16
il Ducato Periodico dell’Istituto per la formazione al giornalismo di Urbino Quindicinale - 27 febbraio 2009 - Anno 1 - Numero 4 il Ducato online: www.uniurb.it/giornalismo Distribuzione gratuita Spedizione in a.p. 45% art.2 comma 20/b legge 662/ 96 - Filiale di Urbino S cava scava, abbiamo tutti un nonno, un contadino del Montefeltro che nei primi del ‘900 ha attraversato l’oceano ed è sbarcato a Ellis Island, l’isola della quarantena. Qui ha dovuto fare una lunga anticamera prima di mettere piede sul suolo dell’America, dove sugli alberi cre- scevano i dollari. Volti segnati da fatica e dolore, simili a quelli che ora si riversano in Italia. Soltanto un po’ più chiari di pelle. Ma nemmeno tanto, cotti dal sole per il lavoro della terra. Se cercate in soffitta troverete un car- toncino azzurrognolo con un tim- bro per garantire che vostro nonno non aveva i pidocchi. A Ellis Island venivi controllato come un anima- le dal veterinario e lavato come un cane nella tinozza. Dovevi rove- sciare sacca e tasche. Scrivevano sul registro quanti soldi avevi, da dove venivi, da chi andavi. Dopo 40 giorni uscivi con il diritto di essere un uomo. Ci chiamavano green- horn, cornaverdi, vigliacchi igno- ranti. Ma eri a New York, un inizio di dignità e soldi da mandare a casa. Rigore e civiltà, nel New England, cent’anni fa. Formula che adesso potrebbe funzionare in Italia. Qui le pieghe disordinate delle leggi sembrano un aiuto. Arrivi (se non muori nel viaggio) irregolare, clan- destino, sfruttato come una bestia appena raggiungi un lavoro. Gli immigrati onesti pagano, i peggiori trovano maglie larghe. Inizia la costruzione lenta e sicura di un inedito apartheid. Ma nei nostri territori, nel Montefeltro, le condizioni sulla carta sono migliori. C’è lavoro anche per loro, imprese serie. Vuoi vedere che poco alla volta avranno una casetta dignitosa con la moglie che tiene in ordine e i bimbetti sani e sorridenti, maestre intelligenti che inseriscono i piccoli in classe; culture che si affiancano con calma e misura. Via l’infibulazione anche dai segreti delle case. Un bel Paese, con la sanità per tutti che negli Usa se la sognano. Potrebbe essere così all’ombra di Urbino la grande, dove lo spirito del Duca e l’Università battono la rozzezza dei tempi. Ma così non è. Una insipienza grave e imperdona- bile toglie attenzione, non fa vede- re i ghetti che crescono e le discri- minazioni che mettono radici. La Città cieca nega le risorse anziché correre con il danaro comune a dare dignità ai luoghi separati. La Città pensa ad altro. E butta via il suo primato civile per ritrovarsi domattina la banlieue dietro casa. [email protected] Quella banlieue dietro casa Lo spettro della segregazione Gli imam spiegano la mancanza di dialogo. Le donne: “Non giudicate solo dal velo” Immigrati, cresce il rischio isolamento dovuto a razzismo e crisi economica L’EDITORIALE Sono 1.168 gli stranieri residenti, spesso operai delle fabbriche. Il tasso di immigrazione a Urbino è del 7,5%, rispetto al 2,4 della media nazionale. Nell’intera provincia gli immigrati sono il 9,3%. Degrado sempre più evi- dente a Urbino2. Il rischio del ghetto. Parlano l’imam di Fermignano e gli immigrati di Ponte Armellina. Questioni centrali sono il razzi- smo e la diffidenza da parte degli italiani. Marocchini, albanesi, senegalesi, anche se vicini di casa, non riescono a comunica- re. Troppi ritardi nel rilascio dei permessi di soggiorno. A scuola si parla di multiculturalità ma mancano le norme. Ricatti sui luoghi di lavoro e assistenza sanitaria difficile. Desta ancora stupore il velo delle donne mus- sulmane. La rivincita dei mercatini S abato al Monte, martedì in via Calgari, tutte le prime domeniche del mese nel cen- tro storico. Dopo la fine della vecchia fiera di Borgo Mercatale, i mercati di Urbino si spostano, sopravvivono, si espandono nelle piazze della città ducale. Secondo una ricerca del Bobson College quando le aziende sono gestite da donne le cose vanno meglio perché più intuitive, dinamiche, innovative e flessibili degli uomini. Ma l’occupazione femminile nella provincia, seppur superiore alla media nazionale, non è poi così alta. a pagina 7 Con loro le aziende vanno meglio Manager in rosa Sotto il ducato di Federico da Montefel- tro, Urbino è stata la culla della tecnolo- gia. Lo studiolo, su cui sono raffigurati gli strumenti scientifici, testimonia la pas- sione del duca per la tecnica. Dal gabinet- to di Fisica, la proposta di creare un mu- seo della scienza. a pagina 8 Quando Federico inventò la scienza Cultura È partito da quest’anno il decreto dell’ex ministro dell’università, Fabio Mussi. Ri- dotto il numero degli esami e i corsi di laurea, triennali e specialistiche. Alcuni presidi delle Facoltà di Urbino hanno espresso il loro parere. A sorpresa molti di loro si sono dimostrati favorevoli. a pagina 13 Decreto Mussi, ecco cosa cambia Università a pagina 7 Verso il voto di giugno Comincia il viaggio del Ducato verso le elezioni amministrative di giugno. Contro il sindaco Corbucci, che tenta di avere un secon- do mandato dai cittadini, si candideranno almeno due pretendenti alla poltrona di primo cittadino. Grande incertezza sulle alleanze, l’incognita Udc pesa sulla mappa elettorale. Nel Pdl circolano i nomi di Bonelli e Fraternale. Politica a pagina 4 alle pagine 2 e 3

Ducato 09_04

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: Ducato 09_04

il DucatoP e r i o d i c o d e l l ’ I s t i t u t o p e r l a f o r m a z i o n e a l g i o r n a l i s m o d i U r b i n o

Quindicinale - 27 febbraio 2009 - Anno 1 - Numero 4il Ducato online: www.uniurb.it/giornalismo

Dis

trib

uzio

ne g

ratu

ita S

pedi

zion

e in

a.p

. 45

% a

rt.2

com

ma

20/b

legg

e 66

2/ 9

6 -

Fili

ale

di U

rbin

o

Scava scava, abbiamo tutti unnonno, un contadino delMontefeltro che nei primi del

‘900 ha attraversato l’oceano ed èsbarcato a Ellis Island, l’isola dellaquarantena. Qui ha dovuto fareuna lunga anticamera prima dimettere piede sul suolodell’America, dove sugli alberi cre-scevano i dollari. Volti segnati da fatica e dolore,simili a quelli che ora si riversanoin Italia. Soltanto un po’ più chiaridi pelle. Ma nemmeno tanto, cottidal sole per il lavoro della terra. Secercate in soffitta troverete un car-toncino azzurrognolo con un tim-bro per garantire che vostro nonnonon aveva i pidocchi. A Ellis Islandvenivi controllato come un anima-le dal veterinario e lavato come uncane nella tinozza. Dovevi rove-sciare sacca e tasche. Scrivevanosul registro quanti soldi avevi, dadove venivi, da chi andavi. Dopo 40giorni uscivi con il diritto di essereun uomo. Ci chiamavano green-horn, cornaverdi, vigliacchi igno-ranti. Ma eri a New York, un iniziodi dignità e soldi da mandare acasa. Rigore e civiltà, nel New England,cent’anni fa. Formula che adessopotrebbe funzionare in Italia. Quile pieghe disordinate delle leggisembrano un aiuto. Arrivi (se nonmuori nel viaggio) irregolare, clan-destino, sfruttato come una bestiaappena raggiungi un lavoro. Gliimmigrati onesti pagano, i peggioritrovano maglie larghe. Inizia lacostruzione lenta e sicura di uninedito apartheid.Ma nei nostri territori, nelMontefeltro, le condizioni sullacarta sono migliori. C’è lavoroanche per loro, imprese serie. Vuoivedere che poco alla volta avrannouna casetta dignitosa con la moglieche tiene in ordine e i bimbetti sanie sorridenti, maestre intelligentiche inseriscono i piccoli in classe;culture che si affiancano con calmae misura. Via l’infibulazione anchedai segreti delle case. Un bel Paese,con la sanità per tutti che negli Usase la sognano.Potrebbe essere così all’ombra diUrbino la grande, dove lo spiritodel Duca e l’Università battono larozzezza dei tempi. Ma così non è.Una insipienza grave e imperdona-bile toglie attenzione, non fa vede-re i ghetti che crescono e le discri-minazioni che mettono radici. LaCittà cieca nega le risorse anzichécorrere con il danaro comune adare dignità ai luoghi separati. LaCittà pensa ad altro. E butta via ilsuo primato civile per ritrovarsidomattina la banlieue dietro casa.

[email protected]

Quella banlieuedietro casa

Lo spettro della segregazioneGli imam spiegano la mancanza di dialogo. Le donne: “Non giudicate solo dal velo”

Immigrati, cresce il rischio isolamento dovuto a razzismo e crisi economica

L’EDITORIALESono 1.168 gli stranieri residenti,spesso operai delle fabbriche. Iltasso di immigrazione a Urbinoè del 7,5%, rispetto al 2,4 dellamedia nazionale. Nell’interaprovincia gli immigrati sono il9,3%. Degrado sempre più evi-dente a Urbino2. Il rischio delghetto.

Parlano l’imam di Fermignano egli immigrati di Ponte Armellina.Questioni centrali sono il razzi-smo e la diffidenza da parte degliitaliani. Marocchini, albanesi,senegalesi, anche se vicini dicasa, non riescono a comunica-re.

Troppi ritardi nel rilascio deipermessi di soggiorno. A scuolasi parla di multiculturalità mamancano le norme. Ricatti suiluoghi di lavoro e assistenzasanitaria difficile. Desta ancorastupore il velo delle donne mus-sulmane.

La rivincita dei mercatini

Sabato al Monte, martedì in via Calgari, tutte le prime domeniche del mese nel cen-tro storico. Dopo la fine della vecchia fiera di Borgo Mercatale, i mercati di Urbino

si spostano, sopravvivono, si espandono nelle piazze della città ducale.

Secondo una ricerca del Bobson Collegequando le aziende sono gestite da donnele cose vanno meglio perché più intuitive,dinamiche, innovative e flessibili degliuomini. Ma l’occupazione femminilenella provincia, seppur superiore allamedia nazionale, non è poi così alta.

a pagina 7

Con loro le aziendevanno meglio

Manager in rosa

Sotto il ducato di Federico da Montefel-tro, Urbino è stata la culla della tecnolo-gia. Lo studiolo, su cui sono raffigurati glistrumenti scientifici, testimonia la pas-sione del duca per la tecnica. Dal gabinet-to di Fisica, la proposta di creare un mu-seo della scienza.

a pagina 8

Quando Federicoinventò la scienza

Cultura

È partito da quest’anno il decreto dell’exministro dell’università, Fabio Mussi. Ri-dotto il numero degli esami e i corsi dilaurea, triennali e specialistiche. Alcunipresidi delle Facoltà di Urbino hannoespresso il loro parere. A sorpresa molti diloro si sono dimostrati favorevoli.

a pagina 13

Decreto Mussi,ecco cosa cambia

Università

a pagina 7

Verso il votodi giugnoComincia il viaggio delDucato verso le elezioniamministrative di giugno.Contro il sindaco Corbucci,che tenta di avere un secon-do mandato dai cittadini, sicandideranno almeno duepretendenti alla poltrona diprimo cittadino. Grandeincertezza sulle alleanze,l’incognita Udc pesa sullamappa elettorale. Nel Pdlcircolano i nomi di Bonelli eFraternale.

Politica

a pagina 4

alle pagine 2 e 3

Page 2: Ducato 09_04

il Ducato

2

Non ghetti statuni-tensi, né banlieuefrancesi. Non an-cora. Ma, secon-do le voci di chi lovive, Urbino2 si

presenta comunque come spa-zio di segregazione. Quartierepensato alla fine degli anni ‘80come residenza per universitari,è diventato nel tempo avampo-sto delle comunità di immigrati. Urbino e Fermignano conosco-no da molto il fenomeno di flussimigratori da paesi del Maghreb,in particolare dal Marocco, slavi,soprattutto macedoni e albane-si, e dall’Europa dell’Est. Recen-temente ha accolto anche popo-lazioni dell’Africa Nera. E i nu-meri spiegano in che misura ilterritorio si faccia carico dei nuo-vi arrivi: il tasso di immigrazionenel comune di Urbino è del 7,5%,valore considerevole se rappor-tato alla media nazionale del2,4%. Al di là della concentrazio-ne nelle grandi città (Roma e Mi-lano raccolgono circa il 25% degliimmigrati in Italia) sono propriole aree non metropolitane ad at-trarre gli stranieri.“Questo perché una discreta fa-cilità di inserimento lavorativo siabbina a maggiori possibilità nelmercato dell’abitazione” spiegail professore Eduardo Barberis,docente di Politiche dell’immi-grazione alla facoltà di Sociolo-gia di Urbino. “Abbiamo un’im-migrazione segmentata, in cuiad una popolazione sempre piùstabile e di presenza duratura, sene affianca una pendolare e unadi recente arrivo”, continua Bar-beris. Evidenti le ragioni del pendolari-smo: gli immigrati trovano affittibassi nelle periferie isolate, il la-voro nelle fabbriche di mobili,metalmeccaniche, nei cantieriedilizi e, soprattutto le donne,nelle case degli italiani come col-laboratrici domestiche. Lo provano le corse lente del bustra Urbino e Pesaro: molti deipasseggeri sono immigrati, cari-chi di buste di spesa, fanno tra-gitti che li portano dalle fabbri-che alle case nei centri suburba-ni e viceversa. Viaggiano da soli oin piccoli gruppi omogenei: si ri-conoscono i suoni dei dialettiarabi o delle lingue slave, nessu-na lingua franca, l’italiano nonha conquistato questo ruolo.Non sono estranei casi di irrego-larità: quotidianamente al portodi Ancona si intercettano perso-ne nascoste nei container o neicamion, ed è plausibile che alcu-ni possano scampare ai control-li. Poi ci sono i “overstayers”, co-loro che entrano regolarmentecon visto turistico o con permes-so stagionale e che rimangonoanche dopo la scadenza del tito-lo. Barberis riconosce che i passi

avanti non possono ricadere so-lo sul volenteroso intervento pri-vato e pubblico spontaneo. “Ser-ve una chiara e definita politicadi integrazione di carattere na-zionale che dica con chiarezza esenza demagogia cosa si vuoledagli immigrati e cosa si vuole of-frire loro”.L’assessorato alle politiche so-ciali combatte ogni giorno con iproblemi dell’integrazione: in-terventi intensivi sono stati pen-sati e messi in pratica per Urbi-no2. Anche enti privati e coope-rative collaborano per il recupe-ro dell’area. Ma il degrado si ma-nifesta violentemente: sporcizianegli spazi comuni, case fati-scenti, umide e piene di muffa,riscaldamenti “improvvisati”,spesso stufe a legna in cui va a fi-nire di tutto.“Non abbiamo strumenti nor-mativi per intervenire sulle abi-tazioni e in generale a livello ur-banistico”, ha ammesso l’asses-sore Maria Clara Muci. “Le casesono di privati. In passato abbia-mo cercato di realizzare progettidi recupero con i proprietari econ fondi pubblici, ma non ab-biamo ottenuto risposte”. In ef-fetti molti fra coloro che affittano

CHIARA ZAPPALÀ

Immigrati, il rischioè la segregazione

A Urbino2 ancora degrado e tensioni sociali

Isolamento e ricatti sul lavoro tra le principali cause del disagio

le case agli immigrati non sonodella zona, parecchi sono roma-gnoli che avevano acquistato leabitazioni come investimento. E,sebbene Urbino2 non registri fe-nomeni allarmanti come quellidi enclave marchigiane di immi-grati (l’Hotel House di Porto Re-canati o Lido Tre Archi nel ferma-no), bisogna stare attenti che nondiventi una terza area chiusa e disegregazione in una regione rela-tivamente piccola.“Dovremmo ripensare i respon-sabili del disagio. Per esempiopoco si parla del ricatto dei dato-ri di lavoro italiani che abbassanoi salari agli immigrati e li fanno la-vorare senza assicurazione sugliinfortuni in cambio dell’assun-zione”, afferma Cristiano MariaBellei, docente del corso di laureaspecialistica in Sociologia dellamulticulturalità. “E porrei l’e-mergenza sulle seconde genera-zioni”. Parla dei ragazzi cresciuti senzaidentità, che ricevono le stessepressioni mediatiche degli italia-ni, ma non hanno accesso ai pro-dotti che i media vogliono vende-re, che siano abiti firmati o i corpidi avvenenti signorine.

