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Emma A quarantacinque anni www.liberliber.it Emma A quarantacinque anni www.liberliber.it

E-book campione Liber Liber · Ragione aveva ragione. Nato da ricchissimi genitori, egli era giunto all’età, in ... la parte del torto e che la sposa sua avesse agito come doveva

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EmmaA quarantacinque anni

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QUESTO E-BOOK:

TITOLO: A quarantacinque anniAUTORE: Emma, [Emilia Ferretti Viola]TRADUTTORE: CURATORE: NOTE: CODICE ISBN E-BOOK: n. d.

DIRITTI D'AUTORE: no

LICENZA: questo testo è distribuito con la licenzaspecificata al seguente indirizzo Internet:http://www.liberliber.it/online/opere/libri/licenze/

COPERTINA: n. d.

TRATTO DA: A quarantacinque anni : racconto /[Emma]. - Nuova antologia di scienze, lettere edarti, v. 25(1874), p. 109-150, 380-415.

CODICE ISBN FONTE: n. d.

1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 30 maggio 2018

INDICE DI AFFIDABILITA': 1 0: affidabilità bassa

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DIRITTI D'AUTORE: no

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TRATTO DA: A quarantacinque anni : racconto /[Emma]. - Nuova antologia di scienze, lettere edarti, v. 25(1874), p. 109-150, 380-415.

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INDICE DI AFFIDABILITA': 1 0: affidabilità bassa

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1: affidabilità standard 2: affidabilità buona 3: affidabilità ottima

SOGGETTO:FIC000000 FICTION / Generale

DIGITALIZZAZIONE:DigitaMi – La biblioteca digitale di Milano

REVISIONE:Paolo Alberti, [email protected] Righi, [email protected]

IMPAGINAZIONE:Paolo Alberti, [email protected]

PUBBLICAZIONE:Catia Righi, [email protected]

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1: affidabilità standard 2: affidabilità buona 3: affidabilità ottima

SOGGETTO:FIC000000 FICTION / Generale

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Emma

A QUARANTACINQUE ANNI

RACCONTO.

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Emma

A QUARANTACINQUE ANNI

RACCONTO.

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Luciano Marnieri era un uomo di età matura. La suapersona ancora svelta e vigorosa, il suo sguardo talvoltaanimato da un raggio di vivacità giovanile, avrebberopotuto far credere che egli era più giovane di quantorealmente fosse, se il contegno per abitudine calmo, ri-servato, l’espressione del volto quasi sempre concentra-to e severo e le rughe precoci che solcavano la sua fron-te, non avessero ristabilito l’equilibrio nel giudizio dicolui che avesse voluto dal suo aspetto indovinarnel’età.

Marnieri aveva quarantacinque anni. Tutti lo sapeva-no, nè lui si curava di nasconderli; coloro poi che nonl’avessero saputo, forse gliene davano di più, ma pochierano quelli, che abituati ad osservare le altrui fisiono-mie non avessero scorto in questa dei contrasti insoliti enuovi. Molti immaginarono che egli avesse pagato unlargo tributo alle passioni della giovinezza e che, dopoavere lungamente lottato in alto mare coi venti e le tem-peste, si fosse ora ridotto nella pace e la sicurezza delporto; ma coloro s’ingannavano. L’aspetto stanco e se-vero di Marnieri rivelava bensì dei lunghi patimenti, maanche dell’energia nel patire, di quell’energia che nons’accresce, ma piuttosto dilegua nelle bufere giovanili.E lui aveva domato, vinto tutto intorno a sè e in sè. Ave-va tracciato il limite alla sua volontà, ai suoi desiderii, al

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Luciano Marnieri era un uomo di età matura. La suapersona ancora svelta e vigorosa, il suo sguardo talvoltaanimato da un raggio di vivacità giovanile, avrebberopotuto far credere che egli era più giovane di quantorealmente fosse, se il contegno per abitudine calmo, ri-servato, l’espressione del volto quasi sempre concentra-to e severo e le rughe precoci che solcavano la sua fron-te, non avessero ristabilito l’equilibrio nel giudizio dicolui che avesse voluto dal suo aspetto indovinarnel’età.

Marnieri aveva quarantacinque anni. Tutti lo sapeva-no, nè lui si curava di nasconderli; coloro poi che nonl’avessero saputo, forse gliene davano di più, ma pochierano quelli, che abituati ad osservare le altrui fisiono-mie non avessero scorto in questa dei contrasti insoliti enuovi. Molti immaginarono che egli avesse pagato unlargo tributo alle passioni della giovinezza e che, dopoavere lungamente lottato in alto mare coi venti e le tem-peste, si fosse ora ridotto nella pace e la sicurezza delporto; ma coloro s’ingannavano. L’aspetto stanco e se-vero di Marnieri rivelava bensì dei lunghi patimenti, maanche dell’energia nel patire, di quell’energia che nons’accresce, ma piuttosto dilegua nelle bufere giovanili.E lui aveva domato, vinto tutto intorno a sè e in sè. Ave-va tracciato il limite alla sua volontà, ai suoi desiderii, al

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suo cuore; aveva fatto un colpo di Stato in favore del di-spotismo e della legittimità, negli anni in cui tutti votanoper la ribellione e la libertà, e nel governo di se stessoaveva eletta sovrana la fredda intelligenza.

Trattò ognora come ribelli e nemici quei sentimenti,che sorsero in lui a combattere le sue idee, e allorquan-do le circostanze o la fragilità umana gli consigliavanodelle amnistie o delle concessioni, n’ebbe sempre scapi-to, e ne trasse argomento per convincersi viepiù che laRagione aveva ragione.

Nato da ricchissimi genitori, egli era giunto all’età, incui già formansi delle liete speranze per l’avvenire, deidolci legami d’amicizia, allorchè per improvvisi rovescidi fortuna la sua famiglia si trovò ridotta agli estremidella povertà.

Fu disgraziato nelle persone quanto negli averi. Per-dette le une e gl’altri. Compagni, congiunti, domestici,tutti facevansi lontani, mano mano che il torrente dellasventura invadeva le cose sue, e colla ricchezza gli por-tava via le generose speranze giovanili e le soavi cre-denze negli affetti altrui. Ma il turbine non lo travolse.Sentì nell’amarezza dell’abbandono rinascere la fede inse stesso, sentì per la prima volta che poteva reggersianche solo, e coll’andar del tempo si convinse che sel’avere dei servi e degli amici è cosa utile e buona, è al-tresì ancor meglio saper trovare nella propria individua-lità l’aiuto e il conforto che prima traeva da essi. Perquesto non piegò il capo davanti a nessuno.

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suo cuore; aveva fatto un colpo di Stato in favore del di-spotismo e della legittimità, negli anni in cui tutti votanoper la ribellione e la libertà, e nel governo di se stessoaveva eletta sovrana la fredda intelligenza.

Trattò ognora come ribelli e nemici quei sentimenti,che sorsero in lui a combattere le sue idee, e allorquan-do le circostanze o la fragilità umana gli consigliavanodelle amnistie o delle concessioni, n’ebbe sempre scapi-to, e ne trasse argomento per convincersi viepiù che laRagione aveva ragione.

Nato da ricchissimi genitori, egli era giunto all’età, incui già formansi delle liete speranze per l’avvenire, deidolci legami d’amicizia, allorchè per improvvisi rovescidi fortuna la sua famiglia si trovò ridotta agli estremidella povertà.

Fu disgraziato nelle persone quanto negli averi. Per-dette le une e gl’altri. Compagni, congiunti, domestici,tutti facevansi lontani, mano mano che il torrente dellasventura invadeva le cose sue, e colla ricchezza gli por-tava via le generose speranze giovanili e le soavi cre-denze negli affetti altrui. Ma il turbine non lo travolse.Sentì nell’amarezza dell’abbandono rinascere la fede inse stesso, sentì per la prima volta che poteva reggersianche solo, e coll’andar del tempo si convinse che sel’avere dei servi e degli amici è cosa utile e buona, è al-tresì ancor meglio saper trovare nella propria individua-lità l’aiuto e il conforto che prima traeva da essi. Perquesto non piegò il capo davanti a nessuno.

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Lottò col lavoro contro la miseria; lottò coll’orgoglioe la volontà contro le seduzioni del cuore e dei sensi. Glianni più belli della giovinezza trascorsero per luinell’operosità indefessa del corpo e della mente. La suaenergia era tutta rivolta allo scopo di ricuperare ciò cheaveva perduto, la sua intelligenza ad acquistare quantopiù collo studio incessante poteva ottenere. Il cuore ave-va vuoto e chiuso, perchè gli ospiti d’una volta ne eranousciti e troppo temeva che altri v’entrassero che somi-gliassero a’ primi.

Talvolta qualche graziosa immagine di donna, qual-che sorriso seducente e malizioso tentò aprirne la portamal chiusa, ma la severa e vigile intelligenza che veglia-va sovrana sopra di esso, inesorabilmente li respinse.

Dopo molti anni, egli aveva riacquistato ancor più diquanto avesse perduto. Era ricco, indipendente, in posi-zione di rendersi utile agl’altri. Ma quando ebbe conse-guito tutto questo, non era più giovane e non era piùsolo.

Egli aveva sposato una sua cugina, figlia naturale diuno zio, che compiaciutosi dell’amore allo studio e allavoro del nipote l’invitò a quel tempo a vivere in casasua, e previde e incoraggiò codesto matrimonio.

Luciano si era abbandonato con piacere e fiduciaall’affetto che gli ispirò la sua giovane cugina. Essa erastata colpita nei primi anni della sua vita dalla sventura,come esso aveva dovuto imparare a lottare colla miseriae lo sconforto, e non fu che più tardi che la casa paternapotette accoglierla e proteggerla.

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Lottò col lavoro contro la miseria; lottò coll’orgoglioe la volontà contro le seduzioni del cuore e dei sensi. Glianni più belli della giovinezza trascorsero per luinell’operosità indefessa del corpo e della mente. La suaenergia era tutta rivolta allo scopo di ricuperare ciò cheaveva perduto, la sua intelligenza ad acquistare quantopiù collo studio incessante poteva ottenere. Il cuore ave-va vuoto e chiuso, perchè gli ospiti d’una volta ne eranousciti e troppo temeva che altri v’entrassero che somi-gliassero a’ primi.

Talvolta qualche graziosa immagine di donna, qual-che sorriso seducente e malizioso tentò aprirne la portamal chiusa, ma la severa e vigile intelligenza che veglia-va sovrana sopra di esso, inesorabilmente li respinse.

Dopo molti anni, egli aveva riacquistato ancor più diquanto avesse perduto. Era ricco, indipendente, in posi-zione di rendersi utile agl’altri. Ma quando ebbe conse-guito tutto questo, non era più giovane e non era piùsolo.

Egli aveva sposato una sua cugina, figlia naturale diuno zio, che compiaciutosi dell’amore allo studio e allavoro del nipote l’invitò a quel tempo a vivere in casasua, e previde e incoraggiò codesto matrimonio.

Luciano si era abbandonato con piacere e fiduciaall’affetto che gli ispirò la sua giovane cugina. Essa erastata colpita nei primi anni della sua vita dalla sventura,come esso aveva dovuto imparare a lottare colla miseriae lo sconforto, e non fu che più tardi che la casa paternapotette accoglierla e proteggerla.

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Luciano che s’era sempre negato tutte le gioie dellagiovinezza, che aveva frenato con una volontà ferreatutti gl’impeti del cuore e della fantasia, credette che legioie austere della famiglia e della paternità fossero lesole degne di lui, utili alla società e a se stesso. La suadiffidenza, giustamente desta per le disgrazie patite,s’acquetava pensando ai vincoli legittimi e indissolubilidel matrimonio; gli sembrava che i suoi affetti dovesse-ro essere più al sicuro, allorchè la legge e la società lisanzionavano e proteggevano.

E il matrimonio fu fatto.Luciano che aveva creduto dover suo, sino a quel

giorno, di soffocare in sè tutte le soavi follie dell’affetto,non potè e non volle in questo primo slancio di amorevivo e nuovo reprimere l’espansione e la gioia che tra-boccavano dal suo cuore. Le immagini poetiche arida-mente raccolte altre volte negli studii, le opere d’arte in-travvedute senza entusiasmo, le melodie udite con cal-ma nelle sale e nei teatri, tutte quelle memorie colorìesso in quei giorni di nuove tinte, e gli parve di vedered’un tratto il mondo ringiovanito, abbellito. Ma codestosogno della sua fantasia durò poco. Passò come una feb-bre che vi coglie e vi lascia senza motivo.

La seria giovinetta, cui egli aveva prodigato senza re-ticenza tanto amore, tante espressioni d’affetto, non locomprese o non volle comprenderlo.

Essa era una donna di mente fredda, mediocre, ordi-natissima; era nata buona massaia, sposa docile, fedele,severa. Le parve forse che alla futura madre di famiglia

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Luciano che s’era sempre negato tutte le gioie dellagiovinezza, che aveva frenato con una volontà ferreatutti gl’impeti del cuore e della fantasia, credette che legioie austere della famiglia e della paternità fossero lesole degne di lui, utili alla società e a se stesso. La suadiffidenza, giustamente desta per le disgrazie patite,s’acquetava pensando ai vincoli legittimi e indissolubilidel matrimonio; gli sembrava che i suoi affetti dovesse-ro essere più al sicuro, allorchè la legge e la società lisanzionavano e proteggevano.

E il matrimonio fu fatto.Luciano che aveva creduto dover suo, sino a quel

giorno, di soffocare in sè tutte le soavi follie dell’affetto,non potè e non volle in questo primo slancio di amorevivo e nuovo reprimere l’espansione e la gioia che tra-boccavano dal suo cuore. Le immagini poetiche arida-mente raccolte altre volte negli studii, le opere d’arte in-travvedute senza entusiasmo, le melodie udite con cal-ma nelle sale e nei teatri, tutte quelle memorie colorìesso in quei giorni di nuove tinte, e gli parve di vedered’un tratto il mondo ringiovanito, abbellito. Ma codestosogno della sua fantasia durò poco. Passò come una feb-bre che vi coglie e vi lascia senza motivo.

La seria giovinetta, cui egli aveva prodigato senza re-ticenza tanto amore, tante espressioni d’affetto, non locomprese o non volle comprenderlo.

Essa era una donna di mente fredda, mediocre, ordi-natissima; era nata buona massaia, sposa docile, fedele,severa. Le parve forse che alla futura madre di famiglia

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non convenisse incoraggiare i poetici e disordinati volidella fantasia di Luciano, le parve sciupare il tempo, se-guendo il giovane sposo nelle entusiaste follie del mo-mento, nei suoi sogni artistici, nelle sue nuove e più ele-vate ispirazioni. Essa non comprendeva, e le sembravafutile e dannoso trattare argomenti che non fossero posi-tivi o utili; non amava rivestire la sincera e fedele affe-zione che aveva in cuore per il marito coi fronzoli chi-merici di poetici inganni. A lei forse, come a tant’altreserie ed oneste, parve di profanare la propria affezioneesprimendola a qual modo.

Luciano se ne accorse ben presto.Prima di capire indovinò.Egli si era ingannato ed ebbe vergogna del suo ingan-

no. Simile a molti forti ed energici al par di lui, egliignorava ancora qual sentimento fosse l’umiliazione.Non gli parve mai vero che esistesse della gente cheavesse arrossito dell’esser povera, di quelli che si fosse-ro vergognati di un’impresa non riuscita e che non aves-sero soffocato quel sentimento col desiderio di ricomin-ciare daccapo; egli queste cose non le aveva capite, per-chè provava vivo in sè il bisogno di lottare, perchè untentativo fallito aveva per lui il merito di essere un in-centivo a rifare; ma adesso, in questo caso impreveduto,la sua vecchia esperienza non lo servì più. Fu umiliato.

Per la prima volta il cuore ebbe da lui il permesso divivere, di esprimersi, di rivelare le cento cose nascostesino a quel giorno, e nessuno lo volle ascoltare. Egli ri-

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non convenisse incoraggiare i poetici e disordinati volidella fantasia di Luciano, le parve sciupare il tempo, se-guendo il giovane sposo nelle entusiaste follie del mo-mento, nei suoi sogni artistici, nelle sue nuove e più ele-vate ispirazioni. Essa non comprendeva, e le sembravafutile e dannoso trattare argomenti che non fossero posi-tivi o utili; non amava rivestire la sincera e fedele affe-zione che aveva in cuore per il marito coi fronzoli chi-merici di poetici inganni. A lei forse, come a tant’altreserie ed oneste, parve di profanare la propria affezioneesprimendola a qual modo.

Luciano se ne accorse ben presto.Prima di capire indovinò.Egli si era ingannato ed ebbe vergogna del suo ingan-

no. Simile a molti forti ed energici al par di lui, egliignorava ancora qual sentimento fosse l’umiliazione.Non gli parve mai vero che esistesse della gente cheavesse arrossito dell’esser povera, di quelli che si fosse-ro vergognati di un’impresa non riuscita e che non aves-sero soffocato quel sentimento col desiderio di ricomin-ciare daccapo; egli queste cose non le aveva capite, per-chè provava vivo in sè il bisogno di lottare, perchè untentativo fallito aveva per lui il merito di essere un in-centivo a rifare; ma adesso, in questo caso impreveduto,la sua vecchia esperienza non lo servì più. Fu umiliato.

Per la prima volta il cuore ebbe da lui il permesso divivere, di esprimersi, di rivelare le cento cose nascostesino a quel giorno, e nessuno lo volle ascoltare. Egli ri-

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mase avvilito e confuso dinanzi al contegno riservato eindifferente della sua giovane sposa.

Il silenzio glaciale che accolse le sue prime espansio-ni lo intimidì come avesse commesso un fallo.

Egli arrossì d’averle scoperto questo lato intimo delsuo spirito, se ne crucciò e pentì, e d’allora in poi poseogni suo studio a nasconderlo gelosamente.

La fredda ragione ebbe così un nuovo trionfo. Lucia-no ne fu tanto convinto, che gli parve persino essere dal-la parte del torto e che la sposa sua avesse agito comedoveva.

Dopo questo fatto l’amò meno, ma la stimò di più.Strana contradizione, per la quale riesce talvolta, a chi

credette d’essersi lasciato cogliere in fallo, di stimaremaggiormente colui che in quello lo colse! E fu da allo-ra che essa acquistò influenza, quasi potere sopra di lui.

Egli rinchiuse in sè e cercò soffocare in ogni modoquei sentimenti, quelle aspirazioni che per un momentoavevano cominciato a realizzarsi; e coll’andar degl’annile credette atrofizzate davvero; nè più si ricordò di quelsegreto di gioie e di illusioni che aveva ricacciato nelcuore e che v’era sepolto per sempre.

I due sposi non rimasero lungo tempo soli; nel volge-re di qualche anno la famiglia crebbe e quattro figliuolipopolarono la casa. La signora Marnieri accettò volonte-rosa e sollecita i nuovi doveri, le nuove cure; pareva, amisura che la famiglia cresceva, aumentassero anche lozelo e l’attività di lei; le sue buone qualità ebbero campodi porsi in luce, le sue abilità qual buona massaia di per-

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mase avvilito e confuso dinanzi al contegno riservato eindifferente della sua giovane sposa.

Il silenzio glaciale che accolse le sue prime espansio-ni lo intimidì come avesse commesso un fallo.

Egli arrossì d’averle scoperto questo lato intimo delsuo spirito, se ne crucciò e pentì, e d’allora in poi poseogni suo studio a nasconderlo gelosamente.

La fredda ragione ebbe così un nuovo trionfo. Lucia-no ne fu tanto convinto, che gli parve persino essere dal-la parte del torto e che la sposa sua avesse agito comedoveva.

Dopo questo fatto l’amò meno, ma la stimò di più.Strana contradizione, per la quale riesce talvolta, a chi

credette d’essersi lasciato cogliere in fallo, di stimaremaggiormente colui che in quello lo colse! E fu da allo-ra che essa acquistò influenza, quasi potere sopra di lui.

Egli rinchiuse in sè e cercò soffocare in ogni modoquei sentimenti, quelle aspirazioni che per un momentoavevano cominciato a realizzarsi; e coll’andar degl’annile credette atrofizzate davvero; nè più si ricordò di quelsegreto di gioie e di illusioni che aveva ricacciato nelcuore e che v’era sepolto per sempre.

I due sposi non rimasero lungo tempo soli; nel volge-re di qualche anno la famiglia crebbe e quattro figliuolipopolarono la casa. La signora Marnieri accettò volonte-rosa e sollecita i nuovi doveri, le nuove cure; pareva, amisura che la famiglia cresceva, aumentassero anche lozelo e l’attività di lei; le sue buone qualità ebbero campodi porsi in luce, le sue abilità qual buona massaia di per-

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fezionarsi; non visse più che per quel piccolo mondopieno di affanni e di gioie domestiche; il suo spirito vi sistabilì, vi trovò i suoi alimenti e il suo sviluppo, e nonuscì più da quella cerchia. Col marito, che non semprepoteva aiutarla di fatto, e coll’intelletto mal s’adattava acodesti particolari, essa divenne alquanto più imperiosaed esigente.

Sebbene ricco, Luciano Marnieri lavorava ancora. Di-stinto per il molto sapere ed il vivacissimo ingegno, eral’avvocato più ricercato della città e anche da altre pro-vincie gli venivano talvolta clienti o colleghi a doman-dare consiglio. A stento gli riusciva salvare alcune orealfine di dedicarle alla famiglia ed allo studio.

Gli studii letterarii specialmente lo allettavano; eranoper lui un riposo dal lavoro arduo, dalle piccole cure fa-migliari; con essi, senza che egli lo sapesse, s’alimenta-va di qualche vivo raggio di poesia e di ispirazione lasua mobile fantasia condannata al silenzio, e quegli stu-dii erano il conforto maggiore della sua austera esisten-za.

Coll’andar del tempo era diventato anche più serio; ilsuo spirito aveva preso una piega mordace e sarcastica,che senza essere maligna colpiva sempre efficacementeladdove il sarcasmo era diretto. L’umore mantenevauguale, calmo, sereno; nella sua professione non eranglimancate le occasioni di fare esperienze e studii sulla na-tura umana, che egli conosceva assai, ma non per questosprezzava. Il suo sarcasmo colpiva piuttosto i prepotenti

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fezionarsi; non visse più che per quel piccolo mondopieno di affanni e di gioie domestiche; il suo spirito vi sistabilì, vi trovò i suoi alimenti e il suo sviluppo, e nonuscì più da quella cerchia. Col marito, che non semprepoteva aiutarla di fatto, e coll’intelletto mal s’adattava acodesti particolari, essa divenne alquanto più imperiosaed esigente.

Sebbene ricco, Luciano Marnieri lavorava ancora. Di-stinto per il molto sapere ed il vivacissimo ingegno, eral’avvocato più ricercato della città e anche da altre pro-vincie gli venivano talvolta clienti o colleghi a doman-dare consiglio. A stento gli riusciva salvare alcune orealfine di dedicarle alla famiglia ed allo studio.

Gli studii letterarii specialmente lo allettavano; eranoper lui un riposo dal lavoro arduo, dalle piccole cure fa-migliari; con essi, senza che egli lo sapesse, s’alimenta-va di qualche vivo raggio di poesia e di ispirazione lasua mobile fantasia condannata al silenzio, e quegli stu-dii erano il conforto maggiore della sua austera esisten-za.

Coll’andar del tempo era diventato anche più serio; ilsuo spirito aveva preso una piega mordace e sarcastica,che senza essere maligna colpiva sempre efficacementeladdove il sarcasmo era diretto. L’umore mantenevauguale, calmo, sereno; nella sua professione non eranglimancate le occasioni di fare esperienze e studii sulla na-tura umana, che egli conosceva assai, ma non per questosprezzava. Il suo sarcasmo colpiva piuttosto i prepotenti

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che i colpevoli; che anzi, per quest’ultimi, sapeva talvol-ta trovare dolcissime parole d’indulgenza e di conforto.

Era severo per sè, ma con orgoglio, e pensava cheaveva saputo conseguire ciò che aveva voluto senza pie-gare la fronte dinanzi alla sventura, nè il cuore al turbinedelle passioni. Però talvolta lo coglieva un’amarezza in-solita, un rammarico che egli non sapeva di che fosse,un sentimento quasi di sprezzo, una volontà di ribellarsicontro gli stessi doni di fortuna che egli si era acquistati,e averne invece altro in cambio, ma non sapeva neppureegli che.

Il giorno in cui compì i quarant’anni, guardando almattino nello specchio i suoi capelli grigi e le rughe delsuo viso, si sorprese, e stette alcun poco immoto, quasiprima d’ora non avesse mai pensato al fatto d’invecchia-re e d’esserne convinto da una cifra innegabile. Gli pa-reva che la vita sua durasse da molto tempo e a momentiparevagli invece fosse stata brevissima. Quasi una partedella sua esistenza fosse rimasta addietro dell’altra a suainsaputa, fosse rimasta adolescente, e dei lunghi annivissuti faticosamente non ne sapesse niente. Si fe’ pen-soso e non potè rendersi conto di questa impressione.Abituato a giudicare prontamente le cose sue e le altrui,a veder chiaro in tutto, qui si affannava inutilmente acercare le cause nascoste di quella inesplicabile, eppurevivissima percezione che aveva di sè.

Mentre a tanta parte del suo essere intellettuale avevadato vita, attività, lavoro, ecco che scopriva ancora chidomandava di vivere, chi non era stato chiamato come

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che i colpevoli; che anzi, per quest’ultimi, sapeva talvol-ta trovare dolcissime parole d’indulgenza e di conforto.

Era severo per sè, ma con orgoglio, e pensava cheaveva saputo conseguire ciò che aveva voluto senza pie-gare la fronte dinanzi alla sventura, nè il cuore al turbinedelle passioni. Però talvolta lo coglieva un’amarezza in-solita, un rammarico che egli non sapeva di che fosse,un sentimento quasi di sprezzo, una volontà di ribellarsicontro gli stessi doni di fortuna che egli si era acquistati,e averne invece altro in cambio, ma non sapeva neppureegli che.

Il giorno in cui compì i quarant’anni, guardando almattino nello specchio i suoi capelli grigi e le rughe delsuo viso, si sorprese, e stette alcun poco immoto, quasiprima d’ora non avesse mai pensato al fatto d’invecchia-re e d’esserne convinto da una cifra innegabile. Gli pa-reva che la vita sua durasse da molto tempo e a momentiparevagli invece fosse stata brevissima. Quasi una partedella sua esistenza fosse rimasta addietro dell’altra a suainsaputa, fosse rimasta adolescente, e dei lunghi annivissuti faticosamente non ne sapesse niente. Si fe’ pen-soso e non potè rendersi conto di questa impressione.Abituato a giudicare prontamente le cose sue e le altrui,a veder chiaro in tutto, qui si affannava inutilmente acercare le cause nascoste di quella inesplicabile, eppurevivissima percezione che aveva di sè.

Mentre a tanta parte del suo essere intellettuale avevadato vita, attività, lavoro, ecco che scopriva ancora chidomandava di vivere, chi non era stato chiamato come

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gli altri a crescere e lavorare con essi. Era una lacunanella sua mente, era anche un vincolo con lontane gioiee speranze dell’infanzia, dell’adolescenza, che non s’eraspezzato, mentre tutto il resto aveva già ordito, separata-mente, le forti fila d’una nuova esistenza; e quel vincololo traeva ad altre cose, sembrava quasi toglierlo a questeche egli aveva create e volute.

Marnieri guardò di nuovo in quel mattino i suoi ca-pelli grigi e il suo viso di quarant’anni e fece a se stessoun sorriso ironico.

La signora Marnieri che rientrò precisamente nellacamera, mentre suo marito faceva codeste riflessioni,vide con sorpresa che egli era sempre occupato alla toe-letta. – Non sei ancora vestito? – esclamò; poi aggiunseun po’ stizzita: – A quarant’anni.... – e non diss’altro,ma fra sè ricordò che aveva già vestiti e mandati allascuola i suoi due bambini più piccoli.

Marnieri la guardò lungamente pensoso, poi disse: –Hai ragione, – e sorrise ancora con ironia a se stessonello specchio prima di uscire dalla stanza.

Sua moglie lo seguì cogli occhi, mentre usciva, poicrollò lentamente il capo e stette alcun poco riflettendo,colle mani in mano; cosa per lei veramente eccezionale.

Ma suo marito la metteva talvolta nell’imbarazzo, elo osservava senza capir altro se non che egli era un pa-dre di famiglia perfetto, un marito cortese e fedele, unuomo studioso e laborioso; ma.... c'era un ma. V’era unche nel carattere di suo marito che non sapeva compren-dere. Un’energia e una forza di volontà che temeva e ri-

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gli altri a crescere e lavorare con essi. Era una lacunanella sua mente, era anche un vincolo con lontane gioiee speranze dell’infanzia, dell’adolescenza, che non s’eraspezzato, mentre tutto il resto aveva già ordito, separata-mente, le forti fila d’una nuova esistenza; e quel vincololo traeva ad altre cose, sembrava quasi toglierlo a questeche egli aveva create e volute.

Marnieri guardò di nuovo in quel mattino i suoi ca-pelli grigi e il suo viso di quarant’anni e fece a se stessoun sorriso ironico.

La signora Marnieri che rientrò precisamente nellacamera, mentre suo marito faceva codeste riflessioni,vide con sorpresa che egli era sempre occupato alla toe-letta. – Non sei ancora vestito? – esclamò; poi aggiunseun po’ stizzita: – A quarant’anni.... – e non diss’altro,ma fra sè ricordò che aveva già vestiti e mandati allascuola i suoi due bambini più piccoli.

Marnieri la guardò lungamente pensoso, poi disse: –Hai ragione, – e sorrise ancora con ironia a se stessonello specchio prima di uscire dalla stanza.

Sua moglie lo seguì cogli occhi, mentre usciva, poicrollò lentamente il capo e stette alcun poco riflettendo,colle mani in mano; cosa per lei veramente eccezionale.

Ma suo marito la metteva talvolta nell’imbarazzo, elo osservava senza capir altro se non che egli era un pa-dre di famiglia perfetto, un marito cortese e fedele, unuomo studioso e laborioso; ma.... c'era un ma. V’era unche nel carattere di suo marito che non sapeva compren-dere. Un’energia e una forza di volontà che temeva e ri-

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spettava, e un segreto che non sapeva indovinare. Allevolte pensava che non c’era niente, e che il segreto locreava la sua fantasia; ma poi ricordava un giovane ar-dente e ispirato, un pazzo che le avea in altri tempi im-provvisato dei versi e che le aveva gettate le braccia alcollo una sera, mentre essa suonava non ricordava piùqual pezzo di musica tedesca, ed egli aveva allora gliocchi umidi e le mani fredde, e trascinatala poi seco peiviali del giardino illuminati dalla luna aveale dette le piùfolli cose; ella rammentava che allora sorpresa e quasioffesa lo aveva lasciato solo colà, perchè aveva a queltempo molto da fare nella casa dello zio e perchè l’ariadella sera, la luna e i discorsi pazzi le piacevano poco, erammentava ancora che il giovane entusiasta abbando-nato da lei fra le ombre del giardino non ne uscì più; mache alla dimane il signor avvocato Marnieri era sedutocome al solito a colazione, calmo e serio, quasichè diversi, di musica tedesca, e di prati illuminati dalla lunanon ne sapesse nulla.

Ma d’allora in poi la signora rammentò sempre condiffidenza quel giovane entusiasta e ardente dei primigiorni, e cercò invano di ritrovarlo per conoscerlo e os-servarlo più da vicino. Egli non si fece più vedere. Erasparito come un sogno, come una allucinazione nottur-na. Invano la signora Marnieri aveva suonato tutti i pez-zi di musica che sapeva, invano corse perfino il rischiodi prendere il raffreddore, passeggiando col marito lasera pei viali del giardino; Luciano Marnieri, calmo ecortese l’accompagnava, chiacchierando di cose fami-

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spettava, e un segreto che non sapeva indovinare. Allevolte pensava che non c’era niente, e che il segreto locreava la sua fantasia; ma poi ricordava un giovane ar-dente e ispirato, un pazzo che le avea in altri tempi im-provvisato dei versi e che le aveva gettate le braccia alcollo una sera, mentre essa suonava non ricordava piùqual pezzo di musica tedesca, ed egli aveva allora gliocchi umidi e le mani fredde, e trascinatala poi seco peiviali del giardino illuminati dalla luna aveale dette le piùfolli cose; ella rammentava che allora sorpresa e quasioffesa lo aveva lasciato solo colà, perchè aveva a queltempo molto da fare nella casa dello zio e perchè l’ariadella sera, la luna e i discorsi pazzi le piacevano poco, erammentava ancora che il giovane entusiasta abbando-nato da lei fra le ombre del giardino non ne uscì più; mache alla dimane il signor avvocato Marnieri era sedutocome al solito a colazione, calmo e serio, quasichè diversi, di musica tedesca, e di prati illuminati dalla lunanon ne sapesse nulla.

Ma d’allora in poi la signora rammentò sempre condiffidenza quel giovane entusiasta e ardente dei primigiorni, e cercò invano di ritrovarlo per conoscerlo e os-servarlo più da vicino. Egli non si fece più vedere. Erasparito come un sogno, come una allucinazione nottur-na. Invano la signora Marnieri aveva suonato tutti i pez-zi di musica che sapeva, invano corse perfino il rischiodi prendere il raffreddore, passeggiando col marito lasera pei viali del giardino; Luciano Marnieri, calmo ecortese l’accompagnava, chiacchierando di cose fami-

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gliari, dello zio, della sua professione, di studio o di fi-nanze come se quell’altro non l’avesse mai neppur co-nosciuto.

Per del tempo la signora Marnieri, che era aquell’epoca ancora molto giovane, non vi pensò più; mapoi, allorchè acquistò maggiore esperienza della vita, ri-pensava qualche volta ai primi tempi del suo matrimo-nio e guardava questo signor Marnieri tanto serio e cal-mo, ricordando con sorpresa quell’altro che gli somi-gliava così poco. E ne rimase in lei una certa diffidenzanascosta e curiosa.

Quel mattino, in cui Marnieri compiva i quarant'anni,egli la guardò un momento in un modo sì insolito e pen-soso, che senza saperne il perchè le tornò d’un trattonella mente la scena del giardino, e dopo molto tempoche ella non vi pensava più, l’altro sorse vivamente da-vanti alla sua memoria.

Le donne serie e austere che racchiudono tutta la loroesistenza nella cerchia domestica, hanno spesso certipensieri tenaci, certe memorie indelebili, certe curiositàostinate che altre non potrebbero avere. Ma quella stret-ta cerchia è tutta loro, sentono che devono dominarla epossederla interamente, altrimenti ogni sforzo di virtù edi abnegazione sarebbe inutile o almeno senza compen-so per esse, e non voglion che alcuno sfugga in quellacerchia alla loro giurisdizione.

Perciò la signora Marnieri se ne stava inoperosa ri-flettendo. Essa cercava in qual canto di casa sua l’altropoteva essersi nascosto.

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gliari, dello zio, della sua professione, di studio o di fi-nanze come se quell’altro non l’avesse mai neppur co-nosciuto.

Per del tempo la signora Marnieri, che era aquell’epoca ancora molto giovane, non vi pensò più; mapoi, allorchè acquistò maggiore esperienza della vita, ri-pensava qualche volta ai primi tempi del suo matrimo-nio e guardava questo signor Marnieri tanto serio e cal-mo, ricordando con sorpresa quell’altro che gli somi-gliava così poco. E ne rimase in lei una certa diffidenzanascosta e curiosa.

Quel mattino, in cui Marnieri compiva i quarant'anni,egli la guardò un momento in un modo sì insolito e pen-soso, che senza saperne il perchè le tornò d’un trattonella mente la scena del giardino, e dopo molto tempoche ella non vi pensava più, l’altro sorse vivamente da-vanti alla sua memoria.

Le donne serie e austere che racchiudono tutta la loroesistenza nella cerchia domestica, hanno spesso certipensieri tenaci, certe memorie indelebili, certe curiositàostinate che altre non potrebbero avere. Ma quella stret-ta cerchia è tutta loro, sentono che devono dominarla epossederla interamente, altrimenti ogni sforzo di virtù edi abnegazione sarebbe inutile o almeno senza compen-so per esse, e non voglion che alcuno sfugga in quellacerchia alla loro giurisdizione.

Perciò la signora Marnieri se ne stava inoperosa ri-flettendo. Essa cercava in qual canto di casa sua l’altropoteva essersi nascosto.

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Le sue ricerche furono vane.L’altro non si fece più vedere, ed ogni rassomiglianza

fra esso ed il signor Luciano Marnieri andava vie più di-leguando, a misura che gli anni crescevano, che la suafolta capigliatura andava popolandosi di bianchissimifili, e che la sua bella fisionomia perdeva ogni giorno dipiù le ultime tracce di gioventù. Luciano Marnieri eravecchio. Lo sapeva, lo diceva, eppure aveva in sè qual-cosa che di tempo in tempo gli gridava: Non è possibile,non è vero, tutto non è ancora esaurito!

Quando il signor Marnieri sentiva queste intime e na-scoste espressioni di ribellione, guardava con un mestosorriso i figli già grandi che lo circondavano, l’operosacompagna, che da una timida giovinetta s’era fatta pin-gue e risoluta matrona; accoglieva gli attestati di rive-renza e di considerazione che gli venivan sporti da tuttele parti, e non sapeva comprendere quello che v’era inlui di ribelle a tuttociò, – quale fosse la contradizioneche provava in sè contro i fatti compiuti, cosa fosse que-sta illogica reazione contro il tempo che passa, e il nonpotere esaurire adeguatamente con esso quanto eglideve naturalmente consumare. E sentiva d’avere qualco-sa in sè che era ancora intatto, intero, e invano cercavadi scoprire ciò che poteva essere. Alla fine mise questeincertezze fra gli scontenti che tormentano l’esistenzaumana, pensò che il male che lo travagliava era forsecomune a tutti, e che col correre del tempo sarebbesi ri-mediato anche ad esso. E fece come la signora Marnieri.Non cercò più.

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Le sue ricerche furono vane.L’altro non si fece più vedere, ed ogni rassomiglianza

fra esso ed il signor Luciano Marnieri andava vie più di-leguando, a misura che gli anni crescevano, che la suafolta capigliatura andava popolandosi di bianchissimifili, e che la sua bella fisionomia perdeva ogni giorno dipiù le ultime tracce di gioventù. Luciano Marnieri eravecchio. Lo sapeva, lo diceva, eppure aveva in sè qual-cosa che di tempo in tempo gli gridava: Non è possibile,non è vero, tutto non è ancora esaurito!

Quando il signor Marnieri sentiva queste intime e na-scoste espressioni di ribellione, guardava con un mestosorriso i figli già grandi che lo circondavano, l’operosacompagna, che da una timida giovinetta s’era fatta pin-gue e risoluta matrona; accoglieva gli attestati di rive-renza e di considerazione che gli venivan sporti da tuttele parti, e non sapeva comprendere quello che v’era inlui di ribelle a tuttociò, – quale fosse la contradizioneche provava in sè contro i fatti compiuti, cosa fosse que-sta illogica reazione contro il tempo che passa, e il nonpotere esaurire adeguatamente con esso quanto eglideve naturalmente consumare. E sentiva d’avere qualco-sa in sè che era ancora intatto, intero, e invano cercavadi scoprire ciò che poteva essere. Alla fine mise questeincertezze fra gli scontenti che tormentano l’esistenzaumana, pensò che il male che lo travagliava era forsecomune a tutti, e che col correre del tempo sarebbesi ri-mediato anche ad esso. E fece come la signora Marnieri.Non cercò più.

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Era una bella sera di settembre. La famiglia Marnieri,che possedeva una graziosa villeggiatura sul Lago Mag-giore, erasi riunita nel giardino davanti alla villa. Il si-gnor Marnieri, seduto presso ad un tavolino, leggeva at-tentamente delle carte, nel mentre che la signora, sor-bendo accanto a lui una tazza di caffè, lo guardava ditempo in tempo con inquietudine. Il figlio maggiore, ungiovinetto di 15 o 16 anni, immerso nella lettura delgiornale, borbottava colle sorelle ogni qualvolta questepassandogli d’accanto gli gettavano maliziosamente unfiore sul foglio per disturbarlo dalla lettura, o gli ornava-no troppo artisticamente il capo e la giubba con tralci enastri; finalmente vinto dall’impazienza e dalle istanzedelle fanciulle d’accompagnarle al passeggio, egli sialzò, e la piccola truppa, allontanandosi chiassosamente,lasciò soli il marito e la moglie.

— Ebbene, – chiese premurosamente la signora Mar-nieri, guardando se i figliuoli s’erano davvero scostati, –che nuove dell’affare della contessa Bianca?

— Cattive, – rispose il marito, riponendo le carte. –Non mi aspettava davvero che le cose prendessero que-sta piega. Il conte Arcieri rivuole la figlia, e qualora lacontessa non acconsenta, minaccia di rivendicare il suodiritto di proprietà sulle terre e la casa di Montalberto.

— L’unica proprietà della contessa Bianca! – esclamòla signora.

— L’unica, – rispose l’avvocato, guardando pensosole carte che giacevano sul tavolino.

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Era una bella sera di settembre. La famiglia Marnieri,che possedeva una graziosa villeggiatura sul Lago Mag-giore, erasi riunita nel giardino davanti alla villa. Il si-gnor Marnieri, seduto presso ad un tavolino, leggeva at-tentamente delle carte, nel mentre che la signora, sor-bendo accanto a lui una tazza di caffè, lo guardava ditempo in tempo con inquietudine. Il figlio maggiore, ungiovinetto di 15 o 16 anni, immerso nella lettura delgiornale, borbottava colle sorelle ogni qualvolta questepassandogli d’accanto gli gettavano maliziosamente unfiore sul foglio per disturbarlo dalla lettura, o gli ornava-no troppo artisticamente il capo e la giubba con tralci enastri; finalmente vinto dall’impazienza e dalle istanzedelle fanciulle d’accompagnarle al passeggio, egli sialzò, e la piccola truppa, allontanandosi chiassosamente,lasciò soli il marito e la moglie.

— Ebbene, – chiese premurosamente la signora Mar-nieri, guardando se i figliuoli s’erano davvero scostati, –che nuove dell’affare della contessa Bianca?

— Cattive, – rispose il marito, riponendo le carte. –Non mi aspettava davvero che le cose prendessero que-sta piega. Il conte Arcieri rivuole la figlia, e qualora lacontessa non acconsenta, minaccia di rivendicare il suodiritto di proprietà sulle terre e la casa di Montalberto.

— L’unica proprietà della contessa Bianca! – esclamòla signora.

— L’unica, – rispose l’avvocato, guardando pensosole carte che giacevano sul tavolino.

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— E potrà egli far valere quel diritto? – continuò achiedere la moglie con interesse.

— Lo può, e sarà difficile contrastarlo. Degli stoltigenitori misero in balìa di questo pazzo l’intera fortunadella figlia.

— E – disse ancora la signora – credi tu che veramen-te non sia possibile una conciliazione?

— Una conciliazione? – rispose sorpreso il signorMarnieri. – Quale?

— Ma una conciliazione che potesse indurre i duesposi a riunirsi, – replicò la moglie.

— Riunirsi? La contessa Bianca e quello sciagurato?Hai forse dimenticato la triste istoria di quel matrimo-nio? – ribattè vivamente Marnieri. – Non sai quanto essaebbe a soffrire e quanto soffrì prima di prendere la deci-sione di rompere per sempre quel legame? Era suo do-vere il farlo, – disse egli con energia. – Era suo doveresottrarre una tenera figliuoletta allo spettacolo di un pa-dre vizioso e stravagante, lo doveva a se stessa di nonvivere più sotto il medesimo tetto con quell’uomo!

— Ma quest’uomo ha ora il diritto di toglierle la fi-glia? – disse la signora.

— La contessa può negargliela, – rispose l’avvocato.— Ma allora il marito le porterà via tutto ciò che essa

possiede, – disse la signora Marnieri.L’avvocato non rispose.— E la contessa Bianca, – continuò a dire la signora,

– ricca ereditiera, dama elegante e corteggiata, abituataal lusso e ai divertimenti, come farà a vivere, a mantene-

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— E potrà egli far valere quel diritto? – continuò achiedere la moglie con interesse.

— Lo può, e sarà difficile contrastarlo. Degli stoltigenitori misero in balìa di questo pazzo l’intera fortunadella figlia.

— E – disse ancora la signora – credi tu che veramen-te non sia possibile una conciliazione?

— Una conciliazione? – rispose sorpreso il signorMarnieri. – Quale?

— Ma una conciliazione che potesse indurre i duesposi a riunirsi, – replicò la moglie.

— Riunirsi? La contessa Bianca e quello sciagurato?Hai forse dimenticato la triste istoria di quel matrimo-nio? – ribattè vivamente Marnieri. – Non sai quanto essaebbe a soffrire e quanto soffrì prima di prendere la deci-sione di rompere per sempre quel legame? Era suo do-vere il farlo, – disse egli con energia. – Era suo doveresottrarre una tenera figliuoletta allo spettacolo di un pa-dre vizioso e stravagante, lo doveva a se stessa di nonvivere più sotto il medesimo tetto con quell’uomo!

— Ma quest’uomo ha ora il diritto di toglierle la fi-glia? – disse la signora.

— La contessa può negargliela, – rispose l’avvocato.— Ma allora il marito le porterà via tutto ciò che essa

possiede, – disse la signora Marnieri.L’avvocato non rispose.— E la contessa Bianca, – continuò a dire la signora,

– ricca ereditiera, dama elegante e corteggiata, abituataal lusso e ai divertimenti, come farà a vivere, a mantene-

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re ed educare la sua bambina, se resta quasi priva diogni mezzo di sussistenza? Non hai detto tu stesso, cheil conte Arcieri non possiede quasi più nulla di suo, evive ora col lauto patrimonio dello zio che gli dà tuttociò che vuole, e per ciò l’assegno che le farà sarà dei piùmeschini? —

Anche questa volta l’avvocato non rispose, ma guar-dava mesto e pensoso davanti a sè.

— Non speri, Luciano, – disse dopo un momento disilenzio sua moglie, – di trovare il modo di salvarla? —

Marnieri non replicò subito, ma poi disse:— Ho paura di no.— E ora dove vai così presto? – chiese di nuovo, ve-

dendo che il marito andava verso casa, e lo disse mutan-do tuono e col fare imperioso di chi ha l’abitudine e ildiritto d’interrogare.

— Vado a portarle queste nuove. La risposta è chiestacon urgenza, – replicò l’avvocato, ed entrò nel vestibo-lo.

La signora Marnieri non ardì fare rimostranze, sebbe-ne le spiacesse solitamente che il marito uscisse subitodopo il pranzo; ma quando egli, dopo alcuni minuti, ri-tornò col cappello in capo per salutarla, lo guardò conviso malcontento e gli disse:

— Ti pare, con questa frescura di uscire senza pale-tot? —

E Luciano senza far motto rientrò in casa e quasi su-bito riapparve col paletot sul braccio:

— Addio, Elisa, – disse cortesemente.

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re ed educare la sua bambina, se resta quasi priva diogni mezzo di sussistenza? Non hai detto tu stesso, cheil conte Arcieri non possiede quasi più nulla di suo, evive ora col lauto patrimonio dello zio che gli dà tuttociò che vuole, e per ciò l’assegno che le farà sarà dei piùmeschini? —

Anche questa volta l’avvocato non rispose, ma guar-dava mesto e pensoso davanti a sè.

— Non speri, Luciano, – disse dopo un momento disilenzio sua moglie, – di trovare il modo di salvarla? —

Marnieri non replicò subito, ma poi disse:— Ho paura di no.— E ora dove vai così presto? – chiese di nuovo, ve-

dendo che il marito andava verso casa, e lo disse mutan-do tuono e col fare imperioso di chi ha l’abitudine e ildiritto d’interrogare.

— Vado a portarle queste nuove. La risposta è chiestacon urgenza, – replicò l’avvocato, ed entrò nel vestibo-lo.

