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 ALTREMENTI... CI ARRABBIAMO! AltreMenti festival 2012 è un grande successo a Rimini, numeri discreti a San Marino nonostante le istituzioni. Il Don Chisciotte  L’altra informazione a San Marino   a   p   r    i     l   e   2   0   1   2  n  u  m  e  r  o  5  2   s   p   a   z    i   o    r    i   s   e   r   v   a    t   o    a    l    l       i   n    d    i   r    i   z   z   o Spedizione in abbonamento postale per l’interno. Stampa periodica - autorizzazione n.1042 del 11.09.09 Direzione Generale PP.TT della Rep. di San Marino

Don Chisciotte 52, aprile 2012

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In questo numero – Angelica Bezziccari: “Verbamanent” + “Il pianeta dei naufraghi”; ; Roberto Ciavatta: “Politica, movimenti e critica sociale” + “Nemo propheta in patria” + Sensazioni notturne” + “Terrore quotidiano”; Riccardo Balestrieri: “Una crisi globale?”; Davide Tagliasacchi: “Sogni”; Pietro Masiello: “I nuovi mostri”; Oasiverde: “Gli ortaggi ecologici spuntano sul balcone”; Stefano Palagiano: “Semi di cambiamento”; Elena Guidi: “Lo specchio magico”; Aforisma di Slavoj Žižek.Il Don Chisciotte è il mensile dell'Ass. Don Chisciotte di San Marino.

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AltreMenti...ci ArrAbbiAMo!

AltreMenti festival 2012 è un grande successo a Rimini, numeri discreti a San Marino nonostante le istituzioni.

Il Don Chisciotte L’altra informazione a San Marino

  a  p  r   i    l  e  2  0  1  2  n

 u m e  r  o  5  2

  s  p  a  z   i  o   r

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   l   l   ’   i  n   d   i  r   i  z  z  o

Spedizione in abbonamento postale per l’interno.

 

Stampa periodica - autorizzazione n.1042 del 11.09.09Direzione Generale PP.TT della Rep. di San Marino

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2Il Don Chisciottenumero 52, aprile 2012

Quasi mensilmente oramai, a San Ma-rino spuntano -complici anche i social

network, che permettono l’attivismo spessosenza volto- movimenti di critica radicaleal governo del paese. Non questo governospecico, ma il modo in cui il paese è stato

governato negli ultimi lunghi e fallimentaridecenni.Siamo ormai abituati, come credo lo siano

i governanti contro cui questi movimentispuntano ininterrottamente, alla nascita ela morte, spesso dopo poche settimane,a volte dopo mesi, in rari casi dopo anni,di movimenti tutti più o meno della stessapasta.

Per lo più anonimi (a volte per paura diesporsi, a volte per una zoppicante inter-pretazione del concetto di democrazia),quasi sempre poco incisivi (per lo più qual-che serata, qualche riunione, due procla-mi, qualche mail), generalmente distaccatidalla politica.Complessivamente, alcuni con maggior merito altri con minore, tali movimentipresentano quindi il quadro clinico dell’in-certezza di sé: c’è un disagio certamente

diffuso soprattutto tra i giovani, ma nonsolo, e l’incapacità di dargli un nome, o diindividuare una strada da percorrere per ambire a sopprimerlo, nendo in tal modo

per diventare solamente delle libere asso-ciazioni di cittadini che non fanno paura anessuno, e anzi danno al governo di que-sto paese la stura per denirsi pluralista,

lasciando esprimere liberamente chiunque.Comprendo benissimo il timore che induceall’anonimato: poche settimane fa mi è sta-ta recapitata una lettera anonima. Ho subi-to pensato a minacce (holliwood colpiscela fantasia di tutti) e invece si trattava di un

lettore di questo giornale che mi condava

un illecito di cui è venuto a conoscenza.

Non ho ancora trovato il tempo per verica-re quanto da lui scritto, ma lo farò e anzi loringrazio per aver scelto il Don Chisciottecome mezzo informativo di cui darsi per 

simili questioni.Il problema non è tanto

l’anonimato di un movimento in sé. ma lachiarezza dei suoi obiettivi. A mio avvisonon si può criticare la politica senza farci iconti, non si può credere di cambiare le di-namiche del paese facendo testimonianzao muovendo poche decine di persone.La strada per cambiare qualche cosa, danoi, e potersi nalmente presentare a testa

alta fuori dai nostri angusti conni, non può

che prevedere l’azione di gente motivata,preparata, volenterosa sì, ma anche prontaa metterci faccia e nome, e combattere il

nemico sul suo stesso campo: quello dellapolitica, perché è pur sempre lì che la par -tita si gioca, e voler forzosamente “starelontano dalla politica” pur sentendo il biso-gno di impegnarsi per cambiare qualchecosa signica non aver chiaro in testa che

Attualità e Cultura

L’editoriaLe

politicA,MoviMenti ecriticA sociAle

Succede spesso che si giochicon le parole. A volte lo si fa

per szio, altre per scherno, altreper malizia. A volte lo si fa per essere poetici o simpatici, o per essere originali. Altre volte lo si fa per far capire

qualcosa, per farlo capire meglioa tutti, e per parlare di una cosache sennò verrebbe oscurata, unpo’ come fa la satira.Be’ se dopo tre anni dalla suanascita dovessi denire Altre-Menti, direi che è proprio questo.Qualcosa che è nato comescommessa, qualcosa che nes-suno prima d’ora ha mai fatto aSan Marino: AltreMenti è fatto diparole ma soprattutto di persone.

 Alla ne di questa terza edizione,quello che rimane non è né ilpubblico, che va e viene (nono-stante le quasi 300 presenze almomento di Serge Latouche)

né i turisti (c’è chi è venuto nonsolo da Rimini e San Marino, mada regioni limitrofe) né gli ospiti(peccato per la toccata e fugadel senatore Ignazio Marino, chetra l’altro ha espresso a me – inmancanza di segretari e politici

sammarinesi – il desiderio di visi-tare San Marino), né tantomenocomunicati stampa pompati ilgiorno dopo (ebbene sì, nonabbiamo contato gli autobuscarichi di turisti russi, gli ingressiin funivia e ai parcheggi come faqualcuno).Quello che è rimasto sono leparole. I dialoghi, le domande,le battute, gli scambi con le per-sone meravigliose che abbiamo

conosciuto; e non mi riferiscosolo ai cosiddetti “intellettuali”ma a chi è venuto a trovarci, aparlarci, a condividere con noisorrisi e preoccupazioni, tensioni

e soddisfazioni. AltreMenti è fatto di “grazie” chenon si dovrebbero mai nire dipronunciare alle persone che cihanno aiutato, che continuanoa farlo non per ricevere soldi incambio, ma perché usciti dallalogica del denaro e quindi delfare qualcosa al di fuori del ri-torno economico… perché sonoqueste le persone che potrannosperare di crearsi in futuro unavita che non sia di frustrazioniper quello che non si può piùpossedere, per quello che nonsi più comprare, e che alcuni cihanno fatto credere come indi-

spensabile alla nostra felicità.Ebbene, noi non abbiamo avutoun ufcio stampa. Ma abbiamoavuto ragazzi che si sono spesiper divulgare manifesti, volantinie comunicazioni. Ebbene, noinon abbiamo né ci autodeniamodirettori artistici di alcunché, maogni settimana da mesi a questaparte abbiamo avuto la preziosaoccasione di confrontarci conpersone illuminate e intelligenti,

che nella maggior parte dei casinon si sono limitati nella loro vitaa riempirsi la bocca di belle paro-le, ma hanno agito per tramutarequello che dicono in fatti.

E così è stato AltreMenti: la con-cretizzazione nei fatti della nostraassociazione, la Don Chisciotte,che è stata capace di usciredai concetti autoreferenziali estanziali, come spesso purtrop-po avviene in questi casi. Molterealtà associative non riesconoa diffondersi perché sono unasorta di “circolo chiuso” che nondà spazio a voci esterne, adaltre realtà anche territoriali. Noiquest’anno ci siamo allargati alterritorio riminese, ci stiamo fa-cendo conoscere da media nuo-vi, persone nuove, associazioninuove… politici nuovi! L’asses-

sore alla cultura Massimo Puliniè la dimostrazione che la politicapuò e deve essere un servizio alcittadino e che tra i suoi compitive n’è uno importantissimo chedeve essere sostenuto: la cresci-ta culturale di un territorio.San Marino si sta perdendo,come tante altre, anche questaoccasione. Non importa. Nonimporta nel senso che, come unanimale emigra verso terre meno

aride, così noi emigriamo versolidi più vivi, più attivi e capaci didialogo. Se poi San Marino di-venterà, in senso lato, una terraarida e priva di vita, non saremo

verbAMAnent

di Angelica Bezziccari

AltreMenti: riessioni sulla persistenza delle parole 

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3www.associazionedonchisciotte.orginfo@associazionedonchisciotte.org

Teniamo a men- te il modo in cui 

crollano i regimi 

 politici, ad esem-  pio il crollo dei 

regimi comunisti in Eu- ropa orientale nel 1990: aun certo punto, la gentesi è resa improvvisamen- te conto che era nita,che i comunisti avevano

 perso. La frattura è stata puramente simbolica,nulla era cambiato “inrealtà”, eppure da qual momento in poi il crollo

totale del regime era questione di giorni. E se l’11 set- tembre fosse accaduto qualcosa di simile? Forse la vittima nale dell’attacco alle torri gemelle sarà una certa rappresentazionedel Grande Altro, la Sfera americana.

