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IdA Analisi del ciclo di vita Sommario L’articolo riporta i risultati di un’analisi dello stato dell’arte sul tema dell’economia circolare con l’intento di restituirne i fondamenti teorici, le interpre- tazioni e le politiche, nonché di verificare il ruolo che nelle ricerche condotte in questo ambito rivestono gli strumenti di valutazione life cycle. Dopo una prima in- dagine sulle diverse teorie relative alla relazione tra sfe- ra ambientale ed economica, sull’origine del modello economico circolare e, dopo un’analisi del quadro poli- tico e normativo europeo, vengono riportati i risultati emersi da una lettura critica e puntuale di un campione di 50 articoli scientifici, selezionati tra quelli pubblica- ti tra il 2010 e il 2017, riconducibili al termine circular economy. Attraverso la lettura sono state rilevate diver- se interpretazioni e strategie legate al tema dell’econo- mia circolare; inoltre sono state evidenziate le principa- li leve di azione per l’introduzione del modello econo- mico circolare (riduzione dei costi / riduzione degli im- patti ambientali, gestione dei rifiuti / scarsità di risor- se). In particolare dall’analisi è risultato un ruolo anco- ra limitato degli strumenti life cycle nella verifica dei benefici perseguibili con l’attivazione dei processi di economia circolare. Infine, sono state evidenziate le stra- tegie di circolarità maggiormente praticate (tra riuso, ri- ciclo e recupero energetico), le fasi del ciclo di vita del prodotto/servizio dalle quali proviene prevalentemente il rifiuto recuperato e i settori di origine dei rifiuti e di destinazione del riciclo. Parole chiave: LCA – Life Cycle Assessment, economia cir- colare, riciclaggio, ciclo di vita, efficienza delle risorse. CIRCULAR ECONOMY, WASTE MANA- GEMENT AND LIFE CYCLE THINKING Abstract This paper shows a state of the art analysis about the concept of circular economy. It concernes the theoretical issues, interpretations, policies and the appli- cation level of life cycle assessment tools within the cir- cular economy actions. At first, the relationship between environmental sphere and economics sphere is conside- red. Then the introduction of circular economy into poli- cy framework is investigated and the European regula- tions are critically analyzed. Moreover the paper pro- poses a critical analysis sampled in 50 scientific papers, pubblicated between 2010 and 2017, which contains the circular economy term into their title. Through this analysis, the main levers of the circular economy actions are highlighted (cost reduction / environmental impacts reduction, waste management / resource scarcity). Then a limited role of life cycle tools in the assessment of cir- cular economy processes is also shown. Furtermore, the most diffused circular strategies (including reuse, recy- cling and energy recovery) is identified. Finally, the ori- gin of the waste among the product/service life cycle stages is analyzed and the main producing and recycling waste industrial sectors are shown. Keywords: LCA – Life Cycle Assessment, circular economy, recycling, life cycle, resource efficiency. Ricevuto il 3-4-2017. Correzioni richieste il 11-5-2017. Accettazio- ne il 29-6-2017. 1. INTRODUZIONE La sfera economica e la sfera ambientale da sem- pre sono collegate in una profonda relazione in- fluenzandosi reciprocamente: il sistema economi- co, rappresentato dalle attività antropiche, richiede l’utilizzo di risorse naturali. L’equilibrio tra le due sfere ha cominciato ad essere compromesso dopo il cambiamento dei processi produttivi, dovuto al- l’industrializzazione, che ha introdotto un model- lo di crescita economica incentrata sul consumo quantitativo di beni e ancora oggi alla base del- l’economia. Tale impostazione comporta che la sfe- ra economica pesi, sempre di più, su quella am- bientale, sfruttando le risorse naturali, alterando il clima e, conseguentemente, minacciando gli eco- sistemi (esternalità negative ambientali). All’interno dell’obiettivo complessivo della ricerca di restituire un quadro conoscitivo completo sulla defi- nizione del tema dell’economia circolare, attual- mente alla base di molte iniziative politiche e com- merciali, sono stati innanzitutto studiati i fondamen- ti teorici che trattano il rapporto tra economia e am- biente dall’origine del pensiero ambientalista ed è stato analizzato come attualmente il modello circo- lare viene inteso e applicato in ambito politico e co- me viene promosso all’interno delle azioni politiche. 1.1. Il rapporto tra economia e ambiente: il qua- dro teorico In letteratura lo studio della relazione tra economia e ambiente viene espressa da due principali scuo- le di pensiero: l’economia ambientale (environ- mental economics) e l’economia ecologica (ecolo- 263 ECONOMIA CIRCOLARE, GESTIONE DEI RIFIUTI E LIFE CYCLE THINKING: FONDAMENTI, INTERPRETAZIONI E ANALISI DELLO STATO DELL’ARTE Serena Giorgi 1,* , Monica Lavagna 1 , Andrea Campioli 1 1 Politecnico di Milano, Dipartimento ABC, Milano. Ingegneria dell’Ambiente Vol. 4 n. 3/2017 dx.doi.org/10.14672/ida.v4i3.1141 * Per contatti: Via Giuseppe Ponzio 31, 20133 Milano. Tel. 02.23995134. E-mail: [email protected].

ECONOMIA CIRCOLARE, GESTIONE DEI RIFIUTI E LIFE CYCLE ... · glie critiche di stock delle risorse del pianeta. L’eco-nomia ecologica propone anche una chiara distin-zione tra crescita

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Sommario – L’articolo riporta i risultati di un’analisidello stato dell’arte sul tema dell’economia circolare conl’intento di restituirne i fondamenti teorici, le interpre-tazioni e le politiche, nonché di verificare il ruolo chenelle ricerche condotte in questo ambito rivestono glistrumenti di valutazione life cycle. Dopo una prima in-dagine sulle diverse teorie relative alla relazione tra sfe-ra ambientale ed economica, sull’origine del modelloeconomico circolare e, dopo un’analisi del quadro poli-tico e normativo europeo, vengono riportati i risultatiemersi da una lettura critica e puntuale di un campionedi 50 articoli scientifici, selezionati tra quelli pubblica-ti tra il 2010 e il 2017, riconducibili al termine circulareconomy. Attraverso la lettura sono state rilevate diver-se interpretazioni e strategie legate al tema dell’econo-mia circolare; inoltre sono state evidenziate le principa-li leve di azione per l’introduzione del modello econo-mico circolare (riduzione dei costi / riduzione degli im-patti ambientali, gestione dei rifiuti / scarsità di risor-se). In particolare dall’analisi è risultato un ruolo anco-ra limitato degli strumenti life cycle nella verifica deibenefici perseguibili con l’attivazione dei processi dieconomia circolare. Infine, sono state evidenziate le stra-tegie di circolarità maggiormente praticate (tra riuso, ri-ciclo e recupero energetico), le fasi del ciclo di vita delprodotto/servizio dalle quali proviene prevalentementeil rifiuto recuperato e i settori di origine dei rifiuti e didestinazione del riciclo.