La signora Marnieri non ardì fare rimostranze, sebbe-ne le spiacesse solitamente che il marito uscisse subitodopo il pranzo; ma quando egli, dopo alcuni minuti, ri-tornò col cappello in capo per salutarla, lo guardò conviso malcontento e gli disse:

— Ti pare, con questa frescura di uscire senza pale-tot? —

E Luciano senza far motto rientrò in casa e quasi su-bito riapparve col paletot sul braccio:

— Addio, Elisa, – disse cortesemente.

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— Torna presto, – rispose ella un poco stizzosa, – conquesti benedetti affari non ti si vede che all’ora del pran-zo e della colezione, e la famiglia per te è come non cifosse. Potresti almeno prenderti meno brighe. —

Marnieri non rispose, e quando essa ebbe finito didire se ne andò.

La casa della contessa Bianca distava un chilometrocirca da quella dei Marnieri. La strada postale correvalungo il Lago e talvolta lo seguiva così d’appresso, chel’acqua veniva a lambire il muricciuolo di sostegno del-la via, e se vi era burrasca, gli spruzzi dell’onde copriva-no perfino la polvere bianca della strada. Quella sera ilLago era calmo. La luna splendeva sulle acque scintil-lanti sotto ai suoi raggi, illuminava la via lungo la spiag-gia, e si posava sulle più alte cime dei castani folti e om-brosi, che sorgevano come grosse masse oscure e fanta-stiche lungo il cammino. L’avvocato Marnieri si fermòun istante contemplando quella scena grandiosa, ma poilento e pensoso si avviò alla casa della contessa.

Sembrava però che non avesse furia di arrivare. Adogni momento sostava, guardava con un’espressione se-vera e raccolta diritto davanti a sè; poi, crollando il capomestamente, ricominciava a camminare. Giunto ad unasvolta della strada piegò a sinistra e si inoltrò lungo unostretto sentiero erboso che attraversava un bosco di ca-stani, salendo gradatamente verso il colle. Il bosco, fol-tissimo in certi luoghi, era buio e silenzioso; le acquedorate e lucenti pei raggi della luna, la bianca via, le va-porose cime dei monti dolcemente rischiarate anch’esse,

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— Torna presto, – rispose ella un poco stizzosa, – conquesti benedetti affari non ti si vede che all’ora del pran-zo e della colezione, e la famiglia per te è come non cifosse. Potresti almeno prenderti meno brighe. —

Marnieri non rispose, e quando essa ebbe finito didire se ne andò.

La casa della contessa Bianca distava un chilometrocirca da quella dei Marnieri. La strada postale correvalungo il Lago e talvolta lo seguiva così d’appresso, chel’acqua veniva a lambire il muricciuolo di sostegno del-la via, e se vi era burrasca, gli spruzzi dell’onde copriva-no perfino la polvere bianca della strada. Quella sera ilLago era calmo. La luna splendeva sulle acque scintil-lanti sotto ai suoi raggi, illuminava la via lungo la spiag-gia, e si posava sulle più alte cime dei castani folti e om-brosi, che sorgevano come grosse masse oscure e fanta-stiche lungo il cammino. L’avvocato Marnieri si fermòun istante contemplando quella scena grandiosa, ma poilento e pensoso si avviò alla casa della contessa.

Sembrava però che non avesse furia di arrivare. Adogni momento sostava, guardava con un’espressione se-vera e raccolta diritto davanti a sè; poi, crollando il capomestamente, ricominciava a camminare. Giunto ad unasvolta della strada piegò a sinistra e si inoltrò lungo unostretto sentiero erboso che attraversava un bosco di ca-stani, salendo gradatamente verso il colle. Il bosco, fol-tissimo in certi luoghi, era buio e silenzioso; le acquedorate e lucenti pei raggi della luna, la bianca via, le va-porose cime dei monti dolcemente rischiarate anch’esse,

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erano sparite dietro a lui, ed ora lo circondava una fittaoscurità e una nebbia fredda e densa che lo scosse conbrividi di freddo. Marnieri camminò più in fretta, quasiquella oscurità e quella frescura aumentassero la suapreoccupazione e la sua malinconia. Il suo passo affret-tato e fermo turbava la quiete del bosco; di quando inquando una lucertola rimpiattata dietro ai sassi, un uc-cellino impaurito nel sonno, si scuotevano e fuggivano.D’un tratto, uscendo da una fitta boscaglia, egli si trovòin una vasta prateria di fianco a un torrente, mentre nelfondo splendeva di nuovo il limpido specchio del Lago.A pochi passi da lui sorgeva un muro che cingeva ungiardino, e dietro a questo vedevasi la bianca facciata diuna villa.

L’avvocato camminò un pezzetto rasente al muro;poi, fermatosi davanti ad una vecchia e tarlata porticinanello stesso, passò la mano fra due assicelle mobili emal connesse e aprì la porta. Quando Marnieri fu entratosi trovò daccapo al buio, fra gli alberi di un parco. Avan-zava a tastoni in quell’oscurità, premendo col piede unterreno molle ed erboso.

— Ho creduto far più presto venendo da questa parte,ma ci si mette più tempo, – borbottò fra sè l’avvocatopoco pratico di quel sentiero; e davvero sarebbe stata fa-cile cosa il perdersi in quel luogo, se una musica soave elontana non gli avesse servito di guida. Si fermò adascoltare.

— Suona! – disse mestamente e seguì col passo la di-rezione indicatagli dalla musica. —

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erano sparite dietro a lui, ed ora lo circondava una fittaoscurità e una nebbia fredda e densa che lo scosse conbrividi di freddo. Marnieri camminò più in fretta, quasiquella oscurità e quella frescura aumentassero la suapreoccupazione e la sua malinconia. Il suo passo affret-tato e fermo turbava la quiete del bosco; di quando inquando una lucertola rimpiattata dietro ai sassi, un uc-cellino impaurito nel sonno, si scuotevano e fuggivano.D’un tratto, uscendo da una fitta boscaglia, egli si trovòin una vasta prateria di fianco a un torrente, mentre nelfondo splendeva di nuovo il limpido specchio del Lago.A pochi passi da lui sorgeva un muro che cingeva ungiardino, e dietro a questo vedevasi la bianca facciata diuna villa.

L’avvocato camminò un pezzetto rasente al muro;poi, fermatosi davanti ad una vecchia e tarlata porticinanello stesso, passò la mano fra due assicelle mobili emal connesse e aprì la porta. Quando Marnieri fu entratosi trovò daccapo al buio, fra gli alberi di un parco. Avan-zava a tastoni in quell’oscurità, premendo col piede unterreno molle ed erboso.

— Ho creduto far più presto venendo da questa parte,ma ci si mette più tempo, – borbottò fra sè l’avvocatopoco pratico di quel sentiero; e davvero sarebbe stata fa-cile cosa il perdersi in quel luogo, se una musica soave elontana non gli avesse servito di guida. Si fermò adascoltare.

— Suona! – disse mestamente e seguì col passo la di-rezione indicatagli dalla musica. —

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Gli alberi si diradarono, la luna brillava di nuovo sulverde dei prati, e una squisita fragranza di fiori lo avvol-se; la grande terrazza della villa colla sua tenda giallaera davanti a lui, e al piano terreno dalle aperte finestreil chiarore delle lampade e le note larghe e profonde diun buonissimo pianoforte indicavano ove era il salottodella signora; più alto, un piccolo lumicino ardeva die-tro una cortina di seta rosa, mentre il piazzale davantialla casa ornato di eleganti macchie di fiori che figura-vano panieri, statue e piante rare, era tutto in luce.

Marnieri diede una rapida occhiata a queste cose, allavilla, al giardino, alle aperte finestre della sala, aquell’altra più su, ove dietro alla cortina si intravedevauna luce fioca.

— La camera della sua bambina! – mormorò ancoral’avvocato guardando in su e poi abbassò di nuovo losguardo sulle statue e le piante. Piano, a malincuore,Marnieri progrediva verso la porta e le finestre apertedella sala.

La musica continuava, la persona che suonava lo do-veva fare con una passione e un’abilità straordinaria,perchè quelle armonie risuonavano nel placido silenziodella sera con una potenza e un’intensità che le facevasomigliare a dei gridi e dei lamenti umani, a delle storiedi lotte e di dolori, narrate con tutte le soavi cadenzedelle melodie.

Marnieri era già nel mezzo della sala senza chel’istrumento avesse cessato di raccontare con dolcissima

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Gli alberi si diradarono, la luna brillava di nuovo sulverde dei prati, e una squisita fragranza di fiori lo avvol-se; la grande terrazza della villa colla sua tenda giallaera davanti a lui, e al piano terreno dalle aperte finestreil chiarore delle lampade e le note larghe e profonde diun buonissimo pianoforte indicavano ove era il salottodella signora; più alto, un piccolo lumicino ardeva die-tro una cortina di seta rosa, mentre il piazzale davantialla casa ornato di eleganti macchie di fiori che figura-vano panieri, statue e piante rare, era tutto in luce.

Marnieri diede una rapida occhiata a queste cose, allavilla, al giardino, alle aperte finestre della sala, aquell’altra più su, ove dietro alla cortina si intravedevauna luce fioca.

— La camera della sua bambina! – mormorò ancoral’avvocato guardando in su e poi abbassò di nuovo losguardo sulle statue e le piante. Piano, a malincuore,Marnieri progrediva verso la porta e le finestre apertedella sala.

La musica continuava, la persona che suonava lo do-veva fare con una passione e un’abilità straordinaria,perchè quelle armonie risuonavano nel placido silenziodella sera con una potenza e un’intensità che le facevasomigliare a dei gridi e dei lamenti umani, a delle storiedi lotte e di dolori, narrate con tutte le soavi cadenzedelle melodie.

Marnieri era già nel mezzo della sala senza chel’istrumento avesse cessato di raccontare con dolcissima

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e misteriosa potenza l’echeggiante odissea che vibravasotto le bianche dita della suonatrice.

Il viso dell’avvocato si era illuminato con un raggiodi ammirazione e di pietà, il suo occhio nero pareva fos-se fatto più grande e brillasse sotto un velo umido e tra-sparente. Egli indietreggiò pian piano, cercò collosguardo un cantuccio buio e nascosto del salotto, viandò, e sedette zitto zitto in una poltrona.

Di là non si vedeva nè il cembalo, nè chi lo suonava.L’armonia sembrava portata dal vento, quasi fossenell’aria, come lo è una fragranza; e l'avvocato, piegan-do la sua testa grigia e poggiando il viso fra le mani,ascoltò lungamente in silenzio.

Allorchè tacque la musica, egli si alzò, riprese il suoportamento abituale, calmo e severo, e s’accostò al pia-no.

La contessa Bianca vi era ancora seduta, le sue manierravano sui tasti e col capo leggermente chinato parevariflettesse mesta e commossa. Udendo dei passi dietro ase, balzò in piedi e mandò un piccolo grido.

— Entro come un ladro, – disse l’avvocato con voceleggermente tremola e forzandosi a sorridere.

— Come un amico sempre, – esclamò con un lietosorriso la contessa Bianca, stendendogli le due mani; mapoi lo guardò un momento sorpresa e impensierita.

— Cosa è stato, Marnieri? – domandò ansiosamente.— Nulla, – rispose con serietà l’avvocato, – sono ve-

nuto per parlare, contessa, di ciò che potrà essere. —

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e misteriosa potenza l’echeggiante odissea che vibravasotto le bianche dita della suonatrice.

Il viso dell’avvocato si era illuminato con un raggiodi ammirazione e di pietà, il suo occhio nero pareva fos-se fatto più grande e brillasse sotto un velo umido e tra-sparente. Egli indietreggiò pian piano, cercò collosguardo un cantuccio buio e nascosto del salotto, viandò, e sedette zitto zitto in una poltrona.

Di là non si vedeva nè il cembalo, nè chi lo suonava.L’armonia sembrava portata dal vento, quasi fossenell’aria, come lo è una fragranza; e l'avvocato, piegan-do la sua testa grigia e poggiando il viso fra le mani,ascoltò lungamente in silenzio.

Allorchè tacque la musica, egli si alzò, riprese il suoportamento abituale, calmo e severo, e s’accostò al pia-no.

La contessa Bianca vi era ancora seduta, le sue manierravano sui tasti e col capo leggermente chinato parevariflettesse mesta e commossa. Udendo dei passi dietro ase, balzò in piedi e mandò un piccolo grido.

— Entro come un ladro, – disse l’avvocato con voceleggermente tremola e forzandosi a sorridere.

— Come un amico sempre, – esclamò con un lietosorriso la contessa Bianca, stendendogli le due mani; mapoi lo guardò un momento sorpresa e impensierita.

— Cosa è stato, Marnieri? – domandò ansiosamente.— Nulla, – rispose con serietà l’avvocato, – sono ve-

nuto per parlare, contessa, di ciò che potrà essere. —

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La calma di Marnieri la rassicurò e sorridendo di nuo-vo ella disse, – Ma da che parte siete entrato? Non vi hointeso annunciare.

— Entrai dalla porticina del parco. Chi porta dellenuove spiacevoli, trova sempre gli usci aperti. —

La contessa impallidì e domandò subito:— Che nuove portate? —L’avvocato levò dei fogli di tasca e sedette presso ad

un tavolino ove era la lampada. La contessa accostò unasedia a quella dell’avvocato, guardando con viso inquie-to ora le carte, ora Marnieri.

— Il conte Arcieri rivuole sua figlia, – cominciò adire il legale.

— Ma non può averla, – interruppe vigorosamente lacontessa.

— È giusto, – rispose con calma l’avvocato. – Lei haacquistato il diritto di tenere la figlia con sè, e il conteche lo sa, non ha fatto una domanda inutile, ma nonchiede di riavere la bambina che nel caso sua moglie glineghi la cessione di Montalberto con tutte le terre e ren-dite annesse a quella proprietà. —

— Montalberto! – esclamò la contessa stordita e sor-presa. – Ma è tutto ciò che io posseggo! —

— Lo so; sotto questo nome sono comprese le terre,gli stabili, e la villa ove siamo, e come ella dice, tuttociòche possiede, – rispose l’avvocato con lentezza e guar-dandola con attenzione. – Per questo il conte Arcieri larivuole, desistendo d’altra parte da ogni rivendicazione

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La calma di Marnieri la rassicurò e sorridendo di nuo-vo ella disse, – Ma da che parte siete entrato? Non vi hointeso annunciare.

— Entrai dalla porticina del parco. Chi porta dellenuove spiacevoli, trova sempre gli usci aperti. —

La contessa impallidì e domandò subito:— Che nuove portate? —L’avvocato levò dei fogli di tasca e sedette presso ad

un tavolino ove era la lampada. La contessa accostò unasedia a quella dell’avvocato, guardando con viso inquie-to ora le carte, ora Marnieri.

— Il conte Arcieri rivuole sua figlia, – cominciò adire il legale.

— Ma non può averla, – interruppe vigorosamente lacontessa.

— È giusto, – rispose con calma l’avvocato. – Lei haacquistato il diritto di tenere la figlia con sè, e il conteche lo sa, non ha fatto una domanda inutile, ma nonchiede di riavere la bambina che nel caso sua moglie glineghi la cessione di Montalberto con tutte le terre e ren-dite annesse a quella proprietà. —

— Montalberto! – esclamò la contessa stordita e sor-presa. – Ma è tutto ciò che io posseggo! —

— Lo so; sotto questo nome sono comprese le terre,gli stabili, e la villa ove siamo, e come ella dice, tuttociòche possiede, – rispose l’avvocato con lentezza e guar-dandola con attenzione. – Per questo il conte Arcieri larivuole, desistendo d’altra parte da ogni rivendicazione

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di quella proprietà, qualora la contessa si accontenti dicedergli la figlia. —

Bianca balzò in piedi: aveva gli occhi lucenti, i dentistretti e una fosca espressione di sdegno e di vendettanella sua bella fisionomia.

— Che canaglia questo conte Arcieri! – disse conveemenza. L’avvocato non rispose, ma abbassò gli occhisulle carte calmo e silenzioso.

Bianca comprese. Si dominò, e sedendo accanto a luicominciò a sfogliare quelle lettere con mano agitata econvulsa, ma senza proferir parola. Finito che ebbe dileggere guardò Marnieri e disse:

— Ebbene, cosa devo rispondere?— Sì o no, – rispose l’avvocato osservandola.— Ma dunque non si può far nulla per impedire.... –

Ma non terminò la sua frase, perchè il viso serio e addo-lorato di Marnieri le spiegava ogni cosa.

— Non si può nulla, – disse l’avvocato con vocecommossa. Vi fu un breve silenzio interrotto ben prestoda Marnieri.

— Se ella volesse consultare altri avvocati, se credes-se, contessa, che qualche altro potesse suggerirle degliespedienti che io non so trovare, toglierebbe forse sestessa da una gravissima situazione, e me da una respon-sabilità grave assai. —

La contessa a queste parole levò gli occhi dagli scrittiche teneva ancora fra le mani, e fissò l’avvocato conuno sguardo severo e scrutatore.

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di quella proprietà, qualora la contessa si accontenti dicedergli la figlia. —

Bianca balzò in piedi: aveva gli occhi lucenti, i dentistretti e una fosca espressione di sdegno e di vendettanella sua bella fisionomia.

— Che canaglia questo conte Arcieri! – disse conveemenza. L’avvocato non rispose, ma abbassò gli occhisulle carte calmo e silenzioso.

Bianca comprese. Si dominò, e sedendo accanto a luicominciò a sfogliare quelle lettere con mano agitata econvulsa, ma senza proferir parola. Finito che ebbe dileggere guardò Marnieri e disse:

— Ebbene, cosa devo rispondere?— Sì o no, – rispose l’avvocato osservandola.— Ma dunque non si può far nulla per impedire.... –

Ma non terminò la sua frase, perchè il viso serio e addo-lorato di Marnieri le spiegava ogni cosa.

— Non si può nulla, – disse l’avvocato con vocecommossa. Vi fu un breve silenzio interrotto ben prestoda Marnieri.

— Se ella volesse consultare altri avvocati, se credes-se, contessa, che qualche altro potesse suggerirle degliespedienti che io non so trovare, toglierebbe forse sestessa da una gravissima situazione, e me da una respon-sabilità grave assai. —

La contessa a queste parole levò gli occhi dagli scrittiche teneva ancora fra le mani, e fissò l’avvocato conuno sguardo severo e scrutatore.

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— Se questa responsabilità le pesa troppo, sarà facilecosa per lei il liberarsene. La mia parte vedo bene che ècosì semplice, che non avrò bisogno d’altri consigli perfarla. Si tratta di un sì o di un no. Non ho avuto mai pernessuno al mondo, – continuò a dire la contessa convoce vibrante d’emozione; – la fiducia che ho in lei, nonho mai creduto nella potenza della intelligenza e delcuore, come vi credetti, dacchè lei assunse il difficile in-carico di aiutarmi nelle mie tribolazioni. – La contessavolse il capo dall’altra parte per celare la sua emozione,e non vide subito la mano che Marnieri le stendeva.

— Dissi malamente e a malincuore ciò che pure eramio dovere il dirle, – rispose l’avvocato con energia efranchezza. – Eccole la mia mano, contessa, per ringra-ziarla della sua fiducia e per prometterle nell’avveniretuttociò che un uomo d’onore e d’energia può promette-re di sè. – La contessa lo guardò sorpresa e incerta. Lafisionomia di lui s’era illuminata, una espressione ener-gica e generosa, un non so che di franco e di entusiastasi dipingeva sul suo volto, mentre dicendo quelle mode-ste parole offriva la sua mano alla contessa. Questa allo-ra vi pose le sue con un gesto pieno di affetto e di rive-renza. L’intelligenza, la generosità raggiavano su quelviso, e la povera donna si sentiva confortare e sorregge-re stringendo quella mano, la sola, leale e devota che lefosse sporta.

— Contessa, – prese nuovamente a dire l’avvocato,cercando di riavere la calma e la ponderazione necessa-ria in questo caso, – prima di decidere deve riflettere as-

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— Se questa responsabilità le pesa troppo, sarà facilecosa per lei il liberarsene. La mia parte vedo bene che ècosì semplice, che non avrò bisogno d’altri consigli perfarla. Si tratta di un sì o di un no. Non ho avuto mai pernessuno al mondo, – continuò a dire la contessa convoce vibrante d’emozione; – la fiducia che ho in lei, nonho mai creduto nella potenza della intelligenza e delcuore, come vi credetti, dacchè lei assunse il difficile in-carico di aiutarmi nelle mie tribolazioni. – La contessavolse il capo dall’altra parte per celare la sua emozione,e non vide subito la mano che Marnieri le stendeva.

— Dissi malamente e a malincuore ciò che pure eramio dovere il dirle, – rispose l’avvocato con energia efranchezza. – Eccole la mia mano, contessa, per ringra-ziarla della sua fiducia e per prometterle nell’avveniretuttociò che un uomo d’onore e d’energia può promette-re di sè. – La contessa lo guardò sorpresa e incerta. Lafisionomia di lui s’era illuminata, una espressione ener-gica e generosa, un non so che di franco e di entusiastasi dipingeva sul suo volto, mentre dicendo quelle mode-ste parole offriva la sua mano alla contessa. Questa allo-ra vi pose le sue con un gesto pieno di affetto e di rive-renza. L’intelligenza, la generosità raggiavano su quelviso, e la povera donna si sentiva confortare e sorregge-re stringendo quella mano, la sola, leale e devota che lefosse sporta.

— Contessa, – prese nuovamente a dire l’avvocato,cercando di riavere la calma e la ponderazione necessa-ria in questo caso, – prima di decidere deve riflettere as-

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sai. Ha ancora del tempo per pensare. La crudele propo-sta del conte, che al primo momento le sembrò inaccet-tabile, non devesi però respingere d’un tratto. La pro-prietà che lei vorrebbe forse lasciargli, non è soltanto lasua unica fortuna, ma anche quella avvenire di sua fi-glia, e se il conte prosegue nelle abitudini dilapidatriciche egli ebbe sino ad ora, difficilmente la conserverà in-tera. In questo caso la bambina cresciuta, relativamenteal suo grado, quasi fra le privazioni, sarà povera anchein avvenire. – L’avvocato sostò un momento, guardandocon bontà e compassione la pallida contessa Bianca chelo fissava con uno sguardo atterrito. – Dico delle coseben dure, – proseguì egli, – ma è mio dovere il dirle. Or-mai non è un consiglio che le devo, ma una chiara espo-sizione dei fatti e delle conseguenze di ciò che lei staper fare. Il giorno che il conte Arcieri sarà padrone diMontalberto, lei non avrà che un assegno modestissimo.Una piccola rendita che non basterebbe neppure per pro-cacciarle i mezzi per dare alla sua figliuola una educa-zione che corrisponda al nome che porta, nè quindiquanto basti a metterla al sicuro di molte privazioni. –La contessa fece un movimento. L’avvocato che avevaparlato lentamente, quasi gli fosse faticoso il pronuncia-re quelle parole, credette che lei volesse rispondergli esostò un momento. Ma essa aveva soltanto rialzato lapersona dianzi quasi accasciata nella poltrona, e la suafisionomia aveva preso una espressione più calma.

— Continui, – gli disse con voce ferma.

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sai. Ha ancora del tempo per pensare. La crudele propo-sta del conte, che al primo momento le sembrò inaccet-tabile, non devesi però respingere d’un tratto. La pro-prietà che lei vorrebbe forse lasciargli, non è soltanto lasua unica fortuna, ma anche quella avvenire di sua fi-glia, e se il conte prosegue nelle abitudini dilapidatriciche egli ebbe sino ad ora, difficilmente la conserverà in-tera. In questo caso la bambina cresciuta, relativamenteal suo grado, quasi fra le privazioni, sarà povera anchein avvenire. – L’avvocato sostò un momento, guardandocon bontà e compassione la pallida contessa Bianca chelo fissava con uno sguardo atterrito. – Dico delle coseben dure, – proseguì egli, – ma è mio dovere il dirle. Or-mai non è un consiglio che le devo, ma una chiara espo-sizione dei fatti e delle conseguenze di ciò che lei staper fare. Il giorno che il conte Arcieri sarà padrone diMontalberto, lei non avrà che un assegno modestissimo.Una piccola rendita che non basterebbe neppure per pro-cacciarle i mezzi per dare alla sua figliuola una educa-zione che corrisponda al nome che porta, nè quindiquanto basti a metterla al sicuro di molte privazioni. –La contessa fece un movimento. L’avvocato che avevaparlato lentamente, quasi gli fosse faticoso il pronuncia-re quelle parole, credette che lei volesse rispondergli esostò un momento. Ma essa aveva soltanto rialzato lapersona dianzi quasi accasciata nella poltrona, e la suafisionomia aveva preso una espressione più calma.

— Continui, – gli disse con voce ferma.

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— Ciò che devo ancor dirle è presto detto, contessa;ma forse le mie parole non sono che tracce, dietro allequali lei dovrà riflettere lungamente. Le parole ristret-tezze e privazioni sono brevi a dirsi, ma difficili a inten-dersi in tutta la loro crudele significazione per chi ebbeville e palazzi, carrozze e cavalli; non posso, non osodirle di più, ma la supplico a pensarvi. Le illusioni sa-rebbero vane. Dal primo giorno in cui lei lasciò la casadel conte, il pericolo di ciò che accadde oggi l’ebbi sem-pre presente, lo temetti continuamente; solo da qualchemese quei miei timori s’erano calmati. Sperai che il con-te, vergognoso per lo scandalo accaduto, restìo dal risu-scitare nel pubblico la memoria della sua triste condotta,spinto da un sentimento di giustizia, desistesse dal farvalere qualsiasi diritto su quel podere, e già stavo pon-derando il mezzo di mettere a poco a poco al sicuro par-te almeno di quella proprietà, quando oggi mi giunse laperentoria domanda del conte. Non so qual sentimentod’ira, di vendetta, siasi riacceso in quell’uomo, nè qualeinteresse lo spinga a desiderare la figlia, non conoscen-do egli punto gli affetti della paternità. È stato per met-terla nella dura alternativa di rinunciare di propria vo-lontà ad una delle maggiori consolazioni della sua esi-stenza, oppure di spogliarsi da sè di tutta la sua fortuna.La prego, contessa, a riflettere con calma anche la se-conda e più dura proposta del conte, quella di renderglisua figlia. – La contessa fece ancora un movimento, maquesta volta l’avvocato non vi badò. – Non bisogna ri-fuggire dai più dolorosi pensieri, allorchè questi posso-

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— Ciò che devo ancor dirle è presto detto, contessa;ma forse le mie parole non sono che tracce, dietro allequali lei dovrà riflettere lungamente. Le parole ristret-tezze e privazioni sono brevi a dirsi, ma difficili a inten-dersi in tutta la loro crudele significazione per chi ebbeville e palazzi, carrozze e cavalli; non posso, non osodirle di più, ma la supplico a pensarvi. Le illusioni sa-rebbero vane. Dal primo giorno in cui lei lasciò la casadel conte, il pericolo di ciò che accadde oggi l’ebbi sem-pre presente, lo temetti continuamente; solo da qualchemese quei miei timori s’erano calmati. Sperai che il con-te, vergognoso per lo scandalo accaduto, restìo dal risu-scitare nel pubblico la memoria della sua triste condotta,spinto da un sentimento di giustizia, desistesse dal farvalere qualsiasi diritto su quel podere, e già stavo pon-derando il mezzo di mettere a poco a poco al sicuro par-te almeno di quella proprietà, quando oggi mi giunse laperentoria domanda del conte. Non so qual sentimentod’ira, di vendetta, siasi riacceso in quell’uomo, nè qualeinteresse lo spinga a desiderare la figlia, non conoscen-do egli punto gli affetti della paternità. È stato per met-terla nella dura alternativa di rinunciare di propria vo-lontà ad una delle maggiori consolazioni della sua esi-stenza, oppure di spogliarsi da sè di tutta la sua fortuna.La prego, contessa, a riflettere con calma anche la se-conda e più dura proposta del conte, quella di renderglisua figlia. – La contessa fece ancora un movimento, maquesta volta l’avvocato non vi badò. – Non bisogna ri-fuggire dai più dolorosi pensieri, allorchè questi posso-

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no servire a giudicare la situazione. Dopo aver decisobisogna avere la coscienza che la decisione presa è statala migliore. Se la bambina torna col padre, lei rimanen-do padrona del suo patrimonio glielo serba per l’avveni-re; il conte, sebbene in faccia alla legge non possiedanulla, riceve però dal signor marchese Baldi lautissimerendite, divide con questo la proprietà del palazzo, e po-trà forse promettere a persone influenti nella famiglia dicollocare la figlia in mani sicure, in un istituto o altrove,e farle dare l’educazione che le conviene. Gli argomentiche possono essere contro a questo progetto, sono da leitroppo conosciuti, perchè io li esponga.... Ho finito, –disse dopo un breve silenzio.

— E io ho deciso! – rispose fermamente la contessaalzandosi. – Non mi interrompete, Marnieri. Avete fattoil vostro dovere da buono e leale amico e consigliere, evi ringrazio. Ora faccio il mio. Scrivete per me all’avvo-cato del conte Arcieri che io non rinuncio al diritto di te-nere con me mia figlia, che preferisco educarla nella po-vertà e nelle privazioni che in qualsiasi altro luogo, ovele potesse accadere un giorno di assomigliare a suo pa-dre. – L’avvocato ebbe un impercettibile sorrisod’approvazione e d’orgoglio, e guardò con occhio lu-cente la bella persona ritta davanti a lui, che appoggian-do la bianca mano sul tavolino d’ebano e sollevandol’altra con grazia ed energia, rinunziava con quelle paro-le a tutte le sue ricchezze.

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no servire a giudicare la situazione. Dopo aver decisobisogna avere la coscienza che la decisione presa è statala migliore. Se la bambina torna col padre, lei rimanen-do padrona del suo patrimonio glielo serba per l’avveni-re; il conte, sebbene in faccia alla legge non possiedanulla, riceve però dal signor marchese Baldi lautissimerendite, divide con questo la proprietà del palazzo, e po-trà forse promettere a persone influenti nella famiglia dicollocare la figlia in mani sicure, in un istituto o altrove,e farle dare l’educazione che le conviene. Gli argomentiche possono essere contro a questo progetto, sono da leitroppo conosciuti, perchè io li esponga.... Ho finito, –disse dopo un breve silenzio.

— E io ho deciso! – rispose fermamente la contessaalzandosi. – Non mi interrompete, Marnieri. Avete fattoil vostro dovere da buono e leale amico e consigliere, evi ringrazio. Ora faccio il mio. Scrivete per me all’avvo-cato del conte Arcieri che io non rinuncio al diritto di te-nere con me mia figlia, che preferisco educarla nella po-vertà e nelle privazioni che in qualsiasi altro luogo, ovele potesse accadere un giorno di assomigliare a suo pa-dre. – L’avvocato ebbe un impercettibile sorrisod’approvazione e d’orgoglio, e guardò con occhio lu-cente la bella persona ritta davanti a lui, che appoggian-do la bianca mano sul tavolino d’ebano e sollevandol’altra con grazia ed energia, rinunziava con quelle paro-le a tutte le sue ricchezze.

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— Se domani prima di sera non ha mutato intenzione,– rispose l’avvocato con molta serietà, – io scriverò alconte la sua risposta.

— Oh non muterò! – disse con veemenza la contessa;– dovessi morire sulla paglia non gli darei il mio angio-letto adorato, che egli farebbe soffrire e maltratterebbecome ha fatto soffrire e ha maltrattato me. Non gli affi-derei l’educazione d’una creatura, che pervertirebbe colsuo esempio e con quello delle persone che lo circonda-no. È deciso, Marnieri, non se ne parli più. Oh la miapiccina non soffrirà privazioni! Sì, Marnieri, se quelloche ho non basterà, saprò lavorare e guadagnare del de-naro. Quell’uomo crede di ridurmi alla disperazione, manon ci riesce. Sarò povera, ma la mia energia non si do-merà per questo. Avrò sempre una parola di sprezzo perlui e del coraggio per sopportare lietamente le miseriedella vita. —

L’avvocato le stese la mano. – Le privazioni si fannosentire ogni giorno, e sono difficili a sopportarsi, – dis-se.

— Non importa, – rispose con fermezza la contessa, –se quelle saranno troppo dure, lavorerò, avrò il confortodi sapermi utile, di impiegare in qualche modo la miaintelligenza, la mia volontà. Non me l’avete detto tantevolte, avvocato, che sprezzate gli oziosi, e che la genteche non sa far nulla non è più gente del tempo nostro?Ebbene, vedrete se la sorte mi impone codesta necessità,quanto sarò capace di fare; vedrete come saprò sprezza-re i pregiudizi della mia casta.... Non mi guardate con

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— Se domani prima di sera non ha mutato intenzione,– rispose l’avvocato con molta serietà, – io scriverò alconte la sua risposta.

— Oh non muterò! – disse con veemenza la contessa;– dovessi morire sulla paglia non gli darei il mio angio-letto adorato, che egli farebbe soffrire e maltratterebbecome ha fatto soffrire e ha maltrattato me. Non gli affi-derei l’educazione d’una creatura, che pervertirebbe colsuo esempio e con quello delle persone che lo circonda-no. È deciso, Marnieri, non se ne parli più. Oh la miapiccina non soffrirà privazioni! Sì, Marnieri, se quelloche ho non basterà, saprò lavorare e guadagnare del de-naro. Quell’uomo crede di ridurmi alla disperazione, manon ci riesce. Sarò povera, ma la mia energia non si do-merà per questo. Avrò sempre una parola di sprezzo perlui e del coraggio per sopportare lietamente le miseriedella vita. —

L’avvocato le stese la mano. – Le privazioni si fannosentire ogni giorno, e sono difficili a sopportarsi, – dis-se.

— Non importa, – rispose con fermezza la contessa, –se quelle saranno troppo dure, lavorerò, avrò il confortodi sapermi utile, di impiegare in qualche modo la miaintelligenza, la mia volontà. Non me l’avete detto tantevolte, avvocato, che sprezzate gli oziosi, e che la genteche non sa far nulla non è più gente del tempo nostro?Ebbene, vedrete se la sorte mi impone codesta necessità,quanto sarò capace di fare; vedrete come saprò sprezza-re i pregiudizi della mia casta.... Non mi guardate con

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quell’espressione dubbiosa. Vi pare dunque impossibi-le? —

L’avvocato non rispose subito, ma l’osservò in silen-zio.

— Forse siete un’eccezione, – disse poi. La contessatrovò ancora un pallido sorriso.

— Siete diffidente verso le persone della mia condi-zione?

— Sì, – rispose con semplicità l’avvocato. La contes-sa divenne pensosa e tornò a sedere al posto di prima as-sorta in mestissime riflessioni. Stette muta un pezzo,quasi avesse dimenticato la presenza di Marnieri o chel’esser lui presente non bastasse a toglierla a quei pen-sieri. L’avvocato non ardì interrompere quel silenzio.Egli sapeva che, passato l’eccitamento provato nel pri-mo momento dall’indole vivacissima della contessa, elladoveva però meditare a mente fredda le cose dette, e mi-surare tutta la gravità della sua posizione attuale.

Marnieri, nel mentre che la contessa se ne stava soprapensiero, immersa nell’incertezze dolorose del presente,intimorita da quanto prevedeva nell’avvenire, ne osser-vava con crescente interesse la fisonomia intelligente egiovanile.

Essa aveva la fronte alta e spaziosa, sulla quale rica-devano folti e ondulati i capelli neri; aveva gli occhigrandi, nerissimi, talvolta scintillanti di lieta malizia,talvolta velati e pensosi; aveva il naso sottile, le naricimobili, la bocca fresca, rosea, sorridente, che scoprivafacilmente dei denti piccoli e bianchissimi, la linea delle

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quell’espressione dubbiosa. Vi pare dunque impossibi-le? —

L’avvocato non rispose subito, ma l’osservò in silen-zio.

— Forse siete un’eccezione, – disse poi. La contessatrovò ancora un pallido sorriso.

— Siete diffidente verso le persone della mia condi-zione?

— Sì, – rispose con semplicità l’avvocato. La contes-sa divenne pensosa e tornò a sedere al posto di prima as-sorta in mestissime riflessioni. Stette muta un pezzo,quasi avesse dimenticato la presenza di Marnieri o chel’esser lui presente non bastasse a toglierla a quei pen-sieri. L’avvocato non ardì interrompere quel silenzio.Egli sapeva che, passato l’eccitamento provato nel pri-mo momento dall’indole vivacissima della contessa, elladoveva però meditare a mente fredda le cose dette, e mi-surare tutta la gravità della sua posizione attuale.

Marnieri, nel mentre che la contessa se ne stava soprapensiero, immersa nell’incertezze dolorose del presente,intimorita da quanto prevedeva nell’avvenire, ne osser-vava con crescente interesse la fisonomia intelligente egiovanile.

Essa aveva la fronte alta e spaziosa, sulla quale rica-devano folti e ondulati i capelli neri; aveva gli occhigrandi, nerissimi, talvolta scintillanti di lieta malizia,talvolta velati e pensosi; aveva il naso sottile, le naricimobili, la bocca fresca, rosea, sorridente, che scoprivafacilmente dei denti piccoli e bianchissimi, la linea delle

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gote e del mento assomigliava a quella di certe donnedei Cesari, che ancora s’ammirano nelle statue e nellemedaglie romane. Le mani e i piedi aveva piccolissimi,la statura piuttosto alta ed una grazia quasi felina nellemosse del collo e della persona. Era tanta l’armonia ditutto il suo essere, che a stento l’attenzione si fermavasui particolari di essa; era una bellezza la sua, nella qua-le dominava la grazia, e la purezza e regolarità dei linea-menti sembrava piuttosto nascondersi dietro a quella,quasi non fosse che accessoria.

Era difficile figurarsi un essere come questo, fuori daquell’atmosfera elegante che la circondava in questomomento. Sembrava fatta apposta per la vita facile, lie-ta, brillante, cui era stata destinata dall’infanzia.

Il viso dell’avvocato diventava sempre più mesto eserio a misura che egli l’osservava. Il risultato delle sueriflessioni era difatti poco buono.

Parevagli difficile assai che la contessa potesse sop-portare con animo rassegnato le difficoltà gravissimeche la sorte accumulava intorno a lei.

La sua compassione cresceva, e con dolore sentiva dinon essere pur capace di far cosa alcuna per soccorrerla.

La contessa Bianca fu la prima ad interrompere quelsilenzio.

— Pensava, – disse volgendosi con gentile abbando-no all’avvocato, – pensava in questo momento a dellevecchie storie che mi raccontava la mia nonna precisa-mente in questa sala, mentre essa sedeva in quella pol-trona che vedete accanto alla finestra. Erano leggende o

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gote e del mento assomigliava a quella di certe donnedei Cesari, che ancora s’ammirano nelle statue e nellemedaglie romane. Le mani e i piedi aveva piccolissimi,la statura piuttosto alta ed una grazia quasi felina nellemosse del collo e della persona. Era tanta l’armonia ditutto il suo essere, che a stento l’attenzione si fermavasui particolari di essa; era una bellezza la sua, nella qua-le dominava la grazia, e la purezza e regolarità dei linea-menti sembrava piuttosto nascondersi dietro a quella,quasi non fosse che accessoria.

Era difficile figurarsi un essere come questo, fuori daquell’atmosfera elegante che la circondava in questomomento. Sembrava fatta apposta per la vita facile, lie-ta, brillante, cui era stata destinata dall’infanzia.

Il viso dell’avvocato diventava sempre più mesto eserio a misura che egli l’osservava. Il risultato delle sueriflessioni era difatti poco buono.

Parevagli difficile assai che la contessa potesse sop-portare con animo rassegnato le difficoltà gravissimeche la sorte accumulava intorno a lei.

La sua compassione cresceva, e con dolore sentiva dinon essere pur capace di far cosa alcuna per soccorrerla.

La contessa Bianca fu la prima ad interrompere quelsilenzio.

— Pensava, – disse volgendosi con gentile abbando-no all’avvocato, – pensava in questo momento a dellevecchie storie che mi raccontava la mia nonna precisa-mente in questa sala, mentre essa sedeva in quella pol-trona che vedete accanto alla finestra. Erano leggende o

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fiabe, il più delle volte narrava le vicende e le sventuredi persone della nostra famiglia. E gli eroi dei suoi rac-conti erano tutti forti, pazienti, orgogliosi di soffrire,come se a questo mondo un bacio o una speranza vin-cessero la morte e la miseria. Non so perchè oras’intrecciano a’ pensieri dei casi miei codeste istorie del-la povera nonna.... Forse è perchè sono diventata poveraanch’io e disgraziata e che al mondo non ho che un af-fetto solo, quello della mia piccina.... Lei sola, – dissepoi mestamente. Tacque ancora un momento, indi sialzò, e guardando Marnieri con un sorriso affettuoso glidisse: – Sono un’ingrata io che parlo d’abbandono e dipovertà con voi. Non possiedo la vostra amicizia? Pos-sono essi togliermi un amico come voi? Possono essimettere la mano sopra i tesori della mia giovinezza?Possono essi togliermi l’energia, la speranza, i centoraggi di sole che danzeranno perpetuamente laddove so-gna un cuore che ha ancor vicini i vent’anni? – Andòpresso al cembalo e sedette. – Potrà una parola brutaleinterrompere la catena delle eterne armonie che sgorga-no dal cuore e prendono forma con un lampo di genionella potenza del suono? Venite qui, Marnieri, e sentite.Non posso, non voglio più pensare alla catastrofe di sta-sera. Accostatevi al cembalo. Voglio pensare con lui allemie disgrazie. – E la contessa trasse dolcemente dei me-lanconici accordi dall’istrumento; poi visto che l’avvo-cato seduto accanto a lei, piegato il capo fra le mani,ascoltava raccolto e commosso, suonò come fosse sola equasi chiedesse alla musica una risposta a tutte le ansio-

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fiabe, il più delle volte narrava le vicende e le sventuredi persone della nostra famiglia. E gli eroi dei suoi rac-conti erano tutti forti, pazienti, orgogliosi di soffrire,come se a questo mondo un bacio o una speranza vin-cessero la morte e la miseria. Non so perchè oras’intrecciano a’ pensieri dei casi miei codeste istorie del-la povera nonna.... Forse è perchè sono diventata poveraanch’io e disgraziata e che al mondo non ho che un af-fetto solo, quello della mia piccina.... Lei sola, – dissepoi mestamente. Tacque ancora un momento, indi sialzò, e guardando Marnieri con un sorriso affettuoso glidisse: – Sono un’ingrata io che parlo d’abbandono e dipovertà con voi. Non possiedo la vostra amicizia? Pos-sono essi togliermi un amico come voi? Possono essimettere la mano sopra i tesori della mia giovinezza?Possono essi togliermi l’energia, la speranza, i centoraggi di sole che danzeranno perpetuamente laddove so-gna un cuore che ha ancor vicini i vent’anni? – Andòpresso al cembalo e sedette. – Potrà una parola brutaleinterrompere la catena delle eterne armonie che sgorga-no dal cuore e prendono forma con un lampo di genionella potenza del suono? Venite qui, Marnieri, e sentite.Non posso, non voglio più pensare alla catastrofe di sta-sera. Accostatevi al cembalo. Voglio pensare con lui allemie disgrazie. – E la contessa trasse dolcemente dei me-lanconici accordi dall’istrumento; poi visto che l’avvo-cato seduto accanto a lei, piegato il capo fra le mani,ascoltava raccolto e commosso, suonò come fosse sola equasi chiedesse alla musica una risposta a tutte le ansio-

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se domande della sua mente. Suonò lungamente, primaa sbalzi quasi con agitazione febbrile, poi si abbandonòcon maggior calma al conforto dell’armonia.

Era tardi, allorchè Marnieri tornò a casa quella sera.Era stanco e agitato. Rispose con dolcezza ai rimproveridi sua moglie, che l’accusava d’averla lasciata sola tuttequell’ore e andò a coricarsi, pensando e ripensando alladecisione della contessa; ora dibattendo con se stesso laparte legale della quistione, ora quell’altra che era rap-presentata dalla bella immagine della contessa, circon-data dall’aureola della giovinezza, dall’entusiasmo, dal-la speranza, che gli sembrava ravvolta nelle indefinibilidolcezze della musica.

Non potè dormire per un pezzo, e quando s’addor-mentò, sognò di lei, e la vide in un paese lontano chenon riconosceva più, ma che gli pareva d’aver visto altrevolte. Poi il sogno si fe’ più chiaro, e riconobbe il giardi-no e la casa ove avea vissuto adolescente e che era statala sua; le sale, la serra, la sua camera d’allora e la con-tessa Bianca era là con lui e gli diceva che non avevapiù nulla e che bisognava vendere ogni cosa. – Perfinoquesto, – avea detto, indicando un ritratto di sua madreche era appeso alla parete; e la contessa parevagli unabambina e aveva dei grossi goccioloni negl’occhi. Poi siera seduta davanti ad un vecchio cembalo, nella sala oveegli aveva giuocato tante volte nell’infanzia e s’era mes-sa a suonare lo stesso pezzo di musica che aveagli real-mente suonato la sera innanzi. Egli lo sentì tutto in so-gno, e nella sua mente si confusero allora armonie e me-

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se domande della sua mente. Suonò lungamente, primaa sbalzi quasi con agitazione febbrile, poi si abbandonòcon maggior calma al conforto dell’armonia.

Era tardi, allorchè Marnieri tornò a casa quella sera.Era stanco e agitato. Rispose con dolcezza ai rimproveridi sua moglie, che l’accusava d’averla lasciata sola tuttequell’ore e andò a coricarsi, pensando e ripensando alladecisione della contessa; ora dibattendo con se stesso laparte legale della quistione, ora quell’altra che era rap-presentata dalla bella immagine della contessa, circon-data dall’aureola della giovinezza, dall’entusiasmo, dal-la speranza, che gli sembrava ravvolta nelle indefinibilidolcezze della musica.

Non potè dormire per un pezzo, e quando s’addor-mentò, sognò di lei, e la vide in un paese lontano chenon riconosceva più, ma che gli pareva d’aver visto altrevolte. Poi il sogno si fe’ più chiaro, e riconobbe il giardi-no e la casa ove avea vissuto adolescente e che era statala sua; le sale, la serra, la sua camera d’allora e la con-tessa Bianca era là con lui e gli diceva che non avevapiù nulla e che bisognava vendere ogni cosa. – Perfinoquesto, – avea detto, indicando un ritratto di sua madreche era appeso alla parete; e la contessa parevagli unabambina e aveva dei grossi goccioloni negl’occhi. Poi siera seduta davanti ad un vecchio cembalo, nella sala oveegli aveva giuocato tante volte nell’infanzia e s’era mes-sa a suonare lo stesso pezzo di musica che aveagli real-mente suonato la sera innanzi. Egli lo sentì tutto in so-gno, e nella sua mente si confusero allora armonie e me-

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morie della giovinezza, dolore e speranza, e allorchè gliparve di sentire l’ultima nota, balzò nel sonno e si sve-gliò.

Il sogno era dileguato; ma le memorie lontane, desta-te da esso, restarono vive, e l’avvocato non dormì più.

Nei giorni seguenti vi fu un grande andirivieni nellacasa della contessa Bianca. Molti amici, alcuni parentilontani, accorsero per confortarla, per consigliarla, perbiasimarla, infine poi per curiosità e sapere come stava-no le cose. La contessa aveva fatto parlare assai di sèper le sventure domestiche che l’avevano colpita. Tuttisapevano che il suo era stato un matrimonio combinatoper orgoglio e ostinazione dei tutori e parenti, e che ilconte Arcieri, giovane dissipato e scialacquatore, nons’era deciso a codesto passo che per acquistare più quat-trini da spendere nel modo che eragli abituale. Biancausciva allora di collegio, era timida e fiduciosa. Si trovòvincolata ad un giovine leggiero e vizioso, che prese lasua timidezza per stupidità, la sua fede ingenua per ipo-crisia e che ne abusò indegnamente. Quando era ubbria-co la maltrattava; quando poteva, gli faceva capire inogni modo che non l’amava. Allestì perfino nel palazzodel suo vecchio zio Baldi, che gli lasciava far tutto amodo suo, un appartamento ad una ballerina che eglimanteneva, e allorchè una sera mezzo briaco le vollepresentare quella donna che essa ricusò di ricevere, laminacciò brutalmente in presenza dei domestici e di unsuo parente. La cosa si seppe da tutti. La contessa Bian-ca lasciò per sempre in quella sera la casa del marito e

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morie della giovinezza, dolore e speranza, e allorchè gliparve di sentire l’ultima nota, balzò nel sonno e si sve-gliò.

