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Ecomondo: l’ambiente a rapporto

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“Tecnologie innovative”. È stato questo il tema della XV edizione di Ecomondo 2012, l’appuntamento di respiro internazionale dove l’ambiente non solo si discute, ma si fa. In questo numero di Equilibri, il Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati (Coou) racconta soprattutto l’evento che ha caratterizzato l’edizione Ecomondo di quest’anno e a cui ha partecipato con impegno alla fase preparatoria: gli “Stati Generali della Green Economy”.

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IL COOU SBARCA IN CINAFirmato il protocollo

per il trasferimento del know-how italianoalla filiera cinese degli oli usati

AL VIA GLI STATI GENERALIDELLA GREEN ECONOMY

30 ANNI DI A.N.CO.UNA RACCOLTA DI SUCCESSI

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Periodico trimestrale del Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati

Registrazione Tribunale di Roma n. 374/89 del 21/06/1989

Direttore Responsabile:Paolo Tomasi

Segreteria di redazione:Maria Savarese

Anno XXIIINumero 74/75Aprile/Settembre 2012

Direzione, redazione, amministrazione: Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati Via Virgilio Maroso, 50 – 00142 Roma

Progetto grafico e realizzazione:eprcomunicazione Via Arenula, 29 – 00186 Roma

Stampa: Piramide ComunicationRoma

Stampato nel mese di novembre 2012

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EDITORIALE 3Ecomondo: l’ambiente a rapporto

PRIMA PAGINA 4La Cina preferisce il “made in Italy”

La Cina va a lezioni (green) dall’Italia

RACCOLTA 930 anni di A.N.CO., una raccolta di successi

MOTORI 10L’evoluzione dei lubrificanti per autotrazione

L’olio lubrificante rigenerato e i suoi vantaggi

AMBIENTE 14Al lavoro per gli Stati Generali: la svolta italiana della green economy

Goletta 2012: il Paese è davvero in un mare di guai

DALL’ESTERO 16Rio+20 si conclude con la promessa di promuovere la green economy

MONDO 17Rio+20: i grandi muovono piccoli passi

COOU 18Paladini della differenziata si diventa

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La Cina preferisceil “made in Italy”: firmato il protocolloCOOU-CRRA

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stato siglato ad Anqing unprotocollo d’intesa fra ilConsorzio Obbligatorio degli

Oli Usati e la CRRA, China NationalResources Recycling Association, cheprevede il trasferimento del know-how italiano per gli assetti normativi eregolamentari, le esperienze di orga-nizzazione di raccolta e le tecnologiedi rigenerazione di tutta la filiera deglioli lubrificanti usati.Stando all’accordo, il Consorziooffrirà alla Cina la “soluzione italia-na” al problema dei lubrificanti,esportando un modello che ha dimo-strato di essere all’altezza dellagestione di questo rifiuto pericoloso.In trent’anni di attività il COOU e lasua filiera, costituita da aziende diraccolta e di rigenerazione, hanno svi-luppato una best practice che rendeesportabile il modello italiano in tuttequelle economie avanzate nelle qualiil “problema olio lubrificante usato” èparticolarmente significativo.La delegazione del COOU, guidatadal presidente Paolo Tomasi, ha par-tecipato al 4° Convegno annuale sul-l’industria della rigenerazione degli oliusati, dove ha sottoscritto il protocol-lo d’Intesa con la CRRA.La Cina a lezioni green dall’Italia?«L’importanza dell’accordo – dichiarail Presidente Tomasi – risiede nel fattoche esso può aprire ampi spazi di col-laborazione, non solo per lo scambiodi soluzioni manageriali, esperienze etecnologie, ma anche per dare avvio aesperienze che coinvolgano le singoleparti e le imprese rappresentativedelle rispettive filiere».Sono stati anche stabiliti gli argomen-ti salienti della collaborazione:· soluzioni e tecnologie nella raccolta

degli oli usati;· soluzioni e tecnologie in tema di

rigenerazione degli oli usati;· quadro di riferimento legislativo e

normativo;· procedure e pratiche per ottimizza-

re il controllo delle catene logistiche;· piattaforme ICT, strumenti e stan-

dard tecnici.Gli accordi tra il COOU e la CRRAprevedono un periodo di tre mesiutile a preparare il lavoro, al terminedel quale verrà formulato un PianoOperativo delle iniziative, da sotto-porre all’approvazione delle Parti,