Parole chiave: LCA – Life Cycle Assessment, economia cir-colare, riciclaggio, ciclo di vita, efficienza delle risorse.

CIRCULAR ECONOMY, WASTE MANA-GEMENT AND LIFE CYCLE THINKING

Abstract – This paper shows a state of the art analysisabout the concept of circular economy. It concernes thetheoretical issues, interpretations, policies and the appli-cation level of life cycle assessment tools within the cir-cular economy actions. At first, the relationship betweenenvironmental sphere and economics sphere is conside-red. Then the introduction of circular economy into poli-cy framework is investigated and the European regula-tions are critically analyzed. Moreover the paper pro-poses a critical analysis sampled in 50 scientific papers,pubblicated between 2010 and 2017, which contains thecircular economy term into their title. Through thisanalysis, the main levers of the circular economy actionsare highlighted (cost reduction / environmental impactsreduction, waste management / resource scarcity). Thena limited role of life cycle tools in the assessment of cir-cular economy processes is also shown. Furtermore, the

most diffused circular strategies (including reuse, recy-cling and energy recovery) is identified. Finally, the ori-gin of the waste among the product/service life cyclestages is analyzed and the main producing and recyclingwaste industrial sectors are shown.

Keywords: LCA – Life Cycle Assessment, circular economy,recycling, life cycle, resource efficiency.

Ricevuto il 3-4-2017. Correzioni richieste il 11-5-2017. Accettazio-ne il 29-6-2017.

1. INTRODUZIONE

La sfera economica e la sfera ambientale da sem-pre sono collegate in una profonda relazione in-fluenzandosi reciprocamente: il sistema economi-co, rappresentato dalle attività antropiche, richiedel’utilizzo di risorse naturali. L’equilibrio tra le duesfere ha cominciato ad essere compromesso dopoil cambiamento dei processi produttivi, dovuto al-l’industrializzazione, che ha introdotto un model-lo di crescita economica incentrata sul consumoquantitativo di beni e ancora oggi alla base del-l’economia. Tale impostazione comporta che la sfe-ra economica pesi, sempre di più, su quella am-bientale, sfruttando le risorse naturali, alterando ilclima e, conseguentemente, minacciando gli eco-sistemi (esternalità negative ambientali). All’interno dell’obiettivo complessivo della ricerca direstituire un quadro conoscitivo completo sulla defi-nizione del tema dell’economia circolare, attual-mente alla base di molte iniziative politiche e com-merciali, sono stati innanzitutto studiati i fondamen-ti teorici che trattano il rapporto tra economia e am-biente dall’origine del pensiero ambientalista ed èstato analizzato come attualmente il modello circo-lare viene inteso e applicato in ambito politico e co-me viene promosso all’interno delle azioni politiche.

1.1. Il rapporto tra economia e ambiente: il qua-dro teorico

In letteratura lo studio della relazione tra economiae ambiente viene espressa da due principali scuo-le di pensiero: l’economia ambientale (environ-mental economics) e l’economia ecologica (ecolo-

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ECONOMIA CIRCOLARE, GESTIONE DEI RIFIUTI E LIFE

CYCLE THINKING: FONDAMENTI, INTERPRETAZIONI E

ANALISI DELLO STATO DELL’ARTE

Serena Giorgi1,*, Monica Lavagna1, Andrea Campioli1

1 Politecnico di Milano, Dipartimento ABC, Milano.

Ingegneria dell’Ambiente Vol. 4 n. 3/2017dx.doi.org/10.14672/ida.v4i3.1141

* Per contatti: Via Giuseppe Ponzio 31, 20133 Milano. Tel.02.23995134. E-mail: [email protected].

Page 2: ECONOMIA CIRCOLARE, GESTIONE DEI RIFIUTI E LIFE CYCLE ... · glie critiche di stock delle risorse del pianeta. L’eco-nomia ecologica propone anche una chiara distin-zione tra crescita

gical economics). Entrambe le correnti di pensieromirano ad affrontare le questioni legate alla rela-zione tra uomo-economia-ambiente al fine di rein-dirizzare l’economia verso la sostenibilità (Venka-tachalam, 2007) ma presentano caratteri distintivi.Le teorie dell’economia ambientale sono formula-te e sostenute da economisti, mentre quelle del-l’economia ecologica da ecologisti. L’economia ambientale, citata dalla National Bure-au of Economic Research, tratta la win-win solutionovvero la combinazione tra crescita economica e usosostenibile delle risorse (Loiseau et al., 2016). Chia-mata anche “ipotesi di Porter”, afferma che il capi-tale tecnico e il capitale naturale possano essere so-stituibili e che non sia necessario alcun cambio com-pleto dell’attuale sistema economico; mira alla ri-cerca e allo sviluppo di nuove tecnologie per soddi-sfare le crescenti necessità umane, cercando la solu-zione al limite delle risorse naturali; vede le ester-nalità ambientali come fallimenti del mercato; cercadi risolvere tali esternalità attraverso regimi fiscali enormativi che applicano sanzioni o imposte sulla so-glia di inquinamento e permessi di emissione nego-ziabili. Si può affermare, quindi, che l’economia am-bientale tende verso la cosiddetta “sostenibilità de-bole” ammettendo la sostituibilità delle risorse na-turali con avanzate tecnologie alternative (Tiezzi etal., 1999). Nella stessa corrente, si trova la teoria del“capitalismo naturale”, emersa negli anni ’90, chesenza modificare meccanismi dell’economia neo-classica, mira a risparmiare energia e materia attra-verso l’efficienza e la disincentivazione dello spre-co. Si tratta di una teoria collegata anche alle cor-renti di pensiero riprese da Paul Hawken, Amory Lo-vins e L. Hunter Lovins nel 1999. Gli stessi autorisottolineano che il capitalismo tradizionale trascurail valore monetario dei servizi ecosistemici mentre ilcapitalismo naturale li contabilizza, puntando a faredurare più a lungo le risorse naturali grazie ad uncambiamento progettuale e tecnologico mirato al-l’efficienza energetica. I concetti sono legati ancheall’eliminazione del rifiuto, modellando un sistemadi produzione a ciclo chiuso. Quest’ultimo principioè stato divulgato da Walter Stahel (1976), sostenito-re, inoltre, della teoria sull’allungamento della vitadei prodotti, della vendita di servizi anziché di pro-dotti, del riutilizzo, riparazione, rigenerazione attra-verso l’innovazione tecnologica.L’economia ecologica, invece, studia l’economia co-me un sottocampo dell’ecosistema e, mirando in-nanzitutto alla tutela del capitale naturale, si con-centra più esplicitamente sulla sostenibilità ambien-tale a lungo termine. Rifiuta la proposta che il capi-

