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! Maggio 2008 Seminario Arcivescovile di Siracusa ...eccomi

eccomi - WebDiocesi · 5...eccomi! di colui che sta nella breccia, nel gesto me-diano di accogliere l’arrivo del fratello e di entrare a contemplare il Dio dei viventi

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!Maggio 2008

Seminario Arcivescovile di Siracusa

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SOMMARIO«Scenda su di noi, o Padre, il tuo Santo Spirito…»Lettera di Mons. Giuseppe Costanzo, Arcivescovo .................................................................................... p. 3Il prete, custode della soglia padre Luca Saraceno .............................................................................................................................................. p. 4Avvolti dallo splendore della città eterna don Alfredo Andronico e don Michele Mangiafico ................................................................................ p. 6Con la stola per servireGuido Scollo intervista don Francesco Antonio ....................................................................................... p. 7L’esperienza della diaconia in Italiadon Sébastien Harerimana ................................................................................................................................ p. 8«Da 440 anni in Diocesi» 1568 25 Aprile 2008Flavio Cappuccio ..................................................................................................................................................... p. 10Qui riuniti con MariaAlessandro Genovese e Marco Serra .............................................................................................................. p. 12Lettera aperta al nostro Vescovo ....................................................................................................................... p. 14Testimonianze di… padre Giuseppe Mazzotta - Pina De Simone e Franco Miano - padre Matteo Pino ......... p. 16Accogliere è lasciarsi accogliereAndrea Gallitto - Lorenzo Russo - Marco Politini ...................................................................................... p. 17Settimana di vita fraterna ad AugustaSalvatore Savaglia ................................................................................................................................................. p. 18La libertà dei piccoli si fa abitareSergio Vinci ................................................................................................................................................................. p. 19Un cinquantenne in SeminarioCamillo Messina ...................................................................................................................................................... p. 20Un cammino di libertà lungo un annoAndrea Zappulla ...................................................................................................................................................... p. 22Esperienze estive del SeminarioFrancesco Maltese - Stefano Cappello ........................................................................................................... p. 24

Non presenti in foto: padre Nuccio Amenta (economo), padre Roberto Campisi (direttore anno propedeutico),don Alfredo Andronico, don Michele Mangiafico e don Francesco Antonio Trapani (diaconi),Maurizio Alicata, Luca Germano e Marco Ramondetta (anno propedeutico)

Guido ScolloIV anno

p. Lucarettore

don SylvereNkunzimana

V anno

Marco PolitiniI anno

MaurizioPizzo

IIIannoMarco

SerraV anno

SergioVinci

III anno

SalvoSavagliaIV anno

Alessandro Genovese V anno

Maurizio CasellaV anno

Camillo MessinaI anno

Andrea GallittoI anno

Francesco MalteseII anno

LorenzoRusso I anno

Stefano Cappello

III anno

don Sebastien Harerimana

V anno

LucaGallina V anno

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Andrea ZappullaIV anno

FlavioCappuccio

IV anno

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«Scenda su di noi, o Padre, il tuo Santo Spirito, perché tutti gli uomini cerchino sempre

l’unitànell’armonia,la terra diventi una sola famiglia e ogni lingua proclami che

GesùèilSignore»(Orazione alla Prima Lettura

della Messa Vespertina nella vigilia di Pentecoste).

Carissimi, gli effetti del mistero pasquale si

rinnovano nel cuore di ogni comu-nità di discepoli che, con la Pentecoste, ac-coglie il dono dello Spirito Santo. L’azione dello Spirito continua a lasciare i segni del-la sua presenza nella vita di ogni cristiano: tiene viva in noi la memoria di Gesù Cristo e ci rivela il Padre che lo ha inviato. La pre-ghiera che la Chiesa rivolge al Padre chiede per gli uomini l’unità nell’armonia, proprio in forza dell’azione dello Spirito. Tale preghiera diventa, oltre che domanda, impegno per unanuovaeaffascinantechiamata, che desidero estendere anzitutto ai futuri presbiteri della Chiesa siracusana, perché imparino a diventare uomini dicomunione, fautori della diversità dei carismi, costruttori appassionatidell’unitàdella famiglia di Dio.

La comunità del Seminario educa e for-ma a questo alto ideale evangelico, inse-gnando a fare della propria vita un servizio

agli uomini e un canto di lode a Dio. Desidero pertanto chiedere a

Voi l’aiuto della preghiera e il con-creto sostegno economico in favore del Seminario, perché tale ideale non resti solo buona intenzione ma plasmi tutta la vita. Domenica11maggio,solennitàdiPentecoste, verrà celebrata in tutta la diocesi la GiornatadelSeminario: un momento di riflessione e intercessione per i nostri seminaristi, che si preparano al sacerdozio, affinché diventino santi mi-nistri del Vangelo e servitori generosi del popolo di Dio; un momento anche di stima e di affetto che si traducano in aiuto eco-nomico sempre necessario.

Consapevole dell’impegno profuso da ciascuno di Voi per la promozione e la cura delle vocazioni, imploro sul vostro lavoro l’abbondanza delle benedizioni del Signore.

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Seminario Arcivescovile di Siracusa

Il titolo che definisce il prete come “il custo-de della soglia” neces-sita di una spiegazione che, data la desiderata semplicità e snellezza del presente giornalino, non sarà comunque nel-l’ordine di una rigorosa e prudente scientificità. Faccio mia, per tale ca-ratterizzazione, quanto viene indicato in alcuni passi dell’Antico Testa-mento: il sacerdote era designato come “custo-de della soglia” del Tempio che se per un verso era chiamato ad accogliere i pellegri-ni che ivi giungevano, per l’altro era prepo-sto a poter entrare e depositare i preziosi tesori che venivano portati al Tempio (2Re 12,10, 1Cr 9,22, etc.). Perciò la concretezza del servizio sacerdotale si intreccia sin dal-le origini con la sua categoria più squisita-mente simbolica, così come il salmista can-ta: «stare sulla soglia della casa del mio Dio è meglio che abitare nelle tende de-gli empi» (Sal 84,11) e «beato l’uomo che mi ascolta, vegliando ogni giorno alle mie porte, per custodire attentamente la so-glia» (Pr 8,34). La custodia della soglia sta ad indicare il ruolo esercitato dal sacerdote

sulla terra di confine tra l’esterno e l’interno, tra il popolo e Jhwh, tra l’ac-coglienza dell’uomo e la preghiera a Dio.

È possibile trovar traccia della metafora della soglia anche nel Nuovo Testamento? Credo di sì, e proprio nella figura dei discepoli dopo la Resurrezione di Gesù, passati dalla pau-ra alla franchezza del-l’annuncio evangelico,

rimanendo nello squarcio della Pasqua. Mi colpisce particolarmente la figura

del discepolo che Gesù amava il quale, nel mattino di Pasqua, correndo e giungendo sino all’ingresso del sepolcro «chinatosi, vide le bende per terra, ma non entrò» (Gv 20,5). Il discepolo da Gesù amato rappre-senta l’uomo che abita la soglia, colui che si arresta davanti al mistero e che custodisce il tesoro prezioso nascosto nel sepolcro: l’assenza di Gesù in quel luogo di morte! Il sacerdote del Nuovo Testamento, collabo-ratore dell’unico Mediatore tra il cielo e la terra, è il discepolo che ha deciso di vivere sulla Porta che è Gesù Cristo, è il credente che ha assunto come propria la posizione

Il prete,custode della sogliapadre Luca Saraceno

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...eccomi!di colui che sta nella breccia, nel gesto me-diano di accogliere l’arrivo del fratello e di entrare a contemplare il Dio dei viventi.

A partire da questo proporrei allora – senza per altro aver pretesa di alcuna originale novità – di ripensare la figura del prete dei nostri giorni come a quella del custode della soglia.

Essere uomini della soglia significa im-parare l’arte della fermezza e della pre-carietà come le due necessarie condizioni per la stabile mobilità e l’agile saldezza, per l’incontro accogliente dell’uomo e la tenace sequela del Cristo. Il prete non può dimorare troppo dentro nei recessi del suo io, raccolto nella chiusura del proprio mon-do e indisponibile all’incontro, ma nem-meno troppo fuori per non disperdere la sua identità e disgregare la sua intimità: è chiamato a diventare uomo della soglia, la quale se da una parte garantisce l’intimità della dimora, dall’altro la apre alla sorpre-sa dell’incontro. Stare sulla soglia significa porre l’accento sul divenire, sull’accadere e non sul divenuto, su quanto è già accadu-to. Non c’è molto tempo: il ritmo del viag-gio è incalzante, il prete non è fatto per restare se non nell’andare e non è fatto per andare se non rimanendo.