Slavoj Žižek, “Beveuti el deserto del reale”

l’AForisMA Del Mesecosa signichi “darsi da fare”.

Darsi da fare per promuovereun cambiamento sociale è un

sinonimo del termine “politica”.Strano credere di fare il primosenza volersi sporcare colsecondo. Sbagliato credereche a fare politica si diventanecessariamente come chi lapolitica l’ha fatta nell’ultimoterzo di anno: quelli già eranocosì prima!Serve un movimento politico,che scenda nell’agone costrin-gendo questa classe dirigentea confrontarsi, che non scendaa compromessi con nessunaforza politica, che tracci unanetta cesura col passato, che

presenti un programma alter-nativo, chiaro e realizzabile abreve termine per favorire unariconversione sistemica nel lun-go termine. Nascerà, ne sonocerto, ma occhio ai nuovi predi-

catori: tra quelli che si spertica-no oggi descrivendo se stessicome rappresentanti del nuovo,ci sono alcuni dei peggiori nomidel paese. Gente inquisita,parenti e tenutari dei politiciattuali, furbetti opportunisti conin testa solo il potere.Occhio, quindi, perché alleprossime elezioni, se ci saràun’alternativa fuori dagli schie-ramenti, non si potrà più votarené i nomi né le facce, ma solo iprogrammi e la credibilità di chili propone. Se non ci sarà uncontenitore in cui far converge-re il malcontento e la voglia dicambiamento espressa dal pa-ese in questi anni, a nulla servi-

rebbe riversare periodicamentein piazza sempre le solite 50-60facce ormai note, cioè le uniche

che, a San Marino, non hannopaura a metterci la faccia.

R.C.

certo noi a poterla cambiareaspettando la pioggia dall’alto,senza fare niente.Il nostro Festival continuerà inogni caso il suo percorso, doveci sarà terreno fertile per farlo. AltreMenti non ha la presun-zione, e secondo me non deveaverla, di cambiare alcunché.Saranno le persone che stannocambiando che si avvicinano ad AltreMenti, in quanto progettocapace di dare forza e guardareoltre il dopodomani, perché tipermette di esprimere te stesso,di proporre qualcosa, di sbatte-re in faccia di tanti qualcosa di

concreto. Alcuni dipingono, altrisuonano, noi mettiamo insiemedelle idee, e le facciamo espri-mere in un determinato spazio/tempo, e le facciamo colliderecon altre. Cosa succede poi, dal-la diffusione di nuove idee, nes-suno può saperlo. Noi mettiamoa disposizione qualcosa, un po’come un libro. Siamo in grado dimettere in discussione in vecchiomotto latino “verba volant, scrip-

ta manent”. Noi possiamo direche “verba manent”, attraversopiù canali: i video degli ospiti di AltreMenti a breve a disposizionedi tutti su www.altrementifestival.

org, e da quest’anno un vero eproprio libro, dal titolo “Una rivo-luzione dall’alto. A partire dallacrisi globale” (vedi box). Inne,forse l’aspetto più importante, ilpassaparola e l’entusiasmo dellepersone che, venute al Festival,si portano poi dietro riessioni eidee da tramutare in progetti eattività.È in atto una crisi in termini as-

soluti e relativi senza precedenti. Alcuni dei paradigmi in vigore dacentinaia di anni sono consideratiobsoleti e giunti al punto di nonritorno. Siamo all’alba di una ri-voluzione comunicativa al pari diquella di Gutenberg, siamo allesoglie della scoperta di nuoverealtà, forse altri pianeti. I governie i poteri sovranazionali stannoper la prima volta nella Storia

superando o raggiungendo le piùfervide storie fantascientiche or -welliane. Cosa ci aspetta? Dovestiamo andando? Come affron-tiamo il cambiamento? Qual è lanostra identità?La losoa cerca di rispondereda sempre a queste doman-de, noi solo da tre anni… mavogliamo continuare a cercarerisposte.

 A due anni dalla prima edi-zione di AltreMenti festival, èuscito il libro Una rivoluzionedall’alto. A partire dalla crisi globale.Il testo, curato dal Prof. Ales-sandro Simoncini ed editoda Mimesis, è stato ideato apartire da quattro interventidel primo AltreMenti: quelli diRoberto Esposito (“La crisi immunitaria della societàglobale” ), Sandro Mezza-dra (“Nella crisi del lessico

 politico moderno” ), AnselmJappe (“Crisi nanziaria,crisi economica o crisi del capitalismo?” ) e Alex Foti (“La

grande recessione, la grandebiforcazione”). A partire da queste riessioni,che danno l’avvio alle dueparti in cui è suddiviso il libro(“Sul concetto di crisi” e “Unacrisi del capitalismo”), sonostate aggiunte un’introduzio-ne del curatore AlessandroSimoncini (“Rivoluzionedall’alto. Crisi, neoliberismo,governo”) e interventi di Mas-similiano Tomba, Franco Be-rardi Bifo, Riccardo Belloore,

 Aldo Pardi, Damiano Palanoe una postfazione di GianlucaBonaiuti.I video degli interventi dei

quattro ospiti del 2010, chehanno dato avvio al libro, èreperibile sul sito Don Chi-sciotte.Chi volesse acquistare unacopia del libro ci invii un’e-mail a [email protected]. Il librosi può acquistare anchepresso la Libreria Ciqua-dro di Sa Mario, LibreriaRimiese di Rimii, e abreve sul sito internet www.altrementifestival.org.

Un grande ringraziamento a Alessandro Simoncini, checon questo libro ricompensa ilnostro sforzo organizzativo.

AltreMenti DiventA un libro

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4Il Don Chisciottenumero 52, aprile 2012

Ogni giorno i media ci 

ripetono che la situazione

è grave: dobbiamo condividere

sacrici, ridurre il peso dello

stato sociale, diminuire il 

costo del lavoro, avviare

grandi opere, migliorare la

burocrazia, ridurre l’evasione

scale, agevolare il credito

alle imprese e attuare nuove

idee imprenditoriali. Ricette

non nuove, ma da applicare in

modo incisivo... e torneremo,

così, a crescere! 

Ma è tutto così “semplice” ?

Riesaminiamo la dinamica

degli eventi…

La crisi in atto è dovuta

a un eccesso di capacitàproduttive a livello globale eal trasferimento di produzioni

dai paesi già industrializzatia quelli che hanno via viaattuato la modernizzazionedei loro sistemi produttivi.

 Alcuni di questi paesi possonocontare su grandi riserve di

materie prime (Brasile, Russia,Sudafrica, ecc.) e/o di risorseumane qualicate (Cina,

India, Corea del Sud, ecc.). Laprogressiva scomparsa di postidi lavoro e la competizione alribasso con i paesi emergentistanno causando il gradualeimpoverimento dei cetimedio-bassi nei paesi di piùantica industrializzazione.Una parte cospicua dellapopolazione occidentale hacercato di mantenere, per quanto possibile, il tenore divita precedente, ricorrendoai risparmi accumulati oall’indebitamento. Ciò è iniziato

nei paesi dove è capillare

l’uso di più carte di credito(USA) e dove il passaggio dalmanifatturiero al terziario è

stato più veloce (Inghilterra).

La nanza statunitense einternazionale ha gestito i debiticrescenti in modo speculativo.Quando si è sgonata

l’ennesima bolla nanziaria, la

crisi ha investito tutto il mondo.

L’Unione Europea ha cercatodi gestire la crisi produttivainglobando i paesi dell’expatto di Varsavia, per allargareil mercato, sfruttare unagrande riserva di manodoperaqualicata a basso costo,

riallocare impianti. Ciò nonha avvicinato le economie deipaesi fondatori (Germania,Francia, Italia, ecc.), né ha resoadeguatamente competitival’Europa nei confronti dei paesidel BRICS (Brasile, Russia,India, Cina e Sudafrica).In parallelo, è cresciuta la

competizione di Africa, MedioOriente e Sudamerica suiprodotti agricoli, pur conl’acquisizione da parte dellaCia di vaste aree africae,sfruttabili per il proprio

fabbisogno alimentare.

L’Europa, pur avendo giàsmantellato una parte delsuo sistema produttivo,deve di nuovo gestire

una sovracapacità, senzaavere più le risorse con cuiha ammortizzato le crisiprecedenti (es. siderurgia).Le diverse condizionidel sistema produttivopremiano la Germania, chepuò indebitarsi ad un costominore sul mercato nanziario

internazionale, e penalizzanoi paesi più arretrati e/o conmaggiore debito pubblico(Grecia, Portogallo, Spagna,Italia, ecc.). Le economieeuropee sono comunquecosì interconnesse, che unarapida involuzione di tali

paesi metterebbe in ginocchioanche le nazioni europeepiù virtuose. È quindi in attoun’azione di tamponamentodella crisi aziaria interna,tesa più a rendere graduale emeno pericoloso il collasso disingole regioni, che a risolvereproblemi strutturali di cuil’Unione Europea non può farsicarico. La Germania e i paesinordici investono su personale

qualicato (attirato da paesigià in crisi) e produzioni adalto valore aggiunto, ma la crisicoinvolgerà progressivamenteanche queste regioni, datoche non potranno competere,nel lungo periodo, con losviluppo di nazioni emergenticon risorse potenziali assaisuperiori.