Il sogno era dileguato; ma le memorie lontane, desta-te da esso, restarono vive, e l’avvocato non dormì più.

Nei giorni seguenti vi fu un grande andirivieni nellacasa della contessa Bianca. Molti amici, alcuni parentilontani, accorsero per confortarla, per consigliarla, perbiasimarla, infine poi per curiosità e sapere come stava-no le cose. La contessa aveva fatto parlare assai di sèper le sventure domestiche che l’avevano colpita. Tuttisapevano che il suo era stato un matrimonio combinatoper orgoglio e ostinazione dei tutori e parenti, e che ilconte Arcieri, giovane dissipato e scialacquatore, nons’era deciso a codesto passo che per acquistare più quat-trini da spendere nel modo che eragli abituale. Biancausciva allora di collegio, era timida e fiduciosa. Si trovòvincolata ad un giovine leggiero e vizioso, che prese lasua timidezza per stupidità, la sua fede ingenua per ipo-crisia e che ne abusò indegnamente. Quando era ubbria-co la maltrattava; quando poteva, gli faceva capire inogni modo che non l’amava. Allestì perfino nel palazzodel suo vecchio zio Baldi, che gli lasciava far tutto amodo suo, un appartamento ad una ballerina che eglimanteneva, e allorchè una sera mezzo briaco le vollepresentare quella donna che essa ricusò di ricevere, laminacciò brutalmente in presenza dei domestici e di unsuo parente. La cosa si seppe da tutti. La contessa Bian-ca lasciò per sempre in quella sera la casa del marito e

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partì per la sua villa sul Lago Maggiore. Fu concessoalla contessa di tenere sempre presso di sè la bambina,ed il conte Arcieri vergognoso forse per lo scandalo ac-caduto non s’era fatto più vivo. Più di due anni eranoscorsi da quel tempo e l’avvocato del conte era entratoda poco tempo in trattative con quello di Bianca. Eraevidente che egli meditava qualcosa, e la contessa se neavvide ben presto. Ma Bianca non era la timida giovi-netta d'altre volte. S’era temprata nel dolore, era divenu-ta forte e risoluta; tutte le belle qualità del cuore edell’intelligenza si erano rapidamente sviluppate in lei.Aveva messo a profitto questi due anni e mezzo di tran-quillità morale, di libertà e di riposo; aveva ridonate leforze alla sua delicata persona vivendo molto all’ariaaperta, facendo lunghe gite a piedi o a cavallo nelle vallivicine; aveva raccolto lo spirito nello studio, nella lettu-ra e di quando in quando aveva preso parte ai diverti-menti che le erano stati offerti nelle vicine villeggiature.La sua lieta natura aveva dovuto piegarsi ad afferrareanche i lati più serii della vita, ma quella dura necessitàerale stata salutare lezione.

La contessa Bianca accettò con calma e dignità i con-sigli che le vennero dati, accolse con un sorriso le prof-ferte di aiuto, di devozione che le furono fatte da varieparti, e congedò tutti con garbo e con grazia, senza ac-cettare nè consiglio nè aiuto. La contessa era impazientedi queste visite, impaziente per l’affollarsi della genteintorno a lei, quasi offesa di questo diritto che avevanogli altri di sapere e parlare delle cose sue. Aveva biso-

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partì per la sua villa sul Lago Maggiore. Fu concessoalla contessa di tenere sempre presso di sè la bambina,ed il conte Arcieri vergognoso forse per lo scandalo ac-caduto non s’era fatto più vivo. Più di due anni eranoscorsi da quel tempo e l’avvocato del conte era entratoda poco tempo in trattative con quello di Bianca. Eraevidente che egli meditava qualcosa, e la contessa se neavvide ben presto. Ma Bianca non era la timida giovi-netta d'altre volte. S’era temprata nel dolore, era divenu-ta forte e risoluta; tutte le belle qualità del cuore edell’intelligenza si erano rapidamente sviluppate in lei.Aveva messo a profitto questi due anni e mezzo di tran-quillità morale, di libertà e di riposo; aveva ridonate leforze alla sua delicata persona vivendo molto all’ariaaperta, facendo lunghe gite a piedi o a cavallo nelle vallivicine; aveva raccolto lo spirito nello studio, nella lettu-ra e di quando in quando aveva preso parte ai diverti-menti che le erano stati offerti nelle vicine villeggiature.La sua lieta natura aveva dovuto piegarsi ad afferrareanche i lati più serii della vita, ma quella dura necessitàerale stata salutare lezione.

La contessa Bianca accettò con calma e dignità i con-sigli che le vennero dati, accolse con un sorriso le prof-ferte di aiuto, di devozione che le furono fatte da varieparti, e congedò tutti con garbo e con grazia, senza ac-cettare nè consiglio nè aiuto. La contessa era impazientedi queste visite, impaziente per l’affollarsi della genteintorno a lei, quasi offesa di questo diritto che avevanogli altri di sapere e parlare delle cose sue. Aveva biso-

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gno di essere sola, di occuparsi della sua bambina, diraccogliersi nell'isolamento con quella creatura, e medi-tare ciò che doveva fare.

A poco a poco il suo desiderio fu esaudito e i frequen-tatori della villa si fecero più rari; i parenti tornarono incittà e a coloro che non sapevano decidersi a lasciarlasola o a non molestarla con vari suggerimenti, la contes-sa fece intendere che era venuto il tempo d’andarsene.Marnieri era partito per Milano affine di stabilire defini-tivamente quanto riguardava gli interessi della sua clien-te. Come egli l’aveva preveduto, ciò che l’avvocato delconte Arcieri fece risultare come vero patrimonio diesso fu sì poca cosa, che l’assegno che su quello vennefatto alla contessa e alla figlia bastavano appena per vi-vere assai modestamente. Intanto il conte passava alle-gramente il suo tempo nel palazzo Baldi, possedeva ca-valli, equipaggi; ma tuttociò figurava come proprietà delmarchese Baldi suo zio.

Trattenuto da altri urgentissimi affari, l’avvocato nonpotè tornare così presto come l’avrebbe desiderato.

Le prime nebbie d’ottobre calavano sul Lago, allor-chè Marnieri vi giunse. Appena arrivato, volle andaredalla contessa Bianca. Era circa la stessa ora, nella qualeun mese fa recavasi da lei per portarle la triste notiziadella perentoria domanda del conte. Questa volta nons’incamminò per il sentiero, ma seguì la strada postale,ed entrò dal cancello del giardino. Era una sera umida eoscura. Dei nuvoloni densi e bigi nascondevano la lunae le acque del Lago agitate e minacciose non rifletteva-

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gno di essere sola, di occuparsi della sua bambina, diraccogliersi nell'isolamento con quella creatura, e medi-tare ciò che doveva fare.

A poco a poco il suo desiderio fu esaudito e i frequen-tatori della villa si fecero più rari; i parenti tornarono incittà e a coloro che non sapevano decidersi a lasciarlasola o a non molestarla con vari suggerimenti, la contes-sa fece intendere che era venuto il tempo d’andarsene.Marnieri era partito per Milano affine di stabilire defini-tivamente quanto riguardava gli interessi della sua clien-te. Come egli l’aveva preveduto, ciò che l’avvocato delconte Arcieri fece risultare come vero patrimonio diesso fu sì poca cosa, che l’assegno che su quello vennefatto alla contessa e alla figlia bastavano appena per vi-vere assai modestamente. Intanto il conte passava alle-gramente il suo tempo nel palazzo Baldi, possedeva ca-valli, equipaggi; ma tuttociò figurava come proprietà delmarchese Baldi suo zio.

Trattenuto da altri urgentissimi affari, l’avvocato nonpotè tornare così presto come l’avrebbe desiderato.

Le prime nebbie d’ottobre calavano sul Lago, allor-chè Marnieri vi giunse. Appena arrivato, volle andaredalla contessa Bianca. Era circa la stessa ora, nella qualeun mese fa recavasi da lei per portarle la triste notiziadella perentoria domanda del conte. Questa volta nons’incamminò per il sentiero, ma seguì la strada postale,ed entrò dal cancello del giardino. Era una sera umida eoscura. Dei nuvoloni densi e bigi nascondevano la lunae le acque del Lago agitate e minacciose non rifletteva-

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no come allora le colline ridenti e le bianche ville chesorgono lungo la riva. Il freddo precoce di quell’autunnoche aveva già ingiallite le foglie doveva avere anche av-vizzito i fiori, perchè non lo avvolse la solita fragranza,allorchè s’inoltrò nel giardino. Il cembalo era muto, ivetri della sala chiusi; tutto era silenzio intorno alla vil-la.

Marnieri entrò frettoloso nel vestibolo, dove sonnec-chiava un vecchio servitore. Al suono dei passidell’avvocato quegli si destò, e riconosciuto il visitatore,lo accolse con un sorriso di benevolenza e lo aiutò pre-murosamente a levarsi il paletot.

— La signora contessa – disse, precedendolo edaprendogli le porte dell’antisala e della sala – è su, dallasignorina.

— La signorina è malata? – domandò subito l’avvo-cato.

— Nossignore, – rispose il servo, – ma la signoracontessa non avendo più nè la governante nè la bambi-naia, non vuole affidarla alla cameriera.

— Non ha più nè la governante nè la bambinaia? –disse l’avvocato con sorpresa.

— Cosa vuole, signore, – rispose il vecchio, andandoal caminetto per accomodare il fuoco e rimettere dellelegna, – quelle due erano proprie ragazzaccie senza cuo-re e senza testa, che non meritavano davvero la fiduciadella signora contessa. – Hanno sentito a buccinare cheforse dovevano succedere dei mutamenti in questa casa,e senz’altro hanno accettato le proposte di una famiglia

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no come allora le colline ridenti e le bianche ville chesorgono lungo la riva. Il freddo precoce di quell’autunnoche aveva già ingiallite le foglie doveva avere anche av-vizzito i fiori, perchè non lo avvolse la solita fragranza,allorchè s’inoltrò nel giardino. Il cembalo era muto, ivetri della sala chiusi; tutto era silenzio intorno alla vil-la.

Marnieri entrò frettoloso nel vestibolo, dove sonnec-chiava un vecchio servitore. Al suono dei passidell’avvocato quegli si destò, e riconosciuto il visitatore,lo accolse con un sorriso di benevolenza e lo aiutò pre-murosamente a levarsi il paletot.

— La signora contessa – disse, precedendolo edaprendogli le porte dell’antisala e della sala – è su, dallasignorina.

— La signorina è malata? – domandò subito l’avvo-cato.

— Nossignore, – rispose il servo, – ma la signoracontessa non avendo più nè la governante nè la bambi-naia, non vuole affidarla alla cameriera.

— Non ha più nè la governante nè la bambinaia? –disse l’avvocato con sorpresa.

— Cosa vuole, signore, – rispose il vecchio, andandoal caminetto per accomodare il fuoco e rimettere dellelegna, – quelle due erano proprie ragazzaccie senza cuo-re e senza testa, che non meritavano davvero la fiduciadella signora contessa. – Hanno sentito a buccinare cheforse dovevano succedere dei mutamenti in questa casa,e senz’altro hanno accettato le proposte di una famiglia

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inglese, che abitava qui presso e sono andate via. –L'avvocato guardava mestamente il fuoco che si riac-cendeva.

— Tanto meglio, Beppe, – diss’egli, – se essendo cosìcome erano, le sono andate via. —

— Sì, e che il diavolo se le porti, – disse il vecchioservo con energia. – La perdoni, signor avvocato, se lemanco forse di rispetto. Ma lasciar lì, sui due piedi, unabuona signora come la nostra.... Via, la non mi va giù,se potessi io far da governante, da bambinaia e anche dabalia, qualora la signora contessa me lo comandassevorrei farmi a pezzi per obbedirla. – E il vecchio dicen-do queste parole stuzzicava il fuoco con rabbia. – Unservo fedele come voi, Beppe, – gli rispose con benevo-lenza Marnieri, – val pure per la contessa quanto quelledue scapate. —

— Lo ringrazio, signor avvocato, – disse con una cer-ta umiltà dignitosa. – Ma per questo non può impedireche la signora contessa manchi di quei servigi che le de-vono esser fatti. Erano proprio create apposta per andarea servire degli eretici protestanti, dei villani arricchiti enon meritavano l’onore di riverire e obbedire la nostrasignora, figlia di signori e nella cui casa non ha mai co-mandato un mascalzone. La mia famiglia di generazionein generazione ha servito i conti Orlandi, di cui nacquela contessa, e nessuno di essi a memoria d’uomo mancòdi obbedienza e di fedeltà a’ suoi nobili padroni. – Quel-le due sgualdrine non andavano a Messa la domenica eleggevano il giornale come la signora contessa! Ai miei

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inglese, che abitava qui presso e sono andate via. –L'avvocato guardava mestamente il fuoco che si riac-cendeva.

— Tanto meglio, Beppe, – diss’egli, – se essendo cosìcome erano, le sono andate via. —

— Sì, e che il diavolo se le porti, – disse il vecchioservo con energia. – La perdoni, signor avvocato, se lemanco forse di rispetto. Ma lasciar lì, sui due piedi, unabuona signora come la nostra.... Via, la non mi va giù,se potessi io far da governante, da bambinaia e anche dabalia, qualora la signora contessa me lo comandassevorrei farmi a pezzi per obbedirla. – E il vecchio dicen-do queste parole stuzzicava il fuoco con rabbia. – Unservo fedele come voi, Beppe, – gli rispose con benevo-lenza Marnieri, – val pure per la contessa quanto quelledue scapate. —

— Lo ringrazio, signor avvocato, – disse con una cer-ta umiltà dignitosa. – Ma per questo non può impedireche la signora contessa manchi di quei servigi che le de-vono esser fatti. Erano proprio create apposta per andarea servire degli eretici protestanti, dei villani arricchiti enon meritavano l’onore di riverire e obbedire la nostrasignora, figlia di signori e nella cui casa non ha mai co-mandato un mascalzone. La mia famiglia di generazionein generazione ha servito i conti Orlandi, di cui nacquela contessa, e nessuno di essi a memoria d’uomo mancòdi obbedienza e di fedeltà a’ suoi nobili padroni. – Quel-le due sgualdrine non andavano a Messa la domenica eleggevano il giornale come la signora contessa! Ai miei

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tempi ci insegnavano la Santa Religione e l’obbedienzaai padroni, quand’eravamo ancor piccini piccini e nessu-no mancava allora al suo dovere. Il mio nonnobuon’anima si fece ammazzare col conte Orlando, bi-snonno della signora contessa, in una gran battaglia checombatteva la regina Maria Teresa contro un Re di nonso qual paese che si chiamava Federico, e mio padre,che Dio lo protegga, andò col signor conte Alberto incerti deserti dell’Affrica, e sebbene fosse malato e vec-chio non volle lasciarlo, e morì là. – Il viso dell’avvoca-to si era fatto serio e il vecchio credette d’averlo tediatocolle sue chiacchiere, perchè lasciando d’un tratto lemolle e la paletta, si scusò, e disse che sarebbe andatoad avvertire della sua venuta la sua padrona. – Il Mar-nieri rimasto solo continuò a guardare pensoso la fiam-ma che brillava lietamente nel caminetto.

— Su cinquantamila bricconi che si creavano collevecchie idee ne usciva forse un galantuomo saldo nelsuo dovere, inesorabile per il male, come questo. Quantigalantuomini avremo noi per 50 mila bricconi? –L’avvocato parlando così fra sè, si era fatto serio serio efissava con insistenza l’abbagliante chiarore della fiam-ma, e vi sarebbe stato un pezzo intento ed immobile se-guendo il corso dei suoi pensieri che dalle parole delservo lo riconducevano a meditare le dolorose condizio-ni della signora, se una mano, posandosi sul suo braccio,non l’avesse scosso da quella meditazione. Si voltò evide il bel viso della contessa che lo guardava con unaespressione di gioia.

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tempi ci insegnavano la Santa Religione e l’obbedienzaai padroni, quand’eravamo ancor piccini piccini e nessu-no mancava allora al suo dovere. Il mio nonnobuon’anima si fece ammazzare col conte Orlando, bi-snonno della signora contessa, in una gran battaglia checombatteva la regina Maria Teresa contro un Re di nonso qual paese che si chiamava Federico, e mio padre,che Dio lo protegga, andò col signor conte Alberto incerti deserti dell’Affrica, e sebbene fosse malato e vec-chio non volle lasciarlo, e morì là. – Il viso dell’avvoca-to si era fatto serio e il vecchio credette d’averlo tediatocolle sue chiacchiere, perchè lasciando d’un tratto lemolle e la paletta, si scusò, e disse che sarebbe andatoad avvertire della sua venuta la sua padrona. – Il Mar-nieri rimasto solo continuò a guardare pensoso la fiam-ma che brillava lietamente nel caminetto.

— Su cinquantamila bricconi che si creavano collevecchie idee ne usciva forse un galantuomo saldo nelsuo dovere, inesorabile per il male, come questo. Quantigalantuomini avremo noi per 50 mila bricconi? –L’avvocato parlando così fra sè, si era fatto serio serio efissava con insistenza l’abbagliante chiarore della fiam-ma, e vi sarebbe stato un pezzo intento ed immobile se-guendo il corso dei suoi pensieri che dalle parole delservo lo riconducevano a meditare le dolorose condizio-ni della signora, se una mano, posandosi sul suo braccio,non l’avesse scosso da quella meditazione. Si voltò evide il bel viso della contessa che lo guardava con unaespressione di gioia.

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— Finalmente! – esclamò, e gli stese le due mani.L’avvocato le prese e la fissò in silenzio con interesse ebenevolenza.

— È un pezzo che non ci vediamo, – disse.— Lo so, – rispose vivamente la contessa. – Avevo

bisogno di voi.— Perchè? – domandò esso.— Lo ignoro, – disse Bianca, – ma quando siete vici-

no, mi sembra che il peso delle mie disgrazie scemi permetà.

— Davvero? – rispose quasi sorpreso l’avvocato poicon una espressione di dolore e di malcontento aggiun-se: – Non le merito queste buone parole, io non potettifar nulla per lei.

— Potete più di quanto forse credete di potere, midate la sola cosa, di cui abbisogni adesso, il coraggio el’energia. – Poi mutando tuono domandò: – Che nuovemi portate?

— Quelle che scrissi, – rispose l’avvocato, cambian-do anche esso l’espressione e la voce; – la sola novitàche ho da aggiungere a quelle, non deve sorprenderla,perchè l’abbiamo preveduta, però, forse, come tant’altrela colpirà dolorosamente. – La contessa lo guardava an-siosa. – Tra una settimana – continuò a dire l’avvocato,abbassando la voce quasi temesse di esprimere fortequello che doveva comunicarle – fra una settimana ilprocuratore del conte verrà a prendere possesso di que-sta villa e di tutte le cose che essa contiene.

— Così presto! – esclamò la contessa.

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— Finalmente! – esclamò, e gli stese le due mani.L’avvocato le prese e la fissò in silenzio con interesse ebenevolenza.

— È un pezzo che non ci vediamo, – disse.— Lo so, – rispose vivamente la contessa. – Avevo

bisogno di voi.— Perchè? – domandò esso.— Lo ignoro, – disse Bianca, – ma quando siete vici-

no, mi sembra che il peso delle mie disgrazie scemi permetà.

— Davvero? – rispose quasi sorpreso l’avvocato poicon una espressione di dolore e di malcontento aggiun-se: – Non le merito queste buone parole, io non potettifar nulla per lei.

— Potete più di quanto forse credete di potere, midate la sola cosa, di cui abbisogni adesso, il coraggio el’energia. – Poi mutando tuono domandò: – Che nuovemi portate?

— Quelle che scrissi, – rispose l’avvocato, cambian-do anche esso l’espressione e la voce; – la sola novitàche ho da aggiungere a quelle, non deve sorprenderla,perchè l’abbiamo preveduta, però, forse, come tant’altrela colpirà dolorosamente. – La contessa lo guardava an-siosa. – Tra una settimana – continuò a dire l’avvocato,abbassando la voce quasi temesse di esprimere fortequello che doveva comunicarle – fra una settimana ilprocuratore del conte verrà a prendere possesso di que-sta villa e di tutte le cose che essa contiene.

— Così presto! – esclamò la contessa.

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— È presto, lo so, – rispose l’avvocato, guardandolacon compassione e nello stesso tempo con espressionedi affetto e di protezione quasi paterna. – Ma cosa im-porta che sia presto, allorchè un giorno o l’altro questodeve pure accadere? È quasi meglio così; la lenta agoniadi queste settimane avrà finalmente un termine e oggi aotto tutto sarà finito!

— Avete ragione, – rispose la contessa, – tutto sarà fi-nito! Mi avranno spogliata d’ogni cosa, mi avranno cac-ciata dalla casa dei miei avi, ma sarò libera, non avròpiù a trattare con essi. – Tutto sarà finito! – Bianca erastata però vivamente turbata da quell’annunzio. Si misea passeggiare su e giù per la sala in silenzio, ora ferman-dosi davanti un oggetto, ora davanti un quadro, ora os-servando con occhio torbido e velato dei ritratti di fami-glia che pendevano dalle pareti.

L’avvocato la seguiva con uno sguardo inquieto, manon ardì parlarle, nè si scosse dal luogo ove si trovava.Era commosso e si vergognava di farle vedere la suacommozione, non sapeva poi qual piega avessero presoin quel momento nell’animo suo lo sdegno e il dolore.

La contessa continuava a passeggiare nella sala, aguardare i visi scoloriti dei suoi nonni e bisnonni e adaccarezzare delle statuette di porcellana di Sassonia. Pa-reva che avesse dimenticato che egli era lì presente.D’un tratto si fermò dinanzi a lui.

— Ho ventidue anni e sono sola, – disse con una voceconcitata e commossa che egli non aveva udito da leimai, e che lo fece trasalire. – Ho una creatura che amo e

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— È presto, lo so, – rispose l’avvocato, guardandolacon compassione e nello stesso tempo con espressionedi affetto e di protezione quasi paterna. – Ma cosa im-porta che sia presto, allorchè un giorno o l’altro questodeve pure accadere? È quasi meglio così; la lenta agoniadi queste settimane avrà finalmente un termine e oggi aotto tutto sarà finito!

— Avete ragione, – rispose la contessa, – tutto sarà fi-nito! Mi avranno spogliata d’ogni cosa, mi avranno cac-ciata dalla casa dei miei avi, ma sarò libera, non avròpiù a trattare con essi. – Tutto sarà finito! – Bianca erastata però vivamente turbata da quell’annunzio. Si misea passeggiare su e giù per la sala in silenzio, ora ferman-dosi davanti un oggetto, ora davanti un quadro, ora os-servando con occhio torbido e velato dei ritratti di fami-glia che pendevano dalle pareti.

L’avvocato la seguiva con uno sguardo inquieto, manon ardì parlarle, nè si scosse dal luogo ove si trovava.Era commosso e si vergognava di farle vedere la suacommozione, non sapeva poi qual piega avessero presoin quel momento nell’animo suo lo sdegno e il dolore.

La contessa continuava a passeggiare nella sala, aguardare i visi scoloriti dei suoi nonni e bisnonni e adaccarezzare delle statuette di porcellana di Sassonia. Pa-reva che avesse dimenticato che egli era lì presente.D’un tratto si fermò dinanzi a lui.

— Ho ventidue anni e sono sola, – disse con una voceconcitata e commossa che egli non aveva udito da leimai, e che lo fece trasalire. – Ho una creatura che amo e

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che proteggo, ma non v’ha nessuno che ami e che pro-tegga me. Se ci fosse qualcuno che mi volesse bene, nonm’importerebbe di lasciare questa casa; ma le vecchiecose qui dentro mi son divenute così care, come accadefra persone che si vedono sempre e col tempo diventanoamiche, ed io che non ho nessuno che mi ami, mi sogna-vo che quei visi lassù e quelle statuette sul tavolino mivolessero un po’ di bene. Cosa mi resterà ora che mi di-vido da esse? Non ho nessuno che si curi di me. – Lacontessa era vinta da un crudele sentimento di abbando-no, dal dolore di vedere a realizzarsi così presto la suacondanna; si sentiva sola e commossa da mille senti-menti diversi, dei quali non sapeva ancora rendersi ra-gione.

Il cuore di Marnieri battè con violenza; quel gridoinatteso di dolore della contessa Bianca echeggiò nelsuo animo; parve vi risvegliasse tutto ciò che egli datanti anni vi avea faticosamente sopito; e allorchè lacontessa sollevò il viso e guardò quello dell’avvocato,quasi non lo riconobbe. Un raggio ardente di passionebrillava nel suo occhio, un’espressione indicibile di dol-cezza e d’entusiasmo animava, trasformava il suo volto.

— Ti amo, Bianca, – esclamò con energia e passione.– Ti amo più d’ogni cosa al mondo, – e strinse la contes-sa fra le sue braccia. —

Ella non rispose parola; vinta dall’emozione e dal do-lore lasciò cadere il capo sulla spalla di Marnieri e vipianse come un fanciullo piangerebbe al collo della ma-dre.

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che proteggo, ma non v’ha nessuno che ami e che pro-tegga me. Se ci fosse qualcuno che mi volesse bene, nonm’importerebbe di lasciare questa casa; ma le vecchiecose qui dentro mi son divenute così care, come accadefra persone che si vedono sempre e col tempo diventanoamiche, ed io che non ho nessuno che mi ami, mi sogna-vo che quei visi lassù e quelle statuette sul tavolino mivolessero un po’ di bene. Cosa mi resterà ora che mi di-vido da esse? Non ho nessuno che si curi di me. – Lacontessa era vinta da un crudele sentimento di abbando-no, dal dolore di vedere a realizzarsi così presto la suacondanna; si sentiva sola e commossa da mille senti-menti diversi, dei quali non sapeva ancora rendersi ra-gione.

Il cuore di Marnieri battè con violenza; quel gridoinatteso di dolore della contessa Bianca echeggiò nelsuo animo; parve vi risvegliasse tutto ciò che egli datanti anni vi avea faticosamente sopito; e allorchè lacontessa sollevò il viso e guardò quello dell’avvocato,quasi non lo riconobbe. Un raggio ardente di passionebrillava nel suo occhio, un’espressione indicibile di dol-cezza e d’entusiasmo animava, trasformava il suo volto.

— Ti amo, Bianca, – esclamò con energia e passione.– Ti amo più d’ogni cosa al mondo, – e strinse la contes-sa fra le sue braccia. —

Ella non rispose parola; vinta dall’emozione e dal do-lore lasciò cadere il capo sulla spalla di Marnieri e vipianse come un fanciullo piangerebbe al collo della ma-dre.

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Era troppa turbata, stordita dalle sue sciagure, troppofelice di vedere realizzato un desiderio segreto e violen-to che lei stessa ignorava, aveva troppo bisogno di affet-to e di protezione per comprendere tutta la trista follia diquell’istante.

La contessa piangeva, e Luciano col viso chinato sul-la nera capigliatura di Bianca la guardava con occhiotorbido e appassionato.

Il vecchio pendolo di sala pareva sbattesse rabbiosonella sua antica cassa di legno, il fuoco semispento fi-schiava sinistramente come quando, a detta del volgo,vuol presagire sventura, e il vento scuoteva sibilando glialberi del giardino. Ma essi nulla sentivano nè vedeva-no, fuori di sè. Finalmente l’avvocato sollevò la testa eguardò incerto come chi si sveglia da un sogno, la sala, iquadri, il grande specchio davanti a lui. – Vi guardò lun-gamente. Vide i suoi capelli grigi, il suo viso di quaran-tacinque anni e la bella e snella figura della contessa,che singhiozzava sulla sua spalla. Si rammentò quelloche aveva detto, quello che aveva fatto, e guardò ancoraincerto il luogo ove era.

Sperò d’aver sognato. Fece un movimento e la con-tessa si scosse. Non c’era più dubbio. Era vero! Lui, luil’uomo di quarantacinque anni aveva detto alla contessaBianca che l’amava. E l’avvocato chinò daccapo la testasu quell’altra testolina nera, che cominciava a destarsida una convulsione di pianto, e sorbì la dolce fragranzadi quelle trecce scure, guardò come trasognato la biancafronte appoggiata al suo abito umido di lagrime e pensò

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Era troppa turbata, stordita dalle sue sciagure, troppofelice di vedere realizzato un desiderio segreto e violen-to che lei stessa ignorava, aveva troppo bisogno di affet-to e di protezione per comprendere tutta la trista follia diquell’istante.

La contessa piangeva, e Luciano col viso chinato sul-la nera capigliatura di Bianca la guardava con occhiotorbido e appassionato.

Il vecchio pendolo di sala pareva sbattesse rabbiosonella sua antica cassa di legno, il fuoco semispento fi-schiava sinistramente come quando, a detta del volgo,vuol presagire sventura, e il vento scuoteva sibilando glialberi del giardino. Ma essi nulla sentivano nè vedeva-no, fuori di sè. Finalmente l’avvocato sollevò la testa eguardò incerto come chi si sveglia da un sogno, la sala, iquadri, il grande specchio davanti a lui. – Vi guardò lun-gamente. Vide i suoi capelli grigi, il suo viso di quaran-tacinque anni e la bella e snella figura della contessa,che singhiozzava sulla sua spalla. Si rammentò quelloche aveva detto, quello che aveva fatto, e guardò ancoraincerto il luogo ove era.

Sperò d’aver sognato. Fece un movimento e la con-tessa si scosse. Non c’era più dubbio. Era vero! Lui, luil’uomo di quarantacinque anni aveva detto alla contessaBianca che l’amava. E l’avvocato chinò daccapo la testasu quell’altra testolina nera, che cominciava a destarsida una convulsione di pianto, e sorbì la dolce fragranzadi quelle trecce scure, guardò come trasognato la biancafronte appoggiata al suo abito umido di lagrime e pensò

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che non aveva mentito. Oh no, le aveva detto il vero lui,l'uomo di quarantacinque anni!

Un sorriso sardonico, pieno di dolore e d’ira, sconvol-se tutta la sua fisonomia, l’alterò, l’invecchiò. Si guardòancora nello specchio e si vide decrepito! Avrebbe volu-to prendere quel vecchio nel cristallo e batterlo e insul-tarlo; quel debole, quello stolido che alla sua età nonaveva saputo tacere tre brevi parole!

Eppure l’amava, l’amava. Sentiva che le voleva benepiù di ogni cosa al mondo come glielo aveva detto; sen-tiva che dopo una lunga austera esistenza, dopo moltianni di lavoro e privazioni, stringeva finalmente fra lebraccia l’ideale realizzato delle sue aspirazioni giovani-li, l’essere sconosciuto, ignorato, ma desiderato sempre;sentiva colmato il vuoto della sua esistenza.

Dei grossi goccioloni pendevano alla sua fronte. Lui,quel vecchio signore là dentro in quello specchio, lui aquarantacinque anni padre di famiglia.... si mise a ride-re. – Era un ghigno, non un riso. – La contessa indie-treggiò spaventata e lui non la trattenne. Le braccia chel’avevano stretta gli caddero inerti lungo i fianchi, estette lì immobile a guardarla; avvilito, irritato, confusocome un colpevole, un pazzo, uno stolto, un uomo chesi espone volontariamente a tutte le durezze del ridicoloe del disinganno.

La contessa s’era coperta il viso con ambe le mani enon ardì guardarlo, indietreggiò ancora e si lasciò cade-re in una poltrona. Era una larga e antica poltrona a inta-gli, guernita di soffici cuscini. La contessa quasi vi spa-

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che non aveva mentito. Oh no, le aveva detto il vero lui,l'uomo di quarantacinque anni!

Un sorriso sardonico, pieno di dolore e d’ira, sconvol-se tutta la sua fisonomia, l’alterò, l’invecchiò. Si guardòancora nello specchio e si vide decrepito! Avrebbe volu-to prendere quel vecchio nel cristallo e batterlo e insul-tarlo; quel debole, quello stolido che alla sua età nonaveva saputo tacere tre brevi parole!

Eppure l’amava, l’amava. Sentiva che le voleva benepiù di ogni cosa al mondo come glielo aveva detto; sen-tiva che dopo una lunga austera esistenza, dopo moltianni di lavoro e privazioni, stringeva finalmente fra lebraccia l’ideale realizzato delle sue aspirazioni giovani-li, l’essere sconosciuto, ignorato, ma desiderato sempre;sentiva colmato il vuoto della sua esistenza.

Dei grossi goccioloni pendevano alla sua fronte. Lui,quel vecchio signore là dentro in quello specchio, lui aquarantacinque anni padre di famiglia.... si mise a ride-re. – Era un ghigno, non un riso. – La contessa indie-treggiò spaventata e lui non la trattenne. Le braccia chel’avevano stretta gli caddero inerti lungo i fianchi, estette lì immobile a guardarla; avvilito, irritato, confusocome un colpevole, un pazzo, uno stolto, un uomo chesi espone volontariamente a tutte le durezze del ridicoloe del disinganno.

La contessa s’era coperta il viso con ambe le mani enon ardì guardarlo, indietreggiò ancora e si lasciò cade-re in una poltrona. Era una larga e antica poltrona a inta-gli, guernita di soffici cuscini. La contessa quasi vi spa-

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rì, tanto vi cadde di piombo, accasciata e ripiegata soprase stessa.

L’avvocato avrebbe voluto che essa vi fosse sparitadel tutto, così avrebbe potuto fuggire, là fuori, nel buio enel silenzio della notte. Sarebbe stato solo a ridere lag-giù.

Fuggire lui, Luciano? Lui che ignorava il pericolo,quando non la amava, lui che s’era sempre sentito cosìforte e coraggioso....

Guardava fisso fisso quella poltrona; la guardava condelle angoscie di desio e di terrore. Se il bel viso dellacontessa fosse uscito di là ridendo pazzamente fra le la-grime? Era un mutamento, del quale la sua lieta tempraera capace. E non n’aveva essa ora tutto il diritto? Il su-dore gli grondava dalla fronte, guardava sempre la pol-trona, senza muoversi.

Finalmente la personcina affondata nei cuscini simosse; stette in orecchio, e impaurita dal silenzio, solle-vò il capo, lo volse timidamente come avesse paura diguardare, e incontrò l’occhio fisso di Marnieri.

Nessuno dei due parlò; si scrutarono con incertezza,con timore, quasi uguale; scemando in lui ogni ardireper paura del ridicolo, quanto in lei lo domava la natura-le ritrosia della signora.

Lo sguardo di lei lo calmò ed egli si riebbe.— Non ride, contessa? – disse con amarezza, inter-

rompendo finalmente il silenzio. Il grand’occhio diBianca mesto e pensoso si fissò nel suo pieno di incer-tezza.

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rì, tanto vi cadde di piombo, accasciata e ripiegata soprase stessa.

L’avvocato avrebbe voluto che essa vi fosse sparitadel tutto, così avrebbe potuto fuggire, là fuori, nel buio enel silenzio della notte. Sarebbe stato solo a ridere lag-giù.

Fuggire lui, Luciano? Lui che ignorava il pericolo,quando non la amava, lui che s’era sempre sentito cosìforte e coraggioso....

Guardava fisso fisso quella poltrona; la guardava condelle angoscie di desio e di terrore. Se il bel viso dellacontessa fosse uscito di là ridendo pazzamente fra le la-grime? Era un mutamento, del quale la sua lieta tempraera capace. E non n’aveva essa ora tutto il diritto? Il su-dore gli grondava dalla fronte, guardava sempre la pol-trona, senza muoversi.

Finalmente la personcina affondata nei cuscini simosse; stette in orecchio, e impaurita dal silenzio, solle-vò il capo, lo volse timidamente come avesse paura diguardare, e incontrò l’occhio fisso di Marnieri.

Nessuno dei due parlò; si scrutarono con incertezza,con timore, quasi uguale; scemando in lui ogni ardireper paura del ridicolo, quanto in lei lo domava la natura-le ritrosia della signora.

Lo sguardo di lei lo calmò ed egli si riebbe.— Non ride, contessa? – disse con amarezza, inter-

rompendo finalmente il silenzio. Il grand’occhio diBianca mesto e pensoso si fissò nel suo pieno di incer-tezza.

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— Perchè ridere? – rispose con voce ancora commos-sa.

— Non lo sa? – disse vivamente l’avvocato. – La rin-grazio. Forse è perchè il suo sguardo non è mai arrivatosino.... ai miei capelli bianchi. —

La contessa balzò in piedi come se volesse dire qual-cosa, ma poi tacque. L’avvocato che era tornato padronedi sè, prese il suo cappello, fece un profondo inchino edisse:

— Perdoni, contessa, mi conti fra i suoi servi più fe-deli e mi comandi, quando ha bisogno di me, ma nontornerò qui, se non chiamato da lei. —

Bianca gli stese la mano e sentì una stretta al cuoreche le impedì di parlare. L’avvocato s’inchinò profonda-mente e le baciò la punta delle dita, poi s’avviò per usci-re. La contessa voleva richiamarlo, voleva dirgli di nonabbandonarla, voleva raccomandarsi a lui; ma non ardì.Gli parve di vedere la moglie e i figli di Marnieri che sifrapponevano fra lei e lui, gli parve di commettere unacattiva azione e l’avvocato partì.

Il giorno innanzi alla partenza della contessa dalla vil-la, vi era un grande andirivieni nell’appartamento al pri-mo piano. Bauli fatti, roba sui tavolini e le sedie. Tuttala casa aveva già preso un’apparenza squallida e disabi-tata, sebbene non si fosse levato un mobile, un quadro,una tenda dal suo posto; ma si scorgeva che la mano sa-piente della padrona di casa non aveva più presieduto daparecchi giorni all’ordinamento dell’appartamento, alladistribuzione dei fiori, delle giardiniere, di quei cento

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— Perchè ridere? – rispose con voce ancora commos-sa.

— Non lo sa? – disse vivamente l’avvocato. – La rin-grazio. Forse è perchè il suo sguardo non è mai arrivatosino.... ai miei capelli bianchi. —

La contessa balzò in piedi come se volesse dire qual-cosa, ma poi tacque. L’avvocato che era tornato padronedi sè, prese il suo cappello, fece un profondo inchino edisse:

— Perdoni, contessa, mi conti fra i suoi servi più fe-deli e mi comandi, quando ha bisogno di me, ma nontornerò qui, se non chiamato da lei. —

Bianca gli stese la mano e sentì una stretta al cuoreche le impedì di parlare. L’avvocato s’inchinò profonda-mente e le baciò la punta delle dita, poi s’avviò per usci-re. La contessa voleva richiamarlo, voleva dirgli di nonabbandonarla, voleva raccomandarsi a lui; ma non ardì.Gli parve di vedere la moglie e i figli di Marnieri che sifrapponevano fra lei e lui, gli parve di commettere unacattiva azione e l’avvocato partì.

Il giorno innanzi alla partenza della contessa dalla vil-la, vi era un grande andirivieni nell’appartamento al pri-mo piano. Bauli fatti, roba sui tavolini e le sedie. Tuttala casa aveva già preso un’apparenza squallida e disabi-tata, sebbene non si fosse levato un mobile, un quadro,una tenda dal suo posto; ma si scorgeva che la mano sa-piente della padrona di casa non aveva più presieduto daparecchi giorni all’ordinamento dell’appartamento, alladistribuzione dei fiori, delle giardiniere, di quei cento

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ninnoli che danno l’aspetto abitato ed elegante ad unacasa; poi quella roba gettata lì alla rinfusa, quelle casseaperte, quei domestici che correvano silenziosi in qua ein là, tutto ciò faceva presagire, anche a chi non lo sa-pesse, che stava compiendosi un triste avvenimento.

Bianca dimostrava dell’energia e della calma, davagli ordini con grazia, quasi con una mesta dolcezza,come di chi dice ad una persona delle parole di addio;poi accarezzava la bambina ora con affetto, ora con or-goglio. Era per lei che subiva tutto questo! E il bel visodella contessa Bianca aveva allora una espressione alte-ra e soddisfatta.

Pranzò all’ora consueta nella gran sala terrena, solacolla piccina. Il vecchio Beppe la serviva, ma non servi-va coll’esattezza e la prontezza solita; aveva gli occhigonfi come fosse infreddato e la mano gli tremava por-gendole il piatto. Voleva dire qualcosa, ma non ardiva.La sua signora non parlava, e perfino la piccina nonapriva bocca e se ne stava buona buona come non lo eramai. Eppure bisognava che Beppe dicesse ciò che avevaa dire, non sapeva se la sua signora partiva al mattino odopo il mezzogiorno, e il tempo stringeva.

Quando Dio volle, la contessa si volse verso lui e dis-se:

— Se il tempo è bello domattina avvisami in tempo,perchè Bruno sia sellato per le otto. Prima di lasciarequesto Lago voglio salutare i luoghi che mi sono piùcari. E tu, se ti senti ancora abbastanza forte per venirecon me, monterai la Morella e mi seguirai come mi se-

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ninnoli che danno l’aspetto abitato ed elegante ad unacasa; poi quella roba gettata lì alla rinfusa, quelle casseaperte, quei domestici che correvano silenziosi in qua ein là, tutto ciò faceva presagire, anche a chi non lo sa-pesse, che stava compiendosi un triste avvenimento.

Bianca dimostrava dell’energia e della calma, davagli ordini con grazia, quasi con una mesta dolcezza,come di chi dice ad una persona delle parole di addio;poi accarezzava la bambina ora con affetto, ora con or-goglio. Era per lei che subiva tutto questo! E il bel visodella contessa Bianca aveva allora una espressione alte-ra e soddisfatta.

Pranzò all’ora consueta nella gran sala terrena, solacolla piccina. Il vecchio Beppe la serviva, ma non servi-va coll’esattezza e la prontezza solita; aveva gli occhigonfi come fosse infreddato e la mano gli tremava por-gendole il piatto. Voleva dire qualcosa, ma non ardiva.La sua signora non parlava, e perfino la piccina nonapriva bocca e se ne stava buona buona come non lo eramai. Eppure bisognava che Beppe dicesse ciò che avevaa dire, non sapeva se la sua signora partiva al mattino odopo il mezzogiorno, e il tempo stringeva.

Quando Dio volle, la contessa si volse verso lui e dis-se:

— Se il tempo è bello domattina avvisami in tempo,perchè Bruno sia sellato per le otto. Prima di lasciarequesto Lago voglio salutare i luoghi che mi sono piùcari. E tu, se ti senti ancora abbastanza forte per venirecon me, monterai la Morella e mi seguirai come mi se-

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guivi bambina. Ho fatto la prima passeggiata a cavalloguidata da te, domani faremo l’ultima. —

La contessa parlava con voce chiara e sicura, ma ilpovero vecchio si asciugò gli occhi senza poterle dap-prima rispondere.

— Signora contessa, – balbettò, – non sarà l’ultima dicerto; ma quanto a seguirla, fosse in capo al mondo, laseguirei a piè zoppo, se le piacesse di comandarmelo.Anzi.... se permettesse.... la scusi, signora contessa....Avrei.... vorrei.... chiederle un favore. —

Il poveretto pareva lì lì per confessare un misfatto. Lacontessa lo guardava con sorpresa.

— Ma di’ pure, Beppe, sai bene che se io posso anco-ra fare un favore, lo farei ben volentieri a te.

— La ringrazio, signora contessa, la ringrazio, lo sabene che non merito, ma infine.... – Beppe era arrenatodel tutto e non trovava più una parola che lo rimettesse agalla. – Ma vede, – continuò a dire, – io.... noi.... la miafamiglia.... abbiamo sempre servito fedelmente la suacasa. Noi.... vede.... non faccio per dire, signora contes-sa, non faccio per dire, ma è proprio vero, siamo statitutti fedeli e devoti agli Orlandi di padre in figlio.

— E chi di noi non lo sa? – rispose vivamente la con-tessa. – Beppe, sei il solo fra i miei servi che lascerò convero dolore. —

La voce di Bianca era commossa, mentre diceva que-ste parole.

— Oh signora contessa, è troppo buona, – balbettò dinuovo Beppe. – Ma vede.... io volevo pregarla per que-

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guivi bambina. Ho fatto la prima passeggiata a cavalloguidata da te, domani faremo l’ultima. —

La contessa parlava con voce chiara e sicura, ma ilpovero vecchio si asciugò gli occhi senza poterle dap-prima rispondere.

— Signora contessa, – balbettò, – non sarà l’ultima dicerto; ma quanto a seguirla, fosse in capo al mondo, laseguirei a piè zoppo, se le piacesse di comandarmelo.Anzi.... se permettesse.... la scusi, signora contessa....Avrei.... vorrei.... chiederle un favore. —

Il poveretto pareva lì lì per confessare un misfatto. Lacontessa lo guardava con sorpresa.

— Ma di’ pure, Beppe, sai bene che se io posso anco-ra fare un favore, lo farei ben volentieri a te.

— La ringrazio, signora contessa, la ringrazio, lo sabene che non merito, ma infine.... – Beppe era arrenatodel tutto e non trovava più una parola che lo rimettesse agalla. – Ma vede, – continuò a dire, – io.... noi.... la miafamiglia.... abbiamo sempre servito fedelmente la suacasa. Noi.... vede.... non faccio per dire, signora contes-sa, non faccio per dire, ma è proprio vero, siamo statitutti fedeli e devoti agli Orlandi di padre in figlio.

— E chi di noi non lo sa? – rispose vivamente la con-tessa. – Beppe, sei il solo fra i miei servi che lascerò convero dolore. —

La voce di Bianca era commossa, mentre diceva que-ste parole.

— Oh signora contessa, è troppo buona, – balbettò dinuovo Beppe. – Ma vede.... io volevo pregarla per que-

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sto a farmi.... un favore. Noi abbiamo servito i suoi non-ni e bisnonni, e io non posso, signora contessa, servireun altro padrone....

— Come! Vuoi andar via! – esclamò Bianca.— Sissignora, signora contessa, se lo permette, se mi

facesse il favore, la grazia di permettermi di continuarea servirla e obbedirla, vorrei.... venire con lei, signoracontessa! – disse finalmente con maggiore franchezza ilvecchio.

— Con me! – rispose la contessa mestamente. – Manon sai che la mia condizione è mutata e che non possopiù tenere parecchie persone al mio servizio! La solaLisa mi accompagna e per ora non posso prendere altri.La mia futura casa non assomiglierà punto a questa, saràmodesta, ma modesta assai. Qui invece ebbi la promessadall’avvocato del conte Arcieri, che resterete tutti allecondizioni di prima, ed io spero, Beppe, che egli possaesserti un buon padrone.

— Signora contessa, – rispose risolutamente il vec-chio, – lei può rifiutare di permettermi che io l’accom-pagni, e allora dovrò obbedire, ma io il conte Arcierinon lo servirò. Gli altri restano, lo so. Ma io, signoracontessa, no. Servire lei è diverso, l’abbiamo fatto tutti;come i suoi nonni seguivano il Re che andava alla guer-ra, così la gente di casa mia seguiva il conte Orlandi.Ma obbedire a un altro signore.... cambiare come fannotutti i servitori d’oggigiorno, e riverire e obbedire qui unpadrone che non so neppure di chi sia figlio.... La perdo-ni, signora contessa, se quei po’ di risparmi che ho fatto

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sto a farmi.... un favore. Noi abbiamo servito i suoi non-ni e bisnonni, e io non posso, signora contessa, servireun altro padrone....

— Come! Vuoi andar via! – esclamò Bianca.— Sissignora, signora contessa, se lo permette, se mi

facesse il favore, la grazia di permettermi di continuarea servirla e obbedirla, vorrei.... venire con lei, signoracontessa! – disse finalmente con maggiore franchezza ilvecchio.

— Con me! – rispose la contessa mestamente. – Manon sai che la mia condizione è mutata e che non possopiù tenere parecchie persone al mio servizio! La solaLisa mi accompagna e per ora non posso prendere altri.La mia futura casa non assomiglierà punto a questa, saràmodesta, ma modesta assai. Qui invece ebbi la promessadall’avvocato del conte Arcieri, che resterete tutti allecondizioni di prima, ed io spero, Beppe, che egli possaesserti un buon padrone.

