 1.4 dell'allegato XV) dall' art. 20 della Legge 1 marzo 2002, n.39 Art. 36-bis. Obblighi del datore di lavoro nell'uso di attrezzature per lavori in quota (1)

1. Il datore di lavoro, nei casi in cui i lavori temporanei in quota non possono essere eseguiti in condizioni di sicurezza e in condizioni ergonomiche adeguate a partire da un luogo adatto allo scopo, sceglie le attrezzature di lavoro piu' idonee a garantire e mantenere condizioni di lavoro sicure, in conformita' ai seguenti criteri:

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a) priorita' alle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale;b) dimensioni delle attrezzature di lavoro confacenti alla natura dei lavori da eseguire, alle sollecitazioni prevedibili e ad una circolazione priva di rischi.

2. Il datore di lavoro sceglie il tipo piu' idoneo di sistema di accesso ai posti di lavoro temporanei in quota in rapporto alla frequenza di circolazione, al dislivello e alla durata dell'impiego. Il sistema di accesso adottato deve consentire l'evacuazione in caso di pericolo imminente. Il passaggio da un sistema di accesso a piattaforme, impalcati, passerelle e viceversa non deve comportare rischi ulteriori di caduta.

3. Il datore di lavoro dispone affinche' sia utilizzata una scala a pioli quale posto di lavoro in quota solo nei casi in cui l'uso di altre attrezzature di lavoro considerate piu' sicure non e' giustificato a causa del limitato livello di rischio e della breve durata di impiego oppure delle caratteristiche esistenti dei siti che non puo' modificare.

4. Il datore di lavoro dispone affinche' siano impiegati sistemi di accesso e di posizionamento mediante funi alle quali il lavoratore e' direttamente sostenuto, soltanto in circostanze in cui, a seguito della valutazione dei rischi, risulta che il lavoro puo' essere effettuato in condizioni di sicurezza e l'impiego di un'altra attrezzatura di lavoro considerata piu' sicura non e' giustificato a causa della breve durata di impiego e delle caratteristiche esistenti dei siti che non puo' modificare. Lo stesso datore di lavoro prevede l'impiego di un sedile munito di appositi accessori in funzione dell'esito della valutazione dei rischi ed, in particolare, della durata dei lavori e dei vincoli di carattere ergonomico.

5. Il datore di lavoro, in relazione al tipo di attrezzature di lavoro adottate in base ai commi precedenti, individua le misure atte a minimizzare i rischi per i lavoratori, insiti nelle attrezzature in questione, prevedendo, ove necessario, l'installazione di dispositivi di protezione contro le cadute. I predetti dispositivi devono presentare una configurazione ed una resistenza tali da evitare o da arrestare le cadute da luoghi di lavoro in quota e da prevenire, per quanto possibile, eventuali lesioni dei lavoratori. I dispositivi di protezione collettiva contro le cadute possono presentare interruzioni soltanto nei punti in cui sono presenti scale a pioli o a gradini.

6. Il datore di lavoro nel caso in cui l'esecuzione di un lavoro di natura particolare richiede l'eliminazione temporanea di un dispositivo di protezione collettiva contro le cadute, adotta misure di sicurezza equivalenti ed efficaci. Il lavoro e' eseguito previa adozione di tali misure. Una volta terminato definitivamente o temporaneamente detto lavoro di natura particolare, i dispositivi di protezione collettiva contro le cadute devono essere ripristinati.

7. Il datore di lavoro effettua i lavori temporanei in quota soltanto se le condizioni meteorologiche non mettono in pericolo la sicurezza e la salute dei lavoratori.

(1) Articolo aggiunto dall'art. 5 del D.Lgs. 8 luglio 2003, n. 235 (in vigore dal 19 luglio 2005). Art. 36-ter. Obblighi del datore di lavoro relativi all'impiego delle scale a pioli (1)

1. Il datore di lavoro assicura che le scale a pioli siano sistemate in modo da garantire la loro stabilita' durante l'impiego e secondo i seguenti criteri:a) le scale a pioli portatili devono poggiare su un supporto stabile, resistente, di dimensioni adeguate e immobile, in modo da garantire la posizione orizzontale dei pioli;b) le scale a pioli sospese devono essere agganciate in modo sicuro e, ad eccezione delle scale a funi, in maniera tale da evitare spostamenti e qualsiasi movimento di oscillazione;c) lo scivolamento del piede delle scale a pioli portatili, durante il loro uso, deve essere impedito con fissaggio della parte superiore o inferiore dei montanti, o con qualsiasi dispositivo antiscivolo, o ricorrendo a qualsiasi altra soluzione di efficacia equivalente;d) le scale a pioli usate per l'accesso devono essere tali da sporgere a sufficienza oltre il livello di accesso, a meno che altri dispositivi garantiscono una presa sicura;e) le scale a pioli composte da piu' elementi innestabili o a sfilo devono essere utilizzate in modo da assicurare il fermo reciproco dei vari elementi;f) le scale a pioli mobili devono essere fissate stabilmente prima di accedervi.

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2. Il datore di lavoro assicura che le scale a pioli siano utilizzate in modo da consentire ai lavoratori di disporre in qualsiasi momento di un appoggio e di una presa sicuri. In particolare il trasporto a mano di pesi su una scala a pioli non deve precludere una presa sicura.

(1) Articolo aggiunto dall'art. 5 del D.Lgs. 8 luglio 2003, n. 235 (in vigore dal 19 luglio 2005). Art. 36-quater. Obblighi del datore di lavoro relativi all'impiego dei ponteggi (1)

1. Il datore di lavoro procede alla redazione di un calcolo di resistenza e di stabilita' e delle corrispondenti configurazioni di impiego, se nella relazione di calcolo del ponteggio scelto non sono disponibili specifiche configurazioni strutturali con i relativi schemi di impiego.

2. Il datore di lavoro e' esonerato dall'obbligo di cui al comma 1, se provvede all'assemblaggio del ponteggio in conformita' ai capi IV, V e VI del decreto del Presidente della Repubblica 7 gennaio 1956, n. 164.

3. Il datore di lavoro provvede a redigere a mezzo di persona competente un piano di montaggio, uso e smontaggio, in funzione della complessita' del ponteggio scelto. Tale piano puo' assumere la forma di un piano di applicazione generalizzata integrato da istruzioni e progetti particolareggiati per gli schemi speciali costituenti il ponteggio, ed e' messo a disposizione del preposto addetto alla sorveglianza e dei lavoratori interessati.

4. Il datore di lavoro assicura che:a) lo scivolamento degli elementi di appoggio di un ponteggio e' impedito tramite fissaggio su una superficie di appoggio, o con un dispositivo antiscivolo, oppure con qualsiasi altra soluzione di efficacia equivalente;b) i piani di posa dei predetti elementi di appoggio hanno una capacita' portante sufficiente;c) il ponteggio e' stabile;d) dispositivi appropriati impediscono lo spostamento involontario dei ponteggi su ruote durante l'esecuzione dei lavori in quota;e) le dimensioni, la forma e la disposizione degli impalcati di un ponteggio sono idonee alla natura del lavoro da eseguire, adeguate ai carichi da sopportare e tali da consentire un'esecuzione dei lavori e una circolazione sicure;f) il montaggio degli impalcati dei ponteggi e' tale da impedire lo spostamento degli elementi componenti durante l'uso, nonche' la presenza di spazi vuoti pericolosi fra gli elementi che costituiscono gli impalcati e i dispositivi verticali di protezione collettiva contro le cadute.

5. Il datore di lavoro provvede ad evidenziare le parti di ponteggio non pronte per l'uso, in particolare durante le operazioni di montaggio, smontaggio o trasformazione, mediante segnaletica di avvertimento di pericolo generico ai sensi del decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 493, e delimitandole con elementi materiali che impediscono l'accesso alla zona di pericolo.

6. Il datore di lavoro assicura che i ponteggi siano montati, smontati o trasformati sotto la sorveglianza di un preposto e ad opera di lavoratori che hanno ricevuto una formazione adeguata e mirata alle operazioni previste.

7. La formazione di cui al comma 6 ha carattere teorico-pratico e deve riguardare:a) la comprensione del piano di montaggio, smontaggio o trasformazione del ponteggio;b) la sicurezza durante le operazioni di montaggio, smontaggio o trasformazione del ponteggio con riferimento alla legislazione vigente;c) le misure di prevenzione dei rischi di caduta di persone o di oggetti;d) le misure di sicurezza in caso di cambiamento delle condizioni meteorologiche pregiudizievoli alla sicurezza del ponteggio;e) le condizioni di carico ammissibile;f) qualsiasi altro rischio che le suddette operazioni di montaggio, smontaggio o trasformazione possono comportare.

8. In sede di Conferenza Stato-Regioni e province autonome sono individuati i soggetti formatori, la durata, gli indirizzi ed i requisiti minimi di validita' dei corsi.

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9. I lavoratori che alla data di entrata in vigore del presente decreto hanno svolto per almeno due anni attivita' di montaggio smontaggio o trasformazione di ponteggi sono tenuti a partecipare ai corsi di formazione di cui al comma 8 entro i due anni successivi alla data di entrata in vigore del presente decreto.

10. I preposti che alla data di entrata in vigore del presente decreto hanno svolto per almeno tre anni operazioni di montaggio, smontaggio o trasformazione di ponteggi sono tenuti a partecipare ai corsi di formazione di cui al comma 8 entro i due anni successivi alla data di entrata in vigore del presente decreto.

(1) Articolo aggiunto dall'art. 5 del D.Lgs. 8 luglio 2003, n. 235 (in vigore dal 19 luglio 2005). Art. 36-quinquies. Obblighi dei datori di lavoro concernenti l'impiego di sistemi di accesso e di posizionamento mediante funi (1)

1. Il datore di lavoro impiega sistemi di accesso e di posizionamento mediante funi in conformita' ai seguenti requisiti:a) sistema comprendente almeno due funi ancorate separatamente, una per l'accesso, la discesa e il sostegno (fune di lavoro) e l'altra con funzione di dispositivo ausiliario (fune di sicurezza). E' ammesso l'uso di una fune in circostanze eccezionali in cui l'uso di una seconda fune rende il lavoro piu' pericoloso e se sono adottate misure adeguate per garantire la sicurezza;b) lavoratori dotati di un'adeguata imbracatura di sostegno collegata alla fune di sicurezza;c) fune di lavoro munita di meccanismi sicuri di ascesa e discesa e dotata di un sistema autobloccante volto a evitare la caduta nel caso in cui l'utilizzatore perda il controllo dei propri movimenti. La fune di sicurezza deve essere munita di un dispositivo mobile contro le cadute che segue gli spostamenti del lavoratore;d) attrezzi ed altri accessori utilizzati dai lavoratori, agganciati alla loro imbracatura di sostegno o al sedile o ad altro strumento idoneo;e) lavori programmati e sorvegliati in modo adeguato, anche al fine di poter immediatamente soccorrere il lavoratore in caso di necessita'. Il programma dei lavori definisce un piano di emergenza, le tipologie operative, i dispositivi di protezione individuale, le tecniche e le procedure operative, gli ancoraggi, il posizionamento degli operatori, i metodi di accesso, le squadre di lavoro e gli attrezzi di lavoro;f) il programma di lavoro deve essere disponibile presso i luoghi di lavoro ai fini della verifica da parte dell'organo di vigilanza competente per territorio di compatibilita' ai criteri di cui all'articolo 36-bis, commi 1 e 2.

2. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori interessati una formazione adeguata e mirata alle operazioni previste, in particolare in materia di procedure di salvataggio.

3. La formazione di cui al comma 2 ha carattere teorico-pratico e deve riguardare:a) l'apprendimento delle tecniche operative e dell'uso dei dispositivi necessari;b) l'addestramento specifico sia su strutture naturali, sia su manufatti;c) l'utilizzo dei dispositivi di protezione individuale, loro caratteristiche tecniche, manutenzione, durata e conservazione;d) gli elementi di primo soccorso;e) i rischi oggettivi e le misure di prevenzione e protezione;f) le procedure di salvataggio.

4. In sede di Conferenza Stato-Regioni e province autonome saranno individuati i soggetti formatori, la durata, gli indirizzi ed i requisiti minimi di validita' dei corsi.

5. I lavoratori che alla data di entrata in vigore del presente decreto hanno svolto per almeno 2 anni attivita' con impiego di sistemi di accesso e posizionamento mediante funi devono partecipare ai corsi di formazione di cui al comma 4 entro i due anni successivi alla data di entrata in vigore del presente decreto.

(1) Articolo aggiunto dall'art. 5 del D.Lgs. 8 luglio 2003, n. 235 (in vigore dal 19 luglio 2005). Art.37. Informazione

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1. Il datore di lavoro provvede affinché per ogni attrezzatura di lavoro a disposizione, i lavoratori incaricati dispongano di ogni informazione e di ogni istruzione d'uso necessaria in rapporto alla sicurezza e relativa:a) alle condizioni di impiego delle attrezzature anche sulla base delle conclusioni eventualmente tratte dalle esperienze acquisite nella fase di utilizzazione delle attrezzature di lavoro;b) alle situazioni anormali prevedibili.

1-bis. Il datore di lavoro provvede altresì a informare i lavoratori sui rischi cui sono esposti durante l'uso delle attrezzature di lavoro, sulle attrezzature di lavoro presenti nell'ambiente immediatamente circostante, anche se da essi non usate direttamente, nonché sui cambiamenti di tali attrezzature.

2. Le informazioni e le istruzioni d'uso devono risultare comprensibili ai lavoratori interessati.

(1) Come modificato dall’articolo 5 del D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 359. Art.38. Formazione ed addestramento

1. Il datore di lavoro si assicura che:a) i lavoratori incaricati di usare le attrezzature di lavoro ricevono una formazione adeguata sull'uso delle attrezzature di lavoro;b) i lavoratori incaricati dell'uso delle attrezzature che richiedono conoscenze e responsabilità particolari di cui all'art. 35, comma 5, ricevono un addestramento adeguato e specifico che li metta in grado di usare tali attrezzature in modo idoneo e sicuro anche in relazione ai rischi causati ad altre persone. Art.39. Obblighi dei lavoratori

1. I lavoratori si sottopongono ai programmi di formazione o di addestramento eventualmente organizzati dal datore di lavoro.

2. I lavoratori utilizzano le attrezzature di lavoro messe a loro disposizione conformemente all'informazione, alla formazione ed all'addestramento ricevuti.

3. I lavoratori:a) hanno cura delle attrezzature di lavoro messe a loro disposizione;b) non vi apportano modifiche di propria iniziativa;c) segnalano immediatamente al datore di lavoro o al dirigente o al preposto qualsiasi difetto od inconveniente da essi rilevato nelle attrezzature di lavoro messe a loro disposizione. Titolo IVUSO DEI DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE

Art.40. Definizioni

1. Si intende per dispositivo di protezione individuale (DPI) qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonchè ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo.

2. Non sono dispositivi di protezione individuale:a) gli indumenti di lavoro ordinari e le uniformi non specificamente destinati a proteggere la sicurezza e la salute del lavoratore;b) le attrezzature dei servizi di soccorso e di salvataggio; c) le attrezzature di protezione individuale delle forze armate, delle forze di polizia e del personale del servizio per il mantenimento dell'ordine pubblico;d) le attrezzature di protezione individuale proprie dei mezzi di trasporto stradali;e) i materiali sportivi;f) i materiali per l'autodifesa o per la dissuasione;g) gli apparecchi portatili per individuare e segnalare rischi e fattori nocivi.

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Art.41. Obbligo di uso

1. I DPI devono essere impiegati quando i rischi non possono essere evitati o sufficientemente ridotti da misure tecniche di prevenzione, da mezzi di protezione collettiva, da misure, metodi o procedimenti di riorganizzazione del lavoro. Art.42. Requisiti dei DPI

1. I DPI devono essere conformi alle norme di cui al decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475.

2. I DPI di cui al comma 1 devono inoltre:a) essere adeguati ai rischi da prevenire, senza comportare di per sè un rischio maggiore;b) essere adeguati alle condizioni esistenti sul luogo di lavoro;c) tenere conto delle esigenze ergonomiche o di salute del lavoratore;d) poter essere adattati all'utilizzatore secondo le sue necessità.

3. In caso di rischi multipli che richiedono l'uso simultaneo di più DPI, questi devono essere tra loro compatibili e tali da mantenere, anche nell'uso simultaneo, la propria efficacia nei confronti del rischio e dei rischi corrispondenti. Art.43. Obblighi del datore di lavoro

1. Il datore di lavoro ai fini della scelta dei DPI:a) effettua l'analisi e la valutazione dei rischi che non possono essere evitati con altri mezzi;b) individua le caratteristiche dei DPI necessarie affinchè questi siano adeguati ai rischi di cui alla letteraa), tenendo conto delle eventuali ulteriori fonti di rischio rappresentate dagli stessi DPI;c) valuta, sulla base delle informazioni a corredo dei DPI fornite dal fabbricante e delle norme d'uso di cui all'art. 45 le caratteristiche dei DPI disponibili sul mercato e le raffronta con quelle individuate alla lettera b);d) aggiorna la scelta ogni qualvolta intervenga una variazione significativa negli elementi di valutazione (1).

2. Il datore di lavoro, anche sulla base delle norme d'uso di cui all'art. 45, individua le condizioni in cui un DPI deve essere usato, specie per quanto riguarda la durata dell'uso, in funzione di:a) entità del rischio;b) frequenza dell'esposizione al rischio;c) caratteristiche del posto di lavoro di ciascun lavoratore;d) prestazioni del DPI.

3. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori i DPI conformi ai requisiti previsti dall'art. 42 e dal decreto di cui all'art. 45, comma 2.

4. Il datore di lavoro:a) mantiene in efficienza i DPI e ne assicura le condizioni d'igiene, mediante la manutenzione, le riparazioni e le sostituzioni necessarie;b) provvede a che i DPI siano utilizzati soltanto per gli usi previsti, salvo casi specifici ed eccezionali, conformemente alle informazioni del fabbricante;c) fornisce istruzioni comprensibili per i lavoratori;d) destina ogni DPI ad un uso personale e, qualora le circostanze richiedano l'uso di uno stesso DPI da parte di più persone, prende misure adeguate affinchè tale uso non ponga alcun problema sanitario e igienico ai vari utilizzatori;e) informa preliminarmente il lavoratore dei rischi dai quali il DPI lo protegge;f) rende disponibile nell'azienda ovvero unità produttiva informazioni adeguate su ogni DPI;g) assicura una formazione adeguata e organizza, se necessario, uno specifico addestramento circa l'uso corretto e l'utilizzo pratico dei DPI.

5. In ogni caso l'addestramento è indispensabile:a) per ogni DPI che, ai sensi del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475, appartenga alla terza categoria;

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b) per i dispositivi di protezione dell'udito.

(1) Lettera così modificata dall’art. 18 del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242. Art.44. Obblighi dei lavoratori.

1. I lavoratori si sottopongono al programma di formazione e addestramento organizzato dal datore di lavoro nei casi ritenuti necessari ai sensi dell'art. 43, commi 4, lettera g), e 5.2. I lavoratori utilizzano i DPI messi a loro disposizione conformemente all'informazione e alla formazione ricevute e all'addestramento eventualmente organizzato.

3. I lavoratori:a) hanno cura dei DPI messi a loro disposizione;b) non vi apportano modifiche di propria iniziativa.

4. Al termine dell'utilizzo i lavoratori seguono le procedure aziendali in materia di riconsegna dei DPI.

5. I lavoratori segnalano immediatamente al datore di lavoro o al dirigente o al preposto qualsiasi difetto o inconveniente da essi rilevato nei DPI messi a loro disposizione. Art.45. Criteri per l'individuazione e l'uso.

1. Il contenuto degli allegati III, IV e V costituisce elemento di riferimento per l'applicazione di quanto previsto all'art. 43, commi 1 e 4.

2. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale di concerto con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentita la commissione consultiva permanente, tenendo conto della natura, dell'attività e dei fattori specifici di rischio, indica:a) i criteri per l'individuazione e l'uso dei DPI;b) le circostanze e le situazioni in cui, ferme restando le priorità delle misure di protezione collettiva, si rende necessario l'impiego dei DPI. Art.46. Norma transitoria

1. Fino alla data del 31 dicembre 1998 e, nel caso di dispositivi di emergenza destinati all'autosalvataggio in caso di evacuazione, fino al 31 dicembre 2004, possono essere impiegati:a) i DPI commercializzati ai sensi dell'art. 15, comma 1, del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475;b) i DPI già in uso alla data di entrata in vigore del presente decreto prodotti conformemente alle normative vigenti nazionali o di altri Paesi della Comunità europea. Titolo VMOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI

Art.47. Campo di applicazione.

1. Le norme del presente titolo si applicano alle attività che comportano la movimentazione manuale dei carichi con i rischi, tra l'altro, di lesioni dorso-lombari per i lavoratori durante il lavoro.

2. Si intendono per:a) movimentazione manuale dei carichi: le operazioni di trasporto o di sostegno di un carico ad opera di uno o più lavoratori, comprese le azioni del sollevare, deporre, spingere, tirare, portare o spostare un carico che, per le loro caratteristiche o in conseguenza delle condizioni ergonomiche sfavorevoli, comportano tra l'altro rischi di lesioni dorso-lombari;b) lesioni dorso-lombari: lesioni a carico delle strutture osteomiotendinee e nerveovascolari a livello dorso lombare.

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Art.48. Obblighi dei datori di lavoro

1. Il datore di lavoro adotta le misure organizzative necessarie o ricorre ai mezzi appropriati, in particolare attrezzature meccaniche, per evitare la necessità di una movimentazione manuale dei carichi da parte dei lavoratori.2. Qualora non sia possibile evitare la movimentazione manuale dei carichi ad opera dei lavoratori, il datore di lavoro adotta le misure organizzative necessarie, ricorre ai mezzi appropriati o fornisce ai lavoratori stessi i mezzi adeguati, allo scopo di ridurre il rischio che comporta la movimentazione manuale di detti carichi, in base all'allegato VI.

3. Nel caso in cui la necessità di una movimentazione manuale di un carico ad opera del lavoratore non può essere evitata, il datore di lavoro organizza i posti di lavoro in modo che detta movimentazione sia quanto più possibile sicura e sana.

4. Nei casi di cui al comma 3 il datore di lavoro:a) valuta, se possibile, preliminarmente, le condizioni di sicurezza e di salute connesse al lavoro in questione e tiene conto in particolare delle caratteristiche del carico in base all'allegato VI;b) adotta le misure atte ad evitare o ridurre tra l'altro i rischi di lesioni dorso-lombari, tenendo conto in particolare dei fattori individuali di rischio, delle caratteristiche dell'ambiente di lavoro e delle esigenze che tale attività comporta, in base all'allegato VI;c) sottopone alla sorveglianza sanitaria di cui all'art. 16 gli addetti alle attività di cui al presente decreto. Art.49. Informazione e formazione

1. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori informazioni, in particolare per quanto riguarda:a) il peso di un carico;b) il centro di gravità o il lato più pesante nel caso in cui il contenuto di un imballaggio abbia una collocazione eccentrica;c) la movimentazione corretta dei carichi e i rischi che i lavoratori corrono se queste attività non vengono eseguite in maniera corretta, tenuto conto degli elementi di cui all'allegato VI.

2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata, in particolare in ordine a quanto indicato al comma 1. Titolo VIUSO DI ATTREZZATURE MUNITE DI VIDEOTERMINALI

Art.50. Campo di applicazione

1. Le norme del presente titolo si applicano alle attività lavorative che comportano l'uso di attrezzature munite di videoterminali.

2. Le norme del presente titolo non si applicano ai lavoratori addetti:a) ai posti di guida di veicoli o macchine;b) ai sistemi informatici montati a bordo di un mezzo di trasporto;c) ai sistemi informatici destinati in modo prioritario all'utilizzazione da parte del pubblico;d) ai sistemi denominati "portatili" ove non siano oggetto di utilizzazione prolungata in un posto di lavoro;e) alle macchine calcolatrici, ai registratori di cassa e a tutte le attrezzature munite di un piccolo dispositivo di visualizzazione dei dati o delle misure, necessario all'uso diretto di tale attrezzatura;f) alle macchine di videoscrittura senza schermo separato (1).

(1) Comma così modificato dall’art. 19, comma 1, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242. Art.51. Definizioni

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1. Ai fini del presente titolo si intende per:a) videoterminale: uno schermo alfanumerico o grafico a prescindere dal tipo di procedimento di visualizzazione utilizzato;b) posto di lavoro: l'insieme che comprende le attrezzature munite di videoterminale, eventualmente con tastiera ovvero altro sistema di immissione dati, ovvero software per l'interfaccia uomo-macchina, gli accessori opzionali, le apparecchiature connesse, comprendenti l'unità a dischi, il telefono, il modem, la stampante, il supporto per i documenti, la sedia, il piano di lavoro, nonchè l'ambiente di lavoro immediatamente circostanze;c) lavoratore: il lavoratore che utilizza un’attrezzatura munita di videoterminali, in modo sistematico o abituale, per venti ore settimanali, dedotte le interruzioni di cui all’articolo 54 (1).

(1) Comma così modificato dall’art. 21, comma 1, lett.a , della Legge del 29 dicembre 2000, n. 422. Art.52. Obblighi del datore di lavoro

1. Il datore di lavoro, all'atto della valutazione del rischio di cui all'art. 4, comma 1, analizza i posti di lavoro con particolare riguardo:a) ai rischi per la vista e per gli occhi;b) ai problemi legati alla postura ed all'affaticamento fisico o mentale;c) alle condizioni ergonomiche e di igiene ambientale.

2. Il datore di lavoro adotta le misure appropriate per ovviare ai rischi riscontrati in base alle valutazioni di cui al comma 1, tenendo conto della somma ovvero della combinazione della incidenza dei rischi riscontrati. Art.53. Organizzazione del lavoro

1. Il datore di lavoro assegna le mansioni e i compiti lavorativi comportanti l'uso dei videoterminali anche secondo una distribuzione del lavoro che consente di evitare il più possibile la ripetitività e la monotonia delle operazioni. Art.54. Svolgimento quotidiano del lavoro

1. Il lavoratore, qualora svolga la sua attività per almeno quattro ore consecutive, ha diritto ad una interruzione della sua attività mediante pause ovvero cambiamento di attività.

2. Le modalità di tali interruzioni sono stabilite dalla contrattazione collettiva anche aziendale.

3. In assenza di una disposizione contrattuale riguardante l'interruzione di cui al comma 1, il lavoratore comunque ha diritto ad una pausa di quindici minuti ogni centoventi minuti di applicazione continuativa al viedoterminale.

4. Le modalità e la durata delle interruzioni possono essere stabilite temporaneamente a livello individuale ove il medico competente ne evidenzi la necessità.

5. E' comunque esclusa la cumulabilità delle interruzioni all'inizio ed al termine dell'orario di lavoro.

6. Nel computo dei tempi di interruzione non sono compresi i tempi di attesa della risposta da parte del sistema elettronico, che sono considerati, a tutti gli effetti, tempo di lavoro, ove il lavoratore non possa abbandonare il posto di lavoro.

7. La pausa è considerata a tutti gli effetti parte integrante dell'orario di lavoro e, come tale, non è riassorbibile all'interno di accordi che prevedono la riduzione dell'orario complessivo di lavoro. Art.55. Sorveglianza sanitaria

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1. I lavoratori, prima di essere addetti alle attività di cui al presente titolo, sono sottoposti ad una visita medica per evidenziare eventuali malformazioni strutturali e ad un esame degli occhi e della vista effettuati dal medico competente. Qualora l'esito della visita medica ne evidenzi la necessità, il lavoratore è sottoposto ad esami specialistici. (1)

2. In base alle risultanze degli accertamenti di cui al comma 1 i lavoratori vengono classificati in:a) idonei, con o senza prescrizioni;b) non idonei.

3. I lavoratori sono sottoposti a sorveglianza sanitaria, ai sensi dell’articolo 16.(2)

3-bis. Le visite di controllo sono effettuate con le modalità di cui ai commi 1 e 2. (2)

3-ter. La periodicità delle visite di controllo, fatti salvi i casi particolari che richiedono una frequenza diversa stabilita dal medico competente, è biennale per i lavoratori classificati come idonei con prescrizioni e per i lavoratori che abbiano compiuto il cinquantesimo anno di età; quinquennale negli altri casi. (2)

4. Il lavoratore è sottoposto a controllo oftalmologico a sua richiesta, ogniqualvolta sospetti una sopravvenuta alterazione della funzione visiva, confermata dal medico competente, oppure ogniqualvolta l’esito della visita di cui ai commi 1 e 3 ne evidenzi la necessità (2).

5. Il datore di lavoro fornisce, a sue spese, ai lavoratori i dispositivi speciali di correzione, in funzione dell'attivita' svolta, qualora i risultati degli esami di cui ai commi 1, 3-ter e 4 ne evidenzino la necessita' e non sia possibile utilizzare i dispositivi normali di correzione (3).

(1) Comma così modificato dall’art. 19, comma 3, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.(2) Comma così sostituito dall’art. 21, comma 1, lett.b , della Legge del 29 dicembre 2000, n. 422.(3) Comma così sostituito dall'art. 7 della Legge 3 febbraio 2003, n. 14. Art.56. Informazione e formazione

1. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori informazioni, in particolare per quanto riguarda:a) le misure applicabili al posto di lavoro, in base all'analisi dello stesso di cui all'art. 52;b) le modalità di svolgimento dell'attività;c) la protezione degli occhi e della vista.

2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata in particolare in ordine a quanto indicato al comma 1.

3. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro della sanità, stabilisce con decreto una guida d'uso dei videoterminali. Art.57. Consultazione e partecipazione

1. Il datore di lavoro informa preventivamente i lavoratori e il rappresentante per la sicurezza dei cambiamenti tecnologici che comportano mutamenti nell'organizzazione del lavoro, in riferimento alle attività di cui al presente titolo. Art.58. Adeguamento alle norme

1. I posti di lavoro dei lavoratori di cui all’articolo 51, comma 1, lettera c), devono essere conformi alle prescrizioni minime di cui all’allegato VII (1)

(1) Comma così sostituito dall’art. 21, comma 1, lett.c , della Legge del 29 dicembre 2000, n. 422.

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Art.59. Caratteristiche tecniche

1. Con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale, della sanità e dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentita la commissione consultiva permanente, sono disposti, anche in recepimento di direttive comunitarie, gli adattamenti di carattere tecnico all'allegato VII in funzione del progresso tecnico, della evoluzione delle normative e specifiche internazionali oppure delle conoscenze nel settore delle attrezzature dotate di videoterminali. Titolo VIIPROTEZIONE DA AGENTI CANCEROGENI MUTAGENI (1)

(1) Rubrica così modificata dall’ art. 1 del D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 66, il quale ha inoltre disposto che nelle disposizioni del titolo VII, fatta eccezione per gli articoli 61 e 71, dopo le parole: «cancerogeno» o: «cancerogeni» sono aggiunte, ripettivamente, le parole: «o mutageno» e «o mutageni».

Capo I DISPOSIZIONI GENERALI

Art.60. Campo di applicazione

1. Le norme del presente titolo si applicano a tutte le attività nelle quali i lavoratori sono o possono essere esposti ad agenti cancerogeni o mutageni a causa della loro attività lavorativa.

2. Le norme del presente titolo non si applicano alle attività disciplinate dal decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277, capo III. (1)

3. Il presente titolo non si applica ai lavoratori esposti soltanto alle radiazioni previste dal trattato che istituisce la Comunità europea dell'energia atomica.

(1) Comma così modificato dall’ art. 2 del D.Lgs. 25 febbraio 2000. n. 66. Art.61. Definizioni (1)

1. Agli effetti del presente decreto si intende per:a) agente cancerogeno:1) una sostanza che risponde ai criteri relativi alla classificazione quali categorie cancerogene 1 o 2, stabiliti ai sensi del decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, e successive modificazioni;2) un preparato contenente una o più sostanze di cui al punto 1), quando la concentrazione di una o più delle singole sostanze risponde ai requisiti relativi ai limiti di concentrazione per la classificazione di un preparato nelle categorie cancerogene 1 o 2 in base ai criteri stabiliti dai decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52, e 16 luglio 1998, n. 285;3) una sostanza, un preparato o un processo di cui all'allegato VIII, nonchè una sostanza od un preparato emessi durante un processo previsto dall'allegato VIII;b) agente mutageno: 1) una sostanza che risponde ai criteri relativi alla classificazione nelle categorie mutagene 1 o 2, stabiliti dal decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, e successive modificazioni;2) un preparato contenente una o più sostanze di cui al punto 1), quando la concentrazione di una o più delle singole sostanze risponde ai requisiti relativi ai limiti di concentrazione per la classificazione di un preparato nelle categorie mutagene 1 o 2 in base ai criteri stabiliti dai decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52, e 16 luglio 1998, n. 285;c) valore limite: se non altrimenti specificato, il limite della concentrazione media, ponderata in funzione del tempo, di un agente cancerogeno o mutageno nell'aria, rilevabile entro la zona di respirazione di un lavoratore, in relazione ad un periodo di riferimento determinato stabilito nell'allegato VIII-bis.

(1) Articolo così sostituito dall’art. 3 del D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 66. Capo IIOBBLIGHI DEL DATORE DI LAVORO

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Art.62. Sostituzione e riduzione

1. Il datore di lavoro evita o riduce l'utilizzazione di un agente cancerogeno o mutageno sul luogo di lavoro in particolare sostituendolo, sempre che ciò è tecnicamente possibile, con una sostanza o un preparato o un procedimento che nelle condizioni in cui viene utilizzato non è o è meno nocivo alla salute e eventualmente alla sicurezza dei lavoratori.

2. Se non è tecnicamente possibile sostituire l'agente cancerogeno o mutageno il datore di lavoro provvede affinchè la produzione o l'utilizzazione dell'agente cancerogeno o mutageno avvenga in un sistema chiuso sempre che ciò è tecnicamente possibile.

3. Se il ricorso ad un sistema chiuso non è tecnicamente possibile il datore di lavoro provvede affinchè il livello di esposizione dei lavoratori sia ridotto al più basso valore tecnicamente possibile. L’ esposizione non deve comunque superare il valore limite dell’ agente stabilito nell’ allegato VIII bis (1).

(1) L’ ultimo periodo è stato aggiunto dall’ art. 4 del D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 66. Art.63. Valutazione del rischio

1. Fatto salvo quanto previsto all'art. 62, il datore di lavoro effettua una valutazione dell'esposizione a agenti cancerogeni o mutageni, i risultati della quale sono riportati nel documento di cui all'art. 4, comma 2 (1).

2. Detta valutazione tiene conto, in particolare, delle caratteristiche delle lavorazioni, della loro durata e della loro frequenza, dei quantitativi di agenti cancerogeni o mutageni prodotti ovvero utilizzati, della loro concentrazione, della capacità degli stessi di penetrare nell'organismo per le diverse vie di assorbimento, anche in relazione al loro stato di aggregazione e, qualora allo stato solido, se in massa compatta o in scaglie o informa polverulente e se o meno contenuti in una matrice solida che ne riduce o nei impedisce la fuoriuscita. La valutazione deve tener conto di tutti i possibili modi di esposizione, comreso quello in cui vi è assorbimento cutaneo (2).