Un pensiero sulla soglia non può es-sere un pensiero delle architetture rigide e definitive. Come un pensiero sul prete non può essere una rigida riflessione su un uomo già divenuto, sull’immobile com-pimento di un’esistenza ormai conclusa, quanto piuttosto una meditazione sul mo-bile divenire di una realtà viva, l’accadere fluido di un mistero inesauribile. La soglia è un simbolo aperto: indica il luogo di passaggio, etimologicamente la pietra del pavimento, il suolo su cui poggia la porta e su cui batte ripetutamente la suola del sandalo. Un pensiero sulla soglia non po-trà quindi essere cerebrale, ma prenderà in considerazione l’uomo prete a partire dai

suoi piedi, ovvero dal suo cammino, fatto di moto e di quiete, di partenze e di arrivi, di raggiungimento della soglia davanti a cui fermarsi e poi timidamente da varcare.

La soglia è l’immagine reale di un du-plice ingresso: verso casa mentre si esce dal mondo e verso il mondo mentre ci si lascia alle spalle la porta di casa. Mai solo l’una, mai solo l’altra. Sulla soglia si può stare, aspettare, si può abitare e custodire, si può guardare e ascoltare, sperare e ama-re, credere e desiderare. Il prete, sulla so-glia, attraversa e lascia attraversare: si fa lui stesso trasparenza, diventa lui stesso l’“attraverso” che consente ad ogni uomo l’accesso al Dio Trinità!

Gli anni di formazione al presbiterato in Seminario cercano di preparare il giovane che vi entra ad abitare la soglia, a diventar trasparenza di Gesù servo, pastore e spo-so, a rimanere nell’apertura del mistero pa-squale e tutto questo in quanto la Chiesa stessa si situa sulla soglia tra Dio e il mon-do rimanendo nel mondo. E se la Chiesa è ministra del Vangelo, di una Buona e Bella notizia, occorre che ogni seminarista im-pari a percepire quanto lo stesso Vangelo sia universalmente rivolto ad ogni uomo, senza alcuna preclusione o esclusione. Il soggetto della storia non è certo la Chiesa, ma Dio nel suo rapporto col mondo: dun-que sarà compito della Chiesa, e di ogni suo discepolo, mantenere aperto l’invito che Dio rivolge ad ognuno. La chiesa si si-tua pertanto sempre sul confine… e con lei, ogni prete che in e per lei esercita il suo ministero e vive autenticamente la sua vita di credente: chiamato ad una custodia del tesoro ricevuto e al contempo alla fan-tasia dell’annuncio secondo vie nuove, dalla conservazione dell’esistente certo all’audacia dell’avvenire incerto, sem-pre in bilico, nella sorprendente scoperta di non esser più e forse mai stato il custode della soglia ma d’essere da sempre custodi-to dalla Soglia del mistero di Gesù Cristo.

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tantissima, i “santi padri” ne avevano decretato le sorti: l’Ordinazione Diaconale.

Una telefonata improvvisa aveva sconvolto uno dei loro soliti pomeriggi passati tra un libro di teo-logia e un the caldo preso discutendo dei “massimi sistemi del mondo”: il 25 Marzo avrebbero ricevuto il Sacramento dell’Ordine desiderato e sognato da tanti anni.

È avvenuto proprio così, i due seminaristi, che dopo le vacanze di Natale erano risaliti a Roma da “Alfredo” e “Michele”, vi sono risaliti dopo le vacanze di Pasqua da “don Alfredo” e “don Michele”, carichi di sogni e di speranze per il loro futuro personale e per quello della Chiesa di Dio che è in Siracusa.

Oltre gli studi e le “sudate carte” alcune delle giornate romane dei due giovani diaconi sono trascorse in parrocchia; i due svolgono il loro servizio pastorale presso la comu-nità Santa Maria in Trastevere dove, seguiti dal parroco, don Matteo, e assieme ad altri educatori, si occu-pano della pastorale giovanile della parrocchia. Ci si può tranquillizzare sul fatto che i due non si annoiano…non ne avrebbero il tempo… tra una riunione, un’uscita e un ritiro con i ragazzi le occa-sioni pastorali per arricchirsi non mancano.

In tutto questo la comunità del Seminario è e resta presente: in primo luogo perché li accompa-gna e li sostiene con la propria preghiera…e non solo…, inoltre perché non fa mancare loro la cer-tezza di sentirsi pensati e voluti bene da quanti per tanti anni hanno condiviso il medesimo cammino e i medesimi sentimenti.

Come Israele in terra d’esilio si arricchisce di so-gni e canta il proprio desiderio di tornare al Signo-re, possano i nostri due diaconi arricchirsi di voglia di fare e tornare presto a operare nella terra da cui sono partiti per il loro pellegrinaggio… “Quest’an-no qui, l’anno prossimo a Gerusalemme”.

don Alfredo Andronico edon Michele Mangiafico

Con la stolaDurante quest’anno pastorale

le finestre delle camere di due dei nostri seminaristi non si aprono più sui panorami del mare e del barocco siracusano, ma sulle sug-gestive vedute di quella città che per molti secoli è stata considera-ta Caput Mundi, centro e capitale di tutta la Terra.

Ospiti della Comunità dei Chieri-ci Regolari della Madre di Dio, Alfre-do e Michele hanno dato il loro mo-mentaneo saluto alla città aretusea per continuare i loro studi a Roma e per prepararsi al loro ritorno con un bagaglio di esperienze maggiori che possano contribuire alle esigen-ze della diocesi.

All’ombra del Cupolone i due giovani seminaristi hanno intra-preso gli studi specialistici: Alfredo il corso di specializzazione in Teo-logia e Scienze Patristiche presso il Pontificio Istituto Augustinianum, Michele quello in Teologia Fonda-mentale presso la Pontificia Univer-sità Gregoriana.

I primi mesi dei due sono stati d’impegno per inserirsi nella nuo-va realtà culturale, comunitaria e pastorale della Capitale; non sono mancate le difficoltà, visto che quella romana è una realtà polie-drica di gran lunga diversa da quel-la siracusana.

I mesi di gennaio e febbraio sono stati segnati dai primi esami che i due giovani si sono appressati a fare con “trepidante audacia”. Ter-minata la sessione di esami Alfre-do e Michele hanno ricevuto dalla “madre patria” una notizia impor-

Avvolti dallo splendore della città eterna

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...eccomi!Giorno 25 Marzo alle ore 18.00 nella Basilica Santuario Madonna delle Lacrime di Siracusa il nostro Arcive-scovo Mons. Giuseppe Costanzo ha ordinato diaconi gli accoliti Alfredo Andronico, della Parrocchia S. Mi-chele Arcangelo in Villasmundo, Michele Mangiafico delle Parrocchia Chiesa Madre San Paolo Apostolo in Solarino, Francesco Antonio Trapani della Parrocchia Sant’Ambrogio in Buccheri, e poi Sylvère Nkunzima-na e Sébastien Harerimana, entrambi della diocesi di Muiynga in Burundi. Nel corso della stessa celebrazio-ne ha ordinato presbiteri i diaconi don Giuliano Gallo-ne della stessa Basilica Santuario Madonna delle Lacri-me e don Marco Pandolfo della Parrocchia S. Giovanni

Apostolo ed Evangelista in Sortino.Certamente le emozioni da parte dei neo-ordinati e delle comunità lì presenti non sono mancate. Sentiamo cosa ha da dirci il novello diacono don Francesco Antonio.

Don Francesco, riesci ad individuare nel giorno della tua ordinazione un’immagine, una foto del cuore che possa fare sintesi di ciò che hai “assaporato” quel giorno?Quel giorno durante la celebrazione avevo di fronte a me il quadretto del-la Madonna delle Lacrime con sopra il Crocifisso: ciò mi teneva sempre pre-

sente la grazia per quanto stavo ricevendo in dono. A questa immagine si unisce quella dei miei compagni di seminario che, accanto a me, stavano ricevendo anche loro il sacramento dell’ordine del diaconato. È stato bello non essere solo per questo passo, insie-me con loro sentivo che eravamo tutti membri della Chiesa di Cristo.

Quanto ti ha formato il Seminario nel servizio (nella διακονια)?

Il Seminario è stato per me una palestra di vita. Mi ha dato l’occasione di approfondire la chiamata al sa-cerdozio e di trovare ogni giorno il volto del Signore nei miei compagni di viaggio. Mi ha anche insegnato che bisogna cominciare a servire chi ti sta accanto e non stancarsi mai di fare del bene.

don Francesco Antonio

per servireDopo sei anni di Seminario la voca-zione al sacerdozio rimane sempre viva in te come il primo giorno?

La mia vocazione si rinnova ogni gior-no e il mio sì al Signore si concretizza nel quotidiano. Un padre focolarino diceva che bisogna essere aperti ogni giorno alle sorprese di Dio. È proprio vero, ogni giorno è Lui che mi dà la forza per servirlo con gioia in tutte le sorprese della vita che mi dona. Il Signore infatti mi dà la certezza di non essere lasciato mai solo, di cam-minare assieme a me e di amarmi no-nostante il mio peccato… perché Lui mi ha chiamato così come sono!

Attualmente dove presti servizio pastorale?