[email protected]

Ma non è il velo quello che contaUn’associazione di donne musulmane contro i pregiudizi

“Una volta ero entrata dal tabaccaioper fare una ricarica. La donna albanco era di spalle e quando si è

girata le è venuto un colpo. Mi ha spiegatoche le avevo fatto paura vestita in quel modo.‘Non sono molto diversa da una suora’ ho ri-sposto io”. A raccontare divertitaquesto episodio è Khadija, maroc-china, presidente della neonataassociazione di volontariatoMondo Migliore, per l’integrazio-ne e la promozione della donnamusulmana. Parla col sorriso in-corniciato dal khimar, il velo chelascia scoperto solo l’ovale del vi-so. Ma se per lei l’abbigliamento èuna questione di avvicinamentoalla religione, per altre rappresen-ta anche sicurezza e protezione.Karima, 29 anni, altro membrodell’associazione, ha raggiunto ilmarito in Italia da appena due an-ni e ha messo il velo l’anno scorso.“Le mie compagne lo indossava-no, e col velo mi sento più protet-ta” spiega. Safa, invece, in Italia daun anno, racconta di essere anda-ta una volta in un ufficio di collo-camento per cercare lavoro, ma l’impiegatale ha detto che non avrebbe trovato niente dafare perché era velata. “Che c’entra il velo – sidomanda – non bisognerebbe guardarequello che uno sa fare?”. Mondo Migliore na-sce proprio dall’esigenza di offrire alle don-ne musulmane, considerate spesso diverse

anche solo per il loro abbigliamento, l’op-portunità di farsi conoscere “non per comeci vedono, ma per quello che siamo vera-mente” spiega Khadija, ormai in Italia da 14anni. “ I miei figli sono nati e cresciuti qui –spiega – e l’integrazione per me è una cosa

fondamentale”. Ma per le donne che spessoraggiungono i mariti in Italia grazie al ricon-giungimento familiare, inserirsi è molto dif-ficile. “Spesso – racconta – non parlano la lin-gua e per questo si sentono totalmente di-pendenti dal marito. Ma all’esterno la gentecrede soltanto che la donna musulmana sia

sottomessa”. Per questo motivo Mondo Mi-gliore organizza dei corsi settimanali di ita-liano, un servizio di doposcuola per i bambi-ni stranieri, ma anche corsi di arabo e di edu-cazione islamica. Come a dire, integrarsisenza perdere la propria identità.

L’impegno dell’associazione èproiettato anche all’esterno. Do-po un progetto di formazione fat-to in collaborazione con la CroceRossa, Caritas, Comune di Urbi-no e il NAAA (Infanzia, Coopera-zione e Sviluppo), le donne pre-steranno servizio di volontariatoall’ospedale di Urbino. “Lo scopoè quello di assistere le personeche hanno maggiore bisogno diaiuto, come gli anziani e gli stra-nieri che non parlano italiano”spiega Khadija. Il tesserino di riconoscimentodelle volontarie sarà quello dellacroce e della mezzaluna rossa,due simboli legati a mondi diver-si, ma che, chiarisce Khadija, nonhanno nulla a che vedere con lareligione. Eppure l’avvicinamen-to di due simboli, corrisponde

forse alla volontà delle donne di Mondo Mi-gliore di avvicinare il loro universo a quellodella società italiana. “C’è una grande igno-ranza in questo paese attorno all’Islam, espesso – conclude Khadija – le persone giu-dicano senza conoscere”.

(e.p.)

Le volontarie dell’associazione “Mondo migliore”

Page 3: Ducato 09_04

3

PRIMO PIANO

ERNESTO PAGANO

L’America qui non c’èNuovi e vecchi stranieri raccontano l’Italia come terra promessa

Sempre più cassintegrati e disoccupati. C’è già chi sceglie di fare ritorno a casa

“In questo quar-tiere siamo in-ternazionali”, di-ce con una gras-sa risata Mu-hammad, un

corpulento marocchino di Pon-te Armellina, meglio nota comeUrbino2. La sala d’attesa dell’uf-ficio immigrazione del quartieresomiglia a un luogo di ritrovo,con gli uomini che si incontranoscambiandosi confidenze estrette di mano. Si parla dei pro-blemi che affliggono la comuni-tà: il lavoro che manca, gli affittida pagare, il permesso di sog-giorno che non arriva. MemetiYounis, macedone di etnia alba-nese, ricorda che nel ’95 c’eraanche qualche studente, “poisono andati tutti via”. Urbino2l’ha vista trasformarsi nel ghettodegli stranieri, in prevalenzamusulmani. Di questi, moltihanno trovato nella moschea unluogo di aggregazione e di rap-presentanza. Memeti è il presi-dente della comunità islamicadi Pesaro e Urbino, aderente al-l’UCOII (Unione delle comunitàe delle organizzazioni islamicheitaliane). Lavora in una fabbricadi plastica e fa il mediatore cul-turale per conto del comune.Rappresenta, in sostanza, l’in-terfaccia tra la comunità islami-ca di Urbino2. “La separazionerazziale nelle scuole è il proble-ma principale che mi trovo ad af-frontare – dice Memeti – perchéc’è la tendenza a separare glistranieri dagli italiani, ma è pro-prio nel contatto coi bambiniitaliani che i nostri figli possonoriuscire a integrarsi”. Si sente ilrazzismo, quindi? “Il razzismonon è una novità – afferma convoce pacata – il cambiamentoc’è stato dopo l’11 settembre del2001. I media hanno cominciatoa parlare soltanto male di noimusulmani. E chi non conosce,non si fida”. Attorno a lui, gli altriannuiscono. Poi, quando gli sidomanda se hanno amici italia-ni, c’è chi guarda altrove e chi faspallucce. Ma il problema del la-voro, le battaglie contro la len-tezza della burocrazia, le case fa-tiscenti, fanno dimenticare an-che la solitudine. Karim, operaiomarocchino, lavora solo 4 ore algiorno e ha appena fatto arriva-re la moglie dal Marocco. Da unanno vanno in giro con la ricevu-ta di richiesta del permesso disoggiorno, ma del permesso an-cora nessuna traccia. La moglienon è stata accettata in aziendaperché con la sola ricevuta non siassume. “Ad agosto mio padre èmorto”, dice Karim, e non sononeanche rientrato per il funera-le, perché rischiavo di non tor-nare più indietro”. Ma non-ostante tutto si ritiene fortuna-to, “perché almeno vivo a Gallo enon qui a Ponte Armellina”. Mu-hammad, di Marrakesh è d’ac-cordo con lui: “Qui d’inverno lecase sono freddissime e d’estatesi schiatta di caldo. È come staresotto una tenda. Sono andato afare le prove allergiche – si la-menta – perché tra le muffe del-l’umidità e i gatti randagi ho pru-rito ovunque”. “Pensavano di

trovare l’America qui. Hannotrovato solo la merda”, dice unaltro Muhammad, suo conna-zionale. Poi se ne va brontolan-do: “appena posso me ne tornoal mio paese”.Ma con la crisi c’è chi ha già co-minciato a fare ritorno a casa.Parola di Ahmed el Raiduni,imam di Fermignano. Maroc-chino, operaio metalmeccanicocon due figlie piccole, Ahmed hadeciso di farsi portavoce e puntodi riferimento per la sua comu-nità, “perché ce n’era un forte bi-sogno – spiega – e spesso il co-

mune ci chiama per chiederciaiuto su molte questioni, comegli affitti non pagati da parte da-gli stranieri: un problema che staaumentando, perché semprepiù gente perde il lavoro”. Tutta-via, “da quando è nato il centro dicultura islamica sei anni fa –continua Ahmed – alcune cosesono migliorate, perché anchenoi aiutiamo a controllare la no-stra comunità”.I rapporti con le istituzioni sonobuoni, ma il comune non dà nes-sun aiuto economico al centro.“L’anno scorso – racconta Ah-

med – abbiamo organizzato lafesta del Ramadan al Palazzettodello Sport. C’era gente da tuttala provincia, ma era tutto a no-stre spese”. Anche per Ahmed, comunicarecon gli italiani oltre i rapportiformali, rimane un problema.“Una volta uno, indicando il miovestito, mi chiese perché noimusulmani portiamo la gonna.‘Anche Cristo la portava’, ho ri-sposto io. Poi mi ha guardato emi ha detto che non ci aveva maipensato”.

[email protected]

Nelle scuole tanti coloriMinistero assente, integrazione improvvisata

Contano in tutte le lingue del mondo ibambini dell’Istituto comprensivo Gio-vanni Pascoli. Così hanno scritto su un

cartellone nel corridoio della sede centrale aSanta Lucia. Ma dalle urla e dalle risate non siriconoscono accenti stranieri, solo il tono dispensieratezza.La presenza di bambinistranieri cresce e in alcu-ne classi di Trasanni eGallo il numero degli im-migrati supera quellodegli italiani. La scuolanon può considerarel’integrazione un valoreaggiunto, ma il perno sulquale organizzare l’of-ferta formativa. Parla di“contenitore di media-zione” la dirigente scola-stica del Pascoli, DanielaTittarelli. Spiega chespesso i bambini arriva-no nelle classi senza conoscere l’italiano. A vol-te frequentano per qualche mese e poi tornanonei paesi di provenienza. Ora è preoccupatadall’arrivo di un bambino marocchino sordo-muto che non ha mai usato il linguaggio dei se-gni italiano.“La figura di mediatore interculturale non è de-finita e riconosciuta dal Ministero dell’istru-zione”, spiega l’educatrice Paola Massaro,“contiamo sugli assistenti linguistici”. ComeSufian. È arrivato dal Marocco quando avevatre anni e ora a venticinque, dopo una laurea in

lingue, insegna l’italiano ai bambini immigra-ti. Il bilinguismo di Sufian è un caso isolato inUrbino. Un’anomalia positiva che le scuole cer-cano di potenziare, dato che gli altri assistentisono italiani. Oltre l’ora settimanale di italiano, le scuole si

servono di due media-tori, uno referente perle lingue slave e uno perl’arabo. Ruolo centraleè quello degli inse-gnanti che seguono gliaggiornamenti sullemetodologie pedago-giche a riguardo.“Manca la visione arti-colata perché finora si èrisposto a un’emergen-za”, dice Paola Massaro.Ora il fenomeno è sta-bile: educatori e Comu-ne ne sono consapevo-li e intervengono con

programmazioni organiche. Partono i primicorsi universitari, soprattutto nelle facoltà dipsicologia, sociologia e scienze della formazio-ne. Però, non si è ancora auto-definita la figuradel mediatore culturale, come è successo in re-gioni come l’Emilia Romagna e il Lazio. E siaspetta che i Ministero si pronunci. Malgrado ilvuoto istituzionale, si può comunque parlaredi integrazione nelle classi. I bambini immi-grati vedono in Sufian uno di loro, “uno che cel’ha fatta”. Ma bisogna fare dell’eccezione unaregola. (c.z.)

Cittadini extracomunitariresidenti (dati del comunedi Urbino, aprile 2008)

1.168

Tasso di immigrazione aUrbino; la media nazionaleè 2,4% (dati del comune diUrbino, aprile 2008)

7,5%

Cittadini stranieri sul totaledei residenti (dati dellaCgil di Pesaro, dicembre2007)

9,3%

Studenti immigrati nellescuole della provincia diPesaro-Urbino (dati delCnel, 2006)

4.640

IMMIGRATI A URBINO

Sopra, una casa aPonte Armellina. Nella pagina a fianco,Ahmed el Raidouni,imam di Fermignano

Page 4: Ducato 09_04

il Ducato

4

Parte la danza delle alleanzeComincia il viaggio del Ducato verso le elezioni amministrative del 6-7 giugno

Almeno 2 candidati contro Corbucci. Udc e Rifondazione corteggiano il Pd. Il Pdl fra Bonelli e Fraternale

L’occhiolino, il dia-logo, l’alleanza. Ild i s s a p o re, l oscontro, la sepa-razione. Il voca-bolario della po-

litica urbinate si aggiorna e sicolora in vista della competi-zione di giugno. I partiti lustra-no le armi, senza esibirle. Ap-pare chiaro sin da ora che i con-tendenti di Franco Corbuccisaranno almeno due. Il sinda-co punta infatti alla seconda le-gislatura e la sua candidatura èl’unico dato certo a tre mesidalle elezioni. Intorno a luiconfusione e trambusto. Il Du-cato comincia un viaggio versole elezioni.Il quadro degli assetti politicicittadini è un mosaico di diffi-cile composizione. Giocano unruolo importante le conviven-ze complicate dell’ultima le-gislatura e le metamorfosi deipartiti a livello nazionale.Alle ultime elezioni aveva stra-vinto la coalizione di centrosi-nistra. Da Rifondazione all’U-deur, la squadra guidata daCorbucci aveva sfiorato il 70 %dei consensi. Ma la quiete è du-rata poco, lasciando spazio aduna tempesta che ha scompi-gliato le carte. Così il Pd si è tro-vato ad attraversare la strada,guardando bene a destra e a si-nistra. “Siamo pronti a dialoga-re con tutti i possibili interlo-cutori - ha spiegato il coordina-tore del Pd Lorenzo Ceccarini –l’importante è rapportarsi conchi è radicato nel territorio. Sa-rebbe interessante valutare al-leanze diverse”. Il condizionaleè d’obbligo, anche per il Pd.L’unico sodalizio che pare cer-to è quello stretto con l’Italiadei valori. Una novità per Urbi-no, dove il partito dipietrista ènato qualche mese fa ed ha su-bito mostrato intesa con la fa-zione democratica. Sono in molti a chiedersi checosa farà il Pd, visto che la suavolontà di allearsi sia con Ri-fondazione che con l’Udc coz-za con il veto incrociato dei duepartiti. “Con noi o con loro” di-cono da sinistra e dal centro.“Oramai sono superati i perio-di della contrapposizioneideologica – ha spiegato il coor-dinatore locale dell’Udc Do-menico Campogiani – e faccia-mo appello al Pd affinché sipossa dar vita ad un’alleanza digoverno della città”. L’asse ri-formista Udc-Pd sembra esse-re la prospettiva più probabile.Se non altro per la grande frat-tura interna al Partito della Ri-fondazione comunista, divisain due anime numericamentespeculari sulla continuazionedel rapporto con la maggiorna-za. E se a decidere sarà l’assem-blea degli iscritti nelle prossi-me ore, i cugini del Pdci hannogià intrapreso una strada auto-noma, sentenziando ufficial-mente di non voler appoggiareCorbucci. E’ possibile che i duepartiti comunisti si ritrovinosotto le insegne di falce e mar-tello, ed assieme alla Sinistra

