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di 45 anni italia nello spazio Prosegue il racconto di Michelangelo De Maria, Lucia Orlando e Giovanni Paoloni sulle origini dello spazio italiano. L’Italia del fisico Amaldi a metà degli anni Cinquanta e il ruolo dei militari, sullo sfondo il cambiamento di un’era con il lancio dello Sputnik 49 | STORIA IN RETE Marzo 2009 DOSSIER L’ITALIA, LE STELLE, LA STORIA/3 3. L’Italia e l’Anno Geofisico Internazionale N egli anni Cinquanta ebbe luogo anche un’altra importante iniziativa di coo- perazione scientifica internazionale, promossa dall’ICSU: l’Anno Geofisico Internazionale, al quale parteciparono 66 Paesi. L’obiettivo era lo svolgimento di ricerche sulla struttura degli strati su- periori dell’atmosfera durante il periodo di più intensa attività solare previsto nel 1957-1958: la durata di questo «Anno» era prevista dal luglio 1957 al dicembre 1958. Per il coordinamento dell’iniziativa venne creata una struttura orga- nizzativa piramidale, con un livello internazionale ristretto e livel- li nazionali più articolati: nel 1952 venne creata una Commissione Speciale per l’Anno Geofisico Internazionale (CSAGI), presieduta dall’inglese Sydney Chapman, vicepresidente Lloyd Viel Berkner (più tardi molto attivo nelle iniziative spaziali statunitensi), se- gretario generale il belga Marcel Nicolet; la Commissione nel suo insieme era formata dai rappresentanti di tutti i Paesi partecipanti, e una volta l’anno si riuniva in sessione plenaria. La CSAGI formò Fra scienza e guerra fredda Fra scienza e guerra fredda

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Prosegue il racconto di Michelangelo De Maria, Lucia Orlando e Giovanni Paoloni sulle origini dello spazio italiano. L’Italia del fisico Amaldi a metà degli anni Cinquanta e il ruolo dei militari, sullo sfondo il cambiamento di un’era con il lancio dello Sputnik

49 | STORIA IN RETEMarzo 2009

DOSSIER L’ItALIA, LE StELLE, LA StORIA/3

3. L’Italia e l’Anno Geofisico Internazionale

N egli anni Cinquanta ebbe luogo anche un’altra importante iniziativa di coo-perazione scientifica internazionale, promossa dall’ICSU: l’Anno Geofisico Internazionale, al quale parteciparono 66 Paesi. L’obiettivo era lo svolgimento di ricerche sulla struttura degli strati su-periori dell’atmosfera durante il periodo

di più intensa attività solare previsto nel 1957-1958: la durata di questo «Anno» era prevista dal luglio 1957 al dicembre 1958. Per il coordinamento dell’iniziativa venne creata una struttura orga-nizzativa piramidale, con un livello internazionale ristretto e livel-li nazionali più articolati: nel 1952 venne creata una Commissione Speciale per l’Anno Geofisico Internazionale (CSAGI), presieduta dall’inglese Sydney Chapman, vicepresidente Lloyd Viel Berkner (più tardi molto attivo nelle iniziative spaziali statunitensi), se-gretario generale il belga Marcel Nicolet; la Commissione nel suo insieme era formata dai rappresentanti di tutti i Paesi partecipanti, e una volta l’anno si riuniva in sessione plenaria. La CSAGI formò

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spaziozò 99, alcune a terra, altre su aerei, palloni sonda e satelliti, per un to-tale di 164 rivelatori.

