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1 ECONOMIA E GESTIONE DELLE IMPRESE IMPRESA: è un'istituzione economico-sociale che svolge la funzione di produzione di beni e servizi rivolti al mercato, per soddisfare bisogni collettivi o individuali, operando in condizioni di autonomia, durabilità ed economicità (capacità dell‟impresa di produrre beni o servizi ai quali il mercato riconosca un valore superiore a quello dei fattori produttivi consumati), con l‟obiettivo di conseguire un surplus economico (profitto) ed una quota di mercato maggiore delle altre imprese. Le imprese sono tipicamente orientate verso il profitto che è il loro scopo principale, a differenza invece di altri tipi di soggetti economici come aziende no profit o aziende pubbliche. L'impresa ha anche un forte connotato sociale in quanto è luogo di formazione dei dipendenti e in quanto rappresenta per essi un'opportunità di impiego. Le imprese possono essere distinte in base alla natura del loro output: materiale o immateriale, ovvero consistente in beni fisici o servizi. Le differenze principali si riscontrano ovviamente nell'organizzazione e nell'esecuzione delle cosiddette operations. Le imprese che producono beni fisici attraverso processi di produzione fisici sono inquadrabili nel cosiddetto macrosistema industriale o secondario, mentre quelle che producono servizi sono ascrivibili al macrosettore terziario, dove troviamo differenti attività di servizi spesso ausiliari all'attività economica del settore secondario (spesso il terziario è a servizio di altre imprese). (settore turistico, settore dei trasporti) (terziario avanzato: società di consulenza o di revisione contabile). SERVIZIO: è caratterizzato dall'intangibilità e dall'immaterialità e soprattutto il servizio ha la particolarità di avere il momento della produzione, vendita e del consumo dello stesso come coincidenti, differentemente da quanto accade nell‟ambito della produzione dei beni fisici dove questi momenti sono separati nel tempo. Un servizio non può essere stoccato in magazzino in quanto immateriale e proprio per questo le imprese del settore terziario regolano il suo prezzo in modo da far coincidere l‟offerta con la domanda. Nell'ambito dell'erogazione di servizi, a differenza che nella vendita di beni fisici, vi è un rapporto molto più diretto tra consumatore e impresa, in quanto questo risulta essere molto più lontano dal processo di produzione di un bene fisico. Oggi questa demarcazione, grazie al marketing ed altre evoluzioni economico-logistiche, è sempre minore (spesso i beni fisici sono correlati all'erogazione di servizi accessori come assistenza, garanzia, finanziamento, ecc. che avvicinano i consumatori al produttore). Oggi inoltre la produzione di servizi avviene in alcuni casi con logiche e modalità più industriali e meccaniche differenti dalle modalità classiche del settore terziario tradizionale. Infine le imprese che realizzano servizi, a differenza di quanto accade nel settore secondario, non rispondono al meccanismo della domanda-offerta, ma regolano l‟offerta attraverso un meccanismo di pricing. (Il 70% della popolazione italiana è impiegato nel settore terziario). Possiamo anche definire le imprese facendo riferimento a diversi classi dimensionali: possiamo distinguere tra grande, media, piccola e micro impresa. Questa distinzione è basata su parametri di natura quantitativa come il numero di dipendenti (indice anche di complessità organizzativa della struttura) ed il fatturato o volume d'affari (indice della rilevanza dell'impresa sul mercato); la commissione europea si basa su questi indici. Altri parametri possono essere il livello di capitale investito e di valore aggiunto creato (importante perché ci dà misura di quanto è alto il livello di internalizzazione delle attività dell'impresa in quanto maggiore è il valore aggiunto e maggiore è il numero di attività svolte all'interno dell'impresa e non acquisite dall'esterno). PMI: micro (al di sotto dei 10 dipendenti), piccole (al di sotto dei 50 dipendenti) e medie imprese (al di sotto dei 250 dipendenti) GRANDI IMPRESE: aventi più di 250 dipendenti. DIFFERENZE QUALITATIVE: le strutture organizzative delle grandi imprese hanno una complessità maggiore rispetto alle PMI. Nelle piccole e medie imprese vi è spesso coincidenza tra proprietà e gestione (imprese familiari come Ignazio Messina, Olio Carli, Noberasco) mentre nelle grandi imprese ciò non avviene in quanto sono spesso affidate a professionisti del management (managers) a causa della loro complessità o del frazionamento della proprietà tra i vari azionisti o diversi proprietari. Le PMI adottano delle strategie più semplici e convenzionali rispetto a quelle delle grandi imprese (internazionalizzate, ovvero operanti su più mercati nazionali e caratterizzati da una produzione maggiormente diversificata, ovvero dalla realizzazione di più prodotti anche molto differenti tra loro). Le imprese più piccole sono sotto-capitalizzate, ovvero finanziano la crescita attraverso il debito e quindi mediante finanziamenti provenienti dalle banche. COME POSSIAMO DEFINIRE L'IMPRESA?

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ECONOMIA E GESTIONE DELLE IMPRESE IMPRESA: è un'istituzione economico-sociale che svolge la funzione di produzione di beni e servizi rivolti al mercato, per soddisfare bisogni collettivi o individuali, operando in condizioni di autonomia, durabilità ed economicità (capacità dell‟impresa di produrre beni o servizi ai quali il mercato riconosca un valore superiore a quello dei fattori produttivi consumati), con l‟obiettivo di conseguire un surplus economico (profitto) ed una quota di mercato maggiore delle altre imprese. Le imprese sono tipicamente orientate verso il profitto che è il loro scopo principale, a differenza invece di altri tipi di soggetti economici come aziende no profit o aziende pubbliche. L'impresa ha anche un forte connotato sociale in quanto è luogo di formazione dei dipendenti e in quanto rappresenta per essi un'opportunità di impiego.

Le imprese possono essere distinte in base alla natura del loro output: materiale o immateriale, ovvero consistente in beni fisici o servizi. Le differenze principali si riscontrano ovviamente nell'organizzazione e nell'esecuzione delle cosiddette operations. Le imprese che producono beni fisici attraverso processi di produzione fisici sono inquadrabili nel cosiddetto macrosistema industriale o secondario, mentre quelle che producono servizi sono ascrivibili al macrosettore terziario, dove troviamo differenti attività di servizi spesso ausiliari all'attività economica del settore secondario (spesso il terziario è a servizio di altre imprese). (settore turistico, settore dei trasporti) (terziario avanzato: società di consulenza o di revisione contabile). SERVIZIO: è caratterizzato dall'intangibilità e dall'immaterialità e soprattutto il servizio ha la particolarità di avere il momento della produzione, vendita e del consumo dello stesso come coincidenti, differentemente da quanto accade nell‟ambito della produzione dei beni fisici dove questi momenti sono separati nel tempo. Un servizio non può essere stoccato in magazzino in quanto immateriale e proprio per questo le imprese del settore terziario regolano il suo prezzo in modo da far coincidere l‟offerta con la domanda. Nell'ambito dell'erogazione di servizi, a differenza che nella vendita di beni fisici, vi è un rapporto molto più diretto tra consumatore e impresa, in quanto questo risulta essere molto più lontano dal processo di produzione di un bene fisico. Oggi questa demarcazione, grazie al marketing ed altre evoluzioni economico-logistiche, è sempre minore (spesso i beni fisici sono correlati all'erogazione di servizi accessori come assistenza, garanzia, finanziamento, ecc. che avvicinano i consumatori al produttore). Oggi inoltre la produzione di servizi avviene in alcuni casi con logiche e modalità più industriali e meccaniche differenti dalle modalità classiche del settore terziario tradizionale. Infine le imprese che realizzano servizi, a differenza di quanto accade nel settore secondario, non rispondono al meccanismo della domanda-offerta, ma regolano l‟offerta attraverso un meccanismo di pricing. (Il 70% della popolazione italiana è impiegato nel settore terziario). Possiamo anche definire le imprese facendo riferimento a diversi classi dimensionali: possiamo distinguere tra grande, media, piccola e micro impresa. Questa distinzione è basata su parametri di natura quantitativa come il numero di dipendenti (indice anche di complessità organizzativa della struttura) ed il fatturato o volume d'affari (indice della rilevanza dell'impresa sul mercato); la commissione europea si basa su questi indici. Altri parametri possono essere il livello di capitale investito e di valore aggiunto creato (importante perché ci dà misura di quanto è alto il livello di internalizzazione delle attività dell'impresa in quanto maggiore è il valore aggiunto e maggiore è il numero di attività svolte all'interno dell'impresa e non acquisite dall'esterno). PMI: micro (al di sotto dei 10 dipendenti), piccole (al di sotto dei 50 dipendenti) e medie imprese (al di sotto dei 250 dipendenti) GRANDI IMPRESE: aventi più di 250 dipendenti. DIFFERENZE QUALITATIVE: le strutture organizzative delle grandi imprese hanno una complessità maggiore rispetto alle PMI. Nelle piccole e medie imprese vi è spesso coincidenza tra proprietà e gestione (imprese familiari come Ignazio Messina, Olio Carli, Noberasco) mentre nelle grandi imprese ciò non avviene in quanto sono spesso affidate a professionisti del management (managers) a causa della loro complessità o del frazionamento della proprietà tra i vari azionisti o diversi proprietari. Le PMI adottano delle strategie più semplici e convenzionali rispetto a quelle delle grandi imprese (internazionalizzate, ovvero operanti su più mercati nazionali e caratterizzati da una produzione maggiormente diversificata, ovvero dalla realizzazione di più prodotti anche molto differenti tra loro). Le imprese più piccole sono sotto-capitalizzate, ovvero finanziano la crescita attraverso il debito e quindi mediante finanziamenti provenienti dalle banche. COME POSSIAMO DEFINIRE L'IMPRESA?

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L'impresa è un sistema >> insieme ordinato di parti ordinate e coofinalizzate al raggiungimento di un determinato scopo, ovvero il conseguimento del massimo profitto ed il raggiungimento di una posizione competitiva sul mercato. L'impresa è:

SISTEMA COMPLESSO: in quanto coinvolge diversi elementi: umani, immateriali e materiali, ognuno con una funzione specifica differente, aventi particolari relazioni tra loro nell'ambito dell'attività economica dell'impresa. Da una maggiore complessità deriva la necessità di una maggiore organizzazione dell'impresa.

SISTEMA RELAZIONALE APERTO: in quanto intrattiene rapporti con l'ambiente circostante. Essa infatti attinge ad input dall'esterno e genera, attraverso l‟attività produttiva, degli output, condiziona l'ambiente esterno e si fa condizionare a sua volta dallo stesso in un rapporto di natura biunivoca (le imprese possono realizzare prodotti che influenzano i costumi e gli stili di vita, esse inoltre hanno un valenza sociale in quanto forniscono possibilità di lavoro e di diffusione di conoscenza, tuttavia le imprese sono a loro volta condizionate dal contesto in cui nascono ed operano: la crisi economica ad esempio è un fattore esogeno che condiziona inevitabilmente l'attività delle imprese).

SISTEMA DI TRASFORMAZIONE: in quanto combina input che trasforma in output attraverso un processo produttivo, che deve rispettare parametri di efficienza ed efficacia. Le imprese del settore secondario trasformano fisicamente i fattori produttivi in beni materiali mentre le imprese del settore terziario trasformano gli input in servizi. E‟ anche un sistema di trasformazione economica, teso al rispetto di parametri di efficienza e di efficacia.

SISTEMA DOTATO DI UN MECCANISMO DI FEEDBACK (CONTROLLO): in quanto essa è capace di correggersi nel momento in cui si verificano spostamenti tra obiettivi e risultati raggiunti. E' importante perché grazie ad un tale meccanismo l'impresa può mantenere sotto controllo l'attività economica e mettere in atto meccanismi di correzione che possono ritoccare l'obiettivo oppure modificare il suo operato al fine di raggiungere ugualmente lo stesso.

SISTEMA COGNITIVO: in quanto l'impresa apprende ed organizza flussi di dati e produce conoscenze. La conoscenza è sempre più importante nell'attività economica divenendone elemento chiave. L'impresa apprende attraverso i meccanismi di feedback ed attraverso la conoscenza impara dal passato per potere programmare meglio il futuro;

SISTEMA FINALIZZATO O TELEOGICO: in quanto è orientata al raggiungimento di determinati fini e scopi come ad esempio la massimizzazione dei profitti (nel lungo periodo in quanto il principale scopo è quello di generare una remunerazione del capitale investito nel tempo).

SISTEMA VITALE: il principale obiettivo è quello di sopravvivere nel tempo, anche sacrificando il profitto nel breve periodo.

Perché l'impresa deve essere governata? Come deve essere governata? E' necessario che sia predisposto all'interno del sistema impresa un qualcosa che riesca a governare le parti di cui esso si compone in quanto se così non fosse il sistema sarebbe inevitabilmente destinato alla dissoluzione. E‟ quindi necessario un meccanismo di gestione e controllo. Vi sono nodi cruciali da governare come i rapporti impresa-ambiente, in quanto l'impresa è un sistema aperto, i processi di generazione della conoscenza, in quanto l'impresa è un sistema cognitivo e le relazioni interne, in quanto l‟impresa è infine un sistema complesso. Detto ciò dobbiamo arrivare a definire un modello che ci indichi cosa significa governare un'impresa e come farlo. Governare un'impresa significa essenzialmente assumere decisioni: la funzione espletata dal management è quella di assumere decisioni e risulta essere quindi fondamentale. Nelle imprese vengono assunte decisioni aventi ciascuna caratteristiche differenti sotto il profilo dell'importanza della decisione, dei contenuti e della collocazione della responsabilità a livello organizzativo. Esse in base a ciò possono essere classificate in tre livelli ordinati gerarchicamente:

Decisioni strategiche: scaturiscono dal tentativo di armonizzare il rapporto dinamico che esiste tra impresa e ambiente di riferimento. Esse quindi sono decisioni che riguardano la definizione del proprio

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campo di attività, il rapporto con la concorrenza, il rapporto con la clientela, il rapporto con i fornitori, la variazione del portafoglio prodotti, ecc.

Esse presentano alcune caratteristiche fondamentali: esse sono infatti:

fortemente centralizzate: ovvero sono assunte da un nucleo ristretto di persone;

si adottano in condizioni di incertezza: esse infatti riguardano principalmente il medio-lungo periodo e quindi sono incerte per natura in quanto tali sono l'economia ed il mercato nel medio-lungo periodo e sono per questo basate su previsioni riguardanti il possibile andamento futuro dell'ambiente esterno;

non sono ripetitive: non sono decisioni quotidiane o abituali ma hanno un carattere eccezionale ed una forte rilevanza sull'andamento economico dell'impresa;

non sono evidenti: cioè non si impongono all'attenzione del decisore: le scelte di natura strategica spesso devono essere ricercate e non semplici, quindi frutto di analisi, ricerche e studi approfonditi che fanno si che esse siano basate sull'evoluzione dell'ambiente esterno;

i risultati derivanti da tali decisioni hanno incidenza sulla performance aziendale: è possibile monitorare la correttezza di tali decisioni valutando l'andamento dell'impresa.

Le decisioni di natura strategica sono assunte nella loro totalità dal SOGGETTO ECONOMICO dell'impresa, ovvero il vertice della responsabilità a livello organizzativo. Tutte queste decisioni si collocano da un livello gerarchicamente superiore ed influenzano per questo tutte le altre scelte gerarchicamente inferiori. I principali indicatori dell‟andamento positivo o negativo delle decisioni strategiche sono il ROI (indice della redditività operativa) ed il ROE (indice della redditività netta)

Decisioni amministrativo-organizzative: esse non si collocano al vertice dell'impresa in quanto non devono essere necessariamente assunte da chi governa l'impresa (soggetto economico) ma vengono prese dai responsabili delle varie funzioni aziendali (responsabile marketing, responsabile vendite, responsabile della logistica, ecc.). Esse riguardano il problema della combinazione ottimale delle risorse a

disposizione dell'impresa (mezzi finanziari, capitale umano, conoscenze, ecc.), al fine di raggiungere il massimo grado di

produttività compatibile con il massimo grado di economicità. Queste risorse devono essere reperite, organizzate e gestite attraverso azioni svolte nel rispetto dei principi dell'efficienza e dell'efficacia in quanto esse hanno rilevanti conseguenze sulla finanza aziendale. Queste azioni supportano la concretizzazione delle decisioni strategiche e devono quindi essere consequenziali e coerenti alle stesse.

Decisioni operative: esse sono decisioni che si collocano ad un livello ancora più basso e semplice, sono decisioni correnti e quotidiane che vengono assunte appunto con frequenza e ripetitività e riguardano essenzialmente il presente. Esse non riguardano l‟organizzazione ma concernono l'utilizzo ottimale delle risorse nell'ambito di ciascuna area funzionale (ad es. una decisione organizzativa relativa all'organizzazione del debito aziendale implica decisioni operative riguardanti le modalità con cui esso deve essere estinto). Le decisioni operative assorbono la maggior parte delle energie decisionali dell'impresa ed attengono essenzialmente al come produrre: quindi esse sono più numerose delle precedenti e sono assunte da un quantitativo più ampio di persone.

DECISIONI STRATEGICHE:

RELAZIONI CON L'AMBIENTE ESTERNO;

SCELTE DEL MERCATO (in termini geografici) l'impresa può decidere di passare da un mercato locale ad uno nazionale o da uno nazionale ad uno internazionale;

SCELTA DEL PORTAFOGLIO PRODOTTI: l'impresa può aggiungere o rimuovere un prodotto nella sua offerta;

GESTIONE DELL'IMMAGINE: gestione delle modalità con le quali l'impresa si propone al mercato ed ai consumatori (marchio di lusso, marchio di convenienza, ecc.);

SCELTE DI RICERCA E SVILUPPO: esse sono destinate a creare innovazioni tecnologiche nell'ambito della produzione,

dell'organizzazione, della distribuzione, ecc.;

SCELTE UBICAZIONALI: riguardano la localizzazione geografica dell'impresa in tutte le sue parti (produzione, rivendita, ecc.)

DECISIONI AMMINISTRATIVO-ORGANIZZATIVE:

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ORGANIGRAMMA E STRUTTURA ORGANIZZATIVA: organizzazione delle risorse umane nei vari settori della struttura aziendale;

ORGANIZZAZIONE DI CIASCUNA FUNZIONE AZIENDALE: organizzazione del lavoro dell'impresa;

LAYOUT DI FABBRICA: decisioni che riguardano la disposizione degli impianti nell'ambito di una stessa fabbrica;

ORGANIZZAZIONE DELLA RETE DI VENDITA: vendita diretta ai clienti o attraverso intermediari commerciali?;

GESTIONE DEL BUDGET PUBBLICITARIO: ripartizione del budget tra i diversi mezzi di comunicazione e pubblicità;

POLITICA SCORTE: modalità e tempi nell'ordinare le scorte di magazzino;

ACQUISIZIONE FINANZIAMENTI: decisioni riguardanti le modalità che assicurano maggiore efficacia ed efficienza nell'acquisizione dei finanziamenti.

DECISIONI OPERATIVE:

PROGRAMMAZIONE DELLA PRODUZIONE;

ATTIVITA' PROMOZIONALE (ad es. campagna pubblicitaria);

GESTIONE MAGAZZINI. COS'È LA STRATEGIA DI IMPRESA? Il termine strategia è un termine di natura militare ed indica, dal greco, tutte le azioni e manovre preposte alla sconfitta del nemico (in questo caso le imprese concorrenti). Negli studi di management il concetto di strategia non appare ancora uniformemente definito. DEFINIZIONE ECLETTICA: La strategia rappresenta lo schema o il modello decisionale atto a coordinare gli obiettivi, le linee di comportamento e l'allocazione delle risorse dell'impresa, in una visione unitaria e coerente. Lo schema è formato da decisioni e procedure e la funzione di questo è il coordinamento degli obiettivi dell'impresa. REQUISITI ESSENZIALI PER UNA STRATEGIA DI SUCCESSO:

COERENZA: con gli obiettivi ed i valori aziendali: gli obiettivi devono essere ben definiti nelle loro coordinate quantitative e temporali ed essere espressione della cultura dell'organizzazione (principi e valori che connotano una determinata impresa). La determinatezza degli obiettivi è essenziale affinché essi possano essere oggetto di controllo attraverso i meccanismi di feedback; con l'ambiente: la strategia deve rapportarsi efficacemente in relazione alle caratteristiche dell'ambiente esterno ed in particolare dell'ambiente specifico; presuppone quindi una comprensione minuziosa di tutte le sue componenti. La strategia deve quindi essere plasmata e modificata in modo da essere coerente ed efficace in relazione al cambiamento dell'ambiente esterno. L'impresa quindi deve basare la sua strategia aziendale su un'accurata analisi dell'evoluzione dello stato dell'ambiente esterno. (Es. un‟impresa che vuole ampliare il proprio portafoglio prodotti deve verificare che vi sia domanda sul mercato di quel nuovo prodotto e che la concorrenza relativa non sia eccessivamente elevata); con le risorse e l'organizzazione: il contenuto della strategia deve essere compatibile con l'insieme delle risorse interne, oltre che con le caratteristiche degli assetti organizzativi e gestionali dell‟impresa. Gli obbiettivi dettati dalla strategia devono essere adeguati e coerenti alle risorse in possesso dell‟impresa ed alla struttura da cui essa è caratterizzata. La strategia viene anche definita come mediazione tra le opportunità e le minacce offerte e provenienti dall'ambiente esterno e tra i punti di forza e debolezza interni all'impresa. Qual è lo scopo ultimo della strategia? Esso è quello di creare un VANTAGGIO COMPETITIVO DURATURO e DIFENDIBILE.

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Il VANTAGGIO COMPETITIVO rappresenta la capacità dell'impresa di superare i concorrenti nel raggiungimento della redditività. Esso delinea una situazione tale per cui un'impresa assume una posizione commerciale predominante rispetto alle altre imprese concorrenti (appartenenti cioè allo stesso business). Michael Porter negli anni ‟80 ha reso pubblica la sua Teoria sulla Catena del valore in Azienda: Def. di Michael Porter: “Quando due o più imprese competono all'interno dello stesso mercato, un'impresa possiede un vantaggio competitivo se ottiene in maniera continuativa una redditività superiore” (ovvero se stabilmente ed in un orizzonte di lungo periodo l'impresa guadagna più delle altre; essa ha una maggiore efficacia di natura strategica, ovvero raggiunge più facilmente gli obbiettivi preposti). Il vantaggio competitivo deriva dalla differenza tra i margini di prezzo e di costo nel medio – lungo periodo. Esso è lo strumento attraverso il quale un‟impresa crea valore per i suoi acquirenti e produce risultati superiori ad i costi necessari per la sua attuazione. Quali sono i fondamenti che possono garantire l'esistenza di un vantaggio competitivo? Un impresa riesce a creare i fondamenti di un vantaggio competitivo quando riesce a creare nella clientela un valore ideale dei prodotti molto maggiore rispetto ai costi sostenuti per realizzarli (Apple). Il vantaggio competitivo è lo strumento attraverso il quale un'impresa crea valore per i suoi acquirenti e produce risultati superiori ai costi per la sua attuazione (redditività). Si crea in questo modo un margine di profitto maggiore rispetto a quello dei concorrenti. Il valore rappresenta quanto i consumatori sono disposti a pagare l'output dell'azienda, ovvero il prezzo di mercato dei prodotti realizzati. Quali sono le tipologie di vantaggio competitivo? 2 TIPI: VANTAGGIO DI COSTO: è la capacità dell‟impresa, attraverso l‟innovazione tecnologica, di abbassare i costi medi di produzione e di riuscire conseguentemente ad offrire prodotti equivalenti a prezzi inferiori rispetto a quelli applicati dalle imprese concorrenti; VANTAGGIO DI DIFFERENZIAZIONE: è la capacità dell‟impresa di offrire un prodotto unico, con caratteristiche specifiche e peculiari, tale da avere un maggiore valore e da giustificare quindi un prezzo maggiore mantenendo invariata la disponibilità d‟acquisto da parte dei clienti (si parla di premium price) In questo caso l‟impresa non cerca un vantaggio sul costo ma sul valore del suo prodotto. Immaginiamo due imprese gemelle a e b che producono lo stesso prodotto agli stessi prezzi. Pa – Ca = Ma Pb – Cb = Mb Supponiamo che l'impresa b sia riuscita ad abbassare i costi di produzione grazie ad un'innovazione tecnologica. Essa potrebbe ora decidere di abbassare il prezzo del prodotto fino a mantenere invariato il margine di profitto originario ottenendo comunque un vantaggio competitivo sull'avversario in quanto aumenterebbe ugualmente la sua quota di mercato (numero di vendite complessivo di una determinata impresa all'interno di uno specifico business). Se un'impresa decide di agire in questo modo, grazie all'aumento delle vendite, a parità di margine di profitto, essa ottiene comunque un vantaggio gestionale in quanto riesce ad ammortizzare meglio i costi fissi in quanto i costi fissi medi diminuiscono e tale diminuzione genera un successivo conseguente abbassamento dei costi totali dell'impresa. Essa ottiene quindi in questo modo una maggiore efficienza di costo. Se l'impresa decide di cercare di ottenere un vantaggio di differenziazione dovrà attuare una serie di azioni atte a migliorare la qualità dei prodotti e che porteranno inevitabilmente all'aumento dei costi sostenuti per la produzione. Tuttavia questo aumento di costo viene compensato più che proporzionalmente da un aumento di valore e quindi di prezzo, garantito dal fatto che l'impresa riesce a convincere il consumatore della maggiore qualità ed esclusività dei prodotti offerti (premium price). Il premium price è la differenza tra il prezzo che il consumatore è disposto a pagare per un prodotto di maggiore valore rispetto ad un altro prodotto simile ma standard e non di eguale valore. Nonostante l'aumento dei costi sostenuti, il margine di profitto dell'impresa aumenta più che proporzionalmente ad esso. Il vantaggio competitivo può essere definito duraturo quando esso non è effimero, ovvero quando non scaturisce da situazioni eccezionali ma è frutto di una politica aziendale di medio-lungo termine. Il vantaggio competitivo è difendibile quando i concorrenti non sono in grado di imitare il comportamento che garantisce lo stesso all'impresa predominante. FONTI DEL VANTAGGIO COMPETITIVO DI COSTO:

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le economie di scala (costi medi unitari diminuiscono al crescere della scala produttiva) e di apprendimento (costi di produzione diminuiscono col passare del tempo grazie all'esperienza che l‟impresa acquisisce e che porta all'ottimizzazione dei processi produttivi);

tecniche di produzione che consentono un utilizzo più efficiente dei fattori produttivi (macchinari tecnologicamente avanzati che sostituiscono il capitale umano impiegato e riducono i costi della produzione: maggiore è l‟automazione e la meccanizzazione dei processi produttivi e minori saranno i costi per l‟impresa);

contratti a lungo termine nell'approvvigionamento di fattori produttivi (questi garantiscono delle condizioni commerciali più favorevoli);

vantaggi di localizzazione (scelte ubicazionali di delocalizzazione di alcune fasi dell'attività produttiva in aree del mondo con basso costo di manodopera permettono di abbassare i costi della produzione);

uso di tecnologie digitali (necessarie per poter eliminare alcune fasi dell'attività, come ad esempio l‟utilizzo di internet al posto dei locali commerciali per vendere i prodotti (e-commerce))

FONTI DI VANTAGGIO DI DIFFERENZIAZIONE:

Caratteristiche e prestazioni del prodotto/servizio (particolari qualità del prodotto realizzato o del servizio erogato permettono di aumentarne il prezzo e di accrescere così i ricavi);

pubblicità (essa è fondamentale in quanto permette di costruire un brand ed un immagine che siano sinonimi di unicità, di maggior valore e di differenziazione rispetto alla concorrenza e che possa quindi giustificare un prezzo più elevato del prodotto);

attività di ricerca e sviluppo di nuovi prodotti (attraverso cui creare prodotti innovativi e distintivi che rappresentino una novità per il mercato di riferimento e che siano quindi in grado di rispondere a nuovi bisogni o di rispondere a bisogni già esistenti ma in modo migliore);

il marchio affermato (in alcuni casi si afferma da sé);

orientamento alla customer satisfaction che si estrinseca nella realizzazione di prodotti/servizi che seguono le esigenze dei consumatori (una maggiore differenziazione della varietà del portafoglio prodotti e delle opzioni accessorie ai prodotti stessi garantisce una maggiore attrattività dei prodotti sul mercato)

Le imprese devono decidere a priori se vogliono cercare di ottenere un vantaggio competitivo di differenziazione o di costo. Il vantaggio competitivo trae origine dall'individuazione, esplicitazione e sfruttamento di opportunità potenzialmente esistenti nell'ambiente esterno in cui si trova l'impresa, che gli altri operatori economici non sono in grado di cogliere o, comunque, di sviluppare in maniera efficace. E‟ nella situazione di concorrenza tra imprese che emerge infatti il vantaggio competitivo in quanto è proprio in una situazione di competizione che le imprese sviluppano caratteristiche distintive per emergere sulle altre. E' essenziale per ottenere un vantaggio competitivo la capacità di cogliere le opportunità per garantirsi lo stesso vantaggio. Queste opportunità vengono generate dalla competizione concorrenziale tra imprese, mosse dallo scopo di emergere sul mercato. E' importante ricordare che la fonte del vantaggio deve garantire la sua durata nel tempo. Una volta acquisito il vantaggio competitivo è soggetto all'erosione da parte della concorrenza che emula le novità e le diversità che lo hanno generato. Per evitare questo fenomeno e per rendere quindi tale vantaggio duraturo e difendibile, le imprese possono creare le cosiddette “barriere all'imitazione”. FONTI DELLE BARRIERE ALL'IMITAZIONE

occultamento dei risultati eccellenti: l'impresa può nascondere i profitti eccellenti generati da questo vantaggio competitivo per occultarne l'esistenza stessa alle imprese concorrenti;

dissuasione attraverso segnali aggressivi ai concorrenti: ad esempio abbassare i prezzi dei prodotti imitati e copiati per scoraggiare i concorrenti a realizzarne altri simili, in quanto essi dovrebbero sostenere costi maggiori rispetto a quelli dell'impresa che ha già il vantaggio e che si trova più avanti per brand, pubblicità, tecnologie eccetera.

Un'altra pratica aggressiva è quella di aumentare la pubblicità relativa al prodotto che rischia di essere copiato e renderlo in questo modo talmente noto da impedire di fatto la manovra della concorrenza;

anticipazione: attraverso lo sfruttamento di tutte le opportunità di investimento disponibili, posso prevenire in pratica l'imitazione innovando il prodotto oggetto di essa rendendo la potenziale copia obsoleta;

ambiguità causale: si possono dissimulare le fonti del vantaggio competitivo, rendendo le stesse difficilmente conoscibili e ostacolando in questo modo la loro imitazione (segreti industriali a copertura di

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particolari processi produttivi o riguardanti i processi di formazione del personale ed altro (formula chimica coca-cola));

basare il vantaggio competitivo su risorse e capacità non trasferibili e difficili da replicare: come ad esempio particolari professionalità con specifiche competenze tecniche difficilmente reperibili.

QUALI SONO I DIVERSI LIVELLI DI STRATEGIA? La strategia d'impresa può essere riferita:

1. LIVELLO CORPORATE: essa determina il campo di azione dell'impresa attraverso la scelta dei settori e dei mercati in cui competere: un'impresa assume una serie di scelte di natura complessa relative al suo campo di azione >> se essa ad esempio decidesse di operare e agire all'interno di più business o più mercati di nazioni differenti essa farebbe una scelta di livello corporate.

Essa risponde quindi alla domanda “in quali settori, mercati, segmenti di mercato dobbiamo operare?”, indica cioè quanto è ampio l'ambito di competenza dell'impresa. A questo livello quindi: - si valuta l'attrattività di quel business (analizzo prospettive di profittabilità, numero di potenziali clienti, ecc.) - si attuano le scelte strategiche di sviluppo, le modalità di attuazione e l'allocazione delle risorse tra le diverse attività di business. Es. l‟operazione di diversificazione del proprio portafoglio prodotti, come ad esempio l‟aggiunta di qualche nuova linea di produzione, è una strategia di livello corporate. Es. I è un impresa mono-business presente nel settore d‟abbigliamento A. Ad un certo punto, il proprietario dell‟impresa decide di affiancare al settore d‟abbigliamento A altri due settori: il settore borse B ed il settore calzature C. Il settore A è dedicato a rispondere alla domanda dei Grandi Magazzini, il settore B è presente sul mercato sotto forma di franchising, ed il settore C volto a rifornire piccoli negozi. L‟impresa I ha variato il proprio portafoglio business. Da questo investimento ci si aspetta un rendimento del capitale investito soddisfacente; ma se il rendimento di uno di questi nuovi settori d‟azione non sarà soddisfacente, l‟imprenditore dovrà attuare un'altra decisione corporate: con la quale farà venire meno la produzione intrapresa in precedenza in un nuovo business, come ad esempio C. Nel caso di decisioni a livello corporate è importante il coordinamento tra i diversi business e che il soggetto economico decida di anno in anno il futuro del business: dove operare e come alimentare il business di anno in anno. 2. LIVELLO BUSINESS: essa determina le modalità di azione dell'impresa all‟interno del settore in cui essa ha scelto di operare. Essa risponde alla domanda: “in che modo dobbiamo competere?”. A questo livello afferiscono tutte le scelte strategiche per il perseguimento del vantaggio competitivo in un determinato settore o mercato. E quindi vengono definite le fonti del vantaggio competitivo e le modalità della competizione. L'impresa mette in atto decisioni strategiche che riguardano la gestione del business stesso. Es. l‟operazione di differenziazione di un‟impresa dalle imprese concorrenti, grazie al premium price, è frutto di una strategia business. STRATEGIE E POLITICHE FUNZIONALI Le strategie vengono articolate a livello delle singole funzioni aziendali (politiche funzionali) all'interno delle quali si mobilitano le risorse e le competenze distintive necessarie alla realizzazione del vantaggio competitivo (sono il frutto di decisioni di carattere organizzativo-amministrativo). N.B. Strategie di marketing, strategie logistiche, strategie di produzione sono termini impropri: utilizziamo strategie solo per decisioni di corporate o business mentre per il resto utilizziamo il termine politiche. INTERRELAZIONI TRA STRATEGIE DI CORPORATE DI BUSINESS Esse sono tra loro molto correlate in quanto:

il campo di attività di un'impresa ha implicazioni sulle fonti del vantaggio competitivo: le decisioni corporate relative all'estensione del portafoglio prodotti hanno un'influenza anche sulle fonti del vantaggio competitivo.

