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La rivista dell’Osservatorio Caritas Torino e Delegazione Piemonte-Valle d’Aosta SOMMARIO 3 Europa: contro la crisi mantenere la protezione sociale 6 Crisi di oggi e Welfare di domani 8 Il Welfare è un investimento, non una spesa 11 Welfare municipale sotto stress 12 Italia: un Paese in sofferenza 13 Glossario 14 Tagliare gli sprechi per investire in servizi sociali 16 Rigenerare la carità: il Metodo Caritas 18 Unire per rigenerare un nuovo modello di crescita 19 Risponde il direttore di Caritas Torino 20 Casa Mangrovia OSSERVATORIO S tiamo abbassando la saracinesca, spegnen- do le luci della ribalta sullo Stato sociale. In realtà è impossibile farlo, perché ci sono poche cose certe nella vita come il nostro “stato di esseri sociali”: da soli non possiamo vivere, crescere, essere felici, da soli non possiamo fare nul- la. Quando diciamo che non ci sono più risorse per lo Stato sociale, il cosiddetto Welfare, mettiamo in discussione un cardine della nostra esistenza: il pren- derci cura gli uni degli altri. A questo rinunciamo se smantelliamo la protezione sociale. Concordiamo con la necessità di una riforma del Welfa- re, che in Italia può e deve usare meglio le risorse. Quan- do il comparto della spesa sociale, destinata soprattutto agli Enti Locali, diventa sempre più fragile, soprattutto a causa della frammentazione e della mancanza di una regia complessiva a cui si aggiunge una riduzione dei fon- di, diventa difficile non accigliarsi e poi diventare cupi, sentire la fatica, percepire il disamore e il disinvestimento per arrivare al senso di perdita e di straniamento. È que- sto che si legge sui volti e sui corpi degli operatori sociali, dei volontari, di quella società civile che ha speso e spende passioni, talenti ed energie per la costruzione e il mante- nimento del nostro “stato sociale”. Nei convegni, nei seminari, negli incontri pubblici a cui prendiamo parte ci stiamo dicendo solo che “non ci sono più risorse” e che, stringi stringi, dobbiamo ri- nunciare a diritti, a servizi che abbiamo costruito con recente fatica. Cosa c’è in ballo dentro l’assottigliamento dello Stato so- ciale, dentro la sua sottrazione, dentro la sua contrazione e dentro le nostre contratture di esseri sociali? Ci siamo noi e il nostro senso dell’esistere. Ecco perché vale la pena di pensarci un attimo su, di uscire dalle semplificazioni, dalla fretta, dall’incuria, dalla trascuratezza che stiamo ri- servando allo Stato sociale: tagliare via come fanno i chi- rurghi, ma stiamo mica scherzando? Ci sono altri rimedi, altri modi di prendersi cura, altri approcci al problema. La crisi che ci attraversa non sgretola solo le certezze co- struite dal dopoguerra ad oggi, ma ci pone di fronte ad altre evidenze: siamo sicuramente fragili e sicuramente segue a pag. 2 n. 7 • marzo 2012 è Stato lo sarà ancora? sociale

E' Stato sociale...lo sarà ancora?

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Rivista dell'Osservatorio Caritas Torino e delegazione regionale Piemonte Val d'Aosta n 7 marzo 2012

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  • La rivista dellOsservatorio Caritas Torino e Delegazione Piemonte-Valle dAosta

    SO

    MM

    AR

    IO 3 Europa: contro la crisi mantenere la protezione sociale 6 Crisi di oggi e Welfare di domani

    8 Il Welfare un investimento, non una spesa 11 Welfare municipale sotto stress 12 Italia: un Paese in sofferenza 13 Glossario 14 Tagliare gli sprechi per investire

    in servizi sociali 16 Rigenerare la carit: il Metodo Caritas 18 Unire per rigenerare un nuovo modello di crescita 19 Risponde il direttore di Caritas Torino 20 Casa Mangrovia

    OSSERVATORIO

    S tiamo abbassando la saracinesca, spegnen-do le luci della ribalta sullo Stato sociale. In realt impossibile farlo, perch ci sono poche cose certe nella vita come il nostro stato di esseri sociali: da soli non possiamo vivere, crescere, essere felici, da soli non possiamo fare nul-la. Quando diciamo che non ci sono pi risorse per lo Stato sociale, il cosiddetto Welfare, mettiamo in discussione un cardine della nostra esistenza: il pren-derci cura gli uni degli altri. A questo rinunciamo se smantelliamo la protezione sociale.

    Concordiamo con la necessit di una riforma del Welfa-re, che in Italia pu e deve usare meglio le risorse. Quan-do il comparto della spesa sociale, destinata soprattutto agli Enti Locali, diventa sempre pi fragile, soprattutto a causa della frammentazione e della mancanza di una regia complessiva a cui si aggiunge una riduzione dei fon-di, diventa difficile non accigliarsi e poi diventare cupi, sentire la fatica, percepire il disamore e il disinvestimento per arrivare al senso di perdita e di straniamento. que-sto che si legge sui volti e sui corpi degli operatori sociali, dei volontari, di quella societ civile che ha speso e spende passioni, talenti ed energie per la costruzione e il mante-nimento del nostro stato sociale.Nei convegni, nei seminari, negli incontri pubblici a cui prendiamo parte ci stiamo dicendo solo che non

    ci sono pi risorse e che, stringi stringi, dobbiamo ri-nunciare a diritti, a servizi che abbiamo costruito con recente fatica. Cosa c in ballo dentro lassottigliamento dello Stato so-ciale, dentro la sua sottrazione, dentro la sua contrazione e dentro le nostre contratture di esseri sociali? Ci siamo noi e il nostro senso dellesistere. Ecco perch vale la pena di pensarci un attimo su, di uscire dalle semplificazioni, dalla fretta, dallincuria, dalla trascuratezza che stiamo ri-servando allo Stato sociale: tagliare via come fanno i chi-rurghi, ma stiamo mica scherzando? Ci sono altri rimedi, altri modi di prendersi cura, altri approcci al problema. La crisi che ci attraversa non sgretola solo le certezze co-struite dal dopoguerra ad oggi, ma ci pone di fronte ad altre evidenze: siamo sicuramente fragili e sicuramente

    segue a pag. 2

    n. 7 marzo 2012

    Stato

    lo sar ancora?sociale

  • 2dalla prima pagina

    n. 7 marzo 2012

    N ellultimo anno la maggior parte dei Paesi dellUnione Europea (UE) ha attuato mi-sure di risanamento finanziario che hanno avuto un impatto diretto e significativo sul-la spesa sociale, per cui varie aree di intervento pubblico sociale sono state colpite in modo simile in Europa con conseguenze di vario genere sui servizi pubblici di pro-tezione sociale offerti ai cittadini. quanto riporta il Terzo Rapporto sullimpatto sociale della crisi economica pubblicato il 1 febbraio 2012 dal Comitato europeo per la protezione sociale (Social Pro-tection Committee - SPC), organo di coordinamento tra gli Stati membri e le istituzioni dellUE in materia di politiche sociali.Molte misure di risanamento, comunemente definite di austerit, se da un lato mirano alla sostenibilit dei conti pubblici dallaltro ridimensionano notevolmente i sistemi di Welfare e protezione sociale in tutta Europa. Le intenzioni annunciate sono di semplificare e razio-nalizzare tali sistemi, ma spesso si tratta di veri e propri tagli a prestazioni e servizi sociali e sanitari con conse-guenze preoccupanti, soprattutto in periodi di crisi eco-nomica, occupazionale e sociale come quello attuale osserva il Rapporto.Cos, pur attraverso modalit differenti e lindividuazio-ne di aree di intervento diverse nei vari Paesi, le misure di risanamento hanno colpito un po ovunque la spesa sociale per famiglie e minori, i sussidi per lalloggio e per la disoccupazione, i sistemi pubblici sanitari, educativi e pensionistici, le detrazioni fiscali. E ci avviene, sotto-linea il Rapporto europeo, nonostante la crisi in corso

    evidenzi chiaramente il ruolo fondamentale dei servizi sociali in tutta Europa: in settori come lassistenza sa-nitaria, la cura dei figli o lassistenza agli anziani, lassi-stenza alle persone disabili o gli alloggi sociali, questi servizi forniscono una si-curezza di base per i citta-dini. Tuttavia, i tagli alla spesa sociale nel quadro dei programmi di conso-lidamento di bilancio han-no un forte impatto sulla disponibilit di servizi di assistenza sociale e sanita-ria per tutti i cittadini e in particolare per coloro che ne hanno pi bisogno.Tra laltro, i tagli coincido-no paradossalmente con un aumento della doman-da di servizi socio-sanitari da parte della popolazione come conseguenza delle crescenti condizioni di po-vert e disagio sociale: un sondaggio Eurobarometro del dicembre 2011 mostra come circa un terzo dei cit-tadini europei intervistati incontri maggiori difficolt rispetto a un anno prima ad accedere allassistenza sani-taria e ad alcuni servizi sociali. Il problema di fondo che tutti i Paesi europei devono af-frontare nellattuale clima economico come finanziare la necessaria protezione sociale, cio dove trovare nuove fonti di reddito. Cos, oltre ad incrementare la lotta allevasione

    fiscale e al lavoro sommerso, in vari Paesi le imposte sul lavoro sono state spostate verso le imposte sui consumi, aumentando il tasso di imposta sul valore aggiunto e le

    imposte indirette per finan-ziare i sistemi di protezione sociale, ma molte di queste misure incidono negativa-mente sui redditi delle fa-miglie, soprattutto di quelle gi in difficolt economiche per le quali le spese per i beni di consumo prima-ri, i cui prezzi aumentano in conseguenza alle nuove imposizioni, costituiscono la voce principale di spesa. Misure quindi che colpisco-no in modo sproporzionale le famiglie meno abbienti accrescendone le gi elevate difficolt. La povert aumentata con la crisiSecondo i dati pi recenti disponibili per i 27 Pae-si dellUE, nel corso del

    2010 il numero di persone a rischio di povert o di esclusione sociale aumentato di circa 2 milioni, por-tando cos il numero complessivo di persone in difficol-t economico-sociale, cio a rischio di povert, in forte deprivazione materiale o che vivono in famiglie a bassa intensit lavorativa, a 115,5 milioni, il che equivale al 23,4% dellintera popolazione dellUE. Situazione che