tale naturale possa essere sostituito dal capitale tec-nico: essi sono complementari, ma non intercam-biabili. Tratta come tema centrale la capacità di ca-rico della Terra; secondo questo punto di vista, ten-ta di trovare soluzioni per mantenere l’attività uma-na all’interno di uno spazio operativo di sicurezza,chiudendo il ciclo della materia e rispettando le so-glie critiche di stock delle risorse del pianeta. L’eco-nomia ecologica propone anche una chiara distin-zione tra crescita (aumento quantitativo della pro-duzione economica) e sviluppo (miglioramento qua-litativo della vita), accusando l’economia neoclassi-ca e l’economia ambientale di confondere le due im-magini. Le prospettive dell’economia ecologica,dunque, richiedono cambiamenti strutturali della so-cietà attuale e modifiche sostanziali del nostro mo-do di vivere. Essa punta infatti alla cosiddetta “so-stenibilità forte”, che mira al mantenimento dellostock di risorse del pianeta (Tiezzi, 1999). L’atten-zione al rispetto dei limiti delle risorse del pianeta,alla riduzione dei danni causati al capitale naturalee alla sua capacità di generare servizi ecosistemici,viene espressa in letteratura verso la metà degli an-ni Sessanta del secolo scorso. Fondamentale è la teo-ria dell’economista ecologico Kennet Boulding(1966), il quale, diffonde l’immagine dell’economiadei cowboy, fondata sulla rapina e il saccheggio del-le risorse naturali, in contrapposizione all’immagi-ne dell’economia del cosmonauta, costretto a so-pravvivere in una nave spaziale con riserve limitatee a misurarsi con le scorte di cibo, ossigeno e acquaa sua disposizione. Negli anni Settanta anche Geor-gescu-Roegen (1971), collegandosi al secondo prin-cipio della termodinamica, sostiene che l’uomo de-ve imparare a razionare le scarse risorse ed eviden-zia che il processo entropico di dispersione del-l’energia vale anche per la materia, che tende a su-bire, quando utilizzata dall’uomo, un’irreversibiledegradazione da forme disponibili a forme non di-sponibili. Nel 1997 Herman Daly afferma la neces-sità di ottenere un equilibrio con la natura, che eglichiama “stato stazionario”, ed enuncia che i consu-mi e le emissioni causati dalle attività umane devo-no rimanere entro la capacità di rigenerazione e as-sorbimento dell’ecosistema (Daly, 1977). E ancora,Robert Costanza (1997) sottolinea la necessità di de-finire modelli sostenibili di sviluppo economico, di-stinti dalla crescita economica che non è sostenibi-le in un pianeta finito. Restando nell’ottica del-l’economia ecologica si trovano correnti di pensie-ro ancora più radicali, come la teoria della “decre-scita” di Serge Latouche (2007) che punta alla ridu-zione controllata e selettiva della produzione eco-

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nomica e dei consumi per ristabilire l’equilibrio tracapitale naturale e carico antropico.

1.2. Il rapporto tra economia e ambiente: il qua-dro politico

Il dibattito su quale modello proporre per la soste-nibilità risulta ancora aperto. Fino alla seconda metà del Novecento la società siè basata su un modello economico di tipo “linea-re” in cui il ciclo di vita dei materiali parte dal-l’estrazione delle materie prime, prosegue con latrasformazione/produzione, seguito dal consumo,per poi concludersi con lo smaltimento degli scar-ti e dei prodotti stessi diventati rifiuti (modello Ta-ke-make-use-dispose). Tale linearità non può esse-re sostenibile in un mondo di risorse limitate e dicrescita esponenziale della popolazione per cui so-no stati sviluppati i temi della circolarità, rintrac-ciabili in alcuni testi teorici degli anni Settanta, tracui gli scritti di Barry Commoner (1971). Le dinamiche dell’economia lineare vengono mes-se in discussione a livello politico in particolar mo-do nel 1987 quando il WCED (World Commissionon Environment and Development) con il rappor-to Brundtland (Our Common Future) definiscel’obiettivo di uno “sviluppo sostenibile” che “sod-disfa le necessità delle attuali generazioni senzacompromettere la capacità delle future generazio-ni di soddisfare le proprie”; ne deriva quindi unobiettivo di benessere della società (anche econo-mico) unito alla salvaguardia dell’ambiente. L’UNEP (2011) (United Nations Environment Pro-gramme) individua l’uso delle risorse come uno deipiù importanti link tra le attività economiche el’ambiente e adotta i concetti di resource decou-pling, trattato per la prima volta dall’OECD nel2001, e di impact decoupling, che evidenziano co-me l’aumento del PIL e il benessere dell’umanitàdebbano disaccoppiarsi dal consumo delle risorseprimarie e dagli impatti ambientali, sottolineandola necessità di raggiungere un nuovo modello eco-nomico che possa soddisfare la crescita economi-ca e il benessere degli uomini, ma che allo stessotempo salvaguardi l’ambiente.Il tema viene ripreso, con nuovo vigore, alla con-ferenza Rio+20 (2012), il cui programma centraleè il modello di sviluppo economico della greeneconomy (termine coniato per la prima volta nel1989 da Pearce et al. con il libro Blueprint for aGreen Economy). La green economy è assunta dalle organizzazioniinternazionali come The World Bank e UNEP (Loi-

