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CONGRESSO REGIONALE GD TOSCANA LUCCA, 18 MARZO 2012

E SE ADESSO TOCCASSE A TE?_Toscana

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Documento congressuale Giovani Democratici Toscana. La politica, la scuola, l'università, il lavoro, l'ambiente, la legalità, i diritti, idee e riflessioni per la Toscana di domani.

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Congresso regionale gD TosCanaluCCa, 18 marzo 2012

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UN ANNO DI POLITICA, COSTRUENDO I GIOVANI DEMOCRATICIIl nostro percorso è cominciato un anno fa, con il congresso regionale dei Giovani Democratici della Toscana. Erano i giorni in cui montava la reazione civile e politica del Paese contro un racconto che lo dipingeva come il migliore dei mondi possibile mentre la crisi cancellava migliaia di posti di lavoro ed il futuro di pezzi di società. Sembrava che il berlusconismo fosse sul punto di essere travolto da una cittadinanza che riprendeva in mano la politica per portarla per strada: il movimento studentesco abbandonava il campo della protesta contro le singole riforme aprendosi ad una contestazione più ampia e manifestando un malessere diffuso verso un modello di sviluppo ed un Paese che disinvestiva sul futuro, le donne andavano in piazza indignate per-chè mentre tutte le statistiche ci relegavano agli ultimi posti per le pari opportunità, la politica sembrava usarle come balocchi consegnandoci immagini squallide, i precari manifestavano in tutta Italia il 9 di aprile reclamando attenzione ad un governo che non pronunciva neanche una volta la parola precarietà nel piano triennale del lavoro.Aveva ragione chi descriveva una “lunga agonia del berlusconismo”, malgrado le proteste, gli scandali, le spaccature della ex maggioranza, le compravendite dei voti, i richiami dell’Europa, sembrava che nulla po-tesse cambiare.Ci sono stati poi i referendum di giugno, con la schiacciante vittoria dei si ed una partecipazione imponente dei giovani, mobilitati su internet e nelle piazze, una sorta di rivolta dei cittadini che mostravano quanto compressa fosse la voglia di cambiamento. E poi ancora le amministrative, con le vittorie del centrosinistra quasi ovunque, persino a Milano, mostrando quanto le alchimie politiche potessere essere sostituite da una passione genuina, quella di decine di ragazzi che anche dalla nostra regione sono andati assieme ai Giovani Democratici a dare una mano alla campagna di Pisapia. Mentre il governo mostrava l’incapacità di governare la crisi e rischiava di portare l’Italia nel baratro, negli Stati Uniti centinaia di cittadini si accampavano a Zuccotti Park, in nome del 99%, per protestare contro i governi e l’ipertrofia della finanza che dopo aver portato l’economia al collasso aveva eluso la questione

E“se i partigiani non fossero saliti in montagna”?“Se le donne fossero rimaste a casa”?

“Se gli operai non avessero scioperato per le 8 ore”?“Se Peppino impastato si fosse fermato a 99 passi”?

“Se i Mille fossero rimasti a Quarto”.?E se ora toccasse a te?

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della sua riforma per scaricare sul debito pubblico i costi di salvataggio delle banche e delle assicurazioni, minacciando il welfare e accantonando la redistribuzione. Quel movimento si è poi allargano ad altri paesi, arrivando in Europa e poi in Italia, con la manifestazione del 15 ottobre, funestata da un migliaio di black block che hanno nascosto con i loro fumogeni e i loro caschi le ragioni di quella manifestazione con centinaia di migliaia di persone a chiedere un modello di sviluppo diverso.Mentre la maggioranza si disgregava l’Italia era messa sempre più sotto pressione dei mercati finanziari, la crisi già aveva distrutto centinaia di migliaia di posti di lavoro e gli attacchi della speculazione mettevano a rischio la stabilità del Paese. Eravamo in piazza a centinaia dalla Toscana il 5 novembre, quando il PD si mise a disposizione del presidente Napolitano per salvare i destini dell’Italia, rinunciando a governare sulle macerie e tracciando uno dei passi più generosi degli ultimi decenni. Siamo arrivati lentamente al 12 novembre, eravamo a Siena con più di 100 giovani democratici a parlare di diritti civili assieme agli amici dell’Arcigay e di altre associazioni, un occhio fisso alla tv e il boato all’improv-viso. Finiva un’epoca.Con la caduta del governo Berlusconi si chiudeva una fase storica che ormai durava da due decenni durante i quali il nostro Paese si e' impoverito dal punto di vista economico, politico e sociale. Si apre adesso davanti a noi una nuova stagione in cui la sfida sara' quella di riempire lo spazio del berlusco-nismo e dell'anti berlusconismo di contenuti e progetti di un riformismo radicale nel nostro Paese.Il Governo Monti è stato dipinto tanto come il migliore dei mondi possibili quanto come un complotto della finanza. Nessuna delle opzioni è realistica. Al netto delle battute infelici di alcuni suoi esponenti, da cui ci si aspetterebbero meno stereotipi e più atten-zione alla realtà, che non é quella che le loro frasi dipingono, l’esecutivo scelto dal presidente Napolitano sta faticosamente traghettando il Paese oltre l’emergenza, ci ha salvato dal baratro chiedendo grandi sacrifici ai cittadini, ha riportato dignità nelle istituzioni e messo da parte festini, processi e accompagnatrici per mettere al centro i problemi del Paese. Si avvia a fare assieme alle parti sociali alcune riforme importanti, ha riportato l’Italia ad avere voce in Euro-pa, sta diffondendo una cultura della legalità che per anni era stata picconata. Non può essere il nostro governo, ha un’altra base parlamentare e l’anomalia della maggioranza che lo so-stiene lo tiene in equilibrio costante seguendo la via della mediazione permanente. Ma è un governo che potrà normalizzare il Paese dopo questi tragici venti anni. Nel frattempo la politica si deve riorganizzare: l’Italia ha bisogno di una grande stagione di cambiamento che questo governo non è in grado di offrire, per quello ci sarà il PD. Servirà essere in grado di alzare il livello della nostra discussione, mettere in campo le migliori risorse che abbiamo, aprirci al contributo di tutti, lanciarci in una discussione serrata che ci porti oltre le ricette dell’eco-nomicismo cinico che negli ultimi anni ha arricchito il mondo ed impoverito le persone, ed oltre le nostalgie di chi vorrebbe tornare alle locomotive nel tempo dei superconduttori.In questa sfida, che sarà poi quella delle elezioni del 2013 i Giovani Democratici dovranno stare con alcune parole chiave: il lavoro, l'ambiente, il sapere e i diritti. Il tutto nella cornice di una grande Europa politica. Dobbiamo ridisegnare il futuro e i giovani, che ci dovranno vivere, hanno il dovere di alzare la voce.

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UN ANNO DI LAVORO, UN BILANCIOEravamo partiti un anno fa dicendo che avremmo cercato di dare un senso alla politica provando ad essere il rinnovamento in forza della capacità di rappresentare la nostra generazione. Ci eravamo dati un orizzonte di medio periodo, e adesso, a metà dell’opera, abbiamo modo di regitrare i meccanismi.In questo anno siamo stati presenti in tutti i momenti importanti, protagonisti di tutte le battaglie che hanno coinvolto i giovani, dalle manifestazioni studentesche alle campagne referendarie e per le amministrative, riuscendo a costruire un’organizzazione forte e capace di interpretare le realtà, di raccordarsi con i movi-menti, di interagire con le amministrazioni locali a tutti i livelli, di farsi carico di battaglie importanti per i giovani toscani. Abbiamo seguito l’approvazione del progetto Giovani Si, ideato e progettato durante la campagna elettorale per le regionali, che ha permesso di pianificare investimenti per 340mln € sui giovani toscani per agevolazio-ni all’affitto, l’impreditoria giovanile, la formazione, il servizio civile, il lavoro. Siamo riusciti poche settimane fa, dopo un anno di lavoro, ad arrivare all’approvazione della prima legge sugli stage che in Italia introduce tutele, diritti e rimborsi in quello che è uno strumento di sfruttamento legalizzato nel 2012. L’abbiamo fatto costruendo assieme alla Repubblica degli Stagisti la nostra proposta, portandola in giro, raccogliendoci le firme e costruendo un movimento che oggi si è esteso e spinge per normative del genere anche in altre regioni.Abbiamo ricreato le organizzazioni degli studenti medi in tutte le province della regione, riuscendo ad eleg-gere il Presidente del Parlamento Regionale degli studenti, i presidenti di molte consulte provinciali e co-struendo con la Federazione degli Studenti un rapporto proficuo su tutti i territori.Abbiamo costituito il coordinamento degli universitari realizzando un punto di incontro tra esperienze diver-seche ci ha permesso di essere un centro di discussione ed elaborazione importante e di dire la nostranelle discussioni,intervenendo con forza rispetto a decisioni che non condividevamo come quelle dell’introdu-zionedelle fidejussioni e la modifica dei criteri per l’assegnazione delle borse di studio, la sospensionedel rimborso spese agli studenti di infermieristica, il costo delle mense. Su tali problematiche siamo riusciti a portare in fondo lenostre battaglie grazie al lavoro fatto con il Partito Democratico ed i gruppi consiliari.Ci siamo spesi in ogni campagna che ritenevamo giusta: quella per le amministrative in primis, con tanti ragazzi impegnati per il PD sui territori e la trasferta milanese per Pisapia, siamo stati animatori del comitato 9 aprile contro la precarietà, abbiamo sostenuto i referendum, permettendo il voto di centinaia di fuorisede, abbiamo costruito “Basta col nero”, una campagna per la legalità negli affitti, e siamo stati in prima linea con il comitato Italia sono anch’io per la riforma della cittadinanza. Senza dimenticare la straordinaria prova di solidarietà che abbiamo dato raccogliendo con decine di cene e mercatini di solidarietà i fondi per la Luni-giana sconvolta dall’alluvione. Abbiamo organizzato scuole di formazione e seminari, siamo partiti da Pisa, assieme al centro studi del PD nazionale, poi la due giorni di Siena e la bellissima discussione sull’Europa a Firenze, e ancora centinaia di iniziative alle feste democratiche e nei circoli, le assemblee studentesche dell’autunno, i volantinaggi, i flash mob, le manifestazioni.Abbiamo sempre detto la nostra, con coraggio e sapendo cosa dicevamo, costuendo le nostre posizioni assie-me, con la discussione ed il confronto reciproco.Siamo stati capaci di fare tutto questo perchè finalmente abbiamo lasciato gli ormeggi e abbiamo deciso di

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fare i GD, dando vita forse alla prima vera generazione di democratici, distruggendo gli steccati e le vecchie appartenenze per provare a non essere il luogo della cooptazione e delle correnti cercando invece di diven-tare uno strumento attraverso cui la politica potesse recuperare forza e dignità tra la nostra generazione. Siamo stati capaci di farlo con la forza di un gruppo coeso che ha saputo discutere e prendere posizioni su tutto, andando nel merito delle questioni, senza tabù e lavorando assieme con il contributo di tutti i territori e di tutte le sensibilità rifiutando di dividersi in schieramenti contrapposti e correnti, scegliendo invece la politica e la rappresentanza generazionale come terreno di lavoro.Vogliamo continuare a farlo, con più impegno e la stessa passione.