3. Il datore di lavoro, in relazione ai risultati della valutazione di cui al comma 1, adotta le misure preventive e protettive del presente titolo, adattandole alle particolarità delle situazioni lavorative.

4. Il documento di cui all'art. 4, commi 2 e 3, è integrato con i seguenti dati:a) le attività lavorative che comportano la presenza di sostanze o preparati cancerogeni o mutageni o di processi industriali di cui all'allegato VIII, con l'indicazione dei motivi per i quali sono impiegati agenti cancerogeni;b) i quantitativi di sostanze ovvero preparati cancerogeni o mutageni prodotti ovvero utilizzati, ovvero presenti come impurità o sottoprodotti;c) il numero dei lavoratori esposti ovvero potenzialmente esposti ad agenti cancerogeni o mutageni;d) l'esposizione dei suddetti lavoratori, ove nota e il grado della stessa;e) le misure preventive e protettive applicate ed il tipo dei dispositivi di protezione individuale utilizzati;f) le indagini svolte per la possibile sostituzione degli agenti cancerogeni e le sostanze e i preparati eventualmente utilizzati come sostituti.

5. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione di cui al comma 1 in occasione di modifiche del processo produttivo significative ai fini della sicurezza e della salute sul lavoro e, in ogni caso, trascorsi tre anni dall'ultima valutazione effettuata.

6. Il rappresentante per la sicurezza ha accesso anche ai dati di cui al comma 4, fermo restando l'obbligo di cui all'art. 9, comma 3.

(1) Comma così modificato dall’art. 20, comma 2, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.(2) L’ ultimo periodo è stato aggiunto dall’ art. 5 del D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 66. Art.64. Misure tecniche, organizzative, procedurali

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1. Il datore di lavoro:a) assicura, applicando metodi e procedure di lavoro adeguati, che nelle varie operazioni lavorative sono impiegati quantitativi di agenti cancerogeni o mutageni non superiori alle necessità delle lavorazioni e che gli agenti cancerogeni o mutageni in attesa di impiego, in forma fisica tale da causare rischio di introduzione, non sono accumulati sul luogo di lavoro in quantitativi superiori alle necessità predette;b) limita al minimo possibile il numero dei lavoratori esposti o che possono essere esposti ad agenti cancerogeni o mutageni, anche isolando le lavorazioni in aree predeterminate provviste di adeguati segnali di avvertimento e di sicurezza, compresi i segnali "vietato fumare", ed accessibili soltanto ai lavoratori che debbono recarvisi per motivi connessi con la loro mansione o con la loro funzione. In dette aree è fatto divieto di fumare;c) progetta, programma e sorveglia le lavorazioni in modo che non vi è emissione di agenti cancerogeni o mutageni nell'aria. Se ciò non è tecnicamente possibile, l'eliminazione degli agenti cancerogeni o mutageni deve avvenire il più vicino possibile al punto di emissione mediante aspirazione localizzata, nel rispetto dell'art. 4, comma 5, lettera n). L'ambiente di lavoro deve comunque essere dotato di un adeguato sistema di ventilazione generale;d) provvede alla misurazione di agenti cancerogeni o mutageni per verificare l'efficacia delle misure di cui alla lettera c) e per individuare precocemente le esposizioni anomale causate da un evento non prevedibile o da un incidente, con metodi di campionatura e di misurazione conformi alle indicazioni dell'allegato VIII del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277;e) provvede alla regolare e sistematica pulitura dei locali, delle attrezzature e degli impianti;f) elabora procedure per i casi di emergenza che possono comportare esposizioni elevate;g) assicura che gli agenti cancerogeni o mutageni sono conservati, manipolati, trasportati in condizioni di sicurezza;h) assicura che la raccolta e l'immagazzinamento, ai fini dello smaltimento degli scarti e dei residui delle lavorazioni contenenti agenti cancerogeni, avvengano in condizioni di sicurezza, in particolare utilizzando contenitori ermetici etichettati in modo chiaro, netto, visibile;i) dispone, su conforme parere del medico competente, misure protettive particolari con quelle categorie di lavoratori per i quali l'esposizione a taluni agenti cancerogeni o mutageni presenta rischi particolarmente elevati. Art.65. Misure igieniche

1. Il datore di lavoro:a) assicura che i lavoratori dispongano di servizi igienici appropriati ed adeguati;b) dispone che i lavoratori abbiano in dotazione idonei indumenti protettivi da riporre in posti separati dagli abiti civili;c) provvede affinchè i dispositivi di protezione individuale siano custoditi in luoghi determinati, controllati e puliti dopo ogni utilizzazione, provvedendo altresì a far riparare o sostituire quelli difettosi, prima di ogni nuova utilizzazione. 2. E' vietato assumere cibi e bevande o fumare nelle zone di lavoro di cui all'art. 64, lettera b). Art.66. Informazione e formazione

1. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori, sulla base delle conoscenze disponibili, informazioni ed istruzioni, in particolare per quanto riguarda:a) gli agenti cancerogeni o mutageni presenti nei cicli lavorativi, la loro dislocazione, i rischi per la salute connessi al loro impiego, ivi compresi i rischi supplementari dovuti al fumare;b) le precauzioni da prendere per evitare l'esposizione;c) le misure igieniche da osservare;d) la necessità di indossare e impiegare indumenti di lavoro e protettivi e dispositivi individuali di protezione ed il loro corretto impiego;e) il modo di prevenire il verificarsi di incidenti e le misure da adottare per ridurre al minimo le conseguenze.

2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata in particolare in ordine a quanto indicato al comma 1.

3. L'informazione e la formazione di cui ai commi 1 e 2 sono fornite prima che i lavoratori siano adibiti alle attività in questione e vengono ripetute, con frequenza almeno quinquiennale, e comunque ogni qualvolta si verificano nelle lavorazioni cambiamenti che influiscono sulla natura e sul grado dei rischi.

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4. Il datore di lavoro provvede inoltre affinchè gli impianti, i contenitori, gli imballaggi contenenti agenti cancerogeni o mutageni siano etichettati in maniera chiaramente leggibile e comprensibile. I contrassegni utilizzati e le altre indicazioni devono essere conformi al disposto della legge 29 maggio 1974, n. 256, e successive modifiche ed integrazioni. Art.67. Esposizione non prevedibile

1. Se si verificano eventi non prevedibili o incidenti che possono comportare un'esposizione anomala dei lavoratori, il datore di lavoro adotta quanto prima misure appropriate per identificare e rimuovere la causa dell'evento e ne informa i lavoratori e il rappresentante per la sicurezza.

2. I lavoratori devono abbandonare immediatamente l'area interessata, cui possono accedere soltanto gli addetti agli interventi di riparazione ed ad altre operazioni necessarie, indossando idonei indumenti protettivi e dispositivi di protezione delle vie respiratorie, messi a loro disposizione dal datore di lavoro. In ogni caso l'uso dei dispositivi di protezione non può essere permanente e la sua durata, per ogni lavoratore, è limitata al minimo strettamente necessario.

3. Il datore di lavoro comunica al più presto all'organo di vigilanza il verificarsi degli eventi di cui al comma 1 e riferisce sulle misure adottate per ridurre al minimo le conseguenze. Art.68. Operazioni lavorative particolari

1. Nel caso di determinate operazioni lavorative, come quella di manutenzione, per le quali, nonostante l'adozione di tutte le misure di prevenzione tecnicamente applicabili, è prevedibile un'esposizione rilevante dei lavoratori addetti, il datore di lavoro previa consultazione del rappresentante per la sicurezza:a) dispone che soltanto tali lavoratori hanno accesso alle suddette aree anche provvedendo, ove tecnicamente possibile, all'isolamento delle stesse ed alla loro identificazione mediante appositi contrassegni;b) fornisce ai lavoratori speciali indumenti e dispositivi di protezione individuale che devono essere indossati dai lavoratori adibiti alle suddette operazioni.

2. La presenza nelle aree di cui al comma 1 dei lavoratori addetti è in ogni caso ridotta al minimo compatibilmente con le necessità delle lavorazioni. Capo IIISORVEGLIANZA SANITARIA

Art.69. Accertamenti sanitari e norme preventive e protettive specifiche

1. I lavoratori per i quali la valutazione di cui all'art. 63 ha evidenziato un rischio per la salute sono sottoposti a sorveglianza sanitaria.

2. Il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente, adotta misure preventive e protettive per singoli lavoratori sulla base delle risultanze degli esami clinici e biologici effettuati.

3. Le misure di cui al comma 2 possono comprendere l'allontanamento del lavoratore secondo le procedure dell'art. 8 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277.

4. Ove gli accertamenti sanitari abbiano evidenziato, nei lavoratori esposti in modo analogo ad uno stesso agente, l'esistenza di una anomalia imputabile a tale esposizione, il medico competente ne informa il datore di lavoro.

5. A seguito dell'informazione di cui al comma 4 il datore di lavoro effettua:a) una nuova valutazione del rischio in conformità all'art. 63;b) ove sia tecnicamente possibile, una misurazione della concentrazione dell'agente in aria per verificare l'efficacia delle misure adottate (1).

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6. Il medico competente fornisce ai lavoratori adeguate informazioni sulla sorveglianza sanitaria cui sono sottoposti, con particolare riguardo all'opportunità di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell'attività lavorativa.

(1) Comma così sostituito dall’art. 20, comma 3, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242. Art.70. Registro di esposizione e cartelle sanitarie

11. I lavoratori di cui all'articolo 69 sono iscritti in un registro nel quale è riportata, per ciascuno di essi, l'attività svolta, l'agente cangerogeno o mutageno utilizzato e, ove noto, il valore dell'esposizione a tale agente. Detto registro è istituito ed aggiornato dal datore di lavoro che ne cura la tenuta per il tramite del medico competente. Il responsabile del servizio di prevenzione ed i rappresentanti per la sicurezza hanno accesso a detto registro.

2. Il medico competente, per ciascuno dei lavoratori di cui all'articolo 69, provvede ad istituire e aggiornare una cartella sanitaria e di rischio, custodita presso l'azienda o l'unità produttiva sotto la responsabilità del datore di lavoro.

3. Il datore di lavoro comunica ai lavoratori interessati, su richiesta, le relative annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e, tramite il medico competente, i dati della cartella sanitaria e di rischio.

4. In caso di cessazione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro invia all'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro - ISPESL la cartella sanitaria e di rischio del lavoratore interessato unitamente alle annotazioni individuali contenute nel registro e ne consegna copia al lavoratore stesso.

5. In caso di cessazione di attività dell'azienda, il datore di lavoro consegna il registro di cui al comma 1 e le cartelle sanitarie e di rischio all'ISPESL.

6. Le annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e le cartelle sanitarie e di rischio sono conservate dal datore di lavoro almeno fino a risoluzione del rapporto di lavoro e dall'ISPESL fino a quarant'anni dalla cessazione di ogni attività che espone ad agenti cangerogeni o mutageni.

7. I registri di esposizione, le annotazioni individuali e le cartelle sanitarie e di rischio sono custoditi e trasmessi con salvaguardia del segreto professionale e del trattamento dei dati personali.

8. Il datore di lavoro, in caso di esposizione del lavoratore ad agenti cancerogeni, oltre a quanto previsto ai commi da 1 a 7:a) consegna copia del registro di cui al comma 1 all'ISPESL ed all'organo di vigilanza competente per territorio, e comunica loro ogni tre anni, e comunque ogni qualvolta i medesimi ne facciano richiesta, le variazioni intervenute;b) consegna, a richiesta, all'Istituto superiore di sanità copia del registro di cui al comma 1;c) in caso di cessazione di attività dell'azienda, consegna copia del registro di cui al comma 1 all'organo di vigilanza competente per territorio;d) in caso di assunzione di lavoratori che hanno in precedenza esercitato attività con esposizione ad agenti cancerogeni, il datore di lavoro chiede all'ISPESL copia delle annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1, nonchè copia della cartella sanitaria e di rischio, qualora il lavoratore non ne sia in possesso ai sensi del comma 4.

9. I modelli e le modalità di tenuta del registro e delle cartelle sanitarie e di rischio sono determinati con decreto del Ministro della sanità, di concerto con i Ministri per la funzione pubblica e del lavoro e della previdenza sociale, sentita la commissione consultiva permanente.

10. L'ISPESL trasmette annualmente al Ministero della sanità dati di sintesi relativi al contenuto dei registri di cui al comma 1 ed a richiesta li rende disponibili alle regioni.".

(1) Articolo così sostituito dall’art. 6 del D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 66.

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Art.71. Registrazione dei tumori

1. I medici, le strutture sanitarie pubbliche e private, nonchè gli istituti previdenziali assicurativi pubblici o privati, che refertano casi di neoplasie da loro ritenute causate da esposizione lavorativa ad agenti cancerogeni, trasmettono all'ISPESL copia della relativa documentazione clinica ovvero anatomopatologica e quella inerente l'anamnesi lavorativa.

2. L’ ISPESL realizza, nei limiti delle ordinarie risorse di bilancio, sistemi di monitoraggio dei rischi cancerogeni di origine professionale utilizzando i flussi informativi di cui al comma 1, le informazioni raccolte dai sistemi di registrazione delle patologie attivi sul territorio regionale, nonchè i dati di carattere occupazionale, anche a livello nominativo, rilevati nell’ ambito delle rispettive attività istituzionali dall’ Istituto nazionale della previdenza sociale - INPS, dall’ Istituto nazionale per l’ assicurazione contro gli infortuni sul lavoro - INAIL, e da altre istituzioni pubbliche. L’ ISPESL rende disponibile al Ministero della Sanità ed alle regioni i risultati del monitoraggio con periodicità annuale (1).

3. Con decreto dei Ministri della sanità e del lavoro e della previdenza sociale, sentita la commissione consultiva permanente, sono determinate le caratteristiche dei sistemi informativi che, in funzione del tipo di neoplasia accertata, ne stabiliscono la raccolta, l'acquisizione, l'elaborazione e l'archiviazione, nonchè le modalità di registrazione di cui al comma 2, e le modalità di trasmissione di cui al comma 1.

4. Il Ministero della sanità fornisce, su richiesta, alla Commissione CE, informazioni sulle utilizzazioni dei dati del registro di cui al comma 1.

(1) Comma così sostituito dall’ art. 7 del D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 66. Art.72. Adeguamenti normativi (1)

1. La Commissione consultiva tossicologica nazionale individua periodicamente le sostanze cancerogene, mutagene e tossiche per la riproduzione che, pur non essendo classificate ai sensi del decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, rispondono ai criteri di classificazione ivi stabiliti e fornisce consulenza ai ministeri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, su richiesta, in tema di classificazione di agenti chimici pericolosi.

2. Con decreto dei ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, sentita la commissione consultiva permanente e la Commissione consultiva tossicologica nazionale:a) sono aggiornati gli allegati VIII e VIII bis in funzione del progresso tecnico, dell’ evoluzione di normative e specifiche comunitarie o internazionali e delle conoscenze nel settore degli agenti cancerogeni o mutageni;b) è pubblicato l’ elenco delle sostanze in funzione dell’ individuazione effettuata ai sensi del comma 1.

(1) Articolo così sostituito dall’ art. 8 del D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 66. Titolo VII bisPROTEZIONE DA AGENTI CHIMICI

Art.72 bis. Campo di applicazione

1. Il presente titolo determina i requisiti minimi per la protezione dei lavoratori contro i rischi per la salute e la sicurezza che derivano, o possono derivare, dagli effetti di agenti chimici presenti sul luogo di lavoro o come risultato di ogni attività lavorativa che comporti la presenza di agenti chimici.

2. I requisiti individuati dal presente titolo si applicano a tutti gli agenti chimici pericolosi che sono presenti sul luogo di lavoro, fatte salve le disposizioni relative agli agenti chimici per i quali valgono provvedimenti di protezione radiologica regolamentati dal decreto legislativo n. 230 del 1995, e successive modifiche.3. Per gli agenti cancerogeni sul lavoro, si applicano le disposizioni del presente titolo, fatte salve le disposizioni specifiche contenute nel titolo VII del decreto legislativo n. 626/94, come modificato dal decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 66.

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4. Le disposizioni del presente titolo si applicano altresì al trasporto di agenti chimici pericolosi, fatte salve le disposizioni specifiche contenute nei decreti ministeriali 4 settembre 1996, 15 maggio 1997, 28 settembre 1999 e decreto legislativo 13 gennaio 1999, n. 41, di attuazione della direttiva 94/55/CE, nelle disposizioni del codice IMDG del codice IBC e nel codice IGC, quali definite dall’articolo 2 della direttiva 93/75/CEE, nelle disposizioni dell’accordo europeo relativo al trasporto internazionale di merci pericolose per vie navigabili interne (ADN) e del regolamento per il trasporto delle sostanze pericolose sul Reno (ADNR), quali incorporate nella normativa comunitaria e nelle istruzioni tecniche per il trasporto sicuro di merci pericolose emanate alla data del 25 maggio 1998.5. Le disposizioni del presente titolo non si applicano alle attività comportanti esposizione ad amianto che restano disciplinate dalla normativa specifica. Art.72 ter. Definizioni

1. Ai fini del presente titolo si intende per:a) agenti chimici: tutti gli elementi o composti chimici, sia da soli sia nei loro miscugli, allo stato naturale o ottenuti, utilizzati o smaltiti, compreso lo smaltimento come rifiuti, mediante qualsiasi attività lavorativa, siano essi prodotti intenzionalmente o no e siano immessi o no sul mercato;b) agenti chimici pericolosi:1) agenti chimici classificati come sostanze pericolose ai sensi del decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, e successive modifiche, nonchè gli agenti che corrispondono ai criteri di classificazione come sostanze pericolose di cui al predetto decreto. Sono escluse le sostanze pericolose solo per l’ambiente;2) agenti chimici classificati come preparati pericolosi ai sensi del decreto legislativo 16 luglio 1998, n. 285, e successive modifiche, nonchè gli agenti che rispondono ai criteri di classificazione come preparati pericolosi di cui al predetto decreto. Sono esclusi i preparati pericolosi solo per l’ambiente;3) agenti chimici che, pur non essendo classificabili come pericolosi, in base ai punti 1) e 2), possono comportare un rischio per la sicurezza e la salute dei lavoratori a causa di loro proprietà chimico-fisiche chimiche o tossicologiche e del modo in cui sono utilizzati o presenti sul luogo di lavoro, compresi gli agenti chimici cui è stato assegnato un valore limite di esposizione professionale;c) attività che comporta la presenza di agenti chimici: ogni attività lavorativa in cui sono utilizzati agenti chimici, o se ne prevede l’utilizzo, in ogni tipo di procedimento, compresi la produzione, la manipolazione, l’immagazzinamento, il trasporto o l’eliminazione e il trattamento dei rifiuti, o che risultino da tale attività lavorativa;d) valore limite di esposizione professionale: se non diversamente specificato, il limite della concentrazione media ponderata nel tempo di un agente chimico nell’aria all’interno della zona di respirazione di un lavoratore in relazione ad un determinato periodo di riferimento; un primo elenco di tali valori è riportato nell’allegato VIII-ter;e) valore limite biologico: il limite della concentrazione del relativo agente, di un suo metabolita, o di un indicatore di effetto, nell’appropriato mezzo biologico; un primo elenco di tali valori è riportato nell’allegato VIII-quater;f) sorveglianza sanitaria: la valutazione dello stato di salute del singolo lavoratore in funzione dell’esposizione ad agenti chimici sul luogo di lavoro;g) pericolo: la proprietà intrinseca di un agente chimico di poter produrre effetti nocivi;h) rischio: la probabilità che si raggiunga il potenziale nocivo nelle condizioni di utilizzazione o esposizione. Art.72 quater. Valutazione dei rischi

1. Nella valutazione di cui all’art. 4, il datore di lavoro determina, preliminarmente l’eventuale presenza di agenti chimici pericolosi sul luogo di lavoro e valuta anche i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori derivanti dalla presenza di tali agenti, prendendo in considerazione in particolare:a) le loro proprietà pericolose;b) le informazioni sulla salute e sicurezza comunicate dal produttore o dal fornitore tramite la relativa scheda di sicurezza predisposta ai sensi dei decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52 e 16 luglio 1998, n. 285 e successive modifiche;c) il livello, il tipo e la durata dell’esposizione;d) le circostanze in cui viene svolto il lavoro in presenza di tali agenti, compresa la quantità degli stessi;e) i valori limite di esposizione professionale o i valori limite biologici; di cui un primo elenco è riportato negli allegati VIII-ter ed VIII-quater;

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f) gli effetti delle misure preventive e protettive adottate o da adottare;g) se disponibili, le conclusioni tratte da eventuali azioni di sorveglianza sanitaria già intraprese.

2. Nella valutazione dei rischi il datore di lavoro indica quali misure sono state adottate ai sensi dell’articolo 60-quinquies e, ove applicabile, dell’articolo 60-sexies. Nella valutazione medesima devono essere incluse le attività, ivi compresa la manutenzione, per le quali è prevedibile la possibilità di notevole esposizione o che, per altri motivi, possono provocare effetti nocivi per la salute e la sicurezza, anche dopo che sono state adottate tutte le misure tecniche.

3. Nel caso di attività lavorative che comportano l’esposizione a più agenti chimici pericolosi, i rischi sono valutati in base al rischio che comporta la combinazione di tutti i suddetti agenti chimici.

4. Fermo restando quanto previsto dai decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52, e 16 luglio 1998, n. 285, e successive modifiche, il fornitore o il produttore di agenti chimici pericolosi è tenuto a fornire al datore di lavoro acquirente tutte le ulteriori informazioni necessarie per la completa valutazione del rischio.

5. La valutazione del rischio può includere la giustificazione che la natura e l’entità dei rischi connessi con gli agenti chimici pericolosi rendono non necessaria un’ulteriore valutazione maggiormente dettagliata dei rischi.

6. Nel caso di un’attività nuova che comporti la presenza di agenti chimici pericolosi, la valutazione dei rischi che essa presenta e l’attuazione delle misure di prevenzione sono predisposte preventivamente. Tale attività comincia solo dopo che si sia proceduto alla valutazione dei rischi che essa presenta e all’attuazione delle misure di prevenzione.

7. Il datore di lavoro aggiorna periodicamente la valutazione e, comunque, in occasione di notevoli mutamenti che potrebbero averla resa superata ovvero quando i risultati della sorveglianza medica ne mostrino la necessità. Art.72 quinquies. Misure e principo generali per la prevenzione dei rischi

1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 3, devono essere eliminati i rischi derivanti da agenti chimici pericolosi o ridotti al minimo mediante le seguenti misure:a) progettazione e organizzazione dei sistemi di lavorazione sul luogo di lavoro;b) fornitura di attrezzature idonee per il lavoro specifico e relative procedure di manutenzione adeguate;c) riduzione al minimo del numero di lavoratori che sono o potrebbero essere esposti;d) riduzione al minimo della durata e dell’intensità dell’esposizione; e) misure igieniche adeguate;f) riduzione al minimo della quantità di agenti presenti sul luogo di lavoro in funzione delle necessità della lavorazione;g) metodi di lavoro appropriati comprese le disposizioni che garantiscono la sicurezza nella manipolazione, nell’immagazzinamento e nel trasporto sul luogo di lavoro di agenti chimici pericolosi nonchè dei rifiuti che contengono detti agenti chimici.

2. Se i risultati della valutazione dei rischi dimostrano che, in relazione al tipo e alle quantità di un agente chimico pericoloso e alle modalità e frequenza di esposizione a tale agente presente sul luogo di lavoro, vi è solo un rischio moderato per la sicurezza e la salute dei lavoratori e che le misure di cui al comma 1 sono sufficienti a ridurre il rischio, non si applicano le disposizioni degli articoli 60-sexies, 60-septies, 60-decies, 60- undecies. Art.72 sexies. Misure specifiche di protezione e di prevenzione

1. Il datore di lavoro, sulla base dell’attività e della valutazione dei rischi di cui all’articolo 60-bis, provvede affinché il rischio sia eliminato o ridotto mediante la sostituzione, qualora la natura dell’attività lo consenta, con altri agenti o processi che, nelle condizioni di uso, non sono o sono meno pericolosi per la salute dei lavoratori. Quando la natura dell’attività non consente di eliminare il rischio attraverso la sostituzione il datore di lavoro garantisce che il rischio sia ridotto mediante l’applicazione delle seguenti misure nell’indicato ordine di priorità:a) progettazione di appropriati processi lavorativi e controlli tecnici, nonchè uso di attrezzature e materiali adeguati;b) appropriate misure organizzative e di protezione collettive alla fonte del rischio;

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c) misure di protezione individuali, compresi i dispositivi di protezione individuali, qualora non si riesca a prevenire con altri mezzi l’esposizione;d) sorveglianza sanitaria dei lavoratori a norma degli articoli 60-decies e 60-undecies.

2. Salvo che non possa dimostrare con altri mezzi il conseguimento di un adeguato livello di prevenzione e di protezione, il datore di lavoro, periodicamente ed ogni qualvolta sono modificate le condizioni che possono influire sull’esposizione, provvede ad effettuare la misurazione degli agenti che possono presentare un rischio per la salute, con metodiche standardizzate di cui è riportato un elenco non esaustivo nell’allegato VIII-sexies o in loro assenza, con metodiche appropriate e con particolare riferimento ai valori limite di esposizione professionale e per periodi rappresentativi dell’esposizione in termini spazio temporali.

3. Se è stato superato un valore limite di esposizione professionale stabilito dalla normativa vigente il datore di lavoro identifica e rimuove le cause dell’evento, adottando immediatamente le misure appropriate di prevenzione e protezione.

4. I risultati delle misurazioni di cui al comma 2 sono allegati ai documenti di valutazione dei rischi e resi noti ai rappresentanti per la sicurezza dei lavoratori. Il datore di lavoro tiene conto delle misurazioni effettuate ai sensi del comma 2 per l’adempimento degli obblighi conseguenti alla valutazione dei rischi di cui all’articolo 60- quater. Sulla base della valutazione dei rischi e dei principi generali di prevenzione e protezione, il datore di lavoro adotta le misure tecniche e organizzative adeguate alla natura delle operazioni, compresi l’immagazzinamento, la manipolazione e l’isolamento di agenti chimici incompatibili fra di loro; in particolare, il datore di lavoro previene sul luogo di lavoro la presenza di concentrazioni pericolose di sostanze infiammabili o quantità pericolose di sostanze chimicamente instabili.

5. Laddove la natura dell’attività lavorativa non consenta di prevenire sul luogo di lavoro la presenza di concentrazioni pericolose di sostanze infiammabili o quantità pericolose di sostanze chimicamente instabili, il datore di lavoro deve in particolare:a) evitare la presenza di fonti di accensione che potrebbero dar luogo a incendi ed esplosioni, o l’esistenza di condizioni avverse che potrebbero provocare effetti fisici dannosi ad opera di sostanze o miscele di sostanze chimicamente instabili;b) limitare, anche attraverso misure procedurali ed organizzative previste dalla normativa vigente, gli effetti pregiudizievoli sulla salute e la sicurezza dei lavoratori in caso di incendio o di esplosione dovuti all’accensione di sostanze infiammabili, o gli effetti dannosi derivanti da sostanze o miscele di sostanze chimicamente instabili;

6. Il datore di lavoro mette a disposizione attrezzature di lavoro ed adotta sistemi di protezione collettiva ed individuale conformi alle disposizioni legislative e regolamentari pertinenti, in particolare per quanto riguarda l’uso dei suddetti mezzi in atmosfere potenzialmente esplosive.

7. Il datore di lavoro adotta misure per assicurare un sufficiente controllo degli impianti, apparecchi e macchinari, anche mettendo a disposizione sistemi e dispositivi finalizzati alla limitazione del rischio di esplosione o dispositivi per limitare la pressione delle esplosioni.

8. Il datore di lavoro informa i lavoratori del superamento dei valori limite di esposizione professionale, delle cause dell’evento e delle misure di prevenzione e protezione adottate e ne dà comunicazione all’organo di vigilanza. Art.72 septies. Disposizioni in caso di incidenti o di emergenza

1. Ferme restando le disposizioni di cui agli articoli 12 e 13 e al decreto ministeriale 10 marzo 1998, il datore di lavoro, per proteggere la salute e la sicurezza dei lavoratori dalle conseguenze di incidenti o di emergenze derivanti dalla presenza di agenti chimici pericolosi sul luogo di lavoro, predispone procedure di intervento adeguate da attuarsi al verificarsi di tali eventi. Tale misure comprendono esercitazioni di sicurezza da effettuarsi a intervalli regolari e la messa a disposizione di appropriati mezzi di pronto soccorso.

2. Nel caso di incidenti o di emergenza, il datore di lavoro adotta immediate misure dirette ad attenuarne gli effetti ed in particolare, di assistenza, di evacuazione e di soccorso e ne informa i lavoratori. Il datore di lavoro adotta inoltre misure adeguate per porre rimedio alla situazione quanto prima.

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3. Ai lavoratori cui è consentito operare nell’area colpita o ai lavoratori indispensabili all’effettuazione delle riparazioni e delle attività necessarie, sono forniti indumenti protettivi, dispositivi di protezione individuale ed idonee attrezzature di intervento che devono essere utilizzate sino a quando persiste la situazione anomala.

4. Il datore di lavoro adotta le misure necessarie per approntare sistemi d’allarme e altri sistemi di comunicazione necessari per segnalare tempestivamente l’incidente o l’emergenza.

5. Le misure di emergenza devono essere contenute nel piano di cui al decreto 10 marzo 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 81 del 7 aprile 1998. In particolare nel piano vanno inserite:a) informazioni preliminari sulle attività pericolose, sugli agenti chimici pericolosi, sulle misure per l’identificazione dei rischi, sulle precauzioni e sulle procedure, in modo tale che servizi competenti per le situazioni di emergenza possano mettere a punto le proprie procedure e misure precauzionali;b) qualunque altra informazione disponibile sui rischi specifici derivanti o che possano derivare dal verificarsi di incidenti o situazioni di emergenza, comprese le informazioni sulle procedure elaborate in base al presente articolo.

6. Nel caso di incidenti o di emergenza i soggetti non protetti devono immediatamente abbandonare la zona interessata. Art.72 octies. Informazione e formazione per i lavoratori

1. Fermo restando quanto previsto agli articoli 21 e 22, il datore di lavoro garantisce che i lavoratori o i loro rappresentanti dispongano di:a) dati ottenuti attraverso la valutazione del rischio e ulteriori informazioni ogni qualvolta modifiche importanti sul luogo di lavoro determinino un cambiamento di tali dati;b) informazioni sugli agenti chimici pericolosi presenti sul luogo di lavoro, quali l’identità degli agenti, i rischi per la sicurezza e la salute, i relativi valori limite di esposizione professionale e altre disposizioni normative relative agli agenti;c) formazione ed informazioni su precauzioni ed azioni adeguate da intraprendere per proteggere loro stessi ed altri lavoratori sul luogo di lavoro;d) accesso ad ogni scheda dei dati di sicurezza messa a disposizione dal fornitore ai sensi dei decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52 e 16 luglio 1998, n. 285, e successive modifiche.

2. Il datore di lavoro assicura che le informazioni siano:a) fornite in modo adeguato al risultato della valutazione del rischio di cui all’articolo 60-quater. Tali informazioni possono essere costituite da comunicazioni orali o dalla formazione e dall’addestramento individuali con il supporto di informazioni scritte, a seconda della natura e del grado di rischio rivelato dalla valutazione del rischio;b) aggiornate per tener conto del cambiamento delle circostanze.

3. Laddove i contenitori e le condutture per gli agenti chimici pericolosi utilizzati durante il lavoro non siano contrassegnati da segnali di sicurezza in base a quanto disposto dal decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 493, il datore di lavoro provvede affinchè la natura del contenuto dei contenitori e delle condutture e gli eventuali rischi connessi siano chiaramente identificabili.

4. Il produttore e il fornitore devono trasmettere ai datori di lavoro tutte le informazioni concernenti gli agenti chimici pericolosi prodotti o forniti secondo quanto stabilito dai decreti legislativi 3 febbraio 1997 n. 52, e 16 luglio 1998, n. 285, e successive modifiche. Art.72 novies. Divieti

1. Sono vietate la produzione, la lavorazione e l’impiego degli agenti chimici sul lavoro e le attività indicate all’allegato VIII-quinquies.

2. Il divieto non si applica se un agente è presente in un preparato, o quale componente di rifiuti, purchè la concentrazione individuale sia inferiore al limite indicato nello stesso allegato.

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3. In deroga al divieto di cui al comma 1, possono essere effettuate, previa autorizzazione, le seguenti attività:a) attività a fini esclusivi di ricerca e sperimentazione scientifica, ivi comprese le analisi;b) attività volte ad eliminare gli agenti chimici che sono presenti sotto forma di sottoprodotto o di rifiuti;c) produzione degli agenti chimici destinati ad essere usati come intermedi.

4. Ferme restando le disposizioni di cui al presente titolo, nei casi di cui al comma 3, lettera c), il datore di lavoro evita l’esposizione dei lavoratori, stabilendo che la produzione e l’uso più rapido possibile degli agenti come prodotti intermedi avvenga in un sistema chiuso dal quale gli stessi possono essere rimossi soltanto nella misura necessaria per il controllo del processo o per la manutenzione del sistema.

5. Il datore di lavoro che intende effettuare le attività di cui al comma 3 deve inviare una richiesta di autorizzazione al Ministero del lavoro e delle politiche sociali che la rilascia sentito il Ministero della salute e la regione interessata. La richiesta di autorizzazione è corredata dalle seguenti informazioni:a) i motivi della richiesta di deroga;b) i quantitativi dell’agente da utilizzare annualmente;c) il numero dei lavoratori addetti;d) descrizione delle attività e delle reazioni o processi;e) misure previste per la tutela della salute e sicurezza e per prevenire l’esposizione dei lavoratori. Art.72 decies. Sorveglianza sanitaria

1. Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 60-quinquies, comma 2, sono sottoposti alla sorveglianza sanitaria di cui all’articolo 16 i lavoratori esposti agli agenti chimici pericolosi per la salute che rispondono ai criteri per la classificazione come molto tossici, tossici, nocivi, sensibilizzanti, irritanti, tossici per il ciclo riproduttivo.

2. La sorveglianza sanitaria viene effettuata:a) prima di adibire il lavoratore alla mansione che comporta esposizione;b) periodicamente, di norma una volta l’anno o con periodicità diversa decisa dal medico competente con adeguata motivazione riportata nel documento di valutazione dei rischi e resa nota ai rappresentanti per la sicurezza dei lavoratori, in funzione della valutazione del rischio e dei risultati della sorveglianza sanitaria;c) all’atto della cessazione del rapporto di lavoro. In tale occasione il medico competente deve fornire al lavoratore le eventuali indicazioni relative alle prescrizioni mediche da osservare.

3. Il monitoraggio biologico è obbligatorio per i lavoratori esposti agli agenti per i quali è stato fissato un valore limite biologico. Dei risultati di tale monitoraggio viene informato il lavoratore interessato. I risultati di tal monitoraggio, in forma anonima, vengono allegati al documento di valutazione dei rischi e comunicati ai rappresentanti per la sicurezza dei lavoratori.

4. Gli accertamenti sanitari devono essere a basso rischio per il lavoratore.

5. Il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente, adotta misure preventive e protettive particolari per singoli lavoratori sulla base delle risultanze degli esami clinici e biologici effettuati. Le misure possono comprendere l’allontanamento del lavoratore secondo le procedure dell’articolo 8 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277.