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la natura del vantaggio competitivo di un'impresa influisce sull'estensione delle attività e dei mercati nei quali l'impresa può avere successo: se l'impresa ha ad esempio un buon vantaggio di costo questa può avere la forza di competere in altri mercati (esteri).

N.B. DIVERSIFICAZIONE: modifica incrementativa dei contenuti del portafoglio prodotti, è una scelta di livello corporate. DIFFERENZIAZIONE: scelta di livello business che consiste nella distinzione del prodotto realizzato da quello dei concorrenti. Tutte le imprese perseguono una strategia? Generalmente le grandi imprese sono caratterizzate da strategie precise mentre le piccole e medie molto meno: le imprese di grandi dimensioni, aventi una struttura complessa ed importante, aventi responsabilità anche nei confronti degli investitori, tendono ad esplicitare le loro stesse strategie ed a renderle pubbliche. Tuttavia anche le imprese più piccole hanno delle strategie anche se meno note al pubblico: tutte le imprese sono caratterizzate dall'adozione di una strategia in quanto essa è una caratteristica fondamentale di un'impresa. Come si forma una strategia? Il reale processo di formazione della strategia nasce dalla combinazione tra: strategia deliberata + strategia emergente. In genere una decisione strategica viene presa in base ad analisi e studi dettagliati (strategia deliberata), ma spesso accadono avvenimenti e si verificano mutamenti nell'ambiente esterno che rendono necessario un cambiamento di rotta ed un adattamento della strategia (strategia emergente). Dall'intenzione strategica alla strategia realizzata Nel processo realizzativo di una strategia occorre distinguere:

intenzione strategica: ciò che l'impresa vorrebbe realizzare: adozione, da parte dei responsabili strategici dell'impresa, di un disegno di sviluppo dell'impresa fondato su un sistema di obiettivi particolari;

strategia decisa: i contenuti della strategia decisa sono costituiti da quella parte dell'intenzione strategica iniziale che l'analisi dell'ambiente esterno ed interno ha suggerito di mantenere e da una parte che viene aggiunta al fine di aderire alla realtà contestuale;

strategia deliberata: nella fase di attuazione, l'incidenza di fattori dinamici, sia interni che esterni, può causare l'abbandono di una parte della strategia decisa e/o l'adozione di particolari adattamenti e nuove soluzioni.

Possono emergere scostamenti, più o meno rilevanti, tra le diverse fasi del processo strategico. Lo scostamento tra strategia decisa e strategia realizzata è imputabile al combinarsi, da un lato, dell‟abbandono di una parte dei contenuti del piano strategico per il manifestarsi, nella fase di realizzazione, di circostanze negative non previste e, dall‟altro, per l‟emergere di spinte strategiche da parte dell‟ambiente. Si tratta di un processo complesso. Generalmente viene rispettato in tutte le sue fasi, anche se può capitare che alcune imprese, soprattutto quelle più piccole, saltino questo processo. Queste non creano previsioni e pianificazioni, ma agiscono giorno per giorno, a seconda della situazione ambientale. Le imprese che passano attraverso tutte queste fasi e rispettano quindi degli steps precisi e prestabiliti adottano principalmente una strategia deliberata (principalmente grandi imprese che per la loro complessità la necessitano). Altre imprese invece assumono decisioni strategiche in orizzonti temporali più brevi e seguono quindi una strategia emergente (principalmente piccole e medie imprese che hanno strutture più semplici). Ci sono 3 diversi tipi di approccio nella definizione e nella successiva attuazione della strategia:

- Approccio razionalistico: piano strategico scritto e determinato, fissato a priori.

- Approccio 2: condotta strategica maggiormente affidata all'azione dei managers dell'impresa, che non si basano su un piano preciso ma sulla loro creatività e la loro esperienza.

- Approccio del management strategico: è una posizione intermedia tra le due precedenti: questo è l'approccio che noi scegliamo. In esso le due fasi di decisione e di esecuzione della strategia sono

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fortemente collegate. Nell'approccio razionalistico i managers devono esclusivamente definire la strategia e demandano la sua esecuzione alla gestione operativa: spesso in questo caso vi è una forte diversità tra fase decisionale ed esecuzione della strategia stessa. Nell'approccio del management strategico i rischi relativi alla inattuabilità o alla mutabilità della strategia sono nettamente minori che nel caso precedente, in quanto essa viene si definita ma anche adeguata ad i cambiamenti esterni ed interni che si possono verificare nel corso della sua concretizzazione. In questo secondo caso la gestione operativa dell'impresa è investita di maggiore responsabilità.

FASI FONDAMENTALI DEL MANAGEMENT STRATEGICO FASE 1: definizione della visione e degli altri parametri comportamentali (missione, valori, obiettivi), coerentemente alla cultura dell'impresa; FASE 2: formulazione della strategia. Cultura di impresa: è caratterizzata da una serie di principi a fondamento dell'impresa che caratterizzano la “storia aziendale” e che sono portati avanti grazie all‟agire dei suoi membri. Essa dipende dal contesto in cui l'impresa agisce e dipende anche dagli elementi interni ad essa (la sua storia e le sue tradizioni ad esempio). (le imprese statunitensi sono maggiormente caratterizzate dalla meritocrazia mentre quelle europee più all'anzianità di servizio, qui è il contesto geografico e sociale che condizionano il comportamento dell'impresa) La cultura di impresa influenza due aspetti importanti:

Vision (visione): è l’immagine dell’impresa orientata la futuro ovvero è la proiezione di uno scenario che l‟imprenditore immagina nel futuro della sua impresa, la quale rispecchia i suoi valori, i suoi ideali e le sue aspirazioni. La visione è quindi ciò che l'impresa vuole rappresentare nel contesto sociale ed in quello economico (Essa risponde alla domanda. “Cosa sognano questi imprenditori per il loro futuro, per i loro prodotti, per i mercati che servono e per i loro consumatori? E, soprattutto, cosa fanno per fare si che i loro sogni si trasformino in realtà?” Ad esempio Steve Jobs vedeva come scopo di Apple il possesso di un pc per ogni individuo). La Vision deve essere esplicitata, chiara, accurata, derivata da attente riflessioni e deve essere condivisa dall'intera organizzazione, in modo tale che venga compresa da tutti i suoi membri, al fine di condividerne i successi. Nello stabilire la vision l'impresa può: fissare uno scopo sociale di innovazione e cambiamento dei costumi, di miglioramento della qualità della vita, ecc. oppure può definire l'obiettivo di diventare leader di un settore di mercato;

Mission (missione): è l’immagine dell’impresa orientata al presente, alla sua gestione ed al suo funzionamento. Essa è la strada che si vuole percorrere per realizzare la vision e deve quindi mostrare in modo preciso e dettagliato come si intende raggiungere gli obiettivi descritti dalla vision stessa. La mission consiste quindi nella definizione dei compiti essenziali dell'impresa, di ciò che l'impresa effettua sul mercato. Deve essere composta da alcuni elementi chiave quali: la storia dell'azienda, le preferenze del management e della proprietà e le risorse di cui l‟impresa dispone. Deve descrivere in modo chiaro e conciso il perché l'organizzazione esiste, la sua unicità (in cosa si distingue dalle altre aziende concorrenti), i valori che ne guidano l'azione, il target a cui si rivolge, gli strumenti che utilizza, i bisogni a cui risponde, le risorse su cui fa affidamento.

Esempi di Vision Luxottica: “Produce e distribuisce occhiali da sole e da vista di elevata qualità tecnica e stilistica al fine di migliorare il benessere e la soddisfazione dei propri clienti, creando nel contempo valore per i dipendenti e le comunità in cui opera. Ogni collezione, ogni paio di occhiali è il risultato di un continuo processo di ricerca e sviluppo, il cui obiettivo consiste nell‟anticipare e interpretare le necessità, i desideri e le aspirazioni dei consumatori di tutto il mondo”. Nokia: "Mettendo in contatto le persone noi aiutiamo il soddisfacimento di un fondamentale bisogno umano di contatti e relazioni sociali. La Nokia costruisce ponti tra le persone – sia quando sono lontane che faccia-a-faccia – e colma il divario tra le persone e le informazioni di cui hanno bisogno".

Barilla: “Aiutiamo le persone a vivere meglio, portando ogni giorno nella loro vita il benessere e la gioia del mangiar bene”.

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Esempi di Mission Barilla “Dal 1877 Barilla è l‟azienda italiana e familiare che interpreta l‟alimentazione come un momento conviviale di gioia, ricco di gusto, affetto e condivisione. Barilla propone un‟offerta di qualità fatta di prodotti gustosi e sicuri. Barilla crede nel modello alimentare italiano che combina ingredienti di qualità superiore e ricette semplici, offrendo esperienze uniche ai cinque sensi. Il senso di appartenenza, il coraggio e la curiosità intellettuale ispirano il nostro modo di essere ed identificano le persone con le quali lavoriamo. Barilla lega da sempre il suo sviluppo al benessere delle persone e delle comunità in cui opera”. Luxottica: “La missione del Gruppo Luxottica è dedicarsi alla protezione degli occhi e alla valorizzazione dei volti di donne e uomini nel mondo, realizzando e commercializzando occhiali da sole e da vista di elevata qualità tecnica e stilistica al fine di massimizzare il benessere e la soddisfazione dei consumatori.” HTC: “La mission di HTC è diventare il fornitore innovativo e leader nel settore dei dispositivi mobili per informazioni e comunicazioni grazie al design a valore aggiunto, all'elevata qualità della produzione, alla logistica e all‟assistenza.” Beghelli: “Rispondere alle esigenze del mercato e dei clienti nel settore dell‟illuminazione e della sicurezza, puntando al risparmio energetico.” IKEA: “Offrire una vasta gamma di articoli d'arredamento, di buon design e funzionalità, di ottima qualità e durata, a prezzi così bassi che la maggior parte delle persone possono permettersi di comprarli.” Obiettivi strategici: essi sono diversi dalla missione. Uno degli elementi fondamentali per una strategia coerente è la presenza di un chiaro insieme di obiettivi a lungo termine verso cui la strategia è diretta. Tali obiettivi si riferiscono generalmente alla posizione sul mercato o allo status che l'impresa ha intenzione di raggiungere nel suo mercato o settore di riferimento attraverso la strategia che ha deciso di adottare (di livello corporate). Essi rispondono quindi alla domanda: “Dove i managers vogliono posizionare l‟impresa?” Quali caratteristiche devono avere tali obiettivi? Essi devono essere specifici dal punto di vista quantitativo e temporale. Esempi di obiettivi strategici:

aumentare le proprie vendite del 5% nel prossimo anno;

entro il 2008 far crescere l'utile netto del 12%;

aumentare la propria quota di mercato del 3% nei prossimi due anni;

aumentare il fatturato estero del 5% nei prossimi 5 anni. In passato era possibile elaborare strategie a lungo termine anche di prospettiva temporale di 5-10 anni in quanto il contesto economico-sociale era più stabile e meno confuso ed imprevedibile rispetto a quello attuale (globalizzazione economica, complessità della finanza e dei suoi strumenti): oggi infatti ciò non sarebbe possibile. E' quindi necessario creare obiettivi intermedi di medio periodo che possano permettere di controllare l'andamento della strategia di lungo periodo. LE FASI DEL MANAGEMENT STRATEGICO (approccio del management strategico): è necessario effettuare ed elaborare delle analisi accurate a fondamento della strategia da adottare (ricordiamo che la strategia deve essere coerente con il contesto interno ed esterno all'impresa): AMBIENTE: insieme di forze interne o esterne all'impresa, di variabili che la condizionano e che l‟impresa stessa condiziona.

ANALISI AMBIENTE ESTERNO;

ANALISI AMBIENTE INTERNO. Come viene elaborata la strategia? Il processo di formulazione della strategia richiede un'accurata analisi preliminare strategica dell'ambiente al fine di identificare:

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le opportunità e le minacce per le imprese (analisi dell'ambiente esterno);

i punti di forza e di debolezza dell'impresa (analisi delle risorse e delle competenze di cui è dotato l'ambiente interno).

RAPPORTI IMPRESA – AMBIENTE ESTERNO (opportunità e minacce) L'ambiente esterno costituisce uno dei fattori di condizionamento dello sviluppo dell'impresa e per questo è un elemento fondamentale per comprendere il problema strategico delle imprese. L'ambiente infatti condiziona le scelte delle imprese e sanziona, con il successo o l'insuccesso, la strategia perseguita. L'analisi aziendale deve quindi essere un processo continuo per capire se la strategia decisa è ancora valida in seguito alle modificazioni ed alle evoluzioni del contesto interno ed esterno. L'analisi dell'ambiente esterno si giustifica in quanto l'impresa è un sistema relazionale aperto:

essa vive utilizzando sistematicamente possibilità e potenzialità presenti (anche allo stato latente) nell'ambiente;

l'ambiente a sua volta evolve diversamente a seconda di come le imprese individuano, selezionano e utilizzano le suddette possibilità.

E' UN RAPPORTO BIUNIVOCO Cos'è l'analisi strategica dell'ambiente esterno? L‟analisi strategica dell‟ambiente esterno è un attività volta a raccogliere, selezionare (non tutte le info sono necessarie) ed elaborare (utilizzarle per definire la strategia che si vuole adottare) informazioni (demografiche o sulle strategie dei concorrenti) che consentano al decisore di disporre di un quadro attuale e prospettico dell'ambiente esterno rilevante per l'impresa. Essa deve essere condotta considerando l'ambiente in una duplice accezione:

ambiente generale o macroambiente: viene definito dall'insieme delle forze, dei fenomeni e delle tendenze di carattere generale che condizionano e influenzano le scelte ed i comportamenti dell'impresa e di tutti gli altri attori (concorrenti) del sistema competitivo (talvolta l'ambiente generale influenza tutti i settori e non solo quello competitivo (ad esempio la crisi economica globale))

ambiente competitivo o microambiente (ambiente specifico): viene definito dall'insieme delle forze specifiche che determinano l'intensità della concorrenza ed influenzano le prospettive di redditività e profittabilità dell'area strategica d'affari in cui l'impresa opera.

ANALISI DEL MACROAMBIENTE (AMBIENTE GENERALE)

Monitoraggio delle forze e delle tendenze del macroambiente: è uno screening generale, non tutte saranno poi studiate ed analizzate, se ad esempio saranno giudicate irrilevanti.

Individuazione dei probabili scenari futuri di tali fenomeni ambientali: evoluzioni prospettiche di variabili, che possono generare differenti situazioni;

Interpretazione dell'impatto che lo stato attuale e prevedibile delle forze del macroambiente può avere sulla condotta strategica e sulla posizione competitiva dell'impresa.

Considerata la vastità delle informazioni reperibili in ciascun sotto-ambiente, le imprese devono necessariamente sviluppare una capacità di selezionare delle variabili strategicamente più rilevanti, cercando di ordinarle in base al potenziale di influenza sulla propria condotta strategica. Questo processo di selezione, orientato ad individuare le forze che meritano un effettivo approfondimento, costituisce indubbiamente una delle difficoltà principali dell‟analisi dell‟ambiente esterno, soprattutto a causa della crescente complessità e discontinuità che caratterizza tali ambienti in cui le impresa si trovano ad operare. Quali sono le forze/variabili dell'ambiente generale che possono generare opportunità e minacce per l'impresa? Le principali forze del macroambiente possono essere raggruppate in sette distinti sotto-ambienti: Ambiente economico: L‟analisi dell‟ambiente economico ha come obbiettivo quello di individuare ed osservare la posizione attuale ed i futuri cambiamenti delle principali variabili che caratterizzano gli scenari macroeconomici nazionali ed internazionali, evidenziando le relazioni che esistono tra tali variabili, la condotta strategica dell‟impresa e la sua performance. L‟ambiente economico pone opportunità e minacce nei confronti della competitività delle imprese in relazione ai seguenti quesiti, quali:

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Quali sono le prospettive del sistema economico nazionale ed internazionale? Siamo in una fase di recessione o di espansione? Qual è l'evoluzione degli investimenti e del risparmio delle famiglie? Come si distribuisce il reddito per area geografica, età e tipologia di nucleo familiare? Qual è l'andamento della produzione industriale nazionale ed internazionale?

Quali eventi e trend economici possono influenzare la nostra impresa? (ad esempio cambiamento dei tassi di cambio)

La struttura dell'economia è identificabile mediante numerosi e complessi indicatori che riguardano ad esempio:

le diverse tipologie di produzione (industriale, agricola e terziaria);

il reddito disponibile delle famiglie;

i consumi nazionali ed internazionali per tipologia di prodotto e per aree geografiche;

gli investimenti (avvengono quando ci sono prospettive economiche favorevoli);

i tassi di cambio;

i tassi di inflazione nazionali ed internazionali (importanti perché indicano il livello dell'aumento dei prezzi);

il costo del lavoro;

il costo del denaro (tassi di interesse applicati ai prestiti, ai mutui, ecc.);

l'andamento dei prezzi interni rispetto ai prezzi dell'import (dà un riflesso sulla bilancia dei pagamenti).

Il tasso di cambio influisce sulla competitività delle imprese, anche a prescindere dal livello di efficienza interna e dalle caratteristiche qualitative dei prodotti offerti, in quanto esso è determinante nell'influire su importazioni ed esportazioni e quindi sull'equilibrio della bilancia commerciale (vedi articolo su slide). Ambiente demografico: L‟analisi dell‟ambiente demografico si prefigge l‟obbiettivo di individuare le principali tendenze relative alla struttura demografica della popolazione appartenente all‟area o al paese in cui l‟impresa opera o intende operare in futuro. Essa include tutti i fenomeni che incidono sulla dinamica e sulla struttura della popolazione in termini di classi di età, sesso e gruppi etnici. Tale ambiente pone opportunità e minacce nei confronti della competitività delle imprese in relazione ai seguenti quesiti:

Quali trend demografici si stanno verificando? (popolazione sta invecchiando o sta crescendo il numero di giovani?)

Quali cambiamenti demografici influenzeranno le dimensioni della domanda del settore? (cambiamenti in grado di cambiare la domanda del settore). Essa è importante perché è una variabile che influenza la tipologia di cliente. Variabili significative dell‟ambiente demografico, sono: • il Tasso di Crescita della Popolazione (una riduzione della crescita della popolazione costituisce una minaccia per il mercato); • la sua Stratificazione per età; • il numero medio dei Componenti per Famiglia ed il numero medio dei Matrimoni (influiscono sui diversi format di prodotti offerti dalle imprese: es porzioni mono-prodotto per i single, piatti pronti precotti); • il Tasso di Natalità e di Mortalità (consente di individuare i nuovi segmenti di consumatori); • il grado di Urbanizzazione; • la Struttura e l‟Andamento dell‟occupazione; • la Direzione e l‟intensità dei Flussi Migratori Interni, da e per l‟estero. Queste variabili presentano effetti socio-culturali facilmente prevedibili che si ripercuotono sulla dinamica dei consumi e quindi sulle politiche di marketing delle imprese. Esse, infatti, influenzando i bisogni dei consumatori, influenzano anche i comportamenti aziendali, determinando il grado di dimensione dei potenziali mercati, dell‟ elasticità e della dinamicità della domanda. Nel contesto italiano si è evidenziata, negli ultimi anni, una progressiva riduzione del tasso di crescita della popolazione, con un incremento del tasso di invecchiamento e di sopravvivenza, accompagnato da una riduzione del numero medio dei componenti per famiglia e del numero di matrimoni. A questo si aggiungono un aumento del tasso di occupazione femminile ed un profondo cambiamento dei flussi migratori che ha visto, negli ultimi dieci anni, un consistente incremento dal bacino del mediterraneo e dall‟Europa centro-orientale.

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Tali trasformazioni socio-demografiche non possono non influire sulle scelte strategiche delle imprese in virtù dei profondi cambiamenti che inducono nella struttura dei mercati e nei comportamenti d‟acquisto dei consumatori italiani. La riduzione del tasso di natalità, accompagnata da un incremento della vita media comporta, ad esempio, una riduzione della domanda di beni e servizi per la prima infanzia e per l‟adolescenza, ed un incremento della domanda di prodotti e servizi socio-sanitari appositamente ideati per gli anziani. Anche il progressivo aumento di gruppi familiari mono-componenti, o con un solo figlio e l‟incremento del numero di separazioni da matrimoni comportano nuove opportunità per le imprese: come ad esempio l‟introduzione di nuovi formati, molto spesso monodose, nei prodotti, o di servizi di supporto per la gestione domestica: servizi di pulizie, tintorie, ecc. Un‟ulteriore evoluzione dei modelli di consumo nazionali è riconducibile alla crescente mobilità della popolazione ed in particolare al fatto che l‟Italia è divenuta, sempre più, meta di flussi migratori; ne sono un esempio il diffondersi di negozi alimentari sempre più specifici, delle varie culture, o di servizi telefonici internazionali. Principali fenomeni socio demografici verificatisi in Italia negli ultimi decenni:

riduzione del tasso di crescita della popolazione (in alcuni casi compensato dall'immigrazione dall'estero);

riduzione del numero medio dei componenti per famiglia e diminuzione dei matrimoni (le famiglie si spostano sempre più verso scarsa numerosità o addirittura di singoli >> le industrie alimentari realizzano sempre più frequentemente prodotti monoporzione e piatti pronti);

aumento del tasso di sopravvivenza e invecchiamento (aumento della vita media grazie ai progressi farmaceutici e medici);

cambiamento della direzione dei flussi migratori (oggi provenienti dal sud del mondo verso l'Occidente industrializzato);

aumento del tasso di occupazione femminile (modifica degli stili di vita >> necessità di asili nido privati) e dell'inurbamento della popolazione verso i centri periferici (spostamento progressivo dal centro delle città verso le aree periferiche >> aumenta la mobilità delle persone e quindi per esempio aumenta la richiesta di servizi di trasporto)

Articolo, servizi bancari destinati agli anziani “Un tempo essi prendevano la pensione e venivano considerati come quelli che non spendevano. Oggi invece viene considerato come un cliente appetibile in quanto dotato di un reddito certo e anche medio alto rispetto al livello generale dei redditi. Le banche hanno creato per questo polizze e pacchetti assicurativi riservati alla clientela più anziana, essi possono per esempio accendere mutui ed altro”. Ambiente politico-istituzionale: l‟analisi dell‟ambiente politico-istituzionale si propone di individuare l‟insieme delle politiche adottate dai governi in materia di attività economica, che possono influenzare l‟assetto competitivo di alcuni settori. Essi è infatti costituito dall'insieme di norme su cui si fonda un paese e pone opportunità e minacce nei confronti della competitività delle imprese in relazione ai seguenti quesiti: Quali provvedimenti fiscali o monetari sono previsti e in che misura potranno influenzare il comportamento dell'impresa? (aumento dell'iva per esempio genera un inevitabile aumento dei prezzi). Quali sono i più prevedibili cambiamenti nella politica economica del paese? (sarà più favorevole a determinati settori piuttosto che ad altri). Le scelte di politica economica possono riguardare:

regulation/deregulation (aumento o regolamentazione o semplificazione delle barriere all'ingresso di un settore di mercato come per esempio in Italia la deregulation del settore telefonico);

leggi ambientali (si potrebbe chiedere alle imprese di essere eco-compatibili e ciò comporterebbe per esse maggiori costi);

fiscalità e tassazione;

tutela della concorrenza (la concorrenza è vista come un presupposto per un economia sana, senza trust e cartelli e che tuteli anche la posizione dei consumatori);

diritto societario (corporate governance);

diritti dei consumatori (sulla base dei movimenti degli anni ‟60 e „70 negli Stati Uniti anche in Italia i consumatori hanno acquisito maggiori diritti e considerazione);

diritti dei lavoratori (normative che tutelano il lavoro come ad esempio salario minimo, orario di lavoro, ecc.);

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accordi internazionali di cooperazione economica (che facilitano relazioni internazionali tra determinati paesi in un contesto economico sempre più globale);

politiche infrastrutturali (insieme di tutte le politiche nazionali relative alle infrastrutture: dalla logistica alle comunicazioni.

Tali elementi, in qualità di forze del macro-ambiente, possono influenzare in misura più o meno accentuata le prospettive di profitto e possono configurarsi come minacce o opportunità per tutte le imprese, indipendentemente dal loro ambito settoriale. Si tratta di un‟analisi tutt‟altro che semplice: non bisogna infatti dimenticare che l‟intervento dei poteri pubblici è spesso soltanto prevedibile ma non conoscibile in anticipo con correttezza. Principali fenomeni dell'ambiente politico legislativo verificatisi in Italia negli ultimi dieci anni:

privatizzazione delle principali imprese pubbliche (sono spesso diventate società per azioni con una maggioranza azionaria detenuta dallo stato, da una regione o da un comune);

riforma del diritto societario;

ingresso dell'Italia nell'UEM e l'introduzione della moneta unica europea (non si può più contare sulle variazioni dei tassi di cambio);

la devolution ed il federalismo;

la deregulation di diversi settori industriali del terziario: quali telecomunicazioni, settore bancario, commercio, settore dell'energia elettrica.

Ambiente socio-culturale: lo scopo prevalente dell‟analisi dell‟ambiente socio-culturale è quello di identificare i modelli culturali prevalenti in un area-paese e i loro futuri cambiamenti. Fanno parte dell‟ambiente socio-culturale l‟insieme dei valori, credi, tradizioni, linguaggi, stili di vita tipici delle diverse culture, ma anche le modalità organizzative proprie della società civile (sindacati, organizzazioni, .. ). Tale ambiente pone opportunità e minacce nei confronti della competitività delle imprese in relazione ai seguenti quesiti: Quali sono i trend attuali ed emergenti negli stili di vita, nelle mode e nella cultura? Perché si stanno verificando? Quali sono le loro implicazioni per la condotta attuale e futura dell‟impresa? Da evidenziare che il contesto socio-culturale dei sistemi economici avanzati è in continua evoluzione e soggetto a rapide e radicali trasformazioni: per questo l‟analisi dei trend socio-culturali risulta di difficile interpretazione per l‟impresa. Facendo riferimento al caso italiano è possibile rilevare come il cambiamento nei valori emergenti, registrato negli ultimi anni, abbia impattato in maniera significativa sui modelli di consumo nazionali, soprattutto dei prodotti durevoli, rappresentando per le imprese nuove sfide ed opportunità. Mentre in passato si riteneva che il degrado ambientale fosse un costo da pagare per consentire lo sviluppo economico, negli ultimi anni, la salvaguardia della natura ha assunto una rilevanza sempre maggiore. L‟affermazione di una maggiore sensibilità verso i temi ambientali ed il rispetto della natura ha incrementato, da un lato, il numero dei vincoli imposti alle produzioni ad alto impatto ambientale e, dall‟altro, ha stimolato una crescente attenzione dei consumatori verso i prodotti ecologicamente compatibili. Principali fenomeni socio-culturali verificatisi in Italia negli ultimi decenni:

ecologismo (ciò può comportare maggiori costi per le imprese per adeguare i processi produttivi a standard ambientali);

edonismo (maggiore attenzione alla cura personale);

salutismo (maggiore attenzione alla composizione degli alimenti);

standardizzazione dei modelli di consumo (consumi sempre più simili nei differenti paesi UE);

apertura al nuovo (maggiore rispetto al passato);

ricerca di maggiore tempo libero (da dedicare ad hobbies, cinema e cultura ad esempio) Ambiente tecnologico di base: (introduzione di tecnologie pervasive, evoluzioni generali della tecnologia e non operate da un impresa specifica, quindi per esempio energia elettrica, internet, nanotecnologia) La tecnologia rappresenta una delle variabili ambientali che ha maggiormente stimolato lo sviluppo delle imprese e, più in generale, i cambiamenti nella vita degli uomini. L‟innovazione tecnologica costituisce, infatti, uno dei fattori che, più di altri, contribuisce alla crescita economica, attraverso l‟incremento dell‟efficienza con la quale il sistema economico soddisfa i bisogni dei consumatori. L‟ambiente tecnologico viene analizzato, in questo ambito,

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soprattutto per la sua potenziale incidenza sulle fonti del vantaggio competitivo e sulle relazioni concorrenziali tra le imprese. Si consideri ad esempio l'impatto attuale e potenziale delle innovazioni connesse:

- alle biotecnologie, che vengono impiegate nell'industria alimentare per la produzione di prodotti di qualità superiore;

- ai nuovi materiali più leggeri utilizzati nell'abbigliamento tecnico o nei gadget high tech:

- alle tecnologie dell’informazione ed alle loro applicazioni (multimedialità, network). L‟ambiente tecnologico pone opportunità e minacce nei confronti della competitività delle imprese in relazione ai seguenti quesiti: Quali nuove tecnologie stanno emergendo? Quale sarà l'impatto sulle tecnologie tradizionali e sul mercato? In quale fase del ciclo vitale si collocano le tecnologie che dominano il mercato? Le variabili dell‟ambiente tecnologico possono abbassare le barriere strutturali all‟entrata in un settore industriale, aumentare i livelli di efficienza della produzione ed influenzare le decisioni di outsourcing. I fattori tecnologici vanno analizzati con riferimento: • sia alle tecnologie di base; • sia alle tecnologie applicative. Le tecnologie di base costituiscono il patrimonio delle conoscenze e dei principi scientifici e tecnologici generali entro i quali si sviluppano le tecnologie applicative (informative, logistiche, dei processi produttivi, tecnologie organizzative e manageriali), le quali sfruttano i principi generali al fine di conferire un vantaggio competitivo all‟impresa. Si pensi, ad esempio, alle opportunità derivanti dall‟utilizzo di materiali plastici come il PVC ed il PT, delle fibre ottiche e della tecnologia laser. Le innovazioni e gli sviluppi tecnologici che hanno prodotto i maggiori cambiamenti per le imprese possono essere ricondotti a tre diversi ambiti: • l‟automazione e lo sviluppo dell‟Information and Comunication Tecnology: hanno modificato il modo di condurre gli affari e di gestire le informazioni, tanto che sono divenute vere e proprie risorse strategiche per competere nell‟attuale scenario internazionale; • lo sviluppo dei trasporti e delle comunicazioni: hanno permesso di velocizzare i flussi di scambio riducendo tempi e costi di trasporto, ed hanno consentito di aumentare la sicurezza del transito riducendo le perdite del carico; • lo sviluppo tecnologico ha poi consentito un progressivo miglioramento della produttività degli impianti che ha innalzato i livelli minimi di produzione necessari per poter sfruttar e le economie di scala e raggiungere, quindi, l‟efficienza produttiva. Quando l‟innovazione si è poi spostata verso le tecnologie dell‟informazione, per le imprese si è aperta la possibilità di conseguire nuovi vantaggi competitivi, legati alla capacità di variare velocemente la produzione in funzione delle variabili della domanda (c.d “Economie di scopo”). Le innovazioni tecnologiche richiedono un continuo e sistematico monitoraggio, in quanto, da esse possono derivare minacce ed opportunità di mercato che l‟impresa deve valutare con estrema attenzione al fine di gestirle in maniera adeguata. L‟analisi dell‟ambiente generale non è agevole a causa della sua complessità. Esso è caratterizzato da: • varietà e variabilità degli elementi che lo compongono; • situazioni imprevedibili ed irripetibili; • non risolvibili facendo ricorso all‟esperienza. Tale complessità, nell‟ultimo ventennio, è dovuta prevalentemente alle seguenti cause: • progresso scientifico e tecnologico; • varietà, variabilità e auto-specificazione della domanda; • dematerializzazione dell‟economia: aumento della componente immateriale legata alla conoscenza ed alla tecnologia; • globalizzazione dell‟economia: maggiore apertura ed interconnessione tra gli stati commerciali e le diverse aree del mondo, concepiti come un unico mercato. Ambiente naturale: l‟analisi del macro-ambiente deve tener conto di un‟accurata valutazione delle dotazioni naturali dell‟area paese in cui l‟impresa si trova. L‟ambiente naturale dovrebbe essere analizzato con le seguenti domande:

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Quali sono le risorse necessarie per il ciclo produttivo dell'impresa che l'ambiente naturale è in grado di offrire? Quale sarà l'impatto dell'attività dell'impresa sull'ambiente naturale? (problemi di responsabilità sociale e di tutela della saluta pubblica) La possibilità di trasformare i vincoli, imposti all‟attività dell‟impresa nel tentativo di tutela dell‟ambiente naturale, in opportunità dipende anche dal livello di sviluppo raggiunto dall‟ambiente tecnologico e dal grado di interazione esistente tra queste e le imprese. RAPPORTO IMPRESA SISTEMA PAESE Un sistema paese è composto da un mix di variabili molto diverse e varie: per un'impresa che voglia internazionalizzarsi è importante studiare le caratteristiche di ogni sistema paese per comprendere quale sia il suo potenziale habitat ideale. Variabili significative di quest‟ambiente sono: • la Dotazione di Infrastrutture fisiche ed immateriali del sistema paese; • Investimenti in ricerca e sviluppo; • Natura e Qualità della formazione; • Costo e Produttività dei fattori; • Struttura e Dinamica qualitativa e quantitativa della domanda; • Condizioni e Grado di Diffusione della Tecnologia. Queste variabili rivestono un ruolo fondamentale nell‟ambito del sistema vincoli/opportunità delle imprese, così come nell‟incentivare o disincentivare le scelte localizzative degli investimenti. L‟analisi delle diverse variabili del sistema paese diventa importante nel momento in cui l‟impresa deve prendere decisioni strategiche, soprattutto se internazionali, poiché esse sono maggiormente complesse. Da tutte le variabili enunciate emerge la centralità del sistema paese nella determinazione del livello di competitività dell'impresa (es. il sistema paese italiano è debole perché si investe poco in istruzione e ricerca oppure perché lo stato non incentiva ed incoraggia i rapporti tra università ed imprese). Tutte le variabili ambientali (economiche, demografiche, socioculturali, ecc.), infatti, vanno calate nello specifico paese in cui l'impresa opera. Lo studio dell‟ambiente strutturale nazionale comporta l‟individuazione dei fattori strutturali, attuali e prospettici, dei sistemi paese in cui l‟impresa è presente o ha intenzione di operare. Il Sistema Paese Italiano è molto debole. Non si investe abbastanza in istruzione, ricerca, innovazione, e questo incide fortemente, e negativamente, sulla competitività nazionale ed internazionale delle nostre imprese. L'analisi dell'ambiente generale non è agevole a causa della sua complessità. Esso infatti:

è caratterizzato da varietà (esistenza di elementi differenti) e variabilità (evoluzione nel tempo) degli elementi che lo compongono;

presenta situazioni particolari che appaiono: irripetibili, non riconducibili a schemi predefiniti e non risolvibili facendo ricorso all'esperienza.

