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EDA quaderni di architettura 4

eDA quaderni di architettura 4 - Aracne editrice · religiose; perciò, se esse veramente si incontrano, cioè, se vengono a trovarsi in rapporti ... taria unitamente alle mie quattro

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eDAquaderni di architettura

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DirettoreOlimpia NiglioKyoto University, Japan

Comitato scientificoRubén Hernández MolinaUniversidad Nacional de Colombia, Colombia

Taisuke KurodaKanto Gakuin University, Japan

Alberto ParducciUniversità degli Studi di Perugia

Pastor Alfonso Sanchez CruzUniversidad Autónoma “Benito Juárez” de Oaxaca, México

enzo SivieroUniversità Iuav di Venezia

Karin TemplinUniversity of Cambridge, United Kington

Federica ViscontiUniversità degli Studi di Napoli “Federico II”

edA – Collana editoriale internazionale con obbligo del Peer review (SSD A08 – In-gegneria Civile e Architettura), in ottemperanza alle direttive del Consiglio Uni-versitario Nazionale (CUN), dell’Agenzia Nazionale del sistema Universitario e della Ricerca (ANVUR) e della Valutazione Qualità della Ricerca (VQR). Peer Re-view per conto della Direzione o di un membro della Redazione e di un esperto esterno (clear peer review).

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eDAquaderni di architettura

La collana editoriale esempi di Architettura nasce per divulgare pubblicazioni scientifiche edite dal mondo universitario e dai centri di ricerca, che focalizzino l’attenzione sulla lettura critica dei proget ti. Si vuole così creare un luogo per un dibattito culturale su argomenti interdisciplinari con la finalità di approfondire tematiche attinenti a differenti ambiti di studio che vadano dalla storia al restauro, alla progettazione architettonica e strutturale, all’analisi tecnologica, al paesaggio e alla città. Le finalità scientifiche e culturali del progetto eDA trovano le ragioni nel pensiero di Werner Heisenberg Premio Nobel per la Fisica nel 1932.

È probabilmente vero, in linea di massima, che nella storia del pensiero umano gli sviluppi più fruttuosi si verificano spesso nei punti d’interferenza tra diverse linee di pensiero. Queste linee possono avere le loro radici in parti assolutamente diverse della cultura umana, in diversi tempi ed in ambienti culturali diversi o di diverse tradizioni religiose; perciò, se esse veramente si incontrano, cioè, se vengono a trovarsi in rapporti sufficientemente stretti da dare origine ad un’effettiva interazione, si può allora sperare che possano seguire nuovi ed interessanti sviluppi.

Quaderni di Architettura

EdA—QA, Quaderni di Architettura nasce per incentivare il dialogo multidisciplinare e la partecipazione attiva tra professionisti e comunità nell’ambito delle decisioni che sono alla base della conservazione e valorizzazione del patrimonio architettonico e paesaggistico, nonché della realizzazione di nuove opere architettoniche e infrastrutturali che trasformano adeguatamente il territorio. È infatti fondamentale il coinvolgimento della comunità nelle decisioni programmatiche che riguardano le diverse azioni svolte sull’ambiente al fine di rendere consapevoli le generazioni presenti e future dell’importanza e del ruolo educativo che l’architettura e l’ingegneria svolgono all’interno dei singoli contesti socio—culturali. La collana EdA—QA, Quaderni di Architettura intende contribuire alla conoscenza e diffusione dei percorsi progettuali che professionisti (architetti e ingegneri) e operatori del settore quotidianamente affrontano per costruire un futuro migliore del nostro habitat.

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Antonio AmbrosiTorre Millina e Palazzo dei Millini

Interventi di restauro e risanamento conservativo

a cura di

eleonora Portacci

con apporti di

Barbara RoppoValerio Piovanello

Federica Tarantino Marilena Cattuzzo

eleonora Portacci

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Copyright © MMXVARACNe editrice int.le S.r.l.

[email protected]

via Quarto Negroni, 1500040 Ariccia (RM)

(06) 93781065

isbn 978–88–548–8375–8

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale,

con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: aprile 2015

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Indice

Prefazioni e introduzione al testo

7 Prefazioni Rita Antinelli Ambrosi, Federico Mollicone, Moroello Diaz della Vittoria Pallavicini, Francesco Sforza Cesarini, Gabriella Marchetti, Lucia Calzona