che si sono impegnate a incontrarsi,almeno una volta all’anno, per valu-tare i progressi della collaborazione eapprovare gli adeguamenti del PianoOperativo sulla base dell’evoluzionedelle priorità e dei risultati raggiunti.La missione del Consorzio in Cinaavviene in seguito agli accordi italo-cinesi che hanno come obiettivo latutela ambientale, ed è sostenutadall’approvazione del Ministerodell’Ambiente e della Tutela delTerritorio e del Mare. Nel protocol-lo, infatti, c’è anche un impegnofinale per rendicontare ai rispettiviMinisteri dell’Ambiente lo statodella collaborazione, in particolare:“per ottenere, dai rispettivi Gover-ni, l’incoraggiamento e il supportocontinui al programma di collabora-zione”.Al convegno “The Fourth ChineseOil Recyclers Annual Conference”erano presenti circa 150 congressisti,in rappresentanza di 97 aziende pro-venienti da Paesi che giocano unruolo chiave nel settore del riuso dioli esausti: non solo la Cina, maanche la Germania, la Francia, ilGiappone, gli Stati Uniti, oltreall’Italia. E la delegazione del SistemaConsorzio ha avuto di che insegnareanche alle aziende d’oltreoceano, intermini di operatività e di tecnologia.«Un Consorzio che non ha finalità dilucro, come il nostro, potrebbe esse-

re tentato di “tirare i remi in barca”– commenta ancora Tomasi, attual-mente al suo terzo mandato nellacarica di Presidente del COOU –sapendo che comunque qualcunopareggerà i suoi conti: non è ilnostro caso. Abbiamo sempre cerca-to di realizzare puntualmente l’obiet-tivo statutario (raccogliere olio usatoe comunicare la sua pericolosità),con un occhio al conto economico

ma anche all’innovazione. Alcunianni fa proposi agli interlocutoridiretti di creare una filiera integrata,certificata, con capacità di dialogoper superare i problemi. L’obiettivofinale di questa aggregazione è quel-lo di operare coniugando l’interesseindividuale delle singole aziende conquello della filiera. Il percorso è statolungo, ma progressivamente tuttiabbiamo riscontrato l’efficacia delprogetto». L’unione fa la forza,come ribadisce Besozzi, presidentedi A.N.CO., che indica nell’alleanzatra le aziende di raccolta e il SistemaConsorzio uno dei segreti del succes-so della filiera: «Il progetto di creareuna filiera integrata di aziende diraccolta e di rigenerazione ha dimo-strato di essere il punto di forza persuperare difficoltà e per creare unaforte coesione tra le diverse catego-rie, perseguendo un obiettivo comu-ne pur tenendo presente le peculia-rità di ogni singola azienda».Guardando i risultati raggiunti, convantaggi equamente ripartiti su tuttala filiera, non si può che confermarel’efficacia della struttura del sistemaproposto dal COOU: il Consorzio haraggiunto livelli di raccolta moltoprossimi alla saturazione; i Consorziatihanno visto ridotto il contributoobbligatorio a loro carico, un valoreirrisorio tenendo conto che si trattadi recuperare e smaltire un rifiutopericoloso; i Concessionari hannomigliorato quali/quantitativamentela raccolta e i ricavi qualificando ipropri standard operativi; le societàdi rigenerazione hanno potutodisporre di maggiori quantità di oliousato ottimizzando gli impianti in unperiodo di prezzi crescenti.La rigenerazione, in Europa, èindicata come la via prioritaria dismaltimento degli oli lubrificantiusati raccolti.Anche negli Stati Uniti la rigenera-zione è riconosciuta quale sceltamigliore dal punto di vista ambienta-le, e qualificati istituti internazionalihanno dimostrato che la ri-raffina-zione, rispetto alla raffinazione delgreggio per ottenere nuove basilubrificanti o agli utilizzi degli oliusati pro-combustione, è la soluzio-ne migliore dal punto di vista di tuttii principali parametri ambientali:

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La missione del COOU inCina segue gli accordiitalo-cinesi per la tutelaambientale, ed è sostenu-ta dallo stesso Ministerodell’Ambiente.