La crisi coinvolge i paesiemergenti più per i lorocrediti nei confronti dei paesioccidentali, che per la riduzionedel mercato globale, dato chepossono ancora sviluppareil mercato interno. Talesviluppo, peraltro, richiedetempi abbastanza lunghi, dacui l’interesse a sostenere,nel frattempo, le economieoccidentali. I principalidetentori di capitali hannoun passato ex-coloniale che

può condizionare le sceltepolitiche; ad esempio, la Cinaha ricordi vividi persino distorie pressoché dimenticatein Europa, come la guerradell’oppio (vedi il riquadro a

diRiccardo Balestrieri

unA crisi globAle?

Società

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5www.associazionedonchisciotte.orginfo@associazionedonchisciotte.org

lato) e la rivolta dei boxer.

Gli USA sono l’anello piùdebole del mondo occidentale,a causa del debito individuale,del debito pubblico, di unmediocre sistema scolastico, diuna inadeguata redistribuzionedella ricchezza e, soprattutto,di un arsenale militare chedeve essere mantenuto eperiodicamente rinnovato. Talearsenale ha, però, costi ormaiinsostenibili sia in pace che instato di guerra, per cui gli USAcoinvolgono e cercherannodi coinvolgere sempre di più

le altre nazioni occidentali nelrinnovo degli armamenti e inconitti locali (Iran? Siria?).

Tali spese accelereranno lacrisi attuale, che è comunque

già risultata così rapida eprolungata da stupire anche glieconomisti, che pur in qualchemodo l’avevano prevista.

Secondo il vocabolarioTreccani, la crisi è una fase del

ciclo economico, conseguenteal “vericarsi di una situazione

di sovrapproduzionegeneralizzata, le cuicaratteristiche fondamentalisono il passaggio rapido dallaprosperità alla depressione,il calo della produzione, unadiffusa disoccupazione, prezzitendenzialmente decrescenti,bassi salarî e una contrazionedei protti”. Un fenomenociclico, coaturato al

capitalismo.

Questa, però, non è una

crisi in senso classico: è una

vasta redistribuzione dellaricchezza su scala globale, chesi stabilizzerà solo nel lungotermine. Sempre che l’aumentodella popolazione mondialee l’impatto dei cambiamenticlimatici non ne alterino losviluppo.

Le conseguenze suEuropa, Italia e San Marinocomporteranno inevitabilmenteuna diminuzione dellaricchezza e dello stato sociale.

IL FORZIERE VIOLATOdi Carlo M. Cipolla *

[…] I direttori della Compagnia inglese [British East India Company ] non dormivano più la nottepreoccupati come erano del grave decit della bilancia commerciale inglese con la Cina.E più lo sbilancio cresceva, più cresceva ovviamente la preoccupazione dei direttori, i quali tro-varono nalmente la soluzione all’annoso problema verso la metà del secolo XVIII. La trovaronocon l’oppio. I primi ad introdurre questa droga in Cina furono i portoghesi, che ne facevano mer-cato in Macao. Ma si trattava di ben poca cosa. Il colonnello Watson pensò invece in grande e,

per saldare il decit, suggerì alla Compagnia di far uso estensivo dell’oppio che l’Inghilterra potevatrarre dall’India. Il piano del diabolico colonnello funzionò a meraviglia. […] Fin verso la metà delsecolo XVIII le esportazioni di oppio dal Bengala alla Cina ammontarono ancora a poca cosa, ma apartire dal 1776 la quantità di oppio esportata dagli inglesi in Cina crebbe di colpo e continuò a cre-scere rapidamente negli anni successivi. Soprattutto negli anni 1830-1840 il commercio dell’oppioindiano crebbe in misura eccezionale, tanto più che proprio in quegli stessi anni, attratti dai grossiguadagni che l’illecito commercio offriva, ci si misero anche gli americani che con una mano por-tavano la Bibbia e con l’altra la droga… Le conseguenze economiche di questi fatti sono facili adimmaginarsi. Il tradizionale surplus della bilancia commerciale cinese cominciò a diminuire no atrasformarsi in un pauroso decit. Nel 1817 il censore Chang Huan fu il primo a mettere in evidenzala stretta connessione tra le importazioni di oppio e il deterioramento della bilancia commercialecinese. Huang Chueh-tzu, direttore della corte del cerimoniale di stato, stimava che la popolazionecinese avesse speso in media per anno nel consumo di oppio:

oltre 17 milioni di taels tra il 1823 ed il 1831;

oltre 20 milioni di taels tra il 1831 ed il 1834;oltre 30 milioni di taels tra il 1834 ed il 1838 (1 tael = 11/3 once)[assumendo 1 tael = 37,429 grammi, in 15 anni la Cina ha perso 2500 tonnellate di argento].

L’argento uscì in massa dalla Cina ritornando in Occidente. Un funzionario cinese in un suomemoriale scriveva in quegli anni che: «Il Celeste Impero permette la vendita di thè e di rabarba -ro che servono a tenere in vita i popoli di quelle nazioni che sono tanto numerosi da contarsene10.000 volte 10.000, e tuttavia questi stranieri non dimostrano alcuna gratitudine, ma contrab-bandano, invece, l’oppio che avvelena il paese; quando il cuore riette su questa condotta ne èdisturbato e quando la ragione la considera, la trova irrazionale».Il governo cinese, doppiamente preoccupato per le conseguenze di tali avvenimenti sia sulle con-dizioni sanitarie della popolazione sia sulla disponibilità di argento, tentò di correre ai ripari ma lasua debolezza di fronte alla potenza inglese ne vanicò gli sforzi. E si arrivò così nel 1839 allafamosa guerra dell’oppio in cui la Cina fu scontta ed umiliata ed i rapporti tra Oriente e Occidenteinveleniti per sempre.

 * Da Conquistadores, pirati, mercatanti. La saga dell’argento spagnuolo (Bologna, il Mulino, 1996), pp. 75-76.

Carlo M. Cipolla (1922-2000) è stato uno storico economico di levatura eccezionale. I larghi in -teressi e la profonda cultura sono testimoniati da saggi fondamentali scritti in uno stile piano estimolante, editi in Italia da il Mulino.

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6Il Don Chisciottenumero 52, aprile 2012

Poniamo che ami il paese incui vivi, perché ci sei nato,

perché è uno strano paese dipochi chilometri quadrati o per altri motivi “sentimentali”, e po-niamo che vorresti fosse il pae-se più vivibile al mondo.Poniamo però che, frequentan-dola da dentro, ti trovi di frontead un’elite dirigenziale (politica,economica, sindacale) che con-sideri inadeguata, spesso inca-pace e a volte corrotta. Cosadovresti fare? Se vuoi il bene

del paese, dovresti cercare disostituire quell’elite senza mez-ze vie. Cancellarla.Devi viaggiare, come avrebbedetto l’anarchico De André, “in

direzione ostinata e contraria” .Poniamo che ci provi: ti trovi difronte ad un fuoco incrociato!Volendo il bene del tuo paeseti impegni in crociate criticheverso lo status quo, ma sic-come quello status quo dà damangiare lautamente a tutti gliuomini più “potenti” del paese,viei crocisso come il nemicopubblico numero uno.E con tutto questo fuoco incro-ciato, che più riesci ad incideree scalre un potere parassitario

per il paese, che arricchiscee galleggia solo a patto di far affondare il resto della popola-zione, più vieni additato comeun pazzo, un esaltato, un pre-senzialista, un nemico... nisci

per credere davvero che forsesei tu a sbagliare, forse allapopolazione va bene così, forsenon c’è nulla da fare.

Già, perché dovunque ti volgivorresti cambiare tutto.

La Pubblica Amministrazione,dove per ottenere ruoli diri-

genziali devi essere la peggiogente, priva di qualità e capa-cità ma prona e servile verso imandanti: galoppinaggio di votiin cambio di prebende e fan-cazzismo!La giustizia, in un paese in cuise denunci il voto di scambiocon tanto di video comprovanteil reato, nisci in un cassetto e

mai ne uscirai; dove le indaginisulle inltrazioni maose le at-

tendiamo come aria fresca daitribunali del circondario.La politica, dove gli stessi uomi-ni e donne fanno il bello e il cat-tivo tempo da 30 anni, col risul-tato tangibile e reale di esseretutti arricchiti smisuratamentementre il paese va a rotoli per l’assenza più totale di idee, nelconservatorismo intellettualepiù degradante.Il sindacato, costola della po-litica, in cui i ruoli dirigenzialevengono dettati dalla politicastessa, incapace di leggere ledinamiche del mondo del lavorooggi su domani!Insomma, pensi, sarò io a vede-re tutto nero.Ma poi, sporadicamente arri-vano conferme, e puoi ancoracredere che invece sei così cri-tico perché tutto è marcio, dalla

testa ai piedi.Del resto ogni movimento vera-

mente innovativo si è scontrato,dapprincipio, contro le censuree le stoccate dei potenti voltaper volta spodestati.Gli eroi risorgimentali tanto de-cantati, da Mazzini a Garibaldi,,

se avessero perduto le lorobattaglie oggi li studieremmocome pericolosi terroristi atten-tatori. E che ne sarebbe deglieroi dell’Arengo sammarinesese nel 1906 di fronte alla Pieveci fossero state poche decinedi persone? Gino Giacomini ePietro Franciosi sarebbero pas-sati alla storia come pericolosivisionari, altroché!Del resto lo diceva già il Cristo(o chi per lui): nemo prophetain patria, nessuno è profeta

nella sua patria. Almeno nché

non riesce a far vincere le sueidee spodestando il vecchiume

che degrada le coscienze.Quando arrivano queste confer-me, ti pare che il “farti nemici”per non startene zitto ad ingo-iare il marciume che ti circonda,abbia un senso. Così da fuoriconne, dove l’osservazione dei

fatti è più distaccata, le confer -me arrivano.L’associazione che hai fondatoe dirigi, considerata “nemica

del paese” per via della fran-

chezza -che non fa sconti anessuno- con cui il suo giornalesi esprime, da Segretari di Sta-to imbellettati, da fuori vieneconsiderata un punto di forzadel panorama culturale samma-rinese.Un sindacato antidemocraticoche arriva ad espellere dal suointerno un’intera corrente didirigenti per il solo fatto di aver messo in discussione i lororuoli, si ravvede e capisce che il

referendum per la scala mobileindetto da quegli stessi dirigenticacciati, e malamente osteg-giato a anco degli imprenditori

4 anni prima, ha un suo sensoin tempi in cui la contrattazionenon è altro che un compromes-so al ribasso.La politica, imprigionata nel suoautismo intellettuale (abituatacom’è a far fronzoli attorno ai

soliti due-tre principi smussati)

si trova di fronte ad un’opinio-ne pubblica stanca, straziata,sull’orlo di un nuovo Arengo.Il tribunale, che per anni non hamosso un dito per sopprimerele inltrazioni malavitose a San

Marino, si trova ora costretto adarsi una mossa per via dellecontinue indagini che da fuoriconne lo coinvolgono.

