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40 fet con prodotti biologici preparato dal- l’associazione. Tantissima gente, sicuramente più di quan- ta era prevista (eravamo circa 180): la prima impressione è stata di trovarci in mezzo a per- sone diverse tra loro anche se con molte co- se in comune. Il clima era molto disteso ed informale, in sintonia con lo spazio che ci ospi- tava, accogliente e semplice nonostante ci tro- vassimo in una villa del Settecento. La presenza di molti bambini, di età di- verse, ci ha fatto capire subito che non si trat- tava di un incontro solo per “addetti ai la- vori”, cosa che ci ha predisposto molto be- ne, data la nostra natura “ibrida” di non educatrici professioniste, non mamme, sem- plicemente interessate. Come noi molti al- tri, e poi persone che per la prima volta si avvicinavano all’argomento ma che condi- videvano le inquietudini, oltre a professio- nisti dell’educazione e genitori, persone che trovandosi davanti il problema concreto ogni giorno di che tipo di educazione dare ai ragazzi hanno scelto di cercare stimoli e confronto in questo incontro. Si è colto immediatamente un atteggia- mento rilassato ma soprattutto curioso da parte dei partecipanti. Si è capito subito che non c’erano grandi saggi da cui avremmo do- vuto trarre insegnamenti per uscire dalla nostra ignoranza, ma che ci saremmo con- frontati semmai con una specie di “guida”, di riferimento, che avrebbe condiviso con noi la propria esperienza. Ci aspettavamo più persone legate al movimento anarchico o in qualche modo più politicizzate, invece la bella sorpresa è stata scoprire che l’interesse partiva dal- l’educazione per arrivare alla politica e non viceversa. È spesso poco costruttivo av- vicinarsi a delle idee politiche e solo in seguito scoprire dall’interno qual è l’ap- proccio a un tema così importante come l’educazione. L’impostazione della gior- nata e quindi della Rete Nazionale per l’Educazione Libertaria invece ci è sem- brata delle migliori: non unire sotto una stessa bandiera, bensì risvegliare la curio- sità di discutere i principi e gli obiettivi del- l’educazione coinvolgendo in questo mo- do addetti ai lavori, e non solo, frustrati dal- la deriva dell’educazione istituzionale. S iamo arrivate la mattina alle 10 a Villa Buri (Verona), abbiamo la- sciato la macchina fuori dallo splen- dido parco dov’è situata per goderci en- trando l’ambiente e il verde in cui è im- mersa questa splendida villa del 700. Su uno dei lati della villa, circondata da prati e da alberi secolari, si apre un accogliente bar decorato con colori caldi e un ambiente ca- salingo che offre bibite ecologiche e non usa bicchieri o bottiglie di plastica. Con que- sta presentazione del luogo ci avviciniamo all’entrata della villa dove c’era l’iscrizio- ne all’incontro e dove ci hanno consegna- to dei bigliettini con i nostri nomi da por- tare in vista e il ticket per il pranzo a buf- E ducare nella libertà di Valentina Galasso & Valeria Giacomoni incontri Il 24.25 aprile scorsi si è tenuto a Verona il 2° Incontro nazionale della Rete dell’Educazione Libertaria. Eccone il resoconto di due partecipanti. Verona, Villa Buri.

ducare Valentina Galasso nella libertà · menti della pedagogia libertaria e dei suoi obiettivi. Partendo dal concetto di come il curri-culum scolastico copra realmente solo una

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fet con prodotti biologici preparato dal-l’associazione.

Tantissima gente, sicuramente più di quan-ta era prevista (eravamo circa 180): la primaimpressione è stata di trovarci in mezzo a per-sone diverse tra loro anche se con molte co-se in comune. Il clima era molto disteso edinformale, in sintonia con lo spazio che ci ospi-tava, accogliente e semplice nonostante ci tro-vassimo in una villa del Settecento.