L’IMPEGNO POLITICO DEI GIOVANI, QUALE E PERCHÈPerchè i Giovani Democratici.Un’organizzazione giovanile nel 2012 serve. Come servono i partiti e la politica. Di questo ne siamo sicuri, specie nel tempo dell’antipolitica. Sapremo riconquistare i giovani all’impegno soltanto mostrando attraver-so di noi che una politica diversa è possibile. E parlando di loro, per parlare a loro.I GD servono innanzitutto a rappresentare una generazione che rischia di restare schiacciata tra l’irrespon-sabilità di chi ha gestito il Paese negli ultimi 20 anni e la nuova vulgata del “lo facciamo per i giovani”, serve a dare voce e protagonismo a chi rischia di pagare i danni fatti da altri, serve ad organizzare una realtà ete-rogenea e complessa come quella della nostra generazione, attorno ad alcune battaglie che saranno centrali per il futuro e su cui troppo spesso ci siamo affidati ad altri.Abbiamo bisogno di intestarci con più forza quei temi che sono decisivi per la nostra generazione: il lavoro, la scuola e l’università, l’ambiente, i diritti. Provando ad essere su queste questioni avanguardia del Partito Democratico, capaci di portare la discussione ad ogni livello del partito per offrire così il nostro contributo.Rimettere i giovani al centro dell’azione del Partito Democratico non è una questione di marketing politico ma vorrebbe dire aprire le porte della politica a quelli che fino ad oggi l’hanno guardata da lontano, dare alle nuove generazioni quegli strumenti per assumersi le proprie responsabilità cui faceva riferimento anche il Pres. Napolitano.Parlare dei giovani per parlare con i giovani. E aprire loro lo spazio del futuro per aprirlo al Paese intero. Noi Giovani Democratici crediamo che mai come in questo momento l’impegno politico delle giovani gene-razioni sia fondamentale per ricostruire il paese, per riscattare il suo presente, per garantirgli un futuro.Siamo persuasi che i giovani italiani debbano impegnarsi in politica in un’ottica cooperativa e collaborativa che dia a ciascuno il senso di una missione comune; devono farlo per restituire al paese la dimensione di comunità che é stata erosa nel corso dell’ultimo ventennio, per ricordare all’Italia che l’individualismo spinto e il successo personale ad ogni costo non generano crescita e progresso, che la politica con la P maiuscola è innanzitutto quella che cerca di recuperare quanti restano indietro, che si prefigge di riempire di contenuti la parola ‘uguaglianza’.Crediamo che i giovani italiani debbano tornare ad affollare i partiti con il loro entusiasmo e la loro vivacità di idee ed energie per tornare ad alimentare questo paese di una partecipazione appassionata e ragionata alla politica, per avere il coraggio di declinare i nostri valori in modo nuovo, per mettere la testa, oltre che la faccia, sugli ideali in cui credono. Incontrare volti di ragazzi e ragazze nelle assemblee di circolo, sentirne le voci nei dibattiti pubblici, vederne

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le braccia alzare le bandiere nei cortei e nelle manifestazioni non deve essere un metro per contare le pen-nelate di nuovismo a vecchie appartenenze ma il termometro piú autentico della salute di una democrazia. Della nostra democrazia.Crediamo che i giovani debbano impegnarsi in politica per portare nuova fiducia nella trasparenza delle rego-le, nella lealtà dei comportamenti reciproci, nella persuasione che l’impegno politico vero, quello che disegna una società diversa e non è un taxi per l’arrivismo dei singoli, si debba fondare sul lavoro di squadra. Viviamo un momento in cui la cui politica è sottoposta ad un tentativo di delegittimazione forte che viene da tutte le parti, dai giornali, dai media e da un senso diffuso che ormai ha molte cause. Sicuramente la maggior parte delle colpe sono le sue, e su questo serve una riflessione approfondita.Auto blu, stipendi il doppio della media europea, vitalizi, pensioni dorate, privilegi vari ed eventuali. Dopo ventanni in cui è andato in onda un teatrino triste nelle stanze del potere, serve oggi un cambio di passo netto e veloce prima che spariscano le distinzioni e tutto agli occhi dei cittadini diventi uguale.Rischiamo che la politica diventi il nemico, delegittimata ed inerme, corriamo su un filo per cui l'idea stessa di politica può morire assieme ai suoi odiosi privilegi, trascinando con sé la genuinità dell'impegno di migliaia di persone, la passione delle nuove generazioni, degli amministratori locali, lasciando il campo al populismo e alla demagogia.Questa deve essere la nostra preoccupazione primaria come più volte sottolieato dal presidente Napolitano nel corso del suo settennato: se la politica è l'arte del governo delle cose degli uomini, e governare vuol dire risolvere i problemi, scegliere, costruire presente e futuro di una società, il problema vero è che in questo paese, da troppo tempo, non è niente di tutto ciò.L'alternativa a tutto questo siamo noi, ma per essere ascoltati dobbiamo dimostrare con forza la nostra cre-dibilità nel riportare la politica ad essere Politica, lasciando da parte i privilegi e le rendite, per rimetterla in connessione con i cittadini, al loro servizio, nell’aprire nuovi spazi di partecipazione diretta e ridare senso a quello strumento fondamentale che sono i partiti come ricordato anche nella nostra Costituzione.Abbiamo bisogno di farlo per non rischiare che una sordità alla politica, generalizzata e forte, si diffonda, specie tra i più giovani. Quelli che la pensione non la vedranno, e che ad oggi guadagnano in un anno da precario meno che un mese da Parlamentare.Dobbiamo esser da esempio nei fatti, portando nei territori dove governiamo la nostra idea di una politica sobria e concreta che risolve i problemi, rifiuta privilegi e con forza li elimina.E’ stata una buona cosa l'eliminazione dei vitalizi ai consiglieri regionali, la riduzione del loro numero as-sieme a quello degli assessori, come le razionalizzazioni che le amministrazioni stanno portando avanti, dobbiamo però fare ancora di più.Trasparenza, rappresentanza, partecipazione e legalità. Nel momento in cui nel dibattito pubblico la politica viene vista sempre più come un male oscuro fatto di fa-vori, amicizie, inciuci, nomine, zone grigie, serve investire con forza sulla trasparenza per fugare ogni dubbio e ridare dignità ai tantissimi che si impegnano con generosità e passione. Servirà una grande operazione di trasparenza sui candidati a ruoli pubblici, mettendo a disposizione on line un ‘ anagrafe degli eletti che chiarisca reddito, posizione patrimoniale, incarichi precedenti, e ogni cosa che possa essere ritenuta utile al fine di garantire la massima informazione del cittadino. Altro capitolo su cui bisogna investire è la traspa-renza nella selezione dei nominati. Gli Enti territoriali dovranno rendere pubbliche le procedure di selezione

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dei candidati a nomine di derivazione comunale, provinciale o regionale, dovranno inoltre rendere pubblico l'elenco dei candidati a tali ruoli e dei loro curriculum ed evitare le sovrapposizioni ed i doppi incarichi, li-mitandoli ai casi di eccezioni funzionali che comunque dovranno escludere la cumulazione degli eventuali compensi.Il grande successo della raccolta firme per il referendum elettorale, poi bocciato perchè illegittimo dalla Cor-te Costituzionale, ha segnato comunque una tappa fondamentale: non solo ha riportato una partecipazione popolare imponente, ma ha avuto anche il grande merito di sollevare un’istanza di cambiamento essenziale per riallacciare i rapporti tra politica e cittadini come la possibilità di avere voce nella scelta dei candidati. In questa fase politica sarà importante riuscire a mettere in campo una riforma della legge elettorale che ripristini un legame tra cittadino ed eletto e cancelli quell’abominio che è il premio di maggioranza per come formulato oggi. Come a Roma è necessario l’impegno delle forze politiche per una nuova legge elettorale, lo è anche in Tosca-na: la previsione delle primarie (assieme ad un listino bloccato) per la scelta dei consiglieri regionali è stata utilizzata soltanto dal Partito Democratico mentre gli altri hanno indicato i loro candidati senza nessuna forma di consultazione dei cittadini, limitandone di fatto la rappresentanza. Su questo occorre intervenire, in accordo con le forze politiche presenti in regione, perchè torni ai cittadini la possibilità di scegliere i loro rappresentanti in maniera chiara. Gli anni del berlusconismo sono ormai alle spalle, ma le cicatrici che l’ombra di illegalità ha creato alla demo-crazia italiana sono tuttora evidenti. Anche qui bisognerà agire per rimettere in sintonia la politica e il paese dopo la stagione delle cricche e degli amici. La legalità prima di tutto, contro ogni dubbio. Il Partito Democratico dovrà farne una battaglia a partire dal-la Toscana, cercando di tutelare ovviamente la presunzione d’innocenza ma anche proponendosi di dare al cittadino tutte le garanzie sulla totale estraneità dei candidati ad ogni ruolo a questioni giudiziarie gravi vagliando attentamente ogni candidatura.La partecipazione dei cittadini alla vita pubblica mostra in Toscana ancora tassi molto buoni rispetto al resto d’Italia come indicano le recenti indagini sociologiche: il mondo del volontariato, del servizio civile, ogni tipo di impegno personale nei confronti della società è ben presente nel nostro territorio. La nostra cultura della partecipazione è radicata, anche se mostra un arretramento nei confronti della partecipazione alla vita dei partiti e alla politica. Le primarie sono un grande strumento di mobilitazione e partecipazione che va riconosciuto e rafforzato, sono state volano di coinvolgimento e di idee quando sono state utilizzate. Servirà regolarle meglio per rafforzarle affinchè siano più funzionali e non si espongano alle strumentalizzazioni, siamo convinti che il loro istituto debba essere rafforzato e utilizzato con generosità, anche per la selezione delle condidature al Parlamento qualora la legge elettorale non venga cambiata.Non possiamo però esaurire i canali di partecipazione alle primarie, l’esigenza di costruire momenti di coin-volgimento e discussione non deve restare rinchiusa nei gazebo una volta ogni 5 anni, servirà uno sforzo per ridare centralità alla discussione politica nel pubblico, portando i partiti in mezzo ai cittadini, costruendo momenti di confronto e discussione sui temi importanti, anche ricorrendo al referendum tra gli iscritti ed a forme innovative di partecipazione che permettano coinvolgimento e partecipazione al massimo di persone possibile.

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Il rinnovamento è nei volti e nelle modalità, nelle forme e negli strumenti della politica. Nello scontro tra la comunicazione come fine e la sua negazione anche come strumento possiamo provare a combinare le nostre idee con la capacità di trovare on line una cassa di risonanza che ci faccia leggere anche a chi non ha tempo di venire al circolo: milioni di persone vivono sui social network e su internet, devono trovarci li dentro ma dob-biamo provare a sfruttare questi strumenti non solo come cassa di risonanza, ma anche come veri e propri luoghi di vita della politica sperimentandone nuove forme e modalità di partecipazione attiva, senza dimen-ticare l’importanza di una presenza fisica nei luoghi di studio, di vita e di lavoro delle persone, con un ritorno ad una militanza viva e forte che si misuri con la capacità di interagire direttamente e creare legami e reti.Anche il rinnovamento dei protagonisti della vita politica è importante, non ci appartiene quel giovanilismo che da ragione al più imberbe in platea, come rifiutiamo l’idea che abbia voce sulle scelte una gerontocrazia esclusiva che si rinnova con la cooptazione raccogliendo nel recinto delle varie correnti.Per questo il nostro ruolo deve essere importante anche nel rinnovamento del Partito Democratico: lo potre-mo fare nella misura in cui riusciremo a smarcarci dall’autorappresentanza nel Partito per offrire invece una rappresentanza generazionale ai nostri coetanei. Ci misureremo sul merito delle nostre proposte e del nostro lavoro, senza rinchiuderci nel recinto della co-optazione, provando a conquistarci forza e spazio in base alla capacità di rappresentare i bisogni e dare risposte alle aspettative dei nostri coetanei. A noi il compito di promuovere questo cambiamento, sulla linea di quello che è scritto nel manifesto di Libertà e Giustizia: i partiti servono come la politica, sono lo strumento principe della democrazia, ma devono essere aperti, vivaci, eterodossi, per riuscire a raccgliere i fermenti di chi vuole cambiare le cose e non ha ancora trovato lo strumento per farlo. Abbiamo bisogno di lavorare perchè la politica possa essere immaginata come un investimento invece che come un costo.Un investimento sul futuro, come il diritto allo studio o la scuola, come le strade ed i treni.

SCUOLA COSTRUIRE IL DOMANI!Dalla Gelmini a Profumo, la scuola in stand-by.E’ innegabile: l’uscita di scena del ministro Gelmini e dei suoi improbabili collaboratori ha segnato un’evolu-zione positiva per la scuola italiana. Dal 2008 la scuola italiana ha subito una serie progressiva di tagli. Con le ultime finanziare di Tremonti e la riforma Gelmini, il mondo dell’istruzione ha registrato una diminuzione complessiva di finanziamenti pari a 8 miliardi di euro, le conseguenze saranno ancora più visibili nel 2013, anno in cui saranno a regime tutte le razionalizzazioni. Al taglio orizzontale delle risorse si è accompagnato un consistente taglio del personale: ben 140.000 fra insegnanti e personale ATA che andranno in pensione non saranno sostituiti, mettendo così in crisi molti istituti che non solo avranno difficoltà a coprire la gestione dei progetti dell’autonomia, ma anche semplicemente a mantenere in piedi tutte le classi visti i tagli al personale ATA e agli insegnanti. A fronte di ciò il dato toscano registra, nell’ultimo anno, una crescita complessiva della popolazione scola-stica, che arriva a toccare i 463.666 alunni, con un aumento di 2.112 studenti per la scuola media-superiore rispetto all’anno precedente.La scure non ha risparmiato neanche il sistema del sostegno, costringendo a un ridimensionamento anche

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di questo delicato settore. La Toscana non fa eccezione. Aumentano gli alunni disabili, passati in un solo anno da 9.915 agli attuali 10.202. L’organico dedicato al sostegno è rimasto invariato, ed è solo grazie ad un importante coordinato intervento della Regione e dell’Ufficio scolastico regionale che si è attivata un’azione di sistema per tentare di far fronte alla nuova realtà delle cose. La riforma Gelmini ci lascia in eredità una scuola più povera, meno organizzata e con una preoccupante ten-denza al peggioramento qualitativo. Oggi vediamo già i frutti del cambiamento: il governo Monti, che in poche settimane ha dovuto confrontarsi col reperimento di risorse importanti, non ha toccato i finanziamenti all’istruzione. Ed è già una bella novità. Forse Monti ha capito quello che ha, in maniera efficace, dimostrato il premio nobel Jemes Hackman, ovvero che da un sistema che garantisce una buona istruzione, che è efficiente fin dalle scuole dell’infanzia, si hanno notevoli vantaggi di natura economica che concorrono significativamente a incrementare il PIL. Un euro speso per la scuola oggi ne frutta due nel lungo periodo, anche il centro studi della Banca d’Ita-liasostiene che il rendimento medio dell’investimento in istruzione tocca quasi il 9% (molto più di quando rendevano i Btp a fine 2011).Continuiamo ad essere ultimi, come Paese, nelle classifiche degli investimenti su scuola e formazione: la mancanza di risorse blocca da un lato il finanziamento di tutti i progetti sperimentali, gli indirizzi e i labora-tori che negli anni si sono inseriti nel percorso formativo dello studente al fine di ampliare l’offerta formativa e offrire opportunità differenziate. Dall’altro mette in crisi lo stesso sistema di amministrazione ordinaria delle scuole.Aver escluso la scuola dai nuovi tagli è stata una prima prova di lungimiranza per un governo destinato a stare in carica solo pochi mesi: la scuola ha smesso di essere il grande salvadanaio da cui si prendono le risorse per compensare tutte le inefficienze e gli sprechi del nostro Paese. Adesso serve ripensarne il modello e rilanciarne il ruolo, starà al prossimo governo questo compito e do-vremo essere in grado di portare nel Partito Democratico le istanze e le problematiche di tutti quelli che la scuola la vivono tutti i giorni.