seau et al., 2016) come riferimento per orientare leazioni nell’ambito della sostenibilità. Viene defi-nita come un’economia “a basso contenuto di car-bonio, con uso efficiente delle risorse e socialmenteinclusiva” (UNEP, 2011a), enfatizzando la cresci-ta del reddito e dell’occupazione attraverso inve-stimenti pubblici e privati, che mirino all’obiettivodi ridurre le emissioni di carbonio e l’inquinamen-to, di aumentare l’efficienza energetica e delle ri-sorse e di prevenire la perdita di biodiversità e deiservizi ecosistemici. Il modello economico è co-munque ancora basato sulla crescita: la greengrowth. L’economia circolare prende parte agli obiettividella green economy e si delinea come una sotto-categoria della stessa. Se infatti quest’ultima si ri-ferisce a una visione ampia dei temi ambientali checonsidera nel loro complesso gli impatti dell’azio-ne antropica sull’ambiente e la resilienza dell’eco-sistema, l’economia circolare pone come principa-le centro di interesse l’efficienza nell’uso delle ri-sorse e la riduzione della produzione dei rifiuti(EEA, 2016). L’economia circolare è “un’economia che bilancialo sviluppo economico con la tutela dell’ambientee delle risorse; pone l’accento sull’uso più effi-ciente e il riciclaggio delle risorse; mira ad un bas-so consumo di energia, bassa emissione di sostan-ze inquinanti ed alta efficienza; comporta l’appli-cazione della Cleaner Production, lo sviluppo diEco-Industrial Park per lo sviluppo di industria,agricoltura e aree urbane” (UNEP, 2006). Negli ultimi anni l’economia circolare sta assu-mendo un ruolo sempre più importante nel-l’orientare le strategie di sviluppo in ambito in-dustriale a livello globale. La Ellen MacArthurFoundation dal 2010 incentiva l’affermazione dipratiche industriali basate sui principi di un’eco-nomia più circolare, con il supporto di molteaziende di livello internazionale. La fondazioneprende come riferimento le teorie di Walter Sta-hel, che nel 1976 delinea la visione di un’econo-mia in loop, ovvero circolare, per il risparmio dirisorse e la prevenzione dei rifiuti, sottolineandol’impatto positivo della circolarità dei processisulla creazione di posti di lavoro e sulla competi-tività economica, introducendo inoltre il tema diestensione della durata di vita dei prodotti. Ulte-riore base teorica per la Ellen MacArthur Foun-dation sono gli studi della Biomimetica di JanineBenyus (1997) che assume i processi biologicidella natura come fonte di ispirazione per il mi-glioramento delle attività produttive umane e ve-

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de la natura come modello per la progettazione ditecnologie e manufatti. L’economia circolare si fonda anche sugli studi diecologia industriale (industrial ecology), ambito diricerca che prende forza a partire dal 1989 grazieall’articolo di Nicholas E. Gallopoulos e Robert A.Frosch; tali studi trattano di quelle particolari or-ganizzazioni del sistema industriale che mirano acreare processi a ciclo chiuso in cui i rifiuti di unprocesso produttivo diventano risorsa per un altroeliminando il problema dei sottoprodotti indeside-rati. L’economia circolare si basa ancora sulla teo-ria Cradle to Cradle, divulgata negli anni 2000 at-traverso l’omonimo libro di William McDonoughe Michael Braungart. Essa rappresenta una filoso-fia progettuale per la quale tutto il materiale coin-volto deve tornare ad essere nutriente per la sferabiologia o tecnica. In alcuni casi, in particolare perprodotti tecnologici che sono soggetti a frequentiaggiornamenti, la durabilità non è un’ottimale stra-tegia ed è preferibile progettare i prodotti in modoche il loro smontaggio e il recupero dei loro com-ponenti sia facile per utilizzare le singole parti perla prossima generazione. Sulla base di queste teorie si delineano oggi le li-nee fondamentali per l’affermazione di una pro-spettiva di economia circolare: i prodotti devonoessere progettati e ottimizzati per facilitarne il di-sassemblaggio, il riuso e il riciclaggio, deve esse-re promossa la condivisione e devono essere indi-viduate ed eliminate le esternalità negative, comel’inquinamento di aria, acqua e suolo. L’economia circolare pone quindi le basi su teorievicine a quelle dell’economia ambientale, non met-tendo in discussione i fondamenti di crescita su cuisi basa il sistema economico attuale, ma mirandoa renderlo più efficiente, attribuendo molta fiduciaall’innovazione tecnologica e all’efficientamentodei processi produttivi. Rimane quindi in un’otticadi risparmio delle risorse naturali e soluzione deifattori inquinanti, risultati della crescita produttivarivolta all’aumento dei consumi e quindi del PIL.In questa visione si può sostenere che gli obiettividi economia circolare delle politiche attuali appar-tengano ad una sostenibilità debole.

1.3. L’economia circolare e le politiche europee

I principi dell’economia circolare trovano applica-zione concreta in alcuni documenti di indirizzoemanati dalla Commissione Europea che, nel 2014,pubblica la comunicazione “Verso un’economiacircolare: programma per un’Europa a zero rifiuti”

(COM 398) e nel 2015 (con la nuova Commissio-ne Junker) la comunicazione “L’anello mancante –Piano d’azione dell’Unione europea per l’econo-mia circolare” (COM 614) che adotta un nuovopacchetto che prende in considerazione l’intero ci-clo economico e non solo la riduzione dei rifiuti.La Commissione Europea, quindi, sostiene la tran-sizione verso un’economia circolare per “mante-nere il valore di prodotti, materiali e risorse più alungo possibile, riducendo al minimo la genera-zione dei rifiuti”. Gli obiettivi proposti dalla Com-missione Europea mirano, infatti, a mantenere ilvalore delle risorse utilizzate nella produzione diun bene riportandole nel ciclo produttivo al termi-ne dell’utilizzo del bene stesso e a creare nuovi po-sti di lavoro incentivando innovativi modelli dimercato. Dalla lettura di tali comunicazioni, sono emerse leazioni di maggiore rilevanza in merito all’avviodelle politiche di conversione verso un’economiapiù circolare. La COM 398 mira a smuovere gliinvestimenti attraverso l’introduzione di piattafor-me europee sull’efficienza nell’impiego delle ri-sorse, allo scopo di individuare importanti oppor-tunità commerciali nel reintrodurre le materie discarto e rifiuto nel processo di produzione. LaCOM dichiara, infatti, che nella logica dell’eco-nomia circolare il cerchio si chiude con la trasfor-mazione dei rifiuti in risorse, stimolando l’inno-vazione nei settori del riciclaggio e del riutilizzo.La COM 614, analizzando le fasi di produzione,consumo, gestione dei rifiuti e mercato delle ma-terie prime seconde, sottolinea l’importanza dipromuovere i processi industriali innovativi, adesempio la simbiosi industriale, grazie alla qualei rifiuti o i sottoprodotti di un’industria diventanomaterie prime seconde per un’altra. La Commis-sione vuole agevolare tale prassi e intende intavo-lare un dialogo con gli Stati membri per garantireun’interpretazione comune delle norme sui sotto-prodotti. La COM 614 inoltre sostiene che lo svi-luppo dell’economia circolare può essere favoritoanche da forme innovative di consumo, ad esem-pio la condivisione di prodotti o infrastrutture, ilconsumo di servizi anziché di prodotti, o l’utiliz-zo di piattaforme informatiche o digitali. Eviden-zia, altresì, il ruolo preminente che la gestione deirifiuti riveste nell’economia circolare, sottoline-ando la messa in pratica della gerarchia dei rifiu-ti (prevenzione, riutilizzo, riciclaggio, recupero dienergia e, per ultimo, smaltimento). Di conse-guenza, riacquista un ruolo fondamentale la pre-cedente direttiva 2008/98/CE, che stabilisce la ge-