E allora capisci che non è poi

così strano se il festival cultu-rale che organizzi, AltreMentifestival, a San Marino vieneostacolato anziché sostenuto.Capisci come mai a distanza diquasi otto mesi non sei neppureriuscito a farti dire, nonostantei continui richiami, se e in chemodo la Segreteria di Stato per l’Istruzione sosterrà economi-camente un festival che si è già

tenuto, con enorme successo a

Rimini (dove un’amministrazio-ne avveduta ha ben compresole sue potenzialità), con buoninumeri a San Marino.Capisci che proprio questo boi-cottaggio operato da istituzionidegradate e corrotte (e non cre-do solo moralmente) confermala bontà e l’importanza di ciòche stai facendo.Capisci che per cambiarequalcosa in questo paesino

ostaggio di cordate partitichee personali, forse devi neces-sariamente fare pressione dafuori, dove i danni e l’incompe-tenza delle elite nostrane è ben

compresa.Capisci che è un bene aver 

ricevuto sassaiole per esserestato tra i primi a scoperchiare,pubblicamente in TV, le maga-gne nascoste e segrete di unadirigenza politico-economicache non è riuscita a partorire

altre idee, per sopravvivere,che quella di vivere border-line,tra furto, rapina, illeciti ed eva-sione, che poi sono scoppiatepuntualmente in ogni processoper maa che conduce dritto

dritto da noi.Ci vorrà ancora tempo, forsemolto tempo. Forse è già tardi.

Ma il declino naturale di questaclasse dirigente si sente già anaso. Periodicamente la testa

del re deve nire per rotolaresul selciato! Spero solo che as-sieme a quella testa non rotolinel cesso anche il paese chehanno privato di ogni potenzialevia di rinascita.

di Roberto Ciavatta

neMo prophetA

in pAtriAE se l’ostruzionismo delle istituzioni 

sammarinesi indicasse punti di forza? 

Es... cogitando

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7www.associazionedonchisciotte.orginfo@associazionedonchisciotte.org Appunti di psicologia

Sognare è la principale azione cerebralesvolta durante il sonno, sovente associata

a quella fase denita del sonno REM (rapideye movement) o sonno desincronizzato,nella quale si riscontrano onde cerebrali moltosimili allo stato di veglia. In verità si può af-fermare che il sonno REM è una condizionesufciente ma non necessaria afnché i sognisi verichino, poiché è possibile riscontrarnedurante tutte le fasi del sonno; la sostanzialedifferenza riguarda innanzitutto la vividezzache contraddistingue l’attività onirica nellaREM, inoltre i sogni si ricordano più facilmen-te perché solitamente questa è la fase cheprecede il risveglio.Ma cos’è nello specico un sogno?Tralasciando gli aspetti prettamente siolo-gici sulla sua origine e la funzione cerebrale,tecnicamente può essere denito come unpensiero nel sonno, dotato di specichecaratteristiche come una struttura narrativa,

il carattere percettivo, la perdita dell’esamedi realtà (anche se in rari casi è possibile daparte del dormiente “svegliarsi nel sogno” eprovare l’insolita esperienza del cosiddetto“sogno lucido”) e la partecipazione personale,con il conseguente investimento emotivo del

tutto soggettivo.È importante sottolineare come nel corso deisecoli l’essere umano abbia cercato di dareuna spiegazione alle immagini che gli compa-rivano durante il sonno, così bizzarre e cripti-che nel loro manifestarsi.Uno dei padri moderni di codesta attività fu si-curamente Sigmund Freud, il quale espose lasua teoria nel famoso trattato “L’interpretazio-ne dei sogni” del 1899. In esso, il sogno appa-re come determinato da una forza, un deside-rio che tende a realizzarsi allucinatoriamente.Esisterebbero quattro categorie di desideri per i quali i sogni darebbero appagamento:- desideri sorti durante la veglia che non sonostati appagati e che sono rimasti nel precon-scio;- desideri sorti recentemente durante la ve-glia, ma che hanno subito l’azione di rimozio-ne, per cui sono stati respinti nell’inconscio;- desideri di formazione remota che appar-

tengono all’inconscio e non sono in grado dioltrepassarlo (gli elementi permanenti dell’in-conscio);- desideri sorti durante la notte sotto lo stimolodi bisogni del corpo.Freud paragona il sogno ad un’impresa eco-

nomica, la quale è organizzata da un’impren-ditore e nanziata da un capitalista. Comel’impresa è opera dell’imprenditore, così ilsogno è il prodotto dei molteplici elementi psi-chici residui della vita diurna. Ma l’imprendito-re non può organizzare l’impresa se non inter-viene il capitalista a fornirgli i mezzi economicinecessari; e così i residui diurni sono per séstessi incapaci di promuovere il sogno se noninterviene la spinta di un desiderio inconsciodi origine remota. Al processo di formazione del sogno parteci-pano due fattori: da un lato gli elementi chetendono a rivelarsi, ad appagarsi, dall’altroun’attività preconscia, la censura, che limitala possibilità di espressione di questi. Il sognosarebbe quindi il risultato di un compromesso

fra queste due forze opposte (come il sintomonevrotico è il risultato di un compromesso trale esigenze dell’impulso rimosso e la resisten-za opposta dalla censura dell’Io).Successivamente a Freud, altri autori intrapre-sero l’ardito compito di dare una spiegazioneall’attività onirica.Melanie Klein ebbe il merito di aver ricondottole funzioni del sogno ad una rappresentazionedelle tappe evolutive cui va incontro la mentenel corso dello sviluppo, così come possonoessere colte nel transfert. Gli oggetti interni

diventato i protagonisti assoluti di questo tea-tro, centrato sul mondo interno e sulle guregenitoriali che in esso sono depositate: “dei ediavoli del nostro universo mentale”.Secondo Wilfred Bion il sogno è una “combi-nazione in forma narrativa di pensieri onirici, iquali derivano a loro volta da combinazioni dielementi alfa” (i derivati sensoriali ed emozio-nali trasformati dalla mente) che, ordinandositra loro in un continuo processo di formazione,costituiscono una specie di membrana (scher-mo alfa), detta barriera di contatto, che segnail punto di incontro fra gli elementi consci einconsci. È il funzionamento di questa barrierache renderà possibile a una persona in statodi veglia, mantenere la consapevolezza diuna certa situazione reale e al contempo ela-borare come fantasia inconscia un’esperienzaemotiva altrimenti disturbante; a sua volta,nella situazione di sonno la stessa esperienzapotrà essere convertita in elementi alfa e ma-nifestarsi come pensiero onirico senza interfe-rire col sonno.Dal punto di vista esistenziale, Detlev vonUslar denì il sogno come una particolare

manifestazione dell’essere-uomo, comeesserci, come umana presenza e il sognarenient’altro che un particolare “modo di esserenel mondo”. Il compito di Uslar era quello divoler rilevare le basi ontologiche del sogno,del sognato e del sognare.

sogniPossibili spiegazioni sul mistero dell’attività onirica 

di Davide Tagliasacchi

Sognare è per il soggetto chesogna la maniera

 più radicale di farel’esperienza del propriomondo e se questa manieraè a tal punto radicale, è

 perché l’esistenza vi si annuncia come il 

mondo stessoMichel Foucault

René Magritte - Il falso specchio 1928

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8Il Don Chisciottenumero 52, aprile 2012 L’Ippogrifo

Quel che è eccessivo

è insignicante.Questo è il primo concettoche emerge dal saggiodell’economista e losofoSerge Latouche (ospiteil 18 marzo ad AltreMentiFestival) preceduto dallesagge parole del capo lakotaRussell Means, pronunciatenel 1980: “è solo questionedi tempo prima chesopraggiunga quella che

gli occidentali chiamano‘una catastrofe mediadi proporzioni mondiali’.Sarà compito dei popoli amerindi, di tutti i ‘nativi’,sopravvivere.” 