15 Introduzione Giovanni Carbonara

Parte I Torre Millina e Palazzo dei Millini: storia, architettura e decorazione

19 Capitolo I Una torre medievale e un palazzo rinascimentale

29 Capitolo II Descrizione architettonica

31 Capitolo III Descrizione del complesso decorativo

Parte II Gli interventi di restauro e conservazione del complesso dei Millini

39 Introduzione Descrizione degli interventi di restauro e conservazione Barbara Roppo

41 Capitolo I Il cantiere diagnostico: indagini e prove di restauro Valerio Piovanello

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4 Indice

47 Capitolo II Sostituzione delle coperture della torre Federica Tarantino

57 Capitolo III Restauro dell’intonaco graffito Marilena Cattuzzo

67 Capitolo IV Rifacimento dell’intonaco liscio e restauro delle opere in pietra eleonora Portacci

77 Capitolo V Opere in laterizio: restauro dell’iscrizione della torre

Parte III Schede tecniche degli interventi di restauro

85 Indice delle schede tecniche degli interventi di restauro

87 Schede tecniche

Appendice

111 Confronto con edifici simili, analisi tipologica

125 Postfazione Antonio Ambrosi

127 Bibliografia

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Prefazioni e introduzione al testo

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Dai discorsi di mio padre Alessandro, il quale aveva ereditato la torre e il palazzetto dei Mil-lini nel 1954 da mio nonno Raffaele Pompeo, ho sempre guardato a questo magnifico edificio con un senso di mistero almeno in un primo tempo, poi di orgoglio quando sono diventata adulta. Di certo ha contribuito al formarsi quell’aria di mistero il modo in cui la Torre è entrata a far parte del patrimonio di famiglia: infatti nell’an-no 1920 mio nonno fu caldamente invitato dal cognato Mariano dell’Onti a partecipare all’asta in cui veniva messa in vendita la Torre. Gli pro-pose anche di fare lui la prima offerta tanto per scaldare l’ambiente! Dopo qualche minuto che la candela era stata accesa, mio nonno fece effetti-vamente l’offerta concordata, quindi si mise ad attendere che altre proposte, fatte da persone che riteneva fossero davvero interessate all’acquisto, ne seguissero. Ma quale fu la sua meraviglia nel vedere come, nel silenzio più assoluto del vasto auditorio, la candela andasse sempre più consu-mandosi fino a spengersi del tutto: a quel punto, la sua rimaneva l’unica offerta valida! Si trovava così proprietario di questo bene contro la sua vo-lontà, tuttavia in lui, amante delle cose belle ed estimatore molto esperto di beni immobili ben presto la sua sorpresa si tramutò in soddisfazio-ne per l’acquisto fatto. Per ben capirlo dobbiamo rapportarci a circa cento anni fa, quando la Tor-re, l’unica integra del circondario e posta vicino a una delle più belle piazze di Roma, si stagliava leziosa tra i palazzi circonvicini con la sua note-vole altezza e, per di più, conservava abbastanza integri quelli che erano i suoi pregevolissimi or-namenti esteriori: i graffiti.

Dobbiamo poi pensare che allora doveva esse-re particolarmente esaltante la vita lì intorno dove abbondavano le botteghe di artigiani tipici dell’an-tica Roma. Paragonato al disordine e alla deca-denza che oggi vi regnano sovrani, capisco perché mio nonno, ma anche mio padre — prima di noi proprietario per oltre cinquant’anni — siano stati sempre orgogliosi di questa proprietà.

Per i suddetti motivi ho respirato anch’io in famiglia questo forte senso di appartenenza, an-che se mio padre, il classico uomo integerrimo di altri tempi, teneva ben separati gli affari dagli af-fetti. Tor Millina quando ero piccola mi sembrava logisticamente lontana dalla casa in cui abitavo, mentre non lo era affatto! Basti pensare alla bre-ve distanza che intercorre tra Piazzale Flaminio e Piazza Navona e poi nostro padre ci conduceva a vederla una volta l’anno: il giorno dell’epifania e per di più non potevamo accedervi, specialmente alla Torre, essendo tutti gli appartamenti affittati.

Altre rare occasioni per potermici accostare o meglio per transitarvi sotto, corrispondevano alla passione per l’antiquariato che ha sempre nutrito mio padre e siccome i principali negozi di tal ge-nere si trovavano nelle vie adiacenti a Tor Millina, essendo io la figlia che maggiormente lo accompa-gnava nel fare tale acquisti, ogni volta passavamo lì sotto, magari portandoci dietro qualche quadro. Queste erano per me occasioni di grande felicità!