Trascorro i primi due giorni della set-timana in Seminario per continuare a tenere vivo il legame con il luogo che mi ha formato. Il Mercoledì e il Giovedì mi trovo a Messina dove frequento il corso di licenza in catechetica, vivendo presso una comunità salesiana. Vener-dì, Sabato e Domenica mattina presto il mio servizio pastorale nella Parroc-chia Maria SS.ma Ausiliatrice di Cani-cattini. Qui mi occupo dei ragazzi e dei giovani di A.C. e partecipo ai vari in-contri che si svolgono in Parrocchia. La Domenica pomeriggio torno nella mia Parrocchia d’origine, Sant’Ambrogio in Buccheri, che mi ha seguito lungo tutti questi anni. La Domenica sera rientro a casa, ad Augusta, per vivere alcuni mo-menti insieme alla mia famiglia.

Grazie don, e buon servizio pa-storale…

Grazie a tutti voi per tutto quello che avete fatto per me e ricordatevi che ognuno di voi vive nel mio ministero diaconale.

Beh, certamente avremmo voluto fare più domande e sentire anche altri commenti (forse un po’ da tut-ti gli ordinati), ma lo spazio a nostra disposizione è veramente poco. Ora tocca a voi domandare… e poi do-mandare… e ancora domandare!

Intervista a cura di Guido Scollo

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Seminario Arcivescovile di Siracusa

L’esperienza della diaconia in Italia

Sono diacono da nemmeno un mese e a me, originario del Burundi, è stato chiesto di raccontare come vivo il mio servizio dia-conale in Italia. Che dire? Il diacono è il “se-gno sacramentale” di Cristo servo, ovunque egli sia. Tuttavia, tenuto conto che il diaco-no è sempre legato ad una comunità, dirò qualcosa prima sul giorno dell’ordinazione poi sui miei primi passi nel ministero.

Dei forti sentimenti che hanno turbina-to nel mio animo durante la Celebrazione, uno ha dominato su tutti: la vicinanza del-l’assemblea dei fedeli che mi stava presen-

tando all’Arcivescovo per ricevere l’Ordine del diaconato.

I primi giorni di ministero sono stati caratterizzati dalla graduale scoperta di realtà nuove, ma hanno conosciuto anche momenti di imbarazzo per il non perfetto dominio della lingua italiana, specie duran-te le Liturgie.

Peraltro, una cosa è l’essere diacono in un Paese (il Burundi) caratterizzato da una notevole povertà e afflitto per lungo tem-po dalla piaga della guerra civile, un’altra è esserlo in un Paese, come l’Italia caratteriz-

don Sébastien Harerimana

… non importa che io sia diacono in Burundi o in Italia: ha valore che il servizio a cui sono chiamato nella Chiesa sia la manifestazione di quell’amore che si esprime

nell’umiltà,

nell’obbedienza,

nella povertà

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...eccomi!zato, tutto sommato, da un relativo benes-sere. Altro è svolgere il ministero diaconale in questo Paese dove il senso del religioso è scarsamente avvertito, differente è svolgerlo in un Paese dove il sentimento religioso e il senso del sacro sono ancora molto sentiti. Ed ancora, ben diverso è esercitare il servizio da diacono in un Paese dove la famiglia con-serva ancora la sua immagine tradizionale e la vita familiare non ha subito notevoli mo-difiche, ancor più diverso è prestare tale ser-vizio in un Paese dove la famiglia spesso ha un solo figlio e i genitori lavorano quasi tut-ta la giornata fuori casa. E le esemplificazioni potrebbero ancora continuare…

L’esperienza della “Diaconia” maturata in Italia rappresenta per me un dono del-la Provvidenza poiché, provenendo dalla Chiesa del Burundi, riesco ad acquisire un notevole senso ecclesiale e un forte amore per la Chiesa Universale; aspetti, questi, che mi inducono ad aderire più pienamente alla sua missione evangelizzatrice nel mondo.

Ciò mi aiuta ad avere una viva percezio-ne dei bisogni e delle urgenze pastorali del posto in cui mi trovo e mi dispone a portare la mia testimonianza di fede anche in altre culture. Tuttavia la sola conoscenza non basta, occorre che io attinga all’Eucaristia, fonte di grazia per la diaconia cristiana, al-

trimenti rischierei di cadere nel volontari-smo o nell’attivismo.

La grazia presente nell’Eucaristia, tradu-cendosi in amore e servizio, mi libera dal-l’egoismo e nel contempo permette una ve-rifica del mio servizio perché sempre si risol-va in affettuosa ricerca dei bisogni concreti e via via nuovi delle persone e della società.

Cristo servo, che si incarna fino in fondo nella condizione umana, operando in me mediante lo Spirito mi conduce per il suo stesso cammino di «incarnazione redenti-va»; mi porta a comprendere che il servizio cristiano non consiste nel fatto che uno dà qualcosa all’altro restandogli estraneo, ma è superamento dell’alterità, è condivisione, è «gioire con chi gioisce, piangere con chi piange» (Rm 12,15).

In fondo, non importa che io sia dia-cono in Burundi o in Italia, ha valore che il servizio a cui sono chiamato nella Chiesa sia la manifestazione di quell’amore che si esprime nell’umiltà, nell’obbedienza (Fil 2,7-8), nella povertà (2 Cor 8, 9) e in quella totale disponibilità che arriva fino all’immo-lazione nella condivisione piena delle gioie, dei dolori, delle esigenze e delle esperienze di ogni persona da qualunque Paese essa provenga (Rm 12,15; 1Cor 9, 19-23).

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Seminario Arcivescovile di Siracusa

l 25 Aprile di quest’anno il nostro Seminario raggiungerà l’invidiata meta dei 440 anni, è un traguardo importante che rende manifesta la perenne vitalità della nostra Arcidiocesi e l’attenzione che i Pastori suc-cedutisi sulla Cattedra di san Marciano hanno dimostrato nei confronti del popolo santo di Dio affidato alle loro amorevoli cure.

La nostra Arcidiocesi è sempre stata attenta nel recepire immediatamente le istan-ze proposte dalla Chiesa universale. In questo caso particolare facciamo riferimento al can. «Cum adolescentium» (Sess. XXIII, cap XVIII, 15 Lug. 1563) di quello che pas-sò alla storia come il “Gran Concilio” ossia il Concilio di Trento. Con questo decreto i Padri Conciliari, coscienti che era necessario attuare una urgente riforma di tutto ciò che concerneva la formazione umana e spirituale dei futuri presbiteri, ordinavano a tutte le Diocesi di istituire il «Seminario vescovile» ove fossero accolti ed educati nel-le discipline più elementari come leggere e scrivere (cosa che, naturalmente, oggi diamo per scontata) e in quelle più prettamente ecclesiastiche come la Teologia e la Morale, quei giovani che manifesta-vano una certa inclinazione per la vita presbitera-le. Oltre a curare l’aspetto formativo, il Seminario doveva anche educare religiosamente e moralmen-te i propri alunni. Per tale motivo si prescriveva la partecipazione quotidiana alla Santa Messa e l’ac-costamento almeno mensile al Sacramento della Penitenza. Gli altri particolari, poi, sarebbero stati resi espliciti nel regolamento che ciascun Pastore avrebbe dovuto stilare per il Seminario della pro-pria Diocesi. Il Vescovo che allora guidava la nostra Diocesi, mons. Giovanni Orosco Arzè (1562-1572) recepì im-mediatamente quanto la Chiesa, mediante il Con-cilio, proponeva ed eresse il Seminario diocesano. Esso fu il primo Seminario di Sicilia e fra i primi al mondo, dopo quelli di Roma (1564) e Milano (1563). Don Salvatore Mineo, negli anni ’60, effettuò un’ottima ricerca storica sulle origini del nostro

«Da 440 anni in Diocesi» 1568 25 Aprile 2008

Flavio Cappuccio

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...eccomi!Seminario. Egli riporta due antichi documenti rinvenuti negli archivi della Curia risalenti l’uno al 1567 e l’altro al 25 Aprile 1568. In quell’anno, dice il Mineo, si fece una colletta pro Seminario in tutta la Diocesi. Questo documento è di un’importanza straordinaria per determinare la data di erezione del nostro Seminario che fu solen-nemente inaugurato il 23 Ottobre del 1570. Sono passati, perciò, 440 anni da quell’evento assolutamente unico. Molte cose sono cambiate da allora, in special modo nel secolo appena trascorso, caratterizzato da un altro grande Concilio, il Vaticano II, che ha dato un forte impulso alla riforma degli studi e dell’impostazione dei Seminari. È stato proprio in seguito a questa rinnovata Pentecoste che tutti i Seminari e fra essi anche il nostro, si sono aperti alle esigenze della Chiesa in un contesto, quello della società umana, in continua e perenne evoluzione. In Sicilia nel 1969 nacque lo Studio Teologico “S. Paolo” di Catania, espressione della comunione e della stretta collaborazione fra le Diocesi di Acireale, Caltagirone, Catania, Nicosia, Noto, Sira-cusa e per formare culturalmente e teologicamente gli studenti secondo lo spirito del Concilio Vaticano II. Anche questa è una novità assoluta, i nostri seminaristi non avrebbero più stu-diato a Siracusa ma a Catania. Si rendeva necessario perciò ripensare totalmente l’impostazione del «Seminario maggiore». Avvenne così che il 7 Gennaio del 1970 gli studenti di Teologia con l’allora rettore mons. Biagio Mezzasalma andarono ad abitare in un appartamento a Catania, sperimentando una nuova forma di Semi-nario. Nelle pagine di questo giornalino furono pubblicate le emozioni dei primi “catanesi” alle prese con problemi a loro del tutto nuovi come “cucinare” e “tener pulita la casa” e altre cose che contribuirono a rendere maggiormente responsabili coloro che vissero questo periodo di storia del Seminario. In quell’appartamento i seminaristi restarono per un certo periodo di tempo. Dopodiché furono accolti ad