— Signora contessa, – rispose risolutamente il vec-chio, – lei può rifiutare di permettermi che io l’accom-pagni, e allora dovrò obbedire, ma io il conte Arcierinon lo servirò. Gli altri restano, lo so. Ma io, signoracontessa, no. Servire lei è diverso, l’abbiamo fatto tutti;come i suoi nonni seguivano il Re che andava alla guer-ra, così la gente di casa mia seguiva il conte Orlandi.Ma obbedire a un altro signore.... cambiare come fannotutti i servitori d’oggigiorno, e riverire e obbedire qui unpadrone che non so neppure di chi sia figlio.... La perdo-ni, signora contessa, se quei po’ di risparmi che ho fatto

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non basteranno, chiederò l’elemosina: e quando saròmalato andrò all’ospedale; ma un altro padrone, se leinon mi vuole, non lo servo! —

Vi fu un breve silenzio. Bianca commossa guardava ilvecchio e fedele servitore che le rivelava tanta sinceradevozione.

— Signora contessa, – ricominciò a dire Beppe, – laLisa ed io ci conosciamo da un pezzo; essa è una bravadonna della vecchia tempra. Abbiamo bisogno di cosìpoco; poi.... perdoni, signora contessa, l’ardire, la sfac-ciataggine mia, ma.... vede.... di salario.... la scusi, si-gnora, la non dia retta.... se.... ma.... di salario.... non neho proprio bisogno – Beppe era proprio al colmodell’imbarazzo, aveva gli occhi gonfi di lagrime e senti-va una voglia pazza di fuggire sotto alla tavola. Lui,Beppe, dire all’illustrissima signora contessa questecose! Ma come fare se la signora non voleva proprio in-tendere? – La mia famiglia – continuò a dire – ha rice-vuto tanti beneficii, tanti doni, tanti favori dalla sua! Si-gnora contessa, sono un povero vecchio, non sono buo-no a nulla, ma mi lasci morire in casa sua! —

Bianca non ne poteva più. Aveva il cuore gonfio; lecommoventi parole del servo fedele risvegliavano in leicento memorie di affetti dileguati, di cari vincoli fami-gliari spezzati dal tempo o dalla morte, e questo vecchiodevoto rappresentava le cose passate, commovendolacolla più leale e generosa delle abnegazioni.

— Ti ringrazio, Beppe, – rispose risolutamente, – vie-ni pure con me e restaci per sempre. – Essa gli stese la

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non basteranno, chiederò l’elemosina: e quando saròmalato andrò all’ospedale; ma un altro padrone, se leinon mi vuole, non lo servo! —

Vi fu un breve silenzio. Bianca commossa guardava ilvecchio e fedele servitore che le rivelava tanta sinceradevozione.

— Signora contessa, – ricominciò a dire Beppe, – laLisa ed io ci conosciamo da un pezzo; essa è una bravadonna della vecchia tempra. Abbiamo bisogno di cosìpoco; poi.... perdoni, signora contessa, l’ardire, la sfac-ciataggine mia, ma.... vede.... di salario.... la scusi, si-gnora, la non dia retta.... se.... ma.... di salario.... non neho proprio bisogno – Beppe era proprio al colmodell’imbarazzo, aveva gli occhi gonfi di lagrime e senti-va una voglia pazza di fuggire sotto alla tavola. Lui,Beppe, dire all’illustrissima signora contessa questecose! Ma come fare se la signora non voleva proprio in-tendere? – La mia famiglia – continuò a dire – ha rice-vuto tanti beneficii, tanti doni, tanti favori dalla sua! Si-gnora contessa, sono un povero vecchio, non sono buo-no a nulla, ma mi lasci morire in casa sua! —

Bianca non ne poteva più. Aveva il cuore gonfio; lecommoventi parole del servo fedele risvegliavano in leicento memorie di affetti dileguati, di cari vincoli fami-gliari spezzati dal tempo o dalla morte, e questo vecchiodevoto rappresentava le cose passate, commovendolacolla più leale e generosa delle abnegazioni.

— Ti ringrazio, Beppe, – rispose risolutamente, – vie-ni pure con me e restaci per sempre. – Essa gli stese la

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mano, il vecchio servo chinandosi giù giù le baciò lapunta delle dita e disse:

— Signora contessa, se mi avesse regalato un regnonon sarei così felice! Che Dio la compensi mille volteper questa carità. Per tutta la vita finchè potrò e più chepotrò, servirò lei e la signora contessina; – e fece un ge-sto quasi volesse giungere le mani sulla testa della picci-na.

Cinque minuti dopo, Beppe pareva un altro. Cammi-nava diritto, la mano non gli tremava più, e aveva unviso così lieto, che sembrava ringiovanito. Ma gli s’eraanche levato un gran peso dal cuore! Era una settimanache si sentiva a soffocare.

Quando tornò in cucina, gli altri domestici che si met-tevano a tavola, lo guardarono con sorpresa.

— Che hai vinto al lotto, Beppe, – gridò uno di essi, –hai un viso così allegro?

— Cos’è stato? – domandò un altro. – Hai trovato untesoro nel giardino? – No, no, – gridò la fattoressa, – hamesso i numeri della partenza della signora —

Beppe le dette un’occhiata che la fece rientrare dimezzo braccio sotto alla cuffia.

— Veneranda, – disse dignitosamente dopo un mo-mento di silenzio, – mi farete il piacere di far portarenella mia camera tutto quello che avete di roba mia inguardaroba.

— La vostra biancheria? – rispose molto sorpresa laVeneranda. – E cosa ne volete fare? Che vi salta il ghiri-bizzo di metter sei camicie alla volta?

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mano, il vecchio servo chinandosi giù giù le baciò lapunta delle dita e disse:

— Signora contessa, se mi avesse regalato un regnonon sarei così felice! Che Dio la compensi mille volteper questa carità. Per tutta la vita finchè potrò e più chepotrò, servirò lei e la signora contessina; – e fece un ge-sto quasi volesse giungere le mani sulla testa della picci-na.

Cinque minuti dopo, Beppe pareva un altro. Cammi-nava diritto, la mano non gli tremava più, e aveva unviso così lieto, che sembrava ringiovanito. Ma gli s’eraanche levato un gran peso dal cuore! Era una settimanache si sentiva a soffocare.

Quando tornò in cucina, gli altri domestici che si met-tevano a tavola, lo guardarono con sorpresa.

— Che hai vinto al lotto, Beppe, – gridò uno di essi, –hai un viso così allegro?

— Cos’è stato? – domandò un altro. – Hai trovato untesoro nel giardino? – No, no, – gridò la fattoressa, – hamesso i numeri della partenza della signora —

Beppe le dette un’occhiata che la fece rientrare dimezzo braccio sotto alla cuffia.

— Veneranda, – disse dignitosamente dopo un mo-mento di silenzio, – mi farete il piacere di far portarenella mia camera tutto quello che avete di roba mia inguardaroba.

— La vostra biancheria? – rispose molto sorpresa laVeneranda. – E cosa ne volete fare? Che vi salta il ghiri-bizzo di metter sei camicie alla volta?

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— Voglio la mia roba, Veneranda, – disse lentamentee con sussiego, – perchè parto domani colla signora con-tessa! —

Un gran silenzio seguì queste parole; la Lisa soltantoche pranzava colle altre, gli dette un’occhiata piena diriconoscenza e di approvazione. Gli altri non disseronulla.

— Uhm! – fece finalmente con un’alzatina di spalleun giovane, che aveva delle lunghe fedine ed era statocameriere un pezzo a Parigi. – Uhm! ci vorrà stare pocobene, e meglio sarebbe rimaner qui con quel ricco si-gnore che è il padrone di questa casa.

— Il padrone?... saltò su a dire con ira Beppe; ma poisi morse le labbra e tacque; lo guardò d’alto in basso eborbottò fra sè: – Si vede che non ha servito che dellacanaglia. – Pareva che Beppe in quella sera avesse unblasone in tasca da tramandare senza macchia alla po-sterità.

Bianca era per l’ultima volta nella sua sala, mentrenella cucina si dicevano queste cose. Tutto il giorno erastata silenziosa, aveva disposto ogni cosa per la parten-za, dando gli ordini con calma ed energia, quasi non sitrattasse che del consueto ritorno in città; ma sul viso lesi leggeva una calma che era soltanto apparente; il suovolto vedevasi contratto ed aveva avuto talvolta in quelgiorno una espressione altera e severa che non le eraabituale; ma dopo il pranzo quella contrazione cessò. Lacontessa aveva ritrovato il suo raggiante sorriso, e la

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— Voglio la mia roba, Veneranda, – disse lentamentee con sussiego, – perchè parto domani colla signora con-tessa! —

Un gran silenzio seguì queste parole; la Lisa soltantoche pranzava colle altre, gli dette un’occhiata piena diriconoscenza e di approvazione. Gli altri non disseronulla.

— Uhm! – fece finalmente con un’alzatina di spalleun giovane, che aveva delle lunghe fedine ed era statocameriere un pezzo a Parigi. – Uhm! ci vorrà stare pocobene, e meglio sarebbe rimaner qui con quel ricco si-gnore che è il padrone di questa casa.

— Il padrone?... saltò su a dire con ira Beppe; ma poisi morse le labbra e tacque; lo guardò d’alto in basso eborbottò fra sè: – Si vede che non ha servito che dellacanaglia. – Pareva che Beppe in quella sera avesse unblasone in tasca da tramandare senza macchia alla po-sterità.

Bianca era per l’ultima volta nella sua sala, mentrenella cucina si dicevano queste cose. Tutto il giorno erastata silenziosa, aveva disposto ogni cosa per la parten-za, dando gli ordini con calma ed energia, quasi non sitrattasse che del consueto ritorno in città; ma sul viso lesi leggeva una calma che era soltanto apparente; il suovolto vedevasi contratto ed aveva avuto talvolta in quelgiorno una espressione altera e severa che non le eraabituale; ma dopo il pranzo quella contrazione cessò. Lacontessa aveva ritrovato il suo raggiante sorriso, e la

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piccina accanto a lei guardava tutta consolata il viso ri-dente della mamma.

La contessa aveva trovato nel suo abbandono e nellasua sventura un tesoro nascosto, un raggio di luce nelletenebre: un cuore umano sincero, devoto, leale. Laddovenon avrebbe mai cercato, le si affacciò la più eletta im-magine dell’abnegazione e del dovere, una ereditàd’affetto che le tramandavano i suoi avi e che la legge ol’ingordigia umana non potevano appropriarsi, un feudovivente d’amore e di devozione che passava di padre infiglio inalterato e puro. Di tutta la sua fortuna le restavaun cuore fedele e poi.... La contessa si colse all’improv-viso, mentre pensava ad una persona, alla quale s’eraproibita di pensare. Il suo bel sorriso sparì, e ridivenneseria. Ma non lo poteva divenire del tutto. Aveva in sè,senza saperne il perchè, un bisbiglìo inquieto di vocigiovanili, di vaghe, indefinite speranze, una certezza te-meraria della propria energia e della propria volontà.Dopo una settimana di dolore represso, di angoscie e ti-mori combattuti e nascosti sempre, v’era in lei un risve-glio di gioventù, di fede, di forza lieta e baldanzosa. Se-dette al cembalo e suonò. Suonò molto con vigore e conpassione. Pareva volesse applaudire se stessa del suo co-raggio e ne fosse lieta e constatasse che nessuno l’avevaaiutata.

Non sapeva quanto può un esempio di lealtà e di ab-negazione, e quanta fede suscita nel cuore un’azionebuona.

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piccina accanto a lei guardava tutta consolata il viso ri-dente della mamma.

La contessa aveva trovato nel suo abbandono e nellasua sventura un tesoro nascosto, un raggio di luce nelletenebre: un cuore umano sincero, devoto, leale. Laddovenon avrebbe mai cercato, le si affacciò la più eletta im-magine dell’abnegazione e del dovere, una ereditàd’affetto che le tramandavano i suoi avi e che la legge ol’ingordigia umana non potevano appropriarsi, un feudovivente d’amore e di devozione che passava di padre infiglio inalterato e puro. Di tutta la sua fortuna le restavaun cuore fedele e poi.... La contessa si colse all’improv-viso, mentre pensava ad una persona, alla quale s’eraproibita di pensare. Il suo bel sorriso sparì, e ridivenneseria. Ma non lo poteva divenire del tutto. Aveva in sè,senza saperne il perchè, un bisbiglìo inquieto di vocigiovanili, di vaghe, indefinite speranze, una certezza te-meraria della propria energia e della propria volontà.Dopo una settimana di dolore represso, di angoscie e ti-mori combattuti e nascosti sempre, v’era in lei un risve-glio di gioventù, di fede, di forza lieta e baldanzosa. Se-dette al cembalo e suonò. Suonò molto con vigore e conpassione. Pareva volesse applaudire se stessa del suo co-raggio e ne fosse lieta e constatasse che nessuno l’avevaaiutata.

Non sapeva quanto può un esempio di lealtà e di ab-negazione, e quanta fede suscita nel cuore un’azionebuona.

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La contessa si coricò più presto quella sera, era stancae dormì tutta la notte di un sonno profondo. Quando sisvegliò al mattino, il sole penetrava già fra le socchiuseimposte nella camera, e di fuori si sentivano gli uccellinicantare allegramente nel giardino. Era l’ultima mattina!La contessa guardò un momento la sua camera fioca-mente illuminata da un sottile raggio di sole, i grandiquadri, i vecchi mobili di noce intagliato, le tende di da-masco bleu scuro, e uno specchio in cornice d’ebano difaccia al suo letto. Guardò, e poi chiuse gli occhi strettistretti e balzò dal letto. Indossò rapidamente una vesteda camera e suonò il campanello.

— È già levata, signora contessa? – esclamò la Lisaentrando. Bianca le rispose con un sorriso, e poi andònell’altra camera ove riposava la bambina. Mentre laLisa preparava le cose necessarie alla toletta della signo-ra, si sentiva di là il lieto cinguettìo della piccina che sivestiva assistita dalla mamma, poi la contessa ricompar-ve, e la Lisa l’aiutò come al solito a pettinare i suoi foltie morbidi capelli neri. La contessa si vestì con cura econ attenzione come sempre, si fece portare l’abito neroda cavallo che indossò, poi diè ordine di prepararlequello da viaggio, avendo fissato di partire dopo la cole-zione; e messasi il cappellino, scese nel cortile.

Bruno, un bel cavallino moro, pronto e sellato, pas-seggiava guidato da un palafreniere su e giù nella corte.Beppe attendeva anch’esso presso al suo, l’arrivo dellapadrona. Egli sembrava ringiovanito, aveva un porta-mento quasi altero co’ suoi compagni, vestiva la sua li-

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La contessa si coricò più presto quella sera, era stancae dormì tutta la notte di un sonno profondo. Quando sisvegliò al mattino, il sole penetrava già fra le socchiuseimposte nella camera, e di fuori si sentivano gli uccellinicantare allegramente nel giardino. Era l’ultima mattina!La contessa guardò un momento la sua camera fioca-mente illuminata da un sottile raggio di sole, i grandiquadri, i vecchi mobili di noce intagliato, le tende di da-masco bleu scuro, e uno specchio in cornice d’ebano difaccia al suo letto. Guardò, e poi chiuse gli occhi strettistretti e balzò dal letto. Indossò rapidamente una vesteda camera e suonò il campanello.

— È già levata, signora contessa? – esclamò la Lisaentrando. Bianca le rispose con un sorriso, e poi andònell’altra camera ove riposava la bambina. Mentre laLisa preparava le cose necessarie alla toletta della signo-ra, si sentiva di là il lieto cinguettìo della piccina che sivestiva assistita dalla mamma, poi la contessa ricompar-ve, e la Lisa l’aiutò come al solito a pettinare i suoi foltie morbidi capelli neri. La contessa si vestì con cura econ attenzione come sempre, si fece portare l’abito neroda cavallo che indossò, poi diè ordine di prepararlequello da viaggio, avendo fissato di partire dopo la cole-zione; e messasi il cappellino, scese nel cortile.

Bruno, un bel cavallino moro, pronto e sellato, pas-seggiava guidato da un palafreniere su e giù nella corte.Beppe attendeva anch’esso presso al suo, l’arrivo dellapadrona. Egli sembrava ringiovanito, aveva un porta-mento quasi altero co’ suoi compagni, vestiva la sua li-

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vrea, come il militare porta la divisa, e le sue spalle cur-ve dagli anni s’eran raddrizzate come per incanto. Corsea tenere la staffa alla contessa, che montata rapidamentein sella partì di trotto seguita da Beppe.

La mattina era chiara e fredda l’aria, trasparente. Icontorni dei monti, delle case e degl’alberi erano netta-mente delineati sul fondo azzurro del cielo, le foglie era-no qua e là ingiallite, e lungo la via dei rami secchiscricchiolavano sotto ai piedi del cavallo. La contessapercorse un lungo tratto di strada al trotto, poi volse adestra nel bosco e infilò un sentiero che saliva gradata-mente verso il monte. Rallentò il passo del cavallo esorbì a larghi sorsi l’aria pura e profumata del bosco.Bianca era animata dalla corsa, dalla fredda brezza delmattino, dalla bellezza del paesaggio che stendevasi da-vanti ai suoi occhi; si sentiva giovane, forte, aveva delletemerarie speranze nel suo avvenire. Le pareva che gliuomini e le cose dovessero alfine piegare sempre, di-nanzi alla ferma volontà e ai tenaci propositi, le parevache fintanto che quella lieta esuberanza di vita facevabattere le arterie di un corpo giovane e sano, fintantoche la natura era così bella, chi voleva fortemente, pote-va sempre farsi strada framezzo agli ostacoli e le sven-ture, o giungere a realizzare i propri desiderii. E mentrepensava queste cose, gli uccelli cantavano allegramentefra le foglie, il sole luccicava qua e là attraverso il fittodel bosco e l’ardente cavallino di Bianca calpestava in-quieto il terreno erboso e fiorito, e sembrava altero di

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vrea, come il militare porta la divisa, e le sue spalle cur-ve dagli anni s’eran raddrizzate come per incanto. Corsea tenere la staffa alla contessa, che montata rapidamentein sella partì di trotto seguita da Beppe.

La mattina era chiara e fredda l’aria, trasparente. Icontorni dei monti, delle case e degl’alberi erano netta-mente delineati sul fondo azzurro del cielo, le foglie era-no qua e là ingiallite, e lungo la via dei rami secchiscricchiolavano sotto ai piedi del cavallo. La contessapercorse un lungo tratto di strada al trotto, poi volse adestra nel bosco e infilò un sentiero che saliva gradata-mente verso il monte. Rallentò il passo del cavallo esorbì a larghi sorsi l’aria pura e profumata del bosco.Bianca era animata dalla corsa, dalla fredda brezza delmattino, dalla bellezza del paesaggio che stendevasi da-vanti ai suoi occhi; si sentiva giovane, forte, aveva delletemerarie speranze nel suo avvenire. Le pareva che gliuomini e le cose dovessero alfine piegare sempre, di-nanzi alla ferma volontà e ai tenaci propositi, le parevache fintanto che quella lieta esuberanza di vita facevabattere le arterie di un corpo giovane e sano, fintantoche la natura era così bella, chi voleva fortemente, pote-va sempre farsi strada framezzo agli ostacoli e le sven-ture, o giungere a realizzare i propri desiderii. E mentrepensava queste cose, gli uccelli cantavano allegramentefra le foglie, il sole luccicava qua e là attraverso il fittodel bosco e l’ardente cavallino di Bianca calpestava in-quieto il terreno erboso e fiorito, e sembrava altero di

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portare quella bella persona, che lasciate ricadere le bri-glie sul collo accarezzava la sua folta criniera.

D’un tratto la contessa raccolse le briglie del cavalloe lo fermò. Fissava un punto fra gli alberi e sembrò vo-lesse tornare indietro, allontanarsi, fuggire. La bellaespressione che aveva avuto fino allora sparì, gli occhilucenti, le guance colorite, la bocca semiaperta quasi adun vago sorriso, tutto nel suo aspetto era mutato; quelchiarore del suo volto spento, dileguato. Già il suo ca-vallo obbediente alla sua mossa aveva vòlto il capo, giàla contessa sembrava decisa a cambiare strada, allorchècol viso di nuovo sorridente spinse rapidamente avanti ilcavallo, e in tre passi di galoppo trovossi a quel puntoove pochi istanti prima aveva fissato l’occhio tutta sgo-menta.

L’avvocato Marnieri passeggiava tranquillamentelungo quel sentiero, volgendo le spalle alla contessa.

Su quel terreno erboso i passi e lo scalpitare dei ca-valli non si udivano, e soltanto quando la contessa, spin-ta la cavalcatura al galoppo, gli fu quasi addosso, eglivoltò la testa e vide Bianca dietro a lui, animata, lieta,coi suoi grandi occhi neri che sembravano chiedere edire mille cose in una volta.

Marnieri la guardò un istante, impallidendo e senzaparlare. Egli aveva tanto desiderato di rivederla e neaveva avuto paura nello stesso tempo.

— Ho fatto male? – disse Bianca timidamente, ve-dendo che Marnieri la guardava senza aprir bocca, e glistese la mano.

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portare quella bella persona, che lasciate ricadere le bri-glie sul collo accarezzava la sua folta criniera.

D’un tratto la contessa raccolse le briglie del cavalloe lo fermò. Fissava un punto fra gli alberi e sembrò vo-lesse tornare indietro, allontanarsi, fuggire. La bellaespressione che aveva avuto fino allora sparì, gli occhilucenti, le guance colorite, la bocca semiaperta quasi adun vago sorriso, tutto nel suo aspetto era mutato; quelchiarore del suo volto spento, dileguato. Già il suo ca-vallo obbediente alla sua mossa aveva vòlto il capo, giàla contessa sembrava decisa a cambiare strada, allorchècol viso di nuovo sorridente spinse rapidamente avanti ilcavallo, e in tre passi di galoppo trovossi a quel puntoove pochi istanti prima aveva fissato l’occhio tutta sgo-menta.

L’avvocato Marnieri passeggiava tranquillamentelungo quel sentiero, volgendo le spalle alla contessa.

Su quel terreno erboso i passi e lo scalpitare dei ca-valli non si udivano, e soltanto quando la contessa, spin-ta la cavalcatura al galoppo, gli fu quasi addosso, eglivoltò la testa e vide Bianca dietro a lui, animata, lieta,coi suoi grandi occhi neri che sembravano chiedere edire mille cose in una volta.

Marnieri la guardò un istante, impallidendo e senzaparlare. Egli aveva tanto desiderato di rivederla e neaveva avuto paura nello stesso tempo.

— Ho fatto male? – disse Bianca timidamente, ve-dendo che Marnieri la guardava senza aprir bocca, e glistese la mano.

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— Sì, – rispose con semplicità l’avvocato, e nellostesso tempo con un’espressione che smentiva la suabreve parola. – Sì, ma vi ringrazio, – disse piano, levan-dosi il cappello e stringendole la mano.

— Vi vidi da lontano, – replicò la contessa legger-mente turbata, – e volli tornare addietro, ma poi ebbivergogna e dolore di farlo, mi pareva che potessi far me-glio di ciò e sono venuta. – Bianca aveva il viso sorri-dente e l’occhio scintillante. – Ho da dirvi una parola, –soggiunse: – sono l’ultime ore che dimoro in queste val-li, vorrei passeggiare ancora con voi. – E dicendo que-sto, scese da cavallo, prese le briglie e attese che Beppela raggiungesse. A questo, che era sceso pure, consegnòBruno, e gli disse d’attenderla in quel luogo fino al suoritorno; poi, rialzata con grazia la lunga veste sul brac-cio sinistro, senza dir altro, accettò il braccio che Mar-nieri le offrì in silenzio. Camminarono qualche temponel bosco senza parlarsi. Lei appoggiata leggermente albraccio di lui, lui pensoso e turbato, sentendo così vici-na a sè quella persona seducente, in mezzo a quegli al-beri fitti e discreti ove perfino il romore dei passi si per-deva fra l’erbe e i fiori.

— Marnieri, – disse finalmente con franchezza lacontessa, allorchè fu ben sicura che nessuno la sentiva.– Voglio dirvi che è una viltà questo che abbiamo fattosino ad oggi, che della gente come noi, come voi ed io,– soggiunse con un sorriso pieno d’orgoglio e di sedu-zione, – deve potere sempre ciò che vuole, e non deveperdere la fede nella propria volontà, perchè in un gior-

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— Sì, – rispose con semplicità l’avvocato, e nellostesso tempo con un’espressione che smentiva la suabreve parola. – Sì, ma vi ringrazio, – disse piano, levan-dosi il cappello e stringendole la mano.

— Vi vidi da lontano, – replicò la contessa legger-mente turbata, – e volli tornare addietro, ma poi ebbivergogna e dolore di farlo, mi pareva che potessi far me-glio di ciò e sono venuta. – Bianca aveva il viso sorri-dente e l’occhio scintillante. – Ho da dirvi una parola, –soggiunse: – sono l’ultime ore che dimoro in queste val-li, vorrei passeggiare ancora con voi. – E dicendo que-sto, scese da cavallo, prese le briglie e attese che Beppela raggiungesse. A questo, che era sceso pure, consegnòBruno, e gli disse d’attenderla in quel luogo fino al suoritorno; poi, rialzata con grazia la lunga veste sul brac-cio sinistro, senza dir altro, accettò il braccio che Mar-nieri le offrì in silenzio. Camminarono qualche temponel bosco senza parlarsi. Lei appoggiata leggermente albraccio di lui, lui pensoso e turbato, sentendo così vici-na a sè quella persona seducente, in mezzo a quegli al-beri fitti e discreti ove perfino il romore dei passi si per-deva fra l’erbe e i fiori.

— Marnieri, – disse finalmente con franchezza lacontessa, allorchè fu ben sicura che nessuno la sentiva.– Voglio dirvi che è una viltà questo che abbiamo fattosino ad oggi, che della gente come noi, come voi ed io,– soggiunse con un sorriso pieno d’orgoglio e di sedu-zione, – deve potere sempre ciò che vuole, e non deveperdere la fede nella propria volontà, perchè in un gior-

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no di stanchezza si lasciò scappare di bocca una parolaimprudente. Non sapete che abbiamo bisogno l’unodell’altro, noi, vecchi amici? —

Marnieri la guardò, incerto come dovesse interpretarele sue parole. Il suo sguardo si perdette un momento inquei due occhi splendenti che lo fissavano.

— Lo sapeva prima di voi, – rispose Marnieri.— E dunque? – continuò con persuasione la contessa,

– dunque, perchè dividerci, perchè allontanarci l’undall’altro, allorchè basta spegnere fra noi un’audacefiammella di discordia?

— Di discordia? – susurrò con leggiera ironia l’avvo-cato.

— Discordia, sì, – ripetè con fermezza la contessa. –La chiamo come posso, perchè noi non possiamo e nondobbiamo darle un altro nome. Quella fiamma temerariavogliamo soffocarla, e lo potremo se lo vorremo.

— No! – rispose cupamente Marnieri.— Non avete la fede voi, – disse la contessa con dol-

cezza e insistenza. – Non credete come me a certi mira-coli dell’energia e della bontà, non credete che dellemani pure possano posarsi su quel fuoco ardente, senzaabbruciarsi?

— No, non lo credo, e non posso credere l’impossibi-le, per fare piacere a me stesso o ad un altro, – risposecon forza Marnieri.

— E sagrificate allora un’amicizia pura, inalterabile,un’affezione seria, per tener viva una fiamma che nonarde che per opera vostra? – replicò Bianca.

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no di stanchezza si lasciò scappare di bocca una parolaimprudente. Non sapete che abbiamo bisogno l’unodell’altro, noi, vecchi amici? —

Marnieri la guardò, incerto come dovesse interpretarele sue parole. Il suo sguardo si perdette un momento inquei due occhi splendenti che lo fissavano.

— Lo sapeva prima di voi, – rispose Marnieri.— E dunque? – continuò con persuasione la contessa,

– dunque, perchè dividerci, perchè allontanarci l’undall’altro, allorchè basta spegnere fra noi un’audacefiammella di discordia?

— Di discordia? – susurrò con leggiera ironia l’avvo-cato.

— Discordia, sì, – ripetè con fermezza la contessa. –La chiamo come posso, perchè noi non possiamo e nondobbiamo darle un altro nome. Quella fiamma temerariavogliamo soffocarla, e lo potremo se lo vorremo.

— No! – rispose cupamente Marnieri.— Non avete la fede voi, – disse la contessa con dol-

cezza e insistenza. – Non credete come me a certi mira-coli dell’energia e della bontà, non credete che dellemani pure possano posarsi su quel fuoco ardente, senzaabbruciarsi?

— No, non lo credo, e non posso credere l’impossibi-le, per fare piacere a me stesso o ad un altro, – risposecon forza Marnieri.

— E sagrificate allora un’amicizia pura, inalterabile,un’affezione seria, per tener viva una fiamma che nonarde che per opera vostra? – replicò Bianca.

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— Sì, – rispose l’avvocato; – allora almeno non mitormento, non inganno, non chiamo amicizia ciò chenon lo è, non rubo ad un sentimento ciò che è suo perdarlo a un altro.

— Questo vuol dire che la mia fede non vale, e la miaamicizia non vi basta? – disse la contessa mestamente,levando il suo braccio da quello dell’avvocato.

— No, non mi basta, – rispose Marnieri senza tratte-nerla. Un piccolo silenzio seguì quelle parole. La con-tessa si era scostata e guardava ammutolita l’erba chepremeva col suo piede sottile. L’avvocato invece la fis-sava con insistenza.

— Non mi basta, – disse, – perchè non ho venticinqueanni, ma quarantacinque. Non mi basta, perchè hol’esperienza che non avete voi, e perchè ho dei desideriiche voi non provate. A me manca il tempo d’aspettare.Non posso rimettere la mia felicità a domani; devo aver-la oggi. Ne ho bisogno, la voglio. A quarantacinque annisi sa che l’amore non è amore, fintanto che non è com-pleto. Chi essendo molto giovane non lo sa, ne ha peròl’intuizione; chi ha già provato, dice con pazienza, ver-rà. Ma io non aspetto, perchè non posso aspettare, e per-chè vi amo davvero, capite? – La contessa chinò legger-mente il capo senza rispondere.

— Se avessi venticinque anni – continuò a dire Mar-nieri, – vi vedrei come una Dea lassù fra le nuvole, viavrei collocata sopra un piedestallo, mi basterebbel’adorare il vostro bianco piedino; ma adesso vi vedoquale siete, vi amo e vi desidero; non ho perduto nessu-

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— Sì, – rispose l’avvocato; – allora almeno non mitormento, non inganno, non chiamo amicizia ciò chenon lo è, non rubo ad un sentimento ciò che è suo perdarlo a un altro.

— Questo vuol dire che la mia fede non vale, e la miaamicizia non vi basta? – disse la contessa mestamente,levando il suo braccio da quello dell’avvocato.

— No, non mi basta, – rispose Marnieri senza tratte-nerla. Un piccolo silenzio seguì quelle parole. La con-tessa si era scostata e guardava ammutolita l’erba chepremeva col suo piede sottile. L’avvocato invece la fis-sava con insistenza.

— Non mi basta, – disse, – perchè non ho venticinqueanni, ma quarantacinque. Non mi basta, perchè hol’esperienza che non avete voi, e perchè ho dei desideriiche voi non provate. A me manca il tempo d’aspettare.Non posso rimettere la mia felicità a domani; devo aver-la oggi. Ne ho bisogno, la voglio. A quarantacinque annisi sa che l’amore non è amore, fintanto che non è com-pleto. Chi essendo molto giovane non lo sa, ne ha peròl’intuizione; chi ha già provato, dice con pazienza, ver-rà. Ma io non aspetto, perchè non posso aspettare, e per-chè vi amo davvero, capite? – La contessa chinò legger-mente il capo senza rispondere.

— Se avessi venticinque anni – continuò a dire Mar-nieri, – vi vedrei come una Dea lassù fra le nuvole, viavrei collocata sopra un piedestallo, mi basterebbel’adorare il vostro bianco piedino; ma adesso vi vedoquale siete, vi amo e vi desidero; non ho perduto nessu-

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na delle delicatezze e delle ammirazioni di gioventù, maho anche tutta la sapienza e l’audacia della mia età. Hofatto fino ad ora una vita regolare, quasi esemplare,sono stato probo in ogni cosa, ho avuto l’amore, il desi-derio del matrimonio, della paternità, non ho sciupatonulla del mio cuore e della coscienza; il lavoro, lo stu-dio, le cose belle, ecco quello che amai; e sprezzo, sì, lodico anche ora, sprezzo tutto quello che la società tolleracome fatti inevitabili. Ho l’orrore dell’adulterio e del li-bertinaggio. Perciò l’amicizia che voi mi proponete eche in buona fede credete pura, io la credo perversa eper questo la respingo. Allorchè un uomo è stato austeroe lontano dagli amori di società tutta la sua vita, egli noncomprende quella mezza misura, quegli stati nascosti diaspettativa e di speranza, quegl’inganni reciproci chevelano mille desiderii proibiti. Il solo amore possibileper lui, il solo relativamente onesto, è il più completo,perchè è il più vero e il più leale. —

La contessa rialzò la testa con una espressione quasialtera.

— E la conclusione? – disse.— La conclusione è, che dobbiamo lasciarci, cioè che

io non devo vedervi più, – disse con fermezza e con in-descrivibile mestizia l’avvocato.

Bianca si pentì di quella mossa altera di prima e sentìuna fitta al cuore.

— Lasciarci? – disse.L’avvocato fece un passo verso di lei e le prese le due

mani.

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na delle delicatezze e delle ammirazioni di gioventù, maho anche tutta la sapienza e l’audacia della mia età. Hofatto fino ad ora una vita regolare, quasi esemplare,sono stato probo in ogni cosa, ho avuto l’amore, il desi-derio del matrimonio, della paternità, non ho sciupatonulla del mio cuore e della coscienza; il lavoro, lo stu-dio, le cose belle, ecco quello che amai; e sprezzo, sì, lodico anche ora, sprezzo tutto quello che la società tolleracome fatti inevitabili. Ho l’orrore dell’adulterio e del li-bertinaggio. Perciò l’amicizia che voi mi proponete eche in buona fede credete pura, io la credo perversa eper questo la respingo. Allorchè un uomo è stato austeroe lontano dagli amori di società tutta la sua vita, egli noncomprende quella mezza misura, quegli stati nascosti diaspettativa e di speranza, quegl’inganni reciproci chevelano mille desiderii proibiti. Il solo amore possibileper lui, il solo relativamente onesto, è il più completo,perchè è il più vero e il più leale. —

La contessa rialzò la testa con una espressione quasialtera.

— E la conclusione? – disse.— La conclusione è, che dobbiamo lasciarci, cioè che

io non devo vedervi più, – disse con fermezza e con in-descrivibile mestizia l’avvocato.

Bianca si pentì di quella mossa altera di prima e sentìuna fitta al cuore.

— Lasciarci? – disse.L’avvocato fece un passo verso di lei e le prese le due

mani.

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— È forse possibile, Bianca, – disse piano piano, –che mi vogliate bene? – Bianca non rispose. Lo guardòsenza muoversi, senza proferire una sillaba.

— Sarebbe possibile? – continuò Marnieri, tenendosempre strette le sue mani, – sarebbe possibile che dopoaver camminato tanto nella vita, senza dolcezze e senzaamore, dopo aver vissuto e lottato, dopo aver credutoche il cuore fosse freddo e calmo per sempre, dopo avercreduto di possedere nella volontà la forza che il lavorodegli anni passati ha dato ai miei muscoli, è possibileche ora mi venga dal vostro labbro una parola, per laquale tutto cambi e tutto si rinnovi nella mia esistenza?

— E se fosse? – replicò Bianca mestamente.Una vampa di caldo, di gioia, un riflesso di felicità si

sparse sul viso di Marnieri.— Se fosse, perchè non dirlo? Perchè non dire, è una

gioia, è una sventura, la prenderemo e la subiremo insie-me? Perchè negare ciò che è vero, dal momento che è?—

La contessa tolse le sue mani da quelle di Marnieri.— E la vostra famiglia? – disse lentamente e sottovo-

ce.— È una parola dolorosa la vostra, è la disgrazia, la

sventura, è il pensiero che dovrebbe essere sempre pre-sente e non esprimersi mai fra noi, se noi – disse guar-dandola – ci amassimo. Ma adesso questo dolore è perme solo. Dal giorno che vi ho amata, che me lo son det-to, ero colpevole verso la mia famiglia; dal giorno cheho preso fra le braccia la vostra bambina e avrei voluto

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— È forse possibile, Bianca, – disse piano piano, –che mi vogliate bene? – Bianca non rispose. Lo guardòsenza muoversi, senza proferire una sillaba.

— Sarebbe possibile? – continuò Marnieri, tenendosempre strette le sue mani, – sarebbe possibile che dopoaver camminato tanto nella vita, senza dolcezze e senzaamore, dopo aver vissuto e lottato, dopo aver credutoche il cuore fosse freddo e calmo per sempre, dopo avercreduto di possedere nella volontà la forza che il lavorodegli anni passati ha dato ai miei muscoli, è possibileche ora mi venga dal vostro labbro una parola, per laquale tutto cambi e tutto si rinnovi nella mia esistenza?

— E se fosse? – replicò Bianca mestamente.Una vampa di caldo, di gioia, un riflesso di felicità si

sparse sul viso di Marnieri.— Se fosse, perchè non dirlo? Perchè non dire, è una

gioia, è una sventura, la prenderemo e la subiremo insie-me? Perchè negare ciò che è vero, dal momento che è?—

La contessa tolse le sue mani da quelle di Marnieri.— E la vostra famiglia? – disse lentamente e sottovo-

ce.— È una parola dolorosa la vostra, è la disgrazia, la

sventura, è il pensiero che dovrebbe essere sempre pre-sente e non esprimersi mai fra noi, se noi – disse guar-dandola – ci amassimo. Ma adesso questo dolore è perme solo. Dal giorno che vi ho amata, che me lo son det-to, ero colpevole verso la mia famiglia; dal giorno cheho preso fra le braccia la vostra bambina e avrei voluto

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esserne io il padre, feci un torto ai miei figli; quello chepuò ancora accadere fra noi non riguarda più la mia fa-miglia. Il padre di famiglia che ama un’altra donna ècolpevole, poco importa come e quali sieno i vincoli chelo legano alla persona che ama; sia un amore che si con-serva nei limiti di un’amicizia come lo sognan molti, siaun amore diverso, la famiglia vera è in egual modo de-fraudata dalla nuova, sia creata dai desiderii o dal fatto.Così è per me che non cesserò di amarvi mai! – aggiun-se con forza e sicurezza.

— Adesso comprendo che dobbiamo dividerci, – ri-spose dopo un breve silenzio la contessa. E la sua vocetremava, e il suo viso s’era fatto pallido pallido. – Ciòche avete detto può servire a voi, non a me. —

— Lo so, – replicò lealmente Marnieri. – Se siete an-cora a tempo, e lo siete, – disse fissandola mestamente,– andate. Voi potete ancora lasciarmi, mentre io non po-trei più lasciar voi. I miei capelli grigi e i miei quaranta-cinque anni devono rendervi facile il cómpito, se mai vipotè sembrare difficile; pensate se per un momento viparve doloroso il perdere un amico, pensate che questoamico è marito da diciotto anni, padre di quattro figli,che la società ha calato sopra di lui la cappa di piombodei vincoli più santi e più legittimi e che tutti lo cono-scono come uomo austero, rispettabile, che lui non puòamare, sognare, sentire tutte quelle pazze gioie dell’ado-razione e dell’amore, senza rendersi ridicolo; pensateche quell’amico è un vecchio insensato, che vorrebbeamarvi, che la vostra immagine fa vibrare nella sua

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esserne io il padre, feci un torto ai miei figli; quello chepuò ancora accadere fra noi non riguarda più la mia fa-miglia. Il padre di famiglia che ama un’altra donna ècolpevole, poco importa come e quali sieno i vincoli chelo legano alla persona che ama; sia un amore che si con-serva nei limiti di un’amicizia come lo sognan molti, siaun amore diverso, la famiglia vera è in egual modo de-fraudata dalla nuova, sia creata dai desiderii o dal fatto.Così è per me che non cesserò di amarvi mai! – aggiun-se con forza e sicurezza.

— Adesso comprendo che dobbiamo dividerci, – ri-spose dopo un breve silenzio la contessa. E la sua vocetremava, e il suo viso s’era fatto pallido pallido. – Ciòche avete detto può servire a voi, non a me. —

— Lo so, – replicò lealmente Marnieri. – Se siete an-cora a tempo, e lo siete, – disse fissandola mestamente,– andate. Voi potete ancora lasciarmi, mentre io non po-trei più lasciar voi. I miei capelli grigi e i miei quaranta-cinque anni devono rendervi facile il cómpito, se mai vipotè sembrare difficile; pensate se per un momento viparve doloroso il perdere un amico, pensate che questoamico è marito da diciotto anni, padre di quattro figli,che la società ha calato sopra di lui la cappa di piombodei vincoli più santi e più legittimi e che tutti lo cono-scono come uomo austero, rispettabile, che lui non puòamare, sognare, sentire tutte quelle pazze gioie dell’ado-razione e dell’amore, senza rendersi ridicolo; pensateche quell’amico è un vecchio insensato, che vorrebbeamarvi, che la vostra immagine fa vibrare nella sua

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mente delle melodie infinite, che il vostro sorriso scuoteogni sua fibra, come le vostre bianche dita, quando po-sandosi sui tasti, strappano all’istrumento tutta una divi-na sinfonia di Beethoven. Sono degl’inni, delle esultan-ze, delle grida di gioia e di speranza qui sotto a questicapelli bianchi, delle armonie che se echeggiassero, do-vrebbero empire tutto il silenzio di questo bosco collafollia e l’ebbrezza della loro forza! E questo vecchio ri-dicolo, abbastanza intelligente per ridere di sè, smemo-rato al punto di rammentare per la prima volta alla suaetà le cose dei vent’anni, questo vecchio vi offrirebbe unamore colpevole e la derisione di tutti, forse la propria,in compenso! Andate, contessa, io resto qui! – L’emo-zione pareva lo soffocasse. – Andate che è facile l’anda-re. Io resto solo! – Bianca lo guardava esitante e com-mossa, lo amava e lo compiangeva. Le sue ultime paroleterribili e logiche risvegliavano in lei un sentimento ge-neroso. Gli parve vile il lasciarlo, gli parve che egli po-tesse credere e forse lei stessa persuadersi, che ciò cheegli aveva detto, la spingesse davvero ad abbandonarlo;le parve, inconcepibile contradizione, che il lasciarlosolo coi suoi quarantacinque anni, col ricordo della suafamiglia e dei suoi doveri e quel pazzo amore per lei incore, fosse viltà, e il sentimento generoso fu più fortedel sentimento morale.

L’avvocato si era seduto sopra un tronco che giacevaa terra, quasi fosse deciso a rimanere, mentre lei sarebbetornata sola sulla strada. Si era coperto il viso colle manie non la vedeva. Aspettava che se ne andasse, sapeva

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mente delle melodie infinite, che il vostro sorriso scuoteogni sua fibra, come le vostre bianche dita, quando po-sandosi sui tasti, strappano all’istrumento tutta una divi-na sinfonia di Beethoven. Sono degl’inni, delle esultan-ze, delle grida di gioia e di speranza qui sotto a questicapelli bianchi, delle armonie che se echeggiassero, do-vrebbero empire tutto il silenzio di questo bosco collafollia e l’ebbrezza della loro forza! E questo vecchio ri-dicolo, abbastanza intelligente per ridere di sè, smemo-rato al punto di rammentare per la prima volta alla suaetà le cose dei vent’anni, questo vecchio vi offrirebbe unamore colpevole e la derisione di tutti, forse la propria,in compenso! Andate, contessa, io resto qui! – L’emo-zione pareva lo soffocasse. – Andate che è facile l’anda-re. Io resto solo! – Bianca lo guardava esitante e com-mossa, lo amava e lo compiangeva. Le sue ultime paroleterribili e logiche risvegliavano in lei un sentimento ge-neroso. Gli parve vile il lasciarlo, gli parve che egli po-tesse credere e forse lei stessa persuadersi, che ciò cheegli aveva detto, la spingesse davvero ad abbandonarlo;le parve, inconcepibile contradizione, che il lasciarlosolo coi suoi quarantacinque anni, col ricordo della suafamiglia e dei suoi doveri e quel pazzo amore per lei incore, fosse viltà, e il sentimento generoso fu più fortedel sentimento morale.

L’avvocato si era seduto sopra un tronco che giacevaa terra, quasi fosse deciso a rimanere, mentre lei sarebbetornata sola sulla strada. Si era coperto il viso colle manie non la vedeva. Aspettava che se ne andasse, sapeva

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che doveva andare e non voleva vederla partire. Mad’un tratto sentì la contessa vicina a sè; rialzò il viso e laguardò.

— Non partite?... – disse titubante.— No, – rispose Bianca, e gli stese la mano. – Non vi

lascio solo in un momento come questo. Voglio che ve-niate con me. —

Marnieri la guardò incerto, coll’occhio spalancato dichi sente una notizia impreveduta, incredibile.

— Con voi? – balbettò.— Con me, – rispose dolcemente.— Bianca! – gridò, coprendo le sue mani di baci, chi-

nando la sua fronte sino al lembo della sua veste, guar-dandola come un pazzo, un allucinato, prostrandosicome un credente che vedesse apparire il suo Dio. –Bianca, ti ringrazio, ti adoro! – E tutto ciò che aveva incuore, tutto ciò che fino a quel giorno non aveva maidetto a nessuno, lo disse, seduto ai suoi piedi e guardan-do i suoi occhi. E quasi il mondo fosse suo, quasi nondovessero mai passare l’ore, e che al di là di quelle verdifronde non esistessero altri, lui le diceva le soavi coseche aveva in core e sentiva l’animo suo struggersi inquei sorrisi. Ed era ringiovanito, trasformato; nessunoche l’avesse visto lì, l’avrebbe riconosciuto. Marnieriera scomparso, c’era l’altro; quell’altro che la signoraMarnieri aveva visto un momento fra le ombre d’ungiardino e che d’allora in poi non aveva mai saputo ri-trovare; quell’altro era lì, e per la prima volta in vita suapoteva vivere ed amare. Luciano, timido, riconoscente,

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che doveva andare e non voleva vederla partire. Mad’un tratto sentì la contessa vicina a sè; rialzò il viso e laguardò.

— Non partite?... – disse titubante.— No, – rispose Bianca, e gli stese la mano. – Non vi

lascio solo in un momento come questo. Voglio che ve-niate con me. —

Marnieri la guardò incerto, coll’occhio spalancato dichi sente una notizia impreveduta, incredibile.

— Con voi? – balbettò.— Con me, – rispose dolcemente.— Bianca! – gridò, coprendo le sue mani di baci, chi-

nando la sua fronte sino al lembo della sua veste, guar-dandola come un pazzo, un allucinato, prostrandosicome un credente che vedesse apparire il suo Dio. –Bianca, ti ringrazio, ti adoro! – E tutto ciò che aveva incuore, tutto ciò che fino a quel giorno non aveva maidetto a nessuno, lo disse, seduto ai suoi piedi e guardan-do i suoi occhi. E quasi il mondo fosse suo, quasi nondovessero mai passare l’ore, e che al di là di quelle verdifronde non esistessero altri, lui le diceva le soavi coseche aveva in core e sentiva l’animo suo struggersi inquei sorrisi. Ed era ringiovanito, trasformato; nessunoche l’avesse visto lì, l’avrebbe riconosciuto. Marnieriera scomparso, c’era l’altro; quell’altro che la signoraMarnieri aveva visto un momento fra le ombre d’ungiardino e che d’allora in poi non aveva mai saputo ri-trovare; quell’altro era lì, e per la prima volta in vita suapoteva vivere ed amare. Luciano, timido, riconoscente,

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si era prostrato dinanzi alla contessa con tutta l’adora-zione d’un cuore di vent’anni. I detti audaci e superbi diprima non li ripetè, non chiese più una promessa, nep-pure una speranza. Le diceva che l’amava, glielo dicevacon tutta quella grande disordinata eloquenza di un esse-re intelligentissimo che ama per la prima volta; e quelleparole le offriva come si intuonerebbe un inno, dinanziall’altare di un idolo.