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Page 5: ECONOMIA CIRCOLARE, GESTIONE DEI RIFIUTI E LIFE CYCLE ... · glie critiche di stock delle risorse del pianeta. L’eco-nomia ecologica propone anche una chiara distin-zione tra crescita

rarchia dei rifiuti, definisce il significato di sotto-prodotto e la conseguente cessazione della quali-fica di rifiuto e fissa soglie di riutilizzo e riciclag-gio dei rifiuti provenienti dai nuclei domestici edall’attività di costruzione e demolizione non pe-ricolosi, entro il 2020.È evidente, quindi, che le Direttive si muovonoin prevalenza verso l’obiettivo di aiutare le im-prese e i consumatori a effettuare la transizioneverso un’economia più circolare, in cui le risorsevengono utilizzate/riutilizzate in modo più soste-nibile attraverso un maggior ricorso al riciclaggioe al riutilizzo (anello mancante nel ciclo di vitadei prodotti). L’Europa mira quindi principal-mente all’incentivazione della diminuzione dei ri-fiuti, favorendo le attività di riciclaggio e lo scam-bio di sottoprodotti tra le aziende, promuovendo,altresì, piattaforme tecnologiche informatiche edigitali al fine di stimolare opportunità commer-ciali. Favorire tali meccanismi, però, potrebbecomportare il rischio di incentivare il commerciodei rifiuti non ponendo nessun limite di distanzatemporale per il loro trattamento, giustificandocosì politiche volte ad un consumo “usa e getta”,che trova nella soluzione del riciclaggio l’oppor-tunità di un aumento della velocità di produzionee consumo.

1.3.1. Le azioni politiche europee a confronto con ilquadro mondiale

Le iniziative dell’Europa si avvicinano a quelle delGiappone e degli Stati Uniti, basate principalmen-te su strategie di mercato (market based) promos-se anche da associazioni ambientali e organizza-zioni non governative (approccio bottom-up), in-centivando, quindi, i sistemi di etichettatura e ilgreen pubblic procurement (Ghisellini et al. 2016). In Cina invece l’economia circolare è un diretto ri-sultato di una strategia politica nazionale (approc-cio top-down), in quanto si basa sull’emanazione dinorme e sul relativo controllo della loro applica-zione e osservanza (command and control). La Ci-na ha promosso, già dalla fine del 1990, lo svilup-po di eco-industrial park sia nell’ambito della ri-cerca e delle politiche sia a livello applicativo. A li-vello politico, il Chinese State Environmental Pro-tection Administration (SEPA) ha iniziato a pro-muovere gli eco-industrial park e le simbiosi in-dustriali come modello di sviluppo industriale etecnologico alternativo. Comunque a livello mondiale le normative e i pia-ni di azione sono molto incentrati sul tema dei ri-fiuti e parzialmente riferibili all’economia circolare.

2. MATERIALI E METODI

Se l’analisi esposta sui fondamenti teorici e sulleazioni politiche ha restituito un quadro in cui l’eco-nomia circolare è vista come un’economia che mi-ra alla cosiddetta “chiusura del cerchio”, prove-niente dalla corrente di pensiero dell’economia am-bientale, si vuole esplorare ora il tema anche al-l’interno del dibattito scientifico, attraverso l’ana-lisi delle recenti pubblicazioni a riguardo. L’obiet-tivo della ricerca è di capire le diverse interpreta-zioni che emergono in ambito scientifico, le prin-cipali leve e strategie d’incentivazione per l’eco-nomia circolare e di verificare il ruolo che rivesto-no gli strumenti di valutazione life cycle.Si è riscontrato che il numero di pubblicazioniscientifiche sul tema dell’economia circolare sia inforte aumento: nell’arco di dieci anni, tra il 2006 eil 2016, si nota una crescita di più di dieci volte(con una preponderanza negli ultimi due anni) econ una forte maggioranza di autori che proven-gono dalla Cina (Geissdoerfer et al., 2016). La rac-colta degli articoli da analizzare è stata condottaimmettendo nel motore di ricerca Discovery ToolSEARCH quale parola chiave il termine circulareconomy e, attingendo esclusivamente alle rivistepeer reviewed, si è selezionato un campione rap-presentativo dei primi 50 articoli che presentasse-ro tale dicitura all’interno del titolo, pubblicati trail 2010 e il 2017, ordinati per rilevanza (in base adun algoritmo che combina i dati legati alla popola-rità dell’articolo, all’autore e anche all’analisi del-la prossimità dei termini della parola chiave di ri-cerca).Attraverso la lettura degli articoli, si sono notate in-nanzitutto diverse altre definizioni che accompa-gnano generalmente il termine di circular economy.Il lavoro di ricerca, quindi, mira a restituire un qua-dro più chiaro, attraverso la classificazione delle ter-minologie che maggiormente si associano a taleespressione nel dibattito scientifico e attraverso unalettura interpretativa e puntuale che analizza la dif-ferenza di significato di tali termini. Ulteriore obiet-tivo della ricerca è stato approfondire quanto l’ap-proccio Life Cycle Thinking, nel dibattito scientifi-co sia associato e applicato all’economia circolare.Attraverso l’analisi degli articoli suddetti, si è de-terminato con quale frequenza vengano applicate, osemplicemente nominate le metodologie di valuta-zione Life Cycle in merito alla quantificazione degliimpatti ambientali, dei costi e degli impatti sulla sfe-ra sociale. Inoltre l’indagine restituisce altre aree diapprofondimento, seguendo un criterio di analisi che

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ita esamini la sostenibilità delle azioni compiute lungo

il ciclo di vita dei prodotti, volte a promuovereun’economia circolare. La ricerca ha voluto eviden-ziare, quindi, un quadro conoscitivo sulla strategiadi miglioramento ambientale maggiormente appli-cata (tra le pratiche di riduzione, riuso, riciclo e re-cupero energetico); quali possano essere le maggio-ri leve di azione per il cambiamento verso un mo-dello economico circolare (riduzione dei costi/ridu-zione degli impatti ambientali, gestione dei rifiuti/scarsità di risorse); infine si è rilevato da quale fasedel ciclo di vita del prodotto/servizio provenga il ri-fiuto che viene trattato, e quali siano i settori più ri-levanti nella produzione e nel riciclo del rifiuto.