La presenza di molti bambini, di età di-verse, ci ha fatto capire subito che non si trat-tava di un incontro solo per “addetti ai la-vori”, cosa che ci ha predisposto molto be-ne, data la nostra natura “ibrida” di noneducatrici professioniste, non mamme, sem-

plicemente interessate. Come noi molti al-tri, e poi persone che per la prima volta siavvicinavano all’argomento ma che condi-videvano le inquietudini, oltre a professio-nisti dell’educazione e genitori, persone chetrovandosi davanti il problema concretoogni giorno di che tipo di educazione dareai ragazzi hanno scelto di cercare stimoli econfronto in questo incontro.

Si è colto immediatamente un atteggia-mento rilassato ma soprattutto curioso daparte dei partecipanti. Si è capito subito chenon c’erano grandi saggi da cui avremmo do-vuto trarre insegnamenti per uscire dallanostra ignoranza, ma che ci saremmo con-frontati semmai con una specie di “guida”,di riferimento, che avrebbe condiviso con noila propria esperienza.

Ci aspettavamo più persone legate almovimento anarchico o in qualche modopiù politicizzate, invece la bella sorpresa èstata scoprire che l’interesse partiva dal-l’educazione per arrivare alla politica enon viceversa. È spesso poco costruttivo av-vicinarsi a delle idee politiche e solo inseguito scoprire dall’interno qual è l’ap-proccio a un tema così importante comel’educazione. L’impostazione della gior-nata e quindi della Rete Nazionale perl’Educazione Libertaria invece ci è sem-brata delle migliori: non unire sotto unastessa bandiera, bensì risvegliare la curio-sità di discutere i principi e gli obiettivi del-l’educazione coinvolgendo in questo mo-do addetti ai lavori, e non solo, frustrati dal-la deriva dell’educazione istituzionale.

Siamo arrivate la mattina alle 10 aVilla Buri (Verona), abbiamo la-sciato la macchina fuori dallo splen-

dido parco dov’è situata per goderci en-trando l’ambiente e il verde in cui è im-mersa questa splendida villa del 700. Su unodei lati della villa, circondata da prati e daalberi secolari, si apre un accogliente bardecorato con colori caldi e un ambiente ca-salingo che offre bibite ecologiche e nonusa bicchieri o bottiglie di plastica. Con que-sta presentazione del luogo ci avviciniamoall’entrata della villa dove c’era l’iscrizio-ne all’incontro e dove ci hanno consegna-to dei bigliettini con i nostri nomi da por-tare in vista e il ticket per il pranzo a buf-

Educarenella libertàdi Valentina Galasso

& Valeria Giacomoni

incontri

Il 24.25 aprile scorsi si è tenuto a Veronail 2° Incontro nazionale della Rete dell’Educazione Libertaria.

Eccone il resoconto di due partecipanti.

Verona, Villa Buri.

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Crescita integraledell’individuo

La presentazione della giornata è avve-nuta in una sala gremita di gente (qualcunoè rimasto anche fuori) ed è iniziata cercan-do di capire dove ci trovavamo. Giulio del-la Scuola Kiskanu che ha sede dentro VillaBuri, ci ha accolti spiegando brevementecome funziona questo progetto che raccogliee mette a frutto le esperienze professionalidi un gruppo di insegnanti e genitori che da12 anni lavorano ad un nuovo genere d’ap-proccio all’Educazione di indicazione Eticae Libertaria. Ne è nata una esperienza edu-cativa d’avanguardia che si fonda sull’In-contro umano e su un rinnovato rapporto ve-race e vivente tra individui, natura e socie-tà (http://www.kiskanu.org/)

Poi l’intervento di Francesco Codello ciha portati nel vivo dei temi della giornata: unapresentazione chiara e lineare dei fonda-menti della pedagogia libertaria e dei suoiobiettivi.