Il gruppo guidato da Amaldi iniziò a lavorare nell’ottobre 1953, con la costruzione di una stazione per l’os-servazione della variazione di inten-sità dei raggi cosmici (SVIRCO) sul tetto dell’Istituto di Fisica dell’Uni-versità di Roma. Questa stazione (la sola in Italia) era dotata di un rivela-tore della componente ionizzante del-la radiazione cosmica, che permette-va di registrare variazioni dell’ordine dell’1%. Anche questa realizzazione era avvenuta attraverso l’INFN, tut-tavia l’Istituto ne sollecitava una ge-stione indipendente: infatti le ricerche cosmologiche non rientravano nel-l’ambito dei campi di interesse dell’IN-FN, che peraltro, va detto, continuò a svolgere un ruolo importate nelle attività spaziali italiane per tutti gli anni Sessanta. Il programma di Amal-di per l’Anno Geofisico prevedeva la modifica del rivelatore esistente, per adeguarlo agli standard indicati dalla CSAGI, e la realizzazione di un rive-latore di neutroni per la misura della componente nucleonica, per il quale la Conforto venne inviata presso il la-boratorio di Simpson a Chicago. I dati ottenuti dal gruppo italiano durante l’Anno Geofisico furono molto impor-tanti, e resero possibile lo studio delle variazioni di intensità delle diverse componenti della radiazione cosmica al mutare delle condizioni meteorolo-giche, del ciclo solare, delle tempeste magnetiche e dei fenomeni aurorali.

Le ricerche portate avanti dal grup-po romano sarebbero state rese più efficaci dall’utilizzazione di un mezzo aereo adeguato. Nel tentativo di pro-curarsene uno, Amaldi prese contatto col generale Carlo Alippi, direttore del Centro Studi e Ricerche dell’Aeronau-tica Militare, e rappresentante italia-no nell’Advisory Group for Aerospace Research and Development (AGARD) della NATO. Questi lo mise in contatto col gen. Don Flickinger, responsabile in Europa per le attività di ricerca del-l’aeronautica statunitense, che il 30 aprile 1956 doveva tenere a Roma un

so Boella. Subito dopo la conclusio-ne dell’Anno Geofisico, i tre faran-no parte della Commissione per le Ricerche Spaziali (CRS), anch’essa in ambito CNR, che fu il primo orga-nismo italiano a occuparsi attività spaziali. La CNIAGI seguì lo schema organizzativo della commissione internazionale, ma costituì soltan-to 11 gruppi di lavoro: mancavano quello dedicato a Missili e Satelliti e quello per la Distribuzione Geo-grafica, di cui «in Italia – si disse – non c’era necessità»; segno che ancora in quella fase, nonostante le attività già in corso per lo sviluppo di missili (in collaborazione fra in-dustria e militari), non si riteneva opportuno un impegno esplicito nel campo dei lanciatori, e ancor meno dei satelliti.

Tra i gruppi italiani più attivi, ovviamente, vi era quello per i Rag-gi Cosmici, presieduto da Amaldi: il gruppo italiano era rappresentato negli incontri internazionali da Anna Maria Conforto, e aveva tra i suoi membri Francesca Bachelet e Alberto Egidi; alla guida del gruppo di lavoro internazionale vi era J. A. Simpson, dell’Istituto di Studi Nucleari «En-rico Fermi» di Chicago. L’obiettivo internazionale di ricerca era di tipo cosmologico, e riguardava lo studio delle correlazioni astronomiche e geomagnetiche della radiazione co-smica: si trattava di un argomento in discussione da vent’anni, il cui studio era strettamente legato al problema di definire la struttura della galassia e forse anche delle nebulose extragalattiche. La distri-buzione dell’energia della radiazio-ne cosmica ai bordi dell’atmosfera, poi, poteva fornire informazioni sul tipo e sull’ intensità del campo ma-gnetico ed elettrico all’interno e al-l’esterno del sistema solare. Il cam-po magnetico terrestre selezionava le particelle cariche al loro ingresso nell’atmosfera, sicché lo spettro di energia dei raggi cosmici variava con la latitudine e la longitudine: di qui la necessità di una rete di stazioni di osservazione sparse per tutto il globo. La CSAGI ne organiz-

e direzione dei venti, da terra fino a 20 mila e 30 mila metri di altezza. A questo scopo venne organizzata una rete di rilevazione e trasmissione che comprendeva sei stazioni radioson-de, gli osservatori di Vigna di Valle (Roma), Cagliari, Messina e Monte Cimone, e 45 navi mercantili apposi-tamente selezionate ed equipaggiate. Tutti i dati ottenuti venivano inviati a Ginevra, dove uno specifico centro li raccoglieva, li controllava, ed elabo-rava le statistiche preliminari prima di rilanciarli alla rete internazionale.