Bianca lo guardava e sentiva che ogni detto di lui vi-brava nel suo cuore, che la sua eloquenza rapiva l’animasua, sentiva che l’uomo che le parlava non era più nèl’avvocato Marnieri, nè il padre di famiglia, nè il maritod’un’altra. Era una creazione sua e dell’amore, era unessere che non esisteva che per lei, che senza lei dile-guava.

Entrambi, divisi l’uno dall’altro dallo spazio divent’anni, erano colti insieme, lei nel vigore della giovi-nezza, lui al limitare della vecchiaia, per la prima volta,dal turbine della passione. Lui dimenticò in quell’oral’esperienza della sua età, lei i doveri e le angoscie dellasua posizione. La testa grigia di Luciano piegò a quelsoffio giovanile e si chinò giù giù nella polvere dinanzia quell’idolo vivente con tutte le timidezze e le adora-zioni di un primo affetto.

Quando si riebbe e si trovò seduto ai piedi di lei, collebianche mani della contessa fra le sue, provò un senti-mento d’infinita dolcezza e nello stesso tempo provòquasi vergogna della sua felicità. Sapeva che Biancaavrebbe dato a lui ciò che egli non avrebbe mai potuto

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si era prostrato dinanzi alla contessa con tutta l’adora-zione d’un cuore di vent’anni. I detti audaci e superbi diprima non li ripetè, non chiese più una promessa, nep-pure una speranza. Le diceva che l’amava, glielo dicevacon tutta quella grande disordinata eloquenza di un esse-re intelligentissimo che ama per la prima volta; e quelleparole le offriva come si intuonerebbe un inno, dinanziall’altare di un idolo.

Bianca lo guardava e sentiva che ogni detto di lui vi-brava nel suo cuore, che la sua eloquenza rapiva l’animasua, sentiva che l’uomo che le parlava non era più nèl’avvocato Marnieri, nè il padre di famiglia, nè il maritod’un’altra. Era una creazione sua e dell’amore, era unessere che non esisteva che per lei, che senza lei dile-guava.

Entrambi, divisi l’uno dall’altro dallo spazio divent’anni, erano colti insieme, lei nel vigore della giovi-nezza, lui al limitare della vecchiaia, per la prima volta,dal turbine della passione. Lui dimenticò in quell’oral’esperienza della sua età, lei i doveri e le angoscie dellasua posizione. La testa grigia di Luciano piegò a quelsoffio giovanile e si chinò giù giù nella polvere dinanzia quell’idolo vivente con tutte le timidezze e le adora-zioni di un primo affetto.

Quando si riebbe e si trovò seduto ai piedi di lei, collebianche mani della contessa fra le sue, provò un senti-mento d’infinita dolcezza e nello stesso tempo provòquasi vergogna della sua felicità. Sapeva che Biancaavrebbe dato a lui ciò che egli non avrebbe mai potuto

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ricambiarle e che pure essa aveva il diritto di esigere;sapeva che tutti quegl’anni vissuti prima di lei metteva-no fra loro un’ineguaglianza che nulla avrebbe potutotogliere, quella ineguaglianza creata dalla natura, checoncede egualmente a tutti il tempo di forza, di potenza,poi quello di debolezza e di dipendenza. I suoi giornibuoni erano passati e quelli dell’indigenza della materiae del pensiero stavano forse per incominciare; egli lovedeva e lo sentiva, e dalla piccola grinza al capellobianco, da certe momentanee tetraggini della mente aisorrisi che facevansi sempre più rari e più freddi, sentivache l’aristocratica natura lo spingeva fuori dalla cerchiadei suoi giovani eletti. Gli ripassarono vagamente dinan-zi agl’occhi le immagini di certi rosei e ricciuti bambinivisti al collo di vecchi nonni grinzosi e cadenti, mentre alui pareva che le gentili creature dovessero presto appas-sire fra quelle braccia, ed ora la contessa gli ricordavauno di quei bimbi.

L’amor suo pareva dovesse stendersi come un ombrasulla raggiante giovinezza di Bianca, e Marnieri dopoun lungo silenzio alzò gli occhi e guardò il viso dellacontessa.

— E domani? – diss’ella mestamente.— Domani – rispose Marnieri, dimenticando forse

nell’egoismo della passione che la contessa poteva an-che pensare ad altro – domani è vostro, non mio. Potreteanche.... scordare, – disse piano, premendo di nuovo lesue labbra sulla mano di Bianca.

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ricambiarle e che pure essa aveva il diritto di esigere;sapeva che tutti quegl’anni vissuti prima di lei metteva-no fra loro un’ineguaglianza che nulla avrebbe potutotogliere, quella ineguaglianza creata dalla natura, checoncede egualmente a tutti il tempo di forza, di potenza,poi quello di debolezza e di dipendenza. I suoi giornibuoni erano passati e quelli dell’indigenza della materiae del pensiero stavano forse per incominciare; egli lovedeva e lo sentiva, e dalla piccola grinza al capellobianco, da certe momentanee tetraggini della mente aisorrisi che facevansi sempre più rari e più freddi, sentivache l’aristocratica natura lo spingeva fuori dalla cerchiadei suoi giovani eletti. Gli ripassarono vagamente dinan-zi agl’occhi le immagini di certi rosei e ricciuti bambinivisti al collo di vecchi nonni grinzosi e cadenti, mentre alui pareva che le gentili creature dovessero presto appas-sire fra quelle braccia, ed ora la contessa gli ricordavauno di quei bimbi.

L’amor suo pareva dovesse stendersi come un ombrasulla raggiante giovinezza di Bianca, e Marnieri dopoun lungo silenzio alzò gli occhi e guardò il viso dellacontessa.

— E domani? – diss’ella mestamente.— Domani – rispose Marnieri, dimenticando forse

nell’egoismo della passione che la contessa poteva an-che pensare ad altro – domani è vostro, non mio. Potreteanche.... scordare, – disse piano, premendo di nuovo lesue labbra sulla mano di Bianca.

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— Scordare? – ripetè a mezza voce la contessa, –scordare che noi.... – poi si fermò. Quel noi echeggiòstranamente in bocca sua; dopo tante parole già detteche esprimevano ancora più di quel noi, fu la prima que-sta che le parve stravagante, colpevole, che le mise sottoagl’occhi la situazione vera.

— Perchè, – esclamò d’un tratto, – perchè ci siamodetti queste cose? —

Marnieri sorrise. – Potevamo forse non dirle? Non lesapevamo entrambi? —

— Si doveva tacere, – rispose la contessa con tuonoincerto.

— Avete avuto paura di tre lettere, Bianca, – dissel’avvocato, fissandola coi suoi occhi intelligenti e ap-passionati, – di una povera parola che avete pronunziatomille volte in vita vostra e che oggi, perchè è vera, vi hafatto spavento. Avete detto noi, Bianca, e poi n’aveteavuto paura. Osereste dire che quel noi non è vero? Ose-reste dire che tu ed io Bianca non possiamo dir noi? –domandò con violenza.

Bianca non rispose, lo guardò lungamente e capivache ogni minuto che passava, legava sempre più il suoaffetto e il suo pensiero a quell’uomo ardente e leale.

— È male, male assai.... – rispose pensosa quasi par-lasse a se stessa e si alzò scostandosi da lui. Marnieri sialzò anche esso, e prendendole dolcemente la mano lapassò nel suo braccio.

— Ho detto forse che non è male? – gli disse, cammi-nando con lei per la stessa via onde erano venuti. – Lo

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— Scordare? – ripetè a mezza voce la contessa, –scordare che noi.... – poi si fermò. Quel noi echeggiòstranamente in bocca sua; dopo tante parole già detteche esprimevano ancora più di quel noi, fu la prima que-sta che le parve stravagante, colpevole, che le mise sottoagl’occhi la situazione vera.

— Perchè, – esclamò d’un tratto, – perchè ci siamodetti queste cose? —

Marnieri sorrise. – Potevamo forse non dirle? Non lesapevamo entrambi? —

— Si doveva tacere, – rispose la contessa con tuonoincerto.

— Avete avuto paura di tre lettere, Bianca, – dissel’avvocato, fissandola coi suoi occhi intelligenti e ap-passionati, – di una povera parola che avete pronunziatomille volte in vita vostra e che oggi, perchè è vera, vi hafatto spavento. Avete detto noi, Bianca, e poi n’aveteavuto paura. Osereste dire che quel noi non è vero? Ose-reste dire che tu ed io Bianca non possiamo dir noi? –domandò con violenza.

Bianca non rispose, lo guardò lungamente e capivache ogni minuto che passava, legava sempre più il suoaffetto e il suo pensiero a quell’uomo ardente e leale.

— È male, male assai.... – rispose pensosa quasi par-lasse a se stessa e si alzò scostandosi da lui. Marnieri sialzò anche esso, e prendendole dolcemente la mano lapassò nel suo braccio.

— Ho detto forse che non è male? – gli disse, cammi-nando con lei per la stessa via onde erano venuti. – Lo

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so, ma è, e non v’è forza umana che possa mutare que-sto fatto; perchè ormai è indipendente della nostra vo-lontà, è divenuto un modo di essere nostro; sì, nostro,Bianca, non sentite che abbiamo il diritto di dire noi? —

Bianca non rispose, ma affrettava il passo.— Parto per Milano fra tre ore, – disse poi. Lo guardò

senza ardire di esprimere tutto il suo pensiero.— Fra otto giorni vi sarò, – rispose prontamente Lu-

ciano, sentendo con dispiacere per la prima volta che illoro amore avrebbe dovuto in avvenire crescereall’ombra dei sotterfugi. – Potrei salutarvi al momentodella partenza? —

Bianca esitò.— Sarà un momento doloroso.... – disse, quasi voles-

se farsi perdonare dinanzi alla propria coscienza ciò chedesiderava. – Avrò tanto bisogno di vedervi, – aggiunsepoi vivamente con affetto.

— Grazie, – rispose Marnieri stringendole la mano.Bianca affrettava il passo e già erano vicini al luogo

ove Beppe aspettava coi cavalli. Essa cercò di dare allo-ra una piega più calma alla conversazione e si mise anarrargli di Beppe e dei suoi progetti.

Discorrendo di queste cose giunsero ben presto alluogo di ritrovo.

Marnieri aiutò la contessa nel montare a cavallo, poile strinse la mano e le disse piano: – Fra due ore. —

I cavalli partirono, e Marnieri rimase immobile nelmezzo della piccola strada, seguendo cogl’occhi, finchèpotè, la bella immagine della contessa che andava per-

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so, ma è, e non v’è forza umana che possa mutare que-sto fatto; perchè ormai è indipendente della nostra vo-lontà, è divenuto un modo di essere nostro; sì, nostro,Bianca, non sentite che abbiamo il diritto di dire noi? —

Bianca non rispose, ma affrettava il passo.— Parto per Milano fra tre ore, – disse poi. Lo guardò

senza ardire di esprimere tutto il suo pensiero.— Fra otto giorni vi sarò, – rispose prontamente Lu-

ciano, sentendo con dispiacere per la prima volta che illoro amore avrebbe dovuto in avvenire crescereall’ombra dei sotterfugi. – Potrei salutarvi al momentodella partenza? —

Bianca esitò.— Sarà un momento doloroso.... – disse, quasi voles-

se farsi perdonare dinanzi alla propria coscienza ciò chedesiderava. – Avrò tanto bisogno di vedervi, – aggiunsepoi vivamente con affetto.

— Grazie, – rispose Marnieri stringendole la mano.Bianca affrettava il passo e già erano vicini al luogo

ove Beppe aspettava coi cavalli. Essa cercò di dare allo-ra una piega più calma alla conversazione e si mise anarrargli di Beppe e dei suoi progetti.

Discorrendo di queste cose giunsero ben presto alluogo di ritrovo.

Marnieri aiutò la contessa nel montare a cavallo, poile strinse la mano e le disse piano: – Fra due ore. —

I cavalli partirono, e Marnieri rimase immobile nelmezzo della piccola strada, seguendo cogl’occhi, finchèpotè, la bella immagine della contessa che andava per-

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dendosi fra gli alberi del bosco. Poi si mosse di lì e tor-nò al posto ove erano stati insieme. Si mise a sedere suquel tronco ove lei si era seduta, colse dei fiori edell’erbe quasi appassite e ripiegate al suolo, che leiaveva calpestato col suo piedino, guardò le cime deglialberi, i rami folti che ombreggiavano quel luogo e chelui aveva visto, mentre era stato seduto ai suoi piedi, chele aveva parlato del suo amore e gli sembrava che tuttequelle cose gli fossero divenute care, fossero entratenella sua intimità e sapessero quanto egli l’amava.

Da lontano si udì il rintocco di una campana. L’avvo-cato si scosse.

Suonava l’ora, in cui soleva tornare a casa. Egli sialzò quasi senza saperlo.

Tornare a casa? Tornare là, fra loro, fra i suoi figligrandi e sua moglie già vecchia, lui, che aveva in cuoretutte le follie della giovinezza, lui che aveva detto aBianca che l’amava e che sapeva d’essere riamato?

Andandovi avrebbe potuto credere che tutto questofosse stato un sogno e che non era vero.... Non vero cheessi si amavano.... pareva una fiaba l’aver vissutotant’anni senza amarla! e ora doveva andare a casa perricordarsene? A casa?

Egli aveva una casa che non era quella di lei? Unacasa dove aveva una moglie e quattro figli! lui! lui cheaveva detto noi, perchè sapeva che in cuor suo non v’eraposto per altri, perchè sapeva che tutta la sua vita appar-teneva a lei! Cosa doveva andare a fare adesso in quellafamiglia? Non l’avrebbero riconosciuto. – Marnieri pas-

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dendosi fra gli alberi del bosco. Poi si mosse di lì e tor-nò al posto ove erano stati insieme. Si mise a sedere suquel tronco ove lei si era seduta, colse dei fiori edell’erbe quasi appassite e ripiegate al suolo, che leiaveva calpestato col suo piedino, guardò le cime deglialberi, i rami folti che ombreggiavano quel luogo e chelui aveva visto, mentre era stato seduto ai suoi piedi, chele aveva parlato del suo amore e gli sembrava che tuttequelle cose gli fossero divenute care, fossero entratenella sua intimità e sapessero quanto egli l’amava.

Da lontano si udì il rintocco di una campana. L’avvo-cato si scosse.

Suonava l’ora, in cui soleva tornare a casa. Egli sialzò quasi senza saperlo.

Tornare a casa? Tornare là, fra loro, fra i suoi figligrandi e sua moglie già vecchia, lui, che aveva in cuoretutte le follie della giovinezza, lui che aveva detto aBianca che l’amava e che sapeva d’essere riamato?

Andandovi avrebbe potuto credere che tutto questofosse stato un sogno e che non era vero.... Non vero cheessi si amavano.... pareva una fiaba l’aver vissutotant’anni senza amarla! e ora doveva andare a casa perricordarsene? A casa?

Egli aveva una casa che non era quella di lei? Unacasa dove aveva una moglie e quattro figli! lui! lui cheaveva detto noi, perchè sapeva che in cuor suo non v’eraposto per altri, perchè sapeva che tutta la sua vita appar-teneva a lei! Cosa doveva andare a fare adesso in quellafamiglia? Non l’avrebbero riconosciuto. – Marnieri pas-

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sò la mano sulla sua fronte come volesse con quel gestocalmare il turbine che s’agitava lì sotto. Provò un doloreprofondo, quasi avesse perduto senza colpa propriadegl’esseri amati o che un avvenimento impreveduto loseparasse dai suoi. Sentì che un legame caro, vecchio, siera spezzato in quell’ora e che la sue mani non avrebbe-ro più saputo riannodarne le sparse fila.

Tornò a sedere su quel tronco e guardò di nuovo i fio-ri e l’erbe avvizzite che teneva fra la mani.

Non gli resterebbe altro di tutto quello che egli avevaaccumulato per sè nella vita?

Ebbe un momento di indicibile malinconia e dolore.Negl’animi forti, i grandi amori non vivono pacata-

mente accanto ai piccoli affetti; invadono tutto e uccido-no spietatamente tutto ciò che visse prima di essi. Manon vi ha amore che muore in questa incompleta naturaumana per essere sostituito da altro anche migliore, chenon trovi parte di essa che lo pianga e dolga. E Marnierinella sua grande gioia piangeva le piccole gioie che mo-rivano in lui, e sapeva che erano finite e dileguate persempre, perchè gli affetti hanno una vita tenace, che unlontano ricordo tien vivi ed è d’uopo anche obliarli perspegnerli intieramente.

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sò la mano sulla sua fronte come volesse con quel gestocalmare il turbine che s’agitava lì sotto. Provò un doloreprofondo, quasi avesse perduto senza colpa propriadegl’esseri amati o che un avvenimento impreveduto loseparasse dai suoi. Sentì che un legame caro, vecchio, siera spezzato in quell’ora e che la sue mani non avrebbe-ro più saputo riannodarne le sparse fila.

Tornò a sedere su quel tronco e guardò di nuovo i fio-ri e l’erbe avvizzite che teneva fra la mani.

Non gli resterebbe altro di tutto quello che egli avevaaccumulato per sè nella vita?

Ebbe un momento di indicibile malinconia e dolore.Negl’animi forti, i grandi amori non vivono pacata-

mente accanto ai piccoli affetti; invadono tutto e uccido-no spietatamente tutto ciò che visse prima di essi. Manon vi ha amore che muore in questa incompleta naturaumana per essere sostituito da altro anche migliore, chenon trovi parte di essa che lo pianga e dolga. E Marnierinella sua grande gioia piangeva le piccole gioie che mo-rivano in lui, e sapeva che erano finite e dileguate persempre, perchè gli affetti hanno una vita tenace, che unlontano ricordo tien vivi ed è d’uopo anche obliarli perspegnerli intieramente.

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Quella stessa mattina, mentre la contessa Bianca tro-vavasi ancora fuori di casa, era accaduto alla villa Or-landi un avvenimento imprevedutissimo.

Il conte Arcieri era giunto improvvisamente.Per un errore di date che fece il suo procuratore, egli

credette la villa deserta prima che la fosse, e trovandosia caccia nelle vicinanze del Lago, eragli venuto il ca-priccio d’onorare di sua presenza questa sua nuova pro-prietà. Rimase perplesso e sgomento, allorchè intese daidomestici la poco gradita notizia che la contessa suamoglie vi abitava ancora e non sarebbe partita che fraqualche ora. Era lì lì per tornare addietro, dicendo cheverrebbe più tardi, ma poi si vergognò di far questo inpresenza dei domestici accorsi per ossequiare il padro-ne, e dopo averli salutati con viso scuro e con un tuonodi voce irritata, accese un sigaro e andò a passeggiarenel giardino.

Il conte Arcieri non desiderava menomamented’incontrarsi con sua moglie. Alla memoria di leis’associavano nel suo pensiero ricordi spiacevoli e te-diosi. Abituato dall’infanzia a far tutto a modo suo, inoccasione di questo matrimonio era stato contrariato perla prima volta. Lo zio Baldi l’aveva voluto; e lo zio Bal-di gli procurava i mezzi di soddisfare ogni suo capric-cio, e lo proteggeva in tutte le stravaganze che commet-

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Quella stessa mattina, mentre la contessa Bianca tro-vavasi ancora fuori di casa, era accaduto alla villa Or-landi un avvenimento imprevedutissimo.

Il conte Arcieri era giunto improvvisamente.Per un errore di date che fece il suo procuratore, egli

credette la villa deserta prima che la fosse, e trovandosia caccia nelle vicinanze del Lago, eragli venuto il ca-priccio d’onorare di sua presenza questa sua nuova pro-prietà. Rimase perplesso e sgomento, allorchè intese daidomestici la poco gradita notizia che la contessa suamoglie vi abitava ancora e non sarebbe partita che fraqualche ora. Era lì lì per tornare addietro, dicendo cheverrebbe più tardi, ma poi si vergognò di far questo inpresenza dei domestici accorsi per ossequiare il padro-ne, e dopo averli salutati con viso scuro e con un tuonodi voce irritata, accese un sigaro e andò a passeggiarenel giardino.

Il conte Arcieri non desiderava menomamented’incontrarsi con sua moglie. Alla memoria di leis’associavano nel suo pensiero ricordi spiacevoli e te-diosi. Abituato dall’infanzia a far tutto a modo suo, inoccasione di questo matrimonio era stato contrariato perla prima volta. Lo zio Baldi l’aveva voluto; e lo zio Bal-di gli procurava i mezzi di soddisfare ogni suo capric-cio, e lo proteggeva in tutte le stravaganze che commet-

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teva e per l’avvenire aveagli assicurata tutta la sua im-mensa fortuna; non era dunque convenienza opporsi allasua volontà. Ma l’Arcieri se aveva dovuto piegarsi quasiper forza a sposare la Bianca Orlandi, aveva giurato incuor suo di mostrare allo zio ed agli altri parenti dellasposa in qual conto tenesse i sacri vincoli del matrimo-nio, e lo aiutò in questo proposito la poca simpatia chegli ispirava la contessa Bianca. Egli era ancora troppogiovane per apprezzare la timidezza, l’inesperienza,l’impacciata ingenuità di sua moglie, che ignara affattodelle cose del mondo chiedeva a lui con infantile igno-ranza di essere guidata e istrutta. Se ne annoiò e la deri-se, e corse ancora più pazzamente per la via, già percor-sa prima, della dissipazione e delle follie.

Lo zio non lo rimproverava; anch’egli, allorchè la co-nobbe, non amò questa giovane che con inesplicabile al-terigia aveagli dimostrato già nei primi mesi un’antipa-tia, di cui ella stessa non sapeva rendersi conto. Eglil’avrebbe voluta più gaia, più esperta, più disinvolta. Pa-reva che in quella famiglia tutto s’accordasse per rende-re infelice l’esistenza della sposa, per sospingere semprepiù il giovane marito sulla cattiva strada; pareva ancheche lo zio diventasse ogni giorno più indulgente per ilnipote e ingiusto verso la moglie di lui.

Come le cose andassero alla peggio, lo sappiamo; e ilconte Arcieri che dopo gl’impeti stravaganti e violentidel suo carattere aveva anche dei momenti di calma,s’era più di una volta pentito di non avere trovato mezzipiù decorosi per liberarsi dalla presenza di sua moglie.

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teva e per l’avvenire aveagli assicurata tutta la sua im-mensa fortuna; non era dunque convenienza opporsi allasua volontà. Ma l’Arcieri se aveva dovuto piegarsi quasiper forza a sposare la Bianca Orlandi, aveva giurato incuor suo di mostrare allo zio ed agli altri parenti dellasposa in qual conto tenesse i sacri vincoli del matrimo-nio, e lo aiutò in questo proposito la poca simpatia chegli ispirava la contessa Bianca. Egli era ancora troppogiovane per apprezzare la timidezza, l’inesperienza,l’impacciata ingenuità di sua moglie, che ignara affattodelle cose del mondo chiedeva a lui con infantile igno-ranza di essere guidata e istrutta. Se ne annoiò e la deri-se, e corse ancora più pazzamente per la via, già percor-sa prima, della dissipazione e delle follie.

Lo zio non lo rimproverava; anch’egli, allorchè la co-nobbe, non amò questa giovane che con inesplicabile al-terigia aveagli dimostrato già nei primi mesi un’antipa-tia, di cui ella stessa non sapeva rendersi conto. Eglil’avrebbe voluta più gaia, più esperta, più disinvolta. Pa-reva che in quella famiglia tutto s’accordasse per rende-re infelice l’esistenza della sposa, per sospingere semprepiù il giovane marito sulla cattiva strada; pareva ancheche lo zio diventasse ogni giorno più indulgente per ilnipote e ingiusto verso la moglie di lui.

Come le cose andassero alla peggio, lo sappiamo; e ilconte Arcieri che dopo gl’impeti stravaganti e violentidel suo carattere aveva anche dei momenti di calma,s’era più di una volta pentito di non avere trovato mezzipiù decorosi per liberarsi dalla presenza di sua moglie.

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Lo zio l’aveva rimproverato dapprima, ma offeso poiper l’altera fermezza, colla quale Bianca aveva accoltele sue proposte di conciliazione, si era chetato, e in cuorsuo era contento che la non ci fosse più. Il mondo perònon fu tanto indulgente, e fece sentire al colpevole mari-to la sua disapprovazione. L’Arcieri capì che il mondonon aveva torto; n’ebbe rabbia e vergogna, e di tuttoquesto accusò sempre più vivamente la povera Biancache n’era la causa innocente.

Un giorno lo zio gli negò del denaro, e gli disse nelprimo impeto d’impazienza, che la fortuna di sua mo-glie gli apparteneva, e che prendesse piuttosto quelloche la legge gli concedeva, che la limosina da esso. Di-verso sarebbe stato se egli avendo con sè la figliuolaavesse chiesto per lei. Lo zio era molto malato di fegatoin quel giorno e non sapeva nè con chi nè come sfogarela sua bile. Ma l’Arcieri di malattie di fegato non se neintendeva punto e aveva bisogno urgente di denaro.Senz’altro scrisse al suo avvocato quella proposta chesappiamo.

Un’ora dopo era convinto d’aver commessa un’azio-naccia, ma non era più a tempo, nè avrebbe potuto le-varsi altrimenti d’impiccio; ma la sua ira contro la con-tessa Bianca si fe’ ancora più intensa.

Erano più di due anni che non la rivedeva, che avevasfuggito tutte le occasioni di sentirne parlare, che avevaperfino dimenticato che ella fosse stata sua moglie. Ora,in questo giardino, in questa casa dove aveva passato al-cune settimane con lei, se ne rammentava, e pareva che

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Lo zio l’aveva rimproverato dapprima, ma offeso poiper l’altera fermezza, colla quale Bianca aveva accoltele sue proposte di conciliazione, si era chetato, e in cuorsuo era contento che la non ci fosse più. Il mondo perònon fu tanto indulgente, e fece sentire al colpevole mari-to la sua disapprovazione. L’Arcieri capì che il mondonon aveva torto; n’ebbe rabbia e vergogna, e di tuttoquesto accusò sempre più vivamente la povera Biancache n’era la causa innocente.

Un giorno lo zio gli negò del denaro, e gli disse nelprimo impeto d’impazienza, che la fortuna di sua mo-glie gli apparteneva, e che prendesse piuttosto quelloche la legge gli concedeva, che la limosina da esso. Di-verso sarebbe stato se egli avendo con sè la figliuolaavesse chiesto per lei. Lo zio era molto malato di fegatoin quel giorno e non sapeva nè con chi nè come sfogarela sua bile. Ma l’Arcieri di malattie di fegato non se neintendeva punto e aveva bisogno urgente di denaro.Senz’altro scrisse al suo avvocato quella proposta chesappiamo.

Un’ora dopo era convinto d’aver commessa un’azio-naccia, ma non era più a tempo, nè avrebbe potuto le-varsi altrimenti d’impiccio; ma la sua ira contro la con-tessa Bianca si fe’ ancora più intensa.

Erano più di due anni che non la rivedeva, che avevasfuggito tutte le occasioni di sentirne parlare, che avevaperfino dimenticato che ella fosse stata sua moglie. Ora,in questo giardino, in questa casa dove aveva passato al-cune settimane con lei, se ne rammentava, e pareva che

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la sua fantasia si compiacesse ad esagerarne nella me-moria i difetti e i lati più spiacevoli del carattere. Si ri-cordava d’averla veduta col lavoro, seduta su quellepanchette da giardino, tutta intenta al ricamo come unacollegiale che deve fare il suo cómpito, con certi vestitisemplici, ineleganti come quelli di una mezza mona-chella; la ricordava tutta impaurita, quando esso arriva-va inatteso con una brigata di amici, guardarlo sgomen-ta, non sapendo più che cosa fare o dire che non potessespiacergli. Il conte si era perfino maravigliato, allorchègli avevano detto ora che la contessa era uscita a caval-lo; egli non la ricordava che come una persona timida,malaticcia, paurosa.

L’Arcieri passeggiava impaziente e noiato pensando aqueste cose, allorchè il cancello del giardino si spalancòd’un tratto, e un cavallo impaurito dallo scricchiolaredei ferri del medesimo, entrò nel viale del giardino, im-pennandosi e minacciando di prendere la mano a chi loguidava.

Era Bianca. Ma la mano ferma e destra di lei lo domòben presto e lo rimise al passo. Il conte muto e sorpresosi era fermato là dove era prima. Egli non aveva subitoravvisato la contessa. La bella e ardita signora che sede-va con grazia ed eleganza su quell’ardente cavallino, ilbellissimo viso animato dalla corsa, raggiante per unafelicità intravveduta per la prima volta allora, la grazio-sa e originale acconciatura del capo, tutta questa splen-dida apparizione era talmente diversa dalla persona, alla

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la sua fantasia si compiacesse ad esagerarne nella me-moria i difetti e i lati più spiacevoli del carattere. Si ri-cordava d’averla veduta col lavoro, seduta su quellepanchette da giardino, tutta intenta al ricamo come unacollegiale che deve fare il suo cómpito, con certi vestitisemplici, ineleganti come quelli di una mezza mona-chella; la ricordava tutta impaurita, quando esso arriva-va inatteso con una brigata di amici, guardarlo sgomen-ta, non sapendo più che cosa fare o dire che non potessespiacergli. Il conte si era perfino maravigliato, allorchègli avevano detto ora che la contessa era uscita a caval-lo; egli non la ricordava che come una persona timida,malaticcia, paurosa.

L’Arcieri passeggiava impaziente e noiato pensando aqueste cose, allorchè il cancello del giardino si spalancòd’un tratto, e un cavallo impaurito dallo scricchiolaredei ferri del medesimo, entrò nel viale del giardino, im-pennandosi e minacciando di prendere la mano a chi loguidava.

Era Bianca. Ma la mano ferma e destra di lei lo domòben presto e lo rimise al passo. Il conte muto e sorpresosi era fermato là dove era prima. Egli non aveva subitoravvisato la contessa. La bella e ardita signora che sede-va con grazia ed eleganza su quell’ardente cavallino, ilbellissimo viso animato dalla corsa, raggiante per unafelicità intravveduta per la prima volta allora, la grazio-sa e originale acconciatura del capo, tutta questa splen-dida apparizione era talmente diversa dalla persona, alla

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quale il conte stava appunto pensando, che dapprimanon la riconobbe.

Bianca occupata a frenare il suo cavallo non avevaancora volto lo sguardo dalla parte, dove egli stava. Al-lorchè il cavallo si fu calmato, essa rialzò il capo e videsuo marito.

Al primo momento credette di essersi ingannata. Ilsuo grande occhio nero e lucente si fissò di nuovo sopradi lui. Non c’era dubbio; era il conte Arcieri! Che cosaera venuto a far qui? E perchè veniva così presto? Medi-tava egli forse qualche nuovo insulto?

Quando essa fu vicina a lui, fermò improvvisamenteil cavallo. L’Arcieri stordito dal suo apparire, dal conte-gno fermo e altero di lei, levò il cappello e fece un in-chino profondo.

— Non credeva, signore, – disse la contessa con alte-rigia, – che dovessi avere ancora l’onore d’incontrarmicon lei. A qual motivo posso ora attribuirlo?

— A un errore che prego di volermi perdonare, – bal-bettò il conte con un’insolita umiltà. – Credeva che....fosse.... già....

— Partita? – soggiunse la contessa con un mezzo sor-riso, aiutandolo nel suo imbarazzo. – È cortesia, signore,in questo caso, dire ciò che in altri sarebbe offesa, – ri-prese con prontezza; – vorrei però sperare per l’avveniredalla sua avvedutezza che questo errore non si ripetesse.– La contessa sembrava attendere una risposta, mentreferma dinanzi a lui sul cavallo che sbuffava ansante eimpaziente, seguiva colla flessibile ed elegante persona i

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quale il conte stava appunto pensando, che dapprimanon la riconobbe.

Bianca occupata a frenare il suo cavallo non avevaancora volto lo sguardo dalla parte, dove egli stava. Al-lorchè il cavallo si fu calmato, essa rialzò il capo e videsuo marito.

Al primo momento credette di essersi ingannata. Ilsuo grande occhio nero e lucente si fissò di nuovo sopradi lui. Non c’era dubbio; era il conte Arcieri! Che cosaera venuto a far qui? E perchè veniva così presto? Medi-tava egli forse qualche nuovo insulto?

Quando essa fu vicina a lui, fermò improvvisamenteil cavallo. L’Arcieri stordito dal suo apparire, dal conte-gno fermo e altero di lei, levò il cappello e fece un in-chino profondo.

— Non credeva, signore, – disse la contessa con alte-rigia, – che dovessi avere ancora l’onore d’incontrarmicon lei. A qual motivo posso ora attribuirlo?

— A un errore che prego di volermi perdonare, – bal-bettò il conte con un’insolita umiltà. – Credeva che....fosse.... già....

— Partita? – soggiunse la contessa con un mezzo sor-riso, aiutandolo nel suo imbarazzo. – È cortesia, signore,in questo caso, dire ciò che in altri sarebbe offesa, – ri-prese con prontezza; – vorrei però sperare per l’avveniredalla sua avvedutezza che questo errore non si ripetesse.– La contessa sembrava attendere una risposta, mentreferma dinanzi a lui sul cavallo che sbuffava ansante eimpaziente, seguiva colla flessibile ed elegante persona i

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movimenti inquieti della cavalcatura. Il conte la guarda-va trasognato, egli non sapeva persuadersi che questafosse la pallida, timida e piangente donnina, che avevaabbandonata in un giorno di scandalose querele la suacasa. Non sapeva che cosa rispondere; era umiliato,stordito, avrebbe dato volentieri dieci anni della sua vitaper essere a mille miglia di lì.

— Signora, le assicuro, – rispose imbarazzato, – leassicuro che ignorava che ella fosse ancor qua.... Nonvorrei che pensasse di me.... quello…. che.

— Oh non dubiti! – rispose con vivace ironia la con-tessa e con uno di quei raggianti sorrisi che erravano daun’ora sul suo viso. – Non dubiti. Non penso di lei checiò che è vero e vedendola ora qui, in questo luogo, –disse con audacia, – non penso che una cosa sola, ed è,che non vorrei essere io lì davanti a me come lei, conte,vi è adesso; che darei mille volte ciò che possiedo dimeglio, per essere io e non lei, se fossero state mutate leparti! —

Un lampo d’ira balenò nell’occhio del conte. Ma ilsuo sguardo perdette a poco a poco l’espressione di col-lera, abbassò il capo e disse:

— Non credevo, contessa, che dovesse finire così;forse la colpa.... non è tutta.... mia.

— È probabile, – rispose Bianca con energia, – la col-pa è sempre fuori di noi, e soltanto è disgrazia l’appro-priarsela. In questo lei non è stato fortunato. Chiamia-moci intanto, soddisfatti che tutto sia finito per sempre,e conto sopra di lei, perchè un altro dialogo, spiacevole

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movimenti inquieti della cavalcatura. Il conte la guarda-va trasognato, egli non sapeva persuadersi che questafosse la pallida, timida e piangente donnina, che avevaabbandonata in un giorno di scandalose querele la suacasa. Non sapeva che cosa rispondere; era umiliato,stordito, avrebbe dato volentieri dieci anni della sua vitaper essere a mille miglia di lì.

— Signora, le assicuro, – rispose imbarazzato, – leassicuro che ignorava che ella fosse ancor qua.... Nonvorrei che pensasse di me.... quello…. che.

— Oh non dubiti! – rispose con vivace ironia la con-tessa e con uno di quei raggianti sorrisi che erravano daun’ora sul suo viso. – Non dubiti. Non penso di lei checiò che è vero e vedendola ora qui, in questo luogo, –disse con audacia, – non penso che una cosa sola, ed è,che non vorrei essere io lì davanti a me come lei, conte,vi è adesso; che darei mille volte ciò che possiedo dimeglio, per essere io e non lei, se fossero state mutate leparti! —

Un lampo d’ira balenò nell’occhio del conte. Ma ilsuo sguardo perdette a poco a poco l’espressione di col-lera, abbassò il capo e disse:

— Non credevo, contessa, che dovesse finire così;forse la colpa.... non è tutta.... mia.

— È probabile, – rispose Bianca con energia, – la col-pa è sempre fuori di noi, e soltanto è disgrazia l’appro-priarsela. In questo lei non è stato fortunato. Chiamia-moci intanto, soddisfatti che tutto sia finito per sempre,e conto sopra di lei, perchè un altro dialogo, spiacevole

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come questo, non si rinnovi fra noi. Il mondo è così bel-lo, così grande e tanto è lo spazio, – soggiunse con untuono più dolce, quasi lieto, – che dovrebbe essere pos-sibile non incontrarsi mai più! – E senz'altro spinseavanti il cavallo col volto di nuovo animato, sorridente,come avesse intraveduto altri oggetti, altre genti, e che ilconte si fosse dileguato per sempre alla sua vista e allasua memoria.

Beppe, che si era fermato rispettosamente a distanza,passò anch’esso davanti al conte, salutandolo con uncerto sussiego deferente.

L’Arcieri non se ne occorse neppure, era lì, nella po-situra di prima, seguendo collo sguardo la contessa chesparve ben presto fra gli alberi del parco.

Gettò via il sigaro che teneva fra le mani e si rimise apasseggiare nel viale. La collera, l’umiliazione e nellostesso tempo una viva ammirazione per l’altera condottadella contessa l’agitavano. Era noiato di essere venuto, eavrebbe desiderato che il fatto che cagionava la sua ve-nuta non l'avesse mai provocato. Era stata un’azionacciala sua, lo sapeva anche prima, ma adesso quell’azionegli sembrava peggiore. Pareva a lui che tutte le accuseche potevansi fargli giustamente si personificassero inquella donna bella e graziosa; e quei pensieri così insoli-ti per lui lo molestavano, accrescevano la sua impazien-za e la sua ira.

Camminò agitato e rabbioso per un’ora intera nel par-co, nè s’accorse che un servo si avvicinava con passo af-frettato, cercandolo fra gli alberi.

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come questo, non si rinnovi fra noi. Il mondo è così bel-lo, così grande e tanto è lo spazio, – soggiunse con untuono più dolce, quasi lieto, – che dovrebbe essere pos-sibile non incontrarsi mai più! – E senz'altro spinseavanti il cavallo col volto di nuovo animato, sorridente,come avesse intraveduto altri oggetti, altre genti, e che ilconte si fosse dileguato per sempre alla sua vista e allasua memoria.

Beppe, che si era fermato rispettosamente a distanza,passò anch’esso davanti al conte, salutandolo con uncerto sussiego deferente.

L’Arcieri non se ne occorse neppure, era lì, nella po-situra di prima, seguendo collo sguardo la contessa chesparve ben presto fra gli alberi del parco.

Gettò via il sigaro che teneva fra le mani e si rimise apasseggiare nel viale. La collera, l’umiliazione e nellostesso tempo una viva ammirazione per l’altera condottadella contessa l’agitavano. Era noiato di essere venuto, eavrebbe desiderato che il fatto che cagionava la sua ve-nuta non l'avesse mai provocato. Era stata un’azionacciala sua, lo sapeva anche prima, ma adesso quell’azionegli sembrava peggiore. Pareva a lui che tutte le accuseche potevansi fargli giustamente si personificassero inquella donna bella e graziosa; e quei pensieri così insoli-ti per lui lo molestavano, accrescevano la sua impazien-za e la sua ira.

Camminò agitato e rabbioso per un’ora intera nel par-co, nè s’accorse che un servo si avvicinava con passo af-frettato, cercandolo fra gli alberi.

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— Signor conte, – disse appena gli fu vicino, – la si-gnora contessa che sta per partire, vorrebbe farle conse-gnare alcuni oggetti che le appartengono.

— Degli oggetti.... la contessa?... – replicò egli per-plesso e noiato. – Io non so niente. Il mio uomo d’affa-ri....

— Non è giunto – rispose il servo – e la signora con-tessa vuol partire.

— Ed e lei.... che vi manda? – domandò l’Arcieri.— Sissignore! – Il conte senza dir altro tornò addie-

tro, si avviò verso la villa, attraversò il giardino, entrònel vestibolo e di là nella sala.

Non v’era nessuno.Volse lo sguardo incerto e confuso da tutti i lati della

stanza.Riconobbe molti oggetti visti colà altre volte, confer-

mò fra sè senza riflettere, senza volerlo, che anche quierano accaduti dei mutamenti; vi ritrovò, senza render-sene conto, l’impronta di quella graziosa persona, in-travveduta un’ora innanzi per la prima volta.

Divenne pensoso. Il fatto di trovarsi adesso in quelluogo lo turbava.

Le finestre erano aperte, e il bel sole del mattino en-trava allegramente nella sala; gli uccellini di fuorisugl’alberi cantavan delle liete canzoni; v’era un’impu-dente letizia in questo chiaro giorno d’autunno chesplendeva ignaro d’angoscie e di rimorsi. Il conte era ir-ritato da tuttociò senza sapere perchè; avrebbe volutoche fosse notte, buio, che questa sala fosse brutta, squal-

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— Signor conte, – disse appena gli fu vicino, – la si-gnora contessa che sta per partire, vorrebbe farle conse-gnare alcuni oggetti che le appartengono.

— Degli oggetti.... la contessa?... – replicò egli per-plesso e noiato. – Io non so niente. Il mio uomo d’affa-ri....

— Non è giunto – rispose il servo – e la signora con-tessa vuol partire.

— Ed e lei.... che vi manda? – domandò l’Arcieri.— Sissignore! – Il conte senza dir altro tornò addie-

tro, si avviò verso la villa, attraversò il giardino, entrònel vestibolo e di là nella sala.

Non v’era nessuno.Volse lo sguardo incerto e confuso da tutti i lati della

stanza.Riconobbe molti oggetti visti colà altre volte, confer-

mò fra sè senza riflettere, senza volerlo, che anche quierano accaduti dei mutamenti; vi ritrovò, senza render-sene conto, l’impronta di quella graziosa persona, in-travveduta un’ora innanzi per la prima volta.

Divenne pensoso. Il fatto di trovarsi adesso in quelluogo lo turbava.

Le finestre erano aperte, e il bel sole del mattino en-trava allegramente nella sala; gli uccellini di fuorisugl’alberi cantavan delle liete canzoni; v’era un’impu-dente letizia in questo chiaro giorno d’autunno chesplendeva ignaro d’angoscie e di rimorsi. Il conte era ir-ritato da tuttociò senza sapere perchè; avrebbe volutoche fosse notte, buio, che questa sala fosse brutta, squal-

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lida, che la donna che v’abitava fosse vecchia, cattiva eavesse sulla coscienza tutte le colpe che aveva lui. Inve-ce il cielo era limpido e azzurro, il sole splendeva in tut-ta la sua forza, gli uccellini cantavano senza posa.

Beppe aprì la porta della sala.Il conte si volse rapidamente.Beppe teneva un cofanetto fra le mani e si avanzava

con un fare dignitoso e deferente.— Signor conte, – disse, – la signora contessa mia pa-

drona m’incaricò di consegnarle questo cofanetto checontiene gioie appartenenti alla sua famiglia: non essen-do ancora giunto il suo procuratore e volendo la mia si-gnora partire a momenti, si trovò obbligata di far fare alei la consegna di questi oggetti....

— Il procuratore non c’è? – esclamò l’Arcieri conimpazienza – ma allora state voi ad aspettarlo! Che so iodi gioie o d’altro! Non me ne intendo e non me ne im-porta! – e battè i piedi rabbiosamente. – Volete forse cheme lo metta in tasca quel cofanetto? State lì come unamummia. Andate e riportatelo alla signora. Che se lotenga, e se non vuole o se ha bisogno di parlarmi, sonoqui ad aspettarla!

— Ma.... – disse Beppe imbarazzato – la signora con-tessa mi dette ordine di consegnarlo a lei senz’altro.

— Ed io vi do ordine di riportarlo, – ribattè irato ilconte. Beppe stette ancor lì un momento indeciso, poifece un inchino e tornò via.

L’Arcieri rimase di nuovo solo. Avrebbe voluto averequalcosa fra le mani da malmenare, da distruggere;

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lida, che la donna che v’abitava fosse vecchia, cattiva eavesse sulla coscienza tutte le colpe che aveva lui. Inve-ce il cielo era limpido e azzurro, il sole splendeva in tut-ta la sua forza, gli uccellini cantavano senza posa.

Beppe aprì la porta della sala.Il conte si volse rapidamente.Beppe teneva un cofanetto fra le mani e si avanzava

con un fare dignitoso e deferente.— Signor conte, – disse, – la signora contessa mia pa-

drona m’incaricò di consegnarle questo cofanetto checontiene gioie appartenenti alla sua famiglia: non essen-do ancora giunto il suo procuratore e volendo la mia si-gnora partire a momenti, si trovò obbligata di far fare alei la consegna di questi oggetti....

— Il procuratore non c’è? – esclamò l’Arcieri conimpazienza – ma allora state voi ad aspettarlo! Che so iodi gioie o d’altro! Non me ne intendo e non me ne im-porta! – e battè i piedi rabbiosamente. – Volete forse cheme lo metta in tasca quel cofanetto? State lì come unamummia. Andate e riportatelo alla signora. Che se lotenga, e se non vuole o se ha bisogno di parlarmi, sonoqui ad aspettarla!

— Ma.... – disse Beppe imbarazzato – la signora con-tessa mi dette ordine di consegnarlo a lei senz’altro.

— Ed io vi do ordine di riportarlo, – ribattè irato ilconte. Beppe stette ancor lì un momento indeciso, poifece un inchino e tornò via.

L’Arcieri rimase di nuovo solo. Avrebbe voluto averequalcosa fra le mani da malmenare, da distruggere;

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avrebbe voluto tornare addietro tre mesi per non averfatto questo sproposito di spogliare la contessa de’ suoibeni. Ma più di tutto desiderava rivederla. Aveva paurae brama di incontrarsi con lei.

Avrebbe voluto spiegarle delle cose che egli stessonon sapeva, avrebbe voluto da lei una parola che nonfosse così alteramente sprezzante com’erano state le ul-time. Sarebbe venuta? Sarebbesi ostinata nel volergliconsegnare quegli oggetti? Quali erano poi? Egli non nesapeva niente.

Passò un po' di tempo e la contessa non venne, nep-pure il servo tornava.

L’Arcieri cominciava a vergognarsi d’essere lì adaspettare invano; si sentiva stanco e si mise a sedere inuna poltrona. Davanti alla poltrona v’era un tavolino, esul tavolino giacevano sparsi dei libri. Ne aprì uno acaso. Erano le poesie di Alfredo De Musset. Sicuramen-te la contessa aveva dimenticato di riporlo o intendevache queste cose le fossero mandate più tardi, perchèquesto volumetto doveva esserle molto caro. Era segna-to e scritto qua e là dalla sua mano, le cose più belle era-no dappertutto sottolineate. Il conte che l’aveva dapprin-cipio sfogliato sbadatamente, via via che leggeva cimetteva maggiore attenzione. Le parole scritte dallacontessa, quelle segnate da lei rivelavano un animo tur-bato dalle passioni – rivelavano un inquieto agitarsi dipensieri ardenti e giovanili e nello stesso tempo un’idea,una speranza, già viva e rigogliosa.

Quale?

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avrebbe voluto tornare addietro tre mesi per non averfatto questo sproposito di spogliare la contessa de’ suoibeni. Ma più di tutto desiderava rivederla. Aveva paurae brama di incontrarsi con lei.

Avrebbe voluto spiegarle delle cose che egli stessonon sapeva, avrebbe voluto da lei una parola che nonfosse così alteramente sprezzante com’erano state le ul-time. Sarebbe venuta? Sarebbesi ostinata nel volergliconsegnare quegli oggetti? Quali erano poi? Egli non nesapeva niente.

Passò un po' di tempo e la contessa non venne, nep-pure il servo tornava.