2.1. Macroaree di indagine e relative sottocate-gorie

Durante l’analisi degli articoli selezionati si è pro-ceduto ad una loro classificazione. Viene innanzi-tutto proposta una suddivisione degli articoli in duecategorie: quelli che trattano il tema della circulareconomy in modo teorico, ovvero che restituisco-no uno studio dello stato dell’arte, e quelli che il-lustrano azioni concrete (casi studio emblematicidella conversione da economia lineare a circolare). In base agli obiettivi di ricerca precedentementeesplicitati sono state definite sei principali macroa-ree di indagine nelle quali i contributi si collocano:definizioni e interpretazioni della circular economy;strumenti Life Cycle; strategie di miglioramento am-bientale; leve di cambiamento; origine del rifiutolungo il ciclo di vita; settore di origine e destinazio-ne del rifiuto. Per ogni macroarea sono state sceltealcune sottocategorie di indagine, che rappresenta-no le vere e proprie parole chiave o interpretazionicercate all’interno del testo di ogni singolo articolo.

2.1.1. Prima macroarea: definizioni e interpretazionidella circular economy

Per quanto concerne la prima macroarea (Tabella 1),relativa alle definizioni e interpretazioni della cir-cular economy sono state selezionate le parole chia-ve che riguardano le principali teorie associate al te-ma del rapporto tra economia e ambiente quali: eco-logical economics, environmental economics, cra-dle to cradle, industrial ecology, biomimicry, bioe-conomy ed infine ecological modernization theory.Sono state, in aggiunta, evidenziate le più comunistrategie (o obiettivi) per la transizione verso un’eco-nomia circolare, le cui parole chiave sono: urbanmining, eco-industrial park, industrial symbiosis,cleaner production, resources efficiency, meterial ef-

ficiency, chain resilience/resiliency, externalities.Inoltre, siccome non è raro che, all’interno dei testiche trattano casi studio, non venga utilizzata unaspecifica parola chiave per dichiarare il tipo di stra-tegia, si sono definite due letture interpretative ri-guardo le azioni messe in atto: network tra le azien-de (inteso come scambio di sottoprodotti o scarti diproduzione tra diverse aziende) e ottimizzazione delprocesso produttivo (quando gli scambi avvengonoall’interno dello stesso processo produttivo al finedi un efficientamento di produzione). La scelta di questi termini/parole chiave è statacompiuta in base alla loro presenza all’interno deitesti. Se i primi cinque termini sono stati già pre-cedentemente discussi, si vuole dare di seguito de-finizione anche degli altri termini emersi dalla let-tura degli articoli. La bioeconomy, secondo la definizione della Com-missione Europea (2014a), comprende la produzio-ne di risorse biologiche rinnovabili e la loro trasfor-mazione in nutrienti, prodotti bio-based e bio-ener-gia. Essa comprende i settori dell’economia che uti-lizzano le risorse biologiche rinnovabili provenientidalla terra e dal mare, come colture, foreste, anima-li e microrganismi, per la produzione di alimenti, ma-teriali ed energia. I settori della bioeconomia hannoun forte potenziale innovativo, utilizzando un’ampiagamma di scienze (agronomia, ecologia, scienze ali-mentari e scienze sociali) e tecnologie industriali (na-notecnologie, tecnologie dell’informazione e dellacomunicazione). L’ecological modernization theorysi sviluppa nei primi anni Ottanta all’interno di ungruppo di studiosi della Free University e del SocialScience Research Centre di Berlino e si riferisce alcambiamento strutturale innovativo, ovvero innova-zioni di prodotto e di processo finalizzato alla ge-stione ambientale, tramite l’individuazione di una ca-tena di approvvigionamento sostenibile, di tecnolo-gie pulite e di strategie di efficienza delle risorse.L’urban mining è inteso come l’insieme di azioni etecnologie volte al recupero di materie prime secon-darie ed energia dai prodotti del catabolismo urbano(Baccini et al., 2012) al fine di favorire la gestione si-stematica delle scorte di risorse antropogeniche (sot-to forma di prodotti, edifici, spazi) e rifiuti, propo-nendo una prospettiva che comprende salvaguardiaambientale a lungo termine, conservazione delle ri-sorse e vantaggi economici (Cossu et al., 2015). L’in-dustrial symbiosis rapprenta la collaborazione traaziende nell’ottica dell’industrial ecology, ovvero lerelazioni e le azioni rivolte a ridurre rifiuti ed inqui-namento, attraverso l’interscambio di materiali, sot-toprodotti e scarti, energia, acqua e informazioni. Gli

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itaTabella 1 – Prima macroarea

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eco-industrial park sono aree circoscritte di parchiindustriali, nelle quali sono presenti infrastrutture eorganizzazioni che permettono l’interscambio e lasimbiosi tra le industrie del sito stesso. Il terminecleaner production è definito dall’UNEP nel 1990come l’applicazione continua di strategie ambienta-li integrate a processi, prodotti e servizi per incre-mentare l’efficienza e ridurre i rischi per l’uomo eper l’ambiente. Strettamente connesse sono quindi lestrategie resource efficiency e material efficiency, chemirano ad utilizzare le risorse limitate della terra inmaniera sostenibile, minimizzando anche gli impat-ti sull’ambiente, per poter creare “più con meno” eottenere maggior valore con minori input. Quandoinvece si parla di chain resilience o semplicementedi resiliency, si intende la capacità che le impresehanno di ritornare rapidamente alla normalità o pro-gredire verso un migliore stato di performance ope-rativa a seguito di un evento dirompente; ciò migliorala loro posizione sul mercato (Tukamuhabwa et al.,2015). La ricerca ha voluto inoltre capire quantospesso le esternalità negative sull’ambiente, causatedall’attività di produzione o dal servizio, sono presein considerazione, quindi si è cercata la parola ex-ternalities. Per effettuare l’indagine, negli articoli teorici si so-no cercate le parole chiave all’interno dell’interotesto, mentre in quelli sui casi studio si sono esclu-se quelle che compaiono nell’introduzione genera-le dell’articolo, così da evidenziare solo quelle uti-lizzate alla spiegazione del caso studio.

2.1.2. Seconda macroarea: strumenti Life Cycle

Nella seconda macroarea (Tabella 2), si è indagatal’applicazione di strumenti Life Cycle. Nelle sotto-categorie sono stati selezionati gli strumenti per laquantificazione degli impatti ambientali, economicie sociali quali Life Cycle Assessment (LCA), Life Cy-cle Costing (LCC), Social Life Cycle Assessment(SLCA), Environmentally Extended Input-Output(EEIO), strumenti di valutazione dell’impronta am-bientale come Water Footprint (WF), Carbon Foot-print (CF), strumenti di quantificazione dei flussi ov-vero Material Flow Analysis (MFA), Substance FlowAnalysis (SFA), e strumenti di valutazione economi-ca quali Cost-Benefit Analysis (CBA), Cost-effectiveAnalysis (CEA), Material Flow Cost Accounting(MFCA). La scelta degli strumenti deriva dalla loropresenza negli articoli analizzati, tranne LCC eSLCA inseriti per il completamento degli strumentiLife Cycle. Per questa indagine si è verificata la pre-senza delle parole chiave all’interno sia degli artico-li teorici sia di quelli riguardanti casi studio.

