eBook Neropremio Terra e Fuoco

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    Terra & Fuocoa cura di Mariella DAlessio

    Prima Edizione Giugno 2013una produzione www.LaTelaNera.com in collaborazione con www.eBookGratis.net

    Racconti originali di

    Giuseppe Felice Cassatella , Fabrizio Cadili , MarinaLo Castro e Linda Bartalucci

    Correzione Bozze diMariella DAlessio

    Illustrazione di copertina diGiorgia Sacco Taz http://silentdex.deviantart.com/

    ModellaDani-stock http://dani-stock.deviantart.com

    Impaginazione di Alessio Valsecchi

    Alcuni diritti sono riservati per tutti i Paesi. consentita la riproduzione, parziale o totale, dellopera e la sua diffusione a personale dei lettori, purch sia riconosciuta lattribuzione dellopera al suo autlopera non venga modificata e non venga riprodotta a scopo commerciale.Licenza Creative Commons :

    http://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/2.5/it/

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    Sommario

    Prefazione 6

    Terra & Fuoco 10

    di Giuseppe Felice Cassatella

    Lati 28

    di Fabrizio Cadili e Marina Lo Castro

    Bamboo 43

    di Linda Bartalucci

    Gli Autori 65

    Il Bando del NeroPremio 68

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    Prefazione

    Ogni edizione del NeroPremio come unarena, dove unpubblico assetato di parole aspetta gli scontri fra igladiatori pi valorosi; ciascuno di essi, per sbaragliare galtri, pronto a sfoderare le sue armi migliori, i suoi

    racconti pi letali. cos che io vedo anche questa quarantacinquesimaedizione del NeroPremio, dove, seduta fra il pubblicoesultante, ho avuto lonore di gustarmi lo scontro in primfila. Ho potuto vedere per prima i tre gladiatori superstit

    che con questo e-book vi porgono le loro armi di vincitori.

    Terra & Fuoco vi presenter le strane semine di Campo dei Vetri, dove terra e fuoco possono fondersi.

    In Lati vi sar chiesto di dirimere laspra disputa di ungruppo di enigmatici personaggi.

    Scoprirete infine delle inaspettate quanto inquietantipropriet delBamboo.

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    Ringrazio gli autori, il cui inesauribile fuoco creativo haalimentato questo e-book, e ringrazio soprattutto voi,

    fedeli lettori, che siete il vento che permette a quel fuocodi diffondersi.

    Ave, Caesar, morituri te salutant.

    Buona lettura.

    Mariella DAlessioGiugno 2013

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    Terra & Fuoco

    di Giuseppe Felice Cassatella

    Terra

    Oscar Marzorati, detto stecco, per tutta la notte noaveva chiuso occhio. La branda sudicia sembrava ardersotto il culo e cos, quando il primo pallido sole filtr traassi della tapparella rotta della sua stanza, decise di alzar

    La vita di Oscar Marzorati, detto stecco, non chfosse complicata pi di tanto, anzi, problemi ne avevpochi, due per la precisione: procurasi la droga procurarsi i soldi per procurasi la droga. Che poi, alla fdella giostra, erano un problema solo.

    Inutile starvi a raccontare come il combustibile chalimentava il fuoco sotto la branda fosse rappresento dquei due problemi, che poi, alla fine della giostra, erauno solo.

    Se qualcuno durante la notte avesse attaccato un

    dinamo e una lampadina a Oscar Marzorati, dettstecco, avrebbe potuto ricavarne della luce, visto cquellanima pia sera voltata e rivoltata nel letto continuazione.

    Be, un po sera calmato quando gli era venuta lidSolo che poi gli era sopraggiunta una strizza nuova

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    neanche tanto meno preoccupante di quella originaria. problema dei soldi poteva anche essere risolto se tut

    andava bene, ma se qualcosa fosse andato storto, a uguaio solo se ne sarebbe aggiunto un altro. E due guai, puno che nella vita aveva solo due problemi, che poi, afine della giostra, erano un problema solo, non erano mipochi. Eh, no.

    Il piano era semplice, perch semplice era la sua menDoveva andare al Campo dei Vetri, trovare una delbustine sotterrate da Alano (in realt si chiamava Sansoma sin da piccolo il poveretto aveva subito lonta di qusoprannome fumettistico) e poi rivenderle. Avrebbe avula grana per pagare Gratta-gratta (nessun riferimento fumetti, pi che altro un problema giovanile di piattoRischi che si corrono perdendo la verginit con prostitua basso costo). Facile a dirsi, meno a farsi (e dire che era un campione del farsi). Se Alano lavesse beccatomeglio non pensarci.

    Si mise quel maglione che nonna Carla, buonanima, aveva regalato secoli prima e che tanto bene gli stavovviamente secoli prima. Per la precisione quando OscMarzorati, detto stecco, non era ancora stecco. Quelmattina il suo corpo scheletrico ballava nel maglioncome un cazzo moscio in un preservativo. E gli uomisanno bene quanto questa immagine non sia piacevole.

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    Col suo bel maglioncino addosso, Oscar Marzoratdetto stecco, si rec verso il Campo dei Vetri. A ques

    punto della storia c bisogno di una pausa per chiaricosa sia il Campo dei Vetri. La mia spiegazione potapparire sarcastica e ricca di critica politica, ma vi assicche cos non . Sto solo raccontando dei fatti e se qualcsentimento traspare dalla mie parole frutto della msbadataggine. Non mi permetterei mai dinfluenzare lettore.Il Campo dei Vetri un tempo non era il Campo de Vetri. Era solo un campo, di quelli che ce ne sono tanti periferia. Circa una cinquantina danni prima il signMazzoleni Mario, operaio, che un tumore al colon hportato via, diede inizio a una strana semina. Le OfficiMeccaniche Menighetti si trovavano dallaltro lato campo (che un giorno sarebbe diventato dei Vetri ma challepoca era ancora campo) rispetto allabitazione signor Mazzoleni Mario, operaio, che un tumore al colha portato via. Ogni mattina, quel solerte lavoratore, parrivare a lavoro, ovviamente presso le OfficinMeccaniche Menighetti, doveva superare quel terreincolto. Chi di voi ha frequentato le periferie, con annecampi incolti, sa bene come questi attraggano la caccacane. Questo nulla sarebbe se anche le suole di scarpa nattirassero la suddetta sostanza. Deve essere una questio

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    di chimica, oltre che di destino. Il povero signoMazzoleni Mario, operaio, che un tumore al colon h

    portato via, un giorno s e laltro pure si ritrovava con suole delle proprie calzature sporche. Quella era la pameno brutta della cosa, il vero dramma era il ritornocasa con conseguente sgridata da parte della di lconsorte (donna allantica, che mai e poi mai avrebpermesso al di lei consorte di pulire da s la scarpa).

    Cos, un giorno, il signor Mazzoleni Mario, operaio, cun tumore al colon ha portato via, ha iniziato a tritarcocci di vetro e seminarli nel campo. Voi direte: ma cosi pu riempire un campo tutto tutto di vetri?. Seminoggi semina domani e vedi se in trentanni carriera presso le Officine Meccaniche Menighetti campo non si riempie. Poi cerano anche i week enddedicati alla semina. Be, se non siete dei tonti (e io so non lo siete se state leggendo questa storia), avrete gcapito che gli infidi vetri erano stati seminati sul terreper tagliuzzare le zampette degli abituali defecatori. Mquello era il minore dei danni prodotti: non bisogndimenticare quelli inflitti allorifizio meno nobiallintestino e al colon dei pi sventurati cagnolini ctrovavano del cibo nel campo. Non so se avete mai avuun cane. Io lho avuto e posso dirvi che quelle creature Dio stupide non sono e proprio per questo i quadruped

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    che bazzicavano da quelle parti deciseroche la citt grandee che un altro posto buono per svuotarsi lo si trova sempre . Quindi

    stettero alla larga da quel campo. Il tutto per la gioia dsignor Mazzoleni Mario, operaio, che un tumore al colha portato via (al lettore pi attento non sar sfuggito contrappasso: chi il colon ferisce, di colon perisce). Mquesta solo la prima parte della genesi del Campo. periferie sono terre di confine (altrimenti si chiamerebbein altro modo) e quando dei giovani virgulti videro fiorsu quel campo cocci di vetro, ben pensarono di passanotti intere a rompere bottiglie in quel terreno. Ma nosolo, la notizia arriv alle ben pi gentili orecchie dragazzini del centro citt che, pur avendo maniere asspi educate dei coetanei di periferia, non seppero resistealla tentazione di seminare vetro anche loro. E come gdetto, semina oggi semina domani

    Il Campo dei Vetri era diventato cos meta di ecoturismo: persone dalle citt limitrofe venivano con buscariche di vetri a dare il proprio contributo.