6. Nel caso in cui all’atto della sorveglianza sanitaria si evidenzi, in un lavoratore o in un gruppo di lavoratori esposti in maniera analoga ad uno stesso agente, l’esistenza di effetti pregiudizievoli per la salute imputabili a tale esposizione o il superamento di un valore limite biologico, il medico competente informa individualmente i lavoratori interessati ed il datore di lavoro.

7. Nei casi di cui al comma 6, il datore di lavoro deve:a) sottoporre a revisione la valutazione dei rischi effettuata a norma dell’articolo 60-quater;b) sottoporre a revisione le misure predisposte per eliminare o ridurre i rischi;c) tenere conto del parere del medico competente nell’attuazione delle misure necessarie per eliminare o ridurre il rischio;d) prendere le misure affinchè sia effettuata una visita medica straordinaria per tutti gli altri lavoratori che hanno subito un’esposizione simile.

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8. L’organo di vigilanza, con provvedimento motivato, può disporre contenuti e periodicità della sorveglianza sanitaria diversi rispetto a quelli definiti dal medico competente. Art.72 undecies. Cartelle sanitarie e di rischio

1. Il medico competente, per ciascuno dei lavoratori di cui all’articolo 60-decies istituisce ed aggiorna una cartella sanitaria e di rischio custodita presso l’azienda, o l’unità produttiva, secondo quanto previsto dall’articolo 17, comma 1, lettera d), e fornisce al lavoratore interessato tutte le informazioni previste dalle lettere e) ed f) dello stesso articolo. Nella cartella di rischio sono, tra l’altro, indicati i livelli di esposizione professionale individuali forniti dal Servizio di prevenzione e protezione.

2. Su richiesta, è fornita agli organi di vigilanza copia dei documenti di cui al comma 1.

3. In caso di cessazione del rapporto di lavoro, le cartelle sanitarie e di rischio sono trasmesse all’ISPESL. Art.72 duodecies. Consultazione e partecipazione dei lavoratori

1. La consultazione e partecipazione dei lavoratori o dei loro rappresentanti sono attuate ai sensi delle disposizioni di cui al Titolo I, Capo V. Art.72 terdecies. Adeguamenti normativi

1. Con decreto dei Ministri del lavoro e delle politiche sociali e della salute, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, è istituito senza oneri per lo Stato, un comitato consultivo per la determinazione e l’aggiornamento dei valori limite di esposizione professionale e dei valori limite biologici relativi agli agenti chimici. Il Comitato è composto da nove membri esperti nazionali di chiara fama in materia tossicologica e sanitaria di cui tre in rappresentanza del Ministero della salute su proposta dell’Istituto superiore di sanità, dell’ISPESL e della Commissione tossicologica nazionale, tre in rappresentanza della Conferenza dei Presidenti delle regioni e tre in rappresentanza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, anche su proposta dell’Istituto italiano di medicina sociale. Il Comitato si avvale del supporto organizzativo e logistico della direzione generale della tutela delle condizioni di lavoro del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

2. Con uno o più decreti dei Ministri del lavoro e delle politiche sociali e della salute d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, sentiti il Ministro per le attività produttive, il Comitato di cui al comma 1 e le parti sociali, sono recepiti i valori di esposizione professionale e biologici obbligatori predisposti dalla Commissione europea, sono altresì stabiliti i valori limite nazionali anche tenuto conto dei valori limite indicativi predisposti dalla Commissione medesima e sono aggiornati gli allegati VIII-ter, quater, quinquies e sexies in funzione del progresso tecnico, dell’evoluzione di normative e specifiche comunitarie o internazionali e delle conoscenze nel settore degli agenti chimici pericolosi.

3. Con i decreti di cui al comma 2 è inoltre determinato il rischio moderato di cui all’articolo 60-quinquies, comma 2, in relazione al tipo, alle quantità ed alla esposizione di agenti chimici, anche tenuto conto dei valori limite indicativi fissati dalla Unione europea e dei parametri di sicurezza.

4. Nelle more dell’emanazione dei decreti di cui al comma 2, con uno o più decreti dei Ministri del lavoro e delle politiche sociali e della salute, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, possono essere stabiliti, entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, i parametri per l’individuazione del rischio moderato di cui all’articolo 60-quinquies, comma 2, sulla base di proposte delle associazioni di categoria dei datori di lavoro interessate comparativamente rappresentative, sentite le associazioni dei prestatori di lavoro interessate comparativamente rappresentative. Scaduto inutilmente il termine di cui al precedente periodo, la valutazione del rischio moderato è comunque effettuata dal datore di lavoro”. Titolo VIII

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PROTEZIONE DA AGENTI BIOLOGICI

Capo I

Art.73. Campo di applicazione

1. Le norme del presente titolo si applicano a tutte le attività lavorative nelle quali vi è rischio di esposizione ad agenti biologici. 2. Restano ferme le disposizioni particolari di recepimento delle norme comunitarie sull'impiego confinato di microrganismi geneticamente modificati e sull'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati. Il comma 1 dell'art. 7 del decreto legislativo 3 marzo 1993, n. 91, è soppresso (1). (1) Comma così sostituito dall'art. 21, d.lgs. 19 marzo 1996, n. 242. Art.74. Definizioni

1. Ai sensi del presente titolo si intende per:a) agente biologico: qualsiasi microorganismo anche se geneticamente modificato, coltura cellulare ed endoparassita umano che potrebbe provocare infezioni, allergie o intossicazioni;b) microorganismo: qualsiasi entità microbiologica, cellulare o meno, in grado di riprodursi o trasferire materiale genetico; c) coltura cellulare: il risultato della crescita in vitro di cellule derivate da organismi pluricellulari. Art.75. Classificazione degli agenti biologici

1. Gli agenti biologici sono ripartiti nei seguenti quattro gruppi a seconda del rischio di infezione:a) agente biologico del gruppo 1: un agente che presenta poche probabilità di causare malattie in soggetti umani;b) agente biologico del gruppo 2: un agente che può causare malattie in soggetti umani e costituire un rischio per i lavoratori; è poco probabile che si propaga nella comunità; sono di norma disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche;c) agente biologico del gruppo 3: un agente che può causare malattie gravi in soggetti umani e costituisce un serio rischio per i lavoratori; l'agente biologico può propagarsi nella comunità, ma di norma sono disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche;d) agente biologico del gruppo 4: un agente biologico che può provocare malattie gravi in soggetti umani e costituisce un serio rischio per i lavoratori e può presentare un elevato rischio di propagazione nella comunità; non sono disponibili, di norma, efficaci misure, profilattiche o terapeutiche.

2. Nel caso in cui l'agente biologico oggetto di classificazione non può essere attribuito in modo inequivocabile ad uno fra i due gruppi sopraindicati, esso va classificato nel gruppo di rischio più elevato tra le due possibilità.

3. L'allegato XI riporta l'elenco degli agenti biologici classificati nei gruppi 2, 3, 4. Art.76. Comunicazione

1. Il datore di lavoro che intende esercitare attività che comportano uso di agenti biologici dei gruppi 2 o 3, comunica all'organo di vigilanza territorialmente competente le seguenti informazioni, almeno 30 giorni prima dell'inizio dei lavori:a) il nome e l'indirizzo dell'azienda e il suo titolare;b) il documento di cui all'art. 78, comma 5.

2. Il datore di lavoro che è stato autorizzato all'esercizio di attività che comporta l'utilizzazione di un agente biologico del gruppo 4 è tenuto alla comunicazione di cui al comma 1.

3. Il datore di lavoro invia una nuova comunicazione ogni qualvolta si verificano nelle lavorazioni mutamenti che comportano una variazione significativa del rischio per la salute sul posto di lavoro, o, comunque, ogni qualvolta si intende utilizzare un nuovo agente classificato dal datore di lavoro in via provvisoria.

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4. Il rappresentante per la sicurezza ha accesso alle informazioni di cui al comma 1.

5. Ove le attività di cui al comma 1 comportano la presenza di microorganismi geneticamente modificati appartenenti al gruppo II, come definito all'art. 4 del decreto legislativo 3 marzo 1993, n. 91, il documento di cui al comma 1, lettera b), è sostituito da copia della documentazione prevista per i singoli casi di specie dal predetto decreto.

6. I laboratori che forniscono un servizio diagnostico sono tenuti alla comunicazione di cui al comma 1 anche per quanto riguarda gli agenti biologici del gruppo 4. Art.77. Autorizzazione

1. Il datore di lavoro che intende utilizzare, nell'esercizio della propria attività, un agente biologico del gruppo 4 deve munirsi di autorizzazione del Ministero della sanità.

2. La richiesta di autorizzazione è corredata da:a) le informazioni di cui all'art. 76, comma 1;b) l'elenco degli agenti che si intende utilizzare.

3. L'autorizzazione è rilasciata dal Ministero della sanità sentito il parere dell'Istituto superiore di sanità. Essa ha la durata di 5 anni ed è rinnovabile. L'accertamento del venir meno di una delle condizioni previste per l'autorizzazione ne comporta la revoca.

4. Il datore di lavoro in possesso dell'autorizzazione di cui al comma 1 informa il Ministero della sanità di ogni nuovo agente biologico del gruppo 4 utilizzato, nonchè di ogni avvenuta cessazione di impiego di un agente biologico del gruppo 4.

5. I laboratori che forniscono un servizio diagnostico sono esentati dagli adempimenti di cui al comma 4.

6. Il Ministero della sanità comunica all'organo di vigilanza competente per territorio le autorizzazioni concesse e le variazioni sopravvenute nell'utilizzazione di agenti biologici del gruppo 4. Il Ministero della sanità istituisce ed aggiorna un elenco di tutti gli agenti biologici del gruppo 4 dei quali è stata comunicata l'utilizzazione sulla base delle previsioni di cui ai commi 1 e 4. Capo IIOBBLIGHI DEL DATORE DI LAVORO

Art.78. Valutazione del rischio

1. Il datore di lavoro, nella valutazione del rischio di cui all'art. 4, comma 1, tiene conto di tutte le informazioni disponibili relative alle caratteristiche dell'agente biologico e delle modalità lavorative, ed in particolare:a) della classificazione degli agenti biologici che presentano o possono presentare un pericolo per la salute umana quale risultante dall'allegato XI o, in assenza, di quella effettuata dal datore di lavoro stesso sulla base delle conoscenze disponibili e seguendo i criteri di cui all'art. 75, commi 1 e 2;b) dell'informazione sulle malattie che possono essere contratte;c) dei potenziali effetti allergici e tossici;d) della conoscenza di una patologia della quale è affetto un lavoratore, che è da porre in correlazione diretta all'attività lavorativa svolta;e) delle eventuali ulteriori situazioni rese note dall'autorità sanitaria competente che possono influire sul rischio;f) del sinergismo dei diversi gruppi di agenti biologici utilizzati.

2. Il datore di lavoro applica i principi di buona prassi microbiologica, ed adotta, in relazione ai rischi accertati, le misure protettive e preventive di cui al presente titolo, adattandole alle particolarità delle situazioni lavorative (1).

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3. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione di cui al comma 1 in occasione di modifiche dell'attività lavorativa significative ai fini della sicurezza e della salute sul lavoro e, in ogni caso, trascorsi tre anni dall'ultima valutazione effettuata.

4. Nelle attività, quali quelle riportate a titolo esemplificativo nell'allegato IX, che, pur non comportando la deliberata intenzione di operare con agenti biologici, possono implicare il rischio di esposizioni dei lavoratori agli stessi, il datore di lavoro può prescindere dall'applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 80, 81, commi 1 e 2, 82, comma 3, e 86, qualora i risultati della valutazione dimostrano che l'attuazione di tali misure non è necessaria.

5. Il documento di cui all'art. 4, commi 2 e 3, è integrato dai seguenti dati:a) le fasi del procedimento lavorativo che comportano il rischio di esposizione ad agenti biologici;b) il numero dei lavoratori addetti alle fasi di cui alla lettera a);c) le generalità del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi;d) i metodi e le procedure lavorative adottate, nonchè le misure preventive e protettive applicate;e) il programma di emergenza per la protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione ad un agente biologico del gruppo 3 o del gruppo 4, nel caso di un difetto nel contenimento fisico.

6. Il rappresentante per la sicurezza è consultato prima dell'effettuazione della valutazione di cui al comma 1 ed ha accesso anche ai dati di cui al comma 5.

(1) Comma così sostituito dall’art. 21, comma 2, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242. Art.79. Misure tecniche, organizzative, procedurali

1. In tutte le attività per le quali la valutazione di cui all'art. 78 evidenzia rischi per la salute dei lavoratori il datore di lavoro attua misure tecniche, organizzative e procedurali, per evitare ogni esposizione degli stessi ad agenti biologici.

2. In particolare, il datore di lavoro:a) evita l'utilizzazione di agenti biologici nocivi, se il tipo di attività lavorativa lo consente;b) limita al minimo i lavoratori esposti, o potenzialmente esposti, al rischio di agenti biologici;c) progetta adeguatamente i processi lavorativi;d) adotta misure collettive di protezione ovvero misure di protezione individuali qualora non sia possibile evitare altrimenti l'esposizione;e) adotta misure igieniche per prevenire e ridurre al minimo la propagazione accidentale di un agente biologico fuori dal luogo di lavoro;f) usa il segnale di rischio biologico, rappresentato nell'allegato X, e altri segnali di avvertimento appropriati;g) elabora idonee procedure per prelevare, manipolare e trattare campioni di origine umana ed animale;h) definisce procedure di emergenza per affrontare incidenti;i) verifica la presenza di agenti biologici sul luogo di lavoro al di fuori del contenimento fisico primario, se necessario o tecnicamente realizzabile;l) predispone i mezzi necessari per la raccolta, l'immagazzinamento e lo smaltimento dei rifiuti in condizioni di sicurezza, mediante l'impiego di contenitori adeguati ed identificabili eventualmente dopo idoneo trattamento dei rifiuti stessi;m) concorda procedure per la manipolazione ed il trasporto in condizioni di sicurezza di agenti biologici all'interno del luogo di lavoro. Art.80. Misure igieniche

1. In tutte le attività nelle quali in valutazione di cui all'art. 78 evidenzia rischi per la salute dei lavoratori, il datore di lavoro assicura che:a) i lavoratori dispongano dei servizi sanitari adeguati provvisti di docce con acqua calda e fredda, nonchè, se del caso, di lavaggi oculari e antisettici per la pelle;b) i lavoratori abbiano in dotazione indumenti protettivi od altri indumenti idonei, da riporre in posti separati dagli abiti civili;

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c) i dispositivi di protezione individuale siano controllati, disinfettati e puliti dopo ogni utilizzazione, provvedendo altresì a far riparare o sostituire quelli difettosi prima dell'utilizzazione successiva;d) gli indumenti di lavoro e protettivi che possono essere contaminati da agenti biologici vengano tolti quando il lavoratore lascia la zona di lavoro, conservati separatamente dagli altri indumenti, disinfettati, puliti e, se necessario, distrutti.

2. E' vietato assumere cibi o bevande e fumare nelle aree di lavoro in cui c'è rischio di esposizione. Art.81. Misure specifiche per le strutture sanitarie e veterinarie

1. Il datore di lavoro, nelle strutture sanitarie e veterinarie, in sede di valutazione dei rischi, presta particolare attenzione alla possibile presenza di agenti biologici nell'organismo dei pazienti o degli animali e nei relativi campioni e residui e al rischio che tale presenza comporta in relazione al tipo di attività svolta.

2. In relazione ai risultati della valutazione, il datore di lavoro definisce e provvede a che siano applicate procedure che consentono di manipolare, decontaminare ed eliminare senza rischi per l'operatore e per la comunità, i materiali ed i rifiuti contaminati.

3. Nei servizi di isolamento che ospitano pazienti od animali che sono, o potrebbero essere, contaminati da agenti biologici del gruppo 3 o del gruppo 4, le misure di contenimento da attuare per ridurre al minimo il rischio di infezione sono indicate nell'allegato XII. Art.82. Misure specifiche per i laboratori e gli stabulari

1. Fatto salvo quanto specificatamente previsto all'allegato XI, punto 6, nei laboratori comportanti l'uso di agenti biologici dei gruppi 2, 3 o 4 a fini di ricerca, didattici o diagnostici, e nei locali destinati ad animali da laboratorio deliberamente contaminati con tali agenti, il datore di lavoro adotta idonee misure di contenimento in conformità all'allegato XII.

2. Il datore di lavoro assicura che l'uso di agenti biologici sia eseguito:a) in aree di lavoro corrispondenti almeno al secondo livello di contenimento, se l'agente appartiene al gruppo 2;b) in aree di lavoro corrispondenti almeno al terzo livello di contenimento, se l'agente appartiene al gruppo 3;c) in aree di lavoro corrispondenti almeno al quarto livello di contenimento, se l'agente appartiene al gruppo 4.

3. Nei laboratori comportanti l'uso di materiali con possibile contaminazione da agenti biologici patogeni per l'uomo e nei locali destinati ad animali da esperimento, possibili portatori di tali agenti, il datore di lavoro adotta misure corrispondenti almeno a quelle del secondo livello di contenimento.

4. Nei luoghi di cui ai commi 1 e 3 in cui si fa uso di agenti biologici non ancora classificati, ma il cui uso può far sorgere un rischio grave per la salute dei lavoratori, il datore di lavoro adotta misure corrispondenti almeno a quelle del terzo livello di contenimento.

5. Per i luoghi di lavoro di cui ai commi 3 e 4, il Ministero della sanità, sentito l'Istituto superiore di sanità, può individuare misure di contenimento più elevate. Art.83. Misure specifiche per i processi industriali

1. Fatto salvo quanto specificamente previsto all'allegato XI, punto 6, nei processi industriali comportanti l'uso di agenti biologici dei gruppi 2, 3 e 4, il datore di lavoro adotta misure opportunamente scelte tra quelle elencate nell'allegato XIII, tenendo anche conto dei criteri di cui all'art. 82, comma 2.

2. Nel caso di agenti biologici non ancora classificati, il cui uso può far sorgere un rischio grave per la salute dei lavoratori, il datore di lavoro adotta misure corrispondenti almeno a quelle del terzo livello di contenimento. Art.84. Misure di emergenza

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1. Se si verificano incidenti che possono provocare la dispersione nell'ambiente di un agente biologico appartenente ai gruppi 2, 3 o 4, i lavoratori devono abbandonare immediatamente la zona interessata, cui possono accedere soltanto quelli addetti ai necessari interventi, con l'obbligo di usare gli idonei mezzi di protezione.2. Il datore di lavoro informa al più presto l'organo di vigilanza territorialmente competente, nonchè i lavoratori ed il rappresentante per la sicurezza, dell'evento, delle cause che lo hanno determinato e delle misure che intende adottare, o che ha già adottato, per porre rimedio alla situazione creatasi.

3. I lavoratori segnalano immediatamente al datore di lavoro o al dirigente o al preposto, qualsiasi infortunio o incidente relativo all'uso di agenti biologici. Art.85. Informazioni e formazione

1. Nelle attività per le quali la valutazione di cui all'art. 78 evidenzia rischi per la salute dei lavoratori, il datore di lavoro fornisce ai lavoratori, sulla base delle conoscenze disponibili, informazioni ed istruzioni, in particolare per quanto riguarda:a) i rischi per la salute dovuti agli agenti biologici utilizzati;b) le precauzioni da prendere per evitare l'esposizione;c) le misure igieniche da osservare;d) la funzione degli indumenti di lavoro e protettivi e dei dispositivi di protezione individuale ed il loro corretto impiego;e) le procedure da seguire per la manipolazione di agenti biologici del gruppo 4;f) il modo di prevenire il verificarsi di infortuni e le misure da adottare per ridurne al minimo le conseguenze.

2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata in particolare in ordine a quanto indicato al comma 1.

3. L'informazione e la formazione di cui ai commi 1 e 2 sono fornite prima che i lavoratori siano adibiti alle attività in questione, e ripetute, con frequenza almeno quinquennale, e comunque ogni qualvolta si verificano nelle lavorazioni cambiamenti che influiscono sulla natura e sul grado dei rischi.

4. Nel luogo di lavoro sono apposti in posizione ben visibile cartelli su cui sono riportate le procedure da seguire in caso di infortunio od incidente. Capo IIISORVEGLIANZA SANITARIA

Art.86. Prevenzione e controllo

1. I lavoratori addetti alle attività per le quali la valutazione dei rischi ha evidenziato un rischio per la salute sono sottoposti alla sorveglianza sanitaria.

2. Il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente, adotta misure protettive particolari per quei lavoratori per i quali, anche per motivi sanitari individuali, si richiedono misure speciali di protezione, fra le quali:a) la messa a disposizione di vaccini efficaci per quei lavoratori che non sono già immuni all'agente biologico presente nella lavorazione, da somministrare a cura del medico competente;b) l'allontanamento temporaneo del lavoratore secondo le procedure dell'art. 8 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277.

2-bis. Ove gli accertamenti sanitari abbiano evidenziato, nei lavoratori esposti in modo analogo ad uno stesso agente, l'esistenza di anomalia imputabile a tale esposizione, il medico competente ne informa il datore di lavoro (1).

2-ter. A seguito dell'informazione di cui al comma 3 il datore di lavoro effettua una nuova valutazione del rischio in conformità all'art. 78 (1).

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2-quater. Il medico competente fornisce ai lavoratori adeguate informazioni sul controllo sanitario cui sono sottoposti e sulla necessità di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell'attività che comporta rischio di esposizione a particolari agenti biologici individuati nell'allegato XI, nonchè sui vantaggi ed inconvenienti della vaccinazione e della non vaccinazione (1).

(1) Comma aggiunto dall’ art. 21, comma 3, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242. Art.87. Registri degli esposti e degli eventi accidentali

1. I lavoratori addetti ad attività comportanti uso di agenti del gruppo 3 ovvero 4 sono iscritti in un registro in cui sono riportati, per ciascuno di essi, l'attività svolta, l'agente utilizzato e gli eventuali casi di esposizione individuale.

2. Il datore di lavoro istituisce ed aggiorna il registro di cui al comma 1 e ne cura la tenuta tramite il medico competente. Il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e il rappresentante per la sicurezza hanno accesso a detto registro.

3. Il datore di lavoro:a) consegna copia del registro di cui al comma 1 all'Istituto superiore di sanità, all'Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro e all'organo di vigilanza competente per territorio, comunicando ad essi, ogni tre anni e comunque ogni qualvolta questi ne fanno richiesta, le variazioni intervenute (1);b) comunica all'Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro e all'organo di vigilanza competente per territorio la cessazione del rapporto di lavoro dei lavoratori di cui al comma 1 fornendo al contempo l'aggiornamento dei dati che li riguardano e consegna al medesimo Istituto le relative cartelle sanitarie e di rischio (1);c) in caso di cessazione di attività dell'azienda, consegna all'Istituto superiore di sanità e all'organo di vigilanza competente per territorio, copia del registro di cui al comma 1 e all'Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro copia del medesimo registro nonchè le cartelle sanitarie e di rischio (1);d) in caso di assunzione di lavoratori che hanno esercitato attività che comportano rischio di esposizione allo stesso agente richiede all'ISPESL copia delle annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1, nonchè copia della cartella sanitaria e di rischio (2);e) tramite il medico competente comunica ai lavoratori interessati le relative annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e nella cartella sanitaria e di rischio ed al rappresentante per la sicurezza i dati collettivi anonimi contenuti nel registro di cui al comma 1 (2).

4. Le annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e le cartelle sanitarie e di rischio sono conservate dal datore di lavoro fino a risoluzione del rapporto di lavoro e dall'ISPESL fino a dieci anni dalla cessazione di ogni attività che espone ad agenti biologici. Nel caso di agenti per i quali è noto che possono provocare infezioni consistenti o latenti o che danno luogo a malattie con recrudescenza periodica per lungo tempo o che possono avere gravi sequele a lungo termine tale periodo è di quaranta anni (3).

5. La documentazione di cui ai precedenti commi è custodita e trasmessa con salvaguardia del segreto professionale.

6. I modelli e le modalità di tenuta del registro di cui al comma 1 e delle cartelle sanitarie e di rischio sono determinati con decreto del Ministro della sanità e del lavoro e della previdenza sociale sentita la commissione consultiva permanente (4).

7. L'ISPESL trasmette annualmente al Ministero della sanità dati di sintesi relativi alle risultanze del registro di cui al comma 1.

(1) Lettera così sostituita dall’art. 21, comma 4, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.(2) Lettera così modificata dall’art. 21, comma 5, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.(3) Comma così modificato dall’art. 21, comma 5, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.(4) Comma così sostituito dall’art. 21, comma 6, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.

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Art.88. Registro dei casi di malattia e di decesso

1. Presso l'ISPESL è tenuto un registro dei casi di malattia ovvero di decesso dovuti all'esposizione ad agenti biologici.

2. I medici, nonchè le strutture sanitarie, pubbliche o private, che refertano i casi di malattia, ovvero di decesso di cui al comma 1, trasmettono all'ISPESL copia della relativa documentazione clinica.

3. Con decreto dei Ministri della sanità e del lavoro e della previdenza sociale, sentita la commissione consultiva, sono determinati il modello e le modalità di tenuta del registro di cui al comma 1, nonchè le modalità di trasmissione della documentazione di cui al comma 2.

4. Il Ministero della sanità fornisce alla commissione CE, su richiesta, informazioni su l'utilizzazione dei dati del registro di cui al comma 1. Titolo VIII-bisPROTEZIONE DA ATMOSFERE ESPLOSIVE (1) (1) Titolo aggiunto dal D.Lgs. 12 giugno 2003, n. 233

Capo IDISPOSIZIONI GENERALI Art. 88-bis. Campo di applicazione

1. Il presente titolo prescrive le misure per la tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori che possono essere esposti al rischio di atmosfere esplosive come definite all'articolo 88-ter.

2. Il presente titolo si applica anche nei lavori in sotterraneo ove e' presente un'area con atmosfere esplosive, oppure e' prevedibile, sulla base di indagini geologiche, che tale area si possa formare nell'ambiente.

3. Il presente titolo non si applica:a) alle aree utilizzate direttamente per le cure mediche dei pazienti, nel corso di esse;b) all'uso di apparecchi a gas di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 novembre 1996, n. 661;c) alla produzione, alla manipolazione, all'uso, allo stoccaggio ed al trasporto di esplosivi o di sostanze chimicamente instabili;d) alle industrie estrattive a cui si applica il decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 624;e) all'impiego di mezzi di trasporto terrestre, marittimo, fluviale e aereo per i quali si applicano le pertinenti disposizioni di accordi internazionali tra i quali il Regolamento per il trasporto delle sostanze pericolose sul Reno (ADNR), l'Accordo europeo relativo al trasporto internazionale di merci pericolose per vie navigabili interne (ADN), l'Organizzazione per l'Aviazione civile internazionale (ICAO), l'Organizzazione marittima internazionale (IMO), nonche' la normativa comunitaria che incorpora i predetti accordi. Il presente titolo si applica invece ai veicoli destinati ad essere utilizzati in atmosfera potenzialmente esplosiva. Art. 88-ter. Definizioni

1. Ai fini del presente titolo, si intende per: «atmosfera esplosiva» una miscela con l'aria, a condizioni atmosferiche, di sostanze infiammabili allo stato di gas, vapori, nebbie o polveri in cui, dopo accensione, la combustione si propaga all'insieme della miscela incombusta. Capo IIOBBLIGHI DEL DATORE DI LAVORO Art. 88-quater. Prevenzione e protezione contro le esplosioni

1. Ai fini della prevenzione e della protezione contro le esplosioni, sulla base della valutazione dei rischi e dei principi generali di tutela di cui all'articolo 3, il datore di lavoro adotta le misure tecniche e organizzative adeguate alla natura dell'attivita'; in particolare il datore di lavoro previene la formazione di atmosfere esplosive.

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2. Se la natura dell'attivita' non consente di prevenire la formazione di atmosfere esplosive, il datore di lavoro deve:a) evitare l'accensione di atmosfere esplosive;b) attenuare gli effetti pregiudizievoli di un'esplosione in modo da garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori.

3. Se necessario, le misure di cui ai commi 1 e 2 sono combinate e integrate con altre contro la propagazione delle esplosioni e sono riesaminate periodicamente e, in ogni caso, ogniqualvolta si verifichino cambiamenti rilevanti. Art. 88-quinquies. Valutazione dei rischi di esplosione

1. Nell'assolvere gli obblighi stabiliti dall'articolo 4, il datore di lavoro valuta i rischi specifici derivanti da atmosfere esplosive, tenendo conto almeno dei seguenti elementi:a) probabilita' e durata della presenza di atmosfere esplosive;b) probabilita' che le fonti di accensione, comprese le scariche elettrostatiche, siano presenti e divengano attive ed efficaci;c) caratteristiche dell'impianto, sostanze utilizzate, processi e loro possibili interazioni;d) entita' degli effetti prevedibili.

2. I rischi di esplosione sono valutati complessivamente.

3. Nella valutazione dei rischi di esplosione vanno presi in considerazione i luoghi che sono o possono essere in collegamento, tramite aperture, con quelli in cui possono formarsi atmosfere esplosive. Art. 88-sexies. Obblighi generali

1. Al fine di salvaguardare la sicurezza e la salute dei lavoratori, e secondo i principi fondamentali della valutazione dei rischi e quelli di cui all'articolo 88-quater, il datore di lavoro prende i provvedimenti necessari affinche':a) dove possono svilupparsi atmosfere esplosive in quantita' tale da mettere in pericolo la sicurezza e la salute dei lavoratori o di altri, gli ambienti di lavoro siano strutturati in modo da permettere di svolgere il lavoro in condizioni di sicurezza;b) negli ambienti di lavoro in cui possono svilupparsi atmosfere esplosive in quantita' tale da mettere in pericolo la sicurezza e la salute dei lavoratori, sia garantito un adeguato controllo durante la presenza dei lavoratori, in funzione della valutazione del rischio, mediante l'utilizzo di mezzi tecnici adeguati. Art. 88-septies. Coordinamento

1. Qualora nello stesso luogo di lavoro operino lavoratori di piu' imprese, ciascun datore di lavoro e' responsabile per le questioni soggette al suo controllo.

2. Fermo restando la responsabilita' individuale di ciascun datore di lavoro e quanto previsto dall'articolo 7, il datore di lavoro che e' responsabile del luogo di lavoro, coordina l'attuazione di tutte le misure riguardanti la salute e la sicurezza dei lavoratori e specifica nel documento sulla protezione contro le esplosioni, di cui all'articolo 88-novies, l'obiettivo, le misure e le modalita' di attuazione di detto coordinamento. Art. 88-octies. Aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive

1. Il datore di lavoro ripartisce in zone, a norma dell'allegato XV-bis, le aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive.

2. Il datore di lavoro assicura che per le aree di cui al comma 1 siano applicate le prescrizioni minime di cui all'allegato XV-ter.

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3. Se necessario, le aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive in quantita' tali da mettere in pericolo la sicurezza e la salute dei lavoratori sono segnalate nei punti di accesso a norma dell'allegato XV-quater. Art. 88-novies. Documento sulla protezione contro le esplosioni

1. Nell'assolvere gli obblighi stabiliti dall'articolo 88-quinquies il datore di lavoro provvede a elaborare e a tenere aggiornato un documento, denominato: «documento sulla protezione contro le esplosioni».

2. Il documento di cui al comma 1, in particolare, deve precisare:a) che i rischi di esplosione sono stati individuati e valutati;b) che saranno prese misure adeguate per raggiungere gli obiettivi del presente titolo;c) quali sono i luoghi che sono stati classificati nelle zone di cui all'allegato XV-bis;d) quali sono i luoghi in cui si applicano le prescrizioni minime di cui all'allegato XV-ter;e) che i luoghi e le attrezzature di lavoro, compresi i dispositivi di allarme, sono concepiti, impiegati e mantenuti in efficienza tenendo nel debito conto la sicurezza;f) che, ai sensi del titolo III, sono stati adottati gli accorgimenti per l'impiego sicuro di attrezzature di lavoro.

3. Il documento di cui al comma 1 deve essere compilato prima dell'inizio del lavoro ed essere riveduto qualora i luoghi di lavoro, le attrezzature o l'organizzazione del lavoro abbiano subito modifiche, ampliamenti o trasformazioni rilevanti.

4. Il documento di cui al comma 1 e' parte integrante del documento di valutazione dei rischi di cui all'articolo 4. Art. 88-decies. Termini per l'adeguamento

1. Le attrezzature da utilizzare nelle aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive, gia' utilizzate o a disposizione dell'impresa o dello stabilimento per la prima volta prima del 30 giugno 2003, devono soddisfare, a decorrere da tale data, i requisiti minimi di cui all'allegato XV-ter, parte A, fatte salve le altre disposizioni che le disciplinano.

2. Le attrezzature da utilizzare nelle aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive, che sono a disposizione dell'impresa o dello stabilimento per la prima volta dopo il 30 giugno 2003, devono soddisfare i requisiti minimi di cui all'allegato XV-ter, parti A e B.

3. I luoghi di lavoro che comprendono aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive, utilizzati per la prima volta dopo il 30 giugno 2003, devono soddisfare le prescrizioni minime stabilite dal presente titolo.

4. I luoghi di lavoro che comprendono aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive gia' utilizzati prima del 30 giugno 2003 devono soddisfare il 30 giugno 2006 le prescrizioni minime stabilite dal presente titolo.

5. Il datore di lavoro che procede, dopo il 30 giugno 2003, a modifiche, ampliamenti o trasformazioni dei luoghi di lavoro che comprendono aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive, prende i necessari provvedimenti per assicurarsi che tali modifiche, ampliamenti o trasformazioni rispondano ai requisiti minimi di cui al presente titolo. Art. 88-undecies. Verifiche

1. Il datore di lavoro provvede affinche' le installazioni elettriche nelle aree classificate come zone 0, 1, 20 o 21 ai sensi dell'allegato XV-bis siano sottoposte alle verifiche di cui ai capi III e IV del decreto del Presidente della Repubblica 22 ottobre 2001, n. 462. Art. 88-decies. Termini per l'adeguamento

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1. Le attrezzature da utilizzare nelle aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive, gia' utilizzate o a disposizione dell'impresa o dello stabilimento per la prima volta prima del 30 giugno 2003, devono soddisfare, a decorrere da tale data, i requisiti minimi di cui all'allegato XV-ter, parte A, fatte salve le altre disposizioni che le disciplinano.

2. Le attrezzature da utilizzare nelle aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive, che sono a disposizione dell'impresa o dello stabilimento per la prima volta dopo il 30 giugno 2003, devono soddisfare i requisiti minimi di cui all'allegato XV-ter, parti A e B.

3. I luoghi di lavoro che comprendono aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive, utilizzati per la prima volta dopo il 30 giugno 2003, devono soddisfare le prescrizioni minime stabilite dal presente titolo.

4. I luoghi di lavoro che comprendono aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive gia' utilizzati prima del 30 giugno 2003 devono soddisfare il 30 giugno 2006 le prescrizioni minime stabilite dal presente titolo.