Acireale, nel Seminario diocesano, e con l’avvento del nostro attuale Arcivescovo, pur continuando a studiare a Catania, agli inizi degli anni ’90 tornarono a Siracusa nella sede storica di piazza Duomo, che è tuttora la nostra sede. L’esperienza di vita comune con i presbiteri del clero di Au-gusta, descritta molto bene in queste pagine da Salvo, ha però dato il via, fra noi, a un ripensamento di quella che è l’impo-stazione tradizionale dell’istituzione del Seminario. Ci si rende conto di come sarebbe necessario, per le attuali esigenze, per-seguire questa via: seminaristi formati da gruppi di presbiteri che vivono insieme sicché sia davvero tutto il clero diocesano a prendersi cura della formazione dei futuri presbiteri e i semi-naristi possano vivere già da subito quella che è la vera realtà delle Parrocchie e possano sperimentare in maniera più viva e vivace la fraternità presbiterale. Questa via rappresenterebbe uno straordinario arricchimento tanto per il seminarista quan-to per il presbitero e, perché no?, anche per le nostre comunità parrocchiali. I tempi non sono ancora maturi? È ancora necessario ripensa-re alcuni aspetti? È probabile. Speriamo che in futuro si possa avere il coraggio di cambiare. Quello stesso coraggio che ebbe 440 anni fa il Vescovo Arzè nell’introdurre in Diocesi quello che ora è l’attuale «Seminarium Archiepiscopale».

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Seminario Arcivescovile di Siracusa

La cappella piccola del Seminario

Alessandro Genovese e Marco Serra

Fra i mesi di giugno e novembre dello scorso anno la nostra cappella piccola, per volere degli educatori e con il concreto sostegno dell’Arcivescovo, ha subito un notevole restauro e un profondo rinnovamento.

La cappella piccola è il cuore del Seminario, punto di riferimento centrale nella nostra giornata e nel nostro cammino di maturazione e di discernimento.

Questa cappella fu già oggetto di interventi manutentivi tra il 1989 e il 1990, essendo rettore mons. Vincenzo Calvo. Fu egli che riorganizzò l’ambiente: lo rimpicciolì e lo arric-chì nel contempo con un pregevolissimo pavimento in ceramica di Caltagirone. Queste attenzioni verso il luogo di culto della comunità, che da sempre i responsabili del Semina-rio siracusano hanno avuto, esprimono il grande valore che si è dato alla cappella come luogo formativo per eccellenza dove il seminarista fa esperienza del Divino Maestro a cui conformarsi e da cui lasciarsi plasmare e orientare.

Inizialmente sono stati avviati i lavori in muratura: dalla sistemazione del soffitto, com-pletato con una volta a botte in gesso, alla tinteggiatura delle pareti con il nuovo impianto

La cappella: luogo formativo per

eccellenza dove il seminarista fa esperienza del Divino Maestro a cui conformarsi e da cui lasciarsi plasmare e orientare.

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...eccomi!d’illuminazione. Inoltre i recenti lavori han-no permesso di porre nella cappella gli stal-li, creando così un vero e proprio “coro”. La disposizione e la scelta degli stalli vuole, in un certo senso, richiamare uno dei principi fondamentali per la formazione di un giova-ne al presbiterato: la comunione.

Comunione, anzitutto, intima con il Si-gnore: la cappella infatti è uno dei luoghi privilegiati per l’incontro con il Dio vivo e vero presente nell’Eucaristia e nella Parola.

Comunione con i fratelli: la comunità che si raduna per la preghiera e la celebra-zione dei Divini Misteri sembra che si “ab-bracci” attorno all’altare, segno permanente del Cristo sacerdote e vittima, e all’ambone, luogo per eccellenza della Parola di Dio.

Questi due importantissimi luoghi li-turgici sono nel nostro spazio liturgico due punti focali verso cui la comunità guarda con profonda venerazione così come la rifor-ma conciliare ci ricorda. Sull’architrave è sta-to collocato il Crocifisso bronzeo verso cui si orienta la preghiera corale della comunità.

Anche la custodia eucaristica, sempre collocata nell’antico “altare tridentino” in marmo intarsiato, è stata arricchita con il restauro della porticina che è stata ricoper-ta in foglia d’oro e dove è stato inciso il sim-

bolo eucaristico del pellicano richiamando l’offerta di Cristo che sotto le Specie Eucari-stiche si fa cibo per noi.

Nuova invece la sede che, come gli stal-li, è stata realizzata da una falegnameria di Corleone. In segno di gratitudine al nostro pastore Giuseppe è stato collocato nel po-sto del presidente lo stemma fuso in bronzo dell’Arcivescovo. Scelta non propriamente liturgica ma che vuole ricordare a noi e a quanti in futuro utilizzeranno questa cap-pella lo zelo e l’amore profuso da Mons. Co-stanzo verso il nostro seminario e non ulti-mo il concreto contributo che ci ha donato per la realizzazione di queste innovazioni.

Ci piace inoltre sottolineare come anche la bellissima tela del XVIII secolo raffigurante la “Immacolata tra San Carlo Borromeo e San Filippo Neri” abbia acquistato una particolare posizione in questa nuova disposizione degli ambienti liturgici. La tela infatti, collocata so-pra l’ambone, spezza la corona di stalli quasi ad inserirsi in questo cerchio. Questa posizio-ne ci ricorda il passo degli Atti: gli Apostoli “erano assidui e concordi nella preghiera…con Maria, la madre di Gesù”. Questo quasi a dire che il giovane in seminario è invitato ad entrare nel cenacolo con Maria e, contem-plando questo luogo tanto caro al cristiano,

tende ad essere in comunione con i fratelli e a sentire la presenza vici-na della Vergine Madre di Dio, mo-dello di ogni vocazione, che nella nostra Chiesa locale ha manifesta-to la sua vicinanza con le lacrime.

Il 27 novembre 2007 ab-biamo avuto la gioia di riapri-re dopo queste modifiche la nostra piccola cappella con la Celebrazione Eucaristica presie-duta dal nostro Arcivescovo che ancora una volta ci ha ricordato come la frequenza della cappel-la e quindi la preghiera sono ne-cessarie ed essenziali nel nostro cammino di discernimento ver-so il presbiterato.

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Seminario Arcivescovile di Siracusa

Caro nostro Padre Vescovo,

nella lettera pastorale Benedetti benediciamo che Lei ha consegnato all’intera Diocesi per l’anno 2007-08, ha rivolto il suo pensiero an-che a noi seminaristi, definendoci così:

«Penso ai nostri seminaristi: vengono da questo pianeta, sono figli di questo tempo, subiscono il fascino e il ricatto del mondo, e tuttavia non si sono lasciati abbindolare né sedurre, han preso in mano la loro vita e l’hanno offerta al Signore, la loro libertà e l’hanno consegnata con fiducia. Hanno detto al Signore: “Eccomi, manda me”. Ed eccoli in cammino, alla scuola del Vangelo, sull’esem-pio di Paolo e con la protezione dei Santi, in particolare di Marciano, Sebastiano e Lucia».

Il modo migliore per esprimere il nostro profondo e autentico sentimento di gra-titudine è rispondere alla sua lettera con queste poche righe che ci permettono di restituirLe ciò che le sue parole hanno pro-vocato e suscitato in noi.

In apertura della sua lettera pastorale, tracciando il cammino percorso dalla nostra Diocesi in questi anni, Lei ha scritto così:

«In questi anni, poi, il Signore ci ha benedet-to moltiplicando il numero dei chiamati al sa-cerdozio, che da 5 del 1990 sono ora diventati 23 nel Corso Teologico e 4 nel propedeutico. È un fatto che allarga il cuore e colma di speran-za. Ci fa dire “grazie” al padrone della messe, e a

quanti hanno lavorato con generoso impegno nel campo della pastorale vocazionale».

Desideriamo rivolgere proprio a Lei il nostro “grazie”, perché se oggi la comunità del Seminario accoglie così tanti giovani è in gran parte merito suo. Lei ci ha educato alla fiducia nel Signore che mai farà mancare gli operai per la sua messe, alla certa speranza che si concretizza in una preghiera assidua, incessante con la quale chiedere con insi-stenza il dono di sempre nuove vocazioni. A tal proposito, come non ringraziarLa per i primi giovedì di ogni mese, trascorsi in pre-ghiera davanti a Gesù Eucaristia nella Chiesa di Santa Maria in Ortigia? Per noi è diventa-to un appuntamento atteso, un’occasione speciale per pregare, insieme al nostro Ve-scovo che ci è padre e pastore, il Datore di ogni dono, Colui che ci ha scelto senza nostri meriti e ci ha condotti a cominciare questo cammino di discernimento e formazione.