Prima di concludere, avendo così tanto parlato del passato vorrei aggiungere due parole sul presen-te, cominciando col dire che nel 2006, alla morte di mio padre, di Tor Millina sono divenuta proprie-taria unitamente alle mie quattro sorelle, Carla, Gabriella, Cecilia e Lucia. ebbene, se qualcuno mi

Prefazioni

Rita Antinelli AmbrosiFederico Mollicone

Moroello Diaz della Vittoria PallaviciniFrancesco Sforza Cesarini

Gabriella MarchettiLucia Calzona

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8 Prefazioni e introduzione al testo

chiedesse quali sentimenti sono andati agitandosi in me in questi sei anni o poco più dovrei in primo luogo senz’altro ammettere che il mio affetto nei confronti della nostra Torre non è scemato, anche se è stato messo a dura prova dagli eventi più re-centi. Si è infatti abbattuto su noi proprietarie — e con particolare virulenza — un onere inaspettato: il dover procedere al restauro conservativo dell’in-tera Torre e del Palazzetto annesso, ivi compreso il tentativo di conservare i pochi graffiti divenuti col tempo pressoché invisibili. Il sacrificio di dover

Atto di vendita del complesso, 20 dicembre 1920

pagare quest’onere è tuttavia compensato dall’ot-timo risultato finale raggiunto: il restauro è stato pregevolmente eseguito dalla Ditta Violi srl, sotto l’attenta sorveglianza della Dott.ssa Gabriella Mar-chetti, funzionario della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici del Comune di Roma e diretto da par suo con passione e professionalità dall’Ing. Antonio Ambrosi, il quale oltre ad essere stato il progettista e il direttore dei lavori, per moti-vi familiari ha un legame affettivo particolarmente intenso con Tor Millina.

Rita Antinelli AmbrosiPortavoce delle Sorelle Antinelli proprietarie

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Prefazioni 9

Con grande soddisfazione accolgo l’avvenuto re-stauro della Torre e del Palazzo dei Millini, edi-ficio di notevole importanza per la sua valenza storica che, eretto sulle rovine dello stadio di Do-miziano e ristrutturato per la prima volta sotto il pontificato di Sisto IV, ancora oggi rivive le sugge-stive atmosfere dell’epoca medievale.

Un crocevia di tradizione e cultura in quei luo-ghi, che storicamente sono stati anche simbolo dell’intellighenzia romana, una riuscita commi-stione tra antico e moderno che non si è rassegna-ta ai fenomeni di degrado che nel tempo hanno creato fessurazioni e distacchi all’edificio e che da oggi è tornata all’antico splendore.

Il restauro di queste importanti strutture è la prova che si può intervenire con efficacia attraverso operazioni non invasive, conservando la struttura originaria, autentica e dando anima al contesto ur-bano, a dimostrazione che si può valorizzare il no-stro centro storico come fosse un unico monumen-to da tutelare. Ben si percepisce che nell’effettuare i lavori di restauro è stata perseguita la volontà di rappresentare sia l’amore per questi luoghi, il cen-tro storico, il borgo, che la comunità cittadina.

In un momento di grande congiuntura econo-mica sfavorevole, come quello che stiamo attra-versando, per cui le amministrazioni hanno sem-pre più difficoltà a reperire risorse per restaurare i nostri gioielli architettonici, la riqualificazione della torre e del Palazzo dei Millini, di proprietà delle Sorelle Antinelli, che, peraltro, hanno soste-nuto economicamente il restauro, rappresenta un motivo di orgoglio in più, intervento che va nella giusta direzione di rilanciare il tema della conser-vazione del patrimonio storico della nostra Città.

Attività che si aggiungono sia agli interventi da parte di privati con attività di sponsoring, come sta avvenendo per il Colosseo e per la Fontana di Trevi, esempi che costituiscono un moderno me-cenatismo, che a quelli portati avanti dall’Ammi-nistrazione. Nessuno può sottrarsi all’impegno di valorizzare e tutelare questi luoghi, oggi più che mai è possibile recuperare integralmente edifici storici e di pregio attraverso un’attenta e costante attività di monitoraggio e manutenzione al fine di scongiurare interventi in emergenza e di abbando-no verso il degrado.

On. Federico MolliconePresidente Commissione Cultura di Roma Capitale (febbraio 2014)

Possedere una dimora storica è certo un privi-legio, ma è anche, e soprattutto in questi tem-pi, un grande onere. Un onere economico, ma altresì morale, dal momento che il proprietario è soprattutto custode del bene vincolato, che si impegna a tramandare ai posteri. ed è proprio in quest’ottica che si può inserire un restauro come quello della Torre dei Mellini, intervento che rappresenta un “segno” importantissimo per la città di Roma. Attraverso l’impegno dei pro-prietari, in collaborazione con le autorità quali il Comune e la Soprintendenza, un edificio di notevole valenza storico–artistica ma anche ele-mento urbanistico immediatamente riconoscibi-le, viene riconsegnato ai cittadini e alla comunità attraverso un’operazione condotta da un privato, ma a beneficio anche e soprattutto di coloro che frequentano e visitano il centro storico di Roma. Il restauro della Torre dei Mellini, posta strate-gicamente all’angolo di un’importante croce di strade della Roma storica, secondo una modalità tipica per questa tipologia di edifici, è un inter-vento reso possibile dalla volontà di un proprieta-rio che, attraverso un notevole impegno non solo economico, riqualifica un luogo altamente sim-bolico della città storica. ed è proprio con questo tipo di intervento che i proprietari delle dimore o giardini storici vincolati spesso si devono con-frontare, investendo in un bene che a loro appar-tiene e del quale sono, mi ripeto, custodi per il presente e per il futuro.