5. Il datore di lavoro che procede, dopo il 30 giugno 2003, a modifiche, ampliamenti o trasformazioni dei luoghi di lavoro che comprendono aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive, prende i necessari provvedimenti per assicurarsi che tali modifiche, ampliamenti o trasformazioni rispondano ai requisiti minimi di cui al presente titolo. Art. 88-undecies. Verifiche

1. Il datore di lavoro provvede affinche' le installazioni elettriche nelle aree classificate come zone 0, 1, 20 o 21 ai sensi dell'allegato XV-bis siano sottoposte alle verifiche di cui ai capi III e IV del decreto del Presidente della Repubblica 22 ottobre 2001, n. 462. Titolo IXSANZIONI

Art.89. Contravvenzioni commesse dai datori di lavoro e dai dirigenti (1)

1. Il datore di lavoro è punito con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da lire tre milioni a otto milioni per la violazione degli articoli 4, commi 2, 4, lettera a), 6, 7 e 11, primo periodo; 63, commi 1, 4 e 5; 69, comma 5, lettera a); 78, commi 3 e 5; 86, comma 2-ter.

2. Il datore di lavoro ed il dirigente sono puniti:a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da lire tre milioni a lire otto milioni per la violazione degli articoli 4, comma 5, lettere b), d), e), h), l), n) e q); 7, comma 2; 12, commi 1, lettere d) ed e) e 4; 15, comma 1; 22, commi da 1 a 5; 30, commi 3, 4, 5 e 6; 31, commi 3 e 4; 32; 35, commi 1, 2, 4, 4-bis, 4-ter, 4-quater e 5; 36, comma 8-ter, 36-bis, commi 5, 6; 36-ter; 36-quater, commi 5 e 6; 36-quinquies, comma 2; 38; 41; 43, commi 3, 4, lettere a), b), d) e g) e 5; 48; 49, comma 2; 52, comma 2; 54; 55, commi 1, 3 e 4; 56, comma 2; 58; 72-quater, commi da 1 a 3, 6 e 7; 72-sexies; 72-septies; 72-novies, commi 1, 3, 4 e 5; 72-decies, comma 7; 62; 63, comma 3; 64; 65, comma 1; 66, comma 2; 67, commi 1 e 2; 68; 69, commi 1, 2 e 5, lettera b); 77, comma 1; 78, comma 2; 79; 80, comma 1; 81, commi 2 e 3; 82; 83; 85, comma 2; 86, commi 1, 2, 88-quater, comma 2; 88-sexies; 88-septies, comma 2; 88-octies, commi 1 e 2; 88-undecies; (2)b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da lire un milione a lire 5 milioni per la violazione degli articoli 4, commi 4, lettere b) e c), 5, lettere c), f), g), i), m) e p); 7, commi 1 e 3; 9, comma 2; 10; 12, comma 1, lettere a), b) e c); 21; 37; 43, comma 4, lettere c), e) ed f); 49, comma 1; 56, comma 1; 57; 72-octies, commi 1, 2 e 3, 72-decies, commi 1, 2, 3, e 5; 66, commi 1 e 4; 67, comma 3; 70, comma 1; 76, commi 1, 2 e 3; 77, comma 4; 84, comma 2; 85, commi 1 e 4; 87, commi 1 e 2. (3)b-bis) con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda da euro 258 a euro 1.032 per la violazione degli articoli 36-bis, commi 1, 2, 3, 4 e 7, 36-ter, 36-quater, commi 1, 3 e 4, 36-quinquies, comma 1.

3. ll datore di lavoro ed il dirigente sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire 1 milione a lire 6 milioni per la violazione degli articoli 4, commi 5, lettera o), e 8; 8, comma 11; 11; 70, commi 3, 4, 5, 6 e 8; 87, commi 3 e 4 (5)

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(1) Articolo così sostituito dall’art. 22 del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.(2) Lettera così modificata dall' art. 6, comma 1 del D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 359, dall’ art. 3 del D.Lgs. 2 febbraio 2002, n. 25, dall'art. 3 del D.Lgs. 12 giugno 2003, n. 233, e successivamente dall'art. 1 del D.Lgs. 8 luglio 2003, n. 235 (in vigore dal 19 luglio 2005)(3) Lettera così modificata dall’ art. 3 del D.Lgs. 2 febbraio 2002, n. 25.(4) Lettera aggiunta dall'art. 1 del D.Lgs. 8 luglio 2003, n. 235 (in vigore dal 19 luglio 2005)(5) Comma così modificato dall’ art. 11 del D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 66. Art.90. Contravvenzioni commesse dai preposti

1. I preposti sono puniti:a) con l'arresto sino a due mesi o con l'ammenda da lire 500 mila a lire 2 milioni per la violazione degli articoli 4, comma 5, lettere b), d), e), h), l), n) e q); 7, comma 2; 12, commi 1, lettere d) ed e), e 4; 15, comma 1; 30, commi 3, 4, 5 e 6; 31, commi 3 e 4; 32; 35, commi 1, 2, 4 e 5; 41; 43, commi 3, 4, lettere a), b) e d); 48; 52, comma 2; 54; 55, commi 1, 3 e 4; 58; 72-quater, commi da 1 a 3, 6 e 7; 72-sexies; 72-septies; 72-novies, commi 1, 3, 4 e 5; 72- decies, comma 7, 62; 63, comma 3; 64; 65, comma 1; 67, commi 1 e 2; 68; 69, commi 1 e 2; 78, comma 2; 79; 80, comma 1; 81, commi 2 e 3; 82; 83; 86, commi 1 e 2; (2)b) con l'arresto sino a un mese o con l'ammenda da lire 300 mila a lire 1 milione per la violazione degli articoli 4, comma 5, lettere c), f), g), i) e m); 7, commi 1, lettera b), e 3; 9, comma 2; 12, comma 1, lettere a) e c); 21; 37; 43, comma 4, lettere c), e) ed f); 49, comma 1; 56, comma 1; 57; 72-sexies, comma 8; 72-decies, commi 1, 2, 3, e 5; 66, commi 1 e 4; 85, commi 1 e 4. (3)

(1) Articolo così sostituito dall’art. 23 del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.(2) Lettera così modificata dall’ art. 3 del D.Lgs. 2 febbraio 2002, n. 25.(3) Lettera così modificata dall’ art. 3 del D.Lgs. 2 febbraio 2002, n. 25. Art.91. Contravvenzioni commesse dai progettisti, dai fabbricanti e dagli installatori (1)

1. La violazione dell'art. 6, comma 2, è punita con l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda da lire quindici milioni a lire sessanta milioni.

2. La violazione dell'art. 6, commi 1 e 3, è punita con l'arresto fino ad un mese o con l'ammenda da lire seicentomila a lire due milioni.

(1) Rubrica così sostituita dall’art. 24, comma 1, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242. Art.92. Contravvenzioni commesse dal medico competente

1. Il medico competente è punito:a) con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da lire un milione a lire sei milioni per la violazione degli articoli 17, comma 1, lettere b), d), h) e l); “72-decies, comma 3, primo periodo e comma 6; 72-undecies; 69, comma 4; 86, comma 2 bis; (1) (3)b) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da lire cinquecentomila a lire tre milioni per la violazione degli articoli 17, comma 1, lettere e), f), g) ed i), nonchè del comma 3, e 70, comma 2 (2).

(1) Lettera così modificata dall’art. 24, comma 2, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.(2) Lettera dapprima modificata dall’art. 24, comma 3, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242 e poi così modificata dall’ art.11 del D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 66.(3) Lettera così modificata dall’ art. 3 del D.Lgs. 2 febbraio 2002, n. 25. Art.93. Contravvenzioni commesse dai lavoratori (1)

1. I lavoratori sono puniti:a) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da lire quattrocentomila a lire un milione e duecentomila per la violazione degli articoli 5, comma 2; 12, comma 3, primo periodo; 39; 44; 84, comma 3 (2);

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b) con l'arresto fino a quindici giorni o con l'ammenda da lire duecentomila a lire seicentomila per la violazione degli articoli 67, comma 2; 84, comma 1.

(1) Articolo così modificato dall'art. 27, comma 13, del D.Lgs. 19 dicembre 1994, n. 758.(2) Lettera così modificata dall’art. 24, comma 4, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242. Art.94. Violazioni amministrative

1. Chiunque viola le disposizioni di cui agli articoli 65, comma 2, e 80, comma 2, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire centomila a lire trecentomila. Titolo XDISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI

Art.95. Norma transitoria

1. In sede di prima applicazione del presente decreto e comunque non oltre il 31 dicembre 1996 il datore di lavoro che intende svolgere direttamente i compiti di prevenzione e protezione dai rischi è esonerato dalla frequenza del corso di formazione di cui al comma 2 dell'art. 10, ferma restando l'osservanza degli adempimenti previsti dal predetto art. 10, comma 2, lettere a), b) e c). Art.96. Decorrenza degli obblighi di cui all'art. 4

1. E' fatto obbligo di adottare le misure di cui all'art. 4 nel termine di dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Art.96 bis. Attuazione degli obblighi

1. Il datore di lavoro che intraprende un'attività lavorativa di cui all'art. 1 è tenuto a elaborare il documento di cui all'art. 4, comma 2, del presente decreto entro tre mesi dall'effettivo inizio dell'attività.

(1) Articolo inserito dall’art. 25 del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242. Art.97. Obblighi d'informazione

1. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale trasmette alla commissione:a) il testo delle disposizioni di diritto interno adottate nel settore della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro;b) ogni cinque anni, una relazione sull'attuazione pratica delle disposizioni dei titoli I, II, III e IV;c) ogni quattro anni, una relazione sull'attuazione pratica delle disposizioni dei titoli V e VI.

2. Le relazioni di cui al comma 1 sono trasmesse anche alle commissioni parlamentari. Art.98. Norma finale

1. Restano in vigore, in quanto non specificatamente modificate dal presente decreto, le disposizioni vigenti in materia di prevenzione degli infortuni ed igiene del lavoro.

ALLEGATI

omissis

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D.Lgs. 15 Agosto 1991, n. 277 Attuazione delle direttive n. 80/1107/CEE, n. 82/605/CEE, n. 83/477/CEE, n. 86/188/CEE e n. 88/642/CEE, in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici durante il lavoro, a norma dell'art. 7 della legge 30 luglio 1990, n. 212 (1).(1) Vedi, anche, l'art. 32, d.p.r. 18 aprile 1994, n. 441. Data Emanazione: 15/08/1991 Data Pubblicazione: 27/08/1991 G.U. n. 200 del 27 Agosto 1991

Art. 1. Attività soggette

1. Il presente decreto prescrive misure per la tutela della salute e per la sicurezza dei lavoratori contro i rischi derivanti dall'esposizione durante il lavoro agli agenti chimici e fisici di cui ai capi II, III e IV. 2. Le disposizioni di cui ai capi II, III e IV non escludono l'applicabilità delle norme di cui al presente capo. Gli articoli 8 e 9 si applicano altresì in tutti i casi di esposizione, durante il lavoro, ad agenti chimici, fisici, nonché biologici. 3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano alle attività alle quali sono addetti i lavoratori subordinati o ad essi equiparati ai sensi dell'art. 3 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303. 4. Nei riguardi delle Forze armate, o di Polizia, dei Servizi di protezione civile e del Servizio sanitario nazionale per quanto concerne le sale operatorie degli ospedali, degli istituti di istruzione e di educazione, le norme del presente decreto sono applicate tenendo conto delle particolari esigenze connesse al servizio espletato, individuate con decreto del Ministro competente, di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità (1). (1) Comma così modificato dall'art. 1-bis, d.l. 23 ottobre 1996, n. 542, conv. in l. 23 dicembre 1996, n. 649.

Art. 2. Attività escluse

1. Le disposizioni del presente decreto non si applicano ai lavoratori della navigazione marittima ed aerea.

Art. 3. Definizioni

1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente decreto si intendono per: a) agente: l'agente chimico, fisico o biologico presente durante il lavoro e potenzialmente dannoso per la salute; b) valore limite: il limite di esposizione nell'ambiente di lavoro interessato o il limite di un indicatore biologico relativo ai lavoratori esposti, a seconda dell'agente; c) medico competente: un medico, ove possibile dipendente del Servizio sanitario nazionale, in possesso di uno dei seguenti titoli: specializzazione in medicina del lavoro o in medicina preventiva dei lavoratori e psicotecnica o in tossicologia industriale o specializzazione equipollente; docenza in medicina del lavoro o in medicina preventiva dei lavoratori o in medicina preventiva dei lavoratori e psicotecnica o in tossicologia industriale o in igiene industriale o in fisiologia ed igiene del lavoro; libera docenza nelle discipline suddette; d) organo di vigilanza: organo del Servizio sanitario nazionale, salve le diverse disposizioni previste da norme speciali.

Art. 4. Misure di tutela

1. Salvo quanto previsto nei capi II, III e IV, le misure per la tutela della salute e per la sicurezza dei lavoratori durante il lavoro nella materia di cui all'art. 1, comma 1, sono le seguenti: a) la valutazione da parte del datore di lavoro dei rischi per la salute e la sicurezza; b) utilizzazione limitata dell'agente sul luogo di lavoro; c) limitazione al minimo del numero dei lavoratori che sono o possono essere esposti; d) controllo dell'esposizione dei lavoratori mediante la misurazione dell'agente. La campionatura, la misurazione dell'agente e la valutazione dei risultati si effettuano con le modalità e i metodi previsti per ciascun agente. Tali modalità e metodi sono aggiornati periodicamente con decreto del Presidente del Consiglio dei

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Ministri di iniziativa dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, di concerto con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, in base alle direttive CEE, nonché in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso scientifico e tecnologico; e) misure da attuare, quando sia superato un valore limite, per identificare le cause del superamento ed ovviarvi; f) misure tecniche di prevenzione; g) misure di protezione collettiva; h) uso di segnali di avvertimento e di sicurezza; i) misure di protezione comportanti l'applicazione di procedimenti e metodi di lavoro appropriati; l) misure di protezione individuale, da adottare soltanto quando non sia possibile evitare in altro modo un'esposizione pericolosa; m) misure di emergenza da attuare in caso di esposizione anormale;n) misure igieniche; o) informazione e formazione completa e periodica dei lavoratori ovvero dei loro rappresentanti su: 1) i rischi connessi con l'esposizione dei lavoratori all'agente e le misure tecniche di prevenzione; 2) i metodi per la valutazione dei rischi, l'indicazione dei valori limite e, ove fissate, le misure da prendere o già prese per motivi di urgenza, in caso di loro superamento, per ovviarvi; p) attuazione di un controllo sanitario dei lavoratori prima dell'esposizione e, in seguito, ad intervalli regolari nonché, qualora trattisi di esposizione ad agenti con effetti a lungo termine, prolungamento del controllo dopo la cessazione dell'attività comportante l'esposizione; q) tenuta e aggiornamento di registri indicanti livelli di esposizione, di elenchi di lavoratori esposti e di cartelle sanitarie e di rischio. I modelli e le modalità di tenuta dei registri, degli elenchi e delle cartelle relativi all'agente disciplinato sono determinati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di iniziativa dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità; r) accesso dei lavoratori ovvero dei loro rappresentanti ai risultati delle misure di esposizione ed ai risultati collettivi non nominativi degli esami indicativi dell'esposizione; s) accesso di ogni lavoratore interessato ai risultati dei propri controlli sanitari, in particolare a quelle degli esami biologici indicativi dell'esposizione; t) accesso dei lavoratori ovvero dei loro rappresentanti ad un'informazione adeguata, atta a migliorare le loro conoscenze dei pericoli cui sono esposti; u) un sistema di notifica alle competenti autorità statali, ovvero locali, delle attività che comportano esposizione all'agente oggetto di disciplina, con l'indicazione dei dati da comunicare. 2. Ai fini del presente decreto si intendono per rappresentanti dei lavoratori i loro rappresentanti nella unità produttiva, ovvero nell'azienda, come definiti dalla normativa vigente, ovvero dai contratti collettivi applicabili.

Art. 5. Obblighi dei datori di lavoro, dei dirigenti e dei preposti

1. I datori di lavoro, i dirigenti ed i preposti che esercitano o sovraintendono alle attività indicate all'art. 1, nell'ambito delle rispettive attribuzioni e competenze: a) attuano le misure previste nel presente decreto e nei provvedimenti emanati in attuazione del medesimo; b) informano i lavoratori nonché i loro rappresentanti dei rischi specifici dovuti all'esposizione all'agente ed alle mansioni dei lavoratori medesimi e delle misure di prevenzione adottate, anche mediante dettagliate disposizioni e istruzioni lavorative, volte anche a salvaguardare il controllo strumentale; forniscono ai medesimi informazioni anonime collettive contenute nei registri di cui all'art. 4, comma 1, lettera q), e, tramite il medico competente, i risultati anonimi collettivi degli accertamenti clinici e strumentali effettuati, nonché indicazioni sul significato di detti risultati; informano altresì i lavoratori sulle misure da osservare nei casi di emergenza o di guasti; c) permettono ai lavoratori di verificare, mediante loro rappresentanti, l'applicazione delle misure di tutela della salute e di sicurezza; d) forniscono ai lavoratori i necessari ed idonei mezzi di protezione; e) provvedono ad un adeguato addestramento all'uso dei mezzi individuali di protezione; f) dispongono ed esigono l'osservanza da parte dei singoli lavoratori delle disposizioni aziendali e delle norme, nonché l'uso appropriato dei mezzi individuali e collettivi di protezione messi a loro disposizione ed accertano che vi siano le condizioni per adempiere alle norme e disposizioni aziendali medesime; g) esigono l'osservanza da parte del medico competente degli obblighi previsti dal presente decreto, informandolo sui procedimenti produttivi e sugli agenti inerenti all'attività. 2. I datori di lavoro, i dirigenti ed i preposti, nell'ambito delle rispettive attribuzioni e competenze, informano i lavoratori autonomi ed i titolari di imprese incaricate a qualsiasi titolo di prestare la loro opera nell'ambito aziendale dei rischi specifici dovuti alla presenza di agenti nei luoghi di lavoro ove i suddetti lavoratori

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autonomi o quelli dipendenti dalle imprese incaricate sono destinati a prestare la loro opera. L'informazione comprende le modalità per prevenire i rischi e le specifiche disposizioni, anche aziendali, al riguardo. 3. Fermi restando gli obblighi dei datori di lavoro dei dirigenti e dei preposti di cui al comma 1 i titolari delle imprese incaricate a qualsiasi titolo di prestare la loro opera presso aziende che svolgono le attività di cui all'articolo 1 assicurano la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori propri dipendenti in relazione alla natura dei rischi risultanti dall'esposizione di questi ultimi, durante il lavoro, ad agenti di cui ai capi II, III e IV. 4. I datori di lavoro, i dirigenti ed i preposti che esercitano, dirigono e sovraintendono alle attività indicate all'articolo 1, nell'ambito delle rispettive attribuzioni e competenze, ed i titolari delle imprese di cui al comma 3 cooperano all'attuazione delle misure di cui all'art. 4 e coordinano gli interventi di protezione e prevenzione dei rischi cui sono esposti i lavoratori.

Art. 6. Obblighi dei lavoratori

1. I lavoratori: a) osservano oltre le norme del presente decreto le disposizioni e istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e dai preposti ai fini della protezione collettiva ed individuale; b) usano con cura ed in modo appropriato i dispositivi di sicurezza, i mezzi individuali e collettivi di protezione, forniti o predisposti dal datore di lavoro; c) segnalano immediatamente al datore di lavoro, al dirigente ed al preposto le deficienze dei suddetti dispositivi e mezzi, nonché le altre eventuali condizioni di pericolo di cui vengano a conoscenza, adoperandosi direttamente, in caso di urgenza nell'ambito delle loro competenze e possibilità, per eliminare o ridurre dette deficienze o pericoli; d) non rimuovono o modificano, senza autorizzazione, i dispositivi di sicurezza, di segnalazione, di misurazione ed i mezzi individuali e collettivi di protezione; e) non compiono di propria iniziativa operazioni o manovre non di loro competenza che possono compromettere la protezione o la sicurezza; f) si sottopongono ai controlli sanitari previsti nei loro riguardi.

Art. 7. Obblighi del medico competente

1. Lo stato di salute dei lavoratori esposti agli agenti di cui all'art. 1, comma 1, è accertato da un medico competente a cura e spese del datore di lavoro. Gli eventuali esami integrativi sono anch'essi a cura e spese del datore di lavoro. 2. Il medico competente esprime i giudizi di idoneità specifica al lavoro. 3. Per ogni lavoratore di cui al comma 1 il medico competente istituisce e aggiorna sotto la sua responsabilità, una cartella sanitaria e di rischio da custodire presso il datore di lavoro con salvaguardia del segreto professionale. 4. Il medico competente fornisce informazioni ai lavoratori sul significato dei controlli sanitari cui sono sottoposti; fornisce altresì a richiesta informazioni analoghe ai loro rappresentanti. 5. Il medico competente informa ogni lavoratore interessato dei risultati del controllo sanitario ed in particolare di quelli degli esami biologici indicativi dell'esposizione relativi alla sua persona. 6. Il medico competente visita gli ambienti di lavoro almeno due volte l'anno e partecipa alla programmazione del controllo dell'esposizione dei lavoratori, i cui risultati gli sono forniti con tempestività ai fini delle valutazioni e dei pareri di competenza.

Art. 8. Allontanamento temporaneo dall'esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici

1. Nel caso in cui il lavoratore per motivi sanitari inerenti la sua persona, connessi all'esposizione ad un agente chimico o fisico o biologico, sia allontanato temporaneamente da un'attività comportante esposizione ad un agente, in conformità al parere del medico competente è assegnato, in quanto possibile, ad un altro posto di lavoro nell'ambito della stessa azienda. Avverso il parere del medico competente è ammesso ricorso, entro trenta giorni dalla data di comunicazione del parere medesimo, all'organo di vigilanza. Tale organo riesamina la valutazione degli esami degli accertamenti effettuati dal medico competente disponendo, dopo eventuali ulteriori accertamenti, la conferma o la modifica o la revoca delle misure adottate nei confronti dei lavoratori.

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2. Il lavoratore di cui al comma 1 che viene adibito a mansioni inferiori conserva la retribuzione corrispondente alle mansioni precedentemente svolte, nonché la qualifica originaria. Si applicano le norme di cui all'art. 13 della legge 20 maggio 1970, n. 300, qualora il lavoratore venga adibito a mansioni equivalenti o superiori. 3. I contratti collettivi di lavoro stipulati dalle associazioni sindacali di categoria maggiormente rappresentative, sul piano nazionale, dei datori di lavoro e dei lavoratori determinano il periodo massimo dell'allontamento temporaneo agli effetti del comma 2.

Art. 9. Altre misure

1. Fatto salvo quanto previsto dalla normativa per la protezione dell'ambiente esterno, il datore di lavoro, il dirigente ed il preposto adottano, nell'ambito delle rispettive competenze, provvedimenti appropriati per evitare che le misure tecniche per la tutela della salute e della sicurezza possano causare rischi per la salute della popolazione o deteriorare l'ambiente esterno.

Art. 10. Attività soggette

1. Le norme del presente capo si applicano a tutte le attività lavorative nelle quali vi è il rischio di esposizione al piombo metallico od ai suoi composti ionici, qui di seguito indicati come <>. 2. Le norme del presente capo non si applicano alle attività estrattive di minerali contenenti piombo ed alla preparazione di concentrati di minerali di piombo nel sito della miniera. 3. Nell'allegato I sono indicate a titolo esemplificativo le attività lavorative che comportano rischio di esposizione al piombo.

Art. 11. Valutazione del rischio

1. Per tutte le attività lavorative di cui all'art. 10 il datore di lavoro effettua una valutazione dell'esposizione dei lavoratori al piombo al fine di adottare le idonee misure preventive e protettive. 2. Detta valutazione tende, in particolare, ad accertare l'inquinamento ambientale prodotto dal piombo aerodisperso, individuando i punti di emissione ed i punti a maggior rischio delle aree lavorative, e comprende una determinazione dell'esposizione personale dei lavoratori al piombo ed una determinazione della piombemia. 3. Il datore di lavoro attua le disposizioni di cui agli articoli 12 commi 2 e 3, 13, 14 commi 2, 15, 17 e 21 qualora dalla valutazione di cui al comma 2 risulti l'esistenza di almeno una delle seguenti condizioni: a) esposizione dei lavoratori e concentrazione di piombo nell'aria superiore a 40 microgrammi di piombo per metro cubo di aria, espressa come media ponderata in funzione del tempo su un periodo di riferimento di otto ore giornaliere; b) livelli individuali di piombemia uguali o superiori a 35 microgrammi di piombo per 100 millilitri di sangue, effettivamente correlabili all'esposizione. 4. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione ogni volta che si verifichino nelle lavorazioni delle modifiche che possono comportare un aumento significativo dell'esposizione al piombo e, comunque, trascorsi tre anni dall'ultima valutazione effettuata. 5. Nuove valutazioni sono inoltre effettuate, ogni qualvolta l'organo di vigilanza lo disponga con provvedimento motivato. 6. Per le imprese già in attività la valutazione di cui al comma 1 è effettuata entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Per le imprese che intraprendono le attività lavorative di cui all'articolo 10, la valutazione è effettuata non prima di 90 giorni dalla data dell'effettivo inizio dell'attività e non oltre centottanta giorni dalla data medesima. 7. I lavoratori ovvero i loro rappresentanti sono consultati prima dell'effettuazione della valutazione di cui ai precedenti commi e sono informati dei risultati. Detti risultati sono riportati su un apposito registro da tenere a disposizione dei lavoratori ovvero dei loro rappresentanti e dell'organo di vigilanza.

Art. 12. Informazione dei lavoratori

1. In tutte le attività di cui all'art. 10 il datore di lavoro fornisce ai lavoratori prima che essi vengano adibiti a dette attività, nonché ai loro rappresentanti, informazioni su: a) i rischi per la salute dovuti all'esposizione al piombo, compresi i rischi per il nascituro ed il neonato;

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b) le norme igieniche da adottare per evitare l'introduzione di piombo, ivi compresa la necessità di non assumere cibi o bevande e di non fumare sul luogo di lavoro; c) le precauzioni particolari per ridurre al minimo l'esposizione al piombo. L'informazione è ripetuta con periodicità triennale e comunque ogni qualvolta vi siano delle modifiche nelle lavorazioni che comportino un mutamento significativo nell'esposizione. 2. Nelle attività che comportano le condizioni di esposizione di cui all'art. 11, comma 3, il datore di lavoro fornisce altresì informazioni, per iscritto e con periodicità annuale, circa: a) l'esistenza dei valori limite di cui agli articoli 16 e 18 e la necessità del controllo dell'esposizione dei lavoratori al piombo nell'aria e del controllo biologico; b) il corretto uso degli indumenti protettivi e dei mezzi individuali di protezione. 3. Nelle attività di cui al comma 2 il datore di lavoro inoltre informa ogni singolo lavoratore, tramite il medico competente, dei risultati, delle misurazioni della piombemia e di altri indicatori biologici che lo riguardano, nonché dell'interpretazione data a tali risultati, ed i lavoratori ovvero i loro rappresentanti dei risultati statistici non nominativi del controllo biologico.

Art. 13. Misure tecniche, organizzative, procedurali

1. Nelle attività lavorative che comportano le condizioni di esposizione indicate all'articolo 11, comma 3, il datore di lavoro: a) assicura che gli edifici, i locali e gli impianti in cui avvengono le lavorazioni abbiano caratteristiche tali da poter essere sottoposti ad efficace pulizia e manutenzione; b) assicura che nelle varie operazioni lavorative siano impiegati quantitativi di piombo non superiori alle necessità delle lavorazioni e che il piombo in attesa di impiego, se in forma fisica tale da presentare rischio di introduzione, non sia accumulato sul luogo di lavoro in quantitativi superiori alle necessità predette; c) limita al minimo possibile il numero dei lavoratori esposti o che possono essere esposti al piombo, anche isolando le lavorazioni in aree predeterminate; d) in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico, adotta le misure concretamente attuabili per evitare o ridurre l'emissione di piombo e la sua diffusione negli ambienti di lavoro. Se tali misure comprendono l'installazione di dispositivi di aspirazione o di abbattimento del piombo, questi sono sistemati quanto più possibile vicino al punto di emissione. Sono eseguite delle misurazioni della concentrazione del piombo nell'aria, onde verificare l'efficacia delle misure adottate; e) mette a disposizione dei lavoratori: 1. indumenti di lavoro o protettivi, tenendo conto delle proprietà chimico-fisiche del piombo o dei composti del piombo cui i lavoratori sono esposti; 2. mezzi per la protezione delle vie respiratorie da usarsi in operazioni con manipolazione dei prodotti polverosi e nelle pulizie; 3. mezzi individuali di protezione da usarsi secondo le previsioni di cui agli articoli 18, comma 4, 19, comma 1, e 20.

Art. 14. Misure igieniche

1. In tutte le attività di cui all'articolo 10 il datore di lavoro: a) assicura l'igiene degli ambienti di lavoro mediante regolare ed adeguata pulizia dei locali, dei macchinari e degli impianti; b) predispone, in particolare, aree speciali senza rischio di contaminazione da piombo che consentano ai lavoratori di sostare, fumare, assumere cibi e bevande nelle pause di lavoro e nelle quali siano inoltre a disposizione dei lavoratori acqua potabile ed altre bevande non contaminate dal piombo presente sul posto di lavoro.2. Nel caso di attività che comportano le condizioni di esposizione di cui all'art. 11, comma 3, il datore di lavoro, inoltre: a) assicura che i lavoratori dispongano di servizi sanitari adeguati, provvisti di docce; b) dispone che gli indumenti di lavoro o protettivi siano riposti in luogo separato da quello destinato agli abiti civili. Il lavaggio è effettuato dall'impresa in lavanderie appositamente attrezzate, con una macchina adibita esclusivamente a questa attività. Il trasporto, sia all'interno sia all'esterno dello stabilimento, è effettuato in imballaggi chiusi, opportunamente etichettati. L'attività di lavaggio è comunque compresa fra quelle indicate all'art. 10.

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Art. 15. Controllo sanitario

1. Nelle attività lavorative che comportano le condizioni di esposizione indicate all'art. 11, comma 3, i lavoratori sono sottoposti a controllo sanitario (clinico e biologico). 2. Il controllo clinico, da effettuarsi in conformità ai criteri di cui all'allegato II, comprende: a) una visita medica preventiva, per accertare l'assenza di controindicazioni al lavoro specifico ai fini della valutazione dell'idoneità dei lavoratori; b) visite mediche periodiche, per controllare il loro stato di salute ed esprimere il giudizio di idoneità. Le visite mediche periodiche hanno frequenza annuale, salvo i casi particolari indicati all'art. 16. Le visite mediche includono indagini diagnostiche mirate, stabilite dal medico competente. Esse tengono conto, oltre che dell'entità dell'esposizione, anche della sensibilità individuale del lavoratore al piombo. 3. Il controllo biologico comprende la misurazione della piombemia, effettuata con il metodo di analisi riportato nell'allegato III. 4. Il controllo biologico può inoltre comprendere, se il medico competente lo ritiene necessario, la misurazione, effettuata con i metodi di analisi riportati nell'allegato III, di uno o più indicatori di effetto, in particolare: a) escrezione urinaria dell'acido delta-amminolevulinico (A.L.A.U.); b) protoporfirine di zinco (Z.P.P.). 5. La misurazione dell'A.L.A.U. e delle Z.P.P. è obbligatoria nei casi particolari indicati all'art. 16. 6. I metodi di analisi di cui ai commi 3 e 4 sono aggiornati periodicamente con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di iniziativa dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, in base alle direttive CEE e in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso scientifico e tecnologico. 7. Salvo i casi particolari indicati all'articolo 16, il controllo biologico avviene con le frequenze sottoindicate: a) annualmente, per valori di piombemia inferiori o uguali a 40 microgrammi di piombo per 100 millilitri di sangue; b) ogni sei mesi, per valori di piombemia superiori a 40 microgrammi di piombo per 100 millilitri di sangue ed inferiori o uguali a 50 microgrammi di piombo per 100 millilitri di sangue; c) ogni tre mesi, per valori di piombemia superiori a 50 microgrammi di piombo per 100 millilitri di sangue ed inferiori o uguali a 60 microgrammi di piombo per 100 millilitri di sangue.

Art. 16. Superamento dei valori limite biologici

1. Quando la piombemia individuale supera il valore di 60 microgrammi di piombo per 100 millilitri di sangue, il medico competente sottopone immediatamente il lavoratore interessato ad una visita medica, nonché ad un controllo dell'A.L.A.U. o delle Z.P.P. e ne informa il datore di lavoro. 2. Il datore di lavoro adotta immediatamente le misure necessarie per identificare e rimuovere le cause di tale superamento, anche con eventuali ulteriori misurazioni della concentrazione di piombo nell'aria, informando i lavoratori interessati del superamento e delle misure che intende adottare. In conformità al parere del medico competente, le misure cautelative possono consistere in una riduzione del tempo di esposizione o nell'allontanamento del lavoratore dall'esposizione stessa. 3. Il lavoratore che non sia stato allontanato dall'esposizione viene sottoposto ad un nuovo controllo della piombemia e dell'A.L.A.U. o delle Z.P.P. entro il termine di tre mesi. Se il valore di 60 microgrammi di piombo per 100 millilitri di sangue continua ad essere superato, egli non può essere mantenuto al suo posto di lavoro abituale per tutta la durata dell'orario lavorativo e la durata di tale permanenza è convenientemente ridotta, su indicazione del medico competente. Il lavoratore può essere assegnato in alternativa, su conforme parere del medico competente, ad un'altra mansione che comporti una esposizione minore. 4. Le misure cautelative di cui al comma 3 possono non essere applicate nel caso in cui il valore dell'A.L.A.U. o delle Z.P.P. del lavoratore interessato sono, a giudizio del medico competente, compatibili con la sua normale attività lavorativa. 5. Tutti i lavoratori che si trovano nelle condizioni indicate ai commi precedenti sono sottoposti a visita medica ed al controllo della piombemia e dell'A.L.A.U. o delle Z.P.P. ad intervalli stabiliti dal medico competente e comunque inferiori a tre mesi, fino a che i valori dei parametri misurati non risultano, a giudizio del medico competente, compatibili con l'attività lavorativa normalmente svolta dagli stessi. 6. Se risulta superato almeno uno dei seguenti valori: Piombemia: 70 microgrammi di piombo per 100 millilitri di sangue; A.L.A.U.: 15 milligrammi per grammo di creatinina; Z.P.P.: 12 microgrammi per grammo di emoglobina, il datore di lavoro allontana al più presto il lavoratore interessato da qualsiasi esposizione al piombo. Per tale lavoratore si continua ad applicare il controllo clinico e biologico previsto al comma 5.

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7. Contro le misure adottate nei loro riguardi, i lavoratori interessati dalle disposizioni di cui ai commi precedenti possono inoltrare ricorso all'organo di vigilanza entro trenta giorni, informandone per iscritto il datore di lavoro. 8. L'organo di vigilanza provvede a norma dell'art. 8, comma 1. 9. Per le lavoratrici in età fertile il riscontro di valori di piombemia superiori a 40 microgrammi di piombo per 100 millilitri di sangue comporta, comunque, l'allontanamento dall'esposizione.