GIORGIO BERNARDINI democratica e ai Socialisti pre-sentino una lista unica della si-nistra. Per la candidatura a sin-daco circolano tra gli altri i no-mi della consigliera comunaleClaudia Pandolfi e dell’ex as-sessore esautorato AntonioSantini. Con tutta probabilitànella tornata elettorale di giu-gno non si presenteranno listeciviche.Compatto il Pdl, indeciso sul

nome da candidare nella batta-glia per la conquista di via Pu-cinotti. “Il problema di Urbinoè quello del risveglio delle co-scienze – ha spiegato il coordi-natore azzurro Wilmer Zanghi-rati - lavoriamo da mesi per da-re un messaggio alle nuove ge-nerazioni. Non ci dispiacereb-be – ha aggiunto – dialogarecon l’Udc: siamo in attesa damesi di un accordo regionale”.Nel partito di destra c’è fer-mento: per la poltrona di sin-daco circolano con insistenza inomi di Leonardo Fraternaleed Alfredo Bonelli, oltre a quel-lo dello stesso Zanghirati. Nonsi presenterà alle prossime ele-zioni il professor Augusto Cal-zini, protagonista significativodell’opposizione nel corso de-gli ultimi 5 [email protected]

Edilizia popolare, è polemicaA Canavaccio 12 nuovi alloggi. I residenti: “Chi ci andrà?”

Un nuovo complesso di case popo-lari per dodici famiglie nella fra-zione di Canavaccio. È il progetto,

in attesa delle necessarie verifiche tecni-che, presentato per Urbino a dicembredall’Erap, l’istituto case popolari, pro-prio mentre si discutono in Consiglio co-munale le nuove graduatorieper l’accesso agli appartamen-ti. Se passeranno l’esame deitecnici, le case popolari sorge-ranno su un terreno di proprie-tà del Comune destinato già dal2005 come peep (piano per in-sediamento per alloggi di edili-zia popolare) dal piano regola-tore. Adesso, in fila ad aspettareun tetto ci sono quarantuno fa-miglie, solo dieci delle quali ita-liane.“Canavaccio è una scelta sba-gliata - sostiene Massimo Spa-lacci, assessore ai Servizi Edu-cativi di Urbino e residente nel-la frazione - così si compromet-te l’integrazione creando unghetto di extracomunitari”. Mai numeri ridimensionano questa preoc-cupazione. Infatti, accanto all’area pre-scelta c’è già un edificio di edilizia popo-lare costruito nel 1985, che ospita diciot-to famiglie: dodici italiane e sei straniere.Secondo i conteggi effettuati con le gra-duatorie attuali andrebbero ad abitarenel nuovo complesso tre famiglie italia-ne sulle dodici complessive. Quindi,sommando vecchio ed eventuale nuovo,la presenza tra italiani e stranieri sareb-be bilanciata, in attesa che il Consiglio

comunale approvi i nuovi punteggi chenon dovrebbero stravolgere la situazio-ne. Con la legge 36 del 2005, che viene re-cepita in questi giorni da Urbino, la Re-gione ha concesso maggiore libertà aiComuni. Per partecipare al bando bien-nale per l’accesso alle case popolari, lafamiglie devono rientrare in categorie direquisiti soggettivi, che riguardano lapersona e la famiglia (reddito, presenza

di portatori di handicap, anzianità) e og-gettivi, relativi cioè all’alloggio in cui siabita (per esempio anti-igienico o inade-guato al numero di familiari). Stabilire irequisiti è rimasto di competenza dellaRegione, ma i Comuni possono ora asso-ciare alle categorie di requisiti i punteggiche ritengono più adatti alla propriarealtà sociale e territoriale.Lucia Ciampi (Pdl), dice di temere unanuova Urbino 2 e specifica: “Servono duegraduatorie differenti per favorire coloro

i quali risiedono da più tempo nel terri-torio”. Tuttavia, Urbino 2 - complessopensato e costruito da privati che inten-devano vendere o affittare miniapparta-menti agli studenti - comprende ben 200alloggi. A Urbino, si è sempre program-mato distribuendo le case popolari amacchia di leopardo. Questi gli ultimi in-terventi: sei alloggi costruiti a Schieti nel1988; cinque a Pieve di Cagna nel 1991 e

quattro in centro storico nellostesso anno. E ora, rientrato or-mai un maxi-progetto che pre-vedeva case per 52 famiglie aVilla Maria a causa dei costi ec-cessivi, forse arriveranno gli al-tri dodici alloggi dell’Erap. “Si credeva che una decina diappartamenti in una frazione agrande sviluppo potessero ave-re una giustificazione” si è dife-so il sindaco di Urbino FrancoCorbucci. E ha poi rilanciato:“Pensiamo a una Canavacciodinamica legata alla zona indu-striale e artigianale”. Canavac-cio conta più di mille abitanti. Èin una posizione strategica, traUrbino, Fermignano e Fossom-brone. Per la frazione sono già

state approvate una nuova scuola mater-na e una nuova strada. Ma gli abitantichiedono un confronto con il sindacoCorbucci: “Non vogliamo le case popola-ri perché si riempirebbero di extracomu-nitari”, protesta un’abitante. Ma c’è an-che chi la pensa diversamente, come iltabaccaio di via Nazionale, a pochi passidall’area in cui potrebbe vedere la luce ilcomplesso: “Se viene costruito si vedeche qualcuno ne ha bisogno”.

[email protected]

LORENZO ALLEGRINI

Il complesso limitrofo all’area indicata dal Comune

La mappa del Consiglio comunale

Con i giovani per il domani

Verdi

355

435

3,69

4,52

Socialisti Democr. Italiani

Democratici di sinistra

513

3.663

5,34

38,10

Rifondazione comunista

Forza Italia

751

881

7,81

9,16

Margherita

Urbino che cambia - S.D.

1.416

297

14,73

3,09

U.D.C

Comunisti italiani

486

202

5,06

2,10

Alleanza nazionale

* Oltre a un seggio assegnato al candidato sindaco non eletto Augusto Calzini

495 5,15

Liste Voti % Seggi0

1

1

9

2

1

3

0

1

0

U.D.E.U.R. 120 1,25 0

1

TOTALE VOTI VALIDI 9.614 = 19*

Page 5: Ducato 09_04

5

CITTÀ

Ogni giorno un randagio in piùAl canile di Ca’ Lucio 360 arrivi nel 2008. Legambiente: “Serve maggiore prevenzione”

Le adozioni non bastano. Allo studio un servizio per controllare l’uso del microchip che identifica il cane

Un cane al giorno.I casi di abban-dono nei venti-nove comuniconvenzionaticon il canile

multizonale “Ca’ Lucio” sonoin netta crescita. Nonostantel’impegno di animalisti e am-bientalisti. E nonostante lenuove norme varate per argi-nare la piaga del randagismo.Solo nel 2008, il rifugio gestitoda Legambiente per conto del-la Comunità montana dell’altoe medio Metauro ha registratol’arrivo di 360 nuovi esemplari.Un cane al giorno, appunto. Ot-tantasei in più rispetto all’an-no precedente. E il 2009 nonpromette meglio: a oggi, gli in-gressi sono già 43. Ma per spiegare il fenomeno sideve considerare più la qualitàche la quantità dei cani accolti:setter, pointer, bretton, segugi.Tutte razze solitamente adibitealla caccia o alla ricerca del tar-tufo. I cani da appartamento?Uno su cento, a detta di chi ilcanile lo gestisce sin dal 2001,anno del trasferimento a Ca’Lucio.Nella zona non preoccupa l’ab-bandono estivo, ma quello “dalavoro”. I cani vengono messialla porta perché non più adat-ti allo svolgimento delle fun-zioni a cui i loro proprietari liavevano destinati.Alcuni arrivano in condizionidisperate. Bianchina è un set-ter di otto anni. Qualcuno ha

del chip. Per Alessandro Bolo-gnini, presidente di Legam-biente Urbino, “ci si sente au-torizzati ad abbandonare per-ché non si ha il timore di esserecontrollati”. Manca un piano operativo diprevenzione e di controllo ca-pillare del territorio, soprattut-to nelle aree di campagna.L’impegno delle guardie zoofi-le volontarie e la politica del-l’intervento “a chiamata” nonpossono bastare. Lo dimostra-no i numeri di Ca’ Lucio, che ol-tre ai tanti ingressi registra an-che il risultato positivo dellepartenze: ben 44 adozioni dal-l’inizio dell’anno. Ma con i suoi

290 inquilini, il canile è pursempre al completo, non-ostante i nuovi spazi conqui-stati con i lavori di ampliamen-to dello scorso anno.E febbraio è proprio uno deimesi più critici: con la fine del-la stagione venatoria, molticacciatori fanno i loro conti, la-sciando al loro destino i canidisobbedienti e quelli che sonoormai fuori dai giochi. Secon-do Andrea Gresta di Legam-biente, in questa fase arrivanoquattro o cinque esemplari algiorno, contro la media di unpaio alla settimana che si ri-scontra nel resto dell’anno.Allora che fare? Secondo Le-

gambiente, una migliore pre-venzione farebbe risparmiareanche i Comuni, che per leggedevono provvedere al mante-nimento di ogni cane trovatosul proprio territorio. Fino al-l’eventuale adozione, di fattotutt’altro che facile.Buone notizie arrivano dallaPolizia Locale Associata "Alto eMedio Metauro". Il viceco-mandante Carlo Brizio ha an-nunciato che è allo studio unservizio di controllo a tappetodel territorio che potrebbe es-sere attivato entro l’estate. Echissà che il passaparola nonfaccia il resto.

[email protected]

pensato di farla fuori con uncolpo di fucile diretto al muso,a distanza ravvicinata. Ma inqualche modo è scappata, e al-la fine è stata soccorsa. Ora haperso metà di quel muso. E’ vi-va, ma nessuno la vuole. Lostesso vale per Trudy, meticciodi un anno e mezzo, che in se-guito a un incidente ha subitoun intervento che lo ha lascia-to con una strana inclinazionedel collo. Liuba ha passato ilsuo stesso calvario ma ora,quando cammina, tende a gi-rare su se stessa. Cani in cercadi una casa, ma ostacolati dal-la loro diversità. Come Brodo,che a Ca’ Lucio c’è arrivato treanni fa con un orecchio tran-ciato: il suo tatuaggio di rico-noscimento era proprio lì.Eppure le norme in vigore sa-rebbero state pensate per tron-care il problema alla radice.L’ultima risale all’agosto scor-so, quando il ministero dellaSalute ha emesso un’ordinan-za che uniforma la legislazionein materia, rendendo effettiva-mente obbligatoria la registra-zione dei cani mediante l’ap-plicazione di un microchipsottocutaneo. Uno strumentoche permette di associare l’a-nimale al suo padrone, e chedovrebbe rendere impossibilel’ipotesi di abbandono. Perchéin caso di ritrovamento il caneverrebbe riconsegnato al mit-tente, costringendo il proprie-tario a pagare una multa.Ma molti dei quadrupedi chearrivano a Ca’ Lucio sono “figlidi nessuno”, perché sprovvisti

Sopra, tre ospiti del canile di Ca’ Lucio. A lato, il canile visto dall’esterno.Dall’inizio del 2009, nella strutturasono arrivati 43 nuovi cani

SIMONE CELLI

Page 6: Ducato 09_04

il Ducato

6

L’inverno non gela il turismoVoglia di settimana bianca: gli appassionati non rinunciano a una sciata

Catria, Nerone e Carpegna le montagne frequentate dagli urbinati. Ma c’è chi preferisce mete più lontane

Tempo di crisi. Nonper gli impianti scii-stici della provinciadi Pesaro-Urbino pe-rò. Gli appassionatidello sci non rinun-

ciano infatti ad un weekend bian-co sulle piste dell’Appenninomarchigiano. Ma dove vanno asciare gli urbinati? Per quelli chenon amano grossi spostamenti epreferiscono restare in zona, lemete preferite sono Monte Ca-tria, Monte Nerone e l’Eremo diMonte Carpegna, tutte distantiuna trentina di km dalla città du-cale.Monte Catria, la montagna resasacra da Dante Alighieri nel XXIcanto del Paradiso della DivinaCommedia e sulla cui vetta il poe-ta fu esule-ospite per qualchetempo, ha riaperto i propri im-pianti solo un mese fa, dopo unperiodo di inattività durato quasi20 anni. “La ricostruzione della cestovia –spiega Francesco Cangiotti ,re-sponsabile degli impianti sciisti-ci - ha reso agibili queste piste indisuso ormai da troppo tempo.Siamo molto soddisfatti: in me-dia a settimana ci sono semprecirca un centinaio di persone,mentre nel weekend gli sciatorisono circa 1.500”. Gioisce ancheFabrizia Luchetti, responsabiledegli impianti sciistici di MonteNerone. “C’è più gente dell’annoscorso. Non possiamo lamentar-ci”. E dello stesso parere sono an-che i responsabili degli impiantidi Monte Carpegna. Giorgio Par-lanti, istruttore di sci da oltre 30anni, è più che mai entusiasta peril gran numero di appassionatiche continuano a frequentare lasua scuola. “Abbiamo avuto unastagione favolosa con molta piùneve rispetto allo scorso anno e ildoppio di presenze: abbiamo re-gistrato picchi di oltre 4.000 per-sone in un giorno. Siamo positi-vamente sorpresi. La crisi? Fortu-natamente non l’abbiamo avver-tita. La gente, che non ha la stes-sa disponibilità economica delpassato, cerca magari di limitarele proprie spese per le attrezzatu-re”. L’ottima efficienza degli im-

pianti sciistici locali è sicura-mente una delle ragioni per cui ituristi, locali e stranieri, conti-nuano a scegliere le vette marchi-giane. Ma quanti di questi sciato-ri sono urbinati? “Dagli skipass –aggiunge il maestro di sci - dedu-ciamo che pochi sono di Urbino:la maggior parte arrivano da Fa-no e da Pesaro”. Gli urbinati dunque sono pocosciatori? Chi ha tempo e soldispesso sceglie mete più lontane,come Trentino e Val d’Aosta. Leagenzie di viaggio confermanoquesta tendenza. Per quelli a cuinon pesa fare un po’ più di strada,rimanendo tuttavia nelle Mar-che, ci sono anche i Monti Sibilli-ni, a circa 100 km da Urbino. Ma quanto costa una giornatasugli sci? In media il prezzo di unoskipass giornaliero è di circa 20euro per un adulto e 15 euro perun bambino. Costo che diminui-sce proporzionalmente all’au-mentare dei giorni di permanen-za. Cifre tutto sommato sosteni-bili per chi non può fare a menodell’ebbrezza di scendere a granvelocità tra l’aria pura delle vetteappenniniche, senza allontanar-si troppo da casa.

