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Dr. Nicola Corazzari Dr.ssa Claudia Casali Dr.ssa Erica Romei

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Diverse variabili concorrono alla costruzione del linguaggio partendo da un assunto ormai condiviso

secondo il quale tutti i bambini nascono con una predisposizione genetica all’acquisizione del

linguaggio ma è solo grazie a fattori esperienziali che tali strutture predisponenti hanno la possibilità di

maturare.

Genetica + Esperienza = maturazione della competenza

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Prelinguaggio (fino ai 18 mesi)Piccolo linguaggio (dai 18 mesi ai 3

anni)Linguaggio (dai 3 anni)

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Il neonato passa , nel giro di qualche mese dal cinguettìo (suoni non specifici a stimoli non specifici) alla lallazione (coppia di vocale-consonante) e all’ecolalia, ovvero il primo

dialogo tra bimbo e madre (e/o padre), in cui il bambino risponde alla parola dell’adulto con una

specie di melodia continua.Parallelamente l’adulto adatta il suo discorso alla capacità di ricezione del bambino, costruisce frasi

semplici con suoni acuti.Interazione tra neuromotricità, apparato

fonoarticolatorio (che c’è ma va allenato) e relazione.

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Le prime parole compaiono in una situazione ecolalica.

«mamma» e «papà» sono parole semplici composte da sillabe identiche. Si passa dalle

poche parole conosciute a 12 mesi ad un vocabolario di 200 parole a 2 anni.

La costante che incontriamo nonostante le diff. interindividuali sta nel fatto che la

comprensione passiva precede sempre l’espressione attiva.

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Parola-frase: utilizza una parola che ha un significato legato a quello che l’adulto gli dà. «TO TO» vuol dire «siamo in macchina», il linguaggio

accompagna l’azione.Il parlare da «bimbo piccolo» dura pochi mesi, il ruolo della famiglia è considerevole e grazie al

«bagno linguistico» in cui si trova immerso apprende anche passivamente moltissimi suoni che

progressivamente riesce anche a riprodurre attivamente.

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La conquista del linguaggio è caratterizzata dall’abbandono del linguaggio infantile al quale

si sostituisce una costruzione simile a quella dell’adulto.

Abbiamo un arricchimento qualitativo e quantitativo (anche 1500 parole) che è

legato ad una attività mimetico/imitativa shakerata con concetti che emergono

spontaneamente dentro di lui («aprito»=«aprire»: intuisce il participio ma non conosce l’eccezione alla regola però ci

prova!gli/le piace parlare!)

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Così arriviamo a 5 anni con una capacità di organizzazione, comprensione ed espressione del linguaggio che diviene sempre più complessa: il

linguaggio verbale è sufficiente a fare dialogare il bambino nel suo ambiente e con sé stesso,

diventa pensiero, guida dell’azione, manifestazione dei bisogni e dei desideri,

competenza preparatoria ai successivi apprendimenti.

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L’acquisizione del linguaggio permette di passare dall’indicazione all’evocazione quindi

dalla gestione della distanza alla tolleranza della assenza: la comunicazione mimica rimane parte dell’indicazione gestuale dove c’è un altro «che

pensa per te» mentre l’uso del linguaggio permette di evocare ciò che non c’è e procedere

sulla strada che porta all’autonomia.

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E’ una condizione frequente in età prescolare e spesso transitoria che può essere

caratterizzata da difficoltà dell’articolazione e dell’eloquio, del linguaggio espressivo e/o

nella comprensione del linguaggio.I bambini che crescono in assenza di

stimolazione linguistica non sviluppano il linguaggio (i sordi faticano a sviluppare

linguaggio).

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Cause:a.Carenza qualitativa e quantitativa degli stimoli linguisticib.Immaturità cerebralec. Qualità delle relazioni affettive in famigliad. Assenza del desiderio di comunicazione linguistica

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Lo sviluppo linguistico è caratterizzato da una grande variabilità individuale;

Intorno ai 30 mesi abbiamo una esplosione linguistica, si estende il vocabolario e vengono

costruite frasi di 3 parole;

Se comprende le consegne ma non si esprime possiamo tranquillamente aspettare i 3 anni, nel

frattempo forniamo indicazioni di massima ai genitori;

A 3 anni possiamo distinguere il parlatore tardivo dal possibile ritardo linguistico;

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Cosa osservare (oltre al linguaggio)

-Scarsa capacità di socializzazione;

-Difficoltà a mantenere l’attenzione su un gioco o un oggetto;

-Preferenza per la comunicazione gestuale piuttosto che vocale;

-Difficoltà nel gioco simbolico e nelle sequenze di azione.