L’Arcieri cominciava a vergognarsi d’essere lì adaspettare invano; si sentiva stanco e si mise a sedere inuna poltrona. Davanti alla poltrona v’era un tavolino, esul tavolino giacevano sparsi dei libri. Ne aprì uno acaso. Erano le poesie di Alfredo De Musset. Sicuramen-te la contessa aveva dimenticato di riporlo o intendevache queste cose le fossero mandate più tardi, perchèquesto volumetto doveva esserle molto caro. Era segna-to e scritto qua e là dalla sua mano, le cose più belle era-no dappertutto sottolineate. Il conte che l’aveva dapprin-cipio sfogliato sbadatamente, via via che leggeva cimetteva maggiore attenzione. Le parole scritte dallacontessa, quelle segnate da lei rivelavano un animo tur-bato dalle passioni – rivelavano un inquieto agitarsi dipensieri ardenti e giovanili e nello stesso tempo un’idea,una speranza, già viva e rigogliosa.

Quale?

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Era una confusa intuizione di tutto questo che andavarivelandosi man mano al conte Arcieri. Era un lato nuo-vo, inatteso, di quella donna che egli scopriva.

Strano a dirsi, ma il conte non aveva mai pensato chequella giovane abbandonata, libera di sè, potesse ungiorno aprire il cuore timido, afflitto, alle grandi gioiedella giovinezza; aveva trascurato di riflettere su questaprobabilità, come aveva trascurato di ricordarsi di lei.Adesso, improvvisamente, innumerevoli pensieri glis’affacciavano alla mente diversi e confusi. Metteva in-sieme questi versi, queste linee scritte sulle pagine delMusset, e la bella, ardita, raggiante, apparizione delmattino, e sentiva che quei sorrisi e quelle speranze laportavano via, lontana da lui, lieta e desiosa ad altregenti, ad altri avvenimenti e che avrebbe amato o forseamava già un altro. – La contessa Arcieri amare un al-tro! Gli corse un brivido nelle ossa: – poi crollò le spallee sorrise ironicamente a se stesso.

Che importava a lui? Era forse venuto per fare il mo-ralista, per vigilare la condotta di sua moglie? Egli, Pie-ro Arcieri, che si scandalizzava per due parole a pièd’un verso! Rise ancora, ma ebbe freddo al core. Ormainon poteva più che ridere, sprezzare e tirare innanzi perla via che s’era fatto da sè, lo sentiva vagamente.

Eppure, appunto ora, lo coglieva di quando in quandoun tedio finora sconosciuto, una stanchezza, quasi a mo-menti un disgusto delle cose che gli stavano d’attorno, eche egli non sapeva definire a se stesso. La sua naturafiacca e guasta dall’educazione e dagli esempi cattivi

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Era una confusa intuizione di tutto questo che andavarivelandosi man mano al conte Arcieri. Era un lato nuo-vo, inatteso, di quella donna che egli scopriva.

Strano a dirsi, ma il conte non aveva mai pensato chequella giovane abbandonata, libera di sè, potesse ungiorno aprire il cuore timido, afflitto, alle grandi gioiedella giovinezza; aveva trascurato di riflettere su questaprobabilità, come aveva trascurato di ricordarsi di lei.Adesso, improvvisamente, innumerevoli pensieri glis’affacciavano alla mente diversi e confusi. Metteva in-sieme questi versi, queste linee scritte sulle pagine delMusset, e la bella, ardita, raggiante, apparizione delmattino, e sentiva che quei sorrisi e quelle speranze laportavano via, lontana da lui, lieta e desiosa ad altregenti, ad altri avvenimenti e che avrebbe amato o forseamava già un altro. – La contessa Arcieri amare un al-tro! Gli corse un brivido nelle ossa: – poi crollò le spallee sorrise ironicamente a se stesso.

Che importava a lui? Era forse venuto per fare il mo-ralista, per vigilare la condotta di sua moglie? Egli, Pie-ro Arcieri, che si scandalizzava per due parole a pièd’un verso! Rise ancora, ma ebbe freddo al core. Ormainon poteva più che ridere, sprezzare e tirare innanzi perla via che s’era fatto da sè, lo sentiva vagamente.

Eppure, appunto ora, lo coglieva di quando in quandoun tedio finora sconosciuto, una stanchezza, quasi a mo-menti un disgusto delle cose che gli stavano d’attorno, eche egli non sapeva definire a se stesso. La sua naturafiacca e guasta dall’educazione e dagli esempi cattivi

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non sapeva sciogliersi dai lacci morali gravi, insulsi,oziosi, che pesavano sopra di esso. Vedeva la rovina disè, con una intuizione incerta che potesse essere forserovina e senza volontà o forza di porvi riparo, nè sapen-do se in questo caso salvarsi fosse meglio che soccom-bere.

L’Arcieri ripose lentamente il libro d’onde l’avevapreso e si mise a passeggiare nella sala; poi si fermò da-vanti alla finestra e guardò nel giardino. Sotto ad essagiaceva a terra, capovolta dal vento o dal capriccio dellabambina, una carrozzella da ragazzi.

Il conte fissò cogl’occhi spalancati quell’oggettocome se vedesse un morto camminare. Era davvero unacosa morta che risuscitava nella sua mente. Fissò per al-cuni istanti ancora quel balocco, poi lentamente tornòaddietro, cercò collo sguardo e sopra le pareti della salaun campanello, finalmente trovatolo, vi corse. Suonòcon violenza, quasi temesse di non essere a tempo.

Un servo si presentò subito.— Dite alla contessa – gli disse il conte – che prima

della partenza la prego di farmi vedere la signorina; –poi si volse dall’altra parte, vergognoso di ciò che avevachiesto.

Il servo uscì senza che egli lo vedesse.Era inquieto, imbarazzato, sembravagli d’essere sotto

alla influenza di una malìa, e che in questa mattina nongli riuscisse più di fare atti che piacessero a lui medesi-mo o non fossero contradizioni incessanti.

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non sapeva sciogliersi dai lacci morali gravi, insulsi,oziosi, che pesavano sopra di esso. Vedeva la rovina disè, con una intuizione incerta che potesse essere forserovina e senza volontà o forza di porvi riparo, nè sapen-do se in questo caso salvarsi fosse meglio che soccom-bere.

L’Arcieri ripose lentamente il libro d’onde l’avevapreso e si mise a passeggiare nella sala; poi si fermò da-vanti alla finestra e guardò nel giardino. Sotto ad essagiaceva a terra, capovolta dal vento o dal capriccio dellabambina, una carrozzella da ragazzi.

Il conte fissò cogl’occhi spalancati quell’oggettocome se vedesse un morto camminare. Era davvero unacosa morta che risuscitava nella sua mente. Fissò per al-cuni istanti ancora quel balocco, poi lentamente tornòaddietro, cercò collo sguardo e sopra le pareti della salaun campanello, finalmente trovatolo, vi corse. Suonòcon violenza, quasi temesse di non essere a tempo.

Un servo si presentò subito.— Dite alla contessa – gli disse il conte – che prima

della partenza la prego di farmi vedere la signorina; –poi si volse dall’altra parte, vergognoso di ciò che avevachiesto.

Il servo uscì senza che egli lo vedesse.Era inquieto, imbarazzato, sembravagli d’essere sotto

alla influenza di una malìa, e che in questa mattina nongli riuscisse più di fare atti che piacessero a lui medesi-mo o non fossero contradizioni incessanti.

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Passò del tempo che a lui pareva lungo, ma che fu inrealtà brevissimo.

La porta della sala si aprì e si udì il fruscìo di una ve-ste sull’impiantito e due piedini che s’avanzavano sal-tellando.

Il conte si voltò e vide sua moglie, tutta vestita daviaggio, altera, pallida, elegante nella semplicità del suoabbigliamento e tenendo la bambina per mano.

— Voleva?... – disse Bianca con voce leggermentetremante.

— Volevo.... no, desideravo, se ella lo permetteva, disalutare la mia.... scusi.... la bambina. – Il conte parlavaquasi umilmente; la contessa fece un passo e invitò colgesto la piccina ad avvicinarsi a suo padre. Ma la bam-bina intimorita non si mosse.

— Non mi conosce?... – disse il conte.— No, – rispose freddamente Bianca. L’Arcieri guar-

dava la madre e la figliuola come un uomo che si sveglida un sonno profondo e si ritrovi davanti a persone co-nosciute o sognate altre volte. La contessa pure lo fissa-va maravigliata, senza sapersi rendere conto della suacondotta. L’Arcieri stese la mano alla bambina con unsorriso. Era giovane e bello, e la bambina lo guardò sen-za paura.

— Mi daresti un bacio?... – disse dolcemente. La pic-cina guardò incerta la madre e lui. Il viso di Bianca erapallido, impassibile. Il conte stese di nuovo la mano erinnovò piano piano la domanda; la piccina fece un pas-so verso lui e l’Arcieri la prese nelle sue braccia.

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Passò del tempo che a lui pareva lungo, ma che fu inrealtà brevissimo.

La porta della sala si aprì e si udì il fruscìo di una ve-ste sull’impiantito e due piedini che s’avanzavano sal-tellando.

Il conte si voltò e vide sua moglie, tutta vestita daviaggio, altera, pallida, elegante nella semplicità del suoabbigliamento e tenendo la bambina per mano.

— Voleva?... – disse Bianca con voce leggermentetremante.

— Volevo.... no, desideravo, se ella lo permetteva, disalutare la mia.... scusi.... la bambina. – Il conte parlavaquasi umilmente; la contessa fece un passo e invitò colgesto la piccina ad avvicinarsi a suo padre. Ma la bam-bina intimorita non si mosse.

— Non mi conosce?... – disse il conte.— No, – rispose freddamente Bianca. L’Arcieri guar-

dava la madre e la figliuola come un uomo che si sveglida un sonno profondo e si ritrovi davanti a persone co-nosciute o sognate altre volte. La contessa pure lo fissa-va maravigliata, senza sapersi rendere conto della suacondotta. L’Arcieri stese la mano alla bambina con unsorriso. Era giovane e bello, e la bambina lo guardò sen-za paura.

— Mi daresti un bacio?... – disse dolcemente. La pic-cina guardò incerta la madre e lui. Il viso di Bianca erapallido, impassibile. Il conte stese di nuovo la mano erinnovò piano piano la domanda; la piccina fece un pas-so verso lui e l’Arcieri la prese nelle sue braccia.

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La contessa si scosse. Non seppe domare un senti-mento di paura, di terrore quasi che gliela portasserovia. Ma non disse nulla.

Il conte accarezzava la figliuola, che sebbene impau-rita e confusa lo lasciava fare; poi senza badare alla mo-glie che ritta vicina ad essi sembrava aspettare, si mise asedere tenendo sempre la bimba sulle ginocchia, guar-dandola con curiosità, con una attenzione quasi avida dinon lasciarsi sfuggire neppure un gesto o uno sguardo.

La bimba pienamente rassicurata si mise colle bian-che manine a baloccarsi colla catena d’oro e i ciondolidell’orologio che portava suo padre.

— Come son belli? – esclamò. Il conte levò l’orolo-gio, la catena e quei gingilli e glieli dètte.

— Prendili, – disse. La bambina lo guardò un mo-mento con occhi attenti e spalancati.

— Per baloccarmi? – domandò piano, e guardando lamamma che volse lo sguardo altrove.

— Sì, per baloccarti, per farne ciò che vuoi, – rispose.La bambina gettò un grido di gioia; prese tutto colle duemani e svelta come un uccellino balzò dalle ginocchia disuo padre e corse a far vedere il dono alla mamma chenon rispose. Il conte la guardava e susurrò fra sè:

— Strana cosa una creatura così! —La contessa udì codeste parole, sebbene egli le dices-

se piano, e sentì ribollire in sè lo sdegno per questa, chèa lei non parve altro che puerile curiosità. Ridivenne pa-drona di sè e disse:

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La contessa si scosse. Non seppe domare un senti-mento di paura, di terrore quasi che gliela portasserovia. Ma non disse nulla.

Il conte accarezzava la figliuola, che sebbene impau-rita e confusa lo lasciava fare; poi senza badare alla mo-glie che ritta vicina ad essi sembrava aspettare, si mise asedere tenendo sempre la bimba sulle ginocchia, guar-dandola con curiosità, con una attenzione quasi avida dinon lasciarsi sfuggire neppure un gesto o uno sguardo.

La bimba pienamente rassicurata si mise colle bian-che manine a baloccarsi colla catena d’oro e i ciondolidell’orologio che portava suo padre.

— Come son belli? – esclamò. Il conte levò l’orolo-gio, la catena e quei gingilli e glieli dètte.

— Prendili, – disse. La bambina lo guardò un mo-mento con occhi attenti e spalancati.

— Per baloccarmi? – domandò piano, e guardando lamamma che volse lo sguardo altrove.

— Sì, per baloccarti, per farne ciò che vuoi, – rispose.La bambina gettò un grido di gioia; prese tutto colle duemani e svelta come un uccellino balzò dalle ginocchia disuo padre e corse a far vedere il dono alla mamma chenon rispose. Il conte la guardava e susurrò fra sè:

— Strana cosa una creatura così! —La contessa udì codeste parole, sebbene egli le dices-

se piano, e sentì ribollire in sè lo sdegno per questa, chèa lei non parve altro che puerile curiosità. Ridivenne pa-drona di sè e disse:

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— Poc’anzi mandai a consegnarle dei gioielli che ap-partennero a sua madre e che sono di gran valore. Lifeci portare nella camera che le stanno allestendo.

— Aveva detto – rispose timidamente il conte – chesperava potessero rimanere fra le sue mani. —

Nel bel viso di Bianca balenò un lampo d’alterezza.— Non so che farne, – rispose; – quei vezzi di perle

al mio collo mi ricorderebbero troppo un legame infeli-ce, felicemente spezzato. – Fece un movimento alterocol collo e colla testa che tolse al conte il coraggio di re-plicare. Quella donna aveva gesti e sguardi che rivelava-no tutta l’energia della sua natura, e nello stesso tempoaveva una grazia, una dolcezza inesplicabile, in certi at-teggiamenti, in certi moti della persona e del viso. Par-landosi di vezzi di perle a quel suo collo bianchissimoche spiccava ora dal bruno vestito da viaggio, involonta-riamente egli vi portò lo sguardo e vi si fermò per abitu-dine di cercare ed ammirare la bellezza femminile.

E come appaiono a migliaia e migliaia agli occhi de-gli allucinati le immagini fantastiche, paurose o sedu-centi secondo i pensieri che le provocano, così fra quellabianca gala e le pieghe oscure della veste, fra quei riccineri e l’ombra dei veli del cappello, sorsero tumultuosi,inverecondi, disordinati, i ricordi di un passato da lungotempo obliato; sorse la memoria di un’altra donna simi-le, eppure in tutto dissimile, a questa che gli stava di-nanzi; sorse la memoria di una sposa, d’una creaturasua, sprezzata allora, adesso sprezzante, altera e perdutaper sempre. E i ricordi audaci, e la certezza che a quelli

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— Poc’anzi mandai a consegnarle dei gioielli che ap-partennero a sua madre e che sono di gran valore. Lifeci portare nella camera che le stanno allestendo.

— Aveva detto – rispose timidamente il conte – chesperava potessero rimanere fra le sue mani. —

Nel bel viso di Bianca balenò un lampo d’alterezza.— Non so che farne, – rispose; – quei vezzi di perle

al mio collo mi ricorderebbero troppo un legame infeli-ce, felicemente spezzato. – Fece un movimento alterocol collo e colla testa che tolse al conte il coraggio di re-plicare. Quella donna aveva gesti e sguardi che rivelava-no tutta l’energia della sua natura, e nello stesso tempoaveva una grazia, una dolcezza inesplicabile, in certi at-teggiamenti, in certi moti della persona e del viso. Par-landosi di vezzi di perle a quel suo collo bianchissimoche spiccava ora dal bruno vestito da viaggio, involonta-riamente egli vi portò lo sguardo e vi si fermò per abitu-dine di cercare ed ammirare la bellezza femminile.

E come appaiono a migliaia e migliaia agli occhi de-gli allucinati le immagini fantastiche, paurose o sedu-centi secondo i pensieri che le provocano, così fra quellabianca gala e le pieghe oscure della veste, fra quei riccineri e l’ombra dei veli del cappello, sorsero tumultuosi,inverecondi, disordinati, i ricordi di un passato da lungotempo obliato; sorse la memoria di un’altra donna simi-le, eppure in tutto dissimile, a questa che gli stava di-nanzi; sorse la memoria di una sposa, d’una creaturasua, sprezzata allora, adesso sprezzante, altera e perdutaper sempre. E i ricordi audaci, e la certezza che a quelli

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nessun altro potrebbe egli mai aggiungervi, destarono inlui un desiderio, violento come un capriccio, intensocome un rimorso, e la guardava, la guardava insaziato.Non v’ha donna di fibra sottile, di percezione rapida,avvezza a portare sulle cose istintive la luce dello spiri-to, che non abbia in un momento come questo l’intuizio-ne di ciò che si fa vivo nella mente d’un altro. E Biancacapì, e n’ebbe impazienza e vergogna per sè, e per quelsentimento grande, indomato, che traboccava in quelgiorno dal suo cuore.

— Dobbiamo partire – disse brevemente – e non pos-siamo trattenerci più a lungo. —

Il conte si scosse dall’osservazione febbrile, cui s’eraabbandonato in quegl’ultimi minuti di silenzio.

— Partire! – esclamò – partire per colpa mia! Contes-sa, – disse cambiando tuono, – non so in quale istante diacciecamento; non so per qual diabolico consiglio com-misi la cattiva azione che oggi l’obbliga a partire. Nesono avvilito e confuso. – Il conte restò un momentopensoso, poi le si avvicinò. – Se la pregassi di restare?

Bianca lo guardò maravigliata e dubbiosa.— Restare? – rispose. – Poi lo fissò e disse pacata-

mente: – A che patti? —Il cuore del conte battè con violenza. Un raggio di

sole passava di quando in quando sul viso di Bianca, al-lorchè il vento agitava i rami di un albero davanti alla fi-nestra; le sue guance s’erano colorite improvvisamente,il suo grande occhio l’aveva fissato un momento per-plesso, ma tranquillo; non gli era mai parsa in quel mat-

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nessun altro potrebbe egli mai aggiungervi, destarono inlui un desiderio, violento come un capriccio, intensocome un rimorso, e la guardava, la guardava insaziato.Non v’ha donna di fibra sottile, di percezione rapida,avvezza a portare sulle cose istintive la luce dello spiri-to, che non abbia in un momento come questo l’intuizio-ne di ciò che si fa vivo nella mente d’un altro. E Biancacapì, e n’ebbe impazienza e vergogna per sè, e per quelsentimento grande, indomato, che traboccava in quelgiorno dal suo cuore.

— Dobbiamo partire – disse brevemente – e non pos-siamo trattenerci più a lungo. —

Il conte si scosse dall’osservazione febbrile, cui s’eraabbandonato in quegl’ultimi minuti di silenzio.

— Partire! – esclamò – partire per colpa mia! Contes-sa, – disse cambiando tuono, – non so in quale istante diacciecamento; non so per qual diabolico consiglio com-misi la cattiva azione che oggi l’obbliga a partire. Nesono avvilito e confuso. – Il conte restò un momentopensoso, poi le si avvicinò. – Se la pregassi di restare?

Bianca lo guardò maravigliata e dubbiosa.— Restare? – rispose. – Poi lo fissò e disse pacata-

mente: – A che patti? —Il cuore del conte battè con violenza. Un raggio di

sole passava di quando in quando sul viso di Bianca, al-lorchè il vento agitava i rami di un albero davanti alla fi-nestra; le sue guance s’erano colorite improvvisamente,il suo grande occhio l’aveva fissato un momento per-plesso, ma tranquillo; non gli era mai parsa in quel mat-

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tino tanto bella e seducente come in questo momento.Abituato a soddisfare a qualunque prezzo ogni suo ca-priccio, avrebbe dato tutto quanto possedeva perchè as-sentisse alla sua domanda.

— I patti non tocca a me il farli, – rispose con mag-gior sicurezza, – mi basta il permesso di tornare quiqualche volta per vedere.... – si arrestò confuso davantiad una mossa impaziente della contessa – per vedere....la bambina.

— È impossibile! – rispose vivamente Bianca, e presela mano della piccina per uscire.

Anche il suo cuore batteva; sentiva in quelle parole ein quella proposta un oltraggio al suo amore, aquell’amore colpevole forse, ma che il suo cuore circon-dava di tutte le generose delicatezze, di tutti i più santientusiasmi giovanili.

Che diritto aveva quest’uomo che per forza di legge econvenzioni sociali l’aveva maltrattata per due anni, chediritto aveva egli d’insultare il sentimento che l’avevaconfortata e sorretta nella sventura? Era già sulla porta,allorchè il conte le corse dietro.

— Ho ancora una domanda, – disse con voce com-mossa.

— Un altra? – rispose con impazienza la contessa.— Voglio – disse piano, stendendole la mano – voglio

una parola che non sia di sprezzo. – Bianca si strinseverso l’uscio, quasi temesse di mettere la sua mano inquell’altra. Se non fosse stato suo marito, forse avrebberisposto con maggiore generosità e fermezza. Ma mette-

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tino tanto bella e seducente come in questo momento.Abituato a soddisfare a qualunque prezzo ogni suo ca-priccio, avrebbe dato tutto quanto possedeva perchè as-sentisse alla sua domanda.

— I patti non tocca a me il farli, – rispose con mag-gior sicurezza, – mi basta il permesso di tornare quiqualche volta per vedere.... – si arrestò confuso davantiad una mossa impaziente della contessa – per vedere....la bambina.

— È impossibile! – rispose vivamente Bianca, e presela mano della piccina per uscire.

Anche il suo cuore batteva; sentiva in quelle parole ein quella proposta un oltraggio al suo amore, aquell’amore colpevole forse, ma che il suo cuore circon-dava di tutte le generose delicatezze, di tutti i più santientusiasmi giovanili.

Che diritto aveva quest’uomo che per forza di legge econvenzioni sociali l’aveva maltrattata per due anni, chediritto aveva egli d’insultare il sentimento che l’avevaconfortata e sorretta nella sventura? Era già sulla porta,allorchè il conte le corse dietro.

— Ho ancora una domanda, – disse con voce com-mossa.

— Un altra? – rispose con impazienza la contessa.— Voglio – disse piano, stendendole la mano – voglio

una parola che non sia di sprezzo. – Bianca si strinseverso l’uscio, quasi temesse di mettere la sua mano inquell’altra. Se non fosse stato suo marito, forse avrebberisposto con maggiore generosità e fermezza. Ma mette-

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re la sua mano in quella mano, dopo la proposta fatta, leintuizioni avute in quel dialogo, non poteva; essa neamava un altro, e i desiderii di un dissipato e i ricordi diun marito non dovevano sfiorare l’immagine bella epura dei suoi sogni. Dietro alle umili parole dell’Arcierisorgeva lo spettro muto, inesorabile, inverecondo inquesto caso, della legge e della convenienza. Un senti-mento di disgusto, una convinzione spontanea che il suoamore si contaminava presso queste preghiere legittime,e il sapere che la legalità offre talvolta obbrobriosi spe-dienti e indulgenze, le dettarono la sua risposta.

— Non posso e non so trovare le parole che vuole. –E uscì dalla sala. —

L’Arcieri non la seguì e non si mosse.— È bella, e ha ragione! – esclamò, senza saper di-

stinguere il sentimento di giustizia da un capriccio vio-lento, nè definire le aspirazioni nascenti che lo attraeva-no verso cose migliori. – Ha ragione.... – ripeteva fra sè.– Tornò addietro e si mise a guardare fuor di finestra ac-cigliato e silenzioso. Finalmente udì delle voci, poi loscalpitare dei cavalli e il muover delle ruote; sentì unandirivieni di gente nell’andito, passi affrettati, poi vocipiù da lontano, e finalmente il rumore di una carrozzache partiva.... alcuni istanti dopo un cancello si chiuse enon si udì più nulla.

Un silenzio profondo, insolito, mesto, sembrò calaresu quella casa, come fosse d’un tratto abbandonata datutti. Anche gli uccellini eransi chetati, spaventati dallevoci e dal trambusto di prima, nessuno si moveva nel

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re la sua mano in quella mano, dopo la proposta fatta, leintuizioni avute in quel dialogo, non poteva; essa neamava un altro, e i desiderii di un dissipato e i ricordi diun marito non dovevano sfiorare l’immagine bella epura dei suoi sogni. Dietro alle umili parole dell’Arcierisorgeva lo spettro muto, inesorabile, inverecondo inquesto caso, della legge e della convenienza. Un senti-mento di disgusto, una convinzione spontanea che il suoamore si contaminava presso queste preghiere legittime,e il sapere che la legalità offre talvolta obbrobriosi spe-dienti e indulgenze, le dettarono la sua risposta.

— Non posso e non so trovare le parole che vuole. –E uscì dalla sala. —

L’Arcieri non la seguì e non si mosse.— È bella, e ha ragione! – esclamò, senza saper di-

stinguere il sentimento di giustizia da un capriccio vio-lento, nè definire le aspirazioni nascenti che lo attraeva-no verso cose migliori. – Ha ragione.... – ripeteva fra sè.– Tornò addietro e si mise a guardare fuor di finestra ac-cigliato e silenzioso. Finalmente udì delle voci, poi loscalpitare dei cavalli e il muover delle ruote; sentì unandirivieni di gente nell’andito, passi affrettati, poi vocipiù da lontano, e finalmente il rumore di una carrozzache partiva.... alcuni istanti dopo un cancello si chiuse enon si udì più nulla.

Un silenzio profondo, insolito, mesto, sembrò calaresu quella casa, come fosse d’un tratto abbandonata datutti. Anche gli uccellini eransi chetati, spaventati dallevoci e dal trambusto di prima, nessuno si moveva nel

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vestibolo, nessuno passava nel giardino. La carrozzellarotta dalla bambina giaceva a terra come fosse cosa colàdimenticata da anni, la sala sembrava deserta, vuota,squallida, dacchè quel cancello s’era chiuso dietro unacarrozza che partiva.

Il conte guardò intorno a sè, e poi di nuovo verso ilfondo del giardino.

— Dove sarà andata? – disse piano.

La signora Marnieri prolungò in quest’anno la sua di-mora in campagna. L’avvocato aveva accompagnato suofiglio a Milano, perchè questi proseguisse i suoi studii enon veniva che di quando in quando a visitare la fami-glia. In quei giorni si occupava di tutto e di tutti, conun’attenzione ed una assiduità insolite. Rivedeva le le-zioni delle bambine, le istruiva, le incoraggiava, pensa-va a mille particolari per la casa, per la famiglia, si oc-cupava meno dei suoi studii, dei suoi affari, più di tuttoquanto riguardava gli altri. Restava anche volentieri di-soccupato passeggiando o sorvegliando lavori in campa-gna, eccitava assai più che nel passato i figli a fare vitaattiva, gite, passeggi; con compiacenza inusata spiegavaloro i versi più belli della nostra letteratura o gli iniziavaalle bellezze di opere straniere. Pareva che una nuovavita traboccasse da lui, una vita che aveva bisogno diespandersi, di comunicarsi agl'altri. Sembrava che fug-gisse le lunghe ore di studio fra le pareti di una camera,e che invece un istinto potente lo spingesse alla luce, al

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vestibolo, nessuno passava nel giardino. La carrozzellarotta dalla bambina giaceva a terra come fosse cosa colàdimenticata da anni, la sala sembrava deserta, vuota,squallida, dacchè quel cancello s’era chiuso dietro unacarrozza che partiva.

Il conte guardò intorno a sè, e poi di nuovo verso ilfondo del giardino.

— Dove sarà andata? – disse piano.

La signora Marnieri prolungò in quest’anno la sua di-mora in campagna. L’avvocato aveva accompagnato suofiglio a Milano, perchè questi proseguisse i suoi studii enon veniva che di quando in quando a visitare la fami-glia. In quei giorni si occupava di tutto e di tutti, conun’attenzione ed una assiduità insolite. Rivedeva le le-zioni delle bambine, le istruiva, le incoraggiava, pensa-va a mille particolari per la casa, per la famiglia, si oc-cupava meno dei suoi studii, dei suoi affari, più di tuttoquanto riguardava gli altri. Restava anche volentieri di-soccupato passeggiando o sorvegliando lavori in campa-gna, eccitava assai più che nel passato i figli a fare vitaattiva, gite, passeggi; con compiacenza inusata spiegavaloro i versi più belli della nostra letteratura o gli iniziavaalle bellezze di opere straniere. Pareva che una nuovavita traboccasse da lui, una vita che aveva bisogno diespandersi, di comunicarsi agl'altri. Sembrava che fug-gisse le lunghe ore di studio fra le pareti di una camera,e che invece un istinto potente lo spingesse alla luce, al

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sole, lo sforzasse a prendere parte alle cose, in cui l’atti-vità dei muscoli supera talvolta quella della intelligenza.

La signora Marnieri l’osservava dubbiosa e inquieta.Suo marito sembrava ringiovanito. Il suo aspetto eramutato, e il suo carattere serio, concentrato, s’era fattolieto ed espansivo; eppure in quella espansione mancavala dolcezza dell’intimità, quel legame che mette la pro-pria espansione in comunicazione coi sentimenti e leopere altrui.

La signora Marnieri scoprì questo difetto senza sape-re esattamente qual nome gli si potesse dare; capì chequalcosa mancava per compiere il nuovo modo d’esseredi Luciano, e che ciò che mancava era appunto il vinco-lo che poteva unire a lei o alla sua famiglia questo fattomorale. Era dunque fuori di lì che il Marnieri traeva lesue forze. Dove?

La signora Marnieri non era donna molto intelligente,ma aveva in compenso un dono che molte donne comelei hanno comunemente. Era furba. Arrivava con indu-zioni volgari allo stesso risultato, cui giungono le piùsottili analisi psicologiche. È un fatto che accade non dirado, quello di giungere alla mèta trovandovi arrivataanticipatamente qualche maliziosa mediocrità, che haspinto saggiamente il suo ardito somarello per la via piùbreve, mentre altri disceso dalle nuvole vi giunge in ri-tardo. Le conclusioni più semplici, più naturali, più vol-gari anche, se vogliamo, la vincono talvolta sulle piùsottili, e la signora Marnieri non isbagliò via.

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sole, lo sforzasse a prendere parte alle cose, in cui l’atti-vità dei muscoli supera talvolta quella della intelligenza.

La signora Marnieri l’osservava dubbiosa e inquieta.Suo marito sembrava ringiovanito. Il suo aspetto eramutato, e il suo carattere serio, concentrato, s’era fattolieto ed espansivo; eppure in quella espansione mancavala dolcezza dell’intimità, quel legame che mette la pro-pria espansione in comunicazione coi sentimenti e leopere altrui.

La signora Marnieri scoprì questo difetto senza sape-re esattamente qual nome gli si potesse dare; capì chequalcosa mancava per compiere il nuovo modo d’esseredi Luciano, e che ciò che mancava era appunto il vinco-lo che poteva unire a lei o alla sua famiglia questo fattomorale. Era dunque fuori di lì che il Marnieri traeva lesue forze. Dove?

La signora Marnieri non era donna molto intelligente,ma aveva in compenso un dono che molte donne comelei hanno comunemente. Era furba. Arrivava con indu-zioni volgari allo stesso risultato, cui giungono le piùsottili analisi psicologiche. È un fatto che accade non dirado, quello di giungere alla mèta trovandovi arrivataanticipatamente qualche maliziosa mediocrità, che haspinto saggiamente il suo ardito somarello per la via piùbreve, mentre altri disceso dalle nuvole vi giunge in ri-tardo. Le conclusioni più semplici, più naturali, più vol-gari anche, se vogliamo, la vincono talvolta sulle piùsottili, e la signora Marnieri non isbagliò via.

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L’altro, quella fugace e misteriosa apparizione di untempo, era risorto, e s’era fatto vivo con una prepotenzae una rapidità inattese. E che fosse l’altro che a questomodo appariva, la signora Marnieri non ne dubitavapunto.

Una moglie più intelligente e meno furba avrebbe po-tuto attribuire a molte altre cagioni codesto mutamento,avrebbe potuto isolarne le varie manifestazioni e inter-pretarle diversamente; ma la signora Marnieri non si la-sciò ingannare, fece di tutto un fatto solo, interpretòogni cosa ad un modo, nè credette aver che fare con unpersonaggio nuovo e sconosciuto; riconobbe l’altro intutti i suoi particolari, in ogni lieve traccia di rassomi-glianza, e disse: – È lui, perchè lo riconosco! – El’avrebbe riconosciuto molti anni più tardi, se la vita no-stra fosse più lunga e se egli anco meglio avesse saputovelare i suoi lineamenti.

La donna che ha concentrato le sue cure e i suoi affet-ti in un uomo solo, e questo ha potuto fare spontanea-mente, senza lotte, senza essersi lasciata turbare da nes-suna seduzione al di fuori di esso, giunge ad avere diquell’uomo una conoscenza profonda, sicura, quasi indi-screta, e meno la donna ha l’animo elevato e meglio loconoscerà; perchè della sua natura fisica e morale avràafferrato con piena sicurezza i lati più deboli e terrà lefila di tutti i moventi volgari dell’animo suo; su codestoterreno o per analogia o per percezione essa lo potrà se-guire con certezza e meglio di lui forse ne conoscerà lanatura. Ora, sia pure quest’uomo forte, intelligente, se

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L’altro, quella fugace e misteriosa apparizione di untempo, era risorto, e s’era fatto vivo con una prepotenzae una rapidità inattese. E che fosse l’altro che a questomodo appariva, la signora Marnieri non ne dubitavapunto.

Una moglie più intelligente e meno furba avrebbe po-tuto attribuire a molte altre cagioni codesto mutamento,avrebbe potuto isolarne le varie manifestazioni e inter-pretarle diversamente; ma la signora Marnieri non si la-sciò ingannare, fece di tutto un fatto solo, interpretòogni cosa ad un modo, nè credette aver che fare con unpersonaggio nuovo e sconosciuto; riconobbe l’altro intutti i suoi particolari, in ogni lieve traccia di rassomi-glianza, e disse: – È lui, perchè lo riconosco! – El’avrebbe riconosciuto molti anni più tardi, se la vita no-stra fosse più lunga e se egli anco meglio avesse saputovelare i suoi lineamenti.

La donna che ha concentrato le sue cure e i suoi affet-ti in un uomo solo, e questo ha potuto fare spontanea-mente, senza lotte, senza essersi lasciata turbare da nes-suna seduzione al di fuori di esso, giunge ad avere diquell’uomo una conoscenza profonda, sicura, quasi indi-screta, e meno la donna ha l’animo elevato e meglio loconoscerà; perchè della sua natura fisica e morale avràafferrato con piena sicurezza i lati più deboli e terrà lefila di tutti i moventi volgari dell’animo suo; su codestoterreno o per analogia o per percezione essa lo potrà se-guire con certezza e meglio di lui forse ne conoscerà lanatura. Ora, sia pure quest’uomo forte, intelligente, se

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non è un’eccezione, gli sarà impossibile tenere nascostoalla vigile osservatrice che gli è compagna, le opere piùsegrete o le più intime tempeste dello spirito; perchè daquei moventi volgari, da quelle debolezze che essa co-nosce, partiranno le violenti aspirazioni del cuore o del-la mente, o se invece da più elevate sfere gli giungono,pure là debbono ricadere, per umana necessità; e in unmodo o nell’altro la donna attingerà sempre a quelleumili fonti, di cui è padrona, la certezza di ciò che vuolsapere. La signora Marnieri era una di queste donne; ca-piva poco, allorchè il marito correva ardimentoso su peisentieri più elevati del pensiero, ma essa sapeva attende-re paziente che scendesse dall’erta ove era asceso, sape-va con certezza che anche il suo momento verrebbe, chelo coglierebbe un istante al suo livello, che l’avrebbe inpoter suo. E la stessa intelligenza, e l’acuta perspicaciadel Marnieri se non bastavano ad impedire che di quan-do in quando lo vincesse la stanchezza e l’abbandonoalle cose volgari della vita, pure erano tanto elevate danon accorgersene e fermarvisi; portava l’ingenuità dellenature grandi e generose nei fatti e nei pensieri umili etriviali, e passava loro rapidamente accanto, ignorandolie dimenticandoli. La signora Marnieri ebbe dunque belgiuoco e non fu turbata menomamente nelle sue osser-vazioni. Egli era come un padrone che in presenza delservo svestisse un abito per rimetterne un altro, senzabadare che in quel frattempo il servitore scopre le suedeformità.

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non è un’eccezione, gli sarà impossibile tenere nascostoalla vigile osservatrice che gli è compagna, le opere piùsegrete o le più intime tempeste dello spirito; perchè daquei moventi volgari, da quelle debolezze che essa co-nosce, partiranno le violenti aspirazioni del cuore o del-la mente, o se invece da più elevate sfere gli giungono,pure là debbono ricadere, per umana necessità; e in unmodo o nell’altro la donna attingerà sempre a quelleumili fonti, di cui è padrona, la certezza di ciò che vuolsapere. La signora Marnieri era una di queste donne; ca-piva poco, allorchè il marito correva ardimentoso su peisentieri più elevati del pensiero, ma essa sapeva attende-re paziente che scendesse dall’erta ove era asceso, sape-va con certezza che anche il suo momento verrebbe, chelo coglierebbe un istante al suo livello, che l’avrebbe inpoter suo. E la stessa intelligenza, e l’acuta perspicaciadel Marnieri se non bastavano ad impedire che di quan-do in quando lo vincesse la stanchezza e l’abbandonoalle cose volgari della vita, pure erano tanto elevate danon accorgersene e fermarvisi; portava l’ingenuità dellenature grandi e generose nei fatti e nei pensieri umili etriviali, e passava loro rapidamente accanto, ignorandolie dimenticandoli. La signora Marnieri ebbe dunque belgiuoco e non fu turbata menomamente nelle sue osser-vazioni. Egli era come un padrone che in presenza delservo svestisse un abito per rimetterne un altro, senzabadare che in quel frattempo il servitore scopre le suedeformità.

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Non passò guari lungo tempo che i dubbi della signo-ra Marnieri divennero certezze.

Non sapeva come il disastro fosse accaduto, nè qualin’erano le cause; ma aveva capito tutto, e indovinatoperfino quando l’ultimo filo di quel vincolo antico ecaro si era spezzato.

Ne fu sgomenta e desolata. Sapeva indagare e scopri-re, ma non sapeva lottare. Alla sua età, dopo scorsi lun-ghi anni nella più intera sicurezza, con un carattere se-vero, inflessibile, dove trovare un’arma per combattereun nemico nascosto e certamente potentissimo? La si-gnora Marnieri pianse amaramente in segreto la sua feli-cità perduta, la tranquillità dell’animo irrevocabilmentescomparsa.

Egli non se ne avvide. Era questa la prova più convin-cente che tutti i suoi pensieri erano altrove.

Ella ebbe il mesto orgoglio dei grandi dolori. Lo na-scose. Quel tormento elevò l’anima sua. Ella dètte unosguardo retrospettivo agli anni felici trascorsi, e li trovòbelli come non aveva mai saputo che fossero stati; in-gentilì il cuore in quel dolore e vi scoprì perfino lampidi indulgenza; anche la sola arma potente che restava alei, le cadde di mano; non vide più che suo marito eraquasi vecchio o che poteva rendersi ridicolo. Il desideriodi riaverlo lo idealizzava ancora per quanto in lei erapossibile il farlo; e poi essa ignorava chi glielo rapiva.

Lo seppe più presto di quanto ella medesima pensas-se.

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Non passò guari lungo tempo che i dubbi della signo-ra Marnieri divennero certezze.

Non sapeva come il disastro fosse accaduto, nè qualin’erano le cause; ma aveva capito tutto, e indovinatoperfino quando l’ultimo filo di quel vincolo antico ecaro si era spezzato.

Ne fu sgomenta e desolata. Sapeva indagare e scopri-re, ma non sapeva lottare. Alla sua età, dopo scorsi lun-ghi anni nella più intera sicurezza, con un carattere se-vero, inflessibile, dove trovare un’arma per combattereun nemico nascosto e certamente potentissimo? La si-gnora Marnieri pianse amaramente in segreto la sua feli-cità perduta, la tranquillità dell’animo irrevocabilmentescomparsa.

Egli non se ne avvide. Era questa la prova più convin-cente che tutti i suoi pensieri erano altrove.

Ella ebbe il mesto orgoglio dei grandi dolori. Lo na-scose. Quel tormento elevò l’anima sua. Ella dètte unosguardo retrospettivo agli anni felici trascorsi, e li trovòbelli come non aveva mai saputo che fossero stati; in-gentilì il cuore in quel dolore e vi scoprì perfino lampidi indulgenza; anche la sola arma potente che restava alei, le cadde di mano; non vide più che suo marito eraquasi vecchio o che poteva rendersi ridicolo. Il desideriodi riaverlo lo idealizzava ancora per quanto in lei erapossibile il farlo; e poi essa ignorava chi glielo rapiva.

Lo seppe più presto di quanto ella medesima pensas-se.

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Un mattino, mentre la signora Marnieri ravvolta inuno scialle andava guardando delle pianticelle che colti-vava con speciale attenzione nel suo giardino, una car-rozza si fermava davanti, al cancello della casa, ed essada lontano ne vide uscire un signore che non conobbe.Poco tempo dopo sentì la voce del marito che dallo stu-dio parlava presso all’aperta finestra con un altro chenon capì chi fosse.

A quell’ora e in quella stagione era un fatto raro assaiche si venisse a consultare l’avvocato; la signora Mar-nieri quasi per una segreta intuizione sentì vivissima lacuriosità di sapere chi fosse il signore che era giunto al-lora; si allontanò da quel luogo ove si poteva udire ciòche dicevasi, e andò nel salotto terreno, dal quale il fore-stiero doveva ripassare uscendo dallo studio del marito.Si mise a sedere presso una finestra e prese un lavorofra le mani.

Ma non lavorò. Era svogliata da un pezzo, non sapevapiù accudire colla solita solerzia alle occupazioni d’untempo. Accadeva a lei il contrario di quanto avveniva almarito. A lei cresceva la stanchezza, la sazietà dellavita; mentre egli riprendeva vigore e tutto gli si colorivadi nuove tinte. Già da parecchie settimane le avvenivacome allora di prendere d’un tratto affezione a cose fri-vole, di perdere tempo dietro alla capricciosa curiositàdel momento.

Era scorsa circa mezz’ora, dacchè la signora Marnie-ri, seduta nel vano della finestra, guardava fisso fisso lebigie onde del Lago incresparsi torbide e spumanti quasi

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Un mattino, mentre la signora Marnieri ravvolta inuno scialle andava guardando delle pianticelle che colti-vava con speciale attenzione nel suo giardino, una car-rozza si fermava davanti, al cancello della casa, ed essada lontano ne vide uscire un signore che non conobbe.Poco tempo dopo sentì la voce del marito che dallo stu-dio parlava presso all’aperta finestra con un altro chenon capì chi fosse.

A quell’ora e in quella stagione era un fatto raro assaiche si venisse a consultare l’avvocato; la signora Mar-nieri quasi per una segreta intuizione sentì vivissima lacuriosità di sapere chi fosse il signore che era giunto al-lora; si allontanò da quel luogo ove si poteva udire ciòche dicevasi, e andò nel salotto terreno, dal quale il fore-stiero doveva ripassare uscendo dallo studio del marito.Si mise a sedere presso una finestra e prese un lavorofra le mani.

Ma non lavorò. Era svogliata da un pezzo, non sapevapiù accudire colla solita solerzia alle occupazioni d’untempo. Accadeva a lei il contrario di quanto avveniva almarito. A lei cresceva la stanchezza, la sazietà dellavita; mentre egli riprendeva vigore e tutto gli si colorivadi nuove tinte. Già da parecchie settimane le avvenivacome allora di prendere d’un tratto affezione a cose fri-vole, di perdere tempo dietro alla capricciosa curiositàdel momento.

Era scorsa circa mezz’ora, dacchè la signora Marnie-ri, seduta nel vano della finestra, guardava fisso fisso lebigie onde del Lago incresparsi torbide e spumanti quasi

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minacciassero una burrasca. I suoi pensieri erano torbidicome quelle onde, inconsapevoli di se stessi; agitati econfusi come esse. La signora Marnieri aveva già di-menticato il motivo che l’aveva tratta a sedere in quelposto, allorchè una porta dietro a lei si aprì nel fondo delsalotto e si udirono passi e voci.

La signora Marnieri si scosse. Ebbe un momentod’esitazione non sapendo se doveva alzarsi o no. Poipensò, riprendendo il lavoro, che sarebbero passaticome al solito rapidamente davanti a lei, e che sarebbebastato far loro un saluto. Ma coll’uscio ancora semia-perto essi si fermarono.

— Trasmetterà subito la mia proposta, – disse unapersona dietro a lei con una voce che non erale nuova, –ma subito, senza indugio?

— Subito, – rispose la voce di suo marito. Ma v’eranella intonazione un che di commosso e di stentato, chemeravigliò la signora Marnieri.

— E lei crede che.... che mia moglie non accetterà? –domandò l’altro senza muoversi e con maggiore insi-stenza.

— Credo di no, – rispose duramente l’avvocato.— E non le pare vi sia mezzo a persuaderla? È pure

nell’interesse della sua bambina l’accettare; e poi ellache ha tanta eloquenza, tanta influenza sopra i suoiclienti, non potrebbe convincerla? – continuò a dire conun accento quasi supplichevole l’altro.

— Io? Io! – ribattè con violenza l’avvocato; ma poimutò tuono a tempo, e disse: – Non vi riuscirei!

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minacciassero una burrasca. I suoi pensieri erano torbidicome quelle onde, inconsapevoli di se stessi; agitati econfusi come esse. La signora Marnieri aveva già di-menticato il motivo che l’aveva tratta a sedere in quelposto, allorchè una porta dietro a lei si aprì nel fondo delsalotto e si udirono passi e voci.

La signora Marnieri si scosse. Ebbe un momentod’esitazione non sapendo se doveva alzarsi o no. Poipensò, riprendendo il lavoro, che sarebbero passaticome al solito rapidamente davanti a lei, e che sarebbebastato far loro un saluto. Ma coll’uscio ancora semia-perto essi si fermarono.

— Trasmetterà subito la mia proposta, – disse unapersona dietro a lei con una voce che non erale nuova, –ma subito, senza indugio?

— Subito, – rispose la voce di suo marito. Ma v’eranella intonazione un che di commosso e di stentato, chemeravigliò la signora Marnieri.

— E lei crede che.... che mia moglie non accetterà? –domandò l’altro senza muoversi e con maggiore insi-stenza.

— Credo di no, – rispose duramente l’avvocato.— E non le pare vi sia mezzo a persuaderla? È pure

nell’interesse della sua bambina l’accettare; e poi ellache ha tanta eloquenza, tanta influenza sopra i suoiclienti, non potrebbe convincerla? – continuò a dire conun accento quasi supplichevole l’altro.

— Io? Io! – ribattè con violenza l’avvocato; ma poimutò tuono a tempo, e disse: – Non vi riuscirei!

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— E allora che cosa posso fare? – domandò il suo in-terlocutore con un accento di dolore.

— Nulla, – disse freddamente il Marnieri. – Lasciarele cose come sono, e non avvilirsi facendo proposte achi non vorrà neppure ascoltarle.

— Ma.... dunque?... – Vi fu un momento di silenzio. –Io dunque non ho mezzo di riconciliarmi con essa? Leiche è un avvocato tanto rinomato, che ha trattato in vitasua tante quistioni gravi e difficili, lei non ha un buonconsiglio da darmi?

— No, – rispose l’avvocato imperterrito. – Il più sag-gio è quello che le dètti ora. Desistere!

— Ma io.... – ribattè con forza l’altro – Io... – poi vifu un momento di silenzio, durante il quale esso guardòforse intorno per vedere se alcuno potesse sentire; poiripigliò con violenza, ma a voce bassa, il suo dire: – Iol’amo, avvocato, quella donna, e la rivoglio, dovessidarle la vita!