2.1.3. Terza macroarea: strategie di miglioramento am-bientale

Nella terza macroarea (Tabella 2), riguardante lestrategie di miglioramento ambientale, sono stateanalizzate le cosidette 4R, ovvero le misure di ri-duzione, riutilizzo, riciclaggio e recupero energeti-co. In questo contesto, si è condotta un’indagineper parola chiave negli articoli generici, mettendoquindi in evidenza quale strategia sia maggior-mente promossa in letteratura, e si è indicata l’azio-ne compiuta nelle applicazioni in casi studio percapire quale effettivamente venga più praticata.

2.1.4. Quarta macroarea: leve di cambiamento

Nella quarta macroarea (Tabella 3), riguardante leleve di cambiamento, si è voluto indagare se negliarticoli relativi ai casi studio la leva citata come mo-tivazione di azioni di circolarità sia stata quella dirisolvere la problematica di gestione dei rifiuti opiuttosto quella di prevenire la scarsità di risorsenaturali. Infatti lo smaltimento dei rifiuti sta diven-tando sempre più critico sia a livello ambientale,per il consumo di suolo per le discariche (ISPRA2016), sia a livello economico, per l’aumento deicosti di smaltimento sostenuti dalle aziende. D’al-tra parte anche la scarsità delle materie prime stadiventando sempre più preoccupante, come peresempio nel caso dei metalli rari per prodotti elet-tronici (Clark, 2015). Si è quindi associata un’ulte-riore analisi volta a individuare se la leva sia di ti-po economico o di tipo ambientale: si vuole capire,infatti, se l’economia circolare sia maggiormentepromossa in un’ottica di sostenibilità ambientaledell’intero pianeta e quindi rivolta alla diminuzio-ne dei fattori inquinanti e alla tutela del capitale na-turale, oppure in una prospettiva di vantaggio eco-nomico delle aziende per ridurre i costi di smalti-mento e diminuire le spese per l’acquisto di mate-ria prima.

2.1.5. Quinta macroarea: origine del rifiuto lungo il ci-clo di vita

Nella quinta macroarea di approfondimento (Ta-bella 3), riguardante la provenienza dello scar-to/rifiuto, sono state indicate le fasi di vita delprodotto/servizio in cui si genera il rifiuto: fasedi estrazione (ad esempio scarti di cava), fase diproduzione (ovvero sottoprodotti, sfridi di lavo-razione o ceneri di raffinazione), fase di distribu-zione (come scarti di imballaggi), fase di consu-mo (ad esempio scarti organici), e fine vita (comeprodotti non più funzionanti). In questo caso lalettura viene effettuata solo negli articoli che trat-

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itaTabella 2 – Seconda e terza macroarea

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tano i casi studio specifici e viene restituita la pro-venienza del rifiuto/sottoprodotto trattato nell’ap-plicazione del caso.

2.1.6. Sesta macroarea: settori di origine e di riciclodel rifiuto

Nella sesta macroarea (Tabella 4), si è voluto ri-scontrare se, tra i casi studio riguardanti il networktra le aziende, sia presente un settore prevalente ri-spetto alla provenienza dei rifiuti e un settore trai-nante nell’attuazione di strategie rivolte ad un’eco-nomia circolare. Per effettuare l’analisi si è dovu-to semplificare ogni caso studio, essendo gli stes-si molto differenti e specifici, attribuendo le indu-strie di provenienza del rifiuto e quelle di riciclo asettori generici.

3. RISULTATI E DISCUSSIONE

I risultati scaturiscono dalla lettura critica e dal-l’analisi compiuta sugli articoli selezionati. Si è ri-scontrato che circa il 60% degli articoli trattano iltema in modo teorico mentre il 40% argomentanol’applicazione in casi studio.

Dalla lettura della prima macroarea si può notare chenegli articoli teorici la principale strategia trattata afianco del termine circular economy è senz’altroquella che definisce azioni di ecologia industriale: itermini industrial ecology, eco industrial park e in-dustrial symbiosis sono presenti, ciascuno, nel 50%degli articoli teorici (15 articoli su 31). A seguire, itermini cleaner production e resource efficiency so-no anch’essi ricorrenti, rispettivamente nel 35% e nel42% degli articoli teorici. Si riscontrano abbastanzamenzionate anche le strategie cradle to cradle e bio-mimicry (nel 29% e 23% degli articoli teorici): si no-ta quindi l’influenza dei temi sostenuti dalla EllenMacArthur Foundation (non a caso il riferimento piùfrequente è all’enviromental economics e non al-l’ecological economics). Risulta, però, che tali ter-minologie, così diffuse nella trattazione teorica deltema, non vengano riprese esplicitamente nella spie-gazione dei casi studio applicativi. Per quanto ri-guarda le parole chiave sulle strategie (o obiettivi)per la transizione verso un’economia circolare, si no-ta che se quelle più citate a livello teorico sono leazioni di ecologia industriale, nella descrizione deicasi studio vengono maggiormente riportate le azio-

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ita Tabella 3 – Quinta macroarea

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ni di resource efficiency e di cleaner production (ter-minologie che comunque appaiono molto comunianche negli articoli teorici) rispettivamente nel 47%e nel 42% degli articoli inerenti casi studio; ne con-segue che si fa maggiormente riferimento a strategieche mirano all’efficienza. Analizzando solo gli arti-coli che trattano i casi studio, si nota che le azioniprevalentemente messe in atto mirano al network trale aziende (68% dei casi studio), ovvero l’attività discambio di sottoprodotti e flussi, avvicinandosi, diconseguenza, alle teorie dell’industrial ecology, aitemi dell’eco-industrial park e dell’industrial sym-biosis, senza che essi vengano citati esplicitamente.Soffermandosi quindi sulla seconda macroarea, ri-guardante l’applicazione degli strumenti life cycleall’interno degli articoli scientifici, l’indagine haevidenziato che, al momento attuale l’abbinamen-to tra circular economy e strumenti life cycle, è an-cora molto carente. Solamente nel 20% degli arti-coli teorici analizzati viene citato il Life Cycle As-sessment (LCA) e il Material Flow Analysis (MFA).Solo nel 10% degli articoli che trattano di casi stu-