Le dimensioni della complessità nell'ultimo ventennio:

progresso scientifico e tecnologico: un tempo i cicli di produzione di nuove tecnologie erano più lenti di oggi. Attualmente invece il contesto è in continua evoluzione e non statico come in passato;

varietà, variabilità e autospecificazione della domanda: la domanda è sempre più varia e specifica, ci sono più profili di consumatori ed il consumatore ha un ruolo attivo nella determinazione del tipo di prodotti offerti sul mercato;

dematerializzazione: nell'ambito delle imprese il valore viene creato non tanto attraverso la produzione di fattori materiali ma attraverso fattori immateriali legati alla conoscenza (prodotti come i vestiti non vengono acquistati per il loro valore intrinseco e materiale ma per quello immateriale dovuto al brand ed al marketing) >> vi è la cosiddetta “new economy” (legata ai software ed alla immaterialità);

globalizzazione dell'economia: differente dall'internazionalizzazione dell'economia, che implica una maggior apertura ed interazione tra i diversi mercati, la globalizzazione indica invece che il mercato è sempre più omogeneo in tutto il mondo grazie al miglioramento dei mezzi di trasporto a lungo raggio e dei mezzi di comunicazione come internet >> la domanda tende ad essere omogenea nei diversi paesi, in quanto tutte le nazioni sono tra loro sempre più e meglio collegate. L'impresa globale vede quindi il mondo come un unico mercato sia in uscita che in entrata;

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reti globali telematiche. L'ambiente competitivo: è l‟insieme delle forze e dei soggetti operanti all'interno dello specifico campo di attività dell'impresa e con cui essa interagisce (la cosiddetta concorrenza). I fattori dell'ambiente competitivo hanno implicazioni più dirette e immediate sulle strategie e sulle performance dell'impresa e dei concorrenti (la dinamica concorrenziale ed i rapporti tra imprese esercitano un impatto diretto sulle strategie aziendali e sull'andamento commerciale delle imprese). Tali forze e soggetti determinano, infatti, l'intensità della concorrenza e influenzano le prospettive di redditività dell'impresa e dei suoi concorrenti. Il rapporto tra l'ambiente competitivo e l'impresa è biunivoco: la biunivocità è comunque ridotta perché queste forze vanno a toccare le imprese mentre sono poche le imprese che possono influenzare l'ambiente circostante. Mentre il rapporto tra l'impresa ed il microambiente ha una biunivocità più stretto. L'ambiente competitivo influenza l'impresa nella strategia e nei risultati conseguibili. L'ambiente competitivo è a sua volta influenzato dal comportamento delle imprese definito mediante strategie appropriate. LE FASI DELL'ANALISI DELL'AMBIENTE COMPETITIVO - Definizione del campo di indagine (definizione dell'area strategica d'affari – ASA); - Analisi delle caratteristiche strutturali e delle dinamiche concorrenziali dell'ambiente competitivo relative ad ogni ASA (per capire se l'ambito è attrattivo ovvero se esistono opportunità di profittabilità); - Individuazione nell'ambito competitivo dei principali raggruppamenti strategici (nell'ambito dell'area strategica d'affari dobbiamo andare a vedere quali concorrenti sono più simili alla nostra impresa). - Individuazione dei concorrenti chiave e selezione degli indicatori sintetici da adottare nel processo di sorveglianza e monitoraggio. Definizione del campo di indagine (settore e ASA): grazie a questo si comprende qual è l'ambito ed il settore di attività dell'impresa. Gli economisti definiscono un settore come un “insieme di imprese che riforniscono uno stesso mercato”. Per definire i confini di un settore è quindi necessario identificare il mercato di riferimento. Confini settoriali: come possiamo definire un settore? In genere si definisce un settore in base all'output o alla metodologia, ma si può anche in base alla domanda.

Criterio della sostituibilità del bene o del servizio offerto (sostituibilità dal lato della domanda): il settore è costituito da tutte quelle imprese che offrono prodotti o servizi legati da un rapporto di sostituibilità (elasticità incrociata) (i beni prodotti non sono gli stessi ma perfetti sostituti per la percezione dei consumatori, ovvero sono atti a soddisfare lo stesso genere o ambito di bisogni).

Criterio della sostituibilità dal lato dell'offerta: il settore è costituito da tutte le imprese che offrono prodotti o servizi aventi le stesse caratteristiche merceologiche, omogenei, ovvero si avvalgono delle stesse tecnologie produttive e ricorrono agli stessi mercati di acquisto e di vendita (criterio di omogeneità, basato sull'analisi dell'offerta da parte di imprese omogenee che producono beni oggettivamente molto simili (ne è un esempio il settore automobilistico).

La definizione del campo settoriale è molto importante per impostare analisi di tipo aggregato. Mentre essa non è funzionale per effettuare un'analisi di tipo strategico. L'AREA STRATEGICA D'AFFARI, ASA Qual è il modo migliore per determinare l'ambito di attività? E' capire quello che l'impresa ha deciso di realizzare. Nel momento in cui essa nasce essa decide subito l'ambito dove operare attraverso l'individuazione del prodotto che vuole realizzare, del tipo di cliente e del tipo di bisogno che vuole soddisfare. In un'ottica che considera l'ambiente competitivo frutto delle scelte strategiche d'impresa, esso può essere delimitato come area strategica d'affari (ASA). I confini dell'ASA (il tipo di business) possono essere individuati attraverso la combinazione di tre dimensioni:

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clienti: questa dimensione definisce quali consumatori sono i destinatari dei prodotti o servizi dell'azienda, i quali vengono raggruppati in categorie sulla base di criteri quali: le aree geografiche, lo stile di vita, le dimensioni ed il tipo di aziende clienti, ecc.

bisogni espressi dai clienti: questa dimensione individua le funzioni d'uso per le quali i clienti richiedono un determinato bene o servizio;

le tecnologie utilizzate per soddisfarli: questa dimensione fornisce indicazione relative alle diverse modalità attraverso le quali un bisogno può essere soddisfatto.

Per ciascuna dimensione occorre quindi individuare e descrivere gli elementi che consentono di derivare l‟ambito competitivo dell‟impresa e dei concorrenti. Tale procedimento consente di tracciare tutti i diversi e possibili business, correlati ai bisogni, ai tipi di clientela e alle tecnologie nell‟ambito dei quali l‟impresa può operare. A seconda della combinazione di questi tre elementi, abbiamo aree strategiche d‟affari differenti. Un settore può essere aperto a business diversi in relazione ai bisogni dei clienti. Ne sono un esempio: - Il settore abbigliamento può articolarsi in: abbigliamento sportivo, elegante, casual. - Il settore della biancheria può rivolgersi ai bisogni: della casa, di ospedali, alberghi. L'ANALISI DELL'AMBIENTE COMPETITIVO Sono tre le principali fasi delle analisi dell‟ambiente competitivo: • Analisi ambiente competitivo: struttura della concorrenza e forze capaci di incidere su produttività aziendale e sul business; • Capire e studiare i comportamenti dei concorrenti più simili; • Individuazione delle strategie migliori per il raggiungimento del vantaggio competitivo. Come definire i confini dell’ambiente competitivo? Una prima metodologia usata è quella dell‟individuazione del “settore”: campo d‟indagine aziendale, l‟arena all‟interno del quale studiare la concorrenza tramite criteri della sostituibilità della domanda, o della sostituibilità dell‟offerta. I confini settoriali sono troppo ampi però! Rischiano di riunire soggetti (imprese) troppo diversi tra loro, non confrontabili, con la conseguenza che tali imprese non possono considerarsi direttamente competitive (es Fiat e Maserati). Quello dell‟area strategica d‟affari è un settore che risponde alle seguenti domande: “Chi sono i miei clienti? Quali sono i loro bisogni? Quali le tecnologie che devo utilizzare per soddisfarli?” Si tratta però di un criterio soggettivo: ogni impresa sceglie la propria area strategica d‟affari con la prima decisione strategica, nel momento della creazione dell‟impresa, con il “business planning” (pianificazione dell‟impresa: cosa fa, quali bisogni deve soddisfare e tramite quali tecnologie). Sono imprese concorrenti: le imprese che, analogamente, servono gli stessi clienti, gli stessi bisogni con l‟utilizzo delle medesime attività tecnologiche (es Ferrari e Maserati, non Maserati e Fiat). Come analizzare l’ambiente competitivo? Essa può essere condotta sulla base del modello della concorrenza allargata di Porter, che propone una pluralità di soggetti che esercitano specifiche forze competitive nell'ASA di riferimento. E' necessario capire l'intensità della concorrenza, ovvero l'insieme delle forze che possono incidere sulla conduzione di un'impresa. Nel momento in cui dobbiamo stabilire il livello di concorrenza non dobbiamo solo analizzare i concorrenti diretti ma tutte e forze che sono in grado di incidere sulla profittabilità aziendale: esse sono costituite da imprese e non solo. Quali sono questi soggetti?

i concorrenti effettivi;

i fornitori (le imprese con le quali l'impresa in oggetto ha dei rapporti di fornitura);

i clienti (soggetti aventi transazioni con l'impresa);

i concorrenti potenziali o nuovi entranti (le imprese che potenzialmente possono entrare nel business e diventare concorrenti);

prodotti sostitutivi (imprese che realizzano prodotti succedanei o sostituibili a quelli dell'impresa in oggetto).

L‟effetto congiunto di queste forze determina il profitto potenziale finale, ossia la possibile remunerazione a lungo termine del capitale investito. Questo modello ci consente di capire l‟insieme delle forze capaci di incidere sulla

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competitività aziendale. Si tratta sempre di forze concorrenti alla nostra impresa: imprese che si rivolgono agli stessi clienti, con gli stessi bisogni, e le stesse tecnologie; inoltre, tutte vogliono raggiungere un vantaggio competitivo. L‟influenza esercitata dalle singole forze non è la stessa in tutti i settori, al contrario: il tipo di attività svolta dalle imprese, la dimensione media dell‟imprese, la numerosità dei clienti e dei fornitori e la loro forza contrattuale determinano la maggiore o minore rilevanza di una forza rispetto alle altre. Se un‟impresa si confronta con un‟altra impresa con un elevato potere contrattuale ciò incide negativamente sulla possibilità di creare un alto fatturato, assottigliando in questo modo il margine di profitto. In occasione dell‟ingresso di una nuova impresa concorrente: o mi differenzio, o abbasso i prezzi, o aumento gli investimenti pubblicitari: ciò può incidere negativamente sulla competitività aziendale, poiché comporta maggiori costi. Di fronte alla produzione di un‟altra impresa di prodotti sostitutivi (con materiali diversi, molto appetibili per i miei clienti), per mantenere la sua produzione e le sue vendite inalterate, l‟ impresa dovrà intervenire sul rapporto qualità - prezzo. Queste forze sono tutte concorrenti all'impresa (ad esempio un cliente avente un elevato potere contrattuale non permette all'impresa un'elevata profittabilità, oppure se i fornitori vendono le materie prime a prezzi elevati il margine di profitto dell'impresa è basso). Tutti questi soggetti sono concorrenti perché cercano di erodere le prospettive di profittabilità aziendale. L'analisi della concorrenza è fondamentale per la scelta della strategia corporate da perseguire: è infatti normale pensare che la preferenza per la scelta di un settore che abbia attrattività. Essa influisce anche sulla scelta della strategia business in quanto l'impresa adotta comportamenti specifici per adattarsi e contrastare l'azione di questi concorrenti. N.b. L‟analisi dell‟area strategica d‟affari, attraverso queste cinque forze, vale sia per le strategie corporate, sia per quelle business. Ne è un esempio il fatto che, se devo scegliere un nuovo settore d‟affari, non sceglierò un business dove c‟è tanta concorrenza e tanta sostituibilità dei prodotti, poiché si tratta di un business poco attrattivo ed instabile. Se mi trovo in un‟area d‟affari che presenta queste caratteristiche invece, escluso il caso in cui vi siano “barriere d‟uscita”, posso decidere di uscire dal business. Obbiettivo delle imprese è il raggiungimento di un vantaggio competitivo duraturo e difendibile, in grado di assicurare una profittabilità elevata. I comportamenti strategici nei confronti di tutte queste forze sono attuati dalle singole imprese al fine di migliorare la propria posizione. È dall‟analisi di tutte queste forze che posso capire anche come differenziarmi. I FATTORI STRUTTURALI DELLA CONCORRENZA E DELLA REDDITIVITÀ SECONDO PORTER (le 5 forze di Porter)

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La prima analisi da realizzare consiste nel vedere come è formata la concorrenza attuale e diretta: insieme delle imprese che si rivolgono a clienti con bisogni analoghi, usando le stesse tecnologie. L‟intensità della concorrenza tra tali imprese può essere maggiore o minore, a seconda della diversa combinazione di queste forze. L‟intensità della competizione, espressa dal grado di rivalità tra i concorrenti, costituisce uno dei principali fattori strutturali capaci di influenzare lo stato della concorrenza ed il grado di redditività ed attrattività del business. Quanto maggiore è la rivalità tra imprese che operano nello stesso ambito competitivo, tanto minori saranno le prospettive di redditività nel lungo periodo, che riducono, di conseguenza, l‟attrattività del business stesso. La rivalità tra imprese in diretta concorrenza si può esprimere in termini di: • competizione basata sul prezzo (cd “Guerre di Prezzo”): variazioni dei prezzi al ribasso, operate per ampliare la propria quota di mercato, che a volte sono così aggressive da spingere i prezzi al di sotto dei costi, con perdite notevoli per tutte le imprese che operano nell‟ambito competitivo. • Incrementi negli investimenti pubblicitari, di ricerca, sviluppo ed innovazione, al fine di differenziare il proprio prodotto, che fanno lievitare i costi delle imprese, riducendone, di conseguenza, la redditività. • Ripetuti lanci di nuovi prodotti, servizi e di innovazioni radicali: differenziazione e innovazione dei propri prodotti. Ci sono altri fattori per definire l'attrattività come ad esempio la diversità tra i concorrenti: fa riferimento alle caratteristiche dell'impresa (grandezza, cultura, struttura, ecc.). Se vi è molta diversità il modello di business è molto instabile. Rapporto con i clienti: essi potrebbero avere legami così forti rispetto alla propria impresa di riferimento tale per cui una concorrenza diretta tra le imprese non esiste. I costi di riconversione per i clienti sarebbero talmente elevati da spingerli a non cercare alternative e che fanno si che non ci sia una vera competizione. RIVALITÀ TRA I CONCORRENTI ESISTENTI (concorrenza effettiva e diretta) Condizioni di costo: riguardano la struttura dei costi aziendali. Una prima demarcazione tra le tipologie di costi è data dalla distinzione tra costi fissi e costi variabili ed il loro rapporto indica il livello di rigidità della struttura aziendale. Un rapporto elevato tra costi fissi e variabili genera una maggiore rigidità aziendale e si dice che in questo caso la leva operativa è elevata: tutto ciò comporta un rischio molto elevato di guerre di prezzo tra imprese. Avere una struttura aziendale rigida, quindi fortemente sbilanciata verso i costi fissi, porta ad un maggiore squilibrio in termini di concorrenza e le imprese, in questo caso, sono obbligate ad abbassare i prezzi in quanto i costi fissi non sono comunque eliminabili. Le imprese quindi continuano a produrre anche a prezzi molto bassi per poter coprire, totalmente, o addirittura anche parzialmente, i soli costi fissi. Questa situazione si riscontra in tutti i settori capital intensive, ovvero con alta concentrazione di capitali, come il settore chimico (la prevalenza dei costi fissi sui costi variabili può essere vista come una barriera all'uscita). L‟intensità della Concorrenza Diretta è funzione di numerosi fattori, tra i quali troviamo, in particolare: Grado di concentrazione del business: con esso ci si riferisce al numero e alla distribuzione delle quote di mercato, di vendite, di fatturato, delle imprese in un determinato business. Si misura attraverso il concetto di quote di mercato: si prendono le vendite delle prima 3 imprese e si rapportano al fatturato dell‟intero business, per capirne la concentrazione. Esempio. Un Business di 3 imprese è: • molto concentrato se detengono all‟incirca il 70%; • molto frammentato, con una bassa concentrazione, se invece detengono solo il 25%. Un business con concentrazione meno elevata è sicuramente più attrattivo. Dove la concentrazione è maggiore il business è più stabile: non si investe in guerre sul prezzo, ma sulla differenziazione. Esempio. Abbiamo 2 business: il business A con 10 imprese ed il business B con 30 imprese. Non abbiamo informazioni sulla concentrazione di questi business. Se ci dicono che le prime 3 imprese di A detengono il 25 % del business, e in B il 60%, possiamo adesso capire come si concentrano le quote di mercato in questi business. Nel business B, tutte le altre imprese saranno imprese marginali. Esempio. Il business telefonico: molto concentrato (3 grandi operatori) diversamente dal business abbigliamento (molto frammentato, se non consideriamo la differenziazione). Quindi: la concentrazione ci da un‟informazione importante sulla stabilità del mercato. In una situazione di elevata concentrazione, le possibilità di profittabilità sono elevate; spesso vi sono accordi sul non intraprendere guerre di prezzo, ma una differenziazione, al fine di evitare di compromettere le competitività/profittabilità aziendali. Differenziazione del prodotto: Incide sull‟intensità della concorrenza e consiste nella capacità aziendale di conferire al prodotto una certa unicità, tale da giustificare il maggior prezzo, c.d “Premium Price”. Si riducono

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così i rischi delle guerre di prezzo: le imprese puntano a conquistare i propri clienti, non si fanno concorrenza tra loro, non sono uguali, non producono uno stesso prodotto. Ogni impresa ottiene in questo modo un proprio “mercato protetto”, che rafforza l‟ambiente stesso dell‟impresa. Ne sono un esempio: • la costituzione di consorzi (associazione d‟imprese, non concorrenti) che danno direttive sul prodotto e sul prezzo, a tutela dei prodotti e del cliente; • o l‟ identità del marchio aziendale, essenziale per farsi conoscere e riconoscere. Capacità produttiva: l‟intensità della competizione diretta tra imprese concorrenti dipende anche dal rapporto esistente tra la domanda e l‟offerta, in un determinato business. Se c‟è un eccesso d‟offerta, si ha una maggiore concorrenza. L‟eccesso di offerta per un impresa rappresenta un fattore negativo, poiché è maggiore il rischio di concorrenza: le imprese dovranno abbassare i prezzi ed aumentare gli investimenti di marketing per incrementare la propria quota di mercato e tutto ciò comporta maggiori costi. Barriere all’uscita: la presenza di barriere all‟uscita, costi (ostacoli di natura economica e sociale) che le imprese devono sostenere nel momento in cui intendono uscire da un determinato business. Ciò è particolarmente oneroso soprattutto nel momento in cui diventano rilevanti i costi di disinvestimento (costi d‟ammortamento e costi psicologici: a seguito del licenziamento di troppi lavoratori, impegni nei confronti fornitori: costi). Le barriere all‟uscita risultano essere particolarmente elevate quando: • l‟impresa utilizza impianti altamente specializzati, difficili da convertire per altre produzioni; • sono alti i costi fissi d‟uscita: quei costi relativi all‟interruzione dei contratti di lavoro o alla ricostruzione dell‟attività produttiva; • esistono ostacoli da parte di attori istituzionali: es il governo che intende salvaguardare i livelli occupazionali o la situazione economica in una determinata area del paese. A tali fattori possono anche aggiungersi barriere emotive, dovute al fatto che l‟impresa non vuole abbandonare il business per ragioni storiche, legate alla fondazione e alla tradizione dell‟impresa, per lealtà verso i dipendenti, o per ragioni di orgoglio. In questi casi, anche se la domanda è poca, non conveniente uscire dal business: troppi sono i costi dovuti alle barriere all‟uscita; è necessario un abbassamento dei prezzi. La Struttura dei Costi Aziendali Il rapporto tra costi fissi e costi variabili identifica la rigidità della struttura aziendale. Se le imprese appartenenti ad un determinato ambito competitivo detengono una struttura produttiva caratterizzata da un‟elevata percentuale di costi fissi (la loro leva operativa risulta quindi molto elevata), la volontà di sfruttare al massimo la propria capacità produttiva favorirà una competizione basata sul prezzo. Le imprese cercheranno, quindi, di attrarre il maggior numero di clienti possibile, in modo da massimizzare i volumi di vendita ed ottimizzare lo sfruttamento della capacità produttiva. In caso di eccesso d‟offerta rispetto alla domanda, le imprese potrebbero essere indotte a spingere il livello dei prezzi fino a quando non si annulli il margine di contribuzione, ossia fino a quando il prezzo di vendita riesca a coprire almeno i costi variabili (costi che dipendono dal volume della produzione, a differenza dei costi fissi che si sostengono indipendentemente dal livello della produzione; ne sono un es le quote d‟ammortamento degli impianti, il costo della manodopera del personale). Ciò, può determinare però, conseguenze disastrose per la redditività di tutte le imprese che operano nel business. Al contrario, quando la struttura dei costi delle imprese risulta più flessibile, composta in gran parte da costi variabili, la competizione appare poco concentrata sul prezzo. Riepilogando, quindi: se l‟incidenza dei costi fissi sulla struttura dei costi è elevata, l‟impresa deve continuare a produrre, deve puntare ad aumentare le vendite, abbassando i prezzi. In periodi di crisi, le imprese di alcuni settori colpiti da un calo della domanda e con costi fissi elevati, hanno dovuto continuare a produrre abbassando i prezzi per vendere, fino ad arrivare, in alcuni casi ad una diminuzione del margine di contribuzione per coprire i costi variabili (i costi fissi li avrebbero sostenuti lo stesso). Nei casi più gravosi, non si riusciva neppure a coprire i costi variabili. Nel caso in cui la struttura dei costi sia fortemente sbilanciata dai costi fissi, le imprese sono obbligate a continuare a produrre, e a vendere ad un prezzo così basso per restare sul mercato (che a volte non sufficiente a coprire i costi variabili, annullando così il margine di contribuzione). Questi sono i fattori principali, vi sono poi altri fattori, come: la diversità fra i concorrenti (diversa dalla differenziazione) che fa riferimento alle caratteristiche dell‟imprese, le quali possono essere diverse: a livello di dimensione, business, cultura nazionale ed aziendale. Se la diversità è accentuata, più instabile è il modello concorrenziale. Esempio. Negli anni ‟80, negli USA, si è avuta una crisi dell‟industria statunitense a seguito dell‟affermarsi di nuove imprese, diverse per nazionalità e modelli. Nel settore automobilistico si è avuto l‟ingresso di Toyota; nel settore

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elettronico industrie del sud est-asiatico, con sistemi di gestione completamente diversi; obbiettivo: soddisfazione del cliente. Anche la diversità nel rapporto con i clienti è un fattore molto importante. Esempio. Un‟impresa industriale che da tempo si rivolge per rifornimento ad una determinata impresa, con prassi ormai consolidate, potrà trovare fornitori più competitivi, ma ormai il legame è così forte, che i costi di conversione (di cambiamento) sono così forti, da impedire ciò. MINACCIA DI NUOVE ENTRATE: concorrenza potenziale: essa è data da imprese non ancora costituite o non ancora presenti nel business in oggetto e che avrebbero interesse a entrare nello stesso. Questo tipo di concorrenza può essere pericolosa per la profittabilità del business e le imprese già operanti nel business cercano di attuare delle azioni dissuasorie nei confronti delle imprese potenzialmente entranti, come per esempio diminuzione dei prezzi o aumento degli investimenti in pubblicità, per diminuire così l'attrattività di quel settore. La minaccia di nuove entrate dipende dal livello di barriere all'entrata: sono rappresentate da costi che imprese potenziali nuove entranti devono sostenere per poter effettuare l'ingresso nel business. Potremmo dire che le barriere all'entrata costituiscono dei differenziali di costo a carico delle imprese che desiderano entrare nel business rispetto a quelle che già ne fanno parte (che sostengono infatti costi inferiori >> un'impresa è quindi tanto più avvantaggiata quanto più opera in un business con molte barriere all'entrata). N.B. Le barriere all'entrata non riducono l'attrattività del business in quanto i potenziali entranti vedono la loro esistenza come un fatto positivo, proiettandosi già come imprese appartenenti a quel business, e quindi, grazie alla presenza di queste, avvantaggiate. L'attrattività è quindi maggiore nel momento in cui ci sono molte barriere all'entrata. Ci sono poi alcune situazioni dove non vi è la minaccia di nuove entrate come ad esempio i monopoli legali. Le barriere all'entrata possono essere ricondotte a tre categorie:

di natura istituzionale o legale: legate al quadro normativo. Queste barriere hanno una natura esogena rispetto al business in quanto non dipendono dalle caratteristiche dello stesso né dal comportamento delle imprese ma dal comportamento di agenti esterni come le istituzioni, che adottano una serie di normative e regolamentazioni per disciplinare il business in oggetto. Esse possono rendere difficile l'ingresso nel business o renderlo addirittura impossibile. (Casi emblematici sono ad esempio quello delle concessioni amministrative necessarie per operare nel business oppure quei casi caratterizzati dalla presenza di diritti d'autore, brevetti e copyright, i quali proteggono il prodotto realizzato dalle imprese che ne sono titolari);

di natura strutturale: fanno riferimento alle caratteristiche di tipo tecnologico o produttivo del business in oggetto (ci sono business che presentano complessità tale per cui l'ingresso diventa particolarmente difficile). Le barriere di natura strutturale sono determinate da fattori endogeni che dipendono dalle caratteristiche strutturali del business di riferimento;

di natura strategica: fanno riferimento al comportamento delle imprese esistenti, le quali, possono rendere, attraverso le loro strategie, particolarmente costoso e difficoltoso l'ingresso di nuove imprese concorrenti nel settore di appartenenza

Le economie di scala sono quelle economie dove i costi medi unitari si abbassano all'aumentare della capacità produttiva o della scala dimensionale produttiva. Esse rappresentano barriere perché imprese che operano su economie di scala operano su grandi volumi. Vantaggi assoluti di costo: possibilità di riduzione dei costi medi unitari, non legata all‟aumento della capacità produttiva ma ad altri fattori: • l’essere storicamente radicata nel business: le imprese operanti in un ASA hanno vantaggi di costo, perché operano da tempo nel settore, come per esempio sovvenzioni per ammodernare e per aprire nuovi impianti. Si possono avere anche vantaggi sull'area territoriale su cui operare; • rapporti consolidati con fornitori materie prime: i quali consentono all‟impresa un accesso privilegiato a materie prime scarse o comunque ottenute ad un prezzo più basso rispetto a quello attuale; • localizzazione particolarmente favorevole (imprese collocate in prossimità di snodi logistici privilegiati); • ed infine, le economie d’esperienza o di apprendimento: ovvero quelle dove i costi medi diminuiscono con il tempo grazie ad un processo produttivo che apprende dal passato e si migliora continuativamente. Le nuove imprese senza esperienza nell‟ASA dovranno quindi sostenere costi differenziali aggiuntivi rispetto alle imprese che operano già da tempo in quel settore. L‟ingresso nel business di nuove imprese comporterà per queste dei costi differenziali che le imprese già presenti nel business non devono sostenere. Tutto ciò è diverso dal vantaggio competitivo di costo: esso è frutto di scelte strategiche e di una posizione di superiorità che l‟impresa è riuscita ad ottenere.

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Fabbisogno di capitale: un impresa che vuole entrare in un business dovrà effettuare una serie di investimenti che richiedono capitale non agevole da reperire e anche in grande quantità, tanto da poter rendere difficile l'accesso nel business. Questo aspetto può essere superato nel caso in cui l'impresa sia già attiva e strutturalmente forte in altri business: essa, infatti, può giustificare l‟entità dei suoi investimenti in vista di risultati di medio-lungo periodo con più facilità rispetto ad una nuova impresa per la quale tali investimenti possono essere eccessivamente onerosi. Differenziazione del prodotto: la capacità delle imprese del settore di differenziare i propri prodotti rispetto a quelli dei concorrenti, e quindi di renderli migliori nella percezione del consumatore, costituisce un‟importante barriera all‟entrata per le potenziali nuove imprese: ciò può rendere infatti molto più oneroso l'accesso di nuovi potenziali entranti in quanto rende necessario che essi differenzino a loro volta i loro prodotti e che li pubblicizzino efficientemente per poter superare la fidelizzazione dei clienti con le imprese già appartenenti al business e per poter affermare il proprio marchio sul mercato. Accesso ai canali di distribuzione: Una limitata capacità d‟assorbimento dei canali distributivi, la scarsa propensione al rischio dei dettaglianti e i costi fissi legati alla nuova fornitura, scoraggiano i distributori nel trattare nuovi prodotti: possono esserci difficoltà per imprese che non possiedono proprie identità di marchio e che non sono conosciute, in quanto i distributori tendono ad avere un'elevata avversione al rischio e quindi si fidano maggiormente di prodotti già conosciuti e consolidati sul mercato. E‟ più rischiosa, infatti, un‟operazione di commercializzazione del nuovo, che non ha ancora incontrato la preferibilità della domanda, rispetto a quella di prodotti già conosciuti e consolidati sul mercato. Spesso, quindi, i nuovi entranti sono costretti a puntare su prezzi più bassi o a riconoscere margini di profitto più elevati ai fornitori per far lanciare il proprio prodotto, riducendo così i margini di profitto aziendale. A volte le imprese nuove entranti devono addirittura pagare i distributori per poter vendere loro i propri prodotti. E‟ quindi emersa la necessità di trovare nuovi canali distributivi: oggi internet ha parzialmente risolto questo problema in quanto attraverso l'e-commerce permette di arrivare direttamente al cliente online, senza la mediazione dell'intermediario commerciale. Un business privo di barriere all'entrata si dice business contendibile: un business accessibile per qualsiasi impresa. Economie di scala (sono una fonte di barriere all'entrata): è una riduzione del costo medio unitario di produzione che si consegue in seguito ad un aumento della capacità produttiva: ovvero l'impresa ha molte soluzioni tecnologiche differenti e generalmente accade che essa scelga impianti più grandi per ottenere costi medi unitari più bassi. Spesso gli impianti più grandi sono quelli più efficienti perché sono maggiormente automatizzati, caratterizzati da un maggiore risparmio energetico e, anche se comportano una percentuale più alta di costi fissi rispetto ad un impianto più piccolo, tali costi fissi crescono meno che proporzionalmente rispetto alla capacità produttiva dell'impianto. Perché le economie di scala rappresentano barriere all'entrata? Le imprese appartenenti al business utilizzano l‟impianto di produzione più efficiente possibile, ma, per poter godere dell'economia di scala, la capacità produttiva deve essere saturata e la quantità di prodotto realizzata deve essere venduta: le imprese cercano di sfruttare le economie di scala e investono in grandi impianti. Le imprese potenziali nuove entranti devono fare quindi grandi investimenti in impianti che possano permettere loro di sfruttare le dinamiche dell‟economia di scala, ma, nell'immediato, non riescono a conseguire una quota di mercato sufficiente a saturare la loro capacità produttiva. Una seconda possibilità consiste nell'effettuare un ingresso con un impianto più piccolo, che sia cioè proporzionato alla capacità di vendita dell'impresa nuova entrante sul mercato. Essa tuttavia non sceglie in questo modo l'impianto più efficiente possibile ed anche così quindi non ha costi medi unitari bassi come quelli delle imprese già presenti. Esempi:

- Il costo medio di magazzino ad esempio diminuisce all'aumentare delle dimensioni del magazzino stesso, in quanto il prezzo di affitto aumenta quadraticamente mentre la capacità di stoccaggio aumenta cubicamente.