4. I militari e lo spazio

D opo la di-s p e r s i o n e delle squa-dre di inge-gneri tede-schi che du-rante la se-conda guer-

ra mondiale avevano costruito le V2, antenate dei moderni missili balistici, ricerche in campo missilistico erano state avviate in molti dei paesi dove quegli ingeneri si erano trasferiti. Queste ricerche assunsero una gran-de rilevanza militare dopo i primi test sulle bombe termonucleari, quando venne avviata la miniaturizzazione delle testate atomiche. In particolare, la produzione di missili su larga sca-la riguardò gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica, ma su scala minore questa attività coinvolse anche l’Europa. La Gran Bretagna, ad esempio, nel 1954 cominciò a sviluppare, sulla base di una serie di licenze americane, un missile a medio raggio (Blue Streak): si trattava di un missile a propellente liquido, capace di trasportare testate abbastanza pesanti e di colpire obiet-tivi strategici nell’Unione Sovietica. Per un breve momento sembrò che gli USA volessero condividere la capacità produttiva, concentrandosi sulla rea-lizzazione dei missili intercontinen-tali Atlas, e lasciando agli inglesi la costruzione dei missili a medio rag-gio. Tuttavia, data la lentezza con cui procedevano le ricerche britanniche e l’interesse dei laboratori americani a

incontro per l’assegnazione di contratti di ricerca in campo aeronautico a strut-ture italiane. Questo primo contatto non ebbe esito positivo, ma fu ugual-mente importante perché dimostrò che il momento della collaborazione si avvicinava, e avviò rapporti con rap-presentanti di spicco dell’aeronautica italiana e americana, due anni prima che prendessero corpo i progetti euro-pei successivi al lancio dello Sputnik (dei quali di dirà in seguito).

L’Anno Geofisico fu anche l’occasio-ne per rafforzare quella cooperazio-ne tra ricercatori, amministrazione statale e Forze Armate che aveva già operato con successo nelle spedizioni sponsorizzate dal CERN: alle attività promosse dalla CNIAGI parteciparo-no infatti a vario titolo il ministero delle Poste e Telecomunicazioni, che facilitò la comunicazione veloce tra i laboratori; il ministero della Difesa - Aeronautica, che mise a disposizione la rete di assistenza al volo e il ser-vizio meteorologico per la rilevazione dei dati di pressione a terra e nell’at-mosfera; il Rapid Communication Centre, che nell’ambito della CNIAGI assicurava la circolazione veloce dei dati, che operò in accordo con l’Aero-nautica e le Poste, e nel 1960 venne poi reso permanente in vista del lan-cio di missili con finalità scientifiche da basi italiane. Di particolare rilievo, scientifico e logistico, fu la collabora-zione del Servizio Meteorologico del-l’Aeronautica, che per più di un anno e mezzo svolse rilevazioni sistemati-che della pressione atmosferica, tem-peratura, umidità relativa, velocità

STORIA IN RETE | 50 Marzo 2009 51 | STORIA IN RETEMarzo 2009

13 gruppi di lavoro: Giorni Mondiali, Meteorologia, Geomagnetismo, Cieli Notturni e Aurore, Ionosfera, Attivi-tà Solare, Raggi Cosmici, Latitudini e Longitudini, Glaciologia, Oceanogra-fia, Missili e Satelliti, Distribuzione Geografica, Pubblicazioni e Promo-zione. L’Italia era rappresentata nella CSAGI da Mario Boella, ordinario di Comunicazioni elettriche al Politec-nico di Milano, e componente della International Scientific Radio Union (ISRU). La sessione plenaria del 1954 fu tenuta a Roma, e doveva passare alla storia, perché è in questa occa-sione che gli Stati Uniti, prendendo spunto da una proposta della CSAGI, annunciarono il possibile lancio di un satellite di ricerca durante l’An-no Geofisico. A questo punto anche i sovietici, che fino a quel momento non si erano interessati all’iniziativa, annunciarono di voler partecipare al-l’Anno Geofisico.