dio compare menzionato il Life Cycle Assessment(LCA) e il Cost-Benefit Analysis (CBA). Lo stru-mento Life Cycle Assessment, di quantificazione de-gli impatti ambientali, è menzionato tanto quantoquello di quantificazione dei flussi (a livello teori-co) e quello di valutazione dei costi e benefici eco-nomici (a livello applicativo nei casi studio).Dai risultati derivanti dall’analisi della terza ma-croarea, attinente le diverse strategie di migliora-mento ambientale, si riscontra che negli articoliteorici viene maggiormente citata l’attività di rici-claggio (nel 97% degli articoli) e di riuso (nel 84%degli articoli), seguita da quella di recupero ener-getico (42%), e per ultima quella di riduzione(29%). Negli articoli concernenti casi studio, ri-sulta assolutamente predominante l’attività di rici-claggio (citata nel 95% dei casi studio). Abbastan-za presente, però è anche quella di riduzione (47%dei casi studio) legata principalmente all’obiettivodi efficienza, che mira ad utilizzare in minore quan-tità le risorse e i materiali necessari nella catena diproduzione di beni.

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itaTabella 4 – Sesta macroarea

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In riferimento alla quarta macroarea, analizzandoin maniera interpretativa le leve di azione dei casistudio descritti, si nota una preponderanza verso larisoluzione del problema dello smaltimento dei ri-fiuti (presente nel 58% dei casi studio), e una mag-giore attenzione verso il beneficio economico in-terno all’azienda (58% dei casi studio) derivato daevitati costi di smaltimento in discarica ed evitaticosti di acquisto della materia prima. La leva del-la riduzione degli impatti ambientali, anche se me-no citata, detiene comunque una certa importanza(42% dei casi studi). Rispetto alla provenienza dello scarto, nella quin-ta macroarea, emerge che nel 58% dei casi studiovengono trattati gli scarti di produzione (riciclag-gio pre-consumo) e, nel 53% dei casi, prodotti end-of-life (riciclaggio post-consumo). All’interno de-gli articoli analizzati emergono pochi casi di rifiu-ti provenienti dalle altre fasi del ciclo di vita delprodotto/servizio. Per quanto riguarda l’analisi inerente i settori di pro-venienza del rifiuto e i settori ai quali lo stesso è de-stinato, si è riscontrato che i casi studio analizzatitrattano svariati settori economici e differenti tipolo-gie di aziende. Non risulta un settore pilota o più in-novativo di altri. Comunque volendo semplificare, sinota tra i settori di origine del rifiuto una leggera pre-ponderanza dei settori agroalimentari e delle tecno-logie della comunicazione (ICT, Information andCommunication Technology), nel complesso pari al43% dei casi. Tra i settori a cui è destinato il rifiuto,emerge la presenza del settore di produzione di ener-gia (quindi ancora forte tendenza alla termovaloriz-zazione dei rifiuti) e il settore dei prodotti edili per ilriciclo di ceneri (rappresentando ciascuno il 22% deicasi). In conclusione, però, si può dedurre che l’eco-nomia circolare è ancora applicata a livello puntua-le e in ambiti molto specifici.

4. CONCLUSIONI

L’analisi svolta contribuisce ad integrare gli studisullo stato dell’arte sul tema dell’economia circo-lare. Tuttavia, come in altri studi a letteratura (Geis-sdoerfer et al. 2017; Blomsma et al. 2017), va sot-tolineato che l’analisi compiuta va considerata nellimite del campo di indagine, del metodo di analisiapplicato e del periodo di tempo preso a riferimen-to. Inoltre l’analisi, essendo compiuta attraverso lostudio di articoli scientifici accademici, potrebbenon rivelare attività non oggetto di pubblicazione.Lo studio presentato si è posto l’obiettivo di resti-tuire il quadro di riferimento teorico delle origini e

una chiara definizione dei temi inerenti l’economiacircolare nonché l’applicazione di tale politica. Alcontempo si è mirato ad un quadro conoscitivo dellivello di applicazione delle metodologie life cycledi valutazione ambientale, economica e sociale nel-le strategie di conversione dell’economia attuale inun’economia circolare. Dall’analisi è emerso che lavisione maggiormente diffusa dell’economia cir-colare si allinea alle teorie dell’economia ambien-tale e quindi ad una sostenibilità debole. La pro-spettiva di crescita economica legata all’aumentodei consumi, non viene messa in discussione men-tre si ripone fiducia nell’efficientamento dei pro-cessi produttivi. Si è riscontrato, inoltre, che l’eco-nomia circolare a livello politico viene sostenutaattraverso l’incentivazione della diminuzione deirifiuti e delle attività di riciclaggio. Tali spinte, pe-rò, possono comportare il rischio di stimolare ilcommercio dei rifiuti e un consumo “usa e getta”che trova nel riciclaggio la giustificazione di un au-mento di produzione e consumo. Dall’analisi emerge che l’economia circolare vie-ne ancora applicata in maniera riduttiva, prevalen-temente attraverso lo scambio di sottoprodotti oscarti tra le industrie, con una visione focalizzatasul sistema produttivo e sulla riduzione dei rifiuti.Tali azioni sono quindi legate al vantaggio dellesingole aziende, senza l’applicazione di alcuna va-lutazione dell’efficacia ambientale economica e so-ciale (o delle esternalità), in prospettiva life cycle.A conclusione simile arrivano anche altre rassegnedella letteratura scientifica (Blomsma et al. 2017),sostenendo che in letteratura non è ancora chiaro illegame tra economia circolare e sostenibilità. Le azioni compiute dovrebbero abbinarsi a una ve-rifica della effettiva sostenibilità ambientale delprocesso di riciclo, riuso e recupero. Riallaccian-dosi alle teorie fondatrici del pensiero sul rappor-to tra economia e ambiente e agli obiettivi di de-coupling dell’UNEP, le strategie attivate dovreb-bero, dunque, mirare alla salvaguardia delle risor-se in tutte le fasi di vita di un prodotto/servizio.Una visione, quindi, che miri di più all’efficacia,anziché alla sola efficienza, e al benessere dell’in-tera società (non solo delle aziende). In quest’otti-ca, le politiche dovrebbero muoversi verso unamaggiore difesa delle risorse cercando di attivaremeccanismi più restrittivi che limitino l’utilizzodelle risorse primarie, incentivando fenomeni diupcycling con verifica sulla sostenibilità attraver-so l’applicazione del Life Cycle Thinking per la va-lutazione del beneficio ambientale e non puramen-te economico.

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N. 3/2017

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