- Il business farmaceutico è caratterizzato da una forte economia di scala nell'ambito della ricerca, che, infatti, per essere efficace deve essere effettuata su larga scala.

Il modello dell'economia di scala ha il difetto di essere piuttosto statico e la sua forza ed efficacia dipendono dall'andamento della domanda: nel caso in cui essa fosse molto crescente o addirittura eccedente l'offerta esso sarebbe meno efficiente in quanto ciò colmerebbe il gap tra imprese potenziali nuove entranti ed imprese già appartenenti al business. Un altro aspetto importante consiste nel fatto che noi prendiamo come presupposto il fatto che le imprese nuove entranti siano poco conosciute ma in realtà, spesso, imprese già conosciute, dotate di un brand e consolidate in altri settori, possono entrare in un altro business correlato senza particolari difficoltà. (Bauli da panettoni e pandori a merendine e uova di pasqua).

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Le uniche barriere assolutamente insormontabili e non aggirabili sono le barriere di natura istituzionale. MINACCIA DEI PRODOTTI O SERVIZI SOSTITUTIVI: prodotti che possono avere caratteristiche merceologiche diverse ma hanno stessa funzione d'uso quindi soddisfano gli stessi bisogni (elasticità incrociata). La presenza di prodotti sostitutivi è una fattore che erode le prospettive di profittabilità del business: nel caso in cui essi diventino preferibili nel rapporto qualità prezzo ci può essere una fuga dal prodotto venduto dalle imprese già presenti sul mercato verso quello realizzato dalle nuove. Sono quindi necessarie strategie per evitare ciò, rendendo il proprio prodotto più appetibile rispetto a quello sostituibile: rafforzando il rapporto qualità-prezzo e la fedeltà dei propri clienti. Le imprese che operano nel settore possono adottare alcune misure al fine di limitare la pressione competitiva di tale forza concorrenziale: • differenziare il proprio prodotto/servizio per cercare di ridurre la sostituibilità da parte della domanda; • rafforzare i legami con i clienti attraverso la comunicazione e forti politiche di marca; • migliorare il sistema distributivo; • migliorare il rapporto qualità-prezzo. CONCORRENZA DI TIPO VERTICALE: Per lo svolgimento della propria attività, le imprese devono approvvigionarsi degli input di cui hanno bisogno (esempio: materie prime, semilavorati, risorse finanziarie, forza lavoro, servizi logistici, ecc.) e devono individuare un mercato per il proprio output. Per ogni tipologia di scambio è quindi possibile individuare uno specifico mercato di approvvigionamento o di sbocco, nel quale l‟impresa si relaziona con due tipologie differenti di soggetti: i clienti ed i fornitori. Tali soggetti costituiscono importanti forze dell‟ambito competitivo: i clienti, che, ricercando migliori rapporti di qualità/prezzo, intensificano la concorrenza tra le imprese ed i fornitori che influenzano in modo rilevante i livelli dei costi delle imprese. I fornitori, infatti, esercitano una pressione competitiva “verticale” sulle imprese che operano nel business, influenzandone le prospettive di redditività di lungo periodo e, conseguentemente, l‟attrattività del business stesso. L‟intensità della pressione competitiva dei clienti e dei fornitori dipende dal potere economico espresso dalle parti, il c.d Potere Negoziale: il potere di influenzare controparte ottenendo posizioni favorevoli che penalizzano controparte. POTERE DEI CLIENTI: maggiore è il potere negoziale dei clienti minori sono le prospettive di profittabilità del business. Se i clienti risultano essere molto concentrati il loro potere contrattuale è più elevato: se il numero di acquirenti è piccolo e ognuno di essi detiene quote di mercato elevate, il loro potere è maggiore rispetto al caso in cui essi siano piccoli e numerosi: se l'impresa si relaziona con un numero di clienti limitato e con un posizionamento sul mercato molto forte essa è più in difficoltà ed ha un minore potere contrattuale. Questo aspetto si aggrava ulteriormente nel caso in cui il livello di concentrazione delle quote di mercato sia squilibrato tra cliente e venditore: se il venditore è piccolo e il cliente è più grande di lui, cioè se il business a monte è maggiore rispetto a quello a valle, allora le piccole imprese non hanno nessun tipo di potere contrattuale. Nel caso in cui il cliente sia unico l'impresa produttrice è completamente dipendente dal comportamento dello stesso che ha quindi un fortissimo potere contrattuale. Il potere dei clienti dipenda da: Sensibilità al prezzo: particolarmente elevata per i prodotti standardizzati, per i quali esiste un elevato grado di elasticità della domanda. Nelle relazioni business to business la sensibilità al prezzo aumenta al crescere dell‟impatto che il prezzo di un componente ha sul costo complessivo di un prodotto o servizio; al contrario, essa diminuisce al crescere della specificità del componente e dell‟importanza che esso ha per la qualità dell‟output finale. Presenza di prodotti o servizi sostitutivi: se esistono prodotti o servizi sostitutivi ai quali i clienti possono rivolgersi il loro potere contrattuale tenderà inevitabilmente ad aumentare. Struttura della domanda: il potere contrattuale dei clienti aumenta all‟aumentare delle dimensioni e della concentrazione dei clienti (rispetto alle imprese del settore) Costi di sostituzione (riconversione) per gli acquirenti: se questi non sono alti è più facile per i clienti poter passare da un fornitore ad un altro e vi è quindi un aumento del potere contrattuale dei clienti.

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Informazione degli acquirenti: se un acquirente è più informato il suo potere contrattuale aumenta (in seguito alla diffusione delle nuove tecnologie (kelkoo, eprice) abbiamo un quadro di informazioni più vasto e dettagliato che in precedenza). Tecnologie in possesso degli acquirenti: all‟aumentare delle tecnologie possedute dai clienti, più facile sarà per essi avere un‟accurata informazione sui prodotti offerti da un impresa, comparati a quelli di un'altra impresa Capacità di integrazione a monte degli acquirenti: si deve parlare di strategia di integrazione verticale: strategia di natura corporate che consiste nell'estensione dell'attività aziendale a fasi precedentemente svolte da clienti e fornitori (produttore di formaggio che invece di comprare latte da allevatori, alleva lui stesso gli animali). L'integrazione verticale può essere a monte o a valle (attività precedentemente svolta rispettivamente da fornitore o da distributore). L'integrazione a monte diventa espressione del potere contrattuale degli acquirenti in quanto i produttori possono diventare concorrenti diretti attraverso questo processo e aumentano con questa minaccia il loro potere contrattuale (nella negoziazione sul prezzo del latte il produttore di formaggio può minacciare di produrre latte lui stesso). Le imprese di grande distribuzione, per rendersi indipendenti dalle grandi imprese produttrici, hanno creato propri marchi (marchio coop, marchio conad) facendo realizzare questi prodotti da imprese medio-piccole: questo è un esempio di integrazione a valle. Concorrenza fra gli acquirenti: se questi sono numerosi e fortemente concorrenti tra loro ci sarà una situazione tale per cui essi sono meno sensibili al prezzo ed il potere contrattuale dei venditori aumenta. POTERE DEI FORNITORI: Le stesse considerazioni possono essere fatte in maniera speculativa considerando i fornitori dell‟impresa, la quale si trova in questo caso nella posizione di cliente. Il potere contrattuale dei fornitori risulta: • maggiore quando il mercato della fornitura è più concentrato di quello degli acquirenti; • aumenta al crescere della specificità e dell‟importanza degli input per il processo produttivo dei clienti e dei costi di riconversione; • e diminuisce al crescere delle informazioni che le imprese clienti hanno sulla domanda, sui prezzi di mercato, sui costi di produzione dei fornitori e nel caso in cui i clienti siano in grado di integrarsi a monte. Nel rapporto impresa-cliente: se il cliente contribuisce a formare parte preponderante del fatturato aziendale, il suo potere contrattuale è elevato (ne è un esempio il caso in cui l‟80% del fatturato aziendale è costituito da un unico cliente: pur di non perdere tale cliente l‟impresa realizzerà qualsiasi azione per mantenerlo). Se il fatturato dei fornitori è distribuito tra tanti clienti il potere contrattuale è più elevato, se invece il fornitore o l‟impresa hanno pochi e grandi clienti (una, o due imprese) il potere contrattuale è meno elevato. Se il fornitore fornisce servizi unici il suo potere negoziale aumenta poiché egli è detentore di un‟offerta che non trova alternative: ne sono un esempio i fornitori di materie prime per le quali non esistono materie prime succedanee. Un altro aspetto a favore del potere contrattuale dei fornitori è la capacità di offrire un prodotto o servizi specializzati, tali da incidere sulla qualità e sull‟efficienza di costo del prodotto finale: ne è un esempio il settore dell‟elettronica. Inoltre, se la materia prima è essenziale per ottenere un prodotto differenziato, maggior margine di profitto o un vantaggio competitivo, il potere dei fornitori è elevato. N.B. L‟attrattività del business aumenta se il potere dei fornitori e dei clienti è basso. ANALISI DELL‟ATTRATTIVITÀ DEL BUSINESS L’analisi dell’attrattività del business è funzionale a definire i percorsi d‟ingresso in un nuovo business o a mantenersi all‟interno del business tramite il proprio portafoglio aziendale (Strategia Corporate). Invece, le modalità per raggiugere il vantaggio competitivo ed una buona profittabilità rispetto ai concorrenti, rappresentano una Strategia Business. Il modello di valutazione del grado di attrattività del business si compone di diversi passaggi: • l’individuazione delle forze competitive critiche che determinano: l‟intensità della concorrenza, la redditività di lungo periodo e l‟attrattività dell‟ASA; • l‟analisi delle tendenze future di queste forze; • ed infine, la valutazione dell‟effettivo contributo dato da ciascuna forza alla determinazione del grado di attrattività attuale e prospettico dell‟ASA, attraverso l‟utilizzo di diverse metodologie.

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Tale modello d‟analisi presenta, però, dei difetti. Si tratta di un modello Statico: si limita a fare una fotografia della situazione concorrenziale esistente. I FATTORI CRITICI DI SUCCESSO Quello dei fattori critici di successo è un concetto molto significativo, poiché consente di capire quali sono i segreti per avere successo all‟interno di un determinato business. Sono il frutto della mutua interazione di due serie di variabili:

le caratteristiche economiche e tecnologiche del business (livello di segmentazione, motivazioni acquisto, il grado di differenziazione);

gli strumenti competitivi utilizzati dai concorrenti (per esempio l'organizzazione di vendita del prodotto, vantaggi peculiari offerti ai migliori clienti, livello qualitativo del prodotto).

In alcuni settori, ad esempio il settore industriale, i fattori critici di successo sono rappresentati da rapporti contrattuali di lungo periodo con i fornitori delle materie prime, anche per avere una certa stabilità del prezzo (elevato potere contrattuale degli acquirenti/clienti nei confronti dei fornitori). Per le imprese di grande produzione, un importante fattore critico di successo è rappresentato dall’attività logistica e dalla tecnologia, per evitare, ove possibile, sprechi risorse. Nell‟ambito della farmaceutica, i fattori critici di successo, sono legati all‟innovazione I fattori critici di successo possono riguardare perciò qualsiasi ambito dell'impresa e per individuarli bisogna operare un'analisi accurata del business. Come identificarli? Per identificarli occorre rispondere a due requisiti essenziali: Cosa vogliono i clienti? (Analisi della domanda: chi sono i nostri clienti? Cosa vogliono?) Come affrontare la concorrenza? (Analisi della concorrenza: quali fattori determinano la concorrenza? Come sono le forze competitive? Qual è l'intensità della concorrenza? Come si raggiunge una posizione competitiva superiore? E' quindi necessario analizzare accuratamente l'area strategica d'affari (ASA). (Es. nella grande distribuzione un esempio di fattore critico di successo è rappresentato da un rapporto di forza nei confronti del fornitore, altro esempio nella telefonia il fattore critico di successo è la tecnologia oppure un time to market minore rispetto a quello dei concorrenti). I fattori critici sono differenti in base alle caratteristiche strutturali del business e l'identificazione è utile per sapere come operare. ASA E RAGGRUPPAMENTI STRATEGICI Per analizzare correttamente le forme della concorrenza bisogna abbandonare l'ipotesi che tutte le imprese appartenenti ad un'ASA siano accomunate dalle stesse caratteristiche Nella realtà in una stessa ASA possono coesistere diversi raggruppamenti strategici. L'ambiente competitivo rilevante per le imprese è, quindi, costituito dal raggruppamento strategico. Nella stessa ASA troviamo anche imprese profondamente diverse l'una dall'altra, ovvero che hanno seguito strategie diverse e che hanno avuto una storia dal punto di vista organizzativo profondamente diversa. Lo strumento che utilizziamo per estrapolare da un ASA le imprese più simili è quello di raggruppamento strategico: esso diventa l'oggetto di analisi privilegiato. Cos'è un raggruppamento strategico? Un insieme di imprese concorrenti tra loro e che seguono strategie comuni o simili, riconducibili alla stesse dimensioni strategiche. I raggruppamenti strategici che appartengono ad una stessa ASA possono quindi essere mappati attraverso l'utilizzo delle dimensioni strategiche su cui si basa il vantaggio competitivo. Il raggruppamento strategico si basa su due dimensioni strategiche (profondità della linea, integrazione verticale, livello di innovazione tecnologica, tipologia di canali distributivi (diretti o indiretti) (vedi slide 86). Attraverso questa analisi abbiamo una definizione di quelli che sono i comportamenti strategici in grado di condurre ad un successo economico maggiore. Le imprese che appartengono ad uno stesso raggruppamento strategico tendono inoltre ad avere caratteristiche analoghe anche in termini di organizzazione, struttura produttiva e assetto societario. L‟adozione, nel tempo, di comportamenti strategici simili comporta la sedimentazione di caratteristiche strutturali comuni, legate allo sviluppo di uno stesso patrimonio di risorse e competenze con il quale le imprese si relazionano con il proprio ambiente esterno. Tali insiemi di imprese presentano, inoltre, analoghe strategie competitive, spesso simili quote di mercato e reagiscono ai cambiamenti ambientali nello stesso modo. Tra le molte variabili utilizzabili per distinguere i diversi raggruppamenti strategici in cui può essere suddiviso un settore si possono trovare:

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• l‟ampiezza della gamma dei prodotti e dei servizi offerti; • l‟estensione geografica dell‟offerta; • la tipologia di canale distributivo utilizzato; • il livello di servizio offerto; • il livello di qualità dei prodotti e dei servizi; • la politica di prezzo; • il grado di integrazione verticale; • la tipologia di cliente fornito; • il livello di diffusione e di identificazione della marca; • il livello di innovazione tecnologica ed il tipo di tecnologia utilizzata. Al fine di rendere più immediata la visualizzazione dei principali raggruppamenti strategici presenti in uno stesso business è utile rappresentarli graficamente attraverso mappe. Tali mappe vengono solitamente costruite in uno spazio cartesiano a due dimensioni, scegliendo le due variabili che incidono di più sulla formazione del vantaggio competitivo. Nello spazio cartesiano, i raggruppamenti strategici vengono, in generale, rappresentati con figure geometriche di dimensioni proporzionali alla quota di mercato cumulata di tutte le imprese che appartengono allo stesso raggruppamento. Perché è utile quest’analisi? Quest‟analisi è utile perché ci consente di comprendere: la differenza tra le imprese concorrenti, i punti di forza e di debolezza di ogni raggruppamento strategico, se il modello di business sia quello giusto ed efficace per la nostra impresa e quali raggruppamenti strategici consentono di raggiungere il successo. Essa assume particolare importanza nel caso di ingresso di un impresa in un nuovo business, o nel caso di voler effettuare dei cambiamenti all‟interno del proprio business, ad esempio nel portafoglio prodotti aziendale. Spesso, però, le imprese non riescono a passare da un raggruppamento strategico ad un altro con facilità, a seguito della presenza nel business di barriere all‟entrata, o all‟uscita, ma anche di barriere alla mobilità: i costi che l‟impresa deve sostenere per passare da un raggruppamento strategico ad un altro. Infatti, se un impresa appartenente ad un determinato raggruppamento strategico vuole passare ad un altro raggruppamento strategico, essa dovrà adattarsi a questo, procurandosi ad esempio i macchinari necessari e studiando le caratteristiche del nuovo raggruppamento per poter essere efficace. Questo tipo di analisi è importante per individuare i cosiddetti “vuoti di offerta”, ovvero aree non coperte nel piano cartesiano e che possono quindi corrispondere ad un livello di business più performante rispetto ad altri già saturati dalla concorrenza. L’analisi dei raggruppamenti strategici serve a: • definire le modalità competitive in atto in relazione alle dimensioni prescelte; • conoscere le barriere alla mobilità; • individuare vuoti d‟offerta; • evidenziare le tendenze in atto; • valutare il grado di vulnerabilità dei raggruppamenti strategici relativamente alle cinque forze di Porter. Le variabili devono essere: • discriminanti: ossia, devono rappresentare una reale barriera alla mobilità da un raggruppamento strategico ad un altro; • e non correlate fra loro. ANALISI DELLA CONCORRENZA Per un impresa è necessario sorvegliare e comprendere bene il comportamento dei concorrenti, poiché essa deve prendere decisioni strategiche orientate al raggiungimento del vantaggio competitivo, tenendo ovviamente conto della concorrenza. Come analizzare i concorrenti? Approccio per analizzare i concorrenti:

acquisire informazioni sul concorrente;

prevedere il suo comportamento (per realizzare una strategia finalizzata a conseguire un vantaggio competitivo duraturo e difendibile nel medio-lungo termine)

Raccolta e analisi sistematica delle informazioni:

identificazione strategia attuale (dei concorrenti);

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identificazione degli obiettivi (che il nostro concorrente si è posto e che si porrà nel futuro: questi obiettivi si basano su ipotesi di evoluzione dell'ambiente esterno);

idee dei concorrenti sul settore;

identificazione delle competenze dei concorrenti; Le caratteristiche da investigare:

aspetti strutturali, produttivi, economici e finanziari dei concorrenti (analisi dell'organizzazione, del processo produttivo, dei processi produttivi, della situazione economica e finanziaria);

individuazione dei punti di forza e debolezza dei concorrenti e quindi, conseguentemente, anche dei potenziali punti di forza della propria impresa.

Esempi di domande sui concorrenti Il concorrente

Sta cercando di allargare il numero dei suoi clienti (copertura) o le vendite per cliente (penetrazione)? (sono due comportamenti strategici diversi);

Sono in corso cambiamenti nella struttura e nei criteri di gestione? (es. S.I., nuove competenze manageriali (possono portare a cambiamento di strategia dell'impresa);

Chi sono i suoi clienti strategici? Sono pochi o numerosi? Stanno cambiando?;

Ruolo assunto dall'immagine aziendale: si identifica in prodotti particolari? Deriva dai clienti posseduti? Si collega a specifiche capacità funzionali (forte capacità finanziaria, forza della distribuzione, validità del servizio, ecc.)?

ALCUNI SCHEMI UTILI AL CONFRONTO DELLE POTENZIALITA' (possibili tecniche che possono essere utili per analizzare la concorrenza)

Analisi quote di mercato: tecnica più semplice, consente di vedere i diversi posizionamenti delle imprese in un business rispetto alle vendite (chi è il leader di un settore o business?);

Analisi posizionamento delle marche;

Matrice degli attributi del prodotto;

Scheda di valutazione dei punti di forza e di debolezza;

Scheda di valutazione della capacità difensiva e di ritorsione dei concorrenti.

Analisi di eco-fin Analisi delle quote di mercato: Si tratta di un‟analisi quantitativa; la più semplice. Essa ci consente di vedere il posizionamento delle imprese in un business rispetto alle vendite del business stesso. Da quest‟analisi emerge il panorama del mercato di riferimento. Hp: Vi sono 3 Business: 1,2,3; con le rispettive Dimensioni complessive in termine di Vendite, la Variazione Media: ossia, il tasso di crescita delle vendite del business, le Quote Assolute percentuali di mercato (possedute dall‟imprese del business di riferimento).

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Per quanto riguarda le Dimensioni: il business 1 è il più grande, seguono il business 3 ed il business 2. Per quanto riguarda la Variazione Media: il business con il tasso di crescita maggiore, il più attrattivo, è il business 3, seguito dal business 2 ed, infine, dal business 1 (il più grande per quanto concerne le dimensioni). All‟interno di ogni business troviamo diverse imprese: A, B, C, D, … ; alcune di queste imprese hanno un portafoglio prodotti che si estende a tutti i tre business (es A, C, D). Ogni impresa detiene una propria quota percentuale (quota assoluta) di mercato; possiamo, quindi, calcolare il rapporto di ogni quota di mercato rispetto alla quota del leader di mercato (es C/A, C/D). Da questo confronto, emerge che l‟impresa C ha un punto di forza rispetto ad A, è leader nel business, cresce più velocemente, è più attrattivo. Analisi del posizionamento delle marche: Si tratta di un‟analisi qualitativa. Essa ci consente di vedere il posizionamento delle imprese sulla base dei comportamenti strategici aziendali. Hp: abbiamo due dimensione d‟analisi: la diffusione prodotto e l‟innovatività del prodotto, relative alle seguenti imprese del business in questione: A, B, C, F, E.

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Osserviamo che: l‟impresa A ha una diffusione ed un‟innovatività del prodotto bassa: si trova quindi in una posizione più debole rispetto alle altre imprese del business. L‟impresa F ha invece una diffusione ed un‟innovatività del prodotto alta: si trova quindi in una posizione più forte rispetto alle altre imprese del business. Vi sono poi i casi intermedi rappresentati dall‟impresa B (che presenta una diffusione del prodotto alta, ma un‟innovatività bassa) e dall‟impresa E (con una diffusione del prodotto bassa, ma un‟elevata innovatività). Confronto degli attributi del prodotto: Si tratta di una valutazione del prodotto di un impresa rispetto a quello di altre imprese concorrenti riguardo agli attributi che vengono ricondotti alla posizione aziendale. Ciascun prodotto porta una serie di vantaggi diversi. Se l‟importanza dell‟attributo è bassa e la valutazione del prodotto rispetto a quello dei concorrenti è bassa, si tratta di un attributo poco importante, non strategico. Interventi essenziali devono essere effettuati nel momento in cui l‟attributo assume un‟importanza elevata dal punto di vista strategico ai fini del vantaggio competitivo.

Analisi dei punti di forza (vantaggio) e di debolezza (svantaggio), in termini relativi: Attraverso un‟apposita tabella, nella quale inseriamo in colonna i diversi concorrenti (impresa A, B, C), che vengono messi a confronto riguardo ad alcune variabili: oggettive (età impresa, età macchinari, fatturato, numero brevetti) e soggettive (qualità del prodotto, qualità del servizio, ..), possiamo trarre le prime valutazioni.

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Dalla tabella, emerge che: Dal punto di vista dinamico: il numero di brevetti dell‟impresa C rispetto al numero di anni è esiguo rispetto alle altre due imprese, con un rapporto età-numero di brevetti migliore. Inoltre le nuove imprese hanno cercato di rafforzare la propria posizione puntando sulla qualità dei servizi (es per differenziare meglio il proprio prodotto) rispetto al leader del mercato, il quale detiene una maggiore quota di mercato. Punto di forza: una possibilità che l'impresa possiede e può utilizzare per ottenere un vantaggio nei confronti della concorrenza. Punto di debolezza: una possibilità per le imprese concorrenti di ottenere un vantaggio sull'impresa che ha il punto di debolezza. Valutazione della capacità difensiva e di ritorsione dei concorrenti: Tale valutazione consiste nell‟analizzare le imprese concorrenti rispetto alla loro capacità difensiva e di ritorsione, ovvero di reagire a determinate mosse del mercato o di altre imprese. Per alcuni elementi l‟impresa può presentare una capacità di reazione elevata, per altri, invece, una maggiore vulnerabilità. La tabella può aiutarci al riguardo.

Valutazione delle Forze Competitive: la valutazione delle forze competitive è utile per dare un giudizio complessivo sull‟attrattività del business.

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Valutazione dell’aggredibilità del business

L'ANALISI STRATEGICA DELL'AMBIENTE INTERNO E' un'attività volta a stimare il patrimonio delle risorse e delle competenze dell'impresa. Serve ad individuare i punti di forza e di debolezza della stessa, attraverso l'individuazione e la valutazione delle risorse e delle competenze distintive. E' volta ad analizzare l'ambiente che si sviluppa all'interno dell'impresa. N.B. Opportunità e minacce discendono dall'ambiente esterno, punti di forza e di debolezza dall'ambiente interno. La strategia è un mediazione tra punti di forza e debolezza e tra opportunità e minacce. L'impresa attraverso la sua strategia influenza l'ASA e l'ASA stesso influenza la strategia dell'impresa >> è un rapporto biunivoco. Originariamente gli studi di management si focalizzavano poco sull'analisi dell'ambiente interno ma si concentravano principalmente sull'ambiente esterno in quanto la strategia veniva considerata come un mezzo di combattimento della concorrenza. L'ambiente interno era invece considerato come un elemento secondario.

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L‟analisi dell‟ambiente interno all‟impresa è rimasta per lungo tempo focalizzata sui problemi relativi all‟allocazione delle risorse ed alla massimizzazione della performance delle funzioni aziendali in termini di efficienza e di efficacia; le risorse aziendali venivano ad essere valutate solo ed esclusivamente nella fase di attuazione della strategia, nel momento in cui venivano considerate le strutture organizzative, i sistemi di controllo, le risorse umane e gli stili di management necessari per perseguire obbiettivi strategici precedentemente definiti. A partire dagli anni ’90, in seguito all'aumento della complessità delle strutture delle imprese, ad una maggiore rapidità dei mutamenti dello scenario competitivo ed alla crescente contendibilità dei mercati, tutto ciò si è rovesciato: oggi è considerato più importante l'ambiente interno per definire la strategia dell'impresa e riuscire a idearne una vincente in quanto la sua analisi permette di evidenziare parametri più stabili rispetto al settore di appartenenza, ai bisogni soddisfatti, o al mercato di riferimento. Ad esempio oggi, in una situazione di crisi globale, le imprese non basano la bontà delle loro strategie sulle possibilità di prevedere le mosse della concorrenza e quindi sull'analisi e lo studio dell'ambiente esterno e la sua evoluzione ma sulla valorizzazione delle competenze interne attraverso le quali offrire prodotti e servizi innovativi e unici che possano avere successo sul mercato per la loro qualità superiore rispetto a quelli della concorrenza. “Quanto più il tasso di cambiamento dell'ambiente esterno è elevato, tanto più è probabile che l'ambiente interno diventi una solida base per la definizione di una strategia a lungo termine” (Grant 2006). Il successo di un impresa dipende fortemente dal possesso di risorse immateriali e conoscenze, risorse che per loro natura risultano essere difficilmente trasferibili, in quanto incorporate negli individui e nelle routine che si consolidano all‟interno dell‟impresa. È la capacità del management di utilizzare queste risorse e di coordinarle con le altre presenti nell‟organizzazione aziendale che permette il raggiungimento di posizioni di vantaggio difendibili rispetto ai concorrenti. L‟impresa viene vista quindi come un insieme eterogeneo di risorse e competenze che rappresentano la base per la realizzazione del vantaggio competitivo e della reddittività aziendale. Possiamo considerare la strategia come il risultato della mediazione tra le forze dell‟ambiente competitivo e le caratteristiche tipiche dell‟impresa: obbiettivi, valori, risorse e competenze coerenti con la struttura e l‟organizzazione aziendale. Le scelte strategiche dipendono quindi sia dalle opportunità e dalle minacce che emergono dall‟ambiente esterno sia dai punti di forza e di debolezza propri dell‟impresa. Perché le risorse e le competenze dell’impresa sono importanti a fini strategici? Le risorse e le competenze concorrono alla profittabilità dell'impresa, vale a dire l'attitudine dell'impresa di guadagnare un tasso di profitto superiore rispetto al costo del capitale. La profittabilità dell'impresa può dipendere da:

l'attrattività del business in cui l'impresa è collocata (se esistono prospettive di profittabilità);

il raggiungimento di un vantaggio competitivo sui competitors nel business di riferimento (che gli permette di raggiungere una buona profittabilità anche all'interno di un business non particolarmente attrattivo).

Alcune barriere all'entrata di un business sono legate a risorse maturate all'interno dell'impresa. Il vantaggio competitivo si lega ad una superiorità nella profittabilità conseguita (vantaggi di costo e di differenziazione). Anche questo risulta solitamente generato da risorse interne particolari a disposizione dell'impresa. Esempio. Avere impianti efficienti che consentono l‟utilizzo di economie di scala è una risorsa importante per un impresa, che le consente di raggiungere la maggiore profittabilità in termini di economicità, efficacia ed efficienza. Un‟impresa inoltre può avere una maggiore attrattività sul business, a seguito del raggiungimento di un vantaggio competitivo, grazie anche alle risorse e alle competenze aziendali. N.B. L‟impresa deve saper valorizzare le proprie risorse e competenze interne, non solo prestare attenzione all‟ambiente esterno.

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LE RISORSE DELLE IMPRESE Le risorse di cui l‟impresa dispone sono costituite dalle immobilizzazioni specifiche dell‟impresa utilizzate nei processi produttivi aziendali di trasformazione e di valorizzazione del prodotto al fine di creare, produrre e offrire prodotti, beni o servizi sul mercato. Le risorse delle imprese sono anche definite come gli assets specifici di un'impresa. Esse sono costituite da tutto ciò che un'impresa utilizza al fine di creare, produrre e offrire i suoi prodotti sul mercato. Esse vengono utilizzate all'interno delle diverse fasi aziendali e sono strettamente legate alla realizzazione dei prodotti. Le risorse sono diverse dai fattori produttivi (input disponibili in forma disaggregata) in quanto le risorse sono durevoli e non hanno una vita breve coincidente con il ciclo produttivo come accade invece per molti input. Il termine risorsa deriva infatti dal latino resurgere (risorgere, rinascere) ed indica un qualcosa che si rinnova continuamente, riferendosi alla loro caratteristica fondamentale che è data dalla loro capacità di autoalimentazione e dal processo di continua rigenerazione dell‟impresa stessa, che esse consentono. Quando parliamo di risorse possiamo arrivare ad una classificazione particolare, ad esempio sulla base della natura (risorse fisiche, tecnologiche, ecc.) Le risorse possono essere in primo luogo distinte in:

risorse di natura tangibile (materiale): fisiche e finanziarie, sono contraddistinte dal fatto di essere supportate da un elemento fisico ed hanno un riscontro immediato e facilmente quantificabile nell'ambito del patrimonio aziendale (impianti, immobili, risorse finanziarie);

risorse di natura intangibile (immateriale): tecnologiche, conoscitive e di reputazione (la conoscenza tecnologica dell‟impresa, i brevetti, il marchio aziendale e le risorse legate alla conoscenza e allo sviluppo), il cui valore dipende da elementi di complementarietà con altri elementi del sistema aziendale, dalla loro localizzazione e dalla loro flessibilità rispetto agli input utilizzati. Esse possono essere quantificate con una valutazione meno oggettiva (brevetti, marchi, brand, relazione di lungo periodo con clienti).