Vennero inoltre costituite delle commissioni nazionali, per coordina-re la ricerca a livello locale e occupar-si dei finanziamenti: la Commissione Nazionale Italiana per l’Anno Geofi-sico Internazionale (CNIAGI) venne istituita nel 1954 presso il CNR; la presiedeva il geofisico Giovanni Silva (sostituito nel 1957 da Paolo Dore) e ne facevano parte fra gli altri Edoardo Amaldi, Guglielmo Righini, e lo stes-

ottenere ordinativi in questo campo, dal 1955 si ebbe lo sviluppo paralle-lo di tre progetti simili: Blue Streak (GB), Thor (USA) e Jupiter (USA).

Nel frattempo, la «nuova dottrina» strategica della NATO comportava l’installazione in Europa di missili a breve gittata. Questa «nuova dot-trina» era basata su due caposaldi: mantenere una capacità militare continua e a costi contenuti, invece di inviare rinforzi in caso di crisi, con costi maggiori e minore efficacia; ar-rivare a costituire uno «scudo aereo» europeo, pur mantenendo il ruolo deterrente essenziale dell’aviazione americana. Lo «scudo» non avrebbe forse potuto contrastare la tradizio-nale supremazia sovietica in questo campo, ma avrebbe comunque co-stretto il nemico a concentrare le sue forze, rendendole facilmente vulne-rabili alle nuove armi atomiche tat-tiche. «La decisione fondamentale – scriveva il segretario di Stato ameri-cano John Foster Dulles nel gennaio 1954 – è quella di affidarsi a una for-te capacità di ritorsione immediata, con mezzi e obiettivi scelti da noi». I francesi e gli italiani avanzarono in sede NATO forti obiezioni al fatto che le truppe americane in Europa potessero combattere con armi nu-cleari tattiche, senza che gli alleati europei disponessero di armamenti analoghi. Alla fine del 1954, dopo il fallimento della Comunità Europea di Difesa, l’amministrazione ame-ricana decise di ridurre la presenza di truppe sul territorio europeo, e di compensare questi tagli con l’invio di missili Corporal e Honest John, che vennero rapidamente messi a disposizione degli alleati. Alla fine del 1955 gli americani rafforzaro-no ulteriormente il loro armamento antiaereo coi missili Nike B a testa-ta atomica, e Hawk. Questi ultimi, come si vedrà in seguito, furono poi prodotti direttamente in Europa, con un significativo ruolo italiano.

Nella seconda metà degli anni Cin-quanta, queste attività si svolgeva-no in parallelo con il tentativo di far decollare progetti europei di ricerca

Il logo dell’Anno Geofisico Internazionale

Il fisico Giovanni Silva (1882-1957)primo presidente della Commissione Nazionale Italiana per l’Anno Geofisico Internazionale

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stero della Difesa, ebbe inizio per il settore aerospaziale italiano un periodo di pianificazione politica che non aveva precedenti. In que-sto periodo si giunse anche alla decisione di sostituire i missili a combustibile liquido Thor, Jupiter e Blue Streak, con missili a propel-lente solido Polaris, detti all’epoca missili di «seconda generazione»: il vantaggio di questi ultimi era che potevano essere montati su rampe di lancio mobili e spostati per rea-gire immediatamente e con succes-so a qualunque segnale di allarme, cosa impossibile coi precedenti, per via dell’instabilità del propellente liquido utilizzato. Questo portò al-l’abbandono, da parte inglese, della produzione di Blue Streak, e mise fine all’accordo F-I-G. Da allora, gli europei, compresi gli italiani, si de-dicarono alla produzione di missili tattici, lasciando agli USA quella dei vettori di media e lunga portata. Solo la Francia riprese dopo qual-che tempo, e non senza difficoltà, un’attività indipendente in questo settore. (3 - continua)