Sono passati più di 30anni da allora e nessunacatastrofe sembrapassata. O forse sì?Dipende dal punto di vistadell’osservatore: come sivogliono vedere l’incipientedisboscamento, il continuoinquinamento dei mari, loscioglimento dei ghiacciperenni? Ma torniamo aLatouche.Tema centrale del libro -

scritto nel 1991, quando laparola “decrescita” era ai piùsconosciuta - è il possibilefuturo del mondo dopo l’Occidente, cioè una voltascomparsa questa civiltà -

così come noi la conosciamo- ovvero il doposviluppo,attraverso analisi di stampoeconomico e sociologico.Latouche parte daosservazioni riguardantil’etnocidio che inparticolare la tecnica hacausato, provocando unappiattimento delle cultureverso un unico modellouniformato, verso il mitodel “modo dei vicitori”,

il mito dello sviluppo. Comeben si sa, i miti non sonoche fantastiche invenzionidell’uomo, e spessoniscono con una sorta dipunizione per chi non si

è attenuto a determinateregole.Ecco quindi avvicinarsiuna società naufraga, chesi trova a fare i conti con ilprezzo dell’opulenza, dellefavole raccontate dallapubblicità e dall’economia.In contrapposizione allacosiddetta “società delbenessere” può venire inmente il “terzo mondo”,sfruttato ed emarginato, maLatouche sfata anche questomito.Non c’è più il Terzomondo, ma ci sono dei

“quarti mondi”. Questotermine è utilizzato per indicare tre insiemi distintidi esclusi : i marginali deipaesi ricchi, le minoranzeautoctone, i paesi menoavanzati.In questo caso, l’aiutoeconomico verso questi“mondi”, non è altro cheun differente businessmesso in atto dalla società

dei naufraghi. Le stesseaziende sponsorizzano leorganizzazioni assistenzialifacendone un argomentopubblicitario: “scegliete ilmio dentifricio e io aiuteròl’UNICEF”.Nella vera sostanza nullaè cambiato. Persino un exministro degli affari esteridella Francia dichiara: “vigeun nuovo ordine. Per naturaesso marginalizza i deboli,gli handicappati, i disarmati.Sono esclusi un numerocrescente di paesi del TerzoMondo, come pure del restoun Quarto Mondo in pienaespansione nelle nostrestesse società”.In estrema sintesi, la societàmoderna si è sviluppatamediante l’autonomizzazionedell’economia dal restodel sociale, e i circuiti

e le logiche che chepermettono agli esclusi disopravvivere corrispondonoproprio a un reinserimentodell’economico nel sociale.In quale modo? Serge

il piAnetA Dei nAuFrAghiSaggio sul doposviluppo

I ‘nuovi barbari’ scuoteranno le fondamenta stesse dell’impe- ro con una creatività che rivela una nuova società. Sono i 

nuovi soggetti della storia che stanno per emergere, ac- canto agli altri che, alla base della società, si organizzano

e lottano per un ordine sociale diverso”.Leoardo Boff 

di Angelica Bezziccari

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9www.associazionedonchisciotte.orginfo@associazionedonchisciotte.org

Latouche in questo libroprova a tracciare delleipotesi, pur affermandoche non ha la pretesa dirispondere alla domandache ci facciamo tutti, ovvero“avverrà o no il naufragio?”.Nel caso avvenisse,avremmo qualche strumentoin più per cavarcela, avendogià iniziato a cambiareprospettiva e visionedel futuro, attraverso uncambiamento totale delparadigma economico,sociale e della nostra vita,che dovrà basarsi sul “saper 

fare” e sul “dare” piuttostoche sull’ “avere” e sul“prendere”.“Chiedo scusa – disse Yuan

Hien –, mancare di beni è

essere povero; ma essere

miserabile è non poter 

mettere in pratica il proprio

sapere. Io sono povero, ma

non miserabile.” 

(Chuang-Tse)

Sono tempi duri, il paese è indebitato,

tutti vivono a credito... Ad un certopunto, arriva un turista tedesco.Ferma la macchina davanti all’unicoalbergo ed entra. Posa 100 euro sulbancone della reception e chiede divedere le camere per sceglierne una.Il proprietario gli dice di sceglierequella che più gli aggrada. Appenail turista è sparito su per le scale,

l’albergatore prende i 100 euro,corre dal macellaio e paga il debito

che aveva con lui. Il macellaio vaimmediatamente presso l’allevatoredi maiali al quale deve 100 euro eregola il suo debito. L’allevatore, a suavolta, corre a pagare la sua fatturapresso la cooperativa agricola che gliprocura gli alimenti per gli animali. Ildirettore della cooperativa si precipitaal pub per saldare il suo conto. Il

barman, dà il biglietto alla prostitutache gli fornisce i suoi servizi a creditoda un bel po’. La ragazza, che usaa credito le camere dell’albergo coni suoi clienti, corre a regolare i conticon l’albergatore. L’albergatore posail biglietto sul bancone della receptiondove il turista lo aveva posato. Dopoun po’, il turista scende le scale eannuncia che non ha trovato unacamera di suo gusto, per cui riprendeil suo biglietto da 100 euro e se ne

va... Nessuno ha prodotto nulla,nessuno ha guadagnato nulla, manessuno più è in debito e il futuro

sembra molto più promettente... Èin questo modo, Signore e Signori,che funzionano i piani di salvataggioa benecio dei Paesi dell’Europa in

difcoltà!(fonte:beppegrillo.it)

Una StoRieLLa SUL DeBito

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10Il Don Chisciottenumero 52, aprile 2012Gruppi d’Acquisto Solidale

Pazzi scatenati o fondamentalisti, uno cristia-

no, l’altro musulmano. Pare che l’opinionepubblica non abbia dubbi circa gli omicidi casua-li di massa che da qualche anno riempiono lepagine di cronaca. Eppure qualcosa non torna.Denire a priori un’omicida di massa pazzo o

fondamentalista, allontanare il male da sé, inun terreno unicamente ideologico (devianze delsingolo) o religioso (fondamentalismo).Ci si sforza platealmente, insomma, di rimuo-vere male e violenza dalla società prendendoidealmente le distanze da chi li compie: denire

il “deviante” un “diverso”, evocarne la reclusio-

ne in carcere a vita, equivale a negare la suaconsustanzialità con noi, relegando un malestrabordante lontano dai noi. Fuori dalla società,lontano da noi... noi che non potremmo mai!In tal modo le gesta di Anders B. Breivik inNorvegia (77 vittime in poche ore), quelle di Mo-hammed Meerà a Tolosa (7 vittime in pochi gior-ni), quelle del sergente USA Robert Bales, cheha sterminato 16 civili in una manciata di minutiin Afghanistan (anche se con meno clamore, for-se perché avendo ucciso gente già a sua volta“diversa da noi”...) o quelle di altri ragazzi armatino al collo che sterminano a caso vittime inno -centi vengono denite “effetti collaterali” di una

società per il resto sicura e benestante.Negare contaminazione o punti di contatto conchi compie simili gesti, negare che possanoessere violenze implicite, in potenza, nella so-cietà in cui noi stessi viviamo, pare una rispostasospetta al problema: che tali rimozioni non ve-lino il terrore contaminazione, di emulazione, discoprire di portare in sé gli stessi germi omicididi chi oltrepassa il limite?Il problema, a mio avviso, lungi dall’essere ide-ologico o religioso (pur appellandosi gli stessi

criminali a parole d’ordine di tale natura) è poli-tico-economico. Ci siamo disabituati a chiederciil “perché” di ciò che succede. Qual’è la causa

che scatena questa follia omicida imbevuta diparole d’ordine per altro verso ridicole?Nel vuoto di senso, in una vita anonima e senza

speranze, nella noia grigia di giornate identichel’una all’altra o gesti d’affetto, nella mancanza diidentità e futuro, in una confusione sempre piùprofonda fra reale e virtuale, nella frustrazioneper i colpi subiti a livello individuale, sociale eglobale (cioè geo-politico e bio-politico), nel

sospetto reciproco ingenerato dalla logica dimercato...La risposta sta lì.La politica e l’economia, le due cause del maleche esplode periodicamente, dovrebbero chie-dersi se la causa, il malcontento che esplodein sintomatologie precise (anoressia, bulimia,depressione ecc), non siano da ricercare nell’as-senza di aspettative per il suddito democratico;e se la rincorsa dello sviluppo e del consensodei mercati non abbia perso di vista, per strada,l’umanità -cioè la debolezza- delle parti in causa.

Un mondo in cui l’immagine conta più di ognisostanza, in cui la cultura è derisa a favore di

atteggiamenti nanziari predatori da uno contro

tutti, in cui la politica rincorre cinicamente i votidei più degeneri razzisti, verrebbe spontaneo

chiedersi perché chi dirige le redini non si con-vinca ancora a fare un po’ d’introspezione. Ilmale rimosso ritorna in modalità catastroche, e

la società europea ha già più volte, in passato,sottovalutato questi sintomi ngendo non ci fos-sero. Conducendo ad atrocità indelebili.

SENSAZIONINOTTURNE

Un lunedì notte, in predaall’insonnia, sono uscitodi casa verso le 4.00 per andare a comperare lesigarette.Mi sono vestito, ho acce-so l’auto e sono andato.L’ambiente era surreale:le strade erano vuote,illuminate a giorno mavuote, e il silenzio assor-dante.Ho girovagato in autoper mezz’ora circa, ri-lassato, e mi è tornatain mente la canzonedi Gaber in cui, l’ungol’autostrada all’alba, sivergogna di essere se-reno. Io non ero serenoma triste: triste per ciòche vedevo intorno. SanMarino è un dormitorio,dopo il coprifuoco tutti ananna, e rimane il disse-sto estetico ed ambien-tale di palazzi, palazzine,

banche, costruzioni esimboli di un’opulenzaoramai andata ed anoni-ma, priva di senso.San Marino, direbbe ilnostro Augé, è il simbolodel non luogo, e comestupirsi che la sua po-polazione sia smarrita epriva di ideali? Cattedralinel deserto, un po’ comein quei lm catastrostisulla ne del mondo(“The road”, ad es.).