    IL PUNTO

    Europa:contro la crisi mantenere la protezione sociale

    3n. 7 marzo 2012

    legati, interconnessi. a questo che occorre pensare, questa la sfida che ci troviamo ad affrontare oltre a quella di tornare a fare bene i conti, spostare voci di spesa, trovare sofisticate tecnologie per uscire da questo momentaccio. Ecco perch varrebbe la pena di investire nella capacit di far fruttare linterconnessione, di im-parare ad usarla, di profittare delle opportunit offerte dai reticolati, dai nuovi scambi. Varrebbe la pena di costruire eccedenza, un surplus di buono, vero, giusto che sblocchi il regime statico dello scambio delle equivalenze, della funzionalit e della stru-mentalit, per aumentare la vitalit dei nostri sistemi. Impariamo dai Paesi che hanno tagliato fondi al Wel-fare tradizionale ma che hanno aumentato risorse met-tendo in campo fondi per la cultura, per la formazione, per dare vita a nuovi modi di pensare e di agire nella societ e nelleconomia. Dobbiamo imparare e sviluppare reti, ce lo diciamo con quasi noiosa insistenza ma anche in questo caso, questa azione, oggi, non assume lo stesso significato che le ab-biamo attribuito negli ultimi decenni. Per usare la rete, oggi, occorre prendere in prestito nuove immagini. In un interessante saggio, La leggerezza del Ferro, Luigino Bruni e Alessandra Smerilli, economisti, propongono di immaginare small world networks le cui architetture sono dominate da pochi nodi (come Google, Yahoo, Amazon), ma altamente connessi. Il funzionamento di queste reti basato sulla presenza di hub, che sono semplicemente nodi significativi: basti pensare al funzionamento delle reti aeroportuali che sono interconnesse proprio attraverso gli hub (laeroporto di Francoforte e di Londra, sono due hub, snodi per ulterio-ri interconnessioni). Le reti che funzionano in tal modo sono le pi resistenti perch simili a quelle che sponta-neamente si formano in natura, che si costituiscono in contesti dotati di autenticit e congruenza. Organizzare reti small world significa dare vita a pi centri di potere e di coordinamento, a pi connettori, rappresentati da per-sone e organizzazioni capaci, abili, competenti a stringere legami seri, solidi, generativi, quei punti a cui ci si rivolge per risolvere un problema (per rendere lidea, quelli che vengono pi frequentemente linkati). Da questo punto di vista la rete diventa non un indistinto e indifferenzia-to mettersi insieme perch giusto o necessario, ma una scelta improntata alla fecondit di quel relazionarsi verso un obiettivo che il dare vita a beni sociali che sono beni comuni. Questo significa fare profitto, creare ecceden-za a partire dallineluttabile interconnessione. Valicare il s, andare oltre al proprio spazio di azione pensando in modo complesso.Oggi non si tratta quindi solo di fare problem solving, raffinando le nostre tecnologie, si tratta prima di tutto di fare problem setting, cio di mettere a fuoco i proble-mi nella loro essenza, comprenderli, capirli, maneggiar-li, scomporli: usare la techne (che ci che ci distingue come uomini dagli animali) che abbraccia la parola, il pensiero e la tecnica, utilizzando questi strumenti con-temporaneamente.Gli articoli di questo numero ci mostrano una situa-zione a dir poco imbarazzante per un Paese occidentale che ritiene di essere ai primi posti nel mondo per civilt e modernit: 800.000 persone hanno perso il lavoro tra cui precari e sottoqualificati, migranti e donne; il potere dei redditi tornato indietro al 2001; un giovane su tre disoccupato; i tagli allo Stato sociale priveranno dei servizi adeguati milioni di italiani. Non possiamo farci prendere dallo scoramento e nep-pure aspettare che ci sia qualche cambiamento macro-scopico che trasformi questa crisi in sicura occasione di rigenerazione. Intanto possiamo, come sostiene il Rap-porto della campagna Sbilanciamoci!, fare in modo che del Welfare non si abbia unidea compassionevole e residuale, da relegare alla bont, disponibilit e bene-volenza delle persone. Occorre andare oltre, adesso, a partire dal micro, a partire dalle nostre responsabilit quotidiane.Concludo con una storia che sintetizza bene lidea della possibilit mancata di fare rete e della necessit di uscire dalle buone, compassionevoli, residuali concessioni che ri-serviamo alle persone per superare la riduzione di risorse e la mancanza di governance dei servizi. la storia di Luisa, che ci stata raccontata durante un lavoro di ricerca.Luisa ha due genitori che stanno perdendo lautonomia,

    Le intenzioni sono di razionalizzare i sistemi di Welfare, ma spesso si tratta di veri e propri tagli a prestazioni e servizi sociali e sanitari con conseguenze preoc-cupanti, soprattutto in periodi di crisi

    Nel suo Terzo Rapporto sullimpatto sociale della crisi economica il Comitato europeo per la protezione sociale mette in guardia sulle conseguenze sociali che possono avere le misure di austerit adottate dai governi europei, soprattutto se prevedono la riduzione di servizi socio-sanitari necessari per i cittadini e fondamentali quando la crisi accresce le difficolt

    lei non ce la fa ad assolvere i compiti di accompagna-mento: sola, non ha nessuno che la pu aiutare, vuole capire, cerca informazioni, cerca servizi, cerca qualcuno disposto a darle una mano. Luisa racconta: Ho contat-tato lassociazione perch sapevo che svolgeva un ser-vizio di accompagnamento. Ho spiegato il problema e la persona al di l del telefono non mi ha fatto finire di parlare, dicendomi che aveva gi capito tutto e che avrei dovuto chiamare le assistenti sociali. Ho fatto presente che avevo appena chiamato i Servizi sociali, i quali mi avevano detto di rivolgermi direttamente allassociazio-ne con la quale stavo parlando perch il servizio in que-stione non era pi in convenzione. La persona al di l del telefono mi ha risposto che non sapeva cosa dirmi. Luisa racconta, poi, di avere chiamato unaltra organiz-zazione che svolgeva analogo servizio e di essersi sentita chiedere: Come mai signora lei cos informata, sta per caso cercando lavoro?. Ovviamente Luisa non stava cercando lavoro, solo una risposta a una sua necessit e, prima di contattare interlocutori, si era informata sulle concrete possibilit di vedere soddisfatto il suo bisogno.

    Per sua fortuna Luisa simpatica, come le dice il suo secondo interlocutore telefonico, che quindi aggiunge: Le do un altro numero di telefono a cui chiamare, ma non dica che glielho dato io. L potrebbero aiutarla e poi, detto tra noi, se non le rispondono neanche l, vada in Parrocchia, l qualcuno lascolter. Si potrebbero fare innumerevoli letture di questa storia: sulla disuguaglianza tra chi possiede informazioni e chi non le possiede, sulla frammentazione dei servizi, sulla differenza tra esigibilit dei diritti e benevolenza, sul rap-porto tra servizi pubblici e privati, tra servizi professiona-li e quelli di volontariato e molto altro ancora. Ma non ne facciamo nessuna per il momento, ci basta esprimere un desiderio: vorremmo semplicemente che storie come questa se ne potessero sentire sempre meno perch le nostre reti, il nostro essere e fare prossimit ogni giorno, possano essere davvero sociali, sensati, fecondi.

    Tiziana Ciampolini,responsabile Osservatorio Caritas Torino

    Rivista dellOsservatorio Caritas Torino e Delegazione Piemonte-Valle dAosta - puntidivista n. 7 - marzo 2012. Registrazione n. 46 del 22 settembre 2010 presso il Tribunale di Torino.

    Direttore: Marco Bonatti

    Redazione: Tiziana Ciampolini (responsabile Osservatorio Caritas Torino) - Marina Marchisio - Enrico Panero (caporedattore)

    Hanno collaborato: Stefano Frassetto

    Immagini fotografiche: tratte dal sito www.sxc.hu

    Grafica e impaginazione: Luca Imerito

    Stampa: La piazza dei mestieri - via Durandi 13 - Torino

    Informazioni: Osservatorio Caritas [email protected] - www1.caritas.torino.it

    Questo numero stato chiuso in redazione il 4 marzo 2012

    In unEuropa in crisi, in cui aumenta la povert e quasi un quarto della popolazione vive difficolt economiche e sociali, le politiche di austerit adottate dai governi che prevedono tagli a prestazioni e servizi sociali possono avere conseguenze drammatiche. Questo il monito contenuto nel Terzo Rappor-to sullimpatto sociale della crisi economica pubblicato dal Comitato europeo per la protezione sociale. pagine 3-4-5

    Non si pu pi pensare di fare cassa, per risanare il Paese, tagliando fondi a un settore gi sot-tofinanziato com quello socio-assistenziale; bisogna invece conoscere a fondo le problematiche e valutare le conseguenze per poter decidere adeguatamente. Molti strumenti in questo senso sono forniti dal Rapporto sul Welfare di domani curato dal Forum Nazionale del Terzo Settore, secondo cui la crisi obbliga attori politici, economici e sociali a ragionare insieme su un nuovo patto per il sociale. pagine 6-7

    Con un Paese sullorlo del precipizio, le ricette avanzate per favorirne la ripresa continuano a essere quelle che considerano i diritti sociali e il Welfare come meri ostacoli alla crescita, un costo non pi so-stenibile. Servono invece scelte sostenibili che privilegino la qualit della vita: un Libro nero sul Welfare italiano curato dalla campagna Sbilanciamoci! denuncia la situazione attuale, avanzando varie e detta-gliate proposte su come difendere, rinnovare e finanziare lo Stato sociale. pagine 8-9-10

    Servizi sociali e socio-assistenziali dei Comuni sono oggi sotto forte pressione: a fronte di bisogni crescenti, parte delle risorse pubbliche complessive per questi servizi sono state ridotte. Lopinione di Renato Cogno, dellIRES Piemonte. pagina 11

    Vari studi evidenziano i rischi derivanti dai tagli alla spesa sociale in Italia, Paese gi profondamente colpito e impoverito dalla crisi. pagina 12

    Alcune parole-chiave legate al Welfare raccolte in un Glossario. pagina 13

    Come possono le amministrazioni locali garantire servizi pubblici essenziali in ambito socio-sanitario a fronte di risorse finanziarie drasticamente ridotte? Lo ha chiesto la Delegazione Caritas Piemonte-Valle dAosta a Paolo Monferino, assessore a Salute, Sanit e Politiche sociali della Regione Piemonte. pagine 14-15

    La carit va realizzata in forme consone ai tempi e ai bisogni, ma molti atteggiamenti o comporta-menti, al di l delle intenzioni, inficiano lautenticit e la nobilt della carit cristiana. Rigenerare la carit secondo il Metodo Caritas, nella rubrica del teologo Giovanni Perini. pagine 16-17

    Nellepoca dei tagli al Welfare lorizzonte deve essere quello della costruzione del bene comune attra-verso la contaminazione tra settori, ampliando il concetto di risorsa nel sociale per cogliere le opportu-nit gi presenti nella societ. LOpinione Caritas espressa da Pierluigi Dovis, direttore di Caritas Torino e delegato regionale. pagina 18

    Lettere dei lettori al direttore di Caritas Torino. pagina 19

    Casa Mangrovia. pagina 20

    IN QUESTO NUMERO

  • 4 5Intensificare la lotta alle disuguaglianzeIl Rapporto del Comitato europeo per la protezione sociale per la prima volta solleva infine la questione del-ladisuguaglianza, che finoranon era stataunarea dila-voro politicoper ilSocial Protection Committee. Come evidenziatonella recente Conferenza europea su Le di-suguaglianzein Europae il futurodelWelfare State, organizzata dalla Commissione Europea a Bruxelles nel dicembre 2011, le disuguaglianzedi reddito o di ac-cesso ai servizi nonsono una conseguenza direttadella crisi in quanto tale, tuttavia, inparallelo con tutte le altre conseguenze indotte dalla crisi, possono esacerbare limpattodistributivodellemisure di politica economi-co-finanziaria adottate in tutti i Paesi europei.Per garantire quindi uneffettiva equit e mirare a una redistribuzione nellambito dei programmi di austerit, ripristinando anche la fiducia dei cittadini in una cre-scita inclusiva, dunque necessario attenuare le disu-guaglianze, mentre esiste invece un rischio reale che gli effetti della crisi insieme a quelli delle misure di austeri-t adottate per affrontarla peggiorino le disuguaglianze gi esistenti, sia nei livelli di reddito che nellaccesso ai servizi osserva il Rapporto, che auspica invece misure sociali incluse nella progettazione dei piani di consoli-damento fiscale, da cui scaturiscano effetti redistributivi che contribuiscano a ridurre le disuguaglianze.Secondo il Comitato europeo per la protezione sociale, trasferimenti per la protezione sociale e investimenti nella fornitura di servizi di qualit (come lassistenza allinfanzia a prezzi accessibili, listruzione e altri servi-zi sociali di interesse generale) rimangono cruciali per le prospettive di occupazione e di mobilit sociale dei diversi gruppi di reddito, in quanto contribuiscono in-direttamente a ridurre le disuguaglianze.