RISORSE: RISORSE TANGIBILI:

finanziarie

fisiche RISORSE INTANGIBILI:

umane

tecnologiche

reputazionali (rapporti con fornitori, clienti, distributori). RISORSE UMANE: esse dovrebbero essere valutate come una categoria a parte, né tangibile né intangibile, in quanto il loro valore risiede nella rilevanza che esse danno alla competitività aziendale. Esse sono estremamente importanti ma difficilmente quantificabili. Le risorse immateriali sono sempre più importanti per il successo competitivo dell‟impresa perchè:

sono accumulabili >> tendono a sedimentarsi nel tempo (apprendimento). Diversamente dalla risorse fisiche esse tendono ad accumularsi nel tempo e non deperiscono se sono gestite in modo efficiente (es. le conoscenze si accumulano);

si sviluppano grazie al loro utilizzo >> tendono a deperire solo se non sono adeguatamente gestite (reputazione e marchio possono migliorare nel tempo se adeguatamente sostenuti da campagne di marketing ed investimenti);

non sono perfettamente trasferibili >> conoscenza tacita (essa rimane di proprietà dell'impresa e difficilmente si può trasferire una risorsa di natura tacita come ad esempio un brevetto).

Le risorse intangibili sono anche definite CAPITALE INTELLETTUALE Il capitale intellettuale è costituito dal sapere, dalle informazioni, dall‟esperienza e da tutte le risorse di proprietà intellettuale dell‟impresa (es l‟intelletto brillante di un suo dipendente).

Capitale umano: conoscenze possedute dalle persone operanti nell'impresa (esso non è di proprietà dell‟impresa, ma delle persone ed è spesso tacito ed inconsapevole. Ess può essere tuttavia diffuso nell‟organizzazione grazie alla collaborazione dei dipendenti ed ai meccanismi che consentono la

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diffusione e l‟appropriazione di queste conoscenze. In caso di licenziamento o dimissioni di queste persone, però, si ha una perdita importante di queste risorse N.B. Per questo è importante non puntare solo sul capitale umano: se un'azienda si lega eccessivamente al capitale umano questo può essere un comportamento rischioso in quanto il capitale umano può trasferirsi in altre aziende);

Capitale organizzativo: attività e procedure che permettono un funzionamento ottimale dell'organizzazione Esso è particolarmente significativo per l‟impresa ed attiene:

al complesso di interazioni, procedure e strumenti di comunicazione della conoscenza in grado di favorire la diffusione del sapere individuale trasformandolo in conoscenza dell'organizzazione (far si che le conoscenze individuali delle persone operanti nell‟impresa possano essere incorporate dall‟impresa stessa, trasformandole in conoscenza dell‟organizzazione, al fine di ottimizzare la gestione delle risorse all‟interno dell‟impresa);

beni immateriali come database, database clienti, sistemi informativi;

assets intangibili protetti come brevetti, diritti d'autore,

marchi, ecc.

Capitale relazionale: Il capitale relazionale comprende, invece, l‟insieme delle relazioni che l‟impresa intrattiene con altri soggetti, quali:

Relazioni di natura strategica attivate con i clienti;

Relazioni di natura strategica con i fornitori di materie prime: soprattutto quando esse assumono una particolare importanza strategica e costituiscono un punto di forza per il raggiungimento del vantaggio competitivo;

alleanze e collaborazioni di lungo periodo con altri soggetti: imprese, appartenenti anche a settori diversi, ma con interessi comuni (es innovazione sui materiali), università e centri di ricerca.

Dalle risorse alle competenze: Negli studi di management si è alla ricerca di qualcosa in più rispetto alle sole risorse come fonte di raggiungimento del vantaggio competitivo: alcuni studi hanno dimostrato che le imprese con maggior successo non sono sempre quelle con risorse maggiori. Fonte del successo aziendale, rappresentato dal raggiungimento di un vantaggio competitivo duraturo e difendibile, non consiste solo nel possesso di un patrimonio aziendale eccellente, ma nel modo in cui queste risorse e competenze vengono coordinate e integrate, al fine di utilizzarle al meglio, per ottenere qualcosa di “differenziale”, che ci consenta di raggiungere il vantaggio competitivo. Il valore di ogni singola risorse dipende, infatti, dagli effetti di complementarietà e sinergia derivanti dalla combinazione con altre risorse. Il possesso di risorse in sé non può quindi avere alcun effetto sul vantaggio competitivo e sulle performance dell'impresa che le controlla. Se fosse così per le imprese sarebbe sufficiente acquisire le risorse che non possiedono per avere un vantaggio competitivo nei confronti dei concorrenti. Per ottenere invece un vantaggio competitivo è importante, oltre alla qualità delle risorse, il modo in cui queste vengono coordinate ed integrate: il valore di ogni singola risorsa dipende dagli effetti di complementarietà e sinergia derivanti dalla combinazione con altre risorse. E' necessario quindi riuscire a coordinare tutte le risorse a disposizione al fine di realizzare un prodotto valido sul mercato e quindi in grado di garantire all'impresa il conseguimento di un vantaggio competitivo. La capacità di integrare e coordinare le risorse viene chiamata “capacità organizzativa” e rappresenta una condizione essenziale per lo sviluppo dell'impresa. Esempi: Nell'area della produzione industriale si possono trovare capacità relative alla gestione del flusso di materiali (servire il cliente nel minor tempo possibile); Nella ricerca, possiamo invece trovare la capacità di tradurre i risultati della ricerca di base in prototipi per lo sviluppo di nuovi prodotti (un dipartimento di ricerca e sviluppo è formato da vari elementi che devono essere coordinati tra loro per realizzare innovazione). Dall'utilizzo congiunto delle risorse emergono le competenze, individuabili nelle conoscenze e capacità operative formatesi nell'impresa come risultato di un processo di apprendimento interno (le risorse combinate sulla base di una capacità organizzativa producono, soprattutto grazie a processi di apprendimento interni che si

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generano nel tempo, una competenza. I processi di apprendimento interni sono difficilmente trasferibili da un'impresa all'altra: infatti le imprese che investono nelle competenze sono difficilmente imitabili dai concorrenti). Le competenze sono un prodotto interno e caratteristico di una particolare struttura di impresa e, in quanto tali, sono difficilmente trasferibili al di fuori del contesto in cui si sono formate. Le competenze possono essere:

Tacite: incorporate nelle persone o nelle routines aziendali ed applicate in modo spesso inconsapevole come frutto di un processo di apprendimento (learning by doing). Esse hanno il pregio di essere frutto del lavoro dell'impresa e quindi difficilmente imitabili. Un difetto è rappresentato invece dalla possibilità che se venissero a mancare le fonti di queste competenze (capitale umano ed altro) anche queste competenze potrebbero venire meno;

Esplicite: espresse in codici, norme e regole di comportamento e quindi acquisibili da chiunque possa avere accesso alla documentazione in cui sono state registrate. Esse hanno il difetto di poter essere appunto acquisibili da chiunque abbia accesso a tali codici, norme e regole.

Non tutte le competenze possono garantire il conseguimento di un vantaggio competitivo e quindi portare l'impresa a creare un maggiore valore e non tutte le imprese sono in grado di maturare competenze distintive, ovvero che possono consistere in fonti del vantaggio competitivo. Le competenze distintive sono quelle su cui occorre puntare per il raggiungimento del successo. Le competenze distintive sono il complesso delle conoscenze, esperienze, capacità (non coincidenti necessariamente con una singola area funzionale) in cui l'impresa eccelle rispetto ai concorrenti. Esse non diminuiscono con l'uso, ma si rafforzano quando vengono applicate e condivise in base ad un processo di apprendimento. Quali sono i requisiti di una competenza per poter essere considerata una competenza distintiva? Le competenze distintive devono:

contribuire in maniera determinante al valore che l'impresa crea per il cliente (esso è una misura del successo aziendale, che è ovviamente anche basato sui costi sostenuti per conseguirlo);

non essere facilmente imitabili dai clienti (in quanto il vantaggio competitivo deve essere duraturo e difendibile e le competenze devono quindi mantenere la loro distintività nel tempo);

rappresentare il fattore competitivo determinante per entrare in nuove aree di business. Elementi chiave delle competenze distintive:

sostengono più di un prodotto o attività (impegnano insieme più settori di un'impresa);

hanno un ascendente temporale sui prodotti, nel senso che si esauriscono più lentamente dei prodotti;

emergono dall'apprendimento collettivo dell'impresa e si accrescono con l'uso;

essendo critiche, occorre che le imprese investano per svilupparle. Le competenze distintive vengono, tradizionalmente, suddivise in cinque tipologie: • competenze tecnologiche; • competenze di mercato; • competenze organizzative; • competenze finanziarie; • e competenze di general management. La durata delle competenze distintive Le competenze distintive hanno una durata temporale. La durata non è riferita alla competenza in sé, ma alla sua distintività, ossia agli aspetti che sono fonte di vantaggio competitivo (l'impresa deve investire in essa finché essa è utile e produttiva di un vantaggio competitivo). Tra i fattori che influenzano la durata troviamo:

determinate condizioni intrinseche delle risorse (se le competenze sono frutto della combinazione delle risorse esse devono essere in qualche modo mantenute ed alimentate, quando esse vengono meno si perde la distintività delle competenze);

il comportamento dell'impresa (capacità dell'impresa di valorizzare le competenze);

l'evoluzione di determinati fattori ambientali (possono comportare una depressione di determinate competenze distintive. Possono ad esempio cambiare i gusti del consumatore);

il comportamento dei concorrenti (che possono mettere in atto azioni finalizzate ad imitare fortemente la nostra impresa).

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La creazione del vantaggio competitivo. Le competenze distintive possono concorrere alla creazione del vantaggio competitivo se sono contraddistinte da:

scarsità (deve essere tale e non suscettibile di diffusione);

rilevanza (significatività rispetto all'ASA) Il mantenimento del vantaggio competitivo. Le competenze distintive possono concorrere al mantenimento di un vantaggio competitivo (durabilità, difendibilità dello stesso) se sono contraddistinte dai seguenti parametri:

durabilità: non devono esaurirsi nel breve termine ed è necessario che le imprese siano in grado di creare una serie di condizioni per renderle tali nella loro distintività. La “distintività” delle competenze dipende da tutte le azioni che l‟impresa pone in essere per mantenere e per difendere le proprie competenze distintive dalle azioni imitative dei concorrenti, rafforzando le competenze stesse. Per consentire ciò l‟impresa deve continuamente investire nel loro sviluppo. Sono durevoli le competenze legate alla capacità d‟innovazione delle imprese ed alle relazioni intra ed inter-organizzative)

difficile trasferibilità: devono essere così legate all'impresa tanto da non poter essere trapiantate altrove. Le competenze sono difficilmente trasferibili nel caso in cui non possono essere semplicemente acquistate da altre imprese. Ancor di più delle risorse le competenze sono frutto dell‟organizzazione aziendale e sono, quindi, specifiche di ciascuna impresa, di proprietà dell‟impresa. Per questo le competenze distintive diventano difficilmente trasferibili;

non riproducibilità: inimitabilità del vantaggio competitivo. L‟impresa possiede processi produttivi ed organizzativi, creati all‟interno dell‟organizzazione nel corso del tempo, che danno origine alle competenze distintive, difficilmente riproducibili dagli altri concorrenti grazie alla dissimulazione delle fonti del vantaggio competitivo attraverso l‟ambiguità casuale.

Alcuni esempi di competenze distintive:

l‟integrazione tra tecnologia dell‟elaborazione elettronica e delle telecomunicazione della NEC (metà degli anni 90);

la competenza nel campo dei mezzi ottici della Philips;

la fusione di know-how effettuata dalla Casio nella miniaturizzazione, nella progettazione di microprocessori, nella scienza dei materiali e nelle fusioni ultrasottili di precisione;

la capacità della Sony di miniaturizzare l‟elettronica di consumo;

l‟integrazione effettuata dalla Canon delle tecnologie ottiche, microelettroniche e meccaniche di precisione che costituiscono la base del successo nel campo delle macchine fotocopiatrici, fotografiche e delle apparecchiature fax;

la competenza della Black&Decker nel progettare e produrre motori elettrici di piccole dimensioni;

la competenza della 3M negli adesivi e nelle pellicole avvolgenti. Lo sfruttamento delle competenze: l’appropriabilità da parte dell’impresa: la capacità delle imprese di appropriarsi delle competenze di altre imprese e la conseguente capacità delle imprese di mantenere il controllo sulle competenze distintive di cui dispongono. Analizzare i punti di forza e di debolezza aziendale sui quali si basa la formulazione della strategia non significa limitarsi a fare un elenco delle risorse e delle competenze dell‟impresa, la cosiddetta “mappatura”, ma significa farne un‟analisi critica, se vogliamo siano funzionali per la formulazione della strategia, tramite: • un’analisi storica: ossia, analizzare il patrimonio delle risorse e delle competenze aziendali in termini evolutivi, per vedere come si sono evolute in un determinato arco di tempo, in modo tale da capire se l‟impresa ha incrementato le proprie risorse o sviluppato nuove competenze distintive. Da quest‟analisi emerge la capacità dell‟impresa di colmare i punti di debolezza e di incrementare i punti di forza. • Una comparazione tra l’impresa e gli indici medi dell’area strategica d’affari: ovvero un confronto con la situazione media del business (ad esempio età media degli impianti, numero medio degli impianti e del personale). Questo tipo d‟analisi risulta più semplice con le risorse aziendale che con le competenze. • L’analisi di Benchmarking: attraverso la quale l‟impresa realizza una valutazione dell‟insieme delle sue risorse e delle sue competenze rispetto all’impresa migliore dell‟area d‟affari d‟appartenenza, quella con migliori performance: la best practice dell‟ASA. Abbiamo fatto un‟analisi complessiva dell‟ambiente esterno, la quale ci consente di individuare le sue opportunità e minacce nei confronti dell‟impresa ed un‟accurata analisi dell‟ambiente interno, individuando le risorse e le competenze aziendali e mettendole a confronto con il patrimonio aziendale delle altre imprese. A questo punto, può essere utile una matrice di sintesi, la cosiddetta “Swot Analysis”: matrice che mette insieme i punti di forza e di debolezza aziendale, le opportunità e le minacce, necessarie per il raggiungimento del

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vantaggio competitivo: sfruttando le opportunità ed i punti di forza e riducendo le minacce ed i punti di debolezza aziendali.

Punti di forza

Punti di debolezza

Opportunità

Minacce

Le Decisioni Strategiche sono quindi finalizzate a valorizzare i punti di forza aziendali colmando i punti di debolezza, cogliendo le opportunità dell‟ambiente esterno e rifuggendo alle minacce dell‟ambiente esterno. LA CATENA DEL VALORE Essa è uno strumento utilizzato per effettuare un'analisi dell'ambiente interno. La catena del valore è uno strumento molto utile utilizzato per effettuare un‟analisi dell‟ambiente interno dell‟impresa. Si tratta di uno strumento concettuale che consente di interpretare l‟impresa segmentandola in attività elementari generatrici di valore, definite da Porter nel 1987 come “blocchi costitutivi con i quali l‟impresa crea un prodotto valido per i suoi compratori”. Tale definizione evidenzia il contributo che ciascuna attività, o operazione, conferisce alla creazione di valore per il cliente, che rappresenta la leva sulla quale è possibile costruire il vantaggio competitivo. Com'è fatta l'impresa? L'impresa è composta da diverse funzioni o aree funzionali, vale a dire gruppi di operazioni omogenee, alle quali corrispondono spesso un organo dell’impresa (Direzione, Ufficio, Dipartimento), chiamato in modo diverso a seconda della funzione svolta (Amministrazione e Controllo, Ricerca e Sviluppo, Marketing). Si fa riferimento a funzioni e gruppi di risorse e competenze caratterizzate dall‟essere coerenti tra loro e preposte all‟innovazione. Una diffusa tassonomia individua le tre seguenti classi di funzioni:

Caratteristiche: finalizzate all'innovazione, strettamente correlate all'attività produttiva dell'impresa (produzione, marketing, R&S (ricerca e sviluppo))

Integrative (finanza, amministrazione e controllo): esse si pongono al servizio di tutte le altre aree aziendali, non sono specifiche ma generali ed assicurano lo svolgimento delle attività caratteristiche.

Organizzative (organizzazione e personale): sono le funzioni orientate a gestire ed organizzare le risorse o le persone.

Generalmente quando si fa riferimento all'impresa si parla del concetto di funzione aziendale, ovvero area caratterizzata dallo svolgere operazioni indirizzate allo stesso scopo. Con questo tipo di analisi tuttavia non riusciamo a considerare l'impresa nella sua totalità e cioè in relazione alle necessarie interrelazioni tra le diverse funzioni aziendali; per fare ciò occorre utilizzare la catena del valore. La catena del valore è uno strumento che ha una funzione descrittiva che indica come vengono svolte le attività aziendali. In essa le attività sono tra loro concatenate e concorrono alla realizzazione di un prodotto che realizzi i bisogni del cliente. Nella catena di valore distinguiamo tra:

ATTIVITÀ PRIMARIE: insieme di operazioni omogenee che seguono il processo di realizzazione dell'output, concorrendo direttamente alla sua realizzazione (in modo fisico nel caso dell'impresa industriale) e di collocazione dello stesso sul mercato Le attività primarie sono state suddivise da Porter in cinque categorie:

logistica in entrata: insieme di attività connesse al ricevimento, magazzinaggio e movimentazione interna degli input;

produzione o attività operativa: è un‟attività di trasformazione degli input in prodotti finali (output), di assemblaggio, di manutenzione, di collaudo e di gestione degli impianti;

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logistica in uscita: riguarda la distribuzione fisica, il magazzinaggio, la gestione dei magazzini di prodotti finiti, il controllo delle scorte e l‟evasione degli ordini;

marketing e vendite: sono attività di gestione del prodotto e di scelta delle politiche di prezzo, di scelta dei canali distributivi, politiche di vendita e gestione delle forze di vendita;

servizi: i quali comprendono tutte le attività ed i servizi accessori al prodotto al fine di migliorare o mantenere il suo valore (installazione, riparazione, ricambi, assistenza tecnica), attraverso i quali l‟impresa si differenzia dalla concorrenza. Si tratta di un‟attività sviluppata soprattutto nei settori in cui l‟output finale è molto complesso; ne è un esempio la vendita di impianti di riscaldamento, la quale è collegata a tutti quei servizi che ne assicurano il buon funzionamento.

ATTIVITÀ DI SUPPORTO: esse, a differenza delle attività primarie, non sono strettamente connesse al processo produttivo ma hanno un'importanza fondamentale in quanto sostengono e supportano l'intera attività aziendale (gestione e sviluppo delle risorse umane, ricerca e sviluppo). Le attività di supporto possono essere divise in 4 categorie:

Acquisti (approvvigionamento): acquisizione degli input destinati alle attività primarie, di servizi di consulenza, brevetti, tecnologie;

ricerca e sviluppo: delle componenti tecnologiche inserite nell'attività generatrici di valore e quindi, di innovazioni tecnologiche per: abbattere i costi della produzione, migliorare o creare nuovi prodotti, rendere più affidabili gli ordini, ma anche per migliorare i processi produttivi esistenti al fine di renderli più efficaci;

gestione delle risorse umane: insieme delle attività inerenti il reclutamento, la selezione, l'addestramento, la formazione, la retribuzione, la pianificazione delle carriere e lo sviluppo delle risorse umane;

infrastrutture: operazioni svolte dall‟impresa per agevolare la connessione e la corretta gestione di tutte le attività nel loro insieme; ne sono un esempio l‟attività di finanza, la quale consente di alimentare tutte le attività della gestione, contribuendo a creare una struttura importante (direzione generale, pianificazione, finanza, ufficio legale, contabilità, gestione della qualità).

N.B. Tutte queste attività concorrono alla generazione di valore, di costi e quindi alla creazione del margine aziendale, presupposto essenziale per il raggiungimento del vantaggio competitivo. Perché si chiama catena del valore? Perché tutte queste attività interrelate tra loro concorrono tutte a creare valore per il cliente, generano costi e alla fine generano un margine di profitto. Da come si gestiscono, si articolano e sviluppano le attività presenti nella catena del valore si possono verificare le possibilità per la creazione di un vantaggio competitivo. Il margine è dato ovviamente dalla differenza tra fatturato e costo totale. Esempio: un'impresa di produzione industriale che mette insieme materie prime e componenti per realizzare un manufatto. Area strategica: maglieria e filati. Nel momento in cui l‟impresa acquisisce la lana greggia, ha introdotto un input (attraverso la logistica in entrata) e comincia a stoccarlo nei propri magazzini (produzione del filato), creando un prodotto con un valore in più rispetto al precedente, che aumenta nel momento in cui l‟impresa lo trasforma ulteriormente in un maglione (produzione). La materia prima è stata valorizzata e si può quindi confezionare ed imballare (logistica in uscita). Arricchito ulteriormente con servizi post-vendita: consigli utili su come lavare il prodotto, news sui nuovi prodotti. Contributi al valore: innovazioni sul prodotto, gestione degli ordini, investimenti in nuove materie prime di maggior valore. La catena del valore costituisce un modo per vedere l‟impresa in modo più articolato: divisione in attività che insieme danno un contributo alla creazione di valore, di costi e del margine >> collegamento con vantaggio competitivo. Da come si gestiscono tali attività l'impresa pone i presupposti per la creazione di un vantaggio competitivo duraturo e difendibile (creare un maggior margine). Fino ad ora, per il vantaggio competitivo due parametri: VALORE = Prezzo: misura del valore unitario. COSTO = Costo medio unitario. Ora: VALORE = “fatturato” COSTO = Costo Totale, margine complessivo aziendale

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A cosa serve la catena del valore? La catena del valore presenta una duplice valenza:

valenza descrittiva: essa concorre a rappresentare l'impresa descrivendone le attività (rappresentazione impresa) ed individua i vari collegamenti tra le diverse attività presenti nella catena del valore (funzionamento dell'impresa);

valenza analitica: essa rappresenta le fonti del vantaggio competitivo (utile per capire su quali risorse investire) e i punti di forza e di debolezza. E' un supporto alla definizione delle strategie: capire dove intervenire per ottimizzare la gestione e le attività aziendali.

Ogni attività della catena:

si serve di input acquistati, di risorse umane e di tecnologia;

usa e crea informazione, prodotte e trasmesse dalle varie attività dell'impresa;

crea attivo e passivo patrimoniale;

è valutata in termini di “costi e ricavi diretti” (importante per il margine) Analizziamo ora le singole attività della catena del valore: Logistica in entrata/in uscita Comprende tre attività: • Ricevimento materie prime; • Magazzinaggio materie prime, o dei prodotti; • Distribuzione dei prodotti. Tale attività da un contributo alla creazione del valore, poiché prepara gli input per essere trasformati nel processo produttivo. I costi sono i seguenti: • Costi di gestione dei depositi: fitti passivi e ammortamenti, spese di manutenzione e di riparazione (al netto dei ricavi per fitto dei locali a terzi); • Costi di gestione dei materiali: gestione delle scorte, degli ordini, layout di magazzino e programmazione delle uscite dal magazzino; • Costi di distribuzione: trasporto, ammortamenti, fissi passivi degli automezzi, spese di riparazione e di manutenzione (al netto dei ricavi per trasporti presso terzi) • Costo del personale inserito nell‟attività della logistica. Produzione, o attività operativa L‟attività di produzione genera diversi costi: • Costi delle variabili di produzione: compresi i costi d‟acquisto dei semilavorati; • Costi di collaudo e di controllo qualità: del personale, dei materiali della produzione, delle procedure informatiche e dei servizi acquisiti da terzi. • Costi di gestione e di manutenzione degli impianti: compresi i costi d‟acquisto di brevetti, licenze, … . Marketing e vendite Tale attività comprende tutti i costi legati alla gestione delle politiche di marketing e delle vendite, compresi i costi relativi alla gestione delle risorse distributive. Servizi di assistenza post-vendita Tale attività comprende i costi relativi ad: • Installazioni e riparazioni; • Costo del personale di tali servizi; • Costi di gestione delle scorte dei pezzi e di ricambio, al netto dei ricavi conseguibili dall‟assistenza post-vendita e dalle riparazioni effettuate. Si tratta, infatti, di un‟attività che genera costi, ma anche ricavi. Acquisti ed approvvigionamento Tale attività comprende: • Costi per le ricerche di mercato; • Spese relative ai contatti con i fornitori di beni, servizi e/o tecnologie; • Costo del personale di tale area funzionale.

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Sviluppo della Tecnologia Tale attività comprende: • Costi per materiali, attrezzature ed impianti dei laboratori; • Spese per consulenze esterne di ricerca e sviluppo; • Costo del personale addetto a tale area funzionale. Al netto dei ricavi per vendita a terzi di know-how sviluppato all‟interno dell‟area funzionale. Gestione delle Risorse Umane Tale attività comprende: • Costi per la selezione, assunzione e formazione del personale; • Costi delle ricerche sullo sviluppo delle carriere e sulla mobilità. Attività Infrastrutturali Tale attività comprende: • Costi per la gestione degli uffici: amministrativi, finanziari, legali, della pianificazione, della direzione generale. LOGISTICA IN ENTRATA/USCITA

RICEVIMENTO;

MAGAZZINAGGIO;

DISTRIBUZIONE.

- COSTI GESTIONE DEPOSITI

FITTI PASSIVI/AMMORTAMENTI;

SPESE DI MANUTEZIONE E RIPARAZIONE (al netto dei ricavi per fitto dei locali a terzi)

- COSTI GESTIONALI MATERIALI

GESTIONE SCORTE;

GESTIONE ORDINI;

LAYOUT DI MAGAZZINO;

PROGRAMMAZIONE USCITE DAL MAGAZZINO.

- COSTI DI DISTRIBUZIONE:

TRASPORTO;

AMMORTAMENTO/FITTI PASSIVI AUTOMEZZI;

SPESE DI RIPARAZIONE E DI MANUTENZIONE. (al netto dei ricavi per trasporti c/terzi)

- COSTO DEL PERSONALE ATTIVITA' OPERATIVE (PRODUZIONE)

COSTI VARIABILI DI PRODUZIONE (COMPRESO I COSTI DI ACQUISTO DEI SEMILAVORATI;

COSTI DI COLLAUDO E DI CONTROLLO QUALITA' (PERSONALE, MATERIALI, PROCEDURE Dalla catena del valore generica a quella dell'impresa La catena del valore finora presentata è generica e non è riferita ad una particolare impresa appartenente ad uno specifico business; Ogni impresa ha una propria catena del valore, diversa da quella delle altre imprese in quanto la struttura delle attività e le strategie adottate sono differenti (dipende dalla struttura delle attività);

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La diversità delle catene del valore delle diverse imprese dipende:

dal settore o singolo business di appartenenza (distribuzione commerciale, impresa crocieristica, produzione di olio);

dalla strategia dell'impresa (impresa leader di costo, impresa fortemente differenziata) Ogni impresa persegue una differente strategia e la catena del valore si plasma in base ad essa. Alcune imprese presentano una catena del valore molto snella poiché demandano molti servizi a imprese terze, limitandosi a vendere il prodotto finale. Un‟impresa fortemente differenziata, invece, avrà una catena del valore molto rilevante, soprattutto per quanto riguarda la logistica in uscita, l‟attività di marketing e l‟attività di ricerca e sviluppo. Vediamo adesso alcuni esempi. CATENA DEL VALORE DI UN‟IMPRESA DISTRIBUTIVA

CATENA DEL VALORE DI UN IMPRESA CROCIERISTICA

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IL SISTEMA DEL VALORE La catena del valore dell'impresa si inserisce in una sequenza comprendente le catene dei fornitori, degli operatori coinvolti nelle attività distributive e dei clienti finali. I collegamenti verticali risultano essere importanti ai fini della costruzione del valore il cliente finale. Essa è la sequenza delle catene dei valori a monte ed a valle. es. Impresa Tin SpA, come migliorare la sua posizione competitiva?:

Azienda familiare, ubicata in Campania, che opera nel settore degli imballaggi, in particolare nella produzione di imballaggi in banda stagnata, grezzi o litografati.;

Accanto a tale produzione, viene realizzata anche la produzione di chiusure: tappi e soprattutto coperchi ad apertura facilitata;

L'impresa nasce nel 1956 con l'intento di servire l'industria locale di trasformazione del pomodoro. Strategie perseguite negli anni '90.

All'inizio degli anni '90 decide di sviluppare la propria attività e si trova davanti a molte alternative: entrare in nuovi mercati con gli stessi prodotti, diversificare la produzione, ampliare la gamma offerta, diversificare la produzione, ampliare la gamma offerta, differenziare il prodotto, ecc.;

Dopo lunghi studi, la Tin S.p.A. Decise di attuare una strategia basata sul vantaggio competitivo di costo (il prodotto appare poco differenziabile).

Questo tipo di prodotto è poco differenziabile in quanto le imprese scelgono l'impresa fornitrice in base al prezzo >> in questo settore si cerca quindi di raggiungere un vantaggio competitivo di costo attraverso programmi di riduzione dei costi di produzione (ad esempio lattine meno spesse). Essenziale è capire, attraverso la catena del valore dell‟impresa, quali sono i punti di debolezza ed i punti di forza della Tin s.p.a.

Si tratta di una catena del valore che porta alla creazione di un margine del 4%. Ogni attività riporta accanto la percentuale che occupa nel fatturato totale. La produzione rappresenta il centro di costo più rilevante dell‟impresa, con l‟84% del fatturato. Perché i costi d‟acquisto sono così bassi? Poiché l‟impresa si rivolge sempre agli stessi fornitori con i quali ha ormai instaurato rapporti di costo agevolati. La logistica in entrata e la logistica in uscita rappresentano il centro di costo meno rilevante, con uno 0,5% del fatturato totale, poiché si tratta di un attività relativamente semplice per una piccola impresa volta a rifornire il mercato locale. Punto di debolezza: il margine non è soddisfacente. Per capire quali sono le mancanze di tale impresa, per il raggiungimento di un maggiore margine di costo, è necessario il confronto con la catena del valore dell‟impresa leader nel settore.

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La catena del valore del concorrente consente il raggiungimento di un margine di profittò del 6%, due punti percentuali in più rispetto all‟impresa Tin. Confrontando la propria catena del valore con quella della leader del settore, la Tin s.p.a si rende conto che la propria debolezza risiede nei costi dell‟attività di produzione, l‟84% rispetto all‟80% dell‟impresa leader; il concorrente detiene quindi un‟attività di produzione più efficiente. La Tin s.p.a deve intervenire su questo suo punto di debolezza per assumere una leadership di costo, attuando le seguenti azioni: cercare fornitori più competitivi, diminuire le spessore dei barattoli ed aumentare l‟automazione del ciclo produttivo (riducendo la componente umana, la quale risultava eccessiva per tale produzione) migliorando in questo modo la produttività. Tali azioni hanno consentito alla Tin s.p.a di realizzare l‟obiettivo prefissatasi, ottenendo addirittura un margine di profitto del 7%, superiore rispetto a quello del proprio concorrente ed un tempo leader del settore. PRODUZIONE: attività di acquisizione, di aggregazione e di impiego di risorse disponibili in natura in quantità limitata al fine di ottenere altre risorse (output) in quantità limitata. Spesso l‟attività operativa è l‟attività che consuma il maggior numero di risorse aziendali e che dà il maggiore contributo alla creazione del valore; si tratta, infatti di un‟attività complessa FUNZIONE DI PRODUZIONE INPUT: risorse elementari tecniche e tecnologie impianti e macchinari lavoro. L‟attività di produzione può essere suddivisa in tre fasi: Produzione di materie prime (estrazione di minerali, processi di sintesi, distillazione) (processi produttivi con trasformazioni chimico-fisiche di materie prime) >> INPUT: materie prime e materiali, tecniche e tecnologie, impianti e macchinari lavoro. produzione dei componenti (processi di fusione, filatura e tessitura) (processi di produzione di input provenienti da altri processi) >> INPUT: parti e componenti tecniche, tecnologie impianti e macchinari lavoro. assemblaggio (produzione di output attraverso combinazione di componenti). Anche nell'ambito della produzione di servizi possiamo parlare di catena del valore e di funzione di produzione in quanto nell'erogazione di servizi sono utilizzati input materiali e tangibili (ad esempio un albergo utilizza l'edificio, alimenti da cucinare, ecc.). Quindi qualsiasi impresa realizza processi di produzione in quanto utilizza degli input.

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Servuction: Il termine “Servuction” è stato coniato da alcuni studiosi di marketing per identificare il processo di produzione di un servizio. Elementi del sistema di servuction:

Cliente: egli è il consumatore e senza di lui il servizio non può esistere;

Supporto fisico: gli strumenti e l'ambiente;

Personale di contatto;

Servizio (obiettivo del sistema);

Organizzazione interna;

Altri clienti. La funzione del cliente nei servizi

- Il cliente attiva il processo produttivo, la specificazione del servizio, fornendo i dati necessari alla produzione ed al contenuto del servizio (es. diagnosticare il problema, fornire i dati, definire il contenuto del servizio): è essenziale che il cliente sappia comunicare ed esprimere il suo problema, fornire dati e informazioni sulla propria situazione (ad es. consulenza aziendale) e definire il contenuto del servizio stesso;

- coproduzione del servizio: il cliente svolge una parte fondamentale del lavoro, ad esempio in tutti quei servizi dove è attivato il self service, la sua collaborazione è necessaria;

- controllo della qualità del processo produttivo e dell‟erogazione del servizio: il cliente partecipa attivamente al controllo della qualità del servizio usufruendone e fornendo all'impresa erogante un giudizio su di esso;

- mantenimento dell’ethos: il cliente può contribuire a creare un buon clima con il personale dell'impresa di servizi con cui viene a contatto;

- partecipazione al sistema di servizio insieme ad altri clienti

- marketing: ruolo di diffusione della conoscenza del servizio e dell'impresa di servizi attraverso il “passaparola”.