Art. 17. Controllo dell'esposizione dei lavoratori

1. Nelle attività lavorative che comportano le condizioni di esposizione indicate all'art. 11, comma 3, il datore di lavoro effettua un controllo periodico dell'esposizione dei lavoratori al piombo nell'aria. 2. Detto controllo è effettuato attraverso la misurazione della concentrazione del piombo nell'aria, espressa come media ponderata su un periodo di riferimento di otto ore giornaliere, utilizzando i metodi di prelievo e di dosaggio riportati nell'allegato IV. 3. Ogni misurazione, per un lavoratore o per un gruppo di lavoratori, deve essere rappresentativa dell'esposizione media giornaliera al piombo nell'aria. 4. Nel caso di attività che comportano variazione dell'esposizione nelle diverse giornate lavorative, il campionamento è effettuato nelle giornate in cui tale esposizione è verosimilmente maggiore. 5. La durata del campionamento non può essere, di norma, inferiore a quattro ore. Il campionamento può essere costituito da uno o più prelievi. 6. Se un gruppo di lavoratori esegue mansioni identiche o simili nello stesso luogo ed è perciò esposto a rischi per la salute analoghi, il campionamento può effettuarsi su base di gruppo. In tal caso è prelevato un campione per almeno un lavoratore su dieci. 7. Il controllo è effettuato con frequenza trimestrale. Se non interviene alcuna modifica che possa provocare un mutamento significativo dell'esposizione dei lavoratori, il controllo avrà frequenza annuale previa comunicazione all'organo di vigilanza qualora sussistano le condizioni sottoindicate: a) i risultati delle misurazioni hanno indicato, nei due controlli immediatamente precedenti, una concentrazione di piombo nell'aria inferiore a 100 microgrammi per metro cubo d'aria od una fluttuazione irrilevante nelle condizioni di esposizione; b) il livello individuale di piombemia di ciascun lavoratore non è superiore a 60 microgrammi di piombo per 100 millilitri di sangue. 8. I lavoratori o i loro rappresentanti sono consultati in riferimento a quanto previsto dal comma 4 e sono informati sui risultati delle misurazioni effettuate e sul significato di detti risultati.

Art. 18. Superamento dei valori limite di esposizione

1. L'esposizione dei lavoratori al piombo nell'aria non può superare il valore limite di 150 microgrammi di piombo per metro cubo di aria, espressa come media ponderata in funzione del tempo su un periodo di riferimento di otto ore giornaliere. In caso di superamento di detto valore il datore di lavoro identifica e rimuove le cause dell'evento, adottando quanto prima le misure appropriate. In conformità al parere del medico competente, lo stesso procede ad una determinazione immediata dei parametri biologici dei lavoratori interessati. 2. Per verificare l'efficacia delle misure di cui al comma 1 il datore di lavoro procede ad una nuova determinazione della concentrazione di piombo nell'aria. 3. Se le misure di cui al comma 1 non possono essere adottate immediatamente per motivi tecnici, il lavoro può proseguire nella zona interessata soltanto se vengono adottate adeguate misure per la protezione dei lavoratori interessati, anche in conformità al parere del medico competente. 4. In ogni caso, se l'esposizione dei lavoratori interessati non può venire ridotta con altri mezzi, quali ad esempio la riduzione della permanenza giornaliera nell'area interessata e si rende necessario l'uso di mezzi individuali di protezione, tale uso non può essere permanente e la sua durata, per ogni lavoratore, è limitata al minimo strettamente necessario. 5. L'organo di vigilanza è informato tempestivamente, e comunque non oltre cinque giorni, delle rilevazioni effettuate e delle misure adottate o che si intendono adottare. Trascorsi trenta giorni dall'accertamento del superamento del valore di cui al comma 1, il lavoro può proseguire nella zona interessata soltanto se l'esposizione dei lavoratori risulta nuovamente inferiore al suddetto valore limite. 6. Il datore di lavoro informa al più presto i lavoratori interessati ovvero i loro rappresentanti dell'evento di cui al comma 1 e delle cause dello stesso e li consulta sulle misure che intende adottare, anche in relazione al

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comma 3; in casi di particolare urgenza, che richiedano interventi immediati, il datore di lavoro li informa al più presto delle misure già adottate.

Art. 19. Misure di emergenza

1. Se si verificano eventi che possono provocare un incremento rilevante dell'esposizione al piombo, i lavoratori debbono abbandonare immediatamente la zona interessata. Potranno accedervi unicamente i lavoratori addetti ai necessari interventi, con l'obbligo di usare gli idonei mezzi di protezione. 2. Il datore di lavoro comunica all'organo di vigilanza il verificarsi di tali eventi e riferisce sulle misure adottate per ridurre al minimo le conseguenze.

Art. 20. Operazioni lavorative particolari

1. Nel caso di determinate operazioni lavorative per la cui natura è prevedibile che l'esposizione dei lavoratori al piombo nell'aria superi il valore limite di cui all'articolo 18, comma 1, e per le quali non si possono attuare misure tecniche preventive per limitare l'esposizione dei lavoratori, il datore di lavoro predispone un piano di lavoro contenente tutte le misure destinate a garantire la protezione dei lavoratori e dell'ambiente. 2. L'organo di vigilanza è informato di quanto sopra prima dell'inizio delle operazioni e può disporre l'attuazione di ulteriori misure o modifiche rispetto a quelle previste dal datore di lavoro. 3. Al termine delle operazioni i lavoratori sono sottoposti ad un controllo dell'A.L.A.U. Se il medico competente, tenuto anche conto dei risultati della misurazione dell'A.L.A.U., ne ravvisa la necessità, il lavoratore è sottoposto ad ulteriori esami clinici e biologici. 4. I lavoratori ovvero i loro rappresentanti sono previamente consultati ai fini della predisposizione del piano di cui al comma 1.

Art. 21. Registrazione dell'esposizione dei lavoratori

1. I lavoratori incaricati di svolgere le attività che comportano le condizioni di esposizione indicate nell'articolo 11, comma 3, sono iscritti nel registro di cui all'art. 4, comma 1, lettera q). 2. Il registro di cui sopra è istituito ed aggiornato dal datore di lavoro che ne cura la tenuta. 3. Il datore di lavoro: a) consegna copia del registro di cui al comma 1 all'ISPESL e alla USL competente per territorio, cui comunica ogni tre anni, e comunque ogni qualvolta l'ISPESL e la USL ne facciano richiesta, le variazioni intervenute; b) consegna, a richiesta, all'organo di vigilanza ed all'Istituto superiore di sanità copia del predetto registro; c) comunica all'ISPESL e alla USL competente per territorio la cessazione del rapporto di lavoro, con le variazioni sopravvenute dall'ultima comunicazione; d) consegna all'ISPESL e alla USL competente per territorio, in caso di cessazione dell'attività dell'impresa, il registro di cui al comma 1;e) richiede all'ISPESL e alla USL competente per territorio copia delle annotazioni individuali in caso di assunzione dei lavoratori che abbiano in precedenza esercitato attività che comportano le condizioni di esposizione di cui all'art. 11, comma 3; f) tramite il medico competente, comunica ai lavoratori interessati le relative annotazioni individuali contenute nel registro e nella cartella sanitaria e di rischio di cui all'art. 4, comma 1, lettera q). 4. I dati relativi a ciascun singolo lavoratore sono riservati.

Art. 22. Attività soggette

1. Le norme del presente capo si applicano a tutte le attività lavorative nelle quali vi è rischio di esposizione alla polvere proveniente dall'amianto o dai materiali contenenti amianto.

Art. 23. Definizioni

1. Ai sensi del presente decreto il termine amianto designa i seguenti silicati fibrosi: actinolite (n. CAS 77536-66-4);

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amosite (n. CAS 12172-73-5); antofillite (n. CAS 77536-67-5); crisotilo (n. CAS 12001-29-5); crocidolite (n. CAS 12001-78-4); tremolite (n. CAS 77536-68-6).

Art. 24. Valutazione del rischio

1. In tutte le attività lavorative di cui all'art. 22 il datore di lavoro effettua una valutazione del rischio dovuto alla polvere proveniente dall'amianto e dai materiali contenenti amianto, al fine di stabilire le misure preventive e protettive da attuare. Si applica l'art. 11, comma 6. 2. Detta valutazione tende, in particolare, ad accertare l'inquinamento ambientale prodotto dalla polvere proveniente dall'amianto o dai materiali contenenti amianto, individuando i punti di emissione di dette polveri ed i punti a maggior rischio delle aree lavorative, e comprende una determinazione dell'esposizione personale dei lavoratori alla polvere di amianto. 3. Se l'esposizione personale dei lavoratori alla polvere di amianto, espressa come numero di fibre per centimetro cubo in rapporto ad un periodo di riferimento di otto ore, supera 0,1 fibre per centimetro cubo, il datore di lavoro attua le disposizioni degli artt. 25, comma 1, 26, comma 2, 27, comma 2, 28, comma 2, 30 e 35. Tuttavia nel caso di attività che comportano l'impiego di amianto come materia prima gli articoli 25 e 30 sono in ogni caso applicabili.4. Nel caso di attività a carattere saltuario e qualora l'amianto sia costituito da crisotilo, la determinazione dell'esposizione personale dei lavoratori alla polvere di amianto è sostituita dalla determinazione della dose cumulata in rapporto ad un periodo di riferimento di otto ore, su un periodo di quaranta ore, misurata o calcolata ai sensi del comma 3. 5. Se detta dose supera 0,5 giorni-fibra per centimetro cubo, il datore di lavoro attua le disposizioni degli articoli 25 comma 1, 26, comma 2, 27, comma 2, 28, comma 2, 30 e 35. 6. La valutazione di cui al comma 2 può prescindere dall'effettuazione di misurazioni strumentali nelle attività per le quali, a motivo delle caratteristiche delle lavorazioni effettuate o della natura e del tipo dei materiali trattati, si può fondatamente ritenere che l'esposizione dei lavoratori non supera i valori di cui ai commi precedenti. Per tale valutazione è possibile fare riferimento a dati ricavati da attività della medesima natura svolte in condizioni analoghe. 7. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione ogni qualvolta si verifichino nelle lavorazioni delle modifiche che possono comportare un mutamento significativo dell'esposizione dei lavoratori alla polvere proveniente dall'amianto o dai materiali contenenti amianto e, comunque, trascorsi tre anni dall'ultima valutazione effettuata. 8. Nuove valutazioni sono inoltre effettuate ogni qualvolta l'organo di vigilanza lo disponga, con provvedimento motivato. 9. I lavoratori ovvero i loro rappresentanti sono consultati prima dell'effettuazione della valutazione di cui al presente articolo e sono informati dei risultati riportati su un apposito registro da tenere a loro disposizione.

Art. 25. Notifica

1. Fermo restando quanto previsto all'art. 48 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, ove applicabile, il datore di lavoro, che esercita attività nelle quali l'esposizione dei lavoratori alla polvere di amianto risulta uguale o superiore ai valori indicati ai commi 3 o 5 dell'art. 24, notifica all'organo di vigilanza le risultanze della valutazione di cui allo stesso articolo, unitamente alle seguenti informazioni: a) attività svolte e procedimenti applicati; b) varietà e quantitativi annui di amianto utilizzati; c) prodotti fabbricati; d) numero di lavoratori addetti; e) misure di protezione previste, con specificazione dei criteri per la manutenzione periodica e dei sistemi di prevenzione adottati. 2. Il datore di lavoro che esercita attività nelle quali l'amianto è impiegato come materia prima è comunque tenuto ad effettuare la notifica di cui al comma 1 a prescindere dal livello di esposizione dei lavoratori. 3. Il datore di lavoro effettua la notifica di cui ai commi precedenti entro trenta giorni dalla scadenza dei termini di cui all'art. 11, comma 6. Nel caso di nuove attività, l'inizio delle stesse è comunicato con lettera raccomandata all'organo di vigilanza entro quindici giorni.

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4. I lavoratori ovvero i loro rappresentanti hanno accesso alla documentazione oggetto della notifica di cui ai commi precedenti.

Art. 26. Informazione dei lavoratori

1. Nelle attività di cui all'art. 22 il datore di lavoro fornisce ai lavoratori, prima che essi siano adibiti a dette attività, nonché ai loro rappresentanti, informazioni su: a) i rischi per la salute dovuti all'esposizione alla polvere proveniente dall'amianto o dei materiali contenenti amianto; b) le specifiche norme igieniche da osservare, ivi compresa la necessità di non fumare; c) le modalità di pulitura e di uso degli indumenti protettivi e dei mezzi individuali di protezione; d) le misure di precauzione particolari da prendere per ridurre al minimo l'esposizione. L'informazione è ripetuta con periodicità triennale e comunque ogni qualvolta vi siano delle modifiche nelle lavorazioni che comportino un mutamento significativo dell'esposizione. 2. Nelle attività che comportano le condizioni di esposizione indicate all'art. 24, commi 3 o 5, l'informazione è ripetuta con periodicità annuale e comprende altresì l'esistenza dei valori limite di cui all'art. 31 e la necessità del controllo dell'esposizione dei lavoratori alla polvere di amianto nell'aria.

Art. 27. Misure tecniche, organizzative, procedurali

1. In tutte le attività di cui all'art. 22 il datore di lavoro: a) assicura che gli edifici, i locali e gli impianti in cui avvengono le lavorazioni dell'amianto e dei materiali contenenti amianto abbiano caratteristiche tali da poter essere sottoposti ad efficace pulitura e manutenzione; b) assicura che nelle varie operazioni lavorative siano impiegati quantitativi di amianto non superiori alle necessità delle lavorazioni e che l'amianto in attesa di impiego, se in forma fisica tale da presentare rischio di introduzione, non sia accumulato sul luogo di lavoro in quantitativi superiori alle necessità predette; c) limita al minimo possibile il numero dei lavoratori esposti o che possono essere esposti alla polvere proveniente dall'amianto o da materiali contenenti amianto, anche isolando le lavorazioni in aree predeterminate; d) progetta, programma e sorveglia le lavorazioni in modo che non vi sia emissione di polvere di amianto nell'aria. Se ciò non è tecnicamente possibile, l'eliminazione della polvere deve avvenire il più possibile vicino al punto di emissione. Sono eseguite misurazioni della concentrazione della polvere di amianto nell'aria, onde verificare l'efficacia delle misure adottate; e) mette a disposizione dei lavoratori: 1) adeguati indumenti di lavoro o protettivi; 2) mezzi di protezione delle vie respiratorie da usarsi in operazioni con manipolazioni di prodotti polverosi e nelle pulizie; f) assicura che l'amianto allo stato grezzo ed i materiali polverosi che lo contengono siano conservati e trasportati in adeguati imballaggi chiusi; g) provvede a che gli scarti ed i residui delle lavorazioni siano raccolti e rimossi dal luogo di lavoro il più presto possibile in appositi imballaggi chiusi e non deteriorabili, oppure con applicazione di rivestimenti idonei sui quali deve essere apposta un'etichetta indicante che essi contengono amianto. Questa misura non si applica alle attività estrattive. Egli provvede, inoltre, a che essi siano smaltiti in conformità alle norme di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915, e successive modifiche ed integrazioni. 2. Nel caso di attività che comportano le condizioni di esposizione indicate all'art. 24, commi 3 o 5, il datore di lavoro provvede altresì a che: a) i luoghi nei quali si svolgono dette attività siano chiaramente delimitati e contrassegnati da apposita segnaletica di sicurezza; b) detti luoghi siano accessibili esclusivamente ai lavoratori che vi debbano accedere a motivo del loro lavoro o delle loro mansioni; c) siano messi a disposizione dei lavoratori mezzi individuali di protezione da usarsi secondo le previsioni di cui all'art. 31, comma 7.

Art. 28. Misure igieniche

1. Nelle attività di cui all'art. 22, il datore di lavoro:

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a) provvede alla regolare e sistematica pulitura dei locali, delle attrezzature e degli impianti, effettuando l'asportazione della polvere a mezzo di aspiratori adeguati; b) predispone aree speciali che consentano ai lavoratori di mangiare, bere e sostarvi senza rischio di contaminazione da polvere di amianto. é permesso fumare soltanto in dette aree. 2. Nel caso di attività che comportano le condizioni di esposizione di cui all'art. 24, commi 3 o 5, fatto salvo quanto disposto dal comma 6 dello stesso articolo, il datore di lavoro inoltre: a) assicura che i lavoratori dispongano di servizi igienici adeguati, provvisti di docce. Ove possibile, queste sono ad uso esclusivo dei lavoratori addetti, con percorsi separati per l'ingresso e l'uscita dall'area di lavoro; b) dispone che gli indumenti di lavoro o protettivi siano riposti in luogo separato da quello destinato agli abiti civili. Il lavaggio è effettuato dall'impresa in lavanderie appositamente attrezzate, con una macchina adibita esclusivamente a questa attività. Il trasporto è effettuato in imballaggi chiusi, opportunamente etichettati. L'attività di lavaggio è comunque compresa fra quelle indicate all'art. 22; c) provvede a che i mezzi individuali di protezione di cui all'art. 27, comma 2, lettera c), siano custoditi in locali all'uopo destinati, controllati e puliti dopo ogni utilizzazione, provvedendo altresì a far riparare o sostituire quelli difettosi prima di ogni nuova utilizzazione. La pulitura di detti mezzi è effettuata mediante aspirazione.

Art. 29. Controllo sanitario

1. Fermo restando quanto previsto in tema di prevenzione sanitaria dell'asbestosi dal decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, integrato dal decreto ministeriale 21 gennaio 1987, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 35 dell'11 febbraio 1987, il datore di lavoro, in conformità al parere del medico competente, adotta, se necessario, misure preventive e protettive per singoli lavoratori, sulla base delle risultanze degli esami clinici effettuati. Tali misure possono comprendere l'allontanamento anche temporaneo del lavoratore interessato da qualsiasi esposizione all'amianto. 2. Contro le misure adottate nei loro riguardi i lavoratori interessati dalle disposizioni di cui al comma 1 possono inoltrare ricorso all'organo di vigilanza entro trenta giorni, informandone per iscritto il datore di lavoro. 3. L'organo di vigilanza provvede a norma dell'art. 8, comma 1. 4. Il medico competente fornisce ai lavoratori ovvero ai loro rappresentanti adeguate informazioni sul significato delle visite mediche alle quali essi sono sottoposti e sulla necessità di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell'attività che comporta esposizione alla polvere proveniente dall'amianto o dai materiali contenenti amianto.

Art. 30. Controllo dell'esposizione dei lavoratori

1. In tutte le attività che comportano le condizioni di esposizione indicate all'art. 24, commi 3 e 5, il datore di lavoro effettua un controllo periodico dell'esposizione dei lavoratori alla polvere di amianto nell'aria. Nelle attività nelle quali l'amianto è impiegato come materia prima tale controllo è effettuato comunque, a prescindere dal grado di esposizione. 2. Il controllo di cui al comma 1 è effettuato attraverso la misurazione della concentrazione delle fibre di amianto nell'aria, espressa come media ponderata in rapporto ad un periodo di riferimento di otto ore, usando i metodi di prelievo e di analisi riportati nell'allegato V. 3. Ai fini della misurazione si prendono in considerazione unicamente le fibre che hanno una lunghezza superiore a 5 micron, un larghezza inferiore a 3 micron ed il cui rapporto lunghezza/larghezza è superiore a 3:1. 4. Le misurazioni sono opportunamente programmate. Il campionamento è eseguito da personale in possesso di idonee qualifiche. I campioni sono analizzati in laboratori pubblici o privati all'uopo attrezzati ed autorizzati. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale, della sanità e dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sono stabiliti i requisiti minimi per l'esercizio delle attività di campionamento e di analisi e per il rilascio delle autorizzazioni laboratori di analisi da parte del Ministro della sanità. 5. Il campionamento deve essere relativo all'esposizione personale del singolo lavoratore e può comprendere uno o più prelievi. Esso è effettuato in modo da permettere la valutazione dell'esposizione giornaliera del lavoratore ed è integrato da un campionamento ambientale se questo è necessario per identificare le cause ed il grado dell'inquinamento. 6. Se la durata del campionamento non si estende all'intero periodo di riferimento di otto ore, è comunque effettuato un prelievo per ciascuna fase del ciclo lavorativo in modo da poter calcolare il valore della media ponderata della concentrazione delle fibre di amianto nell'aria per l'intero periodo di otto ore. In ogni caso, la durata del campionamento non è complessivamente inferiore a due ore.

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7. Se un gruppo di lavoratori esegue mansioni identiche o simili nello stesso luogo ed è perciò esposto a rischi per la salute analoghi, il campionamento può effettuarsi su base di gruppo. 8. Le misurazioni sono, di norma, eseguite ogni tre mesi e comunque ogni volta che intervengono mutamenti che possono provocare una variazione significativa dell'esposizione dei lavoratori alla polvere di amianto. La frequenza delle misurazioni può essere ridotta fino ad una volta all'anno, previa comunicazione all'organo di vigilanza, quando: a) non interviene nessuna modifica sostanziale nelle condizioni del luogo di lavoro; b) i risultati delle due misurazioni precedenti non hanno superato la metà dei valori limite indicati all'art. 31. 9. Nelle attività a carattere saltuario la frequenza delle misure è adattata alle condizioni esistenti, tenendo conto, in particolare, del numero annuo di giornate lavorative e della distribuzione di queste nel corso dell'anno. Detta frequenza è, in ogni caso, almeno annuale. 10. I lavoratori ovvero i loro rappresentanti sono informati sui risultati delle misurazioni effettuate e sul significato di detti risultati e sono consultati prima dell'effettuazione del campionamento.

Art. 31. Superamento dei valori limite di esposizione

1. I valori limite di esposizione alla polvere di amianto nell'aria, espressi come media ponderata in funzione del tempo su un periodo di riferimento di otto ore, sono: a) 0,6 fibre per centimetro cubo per il crisotilo (1); b) 0,2 fibre per centimetro cubo per tutte le altre varietà di amianto, sia isolate sia in miscela, ivi comprese le miscele contenenti crisotilo. 2. (Omissis) (2). 3. Nel caso di lavorazioni che possono comportare sensibili variazioni della concentrazione della polvere di amianto nell'aria, tale concentrazione non deve in ogni caso superare il quintuplo dei valori di cui ai commi precedenti per misure effettuate su un periodo di 15 minuti. 4. Se si verifica un superamento dei valori limite di esposizione di cui ai commi precedenti, il datore di lavoro identifica e rimuove la causa dell'evento adottando quanto prima misure appropriate. 5. Il lavoro può proseguire nella zona interessata solo se sono state prese le misure adeguate per la protezione dei lavoratori interessati e dell'ambiente. Se le misure di cui al comma 4 non possono essere adottate immediatamente per motivi tecnici, il lavoro può proseguire nella zona interessata soltanto se sono state adottate tutte le misure per la protezione dei lavoratori addetti e dell'ambiente, tenuto conto del parere del medico competente. 6. Per verificare l'efficacia delle misure di cui al comma 4, il datore di lavoro procede ad una nuova misurazione della concentrazione delle fibre di amianto nell'aria non appena sia ragionevole ritenere ultimata la deposizione dei quantitativi anomali di fibre preesistenti agli interventi medesimi. 7. In ogni caso, se l'esposizione dei lavoratori interessati non può venire ridotta con altri mezzi e si rende necessario l'uso dei mezzi individuali di protezione, tale uso non può essere permanente e la sua durata, per ogni lavoratore, è limitata al minimo strettamente necessario. 8. L'organo di vigilanza è informato tempestivamente e comunque non oltre cinque giorni delle rilevazioni effettuate e delle misure adottate o che si intendono adottare. Trascorsi novanta giorni dall'accertamento del superamento dei valori di cui ai commi 1, 2 e 3, il lavoro può proseguire nella zona interessata soltanto se l'esposizione dei lavoratori risulta nuovamente inferiore ai suddetti valori limite. 9. Il datore di lavoro informa al più presto i lavoratori interessati ed i loro rappresentanti dell'evento e delle cause dello stesso e li consulta sulle misure che intende adottare, anche ai sensi del comma 5; in casi di particolare urgenza, che richiedono interventi immediati, li informa al più presto delle misure già adottate. (1) Lettera così sostituita dall'art. 3, l. 27 marzo 1992, n. 257, nel testo sostituito dall'art. 16, l. 24 aprile 1998, n. 128. (2) Comma abrogato dall'art. 3, l. 27 marzo 1992, n. 257, nel testo sostituito dall'art. 16, l. 24 aprile 1998, n. 128.

Art. 32. Misure d'emergenza

1. Se si verificano eventi che possono provocare un incremento rilevante dell'esposizione alla polvere proveniente dall'amianto o dai materiali contenenti amianto, i lavoratori devono abbandonare immediatamente la zona interessata. Potranno accedervi unicamente i lavoratori addetti ai necessari interventi, con l'obbligo di usare gli idonei mezzi di protezione.

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2. Il datore di lavoro comunica all'organo di vigilanza il verificarsi di tali eventi e riferisce sulle misure adottate per ridurre al minimo le conseguenze.

Art. 33. Operazioni lavorative particolari

1. Nel caso di determinate operazioni lavorative per la cui natura particolare è prevedibile che l'esposizione dei lavoratori alla polvere di amianto superi i valori limite di cui all'art. 31 e per le quali non è possibile attuare misure tecniche di prevenzione atte a limitare l'esposizione dei lavoratori, il datore di lavoro adotta adeguate misure per la protezione dei lavoratori addetti. In particolare, oltre ad applicare le misure generali indicate nei precedenti articoli: a) fornisce ai lavoratori speciali indumenti e mezzi individuali di protezione destinati ad essere usati durante tali lavori; b) provvede al rigoroso isolamento dell'area di lavoro ed all'installazione di adeguati sistemi di ricambio dell'aria con filtri assoluti; c) provvede all'affissione di appositi cartelli segnaletici, recanti la scritta: <>; d) predispone, consultando i lavoratori ovvero i loro rappresentanti, un piano di lavoro contenente tutte le misure destinate a garantire la protezione dei lavoratori e dell'ambiente e lo trasmette preventivamente all'organo di vigilanza.

Art. 34. Lavori di demolizione e di rimozione dell'amianto

1. Il datore di lavoro predispone un piano di lavoro prima dell'inizio dei lavori di demolizione o di rimozione dell'amianto, ovvero dei materiali contenenti amianto, dagli edifici, strutture, apparecchi e impianti, nonché dai mezzi di trasporto. 2. Il piano di cui al comma 1 prevede le misure necessarie per garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori e la protezione dell'ambiente esterno. 3. Il piano, in particolare, prevede: a) la rimozione dell'amianto ovvero dei materiali contenenti amianto prima dell'applicazione delle tecniche di demolizione, se opportuno; b) la fornitura ai lavoratori di appositi mezzi individuali di protezione; c) adeguate misure per la protezione e la decontaminazione del personale incaricato dei lavori; d) adeguate misure per la protezione dei terzi e per la raccolta e lo smaltimento dei materiali; e) l'adozione, nel caso in cui sia previsto il superamento dei valori limite di cui all'art. 31, delle misure di cui all'art. 33, adattandole alle particolari esigenze del lavoro specifico. 4. Copia del piano di lavoro è inviata all'organo di vigilanza, unitamente a informazioni circa: a) natura dei lavori e loro durata presumibile; b) luogo ove i lavori verranno effettuati; c) tecniche lavorative per attuare quanto previsto alla lettera a) del comma 3; d) natura dell'amianto contenuto nei materiali di coibentazione nel caso di demolizioni; e) caratteristiche degli impianti che si intende utilizzare per attuare quanto previsto dalla lettera c) del comma 3; f) materiali previsti per le operazioni di decoibentazione. 5. Se l'organo di vigilanza non rilascia prescrizioni entro novanta giorni dall'invio della documentazione di cui al comma 4, i datori di lavoro possono eseguire i lavori, ferma restando la loro responsabilità per quanto riguarda l'osservanza delle disposizioni del presente decreto. 6. L'invio della documentazione di cui al comma 4 sostituisce gli adempimenti di cui all'art. 25. 7. I lavoratori ovvero i loro rappresentanti hanno accesso alla documentazione di cui al comma 4. 8. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale, della sanità e dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sono fissate le norme tecniche da rispettare nell'esecuzione dei lavori di decoibentazione.

Art. 35. Registrazione dell'esposizione dei lavoratori

1. I lavoratori incaricati di svolgere attività che comportano le condizioni di esposizione indicate all'art. 24, commi 3 o 5, sono iscritti nel registro di cui all'art. 4, comma 1, lettera q). 2. Il registro di cui sopra è istituito ed aggiornato dal datore di lavoro, che è responsabile della sua tenuta. 3. Il datore di lavoro:

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a) consegna copia del registro di cui al comma 1 all'ISPESL e alla USL competente per territorio, cui comunica ogni tre anni, e comunque ogni qualvolta l'ISPESL o la USL ne facciano richiesta, le variazioni intervenute; b) consegna, a richiesta, all'organo di vigilanza ed all'Istituto superiore di sanità copia del predetto registro; c) comunica all'ISPESL e alla USL competente per territorio la cessazione del rapporto di lavoro, con le variazioni sopravvenute dall'ultima comunicazione; d) consegna, in caso di cessazione dell'attività dell'impresa, il registro di cui al comma 1 all'ISPESL e alla USL competente per territorio; e) richiede all'ISPESL e alla USL competente per territorio copia delle annotazioni individuali in caso di assunzione di lavoratori che abbiano in precedenza esercitato attività che comportano le condizioni di esposizione di cui all'articolo 24, commi 3 o 5; f) comunica ai lavoratori interessati tramite il medico competente le relative annotazioni individuali contenute nel registro e nella cartella sanitaria e di rischio di cui all'art. 4, comma 1, lettera q). 4. é istituito presso l'ISPESL, che ne cura l'aggiornamento, un registro nazionale dei lavoratori addetti alle attività che comportano le condizioni di esposizione di cui all'art. 24, commi 3 o 5. 5. I dati relativi a ciascun singolo lavoratore sono riservati.

Art. 36. Registro dei tumori

1. Presso l'ISPESL è istituito un registro dei casi accertati di asbestosi e di mesotelioma asbesto-correlati. 2. Gli organi del Servizio sanitario nazionale, nonché gli istituti previdenziali assicurativi pubblici e privati trasmettono all'ISPESL copia della documentazione clinica ovvero anatomopatologica riguardante ciascun caso di asbestosi e di mesotelioma asbesto-correlato. 3. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, sono determinati il modello e le modalità di tenuta del registro, nonché le modalità di trasmissione della documentazione di cui al comma 2.

Art. 37. Attività vietate

1. é vietato l'uso dell'amianto in applicazione a spruzzo. 2. A decorrere dal 1° gennaio 1993 sono vietate le attività che implicano l'incorporazione di materiali isolanti o insonorizzati a bassa densità (inferiore a 1 g/cmn) che contengono amianto.

Art. 38. Finalità

1. Le norme del presente capo sono dirette alla protezione dei lavoratori contro i rischi per l'udito e, laddove sia espressamente previsto, contro i rischi per la salute e la sicurezza derivanti dall'esposizione al rumore durante il lavoro.

Art. 39. Definizioni

1. Ai sensi delle presenti norme si intende per: a) esposizione quotidiana personale di un lavoratore al rumore (LEP, d), l'esposizione quotidiana personale di un lavoratore al rumore espressa in dB(A) misurata, calcolata e riferita ad 8 ore giornaliere. Essa si esprime con la formula:

Te= durata quotidiana dell'esposizione personale di un lavoratore al rumore, ivi compresa la quota giornaliera di lavoro straordinario;T0= 8 h = 28800 s;P0= 20 Pa;PA = pressione acustica istantanea ponderata A, in Pascal, cui è esposta, nell'aria a pressione atmosferica, una persona che potrebbe o meno spostarsi da un punto ad un altro del luogo di lavoro; tale pressione si determina basandosi su misurazioni eseguite all'altezza dell'orecchio della persona durante il lavoro, preferibilmente in sua assenza, mediante una tecnica che minimizzi l'effetto sul campo sonoro.

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Se il microfono deve essere situato molto vicino al corpo, occorre procedere ad opportuni adattamenti per consentire la determinazione di un campo di pressione non perturbato equivalente.L'esposizione quotidiana personale non tiene conto degli effetti di un qualsiasi mezzo individuale di protezione;

b) esposizione settimanale professionale di un lavoratore al rumore (LEP, w), la media settimanale dei valori quotidiani LEP, d, valutata sui giorni lavorativi della settimana. Essa è calcolata mediante la formula:

dove (LEP,d)k rappresentano i valori di LEP,d per ognuno dei m giorni di lavoro della settimana considerata.

Art. 40. Valutazione del rischio

1. Il datore di lavoro procede alla valutazione del rumore durante il lavoro, al fine di identificare i lavoratori ed i luoghi di lavoro considerati dai successivi articoli e di attuare le misure preventive e protettive, ivi previste. Si applica l'art. 11, comma 6. 2. Se a seguito della valutazione di cui al comma 1 può fondatamente ritenersi che l'esposizione quotidiana personale ovvero quella media settimanale, se quella quotidiana è variabile nell'arco della settimana, supera il valore di cui all'art. 42, la valutazione comprende una misurazione effettuata nell'osservanza dei criteri riportati nell'allegato VI. 3. La valutazione è programmata ed effettuata ad opportuni intervalli da personale competente, sotto la responsabilità del datore di lavoro. 4. I metodi e le strumentazioni utilizzati devono essere adeguati, considerate in particolare le caratteristiche del rumore da misurare, la durata dell'esposizione, i fattori ambientali e le caratteristiche dell'apparecchio di misura. Essi devono permettere in ogni caso di stabilire se i valori indicati ai successivi articoli sono superati. 5. Fermo restando quanto previsto al comma 3, la valutazione deve essere comunque nuovamente effettuata ogni qualvolta vi è un mutamento nelle lavorazioni che influisce in modo sostanziale sul rumore prodotto ed ogni qualvolta l'organo di vigilanza lo dispone con provvedimento motivato. 6. Il datore di lavoro redige e tiene a disposizione dell'organo di vigilanza un rapporto nel quale sono indicati i criteri e le modalità di effettuazione delle valutazioni e sono in particolare riportati gli elementi di cui ai commi 3 e 4. 7. I lavoratori ovvero i loro rappresentanti sono consultati in ordine a quanto previsto dal comma 3.

Art. 41. Misure tecniche, organizzative, procedurali

1. Il datore di lavoro riduce al minimo, in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico, i rischi derivanti dall'esposizione al rumore mediante misure tecniche, organizzative e procedurali, concretamente attuabili, privilegiando gli interventi alla fonte. 2. Nei luoghi di lavoro che possono comportare, per un lavoratore che vi svolga la propria mansione per l'intera giornata lavorativa, un'esposizione quotidiana personale superiore a 90 dBA oppure un valore della pressione acustica istantanea non ponderata superiore a 140 dB (200 Pa) è esposta una segnaletica appropriata. 3. Tali luoghi sono inoltre perimetrati e soggetti ad una limitazione di accesso qualora il rischio di esposizione lo giustifichi e tali provvedimenti siano possibili.

Art. 42. Informazione e formazione

1. Nelle attività che comportano un valore dell'esposizione quotidiana personale di un lavoratore al rumore superiore a 80 dBA, il datore di lavoro provvede a che i lavoratori ovvero i loro rappresentanti vengano informati su: a) i rischi derivanti all'udito dall'esposizione al rumore; b) le misure adottate in applicazione delle presenti norme; c) le misure di protezione cui i lavoratori debbono conformarsi; d) la funzione dei mezzi individuali di protezione, le circostanze in cui ne è previsto l'uso e le modalità di uso a norma dell'art. 43; e) il significato ed il ruolo del controllo sanitario di cui all'art. 44 per mezzo del medico competente; f) i risultati ed il significato della valutazione di cui all'art. 40.