Partendo dal concetto di come il curri-culum scolastico copra realmente solo unaminima parte della conoscenza umana siè discusso sulla differenza tra un appren-

dimento lineare e un apprendimento plu-ralistico. Se il sistema scolastico istituzio-nale propone un percorso lineare dallanon conoscenza alla conoscenza, l’ap-prendimento pluralistico si rappresentacon una spirale perché considera fonda-mentale essere sempre connessi a dubbi edomande, ovvero tornare continuamentenella sfera della non conoscenza. La pe-dagogia libertaria valorizza questi dubbi edomande come il motore di una ricerca per-sonale verso la conoscenza e non li consi-dera in modo negativo come nel nostrosistema scolastico in cui invece si parla dilacune, insicurezze ed addirittura, con unvocabolario squisitamente aziendale, didebiti formativi. Si è introdotto il concet-to di “tempo speso bene” in contrasto conla “perdita di tempo” che tanto preme alsistema educativo istituzionale: sembrache l’accumulazione di concetti teorici eil portare a termine un programma sianogli obiettivi dell’educazione, senza chie-dersi qual è la motivazione e il metodoche porta all’apprendimento. L’educazio-ne libertaria intende l’educazione in unsenso ampio, una crescita integrale del-l’individuo; in contrasto con la conoscen-

za programmata e prettamente razionaleche non dà spazio alla curiosità e all’ini-ziativa personale (che il nostro sistema hadeciso di trasmettere), propone un’edu-cazione incidentale che prende spunto (elascia spazio) dalle cose che succedononella vita, e che presuppone una crescitacontinua e a 360º tanto per l’allievo comeper l’educatore.

«Il grande “successo” del sistema educa-tivo è che ci ha resi “quadratisti”: persone checlassificano gli altri in base al loro successodentro ai confini del quadrato (definito edelimitato dall’autorità che stabilisce i con-fini dell’insegnamento). L’apprendimentolineare nel quadrato enfatizza l’acquisizio-ne di una conoscenza programmata prepa-rata e assoluta. Una persona non consegueuna conoscenza come risultato di una ricer-ca personale ma gli viene trasmessa dal-l’autorità educativa».

La giornata è poi proseguita con deigruppi di lavoro tesi ad individuare e di-scutere questioni fondamentali relative al-l’educazione libertaria. Dall’approccio conla prima infanzia, al ruolo dell’educatore li-bertario, all’approfondimento delle espe-rienze educative in corso: da una parte cen-

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trando l’attenzione sul progetto del Col-lettivo di Kiskanu, dall’altra sulle scuoledemocratiche presenti in tutto il mondo(http://www.idenetwork.org/).

Primainfanzia

Il gruppo sulla prima infanzia era condottoda Grazia Honnegher Fresco, pedagogista

erede di Maria Montessori della quale fuallieva; si è discusso dell’importanza del pri-mo contatto con il mondo dei piccoli, fon-damentale nell’apprendimento delle rela-zioni con gli altri. Se consideriamo l’educa-zione come lo sviluppo integrale della per-sona, delle sue passioni e delle sue peculia-rità, in armonia con l’ambiente circostante,senza voler “riempire” acriticamente l’al-lievo (indipendentemente dalla sua età) diconcetti ed informazioni precostituite, la pri-ma infanzia rappresenta in questo senso unafase cruciale: sono gli anni dei primi ap-procci, prevalentemente fisici, ma non perquesto secondari, con il mondo e con la re-altà circostante; sono gli anni della scoper-ta dei cinque sensi e delle prime forme di sen-timenti e reazioni.

Si è insistito sull’importanza di dare fiduciaal bimbo, di farlo sentire sullo stesso pianodegli adulti, con lo stesso diritto ad essere ri-spettato e capito; della necessità di esplora-re, permettendogli di scoprire e approfondirei propri interessi (che in tenera età sonoquasi solo fisici), lasciandogli toccare, annu-sare, vedere, ascoltare e assaporare, cercan-do di evitare per esempio di usare il ciucciocome un tappo, che inibisce l’esplorazione con

le mani e con la bocca, primo slancio deipiù piccoli.

Certo è importante il ruolo dell’adulto nel-l’avvicinamento a tutto ciò che incuriosisceil bambino, nello spiegare con dolcezza edamore i limiti dentro i quali può muoversi au-tonomamente.