    Fonte: http://ec.europa.eu/social/main.jsp?catId=758 &langId=it

    nellultimo anno si probabilmente aggravata ulterior-mente in vari Stati membri, sottolinea il Rapporto, an-che perch la misura della povert relativa si basa su una soglia di povert non univoca a livello europeo (40% o 50% del reddito mediano): La profondit della pover-t peggiorata in modo significativo durante la crisi in vari Paesi europei se si confrontano i dati del 2009 con quelli del 2010.In particolare la crisi occupazionale a incidere sul peggioramento delle condizioni della popolazione: si registrato un forte aumento del numero di famiglie con intensit lavorativa molto bassa, cosa che segnala il pericolo dellesclusione a lungo termine dal mercato del lavoro e il deterioramento della situazione del mercato del lavoro in un numero crescente di Paesi. Il lavoro poi non sufficiente a evitare il rischio di povert, dal momento che l8,5% della popolazione attiva nellUE rientra nella categoria dei cosiddetti lavoratori poveri.

    In crescita le richieste di interventi socialiIn vari Paesi dellUE si poi registrato un aumento dei be-neficiari di interventi sociali e quindi della dipendenza da prestazioni sociali. Questo evidenzia come le pressioni sui sistemi di protezione sociale rimangano elevate, mentre difficile immaginare uno spostamento di risorse dai sussidi di disoccupazione alle prestazioni di assistenza sociale dato il clima economico sfavorevole e le scarse opportunit di lavoro in molti Stati membri. La crisi ha inoltre ridotto il reddito disponibile e compromesso la capacit delle fami-glie di adempiere ai loro obblighi finanziari, in particolare di effettuare i rimborsi tempestivi dei prestiti. Si registra un crescente numero di rinegoziazioni delle procedure di restituzione dei debiti (mutui) e in alcuni Paesi europei segnalato un numero molto elevato di petizioni per la can-cellazione dei debiti stessi.Senza provvedimenti adeguati, nota il Rapporto, questo potrebbe potenzialmente portare ad un aumento dellesclusione abitativa.

    n. 7 marzo 2012 n. 7 marzo 2012

    Misure di risanamento attente alle esigenze socialiSecondo il Rapporto del Comitato europeo per la pro-tezione sociale necessaria una maggiore resilienza dei sistemi di protezione sociale per resistere ai prolungati shock economici. Il progresso sociale e la promozione della protezione sociale sono tra gli obiettivi della stra-tegia Europa 2020, anche perch i sistemi di protezione sociale costituiscono un fattore che favorisce la crescita.La maggior parte degli StatimembridellUE ha finora ottenuto discreti risultati nelmitigare limpattodella crisi su famigliee individui, mantenendo un livello minimo di garanzie sociali; tuttavia,osserva il Rapporto, ilpro-lungato periodo di crisi economica e i rischi associati auna nuova recessioneimpongono di mantenere servizi e protezione, non solo alle persone pi vulnerabili: Data la profondit della crisi economica e la sua durata, la resi-lienza dei sistemi di protezione sociale deve essere miglio-rata per permettere di continuare a fornire la protezione a tutta la popolazione. Il Comitato europeo ritiene inoltre che debba essere rivolta massima attenzione alla quali-t delle misure di risanamento finanziario, che devono rispondere alle esigenze sociali di tutte le generazioni e preservare la capacit di protezione sociale per attutire le-ventuale impatto diseguale della crisi. altrettanto importante mantenere il sostegno del reddito a un livello adeguato, azione efficace per compensare gli effetti peggiori della crisi e stimolare la domanda aggregata: Adottare adeguate misure di sostegno al reddito pu co-stituire una garanzia efficace contro la precariet e lesclu-sione sociale.Leffetto complessivo di queste misure pu infatti incidere positivamente sulla capacit di recupero delle famiglie e sulla domanda aggregata, mantenendo una certa propensione a spendere tra i consumatori e permet-tendo unautomatica stabilizzazione economica.In materia di lotta alla disoccupazione, soprattutto per affrontare il grave problema della disoccupazione di lun-go periodo, la creazione di mercati del lavoro inclusivi e laccesso a servizi di qualit pu sostanzialmente miglio-rare le competenze e loccupabilit delle persone che si trovano al di fuori del mercato del lavoro.Cos come di fondamentale importanza combinare misure di atti-vazione e investimenti permanenti in capitale umano per mantenere adeguate le conoscenze e le competenze dei lavoratori.

    LE richiEStE dELLa SOciaL PLatFOrM EUrOPEaLUnione Europea sta affrontando la peggiore crisi economica e sociale dal 1930. La disoccupazione ha ormai raggiunto livelli storici mentre quella a lungo termine rappresenta una quota sempre maggiore della disoccupazione totale. Anche da ci deriva un aumento della povert, tendenza preoccupante per il cui contrasto gli Stati membri devono impegnarsi almeno quanto fanno per la stabilizzazione economico-finanziaria. La governance economica dellUE, poi, nel tentativo di rispondere alla pressione finanziaria dei mercati costringe gli Stati membri ad attuare sempre pi a breve termine politiche di austerit, cosa che avviene senza tener conto delleffetto dannoso che queste politiche hanno sulla coesione sociale e sulla vita dei cittadini in Europa.Sulla base di tali considerazioni, la Social Platform, coordinamento sociale europeo che riunisce oltre 40 organizzazioni non governative, federazioni e reti europee impegnate nella costruzione di una societ in-clusiva, ha posto alcune questioni prioritarie al Comitato europeo per la protezione sociale impegnato nella redazione del Rapporto presentato in queste pagine. Focus su come sono colpite in modo sproporzionato dalla crisi le diverse persone maggiormente vulne-rabili, compresi bambini, giovani, anziani, donne, migranti, minoranze etniche, persone con disabilit, persone senza fissa dimora. Inclusione attiva: lapproccio integrato dei tre pilastri delle politiche di inclusione attiva dovrebbe conti-nuare ad essere promosso e monitorata costantemente lattuazione dei principi enunciati (Raccomandazio-ne CE del 2008). Informazioni provenienti da varie organizzazioni a livello nazionale suggeriscono infatti che i principi di coinvolgimento attivo non sono ancora stati attuati, mentre il numero di posti di lavoro precari e part-time aumentando in tutta Europa. Secondo la Social Platform, quindi, il Comitato europeo per la protezione sociale deve sollecitare il Consiglio dellUE ad attuare la raccomandazione della Commis-sione sullinclusione attiva per garantire la creazione e laccesso a lavori di qualit. Aumento della disuguaglianza: accogliendo con favore linclusione nel Rapporto di una sezione sulla di-suguaglianza, la Social Platform ritiene che dovrebbe essere indicato come la disuguaglianza stia realmente aumentando in conseguenza della crisi e delle misure di austerit, e non solo la percezione di essa.Il Rapporto dovrebbe quindi sottolineare come la crisi porti a una maggiore povert e aumenti le barriere allinclusione sociale. La discriminazione in s pu condurre alla povert (e ostacolare laccesso al mercato del lavoro), ma anche di per s costituisce un ostacolo ai diritti di accesso fondamentali, osserva la Social Platform. Servizi di interesse generale: serve unanalisi dellimpatto della crisi e delle misure di austerit anche in materia di servizi di interesse generale, e in particolare sui servizi sociali di interesse generale. I tagli alla spesa sociale durante la crisi, sottolinea la Social Platform, stanno avendo un enorme impatto sui servizi socio-sanitari a disposizione del pubblico in generale e in particolare delle persone in stato di bisogno: la povert crescente comporta invece una maggiore domanda di servizi. I membri della Social Platform hanno riferito che alcuni servizi socio-sanitari e socio-assistenziali in vari Stati membri sono stati ridimensionati o chiusi come conseguenza di tagli di bilancio della spesa sociale. Inoltre, le condizioni di lavoro del settore degradano per la mancanza di finanziamenti sostenibili a favore dei fornitori di servizi sociali.

    http://www.socialplatform.org

    riSchiO di POVErt O EScLUSiONE SOciaLE iN EUrOPa (dati 2010, % sulla popolazione)

    Persone a rischio povert dopo i

    trasferimenti sociali

    Persone severamente colpite

    da deprivazione materiale

    Persone di 0-59 anni che vivono in famiglie con bassa intensit lavorativa

    Persone che si trovano al di sotto almeno di uno dei tre criteri (a rischio di povert o di esclusione sociale)

    % della popolazione In migliaia

    2009 2010 2010UE-27* 16,4 8,1 9,9 23,1 23,4 115.479Austria 12,1 4,3 7,7 17,0 16,6 1.373Belgio 14,6 5,9 12,6 20,2 20,8 2.235Bulgaria 20,7 35,0 7,9 46,2 41,6 3.145Cipro : : : 22,2 : :Danimarca 13,3 2,7 10,3 17,6 18,3 1.007Estonia 15,8 9,0 8,9 23,4 21,7 289Finlandia 13,1 2,8 9,1 16,9 16,9 890Francia 13,5 5,8 9,8 18,4 19,3 11.763Germania 15,6 4,5 11,1 20,0 19,7 15.962Grecia 20,1 11,6 7,5 27,6 27,7 3.031Irlanda : : : 25,7 : :

    Italia 18,2 6,9 10,2 24,7 24,5 14.742Lettonia 21,3 27,4 12,2 37,4 38,1 846Lituania 20,2 19,5 9,2 29,5 33,4 1.109Lussemburgo 14,5 0,5 5,5 17,8 17,1 83Malta 15,5 5,7 8,4 20,2 20,6 84Paesi Bassi 10,3 2,2 8,2 15,1 15,1 2.483Polonia 17,6 14,2 7,3 27,8 27,8 10.409Portogallo 17,9 9,0 8,6 24,9 25,3 2.693Regno Unito 17,1 4,8 13,1 22,0 23,1 14.209Rep. Ceca 9,0 6,2 6,4 14,0 14,4 1.495Romania 21,1 31,0 6,8 43,1 41,4 8.890Slovacchia 12,0 11,4 7,9 19,6 20,6 1.118Slovenia 12,7 5,9 6,9 17,1 18,3 366Spagna 20,7 4,0 9,8 23,4 25,5 11.675Svezia 12,9 1,3 5,9 15,9 15,0 1.418Ungheria 12,3 21,6 11,8 29,6 29,9 2.948Islanda 9,8 1,8 5,6 11,6 14,3 42Norvegia 11,2 2,0 7,3 15,2 14,9 737Svizzera 15,6 1,7 4,0 17,2 17,1 1.280

    * stime : dato non disponibileFonte: Eurostat, 8 febbraio 2012

    PErSONE a riSchiO di POVErt O EScLUSiONE SOciaLE PEr GrUPPi di Et (dati 2010, % sulla popolazione)

    Minori (0-17 anni)

    Popolazione in et lavorativa (18-64 anni)

    Anziani (65 anni o pi)

    UE-27* 26,9 23,3 19,8 Austria 18,8 16,1 15,8 Belgio 23,2 20,0 21,0 Bulgaria 44,6 36,9 55,9 Cipro : : : Danimarca 15,1 19,5 18,4 Estonia 24,0 21,8 19,0 Finlandia 14,2 17,1 19,5 Francia 23,0 20,0 12,0 Germania 21,7 20,8 14,8 Grecia 28,7 27,7 26,7 Irlanda : : :

    Italia 28,9 24,7 20,3 Lettonia 42,0 37,0 37,7 Lituania 34,3 34,0 30,0 Lussemburgo 22,3 17,5 6,1 Malta 24,4 19,1 21,9 Paesi Bassi 16,9 16,5 6,2 Polonia 30,8 27,6 24,4 Portogallo 28,7 24,1 26,1 Regno Unito 29,7 21,2 22,3 Rep. Ceca 18,9 14,1 10,1 Romania 48,7 39,7 39,9 Slovacchia 25,3 20,2 16,7 Slovenia 15,2 18,1 22,8 Spagna 29,8 25,1 22,6 Svezia 14,5 15,0 15,9 Ungheria 38,7 30,5 16,8 Islanda 17,6 14,7 5,3 Norvegia 14,6 15,7 12,3 Svizzera 19,9 13,7 27,7