Ancora vogliamo ringraziarLa per la sua attenzione e premura nei nostri confronti. La sua presenza, fisica e non solo, in Se-minario è stata costante e preziosa, le sue esortazioni, le sue correzioni, i suoi inco-raggiamenti numerosi e fondamentali per noi. Tanti i momenti belli vissuti insieme a Lei che meriterebbero di essere ricordati. Ma vorremmo soprattutto ringraziarLa per gli incontri del Lunedì sera durante i quali, spiegandoci la Parola di Dio, ci ha raccon-

Lettera aperta al nostro Vescovo

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...eccomi!tato le meraviglie che Dio ha compiuto per noi. E mentre ci ha aiutato a carpire cosa Dio ci volesse comunicare, ha condiviso con noi la sua storia, la sua vita, il suo incontro con Cristo morto e risorto, il suo sentirsi da sem-pre amato da Lui. Così abbiamo potuto ve-dere incarnato in Lei quanto abbiamo letto nella sua ultima lettera:

«La Parola di Dio accompagna l’uomo dalla creazione fino alla fine del suo pellegri-naggio terreno. Essa ne illumina la vita, indi-candogli il cammino da seguire; suscita la fede e la nutre; alimenta la preghiera personale e comunitaria; stimola e verifica la riflessione teologica; consente all’esegeta di scandagliare le profondità abissali dei disegni di Dio; fa co-noscere ai santi e ai mistici il cuore del Padre».

«Non sono al mondo per caso. La mia esistenza entra in un progetto scaturito dal Cuore del Padre. Dunque non devo te-mere. Devo fidarmi. Dall’eterni-tà io sono oggetto di un amore divino. Questa certezza ha gui-dato il mio cammino, ha fatto da leit-motiv di tutta la mia esi-stenza, illuminando i momenti bui e moltiplicando le energie nei momenti di sofferenza».

Quanta serenità ci donano queste sue parole! Ma al tempo stesso ci invitano a riflettere sul nostro “Eccomi”, sulle motiva-zioni che ci spingono a seguire Gesù sulla via del sacerdozio. Ci aiutano a prendere coscienza della grande responsabilità che abbiamo nei confronti della Chiesa e del mondo. Ribadiscono a noi la necessità di donare tutta la vita senza trattenere niente, certi che non è su questa terra che dobbia-mo attendere la ricompensa, ma nel tempo eterno in cui questo disegno divino sarà definitivamente compiuto. La ringraziamo perché numerose volte, con le sue parole e con il suo esempio, ci ha esortati a conside-rare la dignità della nostra vocazione e ad affrontare con serietà e docilità allo Spirito il nostro cammino di crescita umana, spiri-tuale, intellettuale.

Da Lei abbiamo anche imparato ad in-

vocare incessantemente la materna prote-zione di Maria:

«Il mio legame con Lei risale agli anni della mia fanciullezza, alla formazione religiosa in parrocchia, all’esempio del mio vecchio parro-co che si scioglieva in lacrime tutte le volte che parlava di Lei. L’ho sentita sempre come sorel-la affettuosa e come madre tenera. Ho visto in Lei la maestra dell’ascolto e il modello della se-quela. A Lei affidai il cammino dell’adolescen-za. Alla sua intercessione e all’azione interiore dello Spirito Santo affidai pure il lavorio di di-scernimento sulla mia vocazione».

Lei ha detto a noi tutto questo con la sua stessa vita; ci ha sempre invitato a fissare lo sguardo di Maria che piange per attingere da quelle lacrime la speranza; ci ha convinti

dell’importanza del Rosario da pregare quotidianamen-te, con la coroncina in mano, così da sentire la presenza della Madonna che ci prende per mano e ci accompagna durante il nostro pellegrinag-gio su questa terra; ha fatto riscoprire a noi la bellezza di volgere il nostro pensiero a Maria recitando quella giacu-latoria tanto semplice quanto

ricca di amore: “Madre mia, fiducia mia!” Questi sono soltanto alcuni dei motivi

per cui vogliamo esprimerLe la nostra gra-titudine. La accompagni la certezza che per noi Lei è e sarà un esempio di vita, che i suoi insegnamenti fanno ormai parte del nostro bagaglio che porteremo con noi per sempre. E non dimentichi che siamo davvero felici di poterci dire suoi figli... e figli si è per sempre!

Per tutto questo eleviamo il nostro can-to di lode a Dio Padre di cui Lei è dono ine-stimabile:

«Benedici il Signore, anima mia, lodalo ed esaltalo nei secoli, perché Egli è buono, paziente e fedele, perché eterna è la sua mi-sericordia».

Che Dio la benedica!

La sua Comunità del Seminario

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Seminario Arcivescovile di SiracusaTestimonianze di. . .

L’esperienza di incontro realizzata con la Comu-nità del Seminario è stata per noi una bella e ric-ca occasione di condivisione. E questo almeno per tre motivi.In primo luogo si è trattato di un momento ca-ratterizzato dalla semplicità e dalla immediatez-za di uno stile essenziale, uno stile che è emerso subito dal ritrovarsi tutti prima intorno al tavolo della cena per poi pregare e discutere insieme.In secondo luogo questo momento è stato bello perché profondamente ecclesiale: la presenza del Vescovo e del Rettore del Seminario con tutti i seminaristi ha dato alla serata di presentazio-ne e confronto sull’AC e sul suo impegno oggi nella vita della Chiesa e della società il senso di una ricerca autentica nella linea di una piena

corresponsabilità dei laici nella vita della Chiesa, una corresponsabilità che nasce proprio nella stretta unità con il Vescovo e con i sacerdoti, e si alimenta nel vivo di un dialogo ecclesiale che è per l’annuncio del Vangelo agli uomini del no-stro tempo.In terzo luogo ci è parsa una bella idea far incon-trare i seminaristi con esponenti delle più impor-tanti e significative aggregazioni ecclesiali, per far cogliere in concreto la pluralità dei doni che il Signore elargisce alla Chiesa oggi, attraverso gruppi, associazioni e movimenti: una pluralità che è significativa per le ricchezze di cui è porta-trice e per il suo tendere verso l’unità.Per tutto questo, e per tanto altro, siamo grati al Rettore del Seminario e al carissimo Vescovo.

Pina De Simone e Franco Miano*

* di Pomigliano d’Arco (Napoli, diocesi di Nola), sposi e genitori di Armando e Irene. Franco Miano è vicepresidente nazionale del settore adulti di A.C., professore associato presso l’Università degli Studi di Roma “Torvergata”. Pina De Simone è presidente diocesano A.C., professore presso la Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale di Napoli

L’esperienza vissuta nella settimana trascorsa in-sieme, presbiteri e seminaristi, nel vicariato di Au-gusta è risultata veramente arricchente per tutti.La proposta del Rettore, che all’inizio non ha mancato di suscitare qualche perplessità ed apprensione, data la “storica” separazione, quasi diffidenza reci-proca, fra clero e semi-nario, si è rivelata ve-ramente lungimirante. Ci si è ritrovati sempli-cemente insieme per una settimana, a con-dividere l’impegno pa-storale ordinario delle parrocchie, ma anche la mensa, la preghiera, il confronto, l’incontro fra persone, le facezie.Subito sono caduti i “pregiudizi” reciproci, così frequenti; ci si è accolti ed accettati per quello che siamo realmente, superando gli stereotipi

che fanno da comoda barriera per non lasciarsi coinvolgere nella vicenda dell’altro. Soprattutto ci si è ritrovati, in fasi diverse, all’interno di un unico progetto e di un unico cammino. Noi pre-

sbiteri nei seminaristi abbiamo rivissuto gli inizi, gli entusiasmi, gli ideali, le perplessi-tà, le motivazioni del nostro impegno nella Chiesa; i giovani hanno visto prefigurato in noi in maniera concreta, spoglia di ogni edul-corazione, il futuro del loro servizio presbite-rale. Una esperienza, certamente breve, ma

preziosa perché ricca di profonda umanità. E della nostra umanità, innanzitutto, il Signore ha bisogno per continuare il suo cammino con gli uomini. Una esperienza assolutamente nuova che può aprire una “via nuova”.

padre Giuseppe Mazzotta

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...eccomi!padre Matteo Pino

Un respiro di aria fresca quel pomeriggio trascorso con i seminaristi. Tutto rimodernato nei corridoi e nelle camere; tutto accogliente e bello per chi, come me, vi aveva trascorso il tempo della sua for-mazione dal ‘38 al ‘50. I poco più di venti giovani, che giornalmente si devono recare a Catania per le lezioni di Teologia, erano molto attenti nell’ascolto della mia esperienza, protrattasi dagli anni cin-quanta ai nostri giorni, nel seguire la spiritualità del Movimento dei Focolari. È seguita la Celebrazione Eucaristica in una cap-pella, più piccola e più raccolta in confronto a quella dei miei tempi, ma che ora mi sembrava una sciccheria per la bellezza dei vari intarsi e ornamenti. Edificante la recita dei salmi, che mi

dava la sensazione di trovarmi fra religiosi bene-dettini.E poi la cena, piuttosto signorile a mio parere, per l’addobbo del locale e le varie portate. Quan-to era freddo, in confronto a questa sala, quel no-stro refettorio e quanto scarso ciò che ci serviva per cena! Un bel ricordo conservo per i miei Superiori di quel tempo: i mons. Lanza, Musumeci, Rosso, Gozzo… Ed in un punto trovavo quella sera ar-monia fra passato e presente: nella competenza dei superiori di quel tempo e di quelli attuali. Segno che la grazia di stato nella scelta dei su-periori del Seminario da parte dell’Arcivescovo funzionava allora, come funziona ora.