    Negli anni si erano avvicendate giunte comunali nessuna di queste aveva risolto lannoso problema. U volta, per esempio, un candidato sindaco, del quale nofar il nome per motivi di convenienza politica, tent farsi riprendere allesterno del Campo. Lui era caricaveva un discorso che era unabomba, avrebbe garantito al

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    pubblico che con lui seduto sulla prima poltrona della ciil problema sarebbe stato risolto. Gi contava

    mentalmente i voti (se fossi stato un cane randagio lav votato) quando il cameraman gli fece notare che non epossibile fare le riprese: il riflesso del sole sui veoffuscava limmagine. E cos la politica dimentic Campo dei Vetri.

    Ora, se non siete un cameraman o un candidatosindaco, non potete non rimanere affascinati dallspettacolo offerto da quel terreno frammentato di vetri. sole vi si riflette, quasi a volersi specchiare. Daltra pasembra che la nuda terra voglia sfidare quella stella c vicina al nostro pianeta. Pare dire: Son terra, ma bricome te e non causo tumori alla pelle, a differenza tua.

    Se Oscar Marzorati, detto stecco, fosse stato ancorminimante interessato alla bellezza, si sarebbe fermaqualche secondo dinnanzi a quello spettacolo. Ma aveva altro a cui pensare. Lultima volta che era stato quelle parti aveva comprato la droga da Alano. Il pusher , dopo aver intascato il denaro, si era recato nel campo, nosenza aver indossato un bel paio di guanti pesanti, e aveiniziato ad alzare sassi a casaccio. Alza qua, alza l, douna decina di minuti se nera tornato con una bustincontente una dose. Capire quale fosse stato il masso sotil quale laroba era conservata sarebbe stato impossibile

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    Alano aveva un soprannome da cane, ma di cervello naveva eccome (se cresci per la strada e sei a contatto co

    tossici qualcosa devi pure escogitare).Il piano di Oscar Marzorati, detto stecco, era queldi rovistare, anche tutta la giornata, nel campo, scovareroba, venderla (magari trattenendo qualcosa per s, ncaso il raccolto fosse andato bene) e con il ricavato pagaGratta-gratta.

    Entr in quella distesa di terra luccicante, incurante drumore del vetro che si frantumava sotto la suola delproprie scarpe e di tutto quello che avveniva intorno a lu

    Fuoco

    Michele Curcio, detto Mercalli, aveva dormito comun ghiro con una flebo diValium attaccata alla codapelosa. Di alzarsi dal letto non ne aveva la minimintenzione. Vi era attaccato, e non solo perch le gocce sperma del suo trastullo pre-sonno si erano seccatappiccando pigiama e lenzuolo fra loro. Era proprio chnon aveva voglia di andare a scuola. Passare cinque ore i banchi a far finta dascoltare i professori non era coquella mattina. E poi cera sempre la mezzoretta primquella dopo la lezione (senza scordare lintervallo, quinminuti circa) in cui tutti gli altri scolari passavano da lu

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    prenderlo per il culo. Non era mica colpa sua se soffrivatic. A loro poco importava e lo sfottevano.

    Le voci provenienti dalla Tv ruppero il silenzio nestanza. La mamma era sveglia e di l a poco avrebbe facapolino nella sua camera. Tanto valeva farsi trovare gsveglio. E poi doveva pulire il lenzuolo.

    Indoss il maglione che nonna Carla, che prima o podeve schiattare la vecchia rincoglionita, gli aveva regalaNatale precedente. Lo indoss, nonostante gli andassstretto. Per sua nonna aveva ancora dieci anni e noquindici. Ma prima o poi sarebbe morta anche lei e forqualche cosa lavrebbe eredita anche lui. Lo meritavindossava quel maglione solo per farla contenta (in realo faceva per non sorbirsi le prediche di mamma, mquesto meglio che la nonnina non lo sapesse)eccheccazzo!

    Si vest, ripul il lenzuolo e and in cucina. Detto cosembrano semplici operazioni. Probabilmente lo sono pmolti di voi. Ma se ti chiamano Mercalli perchqualche problemino motorio ce lhai. Michele Curcdetto Mercalli, non aveva un semplice tic allocchio olabbro o ancora meglio sotto le palle (meglio perchnessuno se ne accorge, non per altro). No, lui aveva mitic e quando si muoveva sembrava un ballerino di bredance fatto di crack che danza durante una scossa d

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    terremoto. Per farvi capire il suo dramma vi faccio uesempio: in classe lui aveva un banco singolo appoggi

    al muro poich i suoi movimenti convulsi lo spingevanoavanti. Avevano provato a metterlo in fondo, ma a fingiornata si ritrovava a ridosso della cattedra. Tanto valepens Nicola, bidello che se si fa i cazzi suoi forsemeglio, appoggiare il banco al muro, non prima di avmesso un po di spugna sul bordocos la parete non si rovina. Quel poverello di un Michele Curcio, detto Mercallitrovava sul fianco di spalle alla cattedra e quindi passacinque ore con il collo girato. Magari a voi che leggforse piaceva andare a scuola, ma credo che comunqucomprendiate come mai Michele Curcio, detto Mercalpoco gradiva alzarsi ogni mattina per sottoporsi a quetortura.

    Quel giorno niente scuola, aveva deciso. Sarebbe andaal Campo dei Vetri, era tanto che non ci andava. A lpiaceva guardare i piccoli frammenti che riflettevanoluce. Aveva anche pensato di andarci a vivere in qucampo. Nei suoi sogni si vedeva al centro del terrentutto pieno di tic (neanche nelle sue fantasie riuscivaliberarsi di quei movimenti convulsi). A un certo punto sole partivano tanti raggi che, rifrangendosi sui vetaccendevano tanti piccoli fuochi. E poi i piccoli fuocdiventavano grandi fuochi. E lui l, al centro, a scioglie

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    pian piano. A diventare un tuttuno con il fuoco. E vaffanculo mondo.Se non posso bruciare te, brucio me.

    A Michele Curcio, detto Mercalli, il fuoco piacevPortava sempre con s un accendino. Ci metteva un pofare il movimento giusto per accendere la fiamma, mquando ci riusciva

    Quella mattina sarebbe andato al Campo, ma prima sarebbe fermato a comprare un po di alcool. La busnera per la spazzatura lavrebbe presa da casa. E poi, fosse stato fortunato, avrebbe trovato un bel gattino pestrada, lavrebbe messo nella busta, gli avrebbe dato fuo

    Lo aveva fatto gi in passato e la cosa lo affascinasempre. Vedere il gatto impazzito, con le fiamme su perculo, correre per il campo lo faceva star meglio. E pcera leffetto che lui chiamavascia : i vetri disseminati suterreno riflettevano il fuoco in movimento, illuminandouno alla volta, per poi spegnersi appena il felinsallontanava.

    Be, se per un attimo scordiamo che il fuoco corrgrazie al gatto che ci sta sotto, non possiamo nonammettere che leffetto abbia un suo fascino.

    Quando Michele Curcio, detto Mercalli, arriv Campo dei Vetri, il suo morale era sotto i tacchi. Noaveva trovato un gatto, neanche uno. Aveva provat

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    anche vicino al pino grande, dove Rosa la gattara oggiorno lasciava dei papponi maleodoranti, ma nulla.

    Prima delluna e trenta a casa non poteva tornare, tan valeva sedersi e aspettare. Magari qualche gatto da lpassava pure (anche se non ne aveva mai visto uno dquelle parti. Colpa dei vetri, ovvio). Vide una grossa piein tufo dalla forma squadrata. Si lasci andare, ma il sculo non centr il masso. Essere coordinati quando si pieni di tic non cosa semplice. Ci riprov e le cose nandarono meglio. Si arrese e decise di rimanere per terappoggi la schiena al masso, ma i movimenti convulsicausavano un fastidioso sfregamento. Prese lo zaino e frappose tra s e la pietra, non prima di aver estratto dalsacca la busta nera e la bottiglia di alcool. Con lo schienle cose andarono meglio. Chiuse gli occhi. Il sonnsopraggiunse subito.

    Terra & Fuoco

    La fortuna una bestia, con il buco del culo rosso, chci corre sempre innanzi. Per quanto cerchiamo draggiungerla, la bestia sallontana.

    A questo punto della storia sar chiaro che OscaMarzorati, detto stecco, e Michele Curcio, dettMercalli, in comune nelle loro vite non solo avevan

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    avuto una nonna con lo stesso nome, ma anche lesseriusciti al massimo a vedere da vicino quel puntino ros

    (magari sentendone pure il puzzo) senza oltrepassarlo.Ora voi starete pensando che essendo tutti e due arrivaal Campo dei Vetri, inevitabilmente debbano incontrarE infatti cos stato.

    Quando Michele Curcio, detto Mercalli, si svegl vide un culo rinsecchito spuntare nel terreno. Ovviamenera il deretano di Oscar Marzorati, detto stecco, mquesto Michele Curcio, detto Mercalli, non potevsaperlo.

    Il corpo a cui quel culo era attaccato si muovevconvulsamente nel terreno. Si spostava da un puntallaltro senza apparente logica. Ogni volta che un sas volava via, quel corpo subito dopo si muoveva.