    * stime : dato non disponibileFonte: Eurostat, 8 febbraio 2012

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    Se il risanamento dei conti pubblici fondamentale, non basta da solo a cura-re il Paese, va anche garantita la tenuta della coesione sociale. Si deve dare avvio a una riforma del Welfare sociale. Proprio per-ch, in un momento storico cos delicato per il Paese,tale riforma dovrebbe essere realizzata non sotto la minaccia dei tagli alla spesa ma invece con la pi ampia partecipazione delle Istituzioni e di tutti gli attori sociali coinvolti. Con queste parole il portavoce del Forum Nazionale del Terzo Settore, Andrea Olivero, nel novembre 2011 ha presentato un Rapporto curato dal Forum e inti-tolato Il welfare di domani? La delega assistenziale e il futuro delle politiche sociali in Italia. Unanalisi a partire dai dati. Un Rapporto che intende portare un contributo al ragionamento sullintero sistema di Welfare italiano per il quale, in una societ in rapida trasformazione, si rende necessaria una ri-forma. Ma, come sostiene il Forum in rappresentanza di oltre 80 organizzazioni nazionali di secondo e terzo livello (per un totale di oltre 94.000 sedi territoriali) che operano negli ambiti del volon-tariato, dellassociazionismo, della cooperazione sociale, della solidariet internazionale, della fi-nanza etica, del commercio equo e solidale, tale riforma non pu e non deve essere fatta in una prospettiva secondo cui il Welfare costituisca un mero costo, un freno alla crescita economica. invece il momento di investire nel Welfare, parte rilevante di quei beni comuni che possono esse-re il motore di un nuovo modello di sviluppo. In questo modo contribuiremmo a rilanciare la domanda e a innovare istituzioni, reti, organiz-zazioni, imprese e competenze che producono benessere non solo sociale, ma anche economico sostengono gli aderenti al Forum del Terzo Set-tore, che invitano quindi attori politici, econo-mici e sociali a ragionare insieme su un nuovo patto per il sociale, una nuova idea di responsa-bilit collettiva, che tenga insieme libert e ugua-glianza; sviluppo economico, sviluppo sociale, giustizia redistributiva.Il Welfare infatti, cio quellinsieme complesso di servizi offerti ai citta-dini in materia di sanit, istruzione, previdenza e assistenza pubbliche, rappresenta il risultato pi alto realizzato dalle democrazie europee (si veda anche puntidivista n. 5, settembre 2011). Tale modello ha per-messo di sviluppare un senso di appartenenza alla collettivit che dif-ficilmente pu nascere dove non c reciprocit e disponibilit a soste-nersi vicendevolmente. Per questo, sostengono

    do cos tagli ulteriori ad un settore dal quale gi le precedenti manovre hanno tolto risorse con tagli alle Regioni e ai Comuni per i servizi. La manovra del governo Monti ha poi parzial-mente modificato la proposta, ma non ancora chiaro in che modo. Questo significa continuare a colpire un settore, quello sociale, fino a poco tempo fa ritenuto sottofinanziato. Si ricorda che il Fondo nazionale per le politiche sociali sceso dai 697,6 milioni di euro del 2008 ai 218 milioni nel 2011 nota il Rapporto, rilevando come lI-talia spenda nettamente meno rispetto agli altri Paesi europei nei settori della non autosufficienza (anziani e adulti disabili), della famiglia e mater-nit e della povert: la spesa pubblica italiana per il Welfare, in percentuale del PIL, nel 2008 era pi alta del 38% della media europea (15 vecchi Stati membri dellUE) nel settore delle pensioni; sostanzialmente uguale sul totale del Welfare; un po pi bassa nel capitolo sanit (-10%) e netta-mente pi carente nei settori della non autosuffi-cienza (-31%), della famiglia e maternit (-61%) e della povert (-75%).

    Non basta fare cassa, serve conoscere per decidere I dati, le analisi e gli argomenti proposti dal Rap-porto portano il Forum Nazionale del Terzo Set-tore a dire che la proposta di riforma non solo metodologicamente discutibile appare pi fondata su preconcetti e pregiudizi che su reali ed effettivi dati di conoscenza, orientata a fare cassa piuttosto che a riformare per rispondere alle nuove esigenze e ai diritti dei cittadini in una societ in forte cambiamento ma nel merito inutile e socialmente ingiusta. Non infatti pi sostenibile fare cassa sul settore dellassistenza, con tagli ulteriori che vanno a sommarsi ad altri precedenti e gi fortemente discriminanti. Per queste ragioni il Forum Nazionale del Terzo Settore, quale parte sociale riconosciuta, chiede il diritto di entrare nel pieno merito di questa questione e che sia aperto un tavolo di confronto con le parti sociali e le istituzioni per contribuire a trovare soluzioni alternative, che siano soste-nibili sia sotto il profilo economico che sociale. Soluzioni che garantiscano la tenuta del Paese e la sua coesione. necessaria una visione di prospettiva che veda il protagonismo della societ civile, fondato sul principio di sussidiariet in unottica di pi So-ciet diverso Stato, che allarghi risorse e oppor-tunit per le persone e le famiglie, a partire da quelle in condizione di maggiore fragilit. Una riforma che guardi con particolare attenzio-ne alla valorizzazione della famiglia, allintegra-zione delle politiche e allavvio del processo di definizione dei livelli essenziali potrebbe basarsi su quattro direttrici, secondo il Forum: revisione dellISEE (Indicatore della Situazione Economica Equivalente) per garantire maggiore equit; riforma dellindennit di accompagnamento per la costruzione di un sistema di cura di lungo termine; piano di contrasto alla povert per un Welfare pi inclusivo e attivante; sviluppo di interventi e servizi socio-educativi per sostenere le famiglie con figli minori.Le oltre 80 organizzazioni aderenti al Forum del Terzo Settore, cos come tutte le altre organiz-zazioni italiane e gli attori sociali che operano in ambito sociale e socio-assistenziale, attendono dunque un serio e proficuo confronto con le isti-tuzioni per definire presto il Welfare di domani.

    Fonte e informazioni:www.forumterzosettore.it

    gli aderenti al Forum, pi forte il Welfare, pi forte la cittadinanza. Ma non solo. Il Welfare stato una condizione essenziale per lo sviluppo economico e sociale che lEuropa, esempio unico al mondo, ha conosciuto dal dopoguerra a oggi: La coesione sociale, la fiducia, la solidariet, la redistribuzione delle risorse aiutano leconomia. Di tutto ci va dunque tenuto conto quando si parla di riforma o, peggio, di ridimensionamento dei sistemi di Welfare.

    Finora risposte inadeguateOra, osserva il Forum, indubbio che il sistema italiano di protezione sociale soffra di numerosi e rilevanti problemi: i tagli indiscriminati realizzati negli ultimi anni, oltre a ridurre diritti e tutele,

    rendono ancora pi gra-ve la mancata copertu-ra dinanzi a fenomeni sociali nuovi e rilevanti (povert ed esclusione sociale crescenti, impo-verimento del ceto me-dio, disoccupazione e precariet, non autosuf-ficienza, conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro), la profonda differenziazione territo-riale, linsufficienza del-le risorse economiche disponibili, lincidenza di clientele e interes-si particolari, la grave carenza di servizi e in-terventi promozionali. Limiti e storture che,

    tuttavia, non inficiano il valore e il significato di un sistema di protezione sociale a responsabilit pubblica, nel senso che a questo termine viene dato dallarticolo 118 della Costituzione.Come spiega il Rapporto del Forum Nazionale del Terzo Settore, sta cominciando una vera e propria crisi dei servizi e le misure proposte finora non forniscono alcuno strumento per affrontarla, de-dicando unattenzione solo marginale alla rete dei servizi di Welfare sociale (intendendo per Welfare sociale: i servizi sociali e socio-educativi, di tito-larit dei Comuni; le prestazioni monetarie din-validit, di titolarit dello Stato; i servizi socio-sanitari, di titolarit delle ASL). Mentre lultimo decennio ha visto lofferta di servizi aumentare e iniziare a colmare le proprie lacune, la fase pi re-cente ha segnato linizio di un momento di dif-ficolt destinato ad aggravarsi rapidamente. Tale difficolt accentuata dal fatto che i bisogni au-mentano costantemente (invecchiamento, impo-verimento) e che seppure incrementata loffer-ta di servizi risulta comunque inadeguata in gran parte del Paese.

    Tagli a un settore gi sottofinanziatoIl percorso di riforma assistenziale che va realiz-zato sia in collegamento con il pi ampio ambito del Welfare, sia in integrazione con la sanit non pu tuttavia essere serenamente avviato sotto la minaccia rappresentata dal Disegno di Legge De-lega al governo per la riforma fiscale e assistenziale (n. 4566) presentato alla Camera dal precedente governo nel luglio 2011 (vedi box a pag. 7). Esso infatti ha come primo obiettivo quello di fare cas-sa, sottolinea il Rapporto: risparmi sul fronte as-sistenziale per ben 4 miliardi di euro entro il 2012 sino ad arrivare a 20 miliardi nel 2014, apportan-

    IL PUNTO

    crisi di oggie Welfare di domani

    il momento di investire nel Welfare, parte rilevante di quei beni comuni che possono essere il motore di un nuovo modello di sviluppo

    Lattuale crisi obbliga gli attori politici, economici e sociali a ragionare insieme su un nuovo patto per il sociale, basato su una responsabilit collettiva che tenga insieme sviluppo economico, sviluppo sociale e giustizia redistributiva. quanto sostiene il Forum Nazionale del Terzo Settore nel suo nuovo Rapporto sul Welfare di domani

    n. 7 marzo 2012 n. 7 marzo 2012

    WELFarE: i PrOVVEdiMENti Pi rEcENtiClausola di salvaguardiaNella Legge n. 111 (15 luglio 2011), il governo aveva inserito una clausola di salvaguardia (art. 40, comma 1 quater) per consentire di evitare che lindifferenziato taglio lineare delle agevolazioni si abbattesse su tutti i contribuenti. Il taglio si sarebbe evitato se entro il 30 settembre 2013 (anticipato di un anno dalla Legge n. 148/2011) siano adottati provvedimenti legislativi in materia fiscale ed assistenziale aventi ad oggetto il riordino della spesa in materia sociale, nonch la eliminazione o riduzione dei regimi di esenzione, esclu-sione e favore fiscale che si sovrappongono alle prestazioni assistenziali. Da questi provvedimenti doveva derivare un risparmio di: 4 miliardi di euro per il 2012, 16 miliardi per il 2013, 20 miliardi dal 2014 in poi.

    Disegno di Legge delegaPer dare rapida attuazione alla clausola di salvaguardia, lallora ministro Tremonti deposit alla Camera, il 29 luglio 2011, il Disegno di Legge n. 4566, Delega al governo per la riforma fiscale e assistenziale. Lintento dichiarato era una radicale trasformazione sia del sistema fiscale che di quello assistenziale. Di questultimo si occupa larticolo 10, intitolato Interventi di riqualificazione e riordino della spesa in mate-ria sociale, che costituisce la delega assistenziale e che riguarda lISEE (Indicatore della situazione econo-mica equivalente), i criteri di accesso alle prestazioni, le sovrapposizioni tra agevolazioni fiscali e programmi di spesa, lindennit di accompagnamento, la social card e le funzioni dellINPS. Le critiche al testo, sia per la parte fiscale che assistenziale, espresse da esperti, parti sociali, associazioni, soggetti istituzionali sono state piuttosto forti e argomentate; la stessa Corte dei Conti ha giudicato inso-stenibile la proposta.Dopo le dimissioni del governo Berlusconi lanalisi proseguita nelle preposte Commissioni parlamentari, ma non ancora chiaro se il nuovo governo ricorrer comunque a quella delega accettandone limpostazio-ne e i contenuti.