Preparare al lavoro, preparare alla vita.La scuola è chiaramente una palestra per il mondo del lavoro, dove si acquisiscono conoscenze e nozioni indispensabili, eppure un istituto non può essere solo un luogo dove gli studenti si preparano ad un futuro impiego: la scuola deve essere anche un luogo di formazione del cittadino.L’istruzione non è solo un poderoso moltiplicatore per l’economia, ma è anche un pilastro sociale e culturale. Pietro Calamandrei diceva: “Trasformare i sudditi in cittadini è miracolo che solo la scuola può compiere.” Eppure non esistono, se non in minima parte, finanziamenti o investimenti su questo fronte, allo stesso modo per cui spesso la scuola si chiude su sè stessa, ritraendo i suoi alunni del resto del mondo e lasciando che affrontino alcuni argomenti solo all’esterno.E’ necessario che il nostro sistema scolastico cambi priorità, mirando con forza a formare il cittadino, oltre che il lavoratore, attraverso non solo ore aggiuntive di educazione civica, ma anche di iniziative, programmi ed esperienze che portino lo studente a crearsi una coscienza critica sul mondo, sulla società e in generale sulla contemporaneità. La scuola deve essere palestra di vita oltre che palestra per il lavoro. Deve essere una comunità dove si cresce insieme e ci si educa alla vita nelle società. Per questo deve stare a aperta il più

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possibile, anche oltre l’orario scolastico. Tutti i giorni, tutto l’anno, tutta la vita.Sull’altro versante mentre nel resto d’Europa la porta verso il mondo del lavoro è garantita da un sistema di istituti tecnici e professionali che fa cultura ma prepara al lavoro con effetti evidenti sulla capacità di trovare un impiego, la scuola italiana è ancora legata all’idea gentiliana per la quale il sistema di istruzione liceale gode di un privilegio rispetto ad un percorso di formazione tecnico-professionale. Con la riforma Gelmini poi, gli istituti tecnici e professionali hanno subito drastici tagli alle ore di sperimentazioni, corsi e laboratori, compromettendo, ancor più dei licei, la loro identità. Di fronte ad un mercato del lavoro sempre più flessibile che richiede specializzazioni e competenze, il nostro sistema scolastico appare sempre più inadeguato e obsoleto. Ce lo dimostrano gli ultimi dati relativi alle iscrizioni alle varie scuole superiori italiane per l’anno 2011/2012, che vedono un aumento complessivo del 3,5% rispetto all’anno precedente delle iscrizioni ai licei, mentre sul fronte degli istituti tecnici e professio-nali si registra, al contrario, un calo rispettivamente del 1,4% e del 2,2%. Il rapporto IRPET 20120 ha misurato il rendimento scolastico in Toscana, segnalando che il 94% dei diplomati nei licei prosegue gli studi, il 56% dei tecnici, mentre il 68% dei diplomati ai professionali interrompe gli studi dopo il diploma. Il sistema economico toscano, in termini di assunzioni, premia di più i diplomati tecnici e professionali, anche se i diplomati nei professionali trovano, per la gran parte dei casi, lavoro in attività che richiedono semplicemente la scuola dell’obbligo. Nonostante ciò, complessivamente, l’istruzione tecnica in Toscana subisce, negli ultimi anni, un calo dell’attrattività per i giovani, soprattutto nelle aree urbane industriali, dove invece sono in continuo aumento le scelte in favore dei licei.Considerando l’arco di tempo che va dall'anno scolastico 1995/1996 ad oggi, gli istituti tecnici hanno regi-strato un calo di preferenze quasi di 10 punti percentuali. Siamo quindi in controtendenza con il resto d'Europa, che ha visto con gli anni un aumento degli iscritti negli istituti tecnico-professionali, i quali si sono ammodernati, avendo goduto di crescenti investimenti finanziari e formativi. La scuola superiore italiana necessita, dunque, di un nuovo modello formativo che possa avvicinare qualita-tivamente i percorsi tecnici e professionali al sistema liceale, mantenendo le specificità di indirizzo, attra-verso l’aumento di ore di laboratorio, investimenti economici ed educativi.

La scuola come fattore di integrazioneLa scuola toscana è sempre più multicolore. Nell’anno scolastico 2010/2011 il totale degli studenti iscritti nelle scuole della Toscana ha sfiorato le 490 mila unità, di cui circa 56 mila sono di origine straniera. Gli studenti stranieri iscritti nelle scuole primarie sfiorano quota ventimila, con un’incidenza del 12,8% sul to-tale, mentre nelle secondarie di primo grado su 95.074 studenti iscritti la percentuale degli stranieri arriva addirittura al 13,4%. Per le scuole secondarie di secondo grado invece, su 144.310 studenti, gli stranieri sono 13.034 (il 9%).Da un punto di vista strutturale e pedagogico–didattico, l'inserimento scolastico degli alunni stranieri è una delle trasformazioni più significative che la scuola abbia attraversato, soprattutto se si tiene conto dei nu-merosi inserimenti di bambini e ragazzi in età di obbligo scolastico ad anno scolastico già avviato. Insegnare e apprendere in una classe multiculturale e plurilingue sta diventando sempre più una necessità diffusa. Anzi, la concentrazione della popolazione scolastica straniera in alcune zone delle nostre città ha

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delle ripercussioni di portata significativa sulla potenziale offerta formativa degli istituti. Per questo motivo diventa fondamentale dotarsi di strumenti che favoriscano la lettura delle dinamiche che segnano il percorso dell'integrazione dei ragazzi immigrati. Sono necessarie risposte integrate e calibrate sulle esigenze specifiche delle singole realtà scolastiche e territoriali, ognuna delle quali ha una sua storia che deve rendere differente l’offerta formativa.Sono tre i momenti pedagogico-didattici da promuovere: il primo è l’accoglienza, da cui dipendono le tappe successive, cioè l’inserimento dell’alunno e la costruzione di relazioni significative con gli altri, specie con i pari, il secondo è l’apprendimento della lingua italiana, ed infine l’approccio interculturale, inteso come attenzione alle diversità ed ai vissuti personali mettendo in luce differenze, convergenze riconducendole alla relatività dei punti di vista proprie di ogni popolo. Per favorire l’inserimento di un giovane straniero in classe deve essere incentivata la sotto-utilizzata figura del mediatore culturale. Compito del mediatore deve essere facilitare l’inserimento dello straniero ed agire anche sulla famiglia aiutandola a superare difficoltà pratiche di inserimento e di mantenimento del figlio nel sistema formativo.

Una scuola all’altezza delle sfide, moderna e sicura.Ancora una questione è quella dell’edilizia scolastica nella nostra regione: gli edifici scolastici in Toscana sono 2.600. Molti di questi (il 28%) sono stati costruiti fra il 1961 e il 1975, e solo 25% dal 1976 ad oggi. E’ evidente che l’intero sistema ha bisogno di un profondo restauro.Le nostre scuole hanno bisogno di interventi immediati, il fabbisogno di risorse per l’ edilizia scolastica sfio-ra il miliardo e mezzo di euro: 887 milioni servirebbero solo per adeguamenti alle norme di sicurezza; altri 370 milioni per nuove costruzioni e ristrutturazioni, mentre i restanti 222 milioni andrebbero destinati a migliorare l’efficienza energetica nelle scuole toscane.L’edilizia scolastica potrebbe far ripartire lo sviluppo e dare una spinta all’economia della nostra regione: tante imprese potrebbero trovare lavoro aiutando sia l’economia a riprendersi, sia le scuole ad avere am-bienti più accoglienti. Per questo sarebbe utile escludere i finanziamenti per l’edilizia scolastica dai patti di stabilità ai quali sono vincolate le nostre province e rilanciare anche attraverso modelli innovativi, gli investimenti in questo campo per rendere le scuole di oggi all’altezza del compito che devono avere.

I GD e le associazioni degli studenti.Tra ottobre e novembre si sono svolte le elezioni studentesche e i risultati chiamano ad alcune riflessioni. Sono state molto partecipate; in ogni istituto si sono confrontate moltissime liste, segno che nelle giovani generazioni è tornata la voglia di partecipare. E non si tratta di partecipazione generica o di voglia di mettersi in mostra. Il nostro è un tempo che chiede agli studenti un anticipo di maturità. I ragazzi hanno capito che è finita l’epoca della rendita, nella quale i giovani crescevano sapendo che avrebbero occupato le caselle di pri-vilegio che i loro padri avevano costruito. E’ cominciata un era nuova, più incerta, dove l’intera società è da ri-costruire e dove certezze e privilegi non esistono più. In un tempo come questo, i nostri giovani si accorgono che c’è bisogno del loro impegno e allora si attivano. La scuola è il loro primo antidoto all’individualismo. Con le elezioni studentesche si mettono alla prova della rappresentanza: ricevere una responsabilità da qualcuno e dover lavorare a servizio degli altri. Sfogliando i programmi con cui questi ragazzi si sono candidati si han-

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no delle belle sorprese: sono ragazzi in lotta per un mondo migliore. Chi ha avuto la possibilità di leggerli, ha potuto vedere qual è la dimensione del sogno che questi ragazzi hanno. Unendoli tutti si ottiene un mosaico che disegna un sogno collettivo, che è il sogno possibile della costruzione non solo di una scuola, ma anche di una società diversa. Può darsi che sia la fine di un ciclo politico ad aver ridato speranza o forse lo schiaffo di sentirsi sul bordo del precipizio, in un mondo che non ha più sicurezze; fatto sta che non può essere un caso che le destre arretrino quest’anno, a dispetto di una tendenza che le vedeva in crescita. C’è una nuova categoria di ragazzi che sta emergendo invece, con nuove idee e un nuovo stile. E’, a questo proposito, interessante vedere i risultati ottenuti della Federazione degli Studenti, che nella gran parte delle province della Toscana è nata solo questo autunno. Tantissimi sono i rappresentanti di istituto eletti. Poi i presidenti delle consulte, infine quello del Parlamento degli Studenti. Se si vuole capire quello che sta acca-dendo ai giovani che frequentano le scuole della Toscana, non si può prescindere dalla lettura della brevissi-ma e recentissima storia di questa associazione. Nel loro sito nazionale si legge: “La libertà vola sui piedi del sapere, e se loro sono il buio del presente noi vogliamo essere la luce del futuro.”

UNIVERSITà E SE ANCHE L’OPERAIO VOLESSE IL fIGLIO DOTTORE?L’università rappresenta per noi il luogo simbolo di una società della conoscenza aperta a chiunque intenda affermarsi attraverso le proprie competenze, indipendentemente dall’originaria estrazione sociale. Credia-mo che il diritto alla cultura e alla formazione sia da difendere con forza contro ogni tentativo di delegitti-mare gli investimenti in capitate umano e contro i recenti attacchi a cui è stata sottoposta recentemente la nostra generaione, attraverso l’abuso di stereotipi appartenenti ad un’era ormai lontana. In un momento di crisi come quello attuale, l’istruzione superiore rappresenta, forse, l’unico strumento per promuovere un modello positivo di mobilità e coesione sociale nel nostro Paese, dilaniato da enormi disuguaglianze a livello economico e sul piano dei diritti. Crediamo nella valorizzazioni dei talenti ma rifiutiamo la concezione del merito propugnata dalla destra degli ultimi anni, in quanto la tendenza ad un efficiente impiego delle risorse nel settore della conoscenza deve essere necessariamente affiancata da un momento redistributivo per con-sentire quell’uguaglianza delle opportunità prevista nella nostra Costituzione: ad ogni individuo deve essere concessa l’opportunità di costruirsi un futuro e spetta allo Stato predisporre i mezzi e le risorse necessarie al raggiungimento di tale scopo.