[email protected]

Uno sconto sulla bolletta dell’e-nergia elettrica. È uno dei modiin cui il comune di Urbino cerca

di aiutare i cittadini più bisognosi. Perla verità questa iniziativa dà attuazioneal decreto del ministero dello Sviluppoeconomico del 28 dicembre 2007. Dis-posizione che prevede un aiuto per lefamiglie più povere con ISEE (indicato-re che tiene conto di reddito, patrimo-nio, mobiliare e immobiliare, e delle ca-ratteristiche di un nucleo familiare) in-feriore a 7.500 euro e per quelle chehanno in casa un malato che richiedal’uso di apparecchiature terapeutichead energia elettrica necessarie per l’ali-

mentazione ed il mantenimento in vi-ta. L’ammontare del contributo varia aseconda del numero dei componentidel nucleo familiare: spetteranno 60euro alle famiglie composte da una odue persone, 78 per quelle di tre o quat-tro, 135 per quelle composte da più diquattro persone. Il contributo è invecefisso, di 150 euro, per le famiglie chehanno un malato in casa.Entro il 31 marzo 2009 si potrà fare ri-chiesta all’ufficio Servizi Sociali del co-mune per usufruire delle compensa-zioni relative all’anno 2008 che saran-no detratte dalle bollette che arriveran-no dal primo aprile 2009 in poi. Com-pensazioni sono previste anche per il2009. Ma dal 2010 nemmeno il comune

sa cosa succederà. “Non sappiamo nul-la” ha detto l’assistente sociale France-sca Accardi dell’ufficio Servizi Socialidel comune. E poi, chi pagherà le com-pensazioni di cui usufruiranno i citta-dini all’azienda fornitrice dell’energiaelettrica? Neanche su questo, finora, “ilcomune ha ricevuto comunicazioni”ha continuato la Accardi che non ha sa-puto fare una stima delle famiglie urbi-nati che potranno usufruire di questosconto. “Ma – ha detto - penso che sa-ranno parecchie visto che sono già tan-tissime quelle che rientrano nelle age-volazioni sui trasporti pubblici per glistudenti non universitari per le quali iltetto ISEE è fissato a 5.600 euro”.

[email protected]

FEDERICO DELL’AQUILA

BRUNELLA DI MARTINO

Nonostante la crisi economica gli urbinati non hanno rinunciato a qualche giorno sulla neve

Ora sconti anche sull’elettricitàDa aprile le detrazioni sulle bollette per le famiglie più povere

Page 7: Ducato 09_04

7

ECONOMIA

Con le donne cresce il profitto

Rupalti Maurizio,funghi e tartufi. Ilcartello davanti albanchetto di piazzadelle Erbe si staglianella foschia mattu-

tina. Dietro, un signore di 52 an-ni, proprietario di un’aziendaagricola di Urbania, sconsola-to. “Non si lavora più. Io sonotra i più giovani a svolgere que-st’attività, ma fra poco non cisarà più nessuno”. A pochi me-tri da lui, sulla sinistra, un an-ziano signore di Schieti, Nefan-do Annibali, da anni produtto-re di miele. “Sono in pensionema vado avanti”. Il più ottimistaè Francesco Maria Lazzari, 49anni, in tuta da macellaio, unavita tra i mercati del Montefel-tro a vendere porchetta: “Il pro-blema di questo mercato di Ur-bino è la sua collocazione. Cihanno messo sotto le logge daquando hanno rifatto piazzadelle Erbe e la gente non si ac-corge più di noi”.È da più di due anni che i pro-duttori agricoli di Urbino e din-torni non se la passano bene. Lacrisi sta ulteriormente peggio-rando la situazione, rendendoquasi automatica l’esclusionedei prodotti di qualità dal listi-no della spesa. Nonostante ilfatto che i prezzi, pur superioririspetto alla grande distribu-zione, siano in linea con quellidei negozi di prodotti tipici. “Il mercato a Urbino – ha di-chiarato Mario Pellegrini, re-sponsabile dell’ufficio dellapolizia amministrativa di Urbi-no – tiene benissimo. Ci sonoalcuni problemi con i produtto-ri agricoli, ma la colpa non è delComune: nel 2007 abbiamo fi-nanziato, grazie alla regioneMarche e alla Cia (Confedera-zione italiana agricoltori), ilprogetto di un mercato di gio-vedì mattina in piazza delle Er-be dedicato esclusivamente aiproduttori agricoli. Purtroppoil modello, basato sull’idea diun rapporto diretto tra produt-tore e consumatore, non haavuto successo”.I mercati generalisti, che oltre afrutta, verdura, carne e pescevendono accessori per la casa eabbigliamento, sembra inveceche continuino a funzionare.“Sia il mercato del sabato alMonte, che quello di martedì invia Calgari - continua Pellegrini- sono frequentatissimi e vi so-no parecchi venditori in attesache si presentano per approfit-tare dell’eventuale assenza diun collega ambulante”. Gli stes-si mercatini di antiquariato,modernariato e artigianato(che riprendono domenicaprossima, e si svolgono tutte leprime domeniche del mese nelcentro storico), hanno buoni ri-sultati.

Uscire dalla crisi economica trasci-nati dal gentil sesso. Forse un’uto-pia, ma secondo i ricercatori ame-

ricani del Bobson College le donne sonopiù intuitive, dinamiche, innovative eflessibili. Forte di queste convinzioni, sista diffondendo sempre più il termine“Womenomics”, una nuova correnteeconomica che considera il lavoro fem-minile la vera differenza per le dinami-che di sviluppo di un paese. A questo pro-posito, già nel 1999, uno studio dellaGoldman Sachs prevedeva una crescitaannua del Pil dello 0,3 % nel caso in cuil’occupazione delle donne fosse arrivatoal 70 %.Le manager sono migliori dei col-leghi uomini. Il problema è chesono una minoranza, soprattuttoin Italia.La nota positiva per la Provincia diPesaro Urbino è che la partecipa-zione delle donne nel mondo dellavoro è aumentata sia rispetto al-la media nazionale che alla regio-ne Marche. Va subito precisato,però, che si tratta in prevalenza dilavoro flessibile e a tempo deter-minato. Inoltre, nonostante il tas-so Istat 2007 di disoccupazionefemminile sia al 4,1 % rispetto al-la media italiana (8%), c’è comun-que divario rispetto al tasso ma-schile che è del 2,6.Il problema non si pone solo intermini quantitativi. Oltre al tasso occu-pazionale a tutto vantaggio degli uomini(58%), le donne, quando lavorano, rico-prono mansioni più umili e la loro pre-senza si concentra nei livelli bassi. Anchealla politica manca il tocco femminile.Nella provincia nessuna donna ha mai ri-coperto il ruolo di Presidente, né quellodi sindaco di Urbino. Ad oggi, su sette as-sessori comunali, cinque sono uomini.L’ultimo studio della Cgil di Pesaro riveladati poco confortanti sulla condizionelavorativa femminile. Analizzando 41aziende della Provincia, le operaie rap-presentano il 52,2 %, le impiegate il 46, ledonne con qualifica di quadro lo 0,9 e ledirigenti solo lo 0,1.

Inoltre le lavoratrici con un contrattopart time sono il 36,6 % del totale rispet-to al 2,8 degli uomini e percepiscono inmedia 9.147 euro all’anno in meno deicolleghi.Viene da chiedersi come mai ci sia que-sta disparità.Le donne sono quasi il dop-pio degli uomini ai corsi di formazione.Studiano, si aggiornano, prendono votimigliori, ma alla fine non riescono a ri-coprire ruoli da dirigente.Il famoso “soffitto di cristallo” che impe-disce l’ascesa, l’ostacolo più grande allascalata del gentil sesso è proprio la per-manenza nel mondo del lavoro. L’impos-sibilità di conciliare i tempi e le esigenzepersonali e professionali merita atten-zione. A questo proposito la Provincia ha

istituito dei programmi per agevolare ilreinserimento lavorativo, migliorare lecondizioni di vita, sperimentare nuoviservizi e modelli di organizzazione fles-sibile, offrire risposte concrete per unamigliore gestione dei tempi, incoraggia-re corsi di formazione e orientamentoper le immigrate, bandire borse di tiroci-nio per far emergere e sostenere talenti,diffondere informazioni sul mondo dellavoro femminile.L’inserimento, però, deve garantire sta-bilità. Secondo i dati del Servizio forma-zione e politiche per l’occupazione dellaProvincia, le donne, a Urbino, trovano la-voro meglio e più degli uomini. Nel 2008su 1.491 assunzioni, 908 sono state di

donne e 583 di uomini. In particolare neisettori alberghiero, della ristorazione,dei servizi alle imprese e informatica edell’istruzione. Tutto vero, peccato che sitratta di numeri che potrebbero indicaresia una maggior apertura alla collabora-zione femminile che una crescente pre-carizzazione. I dati forniti, infatti, nonrappresentano persone, ma il numero diavviamenti al lavoro. Così, se una donnaviene licenziata e assunta per due volteconta doppio: nelle statistiche risultanodue posti in più. Dato maggiormente si-gnificativo è quello degli iscritti alle listedi mobilità. Su 114 gli uomini sono 66mentre le donne 48.Situazione traballante per i lavoratori,ma le imprese (1.616), in questo periodo

di crisi, sembrano cavarsela bene.I dati relativi al 31 dicembre 2008sono sufficientemente confor-tanti con un saldo positivo rispet-to all’anno precedente di 24 im-prese in più. Aumentano le inizia-tive al femminile. La “valanga ro-sa” ha travolto anche le Marchepiazzandole al secondo posto do-po il Lazio con un 2,01 % di cresci-ta. Pesaro Urbino la provinciatrainante. Nella Regione sono38.612 le imprese guidate da don-ne, pari al 24 % del totale e secon-do rilevazioni di Unioncamere losviluppo non è solo nelle attivitàpiù tradizionalmente femminili,ma anche in settori maschili co-me le costruzioni e i trasporti. Danon sottovalutare il contributo

delle immigrate. Sono 1.426 le impreseextracomunitarie “rosa” nelle Marche.Donne come risorsa per uscire dalla cri-si e potenziale da sfruttare. La Regione ha stanziato 900.000 euro nel2008 per un progetto che preveda tipolo-gie di azioni in grado di favorire il lavorofemminile.L’Italia deve ancora imparare molto. Glialtri Paesi industrializzati si stanno ade-guando o lo hanno già fatto. Lo spiritocon cui lanciano azioni positive è moltolontano da quello delle quote rosa italia-ne. L’obiettivo è solo quello di migliorarei risultati perché se comandano le donnesi fanno più profitti.

[email protected]

In via Calgari, vicino al camposportivo, il mercato del martedìè piuttosto affollato. Alimenta-ri, abbigliamento e fiori in unastradina piena di fango e terra.“Stamane – esclama DanielaSerafini, titolare di un banco difrutta e verdura - abbiamo chia-mato i vigili. E’ sempre un pan-tano qui. Ma gli affari non van-no male, la gente si accorge chei nostri prodotti sono buoni eche i prezzi sono inferiori del30% rispetto a quelli dei negozidi ortofrutta”. “Scrivono solo

sia nelle città che nei centri piùpiccoli. Ci sono molti segnali dimovimenti contrari alla grandedistribuzione. E si nota la cre-scita di una classe di consuma-tori maturi”. La fiera quotidianadi merci e bestiame che fino al-la fine degli anni sessanta riem-piva Borgo Mercatale non esi-ste più. Ma sopravvivono in an-goli e piazze della città i residuidi un mercato rumoroso e vita-le, interessato allo scambio tan-to quanto all’acquisto.

[email protected]

quel che gli par” afferma un si-gnore che, dopo qualche rim-provero, si ferma a conversarecon altra gente. Le persone sifermano, osservano e parlano,gli ambulanti (la maggioranzalavora anche sabato al mercatodel Monte) sono abbastanzasoddisfatti degli affari: in viaCalgari sembra che un veromercato ci sia.“I mercati- afferma Yuri Kaze-pov, docente di politiche socia-li comparate all’Università diUrbino - sono ancora possibili,

Nello scorso numero delDucato si è nominato ilresponsabile del progettoCAmbieRESti. Il nomeesatto è Jacopo Cherchi.Per contattare il Gruppodi Acquisto contattareFrancesco Serafini. Mail:[email protected]

PRECISAZIONE

Si fa spazio il lavoro femminile, ma comandano gli uomini

LUCA ROSSI

SILVIA SACCOMANNO

Il mercatino muore?No, è vivo e rilancia

Non mancano i clienti al Monte e in via Calgari

Ma i produttori agricoli fanno fatica: “Non siamo tutelati”Il mercato che si tiene ogni martedi in via Calgari

Page 8: Ducato 09_04

il Ducato

8

Ma le idee non trovano spazi

MANUELA BALDI

La tecnologia è nata aUrbino. Un’afferma-zione all’apparenzaaudace, ma che vieneda uno studioso cheper vent’anni si è de-

dicato interamente alla scienzanella città ducale. Roberto Mantovani è ricercato-re e docente alla facoltà di Far-macia dell’università di Urbi-no, e curatore del museo del Ga-binetto di fisica. Il suo sogno èquello di creare una galleriadella scienza e della tecnica cheraccolga la strumentazione chedall’Ottocento va a ritroso finoalla metà del XV secolo, epoca incui visse Federico da Montefel-tro. “Urbino è famosa per Raffaello,per la letteratura e per tante al-tre cose – dice - ma della scien-za nessuno sa nulla. E invece es-sa è una parte fondante dellacultura di questa città. E sonoconvinto che se riuscissimo asviluppare un progetto serio, sequalcuno ci desse un sostegno,potremmo realizzare un’espo-sizione utilizzando unicamen-te la strumentazione della cittàducale nei diversi secoli. Unacosa unica in Italia.”Il punto dipartenza è proprio Federico, dalui nasce tutto: i primi strumen-ti scientifici che la storia di Ur-bino abbia mai registrato sonoquelli raffigurati nelle tarsiedello studiolo, a palazzo ducale.La loro collocazione fra le arti li-berali è il segno dell’interessedel duca per la tecnica, ma nonsolo. Nell’iconografia generaledello studiolo, Federico poneun’attenzione nettamentemaggiore alle arti del quadrivio(aritmetica, geometria, musicae astronomia), a discapito diquelle del trivio (grammatica,retorica e dialettica). Eranoqueste le sette discipline rite-nute fondamentali nel bassoMedioevo. Gli artigiani che siimbrattavano le mani, gli uomi-ni adibiti alla costruzione disemplici meccanismi, al tempoerano sottovalutati. Federicoinvece introduce nelle tarsiedello studiolo l’orologio mec-canico a pesi usato per sveglia-re i monaci di notte per la pre-ghiera, un semplice oggetto diuso comune, che non aveva ilsupporto della cultura del tem-po. Federico lo mette in un am-biente altamente simbolico,accanto alle sette muse delle ar-ti liberali. Il suo interesse per lascienza è anche testimoniatodal fatto che la sua biblioteca, lapiù importante del periodo in-sieme a quella di Oxford, era ric-chissima di testi tecnologici escientifici. Senza considerare

che in quel periodo la culturaclassica riesplode, e vengonorivalutati tutti i grandi trattatiscientifici dell’antichità. “Fe-derico – dice Mantovani – ama-va circondarsi delle menti piùevolute del tempo, aveva scel-to un famosissimo architettodalmata, il Laurana, e quandoquesti andò via da Urbino ven-ne chiamato il miglior tecnicodell’epoca, Francesco di Gior-gio Martini.” Nel 1477 l’inge-gnere comincia a lavorare per ilducato apportando una quali-tà tecnologica all’avanguar-dia, che si esprime soprattuttonel ramo militare. La soprin-tendenza ai beni culturali con-ferma la passione del duca ver-so la tecnica: essere un grandecondottiero lo induce a esigereche le macchine da guerra sia-no le più efficaci possibile.Molte di queste sono progetta-te da Francesco di GiorgioMartini, che esprime il suo ge-nio anche nel palazzo: è lui apredisporne l’impianto idrau-lico, uno dei più avanzati delsecolo. La sua esperienza in-fatti comincia a Siena, dove perdue secoli si scavò sotto terraper portare l’acqua alla città.