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2. Se le suddette attività comportano un valore dell'esposizione quotidiana personale al rumore superiore a 85 dBA, il datore di lavoro provvede a che i lavoratori ricevano altresì un'adeguata formazione su: a) l'uso corretto dei mezzi individuali di protezione dell'udito; b) l'uso corretto, ai fini della riduzione al minimo dei rischi per l'udito, degli utensili, macchine, apparecchiature che, utilizzati in modo continuativo, producono un'esposizione quotidiana personale di un lavoratore al rumore pari o superiore a 85 dBA.

Art. 43. Uso dei mezzi individuali di protezione dell'udito

1. Il datore di lavoro fornisce i mezzi individuali di protezione dell'udito a tutti i lavoratori la cui esposizione quotidiana personale può verosimilmente superare 85 dBA. 2. I mezzi individuali di protezione dell'udito sono adattati al singolo lavoratore ed alle sue condizioni di lavoro, tenendo conto della sicurezza e della salute. 3. I mezzi individuali di protezione dell'udito sono considerati adeguati ai fini delle presenti norme se, correttamente usati, mantengono un livello di rischio uguale od inferiore a quello derivante da un'esposizione quotidiana personale di 90 dBA. 4. Fatto salvo quanto disposto dall'art. 41, comma 1, i lavoratori la cui esposizione quotidiana personale supera 90 dBA devono utilizzare i mezzi individuali di protezione dell'udito fornitigli dal datore di lavoro. 5. Se l'applicazione delle misure di cui al comma 4 comporta rischio di incidente, a questo deve ovviarsi con mezzi appropriati; 6. I lavoratori ovvero i loro rappresentanti sono consultati per la scelta dei modelli dei mezzi di cui al comma 1.

Art. 44. Controllo sanitario

1. I lavoratori la cui esposizione quotidiana personale al rumore supera 85 dBA, indipendentemente dall'uso di mezzi individuali di protezione, sono sottoposti a controllo sanitario. 2. Detto controllo comprende: a) una visita medica preventiva, integrata da un esame della funzione uditiva eseguita nell'osservanza dei criteri riportati nell'allegato VII, per accertare l'assenza di controindicazioni al lavoro specifico ai fini della valutazione dell'idoneità dei lavoratori; b) visite mediche periodiche, integrate dall'esame della funzione uditiva, per controllare lo stato di salute dei lavoratori ed esprimere il giudizio di idoneità. Esse devono tenere conto, oltre che dell'esposizione, anche della sensibilità acustica individuale. La prima di tali visite è effettuata non oltre un anno dopo la visita preventiva. 3. La frequenza delle visite successive è stabilita dal medico competente. Gli intervalli non possono essere comunque superiori a due anni per lavoratori la cui esposizione quotidiana personale non supera 90 dBA e ad un anno nei casi di esposizione quotidiana personale superiore a 90 dBA, di cui agli articoli 47 e 48. 4. Il controllo sanitario è esteso ai lavoratori la cui esposizione quotidiana personale sia compresa tra 80 dBA e 85 dBA qualora i lavoratori interessati ne facciano richiesta e il medico competente ne confermi l'opportunità, anche al fine di individuare eventuali effetti extrauditivi. 5. Il datore di lavoro, in conformità al parere del medico competente, adotta misure preventive e protettive per singoli lavoratori, al fine di favorire il recupero audiologico. Tali misure possono comprendere la riduzione dell'esposizione quotidiana personale del lavoratore, conseguita mediante opportune misure organizzative. 6. Contro le misure adottate nei loro riguardi i lavoratori interessati dalle disposizioni di cui al comma 5 possono inoltrare ricorso all'organo di vigilanza entro trenta giorni, informandone per iscritto il datore di lavoro. 7. L'organo di vigilanza provvede a norma dell'art. 8, comma 1.

Art. 45. Superamento dei valori limite di esposizione

1. Se nonostante l'applicazione delle misure di cui all'art. 41, comma 1, l'esposizione quotidiana personale di un lavoratore al rumore risulta superiore a 90 dBA od il valore della pressione acustica istantanea non ponderata risulta superiore a 140 dB (200Pa), il datore di lavoro comunica all'organo di vigilanza, entro trenta giorni dall'accertamento del superamento, le misure tecniche ed organizzative applicate in conformità al comma 1 dell'art. 41, informando i lavoratori ovvero i loro rappresentanti.

Art. 46. Nuove apparecchiature, nuovi impianti e ristrutturazioni

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1. La progettazione, la costruzione e la realizzazione di nuovi impianti, macchine ed apparecchiature, gli ampliamenti e le modifiche sostanziali di fabbriche ed impianti esistenti avvengono in conformità all'art. 41, comma 1. 2. I nuovi utensili, macchine e apparecchiature destinati ad essere utilizzati durante il lavoro che possono provocare ad un lavoratore che li utilizzi in modo appropriato e continuativo un'esposizione quotidiana personale al rumore pari o superiore ad 85 dBA sono corredati da un'adeguata informazione relativa al rumore prodotto nelle normali condizioni di utilizzazione ed ai rischi che questa comporta. 3. Il datore di lavoro privilegia, all'atto dell'acquisto di nuovi utensili, macchine, apparecchiature, quelli che producono, nelle normali condizioni di funzionamento, il più basso livello di rumore.

Art. 47. Lavorazioni che comportano variazioni considerevoli dell'esposizione quotidiana personale

1. Laddove le caratteristiche intrinseche di un posto di lavoro comportano una variazione notevole dell'esposizione quotidiana di un lavoratore al rumore da una giornata lavorativa all'altra, il datore di lavoro può richiedere, per lavoratori che svolgono particolari compiti, deroghe all'applicazione del disposto dell'art. 43, a condizione che adeguati controlli mostrino che la media settimanale dei valori quotidiani di esposizione del lavoratore al rumore non supera il valore di 90 dBA. 2. La richiesta di deroga è inoltrata all'organo di vigilanza corredata da una descrizione della mansione svolta, con una indicazione dei valori dell'esposizione quotidiana personale che questa comporta e da una relazione del medico competente, contenente anche una valutazione degli esami della funzione uditiva. 3. Qualora l'organo di vigilanza non rilasci prescrizioni entro trenta giorni dalla ricezione della documentazione di cui al comma 2, il datore di lavoro può usufruire della deroga di cui al comma 1, fermo restando la sua responsabilità per quanto riguarda l'osservanza delle disposizioni di cui al presente decreto.

Art. 48. Deroghe per situazioni lavorative particolari

1. Il datore di lavoro può richiedere deroghe: a) all'applicazione dell'art. 43, per situazioni eccezionali, nelle quali non sia possibile mediante misure tecniche ovvero organizzative, ivi compresa la riduzione del tempo di esposizione, ridurre l'esposizione quotidiana personale di un lavoratore al di sotto di 90 dBA anche con l'uso dei mezzi individuali di protezione di cui allo stesso art. 43; b) all'applicazione dell'art. 43, per lavoratori che svolgono compiti particolari, che comportano un'esposizione quotidiana personale superiore a 90 dBA se l'applicazione di detta misura provoca un aggravamento complessivo del rischio per la salute e la sicurezza dei lavoratori considerati e non è possibile evitare tale rischio con altri mezzi. 2. Le richieste di deroga sono inviate al Ministero del lavoro e della previdenza sociale, ovvero al Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato per ciò che attiene alle attività estrattive, e comprendono: a) per i casi di cui al comma 1, lettera a): 1) la descrizione dell'attività lavorativa; 2) le misure preventive e protettive previste; 3) i mezzi individuali di protezione dell'udito da utilizzare; 4) l'esposizione quotidiana personale dei lavoratori interessati; 5) la certificazione del medico competente, contenente anche una valutazione degli esami della funzione uditiva dei lavoratori interessati; b) per i casi di cui al comma 1, lettera b): 1) la descrizione delle mansioni che comportano la esposizione anomala, con la specificazione delle cause che determinano un aggravamento del rischio complessivo in caso di utilizzazione dei mezzi personali di protezione: 2) le misure previste per ridurre, per quanto possibile, il rischio complessivo; 3) l'esposizione quotidiana personale dei lavoratori interessati; 4) la certificazione del medico competente, contenente anche una valutazione degli esami della funzione uditiva dei lavoratori interessati. 3. La concessione delle deroghe di cui al comma 1, lettere a) e b), è condizionata dall'intensificazione del controllo sanitario da parte del medico competente. 4. Le deroghe sono concesse dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri della sanità e dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentita la commissione consultiva per la prevenzione

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degli infortuni e l'igiene del lavoro di cui all'art. 393 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547. Per le attività estrattive le deroghe sono concesse dal Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, di concerto con i Ministri della sanità e del lavoro e della previdenza sociale, sentito il Consiglio superiore delle miniere. Tali deroghe sono comunicate al Ministero del lavoro e della previdenza sociale per la compilazione del prospetto di cui al comma 6. 5. L'accertamento del venir meno di una delle condizioni previste per le deroghe di cui al comma 1, lettere a) e b), comporta la revoca nella stessa forma di cui al comma 4. 6. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale trasmette ogni due anni alla Commissione delle Comunità europee il prospetto globale delle deroghe concesse ai sensi del presente articolo.

Art. 49. Registrazione dell'esposizione dei lavoratori

1. I lavoratori che svolgono le attività di cui all'art. 41 sono iscritti nel registro di cui all'art. 4, comma 1, lettera q). 2. Il registro di cui sopra è istituito ed aggiornato dal datore di lavoro che ne cura la tenuta. 3. Il datore di lavoro: a) consegna copia del registro di cui al comma 1 all'ISPESL e alla USL competente per territorio, cui comunica, ogni tre anni e comunque ogni qualvolta l'ISPESL medesimo ne faccia richiesta, le variazioni intervenute; b) consegna, a richiesta, all'organo di vigilanza ed all'Istituto superiore di sanità copia del predetto registro; c) comunica all'ISPESL e alla USL competente per territorio la cessazione del rapporto di lavoro, con le variazioni sopravvenute dall'ultima comunicazione; d) consegna all'ISPESL e alla USL competente per territorio, in caso di cessazione di attività dell'impresa, il registro di cui al comma 1; e) richiede all'ISPESL e alla USL competente per territorio copia delle annotazioni individuali in caso di assunzione di lavoratori che abbiano in precedenza esercitato attività che comportano le condizioni di esposizione di cui all'art. 41; f) comunica ai lavoratori interessati tramite il medico competente le relative annotazioni individuali contenute nel registro e nella cartella sanitaria e di rischio, di cui all'art. 4, comma 1, lettera q). 4. I dati relativi a ciascun singolo lavoratore sono riservati.

Art. 51. Contravvenzioni commesse dai preposti

1. I preposti sono puniti: a) con l'arresto da uno a tre mesi o con l'ammenda da lire due milioni a lire diecimilioni per l'inosservanza delle norme di cui agli articoli 5, commi 1, lettere b) e d), 2 e 4, 9, 11, commi da 1 a 6, 13, 14, comma 2, 15, 16, 17, commi da 1 a 7, 18, commi da 1 a 5, 19, 20, commi 1, 2 e 3, 24, commi da 1 a 8, 25, commi da 1 a 3, 27, 28, comma 2, 29, 30, commi da 1 a 8, 31, commi da 1 a 8, 32, 33, 34, commi da 1 a 6, 37, 40, commi da 1 a 5, 41, comma 1, 43, commi 1, 2, 3 e 5, 44 e 45; b) con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da lire cinquecentomila a lire tre milioni per l'inosservanza delle norme di cui agli articoli 5, comma 1, lettere c), e), f) e g), 11, comma 7, 12, 14, comma 1, 17, comma 8, 18, comma 6, 20, comma 4, 21, 24, comma 9, 25, comma 4, 26, 28, comma 1, 30, comma 9, 31, comma 9, 34, comma 7, 35, commi 1, 2 e 3, 40, commi 6 e 7, 41, commi 2 e 3, 42, 43, comma 6 e 49 (1). (1) Articolo così modificato dall'art. 27, d.lg. 19 dicembre 1994, n. 758.

Art. 52. Contravvenzioni commesse dai lavoratori

1. I lavoratori sono puniti: a) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da lire quattrocentomila a lire due milioni per l'inosservanza delle norme di cui agli articoli 6, comma 1, lettera d), 19, 32, comma 1 e 43, comma 4; b) con l'arresto fino a quindici giorni o con l'ammenda da lire duecentomila a lire ottocentomila per l'inosservanza delle norme di cui agli articoli 6, comma 1, lettere a), b), c) ed e), 14, comma 2, lettera b), 28, comma 1, lettera b), e comma 2, lettere b) e c) (1).(1) Articolo così modificato dall'art. 27, d.lg. 19 dicembre 1994, n. 758.

Art. 53. Contravvenzioni commesse dal medico competente

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1. Il medico competente è punito: a) con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da lire un milione a lire sei milioni per l'inosservanza delle norme di cui agli articoli 7, commi 1, 3 e 6, 15, 16, 20, 44 e 48, comma 3; b) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da lire cinquecentomila a lire tre milioni per l'inosservanza delle norme di cui agli articoli 7, comma 5, 12, 21, comma 1, lettera f), 29, comma 4 e 49, comma 3, lettera f) (1). (1) Articolo così modificato dall'art. 27, d.lg. 19 dicembre 1994, n. 758.

Art. 54. Contravvenzioni commesse dai produttori e dai commercianti

1. Chiunque produce, pone in commercio, noleggia, cede in locazione o comunque installa impianti, macchine ed apparecchiature senza osservare le disposizioni di cui all'art. 46 è punito con l'arresto da uno a tre mesi o con l'ammenda da lire dieci milioni a lire quarantamilioni (1). (1) Articolo così modificato dall'art. 27, d.lg. 19 dicembre 1994, n. 758.

Art. 55. Esercizio dell'attività di medico competente

1. I laureati in medicina e chirurgia che, pur non possedendo i requisiti di cui all'art. 3, comma 1, lettera c), alla data di entrata in vigore del presente decreto abbiano svolto l'attività di medico del lavoro per almeno quattro anni, sono autorizzati ad esercitare la funzione di medico competente. 2. L'esercizio della funzione di cui al comma 1 è subordinato alla presentazione, all'assessorato regionale alla sanità territorialmente competente, di apposita domanda corredata dalla documentazione comprovante lo svolgimento dell'attività di medico del lavoro per almeno quattro anni. 3. La domanda è presentata entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. L'assessorato alla sanità provvede entro novanta giorni dalla data di ricezione della domanda stessa.

Art. 56. Disposizioni transitorie

1. Sino al decorso del termine di cui agli articoli 11, comma 6, 24, comma 1, e 40, comma 1, i datori di lavoro e i dirigenti sono tenuti ad adottare le misure necessarie ad evitare un incremento anche temporaneo dell'esposizione dei lavoratori al piombo, alla polvere proveniente dall'amianto o dai materiali contenenti amianto, ed al rumore.

Art. 57. Termine per l'adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri

1. In prima applicazione i decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui agli articoli 4, comma 1, lettera d), 30, comma 4, 34, comma 8, e 36, comma 3, sono adottati entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

Art. 58. Altri agenti nocivi

1. L'esposizione dei lavoratori alle radiazioni ionizzanti resta disciplinata dalle norme speciali vigenti. 2. Per quanto non espressamente o diversamente disciplinato, per gli agenti di cui ai capi II, III o IV, si applicano le norme vigenti ed in particolare quelle contenute nel decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303. 3. Le disposizioni per la tutela della salute e per la sicurezza dei lavoratori contro i rischi derivanti dall'esposizione ad agenti chimici, fisici, biologici non disciplinati dal presente decreto sono adottate: a) in conformità alle misure di cui all'art. 4 tenendo conto della natura dell'agente, delle conoscenze tecnico-scientifiche disponibili, dell'intensità e durata dell'esposizione e della gravità del rischio e prevedendo la fissazione di divieti parziali o totali quando il ricorso agli altri mezzi disponibili non consenta una protezione sufficiente; b) tenendo conto, nella fissazione del valore limite di cui all'art. 3, comma 1, lettera b), del valore limite indicativo fissato dalla CEE;

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c) stabilendo la conformità delle modalità e dei metodi di misurazione e campionatura dell'agente a quelli previsti dall'allegato VIII e prevedendone la modifica nei termini di cui all'art. 4, comma 1, lettera d). 4. L'adozione delle disposizioni di cui al comma 3 avviene previa consultazione delle organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori maggiormente rappresentative a livello nazionale.

Art. 59. Abrogazioni

1. Sono abrogate tutte le norme incompatibili con quelle contenute nel presente decreto. In particolare: a) limitatamente all'esposizione al piombo, non si applicano gli articoli 4, 5, 18, terzo comma, 19 e 20 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303. é soppressa, inoltre, la voce <> nella tabella allegata al suddetto decreto; b) limitatamente all'esposizione alla polvere proveniente dall'amianto o dai materiali contenenti amianto, non si applicano gli articoli 4, 5, 18, terzo comma, 19 e 21, del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303. Esse abrogano, inoltre, il decreto del 16 ottobre 1986, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 278 del 29 novembre 1986: <>; c) limitatamente all'esposizione al rumore, non si applicano gli articoli 4 e 5 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303; limitatamente al danno uditivo non si applica l'art. 24 dello stesso decreto; la voce rumori nella tabella allegata al suddetto decreto è soppressa. ALLEGATI (Omissis).

Allegato I - Attività lavorative più comunemente note che comportano esposizione al piombo (art. 10, comma 3)

1. Manipolazione di concentrati al piombo; produzione del piombo. 2. Raffinazione del piombo e dello zinco (primaria e secondaria). 3. Fabbricazione e manipolazione di arseniati di piombo a spruzzo. 4. Fabbricazione di ossidi di piombo. 5. Produzione di altri composti del piombo (compresa la parte della produzione dei composti di piombo-alchile se essa comporta un'esposizione al piombo metallico e ai suoi composti ionici). 6. Fabbricazione e preparazione di vernici, smalti, mastici e colori al piombo. 7. Fabbricazione e governo ( carica, rigenerazione, pulizia, ecc.) di accumulatori*. 8. Lavori artigianali che utilizzino stagno e piombo. 9. Fabbricazione di leghe al piombo per saldature. 10. Fabbricazione di lamine, tubi, proiettili, munizioni contenenti piombo. 11. Fabbricazione di oggetti a base di piombo e di leghe contenenti piombo. 12. Utilizzazione di vernici, smalti, mastici e colori al piombo. 13. Industrie della ceramica (limitatamente alla preparazione e macinazione delle vernici, alla vetrificazione delle terraglie dolci ed alla decorazione di stoviglie od altri oggetti di ceramica, con vetrine o vernici piombifere). 14. Lavorazione di cristallo. 15. Industria della plastica e della gomma che fanno uso di additivi al piombo. 16. Frequente impiego di leghe al piombo per saldatura in spazi chiusi, dissaldatura. 16-1. Saldatura autogena e al taglio con processi termici dlle lastre di piombo o rivestite di piombo; 17. Stampa con uso di piombo (a mano, con la linotype, con la monotype, con la stereotipia). 17-1. Cromolitografia eseguita con colori o polveri piombiferi. 18. Lavori di demolizione, in particolare raschiatura, sverniciatura a fuoco, taglio al cannello ossiacetilenico di materiale ricoperto da vernici a base di piombo, nonché demolizione di installazioni (ad esempio forni di fonderia)*. 19. Impiego di spazi chiusi di munizioni contenenti piombo. 20. Costruzione e riparazione automobilistica*. 21. Fabbricazione di acciai piombati. 22. Operazioni di tempera con bagno di piombo. 23. Piombatura o smaltatura su superfici metalliche. 24. Cernita e recupero di piombo e di residui metallici contenenti piombo. 25. Messa in opera e manutenzione di tubazioni, condutture ed in genere di impianti costituiti da materiale piombifero. 26. Zincatura delle lamiere o stagnatura. 27. Operazioni di pulimento con o senza materiale piombifero.

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* ove si utilizzi o sia presente piombo (1).

(1)Il presente allegato è stato abrogato dall'art. 5, comma 1, D.Lgs. 2 febbraio 2002, n. 25.

Allegato II. Criteri per l'effettuazione del controllo clinico dei lavoratori esposti al piombo (art. 15, comma 2)

1. In base alle informazioni attualmente disponibili, un assorbimento significativo di piombo può provocare effetti nocivi sui seguenti sistemi: - ematopoietico, - gastrointestinale, - nervoso centrale e periferico, - renale.

2. Il medico competente deve conoscere le condizioni e le circostanze in cui ciascun lavoratore è stato esposto al piombo.

3. Il controllo clinico dovrebbe comprendere, in particolare:- elaborazione della scheda sanitaria e professionale del lavoratore; - esame fisico e intervista personale con il soggetto, con particolare attenzione ai sintomi che accompagnano la prima fase dell'intossicazione saturnina; - valutazione della funzione polmonare in caso di lavoro gravoso, che comporti l'uso di un equipaggiamento respiratorio di protezione. Gli esami ematologici (e segnatamente la determinazione del livello ematocrito), e l'analisi delle urine, dovrebbero essere eseguite in occasione della prima visita medica e poi regolarmente secondo il giudizio del medico.

4. Oltre alle decisioni che riterrà opportuno prendere in base ai risultati della sorveglianza biologica, il medico competente determinerà i casi per i quali è controindicato sottoporre o mantenere il lavoratore all'esposizione al piombo. Le principali controindicazioni sono: i) alterazioni congenite: - talassemia - insufficienze G-6-PD; ii) alterazioni acquisite:- anemia, - insufficienze renali, - insufficienze epatiche.

5. Uso degli agenti chelanti:L'uso degli agenti chelanti per scopi profilattici, conosciuti talvolta con il nome di "terapia preventiva", è inaccettabile sia dal punto di vista medico che da quello morale. Molti degli agenti chelanti possono infatti essere considerati nefrotossici quando sono somministrati per lunghi periodi.

6. Terapia delle intossicazioni:Deve essere effettuata da specialisti (1).

(1) Il presente allegato è stato abrogato dall'art. 5, comma 1, D.Lgs. 2 febbraio 2002, n. 25.

Allegato III. Metodi di analisi per la misurazione degli indicatori biologici del piombo (art. 15, commi 3 e 4)

I metodi di analisi da impiegare per la misurazione della piombemia e di altri eventuali indicatori biologici sono:- PbB: spettroscopia di assorbimento atomico, - ALAU: metodo DAVIS o metodo equivalente, - ZPP: ematofluorimetri o metodo equivalente (1).

(1) Il presente allegato è stato abrogato dall'art. 5, comma 1, D.Lgs. 2 febbraio 2002, n. 25.

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Allegato IV. Metodi di prelievo e dosaggio per la misurazione della concentrazione del piombo nell'aria (art. 17, comma 2)

1. Le caratteristiche e l'attrezzatura per il prelievo delle particelle nell'aria contenenti piombo, devono essere conformi alle specificazioni tecniche indicate qui di seguito:a) Velocità di entrata dell'aria all'orifizio: 1.25 m/s ± 10%. b) Flusso dell'aria: almeno 1 l/min. c) Caratteristiche del portafiltro: è necessario utilizzare un portafiltro a superficie chiusa per evitare la contaminazione. d) Diametro dell'orifizio d'entrata: almeno 4 mm per evitare gli effetti di parete. e) Posizione del filtro e dell'orifizio d'entrata: per quanto possibile l'orientamento deve essere mantenuto parallelo al volto del lavoratore per tutta la durata del campionamento. f) Efficacia del filtro: un'efficacia del 95% almeno per tutte le particelle prelevate aventi un diametro aerodinamico superiore o pari a 0,3 micrometri. g) Omogeneità del filtro: omogeneità massima del tenore di piombo del filtro per consentire un confronto fra le due metà dello stesso filtro.

2. Per quanto riguarda il metodo di determinazione del piombo contenuto nel campione d'aria prelevato, quest'ultimo deve essere analizzato con lo spettrofotometro ad assorbimento atomico o con ogni altro metodo di analisi i cui risultati siano equivalenti (1).

(1) Il presente allegato è stato abrogato dall'art. 5, comma 1, D.Lgs. 2 febbraio 2002, n. 25.

Allegato V. Metodi di prelievo e analisi per la misurazione della concentrazione delle fibre di amianto nell'aria (art. 30, comma 2)

Le caratteristiche e l'attrezzatura per il campionamento delle fibre di amianto nell'aria e la determinazione della concentrazione delle fibre di amianto nel campione d'aria prelevato sono fissate nel metodo di riferimento appresso riportato.Possono tuttavia essere usati altri metodi per i quali si possa dimostrare l'equivalenza dei risultati rispetto al metodo di riferimento.

1. I campioni sono prelevati nella zona di respirazione dei singoli lavoratori: cioè entro una semisfera di 300 mm di raggio che si estende dinanzi alla faccia del lavoratore e misurata a partire dal punto di mezzo di una linea congiungente le sue orecchie.

2. Si usano filtri a membrana (esteri misti di cellulosa o nitrato di cellulosa) aventi diametro di 25 mm, di porosità tra 0,8 e 1,2 micron, con reticolo stampato.

3. Si usa un portafiltro a faccia aperta provvisto di cappuccio metallico cilindrico, estendentesi tra 33 mm e 44 mm davanti al filtro e che permetta l'esposizione di un'area circolare di almeno 20 mm di diametro. Durante l'uso il cappuccio è rivolto verso il basso.

4. Si usa una pompa portatile a batteria, portata sulla cintura o in una tasca del lavoratore. Il flusso deve essere esente da pulsazioni e la portata regolata inizialmente a 1 l/min ± 5%. Durante il periodo di campionamento la portata è mantenuta entro ± 10% della portata iniziale.

5. Il tempo di campionamento è misurato con una tolleranza del 2%.

6. Il carico di fibre ottimale sui filtri è compreso tra 100 e 400 fibre/mm².

7. In ordine di preferenza l'intero filtro, o un suo segmento, posto su un vetrino da microscopio, è reso trasparente mediante il metodo acetone-triacetina e coperto con vetrino coprioggetti.

8. Per il conteggio è usato un microscopio binoculare con le seguenti caratteristiche: - illuminazione Koehler; - un condensatore ABBE o acromatico (1) a contrasto di fase incorporato nel complesso posto sotto al piatto portaoggetti e montato con possibilità di centraggio e messa a fuoco.

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L'aggiustamento del centraggio per il contrasto di fase è indipendente dal meccanismo di centraggio del condensatore; - un obiettivo acromatico a contrasto di fase positivo parafocale, a 40 ingrandimenti, con un'apertura numerica compresa tra 0,65 a 0,70 e con assorbimento dell'anello di fase compreso tra 65 e 85%; - oculari a compensazione a 12,5 ingrandimenti o comunque tali da assicurare 500 ingrandimenti totali, qualora si utilizzino microscopi con fattore di tubo diverso da 1. Almeno un oculare deve permettere l'inserimento di un reticolo ed essere del tipo con messa a fuoco;- un reticolo oculare circolare Walton-Beckett che abbia un diametro apparente sul piano oggetto di 100 ± 2 micrometri quando si usano l'obiettivo e l'oculare indicati, e che sia controllato con un micrometro l'oggetto.

9. Il microscopio è montato secondo le istruzioni del fabbricante e il limite di rivelabilità controllato mediante un "vetrino di prova per contrasto di fase". Quando siano usati nel modo specificato dal fabbricante si deve poter vedere fino al codice 5 sui vetrini di prova AIA e sino al blocco 5 sul vetrino di prova HSE/NPL Mark 2. Tale procedura deve essere effettuata all'inizio della giornata di lavoro.

10. Il conteggio dei campioni è effettuato secondo le seguenti regole: - per fibra da contare si intende qualunque fibra contemplata all'art. 30, comma 3, che non sia in contatto con una particella avente diametro massimo maggiore di 3 micrometri; - le fibre da contare che hanno le estremità entro l'area del reticolo devono essere contate come un'unica fibra;una fibra avente una sola estremità all'interno di tale area deve essere contata come mezza fibra; - le aree del reticolo per il conteggio devono essere scelte a caso all'interno della superficie esposta del filtro; - un agglomerato di fibre che appaia compatto e intero in uno o più punti della sua lunghezza, ma appaia diviso in trefoli (fibra ramificata) in altri, deve essere contato come fibra se è conforme all'art. 30, comma 3 , al primo trattino del presente punto; il diametro è misurato attraverso la parte intera e non quella ramificata; - in qualsiasi altro agglomerato di fibre in cui le singole fibre si tocchino o si incrocino (fascio), queste devono essere contate individualmente ogni qualvolta possano essere distinte sufficientemente per stabilire che sono conformi all' art. 30, terzo comma(2), e al primo trattino del presente punto. Se non è possibile distinguere alcuna singola fibra rispondente a tale definizione, il fascio deve essere contato come un'unica fibra, sempre che sia conforme nel suo complesso all'art. 30, terzo comma (3), e al primo trattino del presente punto; - se più di un ottavo di un'area del reticolo è coperto da un agglomerato di fibre e/o particelle, tale area del reticolo deve essere scartata ed un'altra area deve essere esaminata per il conteggio; - si devono contare 100 fibre su un minimo di 20 aree di reticolo.

11. Il numero medio di fibre per reticolo deve essere calcolato dividendo il numero delle fibre contate per il numero delle aree di reticolo esaminate. Il contributo al risultato finale del conteggio dovuto a segni del filtro o a contaminazione deve essere inferiore a 3 fibre per 100 aree di reticolo ed essere determinato con filtri "bianchi". Concentrazione di fibre nell'area - (numero di fibre per area di reticolo x area di esposizione del filtro): (area del reticolo x volume di aria prelevata).

(1) Le parole “un condensatore ABBE o acromatico” sono state sostituite alle precedenti “un condensatore ABBE o aeromatico” con Avviso di rettifica, pubblicato in G.U. 6 novembre 1991, n. 260. (2) Le parole “conformi all'art. 30, terzo comma” sono state sostituite alle precedenti “conformi all'art. 2” con Avviso di rettifica, pubblicato in G.U. 6 novembre 1991, n. 260. (3) Le parole “conforme nel suo complesso all'art. 30, terzo comma” sono state sostituite alle precedenti “conformi nel suo complesso all'art. 2” con Avviso di rettifica, pubblicato in G.U. 6 novembre 1991, n. 260.

Allegato VI. Criteri per la misurazione del rumore (art. 40, comma 2)

A-1. Generalità.1.1. Le esposizioni personali di cui all'art. 39 sono:i) misurate direttamente con fonometri integratori, oppure: ii) calcolate partendo da misure della pressione acustica, integrando per il tempo di esposizione. 1.2. Le misurazioni possono essere effettuate nei posti di lavoro occupati dai lavoratori o con strumenti fissati sulla persona. La localizzazione e la durata delle misurazioni debbono essere congrue ai fini della rappresentatività dei valori ottenuti.

A-2. Apparecchiatura

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2.1. I fonometri utilizzati devono essere conformi alle prescrizioni della norma IEC 651 gruppo 1; essi devono essere muniti di indicatore di sovraccarico.Tali strumenti non sono idonei al calcolo del LAeq Te e in presenza di rumore impulsivo. Ove vengano utilizzati fonometri integratori questi dovranno essere conformi alle prescrizioni della norma 804 gruppo 1.Sono consentiti metodi di misura che prevedano la registrazione, come tappa intermedia dei segnali su supporto magnetico2.2. Lo strumento utilizzato per misurare direttamente il valore massimo (picco) della pressione acustica istantanea non ponderata deve avere una costante di tempo di salita non superiore a 100 microsecondi.2.3. Tutta la strumentazione deve essere tarata ad intervalli non superiori ad un anno e ricontrollata prima di ogni intervento.

A-3. Misurazioni3.1. La misurazione della pressione acustica in presenza della persona interessata deve tenere conto delle perturbazioni causate dalla stessa al campo di pressione; si considera non perturbata la misura se potrà essere eseguita a 0,1 metri di distanza dalla testa all'altezza dell'orecchio.3.2. Le ponderazioni temporali "slow" e "fast" sono valide se l'intervallo di misurazione risulta grande rispetto alla costante di tempo della ponderazione prescelta ed il livello della pressione acustica non fluttui molto rapidamente.3.3. Di ogni misurazione deve essere indicata anche l'incertezza di cui la medesima è affetta (errore casuale).

Allegato VII. Criteri per il controllo della funzione uditiva dei lavoratori (art. 44, comma 2)

Per il controllo della funzione uditiva dei lavoratori si prendono in considerazione i seguenti aspetti:1. Il controllo, effettuato conformemente alle indicazioni della medicina del lavoro, comprende:- un esame iniziale prima e dopo un anno dall'esposizione al rumore; - esami periodici ad intervalli conformi all'entità del rischio e stabiliti dal medico, come indicato all' art. 44.

2. Ogni esame comprende almeno un'otoscopia ed un controllo audiometrico con audiometria liminare tonale in conduzione aerea che copra anche la frequenza di 8000 Hz.

3. Il controllo audiometrico rispetta anche le disposizioni della norma ISO 6189/1983 e dovrà essere condotto con un livello di rumore ambientale tale da permettere di misurare un livello di soglia di udibilità pari a 0 dB corrispondente alla norma ISO 389/1979.

Allegato VIII. Modalità di campionatura e di misurazione degli agenti chimici e di valutazione dei risultati (art. 58, comma 3, lettera c)

A. Definizioni1. Materiali in sospensione1. Definizioni fisico-chimiche: a) Polvere: sospensione dispersa nell'aria di materiali solidi e prodotta da un processo meccanico o da un turbine. b) Fumo: sospensione dispersa nell'aria di materiali solidi e prodotta da processi termici e/o chimici. c) Nebbia: sospensione dispersa nell'aria di materiali liquidi e prodotta da condensazione o dispersione. 2. Definizione degli aggregati di particelle in medicina del lavoro e in tossicologia: a) Le polveri, alla stregua del fumo e della nebbia, sono materiali in sospensione. Per valutare i rischi per la salute che presentano questi materiali in sospensione, bisogna tenere conto non soltanto dell'effetto nocivo proprio a ciascun agente, della concentrazione e della durata di esposizione, ma anche della dimensione delle particelle. b) Dell'aggregato di materiali in sospensione presenti nell'aria che respira un lavoratore, solo una parte viene inspirata. Questa parte inspirata è chiamata frazione inspirabile. Sono determinati a questo riguardo la velocità di aspirazione nasale e buccale, nonché le condizioni di circolazione dell'aria attorno alla testa. c) La frazione inspirabile può depositarsi, a seconda della dimensione delle particelle, in differenti zone dell'apparato respiratorio. Il deposito delle particelle ha fra l'altro un'influenza capitale sul punto in cui si esercita l'effetto nocivo e sulla natura di quest'ultimo. La parte della frazione inspirabile che perviene negli alveoli è chiamata frazione respirabile. La frazione respirabile riveste un'importanza particolare sotto il profilo della medicina del lavoro. II. Valore limite.