Il modello Universitario Toscano.Il sistema universitario regionale si presenta piuttosto articolato e diffuso sul territorio. Ai tre poli univer-sitari statali (Firenze, Pisa, Siena), con sedi didattiche distaccate in diverse province toscane, si aggiungono, infatti, due scuole di eccellenza (la Scuola Normale Superiore e la Scuola Superiore di Studi Universitari e Perfezionamento “S. Anna”) situate entrambe a Pisa. La nostra Regione, che conta più di 120.000 studenti iscritti, è stata da sempre terra di accoglienza e meta privilegiata per migliaia di studenti fuori sede grazie alla qualità dei servizi offerti dagli Atenei in termini di didattica e ricerca, agli sbocchi occupazionali al ter-mine del percorso universitario[1] e soprattutto all’efficienza del sistema di diritto allo studio, vero punto di forza in un panorama nazionale che vede solo 11 regioni, tra cui la Toscana, garantire il 100% delle borse di studio. I numeri sulle immatricolazioni confermano i risultati derivanti da una virtuosa politica di inve-stimenti in welfare studentesco: un terzo degli immatricolati in Toscana proviene da fuori regione (31%) e il

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saldo migratorio netto[2] è pari a circa 3500 studenti. La quota di fuori sede non toscani è particolarmente alta a Siena (45% del totale immatricolati), mentre è inferiore a Pisa (35%) e soprattutto a Firenze (24%).

Il DSU Toscano.I numeri sul DSU nella nostra Regione confermano l’esistenza di un modello vincente da contrapporre a quello proposto dalla destra, caratterizzato da un’ipocrita lotta per il merito e dalla presenza di “quote” o di riserve nella destinazione delle risorse sulla base della provenienza territoriale . Allo stato attuale, sono circa 11.131 (circa 6 studenti su 100) i borsisti che usufruiscono delle diverse forme di contributi economici assegnati a richiesta o per concorso agli studenti universitari meritevoli ma che si trovano in condizioni economiche disagiate.I benefici economici derivanti dalla borsa di studio si sostanziano in trasferimenti in denaro, esonero dal pagamento delle tassa d’iscrizione universitaria e nell’erogazione di alcuni servizi in natura a tariffa agevo-lata o gratuita, come mensa ed alloggio, o in contributi per l’affitto destinati a coloro (circa 2500) che, pur essendo vincitori del concorso per posto alloggio, non ne possono usufruire a causa dell’indisponibilità di posti nelle residenze del DSU Toscana. Tuttavia, anche in Toscana si son fatti sentire pesantemente gli effetti dei tagli al Fondo integrativo statale per le borse di studio, costringendo la Regione a stanziare risorse extra per scongiurare la comparsa anche in Toscana della categoria degli “studenti idonei non vincitori”, cioè di coloro che pur possedendo i requisiti richiesti per ottenere la borsa di studio non la percepiscono per man-canza di risorse. Come giovani democratici ci siamo battuti nell’intento di mantenere inalterato, per il corrente anno accade-mico, il sistema di diritto allo studio Toscano, contrastando con forza l’introduzione di misure[3] volte ad una razionalizzazione delle risorse da investire (in un momento in cui il grave contesto di crisi aveva già causato, come nel resto del Paese, un preoccupante calo delle immatricolazioni[4]). Entro fine marzo dovrebbe essere convertito in legge il decreto delegato concernente la riforma dei LEP, attualmente al vaglio delle competenti commissioni parlamentari, nel quale saranno individuati gli strumenti, i servizi per il diritto allo studio e i re-quisiti di eleggibilità per l’accesso a tali prestazioni, in modo da garantirne un’uniformità a livello nazionale. Il rischio è che vengano introdotti limiti più stringenti con una conseguente diminuzione degli aventi diritto alla borsa attraverso l’abbassamento della valore ISEE di riferimento e l’innalzamento dei requisiti di merito. Ci impegneremo perché la Regione possa garantire la borsa anche a chi ha un reddito di poco superiore ai limiti che verranno fissati e una maggiore progressività nella rimodulazione prevista della tassa regionale per il diritto allo studio, affinché il suo eventuale aumento vada ad incidere il meno possibile sugli studenti appartenenti a ceti medio bassi. Crediamo che ogni studente debba avere la possibilità di intraprendere la propria carriera universitaria pur non disponendo dei mezzi necessari. A tale scopo deve essere anticipato il momento dell’assegnazione della borsa di studio rispetto a quello dell’iscrizione: lo studente deve poter scegliere la propria sede di studio dopo aver saputo se ha ricevuto la borsa e il relativo supporto economico. Siamo favorevoli ad un ripensamento del concetto tradizionale di diritto allo studio, non solo mera elargizio-ne economica ma insieme integrato di servizi in modo da realizzare un nuovo welfare studentesco caratte-rizzato dalla libertà di accesso a mense, biblioteche e banche dati, agevolazioni sui trasporti, sviluppo della banda larga, sempre più in un’ottica di integrazione dello studente nel contesto in cui vive. Lavoreremo nei prossimi mesi affinché tutte queste proposte confluiscano in un’unica carta dello studente che realizzerebbe

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il c.d. sistema di portabilità dell’identità (attraverso il quale gli utenti di un dominio possono utilizzare i servizi di un altro dominio senza dover ripetere le procedure di accreditamento) riconoscendo un vero status di studente a cui collegare un insieme variegato di opportunità e agevolazioni. Quanto al prestito d’onore, riteniamo che debba essere utilizzato come mezzo che affianca e non sostituisce le borse di studio, come strumento di completamento del sistema che permetta magari a coloro che abbiano redditi medio alti (tali da non poter rientrare nella fascia dei borsisti) di poter scegliere in autonomia e in modo responsabile il percorso di studi. L’istituto del prestito condizionato al reddito, posto al centro del dibattito recente, non può funzionare nei confronti di studenti travolti da una vera e propria crisi generazionale. Non è un caso se in Toscana negli ultimi 3 anni, su un potenziale bacino di 30.000 studenti (ovvero di coloro che hanno un ISEE sotto i 40.000 euro) solo qualche decina ne ha fatto richiesta.

Il ruolo dell’azienda regionale per il diritto allo studio.In Toscana dal 2009 si è scelto di riservare la gestione dei servizi in materia di DSU ad un’Azienda regionale unica, che ha preso il posto delle tre aziende di Firenze, Pisa e Siena. In tal modo si è inteso assicurare una maggiore uniformità nell’erogazione delle prestazioni sul territorio regionale attraverso un modello orga-nizzativo che ha consentito, al tempo stesso, una considerevole razionalizzazione delle spese: un consiglio di amministrazione dove prima ce n’erano tre, un direttore e un presidente al posto di tre, tre revisori al posto di nove (con un risparmio nell’immediato di circa 400 mila euro che sono serviti ad ampliare i servizi per gli studenti). La stessa introduzione di un bando unico e di una graduatoria unica su base regionale dovrebbero garantire una maggiore equità nella distribuzione delle borse.I numeri dell’Azienda regionale dimostrano una buona qualità complessiva dei servizi offerti facendo della Toscana la prima regione Italiana per pasti erogati, 4 milioni all’anno, e la seconda per posti letto destinati a borsisti, circa 4.000 su una richiesta complessiva di 7.000 idonei ( la percentuale dei posti letto sul totale degli idonei è del 38% contro il 23% di media nazionale). Tuttavia riteniamo necessario un incremento delle residenze universitarie per contrastare il fenomeno degli affitti in nero e il continuo aumento delle locazioni. E’ pacifico ritenere come un rilancio delle politiche abitative per studenti permetterebbe di risolvere, almeno per i borsisti che non ottengono l’alloggio a causa dell’indisponibilità delle strutture, il problema di garantire il diritto all’alloggio universitario.Auspichiamo, inoltre, che il servizio mensa rimanga aperto alla generalità degli studenti ad un prezzo acces-sibile, evitando la sua trasformazione in un servizio destinato ai soli borsisti, con l’evidente rischio di una diminuzione della qualità. A partire da aprile diventerà operativo l’aumento del prezzo della mensa, delibera-to a fine anno per rimediare alle recenti difficoltà di bilancio dell’azienda. Come GD Toscana ci siamo battuti per ottenere l’introduzione di una fasciazione che andasse a tutelare gli studenti appartenenti ai ceti medio bassi e ad incidere sulle fasce di reddito più alte[5], tentando di far passare il concetto che in caso di bisogno si debba cercare nelle tasche di chi ha di più. In tal modo siamo riusciti ad introdurre una misura di equità so-ciale che permetterà all’ARDSU Toscana di garantire le fasce più deboli della popolazione studentesca, man-tenendo, comunque, un prezzo più che accessibile per la maggior parte degli studenti, in un’ottica di offerta di servizi di qualità. Con riferimento al rapporto con il territorio consideriamo determinante, per una maggiore efficacia e diffusione delle politiche aziendali, l’attivazione di sinergie con gli atri Soggetti istituzionali che possono essere coinvolti in progetti che interessano il diritto allo studio universitario: Comuni, Province e

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Regione possono dare un importante contributo per quanto riguarda le politiche abitative, i servizi di orien-tamento e formazione lavorativa, le politiche sanitarie e di trasporto locale. Auspichiamo una celere riforma del regolamento e del funzionamento degli organi dell’azienda nel segno di una maggiore rappresentatività e democrazia. Il CDA è, allo stato attuale, completamente impermeabile a eventuali richieste e segnalazioni che provengano dall’esterno. I membri al suo interno sono poco rappresentativi delle realtà territoriali e per questo motivo è necessario prevedere la possibilità per gruppi di studenti di interpellare il CDA o attivare il suo intervento su questioni di notevole rilevanza. Anche lo stesso CTS, costituito in ogni ambito territoriale con la funzione di vigilare sulla qualità e la corretta erogazione dei servizi, è svuotato delle sue funzioni se convocato saltuariamente e se il presidente che siede in CDA non si fa portatore delle istanze proveniente dagli altri componenti.

L’esperienza del coordinamento universitario.Per affermare le nostre idee sull’Università abbiamo bisogno di riappropriarci dei luoghi della conoscenza, svolgendo la nostra attività a stretto contatto con gli studenti, nel pieno rispetto dell’autonomia e del ruolo delle associazioni studentesche ma senza rinunciare all’ambizioso compito di riportare la discussione poli-tica all’interno del mondo accademico su temi cruciali per la nostra generazione, andando oltre la mera at-tività di rappresentanza studentesca. Il coordinamento sull’università dei GD Toscana è nato per rispondere a queste esigenze, come luogo di elaborazione e di confronto su tematiche che coinvolgono direttamente i nostri coetanei, a cui ha fatto seguito la produzione di importanti documenti che rispecchiano la posizione chiara della giovanile Toscana su argomenti quali il futuro del DSU, l’abolizione del valore legale del titolo di studio, i prestiti d’onore e liberalizzazione delle rette studentesche, aprendo un positivo dibattito all’interno della nostra generazione. Facendo sedere allo stesso tavolo i vari responsabili territoriali università e le associazioni studentesche che hanno mostrato la loro disponibilità a collaborare con noi, siamo riusciti a dare una cornice regionale alle campagne intraprese nell’ultimo anno e alle battaglie condotte sul fronte dei diritti degli studenti, arrivando a incidere con forza nelle scelte di governo della Regione, come nel caso della battaglia sulle borse di studio o sul mantenimento degli assegni a favore degli studenti iscritti ai corsi di laurea in Infermieristica. Per un’efficace lotta contro gli affitti in nero abbiamo lanciato a settembre su tutto il territorio regionale la campagna di sensibilizzazione “Basta col nero”, con l’intento di fornire a tutti coloro che hanno un affitto irregolare le informazioni e l’assistenza tecnica necessaria per denunciare la loro situa-zione ed accedere a un contratto regolare di affitto a prezzi bassissimi ( fino al 90% di sconto). Una battaglia generazionale e a favore della legalità.