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l Ministero dell’Ambiente e dellaTutela dello Sviluppo e del Mareha accolto la proposta di Edo

Ronchi, Presidente della Fondazioneper lo Sviluppo Sostenibile: realizzarenel nostro Paese dei veri e propri StatiGenerali della green economy.L’iniziativa vuole dare vita a un even-to nazionale unitario con l’ambizionedi promuovere, insieme, un nuovoorientamento generale dell’econo-mia italiana, una green economy, peraprire nuove possibilità di sviluppo,durevole e sostenibile; varare, con ilmetodo dell’elaborazione partecipa-ta, una piattaforma programmaticaper lo sviluppo di una green eco-nomy, con particolare riferimento alruolo di una green economy per farfronte alle crisi economica e ecologi-ca-climatica; promuovere le ragionidella green economy in un incontro econfronto con il Governo, le forzepolitiche, il mondo delle imprese e lasocietà civile. Partito a giugno, il lavoro della taskforce è serrato e incalzante:«Sono stati formati 8 gruppi di lavoro– dichiara Edo Ronchi – su altrettantitemi ritenuti strategici per lo sviluppodella green economy in Italia; sullebozze proposte da questi gruppi visarà un’ampia consultazione, sia via e-mail, sia con 8 assemblee nazionalitematiche, 4 a luglio, 4 a settembre. Ci

aspettiamo un’ampia partecipazione el’attivazione della possibilità per impre-se e organizzazioni di far sentire la pro-pria voce, segnalare le proprie poten-zialità, i problemi e le proposte da rac-cogliere, riassumere e portare avanti».

Quali obiettivi si vorrebbero raggiun-gere?«Produrre una proposta più incisiva,che conti di più, sia per la sua qua-lità, sia perché integrata, ampia, nonisolata in ristrette logiche di singolosettore, ma capace di valorizzare ilcontributo di ogni settore comequello di un singolo strumento nel

concerto di un’orchestra; produrreuna proposta programmatica chevalorizzi le iniziative ascrivibili allagreen economy come contributo per affrontare la crisi italiana; raffor-zare la collaborazione, e l’ascolto,del Governo tramite la gestione diquesti Stati Generali fatta con ilMinistero dell’Ambiente».

Anche il Consorzio Obbligatorio degliOli Usati ha aderito al progetto, entran-do a far parte dei gruppi Sviluppo del-l’ecoinnovazione e Sviluppo dell’ecoef-ficienza, della rinnovabilità dei materia-li e del riciclo dei rifiuti.

Al lavoro per gli Stati Generali:la svolta italiana della green economySARÀ ECOMONDO IL BANCO DI PROVA DELL’AMBIZIOSO PROGETTO

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· Sviluppo dell’ecoinnovazione· Sviluppo dell’ecoefficienza, della rinnovabilità

dei materiali e del riciclo dei rifiuti· Sviluppo dell’efficienza e del risparmio energetico· Sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili

· Sviluppo dei servizi ambientali· Sviluppo di una mobilità sostenibile· Sviluppo delle filiere agricole di qualità ecologica· Sviluppo di una finanza e di un credito sosteni-

bile per la green economy

GRUPPI DI LAVORO DEDICATI AI SETTORI INDIVIDUATI COME STRATEGICI PER LO SVILUPPO DELLA GREEN ECONOMY IN ITALIA

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L’assemblea nazionale degli Stati Generali si terrà in occasione del prossimo Ecomondo, il 7 e 8 novembrealla Fiera di Rimini.

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l vertice Rio+20, venerdì, si èimpegnato a promuovere una“economia verde” preservan-

do le risorse naturali del pianeta edeliminando la povertà, mentre i cri-tici hanno posto l’attenzione sullamancanza di obiettivi vincolanti e difinanziamenti.Vent’anni dopo il Summit dellaTerra, che aveva imposto l’ambientein cima alle agende delle potenzemondiali, il vertice sullo svilupposostenibile, preceduto da mesi didiscussioni e trattative, si è conclusoa Rio de Janeiro con l’accordo di uncompromesso minimo sviluppatodal Brasile, Paese ospitante.Circa 188 Paesi delle Nazioni Unitehanno approvato all’unanimità iltesto intitolato “Il mondo chevogliamo”.Questo testo è stato accolto dalSegretario Generale Ban Ki-Mooncome un «buon documento, unavisione sulla quale possiamocostruire i nostri sogni».Il Segretario di Stato Hillary Clintonha altresì accolto con favore il risul-tato: «Ci siamo coalizzati intornoad una dichiarazione finale chesegna una vera svolta per lo svilup-po sostenibile».Per la presidente brasiliana DilmaRousseff, Rio+20 è un «punto dipartenza» e «la cosa importante èche quando si dispone di un docu-mento scritto, nessuno può negareo dimenticare ciò che vi è scritto».Per le Nazioni Unite «più di 513miliardi di dollari sono stati mobiliz-zati» da parte del settore privato,dei Governi e della società civile,per finanziare progetti nei settoridell’energia, dei trasporti, dellagreen economy, della desertificazio-ne, dell’acqua e delle foreste, masenza fornire dei dettagli.