A cura di Francesco Rea Agenzia Spaziale Italiana

loro invulnerabilità territoriale, al-meno in teoria, e la garanzia del de-terrente nucleare su cui era basata l’Alleanza Atlantica veniva in parte messa in discussione. Per quanto riguarda i satelliti, lo Sputnik avviò l’era dei satelliti da ricognizione: dopo un iniziale disaccordo, russi e americani diedero vita de facto a un sistema internazionale basato sul mutuo riconoscimento dei satelliti da ricognizione, che avrebbe svolto un ruolo importante nel mantenere il cosiddetto «equilibrio del terrore» negli anni a venire. L’Italia, che non aveva allora un ruolo da giocare nel campo dei satelliti, si trovò invece coinvolta nelle conseguenze «bali-stiche» dello Sputnik: tra il 1957 e il 1959, infatti, si giunse all’instal-lazione in Turchia e in Italia di mis-sili Jupiter, sotto la responsabilità operativa dell’Aeronautica italia-na (assistita da tecnici americani), che già aveva in gestione dal 1955 i missili Corporal e Honest John; a queste unità si aggiunse poi una compagnia che aveva la responsa-bilità dei missili intercettori telegui-dati Nike-Ajax e Nike-Hercules.

Il lancio dello Sputnik, infine, co-stituì l’occasione per portare sotto l’ombrello NATO le iniziative euro-pee avviate negli anni precedenti in maniera non coordinata: a questo scopo venne costituito uno specifi-co gruppo di lavoro (gruppo Meili) a guida americana. Tale gruppo non riuscì tuttavia a superare gli osta-coli che impedivano la cooperazio-ne nel settore dei missili a medio raggio, e finì per dedicarsi alla pro-mozione di progetti comuni per la produzione di missili tattici a corto raggio: nel 1959 questo si tradusse nella produzione di missili Hawk da parte di un gruppo di Paesi eu-ropei (Francia, Germania, Olanda e Italia). Secondo alcuni, questa de-cisione ebbe un ruolo cruciale per lo sviluppo dell’elettronica italiana in questo campo, anche grazie ai rapporti di collaborazione stabili-ti tra Finmeccanica e Aerochemie. Comunque, nel febbraio 1959, con l’arrivo di Giulio Andreotti al mini-

STORIA IN RETE | 52 Marzo 2009

comune in campo missilistico e ae-ronautico. Le trattative erano sta-te avviate in sede UEO nel 1957, e proseguite dopo la crisi di Suez, e portarono a una serie di accordi bilaterali anglo-francesi. Questi ul-timi svolgevano un ruolo centrale anche in un altro progetto che coin-volgeva l’Italia e la Repubblica Fe-derale di Germania. Dopo un com-plesso negoziato, in cui ebbe un ruolo rilevante il ministro italiano della Difesa, Paolo Emilio Taviani, si giunse a un accordo di coopera-zione nel campo dell’aeronautica e dei missili, nonché delle applicazio-ni militari dell’energia nucleare, il cosiddetto accordo F-I-G. Taviani dovette anche fronteggiare le pres-sioni inglesi per uno spostamento della trattativa in sede UEO, con un approccio multilaterale.

Il 4 ottobre 1957, durante l’Anno Geofisico Internazionale, l’Unione Sovietica lanciò il primo satellite artificiale Sputnik. Le conseguen-ze di questo lancio si fecero senti-re sia nel campo dei missili che in quello dei satelliti. Sotto il profilo missilistico, il vettore R-7 sovietico confermava la sua portata intercon-tinentale, già emersa alcuni mesi prima: gli USA avevano perso la

Il missile sovietico R-7 che portò in orbita lo Sputnik, il primo satellite artificiale, il 4 ottobre 1957

L’incrociatore Giuseppe Garibaldi, prima unità lanciamissili della Marina Militare Italiana durante un test con un missile balistico Polaris in grado di trasportare una testata nucleare W47 da 600 kiloton. Queste armi, tuttavia, non furono mai adottate dall’Italia per motivi politici