L’accoglienza in Seminario passa attraverso i piccoli gesti quotidiani e attraverso le attenzio-ni che i “più grandi” rivolgono ai “più piccoli”.

Forti dell’esperienza fatta l’anno scorso al Propedeutico, viviamo oggi l’inserimento nella comunità in modo più completo: l’essere entrati già come “piccola comunità” in una più grande ci permette da un lato il coinvolgimento totale della vecchia comunità nella nuova, dall’altro ci permette di superare le possibili incompren-sioni a motivo della presenza del “fratello di più vecchia data” che capisce e “reintroduce” a pieno titolo nella comunità. È una sorta di tutela fra di noi, anche se in realtà non ce n’è bisogno: ci sembra di essere qui da sempre, insieme a ra-gazzi che si conoscono da cinque anni e più.

È questa la cosa più bella: i pochi mesi che abbiamo trascorso insieme agli altri hanno fatto in modo che si creassero già bei rapporti di ami-cizia, di dialogo fraterno ed aperto, ma anche momenti di incontro-scontro, cosa che è nella natura di ogni umana comunità. La nostra opi-nione conta come quella dei ragazzi di quinto anno, i nostri problemi sono anche i problemi degli altri… così come le nostre gioie!

A noi sono state affidate le attività vocaziona-li nella città di Palazzolo, dove una volta al mese

andiamo ad incontrare i giovani, ciascuno in una Parrocchia diversa. Insieme a questo compito, già delicato, tra le altre responsabilità dateci sin-golarmente, come primo anno curiamo l’attività di cineforum, le serate di fraternità, le serate cul-turali e guidiamo anche saltuariamente i pulmi-ni per recarci allo Studio Teologico. Sono piccoli grandi impegni all’interno della comunità, che ci fanno sentire utili agli altri e fanno crescere in noi il senso di responsabilità e di appartenenza.

Inoltre, ognuno di noi è “affidato” ad un ragazzo del quinto anno, con il quale condi-vidiamo la camera e a cui possiamo chiedere aiuto (senza limitazioni) nel nostro cammino: sono veri e propri angeli custodi per noi. A loro si aggiunge Camillo, il nostro “fuori quota” del primo anno, che da bravo cinquantenne ci fa anche da nonno… meglio dire zio (scusa Camil-lo!), e che da quando lo conosciamo è sempre stato per noi eccezionale punto di riferimento.

L’accoglienza non è ancora finita, ma cre-diamo di essere già vicendevolmente a buon punto; infatti non è necessaria solo l’accoglien-za, ma anche il lasciarsi accogliere.

Arricchiti dall’esempio dei nostri fratelli maggiori, siamo ansiosi di poter accogliere anche noi i nostri fratelli più piccoli.

Andrea Gallitto Lorenzo Russo

Marco Politini

Accogliere è lasciarsi accogliere

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Seminario Arcivescovile di Siracusa

Settimana di vita fraterna ad AugustaSalvatore Savaglia

Dal 10 al 16 febbraio scorso, la nostra Comunità del Seminario si è trasferita ad Augusta per un’esperienza di vita fraterna con i sacerdoti di quel Vicariato e una settimana vocazionale nelle loro Parrocchie. “Quartier generale” di quei giorni è stato il “Centro Utopia”, che con prodi-ga ospitalità ha accolto e permesso la convivenza tra i seminaristi e i presbiteri.

Abbiamo iniziato la settimana incontrando i ragazzi delle scuole medie inferiori e superiori, condividendo con loro un momento di riflessione sul dono della vita. Dopo aver pregato in-sieme ai sacerdoti le Lodi Mattutine, noi seminaristi abbiamo regolarmente frequentato le le-zioni allo Studio Teologico “San Paolo” di Catania, mentre i pomeriggi ci hanno visti impegnati nelle Parrocchie di Augusta, Brucoli, Melilli e Villasmundo. Grazie all’aiuto dei parroci, ci siamo inseriti nelle attività delle comunità parrocchiali, pregando con loro, incontrando i ragazzi del catechismo, confrontandoci con i giovani e i catechisti, visitando le persone ammalate… sem-plicemente vivendo la vita affascinante e non sempre facile della Parrocchia.

Tornati la sera al “Centro Utopia”, un po’ stanchi ma molto contenti, abbiamo vissuto dei forti momenti di fraternità. La lectio divina ci ha aiutato a mettere insieme le nostre riflessioni sul Vangelo della Trasfigurazione, trasformandole poi in preghiera comune. In due incontri, in particolare, abbiamo sperimentato la ricchezza del confronto fra noi semi-naristi, ancora in formazione, e i presbiteri che svolgono il loro ministero all’interno delle realtà parrocchiali.

Momento di grande allegria è stato l’incontro con i marittimi della Stella Maris, durante il quale, guidati da don Giuseppe Mazzotta, abbiamo conosciuto più da vicino le attività di carità e di aiuto umanitario svolte da questo valido organismo ecclesiale. Il venerdì, giorno in cui si ricorda in modo particolare la passione e la morte di Gesù, abbiamo pregato la Via crucis insieme con i giovani dei quattro paesi in cui svolgevamo servizio, aiutati nella pre-ghiera dalla testimonianza di uomini e donne del nostro tempo che, come Gesù, hanno fatto della propria vita un dono.

La nostra esperienza si è conclusa sabato sera con la “Scuola della Parola” tenuta dal nostro Arcivescovo nella chiesa di Cristo Re, ad Augusta.

Tre sono le cose che, in modo del tutto speciale, custodisco di quei giorni. La prima è il senso di fraternità che abbiamo vissuto, il desiderio di ritrovarsi insieme non per “fare” qualcosa, ma per la gioia di vedersi, di dimostrarsi la vicinanza, di testimoniar-si l’amicizia. La seconda è il modo in cui i nostri sacerdoti guardano noi seminaristi, le at-tese che ripongono in noi, le preoccupazioni nei nostri riguardi, la capacità di sapersi confrontare, la voglia di camminare insieme, ognuno con le proprie peculiarità di servizio alla Chiesa. La terza è l’accoglienza che ci hanno riservato le Parrocchie, l’attenzione che hanno avuto nei nostri riguardi, l’amore con cui pregano per noi.

In tre parole: fraternità, confronto, accoglienza. Tre facce di un’unica piramide il cui fondamento è l’amore fraterno e il cui vertice è Cristo. Tre sfumature dell’unico disegno di unione tra noi e di comunione «col Padre e col Figlio suo, Gesù Cristo» (1Gv 1,3).

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...eccomi!«Se non saprete farvi come

bambini nella novità del cuo-re e della vita non entrerete nel regno dei cieli» (Ant. al Sal 130 nella III sett. del Salterio)

La Liturgia ci ricorda questa dimensione che l’uomo si trova a vivere, quella cioè dell’essere bambino nel cuore e nella vita. In questo anno di Seminario ab-biamo preso in esame le figure di cinque bambini attraverso la vi-sione comunitaria di alcuni film.

Il primo film che abbiamo visto è stato “Il ladro di bam-bini” di Gianni Amelio. Un cara-biniere, Antonio e due bambini, vittime del degrado della socie-tà che li circonda. Infatti la bam-bina, Rosetta, è costretta dalla madre a prostituirsi e il bambi-no, Luciano, vive nella consape-volezza di non poter fare nulla dinanzi a tutto ciò. Ad Antonio vengono affidati i due bambini per essere accompagnati in un istituto in Sicilia. Grazie a lui Ro-setta e Luciano, maschera del-l’adulto non cresciuto, scoprono per pochi giorni la gioia del loro essere bambini. Un’altra storia è quella raccontata dal film “Il più bel giorno della mia vita” di Cristina Comencini. È la vicenda di una famiglia della media bor-ghesia che vive a Roma: ci si in-contra la Domenica, raccolti in-torno al tavolo ma nessuno dice di sé alcunché di significativo. Le cose essenziali sono abilmente occultate dietro un contegno apparentemente sereno, una voglia di passione urge sotto il ripetersi dei rituali di famiglia, chiede un posto di rilievo nella vita di persone che, votate al

decoro borghese, l’hanno pro-grammaticamente espunta da ogni relazione. La situazione viene registrata dallo sguardo attento della piccola Chiara che sta per fare la 1a Comunione. La piccola, cogliendo le angosce dei suoi familiari prega Dio perché la verità cada su di loro come una spada per recidere il nodo dei loro tormenti.