Diversa invece la reazione dellasocietà civile. Migliaia di attivistihanno protestato per il lorodisappunto nel corso dei tre gior-ni del vertice, denunciando il“fallimento” e la mancanza diambizione di Rio+20.Per Kumi Naidoo, direttore esecuti-vo di Greenpeace International, «sistanno rimettendo in ordine le sediesul Titanic mentre sta affondando».«Le aspettative erano molto poche,ma il risultato lo è stato ancora dipiù... È stata un’occasione persa»,ha affermato Manish Bapna delcentro di riflessione americano, ilWorld Resources Institute (WRI)Ossessionati dal fallimento dellaconferenza di Copenaghen nel2009, che si è conclusa con un fia-sco clamoroso, i Paesi ricchi e i Paesipoveri hanno concordato una seriedi ”promesse” per sanare le feritedel pianeta.La lunga lista dei mali del pianetacomprende la fame, la povertà, ladesertificazione, l’impoverimentodegli oceani, l’inquinamento e ladeforestazione, il rischio d’estinzio-ne per migliaia di specie...Il documento inizia con la seguentedichiarazione, «Noi capi di Stato edi Governo (...) rinnoviamo il nostroimpegno verso uno sviluppo soste-nibile e verso un futuro economica-mente, socialmente ed ecologica-mente sostenibile, per il nostro pia-neta e per le generazioni presenti efuture» mentre il risultato principa-le è la decisione di lanciare degli“obiettivi di sviluppo sostenibile”(ODD), sul modello degli “Obiettividi Sviluppo del Millennio” adottatinel 2000 dalle Nazioni Unite.Tuttavia, la loro definizione èdemandata a un gruppo di lavoroche dovrà presentare le sue propo-

ste nel 2013 per un’attuazione apartire dal 2015.Questi obiettivi dovranno essere «diun numero limitato e conciso, eorientati all’azione».Rio+20 auspica una “green eco-nomy” come modello di sviluppomeno distruttivo per un pianeta chedovrebbe vedere un aumento dipopolazione da 7 miliardi di oggi a9,5 miliardi entro il 2050.Ma a causa dei timori dei Paesipoveri, la definizione di “politichedi green economy” è interpretabileper ogni Paese e la dichiarazionesottolinea che essa non debbacostituire “una restrizione dissimu-lata al commercio internazionale”.La questione finanziamento è rima-sta irrisolta: in tempi di crisi, e condei budget fortemente limitati, iPaesi ricchi non hanno più i mezziper attingere ai propri fondi e laproposta dei Paesi in via di sviluppodi un fondo di 30 miliardi di dollariall’anno non è stata accolta.Rio+20 ha così deciso d’incoraggia-re nuove fonti di finanziamento –imprese, partnership... – oltre a dei“finanziamenti innovativi”,ma senzaentrare nei dettagli.Nel frattempo, un contro-summitnel centro di Rio ha riunito migliaiadi ambientalisti, indiani, donne,omosessuali, i quali hanno organiz-zato centinaia di dibattiti, dimostra-zioni e mostre, in un clima festoso ecolorato.In un comunicato, hanno espressola loro convinzione che «solo unamobilitazione dei popoli organizza-ti può liberare il mondo dal con-trollo societario e del capitalefinanziario».

* Traduzione a cura di Stefano Sepich

RIO+20 SI CONCLUDE CON LA PROMESSA DI PROMUOVERELA GREEN ECONOMYArticolo tratto da “Le Parisien”, di Christopher Simon *