    Oscar Marzorati, detto stecco, inconsapevole dellsguardo di Michele Curcio, detto Mercalli, alzava osasso che gli capitasse a tiro e iniziava a scavare connude mani, in modo febbrile. I palmi ormai erano ducolore strano, a met tra il marrone e il rosso. Ebrillavano. Ma Oscar Marzorati, detto stecco, non sonon percepiva lo sguardo curioso di Michele Curcio, deMercalli, ma non sentiva neanche il dolore, tanto erasua frenesia. Era l da pi di due ore e non aveva trovaancora nessuna bustina. E prima o poi Alano sarebb

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    venuto a prendere qualche dose da vendere. Certo potevanche andar via e non correre rischi. Mai poi com

    avrebbe pagato Gratta-gratta?Questi erano i pensieri che scorrevano veloci sulautostrade formate dai neuroni di Oscar Marzorati, detstecco. Ben altre riflessioni impegnavano MicheCurcio, detto Mercalli. Prendete un ragazzo con dproblemi (uno che brucia vivi dei gatti tanto normale no), mettetegli in mano una busta nera per la spazzaturaun bottiglia dalcool. Supponete che abbia anche uaccendino in tasca (e noi sappiamo che ce lha) e che protanta delusione poich i propri programmi da re delgriglia sono andati in fumo. Allora, capirete pure che pMichele Curcio, detto Mercalli, quel culo era pi che degno sostituto del gatto.

    Se mi avete seguito con attenzione sin qui, avrete inteche Michele Curcio, detto Mercalli, bont sua, non ela persona pi agile e disinvolta di questo mondo. Quinse riusc a portarsi alle spalle di Oscar Marzorati, destecco, senza che questi se ne accorgesse, fu pi caltro per colpa del drogato.

    Michele Curcio, detto Mercalli, raccolse un sasso (nsenza sentire piccole schegge di vetro entrare nella propmano) e lo scagli con tutta la forza che aveva disposizione sul capo delluomo chinato innanzi a lui.

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    Il colpo non and a segno, per gli ormai famosproblemi del ragazzo.

    Oscar Marzorati, detto stecco, rotol su se stessoSchegge di vetro penetrarono attraverso il maglione nonna Carla, buonanima, e si conficcarono nella pelNon ebbe migliore fortuna il volto. Le mani erano grovinate da un pezzo.

    Quando vide il ragazzo che gli stava di fronte, la primdomanda che si pose non fu come mai quello sconosciuavesse cercato di colpirlo, ma invece si chiese perchtizio stesse ballando innanzi a lui. Ci mise qualcsecondo per intendere che quei movimenti non erano undanza, ma una serie di tic convulsi. Dei tic. Un catalogotic. Unenciclopedia di tic.

    Raccolse il primo sasso che scov e si ritrov contemplare una bustina bianca. Non ebbe il tempo driflettere su questa cosa, che il ragazzo si butt su di ludue iniziarono a rotolare uno attaccato allaltro.

    Oscar Marzorati, detto stecco, cercava di colpirMichele Curcio, detto Mercalli, ma il tic permettevaragazzo di schivare ogni colpo indirizzato al volto.

    Viceversa il ragazzo, per un puro gioco delle probabiliriusc finalmente a colpire con un grosso masso il suantagonista al capo.

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    Tossico, stremato dalle lunghe ore passate a scavasenza costrutto (e pensare che la maledetta bustina e

    sotto lultimo sasso), Oscar Marzorati, detto steccosvenne.Michele Curcio, detto Mercalli, tent di colpi

    nuovamente al capo il drogato, ma soltanto un terzscarso dei suoi colpi and a segno. Furono comunqusufficienti a spedire tra gli angeli benedetti del SignoOscar Marzorati, detto stecco.Inebriato dal successo, raccolse la bottiglia con lalcooinizi a versarne il contenuto sulla sua vittima. Lalcoformava dei rigagnoli sul terreno (pieno di vetri) chinsozzava il corpo di Oscar Marzorati, detto stecco. Pche un uomo, sembrava una di quelle opere di sabbia cqualche volta si vedono in Tv. Solo che questa volta scultura era di terreno e luccicava.

    Prese laccendino dalla tasca, accese un fazzoletto carta che aveva con s e lo butt sul corpo che presimmediatamente fuoco.

    E la magia inizi. I piccoli frammenti di vetro che erasparsi sul terreno presero vita e iniziarono a luccicarMichele Curcio, detto Mercalli, non sapeva dovguardare. Il suo sguardo passava dal corpo al terreno. suo collo si muoveva come quello di un arbitro dunpartita a tennis. Destra - sinistra. Corpo - terreno.

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    I suoi occhi si riempirono di fumo e lacrimaronoLodore della carne era nauseante. Ma quello era sen

    dubbio il momento pi bello della sua vita. Anche percfu lultimo.Ho avuto gi modo di dire come Alano non fosse un

    stupido. Quindi ci mise poco a capire che quello stranragazzo che stava ballando in modo convulso aveva dafuoco allaltro. Sempre perch non era uno stupido, aveben chiaro il motivo: la sua droga. Non era forse una desue bustine quella che si vedeva a qualche metro distanza dal corpo? Non era uno dei suoi clienti, ma forlui e il suo socio bruciacchiato lavevano visto nascondla droga l al Campo dei Vetri e poi lavevano cercata. U volta trovata si erano azzuffati e il ragazzo (ma percindossava quel maglione stretto?) aveva pensato bene dar fuoco al suo ex socio. Certo che doveva esser un du(o un pazzo) perch non solo era rimasto l a guardare spettacolo, ma stava anche ballando.

    Il coltello di Alano non prov nessuno scrupolo quandpenetr nella schiena di Michele Curcio, detto MercalNonostante il duro colpo inflitto, il ragazzo continu sua strana danza. La cosa fece innervosire Alano, che nera uno stupido e neanche un tipo paziente. Si accan co violenza sul corpo del ballerino (oramai per lui eballerino) finch questi non smise di danzare.

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    Il calore emanato dal fuoco era insopportabile, cocome il fetore di carne bruciata. Ladrenalina girava a m

    nel suo corpo. Vomit. Vomit sul maglione che nonna Carla, che prima o pdeve schiattare la vecchia rincoglionita, aveva regalatosuo nipotino.

    Quando smise di rigettare la colazione, Alano si pulbocca con il polsino e si pieg a raccogliere la busticontente la droga. Al contatto con la mano, la plasticincandescente divent un tuttuno con la pelle. Alanlanci un urlo degno del proprio soprannome e sallontan dalla scena del delitto.

    Una colonna di fumo salzava dal campo e pareva quuna grande freccia grigia che indicava il punto in cui scempio era stato compiuto. Il fuoco, spinto dal ventodivor tutto ci che cera sul campo: erba secca, cartacbottiglie e buste di plastica. La sua era una marcia lenta implacabile, che nulla poteva fermare. Il fuoco unscarlatto e rude predatore con gambe agili e bocca grosLa terra una bruna e grassa matrona con il cuorgeneroso. Cos diversi tra loro non poterono non amarsperch lamore dare e prendere. Qualcuno d di piqualcuno prende meno. Ma sempre e soltanto dare avere e, soprattutto, non presentare mai il conto. Perchahim, il conto arriva sempre alla fine e, quando te

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    ritrovi tra le mani, ti rendi conto che altro non che unlista di pietanze insipide o, al pi, inacidite, con accanto

    prezzo.Ma per terra e fuoco non era ancora il tempo dguardarsi indietro. Era il principio. E allinizio tuttopassione e tutto arde, senza bisogno dinganni e/ocompromessi. Cos chi arriv al campo, prima chlincendio si fosse spento, parl duno spettacolstupendo. Terra e fuoco uniti insieme a creare uno straneffetto: un cielo marrone pieno di vitree stelle luccicanti

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    Lati di Fabrizio Cadili e Marina Lo Castro

    Il tenero fogliame riusciva ad attutire il calpestirregolare dei piedi scalzi, ma non il respiro affannato Vigore, che attraversava il bosco a passo sostenuto. eccezione di un elmo romano con tanto di cresta, che rendeva pi alto di trenta centimetri abbondanti, era nudciuffi di capelli castani bagnati attaccati al collo da sude sporco, barba ispida, lunga e incolta, piedi sudici.

    La prossima volta ci incontreremo dove dico ioborbott, appoggiandosi alla lunga lancia che usava combastone.

    La foresta sembr rispondergli con unimprovvisa foladi vento. Le fronde si mossero e con esse le chiazzassolate che illuminavano le foglie cadute, in usemovente mosaico di chiaroscuri. Un raggio colp Vigoal volto, abbagliandolo e facendolo incespicare.

    Maledizione! imprec, lalluce destro dolorante limpatto contro una radice. Si ferm a contemplarla pun lungo momento, prima di sradicarla irosamente con lancia. Tutto questo inutile! Inutile e stupido!