    Intervento del nuovo governo sulla clausola di salvaguardiaLimpegno sul recupero di 40 miliardi di euro (4+16+20) in tre anni da fisco e assistenza rimasto anche per il governo Monti. Avendo per adottato come slogan equit e rigore si pone la necessit di ritoccare anche quellarticolo 40 che prevedeva i tagli lineari sulle agevolazioni fiscali. Il Decreto cosiddetto salva-Italia (De-creto Legge 201/2011) cancella quella disposizione, ma la sostituisce con unaltra altrettanto lineare: linnalza-mento delle aliquote IVA, una soluzione a cui era gi ricorso Tremonti ma non per compensare i tagli lineari.Due sono gli interrogativi prioritari da sottoporre al governo Monti: Lattuale esecutivo vuole cancellare la delega o, invece, portarne avanti liter? Si tratta di una scelta preli-minare a tutte le altre che potr compiere nel Welfare sociale, che definir il perimetro dentro cui prender forma lazione governativa in materia. Se anche decidesse di non portarla avanti, quali posizioni intende assumere sui temi posti dalla delega? La delega infatti solleva questioni ineludibili sulle quali il governo deve riflettere bene: criteri di accesso, lotta alla povert, crisi dei servizi, ruolo delle prestazioni monetarie e altri ancora.Fonte: Forum Nazionale del Terzo Settore, Il welfare di domani? La delega assistenziale e il futuro delle politiche sociali in Italia. Unanalisi a partire dai dati, 2011

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    con un Paese sullorlo del precipizio, le ricette avanzate per favorirne la ripresa continuano a essere quelle ormai scre-ditate che considerano i diritti sociali e il Welfare come meri ostacoli alla crescita, solo un costo non pi sostenibile.I provvedimenti finora adottati, soprattutto dal precedente governo mentre si attende di capire quali sono quelli che lattuale governo intende avanzare in materia di politiche sociali, sono sta-ti socialmente iniqui, colpendo le classi a basso e medio reddito e non toccando i privilegi e le ric-chezze. Sono state tolte risorse alle politiche socia-li, rendendo il Paese ancora pi indifeso ed espo-sto alla crisi. Inoltre, misure come la social card, il bonus beb, il credito per i nuovi nati, le una tantum per i precari licenziati evidenziano ldea compassionevole e residuale che si ha del Welfa-re. Il tutto avviene in un Paese come lItalia che si trova in condizioni gravissime: dallinizio della crisi oltre 800.000 persone hanno perso il posto di lavoro, di cui la met lavoratori precari e sot-to qualificati, giovani, migranti e donne; il potere dacquisto dei redditi tornato ai livelli del 2001; un giovane su tre disoccupato, nel Mezzogiorno uno su due; a causa dei tagli agli enti locali e alle regioni, alla sanit, alle politiche sociali, milioni di italiani rimarranno privi di adeguati servizi socia-li o dovranno pagare maggiori tariffe per poterne usufruire.Questo quadro, tanto dettagliato quanto preoccu-pante, contenuto nel Libro nero sul Welfare ita-liano, pubblicato nel novembre 2011 dalla campa-gna Sbilanciamoci!, che dal 1999 attraverso la collaborazione di 47 organizzazioni della societ civile propone e organizza ogni anno attivit di denuncia, sensibilizzazione, pressione, animazione politica e culturale affinch la politica, lecono-mia e la societ si indirizzino verso la realizzazione dei principi della solidariet, delleguaglianza, del-la sostenibilit, della pace.

    Secondo i promotori delliniziativa, le disegua-glianze economiche non sono la conseguenza ma la causa di questa crisi, che non solo econo-mico-finanziaria ma pone la questione di un mo-dello di sviluppo diverso da quello conosciuto in questi ultimi trentanni: Solo attraverso una effi-cace redistribuzione del reddito, nuove regole in ambito economico e finanziario, linnovazione di produzioni e consumi (sostenibili, equi, di qualit sociale) e solo attraverso un ruolo nuovo e pi at-tivo dellintervento pubblico volto a stimolare una nuova domanda di beni sociali e collettivi (tra cui quelli di un Welfare universalistico), la crisi pu essere arginata.Anche perch, sostengono le organizzazioni della campagna Sbilanciamoci!, non vero che un autentico Welfare universalistico non possa esse-re sostenibile finanziariamente e non vero che in Italia si spende troppo per le politiche sociali, piuttosto si spende troppo poco: Al netto della spesa previdenziale, lItalia ha una spesa inferio-re alla media europea per i giovani, i servizi per linfanzia, la famiglia, la casa, la scuola e per le politiche assistenziali in genere. Ed anche que-sta una delle cause della crisi. Proprio la fragilit della coesione sociale, delle relazioni sociali, dei servizi pubblici volti a soddisfare i diritti costitu-zionalmente garantiti espone lItalia pi di altri Paesi alle conseguenze sociali della crisi. Inoltre, non solo il Welfare un insieme di interventi volti a garantire dei fondamentali diritti, ma anche uno strumento per rendere la nostra economia pi competitiva, di qualit, innovativa. Un buon siste-ma di Welfare e una buona economia si sostengo-no a vicenda. Invece un Welfare compassionevole si accompagna solitamente ad uneconomia rapa-ce, lesiva dei diritti, egoista. Ecco perch il Welfare un investimento, non una spesa.

    IL PUNTO

    il Welfare uninvestimento,non una spesa

    n. 7 marzo 2012 n. 7 marzo 2012

    PrOPOStE di iNtErVENtO a diFESa dEL WELFarELIVEAS, non autosufficienza, infanzia Introduzione dei LIVEAS (Livelli Essenziali di Assistenza) e Fondo nazionale Politiche Sociali. Nonostan-te la Costituzione italiana preveda che lassistenza sociale sia un diritto sociale per tutti i cittadini, cos non . Nello stesso tempo vi una grandissima diversificazione nella erogazione dei servizi sociali a seconda delle Regioni e dei Comuni. Per questo si propone lo stanziamento di 2 miliardi di euro per il finanziamento del Fondo nazionale per le politiche sociali, lintroduzione dei LIVEAS, previsti dalla Legge n. 328 del 2000 e ancora oggi lettera morta. Fondo per la non autosufficienza. Oggi il livello delle politiche pubbliche per la non autosufficienza pressoch simbolico. Dal 2011 il Fondo per la non autosufficienza praticamente azzerato. Chiediamo perci uno stanziamento straordinario di 400 milioni di euro per le politiche pubbliche per la non autosufficienza, nellambito della costituzione di fondi regionali destinati a questo scopo. Ricordiamo che anche questa una cifra ancora assai modesta, visto che le stime parlano di ben 2,5 miliardi necessari per mettere in campo poli-tiche pubbliche adeguate a questo problema sempre pi diffuso. Fondo per linfanzia e asili nido. Di fronte ai drammatici tagli ai fondi per le politiche della famiglia, per linfanzia e ladolescenza, per le pari opportunit, auspichiamo il potenziamento di fondi regionali per lin-fanzia ed in particolare si propone uno stanziamento straordinario di 1miliardo di euro per lavvio di almeno 3000 asili nido nel 2012. Si tratta di un servizio concreto, molto pi utile e continuativo di elargizioni una tantum che non risolvono i problemi della quotidianit delle famiglie.

    Protezione sociale e difesa dei redditi Reintroduzione del Reddito minimo di inserimento. Chiediamo la reintroduzione del Reddito minimo dinserimento (cancellato nella 14ma legislatura) per i disoccupati e per chi non gode di altre forme di ammor-tizzatori sociali. Stima della spesa: 2 miliardi di euro. Cumulabilit assegno sociale e pensione contributiva. Si propone la cumulabilit tra assegno sociale e pensione contributiva per co.co.co e co.pro nella misura del 90%. Si propone una misura che per almeno i prossimi 10 anni non avr un effetto sullaumento di spesa pubblica: il diritto di cumulare per co.pro e co.co.co la pensione sociale e la pensione contributiva che secondo stime dopo 30 anni di contribuzione ad una retribuzione lorda di 1000 euro al mese potrebbe non superare limporto della pensione sociale (e in questo caso sarebbe erogata solo lultima). Sarebbe un atto di giustizia e di equit che permetterebbe anche ai lavo-ratori subordinati di avere accesso a una pensione degna, non perdendo i contributi versati in tanti anni di lavoro. Da co. pro a dipendenti. Si propone di stanziare un finanziamento di 1 miliardo di euro sotto forma di credito di imposta per le imprese che decidano di trasformare i parasubordinati e i lavoratori a tempo determi-nato in lavoratori dipendenti (con lo stanziamento previsto si regolarizzerebbero 250.000 lavoratori precari). Ammortizzatori per i precari. Si propone di introdurre un fondo di 800 milioni di euro per garantire unindennit di disoccupazione di 6 mesi, fino all80% del compenso entro i 25.000 euro lordi lanno (per i redditi di importo superiore a decrescere progressivamente) per tutti i lavoratori atipici con monocomit-tenze per periodi di lavoro di almeno un anno.

    Un Libro nero sul Welfare italiano curato dalla campagna Sbilanciamoci! analizza la preoccupante condizione della spesa sociale e delle relative politiche italiane, definite socialmente inique, avanzando proposte su come difendere, rinnovare e finanziare lo Stato sociale

    Pari opportunit Centri antiviolenza. Si propone lo stanziamento di 50 milioni di euro per la costruzione di 100 nuovi Centri antiviolenza in tutte le Regioni, avviando, con lAssociazione Nazionale dei Centri Antiviolenza, una pianificazione della forma-zione degli operatori e delle operatrici (Pronto Soccorso, servizi socio-sanitari, forze dellordine, magistrate/i, avvocati/e) che entrano in contatto con episodi di violenza di genere, elaborare una proposta formativa per le scuole (indirizzata sia al corpo docente che agli/alle studenti/esse) per la sensibilizzazione e per la prevenzione della violenza di genere. Consultori. Proponiamo di rafforzare i servizi della rete territoriale che d risposte allemergenza di una donna in difficolt: consultori, servizi sociali, progetti per inse-rimenti lavorativi, servizi pre e dopo scuola per favorire la ricerca del lavoro e latti-vit lavorativa della donna. Favorire la possibilit di usufruire di unassistenza legale qualora la donna denunci gli abusi e non abbia un proprio reddito e sia il reddito familiare ad escluderla dal gratuito patrocinio. La proposta di stabilire in accordo con le Regioni uno stanziamento straordinario di 100 milioni di euro per un piano straordinario di rafforzamento e dello sviluppo dei consultori. Servizio Civile Nazionale. Le ultime Finanziarie hanno disinvestito nel servizio civile. Si passati dai 266 milioni di euro del 2008 ai 113 milioni del 2011: un taglio del 60%. Il crollo era gi avvenuto nel 2010: solo 18.668 giovani a fronte dei 54.772 del 2007. Nel 2011 solo 16.000 giovani hanno potuto svolgere un servizio civile utile alla comunit. La proposta di portare a 300 milioni di euro gli stanziamenti per il servizio civile, permettendo a 50.000 giovani di poter svolgere questo servizio. Ogni giovane costa allo Stato 6027 euro (433,88 euro mensili pi costi di formazione). stato calcolato (IRS Milano) che i benefici per la comunit ammontino a 13.103 euro per ciascun volontario (i volontari svolgono attivit nel campo dei servizi socia-li, dellassistenza, della protezione civile, dei beni culturali ecc.: i 13.103 euro sono la stima dei costi che lo Stato dovrebbe spendere per sostituirli in quelle funzioni). A fronte di 187 milioni in pi di spesa lo Stato ricaverebbe 410 milioni di euro in benefici (servizi sociali, culturali, ambientali).

    Immigrazione Corsi pubblici e gratuiti di insegnamento della lingua italiana. La conoscenza della lingua facilita sicuramente linserimento nella societ italiana. Lintroduzione del cosiddetto accordo di integrazione impone lapprendimento della lingua italia-na ai neo-arrivati entro due anni senza stanziare neppure un euro, scaricandone lone-re sui cittadini stranieri e sulle organizzazioni di volontariato. S al finanziamento di corsi di lingua pubblici e gratuiti (30 milioni di euro) per migliorare le opportunit

    di inserimento sociale e di partecipazione alla vita pubblica. No allaccordo di inte-grazione. Soluzioni abitative dignitose per i rom. Lo scandalo degli sgomberi forzosi dei cam-pi rom in completa assenza di soluzioni abitative alternative deve essere fermato. 25 milioni di euro potrebbero essere destinati alla predisposizione, anche grazie allauto-recupero, di abitazioni dignitose che consentano ai rom di abbandonare i campi. Sistema nazionale di protezione contro il razzismo. La preoccupante diffusione di atti, comportamenti e violenze razziste nonch di forme di razzismo istituzionale rende urgente listituzione di un Osservatorio Nazionale contro il Razzismo indipen-dente dal governo. Serve rafforzare le azioni di prevenzione, di denuncia ma anche di tutela delle vittime di razzismo. Si pu fare subito destinando alla creazione di una rete di sportelli legali anti-discriminazione diffusi in tutti i Comuni capoluogo, alla tutela legale e alla promozione di campagne di sensibilizzazione contro il razzismo 20 milioni di euro.