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potenti si defilano e dal summitmondiale per lo sviluppo sostenibi-le pochi impegni concreti. La green

economy sembra non convincere.Chi riponeva aspettative su Rio+20 èrimasto deluso. Da una conferenzamondiale a quanto pare disorganizzatae confusionaria, poco o nulla vienefuori. Assenti come annunciato i gran-di leader dei Paesi occidentali, pochi ebanali i contenuti del documento fina-le, un compromesso fiacco che nonaccontenta nessuno, in sostanza nes-sun accordo per un impegno concretosullo sviluppo sostenibile. E nessunaagenzia ONU per l’ambiente, comealcuni si auspicavano. Nel 1992 il pre-cedente summit di Rio ha voluto porta-re per la prima volta agli abitanti delpianeta i numeri dell’insostenibilità diun modello di sviluppo. Acqua, cibo,energia, territorio sono risorse non infi-nite. Con la quantità e le modalità diconsumo attuali e la continua crescitadella popolazione mondiale non baste-ranno per tutti. Si sosteneva che le abi-tudini dell’uomo contemporaneo nonfossero compatibili con la vita sul pia-neta, proponendo un’alternativa: losviluppo sostenibile, il consumo devetenere conto delle generazioni future edella limitatezza delle risorse. Gli orga-nismi internazionale e la rete delleorganizzazioni non governative simobilitarono, preparando piani d’azio-ne e convenzioni, prime tra tutte quel-la di Kyoto sul clima, nata dalla consta-tazione che il livello di gas serra inatmosfera stava aumentando. Oracome i tre moschettieri di Dumas ci siincontra vent’anni dopo, per tirare lefila del discorso. Ma prima ancora diarrivare all’appuntamento di Rio già iconti non tornavano, chi potrebbeinfluenzare la politica economica mon-diale annunciava la sua assenza.Obama, Merkel e Cameron non se la

sentirono, con una crisi economica inatto, di prendere impegni vincolanti, diinfluenzare in modo unidirezionale leproprie politiche industriali o i proprimodelli di consumo. Niente quindi daiPaesi sviluppati, su cui pesa maggior-mente la crisi e che non vogliono soste-nere i costi di una riconversione verde,ma neanche impegni dai Paesi emer-genti, che non vogliono frenare il pro-prio sviluppo con vincoli ambientali. Gliimpegni in campo ambientale fannopresagire limitazioni allo sviluppo, costieconomici e sociali quantomeno impo-polari, la green economy, ossia l’econo-mia che tiene conto dell’impattoambientale della produzione, il motoredello sviluppo sostenibile, non convin-ce. Qualche soddisfazione la esprimo-no dal People’s Summit, il controverticeorganizzato dalle comunità di basebrasiliane: le Ong provenienti da tutto ilpianeta hanno avuto modo di scambia-re idee e condividere programmi. Maquale peso potranno avere? A guardarbene singoli Paesi hanno fatto passiconcreti, come la Cina, che ha stanzia-to milioni di dollari per lo sviluppo ditecnologie sostenibili, comprendentienergie rinnovabili e auto elettriche. Ogli Stati Uniti, che finanzieranno l’ONUcon 2 miliardi di dollari per l’efficienzaenergetica e le rinnovabili. Anche

l’Italia è tra i Paesi più impegnati, ilMinistro dell’Ambiente Clini ha dichia-rato in chiusura del summit: «Nel decre-to sviluppo abbiamo inserito normeche prevedono incentivi per le aziendeche lavorano nella green economy eche assumono giovani laureati. In tutto470 milioni di euro nel 2012». Anchealtre componenti sono scese in campo:banche che hanno messo a disposizio-ne miliardi di dollari per prestiti agevo-lati, investitori e imprese private prontea investire sulla green economy. Uninsieme di piccoli contributi grazie aiquali secondo Legambiente non si puòparlare di fallimento totale. Ma con ilsostanziale nulla di fatto si rimandatutto alla ripresa dei negoziati sui gasserra nel 2015, prossimo appuntamen-to mondiale sulla salute del pianeta.Fino ad allora i Paesi e le industrieavranno campo libero e potranno valu-tare vantaggi e svantaggi della greeneconomy. Pesa il monito del segretarioONU Ban Ki-moon: «Il tempo è lanostra risorsa scarsa».

Luca ScarnatiRicercatore presso il Laboratorio

Tecnologie Informatiche per la Vegetazione e l’Ambiente,

Dipartimento di Biologia Ambientale,Università di Roma “La Sapienza”

Rio+20:i grandi muovono piccoli passi NON È STATO UN FALLIMENTO, EPPURE SOLO POCHI PAESI (INCLUSA LA CINA) HANNO DECISO MISURE CONCRETE PER UN FUTURO SOSTENIBILE

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Le associazioni ambientaliste e i gruppi della società civile hanno definito il vertice “un’occasione sprecata”.

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