Consiglio a tutti di met-tere la sveglia, un lunedìnotte verso le 4, per scoprire lo scheletrodi un paese in cui ognicostruzione è privata diogni senso e di ogni uti-lità, nel momento in cuinessuno può fruirne.Credo sia il nonsensodello sviluppo ad ognicosto, quello che ci hacondotto qui, a dispia-

cerci della devastazioneterritoriale realizzata intrent’anni a benecio diun futuro che nessuno dinoi può più intravvedere.

R.C.

Chi sono e cosa voglionoi mass murderer? Come interpretare i loro atti? 

di Roberto Ciavatta

terrore

quotiDiAno

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 Anche nel caso del rovesciamento e par-ziale affondamento della nave Concordia

al largo dell’isola del Giglio, si è riproposto unfenomeno oramai trentennale noto come turi-smo della disgrazia, infatti nei giorni successivialla tragedia in mare, ben 1080 persone sisono recate sull’Isola del Giglio, per vedere davicino la nave Concordia, moderna Disneylanddel mare, o assistere alle troupe televisive al

lavoro o per farsi immortalare con la nave allespalle; niente male se consideriamo che questovoyeurismo avveniva mentre sulla nave eranopresenti dei dispersi che saranno estratti dece-duti dal gigante metallico nei giorni successivi,e nonostante i ripetuti appelli del Presidentedella Provincia Marras a non recarsi sull’isola.La cronaca ci ricorda come stiano purtroppodiventando frequenti questi “pellegrinaggi” suiluoghi di avvenimenti tragici, era già accadutoad Avetrana, a Novi Ligure, a Perugia, a Co-gne, e lontano no al 1981 a Vermicino neipressi di Frascati dove si vericò la tragediadi Alfredino Rampi e si ebbe la prima manife-stazione eclatante della morbosità mediatica,viaggi spesso lunghi pur di poter dire ; “io c’ero,l’ho visto, l’ho lmato”.Certo è evidente che non tutti i turismi sonouguali e un conto è visitare Avetrana, Cogne,Garlasco con i luoghi della tragedia ridotti a tri-ste palcoscenico teatrale, altra cosa è fotogra-fare la Costa Concordia, grande dramma cherimanda a eventi storici dal forte impatto sim-bolico come l’affondamento della nave AndreaDoria o del più famoso Titanic. È pacico sen-

za nessuna retorica che l’accaduto alla CostaConcordia sarà tramandato negli annali dellastoria anche se con qualche protagonista nonproprio all’altezza del suo ruolo.In questo esecrabile fenomeno in veloce diffu-sione, un ruolo fondamentale è giocato dalle te-

levisioni che tendono a mediatizzare le vicendedi cronaca nera con un sovraccarico sia di in-formazioni che di passaggi televisivi anche neiprogrammi di intrattenimento di quasi tutte lereti televisive nazionali con l’eccezione di La7;oppure vi sono appositi programmi come Quar-to Grado o Porta a Porta con gli indimenticabiliplastici.Va così in onda la grande macelleria mediatica

condita con dovizia di particolari da dare in pa-sto ai nuovi mostri, così succede che il condut-tore di Matrix Alessio Vinci senta la necessitàdi informarci che: “Yara (Gambirasio) non hasubito violenza sessuale, ma era indisposta”,forse per rispetto della ragazza poteva fornirciqualche dettaglio in meno, o più recentementequando la trasmissione Chi L’ha Visto ha resonoto quanto trovato nel computer di Parolisi:“scopata fantastica con due belle trans, grandezoccola trans, grande zoccola trans” e così via.La gogna mediatica è fatta con buona pace delrispetto della privacy.In un paese in cui si fanno le denunce per far ri-muovere i manifesti ritenuti troppo crudi o si de-nunciano le bagnanti in topless, ipocritamentee silenziosamente si lascia che la sfera intimadelle persone sia messa in piazza senza nes-sun rispetto sugli schermi televisivi, cosi comeanche l’Autorità Garante della Privacy sembranon interessarsi a queste questioni; precisa neicomunicati stampa che non rientra nelle suecompetenze di Garante intervenire laddove lenotizie diffuse dai mezzi d’informazione fannoriferimento al contenuto di atti giudiziari. Allora

è spontaneo chiedersi, ma questa Autorità chitutela e quale privacy tutela?È oramai sotto gli occhi di tutti che questo pro-cesso di serializzazione dell’orrore sia sfruttatoe solleticato dai media (televisione e internet intesta, con pagine del noto social network Fa-

cebook dedicate), in televisione i risultati di au-dience parlano chiaro, le trasmissioni toccanoi picchi di ascolto quando si trattano temi effe-rati. Non è solo l’audience ad alimentare l’usostrumentale di queste notizie: le analisi appro-fondite dicono che la cronaca nera sui mezzidi comunicazione tende a crescere in momentiparticolari della vita pubblica quali prima delleelezioni politiche, creando di fatto un clima di

forte insicurezza e sducia sociale, quindi age-volando quei partiti spesso di destra e xenofobiche offrono risposte certe e autoritarie alle an-sie ed alle paure sociali create ad arte.In Italia il tasso dei crimini è un po’ inferiore aquello degli altri paesi, ma non la sua esposi-zione mediatica, ecco un po’ di dati statisticisullo spazio dato alla cronaca sui principali no-tiziari pubblici europei:• TG1 11%;• BBC 8% (INGHILTERRA);• TVE 4% (SPAGNA);• FRANCE2 4% (FRANCIA);• ARD 2% (GERMANIA).Oltre a questo, dare eccessivo spazio alla cro-naca nera porta a ridurre drasticamente lo spa-zio delle notizie importanti e scomode, il tuttocon sommo gradimento del Potere.Insomma parafrasando Gresham possiamodire: “la pseudo informazione fa sparire l’infor-mazione vera e necessaria”, e le notizie ed ifatti lasciano il posto alle notizie manovrate eutili al Potere.

 Alla ne, assistiamo molto impotenti al maledella stupidità, e nella grande anarchia televi-

siva politicamente molto integrata, si può fare,dire, mostrare tutto senza ritegno alcuno, sen-za conni, senza nessuna sanzione.L’orrore è servito, tutti a tavola.

http://darkangel38.blog.kataweb.it

i nuovi

MostriIl turismodell’orrore tra voyeurismodiffuso e macelleria mediatica 

di Pietro Masiello

Società

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12Il Don Chisciottenumero 52, aprile 2012

Mai come ora coltivare l’ortofa parte di uno stile di vita

ecosostenibile. Non è neces-sario possedere del terreno per assaporare buoni frutti. L’orto

fai-da-te sul balcone di casa per esempio, rappresenta un’ottimapossibilità per dedicarsi all’agri-coltura biologica in un’ ottica dipiena sostenibilità ambientale,potendo contare anche sul-la sicurezza alimentare. Bastaveramente poco per mettere apunto un orto sul balcone. Per iniziare bisogna soltanto cono-scere alcune regole in terminidi esposizione solare, tecniche

di travaso e accorgimenti relati-vi all’innafatura ed poco altro.

Seguendo i suggerimenti degliesperti, infatti, non sarà difcile

veder crescere dopo qualchetempo degli ortaggi belli, buonie soprattutto sani. Naturalmenteanche chi ha pensato ad un utiliz-zo più coreograco per il proprio

balcone, può integrare ai millecolori dei ori e piante ornamen-tali, magnici e saporiti ortaggi.

Infatti oltre che avere proprioun bell’aspetto, queste meravi-gliose piante spesso produconobellissimi ori che possono

tranquillamente trovare spazioaccanto ai gerani, alle surnie ed

alle profumate petunie. Il mate-

riale che vi occorre per dareil via alla vostra esperienza dicoltivazione è facilmente re-peribile ovunque. Iniziate daicontenitori che potete decidere

a seconda dell’esigenza, nontrascurando qualsiasi tipo di ma-teriale di riciclo. In linea di mas-sima, quando si parla di vasi, è

consigliabile utilizzare quellirettangolari, perchè permettono

di coltivare le piante posizio-nandole in le ordinate, magari

ponendo specie diverse nellostesso vaso. Molto importanteè creare un fondo drenante con

argilla espansa o altro materiale,

mentre i concimi devono esserespecici per l’orticoltura e

preferibilmente di origine biologi-ca (concimi organici). Potete ini-ziare con ortaggi semplici che ri-chiedono poche attenzioni comele erbe aromatiche, l'insalata,melanzane, peperoni, cetrioli,ravanelli e perché no, in mez-zo anche qualche buonissimafragola. Ma soprattutto abbiatemolta pazienza e buon spiritodi osservazione. Avrete modo diosservare quanto la crescita diuna piccola piantina sia in gradodi porci di fronte a nuove consi-derazioni sulla vita e su madrenatura, considerazioni che sem-pre più di rado vengono fatte.

Ecco una piccola guida chepuò aiutarci a coltivare i nostripreziosi ortaggi comodamen-te sul terrazzo di casa nostra.