Nel mio duplice ruolo di proprietario di bene vincolato e di Presidente Nazionale dell’Asso-ciazione Dimore Storiche Italiane, non posso far altro che esprimere il più sentito plauso alle So-relle Antinelli per lo straordinario intervento di restauro apportato al loro bene, grazie al quale è stata restituita alla cittadinanza una splendida testimonianza del comune passato, educando tutti noi all’amore e alla cura di un patrimonio che, unico al mondo, rende il nostro Paese fiero della propria storia e civiltà.

Auspico che il loro esempio venga seguito da molti, sempre nel rispetto delle radici e dei luo-ghi che conserviamo, tuteliamo, amiamo e tra-mandiamo da secoli, con orgoglio e instancabile impegno.

Dott. Moroello Diaz della Vittoria PallaviciniPresidente nazionale

Associazione Dimore Storiche Italiane (ADSI)

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10 Prefazioni e introduzione al testo

L’Associazione Dimore Storiche Italiane ha da sem-pre l’obiettivo di custodire, tutelare e valorizzare gli immobili vincolati, conquistandosi, in Italia, il ruolo di colonna portante nella difesa e tutela di tradizio-ni, luoghi e opere d’arte che nel mondo globalizzato di oggi rappresentano un punto fermo delle nostre civiltà. Il proprietario ADSI è una sentinella che si fa carico, a sue spese, di mantenere luoghi che altri-menti cadrebbero nell’oblio.

La dimora, che il proprietario custodisce, è lo sce-nario in cui si sono svolti importanti momenti della storia. L’indissolubile legame che si stabilisce tra il proprietario e la sua dimora fa si che il proprietario, con amore e passione, cerchi di non lasciarla preda dell’usura del tempo e, con notevoli e ingenti sforzi, apporti quelle cure tecniche e restaurative necessa-rie per mantenerla intatta nel suo antico splendore.

L’obiettivo è di far si che la dimora, anche nei tem-pi moderni, sia parte fondamentale della bellezza paesaggistica e architettonica del Bel Paese e non ru-dere fatiscente di un passato ormai lontano. Infatti, nei suoi fini statutari, il nostro sodalizio attribuisce ai soci la missione primaria di conservare le loro di-more con le collezioni e le memorie familiari, sintesi unica di valori civili e d’ideali. Il proprietario privato che tutela il proprio immobile storico, a mio pare-re, va considerato come fonte di economia esterna e quindi l’ideale sarebbe stabilire incentivi affinché continui tale salvaguardia in modo adeguato.

Grazie all’attento restauro a cura delle Sorelle Antinelli, sono stati riportati a nuovo splendore sia la Torre e sia il Palazzo dei Millini, che sorgono in una tra le più belle strade del rione Ponte, a due passi da piazza Navona. Tale ripristino permette non solo di dare una nuova “forma del bello” del centro storico, ma ancor di più diventa monito per tutti i proprietari affinché promuovano la tutela e la conservazione di un bene che seppur privato mantenga viva la memoria storica di una grande città qual è Roma.

Il mio personale elogio va quindi all’impegno profuso dalle Sorelle, che nonostante gli ostacoli bu-rocratici e i gravosi oneri economici, sono riuscite a donare il pristino fasto a due importanti testimo-nianze di un passato in cui tutti noi abbiamo il dove-re di riconoscere le nostre radici e l’identità culturale del nostro Paese.

Dott. Francesco Sforza CesariniPresidente regionale

Associazione Dimore Storiche Italiane (ADSI Lazio)

La casa dei Millini nel rione Parione con la sua carat-teristica torre merlata è la testimonianza significati-va della rinascita politica, culturale e sociale di Roma tra il sec. XIV e il sec. XV.

La torre restaurata, mettendo in luce l’impianto più antico, si struttura fin dalle origini come elemen-to nodale ad angolo rispetto all’impianto urbano della città romana e si configura come tipo edilizio specialistico polare posto in contatto immediato con la residenza che si sviluppa sui due lati; sita in posi-zione tangente allo spazio vuoto delimitato dall’area dell’antico stadio di Domiziano, la torre Millina af-ferma l’autorità del potere della famiglia, proprieta-ria di altre case nel rione, e qualifica strategicamente con la sua imponenza l’intersezione tra l’asse viario nord–sud, oggi via S.Maria dell’Anima, sul percorso diretto a Campo de’ Fiori, e l’asse est–ovest, l’odierna via di Tor Millina, di collegamento con la via papalis.