    Le parole rimbombavano ancora nel bosco mentr Vigore riprendeva ad avanzare, con incedere or

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    implacabile e pesante. Gli animali fuggivano al spassaggio e persino gli alberi sembravano spaventa

    diradandosi fino a scomparire del tutto in una piccoradura assolata. Lerba era corta e regolare come fosstata appena tagliata e il lago al centro, cinto solo qualche cespuglio e una coppia di salici piangenti, parelo scenario ideale per un giro in barca di innamora Vigore contempl il paesaggio e sput a terra il sudisgusto, prima di sedere scomposto su una pietra conficcare la lancia nel terreno soffice ai suoi piedi.

    Sopracciglia contratte e pugni serrati sulle cosce, rima contemplare i riflessi del sole baluginare sullacqincrespata del laghetto, prima di scattare in piedi. Nsolo mi hanno fatto arrivare qui, ma sono anche iritardo!

    Un fruscio alle sue spalle lo port per ad afferrare lancia e puntarla verso un cespuglio.

    Quanta impazienza ud tra le foglie.Un uomo alto e magro emerse dal verde, spostando co

    una mano una ciocca bionda dagli occhi. Con laltrsollev la lunga tunica bianca che indossava e, superacon attenzione ci che rimaneva di un albero abbattutraggiunse Vigore.

    Calma, calma. Non vorrei che con la tua irruenzfinissi per trafiggermi continu il nuovo venuto, liscian

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    la stoffa. Portava a tracolla una gonfia borsa di stofscura e, ai piedi, comodi calzari di cuoio.

    Vigore lo guard torvo. Genio. Sei in ritardo infilznuovo il terreno con la punta della lancia e torn a sederE capisco perch. Come fai a muoverti, con addosso qusacco? Nessuno si vestirebbe a quel modo, troppscomodo.

    Genio si guard intorno, fermandosi un momento su Vigore e scotendo il capo con disapprovazione. Poi, senrispondere, torn sui suoi passi. Il tronco abbattuto erstato segato e alcuni dei rami ridotti in ciocchi. Geniochin, analizzandoli pragmaticamente uno per unoscartando i pi irregolari a favore di quelli lisci e uniform

    Vigore batt il piede sul terreno. Non mi ascolti! come se non bastasse, gli altri sono in ritardo!

    Sai bene che loro impiegano pi tempo a prepararstent di rabbonirlo Genio, sorridendo pi ai legni chsoppesava che al suo interlocutore. Vigore sbuff e torna sedere, lancia infilzata nel terreno e mento poggiatopugno.

    Genio scroll le spalle mentre portava vicino alla pietsu cui laltro era seduto tre piccoli ciocchi uniformi. contempl, incrociando le braccia al petto, ma gli occarcigni di Vigore fissi su di lui sembrarono calamitaresuo sguardo. Va bene si arrese Genio, lasciando cad

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    le braccia lungo i fianchi. il caso che iniziamodiscuterne, suppongo.

    I tendini del collo di Vigore si gonfiarono mentre, comun felino, balzava in avanti.Non c nulla di cui discutere! Conosci la mia rispo

    No! E no, non ho cambiato idea! E non riuscirai confondermi, come hai fatto lultima volta! Si straplelmo e lo lanci lontano, lasciando che i cespugli ingoiassero. Poi, con stizza, impugn la lancia e inizitrafiggere laria.

    Genio trasse un lungo sospiro e, scotendo il capo, chin sui tre ceppi.

    Io non voglio confondere nessuno. Dobbiamodecidere tutti insieme cosa sia meglio per noi, ma tu nsei capace di ragionare sulle cose. Sei troppo impulsivCon le lunghe dita affusolate, strapp alcuni ciuffi di ertenera e scav nella terra, prima di affossarvi i tre troncin verticale. Li contempl massaggiando il mento rasatoallungando indice e pollice della mano destra, calcoldistanze. Quando fu sicuro che formassero un triangolequilatero, annu. Ora servirebbe qualcosa di incavato.

    Vigore smise di agitare la lancia, le pieghe furiose volto addolcite in unespressione di dubbiosa curiosit.

    Ma che stai facendo?

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    Dobbiamo discutere e io vorrei farlo seduto in uposto comodo spieg Genio, dirigendosi di nuovo

    tronco caduto e raccogliendo un pezzo di robustacorteccia lievemente concava. Questa andr bene. Tornato ai ciocchi, sfil dalle spalle la sacca, la depose

    suolo e, con delicatezza, la dischiuse. Inser la mano estrasse con sicurezza un piccolo martello e una manciadi chiodi scuri. Sotto lo sguardo allibito di Vigorinchiod in pochi istanti la corteccia ai tre tronchi, dandforma a uno sgabello.

    Genio sorrise e vi si sedette soddisfatto, saggiandone robustezza con brevi movimenti delle anche. Che ndici?

    Vigore si gratt la barba ispida e dischiuse le labbra pdire qualcosa, ma un rumore di rami spezzati gli fesollevare il capo come un cervo nel percepire un pericol

    Chi l!? url roco, avanzando nella radura, i pinudi affondati nellerba e le braccia salde mentpuntavano la lunga lancia in avanti.

    E chi pensi che possa essere? lo canzon Geniseduto comodamente sulla sua nuova creazione.

    Dalla boscaglia emerse, con un balzo, una pantera dmanto scuro e lucente. Dietro di lei un uomo, il capo pmet arruffato per met ben pettinato, si fece largo finallo stagno e vi si ferm di fronte.

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    Vigore sbuff e torn sui suoi passi, poggiando lschiena e la lancia a un albero; la pantera lo seg

    mollemente, superandolo fino a raggiungere i piedi Genio. L, stiracchiate le forti zampe, si accoccosullerba, arricciando la coda serpentina intorno al corpoassopendosi con un sommesso mugolio.

    Genio la contempl rigido e solo quando i respirfurono lenti e regolari sembr rilassarsi.

    Accavall le gambe con scioltezza. Bene, ora ci siatutti.Le sopracciglia di Vigore si flessero corrucciate. S

    sono arrivati in ritardo! Possibile che non siano maffidabili!?

    Non urlare! sibil Genio. Si mise in piedi e mossebraccio finch luomo accanto al laghetto non lo not. Gfece cenno di avvicinarsi e torn a sedere. Indecisioneprego continu non appena quello si fu unito a loro slimitare della radura. Non capita sovente che io sdaccordo con Vigore, ma devo ammettere che lsituazione richiede una certa fretta.

    Indecisione fece spallucce. Mi dispiace, ma non sapeche mettere spieg, mostrando lelegante smoking neche gli fasciava la parte superiore del corpo. Ci cindossava alle gambe, per, non si abbinava al compleerano comodi pantaloni da ginnastica, blu con due stris

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    bianche sui lati. Anche le scarpe non erano accoppiatepiede sinistro ne calzava una sportiva, il destro una luci

    di cuoio nero.E alla fine hai deciso per questo? Bella sceltcomplimenti! rise Vigore.

    Si chiama Indecisione, cosa pretendevi da lui? comunque il suo abbigliamento certamente preferiballa tua nudit intervenne Genio squadrando il corpnudo di Vigore e distogliendo lo sguardo con una smorf barbarico camminare a quel modo. Barbarico osceno.

    A me bastano la mia lancia e Si pass una mano i capelli, ricordando solo allora di aver lanciato viacopricapo. Si affrett ad andarlo a riprendere, tuffandotra i cespugli e riemergendo con lelmo in testa. Impette incurante della cresta spelacchiata, Vigore torn daaltri due e, estratta di nuovo la lancia, infilz laria. Quisi volt soddisfatto verso Genio, sopracciglia e un angodella bocca sollevati. E il mio elmo riprese soddisfaE poi, da che pulpito Guardati! Come fai a muoverse hai sempre paura di sporcare quel sacco bianco? Tlaltro, si vede a distanza che scomodo rise, sfidanlira di Genio, il cui volto si adombr.

    Indecisione si frappose tra di loro, allargando le bracciVi prego, non litighiamo piagnucol.

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    Genio distese il viso e lasci che le parole in gola tramutassero in un profondo sospiro. E mi capit

    raramente di essere daccordo anche con te, IndecisionHai proprio ragione, per una volta: oggi siamo qui per fauna scelta, non per litigare. Trova un posto a sedere, prego. E tu, Vigore, vuoi per piacere mettere giquellarma, una buona volta?

    Seppur fremente, Vigore torn ad appoggiarsi allalbeconficcando la lancia al suolo. Tutti tacquero e, nsilenzio, gli unici rumori che si udirono furono il respiregolare della pantera e i passi leggeri di Indecisione, chspostava dalla pietra su cui era stato seduto Vigore tronco disteso alle spalle di Genio.

    Fu questultimo a riprendere il discorso. Allordecidiamo una volta per tutte. Dentro o fuori?