A questo punto arriva il momento diparlare del diritto anche di un bambino adessere libero: dal momento che della liber-tà si può godere nella misura in cui si pos-siedono gli strumenti per capirla e gestirla,per un bambino questo significa essere liberoall’interno dello spazio che l’adulto (sia edu-catore o genitore) costruisce per la sua si-curezza nel rispetto di quello che il bambi-no decide di fare e di essere. È chiaro infattiche un bambino di pochi anni non ha gli stru-menti per capire che cosa gli potrebbe nuo-cere. Non può averli ed è giusto che non liabbia. Il ruolo dell’educatore sta proprio inquesto: costruire uno spazio di libertà, pro-porzionato all’età del bambino e quindi coni confini necessari alla sua sicurezza ed al suobenessere, dentro al quale il bambino puòmuoversi libero di sperimentare e cono-scere tutto ciò vuole. Questi confini non li-mitano la libertà del bambino, ma la sup-

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Grazia Honnegher Fresco (???)

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portano, e sono da intendersi come mo-mentanei sostituti degli strumenti per pro-teggersi di cui il bambino non dispone. So-no per questo indispensabili perchè possasperimentare sicuro e protetto. Idealmente,nella misura in cui il bambino, con l’aiuto del-l’adulto, comincia a capire che cosa è peri-coloso e nocivo per lui e che cosa non lo è,i confini che delimitano il suo spazio di li-bertà dovrebbero un po’ alla volta allar-garsi, e questo in un processo costante chedovrebbe accompagnare l’individuo per tut-ta la vita.

L’educazione alla libertà nell’infanziaquindi si traduce nell’offrire al bambino lapossibilità di fare, scegliendole, le esperien-ze che desidera. Le forme di oppressionecui molto spesso i bambini sono vittime con-sistono proprio nell’impedire di dare sfogoalla loro incessante e preziosissima sete di sco-perta, generando sentimenti nefasti di fru-strazione ed inadeguatezza.

In un ambiente autentico e a misura dibambino, l’adulto dovrebbe farsi garantedella sicurezza e della correttezza del giocoe del rapporto con gli altri bambini. Non si

tratta quindi di fare quel che si vuole ma fa-re in modo che il bambino attraverso la suaesperienza si scontri con i limiti e le regolee che solo attraverso la pratica apprenda fi-no dove può arrivare. A questo proposito siè citata una frase significativa della Mon-tessori: Non facciamo quel che vogliamo mavogliamo quel che facciamo.

Risulta fondamentale che i limiti non sia-no dati dall’alto come delle regole intoccabilie divine ma che siano spiegati in modo chia-ro al bambino affinché lo scontro con il con-fine entri a formar parte del suo bagaglio diconoscenze e cominci a formare i suoi limitie a saper valutare fin dove si può spingere.

Si è parlato di educazione indiretta ovverodell’importanza di credere nelle capacità diautosviluppo, dell’importanza del non-in-tervento dell’adulto finché non è indispen-sabile.

Dell’importanza di liberarsi della mentalitàche abbiamo spesso di organizzare tutto,convinti di fare la cosa giusta, ma che può ri-sultare oppressiva. Spesso l’intrattenimentocontinuo porta a una sovrastimolazione (dal-

le attività extrascolastiche già all’asilo, allatelevisione, ma anche solo all’abitudine di ave-re sempre un adulto a disposizione) e al-l’incapacità dei bambini di stare da soli. È fon-damentale dare spazio all’incidentalità e da-re ai bambini delle possibilità di scelta, cer-to di scelte basiche, adatte alla loro età, mache non trovino sempre davanti a sé un cam-mino già deciso.

Si parte dal concetto che ogni bimbo perquanto piccolo ha dei gusti, degli interes-si, delle capacità diverse da tutti gli altri,e il modo migliore per crescere è trovarsidavanti qualcuno che è capace di capire eascoltare queste attitudini. Bisogna fareattenzione anche nello stimolo alla socia-lizzazione, che spesso si confonde con il co-stringere i bambini a fare tutti la stessacosa, come se tutti avessero gli stessi inte-ressi e le stesse inclinazioni. Il rispetto peril bambino, per le sue specificità ed i suoidesideri lo tranquillizza e lo predispone po-sitivamente all’interrelazione, al confron-to ed allo scambio.