Nella produzione di beni tangibili, invece, il cliente è l‟obbiettivo finale, non interviene nel processo produttivo. I ruoli del personale di contatto nei servizi: RUOLO OPERATIVO + RUOLO RELAZIONALE:

immagine: un'impresa di servizi si presenta in primis attraverso il suo personale, un servizio è intangibile e quindi ci basiamo sull'immagine del personale, che deve quindi incarnare l'immagine che l'azienda vuole dare di se stessa (molte imprese adottano divise per contraddistinguersi) ;

gesto/comportamento: il personale di servizio mantiene determinati comportamenti ed attraverso determinate gestualità che vengono quindi standardizzati dalle imprese in modo che anche questi le contraddistinguano;

parola. ALTRI RUOLI (per esempio vendita) L‟assetto infra-strutturale (scelte di progettazione) - Tipologia di processi - Dimensione-capacità - Lay out - Localizzazione impianti La produzione in senso stretto (scelte di gestione) - Grado di automazione - Grado di integrazione delle apparecchiature - Sistemi di programmazione e controllo della produzione - Sistemi di qualità L‟assetto organizzativo - Competenze delle risorse umane - Struttura organizzativa e meccanismi di coordinamento

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LE SCELTE DELLA PRODUZIONE Le scelte della produzione riguardano: • L’assetto infra-strutturale: scelte di progettazione relative alla tipologia dei processi, alla dimensione e alla capacità produttiva, al layout (disposizione degli impianti la quale segue il processo produttivo) e alla localizzazione degli impianti. Si tratta di scelte di lungo periodo solitamente irreversibili, che si verificano occasionalmente e definiscono l‟attività dell‟impresa in un modo essenziale. • La produzione in senso stretto: scelte di gestione riguardo al grado di automazione, di integrazione delle apparecchiature, ai sistemi di programmazione e di controllo della produzione ed ai sistemi di gestione della qualità. Si tratta di scelte di breve periodo, con una possibilità di cambiamento rilevante L‟assetto organizzativo: scelte organizzative delle competenze e delle risorse umane, della struttura organizzativa e dei meccanismi di coordinamento Nell'ambito della produzione vengono in genere adottate le scelte di progettazione: esse riguardano l'assetto che assume l'attività di produzione; esse stanno a cavallo tra le scelte di natura organizzativa e quelle di natura strategica. Le scelte riguardanti i processi produttivi sono molto importanti perché l'impresa vuole individuare le combinazioni produttive più convenienti. Il processo produttivo viene scelto al fine di trovare la soluzione più conveniente per l'impresa. Un processo produttivo è conveniente quando, dato il costo complessivo sostenuto, massimizza il ricavo totale, oppure dato il ricavo complessivo, minimizza il costo totale da sostenere. Possiamo immaginare che la produzione si ottenga attraverso due specifici fattori: capitale e lavoro (K e L), il nostro obiettivo è quello di massimizzare il divario tra il valore del prodotto ed il costo sostenuto per realizzarlo. Immaginiamo che K abbia un prezzo Pk e che L abbia un prezzo Pl, essi sono legati nella relazione: Kpk + Lpl = p x q Il rendimento è R = (P x Q)/ (Kpk + Lpl) R può essere: - R = 1 o R > 1 o R < 1 L'impresa deve scegliere la combinazione produttiva e tecnologica che permetta di trovare un R >1, ovvero un processo produttivo conveniente che riesce ad aumentare la competitività aziendale. Se R=1 >> il processo produttivo non è in grado di fornire un valore aggiunto poiché il costo della produzione è uguale al valore della produzione Se R>1 >> il processo produttivo è in grado di fornire un valore aggiunto in quanto il costo della produzione è inferiore al valore della produzione Se R<1 >> il processo produttivo non è in grado di fornire un valore aggiunto poiché il costo della produzione è maggiore del valore della produzione. Quale è il processo produttivo che mi consente di massimizzare il rendimento? Il secondo, con: R>1, ossia il costo del lavoro inferiore al valore della produzione. La capacità di un'impresa di adattare i processi produttivi si chiama flessibilità: ovvero la capacità dell'impresa di cambiare le combinazioni produttive senza dover sostenere dei costi particolarmente alti ed in modo da soddisfare in modo migliore la domanda del mercato. Spesso esiste un trade off tra flessibilità ed efficienza (capacità di minimizzare i costi), infatti quei processi produttivi che sono più efficienti realizzano in genere una sola variabile di prodotti. La flessibilità è diversa dall'elasticità, la quale fa riferimento all'abitudine di un processo a variare la quantità prodotta senza dover affrontare costi particolarmente elevati. I FATTORI DI COMPETITIVITÀ DEI FATTORI PRODUTTIVI. I fattori di competitività della produzione sono i seguenti: • Riduzione dei costi della trasformazione: attraverso la standardizzazione della produzione, una produzione di alti volumi, una continuità dei flussi, la bassa intensità del lavoro, la specializzazione degli impianti ed il bilanciamento delle capacità produttive; essa consente il raggiungimento del vantaggio competitivo di costo.

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• Efficienza dei processi produttivi: un contenimento, o ancora meglio, una riduzione dei costi, affinché i costi della produzione siano inferiori al valore della produzione: R>1. Tra le variabili dell‟elasticità del sistema produttivo troviamo: la capacità di variare i volumi della produzione e la riduzione e la certezza dei tempi di consegna, • Flessibilità dei processi produttivi: capacità di variare il mix produttivo, da un punto di vista qualitativo, creando tanti varianti senza subire eccessivi rincari di costi; essa, consente un incremento del valore della produzione. • Qualità della produzione. N.B Non esiste una corrispondenza tra efficienza e flessibilità, sono “inversamente proporzionali”; sono, infatti, più efficienti gli impianti non flessibili, che producono un'unica variante di prodotto. LE SCELTE INFRASTRUTTURALI DI PROGETTAZIONE Si tratta di scelte che vengono assunte da chi si trova ai vertici aziendali, con il supporto di chi si occupa dell‟attività di produzione, al fine di scegliere l‟attività produttiva più efficiente.

1) La scelta del processo intermittente e continuo; 2) La determinazione della capacità produttiva, il bilanciamento dei flussi di produzione e la

determinazione del grado. Distinzione:

processo di produzione di tipo artigianale;

processo di produzione industriale. Entrambi sono caratterizzati dalla combinazione di input per creare un prodotto ma hanno modalità differenti nell'ambito della realizzazione di un prodotto fisico. TIPOLOGIA DI PROCESSI PRODUTTIVI Per processo produttivo si intende il processo di trasformazione di input, risorse disponibili in quantità limitata ed utilizzate per ottenere un prodotto finale che può essere tangibile o meno, in output. Anche le imprese di produzione di beni intangibili, i servizi, hanno i propri fattori produttivi, rappresentati dal personale e dal cliente.

1) PRODUZIONE ARTIGIANALE

- Specializzazione delle risorse – in particolare del lavoro - per mestieri. Le risorse umane compiono gran parte del lavoro e non sono specializzate per fasi come nel settore industriale ma seguono l'intero processo produttivo, hanno una professionalità globale.

- rilevanza del costo della manodopera: vi è una prevalenza del costo della manodopera nel costo totale;

- incidenza elevata del costo della materia prima: essa è superiore rispetto a quella del settore industriale;

- scarsa rilevanza del costo degli strumenti: con quote di ammortamento più basse rispetto ad un‟impresa industriale;

- flessibilità produttiva: nel processo produttivo artigianale è possibile, per le caratteristiche intrinseche alla produzione, garantire le specificità che il cliente richiede, in quanto la produzione non è in serie e l'organizzazione del processo non è rigida come nella produzione industriale;

- variabilità dei costi rispetto ad i costi fissi: soprattutto per quanto riguarda i costi fissi (l‟elevata incidenza dei costi fissi sui costi variabili aumenta la rigidità aziendale, costringendo le imprese a produrre anche in caso di crisi). L‟artigiano produce in base alla domanda, non vi è, quindi, una struttura rigida dei costi.

Si tratta di una produzione di piccola scala, tipica delle economie pre-industriali.

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2) PRODUZIONE INDUSTRIALE

Svolgimento dei processi per fasi omogenee di lavorazione: la produzione industriale ha un orientamento all'efficienza ed ai grandi volumi di produzione e adotta un organizzazione differente, con uno spacchettamento del processo in più fasi nelle quali il personale è specializzato e non nell'intero processo come nella produzione artigianale.;

Specializzazione della macchina per fasi ed elevati volumi di produzione: anche i macchinari sono specializzati per la realizzazione di singole fasi produttive ed orientati alla produzione di grandi volumi;

intercambiabilità e standardizzazione delle parti componenti: nell'ambito della produzione industriale abbiamo una serie di elementi standardizzati, come i componenti, che possono essere però utilizzati per realizzare prodotti leggermente diversi;

incidenza della macchina rispetto al lavoro umano: forte meccanizzazione del lavoro, la macchina sostituisce l'uomo nelle principali fasi di produzione ed ha maggiore incidenza che nella produzione artigianale, basata invece principalmente sull'uomo;

scarsa variabilità rispetto alle esigenze del mercato: la flessibilità assicurata da un'impresa industriale è inferiore rispetto a quella della produzione artigianale (trade off tra la capacità di essere flessibile e la capacità di contenere i costi).

L‟obbiettivo è quello di ottenere una maggior efficienza tramite la standardizzazione del prodotto e specificazione del lavoro per fasi. Esistono diverse modalità di condurre i processi produttivi industriali, i quali possono essere orientati: all‟efficienza (riduzione dei costi medi unitari di produzione), o alla flessibilità (variabilità del mix produttivo). Alla base delle scelte di progettazione del processo produttivo sta la scelta della combinazione più conveniente dei fattori produttivi, cioè quella che: - dato il valore complessivo del prodotto da ottenere ne minimizzi il costo; - dato il costo complessivo da sostenere massimizzi il valore del prodotto. Per migliorare la produttività è possibile agire sulla riduzione dei costi medi unitari di produzione. Per aumentare il valore percepito del prodotto, il processo produttivo deve avere caratteristiche di flessibilità e di elasticità. MATRICE WOODWARD

La matrice di Woodward rappresenta uno schema concettuale, ancora oggi valido, per individuare le diverse tipologie dei processi produttivi. Si tratta di una matrice a doppia entrata con due dimensioni: • la dimensione dei flussi e del grado di standardizzazione del prodotto: ossia, il tipo di prodotto: di massa, standardizzato o di piccola serie, specifico;

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• e la differenziazione e la numerosità dei prodotti: la presenza di varianti del prodotto, il quale può essere: unico o presente in diverse varianti. All‟interno di questa matrice individuiamo quattro diversi tipi di processo produttivo, a seconda della diversa combinazione delle due variabili: • Processo Continuo: processo produttivo volto a produrre un‟unica variante di un prodotto di massa, standardizzato. • Processo su Progetto: processo produttivo volto a produrre un prodotto unico, specifico, attivato su commessa, sulla base della richiesta specifica da parte del cliente. • Processo Intermittente a Grandi Lotti: processo produttivo volto a produrre una molteplicità di prodotti di massa standardizzati, • Processo su Modello: processo produttivo volto a produrre una molteplicità di prodotti, su piccola serie però, sulla base della specifica richiesta da parte del cliente. Analizziamoli adesso, uno per uno. TIPI DI PROCESSO PRODUTTIVO

1) Processo produttivo su progetto: è caratterizzato dal realizzare un prodotto unico, non fortemente standardizzato ma realizzato sulla base delle richieste del cliente. Il processo si basa sul prodotto che l'impresa vuole realizzare, in questo caso quindi i processi devono cambiare da un prodotto all'altro. Il progetto ed il processo nascono sulla specifica di un determinato prodotto e si interrompono nel momento in cui il prodotto finale viene realizzato; una volta realizzato, l‟impresa non può riutilizzare tale processo produttivo, poiché attivato su specifica progettazione richiesta dal cliente, ma dovrà crearne uno nuovo sulla base di un altro progetto. Ne è un esempio un‟impresa di costruzione di grandi opere infrastrutturali (ponti, grandi complessi residenziali), non appartenente alla piccola edilizia artigianale, la quale esegue la propria opera sulla base di un progetto specifico, il quale non verrà più replicato una volta che l‟output finale sia stato realizzato; il processo produttivo si interrompe con la realizzazione stessa del progetto. Altro esempio è il processo produttivo attivato per la produzione di un film, o di grandi operazioni ad elevato contenuto tecnico e tecnologico.

2) Processo produttivo di tipo continuo: il classico processo produttivo industriale, tipico della prima rivoluzione industriale. Esso è finalizzato alla realizzazione di un prodotto unico fortemente standardizzato e realizzato su grandi volumi. In questo caso con la produzione di un solo prodotto la flessibilità e l'elasticità sono nulle. Ci sono casi in cui il processo produttivo continuo è obbligato mentre in altri è l'impresa stessa a scegliere di adottare questa tipologia di processo. Tipico esempio di processo produttivo continuo è quello dell'industria alimentare. In tale processo produttivo: • la flessibilità è nulla; • l‟elasticità è molto bassa; • e si ha una forte meccanizzazione del lavoro. Ne sono un esempio i classici processi produttivi di trasformazione fisico-chimica (es produzione dell‟ammoniaca e dell‟alcool, ma anche la produzione alimentare), frutto di scelte aziendali: è l‟impresa che, per perseguire la massima efficienza produttiva, decide di produrre un unico prodotto altamente standardizzato. Un esempio tipico del passato fu la produzione a catena di auto Ford, prodotte nello stesso modello, in un'unica variante dello stesso colore, attraverso il processo produttivo della catena di montaggio. Si tratta di un processo continuo svolto senza interruzioni (es la raffinazione del petrolio, o il Coke nell‟altoforno, il quale ci dà ghisa e ferro). Di solito, non esistono neppure magazzini intermedi a spezzare il processo produttivo.

3) Produzione ad intermittenza a grandi lotti: Si tratta di un processo produttivo volto a produrre un

prodotto in più varianti sfruttando le parti del processo produttivo comuni per poi interromperlo, grazie all‟intermittenza, nel momento in cui il processo produttivo del prodotto si differenzia al fine di conferirgli le diverse specialità, per poi riconfluire nel processo produttivo comune, una volta attribuita ai diversi prodotti la propria specificità. L'intermittenza consiste nell'interruzione del processo produttivo: se l'impresa decide di realizzare tre varianti di prodotto è necessario alternare processi differenti tra loro (diverso dal caso in cui essa realizza un unico prodotto) oppure si procede con tre processi produttivi completamente separati. Nell'ambito della produzione intermittente possiamo distinguere tra:

intermittenza a grandi lotti;

intermittenza a piccoli lotti.

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Essi differiscono nei volumi di produzione: nel primo caso il processo produttivo è orientato alla realizzazione di grandi volumi di produzione, attraverso impianti di grandi dimensioni ed efficienti, alla ricerca di economie di scala. È il caso di un impresa automobilistica che decide di produrre uno stesso tipo di automobile in più varianti o dell‟impresa industriale specializzata nella produzione di armadi di diverso tipo: con ante scorrevoli, o apribili, a specchio o con gli specchi incorporati. O si creano processi produttivi diversi, completamente separati per ogni variante del prodotto, o ci si avvale di un processo produttivo unico, ad intermittenza, che sfrutta il processo produttivo comune interrotto con i processi produttivi specifici nel momento in cui è necessario attribuire al prodotto la propria specialità, per poi riconfluire in quello comune. Il livello di flessibilità di tale processo produttivo non è comparabile a quello della produzione artigianale, nella quale il prodotto viene realizzato ad hoc sulla base di una specifica richiesta del cliente; in questo caso, il processo produttivo consente di produrre un prodotto standardizzato, di massa, in più varianti, per andare incontro alle diverse esigenze del cliente, non specifiche ma generiche.

4) Processo produttivo su modello: esso è caratterizzato da intermittenza ed è spesso organizzato sulla base delle specifiche del cliente, c'è un elevato livello di corrispondenza tra prodotto ed aspettative del cliente (produzione di yacht che vengono, partendo da un progetto standard con più varianti della casa produttrice, adattati alle necessità del cliente.)

La massima flessibilità la si ha nei processi produttivi su progetto e su modello: nel momento in cui si va verso la grande standardizzazione, la flessibilità diminuisce. MATRICE PRODOTTO-PROCESSO. Si tratta, anch‟essa, di una matrice a doppia entrata con due dimensioni: • il grado di standardizzazione del prodotto, la sua ripetitività: produzione di magazzino, più standardizzata e la produzione speciale, su commessa, non standardizzata; • e la complessità del prodotto, il numero di varianti: semplice complesso.

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CICLO DI VITA DEL PRODOTTO O DEL SETTORE: Si tratta di un concetto applicato anche all‟analisi dei business e dei settori produttivi, anch‟essi caratterizzati da una fase di: nascita/introduzione, sviluppo, maturità e declino. Le variabili necessarie per capire quali sono le fasi di un determinato settore produttivo sono: la quantità dei prodotti venduti ed il tempo. Solitamente, si assiste ad una fase di crescita caratterizzata da: • una fase di introduzione, con la quale un nuovo prodotto viene immesso sul mercato, caratterizzata da un livello di vendite basso ed un‟ascesa piuttosto “tiepida”. In questa fase è importante l‟elasticità produttiva, sacrificando l‟efficienza.; • una fase di sviluppo e di maturità, dove il livello delle vendite ed il tasso di crescita tendono ad aumentare, prima in un modo abbastanza stabile e poi elevato. Nella fase di sviluppo è importante garantire un‟elevata elasticità e flessibilità. Nella fase di maturità l‟obbiettivo è sfruttare gli ampi volumi della domanda massimizzando l‟efficienza; • ed una fase di declino, in cui si ha una diminuzione delle vendite, poiché nel frattempo si sono progettati nuovi prodotti e quindi il prodotto commercializzato risulta ormai vecchio e costoso, diventando così meno attrattivo, a meno che non si intervenga con apposite strategie, ma la crescita è ormai instabile e tende a diminuire. importante è garantire un‟elevata elasticità e flessibilità. In questa fase è importante il mantenimento della massima efficienza, di elasticità, ma soprattutto una riduzione dei costi. MATRICE MERCATO-PRODOTTO-PROCESSO. La matrice Mercato-Prodotto-Processo è una matrice a doppia entrata con tre dimensioni: • le Fasi del Ciclo di Vita del Prodotto : Introduzione, Sviluppo, Maturità e Declino; • i Processi Produttivi: a Progetto, Intermittente a piccoli lotti, Intermittente a grandi lotti, e Continui; • ed i Fattori di Competitività: flessibilità, elasticità e riduzione dei costi.

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Abbiamo quattro processi produttivi con fattori di competitività diversi, che possono essere più o meno adatti alla strategia aziendale o al business in questione. Nel momento in cui l‟impresa sceglie le proprie politiche di marketing e di ricerca e sviluppo delle risorse essa deve individuare il giusto processo produttivo, quello più adeguato, che le impedisca di avere extra costi di inutilizzo delle risorse e di cadere in situazioni di rinuncia a livelli di produttività elevata. Se infatti si verificano extra costi di inutilizzo risorse o una rinuncia a livelli di produttività elevata la politica aziendale perseguita si è rivelata fallimentare. IL LAY OUT DEGLI STABILIMENTI E DEGLI IMPIANTI LAY OUT: disposizione planimetrica degli impianti (piantina che indica come sono disposti fisicamente gli impianti. Il modo in cui dispongo gli impianti dipende dal tipo di processo produttivo che voglio adottare). Si tratta di una scelta di progettazione, poiché sono scelte in parte irreversibili ed incidono profondamente sulla gestione. Le scelte di Layout possono essere anche intese come un connotato organizzativo delle risorse fisiche aziendali, sulla base del quale vengono effettuate le scelte gestionali di natura operativa riguardo a come e dove sistemare il personale e gli ambienti. Obbiettivo della progettazione del lay-out: massimizzare la produttività del sistema, in quanto: - sono scelte in parte irreversibili; - incidono sulla gestione. Fattori che incidono sulla scelta di lay-out la tipologia di domanda: la quale può essere più o meno segmentata, richiedere prodotti diversi o prodotti

specifici, in volumi differenti, e variare nel tempo; il tipo di processo produttivo: a seconda del quale vi sarà una diversa disposizione degli impianti; ad

esempio un processo continuo richiederà una disposizione degli impianti differente rispetto ad un processo intermittente.

TIPOLOGIE DI LAY OUT Lay-out transitori: nei quali la disposizione degli impianti è intimamente connessa al processo

produttivo che si sta svolgendo ed è destinata ad essere smantellato nel momento in cui si realizza l'output (tipico del processo produttivo su progetto) (produzione cinematografica)

Lay- out stabili: non sono destinati a dissolversi nel momento in cui il processo produttivo cessa. Ve ne sono tre tipologie:

- a catena, in linea o per prodotto: il prodotto viene realizzato con un passaggio da un impianto all'altro; è un processo produttivo di tipo continuo e senza intermittenza (esempio self service, ikea). - a reparto o funzionale: vi è un assembramento di impianti per aree funzionali, dove sono presenti impianti che svolgono la stessa funzione. Il prodotto viene realizzato in seguito ad un procedimento a catena in cui passa da una area all'altra, intervallato da soste in magazzino che fanno si che ci sia intermittenza. Attraverso questo utilizzo congiunto di risorse si ottiene un'economia di scopo (caso in cui con un processo produttivo ad intermittenza con layout a reparto riesce a ottenere costi medi inferiori rispetto ai costi che si dovrebbero sostenere realizzando i prodotti con altri processi come quello a catena). - a Isole o Group Technology: tipologia particolare ed intermedia tra le due precedenti che cerca di combinare i principi dei processi a catena con quelli a reparto: è stata creata per migliorare competizione del lavoratore e di conseguenza per migliorare la produttività. E' una tipologia tipica del mondo orientale, in particolare giapponese. Layout a Catena, in linea o per prodotto. Ipotizziamo che l‟impresa Beta voglia produrre il prodotto A. L‟anno successivo, a seguito del buon andamento sul mercato del prodotto A, decide di aggiungere al proprio portafoglio prodotti: il prodotto B Per realizzare il prodotto A, si necessitano di alcune attrezzature e di determinati input, stoccati nel magazzino A, prima dell‟avvio dell‟attività produttiva, la quale richiede alcune fasi, svolte grazie ai macchinari: X, Y, W e Z, il quale rappresenta l‟ultima fase di lavorazione del prodotto, che mi consente di avere il prodotto finito A. Hp: A è un manufatto di ceramica; per la sua produzione: prima si prepara la pasta, grazie all‟impianto X, la quale viene successivamente forgiata, grazie all‟impianto Y, dipinta, grazie all‟impianto W, e cotta, grazie all‟impianto Z, il quale ci consegna il manufatto finale, pronto per essere venduto. Si tratta di un Processo Produttivo Continuo, ben identificabile. Tra una fase e l‟altra non troviamo magazzini intermedi; gli impianti si trovano tutti nella stessa stanza e sono collegati l‟uno all‟altro.

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Lo stesso vale per il nuovo prodotto B, che si vuole produrre. Anch‟esso avrà le proprie materie prime, i propri impianti, i quali al termine del processo produttivo, ci consegneranno il prodotto finale B. N.B Si tratta di Impianti Specifici, non facilmente utilizzabili per altri prodotti. Le economie di scala, con una standardizzazione del prodotto, consentono una riduzione dei costi ed una specializzazione degli impianti, estrema. Layout a Reparto o Funzionale. Ipotizziamo che l‟impresa voglia produrre un mix di prodotti, diverso, utilizzando il medesimo processo produttivo: un Processo Produttivo ad Intermittenza. Nel Layout a Reparto si ha un assemblaggio di impianti sulla base di un criterio funzionale: vengono create apposite aree in cui sono presenti solo impianti che svolgono la medesima funzione. Abbiamo un reparto costituito solo dai macchinari X, uno dai macchinari Y, uno dai macchinari W e uno dai macchinari Z. L‟impresa utilizza i diversi reparti per realizzare il proprio mix produttivo. Hp: L‟impresa Delta è un impresa di produzione di armadi, dello stesso materiale, ma con diverse montature ed optional. Per realizzare il prodotto A, abbiamo: un magazzino iniziale di input, i quali vengono trasmessi ad un magazzino intermedio, che da origine ad un altro prodotto, il quale viene passato ad un altro magazzino, fino ad arrivare in Z, dove troviamo gli output finali, con le loro divere caratteristiche. Ogni prodotto finale, passa in diversi reparti, non tutti però passano negli stessi, a seconda della propria specificità. A seguito dell‟intermittenza, tra un reparto produttivo ed un altro, troviamo appositi magazzini per i prodotti intermedi, in attesa di venir trasferiti in un altro reparto. Per questo tipo di processo produttivo è più conveniente il Layout a Reparto, piuttosto che tanti processi produttivi diversi con un layout a catena, poiché alcune fasi della produzione dei diversi prodotti sono in comune, e quindi necessitano delle stesse attrezzature; ciò, consente una notevole riduzione dei costi ed una maggiore efficacia del processo produttivo, grazie all‟intermittenza. Si tratta, sicuramente, di un layout più complesso, che si avvale delle economie di scopo. Le Economie di Scopo si basano sulla capacità dell‟impresa di ottenere una riduzione dei costi grazie all‟utilizzo congiunto di impianti, di processi produttivi; più conveniente rispetto alla produzione disgiunta. N.B Ogni reparto risulta, però, altamente specializzato per la produzione di una determinata fase del prodotto finale. Nel settore dei servizi sono stati condotti appositi studi per verificare se l‟applicazione di tali principi di layout potesse essere estesa anche al settore della Servuction. Un esempio di applicazione di Layout a Catena, nel settore dei servizi, è il self service delle mense. Un esempio di applicazione del Layout a Reparto, nel settore dei servizi, sono: gli shop in the shop (es la Rinascente), i Free Flow (es lo Spizzico), dove troviamo diversi reparti, in cui vengono serviti output diversi (profumi, borse, primi, secondi), e possiamo scegliere noi di quali output avvalerci. Layout a Isola. Si tratta di una tipologia di Layout, tipica del mondo orientale, applicata per primi dai nipponici. Questa cerca di combinare i principi dei 2 layout precedenti, ed è stata creata con l‟obbiettivo di migliorare la qualità del lavoro, la motivazione del personale e la qualità del prodotto finito, grazie alla presenza di un gruppo di persone addetto a controllare la qualità di ciascuna fase del processo produttivo. La divisione in diverse fasi del processo produttivo non consente di monitorare il processo produttivo, visto come un'unica fase; infatti, il compito del personale è quello di assicurare un passaggio ottimale tra una fase e l‟altra del processo produttivo, non gli è consentita una visione dell‟intero, come invece è possibile nel Layout a Isola, per questo: migliore. In questo tipo di layout, i macchinari sono disposti in linea ed in piccoli reparti, al fine di consentire un maggior controllo, con risultati migliori per quanto riguarda la qualità del lavoro, del prodotto e la motivazione del personale. N.B nel caso in cui l‟impresa si trovi ad avere elevati volumi di produzione, si ha una replicazione delle stesse piccole isole, con gli stessi impianti, al fine di garantire le piccole dimensioni, necessarie per un maggiore controllo. Il problema principale per l‟impresa è quello di riuscire ad individuare la propria capacità produttiva ottimale, ovvero la dimensione ottimale del proprio impianto di produzione. Esiste una capacità di tipo teorico, quella definita dal produttore dell‟impianto, ma l‟impresa, invece, deve valutare la propria capacità produttiva effettiva, la quale risulta essere condizionata da molti fattori (es le ore di lavoro svolte dal personale, l‟età e le condizioni degli impianti). I principali fattori d‟influenza della capacità produttiva sono : • la domanda: la sua dimensione, infatti, condiziona il tipo di impianto che verrà utilizzato, il quale dovrà soddisfare la domanda in modo efficiente, senza portare ad eccessivi costi di utilizzo; • la concorrenza: per far fronte alla quale si cercano le scale produttive più ottimali, efficienti, grazie all‟utilizzo delle economie di scala; • l‟efficienza della scelta produttiva (tecnologia e metodi di gestione): la quale deve essere la più efficiente, ossia quella con i costi medi unitari inferiori.

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Con il concetto di economie di scala si intende la diminuzione del costo medio unitario della produzione all‟aumentare della dimensione dell‟impianto; non all‟aumentare del volume della produzione, poiché sarebbe imprecisa come definizione, il quale porterebbe a confondersi con il concetto di economia d‟esperienza. Le economie di scala tecnologiche o tecnico produttive interessano esclusivamente la fase della produzione. LA CAPACITA‟ PRODUTTIVA - FATTORI DI INFLUENZA E' necessario scegliere la capacità produttiva dell'impianto che l'impresa utilizza. L'impresa deve stimare la capacità non teorica dichiarata dal produttore dell'impianto ma la capacità produttiva effettiva relativa all'orario di lavoro, al flusso energetico ed al flusso di materie prime. L'impresa ha il problema di stabilire quindi la capacità produttiva ottimale. 1. La domanda: la dimensione della domanda condiziona la scelta dell'impianto produttivo in modo che esso sia capace di sostenerla e che non abbia una capacità produttiva eccedente la stessa domanda. 2. La concorrenza: incide sulla dimensione della capacità produttiva in quanto una maggiore concorrenza porta ad una maggiore parcellizzazione della domanda. 3. L’efficienza che deriva dalla tecnologia e dai metodi di gestione: l'impresa deve dotarsi della capacità produttiva più efficiente che le garantisca cioè i costi medi unitari minimi. ECONOMIE DI SCALA TECNOLOGICHE O TECNICO PRODUTTIVE (economie di scala che interessano solamente la produzione) 1. Passando da un tipo di processo ad un altro che viene svolto con un impianto di maggiore capacità produttiva, il costo medio minimo di produzione diminuisce per effetto dei rendimenti di scala crescenti. 2. Definizione: Diminuzioni di costo medio unitario di produzione all‟aumentare della dimensione di impianto e della scala produttiva. Perché rendimenti di scala sono crescenti? 1. I costi di costruzione di impianti di maggiori dimensioni crescono meno che proporzionalmente alla capacità produttiva (es. radar per le navi); 2. relazioni area/volume (costi “quadratici” e rendimenti “cubici”); 3. le immobilizzazioni immateriali (progettazione,sviluppo,...) hanno un costo rilevante che può essere ripartito più efficacemente con impianti aventi un'elevata capacità produttiva (i costi di progettazione, sviluppo ed altro relativi alla costruzione di un impianto non aumentano all'aumentare delle sue dimensioni); 4. al crescere del volume di produzione, il fattore lavoro diventa più specializzato e quindi più produttivo; 5. il controllo di processo produttivo può essere automatizzato e standardizzato e quindi risulta più efficiente. ECONOMIE DI SCALA DI LUNGO PERIODO 1. Dimensione Ottima Minima (DOM): è la dimensione ottimale minima, quella che segna l'inizio del tratto di curva parallelo; 2. Dimensione Efficiente Massima (DEM): rappresenta il punto a partire dal quale la curva ricomincia a risalire, cioè la dimensione oltre la quale non si è più efficienti da un punto di vista economico perché il costo medio unitario di produzione tende ad aumentare. 3. Allorché si abbia un unico punto di minimo del costo medio (e dunque una curva non a L ma a U) la dimensione ottima minima coinciderà con la dimensione efficiente massima (DOM = DEM). LA CAPACITÀ OTTIMA L‟individuazione della capacità produttiva più conveniente da dare all‟impianto è una scelta che dipende da: - dimensione e variabilità della domanda; - andamento delle economie di scala tecnologiche, in base alle quali si individua la DOM (dimensione ottima minima) dell‟impianto, cioè quella cui corrisponde il minimo costo medio unitario di lungo periodo.