“Fu questa la casa dei Barocci che nel se-colo XVI diede Federico celebre pittoreGio.Battista Gio.Maria e Simone artefi-

ci inventori di macchine e strumenti matemati-ci”. L’iscrizione sulla lapide affissa al numero 18di via Barocci parla chiaro: è questo l’indirizzodove nasce l’antica storia degli strumenti scien-tifici di Urbino. In una delle stradine che si dira-mano dal centro della città, nella casa dove nac-que Simone Barocci, fondatore, nella prima me-tà del 1500, dell’Officina degli strumenti scienti-fici. Questa lunga tradizione, in cui si fondonoconoscenze matematiche e abilità artigianali, èstata minuziosamente ricostruita dai ricercato-ri del Gabinetto di Fisica dell’università di Urbi-no, guidati da Roberto Mantovani.A partire dal 1986, i fisici dell’università ducalehanno catalogato e raccolto in un museo oltreseicento strumenti scientifici, databili tra la se-conda metà del XVIII e i primi anni del XX seco-lo. I pezzi, tra cui alcuni esemplari unici, saran-no esposti in una nuova sala del collegio Raffael-lo, che sarà inaugurata tra due mesi. Per il mo-mento, a causa della carenza di spazi e finanzia-menti, il Gabinetto di fisica ha dovuto rinuncia-re al suo ambizioso progetto: la creazione di ununico grande museo della tecnica e della scien-za che raccolga la strumentazione scientifica diUrbino, dal ‘400 all’ 800. Non è la prima volta chel’équipe di Mantovani, nonostante le numerosericerche e i riconoscimenti internazionali otte-nuti, è costretta ad abbandonare i propri progetti. Ultimo fra tutti, la realizzazione della prima ri-

costruzione virtuale, multimediale e interattivadello studiolo di Federico da Montefeltro. Per ilmomento, infatti, è possibile ammirare solo il vi-deo relativo al progetto, proiettato a ciclo conti-nuo all’ingresso della mostra dedicata al ducaFederico da Montefeltro, in corso presso il colle-gio Raffaello, fino al prossimo 15 marzo. L’espo-sizione propone anche la fedele ricostruzionemateriale degli strumenti scientifici raffiguratinelle tarsie dello studiolo del Duca: l’orologiomeccanico a pesi, l’astrolabio, il mazzocchio e lasfera armillare. Tutti gli oggetti sono stati co-struiti da abili artigiani, in base alle indicazionidei ricercatori del Gabinetto di fisica.“La ricostruzione più complicata – spiega Man-tovani - è stata quella dell’orologio meccanico.Io e il costruttore abbiamo impiegato un annoper riprodurre il dispositivo meccanico dellasuoneria”. L’astrolabio, invece, è stato creato sul-la base di un modello custodito in un museofrancese e rubato nell’estate del 1977.La mostra propone anche un ricostruzione tridi-mensionale in cera di Federico da Montefeltro edell’armatura sfoggiata dal Duca nel dipinto del-la Pala di Brera.Tra le ambizioni di Mantovani e dei suoi collabora-tori, vi è anche quella di insegnare la fisica nellescuole superiori utilizzando gli antichi strumentiscientifici di cui è dotata l’università.“Se si storicizza una formula matematica – spiegaMantovani - dimostrando che è frutto di un plu-riennale dibattito scientifico, di cui gli strumentitecnici sono una parte fondamentale, si compie unlavoro culturale di enorme spessore: riportare a gal-la il travaglio da cui la scienza produce le sue leggi”.

[email protected]

Lavorando ai cunicoli sotter-ranei, lui acquisisce una cono-scenza tale dell’idraulica, chequando arriva a Urbino tra-sforma la città e la fa diventarela più moderna da quel puntodi vista.“Prima di Federico c’è il vuoto- dice il ricercatore - e dopo dilui una leggera flessione”. Insomma il ‘400 urbinate non èsolo pittura, e c’è qualcuno chevorrebbe farlo sapere a tutti.Anche le scuole della città han-no un patrimonio scientificoimportante, una vasta stru-mentazione che sarebbe benecondividere con la comunità.Al liceo Laurana la professo-ressa Maria Simondi ricordache a via Raffaello, nella sededel liceo pedagogico, c’è tuttauna serie di strumenti ottocen-teschi che non vengono valo-rizzati. Lasciati in una stanzaquasi sempre serrata, che do-vrebbe essere una “sala esposi-tiva”, invecchiano nell’umidi-tà. Se un giorno si coniugasse illavoro e il patrimonio del gabi-netto di fisica con quello dellescuole, si otterrebbe un museoda far invidia in Europa.

[email protected]

EMILIANA PONTECORVO

“Così vi raccontola scienza del Duca”

Parla Roberto Mantovani, ricercatore del gabinetto di Fisica

Un progetto per riunire gli strumenti dell’epoca in un grande museo della tecnica

Page 9: Ducato 09_04

9

CULTURA

MICHELE MASTRANGELO

Resurrezione: il Brasilenon la molla

Novità dalla mostra

La Resurrezione diCristo potrebbe re-stare a casa, in Brasi-le. Sembra che ci sia-no poche possibilitàinfatti di inserire il

quadro, attribuito a RaffaelloSanzio, alla mostra dedicata alpittore urbinate. La stessa cura-trice dell’evento, Lorenza Mo-chi Onori, ammette che sonoscarse le speranze di poter am-mirare l’opera a Palazzo Duca-le: il quadro probabilmente re-sterà dov’è, esposto al museod’arte di San Paolo, in Brasile.Nell’incertezza La Resurrezio-ne di Cristo non è stata mai in-clusa tra le opere presenti in ca-talogo. Questa accortezza po-trebbe far pensare ad una resa:ma il lavoro diplomatico è sta-to tanto, e si spera non invano. Le difficoltà di trasporto hannospinto i brasiliani a dire no allamostra di Urbino: il lungo viag-gio per riportare il dipinto inItalia potrebbe danneggiaregravemente l’opera. Anche ilnostro ministero degli Esteri ècosì intervenuto nella negozia-zione tra il museo di San Paoloe gli organizzatori della mo-stra. Eppure non ci sono noti-zie certe. E, a giudizio della Mo-chi, ci sarà da aspettarle fino al-l’ultimo. Peccato, perché il quadro è in-teressante per sviluppare la te-si centrale della mostra, cioè ilrapporto stretto tra Raffaello ela sua città natale.Sono molte le attinenze tra LaResurrezione di Cristo e la Cap-pella Tiranni di Cagli, l’ultimaopera di Giovanni Santi, padree primo maestro di Raffaello.Sarebbe questa la prova delpassaggio tra la cultura di San-ti e quella di suo figlio: del restoè il giovane Sanzio ad ereditarela bottega del Santi, nei primidel ‘500.La mostra mira a ricostruire nel-le opere gli anni giovanili di Raf-fello, anni troppo spesso trascu-rati dalla storiografia classica. Acominciare dalla mostra allesti-ta a Londra nel 2004 sull’infan-zia del pittore, l’importanza diUrbino per la formazione diRaffello è sempre più all’atten-zione degli studiosi. “Stiamo facendo un grande la-voro per la mostra”, ha dichiara-to la curatrice Lorenza Mochi:“Spero che la città ci appoggi e sistringa di fronte a questa mani-festazione, aiutandoci a portar-la avanti al meglio, al di là diqualsiasi polemica”.Tornando al quadro, l’opera èstata inizialmente venduta almuseo brasiliano e attribuita aMariano di Ser Austerio, pitto-re allievo del Perugino. Ma daparecchi anni i critici si sonoconvinti che dietro La Resurre-zione di Cristo si celi l’ingegnodel pittore ducale.La mostra Raffello ed Urbino siterrà nel Salone del Trono e nel-le sale dell’appartamento dellaDuchessa, dal 4 aprile fino ametà luglio. Il tempo stringe:tra i venti dipinti accreditati find’ora difficilmente ci sarà ilquadro brasiliano.

[email protected]

Al centro, un primo piano della riproduzionein cera del duca Federico da Montefeltro. Asinistra, Roberto Mantovani mostra alcunipezzi storici del Gabinetto di fisica. Adestra, i dettagli degli strumenti raffiguratinelle tarsie dello studiolo e la loro ricostru-zione: dall'alto, l'astrolabio, il mazzocchio,l'orologio meccanico e la sfera armillare.

Page 10: Ducato 09_04

il Ducato

10

Cinema

IAGOCinemaDucaledal 27febraio al 5marzoFeriali:20.00/22.00

Festivi16.00/18.00 20.00/22.00Liberamente ispiratoall'"Otello" di Shakespeare. Ilpersonaggio di Iago (NicolasVaporidis) diventa il vero pro-tagonista di una storiaambientata nella Facoltà diArchitettura di Venezia ai

nostri giorni. Iago è un lau-reando di grande talento madi umili natali, circondato daaristocratici, tra cui spiccaOtello, figlio di un architettodi fama mondiale, e amicodel Rettore. Tra i due nasce-rà una rivalità.

L’ONDACinemaDucaledal 27febbraio al 5marzoferiali 20.30/22.30

festivi16.30/18.30/20.30/22.30

In Germania, durante lasettimana delle esercita-zioni, l'insegnante RainerWenger (Jürgen Vogel)propone un esperimentoper mostrare ai suoi stu-denti come funziona ungoverno totalitario. Iniziacosì un gioco di ruolodalle tragiche conse-guenze. Nel giro di pochesettimane, quella che eracominciata come un'in-nocua il lustrazione diconcetti come disciplinae comunità, si trasformain un vero e proprio"movimento".

GIULIA NON ESCE DI SERACinemaNuova Lucedal 27febbraio al 3marzo feria-li 21.30 f e s t i v i

17.30/21.30Guido, uno scrittore disuccesso, è tra i finalistidi un prestigioso premioletterario. Inizia a fre-quentare una piscina. Lìincontra Giulia, unadonna molto affascinan-te. Tra i due nasce unarelazione, che nascondedelle zone d’ombra.

cartellone

Le smanie, leavventure e lamalinconia diquattro giova-n i b o rg h e s is a l g o n o s u l

palcoscenico del teatroSanzio. A raccontarle è l’attore eregista Toni Servillo conla commedia goldoniana“Trilogia della villeggia-tura” che sarà in scena il 3e 4 marzo a Urbino dopoaver ricevuto il PremioUbu, l’oscar del teatro,come miglior spettacolodel 2008. Uno spettacolo che è intournee in Italia e in Eu-ropa da novembre scorsoe che arriva nella città ur-binate dopo essere statoper tredici serate sul pal-coscenico del teatro Ca-rignano di Torino e che ilprossimo luglio finirà ilsuo tour al Lincoln Cen-ter Festival di New York.Toni Servillo, dopo i suc-cessi ottenuti lo scorsoanno sul grande schermocon i film Il Divo di PaoloSorrentino e Gomorra diMatteo Garrone, tornasul palcoscenico e lo fa,per la prima volta nellasua carriera teatrale, conun opera scritta nel 1761dal drammaturgo e scrit-tore veneziano Carlo Goldoni. Il regi-sta ha detto che lo ha conquistatol’assoluta orignalità e architetturateatrale di questa opera.servillo, partendo dall’adattamentoche Giorgio Strehler fece di questospettacolo, e lavorando con gli atto-ri della compagnia dei Teatri Uniti ein collaborazione del teatro Piccolodi Milano, dà vita a uno spettacolo incui si intrecciano le attese, le delu-sioni, le speranze, i conflitti e l’infeli-cità di quattro giovani borghesi.Così come fece Strehler, che portò inscena questo stesso spettacolo nel

1954 al piccolo di Milano riscuoten-do un grande successo, Toni Servilloha deciso di riunire in un unico spet-tacolo le tre commedie che compon-gono questa trilogia goldoniana eche parlano dei frenetici preparativiper la vacanza, delle avventure chevivono i personaggi durante la lorovilleggiatura e poi del dolore che do-vranno affrontare di fronte alle con-seguenze di ciò che è accaduto e del-la malinconia per il ritorno dalle va-canze. Un’unità già intravista dall’autoreoriginario delle tre opere il quale, an-

che se rappresentò Lesmanie per la villeggiatu-ra, Le avventure della vil-leggiatura e Il ritornodalla villeggiatura in tremomenti diversi, affer-mò che ciascuna delle trepoteva essere messa inscena da sola ma allostesso tempo unirsi per-fettamente in un’unicaopera. Sotto la conduzione diServillo si ha un’analisidei personaggi e del loromondo e viene conserva-ta, come ha affermato lostesso regista, “la musi-calità della lingua nontradotta in un orrido lin-guaggio televisivo”. È attraverso questo im-pianto che si svolge lastoria di alcuni borghesiche nel settecento lostesso Goldoni definivacome “un rango civile,non nobile e non ricco”che si dimostra ridicoloin quanto ha l’ambizionedi rivaleggiare con la vitaagiata e sfarzosa condot-ta dai nobili. A vestire i panni dellaborghesia settecentescain questa commedia gol-doniana di Servillo ci so-no giovani interpreti alloro primo debutto insie-me ad attori di teatro edel grande schermo. E’così che a Paolo Graziosie a Gigio Morra, che han-no già lavorato con Toni

Servillo rispettivamente ne Il Divo ein Gomorra, il regista affida il ruolodei due uomini più anziani: quello diFilippo, il cittadino vecchio e cordia-le, e di Fulgenzio, l’attempato amicodi Filippo. Toni Servillo, invece, rive-ste il ruolo di Ferdinando, un perso-naggio che vive alle spalle dei villeg-gianti, “una specie di cozza che rac-coglie tutto ciò che c’è di inquinanteintorno”come lo definisce lo stessoregista e attore napoletano o di“scrocco” per dirla alla maniera diCarlo Goldoni.