    Se parlassi in maniera normale, ci capiremmo meglifaremmo pi in fretta lo rimbecc Vigore. Per fuointendi no? Perch, se cos, io non ho molto altro daggiungere. Non cambio idea, te lho detto! Non sar mdaccordo! rugg, poggiando la mano sulla lancia.

    Genio gli lanci unocchiataccia, fermando la sua azioe facendolo tacere. Attese che Vigore ritornasse incrociare le braccia prima di schiarirsi la voce.

    Siamo qui per votare e giustificare la nostra scelta. non vi d fastidio, vorrei iniziare per primo.

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    No! Inizier io! batt il piede Vigore, facendo rotegli occhi a Genio.

    Ancora in piedi tra loro, Indecisione si grattava la testafissava i due possibili luoghi in cui accomodarsi. Sedequi e riposare il fondoschiena, o l e poggiare le spallemormorava.

    Ma fammi il piacere! Siediti da qualche parte, o ti bunel lago! sbott Vigore.

    Non abbiamo tutto il giorno, lhai detto anche tu. Puoper una volta, deciderti su qualcosa? aggiunse Genquasi alterato. Socchiuse gli occhi e attese qualche istaprima di aprirli di nuovo e riprendere a parlare. Pfavore, Indecisione, prendi posto qui vicino a me indicpietrone levigato.

    Indecisione, dopo un lungo momento durante il quale lavorio del suo cervello fu quasi udibile, annu e sedet Ai loro piedi, la pantera emise un mormorio assonnatcambiando posizione del capo.

    Genio guard il felino di sottecchi mentre si rivolgegentilmente a Vigore. Inizia pure, se ti pu far piaceMa con calma disse chinando il capo conciliante.

    Vigore si fece avanti, pugni sui fianchi e petto in fuoAllora, io dico di Si blocc per guardare Indecisioche si alzava dalla pietra piatta e andava a sedere sul prapoggiando la schiena al tronco. Genio scosse il capo

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    con la mano, gli fece cenno di continuare. Dicevo non sono daccordo! Avete ben presente il guaio nel qua

    ci stiamo per infilare!? Avete una minima idea di ci ccomporter per il nostro futuro!?Genio annu, giocherellando con il martello. S,

    labbiamo. Non ripeti altro. Il tuo un discorso chabbiamo sentito anche troppe volte. Ci vuole unmotivazione concreta e tu non ne dai nessuna.

    Gli occhi di Vigore divennero due feritoie sottili. Zittu! Anchio so come la pensi, quindi non sto parlando cte! ringhi, spostando lo sguardo su Indecisione, cintanto cambiava nuovamente posto a sedere.

    E ti aspetti di avere un dialogo con lui? rise Genio. nuovo, locchiata furente di Vigore lo fulmin, tanto dspingerlo ad alzare le mani in segno di resa. Va bene, bene, come vuoi. Facciamolo parlare, se pensi davvero cpossa servire. Mantenne lespressione seria per poco: naveva ancora terminato la frase che di nuovo le labbra si piegarono in un sorriso mal celato.

    Vigore si pass una mano sul volto, stropicciando sopracciglia folte. Tu, Genio, non capisci Non riesccapirmi! brontol, abbassando lo sguardo sui propri pienudi. Mugugn qualcosa prima di sollevare la testa scatto, gli occhi di nuovo fiammeggianti su Genio. H

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    idea di cosa successo laltro giorno!? Mi stato vietatocamminare scalzo!

    Il pavimento era bagnato, sporcavi. E poi a furia andare in giro cos, prenderai freddo, ti ammalerai e In un istante Vigore brand di nuovo la lancia e glie

    punt contro, zittendolo. Sporcavo casa mia! url. mio diritto! Non pu darmi ordini su cosa fare e cosa nofare a casa mia!

    Ma se abbiamo delle fantastiche scarpe per casperch non usarle, dico io. Genio lo squadr di nuovcon disgusto. Fosse lunica cosa rivoltante che fai comunque io sono daccordo con lei: camminare scalzda bestie.

    E io lo voglio fare! E hai ragione: fosse solo questo! ordina anche di lavarmi, farmi la barba Mi dice coindossare! Non si possono tollerare ordini del genere, guerra!

    Ma quale guerra sospir Genio. Sollev di nuovo umano, ma questa volta per fermare Vigore. Basta, hdetto la tua. Tu invece? Che hai da dire?

    Indecisione, che alla fine era rimasto in piedi di fronteloro, li guard, gli occhi che saltavano dalluno allaltro.

    Secondo me ha ragione: non pu decidere per noi.

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    Se non gli avessi fatto cambiare idea, a questora saretutto sistemato! E saremmo liberi! url Vigor

    spintonando Genio e facendolo barcollare.Genio riacquist lequilibrio e lo fronteggiricambiando la spinta ma riuscendo appena a farlondeggiare. Sistemato cosa? Liberi da chi? Sei talmeostinato Stai rovinando tutto!

    Eh s, colpa di entrambi borbott Indecisionfissandosi le scarpe scompagnate e subendo gli insulti Vigore e i sospiri di Genio.

    La lite continu, con toni sempre pi aspri, e la pantesocchiuse un occhio mentre la coda iniziava a frustalerba.

    Marco?Un uomo con una lunga tonaca color panna mi fec

    tornare in me. Mi guardava dritto negli occhi, con le siridi cerulee. E non era il solo, lo sapevo. Sentivo su di mgli sguardi di tutti e mi maledissi quando non resistetti atentazione di voltarmi. Venni investito da una moltitudindi espressioni, occhiate, gesti. La maggior parte dpresenti era confuso o immobile, in una sorta di statemporale. Altri, per, sembravano capire cosa mpassasse per la testa. Tra tutti Giacomo, il mio testimonrideva sotto i baffi impomatati. Seduta tra zia Lidia

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    nonna Maria, notai mia madre: aveva gli occhi pieni lacrime. Chiedendomi se fosse per emozione o paur

    tornai a guardare avanti.Mi scusi, padre dissi imbarazzato, sforzandominon far trasparire il fastidio dovuto dalla compressionecui il mio povero alluce destro era sottoposto, rinchiuso quelle dannate scarpe.

    Marco? la voce di Marta, accanto a me, era appenasussurro.Mi voltai verso di lei. Comera bella, in quellabbianco come ilbouquet di gelsomini, rose bianche emughetto che il tremore delle mani faceva ondeggiare.sorriso che mi rivolse non riusc a celare la sua tensionper un lungo momento tutto ci che riuscii a vederfurono i suoi occhi azzurri, sgranati.

    Padre Matteo mi riport ancora una volta al realschiarendosi la voce. Attese di essere certo di avere la mattenzione, prima di ripetere la domanda. Marco, vuprendere in sposa la qui presente Marta?

    Sentii ancora la confusione in testa. Il mio lato burbemi gridava un No! implorante. S, suggeriva invemio lato pi pratico. Su tutto sembrava vincere la mindecisione. Era sempre stato il mio lato peggiore, difetto pi grande che mi portavo dietro sin da bambino.

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    Di nuovo mi resi conto di essere rimasto in silenzio questa volta non poteva di certo passare per un moment

    di emozione. La chiesa divenne una sinfonia di bruslodore di incenso e di fiori si mescol in un aromdolciastro e nauseante. Mi sentii male. Chiusi gli occhrespirai a lungo, rievocando nella mia mente la panteramio lato istintivo.

    Il felino si dest, stiracchiando le grandi zampe neremostrando i lunghi artigli bianchi e uncinati. Sollevcapo al cielo, salutandolo con un ruggito che divennsempre pi chiaro, fino a trasformarsi in un esplicitsuggerimento. No, in un comando.

    Didi s! mi ordin.Riaprii gli occhi e sorrisi al mio istinto: riusciva sempr

    farmi compiere la scelta giusta.S, lo voglio scandii, prima di baciare Marta.

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    Bamboo

    di Linda Bartalucci

    Osservo il bicchiere semivuoto. So benissimo che tutil brandy ingurgitato negli ultimi mesi non mi giova cealla salute, ma non riesco a farne a meno. Mi verso ancodue dita generose del liquido scuro, forte, intenso. Il mfegato mi prenderebbe a calci se solo potesse.

    Alcuni giornali poggiati distrattamente sulla scrivanUn moto di rabbia improvviso: li getto a terra. Li ha sicuro comprati Margareta per farmi leggere chiss qu vaniloquenti elogi sui miei ultimi libri. "Best-sellers",sempre odiato quella parola sassone, straniera, aridMilioni di copie vendute, incassi favolosi: un autocontemporaneo all'apice del successo.

    Sono condannato e nessuno lo sa.