Il discorso comprendeva quindi i primi an-ni in famiglia ma anche il primo contatto del

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bambino esterno all’ambiente familiare ov-vero del modo migliore di condurre un ni-do e un asilo. Nel dibattito sono state pre-sentate alcune esperienze di mamme chehanno organizzato un asilo nelle loro case,in questo caso in campagna, e si è cercato diarrivare ad una soluzione su questioni avan-zate da genitori o insegnanti che propone-vano casi concreti.

L’educatorelibertario

Educare alla libertà non è facile, vistoche il primo passo coinvolge innanzituttol’educatore. Nel secondo gruppo si è cer-cato di individuare le motivazioni che do-vrebbero muovere l’educatore libertario,riassumendole in desiderio, invenzione,necessità.

Il desiderio come punto d’incontro tra ilbambino e l’adulto: la curiosità, la spintache dovrebbe animare tutto quello che fac-ciamo; l’invenzione come creatività, par-tendo dal concetto che la conoscenza non èdata, e che il sapere si costruisce a partire dal-l’esperienza.

La necessità, che è la motivazione pro-fonda per cui si sceglie di fare l’educatore, ne-cessità di crescere insieme.

Un adulto che si rivolge ad un bambinodovrebbe avere prima di tutto rispetto ver-so se stesso, che vuol dire avere il coraggiodi accettare le proprie contraddizioni e de-bolezze, ma soprattutto di ammettere il “ri-schio” di crescere insieme ai bambini, dicambiare e di mettere in discussione le pro-prie certezze e sicurezze. Si è parlato dell’ im-portanza dello sguardo nella relazione, diriuscire a liberarsi dal giudizio e dalla posi-zione che l’educatore sa e lo studente deveimparare. Utilizzare invece il confronto e ilprocesso di insegnamento come un proces-so di crescita per entrambi.

Questo tipo di approccio deriva dallaconsapevolezza che non esistono saperi “da-ti” di cui gli educatori sono depositari, ma cheil rapporto educativo dovrebbe basarsi su unsistema armonioso in cui ogni movimento edazione influenza tutti gli altri, nella sostan-ziale parità di diritti e valore.

Fatto questo importante lavoro su di sé,il secondo passo che l’adulto dovrebbe com-piere è rispettare il bambino ed il segreto diquello che diventerà, indipendentementedai propri desideri e dalle proprie aspirazioni

L’educatore insomma, nel suo vivere congli altri, deve avere il coraggio di ammette-re un proprio cambiamento, di diventare di-verso da quando la sua esperienza, le sue espe-rienze, sono cominciate.

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Un 25 aprile diversoÈ stato il primo insegnante di nido di sesso maschile in Italia,

nei primi anni settanta. Per vent’anni ha lavorato come “dado” di nidoe per i successivi come atelierista delle scuole d’infanzia comunali.

È il nostro collaboratore Andrea Papi.All’incontro di Verona ha partecipato anche lui.

Gli abbiamo chiesto la sua impressione.

Nonostante sia ormai in pensione da più di due anni, ho partecipato con en-tusiasmo all’incontro nazionale organizzato dalla Rete per l’Educazione Libertaria.Per trentacinque anni ho lavorato con passione con bambini piccoli e picco-lissimi, prima al nido poi alla scuola dell’infanzia, ed ho sempre avuto come ri-ferimento teorico personale l’educazione libertaria, da sempre clandestinanelle scuole istituzionali e in quelle confessionali, i due ordini di scuola preva-lenti ed egemoni in Italia. Ora mi riempie il cuore di gioia che questa Rete si sia finalmente formata, pra-ticamente in coincidenza col mio pensionamento, quando per tutto il tempodel mio lavorare non c’era mai stato nulla di simile mentre ne sentivo grande-mente il bisogno. Il fatto che sia perfettamente efficiente, mostrando di avereprospettive serie e interessanti nel campo dell’educazione, non fa altro che am-pliare e arricchire le ragioni per cui è sorta.Partecipando, ascoltando e conoscendo persone che come me vi hannopartecipato, a Villa Buri mi sono reso conto che questa Rete, per quello chesta offrendo e cominciando a mettere in piedi, fuori dagli schemi e dagli ste-reotipi dominanti, è riuscita a dare avvio e a rendere operante qualcosa di in-novativo, creativo e di cui si sentiva la mancanza nel campo dell’educazionee più in generale della libertà. Per tutto ciò la data simbolica del 25 aprile si è arricchita di qualcosa di gran-dioso, perché oltre a ricordarci la liberazione dal fascismo, testimonia la mes-sa in opera della costruzione viva di un’alternativa di libertà.