[email protected]

Il Goldoni di ServilloLa Trilogia della villeggiatura sul palco del Sanzio

Una commedia settecentesca sulla malinconia dei borghesi in vacanza

“Ho iniziato a studiare jazz a 25 anni,dopo una strana esperienza. Stavocamminando per strada, ricordo che

era una giornata serena, quando a un certo pun-to ho sentito dentro di me questa frase: dovrestiiniziare a studiare la musica jazz”. È cominciata così la passione di Lynne Arriale,artista americana nata nella città di Milwaukeenel Wisconsin, per questo genere musicale chel’ha resa famosa negli Stati Uniti e che sabato 14febbraio l’ha fatta salire sul palco del teatro San-zio in occasione della rassegna “Jazz in provin-cia”. Della sua bravura ha parlato anche il New YorkTimes che l’ha definita “una dei migliori artistijazz sulla scena mondiale” grazie alla sua “bril-lante abilità di musicista e ai suoi istinti da pal-coscenico”.“Quando avevo tre anni, mi piaceva ascoltare al-la radio i musical, come My Fair Lady e Camelot,e volevo suonare quelle canzoni con il pianofor-te di plastica che avevamo a casa”. La passione diLynne Arriale per la musica è iniziata come ungioco. Prima si è iscritta al conservatorio, doveha studiato musica classica, e poi, come ha rac-contato lei stessa, si è avvicinata al jazz grazie auna suggestione improvvisa. Nel 1993 Lynne Arriale ha vinto un’importantecompetizione internazionale di musica jazz inFlorida. I partecipanti avevano venti minuti perpreparare un’esibizione con altri jazzisti chenon avevano mai incontrato prima: “Dovevamocreare in pochissimo tempo una sintonia digruppo che coinvolgesse il pubblico”.Da due anni questa artista insegna all’universi-tà di Jacksonville in Florida e ha affermato diaver imparato molto da questa esperienza: “Hocapito quanto sia importante e utile ripetere piùvolte un esercizio anche nella musica jazz che sibasa sull’improvvisazione”. “Il jazz è qualcosa che cambia sempre. Tutto puòessere modificato e hai molta più libertà chenella musica classica,dove ti è consentito varia-re solo il tempo e l’aspressione.In questo sta la bellezza del jazz: possiamo deci-dere quanto veloce andare e la tonalità in cuisuonare. Ho capito che le direzioni verso cuipossiamo dirigerci con la nostra musica sono il-limitate e che a delimitarle è solo la nostra im-maginazione”. (g.a.)

Toni Servillo in una scena della commedia goldonianaIn alto a destra, Lynne Arriale al pianoforte

GIULIA AGOSTINELLI

“La musicaper me è amore”

Intervista alla jazzista Arriale

Page 11: Ducato 09_04

11

SPETTACOLI

Teatro

TRILOGIA DELLAVILLEGGIATURA

Teatro Sanzio 3 e 4 marzoOre 21.00

Una sorta diminiserie delSettecento per

raccontare la triste educazio-ne sentimentale di quattrogiovani. Toni Servillo, regista einterprete delle tre famosecommedie di Carlo Goldoni. Iprotagonisti sono raccontatidurante i folli preparativi perle vacanze, poi nell’insieme

delle vicende che li travolgonosul luogo della villeggiatura einfine al loro ritorno in città.Arriva a Urbino il vincitore delpremio Ubu per il miglior spet-tacolo teatrale del 2008.

ALMA DE TANGOTeatro Sanzio12 marzo

Le mani si strin-gono. I fianchisi toccano. Legambe si incro-

ciano con precisione. I piedi simuovono all’unisono. I prota-gonisti diventano, quasi inco-sapevolmente, una cosa sola.

La compagnia NaturalisLabor immerge il pubbliconelle atmosfere sensuali etorbide dei barrios argentini.

Mostre

ARNORLO CIARROCCHIAcquarelli degli anni Sessanta

Casa natale di Raffaellodal 4 al 28marzodal lunedì al sabato

ore 9-13/15-19. Domenica ore 10-13

L’Accademia Raffaello, in col-laborazione con l’Università diFerrara, propone una mostracon alcuni degli acquarelli piùfamosi di Arnaldo Ciarrocchi.L’artista, che ha compiuto glistudi all’Istituto d’arte diUrbino, è considerato uno deimigliori incisori contempora-nei. “E’ luce adriatica quellache scorre liquida negliacquarelli e nelle incisioni delCiarrocchi”, scrive il giornali-sta Valerio Volpini, sottolinean-do la componente luminosadel suo segno grafico.Ciarrocchi è morto aCivitanova Marche nell’otto-bre 2004.

LA NUOVA ICONAPalazzo Ducale , sale del

Castellaredall’ 8 al 28marzo dalleore 16.00 alle19.00.

A cura di BrunoBandini, la mostra raccoglieopere di artisti come Basile,Cascella, Cavina, Colognose,Donzelli, Lodola, Montesano,Ontani, Petrosillo, Salvo eSantoli. Bandini è docente all’ISIA diUrbino, dove insegna Storiadelle comunicazioni visive.

Così sabato sera non hannopotuto cantare “Principe”, laloro canzone, a fianco dei big. Ilprivilegio è toccato ad Ania, lavincitrice. Sergio Dini, il tastierista, è unpo’ deluso. Due serate sul palco dell’Ari-ston senza poter cantare: èstata un’esperienza “a metà”? In effetti speravamo ci fosse

maggiore visibi-lità per i dieci fi-nalisti rispettoagli altri 80 artistieliminati nellefasi precedenti.Invece poi hac a n t a t o s o l oAnia, e noi nonabbiamo nean-che potuto faredue battute di in-tervista, non c’èstato tempo. Imicrofoni che ciavevano dato ainizio serata so-

no rimasti spenti. Ovviamentea livello promozionale è stataun’enorme opportunità, ab-biamo dato il nostro cd a tuttele radio presenti e partecipato amolte dirette. L’amarezza co-

munque riguarda più che altrola farsa del televoto.La polemica è nata da un’in-tervista di Striscia la notiziaalla responsabile di un callcenter di Rimini, che ha svela-to di aver ricevuto denaro pervotare alcuni artisti, specie trai partecipanti del concorsoonline. Una gara truccata? Hanno fatto un gran pasticcio,specie nella nostra categoria.La classifica dei 10 finalisti ne-gli ultimi giorni è stata criptata,così non sappiamo quanti voticiascuno di noi ha ricevuto, nécome siamo arrivati. Probabil-mente terzi, o quarti. Nelle pri-me fasi della votazione noi e gliStudio3 primeggiavamo. Aniaera tra il ventesimo e il venti-cinquesimo posto. Nell’ultimafase è balzata al secondo posto,poi al primo. Un salto di ventiposizioni non lo fai con il votopopolare. E noi contavamoproprio sui nostri amici, pa-renti, fan: le persone che cihanno seguito e conosciuto neitanti live gratuiti che abbiamofatto in giro per l’Italia, per pro-muoverci. E poi scopriamo chei call center ammettono di es-sersi proposti agli artisti per

vendere loro masse di voti. A parte l’amarezza, che cosa viha dato quest’esperienza? Vivere le serate da ospiti è unacosa, suonare sarebbe statocompletamente diverso. PeròSanremo ti dà comunque l’op-portunità di accedere al circui-to radiofonico e poi, chissà, an-che a quello televisivo, se ci sa-rà un buon riscontro. È più dif-ficile arrivare al-le tv, ma noi cieravamo già ri-usciti con “Mar-gherita non losa”, la cover dellacanzone di DoriGrezzi che dueanni fa è piaciu-ta a Fiorello e hapermesso tuttoquello che è ve-nuto dopo. Allo-ra il videoclipera passato suAll music, maga-ri questa è la vol-ta di Mtv? Vedremo. Ora dob-biamo concentrarci sulla pro-mozione di “Principe”, e conti-nuare a lavorare per ampliare ilnostro repertorio inedito.Voi siete nati come cover band,

e tuttora rivisitate successi dialtri artisti. Il rischio è forse dinon riuscire a esprimere l’ori-ginalità del gruppo, e in un se-condo momento di non esserein grado di svincolarsi da unrepertorio di classici ingom-branti. La nostra scommessa infatti èsempre stata non snaturarci efare cover originali, cioè suo-

n a re c a n z o n imolto conosciu-te esattamentecome se suonas-simo i nostripezzi. Così lagente si abitua alnostro stile, unmisto di rock,punk ed elettro-nica. Oggi inse-riamo inediti neiconcerti e il pub-blico non si ac-corge, per cui lascelta funziona.Del resto, per

suonare a Milano, un palcosce-nico molto professionale, ti de-vi prima fare un nome con lecover. E nel frattempo comin-ciare a lavorare sui tuoi pezzi.

[email protected]

Un breve ritorno acasa dopo la gi-randola di San-remo, e poi già aMilano, per la-vorare alle nuo-

ve canzoni. I Malamonroe la-sciano il festival con un po’ diamarezza. Il gruppo, nato nel2003, è quasi in-teramente mar-chigiano: Eleo-nora Fiorani, lacantante, è diAcqualagna, ilchitarrista Si-mone Cardinettidi Fano, NicolaSbrozzi, bassi-sta, di Orciano, iltastierista Ser-gio Dini di Fer-mignano e soloil batterista Ste-fano Naldi, re-cente acquisto,è di Ferrara. Dopo aver conqui-stato un posto tra i dieci finali-sti della competizione onlinetra giovani emergenti Sanre-mofestival.59, non sono stati ipiù votati dal pubblico del web.

Malamonroe, festival virtualeSfumata l’esibizione a Sanremo, fra i finalisti online ha cantato solo la vincitrice

Il gruppo era in concorso con “Principe”, fiaba moderna di una Cenerentola che si innamora in autogrill

ALICE CASON

Classifica, è polemica:

“Alcuni artistihanno

comprato votifalsi ai call

center”

“La kermessepermette agli

emergenti di arrivarealle radio e

magari anchealle tv”

I Malamonroeposano sulpalcodell’AristonDa sinistra,Sergio,Simone,Eleonora,Nicola eStefano

Page 12: Ducato 09_04

il Ducato

12

Cittadini prima che studenti Il 25 e il 26 marzo al via le elezioni universitarie, le prime del dopo Onda

Le associazioni di sinistra si coalizzano. Ma Confederazione rilancia: “Noi siamo pronti da tre anni”

GIORGIO MOTTOLA

Consigliere comunaledegli studenti. Car-tellino da timbrareper i professori. Ri-strutturazione inte-grale dei collegi. E

pullman gratis per tutti. All’Uni-versità di Urbino tra qualche set-timana si vota. Non è ancoracampagna elettorale, ma pro-grammi e alleanze sono pratica-mente chiuse. Alle prime elezio-ni del dopo statalizzazione le as-sociazioni studentesche punta-no al sodo. Poca ideologia e tantopragmatismo postideologico.Con un po’ di fortuna, scegliendol’ora giusta, in C1, l’aula storicadella sinistra universitaria urbi-nate, ci si può imbattere in sceneretrodatabili a dieci o vent’annifa. Si può incontrare, ad esempio,un studente spagnolo di semioti-ca che, affondato in un divanosdrucito, parla di Fidel e del sio-nismo di Ben Gurion con duesuoi coetanei italiani. Insomma,tutto come un tempo, nulla ècambiato, si pensa entrando inC1. E invece no. Basta parlare conRafael Campagnolo, attivista di“Studenti in movimento”, asso-ciazione della sinistra universita-ria movimentista e altermondi-sta. L’aula ad esempio. “Autoge-stita, non occupata”, specificaRafael. E che differenza c’è? ”Ci èstata concessa dal rettore. Noisiamo poco inclini alle occupa-zioni”.“Studenti in movimento”si pre-senterà alle elezioni studente-sche in coalizione con altre dueassociazioni: “Agorà”, che rap-presenta gli studenti della sini-stra moderata, e Panta rei che la-vora da anni sui diritti degli stu-denti disabili. È molto probabileche nella coalizione confluisca-no anche “Fuoricorso” (che ri-unisce i giovani del Pd, della Sini-stra Democratica, dell’Italia deivalori e qualche vendoliano) e“Università riformista”. Alleanzelarghe, fondate su una comunecultura del fare e non sull’identi-tà ideologica:”Abbiamo messoinsieme – dice Mauro Vecchieti,consigliere di facoltà uscente di“Agorà – le liste che sono staterealmente operative nella realtàuniversitaria”.Punteranno la loro campagnaelettorale su un tema preciso: cit-tadinanza studentesca. “Gli stu-denti non sono solo clienti, sonouna risorsa e devono sentirsi cit-tadini di Urbino”, sostiene Mau-ro. Occorre, a loro avviso, ridurrela distanza tra popolazione stu-dentesca e residenti. “Se questacittà non te la senti tua - ragionaRafael – è ovvio che poi pisci da-vanti ai portoni delle case e spac-chi bottiglie in piazza”. Qualcosacambierebbe, invece, se gli stu-denti potessero partecipare alledecisioni della politica locale. Perquesto, le loro associazioni pre-senteranno la proposta di unconsigliere comunale aggiunto.“Un consigliere eletto dagli stu-denti dell’Università, che nelconsiglio comunale di Urbinoabbia una funzione consultiva,portando le opinioni e le propo-ste degli universitari, pur senzadiritto di voto”, scandiscono al-

l’unisono Mauro e Rafael.Il furore ideologico non infiam-ma nemmeno Azione Universi-taria, l’associazione legata allegiovanili di Alleanza nazionale.Salvatore Scalia, dottorando digiurisprudenza e dirigente na-zionale della lista di destra, preci-sa sin dal principio:”Per risolle-vare le sorti dell’Università di Ur-bino siamo dispoti a collaborarecon chiunque. non siamo antico-munisti”. E sia chiaro, non si trat-ta solo di parole. Due anni fa,Azione universitaria formò unamaggioranza in Consiglio deglistudenti insieme alla lista di sini-stra “Impronte studentesche”.Ora, l’associazione di destrachiede che venga interrotto il“corporativismo baronale” (cosìlo definisce Scalia). Già pronta lastrategia, un po’ in stile Brunet-

ta:”I professori dovrebbero tim-brare il cartellino prima e dopolezioni e i ricevimenti. Così si ga-rantisce davvero il diritto allo stu-dio degli studenti”, dice con ac-cento siciliano Salvatore Scalia. Sebbene la sua lista sia statasconfitta alle ultime elezioni,ostenta sicurezza Roberto Puor-ro, presidente di “Confederazio-ne degli studenti”, gruppo vicinoai Verdi, ma politicamente etero-geneo nella sua comp osizo-ne:”Sono pronto per queste ele-zioni da tre anni. Ho quarantauomini da far eleggere nei vari or-gani”.Sua intenzione è portare neigrandi consigli le battaglie sumensa, trasporti e alloggi univer-sitari, sostenute negli ultimi annisui giornali e tra gli studenti.