    "La figlia dell'Olmo", "La vendetta del dio Platano"Salici"... Quante piante avevo in mente? Quali trauinfantili frotte di psichiatri da quindicinale mi avevaanalizzato? Sono stato sempre un caso editoriale con mia silvana monomania, ma chi avrebbe potut

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    immaginare la realt? Non certo io, io che credevnell'ispirazione, nell'umana elevazione attraverso

    scrittura. Attendo paziente che il fato avvenga, ma non riesc

    ancora a capacitarmi di come posso essermi dimenticaper tanti anni del Giardino Orientale ed essermi imbattusolo sette mesi fa in Ala. Ho settantotto anni, giusto ciesettantotto anni e quella ragazzina ne dimostra ancoquindici.

    Quindici, come allora, e, probabilmente, come sempre

    Lascio perdere il brandy. Sono le dieci, tardi, l'ora whiskey. Se devono arrivare mi troveranno ben beubriaco.

    Mentre scivolo velocemente fra le braccia di un Morfmaligno e sardonico avvolto dall'odore rancido del fumdei sigari, miei unici compagni di tutta la giornata, e vapori dell'alcool, rivolgo uno sguardo obnubilato alspathiphyllum nel vaso decorato posato su un'eleganmensola del salotto. Le sue foglie lussureggianti e quesorta di strane infiorescenze bianche mi riportand'incanto all'adolescenza e a quei ricordi tanto a lung

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    sopiti.

    Mia madre mi aveva presentato la sua amica d'infanzla signora V. e sua figlia. C'era il sole, era un calpomeriggio del maggio del 1935. Un'ottima stagione pfare nuove amicizie, una domenica da non dover passasui libri. Probabilmente ero pi entusiasta di non dovdeclinare i soliti stantii nomi latini che di fare nuoamicizie. Avevo gi i miei compagni e perfino un amoregiovanile, spensierato, non necessitavo certo delle figdelle decrepite conoscenti di mia madre. Immaginavo dover restare tutto il tempo seduto nell'elegante, mfreddo, salotto di un'antica villa; sorseggiando un t bergamotto mentre Ala, questo il nome della tantdecantata ragazzina, avrebbe suonato il piano fra gli eldi una donnetta troppo infatuata per rendersi conto dellscarso talento della sua del tutto normale bambina ecomplimenti flautati di un'amica, mia madre, troppbeneducata per evidenziare le eventuali stonature.

    Ero un ragazzino molto intelligente, parecchio spavalde troppo, troppo scettico.

    Fu tutto prevedibile fino al t, anche se non abergamotto, ma semplice. La signora Eunice V. chiam

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    Ala per presentarcela e la ragazza entr in salotto. Se nfossi stato preavvertito avrei pensato che fosse u

    maschio, coi calzoni corti, le ginocchia sporche d'erbacapelli tagliati cortissimi e una camicia a quadreCredevo di trovarmi davanti una batuffolosa bimba itreccine e mi sorpresi a fissare quel sorriso fiero, qu virile. Mi avvicinai per stringerle la mano e notai che pi alta di me di parecchi centimetri ed era magrmagrissima, flessuosa come un giunco.

    - Stavi ancora giocando fuori? Ti avevo detto che sarebbero stati ospiti questo pomeriggio...

    La voce della signora Eunice era piuttosto dura tagliente.

    - Chi se ne frega degli ospiti! Ce l'ho gi un ospite, io!

    Lo schiaffo risuon secco, misurato, preciso. Erinammissibile, in una casa tanto signorile, a met deanni trenta, un comportamento cos maleducato sfrontato.

    - Forse dovremmo andarcene...

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    Mia madre si sentiva a disagio in quell'atmosfera tema, inaspettatamente, fu proprio Ala a risolvere

    situazione: mi afferr saldamente una mano e mi strattonfuori dalla stanza.

    - Dai, forza, visto che sei qui tanto vale che tu mi facccompagnia, lasciamo le "signore" a parlar male di me! Acome ti chiami?

    Non ebbi il tempo di risponderle che gi, trascinato dfiume in piena della sua giovanile euforia, mi trovimmerso in un verde sfolgorante, abbacinante: ero staintrodotto nel Giardino Orientale.

    -I... Io mi chiamo, chiamo...

    - Ah, vedo che sei rimasto incantato. Anche a me quesposto ha fatto lo stesso effetto la prima volta, sai?

    Le rivolsi un sorriso intimidito, ero sempre stato tantspavaldo ed ora non riuscivo neppure a presentarmi. Mricambi con una smorfia allegra e notai una goccsmeraldina sull'angolo sinistro della bocca.

    - Penso che il mio nome tu lo conosca, tua madre ti av

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    parlato di me, no? Piuttosto, hai qualcosa di verde accanalle labbra, dove sei stata schiaffeggiata.

    Lo sguardo le si incup mentre si puliva col dorso demano. Vidi che continuava ad avere delle perle verdastappena percettibili.

    - Ma cos'hai?

    Invece di ottenere risposta Ala mi fece vistare la giunordinata, fantastica, esotica dell'immenso giardino desua famiglia. Mi indic variet infinite di piante, fiomeravigliosi esempi della variet della natura.

    Ero immerso in una favola senza tempo.

    Ala sembrava perfettamente a suo agio immersa in uambiente quasi magico ove non si udiva altra voce chesua mentre io, sbalordito, stordito, ascoltavo le infinileggende sulla creazione di altrettante variet di petalboccioli. Mi stavo del tutto perdendo, smarrendo, in u vortice verde.

    La sera ci colse all'improvviso. Non riuscivamo credere che il tempo fosse passato tanto velocemente.

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    - Beh, ora che torni da tua madre...

    - Ala?

    - Si?

    - Hai ancora una piccola crosta sul viso.

    - Ti stai chiedendo perch verde?

    - Ma, ma cos'?

    - E' sangue, il mio sangue!

    - I tuoi genitori sanno...

    La ragazza mi fece cenno di tacere.

    - Se mi giuri di non parlarne ad anima viva ti racconun piccolo segreto.

    La curiosit mi vinse immediatamente: giurai.

    - Quella l non mica mia madre, sai? Io non son

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    neppure nata in questa zona: mi hanno adottata!

    Lo stupore mi si dipinse in viso, ma tentai di assumeun'espressione ugualmente disinvolta.

    Ala rise.

    - Torna a trovarmi, ti prego, e saprai cose meraviglioche non immagini neppure; solo, ricorda: mai svelare nua nessuno!

    Ci salutammo l, sulla porta della grande vilcinquecentesca che, non avevo notato entrandovi, avevcome simbolo della decaduta signoria V. uno stemmformato da fitte canne intrecciate.

    Passai tutta l'estate nel giardino orientale insieme ad AOgni giorno mi narrava eventi inimmaginabili che, vistamia pubert, ritenevo fossero solo un gioco di fantasia cui la giovane mi coinvolgeva per trascorrere i capomeriggi. Pensai che la macchiolina verde del primgiorno fosse solo un banale trucco per stuzzicare la mcuriosit: era chiaro che non doveva incontrare molcoetanei e non aveva saputo trovare altro mezzo pe

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    indurmi a tornare.

    Erano storie strane, esotiche, in cui si miscelavansapientemente situazioni oscure e macabre con riti indiasulla fertilit e nozioni di una botanica malata, contor Ala sosteneva di essere stata concepita da una povecontadina slava che aveva subito una sorta dinseminazione artificiale; era certa che i suoi sedicegenitori fossero, in realt, membri di una specie di semillenaria dedita alla conservazione di una specie pantica dei dinosauri stessi. Sarei rimasto ore ad ascoltaraccontava cos bene quel cumulo assurdo di frottole. Cmai poteva solo pensare, allora, nel 1935, a laboratoprovette, gravidanze geneticamente programmate?

    - Sono i Senza Tempo... Venivano chiamati in questmodo dalle popolazioni celtiche del 300 A.C.

    - Dai, Ala, non scherzare! Queste leggende sono sensenso! Non ho mai sentito parlare di questo popolomisterioso!

    Sarebbe stato impossibile scalfire le convinzioni demia mascolina amica. Per lei era lampante che tutta storia passata del suo immaginario popolo era stata cela

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    ai pi, raccolta solo da pochi eletti incaricati di preservla specie dall'estinzione.

    - Hanno bisogno di simbioti per vivere! Dopo la lorevoluzione dalle piante hanno sfruttato i grandi rettili siall'estinzione, poi hanno intaccato l'evolversi delscimmie. Utilizzano solo le razze pi resistenti, quelle meglio si adattano al loro bisogno di spostarscomunicare, creare arte e cultura. Nel corso di millensono divenuti una delle specie pi raffinate e decadenmai esistite.

    Con quelle affermazioni aveva messo immediatamenttacere i miei leciti dubbi sul perch non avessero usufrudi scarafaggi e scarabei. Certamente c'era parecchia lognei suoi soliloqui.

    Ala era convinta di essere posseduta da una di quelarboree entit. Nelle sue vene scorreva clorofilla e cibava quasi esclusivamente di composti a base di acqazoto, potassio e quant'altro fosse necessario alla pianche era in lei.