Tale valenza permane ancora oggi ed è sottoline-ata dalle direttrici del flusso turistico e dall’ identità del luogo, che rimane un punto di incontro signifi-cativo anche nell’immaginario collettivo contempo-raneo essendo ancora oggi un punto di riferimento preferito rispetto ad altri.

elemento fortificato costruito prevalentemente con scapoli di tufo, la torre svetta per secoli sulle torri e le guglie circostanti e sulle altane che prospettano sulla platea agonale, poi si trasforma assumendo le caratteristiche di “palatio”, ingentilito esternamente dalla raffinata decorazione, dipinta con pitture a mo-nocromo in chiaroscuro tra i beccatelli in travertino, e dalla decorazione a graffito che si estende sui pro-spetti per fasce e ricorsi di sottolineatura architetto-nica a imitazione della pietra lavorata; il pregio della decorazione e la notorietà degli artisti, della bottega di Perin del Vaga, chiamati a eseguirla testimonia l’a-scesa del potere familiare suggellata dall’alleanza dei Mellini con i Cybo con l’avvenimento nel 1491 delle nozze di Mario Millini con Ginevra Cybo, nipote del Papa.

Gli interventi di restauro sono stati rispettosi delle caratteristiche costruttive dell’edificio e hanno fissa-to, rendendole percettibili, le labili tracce ancora in situ dell’apparato decorativo quattrocentesco, meglio conservate a livello del piano ballatoio, quasi del tutto perdute ai piani sottostanti, conservando la testimo-nianza della “ricostruzione” ottocentesca e novecen-tesca in stile , questa ancora del tutto materializzata, sul lato di via di Tor Millina, in continuità con l’antico.

Nel corso del cantiere di restauro ho avuto l’op-portunità di annotare a margine dei lavori alcuni ele-

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Prefazioni 11

menti caratterizzanti l’edificio che hanno indirizzato le scelte operative:

— lo stato di conservazione, discreto al livello del piano ballatoio della merlatura di coro-namento della torre, grazie alla protezione assicurata dalla copertura, ha permesso il re-cupero delle “fettucce” in stucco che sottoli-neano il profilo curvilineo dei merli ghibelli-ni della torre a imitazione di una lavorazione di rifinitura della pietra lavorata assai diffusa nelle fabbriche romane coeve, riproposte come segno tangibile e caratterizzante della configurazione architettonica;

— il restauro delle decorazioni con i motivi araldici delle famiglie Mellini e Cybo, pre-senti tra le nicchie, ha recuperato integral-mente le figurazioni riportate in luce sotto lo strato di smog e polvere;

— la scritta MILLINA è stata restaurata tenen-do conto della tecnica e della singolarità dei materiali usati e della qualità formale dell’in-sieme: realizzata con pianelle in cotto anne-gate nella muratura poste in sottosquadro, ove le singole lettere del nome MILLINA, in lapidario romano, sono state realizzate a rilievo per mezzo di appositi stampi per la cottura in fornace e costituiscono un corpo unico con la pianella, garantendo l’integrità della scritta, che si è conservata per intero.

Gli interventi esplicitano pienamente il valore e la peculiarità dell’operazione di restauro eseguita, che diventa ancora più significativa per l’intera comunità cittadina a fronte dell’impegno finanziario sostenu-to dai privati proprietari, profuso dai professionisti incaricati e dalle maestranze appaltatrici, che hanno lavorato in stretta collaborazione con le Istituzioni pubbliche preposte all’Alta Sorveglianza.

Questa esperienza nella quale si conciliano le di-verse istanze culturali, di ricerca e qualificazione, è di buon auspicio per la permanenza di un messaggio più duraturo di civiltà che trova concreta attuazione nella rinnovata “visibilità” della torre restaurata.

Arch. Gabriella MarchettiArchitetto della Soprintendenza

per i Beni Architettonici e Paesaggisticiper il Comune di Romadel Ministero dei Beni,

delle Attività Culturali e del Turismo

Il pregevole restauro che nel 2011 ha riguardato le facciate decorate del Palazzo e della Torre dei Mil-lini, oltre a restituire alla sua originaria dignità e visibilità tale significativo manufatto architettoni-co, si è rivelato anche un’ottima occasione per fare il punto sugli studi relativi a tale realtà “cittadina”, così particolare quanto negletta nella percezione comune, e a sollecitare forse una nuova fase di approfondimento. Infatti, dopo la passione tutta filo–rinascimentale degli studiosi e degli archi-tetti della fine del XIX sec.1, che campionarono le testimonianze di quell’epoca felice per riproporla ampiamente come repertorio per l’arte e l’archi-tettura a loro contemporanee, dopo la grande sta-gione di riscoperta e analisi delle facciate dipinte, o più specificatamente grafite, compiuta da Cecilia Pericoli, e dopo la preziosa schedatura della metà degli anni ‘802, significativamente contemporanea alla grande fase degli studi storico–artistici sulla Roma di Sisto IV e la renovatio urbis, sulla risco-perta dell’antico e del gusto antiquariale sia in let-teratura che in arte, è forse giunto il momento di tornare a ragionare su queste pregiatissime e rare testimonianze del passato.