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La tendenza dell'impresa a non andare oltre una determinata dimensione deriva da almeno due cause fondamentali: 1) il vincolo imposto dal mercato: l'impresa deve valutare il tasso di crescita della domanda; 2) il vincolo tecnico-economico che impone di non superare una certa soglia dimensionale (Es. assenza sul mercato di materiali necessari per la costruzione di impianti dalle dimensioni non standardizzate.) LE ECONOMIE DI SCALA DI GESTIONE Riduzione del costo medio di produzione complessivo (all'aumentare della produzione), che un‟impresa di grandi dimensioni può conseguire, in aggiunta alle economie di scala tecnologiche, quando: 1. ripartisce i compiti, meccanizza alcuni processi, suddivide le spese generali (economie di direzione) 2. compra e vende su vasta scala (economie nel marketing e negli approvv.) 3. acquista capitale a vasta scala (economie nella finanza) 4. svolge ricerche su vasta scala (economie nella R&S) IMPRESA MULTIPLANT Se le dimensioni ottime “di gestione” sono superiori alla dimensione ottima tecnologica, le imprese sono indotte a svolgere la propria attività con una capacità produttiva che consenta di sfruttare, oltre alle economie di scala tecnologiche, tutte le economie di gestione. Serve a sfruttare tutte le economie di scala relative alle varie attività dell'impresa ulteriori a quella tecnico produttiva (economia di scala gestionale, relativa alla ricerca, alla pubblicità, alla consegna dei prodotti, al magazzinaggio, ecc.) IMPRESA MULTIPLANT >> Più impianti di DOM IL RUOLO DELLA DOMANDA NELLA SCELTA DELLA CAPACITÀ PRODUTTIVA Variabilità della domanda

fluttuazioni di lungo periodo: identificano il trend che la domanda specifica di un'impresa assumerà nel lungo termine (può essere con un andamento crescente, decrescente o stazionario)

stagionali: (imprese come alberghi o produzione di gelati, produzione di panettoni, pandori, colombe): questo tipo di produzione è caratterizzato da un trend sinusoidale;

congiunturali: non ce ne occupiamo perché non possono essere previste. RIGIDITÀ DELLA CAPACITÀ PRODUTTIVA - VARIAZIONI DI LUNGO PERIODO PROBLEMA: adeguare la capacità produttiva alla domanda al tempo t0 o a quella del tempo t1? SOLUZIONE: predisporre alcune immobilizzazioni tecniche in relazione alle maggiori capacità (T1). Nel caso in cui la domanda sia crescente quale capacità produttiva dobbiamo scegliere? Bisogna valutare anche la vita utile dell'impianto: le imprese cercano di fare una mediazione cioè cercano di adottare alcune immobilizzazioni tecniche già predisposte per accogliere dei possibili aumenti della domanda. Le imprese si dotano di impianti aventi una capacità produttiva intermedia tra quella che soddisfa la domanda iniziale e quella che soddisferebbe una domanda aumentata, poi acquisiscono anche terreni e fanno interventi strutturali per potersi ampliare nel futuro nel caso di crescita della domanda. Se la nostra domanda ha una tendenza alla crescita = a 0 e noi dovessimo investire in un nuovo impianto di produttivo quale capacità produttiva dovremmo scegliere? Immaginiamo di poter vendere al massimo 1000 prodotti all'anno: l'impianto o la serie di impianti dovranno avere una capacità produttiva di 1000 prodotti in modo da saturare la capacità produttiva stessa. Se la domanda è in declino non è conveniente fare ulteriori investimenti nell'ampliamento della capacità produttiva. VARIAZIONI DI BREVE PERIODO (STAGIONALI)

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Ci sono processi produttivi che creano prodotti immagazzinabili e altri che creano prodotti non immagazzinabili (deperiscono dopo poco tempo). Il prodotto immagazzinabile può essere stoccato per poi essere venduto nei momenti in cui la domanda è crescente. La stoccabilità dell'output permette all'impresa di produrre a pieno regime in quanto si elasticizza attraverso la vendita delle scorte immagazzinate. I servizi ad esempio non sono stoccabili in quanto vengono erogati nel momento in cui sono richiesti. Nel caso invece di produzione di prodotti non immagazzinabili la capacità produttiva viene modulata sui picchi di domanda e riesce a raccoglierla in quegli specifici momenti. In questo caso l'impresa può adottare una serie di politiche di marketing finalizzate a rendere la domanda meno stagionale (sconti sul prezzo nei periodi dove essa è minore, particolari politiche di comunicazione per spingere al consumo di quel prodotto o servizio anche nei prodotti in cui esso è generalmente meno richiesto). LA STRUTTURA TECNICA DELL‟IMPIANTO L‟ELASTICITA‟ DELL‟IMPIANTO Il concetto di elasticità riguarda l'attitudine di un impianto o di un processo produttivo di variare la quantità prodotta senza dover sostenere particolari costi aggiuntivi. E' quindi la capacità dell'impresa di variare il mix produttivo senza particolari sacrifici economici. Un'elevata elasticità garantisce la possibilità di sottoutilizzo dell‟impianto, senza che il costo unitario del prodotto aumenti in misura tale da non essere più competitivo. Il problema è connesso con il rapporto tra i costi fissi ed i costi variabili. FLESSIBILITA‟ DELL‟IMPIANTO Facoltà dell‟impianto di essere utilizzato per ottenere prodotti differenti tra loro senza costi di trasformazione eccessivamente elevati ed incompatibili con la situazione economica e concorrenziale. La scelta del livello di flessibilità comporta una scelta tra: - > investimento iniziale, che consente di abbattere i costi di trasformazione; - < investimento iniziale, con eventuali elevati costi di trasformazione. Esistono tanti sistemi che consentono di variare i mix a costi contenuti: il concetto di intermittenza aiuta a garantire la flessibilità. Un impianto flessibile è più costoso ed avanzato, bisogna confrontare questo costo con quello di un impianto non flessibile che attraverso adattamenti consente di variare le componenti del prodotto. LA LOGISTICA Abbiamo due tipi di logistica: logistica in entrata e logistica in uscita. La logistica assomma le attività di trasporto e stoccaggio a monte ed a valle del processo produttivo. La logistica incorpora anche il sistema di ordini ed informazioni che supporta il processo produttivo e commerciale. Essa è complessa perché consta di tante fasi che devono essere coordinate tra di loro mediante la lettura di un insieme di informazioni riguardanti gli ordini che l'impresa emette verso i fornitori sia quelli che riceve dai clienti. Queste operazioni si basano ovviamente anche su una serie di informazioni sulla domanda del prodotto che l'impresa realizza.

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Logistica - DEFINIZIONE: insieme delle decisioni e delle attività, relative alla pianificazione, organizzazione, gestione e controllo di un sistema finalizzato ad ottimizzare l’efficienza e l’efficacia del flusso fisico dei materiali e dei prodotti (e delle relative informazioni), dai fornitori degli input del processo produttivo (materie prime, semilavorati, componenti, prodotti finiti) agli utilizzatori finali degli output. La logistica presuppone che debbano essere prese delle decisioni e che siano svolte operativamente delle attività. Essa riguarda una sequenza di operazioni finalizzate a garantire un flusso efficiente di input ed output. L'impresa vuole realizzare un prodotto conforme alla domanda del cliente e deve farglielo pervenire nei tempi e nei modi che egli desidera. Essa deve anche ordinare le quantità di input necessarie relativamente alla domanda e nei tempi che gli garantiscono di realizzare il prodotto in tempo per le aspettative del cliente. MISSIONE: la missione della logistica diventa quella di governare il complesso dei flussi fisici e informativi al fine di “assicurare il giusto tipo di materiale, nella giusta quantità, al giusto tempo, nel giusto luogo, secondo le esigenze della domanda”. Grafico 1 Quando si parla di logistica bisogna considerare anche la gestione delle informazioni. Si fa ovviamente riferimento anche ad un flusso fisico: esso può essere gestito efficacemente solo se l'impresa dispone e sa gestire una serie di informazioni rilevanti sulla domanda, sui bisogni, sui tempi di consegna ed altro. Essa è divisibile in: - Gestione dei flussi a monte del processo produttivo: si parla della logistica in entrata del processo produttivo, che mette l'impresa in contatto con il mondo dell'approvvigionamento; - Gestione dei flussi a valle del processo produttivo: si parla della logistica in uscita del processo produttivo, che mette l'impresa in contatto con il mondo del consumo, questa viene chiamata anche con il termine di distribuzione fisica. - La logistica di supporto alla produzione: fa riferimento agli spostamenti che possono avvenire durante la produzione. - Flusso delle scorte a valore aggiunto: in quanto già dal primo spostamento le materie prime subiscono un incremento di valore. - Flusso di informazioni sui fabbisogni: necessario come supporto della logistica. Sulla base di questi viene attivato l'intero processo. Grafico 2 Nella parte a sinistra c'è il flusso di informazioni mentre nelle parte destra il flusso fisico. LA LOGISTICA – flusso fisico e informativo La logistica riguarda la gestione di due flussi: - La logistica presidia le attività di trasporto e stoccaggio a monte ed a valle del processo produttivo >> FLUSSO FISICO - La logistica incorpora il sistema di ordini ed informazioni che supporta il processo produttivo e commerciale >> FLUSSO INFORMATIVO La logistica – Rapporti interni/esterni Adottando, una prospettiva basata sui flussi, si evidenzia l‟esistenza di una duplice dimensione logistica: - una prima dimensione riguarda la configurazione interna dei processi organizzativi dell‟impresa, con riferimento alle strutture, alle procedure, agli strumenti, alle gestione delle risorse umane aziendali; - una seconda dimensione, invece, riguarda gli aspetti di interfaccia con gli altri attori che si collocano a monte e a valle nell‟ambito del sistema del valore interaziendale. In questa prospettiva esterna-interorganizzativa, il sistema logistico dell‟impresa è inserito in un più ampio sistema logistico di canale, costituito dalle catene del valore dei propri fornitori e delle imprese collocate a valle.

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Il sistema logistico è l‟insieme di - infrastrutture e attrezzature; - persone; - politiche operative. L'insieme di questi elementi devono essere coordinati e integrati per governare il flusso dei beni (e quelli collegati, informativo e finanziario), dall‟acquisizione delle materie prime alla distribuzione dei prodotti finiti. Le decisioni riguardano: - Decisioni infrastrutturali - Decisioni di gestione dei flussi fisici e informativi - Scelte organizzative a) Le scelte infrastrutturali sono scelte che si pongono in un orizzonte di medio-lungo termine ed assumono una valenza strategica rilevante. Le scelte infrastrutturali di progettazione logistica riguardano, per esempio: • numero di livelli di rete distributiva >> grado di centralizzazione: si fa riferimento a quanti magazzini di prodotti finiti l'impresa può disporre. L'impresa può decidere di adottare un solo magazzino nazionale, oppure tanti livelli di magazzino organizzati regionalmente o localmente. Questa diventa una scelta di lungo periodo e per un'impresa il livello di centralizzazione è significativa e non modificabile nel breve periodo. Avere una rete di più magazzini è differente rispetto ad avere un unico magazzino nazionale (alto grado di centralizzazione) in quanto in quest'ultimo caso si possono sfruttare economie di scala in modo migliore e si devono sostenere minori costi di gestione ma dall'altra parte avere più magazzini diffusi in aree diverse può garantire una maggiore vicinanza dei prodotti alle aree dove è maggiore la domanda.; • numero e ubicazione di unità produttive, magazzini, depositi, centri di distribuzione (scelte di carattere organizzativo); • dimensione e lay out da assegnare a ciascuno di essi (il dimensionamento del magazzino deriva da una valutazione della dimensione ottima minima più efficiente); • la selezione del tipo di collegamenti da instaurarsi tra tutti i precedenti elementi (una volta effettuate le precedenti decisioni si decide qual è l'architettura dei passaggi). La rete di infrastrutture può essere considerata un insieme di punti nodali collegati da canali all'interno dei quali scorrono i flussi fisici e informativi. I punti nodali assolvono funzioni di: 1. Trasformazione (le unità produttive), cui corrispondono diverse esigenze di stoccaggio e movimentazione delle merci; 2. Stoccaggio e movimentazione (magazzini centrali, magazzini e depositi periferici); 3. Smistamento dei flussi: centri di distribuzione (magazzini di grandi dimensioni destinati ad inoltrare la merce verso il mercato di destinazione) o punti di transito (transit-point) (attraverso cui i prodotti finiti vengono imballati e indirizzati direttamente verso il loro mercato. Ciò avviene per esempio quando i prodotti non possono essere stoccati per troppo tempo per la loro natura intrinseca, come ad esempio gli alimenti o prodotti tecnologici ad elevata obsolescenza). b) Le scelte di gestione: scelte sui flussi informativi e procedurali perché la logistica sia sempre più "movimento" di informazioni, ancor prima e ancor più che beni fisici. Le principali scelte sono relative a: • pianificazione, rilevazione e controllo del livello di servizio logistico; • definizione e gestione del ciclo dell'ordine; • programmazione delle consegne e dei trasporti secondari; • politiche di gestione delle scorte prodotto finito; • programmazione e controllo della produzione; • politiche di gestione delle scorte dei semilavorati e in transito; • programmazione attività di ricezione e movimentazione materiali e componenti; • politiche di gestione delle scorte materiali e componenti; • politiche di approvvigionamento e di selezione e valutazione dei fornitori. c) Le scelte organizzative: come vengono organizzate le persone e le competenze nell'ambito dell'attività logistica.

Il primo modello vede un unico responsabile della logistica che coordina tutte e tre le aree.

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Nel secondo modello il responsabile si occupa solo di programmazione, produzione e distribuzione. Nel terzo modello il responsabile si occupa solo di programmazione, produzione e acquisti Nel quarto modello il responsabile si occupa solo di acquisti e distribuzione.

EVOLUZIONE DELLA LOGISTICA – PRIMA DEGLI ANNI „70 Lo spazio destinato alla logistica era scarso in quanto c'era un eccesso di domanda e perché i criteri guida erano basati su: - programmi rigidi (la domanda era quella e non cambiava da un punto di vista qualitativo e quantitativo in modo rilevante); - lento rinnovo della gamma dei prodotti (in quanto le imprese sono motivate ad innovare quando c'è una situazione di eccesso di offerta, una maggiore concorrenza, una domanda più sofisticata); - uso di scorte per fronteggiare gli errori, le anormalità e la variabilità di domanda (non c'era la necessità stringente di ridurre le scorte al minimo come avviene invece oggi); - lotti di produzione grandi (quantitativi di produzione molto grandi, al contrario di ciò che avviene oggi per poter soddisfare un domanda sempre più differenziata; in passato la domanda era infatti molto più indifferenziata). L‟enfasi è posta principalmente sulle operazioni di distribuzione fisica (dal magazzino di stabilimento al cliente) mediante opportuni interventi di razionalizzazione delle strutture, di ottimizzazione dei diversi segmenti del ciclo distributivo e revisione organizzativa. EVOLUZIONE DELLA LOGISTICA – DOPO GLI ANNI „70 La situazione è profondamente mutata nel corso degli anni ‟70 e ‟80, a causa: - la diminuzione del tasso di crescita della domanda (prima boom economico poi c'è una crisi strutturale dovuta anche al primo shock petrolifero oppure al fatto che molti bisogni erano già stati soddisfatti (automobili, elettrodomestici); - la crescita dei livelli medi di reddito (nonostante la crisi); - la nascita di esigenze di consumo assai differenziate (la domanda è sempre più differenziata a fronte di un'offerta in eccesso rispetto ad essa); - l’incremento del costo del lavoro (con conseguente corsa alla meccanizzazione); - il forte sviluppo delle tecnologie utilizzabili per innovare e migliorare i prodotti e cicli produttivi (si creano nuove tecnologie che rendono più fluidi i processi produttivi e che innovano maggiormente i cicli); - lo sviluppo dei principi e delle tecniche gestionali di derivazione nipponica denominate: “Lean Production” (Produzione snella): viene creata una fabbrica snella con una forte riduzione del magazzino, per eliminare un immobilizzazione eccessiva da sostenere a fronte di una domanda decrescente. L‟obbligo di assicurare alti livelli di qualità e di affidabilità dei prodotti, di garantirne una tempestiva consegna al cliente fa assumere alla logistica un ruolo nevralgico, sempre più importante. E' infatti grazie ad essa che si può garantire al cliente un buon livello di servizio, oltre che ridurre i costi di gestione. Alla Logistica è richiesto di: - mettere rapidamente in produzione e consegnare quanto richiesto; - adeguare la produzione alle richieste del mercato. Tutto ciò ha portato ad una tendenza dal punto di vista organizzativo: una tendenza alla maggiore integrazione tra il governo delle singole attività dei flussi fisici, deve essere concepita come un'attività unitaria dalla logistica in entrata alla logistica in uscita la gestione dei flussi deve avvenire in modo unitario. LOGISTICA INTEGRATA - Integrazione delle attività fisiche, gestionali e organizzative che governano il flusso fisico dei beni e necessarie informazioni dall‟acquisizione delle materie prime e dei materiali ausiliari fino alla consegna dei prodotti finiti ai clienti; - Integra la funzione logistica con altre funzioni aziendali; - Gestisce in maniera completa i materiali che vengono movimentati sia in entrata che in uscita nell‟azienda; - Agisce coordinando i piani di produzione con gli approvvigionamenti a monte e con la distribuzione a valle; - Coordina le altre funzioni aziendali con la funzione logistica aziendale per migliorare la prima e ridurre gli sprechi. ASPETTI STRATEGICI DELLA LOGISTICA - LOGISTICA E VANTAGGIO COMPETITIVO La logistica rappresenta un'attività della catena del valore ed è divenuta sempre più importante nel tempo nel determinare la creazione del valore. La logistica diventa quindi sempre più un‟importante fonte di vantaggio competitivo.

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Porter nel suo testo “Il vantaggio competitivo” ha illustrato l’importanza della logistica nella catena del valore di una generica azienda; è infatti grazie alla logistica che il prodotto viene reso disponibile nei tempi, nei luoghi e con le modalità richieste da cliente; la logistica, diventa, quindi una attività generatrice del valore. I DRIVER DEL VANTAGGIO COMPETITIVO CONNESSI ALLA LOGISTICA La riduzione dei costi è garantita da: - Rapporti con i fornitori routinizzati e di lungo periodo: migliori rispetto a molti rapporti frammentati con più fornitori (ricerca di economie di scala) - Meccanizzazione dei magazzini: a fronte di un innalzamento cospicuo del costo della manodopera è stato necessario meccanizzare la produzione; - Trasporti a pieno carico: il mezzo di trasporto viene il più possibile saturato al fine di ottenere un abbattimento del costo medio di trasporto; - Centralizzazione delle strutture distributive: riduzione del numero di magazzini con conseguenti maggiore sfruttamento delle economie di scala e riduzione dei costi medi. L‟innalzamento del livello di servizio è garantito da: - Flessibilità della fornitura: l'impresa riesce a garantire in modo migliore il soddisfacimento delle esigenze differenziate del cliente; - Allineamento con le politiche di marketing (CVP, ciclo di vita del prodotto) Nelle attività di produzione c'è sempre un trade off tra costo e qualità del prodotto. Tutti gli interventi di raffinazione logistica finalizzati al rendere meno costosa la distribuzione non hanno un impatto negativo sulla qualità. La logistica ha una funzione fondamentale nel raggiungimento del vantaggio competitivo sia per la riduzione dei costi sia per la differenziazione. Grafico driver del vantaggio competitivo curva costo servizio Due variabili: la qualità del servizio aumenta progressivamente ed i costi anche. Generalmente c'è correlazione tra costo e qualità del servizio. Immaginiamo che l'impresa adotti un nuova soluzione logistica caratterizzata dalla informatizzazione della gestione degli ordini: c'è uno spostamento della curva verso destra in quanto a parità di costi vi è un incremento della qualità del servizio o a parità della qualità del servizio i costi sono minori. Es. dal punto di vista della percezione del servizio offerto da un punto vendita esso è determinato dalla convenienza, dalla qualità dei prodotti e dalla presenza dei prodotti. Immaginiamo che l'impresa di grande distribuzione abbia adottato un'innovazione fondata su centralizzazione della gestione dei flussi e su accorpamento delle merci in un unico grande magazzino centralizzato che vengono poi consegnate ad una serie di punti vendita: i camion viaggiano a pieno carico ed in questo modo c'è un abbattimento dei costi ed una diminuzione dei rischi di rottura di stock (mancanza di prodotti negli scaffali). LA VALENZA COMPETITIVA DELLA LOGISTICA E I RISVOLTI NEI DRIVER DI VALORE Perché la logistica ha valenza competitiva? Agisce sul margine di profitto perché può portare ad un miglioramento del servizio e ad una diminuzione dei costi. Da un punto di vista finanziario l'impresa attraverso un miglioramento della logistica ottiene un miglioramento del capitale investito in quanto riduce il capitale circolante attraverso una riduzione delle scorte. Se l'impresa infatti è caratterizzata da flussi informativi non efficienti essa è obbligata a tenere più scorte per far fronte a qualsiasi evenienza. Un miglioramento della logistica garantisce anche una diminuzione delle immobilizzazioni ovvero del capitale fisso (automezzi che viaggiano a pieno carico, meno magazzini). Tutto ciò comporta effetti positivi sul valore per gli azionisti in quanto fa aumentare il margine produttivo e migliora la gestione finanziaria. LA GESTIONE DELLE SCORTE (vale per la logistica inbound e supporto produzione) Il termine scorte identifica tutti i materiali che in un determinato momento si trovano all'interno dell'impresa. Classificazione delle scorte:

in base alla forma dei materiali: scorte di materie prima, semilavorati e prodotti finiti;

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in base alla loro funzione specifica: di transito, di ciclo, di sicurezza, di disaccoppiamento (questa classificazione non prende in considerazione le cosiddette scorte speculative, che le imprese realizzano in periodi congiunturali particolari in cui le imprese accumulano quantità ingenti del prodotto nella previsione che vede il prezzo di quelli destinato ad aumentare nel tempo). Le scorte di transito si formano a seguito del naturale processo produttivo: vengono ad esempio messe a magazzino per poi essere inoltrate ad una successiva fase di lavorazione.

Le scorte di ciclo vengono generalmente utilizzate per far fronte al tempo di consegna del fornitore: dal momento in cui noi ordiniamo un prodotto al momento in cui lo riceviamo intercorre una quantità di tempo: le scorte sono proporzionali alla quantità di tempo che occorre al fornitore per consegnare il prodotto. Le scorte di sicurezza sono molto importanti in quanto generalmente le imprese nel momento in cui gestiscono il proprio magazzino prevedono un livello minimo di scorte al di sotto del quale non si deve scendere: la scorta di sicurezza è un campanello di allarme, non bisognerebbe mai scendere al di sotto del livello di sicurezza. Le scorte di disaccoppiamento vengono realizzate volutamente dall'impresa per poter rendere dipendenti due fasi di lavorazione: si creano delle scorte affinché possa procedere una lavorazione. Indice rotazione scorte: quantità consumata nel periodo/giacenza media del periodo. Indica il livello di funzionamento del magazzino, quanto si muove il capitale immobilizzato nel magazzino. La gestione delle scorte è un problema molto importante che tocca le fasi operative della logistica. Ci sono due criteri per gestire le scorte (sono due logiche completamente diverse):

STOCK CONTROL: modalità basata sul reintegro della scorta, l'impresa ha un magazzino e gestisce il magazzino valutando quanto deve ordinare al suo fornitore per poter far fronte ai suoi bisogni produttivi. Ci sono poi due sotto-metodi:

Metodo a quantità fissa: l'impresa reintegra sempre la stessa quantità, la dimensione del lotto rimane invariata ma cambia l'intervallo tra un ordine e l'altro. Problema: determinazione del lotto economico più conveniente, basata su calcoli che le permettono di mediare tra il costo del mantenimento delle scorte ed il costo dell'emissione degli ordini. Metodo a tempo fisso: controllo dello stock ed emissioni degli ordini a intervalli di tempo costanti (settimana, mese, ecc) e per quantità variabili. Controllo periodico del magazzino a cui seguono ordini variabili in termini quantitativi per raggiungere il livello ritenuto ottimale.

FLOW CONTROL: modalità basata sulla pianificazione dei fabbisogni, basata sulla gestione dei flussi finalizzata a ridurre completamente le scorte. Si realizzano piani di produzione sulla base dei quali si effettuano degli ordini e si ordina tanto input quanto l'impresa ne ha bisogno. L'impresa non ha magazzino e riceve una determinata quantità di input praticamente quotidianamente. (E' stato applicato ad esempio nelle imprese automobilistiche attraverso l'utilizzo accurato dei flussi informativi). Questo sistema ha il vantaggio di comportare miglioramenti finanziari in quanto il capitale non è immobilizzato in scorte tuttavia l'architettura della gestione delle informazioni deve essere perfetta.

Lead time: tempo di attraversamento, ovvero indica quanto impiega un prodotto per essere realizzato. Se il lead time è elevato l'impresa predilige assumere una logica stock control, se invece esso è molto basso è preferibile adottare il sistema flow control. Valore del materiale di impiego: se è alto è preferibile il flow control, contrariamente lo stock control. Natura della domanda: un materiale a domanda dipendente è strettamente correlato al ciclo di produzione ed è preferibile il flow control, un materiale a domanda indipendente non è strettamente correlato al ciclo di produzione ed è quindi preferibile lo stock control. Frequenza dei consumi: se un'impresa ha consumi con frequenza elevata conviene tenere un magazzino, quindi utilizzare lo stock control, se invece è bassa è meglio il flow control. Due esempi classici: Stock control: imprese della grande distribuzione: la frequenza dei consumi è molto elevata, la natura della domanda è indipendente, il valore del materiale è medio-basso, il lead time è abbastanza elevato. Flow control: un orafo ha una bassa frequenza di consumi, la natura della domanda è dipendente, il valore del materiale di impiego è alto ed il lead time è basso.

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Definizione di marketing

Il marketing è la funzione aziendale che consente di collegare, in termini economici e di scambio, i bisogni ed i desideri della società, come individui ed organizzazioni, al sistema produttivo aziendale. Esso svolge una funzione di collegamento tra l'impresa ed i consumatore o altre imprese. Esso rappresenta anche una funzione di interfaccia: è una funzione di confine in quanto orienta, attiva e coordina l'interscambio di informazioni e di beni e servizi tra l'impresa ed i mercati di sbocco, ossia gestisce i flussi che passano attraverso i confini dell'impresa.

SISTEMA DI MARKETING

Sistema formato da due classi di soggetti:

insieme dei venditori: le imprese che realizzano un prodotto o un servizio;

insieme degli acquirenti: a cui le imprese vogliono proporre prodotto o servizio.

Tra questi due ci sono scambi di natura economica: flusso di beni in cambio di flusso di denaro. Questo scambio necessita anche di un flusso intangibile di informazioni e di comunicazione che supportano l'intero processo.

Comunicazone: al consumatore sulla natura dei prodotti e dei servizi.

Informazioni: bisogni dei consumatori espressi da essi alle imprese.

RUOLO DEL MARKETING.

Mette in relazione la catena del valore dell'impresa con le catene del valore dei clienti e acquirenti: e l'acquirente è un'impresa risulta facile capirlo, tuttavia anche il consumatore ha una catena del valore in quanto ciascuno di noi acquista input dalle imprese per poter creare la propria funzione di produzione.

Il marketing costruisce insieme ai servizi post vendita la relazione con il consumatore.

RELAZIONI CON ALTRE FUNZIONI

Funzione aperta, senza confini specifici, che si relaziona con continui scambi di informazioni, con altre funzioni aziendali della catena del valore:

ricerca e sviluppo: il marketing può capire le evoluzioni della domanda e chiedere alla ricerca e sviluppo di risolvere il problema, oppure la ricerca e sviluppo crea un nuovo prodotto e chiede al marketing di testarlo sui consumatori;

produzione: può chiedere al marketing di verificare l'attrattività di un prodotto sul mercato, il marketing può dare informazioni utili per stilare il piano di produzione relativamente all'evoluzione della domanda;

logistica ed approvvigionamenti: se il marketing fa aumentare la domanda la logistica deve attivarsi per affrontare questa crescita della domanda;

finanza: si propone di valutare la bontà degli investimenti effettuati per decisione del marketing.

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Il marketing ha una funzione di fondamentale importanza: la creazione di differenziazione e di vantaggio di costo (politiche promozionali che riducano il volume del magazzino, scelta dei canali di distribuzione). Il suo ruolo principale è di promozione e pubblicità, di gestione del brand, ovvero la marca dell‟impresa e crea un impianto assai positivo in termini di differenziazione, orientato a creare un maggiore valore per il cliente, una differenziazione.

Per quanto riguarda il vantaggio di costo: politiche di prezzo, incide sulla gestione scorte e del magazzino, sulla scelta dei canali di distribuzione (alcuni più costosi degli altri), orientati all‟abbattimento dei costi medi.

Al concetto di marketing si legano questi concetti:

la nozione di bisogno : il marketing deve individuare il bisogno degli acquirenti per creare un'offerta adeguata alle richieste ed alle necessità latenti o manifestate dei clienti;

la nozione di prodotto: definibile come un paniere di attributi: il prodotto non viene visto come un aggregato tecnico ma come un insieme di elementi finalizzati a soddisfare ciascuno dei bisogni diversi (ad es. nelle automobili: alcuni tendono ad enfatizzare la moda, altri il vantaggio energetico, attraverso la diversa combinazione degli attributi, pur essendo sempre un automobili, insieme di caratteristiche in grado di soddisfare le esigenze della domanda.;

la nozione di scambio: è la principale funzione del marketing;

la nozione di mercato di sbocco (i potenziali acquirenti): il marketing studia l'insieme degli acquirenti.

Campi di azione

Marketing dei beni e dei servizi di consumo (B2C: business to consumer): i destinatari sono i consumatori.

Marketing industriale (B2B: business to business): i destinatari sono altre imprese (della grande distribuzione: trade-marketing, alberghi).

Un'impresa può anche scegliere di applicare tutti e due questi tipi di marketing (impresa produttrice di pasta può destinare i suoi prodotti sia al consumatore che alla grande distribuzione).

Il Concetto di Cliente

Il cliente individuale: persona (B2C): sottile differenza all‟interno: acquirente (processo d‟acquisto: sceglie, compra, ma non è detto che sia utilizzatore e pagante). Importante capire i bisogni degli utilizzatori. Es giocattoli.

Il cliente industriale: imprese ((B2B): acquirente (processo di scelta, acquisto), utilizzatore e decisore è l‟amministratore delegato dell‟impresa

Noi: ci occupiamo di B2C, non di B2B.

Marketing Analitico-Strategico e Operativo

2 macro aree, macro ambiti di responsabilità

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Marketing Analitico-Strategico: marketing focalizzato allo studio, all‟analisi dei bisogni dei consumatori, del mercato, di attrattività del mercato, alla competitività dell’impresa con i suoi rivali più diretti, scelta di una strategia di sviluppo.

Attività simili al processo di definizione della strategia, ruolo di informazioni utili ai fini della formulazione della strategia da parte di chi governa l‟impresa.

Marketing operativo: funzionale a creare le operazioni dello scambio: prodotto: in termini di panieri di attributi, distribuzione (scelta dei distributori), prezzo, comunicazione (pubblicità), budget di marketing.

Sulla base dei bisogni, l‟impresa cerca di dare una risposta chiara.

Prime 4: Leve del Marketing Mix: le 4 p del marketing (product, place, price, promotion), sulla base di esse si crea il budget di marketing.

Evoluzione dell‟attività di Marketing.

Prima fase di marketing passivo (orientamento al prodotto)

(orientamento alla vendita)

(orientamento al cliente)

Oggi: sempre più finalizzata allo studio dei bisogni dei consumatori.

Prima fase: all‟inizio del secolo, nel primissimo dopo guerra, con scarsità dell‟offerta, innovazione tecnologia debole e bisogni conosciuti e stabili nel tempo. Orientato alla produzione: impianti di grandi dimensioni per ottener economie di scale. Attenzione al costo, risparmio, convenienza. Prodotto standardizzato (bisogni stabili e conosciuti dall‟imprese).

Sforzi del management orientati alla produzione standard, al fine di creare processi efficienti e grandi scale di produzione, al fine di ottenere economie di scala.

Si sviluppa spontaneamente, in quanto i bisogni sono già conosciuti. Il problema è quello di raggiungere la domanda e l‟esigenza è di organizzare commercialmente la distribuzione di tali beni (non molto evoluta). Vi è la necessità di strutturare ed organizzare bene le reti di distribuzione.

Marketing operativo = commercializzazione.

Seconda fase: a seguito di forte aumento della domanda (anni „50, „60) aumento redditi e dell‟allargamento geografico dei mercati (le imprese si strutturano come multinazionali), soprattutto per i beni di largo consumo. Vi è anche un conseguente aumento della concorrenza a livello internazionale.

Si assiste allo sviluppo della marca, i prodotti vengono sempre più identificati con un brand riconducibile ad una determinata impresa. Brand: differenziazione, valore prodotto, fidelizza la clientela.

Si ha un intenso processo di modernizzazione del commercio, una vera e propria rivoluzione commerciale: compaiono nuove forme distributive con punti vendita di dimensione maggiore e che consentono di assorbire una maggiore quantità di prodotti, che si sviluppano a catena e, nell‟ambito del punto vendita, la tecnica è basata sul libero servizio. Le imprese di produzione di beni di largo consumo, destinati al consumatore, si trovano a fronteggiare con nuovi soggetti: i grandi distributori, con un proprio potere contrattuale tanto elevato quanto maggiore è la concentrazione.

L‟obbiettivo di queste imprese è quello di creare un‟organizzazione efficiente dei punti di vendita, di organizzarsi dal punto di vista distributivo: la segmentazione è scarsa, lo studio dei bisogni specifici è scarso ed i bisogni sono abbastanza stabili.

L‟ottica della vendita: essa è orientata a vendere il più possibile il proprio prodotto, soprattutto nei confronti del consumatore finale, nascono sempre più spesso campagne pubblicitarie persuasive, l‟offerta stimola fortemente la

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domanda di consumi con una politica di marketing molto aggressiva. Due aspetti significativi legati all‟organizzazione della rete di vendita (commercializzazione) e la comunicazione (pubblicità persuasiva).