    La lasciavo discorrere fingendo un profondo interessEffettivamente mi divertivo moltissimo con lei; oltre

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    racconti passeggiavamo nel grande giardino osservandosbocciare di fiori profumatissimi e dai colori pi

    stupefacenti e, giorno dopo giorno, sentivo di provare upoco d'affetto per quella creaturina sparuta, pallida, tanalta quanto stravagante.

    Stava sempre al sole, cara dolce Ala, certa che i beneraggi giovassero alla sua salute pi che a qualsiasi aessere umano.

    Fu mia madre a proibirmi di continuare a frequentare famiglia V. dicendo che, da quando ero amico della lostramba figlia, ero dimagrito, incupito ed ero diventanevrotico ed irascibile.

    Quando me lo fece notare mi sorpresi a darle ragionNonostante rimanessi ore ed ore al sole con Ala non eraffatto abbronzato, il mio colorito era leggermentgrigiastro e mi irritavo spesso per dei nonnulla.

    Andai a visitare la famiglia V. per l'ultima volta. Voldare alla ragazza una spiegazione quantomenconvincente del perch non dovevamo vederci per un pola scuola, gli impegni; avrei trovato un argomenconvincente.

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    La signora Eunice mi salut con molta pi freddezz

    del solito. Notai con disagio che aveva le punte dpolpastrelli della mano destra leggermente, appenpercettibilmente, macchiati di verde. I movimenti dedonna erano tutti tesi a nascondermi quelle macchie, mper aprire la porta a vetri che immetteva sul giardino si tradita.

    Poteva essere qualsiasi cosa: vernice fresca, inchiostallora perch il cuore mi batteva tanto forte?

    Incrociai lo sguardo severo e quasi adirato di lei: sapeche io sapevo? Ma cosa, COSA, giusto cielo, io sapevo?

    Fortunatamente la figlia mi venne subito incontro e mtrascin nel nostro caro rifugio. Il giardino orientale edivenuto per me quasi una seconda casa.

    Osservai il visetto smunto della mia cara amica e vquello che immaginavo gi di trovare: c'era un'improntacinque dita su una gota e, in alcuni punti, segninequivocabili di graffi di unghie signorilmente troplunghe per non lasciare traccia anche con uno schiafpoco potente.

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    - Ala?

    - Credo che faresti bene a non venire pi. Tua madre lamentata del tuo cattivo stato di salute. Pensa chrimaniamo troppo al chiuso. E' una fortuna che tu non labbia parlato di quanto stiamo all'aperto, altrimenti sarebbe insospettita. La signora Eunice teme che tu posaver scoperto qualcosa... Vedi, c' un piccolo problemche non ti avevo menzionato... Io, ecco, io...

    Sembrava cos spaventata, cos fragile. Potevo quaintravedere il suo seno in boccio palpitare affannato sotla camicia di cotone. Temeva che mi sarei offeso con rivelazione che stava per farmi?

    - Mi hanno costretta... Non ti avrei mai fatto del malma...

    - ...Ma cosa, Ala, ma cosa?

    - Dovevo solo fare amicizia con te, null'altro, ti avrtenuto un poco accanto a me e poi ti avrei lasciato andarma mi hai ispirato cos tanta fiducia... Ho perfino credudi provare affetto per te. Ti giuro, ti giuro, non ti avrei m

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    mai fatto del male!

    La voce tagliente alle nostre spalle fece fare urepentino scatto all'indietro alla ragazza, mentre io quurlavo di terrore: la signora Eunice con un viso molto ptagliente del normale, con due iridi malignamensmeraldine come mai le avevo viste in un essere umanosoprattutto, con artigli affilatissimi ed adunchi come canessiccate, mi stava letteralmente ghermendo alla vita.

    - Non ti avrebbe mai fatto alcun male, piccolo umanma potrei sempre fartene io!

    Svenni. Fui poco eroico, molto infantile: svenni.

    Ripresi i sensi su un glaciale tavolo di marmo. Esaldamente legato ai polsi e alle caviglie con lacci di cuRiuscivo solo ad alzare malamente la testa. Un ronzio, rumore fastidioso e continuo si stava facendo sempre p vicino alle mie orecchie. Scorsi, in un angolo poco lontada me la figuretta rannicchiata e piangente di Ala. Riuperfino a vedere il colore acquamarina delle sue lacrimpoi un dolore lancinante all'orecchio destro, dopo ancoil nulla.

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    Fui ritrovato privo di sensi in mezzo al pantano vicincasa mia. Fradicio, sporco, mi avevano portato a casa fra

    urla di mia madre e lo stupore allarmato di mio padre. Mdissero, dopo che mi fui riavuto dall'attacco di polmoniche mi aveva quasi stroncato, che erano passati ben sgiorni da quando ero uscito per recarmi a villa V. a quanmi avevano rinvenuto in quel fosso maleodorante. Lsignora Eunice mi aveva personalmente accompagnato carrozza sino a met percorso con la raccomandazionche la chiamassi non appena giunto a destinazione: esempre stata timorosa dei pessimi soggetti che aggiravano durante le ore del tramonto e della notte; nosentendo nessuna chiamata era stata lei a chiedere mnotizie in tarda serata: questo aveva fatto scattare l'allarmProbabilmente ero stato rapinato, presentavo diverscontusioni ed ero in stato del tutto confusionale.

    Quando mi ristabilii mi rimasero pochissimi ricordi ci che era avvenuto prima del mio ritrovamento: un visita all'amica di mia madre, una figlia vagamemascolina di cui neppure ricordavo il nome, un senso vuoto, di mancanza.

    I miei genitori non diedero peso alla mia amnesia. Ploro era poco importante quel breve periodo della m

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    vita. Inoltre la famiglia V. si trasfer quasi subito senlasciare indirizzi e senza venire a salutare.

    Avevo perduto tutta un'estate, un'amica, un mistero drisolvere. Mi rimaneva solo una sciocchezza che avetenuto stretta in pugno tanto saldamente da farmsbiancare le nocche; nonostante fossi privo di conoscenmi avevano raccontato che, per farmi aprire la manerano stati costretti a pizzicarmene il dorso pi volte.

    La tenevo sempre in mezzo alle pagine di un libro questupidaggine da cui non riuscivo a separarmi: una lunsottile foglia di bamboo.

    Per anni ed anni mi sono chiesto quale significatpotesse aver avuto quella pianta; poi, come tutte le codel passato giovanile, anche quella domanda era scivolin un angolo della memoria, fra i dadi, le costruzioniprimi amori e i voti presi a scuola.

    Solo quando avevo 39 anni, dopo la nascita del misecondogenito, mi sorpresi a leggere con avida attenzioun articolo sulla fioritura delle diverse specie di bamboLo aveva scritto un mio vecchio conoscente, il professEmiliano M. della facolt di botanica di P*** ch

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    nonostante approfondite ricerche documentariecontinuava a non trovare una risposta chiara al mistero p

    cui quelle piante fiorivano con lassi di tempo tanto lunge in regioni cos incredibilmente vastecontemporaneamente.

    Rimasi incuriosito da quell'articolo, ma non lo colleaffatto alla foglia oramai ingiallita e semidistrutta ccontinuava a rimanere celata in mezzo alle pagine de martirio di S. Sebastiano" di Gabriele D'Annunzio.

    Le quattro del mattino. Devo avere un alito tremendo la testa mi duole incredibilmente; soprattutto all'altezdell'orecchio destro. Solo adesso ricordo che mi hannoperato per bloccarmi artificialmente la memoria.

    Apro il cassetto dove tengo le fotocopie dei giornadegli anni quaranta fatte in biblioteca. Non ci sono dubbin molte, moltissime foto accanto ad Hitler ci sono padre o la madre di Ala. Perfino lei, la cara amica, stripresa da un fotografo mentre porge un mazzo di fiori Fuhrer che saluta un gruppo di giovinette festanti.

    Era vero: nel 1935, in Italia, chi si sarebbe sognato compiere esperimenti genetici?

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    Avrei tanto voluto sapere di che colore era il sangue

    Mengele.Chiudo con rabbia il cassetto e mi accendo un sigar

    Sto diventando pazzo? Perch ho dovuto riacquisire unmemoria che non desideravo pi? Perch mi sonimbattuto in Ala, quel pomeriggio, al museo di stornaturale di R***? Troppe domande ed un unica risposquesto mondo non poi cos vasto. Lo shock di rivedercos uguale a s stessa, sempre ragazzina, sempaffusolata, mi ha sconvolto e liberato la mente. Purtroppla sala dei cetacei era quasi deserta e lei mi aveva vibenissimo. Il sorriso ed il cenno di saluto erano ben chianon era pi la semiumana fanciulla di un tempo, era dtutto mutata, assimilata. Quello sguardo erinequivocabile: aveva capito che l'avevo riconosciuta e questo mi ero condannato da solo.

    Presto sarebbero venuti a prendermi.