Innanzitutto, per comprendere meglio la storia e il senso di un simile edificio e della sua decorazione, è opportuno ridargli vita attraverso le vicende dei suoi committenti.

La costruzione del complesso di Tor Millina è in-fatti legata alla volontà di Pietro Millini (1406 –1483), la cui personalità significativa è riflessa in questo edificio che fu un centro vivace della cultura del-la città tra fine Quattrocento e inizio Cinquecento. Personaggio dalle consolidate origini romane, figlio di Sabba e Perna de Pontianis, egli fu vero protagoni-sta del suo tempo3. Impegnato nel consolidamento e nell’accrescimento della fortuna sua e della famiglia, ricoprì brillantemente cariche pubbliche e private, in una Roma che rinasceva dopo il ritorno pontificio (da Martino V a Sisto IV), e accumulò un patrimo-nio così cospicuo da renderlo finanziatore delle stesse sofferenti casse pontificie4. Da conservatore di Roma (1442–1461), a procuratore di monasteri e di privati (dal 1451), a Guardiano dell’Ospedale del Salvatore al Sancta Sanctorum (1452–53), carica che rivestì ancora nel 1475 e nel 1480, così come i suoi figli e discendenti, con l’annessa gestione del vasto patrimonio immo-biliare e fondiario dell’Ospedale lateranense. La sua attenzione per il potere politico e sociale si sviluppò anche attraverso un’oculata gestione delle questioni familiari. Dopo aver sposato Agnese de Margaris,

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12 Prefazioni e introduzione al testo

Pietro ebbe tre figlie femmine, Lucrezia, Antonina e Imperia, e tre maschi, Girolamo, Celso e Mario; con una attenta strategia matrimoniale che legasse que-sti ultimi alle più prestigiose famiglie dell’aristocra-zia municipale romana, si curò che Girolamo spo-sasse in prime nozze Lucrezia Palosci, figlia di Anto-nio già conservatore di Roma nel 1443, e in seconde Bartolomea Savelli; che Celso seguisse la carriera ecclesiastica, fino a divenire vescovo di Montefeltro e soprattutto che Mario, dopo le prime nozze con Faustina, convolasse nella prestigiosa unione con Ginevrina Cybo, nipote di Innocenzo VIII (1491). e ancora si impegnò per i matrimoni dei nipoti Pie-tro Paolo, figlio di Girolamo, con Brigida Mattei nel 1480, ed emilia, figlia di Mario, che nel 1482 sposò Benedetto de Pamphilis.

Ma la sua non fu solo la vicenda di un uomo po-tente e ambizioso, ma anche di un raffinato intel-lettuale, come si evince sul piano pubblico nella sua attività di giurista5 e su quello privato nella passione per il collezionismo antiquariale. Lanciani6 lo definì come colui che diede origine al primo collezionismo archeologico romano ed è ormai ben nota la consi-stenza e la storia della sua prestigiosa raccolta7, ricca tanto di materiale epigrafico quanto di sculture e ri-lievi8. A questo proposito è da notare la non casuale acquisizione dei terreni sul Palatino, a San Pancrazio e a Monte Mario, notoriamente aree ricche di spoglie romane e prolifici scavi. Sfruttando le sue relazioni, Pietro ottenne in enfiteusi dall’abate di San Gregorio una navata della domus severiana al Palatino, e dal-le monache di Sant’Agnese fuori le mura una vigna fuori Porta San Pancrazio, proprietà che tra le altre virtù offrivano la possibilità di ritrovamenti cospicui per il collezionista antiquario.

Se agli aspetti finora menzionati aggiungiamo che egli fu anche preposto ai giochi di Agone e Te-staccio durante il Carnevale, nell’ideazione dei cui carri trionfali si riproponevano alla memoria citta-dina gli episodi più esaltanti della storia romana, e che i figli Girolamo, Celso e Mario parteciparono ai medesimi giochi come membri del rione, risalta an-cor più il suo profilo di protagonista della rinascita sociale e culturale dell’Urbe e del recupero dell’an-tichità, nelle forme e nei contenuti. Ciò non toglie che egli fosse al contempo l’espressione di una cultu-ra di transizione tra Medioevo e Rinascimento, dal momento che nella sua personalità l’interesse per la classicità ancora conviveva con alcuni aspetti tipici di un retaggio medievale, e tale natura ambigua si palesa indiscutibilmente anche nella morfologia del

manufatto di Tor Millina, dove convivono preesi-stenze medievali come la torre con ambizioni deco-rative rinascimentali nella sua chiave più aggiornata del recupero antiquariale.