L’università che vogliamo: il rapporto con il territorio.Siamo convinti che la funzione dell’università non sia solo quella di produrre laureati. Sotto tale profilo, co-munque, il sistema universitario Toscano si colloca ai vertici nel panorama nazionale per “tasso di successo negli studi”, che rappresenta il rapporto tra i laureati prodotti e gli studenti iimmatricolati nei precedenti 4 anni per le lauree triennali e 3 anni per le lauree specialistiche.La crisi economica che stiamo attraversando ha provocato danni irreparabili al tessuto produttivo del Paese, soprattutto a quello locale, costituito prevalentemente da piccole e piccolissime imprese che a causa della stretta al credito rischiano il collasso. In un contesto del genere è necessario che le Università interagiscano

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maggiormente con le imprese presenti sul nostro territorio in modo da promuovere trasferimento tecno-logico e la circolazione del capitale umano. Se gli Atenei riusciranno ad avere una maggiore propensione alla brevettazione e all’attivazione di spin off, dando vita a nuove iniziative imprenditoriali e valorizzando le esperienze professionali e il know how maturato, potranno diventare il motore dello sviluppo locale, con rica-dute positive per l’intero territorio. Proprio con riferimento al rapporto università-territorio c’è da segnalare come il nostro sistema universitario regionale sia caratterizzato da un’elevata diffusione e frammentazione geografica: tutti gli atenei hanno distribuito la propria offerta formativa in più sedi distaccate, anche atti-vandovi un solo corso di laurea (ad esempio, nel caso dei corsi di 1° livello, dei 19 comuni sede di corso di laurea, sono 8 quelli che ne hanno attivato soltanto uno). Le ragioni poste alla base del decentramento e della diffusione delle sedi universitarie, tra cui la possibilità, attraverso l’abbattimento dei costi (diretti e indiretti) della formazione universitaria, di agevolarne l’accesso agli studenti con minor reddito, sono sta-te in molti casi utilizzate per dar vita ad un’eccessiva proliferazione che ha comportato evidenti sprechi di risorse pubbliche. Riteniamo necessario attivare una politica di intelligente razionalizzazione dell’offerta formativa mediante accorpamenti delle sedi distaccate sottoutilizzate preservando, invece, quelle sedi che, in virtù della prossimità geografica e tematica alle specifiche vocazioni produttive di un territorio, possono migliorare il rapporto di interscambio tra università e tessuto economico, favorendo, tra l’altro, l’ingresso dei laureati nel mercato del lavoro. Le eventuali riduzioni degli insegnamenti e delle sedi distaccate dovranno essere compensate con un rafforzamento dei servizi a favore degli studenti fuori sede e pendolari attraverso la costruzione di nuovi alloggi e la stipula di convenzioni sui trasporti che facilitino il raggiungimento delle sedi di studio. Lavoreremo al fine di ottenere un unico “abbonamento Studente” per i trasporti su gomma e rotaia al fine facilitare gli spostamenti a livello regionale per finalità di studio.Crediamo, inoltre, che sia giunto il momento di distribuire le risorse del fondo di finanziamento ordinario sulla base di criteri premianti non più, come in passato, la dimensione degli atenei, ma anche la capacità degli stessi di produrre ricerca e didattica di qualità. Nel giugno scorso è stato rinnovato il Protocollo d’intesa tra la Regione e i tre Atenei di Firenze, Pisa e Siena, in cui si prevede una stretta collaborazione e sinergia tra le istituzioni firmatarie in tema di condivisione di progetti di ricerca e razionalizzazione ottimale delle risorse, con possibili ripercussioni anche sulla didattica. Auspichiamo su questi temi un coinvolgimento diretto degli studenti nei processi decisionali per portare nelle sedi appropriate le loro istanze. Sempre nell’ottica di un miglior inserimento nel mercato del lavoro crediamo che vadano regolati meglio e con più attenzione i tiro-cini curriculari. Le vittorie ottenute con il Progetto Giovani e la legge regionale sugli stage (dall’inserimento delle tutele alla questione del rimborso spese), ci spingono a rilanciare sul fronte dei diritti degli studenti universitari. Con l’introduzione della riforma degli ordinamenti didattici, imperniata sul sistema dei crediti, il tirocinio formativo e di orientamento è entrato ormai da tempo a pieno titolo nel percorso didattico degli studenti, consentendo oltre all’apprendimento di competenze e professionalità spendibili nel mercato del lavoro, anche l’acquisizione di crediti formativi utili ai fini del conseguimento del titolo (in alternativa al so-stenimento di un esame facoltativo). Sono centinaia gli studenti che ogni anno effettuano tirocini curriculari utilizzando i canali universitari, spesso senza un’attenta selezione delle aziende o degli enti con cui vengono attivate le convenzioni e con un controllo poco rigoroso sul contenuto formativo dello stage che diventa perlopiù un costo per il ragazzo, non essendo previsti rimborsi. La ricerca e l’alta formazione rappresentano i settori strategici cu cui occorre investire con coraggio per uscire dalla crisi. Solo puntando sulle giovani

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generazioni riusciremo a garantire loro il diritto al sapere e il diritto al futuro.[1] Mediamente a distanza di 3 anni sono occupati 77 laureati su 100, mentre 5 sono alla ricerca di un lavoro e i 18 rimanenti proseguono gli studi o svolgono una attività formativa retribuita (soprattutto medici e giuristi). Inoltre, mentre In Italia il 58% dei laureati è fuori corso, in Toscana tale dato scende al 54% . Dati IRPET

[2] Ossia la differenza tra gli immatricolati che entrano in regione per iscriversi in Atenei presenti sul territorio e gli immatrico-lati che escono per studiare fuori sede. Solo il 9% degli universitari residenti in Regione decide di trasferirsi.

[3] Tra le misure proposte vi erano la previsione dell’obbligo per i vincitori della borsa al primo anno di presentare, al fine diottenere l’erogazione della prima rata del contributo economico, una fideiussione bancaria che garantisse sulle capacità di restituzione di quanto percepito e dell’istituto della revoca che avrebbe comportato, in caso di mancato raggiungimento dei requisiti di merito richiesto (20 crediti entro il 30 novembre), la restituzione non solo del contributo economico riscosso ma anche l’intero valore monetario dei servizi connessi alla borsa (128 euro per ogni mese trascorso nelle residenze ARDSU e 3 euro per ogni pasto fruito).

[4] Sono infatti leggermente in flessione negli ultimi 4 anni gli immatricolati residenti in Toscana (-4 punti percentuali), nono-stante l’aumento dei 19enni (+7,1%, nel medesimo intervallo temporale) ed in particolare di quelli che conseguono il diploma di scuola secondaria superiore (+6,8%).

[5] La nuova fasciazione che lascia naturalmente inalterata la gratuità del servizio per i borsisti, prevede una riduzione di 20 centesimi sul pasto di chi ha un ISEE inferiore a 36.000 € ( il costo del pasto scende quindi a € 2,80) mentre gli studenti che hanno un ISEE compreso fra 36.000 e 75.000 € continueranno a pagare 3€,e solo chi ha un ISEE superiore o chi non ha presentato

la certificazione pagherà 4€.

TOSCANA fUTURALa Toscana al lavoro.La crisi economica internazionale ha colpito anche il nostro territorio sia nella prima fase, tra il 2008 e il 2009, che nella seconda ondata più recente. In tutto dall'inizio della crisi, nel 2008, la Toscana ha perso finora 19 mila posti di lavoro.Le previsioni per il 2012 sono difficili e potrebbero portare ad una nuova ondata di esuberi dopo un 2011 in cui la Toscana ha provato a rialzarsi, come mostrano i dati del rapporto 2011 sul mercato del lavoro (il saldo positivo è di 23 mila occupati, mentre i disoccupati diminuiscono di cinquemila unità). Il piano Giovani Sì (340mln€ nei prossimi 3 anni) ha messo a disposizione molte risorse per le nuove gene-razioni, anche sul versante dell’imprenditoria giovanile e femminile (115 richieste finora), con un’attenzione specifica alla dimensione agricola, ha mobilitato risorse per incentivare l’assunzione dei giovani laureati e per la stabilizzazione dei contratti a tempo determinato, dando ai giovani garanzie e strumenti altrimenti impensabili. Le politiche giovanili però sono tutte quelle che determinano il futuro, per questo il progetto è da ritenere una pedina importante, peraltro un caso unico in Italia, ma non sufficiente per garantire alle nuove genera-zioni il diritto ad un futuro in Toscana.Se è vero che già prima della crisi il nostro sistema produttivo si stava deindustrializzando e che la crescita rallentava, il punto oggi non è come ritornare indietro a 5 anni fa, ma come rilanciare un nuovo sviluppo della nostra regione che la renda competitiva ed in grado di far fronte alle sfide del domani riuscendo a mantenere il suo solido sistema di welfare locale.

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Quando si pensa alla nostra Regione ci viene in mente la sua bellezza, il suo paesaggio famoso in tutto il mondo, i suoi prodotti tipici, il vino, le colline, i musei e le opere d'arte, le città scrigno che in ogni parte del territorio nascondono i gioielli che tutti ci invidiano.Questo però nasconde tanto di quello che siamo: nasconde le fabbriche, le università, le grandi, piccoli e piccolissime aziende che popolano ogni parte della regione, i laboratori artigiani, i distretti industriali, il lavoro agricolo e nel mondo dei servizi.Se vogliamo che la Toscana non si trasformi velocemente in una terra di conquista per i ricchi pensionati europei scacciando i suoi giovani perchè incapace di offrirgli prospettive, dobbiamo avere la capacità di tenere assieme i due aspetti con la consapevolezza che entrambi siano necessari per far crescere la Toscana di domani senza distruggere quella di ieri.Il lavoro è il motore delle società e un lavoro più giusto, più diffuso, di maggiore qualità deve essere l’obiet-tivo per il nostro territorio, tenendo assieme le dimensioni di sostenibilità sociale e ambientale della cre-scita.Servirà puntare con forza su innovazioni di prodotto e di processo, che rendano i nostri prodotti in grado di essere competitivi nei mercati internazionali, dove si gioca gran parte della possibilità di ripresa della nostra regione, dovremo scoprire nuovi settori finora sottoutilizzati che però rappresentano delle sfide da cogliere come dimostra la crescita esponenziale in tempi di crisi di tutto il settore della green economy, avremo bisogno di dare una spinta all’innovazione anche attraverso fondi regionali che modernizzino il no-stro apparto produttivo anche per rompere il meccanismo del mismatching tra domanda ed offerta di lavoro (il 42,5% della domanda di lavoro delle imprese toscane è rivolto ai diplomati, solo il 9,5% ai laureati), senza dimenticare di preservare quei mestieri storici e quelle competenze diffuse che possono fare dei nostri territori, se recuperate e valorizzate, un elemento unico. La capacità di “vendere” la Toscana dovrà poi migliorare, tanto puntanto su percorsi turistici che coinvol-gano ancora più zone del nostro territorio preservandone con forza le peculiarità e l’equilibrio ambientale, quanto snellendo la burocrazia e i percorsi per attivare nuovi insediamenti industriali o il recupero di quelli preesistenti.L’internazionalizzazione andrà poi perseguita rafforzando la capacità di stare sui mercati internazionali promuovendo il made in Toscana e investendo sulla capacità di attrarre investimenti.Nella nostra regione si pone con forza la questione infrastrutturale e della dimensione di scala con cui si affrontano programmazione e sviluppo.Le diverse capacità produttive dei territori si riflettono anche nelle difficoltà di collegamento che hanno, la rete ferroviaria e quella stradale tagliano fuori dai corridoi degli scambi importanti pezzi del nostro terri-torio che di riflesso sono poco attrattivi per gli investimenti a causa di un gap di competitività. Il potenzia-mento delle infrastrutture dovrà però essere razionale e accorto nei confronti dell’impatto ambientale ma soltanto la realizzazione di una vera rete delle città potrà essere in grado di trainare lo sviluppo. Senza dimenticare le infrastrutture leggere, in primis la diffusione delle connessioni veloci. Troppi territori ne sono ancora sprovvisti, scavando un gap rispetto alle aree on line. Servirà investire su questo: nel mondo globale in cui la velocità dello scambio delle informazioni rappresenta elemento cruciale nella competitivi-tà, restare fuori dalla copertura della rete ad alta velocità è un handicap enorme.Ancora, mentre la competizione per attrarre investimenti e la progettazione dello sviluppo viene fatta a li-

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vello sempre più macro nel resto d’Europa e nel mondo occidentale, troppo spesso sui nostri territori i confi-ni comunali o provinciali diventano un rifugio per i piccoli localismi e le rendite. Avremo bisogno di costruire nuovi strumenti per la programmazione, a partire dalle aree metropolitane, che sappiano porsi al mondo come aree omogenee e possano costruire progetti di sviluppo larghi realizzando forti economie di scala.

Ambiente, paesaggio, futuro.