Altra visione, il film “Iris”: una storia che racconta di Ma-ria, una bambina di sei anni che, dimenticatasi del regalo da fare alla madre in occasione del suo compleanno esce di casa per acquistarlo. Non avendo i soldi si incammina per andare dal padre che lavora al faro e farsi dare da lui i soldi necessari per comprarlo. Questa storia, ap-parentemente semplice, vuole mostrare la realtà di tutti i giorni vissuta dagli occhi sereni e liberi della piccola Maria.

Gli occhi dei bambini oltre a vedere il mondo con semplicità riescono ad amare con autenti-cità e quando c’è un amore au-tentico e una vicinanza affettiva, è anche possibile che si sprigioni un’energia capace di cambiare le cose. È questa la trama di un al-tro film: “Il miracolo” di Edoardo Winspeare. È la storia di Tonio, un vivace dodicenne salentino che un giorno viene investito dal-l’auto di Cinzia che, spaventatasi, scappa senza prestare soccorso. Portato in ospedale il piccolo rimane in coma per qualche giorno prima di risvegliarsi. Nel-l’Ospedale si ritrova casualmen-te nella stanza di un malato che sta avendo un attacco cardiaco,

Tonio gli accarezza dolcemente il petto e l’uomo si risveglia. Si grida subito al miracolo tanto che se ne interessa anche la tv nazionale.

Un bambino riesce ad ama-re in maniera semplice ed au-tentica perché dotato di occhi trasparenti, cioè occhi limpidi e puri. Proprio per questo motivo è facile per lui poter chiamare Dio col nome di “Padre”. Questo pensiero si può ben adattare al-l’ultimo film visto, “Marcellino pane e vino”, tratto dal roman-zo di Jose Maria Sanchez Silva: nella Spagna dopo l’invasione napoleonica un bambino, ab-bandonato in fasce, cresce in un convento, amorevolmente accudito dai frati, ma sente la mancanza di una vera famiglia; scopre in soffitta un Crocifisso al quale parla, porta giornalmente da mangiare e chiede di poter vedere finalmente la mamma: il Cristo lo accontenta portandolo con sé in cielo. I vari dibattiti sus-seguitisi alla fine di ciascun film hanno messo in evidenza la figu-ra del piccolo, desideroso di cono-scere e di accogliere con stupore il mondo che lo circonda.

La libertà dei piccoli si fa abitareSergio Vinci

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Seminario Arcivescovile di Siracusa

Il Seminario di Siracusa, che pur vanta una storia plurisecolare, non sembra anno-veri nei suoi annali un fatto così “singolare” come quello che mi riguarda: l’ingresso, qua-le seminarista, di un cinquantunenne.

Se si considera che l’età media degli at-tuali seminaristi è sui venti-ventidue anni, è evidente quanto sia marcato il divario tanto che tutti potrebbero essere miei “figli”, ma fortunatamente, quasi a livellare questa dif-ferenza generazionale, interviene la fraterni-tà in Cristo.

È però opportuno a questo punto che mi presenti: mi chiamo Camillo, sono nato nel (lontano) 1956 e, dopo la maturità scientifi-ca, ho conseguito la laurea in giurisprudenza; in atto, sia pure in regime di tempo parzia-le, sono funzionario della locale Prefettura, dove dal 1979 vivo un’esperienza lavorativa che ampiamente mi ha appagato.

Qualcuno inquadrerebbe la mia “chiama-ta” come una vocazione “adulta”, ma io parlerei piuttosto di una “risposta differita” ad un appello rivoltomi da Dio negli anni settanta.

Un appello che, siccome sconvolgeva i miei progetti, venne quasi subito (apparente-mente) “tacitato”, ma il Signore in sordina continuava a lavorare e come la famosa goccia che con il suo fluire costante finisce con lo spaccare la pietra, così Egli, cinque anni fa, ha infranto alla fine le mie resistenze, creando dapprima una “crepa” e poi un autentico “tra-collo” nelle mura difensive che avevo eretto.

La “crepa” si è aperta nel 2003 quando ho chiesto al nostro Arcivesco-vo mons. Costanzo di poter iniziare il cammino per il diaconato permanente; il “tracollo” è avvenuto tra il 2006 ed il 2007 allorché gli ho chiesto di poter entrare in Seminario per il discernimento e la formazione presbiterale.

È stata un’autentica rivoluzione della mia vita che mai mi sarei aspettato potesse ve-rificarsi così tardivamente; uno sconvolgimento totale di cui tuttora mi meraviglio e che trova logica e fondamento solamente nella forza della “vocazione” che il Signore si è de-gnato di rivolgermi, il quale, mentre chiama, sostiene nella fatica e nelle difficoltà, nelle incomprensioni e negli “ostruzionismi”.

Un cinquantenneCamillo Messina

… uno sconvolgimento totale di cui tuttora mi meraviglio e che trova logica e fondamento solamente nella forza della “vocazione” che il

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...eccomi!

Si è così verificato un cambiamento radi-cale per molteplici motivi e principalmente per il distacco dalla mia famiglia e segna-tamente da mia madre - che alla veneran-da età di ottantasette anni si è adattata a rimanere sola - , per gli studi, non agevoli da intraprendere ex novo, e infine per l’in-gresso in una comunità, le cui regole non potevano non comportare una sensibile limitazione nell’indipendenza personale, cui tanto tenevo, poiché tempi e mete non sono più da me fissati.

I molteplici impegni, poi, che ritmano la giornata di un seminarista (a partire dalla quotidiana “levataccia” per essere alle 6 ed un quarto in Cappella per le Lodi e la San-ta Messa) ben si attagliano per un giovane dalle energie fresche, ma costituiscono un autentico “tour de force” per una persona “matura”, anche perché il “passato” con il suo carico di obblighi e di adempimenti da onorare fa tuttora sentire il suo peso.

Al vertice di queste difficoltà vi è stata però l’esigenza di dovermi inserire in una comunità costituita da giovani e pensata per giovani, la cui personalità è sostanzial-mente in fieri.

Debbo, però, riconoscere che effetti-vamente – come affermò Giovanni Paolo II - lo stare con la gioventù rende giovani, facendo emergere energie insospettate.

Così da un lato per una certa duttilità personale e la ferma volontà di lasciarmi guidare con docilità nel percorso formativo secondo la saggezza della Chiesa dall’altro per il saggio equilibrio del rettore, don Luca Saraceno - che ha saputo contemperare le

esigenze di mantenere chiare regole per assicurare un ordinata convivenza con la ne-cessità di una mia qualche “autonomia” per ragioni di lavoro o familiari - ed altresì per la piena, franca e pronta accoglienza dei miei “fratelli” (minori) seminaristi mi è stato possi-bile un agevole e fruttuoso inserimento nel-la comunità, di cui è indice la nascita di rap-porti amicali sinceri con tutti, sebbene, cosa peraltro naturale, più profondi con alcuni a motivo di affinità o di maggior occasioni di frequenza come con Flavio, il mio compa-gno di stanza e di esperienze “caritas” presso le Parrocchie di Maria Madre della Chiesa e del Pantheon di Siracusa.

In conclusione, posso affermare che se l’aver detto “Eccomi” al Signore mi costa giornalmente fatica, fisica e mentale, tro-vo nel Suo costante aiuto un segno di be-nevolenza che ampiamente mi sostiene e conferma.

In quest’ottica io vedo pure la ammissio-ne all’ordine sacro del diaconato e del pre-sbiterato avvenuta il cinque gennaio scorso a pochi mesi dall’ingresso in Seminario.

Un aiuto, poi, che sì esprime anche nel-l’affetto e nella stima di cui mi sento circon-dato nella comunità del Seminario, senti-menti che io ricambio di cuore vivendo lo stare insieme con questi compagni - un po’ fratelli e un po’ figli - come in una famiglia, in cui si condividono le gioie semplici - come le risate originate da qualche “gaffe” o le se-rate di fraternità oppure le varie ricorrenze (onomastici, compleanni ed anniversari) - e i dolori dalle malattie proprie, più o meno gravi, o dei familiari fino ai lutti.

in SeminarioSignore si è degnato di rivolgermi, il quale, mentre chiama, sostiene nella fatica e nelle difficoltà, nelle incomprensioni e negli “ostruzionismi”.