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a) Il valore limite è espresso dalla concentrazione media ponderata dell'esposizione su un periodo di otto ore di una sostanza sotto forma di gas, di vapore o di materiali in sospensione nell'aria sul luogo di lavoro.Per esposizione si intende la presenza di un agente chimico nell'aria respirata dal lavoratore. Essa è espressa dalla concentrazione per un periodo di riferimento. La presente sezione non riguarda i valori limite per gli indicatori biologici. b) Inoltre, può essere necessario, per talune sostanze, fissare un limite massimo di variazione rispetto al valore medio ponderato dell'esposizione, su un periodo di otto ore, a dette sostanze per periodi più brevi. Ai fini delle misurazioni di controllo, si fa allora riferimento alla concentrazione ponderata durante il periodo più breve in questione. c) Il valore limite per i gas e i vapori è espresso in ml/m3 (ppm), valore indipendente dalle variabili di stato, temperatura e pressione atmosferica, nonché in mg/m3 per una temperatura di 20°C e una pressione di 101,3 kPa, valore che dipende dalle variabili di stato. Il valore limite per i materiali in sospensione è espresso in mg/m3 per le condizioni di produzione sul posto di lavoro. B. VALUTAZIONE DELL'ESPOSIZIONE E STRATEGIE DI MISURAZIONE1. Elementi di base:a) Se non si può escludere con certezza la presenza di uno o più agenti sotto forma di gas, vapore o materiali in sospensione nell'aria dell'ambiente di lavoro, deve essere effettuata una valutazione per determinare se i valori limite sono rispettati. b) Nella valutazione occorre mettere insieme dati relativi a tutti gli elementi che possono avere un'incidenza sull'esposizione, ad esempio:- gli agenti utilizzati o prodotti; - le attività, le attrezzature tecniche ed i procedimenti di fabbricazione; - la distribuzione temporale e spaziale delle concentrazioni degli agenti. c) Un valore limite è rispettato quando dalla valutazione risulta che l'esposizione non oltrepassa il valore limite.Se i dati raccolti non permettono di giungere a conclusioni affidabili circa il rispetto dei valori limite, essi devono essere completati da misurazioni effettuate sul posto di lavoro. d) Se dalla valutazione risulta che un valore limite non è rispettato: - le cause del superamento devono essere individuate e devono essere attuate, non appena possibile, le misure atte a porre rimedio alla situazione; - la valutazione deve essere ripetuta. e) Se dalla valutazione risulta che i valori limite sono rispettati, devono essere effettuate, se necessario, misurazioni, con una periodicità adeguata, per verificare che i valori limite continuino ad essere rispettati. Queste misurazioni devono essere tanto più frequenti quanto più la concentrazione misurata si avvicina al valore limite. f) Se dalla valutazione risulta che, a lungo termine, dato il tipo di processo di lavoro, i valori limite sono rispettati e che non si verificano sostanziali modifiche delle condizioni sul posto di lavoro suscettibili di tradursi in un cambiamento dell'esposizione dei lavoratori, la frequenza delle misurazioni intese ad accettare il rispetto dei valori limite può essere ridotta. In tal caso occorre tuttavia accertare periodicamente se la valutazione da cui si evince questa conclusione resta valida. g) Se il lavoratore è esposto simultaneamente o successivamente a vari agenti, è necessario tenerne conto nel valutare il rischio per la salute cui il lavoratore è esposto. 2. Requisiti degli addetti alle misurazioni.I responsabili delle misurazioni devono possedere le qualifiche prescritte e disporre delle attrezzature necessarie.3. Requisiti dei metodi di misurazione:a) Il metodo di misurazione deve consentire di ottenere risultati rappresentativi per quanto riguarda l'esposizione del lavoratore. b) Ai fini della valutazione dell'esposizione del lavoratore sul luogo di lavoro, è opportuno utilizzare per quanto possibile strumenti di prelievo fissati sul corpo del lavoratore. Quando esiste un gruppo di lavoratori che eseguono mansioni identiche o simili in uno stesso luogo e che sono soggetti ad un'esposizione analoga, il campionamento può essere effettuato nel gruppo, in modo tale che sia rappresentativo del gruppo stesso. Possono essere impiegati sistemi di misurazione stazionari se i risultati delle misurazioni consentono di valutare l'esposizione del lavoratore sul luogo di lavoro. I campioni devono essere prelevati per quanto possibile a livello degli organi respiratori e nell'immediata vicinanza del lavoratore.In caso di dubbio le misurazioni vanno effettuate nel punto in cui il rischio è maggiore. c) Il metodo di misurazione impiegato deve essere in funzione dell'agente considerato, del valore limite previsto e dell'atmosfera predominante sul posto di lavoro. Il risultato della misurazione deve indicare la concentrazione dell'agente in modo esatto e in proporzione al valore limite.

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d) Se il metodo di misurazione impiegato non si riferisce specificamente all'agente misurato, il valore deve essere integralmente attribuito all'agente in questione.e) Il limite di rivelazione, la sensibilità e la precisazione del metodo di misurazione devono essere in funzione del valore limite. f) Dovrebbe essere garantita l'esattezza del metodo di misurazione. g) Il metodo di misurazione impiegato deve essere stato sperimentato in condizioni di applicazioni pratiche. h) Nella misura in cui il Comitato europeo per la standardizzazione (CEN) pubblichi requisiti generali cui devono rispondere i metodi e gli apparecchi utilizzati per le misurazioni sul posto di lavoro, nonché le norme di verifica corrispondenti, se ne deve tener conto per la scelta dei metodi di misurazione appropriati. 4. Disposizioni particolari relative alle tecniche di misurazione degli aggregati rappresentativi di particelle presenti nell'aria sul posto di lavoro:a) Ogni misurazione della concentrazione dei materiali in sospensione deve tener conto del loro modo di agire; è dunque opportuno, al momento del campionamento, prendere in considerazione sia la frazione inspirabile, sia quella respirabile. Ciò presuppone che si ottenga una separazione delle particelle in funzione del loro diametro aerodinamico, corrispondente al deposito che si forma con la respirazione. Poiché non sono ancora disponibili attrezzature appropriate per il campionamento sul posto di lavoro, occorre definire modalità pratiche che consentano una misurazione uniforme. b) Viene considerata come inspirabile la frazione di materiali in sospensione che può essere assorbita da un lavoratore mediante inspirazione buccale e/o nasale. Nella prassi della tecnica di misurazione vengono, ad esempio, utilizzati, per il campionamento, campionatori con una velocità di aspirazione di 1,25 m/s ± 10%, ovvero campionatori conformi a ISO/TR 7708-1983 (E) (1).Nel primo di questi due casi esemplificativi: - per gli apparecchi individuali di prelievo l'orifizio di aspirazione deve essere in direzione parallela al viso del lavoratore per tutta la durata del prelievo; - per i campionatori stazionari, l'impianto e la forma dell'orifizio devono consentire un prelievo rappresentativo per quanto riguarda l'esposizione dei lavoratori a diverse direzioni di provenienza dell'aria; - l'impianto dell'orifizio di aspirazione dell'apparecchio non ha praticamente importanza se la velocità delle correnti d'aria circostanti è molto debole; - se le correnti d'aria circostanti hanno una velocità pari o superiore a 1 m/s, si raccomanda di procedere ad una campionatura omnidirezionale su un piano orizzontale. c) La frazione respirabile di materiali in sospensione comprende un aggregato che passa attraverso un sistema di separazione il cui effetto corrisponde alla funzione teorica di separazione di un separatore per sedimentazione che separa il 50% delle particelle con diametro aerodinamico di 5 µm (convenzione di Johannesburg del 1979). d) Conviene applicare le disposizioni adottate, se del caso, dal CEN per quanto concerne la raccolta di materiali in sospensione sul luogo di lavoro.Possono essere utilizzati altri metodi purché conducano, per quanto concerne il rispetto dei valori limite, al medesimo risultato o ad un risultato ancor più rigoroso (2).

(1) Le parole “ISO/TR 7708-1983 (E)” sono state sostituite alle precedenti “ISO/TR 7708-1983 (L)” con Avviso di rettifica pubblicato in G.U. 6 novembre 1991, n. 260. (2) Il presente allegato è stato abrogato dall'art. 5, comma 1, D.Lgs. 2 febbraio 2002, n. 25

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D.P.R. 19 Marzo 1956, n. 303Norme generali per l'igiene del lavoro (1)(1) In luogo di Ministro/Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali, già sostitutivo del soppresso Ministro/Ministero dell'agricoltura e delle foreste, leggasi Regioni, ovvero Ministro/Ministero per le politiche agricole, limitatamente ai compiti di disciplina generale e di coordinamento nazionale (D.Lgs. 4 giugno 1997, n. 143). Data Emanazione: 19/03/1956 Data Pubblicazione: 30/04/1956 G.U. n. 105 del 30 Aprile 1956, s.o.

Titolo IDISPOSIZIONI GENERALICapo ICAMPO DI APPLICAZIONE Art. 1. Attività soggette

1. Le norme del presente decreto si applicano a tutte le attività alle quali sono addetti lavoratori subordinati o ad essi equiparati ai sensi del successivo art. 3, comprese quelle esercitate dallo Stato, dalle Regioni, dalle Province, dai Comuni, da altri Enti pubblici e dagli istituti di istruzione e di beneficenza, salve le limitazioni espressamente indicate.

2. Nei riguardi delle Ferrovie dello Stato e di quelle esercitate da privati in regime di concessione le disposizioni del presente decreto saranno applicate adattandole alle particolari esigenze dell'esercizio ferroviario.

Art. 2. Attività escluse

1. Le norme del presente decreto non si applicano ai lavori a bordo delle navi mercantili (1) e a bordo degli aeromobili, nonché all'esercizio delle miniere, delle cave e delle torbiere (2).

2. Sono escluse altresì le imprese industriali e commerciali gestite direttamente dal titolare con il solo aiuto dei membri della famiglia con lui conviventi e le aziende agricole indicate nel secondo comma dell'art. 49.

(1) Vedi la l. 16 giugno 1939, n. 1045. (2) Vedi il D.P.R. 9 aprile 1959, n. 128. Art. 3. Definizione di lavoratore subordinato

1. Agli effetti dell'art. 1, per lavoratore subordinato si intende colui che fuori del proprio domicilio presta il proprio lavoro alle dipendenze e sotto la direzione altrui, con o senza retribuzione, anche al solo scopo di apprendere un mestiere, un'arte od una professione.

2. Sempre agli effetti dell'art. 1 sono equiparati ai lavoratori subordinati i soci di società e di enti in genere cooperativi, anche di fatto, che prestino la loro attività per conto delle società o degli enti stessi. Capo IIOBBLIGHI DEI DATORI DI LAVORO, DEI DIRIGENTI, DEI PROPOSTI E DEI LAVORATORI Art. 4. Obblighi dei datori di lavoro, dei dirigenti e dei preposti

1. I datori di lavoro, i dirigenti e i preposti che esercitano, dirigono o sovraintendono alle attività indicate all'art. 1, devono, nell'ambito delle rispettive attribuzioni e competenze: a) attuare le misure di igiene previste nel presente decreto; b) rendere edotti i lavoratori dei rischi specifici cui sono esposti e portare a loro conoscenza i modi di prevenire i danni derivanti dai rischi predetti; c) fornire ai lavoratori i necessari mezzi di protezione; d) disporre ed esigere che i singoli lavoratori osservino le norme di igiene ed usino i mezzi di protezione messi a loro disposizione (1).

(1) Per un'interpretazione autentica del presente articolo, vedi l'art. 59, D.Lgs. 15 agosto 1991, n. 277. Art. 5. Obblighi dei lavoratori

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1. I lavoratori devono: a) osservare, oltre le norme del presente decreto, le misure disposte dal datore di lavoro ai fini dell'igiene; b) usare con cura i dispositivi tecnicosanitari e gli altri mezzi di protezione predisposti o forniti dal datore di lavoro; c) segnalare al datore di lavoro, al dirigente o ai preposti le deficienze dei dispositivi e dei mezzi di protezione suddetti; d) non rimuovere o modificare detti dispositivi e mezzi di protezione, senza averne ottenuta l'autorizzazione (1).

(1) Per un'interpretazione autentica del presente articolo, vedi l'art. 59, D.Lgs. 15 agosto 1991, n. 277. Titolo IIDISPOSIZIONI PARTICOLARI (1)(1) Intestazione così sostituita dall'art. 33, comma 4, D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626.Capo IAMBIENTI DI LAVORO Art. 6. Altezza, cubatura e superficie

1. I limiti minimi per altezza, cubatura e superficie dei locali chiusi destinati o da destinarsi al lavoro nelle aziende industriali che occupano più di 5 lavoratori, ed in ogni caso in quelle che eseguono le lavorazioni indicate nell'articolo 33, sono i seguenti: a) altezza netta non inferiore a m. 3; b) cubatura non inferiore a mc. 10 per lavoratore; c) ogni lavoratore occupato in ciascun ambiente deve disporre di una superficie di almeno mq. 2.

2. I valori relativi alla cubatura e alla superficie si intendono lordi cioè senza deduzione dei mobili, macchine ed impianti fissi.

3. L'altezza netta dei locali è misurata dal pavimento all'altezza media della copertura dei soffitti o delle volte.

4. Quando necessità tecniche aziendali lo richiedono, l'organo di vigilanza competente per territorio può consentire altezze minime inferiori a quelle sopra indicate e prescrivere che siano adottati adeguati mezzi di ventilazione dell'ambiente. L'osservanza dei limiti stabiliti dal presente articolo circa l'altezza, la cubatura e la superficie dei locali chiusi di lavoro è estesa anche alle aziende industriali che occupano meno di cinque lavoratori quando le lavorazioni che in esse si svolgono siano ritenute, a giudizio dell'organo di vigilanza, pregiudizievoli alla salute dei lavoratori occupati.

5. Per i locali destinati o da destinarsi ad uffici, indipendentemente dal tipo di azienda, e per quelli delle aziende commerciali, i limiti di altezza sono quelli individuati dalla normativa urbanistica vigente (1).

(1) Articolo così sostituito dall'art. 16, D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242. L'art. 8, D.L. 21 aprile 1995, n. 120, conv. in l. 21 giugno 1995, n. 236, ha stabilito che le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano alle università per gli impianti già realizzati. Art. 7. Pavimenti, muri, soffitti, finestre e lucernari dei locali scale e marciapiedi mobili, banchina e rampe di carico

1. A meno che non sia richiesto diversamente dalle necessità della lavorazione, è vietato adibire a lavori continuativi locali chiusi che non rispondono alle seguenti condizioni: a) essere ben difesi contro gli agenti atmosferici, e provvisti di un isolamento termico sufficiente, tenuto conto del tipo di impresa e dell'attività fisica dei lavoratori; b) avere aperture sufficienti per un rapido ricambio d'aria; c) essere ben asciutti e ben difesi contro l'umidità; d) avere le superfici dei pavimenti, delle pareti, dei soffitti tali da poter essere pulite e deterse per ottenere condizioni adeguate di igiene (1).

2. I pavimenti dei locali devono essere esenti da protuberanze, cavità o piani inclinati pericolosi, devono essere fissi, stabili ed antisdrucciolevoli.

3. Nelle parti dei locali dove abitualmente si versano sul pavimento sostanze putrescibili o liquidi, il pavimento deve avere superficie unita ed impermeabile e pendenza sufficiente per avviare rapidamente i liquidi verso i punti di raccolta e scarico.

4. Quando il pavimento dei posti di lavoro e di quelli di passaggio si mantiene bagnato, esso deve essere munito in permanenza di palchetti o di graticolato, se i lavoratori non sono forniti di idonee calzature impermeabili.

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5. Qualora non ostino particolari condizioni tecniche, le pareti dei locali di lavoro devono essere a tinta chiara.

6. Le pareti trasparenti o traslucide, in particolare le pareti completamente vetrate, nei locali o nelle vicinanze dei posti di lavoro e delle vie di circolazione, devono essere chiaramente segnalate e costituite da materiali di sicurezza fino all'altezza di 1 metro dal pavimento, ovvero essere separate dai posti di lavoro e dalle vie di circolazione succitati in modo tale che i lavoratori non possono entrare in contatto con le pareti né rimanere feriti qualora esse vadano in frantumi. Nel caso in cui vengono utilizzati materiali di sicurezza fino all'altezza di 1 metro dal pavimento, tale altezza è elevata quando ciò è necessario in relazione al rischio che i lavoratori rimangono feriti qualora esse vadano in frantumi (2).

7. Le finestre, i lucernari e i dispositivi di ventilazione devono poter essere aperti, chiusi, regolati e fissati dai lavoratori in tutta sicurezza. Quando sono aperti essi devono essere posizionati in modo da non costituire un pericolo per i lavoratori.

8. Le finestre e i lucernari devono essere concepiti congiuntamente con l'attrezzatura o dotati di dispositivi che consentono la loro pulitura senza rischi per i lavoratori che effettuano tale lavoro nonché per i lavoratori presenti nell'edificio ed intorno ad esso.

9. L'accesso ai tetti costituiti da materiali non sufficientemente resistenti può essere autorizzato soltanto se sono fornite attrezzature che permettono di eseguire il lavoro in tutta sicurezza.

10. Le scale ed i marciapiedi mobili devono funzionare in piena sicurezza, devono essere muniti dei necessari dispositivi di sicurezza e devono possedere dispositivi di arresto di emergenza facilmente identificabili ed accessibili.

11. Le banchine e rampe di carico devono essere adeguate alle dimensioni dei carichi trasportati.

12. Le banchine di carico devono disporre di almeno un'uscita. Ove è tecnicamente possibile, le banchine di carico che superano m 25,0 di lunghezza devono disporre di un'uscita a ciascuna estremità.

13. Le rampe di carico devono offrire una sicurezza tale da evitare che i lavoratori possono cadere.

13-bis. le disposizioni di cui ai commi 10, 11, 12 e 13 sono altresì applicabili alle vie di circolazione principali sul terreno dell'impresa, alle vie di circolazione che portano a posti di lavoro fissi, alle vie di circolazione utilizzate per la regolare manutenzione e sorveglianza degli impianti dell'impresa, nonché alle banchine di carico (3) (4).

(1) Comma così modificato dall'art. 16, D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.(2) Comma così sostituito dall'art. 16, D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242. (3) Comma aggiunto dall'art. 16, D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242. (4) Articolo così sostituito dall'art. 33, D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626. Art. 8. Locali sotterranei

1. E' vietato adibire al lavoro locali chiusi sotterranei o semisotterranei.2. In deroga alle disposizioni del precedente comma, possono essere destinati al lavoro locali sotterranei o semi-sotterranei, quando ricorrano particolari esigenze tecniche. In tali casi si deve provvedere con mezzi idonei alla aerazione, alla illuminazione ed alla protezione contro l'umidità.

3. L'Ispettorato del lavoro (1), d'intesa con l'ufficiale sanitario, può consentire l'uso dei locali sotterranei e semi-sotterranei anche per altre lavorazioni per le quali non ricorrono le esigenze tecniche, quando dette lavorazioni non diano luogo ad emanazioni nocive e non espongano i lavoratori a temperature eccessive, sempreché siano rispettate le altre norme del presente decreto e sia provveduto, con mezzi idonei, alla aerazione, alla illuminazione ed alla protezione contro l'umidità.

(1) Ora Direzione regionale del lavoro, ex D.M. 7 novembre 1996, n. 687. Art. 9. Aerazione dei luoghi di lavoro chiusi

1. Nei luoghi di lavoro chiusi, è necessario far sì che tenendo conto dei metodi di lavoro e degli sforzi fisici ai quali sono sottoposti i lavoratori, essi dispongano di aria salubre in quantità sufficiente anche ottenuta con impianti di areazione (1).

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2. Se viene utilizzato un impianto di aerazione, esso deve essere sempre mantenuto funzionante. Ogni eventuale guasto deve essere segnalato da un sistema di controllo, quando ciò è necessario per salvaguardare la salute dei lavoratori.

3. Se sono utilizzati impianti di condizionamento dell'aria o di ventilazione meccanica, essi devono funzionare in modo che i lavoratori non siano esposti a correnti d'aria fastidiosa.

4. Qualsiasi sedimento o sporcizia che potrebbe comportare un pericolo immediato per la salute dei lavoratori dovuto all'inquinamento dell'aria respirata deve essere eliminato rapidamente (2).

(1) Comma così modificato dall'art. 16, D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242. (2) Articolo così sostituito dall'art. 33, D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626. Art. 10. Illuminazione naturale ed artificiale dei luoghi di lavoro

1. A meno che non sia richiesto diversamente dalle necessità delle lavorazioni e salvo che non si tratti di locali sotterranei, i luoghi di lavoro devono disporre di sufficiente luce naturale. In ogni caso, tutti i predetti locali e luoghi di lavoro devono essere dotati di dispositivi che consentono un'illuminazione artificiale adeguata per salvaguardare, la sicurezza, la salute e il benessere dei lavoratori (1).

2. Gli impianti di illuminazione dei locali di lavoro e delle vie di circolazione devono essere installati in modo che il tipo d'illuminazione previsto non rappresenta un rischio di infortunio per i lavoratori.

3. I luoghi di lavoro nei quali i lavoratori sono particolarmente esposti a rischi in caso di guasto dell'illuminazione artificiale, devono disporre di un'illuminazione di sicurezza di sufficiente intensità.

4. Le superfici vetrate illuminanti ed i mezzi di illuminazione artificiale devono essere tenuti costantemente in buone condizioni di pulizia e di efficienza (2).

(1) Comma così sostituito dall'art. 16, D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242. (2) Articolo così sostituito dall'art. 33, D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626. Art. 11. Temperatura dei locali

1. La temperatura nei locali di lavoro deve essere adeguata all'organismo umano durante il tempo di lavoro, tenuto conto dei metodi di lavoro applicati e degli sforzi fisici imposti ai lavoratori.

2. Nel giudizio sulla temperatura adeguata per i lavoratori si deve tener conto della influenza che possono esercitare sopra di essa il grado di umidità ed il movimento dell'aria concomitanti.

3. La temperatura dei locali di riposo, dei locali per il personale di sorveglianza, dei servizi igienici, delle mense e dei locali di pronto soccorso deve essere conforme alla destinazione specifica di questi locali.

4. Le finestre, i lucernari e le pareti vetrate devono essere tali da evitare un soleggiamento eccessivo dei luoghi di lavoro, tenendo conto del tipo di attività e della natura del luogo di lavoro.

5. Quando non è conveniente modificare la temperatura di tutto l'ambiente, si deve provvedere alla difesa dei lavoratori contro le temperature troppo alte o troppo basse mediante misure tecniche localizzate o mezzi personali di protezione (1).

(1) Articolo così sostituito dall'art. 33, D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626. Art. 12. Apparecchi di riscaldamento

1. Gli apparecchi a fuoco diretto destinati al riscaldamento dell'ambiente nei locali chiusi di lavoro di cui al precedente articolo, devono essere muniti di condotti del fumo privi di valvole regolatrici ed avere tiraggio sufficiente per evitare la corruzione dell'aria con i prodotti della combustione, ad eccezione dei casi in cui, per l'ampiezza del locale, tale impianto non sia necessario. Art. 13. Umidità

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1. Nei locali chiusi di lavoro delle aziende industriali nei quali l'aria è soggetta ad inumidirsi notevolmente per ragioni di lavoro, si deve evitare, per quanto è possibile, la formazione della nebbia, mantenendo la temperatura e l'umidità nei limiti minimi compatibili con le esigenze tecniche. Art. 14. Locali di riposo

1. Quando la sicurezza e la salute dei lavoratori, segnatamente a causa del tipo di attività, lo richiedono, i lavoratori devono poter disporre di un locale di riposo facilmente accessibile.

2. La disposizione di cui al comma 1 non si applica quando il personale lavora in uffici o in analoghi locali di lavoro che offrono equivalenti possibilità di riposo durante la pausa.

3. I locali di riposo devono avere dimensioni sufficienti ed essere dotati di un numero di tavoli e sedili con schienale in funzione del numero dei lavoratori.

4. Nei locali di riposo si devono adottare misure adeguate per la protezione dei non fumatori contro gli inconvenienti del fumo.

5. Quando il tempo di lavoro è interrotto regolarmente e frequentemente e non esistono locali di riposo, devono essere messi a disposizione del personale altri locali affinché questi possa soggiornarvi durante l'interruzione del lavoro nel caso in cui la sicurezza o la salute dei lavoratori lo esige. In detti locali è opportuno prevedere misure adeguate per la protezione dei non fumatori contro gli inconvenienti del fumo.

6. L'organo di vigilanza può prescrivere che, anche nei lavori continuativi, il datore di lavoro dia modo ai dipendenti di lavorare stando a sedere ogni qualvolta ciò non pregiudica la normale esecuzione del lavoro.

7. Le donne incinte e le madri che allattano devono avere la possibilità di riposarsi in posizione distesa e in condizioni appropriate (1).

(1) Articolo così sostituito dall'art. 33, D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626. Art. 15. Pulizia dei locali

1. Il datore di lavoro deve mantenere puliti i locali di lavoro, facendo eseguire la pulizia, per quanto è possibile, fuori dell'orario di lavoro e in modo da ridurre al minimo il sollevamento della polvere nell'ambiente, oppure mediante aspiratori. Art. 16. Sistemazione dei terreni scoperti dipendenti dai locali di lavoro

1. I terreni scoperti costituenti una dipendenza dei locali di lavoro devono essere sistemati in modo da ottenere lo scolo delle acque di pioggia e di quelle di altra provenienza. Art. 17. Depositi di immondizie, di rifiuti e di materiali insalubri

1. Nelle adiacenze dei locali di lavoro e delle loro dipendenze, il datore di lavoro non può tenere depositi di immondizie o di rifiuti e di altri materiali solidi o liquidi capaci di svolgere emanazioni insalubri, a meno che non vengano adottati mezzi efficaci per evitare le molestie o i danni che tali depositi possono arrecare ai lavoratori ed al vicinato.

2. Per lo scarico dei rifiuti solidi, liquidi e gassosi, devono essere osservate le norme speciali dettate dalle leggi e dai regolamenti sanitari. Capo IIDIFESA DAGLI AGENTI NOCIVI Art. 18. Difesa dalle sostanze nocive

1. Ferme restando le norme di cui al R.D. 9 gennaio 1927, n. 157, e successive modificazioni, le materie prime non in corso di lavorazione, i prodotti ed i rifiuti, che abbiano proprietà tossiche o caustiche, specialmente se sono allo stato liquido o se sono facilmente solubili o volatili, devono essere custoditi in recipienti a tenuta e muniti di buona chiusura.

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2. I recipienti devono portare una scritta che ne indichi il contenuto ed avere le indicazioni e i contrassegni di cui all'art. 355 del D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547.

3. Le materie in corso di lavorazione che siano fermentescibili o possano essere nocive alla salute o svolgere emanazioni sgradevoli, non devono essere accumulate nei locali di lavoro in quantità superiore a quella strettamente necessaria per la lavorazione (1).

4. I recipienti e gli apparecchi che servono alla lavorazione oppure al trasporto dei materiali putrescibili o suscettibili di dare emanazioni sgradevoli, devono essere lavati frequentemente e, ove occorra, disinfettati.

(1) Per un'interpretazione autentica del presente articolo, vedi l'art. 59, d.Lgs. 15 agosto 1991, n. 277. Art. 19. Separazione dei lavori nocivi

1. Il datore di lavoro è tenuto ad effettuare ogni qualvolta è possibile in luoghi separati le lavorazioni pericolose o insalubri allo scopo di non esporvi senza necessità i lavoratori addetti ad altre lavorazioni (1).

(1) Per un'interpretazione autentica del presente articolo, vedi l'art. 59, D.Lgs. 15 agosto 1991, n. 277. Art. 20. Difesa dell'aria dagli inquinamenti con prodotti nocivi

1. Nei lavori in cui si svolgono gas o vapori irrespirabili o tossici od infiammabili, ed in quelli nei quali si sviluppano normalmente odori o fumi di qualunque specie il datore di lavoro deve adottare provvedimenti atti ad impedirne o a ridurne, per quanto è possibile, lo sviluppo e la diffusione.

2. L'aspirazione dei gas, vapori, odori o fumi deve farsi, per quanto è possibile, immediatamente vicino al luogo dove si producono (1).

3. (Omissis) (2).

4. Un'attrezzatura di lavoro che comporta pericoli dovuti ad emanazione di gas, vapori o liquidi ovvero ad emissioni di polvere, deve essere munita di appropriati dispositivi di ritenuta ovvero di estrazione vicino alla fonte corrispondente a tali pericoli (3).

(1) Per un'interpretazione autentica del presente articolo, vedi l'art. 59, D.Lgs. 15 agosto 1991, n. 277. (2) Comma abrogato dall'art. 17, D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242. (3) Comma aggiunto dall'art. 36, D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626. Art. 21. Difesa contro le polveri

1. Nei lavori che dànno luogo normalmente alla formazione di polveri di qualunque specie, il datore di lavoro è tenuto ad adottare i provvedimenti atti ad impedirne o a ridurne per quanto è possibile, lo sviluppo e la diffusione nell'ambito di lavoro, nell'ambiente di lavoro.

2. Le misure da adottare a tal fine devono tenere conto della natura delle polveri e della loro concentrazione nella atmosfera.

3. Ove non sia possibile sostituire il materiale di lavoro polveroso, si devono adottare procedimenti lavorativi in apparecchi chiusi ovvero muniti di sistemi di aspirazione e di raccolta delle polveri, atti ad impedirne la dispersione. L'aspirazione deve essere effettuata, per quanto è possibile, immediatamente vicino al luogo di produzione delle polveri.

4. Quando non siano attuabili le misure tecniche di prevenzione indicate nel comma precedente, e la natura del materiale polveroso lo consenta, si deve provvedere all'inumidimento del materiale stesso.

5. Qualunque sia il sistema adottato per la raccolta e la eliminazione delle polveri, il datore di lavoro è tenuto ad impedire che esse possano rientrare nell'ambiente di lavoro.

6. Nei lavori all'aperto e nei lavori di breve durata e quando la natura e la concentrazione delle polveri non esigano l'attuazione dei provvedimenti tecnici indicati ai comma precedenti, e non possano essere causa di danno o di incomodo al vicinato, l'Ispettorato del lavoro (1) può esonerare il datore di lavoro dagli obblighi previsti dai comma precedenti, prescrivendo, in sostituzione, ove sia necessario, mezzi personali di protezione.

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7. I mezzi personali possono altresì essere prescritti dall'Ispettorato del lavoro (1), ad integrazione dei provvedimenti previsti al comma terzo e quarto del presente articolo, in quelle operazioni in cui, per particolari difficoltà d'ordine tecnico, i predetti provvedimenti non sono atti a garantire efficacemente la protezione dei lavoratori contro le polveri (2).

(1) Ora Direzione regionale del lavoro, ex D.M. 7 novembre 1996, n. 687. (2) Per un'interpretazione autentica del presente articolo, vedi l'art. 59, D.Lgs. 15 agosto 1991, n. 277. Art. 22. Difesa dalle radiazioni nocive

1. Il datore di lavoro deve provvedere affinché i lavoratori esposti in modo continuativo a radiazioni calorifiche siano protetti mediante l'adozione di mezzi personali e di schermi, ogni qualvolta non sia possibile attuare sistemi tecnici di isolamento o altre misure generali di protezione.

2. Quando le radiazioni calorifiche sono accompagnate da luce viva, i mezzi indicati al comma precedente devono essere atti a proteggere efficacemente gli occhi.

3. Parimenti protetti devono essere i lavoratori contro le radiazioni ultraviolette mediante occhiali, schermi ed indumenti idonei. Art. 23. Difesa contro le radiazioni ionizzanti

1. Nei procedimenti lavorativi che esigono l'impiego dei raggi X o di sostanze che emettono radiazioni ionizzanti, il datore di lavoro è tenuto ad adottare le misure necessarie a tutelare efficacemente la salute dei lavoratori contro le radiazioni e le emanazioni nocive.

2. Con decreto del Presidente della Repubblica saranno stabilite le modalità d'impiego dei raggi X e delle sostanze che emettono radiazioni ionizzanti, le cautele da osservarsi nel loro uso e le misure di protezione, tenuto conto della natura delle radiazioni nocive, della loro intensità, nonché della entità e della durata della esposizione e della estensione della superficie corporea esposta (1).

3. Il datore di lavoro è tenuto altresì a provvedere affinché i residui e i rifiuti delle lavorazioni, aventi proprietà ionizzanti, siano convenientemente eliminati o resi innocui.

(1) Vedi il D.Lgs. 17 marzo 1996, n.230. Art. 24. Rumori e scuotimenti

1. Nelle lavorazioni che producono scuotimenti, vibrazioni o rumori dannosi ai lavoratori, devono adottarsi i provvedimenti consigliati dalla tecnica per diminuirne l'intensità (1).

(1) Per un'interpretazione autentica del presente articolo, vedi l'art. 59, D.Lgs. 15 agosto 1991, n. 277. Art. 25. Lavori in ambienti sospetti di inquinamento

1. E' vietato far entrare i lavoratori nei pozzi neri, nelle fogne, nei camini, come pure in fosse, in gallerie, ed in generale in ambienti od in recipienti, condutture, caldaie e simili, dove possano esservi gas deleteri, se non sia stata preventivamente accertata l'esistenza delle condizioni necessarie per la vita, oppure se l'atmosfera non sia stata sicuramente risanata mediante ventilazione o con altri mezzi.

2. Quando possa esservi dubbio sulla pericolosità dell'atmosfera, i lavoratori devono essere legati con cintura di sicurezza, vigilati per tutta la durata del lavoro e, ove occorra, forniti di apparecchi di protezione. Art. 26. Mezzi personali di protezione

1. I mezzi personali di protezione forniti ai lavoratori, quando possano diventare veicolo di contagio, devono essere individuati e contrassegnati col nome dell'assegnatario o con un numero. Capo IIISERVIZI SANITARI Art. 27. Pronto soccorso

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1. Nelle aziende industriali, e in quelle commerciali che occupano più di 25 dipendenti, il datore di lavoro deve tenere i presidi sanitari indispensabili per prestare le prime immediate cure ai lavoratori feriti o colpiti da malore improvviso.

2. Detti presìdi devono essere contenuti in un pacchetto di medicazione o in una cassetta di pronto soccorso o in una camera di medicazione.

3. Con decreto del Ministro per il lavoro e per la previdenza sociale, sentito il Consiglio superiore di sanità, saranno indicate la quantità e la specie dei presidi chirurgici e farmaceutici (1).

(1) Vedi il D.M. 28 luglio 1958. Art. 28. Pacchetto di medicazione

1. Sono obbligate a tenere un pacchetto di medicazione le aziende industriali che non si trovano nelle condizioni indicate nei successivi artt. 29 e 30, nonché le aziende commerciali che occupano più di 25 dipendenti. Art. 29. Cassetta di pronto soccorso

1. Sono obbligate a tenere una cassetta di pronto soccorso: a) le aziende industriali che occupano fino a 5 dipendenti, quando siano ubicate lontano dai centri abitati provvisti di posto pubblico permanente di pronto soccorso e le attività che in esse si svolgono presentino rischi di scoppio, di asfissia, di infezione o di avvelenamento; b) le aziende industriali, che occupano fino a 50 dipendenti, quando siano ubicate in località di difficile accesso o lontane da posti pubblici permanenti di pronto soccorso e le attività che in esse si svolgono non presentino i rischi considerati alla lettera a); c) le aziende industriali, che occupano oltre 5 dipendenti, quando siano ubicate nei centri abitati provvisti di posto pubblico permanente di pronto soccorso e le attività che in esse si svolgono presentino rischi di scoppio, di asfissia, di infezione o di avvelenamento; d) le aziende industriali, che occupano oltre 50 dipendenti, ovunque ubicate che non presentano i rischi particolari sopra indicati. Art. 30. Camera di medicazione

1. Sono obbligate a tenere la camera di medicazione le aziende industriali che occupano più di 5 dipendenti quando siano ubicate lontano dai posti pubblici permanenti di pronto soccorso e le attività che in esse si svolgono presentino rischi di scoppio, di asfissia, di infezione o di avvelenamento.