Viviamo un tempo in cui è ormai evidente quanto l’ambiente non sia più riconducibile al paesaggio, pale-sandosi ormai come l’elemento centrale e cruciale della nostra esistenza. Abbiamo fatto un uso smodato del territorio, delle sue risorse e della capacità di rigenerarsi. In nome di una visione economicista che ha fatto per troppi anni del PIL l’unico faro con cui illuminare la via dello sviluppo abbiamo sacrificato entrambi i versanti della sostenibilità, quello sociale e quello ambientale.Noi giovani generazioni abbiamo un ruolo centrale in questo: mettere al centro l’ambiente deve essere uno dei tratti distintivi di un partito progressista come il PD, soltanto ergendo la questione ambientale a pilastro della nostra proposta politica potremmo candidarci con successo a guidare le sfide del domani.E’ in atto a livello globale un ripensamento importante rispetto al legame tra sostenbilità ambientale e svi-luppo, serve tradurla a tutti i livelli in un’attenzione forte alla tutela e alla salvaguardia delle risorse, ed in una rivoluzione tecnologica e culturale, basata sulla riduzione dell'impatto ambientale dell'uomo, che può segnare oggi la via verso una nuova stagione di sviluppo.Anche nel nostro territorio osservando le esperienze recenti, è chiaro come la green economy possa diven-tare lo strumento per un rilancio, all‘insegna della competitività, di interi settori : dall’industria all’edilizia sono innumerevoli i campi in cui questa nuova prospettiva può generare opportunità di crescita e diventare un campo in cui impegare talenti e risorse e riconvertire intere filiere produttive rilanciandole oltre la crisi. Sviluppare inoltre sinergie tra industrie ed atenei e mettere in campo un sistema di incentivi per chi decida di perseguire questa strada renderebbe il passaggio più veloce e darebbe strumenti di rilancio a migliaia di aziende, facilitando la creazione di quel circolo virtuoso (già ampiamente sperimentato in altri paesi) i cui tre anelli sono: ricerca, innovazione e produzione.La green economy deve essere innanzitutto un'economia “pulita”: non deve essere lasciato spazio al malaffa-re e vanno quindi combattute senza limitazione di mezzi e con assoluto rigore le infiltrazione della crimina-lità organizzata, che più e prima di altri ha saputo vedere le potenzialità di un settore in così forte crescita.Bisogna per tale motivo rafforzare il sistema dei controlli ambientali, garantendone indipendenza ed auto-revolezzaNon possiamo ricordarci della tutela dei nostri territori soltanto in occasione di catastrofi naturali come quelle che hanno colpito la Lunigiana e l’Elba negli ultimi mesi, o quando gli errori umani mostrano l’inade-guatezza delle norme come nel caso della Concordia al Giglio. Le immagini tragiche dei tg devono essere un monito importante perchè la storia non si ripeta: la tutela e la salvaguardia del territorio è una pratica che va portata avanti con costanza investendo risorse adeguate e facendo della programmazione urbanistica uno strumento importante nel rispetto dei vincoli naturali e paesaggistici , da accompagnare con politiche importanti in difesa del suolo dal dissesto idrogeologico..Il consumo di territorio ha dinamiche molto diverse tra le nostre provincie, le aree a maggiore densità abi-tativa e industriale mostrano margini di incremento bassi e risulta difficile pensare che si trovino spazi ul-

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teriori da occupare.Benchè gli oneri di urbanizzazione rappresentino una ghiotta occasione per i comuni che, stremati dai ta-gli, possono trovare lì risorse da utilizzare altrove, è necessario invertire la tendenza, le nostre città sono spesso popolate da grandi spazi edificati che restano vuoti, contenitori che se riutilizzati potrebbero dare risposte alle esigenze sia produttive che abitative. Il riuso ed il recupero di queste strutture dovrebbe essere incentivato il più possibile, con la massima attenzione alla questione delle ristrutturazioni “eco-friendly”. Finchè non avremo chiaro che le città non possono continuare ad espandersi per esplosione ma che il para-digma deve diventare quello dell’implosione continuremo ad esercitare una pressione troppo forte sui nostri territori rischiando di lasciare dei buchi nei nostri spazi urbani che rischiano il degrado e la marginalità. La vivibilità delle città infatti dovrà essere al centro dell’amministrazione in ogni sua declinazione, dalla pedonalizzazione dei centri città, alla valorizzazione e recupero delle periferie, alla costruzione di percorsi ciclabili e strumenti di bike sharing, alla creazione di una rete importante di mobilità integrata: deve essere chiaro che i diritti di cittadinanza devono essere gli stessi in ogni parte. La mobilità rappresenta uno dei grandi asset su cui costruire nuove politiche ambientali. I tagli del governo al trasporto pubblico locale impongono una rivisitazione delle modalità di organizzazione, ma non può es-sere disinnescato il tentativo di costruire un’integrazione tra ferro e gomma che metta in connessione tutti i territori per costruire una rete moderna ed efficiente di trasporti pubblici. Lo sblocco dello snodo ferroviario fiorentino con la costruzione della nuova stazione permetterà di ampliare di molto l’offerta di treni per i pendolari regionali, ma dovrà essere accompagnata da nuovi investimenti che migliorino la qualità dei treni e sviluppino una sinergia forte tra ferro e gomma mettendo assieme le due reti di collegamento. Ci sono ancora troppe zone mal collegate e troppe tratte in cui viaggiano treni molto inquinanti, dovrà essere una prorità l’attenzione a queste aree della regione, soltanto abbassando i tempi di percorrenza di alcune tratte si riuscirà a rendere appetibile il trasporto pubblico.Altro aspetto è quello del trasporto delle merci, su cui il nostro Paese tutto è maglia nera in Europa ma la Toscana deve essere all’avanguardia disincentivando la gomma per investire fortemente sulla possibilità di muoverle su rotaia e implementando le sinergie tra i porti e le reti. Anche la promozione e la diffusione della cultura del km 0 per quanto riguarda il cibo, deve essere l’orizzonte su cui investire valorizzando la biodiver-sità della nostra regione e i suoi prodotti.Resta aperto con forza anche il tema della gestione del ciclo dei rifiuti: la costruzione di nuovi termovaloriz-zatori e altri impianti di smaltimento è necessaria per evitare situazioni di degrado e smettere di affollare le discariche ormai sature. E’ facile suscitare reazioni negative tra i cittadini su questi argomenti, per questo deve essere chiaro che il nostro impegno è quello di abbattere con forza la produzione di rifiuti e di incremen-tare la quota di riciclo e rendere l cittadinanza pienamente informata e soggetto attivo nella discussione. La trasparenza nella realizzazione delle opere deve essere accompagnata da forti investimenti per promuovere la raccolta differenziata, le nostre amministrazioni possono accettare subito la sfida costruendo assieme alla grande e piccola distribuzione sistemi per la riduzione degli involucri degli alimenti, impiantando fonta-nelli per la distribuzione dell’acqua, diffondendo le best practices tra i territori e investendo nella creazione di una cultura del riciclo, del riuso e del risparmio che assieme dovranno mostrare un’attenzione forte alla questione ambientale. Partecipazione, dialogo, trasparenza, difesa dell’ambiente e del territorio, devono di-ventare l’antidoto al decisionismo anacronistico e ai fenomeni N.I.M.B.Y.

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Le amministrazioni hanno un ruolo centrale anche nel risparmio energetico e delle risorse, tanto in maniera diretta quanto diffondendone la cultura. La riconversione dell’illuminazione pubblica, l’attenzione ad evitare gli sprechi, l’incentivare l’utilizzo dei mezzi pubblici, una maggiore attenzione all’uso dell’acqua, dell’elettri-cità, dei climatizzatori e dei riscaldamenti dovranno essere parametri importanti del governo dei territori, da percorrere anche introducendo sistemi premiali sulle bollette per chi resti sotto determinate soglie.Infine la promozione delle fonti di energia alternative: in Toscana sono molte le opportunità in questo senso, dalla geotermia all’eolico al solare, tutte vie da percorrere con più coraggio. La diffusione dell’energia al-ternativa a livello domestico o industriale non può essere ostacolata brandendo il paesaggio come un’arma nè portata avanti a discapito dell’agricoltura. Serve trovare un equilibrio che permetta di salvaguardare en-trambi gli aspetti ma vada oltre l’idea che il paesaggio si possa mettere contro l’ambiente.

NUOVI TOSCANI LA TOSCANA E L’INTEGRAzIONELa Toscana è già oggi terra di immigrazione, sui nostri territori il peso dei migranti è importante tanto dal punto di vista demografico quanto da quello economico ed è molto cresciuto nell’ultimo quindicennio: tra il 1995 e il 2010 la popolazione straniera residente è aumentata di circa sette volte (48.702 i residenti nel 1995, 338.746 al 1 Gennaio 2010) e il peso percentuale degli stranieri sul totale dei residenti nella regione è passato dall’1,4% al 9,1%. La distribuzione territoriale dei migranti è molto eterogenea, quasi 2/3 di loro risiede nelle province di Firen-ze, Pisa, Arezzo, Prato dove il mercato del lavoro è caratterizzato da settori in cui la loro manodopera è molto richiesta (agricoltura, costruzioni, turismo, servizi alla persona). La presenza degli stranieri in Toscana è sempre stata caratterizzata da un buon grado di inserimento nel tes-suto sociale di cui fanno parte, anche se negli ultimi anni si sono moltiplicati episodi di intolleranza, violenza ed odio razziale anche dovuti alla crisi economica che rischia di generare una lotta tra i poveri che la politica e le istituzioni hanno il dovere di sedare. Il proliferare di sedi di centri sociali di destra e la diffusione sui nostri territori di gruppi politici di estre-ma destra (da Casaggì a Casapound a La Fenice ed affini) ha reso il clima più teso, diffondendo una cultura xenofoba e nazionalista che constrasta con la tradizionale apertura al dialogo e alla pluralità della nostra Regione.Gli episodi di Firenze del 13 dicembre, con l’uccisione da parte di un estremista di destra di due senegalesi, Samb e Diop, hanno mostrato come neanche la nostra terra sia avulsa da episodi di barbarie e quanto lavoro ci sia da fare per diffondere la cultura della tolleranza, del rispetto e dell’antirazzismo.Siamo stati in piazza assieme a decine di migliaia di persone sabato 17 dicembre, c’erano con noi le comunità straniere, le istituzioni, le associazioni sindacali, di volontariato e tantissimi cittadini a rappresentare un popolo che rifiuta intolleranza e razzismo. Pape Diaw, rappresentante della comunità senegalese, ha chiesto alla politica di non restare sorda a quel che era successo: per anni in Italia la destra ed i suoi rappresentanti hanno avvelenato il clima ed esasperato l’intolleranza coprendo di fatto il lavoro sporco dei fascisti del terzo millennio. Oggi in una situazione econo-mica del genere rischiamo che le tensioni si acuiscano ancora di più, dobbiamo quindi ripartire con un lavoro importante di contrasto all’intolleranza e di costruzione di una comunità aperta e plurale che rispetti tutti.Nella convizione che la rappresentanza sia fondamentale per costruire una società unita abbiamo partecipa-

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to in prima linea alla raccolta firme per la battaglia Italia sono anch’io, e spingeremo ad ogni livello perchè venga riformata la legge sulla cittadinanza riuscendo a costruire uno scambio proficuo tra diritti e doveri attorno ad un’idea di società aperta. Abbiamo bisogno di partire dal nostro territorio per lanciare un segnale forte, il modo in cui si è affrontata l’emergenza dei giovani tunisini arrivati nella nostra regione è stato d’esempio per la capacità di accoglienza e l’attenzione dimostrata da tutti i nostri comuni verso questa problematica, importante è stata anche la posizione toscana sui CIE, che ha contrapposto al modello del governo un’idea strutturalmente diversa fatta di piccoli centri e volontariato. Se da un lato c’è bisogno di superare il modello CIE per gestire l’immigrazione, dall’altro è evidente come vada ripensato in ottica europea anche tutto il sistema dell’ingresso e del soggiorno nel nostro Paese, di cui il balzello introdotto in finanziaria per il rinnovo dei permessi di soggiorno rappresenta l’ennesima vergogna come la sentenza della Corte di Giustizia Europea a proposito dei respingimenti libici.Tanto resta da fare a livello nazionale, ma non vogliamo stare ad aspettare, crediamo che la politica anche a livello locale possa tornare ad esercitare quel ruolo pedagogico cui forse per troppo tempo ha abdicato credendo che il nostro territorio fosse immune dal problema xenofobo. Le amministrazioni locali hanno a disposizione diverse leve per lavorare su questo:fondamentale è la promozione della reciproca conoscenza fra culture diverse, come fattore di arricchimento del bagaglio culturale di tutti. La scuola assume un ruolo centrale quale luogo di educazione alla convivenza ed in particolare alle nuove convivenze : è necessario promuovere, sostenere, ampliare e qualificare le atti-vità didattiche, i programmi di intercultura rivolti agli studenti.È necessario recuperare anche un ruolo pedagogico della politica, a tal fine alcune iniziative di alto valore simbolico e di forte ricaduta mediatica potrebbero essere intraprese dalle amministrazioni del nostro terri-torio, come quella del conferimento sistematico della cittadinanza onoraria da parte dei sindaci ai bambini stranieri nati in qui, fintanto che non sarà approvata la legge che introduca apra il nostro paese allo jus soli, accompagnata da un’attività di comunicazione sistematica rivolta agli stranieri per l’accesso a quei diritti di cittadinanza di cui godono anche adesso: come si comunica al cittadino italiano l’approssimarsi della sca-denza della carta di identità, così si dovrebbe comunicare ai diciottenni figli di stranieri e a coloro che hanno maturato i requisiti di residenza, la possibilità di rivolgersi agli sportelli comunali per avviare le pratiche relative alla concessione della cittadinanza.In un ottica di promozione della stabilizzazione del migrante come premessa di una effettiva inclusione so-ciale, una comunicazione analoga andrebbe promossa anche verso coloro che potenzialmente hanno matura-to i requisiti per richiedere il permesso lungo soggiornante. Il tema dell’esercizio nel nostro territorio del diritto alla libertà di culto in luoghi deputati, e quindi della possibilità di dedicare delle strutture apposite per l’ormai rilevante comunità straniera, rimane un nodo di fondamentale importanza che deve esere sciolto con il concorso di istituzioni locali, confessioni religiose, cittadini. Crediamo che sia una questione ineludibile da cui passa la dimostrazione di apertura e rirpetto verso gli altri per il nostro territorio. Il percorso può essere intrapreso ai sensi della legge regionale sulla partecipazione, utile per aprire un dialogo con la città e l’ambiente circostante.E’ necessario poi promuovere ed attivare la partecipazione dei migranti alle vita sociale, culturale, delle co-munità locali, alle decisioni e alla vita delle istituzioni locali, per dare loro voce e consentirgli di esprimersi