    I Senza Tempo esistono veramente e si servono di uteumani per concepire i loro mostruosi figli. Si nutroncome le piante, ma irradiano energia negativa e radiazimaligne che, a corto raggio, influiscono sul sistem

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    nervoso e sui tessuti dei mammiferi. Il loroinvecchiamento incredibilmente lento e sono costretti

    spostarsi spesso per non farsi notare. Come con i granrettili anticamente, stanno consumando le risorse degospiti umani, per questo l'industria genetica stata tanincrementata: arborei finanziatori occulti cercano di fevolvere nuove specie a cui appoggiarsi.

    So che mi uccideranno. Temono che possa divulgare loro segreto.Ora ricordo perfettamente qual era la pianta ch

    circondava il giardino orientale: bamboo. Migliaiamigliaia di canne come altrettanti muti soldati sull'attenCanne che parevano quasi cantare quando il vento sfiorava e che si muovevano ondeggiando, danzando, frpallidi raggi lunari.

    Una volta Ala mi disse: "Le mie ossa sono canne, flettono, si curvano, sono altrettanto resistenti e sonmolto pi elastiche delle tue fatte di fragile calcio".

    I Senza Tempo comunicano col bamboo. Siamocontinuamente spiati da quelle sottili dita smeraldine chefrotte, spuntano dai canali, dai giardini ed osservano ognostro singolo movimento. Antenne, vibrisse di u

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    mostro sotterraneo sempre all'erta, sempre, costantemenall'erta.

    Sigillo una busta: vi ho riposto l'intera storia. Spero riuscire a nasconderla prima che loro arrivino. Himpiegato troppo tempo a scriverla, ma non riuscivo mettere in ordine questi miei pensieri assurdi, paranoidisperati. Possibile che solo io e il mio amico Emilianosiamo resi conto della stranezza della fioritura dbamboo?

    Mi verso con dita febbrili il primo bicchiere di brandella giornata.

    Margareta, l'anzianotta e placida domestica entra e msorride. Ha portato un cuscino, dice, per farmi star picomodo se devo proprio dormire sulla poltrona dellstudio come sto facendo da un po' di tempo a questparte.

    EPILOGO

    Il decesso del grande scrittore ebbe vasta risonanzRinvenuto dal figlio maggiore il cadavere dell'uom

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    giaceva riverso sulla scrivania. Attorno a lui uguazzabuglio di cenere e liquore. Sconvolta fu la govern

    che per tanti anni lo aveva servito pi come un parenche come un datore di lavoro, affranti i figli che noriescono ancora a capacitarsi della follia degli ultimi mdi vita del padre: tutto quel bere e fumare e rinchiudersiun isolamento sempre pi paranoico. La polizia svolaccurate indagini nel caso si fosse trattato di omicidio, minvano: un uomo cos anziano, tanto provato nel fisico nel morale. Nessun messaggio, nessuna lettera furonrinvenuti, era stato solo un banale, fulminante, infarto.

    Ognuno torn alla vita di sempre. I parenticontinuarono nelle proprie attivit e la domestica, non pgiovane, ma ancora in obbligo di versare contribupensionistici, fu assunta come collaboratrice familiapresso un'importante casa di avvocati amici del defunto.

    - Margareta, cara, puoi portare in tavola?

    La voce della nuova padrona era melodiosa per quanun poco altezzosa.

    - Subito signora.

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    Tardava a raggiungere la sala da pranzo. Doveva primfasciarsi accuratamente il dito che si era leggermen

    scalfito affettando il pane: non era proprio il caso che nuova datrice di lavoro notasse il vischioso liquid verdastro uscirle dalla piccola ferita.

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    Gli Autori

    Giuseppe Felice Cassatella nasce a Bari il 25/10/1975.Ha trascorso la maggior parte della propria esistenza aBarletta, ma da qualche anno si trasferito a Bari.Dal 2004 collabora con la webzine musicale

    www.rawandwild.com in veste di recensore factotum.Da sempre avido lettore, ha iniziato a scrivere racconti

    verso la fine del 2005 e non ha pi smesso. Lassolutamancanza di talento lha portato a profanare ogni ambitodella lettura di genere (noir, fantascienza, horror e pulp).

    A riprova del degrado culturale in cui riversa lo Stivale, haconseguito alcuni piazzamenti in concorsi di narrativa( Benda, LARCA, Letteraria, Fancool, La lettera matta, Vogliadi lavorare portami via, NeroPremio).Linserimento dei suoi racconti in alcune antologiecartacee ha scatenato la rabbia degli ecologisti.In un mondo perfetto la buona letteratura sarebbe gratis e

    alla portata di tutti. Ma non essendo questo un mondoperfetto, possibile leggerne gratuitamente della pessimasul suo blog:lamaisondumarronoir . wordpress.com

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    Marina Lo Castro , nata a Catania l08/05/1982. Laureain Lettere Moderne indirizzo arti e spettacolo,

    specializzanda in Filologia Moderna.Fabrizio Alessandro Cadili , nato a Catania il29/12/1982. Diploma scientifico, lavora come operatoreturistico.Coppia affiatata nella scrittura e nella vita, siamo stati findal liceo appassionati di fumetti e del fantastico in tutte le

    sue declinazioni. Questa condivisione di interessi, ci hadato lo spunto, ormai pi di cinque anni fa, per iniziareuna collaborazione anche in campo letterario. In questoperiodo abbiamo cos realizzato tre romanzi e diversiracconti, uno dei quali, Chi crede nelle fiabe? , scelto dallagiuria del concorso indetto dalla casa editrice LimanaUmanita e pubblicato nellantologia I Mondi del Fantasy.

    Linda Bartalucci nata nel 1972, un giorno morir, nelfrattempo, oltre al dover lavorare per vivere, scriveracconti e romanzi, recita in una simpaticissimacompagnia teatrale della Versilia, si allena nel dojo diKendo di Lucca e spera, insieme a suo marito e ai suoigatti, che un giorno la scrittura possa essere il suo mestiereprincipale.

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    www.LaTelaNera.com

    organizza il

    concorso gratuito di narrativa gialla, horror,fantastica

    Scadenza: Il NeroPremio un concorso a numero chiuso con cadenza trimestrale. Ci sono quattro edizioni del concorso allanno e fino a un massimo di 35 iscritti per edizione . Le iscrizioni delle quattro edizioni si chiudono il 31 marzo , 30 giugno , 30 settembre e 31 dicembre di ogni anno e comunque al raggiungimento di 35 iscritti per edizione.

    Costo di iscrizione: Liscrizione al concorso completamente gratuita . A ogni autore in gara si richiede liscrizione alla newsletter del sito LaTelaNera.com : possibile iscriversi dalla pagina http://www.latelanera.com/newsletter/

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    Giuria: Loperato della giuria insindacabile. La composizione completa della giuria verr resa nota in sede di premiazione. Presidente della giuria: Alessio Valsecchi .

    Premi: La premiazione avverr entro dieci settimane dalla chiusura delle iscrizioni. Non vi sar cerimonia pubblica di premiazione. I migliori racconti, previa autorizzazione dei rispettivi autori, verranno poi pubblicati in un e book gratuito che sar distribuito sulle pagine del sito partner www.eBookGratis.net . Lorganizzazione non avr obbligo di remunerazione degli autori per questa pubblicazione, ma solo l'obbligo di indicare chiaramente nellebook il nome dell'autore di ognuno dei racconti pubblicati. La propriet letteraria dellopera rimane sempre e comunque dell'autore.

    Modalit di diffusione dellesito del concorso: Ai fini della premiazione, in modo individuale, tramite la newsletter del sito LaTelaNera.com .

    Obblighi dell'autore : Partecipando al concorso, l'autore dichiara implicitamente di accettare ogni norma citata nel presente bando. In particolare, dichiara che l'opera inviata originale e frutto del proprio ingegno. In un eventuale caso di plagio, l'autore sar l'unico responsabile di ogni violazione del diritto d'autore (punita con

    sanzioni civili e penali secondo gli artt.156 e ss., e artt.171 e ss.

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    L.633/1941), liberando La Tela Nera da ogni tipo di coinvolgimento ipotizzabile negli atti perseguibili secondo i termini di legge.

    Tutela dei dati personali : Ai sensi della legge 31.12.96, n. 675 "Tutela delle persone rispetto al trattamento dei dati personali" la segreteria organizzativa dichiara, ai sensi dell'art. 10, "Informazioni rese al momento della raccolta dei dati", che il trattamento dei dati dei partecipanti al concorso finalizzato unicamente alla gestione del premio e all'invio agli interessati dei bandi delle edizioni successive; dichiara inoltre, ai sensi dell'art. 11 "Consenso", che con l'invio dei materiali letterari partecipanti al concorso l'interessato acconsente al trattamento dei dati personali; dichiara inoltre, ai sensi dell'art. 13 "Diritti dell'interessato", che l'autore pu richiedere la cancellazione,

    la rettifica o l'aggiornamento dei propri dati rivolgendosi al Responsabile dati della Segreteria del premio nella persona del signor Alessio Valsecchi (telefono: 340.3317576 o Email: [email protected]).

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