2. Quando, a giudizio dell'Ispettorato del lavoro (1), ricorrano particolari condizioni di rischio e di ubicazione, le aziende di cui al precedente art. 29, in luogo della cassetta di pronto soccorso, sono obbligate ad allestire la camera di medicazione.

3. Sono obbligate a tenere la camera di medicazione anche le aziende industriali che occupano più di 50 dipendenti soggetti all'obbligo delle visite mediche preventive e periodiche a norma degli artt. 33, 34 e 35 del presente decreto.

4. La camera di medicazione, oltre a contenere i presidi sanitari previsti dall'art. 27, deve essere convenientemente aerata ed illuminata, riscaldata nella stagione fredda e fornita di un lettino con cuscino e due coperte di lana; di acqua per bere e per lavarsi; di sapone e asciugamani.

(1) Ora Direzione regionale del lavoro, ex D.M. 7 novembre 1996, n. 687. Art. 31. Decentramento del pronto soccorso

1. Nei complessi industriali, ove la distanza dei vari reparti di lavoro dal posto di pronto soccorso della azienda è tale da non garantire la necessaria tempestività delle cure, l'Ispettorato del lavoro (1) può prescrivere che l'azienda oltre a disporre del posto centrale di pronto soccorso, provveda ad istituire altri localizzati nei reparti più lontani o di più difficile accesso.

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2. Detti posti di soccorso, quando le lavorazioni non presentino particolari rischi, devono essere dotati del pacchetto di medicazione. L'Ispettorato del lavoro (1), in relazione al numero degli operai occupati nel reparto ed alla lontananza di questo dal posto di pronto soccorso, può prescrivere che sia tenuta, in luogo del pacchetto di medicazione, la cassetta del pronto soccorso.

3. Quando le lavorazioni eseguite nei vari reparti presentino rischi specifici, l'Ispettorato del lavoro (1) può altresì prescrivere che vi siano sul posto i presidi e le apparecchiature di pronto soccorso ritenuti necessari in relazione alla natura e alla pericolosità delle lavorazioni.

(1) Ora Direzione regionale del lavoro, ex D.M. 7 novembre 1996, n. 687. Art. 32. Personale sanitario

1. Nelle aziende che eseguono le lavorazioni indicate al successivo art. 33 deve essere affisso in luogo ben visibile un cartello indicante il nome, il cognome e il domicilio od il recapito del medico a cui si può ricorrere ed eventualmente il numero del suo telefono oppure il posto di soccorso pubblico più vicino all'azienda.

2. Nelle aziende di cui agli artt. 29 e 30, un infermiere od, in difetto, una persona pratica dei servizi di infermeria, deve essere incaricato di curare la buona conservazione dei locali, degli arredi e dei materiali destinati al pronto soccorso. Art. 33. Visite mediche

1. Nelle lavorazioni industriali che espongono all'azione di sostanze tossiche o infettanti o che risultano comunque nocive, indicate nella tabella allegata al presente decreto, i lavoratori devono essere visitati da un medico competente: a) prima della loro ammissione al lavoro per constatare se essi abbiano i requisiti di idoneità al lavoro al quale sono destinati; b) successivamente nei periodi indicati nella tabella, per constatare il loro stato di salute.

2. Per le lavorazioni che presentino più cause di rischio e che pertanto sono indicate in più di una voce della tabella, i periodi da prendere a base per le visite mediche sono quelli più brevi.

3. L'Ispettorato del lavoro (1) può prescrivere la esecuzione di particolari esami medici, integrativi della visita, quando li ritenga indispensabili per l'accertamento delle condizioni fisiche dei lavoratori.

(1) Ora Direzione regionale del lavoro, ex D.M. 7 novembre 1996, n. 687. Art. 34. Visite mediche obbligatorie

1. I lavoratori occupati nella stessa azienda in lavorazioni diverse da quelle indicate nella tabella, quando esse siano eseguite nello stesso ambiente di lavoro ed espongano, a giudizio dell'Ispettorato del lavoro (1), a rischi della medesima natura, devono essere sottoposti alle visite mediche previste dall'articolo precedente.

2. Le visite mediche sono altresì obbligatorie per i lavoratori occupati in lavorazioni diverse da quelle previste nella tabella, ma che espongono a rischi della medesima natura, quando le lavorazioni stesse siano soggette all'assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali ai sensi della legge 15 novembre 1952, n. 1967 e, per le condizioni in cui si svolgono, risultino, a giudizio dell'Ispettorato del lavoro (1), particolarmente pregiudizievoli alla salute dei lavoratori che vi sono addetti.

(1) Ora Direzione regionale del lavoro, ex D.M. 7 novembre 1996, n. 687. Art. 35. Visite mediche

1. Il datore di lavoro può essere autorizzato dall'Ispettorato del lavoro (1) a far eseguire le visite mediche periodiche a intervalli più lunghi di quelli prescritti nella tabella allegata, ma non superiori al doppio del periodo indicato, quando i provvedimenti adottati nella azienda siano tali da diminuire notevolmente i periodi igienici della lavorazione.

2. L'Ispettorato del lavoro (1) può altresì esentare il datore di lavoro dall'obbligo delle visite mediche, qualora, per la esiguità del materiale o dell'agente nocivo trattato e per la efficacia delle misure preventive adottate, ovvero

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per il carattere occasionale del lavoro insalubre, possa fondatamente ritenersi irrilevante il rischio per la salute dei lavoratori.

(1) Ora Direzione regionale del lavoro, ex D.M. 7 novembre 1996, n. 687. Capo IVSERVIZI IGIENICO-ASSISTENZIALI Art. 36. Acqua

1. Nei luoghi di lavoro o nelle loro immediate vicinanze deve essere messa a disposizione dei lavoratori acqua in quantità sufficiente, tanto per uso potabile quanto per lavarsi.

2. Per la provvista, la conservazione e la distribuzione dell'acqua devono osservarsi le norme igieniche atte ad evitarne l'inquinamento e ad impedire la diffusione di malattie. Art. 37. Docce

1. Docce sufficienti ed appropriate devono essere messe a disposizione dei lavoratori quando il tipo di attività o la salubrità lo esigono.

2. Devono essere previsti locali per docce separati per uomini e donne o un'utilizzazione separata degli stessi. Le docce e gli spogliatoi devono comunque facilmente comunicare tra loro.

3. I locali delle docce devono avere dimensioni sufficienti per permettere a ciascun lavoratore di rivestirsi senza impacci e in condizioni appropriate di igiene.

4. Le docce devono essere dotate di acqua corrente calda e fredda e di mezzi detergenti e per asciugarsi (1).

(1) Articolo così sostituito prima dall'art. 33, D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626 e poi dall'art. 16, comma 8, D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242. Art. 38. Abrogato

(Omissis) (1).

(1) Articolo abrogato dall'art. 16, comma 9, D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242. Art. 39. Gabinetti e lavabi

1. I lavoratori devono disporre, in prossimità dei loro posti di lavoro, dei locali di riposo, degli spogliatoi e delle docce, di gabinetti e di lavabi con acqua corrente calda, se necessario, e dotati di mezzi detergenti e per asciugarsi.

2. Per uomini e donne devono essere previsti gabinetti separati; quando ciò sia impossibile a causa di vincoli urbanistici o architettonici e nelle aziende che occupano lavoratori di sesso diverso in numero non superiore a 10, è ammessa un'utilizzazione separata degli stessi (1).

(1) Articolo così sostituito dall'art. 16, comma 10, D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242. Art. 40. Spogliatoi e armadi per il vestiario

1. Locali appositamente destinati a spogliatoi devono essere messi a disposizione dei lavoratori quando questi devono indossare indumenti di lavoro specifici e quando per ragioni di salute o di decenza non si può loro chiedere di cambiarsi in altri locali.

2. Gli spogliatoi devono essere distinti fra i due sessi e convenientemente arredati. Nelle aziende che occupano fino a cinque dipendenti lo spogliatoio può essere unico per entrambi i sessi; in tal caso i locali a ciò adibiti sono utilizzati dal personale dei due sessi, secondo opportuni turni prestabiliti e concordati nell'ambito dell'orario di lavoro (1).

3. I locali destinati a spogliatoio devono avere una capacità sufficiente, essere possibilmente vicini ai locali di lavoro aerati, illuminati, ben difesi dalle intemperie, riscaldati durante la stagione fredda e muniti di sedili.

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4. Gli spogliatoi devono essere dotati di attrezzature che consentono a ciascun lavoratore di chiudere a chiave i propri indumenti durante il tempo di lavoro.

5. Qualora i lavoratori svolgano attività insudicianti, polverose, con sviluppo di fumi o vapori contenenti in sospensione sostanze untuose od incrostanti, nonché in quelle dove si usano sostanze venefiche, corrosive od infettanti o comunque pericolose, gli armadi per gli indumenti da lavoro devono essere separati da quelli per gli indumenti privati.

6. Qualora non si applichi il comma 1 ciascun lavoratore deve poter disporre delle attrezzature di cui al comma 4 per poter riporre i propri indumenti (2).

(1) Periodo aggiunto dall'art. 16, comma 11, D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242. (2) Articolo così sostituito dall'art. 33, comma 11, D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626. Art. 41. Refettorio

1. Salvo quanto è disposto dall'art. 43 per i lavori all'aperto, le aziende nelle quali più di 30 dipendenti rimangono nell'azienda durante gli intervalli di lavoro, per la refezione, e quelle che si trovano nelle condizioni indicate dall'art. 38 devono avere uno o più ambienti destinati ad uso di refettorio, muniti di sedili e di tavoli.

2. I refettori devono essere ben illuminati, aerati e riscaldati nella stagione fredda. Il pavimento non deve essere polveroso e le pareti devono essere intonacate ed imbiancate.

3. L'Ispettorato del lavoro (1) può in tutto o in parte esonerare il datore di lavoro dall'obbligo di cui al primo comma, quando riconosce che non sia necessario.

4. Nelle aziende che si trovano nelle condizioni indicate dall'art. 38 e nei casi in cui l'Ispettorato (1) ritiene opportuno prescriverlo, in relazione alla natura della lavorazione, è vietato ai lavoratori di consumare i pasti nei locali di lavoro ed anche di rimanervi durante il tempo destinato alla refezione.

(1) Ora Direzione regionale del lavoro, ex D.M. 7 novembre 1996, n. 687. Art. 42. Conservazione vivande e somministrazione bevande

1. Ai lavoratori deve essere dato il mezzo di conservare in adatti posti fissi le loro vivande, di riscaldarle e di lavare i relativi recipienti.

2. E' vietata la somministrazione di vino, di birra e di altre bevande alcooliche nell'interno dell'azienda.

3. E' tuttavia consentita la somministrazione di modiche quantità di vino e di birra nei locali di refettorio durante l'orario dei pasti. Art. 43. Locali di ricovero e di riposo

1. Nei lavori eseguiti normalmente all'aperto deve essere messo a disposizione dei lavoratori un locale in cui possano ricoverarsi durante le intemperie e nelle ore dei pasti o dei riposi. Detto locale deve essere fornito di sedili e di un tavolo, e deve essere riscaldato durante la stagione fredda. Art. 44. Dormitori stabili

1. I locali forniti dal datore di lavoro ai lavoratori per uso di dormitorio stabile devono possedere i requisiti di abitabilità prescritti per le case di abitazione della località ed avere l'arredamento necessario rispondente alle esigenze dell'igiene. Essi devono essere riscaldati nella stagione fredda ed essere forniti di luce artificiale in quantità sufficiente, di latrine, di acqua per bere e per lavarsi e di cucina, in tutto rispondenti alle stesse condizioni indicate nel presente decreto per gli impianti analoghi annessi ai locali di lavoro.

2. In detti locali è vietato l'illuminazione a gas, salvo casi speciali e con l'autorizzazione e le cautele che saranno prescritte dall'Ispettorato del lavoro (1).

3. I dormitori per gli uomini devono essere separati da quelli per le donne e i dormitori per i fanciulli di sesso maschile sotto i quindici anni da quelli per gli adulti.

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4. A ciascun lavoratore deve essere assegnato un letto individuale; è vietato l'uso di letti sovrapposti.

5. Annesso ai dormitori che ricoverano più di 50 individui, vi deve essere un ambiente separato ad uso eventuale di infermeria contenente almeno due letti.

6. Nelle zone acquitrinose infestate dalla presenza di insetti alati i dormitori devono essere difesi dalla penetrazione di essi.

(1) Ora Direzione regionale del lavoro, ex D.M. 7 novembre 1996, n. 687. Art. 45. Dormitori di fortuna

1. Per i lavori in aperta campagna, lontano dalle abitazioni, quando i lavoratori debbono pernottare sul luogo, il datore di lavoro deve loro fornire dormitori capaci di difenderli efficacemente contro gli agenti atmosferici. Nel caso che la durata dei lavori non superi i 15 giorni nella stagione fredda ed i 30 giorni nelle altre stagioni, possono essere destinate ad uso di dormitorio costruzioni di fortuna costruite in tutto o in parte di legno o di altri materiali idonei ovvero tende, a condizione che siano ben difese dall'umidità del suolo e dagli agenti atmosferici. Art. 46. Dormitori temporanei

1. Quando la durata dei lavori ecceda i limiti indicati dall'art. 45, il datore di lavoro deve provvedere ai dormitori mediante mezzi più idonei, quali baracche in legno od altre costruzioni equivalenti.

2. Le costruzioni per dormitorio devono rispondere alle seguenti condizioni: a) gli ambienti per adulti devono essere separati da quelli per fanciulli e da quelli per donne, a meno che non siano destinati esclusivamente ai membri di una stessa famiglia; b) essere sollevate dal terreno, oppure basate sopra terreno bene asciutto e sistemato in guisa da non permettere né la penetrazione dell'acqua nelle costruzioni, né il ristagno di essa in una zona del raggio di almeno 10 metri attorno; c) essere costruite in tutte le loro parti in modo da difendere bene l'ambiente interno contro gli agenti atmosferici ed essere riscaldate durante la stagione fredda; d) avere aperture sufficienti per ottenere una attiva ventilazione dell'ambiente, ma munite di buona chiusura; e) essere fornite di lampade per l'illuminazione notturna; f) nelle zone acquitrinose infestate dalla presenza di insetti alati le aperture devono essere difese contro la penetrazione di essi.

3. La superficie dei dormitori non può essere inferiore a 3,50 metri quadrati per persona.

4. A ciascun lavoratore deve essere assegnato un letto, una branda o una cuccetta arredate con materasso o saccone, cuscino, lenzuola, federe e coperte sufficienti ed inoltre di sedile, un attaccapanni ed una mensolina.

5. Anche per i dormitori di cui al comma precedente vale la norma prevista dal quarto comma dell'art. 44.

6. In vicinanza dei dormitori, oppure facenti corpo con essi, vi devono essere convenienti locali per uso di cucina e di refettori, latrine adatte e mezzi per la pulizia personale. Art. 47. Pulizia delle installazioni igienico-assistenziali

1. Le installazioni e gli arredi destinati ai refettori, agli spogliatoi, ai bagni, alle latrine, ai dormitori ed in genere ai servizi di igiene e di benessere per i lavoratori, devono essere mantenuti in istato di scrupolosa pulizia, a cura del datore di lavoro.

2. I lavoratori devono usare con cura e proprietà i locali, le installazioni e gli arredi indicati al comma precedente. Capo VNUOVI IMPIANTI Art. 48. Notifiche all'Ispettorato del lavoro (1)

1. Chi intende costruire, ampliare od adattare un edificio od un locale per adibirlo a lavorazioni industriali cui debbano presumibilmente essere addetti più di 3 operai, è tenuto a darne notizia all'Ispettorato del lavoro (1), mediante lettera raccomandata od in altro modo equipollente.

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2. La notifica deve contenere una descrizione dell'oggetto delle lavorazioni, delle principali modalità delle stesse e delle caratteristiche dei locali e degli impianti, corredata da disegni di massima, in quanto occorrano.

3. L'Ispettorato del lavoro (1) può chiedere ulteriori dati e prescrivere modificazioni ai progetti dei locali, degli impianti e alle modalità delle lavorazioni quando le ritenga necessarie per l'osservanza delle norme contenute nel presente decreto.

4. L'Ispettorato del lavoro (1) tiene conto nelle sue determinazioni delle cautele che possono essere necessarie per la tutela del vicinato prendendo all'uopo gli opportuni accordi col medico provinciale o con l'ufficiale sanitario, al fine di coordinare l'adozione dei provvedimenti di rispettiva competenza.

5. Qualora l'Ispettorato del lavoro (1) non faccia prescrizioni entro i 30 giorni dalla notifica, gli interessati possono eseguire i lavori, ferma restando però la loro responsabilità per quanto riguarda la osservanza delle disposizioni del presente decreto.

(1) Ora Direzione regionale del lavoro, ex D.M. 7 novembre 1996, n. 687. Titolo IIIDISPOSIZIONI RELATIVE ALLE AZIENDE AGRICOLE Art. 49. Aziende e lavori soggetti al presente titolo

1. Le disposizioni contenute nel presente titolo si applicano alle aziende in cui si compiono non solo i lavori attinenti direttamente all'esercizio dell'agricoltura, della boschicoltura e della pastorizia, ma anche quelli di carattere industriale e commerciale che hanno per scopo la preparazione, la conservazione ed il trasporto dei loro prodotti, quando siano compiuti esclusivamente da lavoratori della terra o da quelli addetti alla custodia ed al governo del bestiame.

2. Le disposizioni stesse non si applicano alle aziende agrarie gestite dal proprietario, affittuario od enfiteuta, che coltivi direttamente il fondo con l'aiuto dei membri della famiglia seco lui conviventi, anche se per brevi periodi di tempo occupi mano d'opera per lavori stagionali. Art. 50. Abitazioni e dormitori

1. Ferme restando le disposizioni relative alle condizioni di abitabilità delle case rurali, contenute nel testo unico delle leggi sanitarie, approvato con R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, è vietato di adibire ad abitazioni di lavoratori stabili o a dormitorio di lavoratori assunti per lavori stagionali di carattere periodico: a) grotte naturali od artificiali o costruzioni di qualunque specie le cui pareti o coperture sono costituite in tutto od in parte dalla roccia; b) capanne costruite in tutto o in parte con paglia, fieno, canne, frasche o simili, oppure anche tende od altre costruzioni di ventura.

2. E' fatta eccezione per i ricoveri diurni e per i soli lavori non continuativi, né periodici che si devono eseguire in località distanti più di cinque chilometri dal centro abitato, per qual caso si applicano le disposizioni dell'art. 45.

3. E' fatta pure eccezione per i ricoveri dei pastori, quando siano destinati ad essere abitati per la sola durata del pascolo e si debbano cambiare col mutare delle zone a questo di mano in mano assegnate. Art. 51. Dormitori temporanei

1. Le costruzioni fisse o mobili, adibite ad uso di dormitorio dei lavoratori assunti per lavori stagionali di carattere periodico, devono rispondere alle condizioni prescritte per le costruzioni di cui all'art. 46 del presente decreto.

2. L'Ispettorato del lavoro (1) può prescrivere che i dormitori dispongano dei servizi accessori previsti dall'ultimo comma del predetto art. 46, quando li ritenga necessari in relazione alla natura e alla durata dei lavori, nonché alle condizioni locali.

(1) Ora Direzione regionale del lavoro, ex d.m. 7 novembre 1996, n. 687. Art. 52. Acqua

1. Per la provvista, la conservazione e la distribuzione dell'acqua potabile ai lavoratori devono essere osservate le norme igieniche atte ad evitarne l'inquinamento e ad impedire la diffusione di malattie.

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Art. 53. Acquai e latrine

1. Le abitazioni stabili assegnate dal datore di lavoro ad ogni famiglia di lavoratori, devono essere provviste di acquaio e di latrina.

2. Gli scarichi degli acquai dei lavatoi e degli abbeveratoi devono essere costruiti in modo che le acque siano versate nel terreno a distanza non inferiore a 25 metri dall'abitazione, nonché dai depositi e dalle condutture dell'acqua potabile.

3. Gli scarichi delle latrine devono essere raccolti in bottini impermeabili e muniti di tubo sfogatore di gas.

4. I locali delle latrine non devono comunicare direttamente con le stanze di abitazioni, a meno che le latrine non siano a chiusura idraulica. Art. 54. Stalle e concimaie

1. Le stalle non devono comunicare direttamente con i locali di abitazione o con i dormitori.

2. Quando le stalle siano situate sotto i locali predetti devono avere solaio costruito in modo da impedire il passaggio del gas.

3. Le stalle devono avere pavimento impermeabile ed essere munite di fossetti di scolo per le deiezioni liquide, da raccogliersi in appositi bottini collocati fuori delle stalle stesse secondo le norme consigliate dall'igiene.

4. Nei locali di nuova costruzione, le stalle non devono avere aperture nella stessa facciata ove si aprono le finestre delle abitazioni o dei dormitori a distanza minore di 3 metri in linea orizzontale.

5. Le concimaie devono essere normalmente situate a distanza non minore di 25 metri dalle abitazioni o dai dormitori, nonché dai depositi e dalle condutture dell'acqua potabile.

6. Qualora, per difficoltà provenienti dalla ubicazione, non sia possibile mantenere la distanza suddetta, l'Ispettorato del lavoro (1) può consentire che la concimaia venga situata anche a distanze minori.

(1) Ora Direzione regionale del lavoro, ex D.M. 7 novembre 1996, n. 687. Art. 55. Locali sotterranei

1. E' vietato eseguire in locali sotterranei o nelle stalle le lavorazioni di carattere industriale o commerciale indicate al primo comma dell'art. 49.

2. Possono però essere compiute nelle cantine la preparazione e le successive manipolazioni dell'olio e del vino. In tali casi devono essere adottate opportune misure per il ricambio dell'aria. Art. 56. Mezzi di pronto soccorso e di profilassi

1. Le aziende che occupano almeno cinque lavoratori, devono tenere il pacchetto di medicazione di cui all'art. 27 (1); quando il numero dei lavoratori superi i cinquanta, le aziende devono tenere la cassetta di pronto soccorso di cui all'articolo predetto.

2. Le aziende devono altresì tenere a disposizione dei lavoratori addetti alla custodia del bestiame i mezzi di disinfezione necessari per evitare il contagio delle malattie infettive.

(1) Vedi il D.M. 28 luglio 1958. Art. 57 Disposizioni relative all'utilizzo di preparati chimici nelle aziende agricole

1. Nelle attività concernenti il diserbamento, la distribuzione dei parassiti delle piante, dei semi e degli animali, la distruzione dei topi o di altri animali nocivi, nonché in quelle concernenti la prevenzione e la cura delle malattie infettive del bestiame e le disinfezioni da eseguire nei luoghi e sugli oggetti infetti ed, in genere, nei lavori in cui si adoperano o si producono sostanze asfissianti, tossiche, infettanti o comunque nocive alla salute dei lavoratori, devono essere osservate le disposizioni contenute nell'articolo 18.

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2. Nei casi in cui per la difesa della salute dei lavoratori si debba fare uso di mezzi individuali di protezione devono essere applicate le disposizioni di cui all'art. 26. Titolo IVNORME PENALICapo Unico Art. 58. Contravvenzioni commesse dai datori di lavoro e dai dirigenti

1. I datori di lavoro e i dirigenti sono puniti: a) con l'arresto da tre mesi a sei mesi o con l'ammenda da lire tre milioni a lire otto milioni per l'inosservanza delle norme di cui agli articoli 4, comma 1, lettera c); 6, commi 1 e 3; 7, commi 1, 2, 3, 4, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12 e 13; 8; 9, commi 1, 2 e 4; 10, commi 1, 2 e 3; 13; 18, primo, terzo e quarto comma; 20; 21, primo, secondo, terzo, quarto e quinto comma; 22; 23, primo e terzo comma; 25; 52. Alle stesse penalità soggiacciono i datori di lavoro ed i dirigenti che non osservano le prescrizioni rilasciate dall'organo di vigilanza ai sensi degli articoli 6, comma 4; 21, sesto e settimo comma (1); b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da lire un milione a lire cinque milioni per l'inosservanza delle norme di cui agli articoli 4, comma primo, lettera b); 10, comma 4; 11; 12; 14, commi 1, 2, 3, 4, 5 e 7; 16; 17, primo comma; 18, secondo comma; 19; 24; 28; 29; 30; 36; 37; 39; 40; 41, primo e secondo comma; 43; 44; 45; 46; 47, primo comma; 48, primo e secondo comma; 50, primo comma; 51, primo comma; 53; 55; 65, secondo comma. Alle stesse penalità soggiacciono i datori di lavoro ed i dirigenti che non osservano le prescrizioni rilasciate dall'organo di vigilanza ai sensi degli articoli 14, comma 6; 31, terzo comma; 48, terzo comma; 51, secondo comma (1); c) con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda da lire cinquecentomila a lire due milioni per l'inosservanza delle norme di cui agli articoli 4, comma 1, lettera d); 7, comma 5; 9, comma 3; 15; 31, secondo comma; 32; 42, primo e secondo comma; 54, primo, secondo, terzo, quarto e quinto comma; 56. Alle stesse penalità soggiacciono i datori di lavoro ed i dirigenti che non osservano le prescrizioni rilasciate dall'organo di vigilanza ai sensi degli articoli 31, primo e secondo comma; 33, terzo comma (1); d) con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda fino a lire due milioni per l'inosservanza delle norme di cui agli articoli 26, 33, primo comma e 34 (2).

(1) Lettera così sostituita, da ultimo, dall'art. 16, D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242. (2) Articolo così modificato, da ultimo, dall'art. 26, D.Lgs. 19 dicembre 1994, n. 758. Art. 59. Contravvenzioni commesse dai preposti.

1. I preposti sono puniti: a) con l'arresto da uno a tre mesi o con l'ammenda da lire un milione a lire quattro milioni per la inosservanza delle norme di cui agli articoli 4 lettera b), 9 commi 1, 2 e 4, 11, 13, 18 primo, terzo e quarto comma, 20 secondo comma, 21 terzo e quarto comma, 25 (1); b) con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda fino a lire due milioni per la inosservanza delle norme di cui agli articoli 4 lettera d), 9 comma 3, 18 secondo comma, 36 secondo comma, 50 primo comma (1).

(1) Lettera così modificata, da ultimo, dall'art. 16, comma 13, lett. a), D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242. Art. 60. Contravvenzioni commesse dai lavoratori

1. I lavoratori sono puniti: a) con l'arresto fino ad un mese o con l'ammenda da lire trecentomila a lire unmilionecinquecentomila per l'inosservanza delle norme di cui agli articoli 5 lettera d), 20 secondo comma, 21 terzo comma, 47 secondo comma; b) con l'arresto fino a quindici giorni o con l'ammenda da lire duecentomila a lire ottocentomila per l'inosservanza delle norme di cui agli articoli 5 lettera a), b) e c), 41 quarto comma (1) (2).

(1) Articolo così modificato dall'art. 26, comma 18, D.Lgs. 19 dicembre 1994, n. 758. (2) Lettera così modificata dall'art. 16, comma 14, D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242. Titolo VDISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALICapo IDEROGHE Art. 61. Deroghe di carattere generale

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1. Le disposizioni del presente decreto non si applicano per il periodo da stabilirsi con decreto del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, sentita la Commissione consultiva permanente di cui all'art. 393 del D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547, per gli edifici, locali, impianti e loro parti, preesistenti o in corso di costruzione alla data di entrata in vigore del presente decreto, relativamente alle attività industriali, commerciali ed agricole per le quali ricorrano esigenze tecniche o di esercizio o altri motivi eccezionali, sempre che sussistano o vengano adottate idonee misure sostitutive per la tutela igienico-sanitaria dei lavoratori. Art. 62. Deroghe particolari

1. Gli Ispettori del lavoro (1) competenti per territorio hanno facoltà di concedere alle singole aziende, che ne facciano apposita richiesta, deroghe temporanee per l'attuazione di determinate norme del presente decreto, quando non sia possibile in impianti o loro parti preesistenti alla data di entrata in vigore del decreto medesimo, l'applicazione di dette norme, per riconosciute esigenze tecniche o di esercizio o per altri motivi eccezionali, e sempre che siano adottate opportune misure igienico-sanitarie.

(1) Ora Dirigenti regionali del lavoro, ex D.M. 7 novembre 1996, n. 687. Capo IIAPPLICAZIONE DELLE NORME Art. 63. Vigilanza

1. La vigilanza sull'applicazione del presente decreto è affidata al Ministero del lavoro e della previdenza sociale, che la esercita a mezzo dell'Ispettorato del lavoro (1).

2. Il Ministro per il lavoro e la previdenza sociale potrà anche stabilire che la vigilanza sia esercitata, per le aziende agricole e forestali, sotto la direzione degli Ispettorati del lavoro (1), dal personale tecnico del Ministero dell'agricoltura (2) e dal Corpo forestale dello Stato.

3. Per la vigilanza nelle aziende esercitate direttamente dallo Stato, il Ministro per il lavoro e la previdenza sociale prenderà accordi con le Amministrazioni dalle quali tali aziende dipendono.

4. L'Amministrazione delle ferrovie dello Stato (3) esercita direttamente sulle ferrovie stesse, a mezzo dei propri organi tecnici ed ispettivi, la vigilanza per l'applicazione del presente decreto.

(1) Ora Direzione regionale del lavoro, ex D.M. 7 novembre 1996, n. 687. (2) Ora Ministero per le politiche agricole. (3) Ora Ferrovie dello Stato S.p.a. Art. 64. Ispezioni

1. Gli ispettori del lavoro (1) hanno facoltà di visitare, in qualsiasi momento ed in ogni parte, i luoghi di lavoro e le relative dipendenze, di sottoporre a visita medica il personale occupato, di prelevare campioni di materiali o prodotti ritenuti nocivi, e altresì di chiedere al datore di lavoro, ai dirigenti, ai preposti ed ai lavoratori le informazioni che ritengano necessarie per l'adempimento del loro compito, in esse comprese quelle sui processi di lavorazione.

2. Gli ispettori del lavoro (1) hanno facoltà di prendere visione, presso gli ospedali ed eventualmente di chiedere copia, della documentazione clinica dei lavoratori per malattie dovute a cause lavorative o presunte tali.

3. Gli ispettori del lavoro (1) devono mantenere il segreto sopra i processi di lavorazione e sulle notizie e documenti dei quali vengono a conoscenza per ragioni di ufficio.

(1) Ora Dirigenti regionali del lavoro, ex D.M. 7 novembre 1996, n. 687. Art. 65. Prescrizioni

1. Le prescrizioni impartite dagli ispettori del lavoro (1) per l'applicazione del presente decreto sono compilate, di norma, in sede di ispezione, su apposito foglio in doppio, firmato dall'ispettore e dal datore di lavoro, o dalla persona che lo rappresenta all'atto della visita, al quale viene consegnata una delle copie.

2. Il datore di lavoro è tenuto a conservare il foglio sul luogo del lavoro e a presentarlo su richiesta nelle successive visite di ispezione.

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3. Quando siano assenti il datore di lavoro o la persona che lo rappresenti, o quando costoro rifiutino di firmare il foglio di prescrizione, quest'ultimo potrà essere inviato d'ufficio.

(1) Ora Dirigenti regionali del lavoro, ex D.M. 7 novembre 1996, n. 687. Art. 66. Ricorsi

1. Le disposizioni impartite dagli ispettori del lavoro (1) in materia di igiene del lavoro sono esecutive.

2. Contro le disposizioni di cui al comma precedente è ammesso ricorso al Ministero del lavoro e della previdenza sociale entro il termine di giorni 30 dalla data di comunicazione delle disposizioni medesime. Il ricorso deve essere inoltrato al Ministero predetto tramite l'Ispettorato del lavoro competente per territorio (2).

3. Il ricorso non ha effetto sospensivo, salvo i casi in cui la sospensione sia disposta dal capo dell'Ispettorato del lavoro di cui al comma precedente o dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale.

4. E' altresì ammesso ricorso al Ministero del lavoro e della previdenza sociale, entro il termine e con le modalità di cui al secondo comma, avverso le determinazioni adottate dagli Ispettori del lavoro (1) in materia di deroghe temporanee ai sensi dell'art. 62.

(1) Ora Dirigenti regionali del lavoro, ex D.M. 7 novembre 1996, n. 687. (2) Ora Direzione provinciale del lavoro, ex D.M. 7 novembre 1996, n. 687. Art. 67. Contravvenzioni

1. I verbali di contravvenzione devono determinare con chiarezza e precisione i dati di fatto costituenti le infrazioni e le altre informazioni necessarie per il giudizio sulla contravvenzione.

2. Il processo verbale deve essere compilato dall'Ispettore del lavoro (1) e firmato da lui e dal datore di lavoro o da chi lo rappresenta in quel momento, oppure dal lavoratore nel caso di violazioni da lui commesse.

3. La persona a cui viene contestata la contravvenzione ha il diritto di fare inserire nel processo verbale le dichiarazioni che riterrà convenienti nel proprio interesse.

4. Qualora la persona stessa si rifiuti di firmare il processo verbale, l'ispettore del lavoro (1) ne fa menzione indicandone le ragioni.

(1) Ora Dirigente regionale del lavoro. Art. 68. Coordinamento della vigilanza

1. Nulla è innovato per quanto riguarda la competenza delle autorità sanitarie nell'applicazione dei provvedimenti relativi alla tutela dell'igiene e della sanità pubblica.

2. I Ministeri del lavoro e della previdenza sociale, dell'industria e del commercio, dei trasporti e della navigazione e delle [poste e delle telecomunicazioni] (1), [nonché l'Alto Commissariato per l'igiene e la sanità] (2) stabiliranno d'accordo le norme per coordinare l'azione dei rispettivi funzionari dipendenti.

3. L'Ispettorato del lavoro (3) collabora con le autorità sanitarie per impedire che l'esercizio delle aziende industriali e commerciali sia causa di diffusione di malattie infettive oppure di danni o di incomodi al vicinato.

4. In caso di dissenso fra gli uffici sanitari comunali (4) e l'Ispettorato del lavoro (3), circa la natura dei provvedimenti da adottarsi, giudicherà il prefetto, con decreto motivato, sentito il Consiglio provinciale di sanità.

(1) Leggasi Ministero delle comunicazioni, ex art. 1, l. 31 luglio 1997, n. 249. (2) Ora Ministero della sanità. (3) Ora Direzione regionale del lavoro, ex D.M. 7 novembre 1996, n. 687. (4) Ora Aziende sanitarie locali. Capo IIIDISPOSIZIONI FINALI Art. 69. Coordinamento con le disposizioni speciali vigenti in materia

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1. Le disposizioni in materia di igiene del lavoro contenute nelle vigenti leggi e regolamenti speciali restano ferme in quanto non incompatibili con le norme del presente decreto, o riguardanti settori o materie da questo non espressamente disciplinati. Art. 70. Decorrenza

1. Il presente decreto entra in vigore il 1º luglio 1956.

2. A decorrere da tale data il regolamento generale per l'igiene del lavoro, approvato con regio decreto 14 aprile 1927, n. 530, è abrogato.

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