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sui problemi che riguardano il territorio dove vivono.Su questo tema c’è in corso un gran dibattito: c’è chi ritiene i Consigli e la Consulte degli stranieri strumenti ancora validi e chi li ritiene superati e di retroguardia, sostanzialmente un palliativo al diritto di voto e so-stiene la necessità di adottare altri e nuovi strumenti di rappresentanza e partecipazione .Il giudizio sulle esperienze pregresse e in corso non può che essere articolato: laddove il Consiglio/Consulta ha avuto a disposizione spazi e strumenti, laddove le Amministrazioni lo hanno adeguatamente valorizza-to, questi organi di rappresentanza sono diventati punti di riferimento importanti per le persone di origine straniera. Viceversa laddove sono stati abbandonati a sé stessi per scarso impegno degli enti che ne hanno promosso la formazione, si sono avuti esiti fallimentari e motivi di ulteriore frustrazione.Una riflessione deve essere condotta senza remore: la semplice concessione del diritto di voto amministra-tivo, se non adeguatamente accompagnata da un lavoro di promozione della cittadinanza attiva, della par-tecipazione dei migranti, rischia di cadere abbastanza nel vuoto. Quale protagonismo, quale partecipazione viene esercitata oggi dai cittadini UE che hanno diritto di partecipare alle elezioni amministrative? Ebbene i Consigli/Consulte degli stranieri, opportunamente rivisti e rilanciati (magari con diverse modalità elettive), possono costituire importanti occasioni di confronto e di partecipazione che avvicina le persone di origine straniera alla vita delle istituzioni locali, allo stesso modo può agire la previsione della possibilità di voto per gli stranieri residenti in Italia ai referendum consultivi comunali, provinciali e regionali.

LA PRIMAVERA DEI DIRITTI PARTIAMO DA NOIBenchè più istruite degli uomini, le donne toscane incontrano maggiori difficoltà a trovare un impiego. Più esposte al precariato, ripiegano sul part-time, spesso involontario. Sono impiegate soprattutto nel terziario, ma solo l‘1% viene promosso a ruoli dirigenziali. Le donne guadagnano in media il 31% in meno degli uomini ed hanno un turn over più elevato.

IRPET TOSCANA, 2011

Nel 2011 l'Italia si è confermata, insieme a Malta, in fondo alla classifica europea per occupazione, retribuzio-ne e condizione femminile: una donna in Italia viene pagata, a parità di ruolo, 1/5 in meno rispetto a un uomo; il tasso di occupazione delle donne senza figli tra i 25 e i 54 anni è del 63,9%, contro una media dell’Unione del 75,8% (in Germania 81,8%); a metà 2011, il tasso italiano di occupazione era del 57,2% e del 46,7% per le sole donne (nell'Unione 64,2% e 58,2% rispettivamente). Tutto ciò stride con quanto previsto dal Consiglio europeo di Lisbona del 2000: aumentare il tasso di occupa-zione globale dell’Unione al 70% e il tasso di occupazione femminile a più del 60% entro il 2010. Un terzo dei giovani ha un titolo di studio più elevato di quello che servirebbe per svolgere il proprio lavoro. In particolare, il fenomeno del sottoutilizzo della forza lavoro femminile è in continuo aumento negli ultimi anni: dal 28,5% del 2005, al 31,7% del 2007, al 33,8% del 2009. Le giovani presentano una percentuale di due punti più alta dei loro coetanei (34,8% contro 32,5%). Le laureate sottoutilizzate raggiungono il 49,5% contro il 42% dei laureati. La mancata occupazione femminile o lo svolgere mansioni sottoqualificate rappresenta anche uno “spreco” per l'economia del Paese, visto anche che le donne hanno migliori successi negli studi.Il numero di comuni italiani amministrati da sindaci di genere femminile non raggiunge il 10%, scendendo addirittura al di sotto del 5% nei comuni del sud Italia e sotto al 4% per la fascia di comuni di maggior

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dimensione demografica.Si stima che, se improvvisamente le donne iniziassero ad avere le chance che oggi hanno gli uomini e vicever-sa, solo nel 2183 ci sarebbe il “pareggio”. Ciò dimostra la necessità di chiare prese di posizione e di atti concreti di chi governa il Paese visto che la semplice demografia, intesa come lo sviluppo naturale delle società e delle economie, non può sostenere una speranza ragionevole di parità. Alla base della bassa partecipaz ione femminile al mercato del lavoro c'è la famiglia: il 40,8% delle donne che hanno interrotto l'attività lavorativa dichiara di averlo fatto per prendersi cura dei figli, il 5,6% per dedicarsi totalmente alla famiglia o ad accudire persone non autosufficienti. Tra le donne in età compresa tra i 25 e i 45 anni, dopo la nascita di un bambino il tasso di occupazione passa bruscamente dal 63% al 50%, per crollare ulteriormente dopo la nascita del secondo.Secondo altri dati Istat la violenza è la prima causa di morte o invalidità permanente per le donne fra i 14 e i 50 anni nel nostro Paese: più del cancro o degli incidenti stradali. Più del 50% delle donne tra i 14 ed i 59 anni ha subito almeno una molestia a sfondo sessuale e quasi 1 milione di nostre connazionali dichiarano di aver subito ricatti sessuali sul lavoro.In Italia sono circa 40 mila le donne che hanno subito l’infibulazione, facendo guadagnare al nostro Paese il triste primato di nazione europea con il massimo numero di donne infibulate, per la particolare tipologia di flussi migratori. Ci sarebbero ogni anno 2 o 3 mila bambine immigrate a rischio.Quelli fin qua riportati sono solo alcuni dei preoccupanti dati su cui riflettere, coscienti del fatto che anche il nostro territorio non sia esente da questi fenomeni: l’ultimo rapporto dell’IRPET su donne e lavoro in Toscana segnala quanto forti siano anche nella nostra realtà le disparità tra uomini e donne (basti pensare che in media gli uomini in toscana guadagnano 23.000€ mentre le donne si fermano a 16.200€) con un sensibile peggioramento negli ultimi anni in concomitanza della crisi.Serve un impegno forte per le pari opportunità, le donne ed i giovani sono risorse importantissime per il nostro Paese, sulle loro gambe può tornare a camminare il futuro.E’ prioritario impegnarci come Giovani Democratici insieme a tutti coloro che lottano per la reintroduzione del divieto di dimissioni in bianco, do-vremo lavorare in prima perone, nei Comuni dove siamo presenti come GD e/o stimolando gli amministratori locali, per il potenziamento della rete dei servizi per infanzia, anziani, non autosufficienti; per l'incremento degli asili nido pubblici e aziendali; per una maggiore sicurezza ed illuminazione pubblica e l'attivazione di corsi antiviolenza e prevenzione della violenza su donne e minori, la promozione della lotta contro tratta delle donne e infibulazione, nonché per rafforzare la rete dei consultori sui territori e attivare campagne di sensibilizzazione, anche nelle scuole, contro immagini e stereotipi di genere nei media, per una corretta immagine femminile.Rivendichiamo a gran voce l'obbligatorietà della predisposizione almeno biennale del “Gender Budget” nella P.A. e verifica sull’impiego delle risorse in tutti i settori (sport, cultura, trasporti, politiche del territorio...), anche tramite auditing di genere delle rappresentanze femminili delle forze sociali.Lavoreremo perchè ci siano agevolazioni fiscali alle imprese che assumono donne e incentivi ancora maggiori all’imprenditoria femminile, nonché politiche di formazione specifiche per favorire l'occupazione femminile.Infine, l’impegno per una democrazia paritaria, sia in qualità che in quantità, partirà da noi Giovani Democra-tici, nella scelta del futuro gruppo dirigente, ma ne faremo una questione importante da portare anche nel

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partito, nelle amministrazioni e per le scelte delle candidature.

DIRITTI CIVILI E BIOETICANostro obiettivo, come giovani che vivono e amano l'Italia, deve essere una società giusta sotto ogni profilo, in cui i diritti possono emergere nella loro pienezza rimettendo al centro la persona in ogni propria espres-sione: con riferimento, ad esempio, alla propria sfera lavorativa, alla propria autodeterminazione, al proprio orientamento sessuale, alle proprie convinzioni religiose e filosofiche.Va affrontata ogni questione con rigore e con la massima obiettività, nell’interesse generale; porsi nel di-battito non pensando di avere ragione a priori, ma ascoltando le ragioni altrui, non affermando di possedere la verità bensì lasciandosi prendere dal dubbio che l’altro possa avere ragione. Uno Stato laico deve sempre proteggere i diritti civili e la libertà di ciascuno. Non “diritti speciali”, ma diritti uguali per tutti. Non siamo tutti uguali, anzi la nostra ricchezza è proprio la specificità di ognuno, dobbiamo lottare perché uguali siano i diritti e le opportunità di tutti. Questo significa essere democratici.I Paesi più evoluti sono quelli che tengono insieme diritti sociali e diritti civili, senza un ordine di priorità, perché una società aperta alle differenze risulta più ricca economicamente e socialmente. I diritti civili non vanno considerati come diritti a parte, ma come parte di un idea di società, non come vittoria di parte, ma vittoria di tutti.Omofobia e transfobiaRicordando che “non è grave il clamore dei violenti; è grave il silenzio delle persone per bene” (Martin Luther King), rompiamo il silenzio assordante che ancora consente in Italia la discriminazione, l’emarginazione e persino la negazione dell’esistenza di una moltitudine di donne, di uomini e dei loro sentimenti.I ripetuti e recenti episodi di violenza omofobica e transfobicae e di aggressione fisica e verbale, come gli attacchi da parte di singoli e delle istituzioni, tanto a livello nazionale quanto su quello locale (ricordiamo la “persecuzione” dell’amministrazione viareggina verso i locali della riviera versiliese Gay Friendly), di-mostrano senza ombra di dubbiocome il clima di intolleranza e insicurezza presente nel Paese e sui nostri territori.Risulta prioritario sollecitare in ogni modo il Parlamento italiano affinché approvi una normativa specifica che tuteli le cittadine ed i cittadini contro ogni forma di manifestazione di tipo omofobico e transfobico, estendendo anche all'orientamento sessuale e all'identità di genere le tutele previste dalla legge 205 del 1993, detta “Legge Mancino”, ma forte è la necessità di una vera battaglia culturale partendo da iniziative nelle scuole, nella pubblica amministrazione, tra le forze dell’ordine e nei più vari luoghi di lavoro con spe-cifici programmi di "diversity management". In Italia la transfobia è ancora più diffusa e meno discussa dell’omofobia: avere un’apparenza di un genere e documenti che non la rispecchiano è fonte di mille problemi e umiliazioni in mille situazioni, anche le più banali: esercizio del voto, ricerca di un lavoro, passare la frontiera per un viaggio etc. Su questi argomenti per troppo tempo è calato il silenzio, lasciando che se ne occupassero apposite asso-ciazioni quasi come se fossere questioni a se. Dobbiamo ribaltare questa prospettiva attraverso il nostro impegno, provando a rendere consapevoli dei problemi più persone possibile, veicolando nelle istituzioni, attraverso i nostri giovani amministratori, ordini del giorno e mozioni che portino queste questioni nella discussione politica quotidiana in modo da chiarire una volta per tutte che la Toscana non è terra di discri-

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minazione.

Unioni CiviliLe istituzioni comunitarie hanno già proceduto più di una volta ad invitare l’Italia a riconoscere i diritti fon-damentali alle coppie omosessuali. Il Parlamento Europeo ha ribadito in più occasioni il suo orientamento a riguardo: nella Raccomandazione del 16 marzo 2000 sul rispetto dei diritti umani nell’Unione Europea, esso chiese agli Stati membri di “garantire alle famiglie monoparentali, alle coppie non sposate e alle coppie dello stesso sesso parità di diritti rispetto alle coppie e alle famiglie tradizionali, in particolare in materia di legislazione fiscale, regime patrimoniale e diritti sociali”. Questa non è una battaglia di una parte del Paese contro un’altra, bensì per una società più moderna e soli-dale per tutti. Probabilmente il limite della politica italiana è stato quello di affrontare questo tema in modo ideologico, non capendo che su questi temi l’ideologia c’entra poco, perché in realtà una legge che riconosce diritti a chi non ce li ha, è una legge che crea coesione sociale all’interno del Paese aprendo nuovi spazi per i diritti senza precluderli a nessuno.Il nucleo di diritti che dovrebbero essere presenti in una legge in materia dovrebbe prevedere: riconosci-mento della rilevanza giuridica del rapporto tra due persone legate da comunione di vita che risulti da atto pubblico; reciproco dovere d’assistenza materiale; regime patrimoniale e diritti successori; disciplina fiscale e previdenziale; reversibilità della pensione; acquisizione della cittadinanza italiana per il partner straniero; assistenza sanitaria e penitenziaria; malattia e decisioni successive alla morte; successione nel contratto di locazione; accesso come nucleo familiare alle graduatorie riguardanti edilizia pubblica e servizi sociali.In attesa di una legge nazionale non possiamo stare a guardare, tramite i nostri amministratori ci faremo promotori del fatto che in ogni territorio si istituiscano registri delle unioni civili e che ad essi venga dato un valore che va al di là di un formale elenco: tali registri devono essere arricchiti di effettivi diritti per chi ci si iscrive, partendo dalla fruizione dei servizi di welfare locale.I diritti siano per tutti, così come lo sono i doveri.