— Ah! – rispose con voce soffocata e commossal’avvocato. – Ah, lei.... lei ama la contessa! – Pareva chele parole uscissero a stento e interrotte dalle labbra delMarnieri. – Sono cose, signore, che non è necessario didire.... agli avvocati! – e buttò fuori questa frase quasigl’intimasse di tacere.

— Ho creduto con questo, – rispose l’altro con tuonopiù fermo e con una certa alterezza, – ho creduto giusti-ficare le mie intenzioni e darle prova di fiducia confi-dandole i miei sentimenti.

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— E allora che cosa posso fare? – domandò il suo in-terlocutore con un accento di dolore.

— Nulla, – disse freddamente il Marnieri. – Lasciarele cose come sono, e non avvilirsi facendo proposte achi non vorrà neppure ascoltarle.

— Ma.... dunque?... – Vi fu un momento di silenzio. –Io dunque non ho mezzo di riconciliarmi con essa? Leiche è un avvocato tanto rinomato, che ha trattato in vitasua tante quistioni gravi e difficili, lei non ha un buonconsiglio da darmi?

— No, – rispose l’avvocato imperterrito. – Il più sag-gio è quello che le dètti ora. Desistere!

— Ma io.... – ribattè con forza l’altro – Io... – poi vifu un momento di silenzio, durante il quale esso guardòforse intorno per vedere se alcuno potesse sentire; poiripigliò con violenza, ma a voce bassa, il suo dire: – Iol’amo, avvocato, quella donna, e la rivoglio, dovessidarle la vita!

— Ah! – rispose con voce soffocata e commossal’avvocato. – Ah, lei.... lei ama la contessa! – Pareva chele parole uscissero a stento e interrotte dalle labbra delMarnieri. – Sono cose, signore, che non è necessario didire.... agli avvocati! – e buttò fuori questa frase quasigl’intimasse di tacere.

— Ho creduto con questo, – rispose l’altro con tuonopiù fermo e con una certa alterezza, – ho creduto giusti-ficare le mie intenzioni e darle prova di fiducia confi-dandole i miei sentimenti.

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— Capisco, – ripetè l’avvocato con voce ancora com-mossa, ma più tranquilla; – capisco.... Ma noi.... avvoca-ti.... trattiamo quistioni legali e non cose di cuore. – IlMarnieri s’avviò verso l’altra porta seguito dal suo in-terlocutore.

— Eseguirò esattamente il suo incarico, conte Arcie-ri, e le farò trasmettere subito la risposta che.... – e di-cendo queste parole l’avvocato e il conte erano uscitidal salotto, passando entrambi davanti alla signora Mar-nieri senza vederla; entrambi assorti e turbati dai loropensieri, affrettando il passo, desiderosi di terminarequel colloquio.

Appena l’uscio si chiuse dietro a loro, la mogliedell’avvocato levò le due mani, le giunse e poi le lasciòricadere in grembo come fossero di piombo.

— È dunque lei?... La.... contessa Bianca! – Fece unmoto colle spalle e colla bocca di maraviglia, quasid’incredulità, ma poi crollò la testa con energia. – Nonc’è più dubbio, – disse piano piano, – è lei! – e si alzò,ma a stento, come se le gambe non la reggessero; il la-voro le cadde dal grembo a terra, mentre che s’alzava,ed essa si chinò per raccoglierlo con mani tremanti, qua-si fosse colpita da paralisi; uscì barcollando dal salotto,passò dallo studio del marito e là dètte un’occhiata pau-rosa intorno, quasi quel luogo le fosse nuovo e n’avessetimore. E difatti, da quell’ora le parve mutato e diverso.Quei libri, quegli scaffali, que’ tavolini coperti di carte,tutti quegli oggetti testimoni per tanti anni di una feliceintimità, sembravano ora partecipi dell’inganno del loro

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— Capisco, – ripetè l’avvocato con voce ancora com-mossa, ma più tranquilla; – capisco.... Ma noi.... avvoca-ti.... trattiamo quistioni legali e non cose di cuore. – IlMarnieri s’avviò verso l’altra porta seguito dal suo in-terlocutore.

— Eseguirò esattamente il suo incarico, conte Arcie-ri, e le farò trasmettere subito la risposta che.... – e di-cendo queste parole l’avvocato e il conte erano uscitidal salotto, passando entrambi davanti alla signora Mar-nieri senza vederla; entrambi assorti e turbati dai loropensieri, affrettando il passo, desiderosi di terminarequel colloquio.

Appena l’uscio si chiuse dietro a loro, la mogliedell’avvocato levò le due mani, le giunse e poi le lasciòricadere in grembo come fossero di piombo.

— È dunque lei?... La.... contessa Bianca! – Fece unmoto colle spalle e colla bocca di maraviglia, quasid’incredulità, ma poi crollò la testa con energia. – Nonc’è più dubbio, – disse piano piano, – è lei! – e si alzò,ma a stento, come se le gambe non la reggessero; il la-voro le cadde dal grembo a terra, mentre che s’alzava,ed essa si chinò per raccoglierlo con mani tremanti, qua-si fosse colpita da paralisi; uscì barcollando dal salotto,passò dallo studio del marito e là dètte un’occhiata pau-rosa intorno, quasi quel luogo le fosse nuovo e n’avessetimore. E difatti, da quell’ora le parve mutato e diverso.Quei libri, quegli scaffali, que’ tavolini coperti di carte,tutti quegli oggetti testimoni per tanti anni di una feliceintimità, sembravano ora partecipi dell’inganno del loro

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possessore, colpiti da una mostruosa connivenza contutto ciò che pensava e desiderava lui. La signora Mar-nieri chiuse gli occhi. Le cose d’oggi avevano perfinoperduta la rassomiglianza con quelle di ieri. Ella solarappresentava il passato e viveva ancora in esso. Eracome una morta che risuscitasse dopo molti anni e ritor-nasse nella sua casa, ritrovando tutto al posto di prima,ma padroni nuovi che facevano servire le stesse cosesue ad altro fine.

La moglie di Luciano uscì di lì, salì una scala segretae andò a chiudersi nella sua camera. Giunta accanto alletto, cadde in ginocchio, nascose il viso fra le coperte epianse amaramente.

A quarant’anni piangere di quelle lagrime! Finite tuttele speranze, tutte le forze, tutte le temerità della giovi-nezza, incontrare sulla propria via un dolore come quel-lo, non avendo conservato della primavera della vita chela facoltà di sentire un supplizio simile al suo!

La signora Marnieri cercava invano nella sua desola-zione un conforto, un aiuto, una speranza. Dopo il tra-monto, mentre si avanzano l’ore buie dell’esistenza,dove trovare un rimedio al suo male?

A quarant’anni essere gelosa! Ai quarant’anni d’unaonesta e laboriosa madre di famiglia, che sono la cin-quantina delle altre, amare ancora un uomo diquell’affetto angoscioso che vi rende gelosi!

La moglie del Marnieri usciva due ore dopo da quellacamera affranta, malata, invecchiata. Incontrò per lescale il marito, in abito da viaggio, che saliva da lei.

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possessore, colpiti da una mostruosa connivenza contutto ciò che pensava e desiderava lui. La signora Mar-nieri chiuse gli occhi. Le cose d’oggi avevano perfinoperduta la rassomiglianza con quelle di ieri. Ella solarappresentava il passato e viveva ancora in esso. Eracome una morta che risuscitasse dopo molti anni e ritor-nasse nella sua casa, ritrovando tutto al posto di prima,ma padroni nuovi che facevano servire le stesse cosesue ad altro fine.

La moglie di Luciano uscì di lì, salì una scala segretae andò a chiudersi nella sua camera. Giunta accanto alletto, cadde in ginocchio, nascose il viso fra le coperte epianse amaramente.

A quarant’anni piangere di quelle lagrime! Finite tuttele speranze, tutte le forze, tutte le temerità della giovi-nezza, incontrare sulla propria via un dolore come quel-lo, non avendo conservato della primavera della vita chela facoltà di sentire un supplizio simile al suo!

La signora Marnieri cercava invano nella sua desola-zione un conforto, un aiuto, una speranza. Dopo il tra-monto, mentre si avanzano l’ore buie dell’esistenza,dove trovare un rimedio al suo male?

A quarant’anni essere gelosa! Ai quarant’anni d’unaonesta e laboriosa madre di famiglia, che sono la cin-quantina delle altre, amare ancora un uomo diquell’affetto angoscioso che vi rende gelosi!

La moglie del Marnieri usciva due ore dopo da quellacamera affranta, malata, invecchiata. Incontrò per lescale il marito, in abito da viaggio, che saliva da lei.

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Egli guardò con maraviglia e dolore il viso pallido estravolto di sua moglie:

— Che cos’è stato? – disse fermandosi. – Sei amma-lata? —

La signora Marnieri si strinse nelle spalle, poi si rav-volse nello scialle come se la cogliesse un brivido:

— Nulla, nulla, – rispose. – Ho preso freddo.... sta-mane.... nel giardino ed ho.... una forte emicrania.

— Mi dispiace assai, – replicò amorevolmente il ma-rito. – Mi dispiace tanto più essendo io in procinto dipartire. Devo recarmi a Milano per affari urgenti....

— Partire? – balbettò la signora Marnieri, come se ilpartire fosse un misfatto. – Partire? – e si tenne strettastretta al parapetto della scala. – Va da lei, – disse incuor suo.

— Ma torno presto, – continuò a dire premurosamen-te l’avvocato. – Torno fra un giorno o due, e spero cheallora ti deciderai a far tu pure ritorno in città. Vedi que-sto freddo come ti fa male. La campagna in questa sta-gione non è più bella.

— Si vedranno allora tutti i giorni, – pensò fra sè lasignora Marnieri, che non sapeva più pensare ad altro.Ma si fece forza e disse:

— Hai ragione. La campagna è melanconica, e ilLago è sempre scuro e agitato. Si sta meglio a Milano. –E lo disse con una vaga intuizione, che in quel dettov’era dell’ironia; poi egli le parlò d’altre cose, le racco-mandò d’aversi cura, e infine prese commiato senza cheessa ben sapesse che cosa le avesse detto in quel tempo.

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Egli guardò con maraviglia e dolore il viso pallido estravolto di sua moglie:

— Che cos’è stato? – disse fermandosi. – Sei amma-lata? —

La signora Marnieri si strinse nelle spalle, poi si rav-volse nello scialle come se la cogliesse un brivido:

— Nulla, nulla, – rispose. – Ho preso freddo.... sta-mane.... nel giardino ed ho.... una forte emicrania.

— Mi dispiace assai, – replicò amorevolmente il ma-rito. – Mi dispiace tanto più essendo io in procinto dipartire. Devo recarmi a Milano per affari urgenti....

— Partire? – balbettò la signora Marnieri, come se ilpartire fosse un misfatto. – Partire? – e si tenne strettastretta al parapetto della scala. – Va da lei, – disse incuor suo.

— Ma torno presto, – continuò a dire premurosamen-te l’avvocato. – Torno fra un giorno o due, e spero cheallora ti deciderai a far tu pure ritorno in città. Vedi que-sto freddo come ti fa male. La campagna in questa sta-gione non è più bella.

— Si vedranno allora tutti i giorni, – pensò fra sè lasignora Marnieri, che non sapeva più pensare ad altro.Ma si fece forza e disse:

— Hai ragione. La campagna è melanconica, e ilLago è sempre scuro e agitato. Si sta meglio a Milano. –E lo disse con una vaga intuizione, che in quel dettov’era dell’ironia; poi egli le parlò d’altre cose, le racco-mandò d’aversi cura, e infine prese commiato senza cheessa ben sapesse che cosa le avesse detto in quel tempo.

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Aveva un’idea sola, fissa, irremovible, che egli andavada lei.

E andò.Quella sera, allorchè ad ora più tarda del consueto la

signora Marnieri si spogliava per andare a letto, e scioltii pochi capelli castani e bianchi che le restavano, stavaper nasconderli entro a una cuffia da notte bianca, stret-ta, inelegante che rassomigliava a quelle d’ospedale,pensò con raccapriccio quanto ella sarebbe brutta a quelmodo, e asciugandosi gli occhi gonfi di pianto e le umi-de guance cadenti, la colse una dolorosa e triste vergo-gna di sè.

Gettò via la cuffia con un gesto d’orrore, indi frettolo-sa si cacciò sotto alle coltri e appoggiò la sua povera te-sta scoperta sul guanciale. Vi sono fatti, e sono fra i piùterribili, che lasciano lo spettatore indeciso fra uno slan-cio d’immensa pietà e uno scoppio di risa.

Era questo uno di quei fatti.La signora Marnieri aveva spento il lume e se ne sta-

va cheta e immobile, ma non dormiva. – È là, – conti-nuava a dire fra sè, e faceva atroci confronti fra la vec-chia che piangeva e la giovane e sorridente contessaBianca.

Voleva dormire, ma non poteva. Provò a voltarsidall’altra parte, e facendo questo mosse a stento la suagrave persona, stanca degli affanni patiti. E allora, comenell’angoscioso pensiero aveva esagerato le sue sem-bianze, così si rivide di nuovo cogli occhi della mentequale era pur troppo, e la sua arida e sobria fantasia ec-

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Aveva un’idea sola, fissa, irremovible, che egli andavada lei.

E andò.Quella sera, allorchè ad ora più tarda del consueto la

signora Marnieri si spogliava per andare a letto, e scioltii pochi capelli castani e bianchi che le restavano, stavaper nasconderli entro a una cuffia da notte bianca, stret-ta, inelegante che rassomigliava a quelle d’ospedale,pensò con raccapriccio quanto ella sarebbe brutta a quelmodo, e asciugandosi gli occhi gonfi di pianto e le umi-de guance cadenti, la colse una dolorosa e triste vergo-gna di sè.

Gettò via la cuffia con un gesto d’orrore, indi frettolo-sa si cacciò sotto alle coltri e appoggiò la sua povera te-sta scoperta sul guanciale. Vi sono fatti, e sono fra i piùterribili, che lasciano lo spettatore indeciso fra uno slan-cio d’immensa pietà e uno scoppio di risa.

Era questo uno di quei fatti.La signora Marnieri aveva spento il lume e se ne sta-

va cheta e immobile, ma non dormiva. – È là, – conti-nuava a dire fra sè, e faceva atroci confronti fra la vec-chia che piangeva e la giovane e sorridente contessaBianca.

Voleva dormire, ma non poteva. Provò a voltarsidall’altra parte, e facendo questo mosse a stento la suagrave persona, stanca degli affanni patiti. E allora, comenell’angoscioso pensiero aveva esagerato le sue sem-bianze, così si rivide di nuovo cogli occhi della mentequale era pur troppo, e la sua arida e sobria fantasia ec-

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citata dal dolore creò delle linee classiche, delle curveeleganti, e dinanzi all’immaginazione della povera don-na si muovevano le molli pieghe degli abiti di velluto odi raso che vestivano forse in quell’ora, mentre egli erapresente, la snella e flessibile persona della sua rivale.Per la prima volta in vita sua si lasciò dominare dallafantasia, per la prima volta i pensieri austeri, castigati,severi della onesta madre di famiglia, divennero audaci,inverecondi e percorsero tutti i disordinati sentieri delladissolutezza e della colpa, finchè spossata, sfinita, unsonno grave pietosamente l’avvolse.

La signora Marnieri non s’ingannava neppure questavolta. Suo marito era andato a portare alla contessaBianca le nuove proposte di conciliazione che facevaleil conte Arcieri.

Dal giorno che Bianca aveva dovuto abbandonare lasua villa sino ad ora, l’avvocato l’aveva visitata fre-quentemente, l’aveva sorretta nei suoi propositi, l’avevaaiutata co’ suoi consigli, aveva messo ai suoi piedi il suocuore e la sua intelligenza. Però fra essi non s’era piùparlato di quel mattino nel bosco, non s’era più espressachiaramente l’intenzione che uno d’essi poteva avere,sul modo di definire quello stato anormale. Egli temevache una severa e onesta parola della contessa lo toglies-se a tutte le dolcezze della felice intimità d’adesso, edella paventava di trovarsi di fronte a un terribile dilem-ma, che l’avrebbe privata in codesto momento di abban-dono e di sconforto dell’appoggio potente di quel cuore

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citata dal dolore creò delle linee classiche, delle curveeleganti, e dinanzi all’immaginazione della povera don-na si muovevano le molli pieghe degli abiti di velluto odi raso che vestivano forse in quell’ora, mentre egli erapresente, la snella e flessibile persona della sua rivale.Per la prima volta in vita sua si lasciò dominare dallafantasia, per la prima volta i pensieri austeri, castigati,severi della onesta madre di famiglia, divennero audaci,inverecondi e percorsero tutti i disordinati sentieri delladissolutezza e della colpa, finchè spossata, sfinita, unsonno grave pietosamente l’avvolse.

La signora Marnieri non s’ingannava neppure questavolta. Suo marito era andato a portare alla contessaBianca le nuove proposte di conciliazione che facevaleil conte Arcieri.

Dal giorno che Bianca aveva dovuto abbandonare lasua villa sino ad ora, l’avvocato l’aveva visitata fre-quentemente, l’aveva sorretta nei suoi propositi, l’avevaaiutata co’ suoi consigli, aveva messo ai suoi piedi il suocuore e la sua intelligenza. Però fra essi non s’era piùparlato di quel mattino nel bosco, non s’era più espressachiaramente l’intenzione che uno d’essi poteva avere,sul modo di definire quello stato anormale. Egli temevache una severa e onesta parola della contessa lo toglies-se a tutte le dolcezze della felice intimità d’adesso, edella paventava di trovarsi di fronte a un terribile dilem-ma, che l’avrebbe privata in codesto momento di abban-dono e di sconforto dell’appoggio potente di quel cuore

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che l’adorava e di quella forte intelligenza che la sorreg-geva. E n’aveva bisogno.

Vi sono delle donne, nelle quali l’istinto della mater-nità è così forte, che si rivela perfino negli affetti chenon hanno nulla di comune con quel sentimento. E quel-le hanno bisogno di amare proteggendo, di dare senzaricevere, di fare il sacrifizio non per amore di colui, cuivien fatto, ma per amore del sacrifizio stesso.

Bianca non era di queste. Era una natura eletta. In leil’istinto non dominava, ma essa sapeva farne derivarecose migliori. Il fatto spontaneo, istintivo, passato alcrogiuolo di quella fine organizzazione, si moltiplicavae mutava indole. Da una parte provava tutte le dolcezzedel sacrifizio materno per la sua bambina, dall’altra ab-bisognava del cambio continuo intellettuale con unamente più forte della sua. E in quel dolcissimo pensierodi essere apprezzata e amata da un uomo come Luciano,essa riposava dalle angoscie passate; in questa intimitàpiena d’attrattive e di pericolo, ove non era ancora nulladi definito, ove sembrava essersi dimenticato ciò che erastato detto e voluto altre volte, la coscienza di Biancas’addormentava, cullandosi nell’inganno del riposo.

Le lunghe sere degl’ultimi giorni di novembre scorre-vano per loro veloci, come se l’ore non fossero più chedi pochi minuti. La contessa modestamente alloggiata inun piccolo appartamento fuori del centro della città, nonriceveva quasi più nessuno, essendole il suo presentestato scusa bastante a desiderare di fare una vita isolatae tranquilla. La sua casa, sebbene assai diversa da quella

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che l’adorava e di quella forte intelligenza che la sorreg-geva. E n’aveva bisogno.

Vi sono delle donne, nelle quali l’istinto della mater-nità è così forte, che si rivela perfino negli affetti chenon hanno nulla di comune con quel sentimento. E quel-le hanno bisogno di amare proteggendo, di dare senzaricevere, di fare il sacrifizio non per amore di colui, cuivien fatto, ma per amore del sacrifizio stesso.

Bianca non era di queste. Era una natura eletta. In leil’istinto non dominava, ma essa sapeva farne derivarecose migliori. Il fatto spontaneo, istintivo, passato alcrogiuolo di quella fine organizzazione, si moltiplicavae mutava indole. Da una parte provava tutte le dolcezzedel sacrifizio materno per la sua bambina, dall’altra ab-bisognava del cambio continuo intellettuale con unamente più forte della sua. E in quel dolcissimo pensierodi essere apprezzata e amata da un uomo come Luciano,essa riposava dalle angoscie passate; in questa intimitàpiena d’attrattive e di pericolo, ove non era ancora nulladi definito, ove sembrava essersi dimenticato ciò che erastato detto e voluto altre volte, la coscienza di Biancas’addormentava, cullandosi nell’inganno del riposo.

Le lunghe sere degl’ultimi giorni di novembre scorre-vano per loro veloci, come se l’ore non fossero più chedi pochi minuti. La contessa modestamente alloggiata inun piccolo appartamento fuori del centro della città, nonriceveva quasi più nessuno, essendole il suo presentestato scusa bastante a desiderare di fare una vita isolatae tranquilla. La sua casa, sebbene assai diversa da quella

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che soleva avere una volta, era però tenuta con un ordi-ne eccezionale da Beppe e Lisa, che la servivano consollecitudine indefessa. Il Marnieri giungendo ancheinatteso, di sera, trovava però sempre Beppe seduto ingran tenuta nella piccola anticamera, come se vigilassealla porta di una regina. Lo salutava col solito sussiego,l’annunciava colla consueta formalità e poi di là correvarapidamente alla cucina, ove, levata la giubba co’ gallo-ni, si metteva umilmente a meditare o preparare la cola-zione e il pranzo del domani.

Al Marnieri batteva il cuore, allorchè saliva le scaledi quella casa, suonava quel campanello, vedeva aprirsidopo la porta dell’entrata quella di un salottino, ove lacontessa Bianca arrossendo, sorridendo gli stendeva lamano. Molte volte ella era seduta davanti al cembalo, eallora senza interrompere la musica, lo chiamava collosguardo accanto a sè e proseguiva; ed egli seduto vicinoa lei la guardava e ascoltava per delle ore senza capireche non erano minuti. La contessa suonava una cosa,poi l’altra, passava dalle melodie più serie alle più liete,senza che egli se ne accorgesse, tanto sembravano ripe-tere tutte, in mille modi diversi, l’immensa gioia del suocuore.

Bianca sapeva che questa felicità non doveva durare,ma tremava al pensarvi. Aveva per ora lo spirito sempretanto scosso dalle dure vicende della sua vita, che nontrovava la forza di reagire, di respingere da sè ciò cheerale divenuto più caro d’ogni altro conforto.

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che soleva avere una volta, era però tenuta con un ordi-ne eccezionale da Beppe e Lisa, che la servivano consollecitudine indefessa. Il Marnieri giungendo ancheinatteso, di sera, trovava però sempre Beppe seduto ingran tenuta nella piccola anticamera, come se vigilassealla porta di una regina. Lo salutava col solito sussiego,l’annunciava colla consueta formalità e poi di là correvarapidamente alla cucina, ove, levata la giubba co’ gallo-ni, si metteva umilmente a meditare o preparare la cola-zione e il pranzo del domani.

Al Marnieri batteva il cuore, allorchè saliva le scaledi quella casa, suonava quel campanello, vedeva aprirsidopo la porta dell’entrata quella di un salottino, ove lacontessa Bianca arrossendo, sorridendo gli stendeva lamano. Molte volte ella era seduta davanti al cembalo, eallora senza interrompere la musica, lo chiamava collosguardo accanto a sè e proseguiva; ed egli seduto vicinoa lei la guardava e ascoltava per delle ore senza capireche non erano minuti. La contessa suonava una cosa,poi l’altra, passava dalle melodie più serie alle più liete,senza che egli se ne accorgesse, tanto sembravano ripe-tere tutte, in mille modi diversi, l’immensa gioia del suocuore.

Bianca sapeva che questa felicità non doveva durare,ma tremava al pensarvi. Aveva per ora lo spirito sempretanto scosso dalle dure vicende della sua vita, che nontrovava la forza di reagire, di respingere da sè ciò cheerale divenuto più caro d’ogni altro conforto.

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Allorchè il Marnieri le portò le nuove proposte diconciliazione del marito e gliele riferì in tuono ironico esdegnoso, la contessa sorrise con orgogliosa dolcezza.

— Ne siete contenta? – domandò d’un tratto e quasiimperioso il Marnieri.

— Forse.... – rispose ingenuamente la contessa.— Ah! – replicò l’altro. – Le insistenze del conte vi

commuovono?— No, mi soddisfano, – disse subito Bianca, – la mia

vanità femminile ne gode. Respingo energicamente nonsolo le sue proposte, ma qualsiasi concessione, sembriessa pure cortese e giusta, ma che sia in poter mio di ne-gare, e poi.... poi sono tanto donna e fui tanto infelicenel matrimonio, che provo ora piacere della sua pretesae tarda adorazione e della mia piccola vendetta... – IlMarnieri la guardava dubbioso e serio.

— Avete detto bene, Bianca, siete donna in tutto, eper questo vi adoro e per questo vi temo; per questo honel cuore la gioia o il terrore di voi. – Divenne pensoso.– Vorrei essere lui, – disse piano dopo un momento disilenzio.

— Luciano! – esclamò la contessa, balzando in piedie accostandosi a lui. – Ma divenite pazzo! – Voi.... voi....essere quel ragazzo senza cervello che io non vorreineppure rivedere. —

Il Marnieri restò a sedere dov’era, e alzando la testaguardò fisso fisso il bel viso di Bianca.

— Eppure.... se.... se mi volete un po’ di bene, nonrubo a voi e agli altri una cosa che non può più esser

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Allorchè il Marnieri le portò le nuove proposte diconciliazione del marito e gliele riferì in tuono ironico esdegnoso, la contessa sorrise con orgogliosa dolcezza.

— Ne siete contenta? – domandò d’un tratto e quasiimperioso il Marnieri.

— Forse.... – rispose ingenuamente la contessa.— Ah! – replicò l’altro. – Le insistenze del conte vi

commuovono?— No, mi soddisfano, – disse subito Bianca, – la mia

vanità femminile ne gode. Respingo energicamente nonsolo le sue proposte, ma qualsiasi concessione, sembriessa pure cortese e giusta, ma che sia in poter mio di ne-gare, e poi.... poi sono tanto donna e fui tanto infelicenel matrimonio, che provo ora piacere della sua pretesae tarda adorazione e della mia piccola vendetta... – IlMarnieri la guardava dubbioso e serio.

— Avete detto bene, Bianca, siete donna in tutto, eper questo vi adoro e per questo vi temo; per questo honel cuore la gioia o il terrore di voi. – Divenne pensoso.– Vorrei essere lui, – disse piano dopo un momento disilenzio.

— Luciano! – esclamò la contessa, balzando in piedie accostandosi a lui. – Ma divenite pazzo! – Voi.... voi....essere quel ragazzo senza cervello che io non vorreineppure rivedere. —

Il Marnieri restò a sedere dov’era, e alzando la testaguardò fisso fisso il bel viso di Bianca.

— Eppure.... se.... se mi volete un po’ di bene, nonrubo a voi e agli altri una cosa che non può più esser

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mia? La natura può essa rammentarsi che la mia orapassò senza che ne sapessi approfittare? può essa ritar-darmi la vecchiaia? E nell’ordine naturale un contrab-bando questo che io faccio, un contrabbando col passa-to. Lui è giovane.... – La contessa si mise a ridere.

— È dunque per un capello bianco di meno che vor-reste farvi odiare da me.... – Lo guardò con malizia. – Vipare, Marnieri, che buoni amici e persone serie comenoi debbano discutere queste cose? – Era un richiamoall’ordine, e il Marnieri capì e obbedì. Sul finire dellasera tornò però a toccare quell’argomento doloroso.

— A pensare che non sono più a tempo d’incomincia-re qualcosa di nuovo, di far fruttare il mio lavoro, la miaintelligenza per me e per gli altri! Se v’avessi conosciu-ta prima e se foste stata mia! Sono tante le cose, che oraper opera vostra sorgono nella mia mente, tante e nuovee belle! Non ho mai sentito come adesso il bisogno, ildesiderio di fare, sembrami che col pensiero di voi nondebba più esservi nè stanchezza, nè esaurimento d’idee.E a che serve? È troppo tardi! —

Bianca non riusciva a distrarlo da questi amari pen-sieri. Nel prendere commiato essa gli domandò se resta-va un pezzo a Milano.

— Un giorno ancora, – rispose.— Un giorno solo... – disse mestamente la contessa

Bianca.— Ma fra una settimana vengo per non più partire, –

replicò prontamente, – la mia famiglia torna in città. —

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mia? La natura può essa rammentarsi che la mia orapassò senza che ne sapessi approfittare? può essa ritar-darmi la vecchiaia? E nell’ordine naturale un contrab-bando questo che io faccio, un contrabbando col passa-to. Lui è giovane.... – La contessa si mise a ridere.

— È dunque per un capello bianco di meno che vor-reste farvi odiare da me.... – Lo guardò con malizia. – Vipare, Marnieri, che buoni amici e persone serie comenoi debbano discutere queste cose? – Era un richiamoall’ordine, e il Marnieri capì e obbedì. Sul finire dellasera tornò però a toccare quell’argomento doloroso.

— A pensare che non sono più a tempo d’incomincia-re qualcosa di nuovo, di far fruttare il mio lavoro, la miaintelligenza per me e per gli altri! Se v’avessi conosciu-ta prima e se foste stata mia! Sono tante le cose, che oraper opera vostra sorgono nella mia mente, tante e nuovee belle! Non ho mai sentito come adesso il bisogno, ildesiderio di fare, sembrami che col pensiero di voi nondebba più esservi nè stanchezza, nè esaurimento d’idee.E a che serve? È troppo tardi! —

Bianca non riusciva a distrarlo da questi amari pen-sieri. Nel prendere commiato essa gli domandò se resta-va un pezzo a Milano.

— Un giorno ancora, – rispose.— Un giorno solo... – disse mestamente la contessa

Bianca.— Ma fra una settimana vengo per non più partire, –

replicò prontamente, – la mia famiglia torna in città. —

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Era la prima volta dopo quel mattino nel bosco, cheegli le parlava della sua famiglia. La contessa avevasempre evitato di discorrerne, ne aveva sempre scaccia-to il pensiero, s’era quasi, a sua insaputa, abituata ascordarla. Ora egli n’aveva parlato come fosse la cosapiù naturale del mondo. E per lui era facile il parlarne,perchè era obbligato a pensare di frequente a loro, e per-chè in lui s’era già fatta quella separazione da essi, cheella non avrebbe mai potuto nè immaginare, nè intende-re in qual modo l’avesse fatta.

Era dunque naturale che Luciano le avesse nominatola sua famiglia. Ma era altresì inevitabile che quella pa-rola evocasse in lei tutti i fantasmi scongiurati e obliatid’altri tempi. – La sua famiglia! – mormorò fra sè, allor-chè fu partito. Ed essa pronunciando quelle parole si tro-vò sola e abbandonata, come se al mondo non avessepiù nessuno. Che cos’era lei, accanto a quella cosa irre-movibile, minacciosa, reale, che egli chiamava con tantasemplicità la sua famiglia?

E qual’era la parte sua? Forse quello che rubava aloro?

La contessa Bianca cercò ancora di scacciare queipensieri, ma non vi riuscì più quanto vi riusciva prima.Cercò distrarsi da quella fissazione lavorando, studian-do, iniziandosi a tutti quei particolari della modesta vitacasalinga che le erano stati finora ignoti. Ma anche que-sto sempre non giovava. Faceva delle lunghe passeggia-te colla sua piccina lungo i bastioni più remoti; ma costì

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Era la prima volta dopo quel mattino nel bosco, cheegli le parlava della sua famiglia. La contessa avevasempre evitato di discorrerne, ne aveva sempre scaccia-to il pensiero, s’era quasi, a sua insaputa, abituata ascordarla. Ora egli n’aveva parlato come fosse la cosapiù naturale del mondo. E per lui era facile il parlarne,perchè era obbligato a pensare di frequente a loro, e per-chè in lui s’era già fatta quella separazione da essi, cheella non avrebbe mai potuto nè immaginare, nè intende-re in qual modo l’avesse fatta.

Era dunque naturale che Luciano le avesse nominatola sua famiglia. Ma era altresì inevitabile che quella pa-rola evocasse in lei tutti i fantasmi scongiurati e obliatid’altri tempi. – La sua famiglia! – mormorò fra sè, allor-chè fu partito. Ed essa pronunciando quelle parole si tro-vò sola e abbandonata, come se al mondo non avessepiù nessuno. Che cos’era lei, accanto a quella cosa irre-movibile, minacciosa, reale, che egli chiamava con tantasemplicità la sua famiglia?

E qual’era la parte sua? Forse quello che rubava aloro?

La contessa Bianca cercò ancora di scacciare queipensieri, ma non vi riuscì più quanto vi riusciva prima.Cercò distrarsi da quella fissazione lavorando, studian-do, iniziandosi a tutti quei particolari della modesta vitacasalinga che le erano stati finora ignoti. Ma anche que-sto sempre non giovava. Faceva delle lunghe passeggia-te colla sua piccina lungo i bastioni più remoti; ma costì

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l’inquietava la probabilità d’incontrarvi suo marito, cheella vedeva talvolta da lontano seguire con insistenza isuoi passi. Il suo affetto pel Marnieri cresceva quasi inragione degli sforzi che faceva per contrastarlo, più cer-cava allontanare da lui i suoi pensieri e più si trovavasola senza conforto e sentiva il bisogno di sorreggersicon quell’affetto.

Il conte Arcieri dal canto suo aveva fatto quanto erain lui per ottenere una riconciliazione. Maggiori erano ledifficoltà e più ostinato cresceva anche in lui il capric-cio. Egli non trascurava nessuna occasione d’incontrarsicon lei, di vederla anche soltanto da lontano; di fare unacarezza, un dono alla piccina, allorchè s’imbatteva a tro-varla sola per via colla Lisa. La contessa, sdegnosa sulleprime, finì col non badarvi più. – Si stancherà – dissefra sè – e questo capriccio passerà come tant’altri! Incuor suo essa gli aveva perdonato assai più di quanto nevolesse convenire; l’affetto da esso dimostrato alla bam-bina aveva più d’ogni altra cosa placato il suo sdegno, eallorchè parlava di lui lo faceva ora con calma e quasicon cortesia. —

Non mancarono però d’accorgersene i parenti e gliamici più intimi; e appena che potevano essi trovarsi atu per tu con Bianca, gliene parlavano, esagerando ilpentimento del marito, narrandole come egli avessecambiato vita e come lo zio Baldi fosse invano indispet-tito contro il nipote.

La corte che il conte Arcieri rifaceva a sua moglie di-venne in breve tempo un fatto palese. In città tutti ne

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l’inquietava la probabilità d’incontrarvi suo marito, cheella vedeva talvolta da lontano seguire con insistenza isuoi passi. Il suo affetto pel Marnieri cresceva quasi inragione degli sforzi che faceva per contrastarlo, più cer-cava allontanare da lui i suoi pensieri e più si trovavasola senza conforto e sentiva il bisogno di sorreggersicon quell’affetto.

Il conte Arcieri dal canto suo aveva fatto quanto erain lui per ottenere una riconciliazione. Maggiori erano ledifficoltà e più ostinato cresceva anche in lui il capric-cio. Egli non trascurava nessuna occasione d’incontrarsicon lei, di vederla anche soltanto da lontano; di fare unacarezza, un dono alla piccina, allorchè s’imbatteva a tro-varla sola per via colla Lisa. La contessa, sdegnosa sulleprime, finì col non badarvi più. – Si stancherà – dissefra sè – e questo capriccio passerà come tant’altri! Incuor suo essa gli aveva perdonato assai più di quanto nevolesse convenire; l’affetto da esso dimostrato alla bam-bina aveva più d’ogni altra cosa placato il suo sdegno, eallorchè parlava di lui lo faceva ora con calma e quasicon cortesia. —

Non mancarono però d’accorgersene i parenti e gliamici più intimi; e appena che potevano essi trovarsi atu per tu con Bianca, gliene parlavano, esagerando ilpentimento del marito, narrandole come egli avessecambiato vita e come lo zio Baldi fosse invano indispet-tito contro il nipote.

La corte che il conte Arcieri rifaceva a sua moglie di-venne in breve tempo un fatto palese. In città tutti ne

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parlavano, e ricordando allora l’atto recente e biasimatoche spogliava la contessa della eredità paterna, i più, chedell’andamento di codesto negozio nulla sapevano,l’attribuirono all’amore sdegnato del marito, che conquesto mezzo cercava vendicarsi dello sprezzo dellamoglie e costringerla a ritornare nella casa coniugale. Ilconte fu così assoluto della colpa passata, incoraggiatonei suoi tentativi; solo il vecchio Baldi derideva di con-tinuo il nipote, s’informava nascostamente di quantoegli faceva, e accoglieva ogni nuova ripulsa con una fre-gatina di mani.

— Ha ragione. Ha mille volte ragione. Non credevadavvero che ella avesse tanto senno, – si vede che incasa mia è quello un dono di Dio che non prospera, per-chè quando la c’era, n’aveva poco di certo, ed ora Pietri-no ha perduto tutto il suo! Sono sgomento per me e qua-si mi vien voglia d’andare a stare in casa d’altri.... —

Era prossimo il Capo d’anno e la famiglia Marnierinon aveva ancora potuto tornare in città. L’avvocatoscriveva una lettera dietro l’altra alla contessa, dicendo:– Vengo domani, – vengo alla fine della settimana, –parto forse stasera, – ma egli non arrivava mai. La si-gnora Marnieri s’era ammalata e non voleva o non pote-va tornare a Milano. Finalmente la seconda festa di Na-tale, ad ora più tarda del consueto, Beppe annunciavanel salotto di Bianca il signor avvocato Marnieri.

La contessa era sola colla sua piccina, che raggiantedi gioia, in mezzo a tutti i suoi nuovi balocchi, non ave-va ancora voluto coricarsi. Essa aveva ricevuto da parte

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parlavano, e ricordando allora l’atto recente e biasimatoche spogliava la contessa della eredità paterna, i più, chedell’andamento di codesto negozio nulla sapevano,l’attribuirono all’amore sdegnato del marito, che conquesto mezzo cercava vendicarsi dello sprezzo dellamoglie e costringerla a ritornare nella casa coniugale. Ilconte fu così assoluto della colpa passata, incoraggiatonei suoi tentativi; solo il vecchio Baldi derideva di con-tinuo il nipote, s’informava nascostamente di quantoegli faceva, e accoglieva ogni nuova ripulsa con una fre-gatina di mani.

— Ha ragione. Ha mille volte ragione. Non credevadavvero che ella avesse tanto senno, – si vede che incasa mia è quello un dono di Dio che non prospera, per-chè quando la c’era, n’aveva poco di certo, ed ora Pietri-no ha perduto tutto il suo! Sono sgomento per me e qua-si mi vien voglia d’andare a stare in casa d’altri.... —

Era prossimo il Capo d’anno e la famiglia Marnierinon aveva ancora potuto tornare in città. L’avvocatoscriveva una lettera dietro l’altra alla contessa, dicendo:– Vengo domani, – vengo alla fine della settimana, –parto forse stasera, – ma egli non arrivava mai. La si-gnora Marnieri s’era ammalata e non voleva o non pote-va tornare a Milano. Finalmente la seconda festa di Na-tale, ad ora più tarda del consueto, Beppe annunciavanel salotto di Bianca il signor avvocato Marnieri.

La contessa era sola colla sua piccina, che raggiantedi gioia, in mezzo a tutti i suoi nuovi balocchi, non ave-va ancora voluto coricarsi. Essa aveva ricevuto da parte

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del suo babbo dei doni veramente splendidi e non sape-va saziarsi di guardarli.

La contessa Bianca corse incontro all’avvocato e glistese le due mani.

— Quanto v’ho aspettato! – disse.— Credete voi che se avessi potuto venire un’ora pri-

ma d’adesso non l’avrei fatto? – rispose, guardandolalungamente e stringendole le mani. – Ma non potetti, –aggiunse molto mestamente.

— E.... è malata.... vostra.... la signora Marnieri? –disse a stento.

— Assai, – rispose egli; e per troncare il discorso sivolse alla bambina, l’accarezzò e la baciò.

— Anche voi siete pallido e avete l’aspetto sofferen-te, – disse Bianca, guardandolo con inquietudine.

— Ho vissuto senza di voi – rispose piano – ed ormainon so più che cosa sia vivere senza vedervi. – Però eglisi trattenne in quella sera meno del solito. L’attendevanoa casa, e il viaggio aveva molto stancato l’ammalata.

Bianca non ardì trattenerlo; ma sentì un gelo al cuore,come se le sovrastasse una sventura.

La signora Marnieri aveva una febbre ardente, allor-chè il marito entrò nella sua camera. L’avvocato se neaccorò e maravigliò ad un tempo; non parevagli che ilviaggio potesse averle fatto tanto male.

Egli non sapeva che ogni minuto di sua assenza inquella sera aveva aumentate le battute del polso dellapovera malata.

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del suo babbo dei doni veramente splendidi e non sape-va saziarsi di guardarli.

La contessa Bianca corse incontro all’avvocato e glistese le due mani.

— Quanto v’ho aspettato! – disse.— Credete voi che se avessi potuto venire un’ora pri-

ma d’adesso non l’avrei fatto? – rispose, guardandolalungamente e stringendole le mani. – Ma non potetti, –aggiunse molto mestamente.

— E.... è malata.... vostra.... la signora Marnieri? –disse a stento.

— Assai, – rispose egli; e per troncare il discorso sivolse alla bambina, l’accarezzò e la baciò.

— Anche voi siete pallido e avete l’aspetto sofferen-te, – disse Bianca, guardandolo con inquietudine.

— Ho vissuto senza di voi – rispose piano – ed ormainon so più che cosa sia vivere senza vedervi. – Però eglisi trattenne in quella sera meno del solito. L’attendevanoa casa, e il viaggio aveva molto stancato l’ammalata.

Bianca non ardì trattenerlo; ma sentì un gelo al cuore,come se le sovrastasse una sventura.

La signora Marnieri aveva una febbre ardente, allor-chè il marito entrò nella sua camera. L’avvocato se neaccorò e maravigliò ad un tempo; non parevagli che ilviaggio potesse averle fatto tanto male.

Egli non sapeva che ogni minuto di sua assenza inquella sera aveva aumentate le battute del polso dellapovera malata.

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Il medico parlava d’ingorghi al polmone, di minacceal cuore, di febbri periodiche, e non sapeva che la suacliente era colpita da quella terribile malattia al cervelloche non lascia tregua o riposo, e che si chiama manìagelosa.

Nei giorni seguenti l’ammalata peggiorò e non potèpiù levarsi dal letto. Suo marito l’assisteva con solleci-tudine e attenzione. Ma compiva un dovere, non accon-tentava un desiderio affettuoso. L’ammalata lo sentiva,lo capiva, quasi ella si trovasse in uno stato morboso,che le conferisse la facoltà di penetrare nel pensiero al-trui e leggervi il vero.

La povera donna si dibatteva fra un violento malereale e quell’orribile creazione della sua perspicacia edella sua fantasia. Si calmava un poco quand’egli erapresente, ma allorchè usciva dalla sua camera, la mente,eccitata dalla febbre, oscillante fra il delirio e la ragione,soffriva tutte le angoscie della sua crudele fissazione.

Il Marnieri non si tratteneva che pochi minuti dallacontessa. Vi andava di frequente, ma non ardiva lasciarsola l’ammalata che lo voleva continuamente presso disè. Anche i figli avevano bisogno di lui; lo stato di quel-la madre esemplare, che essi adoravano, li affliggevatanto, che essi, inesperti nel soffrire, non sapevano do-mare e nascondere le angosce che provavano.

Il Marnieri parlava poco di questi particolari alla con-tessa, ma Bianca indovinava e gli leggeva in viso ciòche non diceva. Erano mesti entrambi in quell’ore. Essacapiva che egli cercava conforto e riposo da lei, sentiva

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Il medico parlava d’ingorghi al polmone, di minacceal cuore, di febbri periodiche, e non sapeva che la suacliente era colpita da quella terribile malattia al cervelloche non lascia tregua o riposo, e che si chiama manìagelosa.

Nei giorni seguenti l’ammalata peggiorò e non potèpiù levarsi dal letto. Suo marito l’assisteva con solleci-tudine e attenzione. Ma compiva un dovere, non accon-tentava un desiderio affettuoso. L’ammalata lo sentiva,lo capiva, quasi ella si trovasse in uno stato morboso,che le conferisse la facoltà di penetrare nel pensiero al-trui e leggervi il vero.

La povera donna si dibatteva fra un violento malereale e quell’orribile creazione della sua perspicacia edella sua fantasia. Si calmava un poco quand’egli erapresente, ma allorchè usciva dalla sua camera, la mente,eccitata dalla febbre, oscillante fra il delirio e la ragione,soffriva tutte le angoscie della sua crudele fissazione.

Il Marnieri non si tratteneva che pochi minuti dallacontessa. Vi andava di frequente, ma non ardiva lasciarsola l’ammalata che lo voleva continuamente presso disè. Anche i figli avevano bisogno di lui; lo stato di quel-la madre esemplare, che essi adoravano, li affliggevatanto, che essi, inesperti nel soffrire, non sapevano do-mare e nascondere le angosce che provavano.

Il Marnieri parlava poco di questi particolari alla con-tessa, ma Bianca indovinava e gli leggeva in viso ciòche non diceva. Erano mesti entrambi in quell’ore. Essacapiva che egli cercava conforto e riposo da lei, sentiva

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che era dover suo sorreggerlo, animarlo, e d’altra partele sembrava che ogni parola di affetto, ogni prova di co-munanza fra essi, in un momento come quello, fosseun’offesa a quella poveretta che forse moriva.

L’ultima sera dell’anno Bianca attese invano il Mar-nieri. Essa sedeva accanto al caminetto, guardando me-stamente il fuoco che ardeva presso a lei. La bambinaera andata a letto e aveva sparso a’ suoi piedi moltissimifiori, che s’era divertita a togliere da un elegantissimopanierino che il conte Arcieri aveale inviato con dei dol-ci per il Capo d’anno. Il panierino era colmo di fiori rarie fraganti, forse egli aveva sperato che la contessa li po-tesse gradire per sè; ma Bianca li lasciò in balìa dellabambina, che li profuse a suo piacere sul tappeto del sa-lottino. Essi empivano ora di un’acuta fragranza tutta lacamera, giacevano a terra, sopra i mobili, ve n’eranoperfino sulla veste di raso nero della contessa. Bianca livide e li scosse da sè, poi si rimise nella positura di pri-ma e guardò il fuoco.

Finiva l’anno e i suoi pensieri volgevansi sgomentidal passato all’avvenire. Aspettava il Marnieri. Temevae desiderava che egli venisse. Ma si faceva tardi, ed eglinon veniva.

Che sua moglie stésse peggio? Che morisse? La con-tessa si scosse. Se la moglie del Marnieri morisse? pen-sò di nuovo. Poi coprì il viso con ambo le mani ed ebbeorrore di sè e dei suoi pensieri.

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che era dover suo sorreggerlo, animarlo, e d’altra partele sembrava che ogni parola di affetto, ogni prova di co-munanza fra essi, in un momento come quello, fosseun’offesa a quella poveretta che forse moriva.

L’ultima sera dell’anno Bianca attese invano il Mar-nieri. Essa sedeva accanto al caminetto, guardando me-stamente il fuoco che ardeva presso a lei. La bambinaera andata a letto e aveva sparso a’ suoi piedi moltissimifiori, che s’era divertita a togliere da un elegantissimopanierino che il conte Arcieri aveale inviato con dei dol-ci per il Capo d’anno. Il panierino era colmo di fiori rarie fraganti, forse egli aveva sperato che la contessa li po-tesse gradire per sè; ma Bianca li lasciò in balìa dellabambina, che li profuse a suo piacere sul tappeto del sa-lottino. Essi empivano ora di un’acuta fragranza tutta lacamera, giacevano a terra, sopra i mobili, ve n’eranoperfino sulla veste di raso nero della contessa. Bianca livide e li scosse da sè, poi si rimise nella positura di pri-ma e guardò il fuoco.

Finiva l’anno e i suoi pensieri volgevansi sgomentidal passato all’avvenire. Aspettava il Marnieri. Temevae desiderava che egli venisse. Ma si faceva tardi, ed eglinon veniva.