1. Marzo/Aprile, la semina

Per coloro che volessero antici-pare i tempi, durante il periodoprimaverile, in commercio è pos-sibile acquistare piccole piantinedi ortaggi già di qualche centime-tro e pronte per essere trapian-tate. Noi però ne consigliamo lasemina da seme riportando sot-to alcuni suggerimenti. Prendetei semi degli ortaggi da voi sele-

zionati (molte persone utilizzanoi semi dell’anno precedente) edistribuiteli in maniera uniformenel semenzaio e ricoprite con unostrato di mezzo centimetro di ter-riccio per semina misto a sabbiao altro materiale drenante tipoagriperlite disponibile in qualsia-si vivaio. Compattate con le manie annafate abbondantemente

con un vaporizzatore per ren-dere questa operazione più de-licata. Poi coprite con un telo

di nylon bucato per favorire ilricambio di aria o di tessutonon tessuto. In questo momen-to la cosa essenziale è che le

sementi ricevano la giusta tem-peratura per innescare la germi-

nazione e dare vita alla piantina.

2. Maggio, il rinvaso

Una volta nate le piante, per tuttoil periodo in cui saranno mante-nute nel semenzaio, cercate di

mantenere la terra umida e po-netelo possibilmente in un luogoriparato dalle gelate tardive diaprile. Se possibile posizionatele piantine del semenzaio ver-so il sole considerando comun-que che l’esposizione solare è

molto più importante in fase dicrescita della piantina (cioè dopo

il rinvaso) e soprattutto durantela fase di maturazione dei frutti.

 A maggio quando le piantine

saranno ben formate, altecirca 8-10 cm potrete toglierledal semenzaio cercando de-licatamente di non romperetroppo le radici di ognisingola pianta e metterle adimora nel vaso denitivo. La scelta del vaso è moltoimportante. Evitate di metteretroppe piante nello stesso vasoscoraggiando un’agguerrita com-petizione che potrebbe ridurre lacrescita di frutti per ogni singola

pianta. Se le piante sono troppotte eliminatele un po’ alla vol-ta. Lo stesso va fatto con quelleche ingialliranno o seccheranno,in maniera che possa pene-trare meglio la luce. Il terriccio

 L’autogestita: Oasiverde

gli ortAggi ecologici

spuntAno DAl bAlconeGuida per coltivare ortaggi sul balcone di casa 

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Agrizoo - Allianz/Lloyd Adriatico - Artemisia- Babette - Babylab - Blu notte - Ciquadro- Cobafer - Estetique Michelle - Fior di

Verbena - Food & Science - LegatoriaIncipit - Harmoniæ - India World - La rondine- Layak - Legno Design - Phisicol - Piletas -Salmoiraghi & Viganò - San Marino Vernici- Scrigno delle Fate - Titan Gomme - TuttaNatura - Vivaio Zanotti - Zaffbike

 attivita’ convenzionate associazione oasiverde

è supportata da

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che userete è abbastanza

indifferente anche se è meglio

evitare quelli troppo torbosi oquelli arricchiti con cornunghiache sembrano avere menocapacità di trattenere l’acqua diirrigazione. Sul fondo del vasodenitivo non dimenticate di

fare un bello strato drenante altoalmeno cinque centimetri conargilla espansa o altro materialedi risulta, in maniera che il ter-reno dreni l’acqua in eccesso eimpedisca alle radici della pintadi marcire.

3. Giugno, la crescita

Come già detto sopra, per cre-scere le piantine hanno bisognodi sole, acqua e un po’ di aiuto.Irrigate facendo in modo che laterra non sia mai completamen-te secca anche se le piante viavvertiranno immediatamentequando avranno bisogno di li-quidi, mostrandosi col fogliameappassito e verso il basso. Nonabbiate paura, basterà innafar -le un pochino con acqua a tem-

peratura ambiente e in 15 minutitorneranno vigorose come pri-ma. Non bagnate mai le foglieperché favorirete la peronospora(è una malattia troca causata da

organismi parassiti) e altre ma-lattie fungine. Le irrigazioni sa-rao due per settimaa o ae giugo, mentre da luglio inpoi diventeranno quasi giornalie-re. Più piccolo è il vaso maggiore

sarà la frequenza delle innafa-ture. La forma che assumerannomano a mano le vostre piantinesarà quella più verosimilmentevicina alla natura della varietàdell’ortaggio che avete piantato,anche se non di rado si adotta lalegatura del fusto (talvolta pos-

sono essere anche più di uno) adei tutori per aiutarle a sostenereil peso che dovranno sopporta-re coi frutti che continueranno acrescere vistosamente. Da nontrascurare è la prevenzione de-gli eventuali attacchi di parassitiirrorando tutte le foglie primadella oritura (e se esposte alle

intemperie) dopo ogni pioggia.Mai bagnarle però nelle ore piùcalde del giorno. Generalmentesi utilizza una miscela d’acqua everde rame anche se per contra-stare l’attacco di parassiti o muf-fe prediligiamo i sani rimedi na-turali. L’estratto di Neem (pianta

pregiata proveniente dall’India) èfavoloso e non ha controindica-zioni ed è ormai comune nei ne-gozi specializzati. Potete ancheconfezionare da soli nella co-modità di casa i vostri prodottirepellenti a base di tabacco ma-cerato in acqua, peperoncino eaglio. Internet offre molti spunti inquesto senso. Concimate mode-ratamente (ogni 3 settimane) conconcimi organici come sangue di

bue o macerato di ortica se ave-te voglia e tempo di prepararveloda soli. Esponete le piante delvostro terrazzo in una posizio-ne soleggiata ma possibilmentenon troppo a ridosso di muri bol-lenti che potrebbero raggiungerein piena estate temperature difusione. Rischiereste di cuocerele piante prima del raccolto.

4. Luglio, la frutticazione

Dalla metà di giugno i ori avran-

no lasciato il posto ai frutti chematureranno sulla pianta assu-mendo il loro colore denitivo.

Non staccateli dalla pianta no

a che non vi serviranno in cuci-na, si mantengono molto meglio

lì che risposti in frigorifero. Dalmomento in cui i vostri frutti sa-ranno abbastanza formati, se

avete possibilità, per combattereil marciume apicale potete ag-giungere all’acqua di irrigazioneun composto a base di calcio. Ese volete dare un tocco di classeal vostro vaso consociate nellostesso del basilico, prezzemoloe altre piante aromatiche non in-festanti. Ricordate che la coltiva-zione indoor delle vostre pianteoltre che essere salutare è un

ottimo antidoto contro lo stress.

Per abituarsi a vivere in manieraecosostenibile si può iniziare an-che dalla coltivazione dei vostriprofumati ortaggi semplicemen-te dal terrazzo di casa vostra.Dite “No” ai pomodori dei banchi

di mercato provenienti da chissàdove quando è possibile produrli

da soli a ‘kilometro zero’. Pro-

durre ortaggi sul balcone delvostro piccolo appartamen-to è un bel modo per ridurrel’impronta ecologica in mododa danneggiare il meno possi-bile l’ambiente che ci circonda,esattamente come ridurre i con-sumi di energia, la mole di riuti

prodotti, le emissioni di carbonioecc. ecc. Ognuno di noi dovrebbefare la propria parte, eliminandoqualche cattiva abitudine anti-ecologica, secondo le proprie

possibilità. Coltivare gli ortaggia ‘kilometro zero’ ad esempio,fa parte di quelle buone prati-che che chiunque può adottare.Cosa aspettate allora? Buonainsalata ecologica a tutti.

5/16/2018 Don Chisciotte 52, aprile 2012 - slidepdf.com

http://slidepdf.com/reader/full/don-chisciotte-52-aprile-2012 14/16

 

14Il Don Chisciottenumero 52, aprile 2012

La settimana del baratto, uno degli even-ti collaterali di Altrementi Festival, è stata

un simbolo, il coronamento di giornate par-ticolari. Credere nelle potenzialità di questainiziativa è stato giusto.I riscontri sono stati molto positivi e ci con-sentono indubbiamente di parlare di questoevento nell’evento come di un successo. A Festival nito, infatti, si può non solo pren-dere atto della bellezza dell’iniziativa e deisuoi risultati concreti, ma anche tracciare le

linee future di intervento.

Il baratto è stato un grande aggregatore so-ciale, con tanti “visitatori” che hanno apprez-zato questo momento, lungo una settimana,di scambio e di relazione.Un evento collaterale all’interno di un Festivaldeve infatti essere capace di coniugarsi conintelligenza alla manifestazione nel cui senosi colloca, ma deve essere certamente ingrado di camminare con le proprie gambe,dando prova di efcacia anche sulla distan-za.Spenti i riettori di AltreMenti Festival, il ba-ratto, come era del resto nelle intenzioni dei

promotori, deve trasformarsi da particolaritàad alto valore civile in pratica il più possibilecontinua di rinnovamento sociale.Le condizioni ci sono tutte: 200 gli scambiquanticati che hanno animato la Sala delPodestà, numerose le persone che hannopartecipato, in molti hanno chiesto notizie, indiversi ci hanno sollecitato ad informarli sullespeciche iniziative dello stesso tenore cheseguiranno. È stato molto suggestivo vede-re questo spazio comunale abitato da tantioggetti diversi, ognuno con la propria storia:

abbigliamento, scarpe, libri, arredi. Ciò cheè avanzato, secondo quanto comunicato,ha trovato altra nobile e giusta destinazione:Mani Tese. Abbiamo creato una serie di contatti con chiorganizza o intende organizzare qualcosa di

simile e cercheremo di coordinarci con tut-te le realtà attive nei circuiti del baratto e

dell’autoproduzione sul territorio riminese enon solo. La prospettiva di organizzare il ba-ratto all’interno di Altrementi Festival è servi-ta, oltre che per i numerosi scambi effettuati,per dare risalto ad una modalità di relazionediversa e possibile, capace di restituire valo-re agli oggetti e al tempo.Insomma, la base si è mossa e dall’alto (cioèin particolare da parte del Comune di Rimini)c’è stata un’adesione convinta e fattiva an-

che per quanto riguarda questa iniziativa.Il baratto è stato parte di una bella parabola:mentre da un lato abbiamo chiamato adintervenire Francesco Gesualdi e Serge

Latouche per parlare di una nuova culturae nuovi stili di vita, dall’altro abbiamo datomodo a tutti di poter toccare con mano cosaquesto signichi, responsabilizzando ciascu-no rispetto alla propria rivoluzione interiore.Cambiare si può, qui, subito e con gioia: AltreMenti lo ha dimostrato. La settimana delbaratto lo ha dimostrato. A noi il compito difar restare in corsa un treno che è partito.