Testamento biologicoCome Giovani Democratici dobbiamo farci carico della libertà di autodeterminarsi di ogni nostro concittadi-no. Occuparsi di testamento biologico in modo costruttivo significa creare uno strumento per “facilitare” ogni cittadino interessato nella libera espressione della propria manifestazione di volontà, fornita in condizioni di lucidità mentale, in merito alle terapie che intende o no accettare nell’eventualità in cui si trovasse nella condizione di incapacità di esprimere il proprio diritto di acconsentire o no alle cure proposte per malattie o lesioni traumatiche cerebrali irreversibili o invalidanti, che costringano a trattamenti permanenti con mac-chine o sistemi artificiali che impediscano una normale vita di relazione.Citiamo ancora l’art. 13 della Costituzione italiana che afferma che “la libertà personale è inviolabile”, raf-forzato dall'art. 32, che sancisce che “nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge” e “la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”, configurando per tutti i cittadini un “diritto perfetto”, cioè che non ha bisogno di leggi appli-cative per essere esercitato. Quindi, se non c’è rispetto di una volontà liberamente espressa non c’è rispetto della dignità della persona umana.

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Se la vita è un bene prezioso e la sua cura costituisce un impegno morale di ognuno di noi, tale impegno trova le fondamenta nel riconoscimento della dignità umana, che va protetta e salvaguardata anche nel momento del termine della vita, quando a volte il male si fa più feroce e annientante. Se chiamati a “deliberare” su temi delicati come questi, non ci si può riferire solo ai propri principi e convinzioni.Vale forse la pena di sottolineare alcuni aspetti apparentemente ovvi: nessuno è costretto a fare un testa-mento biologico; questo atto può essere revocato, modificato o rifatto in qualsiasi momento; può essere fatto anche per chiedere che la propria vita venga protratta il più a lungo possibile, rinunciando ad esempio a cure palliative che possano anche minimamente influire in senso negativo sulla durata della vita.Caratteristica saliente del testamento biologico è dunque di riconoscere il diritto all’autodeterminazione, in linea con la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, che sancisce che il consenso libero ed informato del paziente all’atto medico è considerato come un diritto fondamentale del cittadino afferente i diritti all’integrità della persona.In assenza di una normativa nazionale in merito, i Giovani Democratici possono (e devono!) stimolare gli Enti Locali perché si facciano promotori di atti amministrativi volti ad introdurre il riconoscimento formale del valore delle dichiarazioni anticipate, nella convinzione che fino alla fine si debba poter sentire una vita come degna di essere vissuta e dotata di senso. In ciò rientra anche ricevere informazioni, poter decidere, poter restare in contatto con le persone care, aver tempo di riflettere e accettare la propria morte. Creare un registro comunale dei testamenti biologici ha un valore propedeutico, pedagogico, di stimolo alla riflessione pubblica sul tema, ma ha anche implicazioni economiche-pratiche visto che fornisce strumenti “ufficiali” al giudice che si dovesse trovare a decidere sulla base delle effettive volontà del Testatario.Riteniamo, comunque, che normare a livello nazionale per il valore delle disposizioni preventive di ogni cit-tadino sarebbe un enorme passo avanti sulla strada del progresso civile: in palio non c’è solo la questione del “fine vita”, ma anche la concezione che abbiamo delle Istituzioni e della Politica, nonché la credibilità e il riconoscimento delle stesse verso tutti i cittadini.La politica non deve negoziare i valori, quelli appartengono alla sfera individuale; ha il dovere invece di ne-goziare la convivenza nel rispetto reciproco e verso il bene comune

LEGALITA’ IN TOSCANA MAI TROPPA ATTENzIONE“La Toscana non è terra di mafia, ma la mafia c’è, gode di ottima salute e inizia a colonizzare alcune zone”. La frase coniata dalla Fondazione Antonino Caponnetto è una fotografia fin troppo nitida della situazione della Toscana che è a dir poco inquietante: pur non essendo il nostro un territorio mafioso, è certificata un’im-ponente presenza della criminalità organizzata che, secondo la Fondazione, vanta un fatturato che oscilla intorno ai 15 miliardi di euro. Una regione ricca, che fa gola al malaffare, soprattutto in tempo di crisi. Gli affiliati diventano quasi benefattori con queste lune: grazie all’enorme disponibilità di denaro prove-niente da attività illecite, salvano imprenditori e aziende dal fallimento, arrivando però poi ad assorbirne completamente la gestione, anche attraverso atti violenti o intimidatori. Questi episodi risultano ormai es-sere all’ordine del giorno tanto che la FIPE Confcommercio ha più volte denunciato che, senza un intervento immediato, nel giro di tre anni le imprese sane presenti nel centro di Firenze ed in altre parti della Toscana diventeranno una minoranza.

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lucca, 18 marzo 2012

Si sono registrati dati preoccupanti anche per quanto riguarda l’usura, che oltre ad avere una funzione di rici-claggio del denaro “sporco”, diviene un mezzo per estendere il controllo sul tessuto economico del territorio, intervenendo in maniera concreta sulle possibilità di sviluppo di quest’ultimo.In crescita risultano anche le infiltrazione negli appalti pubblici, determinate anche da un’ inefficacie opera legislativa a riguardo e alimentate da un sempre maggiore ricorso al subappalto e ad un utilizzo indiscrimi-nato del criterio del prezzo più basso.E’ necessaria, specie in un momento come quello che stiamo vivendo, un’attenzione maggiore al nostro territorio ed alle sue realtà produttive. Oltre che una politica di sicurezza che miri alla prevenzione delle infiltrazioni ed una lotta contro le organizzazioni criminali che riciclano denaro sporco, va promossa una diffusione sempre più ampia dei valori dell’antimafia sociale su tutto il territorio che permetta la costruzione di anticorpi seri e forti contro il dilagare di questi fenomeni. Serve anche parlarne, mettere in guardia, toglierci di dosso il vizio di pensare che in fondo si, la mafia esiste ma da noi no. Per questo vogliamo prendere parte a questa rivoluzione culturale, lo facciamo ogni estate partecipando ai campi di lavoro antimafia, lo facciamo con le iniziative ed i mercatini, quest’anno anche con una scuola di formazione per giovani amministratori promossa assieme al PD. E una battaglia che ci vede protagonisti come generazione che dovrà impegnarsi per far sì che il senso di legalità diventi realmente un valore radicato nella cultura della nostra regione.In un momento come quello che sta vivendo il nostro paese c’è bisogno di prendere coscienza che la crimi-nalità organizzata non è altro che un sistema di sfruttamento e dominio basato sul privilegio che non fa che amplificare fenomeni come la disoccupazione e la corruzione. La nostra generazione ha quindi il compito di farsi promotrice di quei valori di legalità e antimafia che oggi sembrano essere sepolti sotto un alto strato di indifferenza e di una più comoda ignoranza.

ORGANIzzARE UNA GENERAzIONE wORk IN PROGRESSIn questo anno abbiamo tentato di definire e delineare lo spazio ed il ruolo dell’organizzazione regionale di modo che fosse uno strumento utile ai territori tanto nella promozione di campagne ed iniziative elaborate a livello centrale quanto per essere volano e megafono di tutte le iniziative, le campagne e il lavoro dei territori. Il rischio era quello di far divenire il regionale un mero ufficio stampa, privandolo di ogni autonomia di iniziativa politica e di ogni possibilità di crescita, dall'altra quello di monopolizzare l'attenzione su di essa togliendo spazio al contesto territoriale.Siamo riusciti ad evitare entrambe le derive, trovando un ruolo importante di raccordo tra territori, di stimolo alla loro attività e promozione delle buone pratiche.I territori sono stati il vero centro di tutta la nostra attività: abbiamo costruito assieme campagne e mobilitazioni importanti, garantendo una presenza anche fisica costante, ed abbiamo instaurato un rapporto di confronto con-tinuo attraverso la presenza a titolo di invitati permanenti dei segretari di federazione nella segreteria regionale.La costruzione di una rete tra le nostre esperienze era infatti uno degli obiettivi che ci siamo dati lo scorso anno, si è rivelata essere il miglior strumento attraverso il quale condividere le idee, le proposte, le campagne e le iniziati-ve nate e pensate dai nostri circoli e dalle federazioni.Abbiamo avuto in questi mesi una capacità nuova di stare nel dibattito politico e tra i nostri coetanei, riuscen-

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congresso regionale gD Toscana

do ad organizzare ed a partecipare a centinaia di iniziative ed assemblee in ogni festa democratica, nei circoli, nelle università e nelle scuole. Abbiamo avuto la capacità di trovare sui giornali uno spazio importante ed utile a proiettare all’esterno le nostre battaglie, ed abbiamo saputo radicare una buona presenza anche sui media, nei social network, sulla rete andando oltre le polemiche tra la comunicazione come fine ed il suo rifiuto anche come strumento: se ogni giorno milioni di giovani passano dalla rete e dai social network, là devono trovare le nostre idee, le nostre proposte e le nostre battaglie. Abbiamo quindi creato, pubblicizzato ed aggiornato costantemente i profili della giovanile sui vari social network e messo su un nostro sito (www.gdtoscana.it) che, aggiornato periodicamente, raggiunge i 5000 accessi mensili.Avevamo poi deciso di investire sulla formazione: se vogliamo essere credibili proponendoci come il rinnovamento del PD, dobbiamo essere pronti a mettere in campo non soltanto una lunga militanza ed un bagaglio di esperienze sul campo ma anche una capacità di analisi politica e un vero portfolio di competenze e “attrezzi” del mestiere da spendere nella propria attività. Lo abbiamo fatto a Pisa ed a Siena, passando per Firenze, e continueremo a farlo con più forza in futuro tentando di istituire un percorso di formazione permanente che ci dia gli strumenti per interpretare la realtà ed immaginare il futuro.Abbiamo davanti oggi alcune nuove sfide, siamo riusciti in questi mesi a riattivare alcune federazioni che per troppo tempo non erano riuscite a ricreare un gruppo attivo di giovani democratici, abbiamo riavviato un percorso proficuo di lavoro comune tra le zone, messo a disposizione dei segretari di circolo e di federazione strumenti im-portanti per stare in relazione tra loro, offerto ai giovani eletti una piattaforma on line per scambiarsi documenti e mozioni. Dobbiamo fare ancora molto, prima di tutto sarà utile la creazione di un coordinamento dei giovani eletti piena-mente funzionante, che possa offrire un supporto tanto formativo quanto politico alle decine di ragazzi sparsi nei consigli comunali.In questo particolare momento, con le amministrazioni comunali che faticano non poco nel far quadrare i bilanci ed i partiti locali impegnati a spiegare ai cittadini i provvedimenti di contenimento di spesa imposti a livello centrale, diventa essenziale saper stringere un rapporto saldo con i nostri giovani amministratori per evitare di lasciarli soli e per mettergli in mano gli strumenti per portare avanti quelle battaglie che crediamo proritarie per i nostri comuni ed il nostro territorio.Aver riattivato alcune federazioni è stato un passaggio fondamentale per la costruzione di un’organizzazione davvero radicata, ci sono circoli di ragazzi che sono nati da poco e stanno crescendo velocemente costruendosi con entusiasmo e passione. Sarà molto utile provare a non farli sentire soli sui loro territori con la creazione di coordinamenti di zona tra le diverse federazioni per accompagnare la crescita e la strutturazione dei gruppi nati di recente con l’esperienza e le capacità maturate da chi è più avanti. L’apprroccio di un corodinamento per aree geo-grafiche sarà utile anche rispetto alle questioni locali, spesso in zone contigue i problemi sono simili e un lavoro coordinato della verie realtà potrà essere più utile per portare avanti istanze, battaglie e campagne su questi temi.In ultimo, la rete può essere anche il luogo dove far vivere i giovani democratici e sviluppare nuove modalità di partecipazione. Dovremo prendere in considerazione la creazione di circoli tematici on line, campagne di ascol-to, strumenti di discussione aperta e partecipazione diretta via web. Studieremo e cercheremo di replicare anche sul nostro territorio l’esperienza dei circoli on-line, e della creazione di piattaforme di discussione virtuali cui affiancare le modalità classiche di partecipazione politica, andando ad esplorarne di nuove per aprire la nostra organizzazione ben oltre i suoi confini attuali.

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