[email protected]

Dove è la differenza tra disabilità ehandicap? Disabilità è una limita-zione della capacità di agire dovuta

ad una menomazione. Handicap è lo svan-taggio sociale vissuto da una persona condisabilità. Se la prima condizione esiste innatura, la seconda è creata dalla societàche, con barriere architettoniche, chiudegli ambienti ai diversamente abili e ne am-plifica la disabilità.Il 2 dicembre scorso è stato approvato loStatuto di Autonomia dell’ateneo urbina-te. L’articolo 4 dice che l’Università “pro-muove e favorisce tutte le condizioni ne-cessarie a realizzare la piena integrazionedegli studenti disabili dell’Ateneo, la loroformazione culturale, la loro mobilità e illoro inserimento nel mondo del lavoro,cercando di rimuovere gli ostacoli…”. Il primo passo è stato fatto con la “Conven-zione per il servizio di trasporto agevolatoad uso degli studenti dell’ateneo di Urbinoe degli altri aventi diritto” stipulata tra Er-su, Università, comune di Urbino e di Fer-mignano e Adriabus.

La Convenzione prevede un servizio achiamata di corse per i diversamente abili.L’orario delle tratte è dalle 7.30 alle 13 e dal-le 15.30 alle 19.30 e accompagnano gli stu-denti in tutto il centro abitato, non solo infacoltà. Secondo Alda Lamce, presidentedell’associazione Panta rei, la Convenzio-ne rappresenta un “primo passo, ma il ser-vizio, che doveva attivarsi il 1 gennaio2009, non è ancora partito”. Inoltre gli stu-denti hanno riferito che alcuni autisti, cheeffettuano ancora il servizio secondo laprecedente Convenzione, parlano al cellu-lare mentre guidano e fanno scarsa atten-zione alla velocità. Nei casi più gravi nonsono stati messi i ganci alle sedie a rotellecausando la caduta di alcuni ragazzi. Il Direttore amministrativo dell’UniversitàFragapane ha dichiarato che l’ateneo hagià firmato la convenzione e che per i pri-mi di marzo è prevista una riunione contutti gli attori dell’accordo per fare il pun-to della situazione. La questione, però,non si esaurisce con il trasporto: è ancoradifficile, per i diversamente abili, accederealle facoltà dell’ateneo. Secondo molti stu-denti la struttura migliore è il Magistero

dove ci sono gli ascensori, ma le rampe so-no insufficienti e i bagni stretti per per-mettere agli assistenti di lavorare bene.Fragapane sostiene che l’ateneo si sta im-pegnando: la biblioteca dell’area umani-stica è stata da poco dotata di una rampa,ma c’è bisogno di tempo. Non si deve di-menticare che le strutture dell’ateneo so-no palazzi storici e che Urbino è patrimo-nio dell’Unesco: non si può modificare lafacciata degli edifici e bisogna trovare so-luzioni alternative. Ancora una volta si può guardare all’este-ro. L’università di Helsinki, in Finlandia,prevede due figure per la pianificazionedei servizi ai disabili. Inoltre organizza ses-sioni di esami in cui è più facile l’accessoalla struttura per le sedie a rotelle. La città,inoltre, rimuove gli ostacoli quotidiani:autobus, scuole, biblioteche, treni e localisono dotati di rampe e bagni per disabili. “L’essenziale è invisibile agli occhi” dice lavolpe al piccolo principe. Dipende da qua-li occhi si tratta. È più facile vedere l’han-dicap di qualcuno che la scalinata che locrea.

[email protected]

Lo Statuto impegna l’ateneo contro le barriere architettoniche

Disabili, c’è ancora molto da fare

Studenti in piazza della Repubblica, gli iscritti all’universitàdi Urbino, al 20 gennaio di quest’anno, sono 15.280

GIULIA TORBIDONI

Scale impossibili alMagistero. Sopra,lapedana in via S.Mariache deve essere toltaogni sera

Page 13: Ducato 09_04

13

UNIVERSITÀ

Più debiti e più precari. Così l’università rischia il collasso

Ricercatori: il futuro che non c’è

Scienze e Tecnologie.I presidi delle facoltà concorda-no nel giudicare positivamenteil raggruppamento dei moduli -già avviato dalla legge 270 del2004 - e il tetto agli esami. Stefa-no Pivato, preside della facoltàdi Lingue e Letterature Stranie-re, spiega che “meno esami ren-dono più facile riflettere per lostudente” e che in un’universitàche è meno “esamificio” si ha piùtempo per “metabolizzare quel-lo che si studia”. L’Università diUrbino, ha approvato un mini-

mo di 4 crediti per corso. “Non cisono più esami da 3 Cfu – sembraesserne soddisfatto il Prorettorealla didattica Guido Maggioni –sono diminuite anche le proved’esame, ma non necessaria-mente il numero effettivo di ve-rifiche: le prove intermedie, au-spicate dagli studenti per gli esa-mi più impegnativi, rimangonoinfatti perfettamente regolari”.Altre note di merito a Mussi ven-gono da Stefano Papa, preside diScienze e Tecnologie, che elogial’adozione dei requisiti minimi

per le strutture – “ora non posso-no stare in piedi corsi che nonhanno spazi e strumenti ade-guati” – e da Bernardo Valli, pre-side di Sociologia: “Il limite al ri-conoscimento dei crediti per leesperienze professionali è unacosa egregia”. Le critiche invecepiovono per i finanziamenti chenon arrivano, “Quello di Mussiera un provvedi mento a costo ze-ro”, afferma ancora Papa, e pernon aver fatto chiarezza sul ruolodei ricercatori. Per Valli “I concor-si sono sempre troppo pochi”,

mentre Cangiotti si chiede se i ri-cercatori siano o non siano l’effet-tiva terza fascia di docenza.Il ministro Maria Stella Gelmini,è voce degli ultimi giorni, sem-bra intenzionata ad interveniresul sistema universitario; i presi-di, prima di una valutazione, vo-gliono vedere in che termini. Pe-rò non sono pochi quelli che, co-me Cangiotti, si chiedono “comepossa funzionare al meglio unastruttura costretta a cambiare dicontinuo”[email protected]

Una vita difficile, quella del ricerca-tore. Vorrebbe spendere il suotempo tra le sudate carte, invece si

ritrova a ricoprire e “coprire” molto spes-so le assenze dei docenti ordinari, senzaalcun riconoscimento. Anzi, non solo sideve guardare le spalle dagli aspiranti ri-cercatori che potrebbero soffiargli il po-sto, ma deve essere attento a ogni passoche muove all’interno dell’università:una faida, come la hanno definita le as-sociazioni studentesche. Sopravvivere,allora, diventa il primo comandamento,riconoscimento dei propri diritti, il se-condo.Qualcuno si piega a ogni volontà, perchénon ha un contratto. Peggio: è precario.Sa che deve lottare ogni singolo giornoper sperare di vedersi rinnovare la fidu-cia. I fondi per gli atenei sono scarsi, laspesa impazza e i concorsi sono blocca-ti. All’università di Urbino non vi è unconcorso per ricercatore di ruolo dal2005. Non ci sono i fondi per nuove as-

sunzioni.La spesa dell’ateneo marchigiano im-pazza: la recente riforma Gelmini distri-buirà fondi alle sole università virtuose,ovvero a quelle che conterranno la spesaper il personale entro il 90% delle spesecomplessive. Urbino ne è esclusa: è aquota 103% secondo il rappresentantedei ricercatori, Stefano Azzarà. “L’im-possibilità di nuove assunzioni e passag-gi di carriera – sottolinea Azzarà – porte-rà presto alla chiusura di numerosi corsidi laurea perché i professori che andran-no in pensione non verranno sostituiti”.Per uscire da questo vicolo cieco l’uni-versità di Urbino ha deciso di correre airipari assumendo ricercatori a tempodeterminato. “In carica all’incirca per treanni – ha spiegato il rappresentante deiricercatori – questa nuova figura profes-sionale non pesa sul 90% di spesa massi-ma dell’ateneo”. Ad aumentare, di conseguenza, è il pro-cesso di precarizzazione delle universi-tà, incentivate ad assumere personale,più o meno qualificato, per la ricerca el’insegnamento a costi bassi. Infatti, co-

me avverte il segretario nazionale Cgil-Flc, Marco Broccati, “lo sviluppo sconsi-derato dei docenti a contratto generamolti problemi, primo fra tutti la stipula-zione di un accordo non sempre per me-rito”. Il problema deriva dal carattere pri-vatistico di queste assunzioni. Uscire daquesta crisi è possibile. Broccati spiegala sua ricetta: “Bisogna costruire un nuo-vo meccanismo di reclutamento. Per chivuole proseguire la carriera universita-ria, si dovrebbe bandire un concorsotriennale alla fine del quale valutare imeriti del ricercatore. Questo comporte-rà: certezza dei tempi, certezza delle re-gole, certezza delle prospettive”. Il decre-to Mussi aveva mosso i primi passi versoquesta direzione stanziando fondi ag-giuntivi per il reclutamento straordina-rio di personale universitario.Il segretario Flc teme un collasso a brevedel sistema universitario italiano: “Gliatenei sono in forte crisi ed entro il 2010chiuderanno la maggior parte dei corsi”.E l’aumento del numero dei ricercatoriche fuggono all’estero sarà inevitabile.

[email protected]

ANDREA TEMPESTINI

FEDERICO MASELLI

In principio fu la riformaZecchino, nel 1999: un’u-niversità di stampo anglo-sassone con cicli triennalie specialistici. Si passòpoi, nel 2003, alla riforma

dell’intero sistema scolasticofirmata Letizia Moratti; quindi ilDecreto Ministeriale 270 del-l’anno successivo che istituì lelauree magistrali. Nel 2007 FabioMussi aggiunge l’ultimo anelloalla catena evolutiva universita-ria: i provvedimenti principalisono il tetto alnumero massimodi esami e crediti, e l’abbandonodelle lauree specialistiche entroil 2011. Già oggi si vocifera di ul-teriori manovre del ministroGelmini: si vedrà. Ma con le mo-difiche di Mussi, a che punto èUrbino?La legge, imponendo un massi-mo di 20 esami e 180 crediti per icorsi triennali e di 12 esami per120 crediti alle magistrali, portaad aggregare i moduli di studio ea una minore frammentazionedidattica; la conseguenza è chealcuni corsi sono stati o sarannotagliati. Lingue e LetteratureStraniere e Scienze della Forma-zione sono già inquadrati se-condo le direttive di Mussi, chehanno portato alla chiusura didue corsi triennali in entrambele facoltà. Economia deve anco-ra regolamentare le triennali,una delle quali si prevede spari-rà il prossimo anno accademico;a Sociologia sono due le trienna-li in meno e il prossimo anno lespecialistiche diverranno magi-strali. Marco Cangiotti, presidedella facoltà di Scienze Politi-che, assicura che entro il 2011“Con piccole variazioni saremoperfettamente dentro al nuovosistema”. Due triennali e unaspecialistica in meno e qualchecorso da trasformare anche per

Cosa ha cambiatoil decreto Mussi

A sei mesi dall’applicazione delle norme

Presidi favorevoli alla riduzione degli esami: “E’ più facile studiare”

Page 14: Ducato 09_04

il Ducato

14

Tornare a vincereper sognare l’A1

Volley, la Sea punta al riscatto dopo tre stop

Il tecnico Pistola ritrova le schiacciatrici Artmenko e Sanchez

Iplay off l’obiettivo mini-mo, la serie A1 il sogno nelcassetto. Ma restano seipartite al termine dellastagione e la Sea Urbino, lasquadra di pallavolo fem-

minile di A2, nelle ultime setti-mane ha ottenuto tre risultatinegativi consecutivi. Gianluca Merendoni, direttoresportivo della Sea, precisa che“non siamo in un periodo otti-male, ma abbiamo le qualità e lecaratteristiche per centrare iplay off. Sogniamo il salto di ca-tegoria: non sarà facile, ma non èfuori dalla nostra portata”. Trentuno sono i punti conqui-stati dalla formazione urbinate,settima in classifica a pari meritocon quella di Cremona. La squa-dra allenata da Andrea Pistolanell’ultima gara ha perso in tra-sferta per tre set a zero con la for-mazione di Piacenza (prima con48 punti), lanciata verso la mas-sima serie. “Abbiamo giocato -puntualizza Merendoni - senzale due attaccanti principali: in-fortunate l’ucraina Artmenko el’ultimo acquisto, la cubana San-chez”. Cruciale sarà il risultato delle ul-time sei partite di campionato emolto dipenderà dal pieno recu-pero delle due attaccanti: lesquadre classificate tra il secon-do e il nono posto infatti si con-tenderanno la promozione in A1con i play off. “Abbiamo cambia-to la palleggiatrice - prosegueMerendoni - contestualmenteall’infortunio della Artmenko:Stefania D’Agostino, penultimoacquisto, non ha mai giocato conil nostro attaccante più forte”.D’Agostino, 22 anni, presa dallaCarnaghi di Villa Cortese per farfronte alla defezione improvvisadella Luraschi, osserva: “Le ra-

Il domani comincia qui

L’allenamento al Palazzetto Mondolce

della Sea Urbino Ecology che mira ai play off

da conquistare nelle ultimesei partite della stagione

GIOVANNI PASIMENI

Il futuro della pallavolo abita ad Urbino. Sichiama Marco Mencarelli, 43 anni com-piuti lunedì scorso. Fisico asciutto di chi

pratica sport da una vita, apre la porta di casaa “Le Cesane” con la tuta blu del Club Italia.Mencarelli è il direttore tecnico delle squadrenazionali giovanili di pallavolo e allenatoredella squadra azzurra juniores femminilecon cui ha vinto due europei nel 2006 e 2008.Dalla sua posizione tiene il polso al movi-mento pallavolistico: "In Italia questo sport èin crescita, soprattutto tra le ragazze.”Alle ultime Olimpiadi le donne sono arrivatequinte e gli uomini quarti. "Zero medaglie.Ma il movimento non è in crisi. E’ alla ricercadi una nuova identità e di un ricambio gene-razionale, soprattutto quello maschile". Ilcoach rassicura i tifosi per il futuro: “I proget-ti in atto sono la garanzia che non usciremodal giro delle migliori scuole del mondo.” Siintravede già nel vivaio qualche ragazza chesicuramente farà strada? “Le atlete della na-

zionale seniores hanno ancora molto da da-re. Il grosso avvicendamento avverrà dopo leOlimpiadi di Londra nel 2012, fino ad allora imutamenti saranno marginali. Il coinvolgi-mento delle più giovani avverrà nelle compe-tizioni secondarie”.Cosa cambia allenare una professionista af-fermata e una ragazza di 18 anni? “E' diversala componente tecnica. Le più giovani hannobisogno di molto lavoro su aspetti specifici.Inoltre per loro la fase d'allenamento rivesteun ruolo fondamentale: è durante le ore inpalestra che costruiscono le proprie certezze,le professioniste trovano convinzione duran-te la partita”. Cambia anche la gestione deimomenti cruciali di un incontro? “L'allena-tore cerca di farconcentrare la ragazza su unpunto di forza, sulla propria caratteristica digioco migliore”. Il prossimo europeo non èstato ancora programmato, ma se sarà anco-ra l’allenatore, coach Mencarelli ha le ideechiare: “Raramente sono sceso in campo sen-za credere nella possibilità di vincere”.