Che sua moglie stésse peggio? Che morisse? La con-tessa si scosse. Se la moglie del Marnieri morisse? pen-sò di nuovo. Poi coprì il viso con ambo le mani ed ebbeorrore di sè e dei suoi pensieri.

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Le doleva il capo; essa non aveva badato all’acutissi-ma fragranza di quei fiori, le pareva che un cattivo pen-siero la soffocasse, le facesse male.

Tutto taceva intorno a lei, di fuori cadeva la neve, e ilrumore dei passi si perdeva su quel molle strato che gia-ceva a terra; le carrozze passavano di rado nella via de-serta che essa abitava, e il silenzio talvolta le pareva in-tollerabile e accresceva il suo sgomento. Guardòl’oriuolo: mancava un quarto d’ora alla mezzanotte.

Egli non veniva più di certo in quella sera. La contes-sa Bianca stava per ritirarsi nella sua camera da letto, al-lorchè una scossa di campanello vibrò nel silenzio dellanotte. – È lui, – esclamò tra sè, e il cuore le battè conviolenza.

Un momento dopo egli era con lei. – Sono fuggito dacasa un istante, come un malfattore, e sono venuto apassare almeno i primi minuti dell’anno nuovo con voi.– E si chinò sulla mano fredda di Bianca e la baciò lun-gamente.

— Perchè siete andato via di là? – mormorò la con-tessa. – Che notizie avete? —

— Le solite.... – rispose; non volle dirle che eranopeggiori, perchè la vide così turbata e mesta che nonardì.

— Come finisce male quest’anno in quella casa.... ilnuovo, Bianca, come sarà?... – La guardò con dolore econ passione, come se dovesse perderla.

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Le doleva il capo; essa non aveva badato all’acutissi-ma fragranza di quei fiori, le pareva che un cattivo pen-siero la soffocasse, le facesse male.

Tutto taceva intorno a lei, di fuori cadeva la neve, e ilrumore dei passi si perdeva su quel molle strato che gia-ceva a terra; le carrozze passavano di rado nella via de-serta che essa abitava, e il silenzio talvolta le pareva in-tollerabile e accresceva il suo sgomento. Guardòl’oriuolo: mancava un quarto d’ora alla mezzanotte.

Egli non veniva più di certo in quella sera. La contes-sa Bianca stava per ritirarsi nella sua camera da letto, al-lorchè una scossa di campanello vibrò nel silenzio dellanotte. – È lui, – esclamò tra sè, e il cuore le battè conviolenza.

Un momento dopo egli era con lei. – Sono fuggito dacasa un istante, come un malfattore, e sono venuto apassare almeno i primi minuti dell’anno nuovo con voi.– E si chinò sulla mano fredda di Bianca e la baciò lun-gamente.

— Perchè siete andato via di là? – mormorò la con-tessa. – Che notizie avete? —

— Le solite.... – rispose; non volle dirle che eranopeggiori, perchè la vide così turbata e mesta che nonardì.

— Come finisce male quest’anno in quella casa.... ilnuovo, Bianca, come sarà?... – La guardò con dolore econ passione, come se dovesse perderla.

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In quel momento suonava la mezzanotte. Essi si fissa-rono muti, quasi atterriti, l’un l’altro. Di che? Nonl’avrebbero saputo definire nessun dei due.

— Bianca, – disse il Marnieri, tenendo sempre strettala sua mano, – Bianca, se in quest’anno tu mi dovessiabbandonare? – La contessa non rispose, ma egli sentì lesue dita che gli stringevano le mani e vide i suoi occhineri dilatarsi con un’espressione di dolore. – Ti adoro,Bianca, per carità non mi lasciare, – e si chinò sopra dilei e la baciò in fronte con rispetto, con riverenza, quasigli dovesse portare disgrazia l’aggiungere a quell’attoun gesto o una parola che non fosse all’altezza dei suoisentimenti in quell’ora; e poi, con uno sguardo pieno dimalinconia e d’affetto, come se non dovesse vederlapiù, fuggì di lì, corse giù per le scale e tornò a casa sua.

La contessa Bianca stordita, commossa, stette qualchetempo immobile; poi, d’un tratto correndo all’uscio,uscì dalla sala, attraversò l’anticamera e aprì la porta dicasa. Voleva rivederlo, voleva dirgli una parola. Le erasembrato in quel momento, con orrore, che non dovessepiù tornare. Ma la scala era deserta e l’aria fredda dellanotte, che le soffiò nel viso, dissipò un poco il dolore in-sistente che le martellava la testa. – Sono pazza, – disse,e andò lentamente a capo chino nella camera da letto.

La piccina vi dormiva nel suo letticciuolo accanto aquello della mamma. Il visino della bambina roseo, sor-ridente, esprimeva tutta la placidezza di un sonno pro-fondo e tranquillo.

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In quel momento suonava la mezzanotte. Essi si fissa-rono muti, quasi atterriti, l’un l’altro. Di che? Nonl’avrebbero saputo definire nessun dei due.

— Bianca, – disse il Marnieri, tenendo sempre strettala sua mano, – Bianca, se in quest’anno tu mi dovessiabbandonare? – La contessa non rispose, ma egli sentì lesue dita che gli stringevano le mani e vide i suoi occhineri dilatarsi con un’espressione di dolore. – Ti adoro,Bianca, per carità non mi lasciare, – e si chinò sopra dilei e la baciò in fronte con rispetto, con riverenza, quasigli dovesse portare disgrazia l’aggiungere a quell’attoun gesto o una parola che non fosse all’altezza dei suoisentimenti in quell’ora; e poi, con uno sguardo pieno dimalinconia e d’affetto, come se non dovesse vederlapiù, fuggì di lì, corse giù per le scale e tornò a casa sua.

La contessa Bianca stordita, commossa, stette qualchetempo immobile; poi, d’un tratto correndo all’uscio,uscì dalla sala, attraversò l’anticamera e aprì la porta dicasa. Voleva rivederlo, voleva dirgli una parola. Le erasembrato in quel momento, con orrore, che non dovessepiù tornare. Ma la scala era deserta e l’aria fredda dellanotte, che le soffiò nel viso, dissipò un poco il dolore in-sistente che le martellava la testa. – Sono pazza, – disse,e andò lentamente a capo chino nella camera da letto.

La piccina vi dormiva nel suo letticciuolo accanto aquello della mamma. Il visino della bambina roseo, sor-ridente, esprimeva tutta la placidezza di un sonno pro-fondo e tranquillo.

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La contessa si chinò su quel visino, ma poi si ritrassed’un tratto. Non ardì baciarla; cercò una sua manina e lavide penzolare dal letto, tenendo ancora strette delle ca-melie. Bianca si mise in ginocchio e baciò quelle picco-le dita fintanto che ne caddero i fiori, poi le ripiegò sullecoltri e guardò ancora lungamente in silenzio la suacreatura.

L’ammalata in casa Marnieri, che sembrava assopitaallora che l’avvocato abbandonava il suo letto, avevasentito quasi più coll’intuizione che col senso ogni cosa.

Aveva udito i passi del marito che s’allontanava dallasua camera, la porta di casa che si chiudeva pian pianoper non far rumore, e l’era parso perfino di sentirlo cam-minare sulla neve, nella strada.

Qualche minuto dopo che egli era partito, la malatachiamò Elisa, la maggiore delle sue figlie, che sedevaaccanto al letto. Questa si alzò e si chinò verso la madre.

— È ancor levata Marietta? – domandò con voce bas-sissima.

— Sono qui, signora, – rispose prontamente la suavecchia e devota cameriera, che se ne stava rincantuc-ciata dall’altro lato del letto.

— Voglio restare sola con te un momento, – dissel’ammalata con voce più ferma.

L’Elisa uscì piano piano dalla camera e dietro a leiuscì pure una bambina più piccola, con gli occhi rossi eil visino smunto.

— Siamo sole? – domandò la signora Marnieri, rial-zandosi un poco.

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La contessa si chinò su quel visino, ma poi si ritrassed’un tratto. Non ardì baciarla; cercò una sua manina e lavide penzolare dal letto, tenendo ancora strette delle ca-melie. Bianca si mise in ginocchio e baciò quelle picco-le dita fintanto che ne caddero i fiori, poi le ripiegò sullecoltri e guardò ancora lungamente in silenzio la suacreatura.

L’ammalata in casa Marnieri, che sembrava assopitaallora che l’avvocato abbandonava il suo letto, avevasentito quasi più coll’intuizione che col senso ogni cosa.

Aveva udito i passi del marito che s’allontanava dallasua camera, la porta di casa che si chiudeva pian pianoper non far rumore, e l’era parso perfino di sentirlo cam-minare sulla neve, nella strada.

Qualche minuto dopo che egli era partito, la malatachiamò Elisa, la maggiore delle sue figlie, che sedevaaccanto al letto. Questa si alzò e si chinò verso la madre.

— È ancor levata Marietta? – domandò con voce bas-sissima.

— Sono qui, signora, – rispose prontamente la suavecchia e devota cameriera, che se ne stava rincantuc-ciata dall’altro lato del letto.

— Voglio restare sola con te un momento, – dissel’ammalata con voce più ferma.

L’Elisa uscì piano piano dalla camera e dietro a leiuscì pure una bambina più piccola, con gli occhi rossi eil visino smunto.

— Siamo sole? – domandò la signora Marnieri, rial-zandosi un poco.

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— Sissignora, – rispose la cameriera.— Dammi subito un foglio di carta e una matita, –

disse imperiosamente la malata.— Vuole scrivere! – esclamò maravigliata e dubbiosa

la Marietta.— Sì: presto, dammi ciò che chiedo, – replicò con

impazienza la signora; – presto che lui non torni. – Ladonna obbedì: andò allo scrittoio, prese un foglio dallacartella e una matita.

— Va bene, – disse la signora Marnieri, prendendocon mani tremanti quel foglio. – Dammi un libro, per-chè vi possa scrivere sopra.

— Così, – e si sollevò un poco a stento, si fece regge-re il libro, e scrisse poche parole, confuse, torte, scritte asbalzi. Poi fece piegare il foglio, lo fece collocare in unabusta e vi scrisse l’indirizzo.

— Questa lettera, – disse ricadendo sui guanciali, –questa lettera la porterai domattina alla contessa BiancaArcieri; ma bada, Marietta, che nessuno lo sappia. Nes-suno, intendi? Mi posso fidare di te?

— Cara signora, – rispose la vecchia cameriera, –farò tutto come ella vuole e non lo saprà neppur l’aria.Ma per carità la non si muova, non parli troppo, chèquesta è appunto l’ora che le cresce la febbre. —

La signora Marnieri le fece un cenno affermativo colcapo e non disse più nulla; poi, avendo sentito riaprirel’uscio di casa, ordinò alla Marietta che chiamasse la fi-gliuola.

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— Sissignora, – rispose la cameriera.— Dammi subito un foglio di carta e una matita, –

disse imperiosamente la malata.— Vuole scrivere! – esclamò maravigliata e dubbiosa

la Marietta.— Sì: presto, dammi ciò che chiedo, – replicò con

impazienza la signora; – presto che lui non torni. – Ladonna obbedì: andò allo scrittoio, prese un foglio dallacartella e una matita.

— Va bene, – disse la signora Marnieri, prendendocon mani tremanti quel foglio. – Dammi un libro, per-chè vi possa scrivere sopra.

— Così, – e si sollevò un poco a stento, si fece regge-re il libro, e scrisse poche parole, confuse, torte, scritte asbalzi. Poi fece piegare il foglio, lo fece collocare in unabusta e vi scrisse l’indirizzo.

— Questa lettera, – disse ricadendo sui guanciali, –questa lettera la porterai domattina alla contessa BiancaArcieri; ma bada, Marietta, che nessuno lo sappia. Nes-suno, intendi? Mi posso fidare di te?

— Cara signora, – rispose la vecchia cameriera, –farò tutto come ella vuole e non lo saprà neppur l’aria.Ma per carità la non si muova, non parli troppo, chèquesta è appunto l’ora che le cresce la febbre. —

La signora Marnieri le fece un cenno affermativo colcapo e non disse più nulla; poi, avendo sentito riaprirel’uscio di casa, ordinò alla Marietta che chiamasse la fi-gliuola.

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— Voglio che tu vada a riposare, cara bambina. Stomeglio, – disse alla figlia, appena questa rientrò, e sic-come l’Elisa sembrava non volerle obbedire, le ripetè ilsuo desiderio. – Per farmi piacere, Elisa mia, – aggiun-se, e la ragazza obbedì.

Dopo questo la signora Marnieri volse un poco ilcapo dall'altra parte, e stanca per la fatica patita nelloscrivere, e più di tutto per il fiero battagliare che aveva-no fatto nella sua torbida fantasia i pensieri incerti e in-quieti che l’avevano spinta a scrivere quelle parole, vin-ta dal crescere della febbre, si assopì realmente, e dormìalcune ore tormentata da sogni spaventosi e da immagi-ni fantastiche.

Nel mattino seguente la contessa Bianca, che s’eracoricata tardissimo, si destò che erano già più dellenove. La Lisa era entrata all’ora consueta nella camera,aveva deposto un foglio sul tavolino e aveva vestita pianpiano la bambina e poi se l’era portata seco, perchè nondestasse la mamma.

Lo sguardo della contessa appena aprì gli occhi siposò subito sopra quel foglio. Suonò il campanello, selo fece portare e guardò con maraviglia l’indirizzo fattoa matita, la scrittura ignota e irregolare; l’aperse, lesse, esi fe’ pallida pallida.

— Chi ha portato questa lettera? – domandò quasitremando alla Lisa.

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— Voglio che tu vada a riposare, cara bambina. Stomeglio, – disse alla figlia, appena questa rientrò, e sic-come l’Elisa sembrava non volerle obbedire, le ripetè ilsuo desiderio. – Per farmi piacere, Elisa mia, – aggiun-se, e la ragazza obbedì.

Dopo questo la signora Marnieri volse un poco ilcapo dall'altra parte, e stanca per la fatica patita nelloscrivere, e più di tutto per il fiero battagliare che aveva-no fatto nella sua torbida fantasia i pensieri incerti e in-quieti che l’avevano spinta a scrivere quelle parole, vin-ta dal crescere della febbre, si assopì realmente, e dormìalcune ore tormentata da sogni spaventosi e da immagi-ni fantastiche.

Nel mattino seguente la contessa Bianca, che s’eracoricata tardissimo, si destò che erano già più dellenove. La Lisa era entrata all’ora consueta nella camera,aveva deposto un foglio sul tavolino e aveva vestita pianpiano la bambina e poi se l’era portata seco, perchè nondestasse la mamma.

Lo sguardo della contessa appena aprì gli occhi siposò subito sopra quel foglio. Suonò il campanello, selo fece portare e guardò con maraviglia l’indirizzo fattoa matita, la scrittura ignota e irregolare; l’aperse, lesse, esi fe’ pallida pallida.

— Chi ha portato questa lettera? – domandò quasitremando alla Lisa.

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— La cameriera della signora Marnieri, signora con-tessa, – rispose la Lisa, – e mi disse anche che la sua po-vera signora sta tanto male. —

La contessa balzò dal letto.— Bisogna che mi vesta subito, subito, ma presto, –

disse e con impazienza febbrile, in brevissimo tempo,era pronta col cappello in capo.

— Esce con questo freddo senza bere almeno qualco-sa di caldo? – domandò inquieta la buona Lisa.

— Non ho tempo, – rispose con impazienza Bianca; –di’ a Beppe che vada a prendermi un legno. – Lisa andòe intanto la contessa scendeva le scale quasi seguendoBeppe, che la trovò al suo ritorno che l’aspettava nellastrada coi piedi nella neve. —

La signora Marnieri aveva scritto alla contessa chestava male e che voleva parlarle, che non indugiasse – eBianca, col cuore tremante, colla coscienza turbata, pau-rosa e impaziente obbediva a quella chiamata.

Salì di volo le scale di casa Marnieri; della casa dilui! Quel pensiero l’agitò con mille paure e mille tristez-ze. Nell’anticamera trovò la Marietta che era stata atten-ta a tutti i rumori e che aveva sentito la carrozza fermar-si. La cameriera la salutò con un’aria confusa e miste-riosa ad un tempo, e la fece passare da una porticina chemetteva ad un andito interno; di là entrarono in parec-chie camere che sembravano destinate alle persone diservizio, e finalmente l’introdusse in un piccolo salotti-no, che era forse la camera d’abbigliamento della signo-ra.

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— La cameriera della signora Marnieri, signora con-tessa, – rispose la Lisa, – e mi disse anche che la sua po-vera signora sta tanto male. —

La contessa balzò dal letto.— Bisogna che mi vesta subito, subito, ma presto, –

disse e con impazienza febbrile, in brevissimo tempo,era pronta col cappello in capo.

— Esce con questo freddo senza bere almeno qualco-sa di caldo? – domandò inquieta la buona Lisa.

— Non ho tempo, – rispose con impazienza Bianca; –di’ a Beppe che vada a prendermi un legno. – Lisa andòe intanto la contessa scendeva le scale quasi seguendoBeppe, che la trovò al suo ritorno che l’aspettava nellastrada coi piedi nella neve. —

La signora Marnieri aveva scritto alla contessa chestava male e che voleva parlarle, che non indugiasse – eBianca, col cuore tremante, colla coscienza turbata, pau-rosa e impaziente obbediva a quella chiamata.

Salì di volo le scale di casa Marnieri; della casa dilui! Quel pensiero l’agitò con mille paure e mille tristez-ze. Nell’anticamera trovò la Marietta che era stata atten-ta a tutti i rumori e che aveva sentito la carrozza fermar-si. La cameriera la salutò con un’aria confusa e miste-riosa ad un tempo, e la fece passare da una porticina chemetteva ad un andito interno; di là entrarono in parec-chie camere che sembravano destinate alle persone diservizio, e finalmente l’introdusse in un piccolo salotti-no, che era forse la camera d’abbigliamento della signo-ra.

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Qui la cameriera fece cenno colla mano alla contessadi sedere, ma di non parlare.

— Potrebbero sentire – disse piano piano – e la miapovera signora mi ha tanto raccomandato che non sisappia. – Bianca si mise a sedere, perchè le gambe nonla reggevano più. Si udivano vicine vicine delle voci, ela contessa riconosceva di tempo in tempo quella delMarnieri.

— C’è il dottore, – disse di nuovo pianissimo la don-na. – Bianca fe’ cenno col capo che intendeva, ma sequella donna non fosse stata lì, avrebbe volentieri turatole orecchie per non sentire in quel momento, così vicinaa lei, la voce di Luciano. La camera dell’ammalata nonsolo doveva essere attigua, ma le porte forse non eranoneppur chiuse e soltanto calate le portiere.

Ed ella era lì come una delinquente, quasi nel seno diquella famiglia, fra i figli, la madre e lui, tremante, na-scosta soltanto da poche braccia di stoffa.

Dopo qualche tempo il suono delle voci cessò im-provvisamente.

— Il dottore se n’è andato, – disse subito la camerie-ra. – Mi aspetti qui un momento, signora, – e la donnaentrò nella camera della malata. Bianca udì ancora unbisbiglio di voci, indi si alzò una portiera e la camerieraaffacciatasi le fe’ cenno di entrare.

La contessa obbedì a quel cenno e penetrò in una ca-mera, che dapprincipio le parve affatto oscura. Cercò illetto quasi a tastoni e s’avanzò senza proferire parola.

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Qui la cameriera fece cenno colla mano alla contessadi sedere, ma di non parlare.

— Potrebbero sentire – disse piano piano – e la miapovera signora mi ha tanto raccomandato che non sisappia. – Bianca si mise a sedere, perchè le gambe nonla reggevano più. Si udivano vicine vicine delle voci, ela contessa riconosceva di tempo in tempo quella delMarnieri.

— C’è il dottore, – disse di nuovo pianissimo la don-na. – Bianca fe’ cenno col capo che intendeva, ma sequella donna non fosse stata lì, avrebbe volentieri turatole orecchie per non sentire in quel momento, così vicinaa lei, la voce di Luciano. La camera dell’ammalata nonsolo doveva essere attigua, ma le porte forse non eranoneppur chiuse e soltanto calate le portiere.

Ed ella era lì come una delinquente, quasi nel seno diquella famiglia, fra i figli, la madre e lui, tremante, na-scosta soltanto da poche braccia di stoffa.

Dopo qualche tempo il suono delle voci cessò im-provvisamente.

— Il dottore se n’è andato, – disse subito la camerie-ra. – Mi aspetti qui un momento, signora, – e la donnaentrò nella camera della malata. Bianca udì ancora unbisbiglio di voci, indi si alzò una portiera e la camerieraaffacciatasi le fe’ cenno di entrare.

La contessa obbedì a quel cenno e penetrò in una ca-mera, che dapprincipio le parve affatto oscura. Cercò illetto quasi a tastoni e s’avanzò senza proferire parola.

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— Lasciaci sole, – disse la voce della signora Marnie-ri dal letto alla cameriera. – Questa indicò alla contessauna poltrona vicina all'ammalata, e si ritirò; ma Biancastette in piedi, anzi si fe’ d’un passo più vicina, avendocominciato a scorgere in quella mezza luce il pallidoviso della signora Marnieri fra i guanciali.

— Contessa, – disse subito appena che furono solel’ammalata, fissandola con occhi vitrei, – è vero che ellaè l’amante di mio marito? —

Bianca si scosse e stese la mano quasi volesse difen-dersi da qualcosa. Le fu impossibile rispondere a quelladomanda improvvisa, audace, inattesa.

— È vero? – domandò imperiosamente la signoraMarnieri.

— No, – disse allora Bianca, chinando giù giù la te-sta.

— È la verità? – domandò ancora con avida impa-zienza l’ammalata.

— È la verità, – rispose Bianca, che se ne stava im-mobile come una statua. – Vi fu un momento di ango-scioso silenzio. L’occhio vitreo dell’ammalata fissavasempre il volto della contessa Bianca.

— Perchè allora vi fate amare da lui? – domandò se-vera e sdegnata la signora Marnieri.

La contessa ebbe voglia di fuggire di lì. Sentiva pietàdi quella povera donna, orrore di sè. Avrebbe voluto chele offrissero il mezzo di fare qualche grande sagrifizioper attenuare il mal fatto, ma rispondere a codeste inter-rogazioni superava quasi le sue forze.

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— Lasciaci sole, – disse la voce della signora Marnie-ri dal letto alla cameriera. – Questa indicò alla contessauna poltrona vicina all'ammalata, e si ritirò; ma Biancastette in piedi, anzi si fe’ d’un passo più vicina, avendocominciato a scorgere in quella mezza luce il pallidoviso della signora Marnieri fra i guanciali.

— Contessa, – disse subito appena che furono solel’ammalata, fissandola con occhi vitrei, – è vero che ellaè l’amante di mio marito? —

Bianca si scosse e stese la mano quasi volesse difen-dersi da qualcosa. Le fu impossibile rispondere a quelladomanda improvvisa, audace, inattesa.

— È vero? – domandò imperiosamente la signoraMarnieri.

— No, – disse allora Bianca, chinando giù giù la te-sta.

— È la verità? – domandò ancora con avida impa-zienza l’ammalata.

— È la verità, – rispose Bianca, che se ne stava im-mobile come una statua. – Vi fu un momento di ango-scioso silenzio. L’occhio vitreo dell’ammalata fissavasempre il volto della contessa Bianca.

— Perchè allora vi fate amare da lui? – domandò se-vera e sdegnata la signora Marnieri.

La contessa ebbe voglia di fuggire di lì. Sentiva pietàdi quella povera donna, orrore di sè. Avrebbe voluto chele offrissero il mezzo di fare qualche grande sagrifizioper attenuare il mal fatto, ma rispondere a codeste inter-rogazioni superava quasi le sue forze.

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— Perchè? – domandò a voce più alta la malata.— Perchè l’amavo anch’io, – rispose confusa, umile,

stordita la contessa.— Ah! siete almeno sincera! Vi ringrazio, – disse pia-

no, ma con voce irata e tremante la signora Marnieri.Poi vinta dalla debolezza e dall’affanno si mise a pian-gere, e disse con accento profondamente addoloratocome per un male senza rimedio:

— Io ne muoio. —La contessa Bianca sentì una compassione vivissima

per quella povera donna; si accostò maggiormente a leie disse:

— Che cosa posso fare? —L’ammalata cessò dal singhiozzare e la guardò mara-

vigliata.— Non lo so, – rispose, come se la sua testa stanca

non fosse più capace di connettere un'idea.— Non posso dunque far niente, non mi credete capa-

ce di riparare?... —La signora Marnieri l’interruppe:— Che cosa volete fare? Anche se foste sincera lo po-

treste? I miei poveri figli ed io abbiamo perduto per cau-sa vostra il più caro dei nostri affetti. Sapete dove vannoquelle cose lì, allorchè si perdono? Se lo potete, rendete-celo. —

La contessa Bianca abbassò muta, umiliata, la suabella testa, il cuore le si struggeva, avrebbe data la suavita per la moglie del Marnieri in quel momento e nonpoteva nulla! Vi fu un lungo silenzio.

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— Perchè? – domandò a voce più alta la malata.— Perchè l’amavo anch’io, – rispose confusa, umile,

stordita la contessa.— Ah! siete almeno sincera! Vi ringrazio, – disse pia-

no, ma con voce irata e tremante la signora Marnieri.Poi vinta dalla debolezza e dall’affanno si mise a pian-gere, e disse con accento profondamente addoloratocome per un male senza rimedio:

— Io ne muoio. —La contessa Bianca sentì una compassione vivissima

per quella povera donna; si accostò maggiormente a leie disse:

— Che cosa posso fare? —L’ammalata cessò dal singhiozzare e la guardò mara-

vigliata.— Non lo so, – rispose, come se la sua testa stanca

non fosse più capace di connettere un'idea.— Non posso dunque far niente, non mi credete capa-

ce di riparare?... —La signora Marnieri l’interruppe:— Che cosa volete fare? Anche se foste sincera lo po-

treste? I miei poveri figli ed io abbiamo perduto per cau-sa vostra il più caro dei nostri affetti. Sapete dove vannoquelle cose lì, allorchè si perdono? Se lo potete, rendete-celo. —

La contessa Bianca abbassò muta, umiliata, la suabella testa, il cuore le si struggeva, avrebbe data la suavita per la moglie del Marnieri in quel momento e nonpoteva nulla! Vi fu un lungo silenzio.

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— Che cosa pensate? – domandò ad un trattol’ammalata con diffidenza.

— Penso, – rispose subito e quasi impetuosamenteBianca, – penso che vorrei fare per voi tutto ciò cheumanamente si può; penso che mi sottometterei a qua-lunque vostro desiderio, a qualunque ordine vostro, pur-chè vi potessi aiutare e confortare. —

L’ammalata la guardò dubbiosa e incredula, peròl’accento sincero di Bianca la colpì, e rimase alcun tem-po incerta e pensosa; poi, come se la luce di un pensieroilluminasse d’improvviso la sua mente, si scosse, le sueguance si colorirono, il suo volto si rasserenò.

— Se, – disse senza levar gli occhi dal viso di Bianca,– se vi chiedessi un sagrifizio doloroso, difficile, ma dif-ficile assai; se vi dicessi che compiendolo forse io potreiritrovare la salute e la pace; lo fareste?

— Mio Dio, tutto, tutto quello che volete! Dite,dite.... – la contessa pendeva trepidante dalle labbra del-la malata.

La signora Marnieri si rialzò; appoggiò un gomito aiguanciali, e le stese l’altra mano scarna e bianca, laguardò come se volesse divorarla cogl’occhi, e poi disselentamente:

— Giurate che oggi stesso sarete riconciliata con vo-stro marito! —

La contessa soffocò un grido che stava per uscirledalle labbra, ma si riebbe subito; levò lo sguardo su quelpovero viso che fissava il suo, chiedendo avidamente alei pace e conforto; senti in sè uno di quegl’impeti gio-

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— Che cosa pensate? – domandò ad un trattol’ammalata con diffidenza.

— Penso, – rispose subito e quasi impetuosamenteBianca, – penso che vorrei fare per voi tutto ciò cheumanamente si può; penso che mi sottometterei a qua-lunque vostro desiderio, a qualunque ordine vostro, pur-chè vi potessi aiutare e confortare. —

L’ammalata la guardò dubbiosa e incredula, peròl’accento sincero di Bianca la colpì, e rimase alcun tem-po incerta e pensosa; poi, come se la luce di un pensieroilluminasse d’improvviso la sua mente, si scosse, le sueguance si colorirono, il suo volto si rasserenò.

— Se, – disse senza levar gli occhi dal viso di Bianca,– se vi chiedessi un sagrifizio doloroso, difficile, ma dif-ficile assai; se vi dicessi che compiendolo forse io potreiritrovare la salute e la pace; lo fareste?

— Mio Dio, tutto, tutto quello che volete! Dite,dite.... – la contessa pendeva trepidante dalle labbra del-la malata.

La signora Marnieri si rialzò; appoggiò un gomito aiguanciali, e le stese l’altra mano scarna e bianca, laguardò come se volesse divorarla cogl’occhi, e poi disselentamente:

— Giurate che oggi stesso sarete riconciliata con vo-stro marito! —

La contessa soffocò un grido che stava per uscirledalle labbra, ma si riebbe subito; levò lo sguardo su quelpovero viso che fissava il suo, chiedendo avidamente alei pace e conforto; senti in sè uno di quegl’impeti gio-

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vanili, generosi, inconsulti, che sono sempre il moventedi tutte le più buone e le più colpevoli azioni umane, eposò la sua mano in quell’altra che le era stesa. – Logiuro, – disse con fermezza.

La signora Marnieri comprese di volo l’immenso sa-grifizio che le veniva fatto con quelle due parole, e tuttala generosa sincerità di esso; volle tirare a sè la pietosacreatura che glielo offriva, ma non potè.

— Grazie! – esclamò con un indescrivibile accento diriconoscenza e di rispetto.

Bianca, a quella parola che le giunse quasi a confer-ma della sua promessa, ritirò la mano che la malata te-neva stretta fra le sue e si lasciò cadere sulla poltronanascondendosi il volto. Nello stesso momento l’uscio diuna camera attigua si aperse, e una bambina, che avevagià picchiato due volte senza che alcuno le avesse datorisposta, entrò timorosa e inquieta.

La contessa Bianca si scosse, ebbe un istante una pau-ra orribile che potesse venire il Marnieri. Maquell’angoscia le fu risparmiata.

Ella si rialzò con energia, stese di nuovo la mano allasignora Marnieri e disse:

— Vado a compiere la mia promessa. Possa tuttociòche desidero per lei avverarsi. —

L’ammalata voleva trattenerla, voleva parlarle, ma laforza le mancò, finalmente rivolgendosi alla bambina ledisse: – Bice, va a dare un bacio a quella signora perme. —

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vanili, generosi, inconsulti, che sono sempre il moventedi tutte le più buone e le più colpevoli azioni umane, eposò la sua mano in quell’altra che le era stesa. – Logiuro, – disse con fermezza.

La signora Marnieri comprese di volo l’immenso sa-grifizio che le veniva fatto con quelle due parole, e tuttala generosa sincerità di esso; volle tirare a sè la pietosacreatura che glielo offriva, ma non potè.

— Grazie! – esclamò con un indescrivibile accento diriconoscenza e di rispetto.

Bianca, a quella parola che le giunse quasi a confer-ma della sua promessa, ritirò la mano che la malata te-neva stretta fra le sue e si lasciò cadere sulla poltronanascondendosi il volto. Nello stesso momento l’uscio diuna camera attigua si aperse, e una bambina, che avevagià picchiato due volte senza che alcuno le avesse datorisposta, entrò timorosa e inquieta.

La contessa Bianca si scosse, ebbe un istante una pau-ra orribile che potesse venire il Marnieri. Maquell’angoscia le fu risparmiata.

Ella si rialzò con energia, stese di nuovo la mano allasignora Marnieri e disse:

— Vado a compiere la mia promessa. Possa tuttociòche desidero per lei avverarsi. —

L’ammalata voleva trattenerla, voleva parlarle, ma laforza le mancò, finalmente rivolgendosi alla bambina ledisse: – Bice, va a dare un bacio a quella signora perme. —

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La bambina s’avvicinò vergognosa e confusa alla po-vera contessa Bianca, che senza sapere quello che faces-se si chinava verso di lei. Il visino afflitto, innocentedella bambina si avvicinò al bel volto della contessa, ele sue labbra pure si posarono sulla sua bocca fredda etremante.

Bianca provò in quel momento una sensazione similea quella che molti anni addietro aveva provato, allorchèancor bambina fece la prima comunione. Si sentì piùforte e più sicura di sè, e uscita di lì andò lealmente sen-za esitare a far ciò che doveva per compiere la sua pro-messa.

La contessa Bianca scrisse al marito che accettava lasua proposta e che si sarebbe riunita a lui, anche subito,qualora egli accettasse di partire con lei senza indugio edi stabilirsi fuori d’Italia. La contessa intanto, colla scu-sa di voler evitare le dicerie e le congratulazioni dellesue conoscenze, si ritirò il giorno stesso che aveva fattoalla signora Marnieri questa promessa nella villeggiatu-ra di una sua amica, e seppe nascondere a tutti, finchènon partì di là col conte Arcieri, ov’era la sua dimora.

Nonostante l’opposizione e le minacce dello zio,l’Arcieri assentì ai desiderii della moglie e si stabilì aParigi. Il marchese Baldi dovette poi finire col rasse-gnarvisi, andando a passare coi nipoti una partedell’anno in Francia, venendo poi essi in cambio a starecon lui qualche mese d’estate in una sua villeggiatura diBrianza. La contessa Bianca, che cercò nelle distrazioni

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La bambina s’avvicinò vergognosa e confusa alla po-vera contessa Bianca, che senza sapere quello che faces-se si chinava verso di lei. Il visino afflitto, innocentedella bambina si avvicinò al bel volto della contessa, ele sue labbra pure si posarono sulla sua bocca fredda etremante.

Bianca provò in quel momento una sensazione similea quella che molti anni addietro aveva provato, allorchèancor bambina fece la prima comunione. Si sentì piùforte e più sicura di sè, e uscita di lì andò lealmente sen-za esitare a far ciò che doveva per compiere la sua pro-messa.

La contessa Bianca scrisse al marito che accettava lasua proposta e che si sarebbe riunita a lui, anche subito,qualora egli accettasse di partire con lei senza indugio edi stabilirsi fuori d’Italia. La contessa intanto, colla scu-sa di voler evitare le dicerie e le congratulazioni dellesue conoscenze, si ritirò il giorno stesso che aveva fattoalla signora Marnieri questa promessa nella villeggiatu-ra di una sua amica, e seppe nascondere a tutti, finchènon partì di là col conte Arcieri, ov’era la sua dimora.

Nonostante l’opposizione e le minacce dello zio,l’Arcieri assentì ai desiderii della moglie e si stabilì aParigi. Il marchese Baldi dovette poi finire col rasse-gnarvisi, andando a passare coi nipoti una partedell’anno in Francia, venendo poi essi in cambio a starecon lui qualche mese d’estate in una sua villeggiatura diBrianza. La contessa Bianca, che cercò nelle distrazioni

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della società l’oblio di un affetto che era sempre vivo eche non le riuscì mai di dimenticare, era diventata unadama elegante, ricercata, brillante, proprio come lo zioBaldi la desiderava; e quel suo capriccio di non vivere aMilano le fu per questo da lui perdonato di cuore, cometant’altri.

Erano scorsi dodici anni da quel giorno che la contes-sa Bianca si era riconciliata col marito.

In un teatro di Parigi affollato di gente, accorsa perudire la prima rappresentazione di un celebre dramma,spiccava fra l’altre in un palchetto di second’ordine, unabella dama italiana.

Era la contessa Bianca Arcieri.Chi l’avesse conosciuta nella sua prima giovinezza,

l’avrebbe certamente trovata assai meno bella d’allora;ma il segreto d’un’eleganza tutta sua che possedeva sen-za contrasti, la grazia della persona e del sorriso, i linea-menti ancora bellissimi, facevano sì, che ella splendevain quella sera fra le più belle del teatro.

Essa chiacchierava, sorrideva, rideva. Nel suo pal-chetto era un andirivieni incessante di persone, avevauna parola e un sorriso per tutti.

Talvolta l’espressione del suo volto mutava, e nei mo-menti più belli dello spettacolo l’occhio suo pareva di-venisse più grande e lucente, e se ne stava muta, attentacome fosse sola in teatro; talvolta anche spaziava collosguardo di là da tutte quelle genti e da quei visi che la

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della società l’oblio di un affetto che era sempre vivo eche non le riuscì mai di dimenticare, era diventata unadama elegante, ricercata, brillante, proprio come lo zioBaldi la desiderava; e quel suo capriccio di non vivere aMilano le fu per questo da lui perdonato di cuore, cometant’altri.

Erano scorsi dodici anni da quel giorno che la contes-sa Bianca si era riconciliata col marito.

In un teatro di Parigi affollato di gente, accorsa perudire la prima rappresentazione di un celebre dramma,spiccava fra l’altre in un palchetto di second’ordine, unabella dama italiana.

Era la contessa Bianca Arcieri.Chi l’avesse conosciuta nella sua prima giovinezza,

l’avrebbe certamente trovata assai meno bella d’allora;ma il segreto d’un’eleganza tutta sua che possedeva sen-za contrasti, la grazia della persona e del sorriso, i linea-menti ancora bellissimi, facevano sì, che ella splendevain quella sera fra le più belle del teatro.

Essa chiacchierava, sorrideva, rideva. Nel suo pal-chetto era un andirivieni incessante di persone, avevauna parola e un sorriso per tutti.

Talvolta l’espressione del suo volto mutava, e nei mo-menti più belli dello spettacolo l’occhio suo pareva di-venisse più grande e lucente, e se ne stava muta, attentacome fosse sola in teatro; talvolta anche spaziava collosguardo di là da tutte quelle genti e da quei visi che la

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circondavano, e pareva cercasse mestamente qualcosache non c’era.

Vi fu un momento che rimase sola nel palco colla si-gnora che l’accompagnava e con un giovinotto eleganteche sedeva accanto a lei.

— Guardi, contessa, – disse allora questi, indicandolecol canocchiale un palco di faccia al suo, – il numerodelle sue vittime aumenta ogni giorno. Là, nel fondo diquel palco, vi è un vecchio signore che la guarda dalprincipio della sera senza interruzione. È un uomo che èforse vicino alla sessantina; ma si vede che gli anni e lacanizie non salvano nessuno dagli strali d’amore. – Lesignore si misero a ridere, e Bianca prese il suo canoc-chiale e guardò in quel palco, guardò lungamente.

— È fortunato quel vecchio, – disse il giovinotto allacontessa.

Bianca posò il canocchiale e si mise a ridere.— Mi pareva di conoscerlo, e per questo guardai. Ma

non so chi sia. – E prese l’aria di svogliata indifferenzache aveva sempre, quando s’annoiava.

Il vecchio signore nel palco di faccia, sebbene nonavesse udito, aveva però capito tutto quello che era statodetto dalla contessa, e forse vi avea aggiunto anchequalcosa di suo.

Guardò ancora una volta da quella parte, poi si alzò euscì dal teatro. Fra quella gente attillata, elegante, pienadi affettazione e di menzogne, non poteva tollerare ipensieri che ribollivano sotto ai suoi capelli bianchi, inquel momento.

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circondavano, e pareva cercasse mestamente qualcosache non c’era.

Vi fu un momento che rimase sola nel palco colla si-gnora che l’accompagnava e con un giovinotto eleganteche sedeva accanto a lei.

— Guardi, contessa, – disse allora questi, indicandolecol canocchiale un palco di faccia al suo, – il numerodelle sue vittime aumenta ogni giorno. Là, nel fondo diquel palco, vi è un vecchio signore che la guarda dalprincipio della sera senza interruzione. È un uomo che èforse vicino alla sessantina; ma si vede che gli anni e lacanizie non salvano nessuno dagli strali d’amore. – Lesignore si misero a ridere, e Bianca prese il suo canoc-chiale e guardò in quel palco, guardò lungamente.

— È fortunato quel vecchio, – disse il giovinotto allacontessa.

Bianca posò il canocchiale e si mise a ridere.— Mi pareva di conoscerlo, e per questo guardai. Ma

non so chi sia. – E prese l’aria di svogliata indifferenzache aveva sempre, quando s’annoiava.

Il vecchio signore nel palco di faccia, sebbene nonavesse udito, aveva però capito tutto quello che era statodetto dalla contessa, e forse vi avea aggiunto anchequalcosa di suo.

Guardò ancora una volta da quella parte, poi si alzò euscì dal teatro. Fra quella gente attillata, elegante, pienadi affettazione e di menzogne, non poteva tollerare ipensieri che ribollivano sotto ai suoi capelli bianchi, inquel momento.

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Uscì fuori all’aria aperta, fredda e trasparente dellanotte. Là, a sbalzi, come a colpi di martello, invadenti,affollati, gli tornarono le memorie di gioventù, e gli ar-denti ricordi di giorni felici, vissuti più tardi, troppo tar-di, nella età matura. E ancora nell’anima gli cocevanoquei raggi di vive memorie che uno sguardo scintillanteaveva evocate in quella sera nella sua mente.

Corse alla locanda ove abitava e si chiuse nella suacamera. Aveva bisogno d’essere solo.

Quel vecchio signore era l’avvocato Luciano Marnie-ri.

La ricerca di documenti che riguardavano un impor-tante processo che egli stava trattando, l’avevano obbli-gato a recarsi a Parigi. Egli non sapeva o non ricordavache la contessa Bianca vi fosse ancora. E poi la contessaBianca, che egli aveva amata e amava sempre, era ormaiper lui un essere idealizzato, perduto, qualcosa di suo,isolato da tutto il resto, incompiuto com’era stata la suavita.

Nell’esistenza di quell’uomo vi era una parte che nonaveva vissuto che a mezzo, una nota sola di quell’istru-mento vivo che non aveva potuto echeggiare vittoriosa-mente colle altre, e questa disarmonia si fece ora sentireperfino negli ultimi accordi.

Il Marnieri sedette davanti a un tavolino ingombro dicarte e appoggiò la testa bianchissima fra le mani scarnee rugose.

— Credevo di aver finito, – disse piano fra sè. – Ave-vo percorso il cammino anche più presto degli altri, ep-

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Uscì fuori all’aria aperta, fredda e trasparente dellanotte. Là, a sbalzi, come a colpi di martello, invadenti,affollati, gli tornarono le memorie di gioventù, e gli ar-denti ricordi di giorni felici, vissuti più tardi, troppo tar-di, nella età matura. E ancora nell’anima gli cocevanoquei raggi di vive memorie che uno sguardo scintillanteaveva evocate in quella sera nella sua mente.

Corse alla locanda ove abitava e si chiuse nella suacamera. Aveva bisogno d’essere solo.

Quel vecchio signore era l’avvocato Luciano Marnie-ri.

La ricerca di documenti che riguardavano un impor-tante processo che egli stava trattando, l’avevano obbli-gato a recarsi a Parigi. Egli non sapeva o non ricordavache la contessa Bianca vi fosse ancora. E poi la contessaBianca, che egli aveva amata e amava sempre, era ormaiper lui un essere idealizzato, perduto, qualcosa di suo,isolato da tutto il resto, incompiuto com’era stata la suavita.

Nell’esistenza di quell’uomo vi era una parte che nonaveva vissuto che a mezzo, una nota sola di quell’istru-mento vivo che non aveva potuto echeggiare vittoriosa-mente colle altre, e questa disarmonia si fece ora sentireperfino negli ultimi accordi.

Il Marnieri sedette davanti a un tavolino ingombro dicarte e appoggiò la testa bianchissima fra le mani scarnee rugose.

— Credevo di aver finito, – disse piano fra sè. – Ave-vo percorso il cammino anche più presto degli altri, ep-

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pure non ho ancora toccato la mèta. Perchè? – e guarda-va col suo occhio sempre vivace e intelligente la fiam-ma della candela. – Perchè? Ho sottratto alla natura, perdare alla società, alle convenienze, al pregiudizio ciòche le toglievo, ed essa mi ha punito. Ho piegato le rigo-gliose speranze giovanili, le credule follie, gli impeti delcuore, alla fredda intelligenza e alla volontà ostinata, eho chiuso, stolto e acciecato, le fonti vive che la naturatiene aperte all’ingegno e alla forza produttrice. Ho sof-ferto e non ho fatto nulla. Potevo lasciare qualcosa die-tro a me, e non lascio che un esempio agli sciocchi! Lanatura che è in noi e che è noi, che castiga e che soffredel castigo, non può essere combattuta, perchè in unalotta bisogna essere in due, ed essa è sola e compiuta; hodunque provocato il disordine e non la disputa. Animatodal desiderio di combattere, mi sono diviso per crearmiun nemico e colpii me stesso sino dal giorno, in cui mitravolse la disarmonia che provocai. – Il Marnieri parla-va fra sè, ma con energia e convinzione, come vi fossein quella camera solitaria chi lo ascoltasse; poi pianopiano con voce commossa, coll’occhio velato disse an-cora: – Ma perchè, Bianca, hai riso anche tu questasera? – E una goccia calda, trasparente, cadde da quegliocchi velati fra le carte che stavano sul tavolino, e ilMarnieri chinò giù giù la sua vecchia testa su quella la-grima amara.

Il mattino seguente egli partiva con un treno direttoalla volta d’Italia, senza che la contessa Bianca avesseneppure sospettato che egli fosse stato a Parigi. Egli

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pure non ho ancora toccato la mèta. Perchè? – e guarda-va col suo occhio sempre vivace e intelligente la fiam-ma della candela. – Perchè? Ho sottratto alla natura, perdare alla società, alle convenienze, al pregiudizio ciòche le toglievo, ed essa mi ha punito. Ho piegato le rigo-gliose speranze giovanili, le credule follie, gli impeti delcuore, alla fredda intelligenza e alla volontà ostinata, eho chiuso, stolto e acciecato, le fonti vive che la naturatiene aperte all’ingegno e alla forza produttrice. Ho sof-ferto e non ho fatto nulla. Potevo lasciare qualcosa die-tro a me, e non lascio che un esempio agli sciocchi! Lanatura che è in noi e che è noi, che castiga e che soffredel castigo, non può essere combattuta, perchè in unalotta bisogna essere in due, ed essa è sola e compiuta; hodunque provocato il disordine e non la disputa. Animatodal desiderio di combattere, mi sono diviso per crearmiun nemico e colpii me stesso sino dal giorno, in cui mitravolse la disarmonia che provocai. – Il Marnieri parla-va fra sè, ma con energia e convinzione, come vi fossein quella camera solitaria chi lo ascoltasse; poi pianopiano con voce commossa, coll’occhio velato disse an-cora: – Ma perchè, Bianca, hai riso anche tu questasera? – E una goccia calda, trasparente, cadde da quegliocchi velati fra le carte che stavano sul tavolino, e ilMarnieri chinò giù giù la sua vecchia testa su quella la-grima amara.

Il mattino seguente egli partiva con un treno direttoalla volta d’Italia, senza che la contessa Bianca avesseneppure sospettato che egli fosse stato a Parigi. Egli

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aveva mandato a sua moglie ed ai suoi figli un telegram-ma, nel quale diceva: “Torno;” e allorchè si mise in va-gone dopo una notte insonne, provò per la prima voltaciò che non aveva provato da un pezzo: il desiderio ditornare a casa sua.

Quest’ultima scossa aveva affievolite le sue forze, do-mata la sua tempra d’acciaio.

La natura aveva finito d’infliggere e di soffrire i pro-prii castighi,e cominciava a calare sopra di lui la incon-sapevole pace della vecchiaia.

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aveva mandato a sua moglie ed ai suoi figli un telegram-ma, nel quale diceva: “Torno;” e allorchè si mise in va-gone dopo una notte insonne, provò per la prima voltaciò che non aveva provato da un pezzo: il desiderio ditornare a casa sua.

Quest’ultima scossa aveva affievolite le sue forze, do-mata la sua tempra d’acciaio.

La natura aveva finito d’infliggere e di soffrire i pro-prii castighi,e cominciava a calare sopra di lui la incon-sapevole pace della vecchiaia.

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