■ Andrea Papi

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L’educatore libertario si arrischia a cre-scere con i suoi allievi. Si lascia andare nel-la relazione, che porterà sé stesso e i suoi stu-denti ad una trasformazione.

Ripensarel’autorità

La concezione del tempo è fondamentaleper avere un diverso punto di vista sullecose. Nel dibattito si è discusso dell’espres-sione “perdere tempo” e di come questacaratterizzi la visione della società in cui vi-viamo: bisogna investire il tempo in attivi-tà produttive o che portino a un risultato con-creto, il famoso “tempo libero” sembra chesia tempo buttato via. In contrasto con il con-cetto di “tempo perso”, si è parlato di “tem-po ritrovato” per i bambini. A questo pro-posito ricordiamo la storia di Momo di Mi-chael Ende (di cui ci sono anche un film eun bellissimo cartone animato di Enzo D’Alócon musiche di Gianna Nannini) che si cen-trano proprio su questo concetto del tem-po perso e ritrovato.

Invece di vivere il tempo come una pre-senza angosciante che condiziona la vitadelle persone (educatori ed “educati”), si èproposto di considerarlo come un terrenodi confronto in cui l’individuo, a costo discontrarsi con se stesso e con il propriocontesto sociale, si riprende ciò che è suo:il diritto a decidere, con i propri tempi e leproprie esigenze, quali sono i desideri, le in-clinazioni, le passioni che si vogliono seguiree che generano un senso di pienezza e sod-disfazione.

Cosa ci impedisce di rilassarci? Si è par-lato dei programmi che ci facciamo, spessoeccessivi, o dell’autorità così insita nel nostropunto di vista che ci spinge a agire in uncerto modo, proponendo invece di rilassar-ci, di non delegare i problemi e di provarea portare il discorso sul rapporto con noistessi. In questo senso può aiutare dare spa-zio all’incidentalità, ovvero non avere tuttoprogrammato e preparato, lasciare la possi-bilità di muovere il discorso secondo gli in-teressi o i temi che possono nascere. La fles-sibilità dell’educatore è fondamentale per

coinvolgere e permettere l’interazione del-l’allievo, in contrasto con una preparazionestatica e “quadratistica”.

Si è cercato di fornire “attrezzi” che ser-vono all’educatore per fare i conti con se stes-so, per mettere in discussione il suo puntodi vista. In questo senso siamo giunti al con-cetto di ripensare l’autorità in senso non-autoritario nel senso di riuscire ad immagi-nare un educatore che si propone come gui-da, come facilitatore di informazioni, comeun fratello maggiore senza mai abusare del-la sua posizione di persona che ha maggio-ri conoscenze ed esercitare in questo modola sua autorità. Il concetto sembra contrad-dittorio però credo sia un concetto chiavenella pedagogia e in generale nelle relazio-ni con gli altri: siamo abituati alle posizionistatiche ed autoritarie che questa societàpatriarcale ci ha trasmesso (nella famiglia,nella scuola, nel lavoro) e diamo quindi perscontato che nella famiglia e in ogni altro am-bito ci sia il padre o il capo o il maestro cheeserciti la sua autorità in quanto persona conmaggiori conoscenze o esperienza alle sue

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spalle. La pedagogia libertaria aspira chequesta conoscenza venga condivisa e tra-smessa in un modo non-autoritario. L’anar-chia aspira a creare un rapporto tra le per-sone senza quel collante che è il potere.