    Salute Unit spinali ed hospice. Si propone la costituzione di un fondo di 150 milioni per nuove unit spinali, per hospice, le unit di risveglio e per interventi a favore dei malati cronici. Si tratta di strutture largamente assenti nel nostro Sistema Sanitario Nazionale e che sarebbero un segno di attenzione e di civilt di fronte ai malati e alle loro famiglie che devono affrontare situazioni cos drammatiche. Medicina territoriale. Il potenziamento della medicina del territorio in grado di ri-spondere 24 ore al giorno e 7 giorni su 7, come primo canale di accesso al Servizio Sani-tario Nazionale. Crediamo che si potrebbero stanziare almeno 100 milioni per il poten-ziamento della medicina territoriale.

    Diritto alla casa Sostegno sociale allaffitto e per ledilizia residenziale pubblica. Il Fondo affitto pas-ser dai 143 milioni del 2010 ai 33,5 milioni in bilancio nel 2011: si tratta di un drastico colpo alla situazione di migliaia di famiglie che sono falcidiate dalla crisi. Sbilanciamoci! propone la costituzione di un fondo straordinario con lo stanziamento di almeno 200 milioni per il sostegno sociale allaffitto per le classi a basso reddito. Canone agevolato. Proponiamo di dotare di 300 milioni di euro aggiuntivi il Fondo Nazionale di sostegno per laccesso alle abitazioni in locazione previsto dalla Legge n. 431/98, che consente di fornire a cittadini con particolari requisiti di basso reddito con-tributi per il pagamento dei canoni.

    Fonte: Sbilanciamoci!, Libro nero sul Welfare italiano, 2011

    cOME FiNaNziarEGLi iNtErVENtiTassa patrimoniale. In questa crisi i ricchi non stanno pagando alcun prezzo. Anzi lo scudo fiscale e lallentamento della lotta allevasione fiscale li hanno ancora di pi premiati. Il peso della crisi ricade interamente sulle fasce pi povere della popolazione. Proponiamo perci una tassa patrimoniale del 5 per 1000 sui patrimoni oltre i 500.000 euro. In questo modo potrebbe entrare nelle casse delle-rario una somma intorno ai 10,5 miliardi di euro.

    Tassazione delle rendite. Oggi gli interessi sui depositi bancari sono tassati al 27%, mentre gli interessi sulle obbligazioni, le plusvalenze e i rendimenti delle gestioni individuali e collettive su-biscono un prelievo di appena il 12,5%. Lunificazione delle rendite finanziarie ha rappresentato per anni una delle priorit di politica fiscale promossa da Sbilanciamoci! e rappresenterebbe un importante risultato per la giustizia fiscale nel nostro Paese. possibile portare la tassazione di tutte le rendite al 23%, una soglia che ancora resta allineata con i grandi Paesi europei e che non presenta quindi rischi di fughe di capitali. In questo modo sarebbe possibile ottenere almeno 2 miliardi di euro.

    Ritiro dallAfganistan. Chiediamo il ritiro delle truppe italiane dalla missione in Afghanistan (il ruolo e la presenza dellISAF sono strettamente intrecciati ad Enduring Freedom in una funzione bellica e di lotta militare al terrorismo) e da tutte quelle missioni internazionali che non abbiano la copertura e il sostegno delle Nazioni Unite. Questa misura farebbe risparmiare 616 milioni di euro alle casse pubbliche.

    No ai caccia F35-JSF. Chiediamo al governo italiano di non firmare il contratto per la produzione dei 131 cacciabombardieri Joint Strike Fighter. La rinuncia a proseguire il programma di costruzio-ne dei cacciabombardieri farebbe risparmiare al nostro Paese ben 14 miliardi di euro nei prossimi 16 anni. Limporto per il 2012 di 583 milioni di euro che quindi proponiamo di tagliare.

    Chiusura dei CIE. La chiusura dei Centri di Identificazione ed Espulsione. Con i 113 milioni pre-visti nella legge di bilancio per il 2012 per lattivazione, la locazione e la gestione di nuovi CIE si potrebbe finanziare un programma nazionale di inclusione sociale.

    Convenzioni con le strutture private. Si propone che si esamini lo stato delle convenzioni con le strutture private, che costituiscono una grossa fetta della spesa sanitaria e dei suoi sprechi ed abusi. Sbilanciamoci! stima in 1 miliardo di euro il risparmio nelle attivit di riordino delle convenzioni con le strutture private.

    Fonte: Sbilanciamoci!, Libro nero sul Welfare italiano, 2011

  • 10 11n. 7 marzo 2012 n. 7 marzo 2012

    StaNziaMENti cOMPLESSiVi dEi FONdi SOciaLi aNNi 2001-2013 MiLiONi di EUrO (1)

    2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013

    Fondo nazionale per le politiche sociali al netto della quota INPS (2) 1.071 1.091 995 1.032 557 825 1.000 712 578 435 218 70 45

    Fondo infanzia e adolescenza (per 15 citt) 44 44 44 44 44 44 44 44 44 40 39 40 40

    Fondo non autosufficienza (comma 1264 Finanziaria 2007) 0 0 0 0 0 0 100 300 400 400 0 0 0

    Fondo inclusione sociale immigrati (comma 1267 Finanziaria 2007) (3) 0 0 0 0 0 0 50 0 0 0 0 0 0

    Fondo politiche giovanili (comma 1290 Finanziaria 2007) 0 0 0 0 0 3 130 130 130 81 13 13 11

    Fondo politiche della famiglia (comma 1240 Finanziaria 2007) (4) 0 0 0 0 0 3 220 330 239 174 51 53 31

    Fondo pari opportunit (comma 1261 Finanziaria 2007) 0 0 0 0 0 3 50 44 30 3 17 17 17

    Totale 1.115 1.136 1.039 1.076 601 878 1.594 1.559 1.420 1.134 339 193 144

    Note:(1) Dati effettivi fino al 2010 e, per il Fondo politiche sociali, fino al 2011. Altri dati come previsti dalla Legge di stabilit 2011.(2) Stanziamento totale, ivi comprese le integrazioni in corso danno, dove rintracciabili. Nel valore indicato compresa la quota gestita a livello ministeriale, mentre sono escluse le somme destinate, fino al 2009, allINPS per il finanziamento dei diritti soggettivi e le somme del Fondo infanzia; sono comprese le somme stanziate per il reddito minimo di inserimento nel 2001 e per il piano asili nido nel 2004.(3) Il Fondo per linclusione sociale degli immigrati stato dichiarato incostituzionale nel 2008 e lo stanziamento 2008, pari a 100 milioni di euro, stato riassorbito nel bilancio dello Stato.(4) Finanzia anche il piano straordinario asili nido; nel 2009 riassegnate risorse a valere sul 2008 per 52,094 milioni.

    Fonte: Sbilanciamoci!, Libro nero sul Welfare italiano, 2011

    cOSti E FiNaNziaMENti dEGLi iNtErVENti a diFESa dEL WELFarE: LE PrOPOStE di SBiLaNciaMOci!

    COSTI DEGLI INTERVENTI (milioni di euro)

    COME FINANZIARLI (milioni di euro)

    Servizi sociali Politiche fiscaliIntroduzione LIVEAS 2000 50% gettito tassa patrimoniale 5250Fondo non autosufficienza 400 50% gettito tassa rendite 1000Fondo infanzia e asili 1000

    Redditi Tagli alla spesaReddito minimo dinserimento 2000 Chiusura dei CIE 113Da Co.Pro a dipendenti 1000 Convenzioni privati sanit 1000Ammortizzatori per precari 800 Investimento 2012 caccia F35 583

    Missione Afghanistan 616

    Pari opportunitCentri antiviolenza 50Consultori 100

    Servizio civile 187

    ImmigrazioneIntegrazione scolastica 30Soluzioni abitative per i rom 25Sistema nazionale antirazzismo 20

    SaluteUnit spinali ed hospice 150Medicina territoriale 100

    CasaSostegno sociale affitto 400Canone agevolato 300

    Totale 8.562 Totale 8.562

    Fonte: Sbilanciamoci!, Libro nero sul Welfare italiano, 2011

    Qualit della vita al centro delle decisioniCome tutti i Rapporti della campagna Sbilanciamoci!, nota soprattutto per la pubblicazione Cambiamo Finan-ziaria attraverso la quale ogni anno propone un uso di-verso della spesa pubblica a parit di costi ma privilegian-do i diritti, la pace e lambiente, anche questo Libro nero sul Welfare italiano contiene unanalisi tecnica, accurata e approfondita della situazione (per la quale rimandiamo chi fosse interessato a consultare il sito web www.sbilancia-moci.org) e una parte di Proposte per difendere e rinnovare il Welfare, come riporta il sottotitolo del Rapporto.Sempre pi impellente si legge nel Libro nero sul Wel-fare diventa la necessit di assumere decisioni finalizzate a incentivare il benessere, lo sviluppo della qualit della vita, a partire dalle fasce pi povere della popolazione, con un mix di provvedimenti che permettano di aumentare la dotazione di risorse a disposizione dei cittadini e di con-sentire loro di usufruire di servizi di cittadinanza su base locale e di qualit adeguata. Oggi, infatti, a seguito dei pe-santi tagli delle ultime manovre finanziarie, questi servizi languono in uno stato di sofferenza anche nei territori nei quali la loro presenza era divenuta un dato acquisito, una risorsa imprescindibile per le comunit locali.Ma come conciliare il rigore di bilancio pubblico e il fi-nanziamento delle prestazioni sociali? Secondo la campa-gna Sbilanciamoci! esistono due modi per finanziare, anche oggi nel pieno di questa crisi, gli interventi di Welfare: la politica fiscale e la riduzione della spesa pub-blica in altri campi a favore delle politiche sociali. Nel primo caso si afferma un importante legame tra politica fiscale e giustizia sociale. Gli interventi di Welfare finan-ziati da politiche fiscali progressive e che colpiscono le grandi ricchezze diventano in questo modo il paradigma ed il simbolo di una redistribuzione del reddito a favore delle classi medio-basse, favorendo una maggiore coesio-ne sociale ed un senso di giustizia ed equit, che sono an-che la base di una buona economia. Riportiamo allora nella tabella a fianco e nei box delle due precedenti pagi-ne quali sono gli interventi ritenuti prioritari in materia di protezione sociale dagli autori del Libro nero sul Welfare italiano e quali le modalit attraverso le quali recuperare le risorse finanziarie necessarie per attuarli.