[email protected]

Mencarelli è coach della nazionale juniores

FRANCESCO CIARAFFO

gazze sono state davvero brave apermettermi di entrare nel grup-po in modo molto semplice, co-sa non facile ovunque”. Con la trasferta ad Aprilia perMerendoni “non si può prescin-dere dal fare punti altrimenti èinutile sognare”. In campo po-trebbero tornare Tatiana Sha-poshnikov Artmenko, 33 anni,da poco operata al menisco, eMartha Sanchez Salfran, 36 anni,campionessa del mondo che hamilitato nella Romanelli Firenzee nel Murcia, arrivata in Urbinoun mese fa per rimpiazzare laArtmenko, ma infortunatasi al-l’adduttore in allenamento. Ledue giocatrici sono recuperate -la Sanchez si sente “molto me-glio” e in squadra si trova “moltobene con tutti” - e sono pronteper essere impiegate, ma il tecni-co Pistola avverte che “non sonoancora al top della forma fisica:valuteremo le loro condizioni”. In vista dei play off la società e ilcoach, oltre che sulla Artmenko,puntano molto sui nuovi acqui-sti. “Dalla Sanchez - precisa Pi-stola - mi aspetto un apporto intermini di esperienza e di perso-nalità che in questo momento al-la squadra manca. La D’Agosti-no ha già dimostrato di essereun’atleta valida. Speriamo cheriesca a trovare più affiatamentocon le compagne e a darci un ul-teriore garanzia di qualità”. Il re-golamento sportivo impone l’u-tilizzo di al massimo due stranie-re. Ma tre sono le schiacciatrici inlizza per il posto da titolare: a dis-posizione del tecnico, oltre allaArtmenko e alla Sanchez, c’è labulgara Germanova.“Ci aspetta - conclude l’allena-tore - un rush finale molto inten-so. Speriamo di disputare gli ulti-mi 40 giorni di campionato inmaniera serena, con l’organicoal completo”.

[email protected]

Page 15: Ducato 09_04

15

SPORT

Ammonito. Espulso. Oppure? Comesarà definito il calciatore punito colcartellino arancio? Il designatore

degli arbitri italiani Pierluigi Collina haanticipato uno dei temi in discussione sa-bato all’International Board. L’organismoche esamina le modifiche al regolamentodel calcio, si confronterà sull’introduzio-ne di una punizione intermedia, a metàstrada tra il cartellino giallo e rosso. Si trat-ta appunto del cartellino arancione, un’e-spulsione a tempo, come avviene già nel-l’hockey e nella pallanuoto.La proposta fatta dalla federazione nord-irlandese non trova l’entusiasmo dei tec-nici delle squadre locali. Si dimostra tradi-zionalista l’allenatore della FermignaneseRoberto Bruscolini: “Non sono contrario,ma molto scettico” dice. Anche il misterdell’Urbino, Filippo Giovagnoli, non simostra convinto: “E’ una situazione cheandrebbe interpretata dall’arbitro au-mentando la sua discrezionalità. Baste-rebbe utilizzare meglio i cartellini esisten-ti”. E cosa ne pensano direttori di gara? An-

drea Schirinzi arbitra le partite giovanili:“non è una cattiva idea – dice - esistono si-tuazioni di gioco in cui il giallo è poco e ilrosso troppo”. Non ha paura che aumen-tando la vostra discrezionalità nel giudi-care situazioni di gioco, aumenti anche lapossibilità di dare origine a polemiche? “Ilnostro lavoro è anche questo e se non cisono contestazioni, non c’è l’arbitro”. Ma, semmai verrà introdotto, il cartellinoarancione non sarà una novità assoluta. IlCsi - Centro Sportivo Italiano- utilizza unterzo cartellino da ormai dieci anni. Du-rante le partite dei campionati organizza-ti dall’associazione di promozione sporti-va, gli arbitri sventolano anche un cartel-lino blu. La funzione è uguale a quella del-l’arancione e prevede un allontanamentodal campo di cinque minuti. Serve più pereducare che per reprimere, infatti vieneutilizzato in situazioni come l’uso di lin-guaggio blasfemo o insulti razzisti. Pensa-re subito all’errore fatto per non commet-terlo più.

(f.c.)

I Cardellini volano sui quadIl 22 marzo primo round della nuova edizione del campionato Racing Centro

Il team premiato lo scorso anno torna in pista. In squadra sono presenti due piloti della zona di Urbino

Iquad tornano a correre inmezzo al fango: tra menodi un mese riparte il trofeoRacing del centro Italia. Ainastri di partenza voglio-no esserci anche i piloti

della zona di Urbino, che hannosbancato l’edizione 2008, facen-do incetta di medaglie in quasitutte le categorie.“Se non hai resistenza - rivelal’urbinate Lorenzo Truffelli, vin-citore del campionato promo-zionale 2008 per quad mono-marcia - è dura stare sul mezzo:al primo giro tra scossoni e spor-tellate ti si induriscono braccia egambe. E allora o ti fermi o rischidi ribaltarti”. Il pilota siede sulquadriciclo senza essere protet-to dal parabrezza, impugnandocon forza il manubrio. Per que-sto l’esercizio fisico è determi-nante: “Io mi alleno quattro vol-te alla settimana. E faccio moltapalestra”.Truffelli fa parte del team Car-dellini di Pesaro, che partecipe-rà al trofeo Centro; si inizia il 22marzo con la gara a Certaldo, inprovincia di Firenze. La squadra,che un anno fa ha trionfato suiquad con e senza marce, è capi-tanata dal “guru” di Petriano,Omar Cardellini, 32 enne vinci-tore del campionato per espertia marce. Con lui tornano anchele due rivelazioni premiate conl’oro nel 2008: “il baby” di FanoAndrea Pagliari (14 anni) per lacategoria mini a marce e, appun-to, Truffelli, metalmeccanico di29 anni che lavora alla Benelli diUrbino e corre per la monomar-cia expert.“Tutto è iniziato - racconta OmarCardellini - nel 2001 quando homesso su un negozio di vendita eriparazioni quad. Poi, la passio-ne mi ha spinto a partecipare al-le competizioni”. Truffelli speradi replicare il successo del 2008:“Io ho iniziato nel 2004, a livellolocale dopo cinque anni di go-kart”. La svolta per Truffelli è ar-rivata la scorsa stagione. “Mi so-no iscritto al trofeo Centro e so-no riuscito a vincerlo: una soddi-sfazione, perché ci vuole impe-

gno. Se non sei appassionato vaipoco in là”. Il campionato Racing quad Cen-tro è diretto dalla società Fun offRoad che opera nell’ambito del-l’Associazione Italiana CulturaSport (Aics, ente di promozionesportiva riconosciuto dal Co-ni).”Negli Stati Uniti - spiegaCardellini - il quad aveva sfonda-to già 20anni fa. In Italia invece èuna specialità recente”. Lo provail fatto che non esiste un’unicafederazione ma diverse associa-zioni (Aics, Uisp e Fmi) che orga-nizzano le proprie gare e cam-pionati. E’uno sport che sta co-noscendo il successo, destinatoa chi non ha paura di farsi male.“Spero che questo campionatovada a finire come lo scorso an-no: al di là del trionfo, sono statofortunato a portare a casa le os-sa”, conclude Truffelli.

[email protected]

Tra giallo e rosso spunta l’arancioCalcio/Fa discutere la proposta di un cartellino intermedio

LUCA FABBRI

LorenzoTruffellisedutosul suo quadmonomarciacon cuiha trionfato un anno fa

QUANDO L’ETÀFA CULTURA

Page 16: Ducato 09_04

il Ducato

16

MASS MEDIA

Milioni di mortinon fannonotizia neinostri media.Le tante per-sone coinvolte

in crisi umanitarie, sanitarie egeopolitiche rientrano difficil-mente nei mezzi d'informazio-ne perché non costituisconouna novità. Gli esempi nonmancano: i 2 milioni di personeuccisi annualmente dall' Aids, i5 milioni di bambini che muoio-no ogni anno per la malnutrizio-ne e la media di un morto ogni 3secondi per malaria sono poco"notiziabili"; per non parlare dei3 milioni di persone in fugadallo Zimbawe o della guerrache da 25 anni imperversa in SriLanka. E così via.In questi giorni la sezione ita-liana di Medici senza Frontiere(MSF) sta promuovendo l'ini-ziativa "Adotta una crisidimenticata", chiedendo agiornali, radio, tv e testate on-line di impegnarsi, per il 2009,a parlare di una o più crisidimenticate. Secondo il rap-porto annuale "Le crisi dimen-ticate dai media" pubblicato daMSF Italia, nel 2007 i tg moni-torati (cioè quelli di Rai eMediaset) hanno dedicato l'8%delle notizie a conflitti e crisiumanitarie, contro il 10% del-l'anno precedente."È ovvio - dice il direttore delTg1 Gianni Riotta - che le crisisono tutte brutte e io ho grandeammirazione per Medici senzafrontiere però si adotta uncagnolino abbandonato, nonuna crisi". A suo parere la poli-tica internazionale non puòassolutamente essere conside-rata un punto debole del suoTg, anzi l'approccio del Tg1 inmateria sarebbe nettamentesuperiore a quello della BBC;"Non è presunzione, è esami-nare i fatti. Noi abbiamo parla-to di Congo e aviaria comeforse nessun altro ha fatto eabbiamo anche mandato uninviato in Darfur. Fra l'altro bendue rubriche, Tv7 eVentunesimo Secolo, sonodedicate a questi aspetti". Già,perché sempre più spesso sonole rubriche d'approfondimen-to, magari in seconda serata, adospitare le notizie che nonfanno più notizia. Ma perché certe notizie nonfanno più notizia? In primo luogo, spiega il gior-nalista della Stampa e docenteuniversitario Alberto Papuzzi,va considerata la sostanzialedifferenza fra la società deglianni '50, reduce dal secondo

Se la guerra non fa notiziaMedici senza Frontiere propone ai media di “adottare” una crisi dimenticata

Nei tg sempre meno spazi per conflitti minori ed emergenze umanitarie. Parlano Riotta, Papuzzi e Candido

CHIARA BATTAGLIA

Il caso emblematico del Myanmar In Myannmar, Birmania fino al 1989, il generale Than Shwe ha instaurato nel1992 una dittatura sanguinaria che dura tutt’oggi. Secondo le stime Onu 20mila persone all'anno muoiono di Aids in questo paese, che Medici senza fron-tiere ha inserito nella top ten delle crisi dimenticate del 2007. Ma con unapeculiarità: i notiziari italiani hanno “scoperto” il Myanmar (fino ad allora deltutto ignorato) solo a settembre e ottobre 2007, dopo la rivolta dei monaci con-tro i militari. "Si è trattato di un evento rapido e imprevedibile perciò adeguatoa diventare prodotto-notizia. A fine anno - si legge nel rapporto di MSF - l'inte-resse mediatico per il Myanmar è tornato ad essere basso se non assente".

QUANDO LA NOTIZIA DIVENTA PRODOTTO

Non raccontare la sofferenza di milioni di profughi, di bambini

che muoiono di fame, di feriti e mutilati, di donne violentate,

equivale a dire che non esistono.’’’’

conflitto mondiale, e la nostra."In passato si imponevano deifatti in mezzo al silenzio, ilmondo era molto meno cono-sciuto e frequentato per cui ladenuncia di situazioni difficiliin Asia o in Africa acquistavauna rilevanza enorme; oggiquesti fatti non hanno più larilevanza trascinante del passa-to perché si confondono conun insieme travolgente di dati,perché noi ormai questomondo lo conosciamo". In secondo luogo poi, comericorda un altro giornalistadella Stampa e rappresentanteitaliano di Reporters sansFrontières Mimmo Candido,bisogna tener conto dell’influs-so della televisione, del "consu-mo sempre più rapido dellaconoscenza, della perdita didisponibilità a seguire conattenzione i processi badandoal loro contenuto piuttosto cheai dati emozionali" e del fattoche gradualmente si crei unasorta di abitudine alla violenza."Se le crisi umanitarie vengonoseguite sempre meno con con-tinuità - sostiene Candido -certamente c’è un dato difondo genetico, cioè che il gior-nalismo cerca sempre novità,ma vi è anche un dato nuovo dicui va tenuto conto, ovveroquello di un linguaggio semprepiù dominato dalle immagini". Certo la questione non ènuova, e non riguarda soltantoi media italiani: da una parte ilpubblico, con il suo diritto aessere informato ma sempreassetato di novità; dall’altra chil’informazione la produce, chedeve sempre considerare la“vendibilità” del prodottoinformativo.Anche quando sidedica spazio a qualche crisiumanitaria - si legge ancora nelrapporto di MSF pubblicatol'anno scorso - "il focus dell'at-tenzione risulta generalmentepoco orientato verso lo stato oil grado di emergenza, matende a concentrarsi su eventio argomenti a più forte notizia-bilità (per esempio per il coin-volgimento dell'Italia, di italia-ni e di persone note, o per lacapacità di creare conseguenzeche ci riguardano)". L'aspetto più rilevante dellaquestione comunque ce lo sug-gerisce uno studioso di comu-nicazione: “La gente scrivevaEugene Shaw nel 1979 - tendea includere o escludere dalleproprie conoscenze ciò che imedia includono o escludonodal proprio contenuto". Perquesto il rischio di dare pocospazio a determinate notizie èche il pubblico sia portato adedicarvi scarsa attenzione.

[email protected]

ASSOCIAZIONE PER LA FORMAZIONE AL GIORNALISMO, fondata da Carlo Bo. Presidente: GIOVANNI BOGLIOLO, Rettore dell'Università di Urbino "Carlo Bo".Vice: GIANNETTO SABBATINI ROSSETTI, Presidente dell'Ordine dei Giornalisti delle Marche. Consiglieri: per l'Università: BRUNO BRUSCIOTTI, LELLA MAZZOLI, GIU-SEPPE PAIONI; per l'Ordine: STEFANO FABRIZI, DARIO GATTAFONI, CLAUDIO SARGENTI; per la Regione Marche: SIMONE SOCIONOVO, LEONARDO FRATERNALE;per la Fnsi: GIOVANNI GIACOMINI, GIANCARLO TARTAGLIA. ISTITUTO PER LA FORMAZIONE AL GIORNALISMO: Direttore: LELLA MAZZOLI, Direttore emerito: ENRI-CO MASCILLI MIGLIORINI. SCUOLA DI GIORNALISMO: Direttore: RAFFAELE FIENGO

IL DUCATO Periodico dell'Ifg di Urbino Via della Stazione, 61029 - Urbino - 0722350581 - fax 0722328336 www.uniurb.it/giornalismo; e-mail: [email protected] Direttore responsabile: RAFFAELE FIENGO Stampa: Arti Grafiche Editoriali Srl - Urbino - 0722328733 Registrazione TribunaleUrbino n. 154 del 31 gennaio 1991

Un gruppo di guerriglieri in Darfur