Da dovepartire

Temevamo che arrivare a questa con-clusione potesse incomodare qualcuno, invececi siamo arrivati come fosse la cosa più nor-male del mondo.

Abbiamo concluso la giornata con un in-contro collettivo in cui i vari gruppi han-no presentato un riassunto del loro lavo-ro. È stato molto interessante condivide-re le opinioni e le sensazioni delle perso-ne che avevano lavorato su temi differen-ti da quelli che avevamo seguito; lo spazioqui dedicato a un gruppo di lavoro piuttostoche a un altro dipende dai gruppi seguitida chi scrive.

Il tutto è stato fatto in maniera moltospontanea e non dogmatica, in linea con ilmodo con cui ci si è avvicinati ai vari temidel resto. Lo stupore e l’entusiasmo per ciòche si era ascoltato (soprattutto nel caso

del gruppo sulle esperienze democratichee libertarie attualmente presenti nel mon-do) in alcuni casi ha accompagnato i variracconti. Cose che per me, per noi, eranoin qualche modo conosciute e forse dige-rite, per altri sono risultate straordinarie,incredibili, al limite dell’impossibile. Equesto credo sia uno degli obiettivi rag-

giunti dall’incontro: la sensazione di cre-dere nelle cose che sembrano impossibilie per di più non essere i soli a farlo!

L’unico dubbio che è sorto riguardo al-le esperienze in corso di pedagogia demo-cratica o libertaria era se i bambini cheescono da queste scuole sarebbero diven-tati dei disadattati, visto che non si scontranocon le regole basiche che si propone di tra-smettere il sistema educativo tradizionale.Nel saluto conclusivo Francesco Codelloci ha tolto ogni dubbio affermando che i no-stri bambini saranno dei disadattati percheanche noi lo siamo!

Ci siamo salutati con la sana anche seforse banale sensazione di non essere soli, eforse con la consapevolezza di sapere dadove iniziare a fare qualcosa....

■ Valentina Galasso & Valeria Giacomoni

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Bibliografia

per cominciare:• Francesco Codello, Vaso, creta o fiore? Né riempire, né plasmare ma educare, La Baronata, Lugano, 2005• Roberto Denti, Conversazioni con Marcello Bernardi, Elèuthera, Milano, 1991• Ivan Illich, Descolarizzare la società, Mondadori, Milano, 1972• Alexander Neill, I ragazzi felici di Summerhill, Red, Como, 1990• Alexander Neill, Il fanciullo difficile, (a cura di Annalisa Pinter), La Nuova Italia, Firenze, 1992• Filippo Trasatti, Lessico minimo di pedagogia libertaria, Elèuthera, Milano, 2004

per approfondire:• Marcello Bernardi, Educazione e libertà, Rizzoli, Milano, 2009• Lamberto Borghi, La città e la scuola, (a cura di Goffredo Fofi), Elèuthera, Milano, 2000• Francesco Codello, La buona educazione, FrancoAngeli, Milano, 2005• John Dewey, Esperienza e educazione, La Nuova Italia, Milano, 2004• Paulo Freire, Pedagogia dell’autonomia, EGA, Torino, 2004• Grazie Honnegher Fresco (a cura di), Montessori: perché no?, Franco Angeli, Milano, 2000• Grazie Honnegher Fresco, I figli che bella fatica!, Edizioni dell’asino, Roma, 2008• Janusz Korczak, Il diritto del bambino al rispetto, Luni, Milano, 1999• Janusz Korczak, Come amare il bambino, Luni, Milano, 1996• Krishnamurti, L’educazione e il significato della vita, La Nuova Italia, Firenze, 1958• Maria Montessori, La scoperta del bambino, Garzanti, Milano, 1999• L. Monti – C. Bartoli (a cura di), Prima educare. Nella scuola e nella società, La Meridiana, Molfetta (BA), 2008• Scuola di Barbiana, Lettera a una professoressa, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze, 1974• Michael P. Smith, Educare per la libertà, Elèuthera, Milano, 1990• Gianfranco Zavalloni, La pedagogia della lumaca, EMI, Bologna, 2008

Francesco Codello

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