    Fonte e informazioni: www.sbilanciamoci.org

    Welfare municipale sotto stressi servizi sociali e socio-assistenziali dei Comuni (il cosiddetto Welfare municipale) sono oggi sotto forte pressione: a fronte di bisogni crescen-ti, parte delle risorse pubbliche complessive per questi servizi sono state ridotte. Sono stati ridotti alcu-ni trasferimenti statali settoriali (fondi sociali) alle Re-gioni, che le stesse traslano sugli enti del proprio ter-ritorio, e i trasferimenti statali generali agli enti locali. E lassetto istituzionale e organizzativo destinatario di semplificazione e di trascuratezza: la questione del-le funzioni fondamentali degli enti locali e dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti diritti sociali e civili in discussione da anni.La spesa sociale dei Comuni, che assorbe circa il 12-13% dei loro bilanci, cos diventata uno dei com-parti pi fragili. Parallelamente si sono sviluppate le retoriche della necessit di ridimensionare la spesa sociale e del bisogno di un nuovo approccio.Ma servizi complessi, frammentati e istituzionalmen-te fragili come sono quelli sociali e socio-assistenziali, richiedono cura loro stessi: la governance della rete dei servizi costituisce la grande sfida con cui si sono cimentate Regioni ed enti locali da parecchi anni, una governance complessiva e integrata tra i tanti soggetti attivi nei territori per i servizi di cura, che non pu che svilupparsi secondo ambiti territoriali adeguati. Infatti la programmazione e la gestione degli interventi se-condo ambiti pluricomunali consente una migliore articolazione dei bisogni, la disponibilit di risposte e di operatori, ed ha prodotto molte iniziative che al-

    trimenti non sarebbero state avviate, talvolta con un costo complessivo non elevato per lintero territorio, ma insostenibile al singolo attore, pubblico o privato.Negli ultimi 20 anni, in Italia, molte delle diverse soluzioni adottate per questi servizi hanno saputo ri-spondere a tre grosse sfide. Il bisogno di integrazione. Sono servizi che rispon-

    dono a pi bisogni (accudimento, integrazione socia-le, sostegno, tutela) tanto che sono assunti da diversi comparti delle politiche (assistenza, lavoro, sanit, istruzione, previdenza). E vi opera una pluralit di soggetti, sia istituzionali che non: famiglie, enti ter-ritoriali, amministrazioni statali, formazioni sociali e organizzazioni non profit, imprese. Il solo intervento pubblico non ha una fisionomia unitaria: i trasferi-menti assistenziali monetari dallo Stato e i servizi co-munali non formano un assetto integrato e coerente. Integrazione e coerenza sono quindi utili e necessarie. Approccio degli interventi pubblici: non solo ripara-torio e per categorie di bisogno, verso interventi sociali volti anche a prevenire i bisogni ed a promuovere op-portunit per tutta la comunit. questa una sfida as-sunta da molti operatori pubblici, per quanto impegna-tiva: lassistenza, per lindefinitezza dei confini, finisce spesso per dover coprire inefficienze e lacune di altre politiche sociali, pi definite e statutariamente pi forti. Affrontare bisogni mutevoli, che in questi ultimi anni si sono rivelati sensibili alla crisi economica sia generale che dei singoli territori, e che si riflettono nel tipo di domanda posta ai servizi.

    Costruzione della rete delle risorse localiLa molteplicit degli soggetti attivi e dei bisogni rende opportuno cercare sinergie e concertare le risposte ai bisogni locali: nel linguaggio di settore costruire una rete delle risorse attive oppure attivabili, pubbliche, pri-vate e privato-sociali. I Piani di Zona (avviati negli ulti-mi dieci anni e con durata triennale) sono lo strumento prefigurato dalla legge 328 per quello scopo, e i territo-ri hanno discrezionalit sulle modalit per concertare questi Piani, per renderli operativi e per valutarne gli esiti. Organizzare il mix delle risorse significa anche sa-per coinvolgere i diversi attori in modo appropriato dal punto di vista dei bisogni da soddisfare, ma anche nella scelta dei soggetti maggiormente idonei a soddisfarli.

    Integrazione delle risposte socio-assistenziali e sanitarie La separatezza organizzativa e funzionale vigente tra servizi sociali e servizi sanitari, che tratta pro-blematiche affini, ha portato a esperienze anche spontanee per integrare metodi e professionalit: questa integrazione tra servizi riguarda alcuni bisogni di cura che richiedono risposte complesse non tanto per motivi tecnologici o medici, quanto

    di renato cogno *

    LOPINIONE

    QUaLchE iNFOrMaziONE SUL WELFarEQuanto si spende per il Welfare in Italia? Oltre 450 miliardi di euro, se consideriamo il Welfare in senso lato, comprensivo di pensioni, ammortizzatori sociali e sanit. La risposta dipende da cosa si considera Welfare. Circa 60 miliardi, considerando Welfare locale e trasferimenti a fasce deboli. Circa 8 miliardi, considerando solo il Welfare locale. ricordandosi dei 9 miliardi che i cittadini spendono di tasca propria per assistenti familiari.

    Per il Welfare complessivo la spesa italiana in linea con quella degli altri Paesi UE, ma Con riferimento alle pensioni, la spesa notevolmente superiore alla media europea (+38%). Per la sanit si destinano risorse lievemente inferiori agli altri Paesi europei (-10%). Per il Welfare locale si spende nettamente meno che nel resto dEuropa (non autosufficienza -31%; famiglia e mater-nit -61%; povert -75%).

    Le risorse per il Welfare sono aumentate o diminuite? Dipende dal fatto che si consideri il Welfare nel suo complesso, il Welfare dei trasferimenti o il Welfare locale nella sua componente di servizi. Le misure passive (trasferire soldi, in Italia superiori al resto dEuropa) sono aumentate negli ultimi anni. Le misure potenzialmente attive (i servizi, per i quali gi si spende meno rispetto al resto dellEuropa) hanno avuto per alcuni anni un andamento contrastato: calanti rispetto alle risorse impegnate dallo Stato, ma sino a poco fa costanti grazie al maggiore impegno dei livelli locali. Oggi la possibilit dei livelli locali di continuare a mantenere gli stessi livelli di spesa (e tanto pi ad integrare lulteriore ritiro dellimpegno statale) messa seriamente in questione dalla diminuzione di trasferimenti verso gli enti locali e le Regioni.

    I tagli ai trasferimenti a Regioni, Comuni e Province La diminuzione dei fondi statali per le politiche sociali si combina con la diminuzione di trasferimenti dallo Stato a Regioni, Province e Comuni. Gli effetti, iniziati dal 2009, avranno un peso crescente nei prossimi anni (che prevedono anche un azzeramento dei fondi statali dedicati). Le stime dellimpatto sui servizi sociali si attestano su valori compresi tra il 12% e il 20%; ovviamente sono decisive anche le scelte politiche delle amministrazioni cittadine su cosa penalizzare e cosa salvare. A fronte di questa situazione i Comuni saranno chiamati ad operare scelte dolorose (taglio dei servizi / aumento dei costi per i cittadini; ripensamento su servizi e beneficiari). Negli ultimi anni si fatta strada la tesi che il Welfare locale sia una fonte di spreco e di iniquit (la polemica sui falsi invalidi). Si cos contrabbandata per sussidiariet la diminuzione delle risorse per il Welfare, proponendo una sus-sidiariet invece della solidariet anzich sussidiariet entro la solidariet (es. retorica della famiglia, indicata come fondamento della societ e poi lasciata sola con immani problemi quando un membro diventa non autosufficiente).

  • 12 13

    LISEE un indicatore che include reddito e patrimo-nio, ed la somma dei redditi assoggettabili a IRPEF e di quelli derivanti da attivit finanziarie di tutti i com-ponenti il nucleo familiare, mentre la parte patrimonia-le tiene conto del patrimonio mobiliare e immobiliare. Limporto viene poi parametrato rispetto al numero dei componenti il nucleo familiare.

    L i v e l l i Essenziali di As-

    sistenza Socio-assi-stenziale (LIVEAS): linsieme delle prestazio-ni che devono essere

    garantite a tutti i

    cittadini, sulla base di comuni standard tali per cui tutti abbiano accesso alla cittadinan-za sociale e i soggetti pi deboli siano tutelati dalluguaglianza di opportunit. I LIVEAS si basano su alcuni principi: approccio uni-versalistico ai bisogni sociali; carattere parteci-pato della risposta ai bisogni sociali; presenza di una progettazione che parte dalla comunit locale e da essa viene costantemente monitorata attraverso i piani di zona; flessibilit e versatilit delle risposte; personalizza-zione e integrazione socio-sanitaria delle risposte.

    Modelli di protezione sociale: A livello europeo sono due i macro-tipi di sistemi di protezione sociale. Uno caratterizzato dalluniversalismo delle pre-stazioni, dal finanziamento attraverso la tassazione gene-rale e dalla gestione e/o controllo pubblico dei fattori di produzione (modello Beveridge, vige in Danimarca, Finlandia, Grecia, Irlanda, Italia, Portogallo, Regno Uni-to, Spagna, Svezia). Un altro basato sulle assicurazioni sociali, caratterizzato dallobbligatoriet della copertura nellambito di un sistema di sicurezza sociale, finanziato per lo pi da contributi individuali attraverso fondi assi-curativi e con gestione dei fattori di produzione pubblica e/o privata (modello Bismarck, vige in Austria, Belgio, Francia, Germania, Lussemburgo, Paesi Bassi). La ten-denza attuale quella di una convergenza tra i due mo-delli, dovuta al crescente mix tra pubblico e privato che caratterizza, sebbene con gradualit differenti, tutti i Paesi dellUnione Europea.

    Reddito di cittadinanza: Erogazione di una certa somma monetaria a scadenze regolari e perpetue in grado di garantire una vita dignitosa, indipendentemente dalla prestazione lavorativa effettuata. Si parla di reddito di cittadinanza quando lerogazione universale e incon-dizionata, entrando di fatto nel novero dei diritti umani.

    Reddito Minimo: Il Reddito Minimo (RM) o reddito di esistenza, reddito di base o ancora reddito di ultima istanza, uno strumento di giustizia sociale volto a garantire a tutti il diritto allesistenza e consiste in un reddito incondizionato versato da una comunit politica a tutti i suoi membri su base individuale. In Italia questo strumento ancora non esiste, anche se gi nel 1997 unap-posita Commissione (Commissione Onofri) aveva invi-tato il governo a istituire un Minimo Vitale per costruire una una rete di protezione a cui qualsiasi cittadino possa accedere per trovare un sostegno economico e/o lofferta di opportunit e servizi per uscire dallo stato di bisogno.

    Lobiettivo ambizioso era quello di rifondare le basi della cittadinanza sociale, uscendo dalla logica strettamente as-sistenziale dei contributi. Lorientamento della Commis-sione fu raccolto dal Dlgs 237/98 che per legge dava il via alla sperimentazione in 39 Comuni italiani del Reddito Minimo dInserimento (RMI), sperimentazione che non si tradusse in interventi sul piano nazionale. In sostituzione del RMI venne invece istituito il Reddito di Ultima Istanza (RUI), misura residuale che lo Stato avrebbe cofinanziato di concerto con le Regioni, ma di tali investimenti statali non vi stata traccia. Il RM oggi al centro di un ampio dibattito sia a livello nazionale sia a livello europeo.

    Sussidiariet: La sussidiariet si sposa con la devo-lution, da un lato, e con la privatizzazione del Welfare, dallaltro, e pu essere coniugata con sfumature assai di-verse: quella orizzontale dovrebbe avere un ruolo com-plementare e non sostitutivo dellintervento pubblico, quella verticale dovrebbe prevedere almeno un ruolo garante e di programmazione dei livelli superiori, al fine di garantire la reale esigibilit dei diritti di tutti i cittadini. Si definisce poi circolare quella forma di sussidiariet in cui liniziativa pubblica riconosce e sostiene forze sociali che svolgono la loro attivit in vista di interessi generali e che integrano nel proprio operare autonomo le linee politiche delle istituzioni, influenzandone lorientamento con i meccanismi della concertazione.

    Terzo settore: Con questa espressione, usata spesso come sinonimo di non profit, si indica linsieme

    dei soggetti che operano secondo logiche e meccanismi che non appartengono

    n allo Stato n al mercato. Un insieme che terzo in quan-

    to differente e complemen-tare agli altri due. Le or-

    ganizzazioni del Terzo settore sono soggetti di natura privata ri-volti alla produzione e alla distribuzione di beni e servizi di valenza pubblica o collettiva. La galassia

    del Terzo settore, che rappresenta il tentativo

    della societ civile di pro-durre beni relazionali e servizi di interesse sociale, com-prende lassociazionismo di promozione sociale, il volon-tariato, la cooperazione sociale, le fondazioni sociali e le ONG attive in ambito sociale.