Sebbene non esistano testimonianze documen-tarie dirette sulla committenza di Pietro (e ciò del resto riguarda tutti gli altri suoi interventi9), la pater-nità dell’ideazione è comunque indiscussa.

L’insediamento dei Millini nella zona di Piazza Navona risaliva ai tempi di Sabba, padre di Pietro, ma l’incremento di proprietà acquistate o costruite ex novo da Pietro fu tale da contribuire a individua-re tutta l’area compresa tra le attuali via dell’Anima, via di Tor Millina, via del Teatro Pace e vicolo de’ Cupis, nella cosiddetta “isola dei Millini”. Prima di Tor Millina, Pietro aveva edificato “il palazzo di piazza Navona e propriam.te fabricato sull’istessi se-dili del circo”, che sarebbe stato in seguito inglobato nella costruzione di palazzo Pamphilj, e gran parte delle case circostanti. Il palazzo di Piazza Navona e il complesso di Tor Millina oltre che residenze furono anche le sedi dei due nuclei principali della collezio-ne archeologica dei Millini nel corso del XVI secolo. Bartolomeo Platina10 nella vita di Giovanni Battista Millini, fratello di Pietro, ricordava la nuova casa di Tor Millina aperta a tutti i cittadini e ai curiali che avevano bisogno dell’aiuto di Pietro e dei suoi figli Celso e Mario, definendola “receptaculum totius ci-vitatis et curiae”, luogo di convegni umanistici nel quale essi accoglievano quotidianamente i letterati e i cardinali più influenti dell’epoca. A questa testimo-nianza fanno eco quelle del Burcardo, che visitò la casa nel 1486, e del Prospettico Milanese, ammirato davanti alle anticaglie di casa Millini intorno al 1500.

Anche Mario, successore del padre Pietro, dopo la morte del fratello Girolamo nel 1482, nella cura della collezione di famiglia, andò ad abitare in se-guito al matrimonio nella casa in Parione, amplia-ta in occasione delle sue nozze con l’accorpamento della torre medievale preesistente (come testimo-niano la presenza dello stemma dei Millini unito a quello dei Cybo) e arricchita dalla splendida deco-razione a graffito. Quest’ultima, oggetto del recen-te restauro, si configura quindi, anche alla luce dei dati appena ricordati, come uno dei primi esempi di facciate dipinte romane. Del complesso edificato da Pietro Millini all’epoca di Sisto IV dovrebbe rimane-re viceversa come decorazione solo lo stemma che la tradizione attribuisce al papa Della Rovere, oggi purtroppo poco comprensibile e già nella trascrizio-ne di un secolo fa11 privo della parte centrale, quindi

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Prefazioni 13

non chiaramente identificabile. A questo proposito è importante segnalare la somiglianza di tale deco-razione con quella ancor oggi visibile nel Salone del Mappamondo di Palazzo Venezia. Iniziata al tempo di Sisto IV della Rovere (1471–84) e terminata sotto Innocenzo VIII Cybo (1484–92), presenta anch’essa un grande stemma al centro di una parete a finti conci dipinti. Le armi sono quelle Cybo e quelle del cardinale veneziano Marco Barbo (†1491), discen-dente di papa Paolo II, che curò questi lavori proba-bilmente insieme al nipote del papa Cybo, Lorenzo, confermando così una cronologia molto prossima a quella del palazzetto dei Millini.

Nel suo complesso il restauro ha comunque per-messo di rendere nuovamente leggibile la decora-zione, offrendo lo spunto per nuove considerazio-ni. La semplicità e la chiarezza che la caratterizza, con il paramento a finto bugnato, i fregi con thia-sos marino o con bucrani e cornucopie, candelabre con panoplie di armi attorno alle finestre, senza traccia di quelle narrazioni istoriate che trionfaro-

no a Roma nel corso del XVI secolo, evidenziano un repertorio iconografico più propriamente anti-quariale o da grottesca piuttosto arcaico. Tale con-siderazione è confermata dall’analisi stilistica, che rivela una cifra delicata, sottile, minuta, con alcune rigidezze tipicamente quattrocentesche che porta-no a ipotizzare una datazione tra le nozze di Ma-rio con Ginevra Cybo (1491) e i primissimi anni del Cinquecento. Sicuramente, almeno per quello che è possibile vedere oggi, una cronologia incompatibile con la notizia vasariana dell’autografia di Perin del Vaga (1501–1547)12, in quanto la presenza dell’artista a Roma è registrata solo dal 1517. Forse la notizia si riferiva a una parte della decorazione andata di-strutta, oppure si trattava di un altro dei palazzi dei Millini, considerando che il palazzo della “marche-sa di Massa” ovvero Cybo Malaspina, dirimpetto al quale doveva dispiegarsi la decorazione perinesca, si trovava nella parte meridionale di via dell’anima, dunque quella più prossima a piazza Pasquino che a Tor Millina.