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Seminario Arcivescovile di Siracusa

Un cammino di libertà lungo un annoAndrea Zappulla

«La sequela di Cristo un cammino di liber-tà», questo è il tema che ci ha accompagna-ti lungo gli esercizi spirituali che sono stati guidati da don Francesco Conigliaro (no-stro docente di Teologia Trinitaria), tenutisi presso la villa San Metodio a Canicattini dal 24 al 28 settembre.Il 30 settembre abbiamo iniziato le nostre attività in Seminario e qui di seguito offrirò un resoconto di quelle che ritengo più si-gnificative. Il primo avvenimento, il 26 Ottobre, è stato l’inaugurazione del corrente Anno Accade-mico presso lo Studio Teologico “San Pao-lo” a Catania. In questo giorno importante noi studenti abbiamo partecipato prima alla Celebrazione Eucaristica presieduta da S.E. mons. Mariano Crociata, neo Vescovo di Noto e successivamente alla prolusione tenuta quest’anno da don Giuseppe Schil-laci, docente di Ontologia ed Etica presso il nostro Studio Teologico.Un mese dopo, il 27 Novembre, il nostro Ar-civescovo ha presieduto l’Eucaristia nella no-stra cappella piccola che, dopo essere rimasta chiusa per lavori durante i mesi estivi, ci è sta-ta riconsegnata in una veste tutta nuova.Il 5 gennaio, durante il Pontificale dei Primi Vespri dell’Epifania del Signore, ce-lebrato in Cattedrale, i seminaristi Flavio

Cappuccio, Stefano Cappello, Camillo Mes-sina, Maurizio Pizzo e Sergio Vinci hanno ricevuto l’ammissione all’Ordine sacro del diaconato e del presbiterato; i seminaristi Salvatore Savaglia, Guido Scollo e Andrea Zappulla sono stati istituiti Lettori mentre i seminaristi Maurizio Casella, Luca Gallina, Alessandro Genovese e Marco Serra sono stati istituiti Accoliti. Al termine della Ce-lebrazione abbiamo festeggiato in Semi-nario insieme con le nostre famiglie in un clima di gioia e fraternità. Altra data importante è stata quella del 25 marzo quando il nostro Arcivescovo, nella Basilica Santuario Madonna delle Lacrime, ha ordinato diaconi i seminaristi Alfredo Andronico, Sebastièn Harerimana, Michele Mangiafico, Sylvere Nkunzimana e France-sco Antonio Trapani, ed ha conferito l’ordi-ne del presbiterato a don Giuliano Gallone e a don Marco Pandolfo, che hanno poi pre-sieduto la loro prima Messa rispettivamen-te il 29 e il 30 marzo nelle loro Parrocchie ed in Seminario il 31 marzo ed il 2 aprile.Ritorniamo alle attività e agli eventi inter-ni vissuti quest’anno. Ogni primo martedì del mese i seminaristi dei primi due anni si sono riuniti con il nostro Padre spirituale, don Salvatore Garro, per discutere sul tema della «spiritualità»; contemporaneamente i seminaristi di terzo, quarto e quinto anno si sono riuniti con il Rettore, don Luca Sa-raceno, per discutere sul tema della «carità pastorale». Le nostre attività non sono certo termina-te qui, ci siamo incontrati varie volte per trattare il tema dell’anno che aveva come oggetto la conoscenza dei diversi carismi presenti, come pluralità di movimenti nel-la nostra Chiesa dal momento che «il pre-sbitero non ha l’insieme dei carismi ma il carisma dell’insieme». In questo contesto abbiamo avuto il piacere di avere tra noi i responsabili di alcuni movimenti ecclesiali:

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...eccomi!il signor Salvatore Morfino per il Cammino Neocatecumenale (9 ottobre), il giornali-sta Giuseppe Di Fazio per il movimento di Comunione e Liberazione (12 novembre), il signor Salvatore Martinez per il Rinnova-mento nello Spirito (4 dicembre), i coniugi Miano per l’Azione Cattolica (15 gennaio), i coniugi Fatuzzo per il Movimento dei Focola-ri (13 marzo), i coniugi Lavenia per l’Agesci (8 aprile), infine incon-treremo i coniugi Cara-magno per i Cursillos di cristianità (6 maggio). I giovedì successivi ai vari incontri, abbiamo invitato dei parroci che hanno avuto legami ed esperienze perso-nali con i singoli mo-vimenti: don Marco Tarascio per il Cammino Neocatecumenale (11 ottobre), don Paolo Manciagli per il movimento di Comunione e Liberazione (15 novembre), don Paolo Pandolfo per il Rinnovamento nello Spirito (29 novembre), don Giuseppe Benintende per l’Azione Cattolica (17 gennaio), mons. Pino Matteo per il Movimento dei Focolari (13 marzo), don Sebastiano Moncada per l’Agesci (10 aprile). Incontreremo infine don Angelo Caligiore per i Cursillos di cristianità (8 maggio). Il quarto martedì di ogni mese è stato dedi-cato alla visione e al successivo commento di alcuni film: Iris, Il più bel giorno della mia vita, Il giardino segreto, Basta guardare il cie-lo, Marcellino, pane e vino, Il ladro di bambi-ni, Il miracolo. Ma non è ancora finita! Ogni mese èstato a noi dettato il ritiro spirituale avente per tema la sequela, in relazione agli esercizi effettuati all’inizio dell’anno. Nell’occasione abbiamo meditato con le riflessioni di don Salvo Randazzo (18 novembre e 16 di-cembre), don Maurizio Aliotta (20 gennaio e 6 febbraio) e don Santino Fortunato (20 aprile e 25 maggio). Un’altra attività che ha coinvolto però sol-

tanto i ragazzi dei primi tre anni è stata quella del «Dialogo dei Seminari» tenutosi a Monreale dal 19 al 22 Ottobre, che que-st’anno ha avuto come tema «Rimanete in Me, alle sorgenti dell’affettività».Questo tema è stato successivamente ripre-so durante l’incontro avuto con i sacerdoti

di tutta la regione, facenti parte del Centro Gesù Buon Pastore, con la relazione tenuta nella nostra Cappella grande da don Ame-deo Cencini il 20 febbraio.Un’altra esperienza importante e coinvol-gente è stata quella vissuta durante la set-timana di convivenza tra i seminaristi e i presbiteri del vicariato di Augusta dal 10 al 16 febbraio.Con lo Studio Teologico “San Paolo” di Cata-nia abbiamo vissuto il “colloquio di spiritua-lità” sulla figura di Santa Maria Maddalena di Firenze (6 dicembre) e il “colloquio inter-disciplinare” sulla «Definitività delle scelte, oggi, nella Chiesa» (18 aprile). Non sono mancati i giovedì di fraternità e di cultura curati dai ragazzi di primo e se-condo anno. Inoltre abbiamo avuto modo di incontrare ed ospitare in seminario Padre Stefano Berton, missionario saveriano, ve-nuto da noi per la consueta visita annuale dei seminari (28-29 aprile). Caro lettore giunto a questo punto ti chie-derai se le nostre attività siano terminate, in realtà queste sono solo le più importanti sufficienti a far comprendere la direzione del cammino compiuto dalla nostra comu-nità in questi mesi.

Carissimi lettori, anche quest’anno di stu-di e di vita comune sta volgendo al termine e noi giovani seminaristi ci accingiamo a vivere le nostre esperienze estive, fonte di rinnovata ricchezza umana e spirituale. Nello spirito di condivisione siamo contenti di raccontarvi le nostre esperienze, diverse anno per anno.

Vogliamo iniziare con l’esperienza del campo di Azione Cattolica Giovani dove sia-mo chiamati a dare testimonianza delle no-stre scelte vocazionali.

Vivendo insieme ai giovani di Azione Cattolica le varie attività di formazione, i mo-menti di fraternità e di preghiera proposti al-l’interno del campo, sulla base di un tema che varia annualmente, riscopriamo in noi stessi l’essenzialità per poter cogliere la presenza di Dio nella quotidianità della nostra vita.

Se attraverso l’esperienza del campo di Azione Cattolica, siamo chiamati a rendere ragione della nostra vocazione attraverso la “tecnica” del racconto, con l’esperienza del campo Agesci sperimentiamo i valori dello

scoutismo che ci permettono di divenire con-sapevoli delle nostre scelte di vita soprattut-to nel servizio degli altri e delle comunità di appartenenza, acquisendo così una maggio-re responsabilità. Il predetto campo scout è preceduto da una serie di incontri preparatori con lo staff di comunità-capi vissuti nella di-mensione del servizio.

Altre esperienze ci permettono di incon-trare il volto del Cristo sofferente nei fratelli malati. In questa prospettiva va letta l’espe-rienza del Cottolengo dove siamo invitati a confrontarci con le sofferenze degli infermi e a renderci attenti alle loro esigenze.

Un’esperienza altrettanto significativa è quella del mese ignaziano che viene svolta in una comunità di Padri gesuiti. Tale mese prevede un lungo cammino spirituale nel corso del quale ogni seminarista è chiamato ad esaminare se stesso e a mettere ordine alla propria vita rendendola conforme alla volon-tà di Dio.

Per completare il quadro delle esperienze facciamo cenno a quel-le che vengono vissute presso la Comunità di Bose, che permettono attraverso lo studio il lavoro e la preghiera di maturare la nostra vo-cazione al sacerdozio e quella, prettamente missionaria, sperimen-tata in Albania che ci permette di vivere “sul campo” il servizio reso ai più piccoli.

Un insieme, dun-que, di esperienze che consentono di vivere la propria esistenza di futuri sacerdoti come un dono di sé agli altri!

Esperienze estive del SeminarioFrancesco Maltese Stefano Cappello