    Vulnerabilit sociale: Indica lesposizione di sin-goli e di nuclei familiari al rischio povert. Una zona gri-gia in cui si sperimenta, allinterno di un contesto di vita ordinario, una situazione problematica derivante dalla necessit di svolgere compiti sociali cruciali in mancanza di un set adeguato di risorse, capacit e relazioni daiu-to. Secondo unaltra definizione, si tratta di esposizione a processi di disarticolazione sociale che mette a rischio lorganizzazione della vita quotidiana. Ci che caratteriz-za la condizione di vulnerabilit la possibilit di evolve-re positivamente, recuperando le situazioni critiche, o di avviarsi alla carriera di povert, attraverso meccanismi di accumulo di criticit. Il ruolo del Welfare in questa evo-luzione dirimente, cos come giocano un ruolo signifi-cativo il capitale individuale e le reti sociali dei singoli.

    Welfare State: Sistema sociale in cui lo Stato garantisce ai cittadini attraverso politiche redistributive della ricchez-za, servizi e politiche attive un livello minimo indispen-sabile di vita individuale e sociale. Tradizionalmente basato sulluniversalismo delle prestazioni e sulla fiscalit generale, oggi il Welfare si sta ridisegnando a seguito di grandi muta-menti che hanno messo in crisi lo stesso meccanismo di ne-goziazione sociale di cui il Welfare rappresentava il prodotto. Il paradigma neoliberista, prima, e le conseguenze della crisi finanziaria e sociale, poi, hanno ri-orientato il Welfare State verso forme miste Stato-mercato-societ (Welfare mix), ver-so veri e propri sistemi di mercato (Welfare market) o verso sistemi che valorizzano la cooperazione sociale, lautorganiz-zazione, il non profit e il mercato, con gradi variabili di ruolo del pubblico (Welfare community).

    Bene comune: Il bene comune quella particolare tipologia di bene che si configura come fine della societ civile, ovvero come bene di tutti gli individui che com-pongono il corpo sociale e che sono soggetti di diritti. Il bene comune, infatti, non il bene individuale e neanche la somma dei beni individuali: il bene comune presup-pone il bene di ogni singola persona e ha per fine il bene di ciascun cittadino del corpo sociale. In altri termini possibile definire il bene comune come la produttoria dei livelli di benessere (utilit) dei singoli, a differenza del c.d. bene totale, risultante dalla sommatoria degli stessi; in questultimo caso, il bene di qualcuno pu essere annul-lato senza cambiare il risultato finale; viceversa, nel caso del bene comune, essendo il risultato di una produttoria, annullando anche solo uno dei livelli di benessere viene ad annullarsi il risultato finale e, quindi, il benessere della societ civile non viene raggiunto.

    Capitale sociale: Il capitale sociale comune-mente definito come linsieme delle reti di relazioni interpersonali e delle norme sociali che favoriscono lazione collettiva per il perseguimento di fini condivisi (Putnam, 1995).

    Contratto sociale: Vincolo che lega i singoli tra loro e alla collettivit, il contratto sociale si basa sulle capacit e sulle competenze negoziali del singolo, che concorda con gli altri singoli e con la societ obblighi e vantaggi reciproci. In una situazione e in un tempo in cui le capacit negoziali non sono accessibili a tutti si sta fa-cendo strada, nella riflessione sulle prospettive dello Stato sociale, lipotesi di fondare il contratto non sulle capa-cit di ciascuno ma sulla vulnerabilit come cifra della condizione umana, accentuando cos la dimensione delle reciprocit che, insieme ai principi dello scambio degli equivalenti e della redistribuzione, elemento fonda-tivo della societ.

    Esclusione: Processo il cui esito lallontanamento di alcuni gruppi o categorie di cittadini dal cuore della so-ciet e della vita economica. I processi di esclusione pos-sono causare la non partecipazione ai processi decisionali, il mancato accesso ai servizi essenziali in ambito sociale, sanitario, assistenziale e anche economico-finanziario.

    Economia solidale: Modello economico che mette al centro del proprio operare le persone, la qualit della vita, le relazioni e lambiente. Il sistema su cui si ba-sano queste realt quello formato da soggetti che agisco-no allinterno di una rete di relazioni sociali per favorire lo sviluppo sociale attraverso la diffusione di legami basati sulla solidariet.

    Impresa sociale: Forma giuridica di attivit pro-duttiva che contempla la dimensione imprenditoriale e, insieme, quella sociale. La dimensione imprenditoriale prevede la sussistenza di quattro requisiti: produzione di beni e/o servizi in forma continuativa e professionale; un elevato grado di autonomia sia nella costituzione che nella gestione; assunzione da parte dei fondatori e dei proprie-tari di un livello significativo di rischio economico; pre-senza, accanto a volontari o utenti, di un certo numero di lavoratori retribuiti. La dimensione sociale si concretizza, invece, nellesplicito obiettivo di produrre benefici a favore della comunit nel suo insieme o di gruppi svantaggiati; nella dimensione collettiva delliniziativa imprenditoriale, la distinzione di ruoli e funzioni tra coloro che governano limpresa e coloro che detengono i capitali; lampio livello di partecipazione ai processi decisionali, la non divisibilit degli utili se non in misura limitata.

    Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE): Indicatore della condizio-ne economica degli individui, utilizzato dalle Pubbliche Amministrazioni per verificare il diritto dei cittadini a ricevere prestazioni sociali legate a una prova dei mezzi.

    Glossarion. 7 marzo 2012 n. 7 marzo 2012

    perch richiedono, su una sola persona, linterven-to di pi professionalit e/o di modalit diverse.Lesistenza di esperienze positive ne dimostra comun-que la fattibilit, come per le sperimentazioni degli Sportelli unici socio-sanitari, promosse dalla normativa regionale.

    Prevenzione e coinvolgimento della comunitGrande importanza unanimemente attribuita ad inter-venti non solo riparatori o rivolti al disagio evidente. Da tempo si mira anche a promuovere forme di coinvolgi-mento attivo della comunit. Tra gli interventi pi frequenti, con fini promozionali e preventivi, vi sono quelli che coinvolgono la popolazione pi anziana e mirano a favorire un invecchiamento attivo e autonomo.La prevenzione viene considerata anche per i giovani, e ha portato a interventi che li coinvolgono attivamente

    (educativa di strada, centri aggregativi), per gli stranieri (iniziative di alfabetizzazione, informazione sanitaria) e ha dato vita a nuove iniziative quali quelle a soste-gno della genitorialit (sportelli informativi, gruppi di discussione, spazi dascolto, counselling, consulenze psicologiche e legali) che spesso prevedono il coinvol-gimento del Terzo settore e delle stesse famiglie utilizza-trici nella gestione. Lassociazionismo spontaneo e le forme di mutualismo hanno avuto un discreto sviluppo. Alcuni operatori pub-blici hanno puntato esplicitamente su queste forme e le sostengono, le indirizzano, o ne stimolano lattivit. Lo spontaneismo fa si che alcune associazioni abbiano un vita lunga, ma altre si esauriscano col mutare della con-tingenza alla sua origine, cos gli Enti hanno sostenuto e sviluppato vere e proprie reti tra le associazioni del terri-torio per ricerca di sinergie.Si segnalano poi anche pratiche che accentuano lorien-tamento comunitario, cio lintento di accrescere la re-

    sponsabilit dei residenti e delle forze locali verso i bi-sogni che sorgono (trasporti comuni, sicurezza di spazi comuni, doposcuola, distribuzione dei beni alimentari). Cos come alcune esperienze di cosiddetto Welfare azien-dale (nidi e scuole materne aziendali, altre attivit sociali a favore dei dipendenti), che indicano una responsabilit sociale nei confronti del territorio.In sostanza si tratta di un ambito di politiche, di inter-venti, di servizi che, forse pi di altri, ha sperimentato vari approcci e sostenuto sfide impegnative: dal rapporto con la sanit, alle relazioni multilivello; dalla sussidiariet orizzontale, alla richiesta crescente di contribuzioni agli utenti. Un patrimonio che richiede valutazione e giudi-zio, pi che semplificazioni e fretta.

    * IRES Piemonte, coautore di una ricerca sullInnovazione sociale e sul Welfare locale nel cuneese.

    italia: un Paese in sofferenza

    i risparmi che potrebbero derivare dalla riduzione della spesa pubblica rischiano di essere in larga parte con-trobilanciati dalle risorse che sar necessario mettere in campo per assicurare servizi adeguati a una prevedi-bile impennata del fenomeno della non autosufficienza. Lavvertimento giunto alla fine del 2011 dalla Corte dei Conti, secondo cui la riduzione della spesa sociale, oltre che essere una strada difficile da percorrere, rischia di pro-durre effetti non diversi da quelli derivanti da un prelievo eccessivo e distorto. Inoltre, preoccupa la diffusa insoddi-sfazione per un sistema tributario in cui la contraddizione fra un elevato rendimento in termini di gettito e un forte tasso di evasione alimenta laceranti conflitti distributivi. In molti casi poi, ha osservato la Corte dei Conti, con la spesa sociale si in presenza di erogazioni monetarie che fanno parte di una politica nascosta di contrasto alla povert.

    Povert in aumento, ricchezza concentrataUna povert che in aumento anche secondo i dati diffusi a inizio 2012 da Bankitalia, secondo cui scende il red-dito delle famiglie e aumenta la percentuale dei poveri. Nel 2010, rileva lindagine di Bankitalia, il reddito fami-liare medio annuo, al netto delle imposte sul reddito e dei contributi sociali, stato pari a 32.714 euro, 2726 euro al mese: in termini reali il reddito medio nel 2010 inferiore

    del 2,4% rispetto a quello riscontrato nel 1991, mentre la quota di individui poveri in Italia, vale a dire coloro che hanno un reddito equivalente o inferiore alla met della mediana, risultata pari al 14,4% nel 2010, in aumento di un punto percentuale rispetto al 2008. Quota che supera il 40% tra i cittadini stranieri. Parallelamente allaumento della povert, osserva Bankitalia, cresce la concentrazione della ricchezza in Italia: il 10% delle famiglie pi ricche possiede il 45,9% della ricchezza netta familiare totale, percentuale che era del 44,3% nel 2008.

    Coesione sociale a rischioA confermare una situazione generale di impoverimento e precariet, sempre a inizio 2012 sono poi giunti i dati forniti dal secondo Rapporto sulla Coesione sociale, curato da ISTAT, INPS e ministero del Lavoro e delle Politiche sociali.Secondo le rilevazioni relative al 2010, in Italia le famiglie in condizione di povert relativa sono 2 milioni 734.000 (l11% delle famiglie residenti), corrispondenti a 8 milioni 272.000 individui poveri, il che equivale al 13,8% dellintera popolazione. Il 10,2% delle persone vive in famiglie a bassa intensit di lavoro, dove cio meno del 20% del tempo teo-ricamente disponibile impiegato in attivit lavorative. Nel corso degli anni, osserva il Rapporto sulla Coesione so-ciale, la condizione di povert peggiorata per le famiglie numerose, soprattutto per quelle con figli minori e resi-denti nel Mezzogiorno, per le famiglie dove convivono pi generazioni e per quelle con un solo genitore. Lincidenza della povert relativa raggiunge il 28% fra i minorenni se questi vivono con i genitori e almeno due

    fratelli ( al 10,7% se si fa riferimento alla povert assoluta), mentre supera il 33% (11,8% nel caso della povert asso-luta) se vivono in famiglie con membri aggregati. In Italia, il rischio di povert o di esclusione sociale relati-vamente maggiore per le famiglie con tre o pi figli, soprat-tutto se minori, e per quelle monogenitoriali. La situazione delle coppie con figli non tutti minori appare pi o meno critica in relazione alla partecipazione al mercato del lavoro di almeno due percettori di reddito. Guardando allEuropa, aggiunge il Rapporto, i quattro Paesi