Nella terza fase: marketing con un ottica più strategica ed analitica, orientata ad una maggiore saturazione della domanda. I mercati diventano maturi: la crescita della domanda è più lenta e minore. Vi è una progressiva saturazione dei bisogni del mercato. Vi è la ricerca di segmenti particolari a cui rivolgere offerte specifiche, maggiore introduzione delle conoscenze tecnologiche con effetti sulla gestione aziendale e sulla gestione del ciclo di vita dei prodotti, che si accorcia sempre di più. Domanda matura a cui si applica tecnologia per migliorare prodotti e per soddisfare nuovi bisogni. Prodotti con vita utile sempre più bassa si riduce fortemente la vita tecnologica dei prodotti. Progressiva globalizzazione dei mercati: il mondo viene ad essere considerato un unico mercato: le imprese tendono a rivolgersi al mondo come se fosse un unico bacino di consumatori. La tensione alla concorrenza è sempre maggiore ed aumenta la propensione alla globalizzazione delle imprese. Mutamento dei quadri interni nazionali del mercato: ambiente maggiormente complesso. Maggiore focalizzazione sul marketing analitico-strategico: non è infatti più sufficiente organizzare la commercializzazione dei prodotti ed effettuare una persuasione sui consumatori. Bisogna trovare nuovi prodotti e differenziare la produzione per creare offerte più personalizzate e più specifiche.

Es. tante tipologie di shampoo, per simulare la domanda, per soddisfare meglio la domanda.

Maggiore tensione all‟innovazione dei prodotti, per differenziarsi dalla concorrenza, per creare nuovi prodotti servizi per soddisfare la differenziazione della domanda. Il marketing assume un‟ottica maggiormente strategica.

Evoluzione del processo di marketing segue due variabili: intensità della concorrenza e grado di maturità del mercato.

Nella prima fase: domanda > offerta e concorrenza limitata: marketing passivo.

Domanda = offerta Marketing Operativo: orientamento alla vendita, persuasione, pubblicità, nascita del consumismo.

Domanda < offerta Marketing Analitico-Strategico: orientamento al cliente, per soddisfare domanda, diversi bisogni specifici.

MARKETING PASSIVO

Condizioni:

scarsità di offerta;

bisogni conosciuti, stabili nel tempo;

ritmo di innovazione tecnologica debole;

caratteristiche:

ottica di produzione;

marketing strategico si sviluppa spontaneamente;

marketing operativo = organizzazione commerciale

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MARKETING DI ORGANIZZAZIONE:

condizioni:

forti aumenti della domanda (aumento del consumo dei beni di largo consumo anni '50 dovuto all'aumento dei redditi);

allargamento geografico dei mercati: le imprese si strutturano come multinazionali;

sviluppo generalizzato dei prodotti di marca: identificati con il brand, è un passo importante, in esso risiede una parte di differenziazione, comunica, fidelizza la clientela;

comparsa di nuove forme distributive: dopo la seconda guerra mondiale: processo di modernizzazione del commercio, “rivoluzione commerciale” con la creazione di nuove forme distributive con punti vendita con superfici quadrate più ampie con più beni per ogni punto vendita.

Caratteristiche

obiettivo: creare organizzazione commerciale efficiente facendo trovare la merce in più punti vendita possibile organizzandosi dal punto di vista della distribuzione;

segmentazione scarsa;

ottica di vendita (hard selling): in questo momento di grande sviluppo le imprese mirano a vendere più prodotto possibile, si creano le prime campagne pubblicitarie per cercare di vendere più prodotti possibili;

rischio di marketing manipolatorio: rischio di marketing troppo aggressivo nei confronti dei consumatori.

MARKETING ATTIVO:

condizioni:

maturità dei mercati e progressiva saturazione dei bisogni del nucleo centrale del mercato;

diffusione e penetrazione del progresso tecnologico: i prodotti vengono sostituiti sempre più velocemente dai consumatori in quanto la domanda è sempre più sofisticata e la tecnologia avanza sempre più velocemente (riduzione della vita tecnologica dei prodotti);

progressiva globalizzazione dei mercati: il mondo è considerato ormai un solo mercato soprattutto dal punto di vista del mercato di sbocco. Ciò comporta una tensione della concorrenza tra imprese appartenenti a nazioni differenti e l'ambiente competitivo è sempre più complesso;

caratteristiche:

maggiore focalizzazione sul marketing analitico-strategico: non è più sufficiente solo organizzare un marketing di persuasione sui consumatori, il ruolo del marketing diviene più complesso e le imprese cercano di analizzare quei bisogni particolari che i consumatori esprimono o cercare i bisogni latenti che non sono ancora stati soddisfatti.

- scoprire le diversità (spinta alla segmentazione)

- orientamento all'innovazione (per differenziare il prodotto delle altre)

N.B. la segmentazione è diversa dalla differenziazione, la prima si riferisce alla domanda mentre la seconda all'offerta.

FASI DELLA MICROSEGMENTAZIONE

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ANALISI DELLA SEGMENTAZIONE: il settore non è omogeneo ed occorre quindi suddividere l'ASA in segmenti più omogenei in base alla diversità dei bisogni (clienti che ricercano lo stesso paniere di attributi). L'impresa deve individuare i segmenti.

SCELTA DEI SEGMENTI – TARGET: selezionare uno o più segmenti- target, da avvicinare con un prodotto ed un programma di vendita adatti. L'impresa non può seguire tutti i segmenti ma deve sceglierne alcuni sulla base del principio di maggiore attrattività;

SCELTA DI UN POSIZIONAMENTO: in ognuno dei segmenti-bersaglio (quelli scelti dall'impresa), posizionarsi in rapporto alle attese degli acquirenti ed alle posizioni occupate dalla concorrenza. L'impresa deve cercare di realizzare qualcosa di diverso o in modo migliore rispetto ai concorrenti;

PROGRAMMA DI MARKETING MIRATO: sviluppo di un programma adattato di prodotto, prezzo, distribuzione e comunicazione.

METODI DI MICROSEGMENTAZIONE

SEGMENTAZIONE SOCIO-DEMOGRAFICA O DESCRITTIVA

Presupposto: è data dalla diversità dei profili socio-demografici che scaturisce la diversità dei vantaggi che i consumatori cercano nel prodotto. È necessario individuare i diversi segmenti sulla base delle loro caratteristiche socio-demografiche (sesso, età, reddito, professioni, livello istuzione). Anche caratteristiche socio-culturali differenti portano a creare bisogni differenti. Una volta individuate persone con stesse caratteristiche, probabilmente avranno esigenze simili e stessi bisogni. Sono le caratteristiche delle persone a dare origine ai bisogni.

Questo è il criterio di segmentazione più utilizzato.

Es. invecchiamento popolazione: nuove classi di consumatori per l‟imprese (macchine per persone anziane, estensione dei mutui).

Variabili di segmentazione: le variabili più utilizzate sono la collocazione geografica, il sesso, l'età, il reddito il livello di istruzione e le classi socio professionali.

SEGMENTAZIONE IN BASE AI VANTAGGI PERSEGUITI

Presupposto: il valore o il vantaggio perseguito in un prodotto è il fattore esplicativo da individuare. Due persone con profili socio-demografici identici possono avere sistemi di valori anche molto diversi tra loro.

Hp: tanti vantaggi possibili associati alle tipologie di shampoo, individuate sulla base dei risultati ricercati. Non sono le variabili socio-culturali a determinare il segmento, ma i risultati cercati.

Si cercano gli attributi che il prodotto può avere e si individuano i possibili segmenti. Esempio: shampoo che rende i capelli morbidi, specifico per i capelli ricci, i capelli secchi, i capelli crespi, o sgrassanti per i capelli grassi. Altro esempio: dentifricio per alito fresco, protezione gengive, contro carie, gusto gradevole.

Variabili di segmentazione: il modello comportamentale è il modello “del paniere di attributi”.

Vantaggio del metodo: questo tipo di segmentazione si concentra sulle differenze tra i sistemi di valore degli acquirenti.

Svantaggio del metodo: identificazione degli attributi da privilegiare.

SEGMENTAZIONE COMPORTAMENTALE

E‟ un metodo descrittivo ed ex-post: descrive la realtà, ma la si può valutare solo ex-post, sulla base del comportamento, influenzato da diverse variabili, che non interessano all‟impresa, solo il comportamento

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interessa. Realizzati sulla base di una stima di bisogni omogenei basati a loro volta sulle caratteristiche di natura socio-demografica. I clienti sono raggruppati in alcuni segmenti in base al comportamento d‟acquisto. Non tutti i consumatori presentano lo stesso comportamento d‟acquisto: consumatori occasionali, fedeli, spese piccole giornaliere, spese grandi con minore frequenza e quindi carrello enorme.

Sottrazione concorrenza telefonica: nuove offerte..

I clienti sono raggruppati in segmenti sulla base del loro attuale comportamento di acquisto nel mercato (tasso di utilizzazione del prodotto, fedeltà del cliente, cliente effettivo, al primo acquisto, regolare, occasionale, cliente potenziale). Le informazioni utilizzate provengono dal sistema informativo interno dell'impresa.

Il Customer Relationship Managment (CRM) è un out- growth della segmentazione comportamentale. ;

SEGMENTAZIONE SOCIO-CULTURALE O PER STILI DI VITA

Presupposto: individui molto diversi in termini socio-demografici possono avere comportamenti molto simili e al contrario individui simili comportamenti diversissimi.

Esempio: motociclistici: passione simile, surfisti: stile di vita simile.

Variabili di segmentazione: Informazione sui valori, interessi opinioni.

LE 4 P DI MARKETING.

Il marketing operativo si basa su leve destinate ad agevolare lo scambio del prodotto sul mercato. Il Prodotto come paniere di attributi.

Dobbiamo analizzare il prodotto come un insieme di vantaggi e di servizi diversi.

A seconda dei vantaggi l‟impresa può trovare importanti leve per differenziarsi dalla concorrenza.

Es. in un centro urbano il vantaggio è muoversi su 2 ruote. Prodotto: vantaggio di base.

Vantaggio di base o generico offerto.

Le modalità di produzione del servizio di base e i servizi che accompagnano di norma il servizio di base: design, velocità, consumi; variabili che condizionano la scelte.

Servizi supplementari aggiuntivi: creano elementi in più: servizi assistenza post-vendite, consegna puntuale.

Al vantaggio di base possono associarsi vantaggi differenziati e aggiuntivi che generano diversi segmenti.

Il prodotto come paniere d‟attributi: il prodotto, come leve di marketing, deve essere concepito come una serie di caratteristiche per soddisfare determinati bisogni.

Figura classica: servizi base, necessari, e aggiuntivi: leve di differenziazione fondamentali per il prodotto.

Seguente classificazione:

• Prodotti ad acquisto corrente: processo d‟acquisto è semplice; l‟acquirente non si basa sul confronto con altre tipologie di offerta, ma sull‟esperienza precedente. Se non lo trova è disposto a comprarne un altro con caratteristiche analoghe (marca diversa). Il processo d‟acquisto è frutto di un processo decisionale semplice: prodotti di prima necessità (alimentari, detersivi), prodotti d‟impulso: frutto di un impulso d‟acquisto, non vi è un processo decisionale alla base della scelta (caramelle, cioccolatini, gelati), collocati presso la cassa dei supermercati, dei bar, acquisiti sulla base della loro vista, nel momento in cui vengono esposti; impulso ad acquistarli e prodotti d‟urgenza: acquisiti perché si manifesta una

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necessità impellente (ombrelli quando piove, cerotti acquisiti sulla base di una necessita improvvisa: non hanno bisogno di un processo decisionale). Questo aspetto, circa il tempo decisionale, inciderà sulle scelta. Non c‟è bisogno di consulenze.

• Prodotti ad acquisto ragionato: frutto di un processo decisionale più complesso, di comparazione tra marche diverse, tipologie di prodotti diversi, per acquistare prodotti si confrontano, nella stessa tipologia, prodotti offerti da distributori diversi. Es. nel caso d‟acquisto di un elettrodomestico o ancora di più di un‟automobile. Il prezzo ed il valore sono maggiori nella sfera personale del potenziale acquirente e per questo viene operata una comparazione tra diverse scelte.

• Prodotti esclusivi: processo decisionale semplice: prodotti esclusivi di cui ho già l‟idea precisa (bulgari, rolex), identificazione di una marca precisa, senza comparazione, in quanto non esistono prodotti analoghi.

• Prodotti non ricercati: non conosciuti fino a quando nessuno ce li propone, sollecitazione della domanda, sulla base della quale viene effettuato l‟acquisto (es telefonate promozionali a casa)

Ogni prodotto richiede una propria tipologia di distribuzione.

I primi ovunque, i secondi hanno forme distributive maggiormente ricercate, i terzi hanno propri canali di distribuzione, i quarti: diretta, personale, la domanda deve essere sollecitata: contatto personale importante per maturare decisione d‟acquisto.

Prodotto come paniere d‟attributi, diverse tipologie e diverse distribuzioni.

PLACE: dove il prodotto può essere trovato, distribuito.

Bisogna focalizzarsi sulle principali scelte. Scelta di natura organizzativa: il modo in cui vengono ordinate le risorse.

Perché esiste la distribuzione e qual è il suo ruolo.

E‟ naturale lo scambio tra chi produce e chi consuma. In realtà tale avvicinamento può avvenire in modo diretto solo in determinati contesti “arcaici” dove vi è contiguità dal punto di vista fisico: artigiano, produttore agricolo che produce e vende direttamente al mercato locale. La progressiva industrializzazione con imprese più grandi, rende non più possibile vendere direttamente e vi è quindi la necessità di un intermediario commerciale: in grado di organizzare in maniera efficiente ed efficacie lo scambio tra chi produce e chi consuma. Questo incontro è realizzato attraverso l‟offerta da parte del distributore di una serie di servizi: offrire un prodotto realizzato in un punto fisico, dove esiste la domanda. Luogo logistico fondamentale: contribuisce a gestire il flusso fisico informativo tra chi produce e chi consuma e viceversa. La distribuzione crea un valore aggiuntivo al prodotto, attraverso i servizi offerti dal distributore, si chiama margine di distribuzione e serve a coprire i suoi costi ed a remunerare le sua attività.

Utilità di stato: frammentazione (forme di formaggio, non vendute intere), servizio di packaging (confezioni di diversi prodotti), assortimento (mix di prodotti: prodotti diversi, complementari, venduti nello stesso punto vendita).

Utilità di luogo: contribuisce a realizzare servizi di trasporto dei prodotti per avvicinarsi alla domanda.

Utilità di tempo: tra il momento in cui il prodotto viene realizzato e consumato intercorre un certo tempo: servizi di stoccaggio (es frigo) e di conservazione, che consentono il consumo in un momento successivo alla sua realizzazione.

La distribuzione ha un ruolo economico importante: demoltiplicazione dei contatti attraverso lo scambio centralizzato: ruolo facilitatore nel campo degli scambi economici. Nel mondo arcaico ogni impresa vendeva al proprio consumatore con una distribuzione senza intermediari: ogni produttore aveva cinque contatti per raggiungere mondo dei consumatori. Numero di contatti: numero dei consumatori per numero dei produttori: n x p. domanda più ampia e più dispersa all‟aumentare consumatori.

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Con distributore invece: 3 produttori, 1 distributore, 5 consumatori, il numero di flussi e di contatti è uguale alla somma dei produttori rispetto ai consumatori: è un numero inferiore, che semplifica gli scambi nel momento in cui si ha l‟industrializzazione delle imprese.

Decisioni del canale distributivo:

Riguardano alcuni aspetti particolari:

• determinare struttura canale distributivo: livelli tra chi produce e consumatore, passaggi necessari per arrivare al consumatore;

• decidere il numero di intermediari: ad ogni livello a quanti intermediari affido il mio prodotto.

Esistono diverse tipologie di intermediari:

Grossisti: distributori che rivendono prodotti o servizi ad altre imprese: altri distributori, imprese di produzione, partite iva, dettaglianti (chi vende prodotti o servizi al consumatore finale, ai privati cittadini).

Ci sono due settori diversi: dettaglianti indipendenti e dettaglianti che fanno parte di catene di distribuzione più grandi (grandi magazzini) come ad esempio la distribuzione integrata (zara, coop, conad, dico) , negozi in franchising (intimissimi, calzedonia), indipendenti dal punto di vista giuridico, non dai punti di vista funzionale, organizzativo e gestionale.

Agenti e intermediari: i grossisti ed i dettaglianti acquistano e rivendono e si assumono il rischio commerciale, mentre gli agenti intermediari hanno il ruolo di agevolare lo scambio, non assumendosi il rischio dell‟operazione (agenti dei grossisti, pagati a provvigione, ovvero in base alle vendite conseguite), intermediazione tra import ed export: servizio complesso, organizzano trasporto per agevolare scambio commerciale. Società di servizi: servizi import-export.

Disegno: struttura verticale: produttore e mondo del consumo.

Canale Diretto: direttamente dal produttore al consumatore: P > C, per alcune tipologie particolari di prodotti, anche grazie a internet è stato agevolato questo tipo di canale.

Canale Indiretto: tra mondo produzione e del consumo abbiamo intermediari, ma abbiamo due casi diversi:

- lungo: tra produttore e consumatore vi è una serie di stadi, passaggi, maggiori: P > G > D > C

- breve: P > D > C: abbiamo un solo intermediario di tipo commerciale, a differenza del precedente: più livelli, più grossisti. Tipico dei beni di tipo convenience.

Es. porto di Genova: rifornito da diversi grossisti: i provveditori di bordo sono grossisti dei grossisti.

Spesso le scelte delle imprese sono multi-canale: scelgono contemporaneamente diversi canali distribuzione per soddisfare meglio la domanda ed arrivare meglio ai consumatori (sia nei grandi supermercati: breve, sia nei negozi del vicinato: lungo).

Dal punto di vista economico: aumento passaggi = aumento costi: ogni intermediario ha infatti un proprio margine di contribuzione. Maggiore è inoltre la lunghezza del canale e maggiore è la riduzione del flusso informativo di ritorno, non vi è un rapporto diretto ed è maggiore la dispersione di informazioni.

Le politiche di copertura del mercato riguardano la decisione del numero di intermediari a cui affidare il proprio prodotto: si può optare per una copertura massima, ovvero rendere il proprio prodotto assolutamente disponibile, oppure selezionare e ridurre la distribuzione.

Variano sulla base della tipologia del prodotto.

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Intensiva: aumentare copertura del mercato con l‟aumento degli intermediari, far si che il prodotto sia il più possibile sotto gli occhi del consumatore, in tutti i punti distributivi. Beni di largo consumo, ovvero di tipo convenience, non richiedono processo decisionale o assistenza particolari.

Selettiva: il numero di distributori è più selezionato e ridotto. Il prodotto non lo trovo ovunque: solo in determinati punti vendite con determinate caratteristiche qualitative. In questo caso vi è corrispondenza con prodotti ad acquisto ragionato.

Esclusiva: scelta di distributori selezionati e coerenti alla scelte di differenziazione. In corrispondenza con prodotti esclusivi: Rolex. Punti di vendita monomarca: Louis Vuitton.

Franchising: particolare tipologia d‟accordo tra due soggetti: franchison colui che affilia ed il franchisee l‟affiliato. L‟impresa di distribuzione vuole arrivare sul mercato tramite gli stessi negozi, ai quali danno direttive precise sulla gestione dei punti vendita, indipendenti, ma non dal punto di vista gestionale, organizzativo e dei prodotti. Non vi è la possibilità di inserire prodotti diversi da quelli indicati dal franchison.

Politiche di comunicazione nei confronti distributori.

Impresa che vende il proprio bene: prima al distributore, poi al consumatore-distributore può scegliere quali prodotti vendere. Due tipologie di politiche: push e pull.

Push: si spingono gli intermediari a introdurre nel proprio assortimento il nostro prodotto: convincimento dell‟intermediario attraverso l‟utilizzo della propria forza di vendita.

Pull: mercato primario domanda finale, stimoliamo la domanda finale attraverso pubblicità e comunicazione, ad esempio tramite prodotti omaggio, affinchè tale richiesta da parte dei consumatori stimoli i distributori a inserire il prodotto nel loro assortimento.

Mista: entrambi.

PRICE

Nell‟ambito delle politiche di marketing, abbiamo l‟obbiettivo di scegliere il prezzo del prodotto. Decisioni di prezzo incidono su importanti fattori:

• Determina il livello della domanda: nel caso in cui vi è una forte elasticità della domanda al prezzo, diminuire del 10% il prezzo può far aumentare del 30% la domanda.

• Ha un impatto diretto sui profitti e indiretto sulla copertura dei costi fissi: contribuisce a determinare la quantità.

• Contribuisce a posizionare la marca: è indicatore del valore in quanto, un prezzo alto, garantisce un margine maggiore ed evidenzia il valore del prodotto e dell‟impresa.

• L‟elevata visibilità dei prezzi facilita i paragoni dei prezzi tra i concorrenti

• Deve essere compatibile con le altre componenti del marketing: in una distribuzione intensiva una politica di prezzo elevato non è conveniente, in una politica selettiva, invece, con un prezzo troppo basso si segnala il valore limitato del prodotto.

Diverse variabili concorrono alla decisione del prezzo:

i costi: i prezzi devono consentire copertura dei costi.

• Prezzo base: il prezzo minimo corrispondente ai costi variabili, diretti. Il P = CVunitari è il prezzo limite al di sotto del quale non possiamo andare. In caso di eccesso d‟offerta rispetto alla domanda è necessario abbassare il prezzo, senza andare sotto tale livello, in quanto si verificherebbe una perdita di reddittività

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• Prezzo tecnico: corrisponde al prezzo in cui sono coperti costi fissi e costi variabili diretti, dato il volume delle vendite. P = CVunitari + CF medi attesi, dividi per la quantità attesa delle vendite.

• Prezzo target: tecnico più necessario un profitto sufficiente: una percentuale.

Primo criterio di definire prezzo: valutare rapporto con i costi.

Prezzo confrontato con la concorrenza.

Prima problematica: rapporto con la domanda. E‟ necessario valutare se la domanda è in grado di reagire positivamente o negativamente alle sue variazioni.

Come il prezzo può incedere sull‟elasticità.

Elasticità: rapporto tra due variazioni: variazione percentuale della quantità venduta (delta x) e percentuale della variazione del prezzo (delta prezzo fratto x).

Rapporto misurato in valore assoluto perché esso è negativo, poiché generalmente all‟aumentare del prezzo si ha una diminuzione percentuale della domanda e quindi della quantità venduta.

Fattori della sensibilità al prezzo:

- se il prodotto ha una qualità distintiva particolare la domanda sarà più rigida;

- ignoranza (non conoscenza) di prodotti sostitutivi;

- spesa è una piccola parte del reddito: in caso di un acquisto costoso la sensibilità al prezzo aumenta, diversamente dall‟acquisto di un bene poco costoso;

- Il prodotto è un complemento di un prodotto già acquistato: siamo meno sensibili al suo prezzo (es. custodia del pc);

- Il prodotto gode di fama, prestigio ed immagine: in questo caso si è meno sensibili al suo prezzo;

- Il prodotto non può essere conservato in grandi quantità: siamo più sensibili al prezzo

IL PRODOTTO COME PANIERE DI ATTRIBUTI

• IL SERVIZIO DI BASE: il vantaggio di base o generico offerto;

• I SERVIZI SUPPLEMENTARI NECESSARI: le modalità di produzione del servizio di base e i servizi che accompagnano di norma il servizio di base;

• I SERVIZI SUPPLEMENTARI AGGIUNTI: i servizi che costituiscono vantaggi non legati al servizio di base, offerti in più.

Prodotto: paniere di attributi. Il valore percepito del prodotto dipende dal valore che si dà ad ogni attributo. Si da una valutazione complessiva del prodotto scomposto in più attributi (velocità, peso, design): quanto vale questo tipo di prodotto?

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Se noto che il prodotto è apprezzato per la sua leggerezza, posso prendere un prezzo superiore.

Media ponderata.

Prezzo e concorrenza.

Dobbiamo tenere in considerazione: costi, elasticità domanda e valore percepito. L‟impresa deve anche scontrarsi con la concorrenza (da concorrenza perfetta al monopolio)

Matrice a due dimensioni: livello concorrenza e valore percepito.

PREZZO CORRISPONDENTE AL VALORE PERCEPITO

Il valore percepito dipende dalle valutazioni che si danno ad ogni singolo attributo, si dà poi una valutazione complessiva del prodotto scomposta per ogni singolo attributo.

L'impresa è price maker quando il livello di concorrenza è basso e quando il valore percepito è alto (monopolio, oligopolio).

L'impresa è price taker quando il livello di concorrenza è alto e quando il valore percepito è basso (tante imprese in contesto di concorrenza perfetta). Il prezzo viene deciso automaticamente dal mercato.

Prezzo e nuovi prodotti

L‟impresa può decidere di adottare due politiche di prezzo:

Politica di penetrazione (bassi prezzi): l'impresa sceglie di introdurre sul mercato un nuovo prodotto utilizzando la leva del prezzo basso.

Condizioni che agevolano politica di penetrazione:

• domanda elastica al prezzo: se la domanda è elastica al prezzo, l‟impresa può decidere di attuare una politica di penetrazione (tipica dei prodotti di largo consumo: nuovo prodotto scontato) ;

• presenza di economie di scala;

• minaccia di nuovi concorrenti.

Politica di scrematura (alti prezzi): è un orientamento diverso: se la domanda è anelastica, si sceglie il prodotto indipendentemente dal prezzo, soprattutto per un prodotto nuovo che si rivolge a target elevati (ad esempio Apple).

Condizioni che agevolano la politica di scrematura:

• domanda inelastica;

• prodotto del tutto nuovo;

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• segmenti target elevati.

PROMOTION: comunicazione di marketing

Definizione: l'insieme dei segnali emessi dall'impresa verso i diversi soggetti a cui si rivolge, i segnali cioè indirizzati ai clienti, ai distributori, ai fornitori, agli azionisti, alle istituzioni pubbliche, nonché quelli trasmessi dall'azienda al proprio personale. Ovvero a tutti gli stakeholders (detentori di interessi), ovvero soggetti che sono legati all'impresa con relazioni di vario tipo.

• Pubblicità sui media: i mezzi che arrivano al consumatore;

• Forza di vendita: i mezzi che promuovono le vendite come agenti commerciali ed intermediari;

• Promozione delle vendite: promoters che invitano al consumo dei prodotti;

• Relazioni esterne;

• Marketing diretto: mail e telefonate.

Le decisioni di comunicazione sono di due tipi:

• Personale: coinvolge direttamente il consumatore

Caratteristica: conoscenza diretta del consumatore, messaggio adattabile al tipo ed alle esigenze dell'interlocutore, argomenti numerosi (si possono trattare diversi argomenti), forma e contenuto non standardizzati, risposta immediata riguardo all‟efficacia del metodo di marketing;

• Impersonale: non c'è coinvolgimento diretto del consumatore (normale pubblicità).

Caratteristiche: conoscenza del profilo medio del segmento, messaggio uniforme e predeterminato, pochi argomenti, forme e contenuti ben controllabili, numerosi contatti in poco tempo, risposta immediata impossibile e quindi minore efficacia. Per progettarla bisogna definire il profilo medio, il target ed il segmento, (ad esempio detersivo): la progettazione studiata, deve toccare sentimento del segmento medio per influenzare i loro comportamenti d‟acquisto.

Per le imprese di servizi inoltre: comunicazione INTERNA e ESTERNA.

Peculiarità: fare entrare il cliente nella produzione dei servizi.

Comunicazione interna: nel momento in cui entriamo al Mcdonald: impersonale: opuscoli sulle qualità nutrizionali, organizzazione del luogo.

Poste: comunicazione esterna: diversi servizi offerti. Comunicazione interna: opuscoli dei prodotti postali, divisione finanziaria. La comunicazione interna la hanno solo le imprese di servizi: fanno entrare il cliente nel luogo di produzione.

OBIETTIVI DELLA COMUNICAZIONE

Obiettivo a) Attrarre nuovi clienti

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Modalità:

• azioni di notorietà: azioni per cui un determinato prodotto di una determinata impresa è il prodotto che viene immediatamente in mente quando pensiamo ad un determinato settore – top of the mind, prima marca a cui pensiamo: cola > coca cola, pasta > Barilla, mascara > Rimmel ;

• azioni di posizionamento: tramite cui l'impresa vuole creare una comunicazione finalizzata a far emergere le differenze, è la tipica azione delle imprese che differenziano il prodotto;

• azioni di demistificazione: azioni finalizzate a mostrare che i concorrenti sono peggiori rispetto all'impresa che le pratica;

Strumenti

• pubblicità;

• forza di vendita.

Obiettivo b) suscitare fedeltà

Modalità:

• contatto diretto e comunicazione interna;

Strumenti:

• raccolta di informazione per facilitare la successiva venuta del cliente;

• comunicazione promozionale dei vantaggi legati al volume degli affari (tessere punti, tessere fedeltà, offerte ai clienti abituali).

Obiettivo c) modificare la domanda

Es. ridurre la stagionalità della domanda

Obiettivo d) Agevolare il cliente

Mezzi:

• segnaletica interna: chiara e semplice, con un numero di informazioni limitato e ben collocata.

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Finanza: è un'attività infrastrutturale molto importante nell'ambito della gestione aziendale: essa ha il compito di gestire il reperimento di risorse finanziarie necessarie alla copertura degli investimenti. Essa ha avuto una forte evoluzione nel tempo: inizialmente aveva compiti più semplici ed ora invece più complessi. La finanza è passata dall'essere subordinata (reperire i mezzi finanziari per il fabbisogno finanziario dell'impresa), ad integrata (fa riferimento ad una maggiore responsabilità di chi si occupa di scelte finanziarie, le decisioni vengono prese in modo integrato a coloro che decidono le scelte di investimento) fino ad arrivare a strategica (quando coloro che si occupano di finanza aiutano in prima persona coloro che operano le scelte strategiche in modo da garantire la remunerazione maggiore possibile del capitale investito) in quanto vicina alle scelte strategiche.

Le fonti attraverso cui un'impresa si finanzia sono debiti verso operatori finanziari che possono essere a breve o a lungo termine, oppure il capitale proprio proveniente dai soci dell'impresa ed infine l'autofinanziamento derivante da un risultato economico positivo.

L'attività finanziaria predispone le regole e gli strumenti per poter comprendere e valutare la bontà degli investimenti e delle strategie (prospettiva di valutazione degli investimenti e delle strategie). A copertura delle uscite aziendali si possono intravedere tante fonti costituite dal capitale proprio e dalle altre già viste.

Un'altra attività della finanza riguarda la gestione della tesoreria: spesso si generano liquidità eccedenti rispetto al bisogno e quindi sorge la capacità di capire l'opportunità di investire queste eccedenze.

Criteri per la valutazione degli investimenti: generalmente un investimento comporta un'uscita finanziaria e l'investimento viene effettuato per generare un'attività che porta dei flussi in entrata dilazionati nel tempo. Bisogna individuare l'investimento migliore tra molte alternativa: il problema risiede nel fatto che si ha un esborso in un tempo 0 necessario per l'investimento ed una serie di flussi di cassa che si manifestano invece nel futuro con tempi diversi.

Il criterio per valutare gli investimenti può basarsi su tre metodi:

1. VAN (valore attuale netto): si stabilisce una vita utile dell'investimento. Per calcolare i flussi di cassa si fa una differenza tra le entrate monetarie (E) e le uscite monetarie (U). L'impresa deve dare un valore finanziario al tempo attraverso un processo di attualizzazione, ovvero scegliendo un tasso di interesse l'impresa riporta al tempo t0 il valore dei flussi di cassa che diventano così effettivamente confrontabili. L'investimento scelto sarà quello maggiore di 0 e comunque tra due investimenti positivi si sceglie quello maggiore.

2. TIR (tasso interno di rendimento): esso è quel tasso che si trova ponendo il van=0. Il tasso di interesse che rende equivalenti i flussi in entrata ed i flussi in uscita è questo tasso. Per capire se è giusto effettuare l'investimento confronto il tir con un tasso soglia e quindi si sceglie il tir maggiore possibile.

3. Metodo del tempo di recupero metodo molto semplice, chiamato anche payback period, consiste nella valutazione del tempo necessario affinché il flusso di cassa positivo che si genera durante l'investimento eguagli il capitale investito: tra due investimenti alternativi verrà preferito quell'investimento che consente di eguagliare in un tempo inferiore l'ammontare dei flussi di cassa positivi rispetto all'ammontare del flusso di cassa in uscita. Con questo tipo di metodo non valuto il valore del denaro ma solo il tempo necessario per rientrare dell'investimento, non è un metodo abbastanza accurato e sofisticato e presenta molti limiti e quindi può essere usato come metodo di scrematura.

Van e Tir sono criteri finanziari che tengono presente il fatto che flussi finanziari che si generano in tempi diversi hanno valori diversi.