Siamo grati a tutti quelli che hanno partecipa-to all’iniziativa, chiedendo spiegazioni, propo-nendo collaborazioni, offrendo disponibilità,condividendo il loro tempo. Sono in molti adaver fatto il passo importante di riettere e dipartecipare. Siamo riusciti a coprire le neces-sità di volontari in tempi record: anche questodimostra l’efcacia dell’iniziativa. A tutti i vo-lontari va il nostro grazie.Parimenti dico grazie a tutti coloro che hannoscritto per avere informazioni, che hannovoluto incontrarmi per capire di più, che sono

alla ne intervenuti a scambiare, perché ciòche hanno scambiato è in realtà qualcosa dipiù che semplici oggetti.La settimana del baratto costituiva il suggelloideale di una manifestazione come Altre-

Menti Festival che ha puntato molto nelle

ultime due edizioni sui temi della decresci-ta, del consumo critico e del cambiamen-

to sociale. Hanno già calcato le scene delFestival, infatti, Serge Latouche, FrancescoGesualdi, Michele Paolini, Maurizio Pallante,don Gianni Fazzini, Cristiano Bottone, Do-menico Finiguerra, cioè alcune delle menti

più brillanti e più concrete della cultura

contemporanea. Grazie anche ai loro input,molte cose sono già cambiate.Con loro sono nate collaborazioni, scambi

e amicizie personali. Tutti loro sono lì a

ricordarci che la vera sda che ci attende vaoltre il Festival, è nella vita di tutti i giorni. Edè questo, a mio avviso, uno degli elementiche deve maggiormente orientare la manife-stazione.Il lo che, partendo dalla seconda edizionedi AltreMenti Festival, è arrivato alla terzacostituisce una bella trama di riessioneche produce cambiamento. Quest’anno per un’intera settimana abbiamo animato il dibat-tito in campo sociale ed economico, e con ilbaratto abbiamo dato uno spunto ulteriore. Ilmomento culminante, con il Teatro degli Atti

pieno per Latouche, ha mostrato tra l’altroquanto ci sia voglia e bisogno di cambiare.C’è bisogno di crederci, ovunque.Il meccanismo di attivazione di alcuni pro-cessi virtuosi sul Titano è probabilmente piùlaborioso, ma ciò non toglie nulla alla possi-bilità di realizzare spazi concreti di pratichealternative, valorizzando i pochi realmenteesistenti e creando un’ alternativa credibilealla catastrofe cui corriamo incontro.Ed ecco, quindi, che uno spazio permanen-

te del baratto, del riuso e del riciclo, una

follia assoluta se rapportato alla mentalitàancora dominante nella piccola Repubblica,potrebbe diventare un ore all’occhiello nelladiffusione di nuovi stili di vita. Magari in unodegli spazi sottraibili alle logiche speculativepure e semplici. Basta volerlo.

di Stefano Palagiano

Il contributo di AltreMenti festival alla società 

seMi Di

cAMbiAMento

Gruppi d’Acquisto Solidale

5/16/2018 Don Chisciotte 52, aprile 2012 - slidepdf.com

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15www.associazionedonchisciotte.orginfo@associazionedonchisciotte.org Spiritualità

S pecchio, specchio

delle mie brame...

chi è la più bella del reame?” -

chiedeva la strega malvagia alsuo magico amico, che semprele rimandava la risposta da leidesiderata “la più bella sei tu, omia regina...”. Ma alla corte del-la regina cresceva giorno dopogiorno una giovinetta, che sifaceva sempre più bella... Pen-sate che la regina, che tantoteneva alla propria bellezza dachiederne ogni giorno confer-ma, non se ne fosse accorta?...

eccome! E quando il terrore diessere stata ormai superata inbellezza dalla ragazza diventacertezza, ecco che lo specchiocambia la sua risposta: “lapiù bella è Biancaneve!”. Lospecchio cambia la rispostaquando è cambiato ciò che laregina stessa pensa. Una leg-ge universale celata in unafavola, come spesso accade.Le più grandi verità messesotto gli occhi di tutti e noitroppo assonnati per vederle. Tutto ciò che vediamo allospecchio (cioè di fronte a noi,

negli altri, nelle situazioni dellavita) e che ci dà fastidio, checi irrita, che ci scandalizza,è semplicemente quello che

già esiste dentro di noi e cheabbiamo bisogno di guardarein faccia. Quello che non ci in-fastidisce, che ci lascia sereni,è ciò che abbiamo già visto e

superato, che non ci crea con-itti interni, mentre tutto quello

che al contrario ci provoca unareazione deve farci riettere,

tanto di più quanto più accesoè il moto di “ribellione” che ci

scatena. Sappiamo che, inquanto anime, tendiamo adun continuo perfezionamento(evoluzione) che ci porterà afonderci nuovamente con l’Unoda cui proveniamo, dunque è

normale che ci attiriamo osta-coli da dover valicare, personee situazioni che ci aiutino, cre-ando attrito, a“vedere” certi aspetti di noi.

 Attenzione: non è una favo-letta, non è pura teoria... Chi

accetta di mettersi in questaottica cambia radicalmente ilsuo modo di vivere: intantoammette che non c’è nessuna

realtà oggettiva esterna a sé,poiché tutto è proiezione del

soggetto; e poi che “nessunogli sta facendo nulla”, che quelcollega, che quel parente,NON è antipatico o ostile, ma

che semplicemente con unsuo atteggiamento o modo direlazionarsi gli sta facendo unservizio prezioso (ovviamentesenza saperlo): gli sta consen-tendo di lavorare su di sé, ossiadi ricercare quale parte di séviene rispecchiata in quel fasti-dio, e una volta riconosciutala,di accettarla, integrarla, amarla(a quel punto il fastidio che siprovava dinanzi a una personao situazione scompare come

neve al sole). Più chiaramente:ci irritano i prepotenti? Èperché ache oi, i qualcheaspetto, lo siamo. no sop-portiamo chi si dà tante arie?Evidentemente siamo vanito-

si, ache se forse o ellostesso ambito di colui chestiamo criticando. Qualcunoci fa un commento sgradevo-le? Sicuramente in un angolonemmeno troppo remoto di noiil nostro inconscio custodiscequella credenza o quel dubbioe dunque siamo noi stessi adauto-rivolgerci quella critica. Di-versamente dalla legge di attra-

zione, che conquista facilmenteseguaci entusiasti – come te-stimonia il successo planetariodi “The Secret” – la legge dellospecchio di solito non sta al topdei gradimenti delle persone,perché accettarla e soprattuttoapplicarla nel concreto procuraun certo dolore. Il dolore diprendere su di sé la piena re-sponsabilità (che non signica

“colpa”, si badi bene) di tuttociò che ci accade e di non po-terla più addossare agli altri.

 Altrimenti detto, di uscire dalcomodo ruolo di vittima per di-ventare, come l’Invictus di W.E.Henley, “capitani della propriaanima” . Le persone tendonoa rifuggire la soffereza, osapendo che la nostra mac-china biologica (il corpo) èuna grandiosa fucina in cuiavvengono costantementeprocessi di trasmutazione

alchemica, ache a ostrainsaputa e che sovente ildolore è il carburante chele consente di funzionare.Continuamente, infatti, le espe-rienze della vita, che entrano

in noi sotto forma di emozioni,“bruciano”, modicando la

struttura dell’anima e facendociprogredire. In qualche modotutti siamo consapevoli di que-sto. Ma se di tale meccanismodiventiamo veri conoscitori,allora possiamo velocizzare ilprocesso e dirigere le attivitànella direzione voluta, facendosì che il piombo dell’emozione

negativa in ingresso non rista-gni o non vada ad alimentarealtre negatività quali rabbia odepressione, ma bensì che at-traverso il fuoco che scaturiscedal rimanere volontariamentepresenti sul nostro dolore, gra-dualmente si sciolga e diventil’oro dell’emozione superioreche ci immerge nell’amoreuniversale. Riesce difcile por -tare esempi concreti di questameraviglia a chi vorrebbe tuttoin soldoni, ma certamente sabene di cosa sto parlando chi,per esempio, è riuscito nell’im-presa del perdono.Un’opportunità grandiosa dicrescita, per chi è davvero

coraggioso e intenzionato. Euna materia che manca clamo-rosamente a scuola... L’inse-gnamento di queste conoscen-ze, di cui le masse vengonovolutamente tenute all’oscuro,

cambierebbe il mondo nel girodi poche generazioni.

[Un libro per approfondire: “Ofcina Alkemica”, di Salvatore Brizzi, Ani-ma Edizioni.]

di Elena Guidi

lo

specchioMAgico

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http://slidepdf.com/reader/full/don-chisciotte-52-aprile-2012 16/16

 

16Il Don Chisciottenumero 52, aprile 2012

   D  a

    l  2  0  0  4  c  o  n   t  r  o   i  m  u

    l   i  n   i  a  v  e  n   t  o   !

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