Dott.ssa Lucia CalzonaStorico dell’arte,

Funzionario della Soprintendenza Speciale per il Polo Museale Romano

Note

1 Giovanni Battista Giovenale, Tor Millina, in «Annuario della R. Insigne Accademia di S. Luca», 1909–11, pp. 127–137. 2 Maria errico, Stella Sandra Finozzi, Irene Giglio, Ricognizione e schedatura delle facciate affrescate e graffite a Roma nei secoli XV e XVI, in «Bollettino d’arte», 6.Ser. 70.1985, 33/34, pp. 53–134. 3 Si veda il fondamentale: Anna Maria Corbo, La committenza nelle famiglie romane metà del secolo XV: il caso di Pietro Millini, in Arte, commit-tenza ed economia a Roma e nelle corti del Rinascimento, Roma 1995, pp. 121–153, e ancora Sandro Santolini, Pietro e Mario Millini fondatori di una dinastica di collezionisti antiquari, in Collezioni di antichità a Roma tra Quattrocento e Cinquecento, a cura di Anna Cavallaro, saggi di ebe Anteto-maso et al., De Luca, Roma 2007. 4 Grazie all’ingente ricchezza ottenne la contea di Montemerano nel 1478 in cambio di 5000 fiorini dati per alleviare le difficoltà fi-nanziarie di Sisto IV. 5 Da scriba senatus nel 1438 a raccoglitore degli Statuti a estensore come proconsul artis nota notariorum nel 1446, incluse nei successivi statuti di Paolo II. 6 Storia degli scavi di Roma, vol. I, Quasar, Roma 1989, pp. 145–17, tratta della Collezione Millini, iniziata da Pietro e continuata dai discendenti fino alla metà del Seicento. 7 Sandro Santolini, Pietro e Mario Millini fondatori di una dinas-tica di collezionisti antiquari, in Collezioni di antichità a Roma tra Quat-trocento e Cinquecento, a cura di Anna Cavallaro, saggi di ebe Ante-tomaso et al., De Luca, Roma 2007. 8 Tra questi si può ricordare ad esempio il bellissimo cippo di Volusia Arbuscula, oggi al Musée Condé di Chantilly, ovvero l’ara

di Volusius Urbanus, presso il museo Chiaramonti ai Musei vati-cani, dove tra l’altro ritroviamo mote delle loro epigrafi. 9 Nel fondo Millini presso l’archivio Serlupi Crescenzi non esis-tono registri contabili ma solo titoli di proprietà, contratti di nozze e testamenti. dalle fonti indirette, citazioni in testamenti, iscrizioni dedicatorie ed epigrafi sono riferite a lui: la cappella di famiglia in Santa Maria del Popolo, dove è sepolto con la tomba del fratello Giovanni Battista in Santa Maria del Popolo e probabilmente anche la sua; la cappella di San Giovanni in Laterano, di cui rimane solo il monumento funebre di Pietro Paolo figlio di Girolamo; un altare in sant’Agnese in Agone, attualmente nel sotterraneo dedicato alla Santa Croce, la cappella nella vigna di Monte Mario; la villa e al-tre costruzioni su monte Mario, probabilmente in corrispondenza dell’Osservatorio Astronomico, dopo essere passata nel settecento ai Falconieri; l’Arca di San Nicola nella basilica di Tolentino 1474.10 Bartolomeo Platina, Vita Iohannis Milini; M. G. Blasio, Inter-pretazioni storiche e filtri autobiografici nella “Vita Ioannis Milini” di Bartolomeo Platina, in Le due Rome del Quattrocento. Melozzo, Antoni-azzo e la cultura artistica del Quattrocento romano, a cura di S. Rossi, S. Valeri, Roma 1997, pp. 172 s., 179.11 Giovanni Battista Giovenale, Tor Millina, cit., pp. 127–137.12 Giorgio Vasari, Vita di Perin del Vaga, in Le vite, Giunti, Firenze 1558, pp. 13–17: «Fece Perino una facciata di chiaro oscuro, allora messasi in uso per ordine di Polidoro e Maturino, la quale è dir-impetto alla casa della marchesa di Massa, vicino a maestro Pas-quino, condotta molto gagliardamente di disegno e con somma diligenza».

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